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Anno 124 - n. 50
30 dicembre 1988
(ultimo numero dell’anno)
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delle valli valdesi
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE VALDESI E METODISTE
ARGENTINA
L’ombra del passato
Un esercito colorato d’integralismo, profondamente antidemocratico, continua a minacciare
una democrazia ancora fragile, con un pesante carico di problemi sociali ed economici aperti
IJn protestante, si sa, è sempre pessimista; se poi ha la ventura di essere valdese, la cosa
assume livelli quasi maniacali!
Una volta il direttore del nostro
giornale, persona sensibile e dotata di grande umorismo, firmava gli editoriali con lo pseudonimo: « L.A.Valmal », che in dialetto significa più o meno: va
tutto male!
Ho ben presente che questo
anno 1988 si chiude sullo sfondo
di un’immane tragedia, come
quella del martoriato popolo
armeno che non avrà mai lacrime abbastanza per piangere
i suoi figli morti nel recente terremoto. Né voglio dimenticare
le preoccupazioni gravi che provengono dal Medio Oriente e i
venti di guerra che sofBano da
Israele. Mi fa anche rabbia lo
stordimento del nostro mondo
consumista e dissipatore, cosi
come si manifesta in particolare
in questi giorni, a voler quasi
dimenticare tutte le grandi e piccole tragedie che ci sono intorno
e dentro di noi.
Eppure credo che vada detta
una parola diversa. Questo ’88
è stato un anno particolare, perché ha visto la fine della guerra
fredda, innescando un processo
di distensione che è dilagato nei
cinque continenti. Faccio solo
alcuni esempi: il Cile, dove U
popolo ha trovato la forza di
dire « no » alla dittatura e dove, speriamo, la democrazia può
trovare la via per rinascere;
in Africa australe l’indipendenza della Namibia e gli scossoni
dati al governo razzista di Pre^
toria; in Estremo Oriente la ripresa di un dialogo tra le due
Coree, e U ritiro dei vietnamiti
dalla Cambogia. Ma tanti sono i
segni rallegranti della distensione.
Allora, dobbiamo esser© pessimisti o ottimisti? Forse né
l’uno né l’altro.
Questo ’88 ha avuto un certo
numero di elementi positivi, ma
ne ha anche altrettanti di negativi. Penso che da che mondo è
mondo sia stato sempre più o
meno così.
C’è però una parola che sovrasta tutto: « .Jo — dice il Signore — ti ho posto davanti la
vita e la morte (..) scegli dunque la vita, perché tu viva, tu
e la tua progenie » (Deut. 30: 19).
NeU’orizzonte del mondo si
sono avute ampie schiarite, si
sono improvvisamente aperte
nuove visuali, insperate. Sono
l’abbondanza della grazia di Dio,
ricca oltre rinunaginablle; sono
le sue possibilità di vita, che ci
lasciano a bocca aperta e stupiti, frutto di un patto antico,
stipulato nella notte dei tempi,
nell’epoca mitica di Noè, a favore
di tutta la creazione.
L’esperienza ci dice che, purtroppo, noi spesso chiudiamo
gli orizzonti, sciupiamo occasioni, dissipiamo l’abbondanza della grazia. E’ quanto, nel nostro
linguaggio di' chiesa, chiamiamo
« peccato ».
Ma, forse, possiamo anche ascoltare. l’invito: « Scegli la vita...! » e farci accompagnare,
giorno dopo giorno, nel nuovo
anno da questa parola, per trovare la vita noi e i nostri figli:
« perché tu viva, tu e la tua
progenie ».
Luciano Deodato
Riusciranno gli argentini ad andare alle urne nel maggio dell’89? Il presidente Alfonsin consegnerà la fascia bianca e azzurra, che simboleggia il suo ruolo,
a un civile il 10 dicembre deH’89?
Sono domande non retoriche,
che sono tornate di attualità in
questo mese di dicembre così
drammatico per la giovane democrazia argentina. Il 1° dicembre,
durante l’assenza dal paese del
presidente Alfonsin (che era negli
USA), il colonnello Mohamed Ali
Seineldin, detto « el turque », si è
reso protagonista di ima rivolta
militare. Una rivolta rientrata tre
giorni dopo, lasciando sulla strada un morto e due feriti.
Ma in alcune caserme, come
quelle di Mercedes, a 150 chilometri da Buenos Aires, la rivolta
è durata almeno fino al 10 dicembre. iPer tentare di far fronte al
« malessere » dei militari il capo
deH’esercito, José Dante Caridi,
ha dovuto usare parole molto
dure di critica dirette ad Alfonsin
e al suo governo, ha dovuto attaccare pubblicamente le «madri de la Plaza de Mayo » (donne
che ogni giorno sfilano nella piazza centrale di Buenos Aires chiedendo che venga fatta piena luce
sui responsabili dei 30.0ÓO « desaparecidos » del regime militare),
chiedere ufficialmente l’amnistia
per i reati commessi dai militari,
e dare le dimissioni. E’ il terzo
tentativo di colpo di stato in poco meno di due anni, dopo quello
del gennaio ’88 e quello della settimana di Pasqua ’87, quando il
colonnello Aldo Rico chiese
l’amnistia per i militari accusati
di aver violato i diritti umani.
Anche allora la vicenda si era
conclusa con la resa dei militari,
dopo drammatiche trattative in
cui Alfonsin giurò che non erano
state fatte concessioni all’esercito. Dopo alcuni mesi, però, il presidente impose al Congresso due
leggi successive dette « dell’obbedienza dovuta » e del « punto finale », che in pratica scagionavano
centinaia di militari torturatori
e stendevano om velo su una guerra, definita « antisovversiva », che
aveva causato nel paese, tra il ’76
e l’83, 50 mila morti e 30 mila
dispersi.
Anche questa volta a scendere
in campo sono stati i militari nazionalisti che si contrappongono
all'ala « ufficialista » dell’esercito,
per ora leale alla Costituzione e
al presidente Alfonsin, ma anche
immobile.
Seineldin, come Rico un «eroe»
della guerra delle Maldive, traendo le conseguenze delle due leggi approvate, ha chiesto una
amnistia completa e generalizza
L’esercito continua a tenere sotto scacco la giovane democrazia
argentina.
ta. Le richieste dei militari riguardavano anche l’aspetto salariale e la destituzione del capo
dell'esercito.
Ufficialmente le rivolte militari, finora, non mettono in questione la democrazia; sono infatti
condotte per « ricuperare l’onore » messo in questione daU’opinione pubblica e dalle « infarni »
IL RITORNO DEL CRISTO
Il tempo è poco
« Per ciò che riguarda il ritorno del Signore
non lasciatevi confondere le idee,
se qualcuno afferma di averlo saputo
per mezzo di una rivelazione... Non è il caso
che io vi dica quando questo accadrà.
Verrà improvvisamente, come un ladro nella notte.
Quando la gente dirà: ora tutto è
tranquillo e sicuro,
proprio allora il disastro li colpirà.
Non dobbiamo rimanere addormentati,
ma svegli e pronti: la fede e l’agàpe. siano
la nostra corazza, la salvezza sia il nostro elmo.
Il tempo che ci rimane è poco »
(r Tess. 5; 2“ Tess. 2; 1“ Corinzi 7; Isaia 47).
Il mondo cristiano stravede — in modi impropri — per la prima venuta di Gesù sulla terra, il
Natale. Ma che dire della sua seconda visita, il
ritorno? E’ una convinzione molto debole, quasi
non ci si pensa. A Tessalonica l’attesa era assai
viva, la comunità chiedeva lumi all’apostolo. Si
aspettava Gesù da un momento all’altro. Ma poiché tardò, la tensione via via si spense. Non se
ne parlò più.
Oggi in molte chiese questa attesa è abbandonata. oppure si costruisce una « dottrina delle date »; e al silenzio sul ritorno si unisce l’accomodamento al mondo, la semplice sopravvivenza (si
dice di posti di espansione e posti di mantenimento). Scomparso il ritorno i credenti si sono impossessati del tempo, sottraendolo alla giurisdizione di Dio. Vivono come se dovessero vivere indefinitamente. Si pensa ad agguantare il presente,
nella convinzione che « di doman ñon v’è certezza ».
Se si guarda al futuro, le preoccupazioni sono analoghe: programmi, propositi, progetti, scadenze, desideri, speranze, ambizioni e sogni, non puntano al
ritorno di Gesù ma ai propri disegni.
Ciò è dovuto anche a un effetto indotto: l’instabilità e l’incertezza sulle sorti del mondo fanno
temere che forse è impossibile possedere domani
ciò che non possediamo oggi. Fatto sta che l’assetto nelle spinte morali e spirituali è cambiato, siamo colti di sorpresa se il tempo viene turbato o
tolto via: una catastrofe naturale, una guerra, una
morte improvvisa, fanno capire che il tempo non
ci appartiene.
«Il tempo che ci rimane è poco». Tempo imprecisato, breve o lungo, da amministrare dentro al tempo di Dio. Tempo di Dio nelle vicende
quotidiane; tempo operoso per lui e non soltanto
per noi; non ozioso né per lui né per noi; gioioso
nel servizio all’evangelo che non sempre è servizio gioioso; tempo non annoiato nell’irritazione o
nella pigrizia della testimonianza. Tempo ricco nella povertà dei nostri giorni, senza storia e senza
gloria.
Quanto tempo rimane? « Non è il caso che ve
lo dica, verrà come un ladro nella notte, quando
la gente dirà: ora è tutto tranquillo e sicuro... ».
Oggi pochi pensano che tutto sia tranquillo e sicuro, ma certo non si sta ad aspettare « il ladro ».
« Rimanete svegli, fate in modo che non vi trovi
addormentati », altrimenti « ti colpirà d’improvviso un disastro che neppure sospettavi » come non
lo sospettava la Babilonia di Isaia 41. Nulla può
frapporsi tra il tuo impegno di prepararti al ritorno di Gesù e il disimpegno con cui finora l’hai
forse considerato, magari pensando che tanto sei
difeso da qualche chiesa.
La convinzione che Gesù sarebbe tornato presto, dopo la sua ascesa in cielo, aveva messo qualche disordine nel costume etico e spirituale dei
primi credenti: tanto il Signore viene, dicevano.
La convinzione che Gesù tornerà, sebbene non sappiamo quando, dovrebbe invece mettere un po’ di
ordine nel costume etico e spirituale dei credenti
di oggi. Non fermarti al bambino di Natale.
Renzo Turinetto
madri di Plaza de Mayo.
« Dio e patria » sono i valori a
cui si richiamano i militari nazionalisti. Seineldin (di origine drusa libanese), nato musulmano, si
è convertito al cattolicesimo ed
è conosciuto come uno degli ufficiali più integristi dell’esercito.
Nelle caserme ostenta il suo cdttolicesimo « sgranando il rosario ». Un altro, il comandante
Abete della base di Mercedes,
porta suH’uniforme un crocifisso.
Sono militari che hanno una visione manichea del mondo e che
sono antidemocratici nel profondo: poiché nel governo di Alfonsin vi sono degli ebrei parlano,
nei loro comunicati, della « Sinagoga radicale » (Alfonsin è il leader del partito radicale).
E’ con questi militari che la
fragile democrazia argentina deve fare i conti. Nell’accordo per
tacitare la rivolta c’è stato l’aumento del 20% dei salari dei militari, la corresponsione di una indennità di uniforme pari al salario minimo mensile di un operaio
(120.000 lire), tutte cose che i militari hanno subito ottenuto. Il 20
dicembre poi si è dimesso il generale Caridi, subito seguito da
altri due generali del vertice delle forze armate.
Circa l’ultima richiesta, l’amnistia generale, si sta delineando
l’ipotesi di un trasferimento alla
Corte suprema delle istruttorie
contro i militari, che dovrebbe
chiudere i processi. Alfonsin lo
farà?
Quello che è certo è che, dopo
ouesto tentativo di golpe, Alfonsin si presenta molto debole davanti all’opinione pubblica. In un
paese dai salari bassissimi (attorno a 160.000 lire mensili), una
inflazione al 400% annuo, una disoccupazione al 15% e un debito
estero di 57 miliardi di dollari, le
concessioni salariali ai militari
appaiono inaccettabili a molti.
Una cosa è chiara: alle elezioni si andrà con un partito in più,
i militari. Tutti coloro che vogliono le elezioni dovranno trattare
con loro, e non solo per lo stipendio.
Giorgio Gardiol
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2 commenti e dibattiti
30 dicembre 1988
DIBATTITO
Il treno ecumenico
Da Vancouver a Seoul, passando per Basilea: sempre più in rilievo
la necessità di risolvere i problemi globali deH’umanità e del mondo
Il treno ecumenico sta viaggiando verso Basilea e la sua prossima assemblea, convocata dalla
Conferenza delle chiese europee e dal Consiglio
delle Conferenze episcopali europee. Si tratta di
un appuntamento senza precedenti per tutte le
componenti della cristianità europea; non va da
sé che protestanti, cattolici, ortodossi e anglicani
si diano appuntamento intorno ai gravi temi che
incombono minacciosi sulla vita dell’umanità. Il
« processo conciliare » che ha messo in moto questo treno è decisamente un nuovo potente propellente, anche se il suo utilizzo è ancora in fase sperimentale.
Con l’appuntamento di Basilea (15-21 maggio
1989) stiamo entrando in una nuova fase ecumenica in cui, anziché partire dalle proprie sponde
dogmatiche per approdare in qualche isolotto comune del lago ecumenico, le chiese s’interrogano
sul fatto che il lago sia inquinato e che sulle sue
sponde siano sorte, in questi anni, mólte fabbriche di armi e alcune centrali nucleari.
Al di là dell’immagine il « processo conciliare »,
che oggi porta il nome Reciso di «¡pace, giustizia,
salvaguardia della creazione », si sviluppa a parti
re dalla grande crisi planetaria di questi anni più
che dall’humus delle dispute teologiche. Weiz
saecker, nel 1986, lanciò la parola d’ordine che doveva da à a poco convocare tutte Ve chiese ad un
« Concilio per la pace ». Da allora quest’idea è andata via via_ complicandosi e sempre più ecclesiasticizzandosi. Weizsaecker ha ripreso in forma moderna e scientificamente aggiornata una vecchia
idea di Bonhoeffer del 1934, che rimbalzò nell’Assemblea del Consiglio ecumenico delle chiese tenutasi a Vancouver nel 1983.
Rispetto al palleggio dogmatico tra le chiese,
dentro e fuori lo stadio del Consiglio ecumenico,
è più urgente — così capisco il « processo conciliare » — tentare di modificare le strutture di alienazione, di violenza, di sfruttamento e di miseria
del rnondo in cui viviamo, poiché siamo giunti ad
un livello talmente basso di degrado e di squili
Giuseppe Platone
IL LAVORO
DI AMNESTY
Mi »piace che i! lavoro di Amnesty
International sia poco apprezzato in
alcuni ambienti e che anzi da parecchie persone esso sia considerato addirittura inutile. E’ vero che le violazioni dei diritti umani sono in aumento in tutto il mondo, ma è anche vero
che ogni anno ci sono molti casi di
prigionieri di opinione liberati dalla
prigione e dalla tortura e salvati dalla
morte. Ho l'impressione che la voce
« diritti umani » suoni ostica o addirittura anticristiana alle orecchie di alcuni benpensanti. Infatti ho sentito più
volte ripetere che bisogna parlare di
doveri, non di diritti.
Parliamo pure di doveri. Non è forse il dovere più importante dell’uomo
quello di difendere i diritti del suo
prossimo? E non è questo quello che
cerca di fare Amnesty International,
anche se il suo prossimo si trova
talvolta in paesi lontanissimi, come il
Cile, il Sud Africa, l'India? E non è
stato Gesù ad insegnarci l’amore per
il prossimo?
Nessuno può negare che lo spirito
che anima Amnesty International sia
I altruismo, termine che corrisponde
all'espressione biblica « amore verso II
prossimo • o a quella di « agape ■>.
Certo il linguaggio usato nella « Dichiarazione dei diritti umani », nella
sua incisiva chiarezza, è scarno e talvolta freddo. Bisogna sapere leggere
tra le righe per capire lo spirito che
lo anima.
Questo vorrei sottolineare: non è
stata Amnesty International a scoprire quali sono i diritti umani. La « Dichiarazione dei diritti umani » è di
ispirazione cristiana, perché è stato
Cristo che ha portato a tutti gli uomini il più grande di tutti i diritti:
quello alla libertà. Sta a noi darci da
fare affinché non venga conculcata la
libertà di nessuno. E’ quello che cerca
di fare Amnesty International, una delle tante associazioni benemerite che
lottano contro la violenza. Per esple
tare il suo mandato essa ha bisogno
di un numero sempre maggiore di volontari convinti, sensibili, impegnati
e di un'opinione pubblica meno scettica.
Silvana Tron, Torre Pel lice
TESTIMONIANZA
E TRADIZIONE
L’ETIMOLOGIA
DI RODORETTO
Mi riferisco aH'articolo « I greci a
Rodoretto • sul numero del 9 dicembre
scorso. E' molto romantico farlo derivare dai greco « ròdon » = rosa, etimologia già indicata a suo tempo da
Amedeo Beri nel suo libro « Gite e
ricordi di un bisnonno » (1884, pag.
111), ma non credo che abbia un fondamento.
Trovo più giusta l’etimologia che il
prof. Teofìlo Pons, uno dei maggiori
esperti delle nostre tradizioni e dei
nostri dialetti, mi aveva indicato anni fa: Il nome è composto da due
radicali: « rio », « dor » (più un diminutivo « et »). Il radicale «dor » è
celtico e significa « acqua », • fiume »
(vedi Dora Baltea e Dora Riparia).
Questo era il nome primitivo di quella valle e del suo torrente « Dor »
o « Doret ». Dopo l'occupazione romana, le nuove generazioni che parlavano una lingua neolatina, ignorando
il significato di • Dor » lo hanno creduto un nome proprio e a questo hanno aggiunto il prefisso « rio » =
« torrente, acqua corrente », per indicare che si trattava di un corso
d'acqua.
Abbiamo degli esempi simili in altre parti d'Italia, come il secondo nome dell'Etna: Mongibello, in cui il
latino « monte » si unisce all'arabo
« ghebel » = monte, per cui: Montemonte, o come « Linguaglossa » che
in greco ha lo stesso significato =
« Lingualingua ». Per Rodoretto abbiamo perciò « Acquaacqua ». E’ meno
bello che la derivazione da un fiore
in greco, ma più vicino alla realtà
storica del luogo.
Osvaldo Co'i'sson, Torre Pellice
Il giornale del 2 dicembre ha pubblicato una lettera dal titolo: « Una
pratica abbandonata ». In sostanza,
in quella lettera, alcuni fratelli della
chiesa di Roma mettevano in evidenza il disuso della cappella evangelica,
sita nel cimitero del Verano dove, nei
tempi passati, in determinate circostanze avevano avuto luogo attività
cultuali: come i culti agli inizi di novembre, con relativa corona deposta
sull'ossario.
Qra questi fratelli desiderano che
qualcuno dica la propria opinione.
Ebbene, più che esprimere un'opinione personale, credo più opportuno
fare una breve riflessione, poiché ritengo che la questione sia alquanto
complessa.
Testimoniare l'Evangelo della resurrezione in determinati luoghi e ricorrenze, legati semplicemente ad aicune
tradizioni crea, a mio avviso, un insieme di emotività e di storia, per
cui i ricordi rischiano di sovrastare
la testimonianza che si vuol rendere.
Comunque essa è, inequivocabilmente,
patrimonio della fede; quindi non è
pensabile che ci si debba tirare indietro. Ecco perché bisogna esaminare
a fondo il problema. Se si riprende
una vera e propria attività cultuale,
sia pure periodica, questa ha pur sempre bisogno di un impegno preciso.
Anche chi non è concorde con me,
riconoscerà che di fatto si corre il
rischio di far svanire l'autenticità del
messaggio. Se poi si vuol fare una
qualche azione di evangelizzazione,
essa dovrà per forza essere in grado di contrastare l'azione della tradizione, insieme a quella delia secolarizzazione. Quindi il punto fermo rimane
quello di riuscire ad esaltare in modo
efficace il fatto che il Cristo è stato
stabilito da Dio quale giudice dei vivi
e dei morti.
Fraternamente.
FONDO DI SOLIDARIETÀ’
Alessandro migliora
brio tra paesi ricchi e paesi poveri che tutto il
resto diventa secondario. Il « processo conciliare »
che oggi ha mille volti, mille situazioni e susciterà nuovi punti di equilibrio e di compromesso tra
le varie confessioni religiose, è impensabile al di
fuori della crisi planetaria in cui siamo immersi.
Esso mette l’accento sui problemi sociali e antropologici lasciando un po’ da parte gli aspetti dogmatici, mentre sino a ieri nell’ambito ecumenico
si è preferito porre l’accento sui problemi teologico-dogmatici mettendo un po’ sullo sfondo i problemi sociali. Ma il treno dogmatico viaggia molto
più lentamente di quello sociale.
Dopo Basilea ci sarà l’assemblea generale dei
cristiani di Seoul, nel ’90, convocata dal Consiglio
ecumenico delle chiese. La chiesa cattolica parteciperà con un nutrito gruppo di osservatori a Seoul,
ma non figura tra le chiese che rivolgono l’invito
ad aderire all’assise generale. Verrebbe voglia di
dire che siamo alla solita solfa di chi vuol essere
presente e magari pretende di influenzare l’andamento dei lavori senza mai sporcarsi le mani. Ma
il « processo conciliare » non permette d’indugiare
su questioni dogmatiche o di principio; si parte
piuttosto dall’urgenza di trasformare le strutture
di peccato in cui viviamo; e lasciamo correre il
nuovo treno ecumenico. Dopo Assisi (giugno 1988),
il treno fermerà a Basilea in tempo utile per varare un nuovo modo di pensare l’ecumenismo. La
situazione storica in cui viviamo non ci permette
più il lusso di coltivare il nostro orticello dogmatico, occorre arrivare tra le chiese ad una unità operativa per tentare di salvare il salvabile. E’ il prezzo che occorre pagare per la corresponsabilità che
le chiese hanno avuto nello sviluppo della violenza e degli squilibri attuali. E’ vero che c’è corresponsabilità e corresponsabilità; ma non c’è tempo per i « distinguo ». Le speculazioni teologiche
sono un lusso che non possiamo più permetterci.
Appartengono definitivamente al passato.
Siamo lieti di far precedere
il consueto elenco mensile da
una buona notizia: Alessandro,
il bimbo (ora ha un anno e mezzo) a cui mesi fa è stato trapiantato il fegato in Belgio, sta decisamente migliorando dopo numerosi alti e bassi: è vivace, si
nutre bene ed è aumentato di
peso. I medici curanti prevedono di dimetterlo definitivamente
nei prossimi giorni. Non mancheremo di tener ulteriormente informati i nostri sottoscrittori e
lettori.
Con l’occasione, ricordiamo le
altre destinazioni attuali del Fondo: il laboratorio di cucito a Managua; il centro agricolo in Zambia (di cui abbiamo dato ampi
dettagli nel numero del 16 dicembre scorso), ed infine le Chiese Evangeliche della Giamaica
duramente colpite dal tifone.
Attendiamo numerose offerte
dall’impegno e dalla generosità
dei lettori, ricordando che il
Pondo esprime la testimonianza
dei singoli e delle comunità nei
confronti delle drammatiche
realtà mondiali di cui purtroppo
non c’è che l’imbarazzo della
scelta.
I doni vanno inviati al conto
corrente postale n. 11234101 intestato a La Luce, Fondo di solidarietà, via Pio V, 15, Torino.
OFFERTE PRO ARMENIA
N.B. - Abbiamo anche ricevuto
del danaro per i terremotati in
Armenia. Il nostro Fondo non
raccoglie offerte a tale scopo,
dato che vi è già un’iniziativa
in corso da parte della FCEI.
Mentre reinoltriamo quanto pervenutoci senza contabilizzarlo,
ricordiamo che le offerte prò
Armenia vanno inviate direttamente al c.c.p. 38016002 intestato
alla FCEI, V. Firenze 38, Roma.
Grazie.
Offerte pervenute nel novembre 1988.
L. 200.000; Stefano Buffa e Agrippina Carcò.
L. 50.000: Giovanni Vezzosi; Sara e
Sauro Gottardi.
L. 20.000: Antonio Tetta.
Totale L. 320.000; Totale precedente 1. 3.149.359; In cassa L. 3.469.359.
PER ALESSANDRO
L. 100.000; Chiesa Evangelica, Bra;
Iris e Carlo Frache.
L. 50.000; Valdo Giaiero.
Totale L. 250.000; Totale ¡precedente
L. 3.469.359; ,ln cassa L. 3.719.359.
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delle valli valdesi
settimanale delle chiese valdesi e metodiste
Direttore: Giorgio GardioI
Vicedirettore: Giuseppe Platone
Redattori: Alberto Corsani, Luciano Deodato, Adriano Longo, Piervaldo
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Comitato di redazione: Mirella Argentieri Bein, Claudio Bo, Valdo Benecchi, Alberto Bragaglia, Franco Chiarini, Rosanna Ciappa Nitti, Gino
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Amministrazione: Mitzi Menusan
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Amministrazione del fondo: Maria Luisa Barberis, Renato CoTsson, Roberto Peyrot
Il n. 49/88 è stato consegnato agli Uffici postali di Torino il 21 dicembre e a quelli decentrati delle valli valdesi il 22 dicembre 1988.
Hanno collaborato a questo numero: Maria Luisa Barberis, Luigi Marchetti, Roberto Peyrot, Gregorio Plescan, Aldo Rutigliano, Liliana VIglielmo.
3
30 dicembre 1988
area rioplatense 3
LICEO DANIEL ARMAND-UGON DI COLONIA VALDENSE
URUGUAY
Centenario e sempre giovane
« Che Colonia Vaidense abbia
oggi la gioia di commemorare
questo centenario si deve al -fatto
che Dio ha fatto assegnamento
su uomini e donne che sapevano
che in questa vita siamo chiamati
a costruire per gli altri. Per questo siamo sempre debitori di ciò
che gli altri fecero. In questo caso di quelli che arrivarono qui,
attraversando l’oceano, per lavorare, per servire, per darsi agli altri. La loro vocazione fu questa:
quella del servizio; educare per
servire. Educare i figli, i coloni,
le nuove generazioni, tutti e sempre. Educare a scuola, in casa,
nel commercio, nelle strade. E
tutto ciò che pensi o insegni sarà
dominato da questa vocazione di
servizio a coloro che ti circondano. Questo pensiero d’amore è legato, senza dubbio, alla vita centenaria di questo liceo » (Neris
Bonnet),
I festeggiamenti del centenario
del liceo di Colonia Vaidense
hanno avuto luogo l’il luglio
scorso in una giornata abbastanza fredda ma piena di sole. Già di
buon’ora vi era movimento e la
gente si stava radunando pian
pianino, riconoscendosi e abbracciandosi. Una offerta floreale e le
parole della prof. Neris Bonnet de
Abelenda segnarono l’inizio della
festa. Perché realmente fu una
festa durante la Quale si mescolarono il ricordo emozionato di
fatti e personaggi del passato e
l’allegria di incontro fra compagni di classe e con un liceo centenario, ma sempre giovane.
« Questo era il nostro cortile di
ricreazione; questi vecchi platani
videro sfdare molte generazioni
di giovani, con le loro inquietudini,. le loro gioie, i loro successi;
giovani che venivano da tutta la
colonia valdese, da Colonia
Española, La Paz, Rosario e Colonia Suiza; a piedi, a cavallo, in
calesse e in omnibus. E certamente in quei tempi (sto parlando di 60 anni fa) le strade di accesso non erano come sono_ attualmente. Ricordo specialmente
coloro che venivano in calesse da
Colonia Española, che non mancavano neppure a causa delle peggiori piogge. E in quanto a quelli
di Rosario, dovevano attraversare i Tres Pasos e quando non potevano farlo a causa delle grandi
piene, bisognava sospendere le lezioni poiché erano il gruppo più
numeroso » (Elsa Davyt de Bergamino).
« La storia del liceo mostra che
il principio evangelico di una fede
impegnata non ha avuto un
aspetto confessionale o settario,
ma ciò che sembra caratterizzarlo è una educazione dove la qualità della vita sta sopra ad ogni
altro valore.
Pensando a questo luogo nel
quale ci troviamo, desideriamo dire anche come chiesa che non abbiamo desiderato né desideriamo
avere privilegi e nemmeno esercitare pressioni condizionanti. Apportiamo ciò che crediamo abbia
valore per la maturazione della
società umana, per la creazione
di un mondo dove vi sia più giustizia e solidarietà. Dove la vita
sia un diritto e una possibilità
uguale per ogni essere umano...
Che questi cento anni siano una
festa» (moderatore Huto Malan).
Questi alcuni dei discorsi che
si sono fatti alla presenza di autorità politiche quali il presidente Julio Sanguinetti, il sottosegretario alla educazione nazionale
Nahum Bergstein e la direttrice
generale deH’istmzione secondaria prof. Cantonnet, che tra l’al
tro ha confermato il fatto che il
nostro liceo è il più antico di tutto l'Uruguay interno.
Alla fine i 1300 ex allievi intervenuti hanno festeggiato il centenario con un « asado con cuero » e una gigantesca torta. E poi
ancora un audiovisivo con la storia del liceo. Alcuni intervenuti
non si vedevano da molti decenni! C’era gente da lontano e da
vicino, praticamente da ogni dipartimento uruguaiano, ma anche dall’Argentina, Canada, Stati
Uniti, Svezia. Gente che si avvicinava a una foto della sua classe.
cercando di identificare i suoi ex
compagni. Durante il pranzo ex
alunni si avvicinavano al microfono per raccontare aneddoti.
Una nota di colore era data da
ex alunne che distribuivano saluti vestite con il tipico costume
valdese. E’ stata una giornata di
allegria e di nostalgia. Ma anche
di reincontro con questo liceo
così nostro e che senza dubbio fu
creato per tutti, cento anni fa.
Mireille Gilles
(Traduzione di Ethel Bonnet)
La PazMonumento al
colono valdese.
In molti
documenti
sull’origine della
chiesa valdese
nel Rio de la Piata,
è documentato
che l’educazione
dei giovani
è sempre stata
una priorità.
Prima dei templi,
si sono costruite
le scuole. Prima le
elementari poi
anche un liceo,
il Liceo Daniel
Armand-Ugón di
Colonia Vaidense.
Si farà il
referendum
sulla legge
di amnistia
ai militari
MONTEVIDEO — Il ministro
uruguaiano per gli affari elettorali, Darwin Machado, ha anmmeiato che la legge di amnistia votata due anni fa, in favore dei militari, s'ara sottoposta a referendum nella prossima primavera.
Gli uruguaiani dovranno dire
se approvano le misure adottate
nel 1986 per iniziativa del presidente, Julìo Sanguinetti. Il presidente aveva affermato infatti
che dopo 12 anni di dittatura militare solo un’amnistia poteva
condurre il paese alla democrazia.
La coalizione dei partiti di sinistra aveva però lanciato una
petizione per obbligare il Governo a sottomettere la questione al voto popolare con un referendum. Riaccogliendo 550.000
firme, il Frente amplio ha avuto un grande successo, inaspettato da parte del Governo.
Ad un armo dalle elezioni presidenziali e legislative, il successo della petizione è ima sconfìtta per il Partido colorado attualmente al potere.
La maggior parte dei giornalisti stranieri in Uruguay prevede però che il referendum
non darà un risultato favorevole
alla abrogazione delia legge di
amnistia.
G. G.
L’educazione è al centro del
dibattito della rinata democrazia uruguaiana. L’Uruguay, paer
se laico, è al centro di una offensiva per una educazione cattolica integrista. Pubblichiamo
qui il testo di una lettera aperta
ai vescovi uruguaiani, redatta
dal past. Ruben Artus, che reagisce a tale iniziativa.
Cari fratelli vescovi,
molti passi verso un ecumenismo più condiviso fra le chiese
protestanti e la vostra chiesa
sono stati realizzati negli ultimi
anni. Fra essi è da notare la
formidabile esperienza congiunta nel Servizio ecumenico di
reintegrazione (S.E.R.), esperienza che ci ha mostrato un cammino ecumenico nel servizio
concreto verso gli invalidi e gli
emarginati, che non possiamo
rifiutare.
Nell’ultimo incontro fra i delegati delle diverse chiese partecipanti al S.E.R., che ha avuto luogo sabato 23 aprile nell’Arcivescovado di Montevideo, vi fu
un accordo generale nel seguire questo cammino, soprattutto
nel campo dei diritti umani, invitando le altre chiese e specialmente i nostri fratelli ebrei ad
unirsi a noi in questo cammino
di solidarietà e concreto impegno.
Mi saprete perdonare, fratelli vescovi, se vi esprimo in questo modo ij mio sentimento di
sorpresa e di grande malessere
nel leggere sui giornali «E1 pais»
e « E1 dia » di giovedì 21 aprile
un riassunto delia « Lettera pastorale dei vescovi sulla dignità
della persona umana e i suoi diritti ». Vi confesso che, nel concreto spirito ecumenico che ci
muove, ho seguito con vero interesse la denuncia che non tutti
i diritti umani sono contemplati
LETTERA APERTA Al VESCOVI CATTOLICI
Educazione solo cattolica?
nel nostro paese, soprattutto riguardo al lavoro, alla salute e alla casa. Però è stata forte la mia
sorpresa quando ho letto che
manca nel nostro paese anche
il « diritto all’educazione cattolica ». Che significa questo? Che
alia vostra chiesa è stata proibita la catechesi, l’educazione
catechetica ai bambini? Non può
essere! Allora cercai, nei citati
articoli, una spiegazione e la
trovai nelle dichiarazioni del vostro collega di Maldonado, Rodolfo Wirz, che ha detto: « Rincresce che, a testo espresso, l’articolo 68 della Costituzione dica: ’’Ogni padre o tutore ha il
diritto di scegliere per l’insegnamento ai suoi figli o pupilli i
maestri e la formazione che desidera”. Sono innumerevoli i padri di famiglia che non hanno
la possibilità di far uso di questa libertà. Vi sono coloro che,
per mancanza delle risorse necessarie per pagare una scuola
particolare, sono obbligati a
mandare i loro figli alla scuola
laica ufficiale ». E continua dicendo: « Questa scuola (la ufficiale), omettendo ogni riferimento al fattore religioso nell’età
stessia in cui si forma la personalità degli educandi, li priva
delia conoscenza delle verità che
pongono i fondamenti della fede cristiana, indispensabili perché possEmo accettarla » (pag.
7 di « E1 dìa », 21 aprile 1988).
— In primo luogo vorrei esprimere il mio profondo malessere come credente in Gesù
Cripto quando sento dire che
bisogna rivendicare il « diritto all’educazione cattolica », perché
la scuola laica ufficiale « priva i
bambini della conoscenza delle
verità che sono a fondamento
della fede cristiana ». Questa mi
pare una profonda offesa al1’« ecumenismo » con le chiese
sorelle, tanto predicato, poiché
si pretende, da parte vostra, di
essere proprietari delle, « verità
fondamentali della fede cristiana ». Sebbene non sia questa la
vostra intenzione, tuttavia il reclamo al « diritto all’educazione
cattolica », in questo contesto, va
proprio nel senso contrario ad
ogni intenzione ecumenica.
— In secondo luogo, come cittadino uruguaiano, non posso
tralasciare di esprimere la mia
grande preoccupazione per le
vostre parole. Credo di non sbagliarmi nel dire che il nostro
paese fu uno dei primi in America latina (e forse nel mondo)
ad esprimere nella sua Costituzione il più profondo senso democratico rispetto al tema religioso. Uno dei primi articoli della nostra Costituzione, l'art. 5,
dice: « Tutti i culti religiosi sono liberi in Uruguay. Lo Stato
non sostiene nessuna religione ».
Questo articolo, incluso nella
Costituzione grazie alla grande
e riconosciuta visione democratica di uno degli uomini più importanti della nostra storia, José B'attle y Ordonez, stabilisce
una delle basi di uno dei diritti
fondamentali dei popoli espresso nelTart. 8: « Tutte le persone
sono uguali dinanzi alla legge,
non riconoscendo altra distinzione fra esse se non quella dei
talenti e delle virtù ». Pertanto,
nella mia umile opinione, pre
tendere il « diritto » riguardo
all’« educazione cattolica » anche
riguardo a una possibile sovvenzione da parte dello Stato a una
scuola privata confessionale, mi
'pare un agire in uno spirito che
infrange i diritti civili elementari di un popolo.
D’altro lato voi dimenticate
che esistono nella Costituzione
alcuni privilegi, opinabili a mio
parere, come quanto è espresso
nelTart. 69, dove è detto che:
« Le istituzioni di insegnamento
privato e quelle culturali della
stessa natura sono esonerate
dalle imposte nazionali e municipali, come sovvenzione per
i loro servizi ».
— In terzo luogo, fratelli, e
credo che concorderete con me,
la fede non si comunica per
mezzo d forzature e costrizioni, ma per mezzo della libera
predicazione delTEvangelo. E per
il nostro paese possiamo fare
ciò seguendo quanto è detto
dall’apostolo Paolo in Calati 5:
13-15.
— Per ultimo, fratelli in fede,
lasciatemi ricordarvi i tremendi errori e orrori storici commessi ogni volta che si giimse
ad accordi e complicità fra la
Chiesa e i « poteri temporali »,
che hanno portato la Chiesa cristiana a ottenere privilegi, e insieme poteri, rispetto ad altre
confessioni religiose non cristiane e a quelle persone che non
si identificano con nessuna confessione religiosa. Credo fermamente che ciò non sia per nulla in sintonia con la « dignità
della persona umana e i suoi
diritti » ma, al contrario, que
sto attenti contro la dignità, i
diritti e la libertà di ogni cittadino di un popolo.
Questo non debilita la nostra
missione, come credenti in Gesù Cristo, che consiste nel proclamare la sua parola ad o-gni
creatura, né ostacola l’educazione dei bambini 'alla fede, ma
aumenta la nostra responsabilità e il nostro impegno di
credenti per offrirci completamente al servizio della missione nel mondo. Questa responsabilità e questo impegno non
li possiamo chiedere allo Stato.
— Cari fratelli cattolici, nel
cammino della lotta per la dignità della persona umana e dei
suoi diritti nel nostro paese cl
incontreremo sempre gomito a
gomito mentre continuiamo a
confessare la nostra fede in Colui che diede la sua vita perché
noi Tavessimo « in abbondanza ». Al di là delle differenze che
ci dividono, la missione in difesa
dei diritti essenziali di ogni cittadino per una vita degna non
può trovarci separati. Ma se voi
continuate ad inserire il « diritto ’all’educazione cattolica » nel
tema generale della difesa dei
diritti umani, non solo non ci
troviamo ecumenicamente su
questo cammino, ma ci troveremo anche a camminare « contromano » in modo fermo nella difesa della iaicità del nostro Stato e della libertà e diritto di
ogni cittadino riguardo alla sua
scelta confessionale.
Voi saprete perdonare le mie
parole se con esse ferisco, non
c’è in me in nessun modo la volontà di ferire né di dividere,
nia 'al contrario il mio solo desiderio è di contribuire alla rifiessione sia sulTecumenismo,
sia anche sulla lotta per la difesa degli elementari diritti di
ogni cittadino del nostro paese.
Fraternamente in Cristo.
Ruben Artus
(Traduzione di Ethel Bonnet)
4
prospettive bibliche
30 dicembre 1988
1
ALL’ASCOLTO DELLA PAROLA
TRASFORMARE
L'ODIO IN AMORE
L'apostolo Paolo annuncia
qui il messaggio dell’evangelo:
la liberazione dell'uomo ad opedi Dio.
Già all'inizio del cap. 12 troviamo questo pensiero, quando
Paolo parla di « culto spirituale »: « Non conformatevi a questo mondo, ma siate trasformati mediante il rinnovamento della vostra mente, affinché conosciate per esperienza quale sia
la volontà di Dio, la buona, accettevole e perfetta volontà ».
Il compromesso
costantiniano
Volkmar Deile lavora attualmente, per conto della Conferenza delle chiese
europee (KEK), all’organizzazione dell’Assemblea ecumenica che si terrà a Basilea nella settimana della prossima Pentecoste sulle tematiche « pace, giustizia, integrità del creato ».
Deile ha una lunga esperienza nel campo della pace: pastore della chiesa
unita a Berlino ovest, membro di « Aktion Sühnezeichen», ha anche svolto
un ruolo attivo nella preparazione dei Kirchentag di Düsseldorf, quello in cui
venne lanciata la proposta di un concilio per la pace.
Il 23 ottobre il pastore Deile ha tenuto la predicazione, che qui pubblichiamo, nel tempio metodista di via XX Settembre a Roma.
La traduzione è di Paolo Tognina. (Red.)
La comunità alla quale Paolo scrive sapeva meglio di noi,
oggi, ciò che è buono e ciò che è
malvagio. Buono era ciò che
serviva a prepararsi alla prossima venuta del Regno di Dio,
malvagio era ciò che mirava al
compromesso con il mondo e
impediva l'avvento del Regno.
Tutto questo aveva conseguenze
personali e collettive, per il
singolo cristiano e per la comunità.
Sulla strada che portava a Roma, che più tardi divenne la sede di una chiesa potente e trionfante, c'erano le croci che testimoniavano della forza dei deboli che avevano una fede solida.
Ma quelle croci non rimasero
a lungo la via della chiesa. Questa piuttosto divenne un'altra
chiesa in seguito alla svolta costantiniana. Certo, si continuò
a predicare l'evangelo, molte
conseguenze della fede rimasero
visibili — in particolare ciò che
era buono e malvagio per il singolo credente — ma la dimensione collettiva andò perduta.
La dimensione pubblica del cristianesimo fu fortemente limitata dai numerosi compromessi
con le leggi del potere. Questi
causarono ripercussioni sull'at’
teggiamento nei confronti della
guerra e della pace, della giustizia, dei rapporti tra stato e chiesa e altro ancora. Ma il vangelo non è un libro dei compromessi riguardanti il rapporto
tra il potere e la comunità cristiana. Là dove l'obbedienza ai
potenti richiedeva disubbidienza a Dio l'evangelo continuò ad
operare: nacquero movimenti
nella chiesa, movimenti che uscirono dalla chiesa e si giunse infine alla Riforma, di cui i valdesi furono precursori. L'evangelo
continuò ad operare nella chiesa. Malgrado l'infedeltà della
chiesa, essa non riuscì a spegnere la fiamma dell'evangelo che
ha sempre di nuovo donato alla chiesa dei testimoni, anche se
spesso passarono dei secoli prima che ciò fosse riconosciuto.
Questi testimoni, questi martiri,
hanno conservato e tramandato
per noi delle direttive mediante
le quali noi possiamo distinguere il bene dal male. E spesso le
piccole chiese hanno insegnato
alle grandi chiese, mediante una
testimonianza vissuta, che cosa
significhi essere chiese povere,
come si possa vivere senza avere a disposizione grossi mezzi
finanziari, che cosa sia la divisione tra stato e chiesa, come si
possa essere chiese pacifiste, come le esigenze radicali dell'evangelo possano e debbano essere
prese in considerazione nella vita quotidiana.
Necessità
di una nuova riforma
Io credo che noi, in quanto
chiese, abbiamo di fronte una
nuova riforma. E dato che, in
quanto chiese nate dalla Riforma, siamo « ecclesia semper reformanda » — le tracce si trovano anche al di fuori dell'ambito
« riformato », vedi per esempio
il Vaticano II — dovremmo essere pronti a raccogliere questa sfida. Ricollegandoci al testo biblico di Paolo si potrebbe
dire: la cristianità nel suo insieme ha il compito di imparare di
nuovo ciò che è buono e ciò che
è malvagio, ciò che merita il nostro sì e ciò che invece merita
il nostro no e il modo come te
Essere testimoni
della vita
« Non lasciarti vincere dal
male, ma vinci il male con il
bene » (Rom. 12: 21).
stimoniare tutto questo nella nostra vita. Dobbiamo imparare di
nuovo il significato dell’espressione « culto spirituale », dobbiamo imparare come mantenere l'intero creato pronto ad accogliere il Regno promesso, imparare ad ascoltare ciò che la Bibbia ci dice a proposito dei problemi con i quali siamo attualmente confrontati. Molti problemi non sono di natura solamente politica ma sono così profondamente presenti nella nostra realtà da costringerci a riconoscere che essi coinvolgono
la dimensione della fede e della
confessione di fede dei cristiani.
40 milioni di persone muoiono ogni anno di fame, su questa
terra, mentre una parte della popolazione mondiale vive nel lusso e nell'abbondanza. Non è forse questo un problema che coinvolge la nostra fede?
Cifre inimmaginabili vengono
investite per gli armamenti proprio mentre tutta questa gente
muore di fame. Milioni di esseri
umani si ammazzano in infinite
guerre regionali. Non è forse
questo un problema che coinvolge la nostra fede?
La distruzione ecologica sottrae agli esseri umani le basi
dell'esistenza e alla natura le
sue possibilità di sopravvivere.
Se la natura muore, anche gli
esseri umani muoiono. Non è
forse questo un problema che
coinvolge la nostra fede?
chi la situazione attuale: « La
creazione aspetta con impazienza la manifestazione dei figli di
Dio ». Noi siamo chiamati a manifestarci come testimoni della
vita in una situazione in cui le
forze della morte si fanno sempre più forti. Non come dittatori o ayatollah di questo mondo, con l’intolleranza, la violenza e la brutalità, ma nel modo
che Gesù ha insegnato ai suoi discepoli. Credo che Paolo abbia
indicato la vera interpretazione
del sermone sulla montagna.
Egli non ci esorta solamente a
distinguere il bene dal male, come fa tutta la Bibbia quando ci
pone di fronte alla scelta tra la
maledizione e la benedizione,
l'odio e l’amore, la morte e la
vita, il bene e il male; egli dice,
in più, di trasformare la maledizione in benedizione, l’odio in
amore, la morte in vita, di superare il male col bene.
L’etica del
Sermone sul monte
Certo, tutti questi sono problemi e domande che coinvolgono la nostra fede. Non abbiamo
adempiuto al compito affidatoci da Dio di coltivare e conservare il creato. Al capitolo 8 della lettera ai Romani, Paolo parla
come se avesse davanti agli oc
■§
Molti hanno sostenuto che ciò
non è possibile. Essi hanno capitolato — e noi con loro — di
fronte a una interpretazione
troppo « perfezionista » del sermone sulla montagna. Ma qui si
tratta del processo, della via che
porta verso la riconciliazione, la
rivitalizzazione, il miglioramento. Romani 12: 21 è in qualche
modo il centro dell'etica di Gè"
sù. Per questo motivo siamo
continuamente rinviati a Gesù,
perché egli ci ha preceduti. La
sua via ha lasciato molte tracce
tra noi. Molti l’hanno già seguito. Non siamo perciò soli, nemmeno di fronte alla crisi globale che minaccia la possibilità di
vita degli esseri umani e della
natura.
Noi abbiamo il compito di
mantenere pronto il creato in
vista deH’awento del Regno di
Dio, in vista dei nuovi cieli e
della nuova terra nei quali le nostre lacrime saranno finalmente
asciugate. Alla luce di questa
certa speranza che ci insegna
ciò che è bene e ciò che è male,
ciò che è giusto e ciò che è ingiusto, noi riponiamo la nostra fiducia in colui che era, che è, e
che sarà.
Volkmar Deile
:.V
5
30 dicembre 1988
fede e cultura
IX COLLOQUIO DI CAMALDOLI
Israele e le genti,
le genti e Israele
L’elezione d’Israele in una prospettiva universalistica - La posizione della chiesa cattolica e le responsabilità deH'ebraismo
Sul tema « Israele e le genti,
le genti e Israele » si è svolto
presso il monastero benedettino
di Camaldoli il IX Colloquio
ebraico-cristiano. Oltre 150 i presenti delle due confessioni religiose, tra essi tre rabbini, alcuni
teologi cattolici e un mussulmano. Da parte protestante erano
presenti il prof. J.A. Soggin, il pastore G. Scuderi e pochi altri vaidesi.
L’elezione di Abramo
Il rapporto reciproco Israele-genti è stato articolato in tre
momenti, ciascuno a due voci. Innanzi tutto due lezioni bibliche.
Da parte ebraica il rabbino E.
Kopciowski, dopo aver precisato che Israele esiste in funzione
della specifica missione ricevuta,
cioè diffondere la conoscenza di
Dio, ha sostenuto l’esegesi rabbinica che scorge in Abramo colui
che abbraccia tutta l’umanità,
quella « moltitudine di popoli »
che in lui saranno benedetti se
accetteranno il Dio unico e osserveranno almeno i sette comandamenti o precetti morali universali, pur senza divenire ebrei. Infatti l’ebraismo afferma che. indipendentemente da qualsiasi differenza di razza, nazione e religione. chiunque osservi tali precetti è giusto davanti a Dio. Far
conoscere Dio e le sue lesa! morali in vista della attuazione di
principi comuni è il compito che
possiamo condividere come ebrei
e come cristiani.
L’universalismo
perduto e ritrovato
Da parte cristiana il prof. Soggin ha esordito affermando che
Israele ha avuto ed ha ima visione universalistica di se stesso e
dei popoli. Quindi ha esaminato i
testi veterotestamentari che rendono testimonianza alle costanti
relazioni tra Israele e i popoli ed
alle valutazioni implicite in tali
testimonianze bibliche. Quelle valutazioni, strettamente collegate
ai vari momenti della storia
ebraica, sono state sintetizzate
da Soggin in quattro punti:
1) I popoli pagani quali strumenti nelle mani di Dio Signore
della storia ed aventi la funzione
negativa di esercitare il castigo
di Dio su Israele. E’ il momento
in cui Israele, ormai stabilitosi
nella terra promessa, si conforma
alla mentalità ed ai peccati delle
nazioni pagane.
2) I popoli pagani intesi in
funzione puramente negativa
quali seduttori, oppressori, quindi come costante insidia per il
popolo ebraico. E’ il momento
deirinsediamento nella terra promessa.
3) I popoli visti come insignificanti sullo sfondo della storia
retta da Dio. E’ il momento, ad
esempio, del E>euteroisaia.
4) I popoli chiamati ad abbandonare gli,idoli e ad unirsi
agli ebrei nel Culto del Dio unico. E’ il momento della visione
universalistica, propria dell’epoca post-esilica e ore-cristiana in
cui si sviluppa un fiorente prose;
lirismo ebraico verso i popoli
ormai considerati oggetto di missione.
Il secondo momento, era su:
« Orizzonti nuovi fra ebrei e cri
stiani a 25 anni dalla convocazione del Vaticano II ».
Nella prima relazione N. Ben
Horin ha esaminato, in ottica
ebraica, i testi ufficiali del cattolicesimo nei loro contenuti innovatori, dalla « Nostra aetate »
(1965) ai «Sussidi per una corretta presentazione degli ebrei e
dell’ebraismo nella predicazione
e nella catechesi della Chiesa cattolica » (1985).
Con chiarezza egli ha preso atto che alle due comunità di fede
va riconosciuto lo sforzo teologico immenso fatto per meglio conoscersi e comprendersi. Ma esse
non sono ordinate l’una all’altra,
infatti hanno credenze che contrastano tra di loro, e si distinguono per la disparità di approccio al problema stesso della salvezza ed a quello della storia. Ma,
ha concluso Ben Horin, « la questione suprema è se siamo vivi
o morti dinanzi alla sfida del Dio
vivente e dinanzi alle sfide del
nostro tempo ».
Cattolici ed ebrei
Da parte cristiana B. Calati, ex
priore generale dei Camaldolesi,
ha commentato il testo di Sofonia 3: 9, in cui si parla del giorno
nel quale tutti i popoli invocheranno il Signore con una sola
voce e « lo serviranno spaMa a
spalla ».
Nello stile classico della « lectio divina » patristica, che partendo da un testo biblico ne scandisce e ripete il messaggio applicandolo ai vari momenti della
storia, B. Calati ha ripercorso il
cammino di « cecità », non della
Sinagoga, bensì proprio della
Chiesa cristiana, quella chiesa
che una volta proponeva se stessa quale unico punto di riferimento e criterio di giudizio, e che
non conosceva né il dialogo con
la storia, né quello con le altre
fedi.
Tale chiesa conosce Ora delle
« cose nuove » (Is. 43: 19), la novità della riscoperta della esistenza di Israele e della sua collocazione nel piano della salvezza. Per la chiesa si apre così il
tempo della « metanoia » (conversione) nel servizio da rendere nel
dialogo con la storia e nella ricerca di Israele, il « discepolo
che Gesù amava » e « che rimarrà» sino alla fine (Giov. 21: 20-21).
Adempiere
la missione
Il terzo momento su « Israele
e le genti » nelle prospettive
ebraica e cristiana contemporanee, si prefiggeva di cogliere la
sensibilità Odierna per trarne
qualche indicazione per il futuro.
Fortemente critica è stata la
presentazione della prof. Lea Sestieri, ebrea.
Secondo il suo parere, mentre
il mondo abbisogna della testimonianza ebraica, buona parte
dell’ebraismo sta invece perdendo il senso della propria missione. La parte secolarizzata si è allontanata dai precetti della Torah
(insegnamento divino), gli ambienti ortodossi si vanno chiudendo in una specie di ghetto
etico-rituale, alcuni ortodossi non
riconoscono né lo Stato di Israele né i passi universalistici del
UN’AUTOBIOGRAFIA AFFASCINANTE
Perfidi giudei
fratelli maggiori
La vita del rabbino capo della sinagoga di Roma
l’A.T., e non esiste un ebraismo
sociale.
La via che la Sestieri indica all’ebraismo è la riscoperta della
sua essenza che consiste nel « dare testimonianza », una testimonianza che comporta l’assunzione
quotidiana delle proprie responsabilità, ed è un tornare ad « essere santi come Dio è santo ». E’
questo l’unico modo per ridare
senso alla propria presenza, oggi
ancora, nella storia. Se è vero che
resistenza storica di Israele è
prova della fedeltà e deiramore
di Dio, e quindi della sua esistenza, è altresì vero che solo una
esistenza santa sarà l’adempimento della missione per cui
Israele è stato scelto.
Popolo nuovo o
uomo nuovo?
Piero Stefani, da parte cristiana, ripercorrendo le indicazioni
dei testi del N.T., ha ribadito che,
poiché in Cristo cessa di aver corso anche la distinzione tra gli
ebrei e le genti (Gal. 3: 28), resistenza di Israele, popolo di Dio
fuori di Cristo, crea problema.
Quindi, con una interessante
quanto originale interpretazione
di Efes. 2: 11-22, ha notato che
« le genti », i pagani, sono edificati quali « uno » in Cristo; ma
nel « suo corpo » (v. 15) essi, con
Israele, sono creati non in un
« unico popolo », ma in un unico
« uomo nuovo ». Dimque all’interno della chiesa e della fede in
Cristo vi è l’uomo nuovo, non un
popolo nuovo.
Infatti se la chiesa identifica se
stessa come « popolo », allora non
può che discriminare l’altro « popolo », in quando da essa diverso.
Ma la chiesa è costituita da
« ebrei » e « gentili », è la « ecclesia ex gentibus », cioè chiesa composta « dalle » genti, che in Cristo
ricevono quello che Israele ha
sempre avuto; e non è la « ecclesia gentimn », cioè la chiesa « delle » genti che richiede la conversione delle genti a sé. Quindi in
Cristo le nazioni hanno parte nella eredità di Israele, ma non lo
sostituiscono.
Cinque gruppi di studio hanno
affrontato i seguenti temi collaterali: 1) lettura comune di un
passo biblico; 2) pace, giustizia e
cooperazione tra i popoli; 3) fondamentalismo e secolarizzazione;
4) come è presentato il rapporto
Israele - genti nell’insegnamento
ebraico e nella catechesi cristiana; 5) La cooperazione deH’uomo
nella creazione.
Un fatto di grande rilievo: durante il colloquio è avvenuta la
costituzione ufficiale della «Federazione delle Amicizie ebraicocristiane in Italia ». Hanno firmato l’atto di costituzione e lo
statuto i rappresentanti delle associazioni di Amicizia Ebraico
Cristiana esistenti in Italia: AEC
di Firenze (operante dal 1950),
AEC di Roma (operante dal 1980),
AEC di Ancona (operante dal
1984). AEC di Torino (operante
del 1986).
Gli atti del Colloquio 1988 saranno pubblicati nei Quaderni di
vita monastica di Camaldoli. Chi
è interessato agli atti degli altri
Colloqui precedenti può richiederli presso una libreria specializzata o alla Claudiana.
Giovanni Scuderi
Lo stile è quello di chi sa raccontare con essenzialità e passione la propria vita. Il rabbino
Toaff di Roma, forse la personalità più nota e rappresentativa
dell’ebraismo italiano, ci presenta la sua autobiografia (cinquantanni di storia), intrecciata a
momenti noti e meno noti della
vita del nostro Paese. Le pagine
più belle del libro sono anche
le più drammatiche: il periodo
in cui si abbatté sulla diaspora
ebraica la persecuzione più vasta e radicale nella sua lunga
storia. Toaff racconta di come
allora, giovane rabbino ad Ancona, dovette occuparsi della sua
piccola comunità: tanti piccoli
episodi di coraggio, di solidarietà, di condivisione e anche di fuga con la propria famiglia dai
persecutori in camicia nera.
A tratti, dal racconto emerge
una citazione biblica o un riferimento al calendario liturgico
ebraico, che testimoniano di ima
fede nel Signore che rimase intatta anche nei momenti più tragici. Come quello in cui, all’ultimo minuto, il plotone d'esecuzione nazista risparmia la vita al
nostro autore.
Nell’immediato dopoguerra il
rabbino, che rischiò più volte la
pelle per salvare la propria famiglia e la propria comunità di
fede anconetana, decide di trasferirsi a Venezia (« ... gli anni
migliori passavano rapidamente
per cui — se volevo fare carriera — bisognava che me ne andassi in una sede più grande»).
Anche qui una grande attività
d’istruzione e religiosa, piccoli e
grandi episodi, compreso anche
il primo emozionante viaggio a
Gerusalemme (« ...m’apparve bellissima, affascinante e con un
cielo incredibilmente azzurro, come non ne avevo mai visto: il
cielo della città che Dio aveva
scelto per farci risiedere il suo
nome ») e la raccolta di armi da
inviare clandestinamente alla comunità ebraica in Palestina.
E venne il 29 novembre del
1947, quando l’Assemblea dell’QNU approvò « una risoluzione
di spartizione della Palestina, con
la quale si dava vita ad uno stato ebraico ed a uno stato arabo,
che avrebbero dovuto convivere
fianco a fianco in pace ed in fattiva collaborazione ». A partire
da qui inizia la parte più problematica del libro, forse perché essa è più vicina a noi. Nel 1951
Toaff diventa rabbino capo di
Roma con, tra le tante incombenze, anche quella « di rappresentanza presso le autorità italiane, le organizzazioni israeliane, le istituzioni ebraiche internazionali per mantenere e sviluppare contatti con i rabbinati di
tutto il mondo». Negli anni del
dopoguerra Toaff, vigile sentinella della comunità ebraica romana, segnala e combatte i numerosi e tristi episodi d'antisemi
tismo, quasi tutti di matrice fascista.
Negli anni ’70 l’autore ci ricorda le polemiche che sorsero intorno ai criminali nazisti Kappler e Reder. E qui ritroviamo
la discussione con Tullio Vinay
su « perdono sì - perdono no »;
« ...l’accusa che mi fece (Tullio
Vinay, n.d.r.) di essere "vendicativo” e di non conoscere il perdono, mi offese profondamente,
per cui . gli risposi, precisando
che chiedere giustizia, chiedere
che sia rispettata una sentenza
emanata da un regolare tribunale, non poteva essere considerato
desiderio di vendetta ».
Ritroviamo la polemica con
Pertini e il papa per aver accolto (settembre 1982) if leader
palestinese Arafat. Al papa Toaff
inviò questo telegramma: « Profondamente turbato per udienza
concessa Arafat, persecutore non
pentito cristiani libanesi, capo
organizzazione macchiatasi orrendi delitti i>er uccisione vecchi e bambini, che si propone distruzione Stato Israele, protesto
vibratamente per grave atto che
ferisce e disorienta sentimento
religioso credenti ».
C’è poi l’episodio tragico dell’uccisione del piccolo Stefano a
causa di una bomba gettata di
fronte alla sinagoga. E si arriva
al capitolo sul « Papa nel Tempio ». I preliminari dello storico
incontro ( « ... il papa doveva farmi avere un invito per quell’incontro, doveva esprimere parole
di rammarico p>er le passate sofferenze della popK)lazione ebredca di Roma e, infine, doveva ricevermi con tutti gli onori riservati al capo di una religione»), gli
sviluppi sino al famoso abbraccio vengono esaminati e raccontati nella prospettiva del superamento dei reciproci pregiudizi
e della valorizzazione del comune patrimonio tra ebrei e cattolici.
Il libro si chiude rievocando
la riunione di preghiera indetta
dal papa ad Assisi nell’ottobre
del 1986. « Io ero perfettamente
convinto che una preghiera rivolta a Dio dai capi o dai rappresentanti di tutte le religioni
avrebbe avuto molte probabilità
di essere ascoltata ».
L’autobiografia del rabbino capo di Roma, autorevole (e forse
un tantino autoritario) leader
spirituale della realtà ebraica italiana riesamina, con toni spiesso
celebrativi, la propria vita intensa e ricca di interessanti esperienze. Vita che ha avuto come
scopo « Taffermazione e la diffusione dell’ebraismo inteso come
sistema di vita e come dottrina
miracolosamente sempre attuale,
malgrado il passare dei secoli e
lo svolgersi della storia ».
Giuseppe Platone
ELIO TOAFF, Perfidi giudei, fratelli
maggiori, Milano, Mondadori, 1987,
pp. 249, Lire 20.000.
6
6 vita delle chiese
30 dicembre 1988
DECENNIO DI SOLIDARIETÀ’
La lezione delle donne
Accettato senza grandi entusiasmi, il « Decen
invece di diventare momento di riflessione
nio » rischia di essere svuotato di contenuti,
per una inderogabile rivoluzione culturale
Il Sinodo '87 ha deciso l’adesione delle chiese valdesi e metodiste al « Decennio di solidarietà delle chiese con le donne »
proposto dal CEC. E così con il
culto di Pasqua 1988 abbiamo
inaugurato il decennio. Si è trattato di uno di quegli ordini del
giorno votati senza grandi discussioni. Le donne membri del
Sinodo non avevano naturalmente nessun motivo per essere contro quell’ordine del giorno, e gli
uomini membri del Sinodo stavano ben attenti a non parlare
contro quell’ordine del giorno,
jjerché ormai la « lobby » delle
donne nella chiesa e nella cultura di stampo progressista è
troppo forte per potersi permettere un discorso maschilista nel
dibattito sinodale. E ora ci troviamo di fronte al fatto che dob;
biamo organizzare il decennio di
solidarietà con le donne nelle
nostre chiese, e noi uomini non
sappiamo che pesci pigliare.
Che cosa vuoi dire solidarietà
con le donne? Nei nostri concistori molto spesso già più della
metà dei membri sono donne,
la donna pastore diventa per le
comunità sempre più spesso
im’esperienza concreta, la vita
delle chiese — questa è acqua
calda — è portata avanti dalle
donne, sono le donne che sentono il bisogno di formazione e
vengono allo studio biblico e al
culto, sono le donne che organizzano le feste nella chiesa, sono le donne che fanno le monitrici della scuola domenicale, le
catechiste, le visitatrici, ecc., e
poi c’è l’unione femminile, un
potere non da sottovalutare nelle comunità. Quindi: che cosa
vuol dire solidarietà delle chiese con le donne? Le donne hanno già tutto lo spazio che vogliono nella chiesa.
Così nelle riunioni a livello del
Circuito e del Distretto, quando
si comincia a trattare il terra
del decennio, le facce maschili
assumono un’espressione leggermente annoiata, le facce femminili, come reazione, una leggermente infastidita e si cerca di
passare il più presto possibile
al prossimo tema da discutere.
Il problema è che molti fra noi
uomini non sanno che cosa fare. Non ci siamo resi conto che
solidarietà delle chiese con le
donne non è soltanto una parola bella e progressista o cristiana, ma una questione concreta
che vuole toccare noi uomini da
vicino.
Il discorso fatto sopra naturalmente non quadra. Solidarietà con le donne non significa
semplicemente lasciare dello spazio alle donne. E’ vero che le
donne occupano sempre più spazio nella vita della chiesa, ma
non perché le donne hanno conquistato questi spazi, ma molto
sjjesso perché gli uomini si sono
ritirati dalla vita della chiesa e
hanno lasciato molti spazi vuoti. E' vero che le donne si interessano maggiormente allo studio della Bibbia, a questioni teologiche e sociali, ma è altrettanto vero che ad una grande parte dei membri di chiesa di sesso maschile mancano questi interessi. Quindi non possiamo usare il maggior impegno delle donne nelle nostre chiese come argomento per dire che qui da noi
è tutto in ordine; anzi, dovremmo chiederci come mai sia più
facile trovare un anziano di chiesa donna che un anziano di chiesa uomo, come mai la maggioranza dei monitori delle scuole
domenicali siano monitrici, ecc.
Solidarietà con le donne non
è una cosa di donne, un tema
per gruppi di donne o unioni
femminili, per questo l’iniziativa del CEC non si chiama « Decennio di solidarietà delle donne delle chiese con le donne »
ma parla di solidarietà delle chiese tutte, cioè chiede anche la
solidarietà della parte maschile
delle chiese. Se la solidarietà
con le donne resta un tema trattato solo dalle donne — e qui
da noi la tendenza è finora questa —, l'iniziativa del CEC p>erde il suo scopo. Solidarietà con
le donne significa che i rapporti
cambiano, e non solo i rapporti
tra le donne, ma anche i rappor- .
ti tra uomini e donne e forse,
in un secondo tempo, i rapporti
tra gli uomini.
Solidarietà con le donne significa che noi uomini non possiamo rimanere come siamo. Non
è possibile che le donne cambino e gli uomini no. La solidarietà con le donne riguarda quindi anche noi uomini. Non basta
che noi uomini tolleriamo generosamente le donne in posirioni occupate una volta esclusivamente da uomini, come il pastore, l’anziano, il sindaco, il dirigente d’azienda, ecc.; dobbiamo
cominciare ad accettare veramente le donne in queste posizioni,
valutando il loro lavoro non sulla base del modello maschile,
ma sulla base del lavoro fatto,
e non inganniamoci, non è la
stessa cosa. Dobbiamo diventare
sensibili al modo in cui lavorano e ragionano le donne, probabilmente abbiamo anche qualcosa da imparare. Forse dobbiamo fare ancora un passo più indietro: forse dobbiamo smettere di pensare che soltanto il lavoro degli uomini è veramente
lavoro e che le donne lavorano
solo nel caso in cui fanno il lavoro degli uomini (cioè gli spazi di lavoro produttivo), dobbiamo invece cominciare a considerare lavoro delle dorme anche
quel lavoro che spesso non salta
agli occhi. Noi uomini facilmente abbiamo un mito del lavoro:
il lavoro maschile, il lavoro di
cui di conseguenza siamo orgogliosi, dev’essere pesante o nel
senso dello sforzo fisico o nel
senso di peso della responsabilità. Varrebbe la pena riflettere
una volta su questa concezione
del lavoro maschile.
Solidarietà con le dorme non
significa né che noi uomini dobbiamo dare spazio alle dorme affinché esse si trasformino in uomini, né che noi uomini dobbiamo diventare donne. Grazie al
cielo, l’umanità è composta da
uomini e donne, il che significa
la possibilità d’incontro, di scarnbio di esperienze. Solidarietà si
gnifica in primo luogo che noi
uomini smettiamo di giudicare
le donne secondo le nostre esperienze e misure maschili.
Infatti il nostro modo di essere non può rappresentare il
criterio per valutare e giudicare
gli esseri umani in genere, come
il modo di essere delle donne
non deve diventare modello dell’umanità (meno male che esiste
la difesa delle minoranze). Dove il modo di essere di uno diventa misura per tutti, l’altro
diventa automaticamente un essere umano di seconda categoria, senza la libertà di scegliere
e di creare la propria vita. Questa è l’esperienza delle donne.
Per millenni la loro diversità dal
modello maschile è stata considerata inferiorità.
Solidarietà con le donne significa per noi uomini diventare
sensibili alle differenze tra noi
e le donne senza trasformare
queste differenze in discrimina
zione, sentire queste differenze
e non basare le nostre esperienze su pregiudizi contro le donne.
Questa sensibilità verso le donne diventa allo stesso tempo sensibilità verso noi stessi, perché
prendere veramente sul serio il
modo di essere delle donne, i
loro problemi, le loro esperienze specifiche come un modo di
realizzarsi in quanto essere umano, significa porsi delle domande sulle pretese dell’altro modo
di realizzarsi in quanto essere
umano.
In questa direzione della sensibilizzazione, noi uomini abbiamo ancora molta strada da fare. Non ci pK)sslamo permettere
che le donne facciano dei percorsi senza che noi cerchiamo di
capire, che le donne cambino,
e cambino i loro rapporti con
noi, senza che noi prendiamo attivamente parte a questa trasformazione dei rapporti. Il « Decennio di solidarietà delle chiese con le donne » ci offre la possibilità di cominciare a prendere coscienza di noi stessi nei nostri rapporti con le donne. Certo, spetta alle donne dare i temi per le ricerche e le discussioni in questa occasione, il nostro
compito come uomini è in primo luogo ascoltare. Ma non dovremmo far passare questa occasione senza coglierla, per imparare e capire molto sulle donne e su noi stessi.
Klaus Langeneck
CRONACA DELLE CHIESE DELLE VALLI
Costruire una cultura
VILLASECCA — E’ stato deciso di rilanciare la vendita dei
libri ricostituendo, come già era
avvenuto alcuni anni or sono,
un banco libri. E’ indispensabile rendersi conto della necessità di ricostruire una cultura
che fondi le sue radici sulia
lettura, in contrapposizione con
quella dilagante della superficialità e dell’evasione. Ecco dunque che anche l’occasione dei
doni può divenire il momento
della diffusione di un buon libro.
• Sono deceduti Alma Michelino ved. Vrech ed Italo Genre
Bert; ai familiari di \Alma ed
Italo la comunità esprime la
propria solidarietà e comunione
di fede nella resurrezione dei
morti in Cristo.
presentati la vita e la vocazione
del profeta Giona e un lavoro di
V. Calvino, intitolato « La torre
sul pollaio ». Durante la serata
è stata raccolta una colletta di
409.250 lire, che verrà devoluta ai bambini dell’Armenia,
che passano in questi giorni un
Natale ben più tragico del nostro!
• Martedì 27 si è tenuto nella sala della comunità un concerto di Tullio Rapone, intitolato
« Il glorioso rimpatrio »: questo concerto è un esempio di
collaborazione tra la comunità
di Frali e il centro di Agape;
là, infatti, si sta svolgendo —
dal 26 dicem. al 1° gennaio — il
campo invernale dedicato al «glorioso rimpatrio ».
TORINO ■ INCONTRO DEL SAE Culti di fine d’anno Lutti
L’ecclesiologia evangelica
Continua l’esplorazione delle altrui Identità confessionali per cercare, prima di giudicare e condannare, di capire e aprirsi al dialogo
Sabato 17 dicembre alle 16,
presso il Convento di S. Antonio, si è svolto il consueto incontro mensile del SAE torinese, nel quadro di un ciclo di
presentazione delle diverse concezioni cristiane dell’ecumenismo.
Da riflessione è stata preceduta da una sobria liturgia ecumenica a più voci, comprendente l’ascolto di im brano biblico,
canti e letture di testimonianze
di credenti di diverse confessioni e la preghiera con il Padre
Nostro secondo la versione della Bibbia in lingua corrente.
Il pastore valdese di Angrogna, Giuseppe Platone, ha quindi presentato l’ecclesiologia delle chiese evangeliche, con particolare riguardo alla concezione
riformata, evidenziando come
nella comprensione protestante
la Chiesa non occupi la posizione privilegiata che il cattolicesimo le riserva. Nella riflessione teologica evangelica la Chiesa
è accadimento, popolo raccolto
da Dio, oggetto della sua grazia;
essa è fallibile e sempre sogget
ta alla necessità di riformarsi,
unicamente sottoposta all’autorità di Cristo che ne è il capo.
Non Chiesa madre dei credenti,
ma piuttosto spazio ove vivere
la propria fede. Da qui anche '
l’importanza della comunità locale come cellula di un organismo vivente, i cui confini Dio
solo conosce.
Dopo ima rapida sintesi del
pensiero di alcuni teologi come
Calvino, Barth e Subilia, il relatore ha quindi individuato nella sacralizzazione istituzionale,
nella spiritualizzazione individualistica e nella secolarizzazione (il « conformarsi al presente secolo ») tre grossi pericoli
incombenti sulla Chiesa.
Platone ha auspicato un approfondimento del dialogo ecumenico a livello locale, anche
attraverso un confronto delle
reciproche posizioni teologiche
che, soprattutto nel campo dell’ecclesiologia, sono già presenti in nuce nel Nuovo Testamento stesso. Ha indicato infine nel
processo conciliare che si sta
muovendo intorno ai grossi temi della pace, della giustizia e
della salvaguardia del creato, una possibile svolta nell’approccio ecumenico: non tanto le chiese che portano al mondo le loro
teologie, quanto piuttosto la
messa a fuoco dei problemi che
travagliano l’umanità, per risalire insieme alla volontà dell’unico Dio, creatore e salvatore
del mondo.
L’incontro, che si è concluso
con un’agape fraterna, ha visto
la partecipazione di una sessantina di persone, cattolici, evangeiici, ortodossi. Ricordiamo che
la prima conferenza aveva avuto luogo il 5 novembre presso
la sala valdese di via Pio V, con
la relazione del prof. Oreste Aime, sacerdote cattolico, docente
di filosofia morale, mentre il
breve ciclo si chiuderà il 4 febbraio, ancora nella sala valdese
di via Pio V, con l’intervento
di padre Giorgio Vasilescu, della
Chiesa ortodossa romena di
Torino.
Emmanuele Paschetto
TORRE PELLICE — Alle ore
21 di sabato 31 dicembre, nel
tempio, culto con Santa Cena.
LUSERNA SAN GIOVANNI —
Sabato 31 dicembre, alle ore 21,
nel tempio avrà luogo il culto
di fine anno con celebrazione
della Santa Cena.
ANGROGNA — Nella settimana natalizia, che si è conclusa
con due culti molto frequentati
al Serre e a Pradeltorno, la nostra comunità si è raccolta intorno ai familiari di Edvy Sappè (ai Ricca di Luserna S. Giovanni), improvvisamente deceduto all’età di 64 anni, e di Felice
Malan (del Prassuit-Vernè),
mancato a 67 anni dopo oltre
due mesi d’ospedale.
Ai familiari rinnoviamo la nostra solidarietà in Cristo.
• L’ultima sera dell'anno avremo un culto di Santa Cena al
Serre, alle ore 21.
Recite e recital
FRALI — Durante la settimana di Natale, si sono svolte numerose attività.: due culti (venerdì sera, per coloro che sono impegnati durante le feste, e la
mattina di Natale); domenica
sera hbbiamc* acceso l’albero,
in una serata allietata da un
concerto della corale e da due
scenette della scuola domenicale e del precatechismo: sono stati
POMARETTO — L’evangelo
della resurrezione e della speranza è stato annunciato in ocr
casione dei funerali di Italo
Genre Bert, deceduto all’ospedale di Pomaretto all’età di 59 anni, e di Luigia Clot v. Peyronel,
deceduta a Perosa Argentina all’età di 76 anni. La comunità
esprime la sua cristiana simpatia ai familiari.
Calendario
Venerdì 30 dicembre
□ IL PASSATO
CRISTIANO
NELL’ASIA MINORE
TORRE PELLICE — Alle ore 15.30,
nella sede della TEV in viale Mazzini
3. l’archeologo Renato Nisbet parla
sul tema: « Il passato cristiano nell'Asia Minore ».
Domenica 8 gennaio
□ L’EVANCELO
IN SICILIA
TORRE PELLICE — Il 1” Circuito
organizza un incontro con il pastore
Laura Leone che parlerà delle sue
esperienze pastorali in Sicilia (Mar
sala-Trapani). Ore 14.30 alla Casa
unionista.
7
30 dicembre 1988
valli valdesi
FABBRICHE IN VAL RELUCE
Natale!?
L’impegno che come singoli
credenti o come chiese abbiamo
messo di fronte al dilagare del
consumismo legato al Natale è
paragonabile a quello della cavalleria polacca contro le corazzate di Hitler nel corso dell'invasione di quella regione. Così
ha- esordito recentemente in un
culto prenatalizio Giorgio Tourn,
ad illustrare uno sforzo immenso quanto inutile.
Natale è il trionfo del consumismo? Ovvero la fine dell’Emmanuel, messo nel cassetto?
Con quale animo ci si è avvicinati a questa ricorrenza, con
quali pensieri?
Domande rivolte alla gente per
strada, nei supermercati...: « Una
tradizione che c'è sempre stata
e sempre ci sarà: ritrovarsi tutti insieme in famiglia, almeno
una volta all’anno » è la prima
risposta ottenuta da un giovane,
CUI fa. presto eco un pensionato:
«E’ una festa come le altre, da
passare in famiglia; l’aspetto religioso? Certo, andrò in chiesa,
come tutti gli anni e ai funerali... ».
Stare insieme dunque, riscoprire l’unità della famiglia, fare
dei regali, un po' a tutti, ma
soprattutto ai piccoli e sono « i
più sentiti, i più autentici; in altri casi hai quasi l’impressione
che il regalo .sia dovuto: comunque è così, non do giudizi, ma
è un segno dei tempi che stiamo
vivendo ».
Naturalmente c’è anche chi
pensa, rapportandola al nostro
consumismo, alla altrui povertà,
a quella di altri popoli, anche
nella ricca Europa: «Definirei il
consumismo come non conoscenza della povertà, nel senso che,
alla fine, ci rimane ben poco ».
Dunque l’aspetto legato alla
fede è passato decisamente in
secondo piano?
Certo c’è stato chi ha escluso
come predominante questo aspetto, ad assoluto vantaggio della Superficialità e del richiamo
della festa a tutti i costi, ma anche chi, lamentando « un progressivo allontanamento da quello che
fu il messaggio di pace irradiato
dalla capanna », ribadisce la ner
cessità di « trasmettere ai suoi
ragazzi tutta la portata di questo giorno che altrimenti non potrebbe essere vissuto bene, ma
anzi recherebbe soltanto malinconia». La stessa malinconia o
preoccupazione che è generata
dalla fretta di un commerciante,
talmente preso dal superattivismo prenatalizio da non riuscire « a vivere con la necessaria
serenità questa ricorrenza ».
Ed allora che dire, come credenti evarigelici, a questo punto?
Una possibile risposta viene aneora dalla predicazione di Tourn.
Cogliere in questa situazione,
fatta Sovente di rimpianti o contraddistinta da cose insensate,
quelle invece che, seppur in numero inferiore, quasi nascoste,
sono belle, gioiose, autentiche,
lasciarsi coinvolgere da esse facendo in modo che esse si moltiplichino ogni giorno.
Plervaldo Rostan
«Straordinario» ordinario
Turni di notte e di sabato: operai d’accordo? - Situazioni differenti
Si parla spesso dei problemi
dell'occupazione in vai Pellice,
della difficoltà di reperire nuovi
posti; sul come si lavora in quelli esistenti si sa invece assai poco. Si lavora di notte? Il sabato
e la domenica.
La Caffarel di Luserna S. G.,
nel settore dolciario, risente ovviamente dell’alta o bassa stagione rispetto ai prodotti, « ma
— precisa ima delegata sindacale — i sabati lavorativi vengono
recuperati durante altri periodi
dell’anno e comunque la scélta
dei dipendenti di compiere questo tipo di lavoro straordinario
avviene su base volontaria,
senza pressioni dell’azienda. Anzi, si può dire che il rapporto
fra maestranze e direzione sia
buono; un esempio? Tempo fa
era stato fatto presente il problema del riscaldamento per le
persone che effettuavano il turno di notte; ebbene, abbastanza
rapidamente l’azienda ha provveduto a costruire un locale riscaldato per le pause delle oper
raie ».
Ci sono state nuove assunzioni?
« Anzitutto — prosegue la nostra interlocutrice — ci sono i
lavoratori stagionali ma, oltre
ad essi, ci sono stati una settantina di ingressi col contratto
di formazione-lavoro; anche qui
un piccolo successo: praticamente tutte le persone entrate provengono dalla lista di collocamento della vai Pellice ».
Un po’ diversa la situazione
alla Corcos di Lusema; qui, secondo una componente del consiglio di fabbrica, lo straordinario
diventa ordinario, nel senso che
si lavora regolarmente il sabato
malgrado questo sia previsto come possibilità.
Ma la fabbrica (anelli di tenuta) è in espansione, nuove assunzioni ce ne sono state, e l’aumento di denaro in busta paga
fa comodo a molti; ecco perché
anche il sindacato, secondo la
dipendente intervistata, accetta
tutto abbastanza a cuor leggero.
« Tutte le assunzioni avvengono tramite contratti di formazione-lavoro (ed effettivamente
alcune ore di preparazione avvengono), generalmente confermati, ultimamente "pescando”
direttamente fra parenti di quanti già lavorano nell’azienda».
Si lavora di notte?
« Attualmente solo in un paio
di repartini, coinvolgendo dunque poche persone. E’ per altro
in discussione per il nuovo anno
la proposta di ridurre l’orario a
■36 ore settimanali, istituendo tre
turni giornalieri (6-12; 12-18;
18-24); se questo riguardasse anche il sabato, probabilmente molti dipendenti non si troverebbero d’accordo ».
P.V.R,
DIBATTITO
Tutti insieme
contro la droga
Egregio Direttore,
la morte per droga di una giovane ragazza di Torre Pellice
ripropone in modo drammatico
all’attenzione generale la questione delle tossicodipendenze in
Val Pellice.
E’ ormai chiaro che la nostra
zona, per quanto periferica rispetto alle grandi aree metropolitane, non può essere considerata un’isola felice.
Di fronte al dilagare di questo
fenomeno, la risposta delle istituzioni ci appare debole e incoerente.
PERRERO
Donare gli organi
Sono senza dubbio rilevanti i
progressi compiuti dalla medicina negli ultimi decenni: così rilevanti da sorpassare di gran
lunga la comprensione delle stesse persone che possono diventarne le beneficiarie. Questo avviene
in modo particolare per il trapianto di organi umani, intervento ormai praticato in misura notevole nel mondo occidentale,
ma che tuttora incontra difficoltà e resistenze.
Sul tema dei trapianti, e più
specificamente della donazione
di organi, si è svolta a Ferrerò
la riunione quartierale del 22 dicembre: sono intervenuti i medici dell’Ospedale civile di Pinerolo Paolo Ribet e Massimo Bruno.
Dopo una rapida carrellata sulla situazione dei trapianti in Italia e in Europa fatta dal doti.
Ribet, il dott. Bruno si è soffermato con ampiezza sulla sostituzione dei reni, intervento che
è di più frequente attuazione in
Italia e che presenta le maggiori possibilità di riuscita. Lavo
ARREDAMENTI
Mobilifido
GIUSEPPE GRIVA
FABBRICA • ESPOSIZIONE
Via S. Secondo, 38 - PINEROLO - Tel. (0121) 201712
(di fronte Caserma Alpini « Berardi »)
rando al reparto di dialisi dell’ospedale, il medico si trova quotidianamente a contatto con persone costrette ad una vita di sofferenze e di privazioni, ed lè facile capire come abbia auspicato una maggiore sensibilità verso questo problemia.? in pratica
un trapianto restituisce il paziente ad una vita normale, con ima
diminuzione considerevole di costi sociali.
Se la soluzione è semplice in
teoria, non lo è nella sua realizzazione materiale: la legge italiana, che richiede l’assenso dei
familiari alla cessione di organi,
si scontra con la riluttanza a
considerare il corpo di una persona cara come un magazzino
di pezzi di ricambio. Anche i donatori volontari non sono numerosi come si vorrebbe, tanto
è forte la resistenza a programmare da giovani la propria morte. Eppure, ha sostenuto il dott.
Bruno, è proprio questo un caso in cui un essere umano, ormai
in coma irreversibile, può trasferire una minima parte del
proprio corpo in un altro organismo che senza quella donazione ^rebbe altrettanto irrimediabilmente condannato a morte.
La discussione che è seguita
alla presentazione è stata animata, a riprova dell'interesse
che suscita l’argomento. Rispondendo alle domande, i medici
hanno anche auspicato che le
strutture sanitarie si adeguino a
queste nuove necessità e che ad
un maggior coinvolgimento della gente corrisponda una legislazione più rispondente ai fini che
la medicina si propone.
L. V.
Se provvedimenti quali la
chiusura de « Il Bistrò » a Torre Pellice, da parte del questore
in base ad un rapporto dei carabinieri, vanno letti come iniziative volte a combattere la
diffusione della droga, appaiono demagogici e inefficaci, perché non colpiscono i veri responsabili dello spaccio; dal punto
di vista del metodo, poi, rappresentano lo scavalcamento degli
organismi democraticamente eletti della valle, Comunità Montana e Comune, che a quanto
risulta non sono stati consultati.
Per quanto siamo coscienti
che nessuno ha risposte risolutive di fronte ad un fenomeno così grave, riteniamo che
sia necessaria un’azione coordinata tra le varie articolazioni
dello Stato e della società (forze dell’ordine, amministrazioni
locali, USSL, comunità religiose ecc.).
PCI di Torre Pellice
Conferenze
PINEROiO — Martedì 3 gennaio, alle
ore 20.30, presso l'auditorium di corso
Piave, avrà luogo una conferenza informativa sulla infestazione della processionarla del pino organizzata da
Provincia e Comunità Montana pinerolese; ciò a seguito delle segnalazioni
delle guardie ecologiche volontarie.
Cinema
TORRE PELLICE — Il cinema Trento
ha in programma • L’isola di Pascali •
con Ben Kingsley, ven. 30, ore 21.15;
« Congiunzione di due lune » di Zalman King, sab. 31, ore 20-22 e dom.
r gennaio, ore 20-22; « Asterix contro
Cesare », dom. 1° gennaio, ore 16-18.
Segnalazioni
TORRE PELLICE — Venerdì 30 dicembre, alle ore 21, presso la sede
di corso Lombardini 2, avrà luogo il
consiglio della Comunità Montana Val
Pellice.
Mostre
TORRE PELLICE — Resterà aperta fino al 15 gennaio la mostra sull'arte
rupestre dell'area dalla vai Po alla
vai Chiusella, esposta nei locali della Comunità Montana in corso iombardini 2, tutti i giorni feriali dalle
ore 8.30 alle 17.30, sabato e domenica con orario 9-12 e 15-18.
«Io e la mia casa serviremo il
Signore »
(Giosuè 24: 15)
Mimmo, Paola, Mario e Piero con
Nino, Guido, Lillina e famigilie sono
riconoscenti a tutti coloro dhe hanno
amato il loro caro padre e fratello
Arturo Rostagno
ricongiuntosi alla sua amata sposa il
18 dicembre 1988.
oiDio è amore s
Sabrina, Federica, Rossella, Matteo
e Valeria piangono il loro amato
nonno
Arturo Rostagno
per loro maestro di fede, rettitudine ed
onestà, deceduto a Pomaretto il 18 dicembre 1988.
Pomaretto, 18 dicendjre 1988.
RINGRAZIAMENTO
« Egli asciugherà ogni lacrima
dagli occhi loro e la morte non
sarà più, né ci saran più cordoglio, né grido, né dolore, poiché
le cose di prima sono passate »
(Apocalisse 21: 4)
I familiari del oompianto
Felice Malan
nell’impossibilità di farlo singolarmente, commossi e riconoscenti per la grande dimostrazione di affetto e stima tributata al loro caro, ringraziano tutti
coloro ohe con fiord, scritti e presenza
hanno partecipato al loro grande dolore. Un particolare ringraziamento al
pastore sig. Platone, ai medici e personale infermieristico dell’Ospedale valdese di Torre Pellice, aUa Croce Rossa, a suor Carmen, a tutta l’équipe del
reparto chirurgia doH’Ospedale civile
Agnelli di Pinerolo, ai parenti, ai vieìni di casa, agli amici, ai vigili del
fuoco alla Microtecnica ed alla Gl e
Ti di Lusema.
Angrogna, 21 dicembre 1988.
« Il mio orecchio aveva sentito
parlare di Te, ma ora l’occhio
mio Ti ha veduto »
(Giobbe 42: 5)
II 20 dicembre 1988 è mancato all’età di 67 anni l’avvocato
Roberto Jouvenal
già professore di filosofia nei licei.
Con grande dolore lo annunziano, a
funerali avvenuti come da suo desiderio, la moglie Germana, le dilette figlie
Danielle con il marito Gianni Long e
Michèle con il marito Carlo Sessa e la
piccola Margherita, la sorella e il fratello con le loro famiglie.
Offerte in memòria all’Asilo valdese per anziani di Luserna San Giovanni.
Torre Pellice, 24 dicembre 1988.
RINGRAZIAMENTO
« Ho combattuto il buon combattimento, ho finito la corsa,
ho serbato la fede »
(II Timoteo 4 : 7)
E’ deceduta in Pinerolo
Camilla Prassuit ved. Aversa
dì anni 103
Addolorati lo annunciano, a funerali avvenuti, la figlia Nina, i nipoti, cugini, amici e conoscenti.
La cara sa'Ima riposa nel cimitero
di Torre Pellice.
Non fiori, devolvere eventuali offerte
aU’Asilo valdese di Luserna San Giovanni.
La figlia ringrazia di cuore quanti si
sono uniti al suo dolore.
Torre Pellice, 30 dicembre 1988.
RINGRAZIAMENTO
« L’Eterno è U mio pastore,
nulla mi mancherà »
(Salmo 23)
La moglie, i figli e familiari di
Edvy Sappé (Vicu)
commossi e riconoscenti per la grande
dimostrazione di stima e di affetto ricevuta, ringraziano tutti coloro che con
scritti, presenza, paròle di conforto e
offerte hanno preso parte al loro dolore.
Un ringraziamento particolare ai
dott. Marinaro, al pastore Platone e ai
vicini di casa.
Angrogna, 30 dicembre 1988
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8 valli valdesi
30 dicembre 1988
UNA STORIA DI SUDORE E DI LACRIME
DOCUMENTARE LA STORIA
Le miniere
della Valle Germanasca
Carlo Ferrerò presenta in un interessante quaderno edito dalla Comunità Montana la vicenda secolare dell’industria estrattiva del talco
Raccontare la storia delle miniere e delle estrazioni, sia in
profondità che in superficie, significa incominciare a tracciare
un quadro sociale, economico,
culturale e sanitario degli ultimi cento anni della Val Germanasca.
Lo ha fatto Carlo Ferrerò, nel
desiderio di « lasciare alle future generazioni la testimonianza dei suoi ricordi più intimi circa la storia delle vecchie miniere ».
« Questa testimonianza, da cui
emerge un rapporto di amore-odio verso il duro mondo della
miniera, derivante dalla sua
stessa esperienza di minatore
oltre che dall’aver vissuto in im
ambiente di minatori per lungo
tempo, è ricca di passione »; così scrive l'assessore alla cultura
della Comunità Montana Val
elùsone e Germanasca, Erminio
Ribet, nella presentazione del
quaderno di documentazione che
il suo assessorato ha voluto pubblicare.
La storia ripercorre tutte le
tappe: dalle piccole imprese locali che con scarsissinù mezzi
economici incominciarono sondaggi e scavi fino all'avvento di
vere e proprie compagnie a capitale misto (^^¿ino ed estero),
Ijer poi sfociare nell’attuale Società Talco e Grafite tuttora operante.
Vengono così riportati alla
luce tutti i problemi, le fatiche,
1 pericoli legati a questa attività; pericoli derivanti dalle malsane condizioni di lavoro, dalle
precarie condizioni di vita nelle
baracche; pericoli negli spostamenti invernali; il tutto sotto
una disciplina talvolta umiliante per i lavoratori, con una
assistenza sanitaria per lungo
tempo inesistente e scarsi mezzi di soccorso.
Abbiamo così un quadro dell’evoluzione delle tecniche di estrazione che non sempre sono
andate di pari passo con la sicurezza dei cantieri. L’avvento
delle perforatrici pneumatiche
(1925) ha portato ad un aumento delle polveri e quindi al progredire della silicosi, malattia
professionale per lungo tempo
non riconosciuta. « Sono più di
cento i minatori da me conosciuti, morti senza essere arrivati
alla i>ensione » (pag. 27).
Ai pericoli per malattie, si aggiungevano quelli relativi allo
L’ingresso della miniera di Sapatlé sopra Frali,
perché esaurita.
ora abbandonata
scoppio delle mine e dei residui
di dinamite rimasti inesplosi,
e quelli dovuti alle frane interne, soprattutto nella lavorazione
verticale « a fournel ».
Come in tutte le fasi dello sviluppo industriale, ad ogiù aggiornamento dell® tecnologie
corrispondeva come conseguenza l’aumento del prodotto estratto ed il ridimensionamento degli organici. All'esterno,
con la costruzione di teleferiche e decauville un po’ in tutta
la vallata, veniva contemporaneamente falcidiata l’occupazione di tutti coloro che con i mezzi più diversi erano impegnati
nel trasporto a valle e si erano
indebitati per l’acquisto di muli, carri e cavalli.
Anche sul fronte dei salàri, la
miniera era sempre stata -avara
e distante dai livelli retributivi
degli altri settori industriali, ma
soprattutto, rileva l’autore, è nel
periodo del secondo conflitto
mondiale che il crollo della paga oraria, da L. 2,42 (del 1942)
a L. 0,54 (del 1943), non ha analogo riscontro negli altri settori.
Ora le situazioni sono cambiate,
si opera con maggior sicurezza,
i salari sono parificati a quelli di altre industrie, vi sono dei
servizi di trasporto e non si vive più nelle baracche in quota
ma, secondo il Ferrerò, l’occupazione è calata di un quinto di
AAA cercasi
per Museo
Si cerca materiale documentario relativo agli
ultimi 150 anni di storia delle nostre chiese
La Società di studi valdesi sta lavorando alla ristrutturazione
del Museo valdese, che sarà inaugurato nella nuova sede dell’ex Convitto valdese nell’estate 1989. Tra gli intendimenti della Società, vi è
un ampliamento della parte del Museo dedicata all’evangelizzazione
dalla metà dell’Ottocento alla metà del Novecento, che renda conto
anche della presenza metodista, battista, avventista, pentecostale,
dei «fratelli» e dell’Esercito della Salvezza, s’intende nei termini
sintetici concessi dal non grande spazio disponibile e dall’esigenza
di non sovraccaricare il Museo di materiali fino a renderlo illeggibile per la maggioranza dei visitatori.
Per questo ampliamento la Società ha bisogno di aiuto per il
reperimento di materiale, fotografie in primo luogo, ma anche manifesti, volantini, documenti diversi che possano illustrare i molti
aspetti dell’evangelizzazione. In particolare la Società ricerca materiali sui seguenti temi:
ciò che era un tempo e questo
esodo ha coinvolto naturalmente
tutti gli altri settori, portando
ad un graduale ma inesorabile
spopolamento della Val Germanasca.
Il quaderno, di una sessantina
di pagine, contiene anche in appendice nove testimonianze di
uonùni e donne che hanno vissuto l’esperienza della miniera
o ne sono stati coinvolti e gli
elenchi delle attrezzature usate
dai minatori, sia in miniera sia
sul tragitto per raggiungerla. Le
pagine centrali fuori testo sono
occupate da fotografie che datano dalla fine del secolo scorso sino agli anni ’60.
A fianco della pubblicazione
Carlo Ferrerò, con l’aiuto di
im anziano minatore e di altre
14 persone, ha visitato le 156
borgate della valle ed ha censito, nel periodo compreso fra
il 1900 ed il 31 ottobre 1988,
875 nùnatori, di cui 525 ormai
deceduti (a suo giudizio alTincirca im 70% colpito da silicosi), e 431 vedove di minatori.
E’ appunto alle vedove ancora
viventi — 191 al momento attuale — che l’autore sta in questi giorni consejando personalmente ima copia del suo quaderro: forse è un desiderio di
solidarietà e, perché no, di giustizia.
Adriano Longo
seo vuole offrire, sia pure sinteticamente, un quadro di tutta l'evangelizzazione;
— fotografie di missionari stranieri,
di sostenitori stranieri dell'evangelizzazione in Italia', di chiese e opere
create dalle missioni straniere;
— documentazione sulle provocazioni, vessazioni e persecuzioni subite
dalie chiese evangeliche in un secolo di attività; manifesti e volantini
antiprotestanti, documenti di polizia,,
eventuali fotografie di manifestazioni
e contromanifestazioni, fotografie di evangelici perseguitati;
— documentazione sulla partecipazione degli evangelici alle due guerre mondiali e sulla loro adesione ai
fascismo: giornali evangelici con appelli patriottici, gruppi di ev.angelici
in divisa o camicia nera, prese di posizione patriottiche di chiese, cappellani evangelici e caduti evangelici
portati ad esempio dalle rispettive
chiese; naturalmente anche prese di
posizione esplicite o implicite contro
le guerre e il regime fascista, e danneggiamenti di chiese e opere per
cause belliche.
— fotografie di templi evangelici: a)
anteriori ai 1848, b) sorti nella seconda metà dell'Ottocento, delle diverse chiese:
— fotografie dei protagonisti della
prima evangelizzazione, sia illustri sia
anonimi; in particolare fotografie di
Guicciardini e Gavazzi che si prestino
ad un forte ingrandimento;
— fotografie di maestri e maestre
evangelici della seconda metà dell'Ottocento, nonché di scu'ole evangeliche e di scolaresche, che diano una
sensazione di luce e allegrezza;
— fotografie di colportori della seconda metà dell'Ottocento, con particolari sulla loro attività, come mezzi
di trasporto usati (carretti, muli ecc.)
e banchetti di esposizione; nonché
documenti di polizia relativi alla loro
attività, sia autorizzazioni alla vendita, sia proibizioni e diffide;
— fotografie di « emigranti di ritorco », cioè di emigranti convertitisi all'estero e attivi evangelizzatori al loro
rientro in patria: singoli, nuclei familiari, gruppi evangelici sorti da questa predicazione. In questo, come nei
precedenti casi, servono testimonianze di tutte le chiese, perché il Mu
Tutta questa documentazione (con le integrazioni suggeiite da
e.sperienze locali) può essere fornita in due modi: a) segnalazione
di giornali e di opere che rechino titoli o fotografie significative,
completa di tutte le indicazioni per il reperimento; b) invio diretto
di fotografie e materiali (anche in fotocopia, purché di alta qualità),
completi di tutte le indicazioni utili (nomi, luoghi, date, eccetera). La
Società di studi valdesi non può ovviamente garantire che tutto fi
materiale ricevuto sarà utilizzato per il Museo, perché dovrà selezionarlo secondo criteri tecnici (le fotografie dovr jno essere ingrandite, quindi soltanto quelle nitide sono utilizzabili) e di rappresentatività (il Museo deve rendere conto della presenza di tutte le
chiese evangeliche italiane, quindi non può esporre più di una fotografia di una scuola metodista, a titolo d'esempio, per lasciare spazio alle altre chiese). .
La Società si impegna: a) a restituire ai propnetari tutto il materiale inviato entro tre mesi, necessari per la riproduzione fotografica (indicare quindi l’indirizzo preciso dei mittenti!); b) a consej^are nel suo archivio tutto il materiale, utilizzato o meno per il Museo, purché provvisto delle indicazioni utili per la sua identificazione.
La Società di studi valdesi ringrazia quanti vorranno collaborare alla preparazione del nuovo Museo e ricorda il suo indirizzo: via
D’Azeglio 2 - 10066 Torre Pellice (Torino).
l materiali dovrimno pervenirci entro gennaio 1989 per permettere un lavoro ordinato.
GENTE COME TE CI LEGGE
Abbonamento ordinario
lire 38.000
( ettaro lire 70.000,
posta aerea lire 100.000 )
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Abbonamento a ’costo reale’
lire 60.000
( è il costo dal giornale
diviso per
il numero degli attuali abbonati )
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di Marco Rostan raffiguranti
i templi delle Valli Valdesi )
(estero liro 120.000)
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