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AUNO VII — N. 13. II SERIE 15 Luolio 1858.
LA BUONA NOVELLA
GIORNALE DELLA EVANGELIZZAZIONE ITALIANA
Seguendo la verità nella carità. — ErK.'«. TI. 15.
PREZZO DI ASSOCIAZIONE J LE ASSOCIAZIONI SI RICETONO
Per lo Stato [franco a destinazicoe].... £. 3 00 J la Torlko airUffizio del Oiornale, via del Principe
Per la Svizzera e Francia, id........... „ 4 25 J Tommaso dietro il Tempio Valdese.
Per l’Inghilterra, id................... „ 6 50 > NeUe Provincie presao tutti gli Uffizj postali per
Per la Germania id................... 6 50 mezzo di Vaglia, che dovranno essere Inviati
Non si ricevono associazioni per meno di un anno. ! fi^co al Direttore della Bcona Novella.
All’estero, a’ seguenti indirizzi : Parigi, dalla libreria C. Meyrueis, rue Rivoli ;
Ginevra, dal signor E. Beroud libraio ; Inghilterra per mezzo di franco-bolli
inglesi spediti franco al Direttore della Buona Novella.
SOMMARIO
FalsificazioDi romane II. — Del Culto e del governo della Chiesa. — Cronaca della quindicina.
FALSIFICAZIONI EOMANE
II
ri^e ai
Le citazioni delle Scrittui’e spurie, ascritte ai Padri primitivi, sono
assai frequenti nelle opere dei teologi romani, nei libri di devozione,
di insegnamento e di controversia. Sono pure frequenti nel Breviario,
in quel libro tanto sacro al prete, in cui egli e ogni giorno obbligato
di leggere gli officj comandati dalla sua Chiesa. E di fatto, non possiam dubitare che la convinzione tanto generalmente diffusa in tutte le
classi dei cattolici romani dell’antichità delle dottrine della loroChiesa,
sia prodotta e mantenuta più per questo mezzo di falsificazioni che
l^er qualunque altro.
Scegliamo ora un opera che sia universalmente diffusa in paesi
cattolici romani, e nel e mani di quasi tutti, voglio dire “ le Glorie
di Maria ” di Alfonso Licori, uno degli ultimi canonizzati da Gregorio XVI, i di cui scritti furono riconosciuti dal Sacro Collegio
senza alcun errore. Tutta l’opera non è altro che una farraggine di
aneddoti maravigliosi di un carattere non equivoco, supposti dall’autore onde recare onore alla Beata Vergine, e di brani estratti da varj
scrittori e dalle opere dei più eminenti e dei più antichi Padri. Però
bisogna osservare che quasi tutte le citazioni dei S. Padri dei cinque
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primi sècoli sono fatte colla solita frode romana. Dimostriamolo. Ecco
qui l’edizione delle glorie di Maria, stampate a Torino per Giacinto
Marietti, 1824.
Il santo pretende citare S. Atanasio p. 17: “ Si ipse rex est qui
natus est de Virgine, mater quce eum genuit, Begina ac Domina
proprie ac vere censetur Serm. de Deip. Di questo sermone gli
editori Benedettini dicono: “ JVo?i vi è uomo dotto che non stimi
questo discorso essere spurio Ved. Athan. oper. ed. Bened. Patav.
1777 Tom. ii pag. 341.Poi cita S. Ignazio, pp, 52, 2.51, 256. P. 52
“ Semper Maria cum amantibus est amantior ”, dice S. Ignazio
martire. Ep. ad ep. Aur. La riferenza non è intelligibile; nessuno
avendo attribuito mai tale epistola al S. Martire. Non occorre dire
che negli scritti genuini di S. Ignazio non si trova nessuna espressione di tal genere. P. 251. Prima lo disse S. Ignazio Martire, asserendo che nou può salvarsi un peccatore se nou per mezzo della S.
Verone; la quale all’incontro salva, colla sua pietosa intercessione,
tanti che, secondo la divina giustizia, sai’ebbero dannati; impossibile
est aliquem saivari peccatorem, nisi per tuum, o Virgo, auxilium
et favorem. Qtiia quos non salvai Dei justitia, salvai sua intercessione Maria misericordia infinita.. Celada in Jud. Fig. § 10. Alcuni
dubitano che questa sentenza sia di S. Ignazio; almeno dice il P.
Crasset che questo detto l’ha fatto suo S. Giov. Grisostomo, (in Deprec. ad Vir.), e si trova anche replicato dairAbate Cellense, (in
Compì. Virg. 15) Non è nulla di simil genere nelle opere di S.
Ignazio ; e non si trova nulla che porti tal titolo nelle collezioni
delle opere di Grisostomo pubblicate da Morell, Savile, o Montfaucon ed i suoi collaboratori. P. 256 “ No, che certamente non si perderà, dice S. Ignazio martire, dii attenderà ad esser divoto di questa
Vergine madre: Nunquaìn peribit qui genitrici Vergini devotussedulusque exiiterit ”. Liguori, qm, non ci da qualunque riferenza. Un
tal passo non esiste negli scritti del martire. Nella pagina 110 delle
Glorie di Maria troviamo una citazione da S. Ireneo: “ Dice S. Ireneo che il Verbo Divino, prima d’incarnarsi nel seno di Maria, mandò
l’Arcangelo a richiederne il suo consenso ; perchè volle che da Maria
derivasse al mondo il mistero deirincarnazione : Quid est quod sine
Marioe consensu non perfidtur Tncarnationis misterium? Qtiia
nempe vidi illam Deus omnium bonorum esse principium. (S. Iren.
lib. III. contra Valent. C. 33) Questa è una strana falsificazione
delle parole e del sentimento d’Ireneo, come vedremo dalle parole
del S. Martii-e: “ Maria Virgo obaudiens invenitur, dicens: Ecce
ancilla Domini, fiat mihi secundum verbum tuum. Èva vero inobediens; non obaudivit enim adhuc cum esset Virgo. Sicut Èva inobaudiens facta, et sibi et universo generi humano causa fiacta est
mortis, sic et Maria, habens 'proiclestinatum Vir am, tamen virgo,
obaudiens, et sibi et universo generi humano causa facta est salutis ”.
Si trova un simil contrasto nel medesimo capitolo, ed ancora nel cap.
IV. c. 19, tra la disubbidienza di Èva e la fede di Maria, e tra le
conseguenze rispettive, ma nulla che giustifichi la glossa di Liguori,
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che ha travestito, ad uu tempo, il passo ed il sentimento. In pagina
109 abbiamo ima prete.sa citazione di H. Efron; “ Ave anhace spes
(co.sì salutava R. Efrem la divina madre) ave cJiristianorum firma
salvs, ave peccatorum adjufrix, ave valium fidelium et mundi sah,s Lo stesso trattato è ancora citato p. 189 ; S. Efrem (de Laud.
Virg.) si protesta: Nobis non est alia quam a te fiducia, o Virgo
sincerissima. Sub alis tnce piefatis protege et custodi nos ed ancora pag. 273. “ S. Efrem chiamò la divozione verso la divina ina
coloro che son privi d’ogni soccorso. E con ciò la saluta; AvejKccartoriim refugium ei Iwspitium, ad quam nimirum confugere possunt
peccatores: ” ed ancoia pag. 3U). “ Giimge insomma a tlire S. Efrem,
che il nome di Maria è la chiave della porta del Cielo a chi divotamente l’invoca nomen Mar ice est reseraiorium portai codi (In Deprec. ad Virg.) Il trattato De I>aud. Virg, si può trovare nell’edizione latina di Vo.sskensj colon. 1608, p. 70:5. Un’altra versione è da
Lipomano, p. 287. Surius, Nov. 1 Tom. vi, p. 1. Sembra che Liguori
citasse un’edizione diversa da queste due: ma in ogni caso l’oiiera de
Laud. Virg. non fu scritta da Efremo. Tillemont dice che “ il j)anegirico e la jireghiera indirizzate alla S. Vergine, non hanno nulla, in
esse, di 8. Efremo: Tillemont Mem. Eccles. T. viii, p. 757, nota xvi
sopra S. Efremo Oudinus dice; “ Il discor.so delle laudi della B.
Vergine è molti secoli più recente che il tempo di S. Efrem Oudinus de script, eccles. Tom. i. Coll. 506. L’ultima citazione, p. 310
non si trova nel trattato al quale riferisce Tillemont, dato da Vosskens; ma sembra essere parte di una composizione fatta sul modello
delle laudi della Vergine. Tuttavia S. Efremo non scrisse una sillaba
di tali opere.
Nella pag. 109, vi è un passo che Liguori dice esser di S. Basileo,
il quale, secondo Alfonso, chiama Maria “ la sola nostra speranza
dopo Dio: post Deum sola spes nostra ”, ma egli non ci dà referenza
al luogo donde la citazione è presa; e nella i^ag. 122 troviamo un
altro pas.so similmente senza referenza; dove Alfonso c’informa che
“ il gran padre S. Basilio dice che il Signore ci ha dato Maria come
un pubblico s])edale dove possano esser ftccolti tutti gl'infermi: aperuit nobis Deus publicum valetudinarium ”. Pagina 126 abbiamo
un altro passo che pretende esser tolto dalle opere di S. Basilio: “ Ne
difiidas peccator, sed, in cunctis Mariani sequere et invoca, quam
voluit Deus in cunctilms subvenire. De Annmiciat. Beat. Virg.
Mi sembra non necessario a dire che non si trova nessun passo di tal
genere nelle opere di Basileo Magno, nessun passo che rassomigli
a questi sentimenti idolatri. S. Basileo uon scrisse mai mr’opera col
titolo De Annunciai. Beat. Virg. Trovasi un tal discorso nelle opere
pubblicate sotto il nome di Basilea di Seleucia, Orat. 39, Paris 1622;
ma anche questo è senza dubbio spurio: ved. Tillemont Tom. xv.
p. 344, ed il passo citato non è nemmeno da trovarsi iu quel discorso.
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tì. Ambrosio è citato diverse volte da Liguori. Il primo passo che
notiamo si trova pag. 44: “ Sicché soggimige S. Ambrogio, conforme
il Figlio pendeva moribondo dalla croce, così Maria si offeriva ai
carnefici a dar la vita per noi: pendebat in cruce Filius, mater persecutoribus se qfferebat: De Instit. Virg. c. 7 Questo occorre veramente iu 8. Ambrosio, T. ii, col. 261. ed. Bened. 1696: ma il senso
nel passo è affatto cangiato da Liguori. S. Ambrosio parla del contrasto che vedevasi tra il fare dei discepoli e quello di diaria: “ storbat ante crucem mater, et fitgientibus viris stabat intrepida... spectabat piis oculis filii vidnera per quem sciebat omnibus futuram
redemptionem. Stabat non degeneri mater spectaculo, quce non metuebas peremptorem. Pendebat in cruce filius, mater se persecutoribus offerì ”. Ohi non vede quanto disonestamente l’intendimento dell’ultima clausola è pervertito? Non accenna menomamente S. Ambrosio al sentimento che Liguori ha inventato, che Maria si offeriva
a dar la vita per noi! P. 194 “ Dice S. Ambrogio che Gesù Cristo,
avendo già degnata Maria di farla sua madre, come suo figlio era
veramente obbligato ad ubbidirla ”: e poi pag. 273 “ Dobbiamo continuamente pregarla colle parole di S. Ambrogio; Aperi riobis, o
Virgo, ccelum, cujus claves liabes ”. Questi due passi nou si trovano in
nessuna delle opere genuine di S. Ambrogio, nemmeno nelle addizioni
spurie, nell’edizione benedittina! Pagina 305 troviamo: “ Al dire di S.
Ambrogio il vostro dolcissimo nome è un unguento odoroso che spira
odore di grazia divina: Unguentum nomen tuum. Discendat istud
unguentum in animce prcecordia S. Maria, quod divince grutia; spiramenta redolet ”: de Inst. Virg. c. 3. Questo passo è stranamente
falsificato. S. Ambrogio dice: Discendat istud unguentum in ima
prcecordia, viscerumque secreta, quce non deliciarum odores sancta
Maria sed divincB graticR spiramenta redolebat ”, Non è in nessun
modo una preghiera a Maria, ma un’esortazione alla castità dopo
l’esempio di Maria ! ! Epifanio vien citato tre volte, pagina 224, 236,
300. Il iJrimo è questo “ Per Maria fu donata al mondo la pace del
Cielo: per te pax ccelestis donata est, come dice S. Epifanio: il secondo “ S. Epifanio chiama la divina madre multoculam; quella
che è tidt’occhi, affin di sovvenire noi miseri su questa terra ”. Le
referenze non son date; ma i passi a cui riferisce Alfonso si trovano
p. 800 e 309 nelle opere di. Epifanio, Tom. ii, Paris 1622, in un
trattato intitolato: de Laudibus B. V. M. Questo trattato è stravagantissimo ed assurdissimo; e ciò non ostante è stato molto stimato,
alcune edizioni essendosene pubblicate separatamente. L’attribuire
ima tal opera a S. Epifanio era stoltissimo, imperocché le genuine
sue opere contengono una dottrina affatto opposta a questa! Vedi
specialmente Adv. Hieres L. m, Tom. ri CV. voi. i coll. 1062, ove la
Mariolatria è fortemente condannata. Tillemont dice che il trattato
de Laudibus B. V, M. è spurio: Mem, Eccles. T. x. p. 515. Patavio
Gesuita, editore di Epifanio, lo congettura di esser opera di un vescovo di Salamina del settimo o novesimo secolo; e l’ultima data è
probabile, Una lezione di questo tro ttcdo si trova ìiel Breviario per
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la, domenica, l'ottava dell’Assunzione, Aug. 15. L’ultimo passo concerne il nome di Maria, che S. Alfonso dice venne dal Cielo e fu
imposto per divina ordinazione, “ come attesfa?io S. Girolamo, Lib.
de Nativ. 31., e S. Epifanio, Or. de lices. Dei}). ” L’opera attribuita
a S. Girolamo nou è sua anzi è un’opera spuria, un’epistola a Cromazio ed Eliodoro; vedi ed. Bened. Paris 1706, col. 446. Nessun
opera è stata attribuita a 8. Epifanio col titolo Orat. de Praes. Deip.
Di S. Girolamo abbiam tre passi. Pagine 97, 238, 3fX): dell’ultimo abbiam già ora parlato. Il primo passo occorre, dice Alfonso, in
una lettera alla Vergine Eustachio: “ Morientibm Beata Virgo non
tantim succurrit sed etiaia occurrit ”. Le parole non son trovate in
alcun opera di Girolamo, ma sembrano un commento, probabilmente
uua nota nella margine, sopirà ima referenza poetica alle circostanze
narrate in Esodo xv, 2(), 21, che occorre in epist. xviii. ad Eustach,
de Cast. Vii'g. Il secondo passo corre così: “ dice 8. Girolamo, nidlum in hoc vita adeo pcena^ torsemnt iiroprice, sicut Mariani aliena, Epist. ad Eust. ”. Questo passo non occorre in qualunque siasi
lettera o dedicazione indirizzata ad Eustachium nella Collezione Benedittina, nemmeno in alcuna delle opere di 8. Gerolamo.
Nella ])ag. 205 si legge: “ Quindi 8. Teofilo, vescovo di Alessandria, che viveva ai tempi di 8. Girolamo, così lasciò scritto: “ R figliuolo gradisce di esser ptregato da sua madre, perchè vuole accordarle ttdiociò ch’egli accorda in suo riguardo, e così ricompensare
la grazia che esso ne ha ricevuta d’avergli ella data la carne”. Non
si trova un tal passo nelle opere di Teofilo come sono date da Galland. bibliothec. Ved. Patrum, voi. vii, p. 601, bene. 1770. Teofilo
non ha luogo nel calendario romano, nemmeno n’era degno, se la
storia ci dice la verità. Vedi Fleury lib. xxx, c. ni. ecc. Pag. 149 un
passo è attribuito a 8. Cipriano Mater Domini Jesu Christi in illa
muliere promissa est ”. Non si trova, un tal passo in nessuno scritto
genuino o spurio attribuito a 8. Cipriano neiredizionc dei Padri Benedittini. Abbiam due citazioni da 8. Gio. Grisostomo una in p. 76
“ Per hanc peccatorum veniam consequimur Il )asso si trova nel
Breviario, in Off. Nat. B. M. di%5 infr. oct. lect. vi. Il capo de’ [ect iv.
referisce quella e le due seguenti lezioni dal sermone 8. Joanni GriRostomi apud Melaphrastum. Basta a dire che nessuna opera o genuina o spuria attribuita a Grisostomo contiene un tal passo. La seconda p. 229 Ideo Mater Dei pirceelecta es ab esterno, ut quos just itia Filii salvare non potest, tu per tuam salvares pietatem-, Hom.
de Pries, B. V. ”. Non pare che Grisostomo scrivesse mai un’Omelia
con tal titolo. Le opere genuine del gran Patriarca contengono una
dottrina del tutto contraria al sentimento di questo passo spurio.
8arebbe insultare la memoria di un tal uomo il suppor o capace di
aver scritto questa citazione falsa.
Molte sono le citazioni di 8. Agostino. Le prenderemo iu ordine.
Pag. 76 “ Tm es spes unica peccatorum, quiaper te speramus veniam
omnitmi delictorum”. 8. Aug. serm. de sanctis: ed ancora p. 122, unica
spes peccatorum, serm. 18 de sanctis. Questo sermone si vede nelle
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aggiunte (spurie alle opere di S. Agostino, ed. Benedici. Appendice
al voi. V. ser. 194. col. 2846, Paris 1838. Questo discorso spurio ed
altri sono nel Breviario romano, settembre 8, ed il giorno seguente,
ed ancora in Festa Concept. B. V. secunda die decr. 9. Nelle pagine
144, 146 troviamo questo passo: “ Memorare piissima Maria a seculo non fuisse auditum quemquam ad tua præsidia confugientem
esse derelictum Non si trova questo nell’appeudice voluminosa di
scritti spurj attribuiti a S. Agostino. E’ appena necessario a dire die
un tal sentimento non sia in alcuna opera genuina del vescovo d’Ippona. In pag. 167 Alfonso così si esprime: “ Basti a toglierci il timore di eccedere nelle lodi di 3Iaria il p. s. Agostino, il quale dice
che quanto noi diciamo in lode di Maria tutto è poco a quel che
ella si merita per la sua dignità di Madre di Dio ”, Non ci dà referenza Liguori, ma pare aver avuto in mente un passo di un sermone, già assurdamente attribuito a S. Agostino, die comincia
“ Quid nos Tantitti ”, e che si trova citato da Bonaventura, spéculum B. 3Iarice Virginis, dalla qual opera Liguori ha preso molte
cose contenute nelle Glorie di Maria, vedi Op. Bonaventuræ, Tom.
VI, p. 429. Mogunt. 1609. Un altro passo delle Glorie è citato espressamente da quel sermone, sotto il titolo di Orat. ii de Assump. B. V.
ed il quale è anche citato dal Bonaventura; “ Virgo quce meruit
prò Uberandis proferri pretium potest (sanctis) omnibus suffragium libertatis impendire Vedi Glorie di Maria p. 204. Questo
sermone professa esser stato predicato alla festa della Assunzione di
Maria, festa che non fu istituita sino all’anno 813, o trecentottanTATRE ANNI DOPO LA MORTE DI S. AGOSTINO! ! ! Vedi FleUrV lib. XXV
c. 268, lib. X 401 c. 4. In p. 213 troviamo da S. Agostino: “ Unam
oc te solam prò nobis in Cœlofatemur esse sollicitam”, Ap. S. Bon.
in Spec. lect. vi. L’editore di Bonaventura non dà la referenza. Il
passo non si trova nell’ediz. Bened. di Agostino.
Un passo è citato da Leone Magno: “ Maria adeoprrœdiia est misericordice visceribus ut non tantum misericors, sed ipsa misericordia
diu promereatur”, S. Leo. Serm. i. de Nat. Dom. Queste parole non
son da trovarsi in alcun Sermone c|^. Leone sulla natività. Forse
sono contenute in qualche composi^ne dell’imperatore Leo Philosophus, nel secolo nono, le di cui orazioni sono piene della grossolanissima mariolatria. Ved. Opp. Asterii et Aleor. Ed Combefis,
Paris 1648. Tra i manoscritti di quest’autore, nel Vaticano, vi è un
orazione di Nativ. Dom. secundum carnem. ved. Oudinus, Tom ii.
Coll. 397. Abbiam un passo da Pietro Crisologo, p. 308; “ Nomen
hoc (Maria indicitim castitatis ”. Serm. 146. Questo Sermone fu
scritto molto posteriore al tempo di Crisologo, che visse nel V. secolo.
Le collezioni M. S. fanno nienzione soltanto di 122 Sermoni di quest’autore. Sesto Senense ci da lo stesso numero, Serces Auth. in Max.
Bibliot. Vet. Patum. voi. vii, Lugd. 1677. Ved. Fillemonte Men.
Eccles. L. XV. p. 866, Oredinus, T. i. Coll. 1252.
Vi sono moltissime citazioni da S. Germano, p. 85,122,184, 196,
201, 255, 277, 294, 307 ecc. Questo nome ci fa supporre che i passi
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suno presi dal grande vescovo di Auxene, uel secolo V. e Liguori
non ci da un cenno di farci supporre che egli cita un’altra persona !
Ma di fatto le citiizioni son prese da alcuni trattati una volta supposti esser scritti da Germano, patriarca di Costantinopoli, nel VIIL
secolo, ma ora attribuiti, anche dai critici cattolici romani, a Germanus Nauplius, possessore della stessa sedia, nel 1227! ved. Cullier
Hist. des Aut. Sac. voi. xviii. p. 70, il quale non era in comunione
con Roma, e conseguentcnientc uon potea essere santo Canonizzato,
ma piuttosto eretico scismatico scomunicato ! ! !
Ba.sta per dimostrare chc ogni passo ricavato dai Padri dei ¡irimi
cinque secoli della cliiesa, per sostenere T idolatro culto di Maria, o
sono adulterate o false, la dottrina di qi^ji Padri essendo stata total(nente contraria alla dottrina niodcyia di Liguori e di Eoma ! Ma
prima di lasciare quest’opera, la gloria di Maria, e per far vedere
c ual’è il j)ascolo meschino col quale le anime delle genti, soggette al
dominio della chiesa latina, son nutrite, accennerò alcuni altri passi
dellopuscolo di S. Alfonso che devono far arrossire i partigiani del
Marianesmo.
Pagina 95 “ Davide, dice Ijiguori, paventando le angustie di sua
morte, si confortava, colla confidenza nella morte del futuro Eedentore, e neH’intercessione della Vergine madre: Et si ambulavero in
medio umbrse mortis, verga tua, et bacuhis tuus ipsa me consolata
sunt, Ps. 23. 4. 8piega Ugon cardinale per il bacolo il bastion della
croce e per la verga l’intercessione di IVLaria ” ! ! Pagina 119 Alludendo ai due luminari menzionati nella Genesi i, 16 che Iddio creò per
illuminare il giorno e la notte, Liguori, seguendo lo stesso Cardinale
li spiega, l’uno il sole, di Gesù Cristo, la luna di Maria per cui mezzo
sono illuminati i peccatori che vivono nella notte del peccato. Luminare majus Chrislus quiprceest justis; luminare minus idest Maria
quce. prceest peccutoribus ! ! ! Pagina 125, 126 trovasi un passo che
pone 31aria direttamente nel luogo del Salvatore; il passo è ricavato
da Bonaventura: “ Il profeta Isaia si lamentava a’ tempi suoi, e diceva: Ecce tu ir'atus es, et peccavimus, non est qui consurgat, et
tencat te, (Isaia 54, ex v. 5). Signore, voi giustamente siete sdegnato
coi peccatori, e non vi è chi per noi possa placarvi. Sì perchè allora
non era nata ancora al mondo Maria : Ante Mariam, dice il Santo,
non fuit qui sic Deum detinere auderet. Ma se ora Dio sta irato con
(jualche peccatore, e Maria prende a proteggerlo* ella trattiene il figlio
che non lo castighi, e lo salva: Detinet filium, ne peccatores pcrcutiat.
Anzi segue a dire S. Bonaventura, che uiuno può trovarsi più atto di
Maria che giimga anche a porre le mani sulla spada della divina
giustizia, acciocché non scenda a punire il peccatore: Nemo tam idoneus, qui gladio Domini manus objiciat. Sullo stesso pensiero dice
Riccardo cU S. Loreuzo, che Dio prima che fosse Maria al mondo si
lagnava che non vi fosse chi lo trattenesse dal gastigare i peccatori ;
ma che, nata Maria, ella (non Cristo) ella lo placa!!” Un altro
pas.so, p. 122, fa Maria il tabernacolo di Dio nel quale Davide si nascose quando disse: “ Protexit me in abscondito tabernaculi sui,
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Ps' 2G “ E chi è questo tabernacolo di Dio, se non Maria ? ” E’ difficile dire se l’assiu-dità o la bestemmia di questa spiegazione sia la
maggiore ! ! Pagina 200 contiene un’altra orribile falsificazione della
S. Scrittura, e nota bene, o lettore, che gli scritti di quest’autore furono dichiarati senm errore prima della sua canonizzazione! Parlando
del miracolo di Cana in Galilea 8. Alfonso prosiegue; “ pure con
tutto ciò Maria, come se il figlio avesse già accordata la grazia disse
a quella gente, implete hydrias aqua. Via su riempite i vasi d’acqua,
che ora sarete consolati ; ed infatti Gesù Cristo, per compiacere la
madre, mutò quell’acqua in ottimo \dno E ripete poche linee dopo:
“ E perciò Maria ben consapevole di tal suo privilegio benché sembrasse allora di aver esclusagli figlio la sua domanda, pure disse, che
empissero i vasi d’acqua, con:(p la grazia fosse già fatta”. Non ho
bisogno di informare i lettori della Buona Novella che era Gesù, e
non Maria, che disse riempite i vasi d’acqua; e che il 8acro testo
non parla una sillaba della voglia del Signore di compiacere la madre,
secondo il travestimento di Liguori ! ! Un esempio di più e finirò quest’opera nauseante. Pagina 296 troviamo un’altro e spaventevole cangiamento dell’intendimento della parola di Dio; “ Maria appunto,
dice S. Antonio, è quel trono della gi’azia a cui ci esorta l’Apostolo
a ricorrere con confidenza acciocché ottenghiamo la di^dnamisericordia
con tutti gli ajuti convenienti alla nostra salute ” Ebrei xiv. ad
Thronum gratice, scilicet ad Mariam, commenta S. Antonio ! ! ! ”
Ho veduto questo sacro passo più ajjertamente travestito in una
Chiesa a Roma presso a 8. Pietro ; A deamus cum fiducia ad Thronum
Maria}, ut gratiam invenimus in auxilio opportuno !!!
Eppure sono i protestanti che sono accusati di esser falsificatori
e sleali ! Risum teneatis amici f Continueranno i giornali cattolici
romani, YArmonia, YApologista ecc. forse ad ingannare sempre mai
i loro lettori dicendo che i collaboratori della Buona Novella sono
novizii che non conoscono le dottrine della chiesa di Roma? Che
dice la S. Scrittura, “ guai a coloro che dicono del male bene e del
bene male, i quali fanno delle tenebre luce e della luce tenebre
Isaia v. 20. —
DEL CULTO
E DEL GOVERNO DELLA CHIESA.
L’indirizzo del culto, secondo la purezza del Vangelo, e, pel governo della
Chiesa, la forma più conveniente al genio civile del cristianesimo ed alle
esigenze dei luoghi e dei tempi, risguardano un lato importante della riforma
religiosa in Italia cui mira l’opera della evangelizzazione.
E' un argomento sul quale parlammo altre volte; non ripeteremo dunque
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il già detto, e nelle brevi considerazioni che ci proponiamo ometteremo
alcuni principj a tutti noti, su cui non può esservi opposizione.
Sotto un aspetto generale considerata, la riforma nella Chiesa romana
ha per iscopo la spiritualizzazione della religione, vale a dire la riduzione
di ossa all adorazione di Dio in ispirito e verità, come insegna il Vangelo.
Il culto, il ministerio, la gerarchia, che nella religione costituiscono il positivo, nel romanesimo sono eziandio ridotte ai noti formali.smo e materialismo ; eppure, anche queste cose devono progressivamente seguire la stessa
diminuzione e giungere al maggiore spiritualismo possibile, conservando
quel tanto di positivismo necessario per non cadere e perdersi in una vaporosa e sterile spiritualità.
L’adorazione di Dio in ispiritn e verità risguarda il culto interno chc dev’essere anteposto ai riti od al culto esteriore, poiché questo senza di quello
non ha valore; se nei riti si bada ai soli simboli, anziché all'efficacia sovrannaturale e privilegiata di essi, derivante dalla grazia divina operante
nel cuore, e se l'Uuom-Dio nou vi si trova presente in persona, secondo la
di Lui promessa di essere sino alla fine in mezzo ai suoi discepoli, se, diciamo, non si bada a ciò, in quel caso il culto è morto, perchè prestato ad
una mera e fredda imagine. 11 culto interiore è di una necessità assoluta ;
l'esteriore di una necessità relativa, ma sempre necessario anch’esso, poiché
sebbene la forma non sia la vita, nondimeno la vita ha bisogno della forma
per mantenersi, tanto è vero che viziata riduce la vita medesima all'indebolimento ed alla morte; abbiamo l'esempio dinanzi agli occhi nella Chiesa
papale ; la scelta e l'apparecchio del luogo, l'ora, la .successione degli atti, il
modo con cui si compiono ecc. tutto è importante, nulla v'ha d'indifferente;
si badi soltanto a questo, che la vita crei la forma.
Il culto esteriore dei clericali fe molle, superstizioso, inerte, idolatrico,
pregno di riti capricciosi e di falsi miracoli, quindi fti d’uopo che la riforma
lo riduca al semplice, al maestoso, ad esser l'espressione vera del culto interno di spirito e di verità, ad esser l'espansione della vita cristiana. Chi
mirasse ad annullarlo agirebbe contro il volere stesso di Gesù Cristo, il
quale non ha mica abolito nè la festa religiosa, nè l'adorazione solenne, uè
la preghiera in comune; anzi all'opposto: v’ha poi que.sto di più, che la vita
intera dev’esser una festa cristiana. — “ Fate tutto in nome del Signore,
cantando inni e cantici spirituali — “ In voi siede il tempio del Santo
Spirito ”. — In conseguenza, il culto beninteso comprent e eziandio le
azioni le più volgari, la stessa allegria delle meTise; basta in ogni cosa render gloria a Dio — “ Così adunque, o che mangiate, o che beviate, o che
facciate alcuna altra cosa, fate tutte le cose alla gloria di Dio ”. — (i Cor.
X. 31).
Passando a ragionare sul governo della Chiesa, tema su cui variano le
opinioni, ci permettiamo di fare le seguenti avvertenze.
La Chiesa è unità in Cristo ed unione d’individui fra loro; si compone
come l’individuo di anima e di corpo, dell’esteriore e dell’interiore. L’interiorità della Chiesa consiste nelle anime dei veri credenti in cui regna effettivamente la carità cristiana; interiorità non conosciuta in modo perfetto
che da Dio, tanto più che ella nascondesi mediante la cristiana umiltà; non
dà quindi prova nè di umiltà, nè di sapienza quel cristiano che pretende
essere la Chiesa cui egli appartiene la sola che si componga di veri fedeli
e perciò la sola pura; ed egli stesso senza macchia, a guisa daf fariseo che
pregava nel tempio, e che si teneva lungi dal pubblicano peccatore. Il fatto
è ohe ogni Chiesa nel suo esterno partecipa a tutte le imperfezioni umane:
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pure, in ordine alla detta esteriorità, vera si dee clxiauiare la religione di
quella Chiesa che usa tolleranza, conciliazione, -flessibilità, giacché la flessibilità è inseparabile dalla vita e dall'organismo ; ed ogni uomo appartiene
alla Chiesa vera se al vero aderisce e fa il bene che può conoscere; è inutile
il dire che vi appartiene soltanto proporzionatamente alla quantità di quel
vero e di quel bene ; ed ecco che qui apparisce un uflicio del ministerio ecclesiastico, che è di guidare il detto uomo a gradi sempre più elevati di santità.
Ora, a meno che non si voglia ridurre il Cristianesimo ad un egoistico
individualismo, contrario al di lui spirito civile ed unificativo, a meno che
non si voglia ripudiare le assemblee cristiane, ed ammesso che questo nel
suo esterno partecipano a tutte le imperfezioni umane, è d’uopo riconoscere
la necessità di un governo e di una gerarchia di ufficii, secondo i doni ricevuti.
Nella Chiesa romana haT\’i un sacerdozio che è la continuazione del giudaico ed un rèsto del paganico; questo dev’ essere naturalmente distrutto
dalla riforma cattolica, Cristo ha offerto se stesso una volta per sempre —
e non basta forse? — in espiazione dei peccati del mondo; egli ha rimosso
il velo del tempio; ha ridonato agli uomini il loro Padre; li ha costituiti
(i fedeli s’intende) sacerdoti e sacrificatori spirituali; Egli è divenuto il
Grande ed Unico Mediatore fra essi e Dio : in conseguenza di ciò, dovunque un prete celebra la messa, dovunque s’innalzano altari havvi positiva
negazione deUa salvezza operata dal Eedentore.
Ma se nel governo della Chiesa non si tratta di sacerdozio, trattasi bensì
di ministerio; ecco la differenza che tutti dovrebbero ammettere; e sebbene vi siano taluni che lo ripudiano in teoria, nella pratica adottano un
ministerio qualunque che riesce alcuna volta arbitrario ed illegittimo : tanto
é imperiosa la necessità di esso.
Il potere del ministerio ecclesiastico è un potere conservativo, il di cui
ufficio principale è appunto di conservare mcorrotti i principii, il dogma, la
parte immutabile della dottrina. Dal che ne emerge l’importanza che il
detto ufficio ministeriale esteriore sia ordinario e regolare, cioè venga regolarmente esercitato da certe persone e secondo gli ordini stabiliti dalla
Chiesa medesima, in quella guisa che i magistrati ed i giudici mantengono
l’osservanza delle leggi e la tranquillità sociale.
Dal fin qui detto noi riteniamo che il laicato sia bensì sacerdozio, ma
non che ogni laico possa essere indistintamente ministro della Parola di
Dio. Aggiungiamo poi che i ministri non sono in grado di dare ed i fedeli
di ricevere che la sola lettera della Parola, ma lo spirito di essa ognuno
per conto proprio deve chiederlo a Dio solo, perchè lo spirito di cui parla
Paolo e l'intelletto di cui parla Davide non vengono dall’udito, ma dalla
meditazione. Ed ecco, se non erriamo, accennati i confini dell’autorità e
della libertà; due cose che non si struggono a vicenda, anzi devono andare
di conserva. Autorità nei ministri riguardo alla lettera ; libertà nei fedeli
onde afferrarne lo spirito; autorità poi assoluta nella Bibbia cui devono ricorrere sempre i fedeli onde procurar di conoscere ognor più i beni dell’anima e le sorti deH’eternità. E fu questo un voto esternato dallo stesso
Bos.suet, che cioè si rinnovasse l’usanza dell’antioa Chiesa quando i laici,
uomini e donne, studiavano nel Sacro Libro, ciascuno secondo il suo potere,
nè reputavano ciò ridicolo e vano.
Opinando «he vi sia un ministerio stabilmente ordinato nello Chiese, non
escludiamo l’opera dei laici, sempreche mostrino d'avere i doni spirituali
convenienti; anzi diciamo che, nella sua specialità, la propaganda moderna
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dev’essere principalmente laicale, dietro il precetto di Cristo, andate ed insegnate, il quale si riferisco ai secolari, vale a dire a tutti i discepoli formanti il sacerdozio cristiano. Infatti, qual e quel rigenerato che non dica
nel cuor suo — ho creduto dunque parlo — ; e che non cerchi di poter
parlar sempre meglio coll'applicarsi allo studio della divina Parola : noi
saremmo inclinati ad esclamare che quegli che dice di credere e non parla,
non ha creduto ancora abbastanza.
La greggia dei fedeli di Cristo, se ha rice\'uto il battesinm di penitenza e
di spirito, se è così divenuto un popolo sacerdotale, ella è chiamata, uomini
e donne, a servire di testimonj a Gesii (Atti i. 8). Alcuni evangelici discutono se convenga invitare anche i laici a tenere conferenze cristiane ; noi,
dopo quanto esponemmo, c colle fatte riserve sulla qualità dei sentimenti e
lumi loro, non esitiamo a dire che, iu luogo d’essere invitati, eglino ne
hanno l'obbligo, ossia il dovere di far conoscere il Vangelo di GeSù Cristo.
Anche nei primi tempi del clericalismo dei filosofi convertiti predicavano la
fede nel Salvatore, ed all’epoca della Riforma tutti i seguaci di essa erano
prodi ed intrepidi missionarj.
Il campo è assai vasto pei laici onde esercitare il loro zelo cristiano; non
è quindi mestieri di usurpare i posti nella Chie.=a riservati ai ministri regolarmente eletti, altrimenti s'introdurrebbero la confusione, le turbolenze, le
divisioni, gli scandali ed altri danni gi'avissimi. Le chiese di Cristo, come
Società esteriori, ebbero un principio, uno svolgimento che progredisce
sempre, e contengono una varietà propria dei luoghi, dei tempi, del car.attere degli individui, la quale è legittima e naturale (juando versa intorno
agli ordini disciplinari e non rompe l unità dogli spiriti. Chi pensa di poter
organiiiiiare le Chiese al presente come lo erano al tempo apostolico non
mostra, ci sembra, la debita conoscenza degli uomini e delle cose e, in
particolare, dello scopo del Cristianesimo, sotto l'aspetto sociale, ch’è l’unificazione dell’umana famiglia, la cattolicità od il cosmopolitismo, secondo
che meglio piace usare questa o quella espressione; il quale cosmopolitismo
non deve distruggere nulla delle preesistenti forme, ma accordarle insieme
col legame dell’amore fraterno e della pace.
Com’era al prin'?;ipio? Tutti gli affari si regolavano dagli Apostoli, predicazione, presidenza, rappresentanza in faccia al Sinedrio ed al mondo; indi
vennero scelti dei diaconi e delle diaconesse per la cura dei poveri ; poi,
cresciuta la Chiesa, Paolo vi aggiunse dei collaboratori, degli evangelisti,
dei ({uali alcimi presiedevano le assemblee e cbiamavansi pastori, anziani,
vescovi, eletti dagli Apostoli e coadiutori o dai fedeli stessi, sotto la sopraintendenza dei primi: or, tali uomini li vediamo sempre alla testa della
greggia per amministrare e dirigere gli affari della Chiesa; ufficio che più
tardi fu ripartito nelle tre distinte cariche del governare, dell’insegnare, del
provvedere ai bisogni dei poveri.
In cotesto andamento,il posteriore non distrugge l’anteriore; tutto rimane,
accadono sole modificazioni. L’apostolato si ritira al suo posto privilegiato,
unico, non trasmessibile ; egli rimane l’organo supremo di tutte le Chiese,
essendo gli Apostoli i testimonj ed i messaggieri immediati di Cristo, i soli
economi dei misteri di Dio, rivestiti di pieni poteri. Esso Apostolato non è
dunque uua delle cariche della Chiesa; è uu potere sovrano, p3r investitura
divina, ond’essere la fonte, il principio primo su cui fondare bensì le cariche
suddette, ma queste risulüino un potere delegalo o ministeriale, per inve«titura umana, cioè in virtù di una vocazione della chiesa medesima: ecco
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scaturire da tale distinzione la diiferenza tra apostolato primitivo e ministerio posteriore.
Ora in quanto all'apostolato, esso esiste anche oggidì ed esisterà sempre,
essendo stata una missione per tutf i tempi ed avendo avuto un'autorità
illimitata. Circa poi al diaconato, al vescovato, ad altri ufi&cj introdotti nelle
Chiese, stante il loro ingrandimento, si dirà forse non essere al presente
necessarj in forza di quel sacerdozio inerente a tutti coloro che ricevettero
U battesimo d’acqua e di Spirito? Abbiamo già notato la distinzione tra sacerdozio e ministerio; abbiamo già altre volte, in modo speciale, indicati i
vantaggi e la necessità per la Chiesa di avere un governo stabile e regolare :
ora aggiungeremo che la Chiesa di Cristo non ottenne per anco tutto il suo
sviluppo; che se gli Apostoli trovarono indispensabili, nel primitivo ingi-andiinento, di ordinare una gerarchia di ulficj ecclesiastici, sarebbe, per non
dir altro,-illogico il pensare che negli ingrandimenti successivi e per lo
scopo civile di camminare verso l'unificazione esteriore di tutte le Chiese
parziali, sarebbe illogico, diciamo, il pensare che fosse cosa utUe, o peggio,
voluta dal Vangelo, togliere ogni regola disciplinare, tanti stabili centri per
mantenere incorrotta la dottrina, tanti punti fissi e regolari per diffondere
la novella di salute, tanti mezzi d'ajuto scambievole, e tutti gli elementi
che devono concorrere a formare la vera unità cattolica, esteriore, sociale,
cui pur le Chiese cristiane tendono manifestamente, ed in ispecie coll'ide.a
che oggidì primeggia doU'Allcanza evangelica.
Rammentino i nostri fratelli che noi abbiamo considerata la Chiesa nei
due aspetti della sua interiorità e della sua esteriorità; e sotto questo secondo aspetto esponemmo l'opinione che non vi sia bisogno di nulla logliere
di ciò che la storia ci porge intorno al sociale progresso del cristianesimo,
colla vista di riuscire ad una perfeiione illusoria, in ordine al governo delle
chiese. In ordine pure alla santità l’uomo non sarà mai perfetto quaggiù, appunto perchè è perfettibile soltanto, e tale perfettibilità si estende all'infinito,
e per ottenere anche di essa di più in più gradi maggiori ha bisogno altresì
d’ajuti est'erni, umani, civili. Non abbiamo dunque a far altro che, aggiungere,
tutto il nuovo che si reputa buono al buono antico esistente, e non parteggiare per un vero parziale con esclusione di altro vero. La greggia dei fedeli
è ella un popolo sacerdotale ? Sì : ha essa ricevuto l’appeflo di ser^Ti-e di testimonianza a Gesù ? Sì : Io servì adunque. Il ministerio stabile, il governo
ecclesiastico, il diaconato, il vescovato, il presbiterio, il sinodo, il concilio
nazionale, il potere centrale cattolico dell'alloanza evangelica, quando verrà
costituito, anziché d'csser d'ostacolo alla libertà d azione dei zelanti cristiani
laici, servirà loro di forza onde compiere la ben intesa, e cominciata secolarizzazione del Vangelo, secondo le idee dell’epoca moderna.
CRONACA DELLA QUINDICINA
A Ginevra, l’Assemblea generale della Società evangelica è stata aperta
il mercoledì^0 giugno a 4 ore, nella cappella dell’Oratorio, con una preghiera del sig. pastore Charpiot, seguita da un discorso del presidente, il sig.
^prof. Merle d’Aubignè. Secondo il rapporto sull’opera del colportaggio letto
dal sig. II, Lullin, la Società ha impiegato nel corso di quest’anno 27 rol-
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/lorlori, di cui due iu Isvizzera ed uno in Savoja. E,ssi hanno venduto 96.5
Bibbie, 499 N. T., 40,000 trattati religiosi, la metà de’quali erano J?manachs des Bons conseils. Parecchi colpnrtori fanno, ad un’ora, da lettori
della Parola di Dio nelle famiglie; essi riuniscono a gruppi le differenti
persone che hanno l'incarico di visitare, e le edificano e le istruiscono il
meglio che pos.souo. Il sig. llouaze, ministro a Marsiglia, narra che l’opera
d'evangelizzazione in quella città ebbe priucipio colle letture a domicilio, e
che poco per volta, in varj quartieri, delle piccole riunioni religiose essendosi formate, il numero degli uditori si aumenta di mese in mese. L’opera
fa ancora progressi in parecchi comuni adjaccnti a Blarsiglia. — La parola
è quindi accordata al sig. Meille, di Torino. La Chiesa Valdese, dic’egli,
resterà sempre fedele alle Verità predicate da' suoi avi, al drappello da loro
coraggiosamente difeso, llegua in Piemonte, al punto di vista religioso,
nelle classi elevate sopratutto, un'apatìa, un'indifferenza profonda: è questo
il più terribile avversario, che, là conie altrove, scontra la predicazione dcll'Evangelo. Il sig. Meille esprime nel modo il più sentito la sua riconoscenza
inverso il Signore per l’appoggio frequente che la sua Chiesa ha ricevuto
dal governo in circostanze difficili; quando l'opposizione si manifesta, vien
da parte delle autorità subalterne, eccitate dal clero romano. . . .
La prima Stazione della Chiesa Valdese è Pinerolo; pria del 1848 non
era possibile ad un pastore farvi solamente intendere una preghiera ad alta
voce; attualmente vi si rinviene una chiesa e delle scuole; questa Stazione
tìn’ora è stata ufficiata da un ministro ch'ivi recavasi da questa o (juell’altra
parrocchia delle Valli; il sig. Giorgio Appia, per lo innanzi professore a
TorreT sarà chiamato a quel posto a cominciare dal settembre vegnente.
Dopo Pinerolo, è a Torino che i progressi dell'opera d'evangelizzazione son
più chiari. 11 culto continua a celebrarsi nel tempio di Torino quattro volte
ogni domenica, tre volte in italiano ed una iu francese; la Scuola della
Domenica conta 7 0 fanciulli ed altrettanti adulti. Si os.serva, (juasi a ciascun
culto, un numero di persone venute a bella posta dalle provincie a Torino,
per vedere personalmente cosa sono i cristiani evangelici, e ripoi'tano in
paese le loro impressioni favorevoli.
Dietro il tempio di Torino trovasi un vasto fabbricato contenente la Società Bibblica, quella de' Trattati religiosi, la libreria, la stamperia, tre
scuole frequentate da 110 fanciulli, un ospedale e l'abitazione per i pastori,
i maestri e tutto il personale della Stazione missionaria della capitale. Ad
Alessandria ed in qualche località de’ suoi d'intorni, a Voghera ecc.; un
culto si celebra regolarmente. L'opera fa ancora progressi reali a Genova
ed a Nizza; in quest'ultima città una (juantità di stranieri ne profitta. L’oratore termina col racconto dell’atto d'intolleranza commesso non ha guari
ad Aigueblanche, e facendo una breve narrazione dei successi riportati dall'Evangelo a Com-mayeur.
Giovedì 1° luglio, a 9 ore, la seduta è stata ripresa colla lettura del rapporto sulla Scuoia di Teoloyia, dal sig. professore Binder. Questa scuola è
stata frequentata quest’anno da 18 allievi, duo de' quali esterni; inoltre la
■scuola preparatoria ha contato 11 allievi regolari. l’n concorso sulla santificazione delia Domenica era stato aperto da un comitato inglese di Leicester; due premii erano offerti, l'uno di 1000 franchi al migliore lavoro che
presenterebbero gli antichi allievi della scuola attualmente pastori, e l’altro
di 250 franchi al migliore lavoro degli allievi attuali. 11 primo è stato
attribuito al sig. Timoteo Delhorbe, pastore della Chiesa francese a Berna,
cd il secondo es,sendo stato egualmente meritato da' signori Duelos, del
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Canadá, e Vernier, de la Drònie, ciascuno ha ricevuto 250 franchi. — Il
sig. Adriano Naville ha letto il rapporto sull’evangelizzazione aU'estero. Il
Dipartimento che dirige rjuest’opera ha speso quest'anno 73,000 franchi ;
la più gran parte di questa somma è stata spesa in Algeria ed in Francia.
In quest’ultima contrada l'opera ha prosperato più liberamente che per lo
innanzi. Le congregazioni cominciano a sovvenire sempre più da sè stesse
ai loro particolari bisogni religiosi. Il dipartimento ba impiegato 47 agenti;
le Stazioni della Società sono in numero di 31. Il sig. Naville ha segnalato
de’ progressi nelle Stazioni di Saintonge, delle due Charentes ecc. La Società di Tolosa ha generosamente provvisto parecchie Stazioni d’una parte
delle sue pubblicazioni. Le Scuole sono sempre più frequentate, anzitutto
in Saona-et-Loire. In Savoja l'influenza oltramontana lotta con sempre
crescente forza contro la predicazione del puro Evangelo. 11 culto si celebra
ogni domenica a Chambcry, ad Aix, a Thonon ; inoltre nella prima di queste
città, hanno luogo due volte alla settimana riunioni religiose famigliari, in
cui ciascuno alla sua volta legge la Parola di Dio e presenta le sue riflessioni. La città di Moutiers è stata anche visitata da un evangelista. Il
sig. Naville fa ancora menzione de’ successi della Scuola aperta ad Aigueblanche, e de’tristi fatti che non ha guari si sono ivi passati, ad istigazione
del clero. Insomma, i lavori degli agenti della Società hanno ricevuti numerosi incoraggiamenti, e si può presagir bene per l'avvenire. — Il signor
Charpiot, pastore a Sornay (Saóne-et—Loire), cita varj tratti interessanti
che mostrano come la semenza deU'Evangelo porta già frutti in quel Dipartimento. Crii allievi della Scuola della sua parrocchia ascendono al numero di 100, ed egli conta ordinariamente 200 uditori alle sue riunioni
religiose.
11 sig. Gabriele Naville, membro del comitato italiano della Società, recentemente di ritorno dall'Italia, esprime la sua gioja dacché le persecuzioni religiose diminuiscono di molto in Toscana; un certo numero di Bibbie
e di N. T. vi si sono venduti, tre trattati religiosi si pubblicano attuabnente
in italiano. Il sig. Naville ha visitato le diverse Stazioni della Chiesa Evanfielica libera italiana : Genova, Alessandria, Torino, Novi, Novara, Asti,
Biella. A Genova le riunioni religiose si tengono in una sala vicino al
porto ed hanno luogo tutte le sere; In Alessandria egli assistette ad una
comunione cui sessanta per,sone presero parte. Questa Stazione conta quasi
due anni di esistenza; ha due evangelisti i quali evangelizzano anche a Biella,
piccola città d’onde parte ogni anno per la Svìzzera gran mimero d'operai
dei quali molti sono colà evangelizzati e recano poscia nel loro paese un'istruzione evangelica più o meno avanzata. A Novara, dopo molte difficoltà,
l'opera fini per consolidarsi. La Stazione di Genova ha fornito 6 evangelisti
e 6 colportori. Il sig. Naville conferma, terminando, lo spirito missionario
di queste novelle chiese, che in tutto non contano ancora che 300 comunicanti circa. Il sig. Federico Monod invita la Società Evangelica, a nome
della Commissione sinodale della Francia, a farsi rappresentare al Sinodo
che avrà luogo il 25 del mese prossimo nel cuore delle Cevenne a Vigan.
L’oratore ha percorso recentemente e durante 19 mesi gli Stati-Uniti d’America, ed è stato testimone del risvegliamento magnifico che si è operato
e ohe continua ancora in quella vasta contrada. Qiiesto movimento gli ha
dapprhna inspirato della diffidenza, ma questa non ha molto tardato a dissiparsi. Egli qui rammenta le cause, l’origine ed i principali tratti di questo
risvegliamento, di cui noi abbiamo già altra volta intrattenuto i nostri lettori, e mette in rilievo ad un ora il carattere semplice e calmo, delle riu-
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nioni di preghiera che questo risvegliamento ha provocato, come anche il
carattere della vera alleanza evangelica ch'esse hanno per ogni dove presentato. Tutti i fiori che sono sbucciati da questo movimento, dic'cgli, produrranno de’ frutti? No certo, non bisogna neppure imaginarlo, non più
là che altrove ; ma tutti gli spettatori di un tale risvegliamento, anche i più
indifferenti, riconoscono ch'egli ha prodotto de' frutti in abbondanza. E perchè, dice l'oratore, terminando, un risvegliamento simile uon si manifesterà
anche in tutta le nostre Chiese di Svizzera, di Francia e di altre località?
le promesse del Signore uon sono forse le medesime per noi come per i
no.stri fratelli d’America? Gli ostacoli provengono unicamente da noi e non
da Lui, perchè se si considera che il risvegliameuto americano è il risultato
di uu abbondante effusione dello Spirito Santo, e che lo Spirito Santo ci è
offerto a tutti, noi possiamo dunque tutti riceverlo ed essere risvegliati, ma
spetta a noi domandarlo, affin ch’egli cl sia dato. —11 rev. Nawcll, pastore
a Siracusa (Stati di Nuovaiork) saluta i suoi fratelli di Ginevra a nome dei
loro fratelli d'America. Più di cento persone della sua parrocchia sono stati
convertiti nello scorso inverno ; in questo numero vi erano parecchi cattolici
venuti dall'Europa, fra gli altri un uomo che da lunga pezza ora il più crudele padrone di schiavi. — Il sig. pastore Poinsot, deputato della Società
•Evangelica belga, annunzia che quella Società conta oggidì 5 colportori,
800 alberi nelle sue scuole, 1,000 comunicanti, e più di 5,000 uditori ;
90,000 trattati religiosi sono stati distribuiti durante quest'ainio chc, sotto
tutti i rapporti, è stato per l’opera d’evangelizzazione nel Belgio, un anno di
benedizioni^ Gharleroi, ov’egli è pastore, vi sono state 05 conversioni; a
Lilla, 15 sopravvegnenti famiglie professano il puro Evangelo; a Liége, la
Chiesa ha sempre 300 uditori. Frequenti conferenze provocate dal sig. pastore Durand, hanno avuto luogo in quest'ultima città : il locale era gremito ogni volta di spettatori, ed esso hanno prodotto molto bene. — Il
sig. Descombaz, pastore a Lione, dice che la Chiosa Evangelica libera di
quella città ha impiegato 20 operai differenti alla sua opera; essa è molto
modesta ancora, molto lenta, ma nonpertanto progressiva. Le difficoltà che
presenta la popolazione di Lione sono immense. Il locale del culto, esteriormente rassomiglia alquanto ad un tempio, ciocché attira sovente, all'ora dei
servizj, qualche passante. Una quantità di opuscoletti sono stati pubblicati
dal cloro romano contro i Protestanti, circostanza che ha so.spinto molta
gente alle loro riunioni. A contare da un'anno, 67 individui di cui 40 cattolici, sono stati ammessi nella Chiesa. Il sig. Descombaz ha ancora visitato
la Bresse e Saóne-et-Loire, e per ogni dove ha inteso i Protestanti, anche fra
1 più semplici contadini esprimere la loro viva riconoscenza per i numerosi
soccorsi religiosi Qhe venivan loro di Ginevra. — Dopo qualche parola edificante pronunziata dal sig. Thomas, pastore della Chiesa indipendente di
Neuchàtel, il sig. pastore Bertholet ha terminato colla preghiera questa interessante Assemblea. (Semaine Beligiciise)
— I nostri diari clericali, ed in ispecie l’./lrmo)n'a, hanno il vezzo di fare
uno scalpore immenso se per caso qualche inglese passa alla Chiesa romana.
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Egli è vero che alcuni pochi e ricchi signori farono guadagnati al papismo,
e questi esercitano una deplorabile influenza sopra certo numero di persone
povere dipendenti da essi in un modo o nell’altro; ma di qual valore siano
per Io più le vantate conversioni che da qualche anno ebbero luogo in InOtHilterra ce Io mostra il giornale dei Gesuiti inglesi il quale si esprime in
questi termini :
“ Di tutti gli animali, i cattòlici di pane e burro (cioè coloro che si sono
fatti cattolici romani per aver del pane e del burro) sono quelli che noi detestiamo il più. Puzzano di falsità e d'ipocrisie, si presentano a voi con aspetto umile e voce piagnolosa, e durante il tempo in cui vi odono esporre
la religione romana, pensano al profitto temporale che il nuovo stato procurerà loro, il fervore è proporzionato alla lunghezza della vostra borsa. La
presenza di essi alla messa e l’esattezza con la quale adempiono i loro doveri
religiosi regolansi a norma della stagione dell'anno in cui il padrone occupa
la sua casa di campagna. A Natale sono eccellenti cattolici, nessuno è cosi
devoto com’essi, e nessuno più di loro gioisce di quel tempo sacro. Da aprile
ad agosto il fervore menoma considerevolmente. La primavera e l’estate
esercitano una malefica influenza suUa pietà loro, ed in conseguenza durante le dette stagioni il prete missionario collocato in mezzo ad essi ha
molto più tempo per lo studio: confessa raramente, e l’uditorio nella dome-,
nica resta piccolissimo. ]\Ia non basta, se nuovi giorni si levano sul villaggio, se il signore del luogo abbandona il paese per andar in viaggio, se i di
lui beni cadono in mani di protestanti e scompaiono la fortuna e l'abbondanza, subentrando la povertà, d una maniera o d'un’altra cotesti mutamenti
ne trascinano di simili nella fede, nella speranza, nella carità di quei cattolici di pane e di burro. Esiste una maraviglioaa simpatia negli spiriti loro
tra i fisici ed i morali cambiamenti. Un nuovo signore protestante risveglia
subito le vecchie rimembranze protestanti. Le memorie della giovinezza, le
scene d'altro tempo ritornano al pensiero, e ne risulta che il pane ed il burro
venendo ora da mani protestanti, abbandonano quella fede che non può loro
assicurare i molteplici bisogni temporali. Noi preghiamo dunque di cuore
ond’esser liberati da tutta questa specie di cattolici, ed un signore non può
commettere più grande errore chc prestandosi a fare di simili convertiti
Ecco dunque quali sono i trionfi dei clericali per confessione di essi medesimi. Ora che mai potranno dire VArmonia e compagni che ci accusano
di far delle conversioni a danaro? Non aggiungiamo di più, non occorre
spender parole quando si hanno fatti di tal natura da registrare.
Domemeo Grosso gerent«.
Tnii.r\<1 — Tipr.(rr*fia CT.AI^mANA, iliictl» ila R. Trdniln'l»«