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DELLE VALLI VALDESI
BIBLIOTECA VAU)ESB
10066 TORRE PEIL ICE
Settimanale
della Chiesa Valdese
Anno 109 - Num. 8
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TORRE PELUCE - i?5 Febbraio 1972
Atnni. : Vìa Cavour 1 - 10066 Torre Pellice - c.c.p. 2/"33094
I valdesi allo specchio delV “ Eco deA Chisone
iì
L’eretico complimentato
® Il tempo e l’uomo
Ricorrendo il 17 Febbraio, Franco
Trombotto, vice-direttore del settimanale cattolico di Pinerolo « L'Eco del
Chisone », dedica ai valdesi l’articolo
di fondo (del numero in data 10.2.72)
intitolandolo « Un grazie ai fratelli vaidesi ». Il titolo, così cordiale e benevolo, sarà stato per molti una lieta sorpresa. Parecchi di noi ricordano il passato non remoto in cui l’atteggiamento
del settimanale cattolico di Pinerolo
verso i valdesi era alquanto diverso. La
conversione conciliare della leadership
cattolica pinerolese è proprio avvenuta.
Lo conferma in maniera eloquente il
« grazie ai valdesi » stampato sulle colonne, già così livide verso i protestanti, dell’« Eco del Chisone ». In pochi
anni s’è fatto, si direbbe, molto cammino: daH’anatema al dialogo, dal dialogo al plauso, domani, forse, dal plauso all’incenso. L’eretico, ora, è complimentato.
Noi ringraziamo Franco Trombotto,
ma non per i complimenti che avrebbero dovuti essere fatti a suo tempo ai
nostri padri (rivolti a noi, i figli, risultano largamente immeritati); lo ringraziamo per i sentimenti di amicizia, fraternità e benevolenza manifestati in
questo articolo nei nostri confronti. Soprattutto gli siamo grati per l’intenzione di fondo che lo ha indotto a scrivere; il desiderio di dare una valutazione
sostanzialmente positiva della realtà e
della presenza valdese. Proposito encomiabile e perfettamente in linea col
nuovo corso dell'ecumenismo cattolico,
teso a scoprire e onorare i valori positivi dei non-cattolici. Compito arduo,
però, dato che il disgelo psicologico in
atto tra cattolici e protestanti può favorire ma non garantire la comprensione teologica dei due fenomeni.
« E stata positiva — si chiede don
Trombotto — per il cattolicesimo pinerolese la convivenza con i fratelli protestanti? ». « Questione scabrosa » ammette l’articolista, e spiega perché; ma
alla fine conclude: « La risposta è positiva ». Perché? Perché è anche grazie
alla presenza valdese se il cattolicesimo
pinerolese è stato, secondo l’autore, immune da certe forme incresciose di decadenza e degenerazione evidenti altrove. Le famose « cinque piaghe » della
chiesa cattolica individuate e denunciate dal Rosmini nel secolo scorso e molto diffuse nel cattolicesimo europeo
« sono state meno gravi tra noi »; in
particolare il clero pinerolese si è distinto, secondo l’articolista, per la sua
sobrietà, il suo atteggiamento anti-mondano, la povertà e la sua totale dedizione al popolo. Ora « non piccola parte
di questa buona testimonianza [del cattolicesimo pinerolese e del suo clero]
è dovuta alla presenza protestante, alla continua “funzione critica" che essi
esercitarono contro di noi, levando alto nelle loro mani l’Evangelo ». Ecco
dunque l’assunto dell’articolo: la presenza valdese è stata benefica perché il
cattolicesimo vissuto a contatto con essa è stato più fedele a se stesso di
quanto lo sia stato altrove. La « funzione critica » esercitata dal valdismo e
dal protestantesimo in genere nei confronti del cattolicesimo romano è da
valutarsi positivamente perché ha dato
luogo a un cattolicesimo migliore. Perciò, grazie, valdesi!
Se abbiamo colto con sufficiente approssimazione il motivo di fondo che
ispira 1’« Eco del Chisone » nel riconoscere una funzione positiva ai valdesi
e nel ringraziarli pubblicamente, allora,
fermo restando l’apprezzamento sincero per i sentimenti amichevoli e l’atteggiamento fraterno nei nostri confronti, che prontamente e cordialmente contraccambiamo, ferma restando
anche la possibilità e la necessità di
continuare e approfondire un dialogo
da poco avviato, dobbiamo pur dire
che il senso e lo scopo della presenza
valdese o protestante a fianco del cattolicesimo romano sono ben diversi
da quelli che ]’« Eco del Chisone » ha
loro assegnato. Così, mentre apprezziamo i buoni propositi dell’articolo in
questione, non possiamo accettarne il
contenuto. Ci limitiarno a segnalare i
due maggiori equivoci in cui l’autore
è incorso.
Il primo è di concepire il protestantesimo in funzione del cattolicesimo. A
chi, secondo don Trombotto, sono stati utili i valdesi? Al Signore? All’Evangelo? Agli uomini? No. Al cattolicesimo. Questo non soltanto dimostra conte anche il cattolicesimo conciliar-pr<>
grossista continui a porsi come termine di paragone delle altre confessioni e
— quel ch’è peggio — le finalizzi a sé;
ma rivela una palese incomprensione
del fenomeno protestante nel suo insie
me; il protestantesimo non è sorto in
funzione del cattolicesimo ma in funzione dell’Evangelo; la chiesa evangelica non esiste in funzione della chiesa
cattolica ma in funzione della parola
di Dio e degli uomini. Il rapporto (critico) col cattolicesimo c’è ma è secondario; primario è il rapporto con l’Evangelo e il mondo. Chi concepisce il
protestantesimo anzitutto in funzione
de) cattolicesimo, non lo ha ancora
ben capito.
Il secondo equivoco, ancora più evidente, riguarda lo scopo della presenza
protestante. Lo scopo non è, come suggerisce 1’« Eco del Chisone », di dar
luogo a un cattolicesimo migliore ma
di dar luogo a un cattolicesimo diverso, cioè a un cattolicesimo riformato
dalla parola di Dio. Lo scopo del protestantesimo è la riforma delle chiese:
tutto il resto è secondario. Se i valdesi
hanno « levato alto nelle loro mani l’Evangelo » non è per farne una bandiera
ma per affermarne e viverne la signoria esclusiva sulla chiesa e sul mondo.
B questo lo scopo della loro presenza
accanto al cattolicesimo. L’affermazione evangelica, che costituisce l’identità
vera del valdismo e del protestantesimo, esige qualcosa di più e di diverso
da un miglioramento delle chiese: esige la loro conversione.
Ma allora, se « il cuore si stringe » —
come scrive ancora 1’« Eco del Chisone » — non è perché in tanti paesi delle Valli si vedono « i due campanili che
si fronteggiano, le due chiese che si
guardano da secoli »; e non è neppure
perché in alcuni di questi paesi uno
dei due campanili appare, se non di
troppo, almeno spropositato rispetto alla consistenza numerica della comuni
tà: fu costruito e contrapposto all’altro
che preesisteva, pey puro campanilismo (è proprio il citeo di dirlo) ecclesiastico e confessionale: si sa, del resto, che è piu facile costruire chiese di
pietra che edificare comunità di uomini. Ma il vero motivo per cui guardando i due campanili il cuore si stringe è ancora un altro: non è che sono
due, e neppure che sono diversi e si
fronteggiano da secoli: e che da secoli
s' fronteggiano invano. L Evangelo è
stato levato m alto. Ma chi lo ha ascoltato? Valdd — leggiamo ancora nello
stesso articolo — « levo la bandiera del
Vangelo dopanti a ima chiesa che si
riteneva "Signora del mondo ». Ma
con quale esito? Ha mai la chiesa di
Roma veramente ascoltato l’Evangelo
che da Valdo ai Rilormatori le è stato
predicato? O non lo ha sempre, sistematicamente eluso, benché in maniere
sempre nuòve? Harino le chiese dell.a
Riforma perseverato nellEvangelo che
le ha fatte sorgere? O non si sono pesantemente fossilizzate in loro stesse?
Sono queste le domande che, se si vuole, fanno stringere il cuore. Ma il vicedirettore dell « Eco del Chisone» non
le pone, né alla sua chiesa né alla nostra. Dice che « e tempo ormai di
. guardare al futuro ». E per esser certo
di vederci chiaro termina citando il
vescovo di Pinerolo. Quale dunque il
futuro che qui si profila? E per questo
futuro che i valdesi hamio vissuto e in
qualche modo testimoniato? L’interrogativo è inquietante, tanto più se lo si
abbina al « grazie, valdesi » deH’inizio.
Congratularsi con leretico sarebbe
dunque il modo nuovo per sbarazzarsene?
'li Paolo Ricca
Un amico, ritornando da un lungo
viaggio, mi ha portato in regalo una
clessidra. Più che per ragionamenti matematici, ho sempre istintivaipente considerato la distanza nel tempo e la distanza nOllo spazio come una stessa cosa. Per questo forse ho collegato il regalo del mio amico al fatto ch’egli venisse da lontano. Un oggetto che misura il tempo era per me il simbolo del
suo andare per il mondo.
Non è una clessidra di grande valore
questa che mi è stata donata. È una di
quelle semplici clessidre, quasi tm balocco, che in pochi minuti (si usano a
volte per calcolare la cottura delle uova al guscio) fanno passare da una parte all’altra quel pò di polverina che contengono. Poi, come per tutte le clessidre, occorre capovolgerla, e con la polverina passano altri due o tre minuti.
Sempre la stessa cosa. Bisogna stare.
Domenica 26 febbraio
Giornata della
Missione Evangelica
contro la lebbra
Leggere servizi a pag. 5.
ogni volta, a rigirarla. Per questo, anche se simbolo del tempo, ima clessidra
non dovrebbe mai far pensare al tempo che scorre. Il tempo della clessidra
è un tempo discontinuo, è un tempo a
tappe. Si potrebbe anche dire un tempo
che ritorna.
Il sogno dell’uomo: ritornare indietro. Wells immaginò addirittura una
macchina, che si muoveva nel tempo
come una automobile si muove su una
iiimimmmimiimiuuimiimiimniiiiiuiiiiiniiiimHHHiMmmiiiiimiiiimiiimii i ii<
FONDO DI SOLIDARIETÀ’
Cangia Besh: inrialo un allro mlBone
Prosegue la sottoscrizione per il programma contro il razzismo
Nei giorni scorsi abbiamo inviato un
altro milione di lire alla Tavola valdese, con preghiera di reinoltro al Consiglio ecumenico delle Chiese (CEC) per
il programma a favore delle vittime del
conflitto pakistano. Già nell’ottobre
scorso avevamo inviato due milioni a
tale scopo, ma ulteriori sottoscrizioni
hanno condotto a questo secondo versamento.
Proseguiremo ora nell’altra direzione
annunciata (e per la quale già vari lettori hanno appositamente sottoscritto)
e cioè per sostenere il programma di
Iota al razzismo del CEC, di cui la Chiesa valdese è membro.
Un articolo di A. Soggin, apparso sull’ultimo numero, ci dà l’occasione per
tornare in argomento e fornire ulteriori
chiarimenti. Lo scrivente dice che è opportuna la maggiore informazione possibile circa le destinazioni dei fondi onde evitare il « pericolo » di aiutare dei
movimenti che possono lasciare «un
caos dietro di sé uguale se non maggiore di prima », ed evitare « notizie inesatte o chiaramente tendenziose, rispecchianti le scelte politiche degli estensori ». Per quanto ci concerne, abbiamo
sempre cercato di dare il maggior numero possibile di notizie attingendole
dai vari bollettini « ecclesiastici » (quali ad es. il Soepi ed il Bip), oppure da
testimonianze di prima mano. Se abbiamo avuto un « torto » e stato torse
quello di dare una preponderanza ai
problemi legati si\Yo.pciTth6Ìd sudafricano. Anche l’asserita « confusione fra
colonialismo e razzismo » non pare molto « importante » in quanto il secondo
è chiaramente figlio del primo e in ambedue le situazioni i diritti umani fondamentali delle popolazioni locali vengono non solo ignorati ma duramente
repressi.
Soggin si chiede, per quanto riguarda
la colonia portoghese del Mozambico,
a chi vanno i soldi e come sono usati.
Secondo le informazioni dal Comitato
esecutivo del CEC essi sono andati al
FRELIMO, prima
nitiva portoghese del 1971 ( e cioè
mila dollari) e destinati
strutture dei territori kberati. niacchinari, cooperative, prodotti agricoli, servizi sociali, sanitari, educatiyi.
Ricordiamo infatti ai lettori che i due
versamenti finora fatti dal (2EC per il
programma di lotta al razzismo, uno
di 200mila dollari neH’autunno del 1970
ed un altro, di pari importo, nel settembre 1971 (per un totale complessivo di
circa 250 milioni di lire) sono stati destinati a parecchie organizzazioni ed
enti che in tutto il mondo non solo si
battono per la liberazione dalla feroce
oppressione bianca ma anche per la difesa di minoranze etniche.
Ecco perché questi fondi sono andati
in: Australia, a difesa dei diritti delle
popolazioni aborigene; Regno Unito per
informare l’opinione pubblica e sostenere gli studenti neri; Giappone, per
modificare il nuovo progetto di legge
sulTimfnigrazione, che contiene elementi razzisti; le colonie portoghesi africane dove vengono appoggiate le infrastrutture indispensabili ai territori liberati; Africa del sud, dove vengono
sostenuti i movimenti antirazzisti della Namibia, della Rhodesia, della repubblica sudafricana; Stati Uniti, per i diritti civili delle minoranze nere e indiane, Sudamerica, per i movimenti e lo
sviluppo degli indigeni della Bolivia,
della Colombia e dei Caraibi, ed altri
ancora. Di tutti questi movimenti e dei
relativi versamenti finora ottenuti avremo occasione di riparlare in prossimi articoli. Vorrémmo però sottolineare fin da ora che il programma antirazzista del CEC ha carattere unitario e
non vediamo l’opportunità di destinare
aa un’attività piuttosto che ad un’altra
1; future sottoscrizioni. Se gli organi
del CEC non dovessero godere della fiducia della maggioranza dei membri,
evidentemente verrà provveduto di conseguenza, ma, ripetiamo, il programma
ha un carattere unitario e non siamo
d’accordo con quelli che chiedono una
particolare destinazione alle loro sottoscrizioni. Possiamo anche affermare
che fra le offerte giunteci, nessuna indica la « preferenza » per un particolare settore del programma.
Una obiezione che viene mossa da
molti e che viene anche adombrata da
A. Soggin è che, certo, il razzismo va
combattuto, ma, perché la nostra lotta sia credibile, deve cominciare da casa nostra. Nulla di più vero. Ma è altrettanto vero che una cosa si integra
nell’altra. Vale a dire che si può soli
strada. Tempo, nella concezione del
Wells, che è come una retta, sulla quale
ci si può spostare in avanti e indietro.
Il tempo, per alcuni, è ciclico. Nella
storia del mondo vi sarebbero, come
pensò G. B. Vico, corsi e ricorsi. Oppure, ciclico per ciascuno di noi, come nelle ’ concezioni orientali delle successive
reincarnazioni.
L’uomo comune, e sopra tutto l’u<>
mo moderno, non è generalmente abituato a riflettere, a meditare sul teinpo, solo rimpiangendo quello che è
passato. Per lui, il tempo è l’orologio,
che è una specie di clessidra la quale,
anziché capovolgere, si carica, normalmente ogni ventiquattr’ore. Il tempo è
una questione di misura. Ma è una misura legata strettamente al mondo nel
quale viviamo. Quale misura -hanno più
gli astronauti, viaggianti nel cosmo, se
non quella che viene ad essi comunicata da terra?
Il Genesi parla di giorni della creazione: Cosi fu sera, poi fu mattina: e
fu di primo giorno, e fu il secondo giorno, e fu il terzo giorno... Ma i giorni
della creazione non furono giorni di
ventiquattr’ore, perché il tempo di Dio
non è il tempo dell’uomo. Soltanto l’uomo è legato a un tempo che si misura
in secondi, in minuti, in ore, in giorni,
in anni. Forse, neppure gli animali conoscono il tempo. Anche per la nozione
del tempo l’uomo si distingue da Dio e
si distingue dagli animali; non è Dio e
non è animale.
Per il filosofo Ranzoli, il tempo e
« un continuo illimitato ad una sola dimensione, di cui noi occupiamo un punto determinato, che si sposta costantemente nella medesima direzione». È
l’autostrada di Wells, ma la macchina
di Wells non è stata ancora inventata,
perciò, per l’uomo, il tempo ha una
unica direzione. Ma è il tempo che si
sposta in questa direzione, o è l’uomo
che si sposta, lunp un passaggio obbligato, in una unica direzione? A volte,
avvertiamo che il tempo ci sfugge, sentiamo il vento che produce nel passare,
vento che ci sibila nelle orecchie. Ma a
volte, sopra tutto se guardiamo indie;
tro, nel nostro passato, ci sembra di
avere percorso una strada che ci ha
condotti al punto ove ora ci troviamo.
Esiste infatti un tempo che è fuori di
noi, che scorre indipendentemente dalla nostra partecipazione; ed un tempo
che è in noi, che è un tutto con noi.
È con Sant’Agostino che il tempo si
interiorizza. Sant’Agostino è un uomo
di fede, prima di essere un filosofo, e
questo può forse spiegare la sua concezione del tempo. Ma anche i poeti,
sia pure a modo loro, sono gente di fede; per questo molti poeti, in epoca
moderna, hanno contrapposto il tempo
interiore alla realtà esterna. Parimenti
potremmo dire che v’è il tempo dei
credenti e il tempo dei non credenti.
Il tempo dei credenti è un tempo di
attesa, un tempo di speranza. « Ma le
tenebre non dureranno sempre», assicura il Profeta Isaia. E lo stesso Profeta esorta a « non ricordare più le cose
passate, e non considerare più le cose
antiche » perché Iddio « sta per fare
una cosa nuova ». Una attesa fiduciosa,
che non dovrebbe conoscere ansia né
angoscia.
« L’angoscia terrena è la trappola in
cui nessuna potenza esteriore, nessuna
darizzare colla lotta al razzismo « fuori » in quanto ciò è una conseguenza
coerente del nostro atteggiamento antirazzista nei confronti, ad esempio, degli
immigrati meridionali, della gente umile e frustrata dalle avversità della vita,
dei giovani Che siamo tentati di soverchiare colla nostra « saggezza », colla
nostra « esperienza », ecc. ecc. Ma la
cosa è anche inversa: proprio la nostra
partecipazione al suddetto programma
può indurre singoli e comunità a riflettere a fondo sulle nostre responsabilità (singole e collettive) nei confronti
del nostro vicino di banco (di chiesa)
o di strada, che giudichiamo « diverso »
da noi per la sua oVigine, per il suo
stato sociale, per il sesso, per l’età e
che ci fa dimenticare che « non c’è più _______________________
giudeo, né greco, né ^hiavo, né libero, j-ealtà può far cadere l’uomo; ma egli
né maschio, né femmina, perché siamo
tutti uno in Gesù Cristo »
Ecco le ultime sottoscrizioni pervenuteci, mentre ricordiamo che esse vanno inviate al conto corr. postale 2/39878
intestato a Roberto Peyrot, corso Moncalieri 70 - 10133 'Torino.
Da Bergamo: Un lettore L. 100.000.
Da Torino: M. Jon Scotta 3.000; Fam. Caruso 1.000 (due vers.); Agape 6/1 sala Lingotto 41.000.
Da Rivoli:- V. Giaiero 5.000.
Da Roma: R. B. 40.000.
Da Campobasso: P. Corbo 2.000i
Da S. Germano Chisone: N. N. con simpatia 5.000; agape 17/2 5.000; V. Vinçon Viti
2.000.
Da Riclaretto: E. Viglielmo 5.000.
Da Udine: R. Grillo 2.000.
Da Como: L. Malacrida 10.000.
Da Napoli: M. T. Fiorio 20.000.
Da Torre Pellice: E. Vertu 10.000; M. e
E. Bein 10.000.
Da Venezia: C. Bocus 500; Fam. Viti 1.000;
Sor. Zecchili 3.000.
Da Chiotti: G. Clot 5.000; E. Massel 2.000.
Totale L. 272.500; prec. 988.975; tot. gen.
L. 1.261.475. Dopo il versamento alla Tavola
Federazione Giovanile e le Chiese
stesso può impigliarvisi... » ha scritto
Kierkegaard, commentando il passo di
Matteo 6: 24-34. Ma l’angoscia terrena
non è data soltanto dalla insofferenza
dell’uomo che non vuole acquietarsi
nella sua condizione. L’angoscia è data
anche, all’uomo, dal tempo che è passato e da quello che deve ancora passare. Sorge così un dissidio tra il ternpo
esteriore, il tempo che si materializza
nel fluire di tutte le cose, ed il tempo
interiore.
L’uomo, nella sua ansia, vorrebbe che
anche Iddio si affretti. Ma, come ebbe
a dire il Pastore Roberto Comba in un
culto alla radio, « Dio non si affretta e
non ritarda. È l’uomo che deve placarsi e obbedire, e attendere l’ora dì Dio ».
Eros Vicari
iiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiimiimtiiiiiiiiiiiiiniiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii
Il 5 marzo, nelle comunità
evangeliche italiane
Domenica della Giivento
Anche quest’anno, su richiesta del Consiglio
della Federazione Giovanile Evangelica Italiana, le Chiese della FCEI sono invitate a dedicare la Domenica 5 marzo alla gioventù, sollecitando l’apporto giovanile nei eulti e dedicando al lavoro della EGEI la colletta. Si legga a pag. 4 un documento di studio del Consiglio EGEI che puntualizza i rapporti fra la
Federazione giovanile e le Chiese.
2
pag. ¿
N. 8 — 25 febbraio 1972
Mi sia permesso di cominciare con
una considerazione personale, allo
scopa liltffpre
tazi(me «iCxip 9b£.tengo'aJcHEè ¿illa
sitfia^i«Ml>.‘fe'«tu$àè'^-^ «oprtWàttó* su
quello che considero il compito ecumenico più urgente nella crisi attraversata attualmente dalla fede cristiana in tutte le Chiese. Alcuni potrebbero, infatti, vedere un contrasto fra
l’obiettivo che propongo di dare all’ecumenismo oggi, e gli sforzi che ho
fatto negli ultimi 25-30 anni per estendere ai rapporti fra cattolici e protestanti il movimento ecumenico limitato, ai suoi inizi, alle Chiese cristiane non cattoliche. Allora univo i miei
sforzi a quelli di alcuni cattolici e
protestanti per far progredire quell’avvicinamento. Il compito era allora
abbastanza difficile, perché esorbitava dalle preoccupazioni della maggior
parte dei cristiani. Oggi questo riavvicinamento è divenuto realtà, il che
è assai rallegrante. Ma un certo ecumenismo, diventato purtroppo in larga misura una moda, ricerca l’unità
a qualunque costo, senza preoccuparsi del fondamento della fede, del carisma particolare e della missione delle Chiese che si pretende unire. In
queste condizioni credo di dover piuttosto frenare quello che considero un
falso ecumenismo.
Rischio così di deludere alcuni che
non mancheranno di dire che con
l’età rinnego il mio passato. Tengo
quindi a dichiarare che il mio ardore
ecumenico non si è per nulla attenuato, anzi. Vedendo minacciato dal falso ecumenismo non solo quello vero,
ma la stessa fede cristiana, penso che
non bisogna ritirarsi all’interno della
Chiesa alla quale si appartiene per
salvare il fondamento dell’Evangelo,
ma che bisogna unire i nostri sforzi
per tentare di preservare insieme la
fede cristiana dai compromessi che
rischiano di rovinarla.
Non bisogna credere che si debba
prima fare l’unità e rimandare a più
tardi la questione della fede. È invece approfondendo insieme la nostra
fede che ci avviciniamo, con ciò stesso, all’unità. Questa non è un ideale
indipendente al quale si possano momentaneamente sacrificare i fondamenti deli’Evangelo, e la preghiera di
Cristo « che siano tutti uno » (Giovanni 17: 21) non può essere staccata
dal suo contesto. Non è possibile sostituire la fede, quale base dell’unità,
con un altro elemento, per quanto irnportante dal punto di vista ecumenico Anche un’azione sociale comune
IL COMPITO ECUMENICO PIU’ URGENTE
Ritornare alle fonti vive dell’evangelo
alla quale l’ecumenismo deve necessariamente portare non può sostituire
la fede come fondamento dell’unità.
Ciò mi conduce a prevenire un’altra obiezione: che rinnegherei il mio
passato per ciò che concerne l’apertura al mondo. L’ecùmenismo è legato
a quest’apertura. Se credo di dovere
reagire oggi contro un preteso atteggiamento cristiano nei confronti del
mondo, atteggiamento che non è ispirato dalla fede, non per questo cado
in un conservatorismo negativo. Del
resto le etichette « progressista » e
« conservatore » perdono spesso significato.' Un progressismo senza fede è
negativo e un conservatorismo senza
fede pure. Sono lieto di trovarmi, con
questo messaggio, accanto ad amici
cattolici che, lungi dall’essere degli
« integristi », sono conosciuti per la
loro apertura, ma che sono inquieti
di fronte all’evoluzione che attualmente constatiamo nella teologia e
nella Chiesa cristiane e che compromette la vera apertura. Mi permetto
di ricordare che i riformatori protestanti del XVI secolo erano costretti
a combattere gli estremisti che rischiavano di compromettere la loro opera.
Spetta ai promotori del rinnovamento, non ai partigiani deU’immobilismo,
reagire contro l’estremismo. Frenare,
in questo caso, non è essere infedeli,
ma anzi fedeli al compito assunto.
Detto questo, tenterò di rispondere
ai seguenti interrogativi, per giustificare il mio appello a un compito ecumenico particolarmente urgente nel
senso di una difesa comune del fondamento della fede contro i pericoli
che la minacciano attualmente.
1) La fede è davvero minacciata,
sia nel cattolicesimo che nel protestantesimo?
2) Qual è la causa?
3) Quali i rimedi con cui affrontare la crisi? . .
I tre problemi sono connessi. t-i
tratterò in una visuale protestante,
ma la situazione è la stessa da parte
cattolica; le differenze sono di sfumatura. L’ecumenismo si presenta oggi
sotto un nuovo aspetto: la solidarietà nella sofferenza.
1 - La fede è davvere minacciata
nei catteiicesime e nei pretestantesimn?
Da entrambe le parti ci troviamo in
una crisi: su questo, tutti concordano. Per provarlo, si citano abitualmente la diminuzione delle vocazioni,
l’abbandono del culto, le uscite dalla
Chiesa, l’indifferenza del mondo nei
confronti delle Chiese. Ma questi non
sono che sintomi. Il male è, in realtà,
più profondo: vi è crisi di fede.
a) svalutazione della preghiera.
Analizzando la situazione attuale da
questo punto di vista, dovrei enumerare molti elementi. Mi limiterò a
menzionarne due relativi l’uno alla
pietà, l’altro alla teologia.
In molti ambienti detti cristiani vi
è una svalutazione della preghiera.
Sotto pretesto della necessità di combattere ogni falsa preghiera e soprattutto l’ipocrisia farisaica denunciata
da Cristo, oggi si abbandona spesso
del tutto la preghiera intesa come dialogo con Dio, o si chiama (e questo
mi pare appunto un’ipocrisia) preghiera qualcosa di totalmente diverso da
ciò che Cristo intende quando c’insegna a rivolgerci con fiducia perseverante a Dio come a un Padre, sebbene egli sappia ciò di cui abbiamo bisogno prima che glielo chiediamo. Oggi si parla molto di ’dialogo’, è divenuto un termine di moda, ma non si
accetta più il dialogo con Dio offertoci da lui nelTEvangelo. Secondo l’apostolo Paolo (Romani 8: 15-26), infatti, è lo Spirito stesso di Dio che
ci spinge a pregare, Dio « viene in soccorso ’alla nostra debolezza » e ci interpella quando preghiamo. Quando
non si prega più, è segno e prova che
lo Spirito Santo si è ritirato. I semplificatori contrappongono oggi alla
preghiera l’azione, come se le grandi
opere non fossero state compiute appunto dai cristiani che hanno fondato la loro azione sulla preghiera.
b) la crisi della teologia.
La medesima crisi di fede è visibile
in vaste correnti della teologia. Come
la preghiera, ogni teologia (« sapienza di Dio ») dovrebbe essere, secondo
l’apostolo Paolo, un frutto dello Spirito Santo, una dimostrazione di spirito e di potenza (I Corinzi 2: 4). Dio
non può essere un oggetto di conoscenza come un altro. Si fa conoscere
da noi, si rivela. « Lo Spirito di Dio
sonda ogni cosa » (I Corinzi 2: 10). In
questo senso la teologia non e tina
scienza profana. Presuppone la fede.
Non che non debba ricorrere alle
scienze profane; ma ogc4 è spesso trasformata, ad esemplo, in psicologia o
in sociologia. Allora i teologi finiscono per dire meno bene ciò che altri
scienziati dicono meglio. Non è questo che il mondo, attende dai teologi.
La teologia sta perdendo il suo oggetto Prova ne sia la lista interminabile delle teologie del genitivo che vediamo moltiplicarsi: teologia della
NOVITÀ’ CLAUDIANA
« Attualità protestante »
n. 45/46
Chiesa e poteri
Rapporto della federazione protestante francese
pp. 48 - L. 300
L’attuale sistema economico-sociale è ingiusto e « inaccettabile » dal
punto di vista evangelico. Tutte le chiese ne sono piu o meno complici.
Come ritrovare la via della fedeltà all Evangelo?
Un documento che segna una svolta nella storia del protestantesimo
francese.
EDITRICE CLAUDIANA c.c.p. 2/21641
Via Principe Tommaso, 1 - 10125 Torino
morte di Dio, della rivoluzione, della
vita sessuale etc., mentre il solo genitivo legittimo è già contenuto nel termine « teologia »: theòs, DIQ. Decorre, naturalmente, che la teologia si
occupi seriamente di tutti i settori de
signati da quegli altri genitivi, ma lo
faccia appunto partendo dall’oggetto
primario della teologia, dalla rivelazione di Dio e appropriandocelo attraverso la fede e grazie allo Spirito Santo che per mezzo di essa ci è dato.
2 - Causa della crisi anuale
del cristianesimo
La risposta al secondo interrogativo: qual è la causa della crisi attuale,
è già implicita in quella ora data al
primo: è una degradazione della fede.
Si aggrava questa crisi quando se ne
cerca altrove la causa. Si rende allora
responsabile da un lato la secolarizzazione del mondo moderno e la trasformazione che gli fanno subire i prestigiosi progressi tecnici; dall’altro le
vecchie strutture della fede e della
Chiesa cristiane le quali non sarebbero più capaci di rispondere alle esigenze del mondo.
Quanto al mondo secolarizzato e ai
progressi tecnici, il cristiano deve certo tenerne conto. E vero che l’evoluzione ha fatto, da questo punto di vista, un salto straordinario negli ultimi decenni. Ma senza volerlo sottovalutare, non posso impedirmi di pensare che la nostra epoca, con un senso di superiorità quäle si può ritrovare in certi altri periodi del passato,
esagera il mutamento della situazione
per ciò che riguarda la predicazione
dell’Evangelo. A questo riguardo la
nostra situazione non è eccezionale
come si afferma e non giustifica che
si modifichi la predicazione nella sua
stessa essenza.
Bisogna continuare a ricordare che
la predicazione della croce è stata in
ogni tempo uno « scandalo » per il
mondo. Lo è stato al tempo in cui
l’apostolo Paolo predicava sull’Areopago di Atene, suscitando il riso degli uditori (Atti 17: 32). Quello era un
tempo che ignorava il progresso della tecnica moderna, eppure già vi era
scontro fra l’Evangelo e il mondo romano.
C’è una crisi, provocata dalla predicazione cristiana in un mondo estraneo, che è necessaria e salutare. E una
crisi perenne, che non può spiegare
la crisi attuale della fede.
Quest’ultima deve essere attribuita
alle vecchie strutture deUa fede e della Chiesa cristiasfii-? Sono in sé incapaci di risponddfe alle esigenze nuove? Lo si pretende spesso; semplificando, anche in questo caso, il problema.
In ogni epoca l’Evangelo ha dovuto
essere adattato alle trasformazioni del
mondo. L’apostolo Paolo si è fatto
« ebreo con gli ebrei, greco con i greci ». Qggi, sia da parte protestante sia
da parte cattolica, vi sono adattamenti legittimi per ciò che riguarda la
forma della predicazione. Ma la sostanza della Chiesa non è mai stata
modificata dall’apostolo Paolo e le
Chiese non devono modificarla con
l’intento di prevenire il riso degli Ateniesi.
Quando, nel corso della storia, l’adattamento al mondo è stato condotto troppo avanti, coinvolgendo nel
processo dell’« aggiornamento » l’essenza stessa della fede cristiana, le
conseguenze sono state sempre gravi
per il cristianesimo. Scopo principale
dei Riformatori era quello di reagire,
in nome dell’Evangelo, contro certi
eccessivi compromessi della Chiesa
con il mondo. Si è dunque infedeli al
carisma protestante e all’eredità della Riforma quando, oggi, tanti teologi
protestanti e tanti pastori non rispettano il limite insormontabile dell’adattamento.
Il grande colpevole non è il mondo
secolarizzato, ma l’errato comportamento dei cristiani nei confronti del
mondo, l’eliminazione dello « scandalo » della fede. Ci si « vergogna dell’Evangelo » (Romani 1: 16). Si pensa
che per compiere il proprio compito,
che è effettivamente la predicazione
al mondo e l’azione nel mondo, il cristiano dev’essere orientato « nella direzione del vento » e seguire ogni moda. Indubbiamente il linguaggio della Bibbia è talvolta difficilmente accessibile all’uomo d’oggi e dev’essere
spiegato. Ma non è una buona ragione per sostituire al « patois de Canaan », che occorre effettivamente evitare, tutti gli slogans di cui si serve
il mondo. Anziché esser fieri di usare
gli stessi metodi e di proporre le stesse soluzioni del mondo moderno, bisognerebbe domandarsi se così facendo il messaggio dei cristiani è non solo degradato, ma reso perfettamente
superfluo.
Le strutture della Chiesa sono sempre forme esteriori che si possa e si
debba adattare alle situazioni nuove?
Vi sono, certamente, strutture che a
causa del loro carattere o della loro
origine possono e devono essere mutate, e questo diventa un dovere per
la Chiesa, quando esse costituiscono
un ostacolo all’azione dello Spirito
Santo. Ma vi sono strutture che lo
Spirito Santo si è creato lui stesso fin
dalle origini del cristianesimo. Con il
tempo alcune strutture, un tempo canali dello Spirito Santo, si sono sclerotizzate. Ma è forse sempre perché
sono troppo vecchie? Prima di cambiarle ci si dovrebbe ogni volta domandare molto seriamente se non si
sono sclerotizzate perché lo Spirito
Santo .si è ritirato da loro e se non è
dallo Spirito che devono essere vivificate. Bisogna combattere la sclerosi:
ma in nome dell’Evangelo, fonte inesauribile di vita, e non in nome del
mondo 'Che cambia. Non lo Spirito
Santo, ma i nostri spiriti sono all’opera quando senza discernimento si
abolisce radicalmente e senza rispetto tutto ciò che ci è stato trasmesso.
Ciò che è nuovo non è necessariamente opera dello Spirito Santo. Anzi,
quando si creano strutture nuove, imitando ciecamente quelle del mondo
secolarizzato e senza preoccuparsi del
soffio di vita che spira su loro dall’Evangelo, esse, pur nuove, sono fin dal
principio sclerotizzate rispetto all’Evangelo.
Concludendo: qual è il compito ecumenico più urgente?
Traendo la lezione ecumenica da ciò
che precede, ripeto ciò che ho detto
iniziando. La crisi attuale della fede
rischia di generare un ecumenismo facile, nel quale i cristiani delle varie
confessioni s’incontrano sulla base di
una critica delle Chiese puramente negativa e per nulla costruttiva, e, questo è più grave, sulla base della capitolazione davanti al mondo. Per questa via l’ecumenismo rischia di perdere anch’esso il suo radicamento
nella fede. L’uniformità cui porta un
ecumenismo di questo tipo non ha
nulla in comune con l’unità come Tintende il Nuovo Testamento e che è
fondata sulla diversità dei carismi affidati dal medesimo Spirito.
Di fronte al pericolo che minaccia
la fede cristiana propongo che i cristiani di tutte le confessioni, preoccupati dalla situazione attuale, si uniscano per mettere i carismi particolari della loro Chiesa al servizio della
difesa comune dell’Evangelo.
Sono convinto che verrà il giorno
in cui l’Evangelo, grazie alla potenza
che gli è propria, trionferà. Il quadro
che ho tracciato può essere sembrato
oscuro. Ma ciò che ho detto della necessità di ritornare alle fonti vive dell’Evangelo mediante la fede in Gesù
Cristo sarebbe frainteso se questo
quadro fosse considerato un incoraggiamento al pessimismo, perché la fede è fede nella vittoria di Cristo. Essa
implica pure la certezza che la crisi
che attraversiamo deve avere un senso nel piano divino della storia della
salvezza. A noi spetta compiere insieme il dovere che c’incombe nei confronti del tempo e all’interno del tempo in cui Dio ci ha posti. Tale è il nostro compito ecumenico.
Qscar Cullmann
iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiinmiiiiiiiiiMMiiiiiiiiMiiiiiiiiMii
Per i 70 anni di O. Cullmann
3 - Come afirontare la crisi
ciau
M dìa
t na
Sarò breve parlando dei rimedi. Se
la crisi della fede è manifestata e aggravata dalla capitolazione davanti al
mondo, i cristiani devono ritrovare il
coraggio e la gioia di predicare ciò
che è « follia » per il mondo, la fede
in ciò che è stato compiuto da un altra: Gesù Cristo. L’apostolo non si è
conformato al mondo (« non vi conformate al mondo, ma siate trasformate mediante il rinnovamento del
vostro spirito». Romani 12: 2); ma appunto predicando lo « scandalo » ha
finito per guadagnare il mondo all Evangelo. Uno degli slogans odierni,
che continuamente ritorna sotto la
penna e sulla bocca dei teologi detti
moderni è la « credibilità ». Bisogna,
si dice, che la Chiesa sia « credibilis ».
L’apostolo Paolo non ha cercato la
credibilità; anzi paradossalmente proprio perché non l’ha cercata, il suo
messaggio s’è imposto e ha portato il
mondo a credere a ciò che non può
compiere con i propri mezzi, ma che
Dio ci rivela in Gesù Cristo, ciò che
Dio ha compiuto in Gesù Cristo.
Concentrandoci sulle fonti dell’Evangelo realizzeremo il rinnovamento autentico. Sokanto allora avremo qualcosa da annunciare al mondo, qualcosa che esso ñon conosce più di tio’- ^
allora ci ascolterà. All’interno delle
Chiese creeremo non un agitazione
che è l’opposto dello Spirito Santo,
ma un entusiasmo sano nel senso etimologico del termine. Lo Spinto Santo susciterà nuovamente vocazioni e
darà « pace e allegrezza » a tutti i servitori di Cristo. _
Non predico l’immobilismo. Sono
necessarie riforme all’interno e apertura verso l’esterno. Ma la preghiera
e la meditazione devono essere la base dell’azione. Non dimentichiamo il
racconto evangelico di Marta e Mana
(Luca 10: 38), né che l’apostolo Paolo
è stato un grande missionario perché
è stato uomo di preghiera e di meditazione teologica.
Certo, per determinati compiti dobbiamo collaborare con gruppi ’secolari’ non cristiani nei quali riteniamo
di scoprire un ideale vicino all’Evangelo e dobbiamo rallegrarci del fatto
che, forse, sono più vicini al Regno di
Dio di quanto lo siano altri che si considerano « cristiani ». Dobbiamo collaborare con loro finché lo permettono il fine che perseguono e i mezzi
che usano. Tuttavia renderemo loro
servizio soltanto se non ci accontenteremo di ripetere ciò che essi stessi
dicono. Dovremo, se necessario, dir
loro qualcosa di diverso e dovremo soprattutto, nel loro interesse, avere anche il coraggio di opporre loro un no
categorico quando i fini perseguiti e i
mezzi usati sono in contraddizione
con l’Evangelo.
Invece di dire ai giovani di cercare
per la Chiesa, nella quale tutto sarebbe negativo, norme nuove nel mondo
secolarizzato — il che non può che incoraggiarli a volgere le spalle al cristianesimo —, comunichiamo loro la
gioia di far parte.pur lavorando nel
mondo e per il mondo, di una comunità che si sforza di vivere secondo
le norme dell’Evangelo.
Se la fede ci guida, renderà efficaci
il nostro messaggio e la nostra azione, per la forza intrinseca delTEvangelo. Solo con prudenza ci si servirà
dei mezzi correnti di trasmissione, evitando di ricorrere a quelli che sono
indegni della causa che vogliamo propagare. Sarà la fine degli slogans che
sviliscono la teologia, la fine della demagogia che sfigura la Chiesa e con
cui si fa appello agli istinti collettivi
più bassi.
Un numero specinin
di "Pmtestentesimn"
La Facoltà Valdese di Teologia, grata per
tutto ciò che ha ricevuto attraverso il prof.
Cullmann, gli ha dedicato, per il suo 70° anniversario, un numero speciale della rivista
(( Protestantesimo ». Tutti i contributi, salvo
quello del prof. V. Vinay, sono di studiosi che
sono stati alunni del prof. Cullmann o a Basilea 0 a Roma o in entrambe le facoltà; e
tutti concernono, in un modo o nell’altro, il
problema del rapporto fra la fede e la storia
che ha costituito lo sfondo costante del lavoro di questo teologo che è al tempo stesso storico eminente della Chiesa antica. I contributi
sono i seguenti : J. A. Soggin, La fede nelVlddio creatore nel primo capitolo della Genesi (questo documento della « sapienza »
ebraica afferma non solo una demitizzazione ma la secolarizzazione del mondo :
ovviamente questa visione sorprendentemente
moderna si pone in una prospettiva di fede
nel Creatore) - B. Corsani, L’apocalittica: fra
Antico e Nuovo Testamento (facendo giustizia
di giudizi sommari a lungo usati per negare
validità a questa letteratura fra i due Testamenti, se ne riconoscono i limiti ma se ne ritrovano tracce nel Nuovo Testamento: «il
fervore della fede apocalittica può essere
un’utile compensazione agli inaridimenti del
cristianesimo in forme rabbiniche o alle fughe in senso gnostico ») - V. Vinay, Dio e la
storia nelle teologia di Martin Lutero (l’Iddio
occulto e riddio rivelato — i due regni —
interpretazione profetica della storia; « nel corso della storia Lutero udiva la parola potente :
“Io sono il Signore, l’Iddio tuo”. L’ascolto di
questa voce modificava per lui il volto della
storia. Chi l’udiva vedeva, ove altri non scorgevano che rovina e insuccesso, Dìo che operava nel divenire storico e compiva la sua
salvezza attraverso successi e insuccessi ») - P.
Ricca, Unità della chiesa - Unità delVumanità
(una trattazione del tema all’ordine del giorno nel movimento ecumenico, in una correlazione fra le due unità esaminata prima nel suo
carattere problematico, poi nel suo carattere
necessario; tesi riassuntive: «Identificare
l’unità della chiesa con l’unità dell’umanità
comporta fatalmente la secolarizzazione della
chiesa e del messaggio. (...) D’altra parte, separare l’unità cristiana dall’unità dell’umanità
comporta fatalmente la clericalizzazione della
chiesa e del messaggio. (...) L’unità della chiesa è l’unità di coloro che credono l’unità di
tutti gli uomini in Cristo e la mettono in pratica ») - V. SuBiLiA, La redenzione storica
(partendo dall’affermazione di Bonhoeffer che,
a differenza delle religioni orientali prive di
coscienza storica, l’Antico e il Nuovo Testamento proclamano una redenzione storica, la
si verifica in base all’Antico Testamento —
la rendenzione promessa — e al Nuovo —
la redenzione creduta e sperata —; TAntico
Testamento non ha solo una sensibilità storica, ma ha posto in modo decisivo la questione
del senso della storia che « è il conseguimento
non di una sistemazione migliore delle condizioni di vita, ma della conoscenza di Dio in
tutto il mondo, il suo scopo è la rivelazione
definitiva della Signoria di Dìo »; quanto al
Nuovo Testamento, che si regge sul teso equilibrio fra escatologia c etica dal quale si scade continuamente nell’eresia religiosa o nelTeresia sociale, « la scelta di cui parla è più
radicale, va al di là deU’alternativa borghesesocialista, (...) è una scelta fra la redenzione
storica e la redenzione per fede, (...) tra il
potere e il serviio », tra Gesù Barabba e Gesù
di Nazareth) — G. Tourn, A proposito di una
valutazione di 0. Cullmann (cioè di un saggio di Brunero Gherardini, forse il maggiore
e più onesto studioso cattolico italiano del protestantesimo: lo scrino del Tourn è però, su
quella falsariga, una presentazione acutamente
intelligente quanto vivace dei principali punti di forza dell’opera cullmanniana, di cui sottolinea l'attualità e rivendica il carattere marcatamente protestante).
Un grosso quaderno, capace di invogliare
ad abbonarsi alla rivista, ma che può anche
essere acquistato a sé: p. 112, L. 1.400.
3
r
25 febbraio 1972 — N. 8
pag. 3
Per i 70 anni di Oscar Cullmann
in segno di gratitudine
Se, in particolare a partire dalVultimo dopoguerra, la nostra Fa oltà teclogica di Roma ha goduto di una fitta
rete di rapporti e di collaborazione
con docenti esieri, nessuno di questi
legami ha avuto un carattere cosi continuativo e profondo come quello che,
alVindomani della fine del conflitto, si
è stretto con il prof. Oscar Cullmann.
Lo ricorda il direttore di «Protestantesimo », nel presentare gli studi raccolti in un quaderno speciale deUa rivista (1/1972) in occasione dei settanta
anni del teologo di Basilea,
OSCAR CULLMANN è nato il 25 febbraio
1902 a Strasburgo e vi ha compiuto il corso di
studi classici, seguendo contemporaneamente,
dal *’920 al ’924, i corsi di filosofia classica e di
teologia presso TUniversità alsaziana. Quindi
per due anni a Parigi, insegnando greco e
tedesco in un ginnasio, segue corsi alla Facoltà teologica con M. Goguel, alla Sorbona
con A. Lods e Ch. Guignebert, all’Ecole des
Hautes Etudes con A. Loisy. Tornato nel 1926
a Strasburgo, è direttore di studi al Thomasslifl e docente di greco aH’Università e intanto prepara il dottorato in teologia, che consegue nel 1930. Lo stesso anno è nominato docente di Nuovo Testamento alla Facoltà teologica di Strasburgo, in collaborazione con ,T.
Héring; alcuni anni dopo gli viene affidata la
cattedra di storia della Chiesa antica. Nel 1938
l’Università di Basilea lo chiama ad occupare
le cattedre di Nuovo Testamento e di storia
della Chiesa antica, accanto a K. L. Schmidt
prima, a B. Reicke poi. Dal 1945 al 1948 ò
contemporaneamente ordinario di Nuovo Testamento a Strasburgo; dal 1949 occupa la
cattedra di storia delle origini del cristianesimo alla Facoltà di filosofia e all’Ecole des
Hautes Etudes della Sorbona; dal 1951 insegna alla Libera Facoltà di Teologia Protestante di Parigi. È dottore honoris causa delle Università di Losanna (1945), Manchester (1949),
Edinburgo (1951), Lund (1953); nel 1951 è
fatto chevalier de la Légion d’honneur; è
membro dell’Akademie der Wissenschaften
und der Literatur di Magonza, della Koninklijke Nederlandse Akademie van Wettenschappen; l’Accademia britannica gli ha conferito la medaglia Burkitt e il governo francese rha fatto officier des Palmes académiques.
Durante tutte le sessioni del Concilio Vaticano Il è stato ospite d’onore del Segretariato
per l'Unione dei Cristiani, soggiornando presso la Facoltà Valdese di Teologia in Roma,
nella cjuale dal marzo 1948 è venuto quasi
ogni anno a tenere corsi e conferenze. Da
vent’anni dirige a Basilea, coadiuvato dalla
sorella Louise, il Theologisches Alumneum,
un antico convitto per studenti in teologia per
lo più provenienti da Chiese straniere, dove in
un passato antico e fino ad ora numerosi studenti valdesi hanno trovato fraterna ospitalità.
limili.....
Opere e studi
di 0. Cullmann apparsi
in traduzione italiana
Gesù servo di Dio ■ Centro Evangelico di cultura, Roma 1948.
J1 culto nella Chiesa primitiva - id., Roma
1948.
]l Natale nella Chiesa antica ■ id., Roma 1948.
Il ritorno di Cristo ■ id., Roma 1948.
Le prime confessioni di fede cristiane - id.,
Roma 1948.
Dio e Cesare. Il problema dello Stato nella
Chiesa primitiva. Comunità, Milano 1957.
Cattolici e protestanti ■ Il Mulino, Bologna
1962.
Cristo e il tempo. La concezione del tempo e
della storia nel cristianesimo primitivo - Il
Mulino, Bologna 1965.
San Pietro. Discepolo - Apostolo - Martire, in:
Il primato di Pietro nel pensiero cristiano
contemporaneo. Il Mulino, Bologna 1965,
p. 1-350.
Il mistero della redenzione nella storia. - Il
Mulino, Bologna 1966.
Immortalità deWanima o risurrezione dei morti? La testimonianza del Nuovo Testamento
- Paideia. Brescia 1968.
Introduzione al Nuovo Testamento - Il Mulino. Bologna 1968.
La Bibbia nel Concilio, in : Il dialogo è aperto.
Il Concilio visto dagli Osservatori luterani
- Paideia, Brescia 1969, p. 55-73.
Elementi permanenti ed elementi mutevoli nel
messaggio cristiano secondo il Concilio - id.,
p. 339-345.
Studi di teologia biblica - A.V.E., Roma 1969.
Cristologia del Nuovo Testamento - Il Mulino, Bologna 1970.
Il mito negli scritti del Nuovo Testamento,
in : Capire Bultmann. Una testimonianza
ecumenica - Boria, Torino 1971, p. 15-31.
Gesù e i rivoluzionari del suo tempo. Culto,
società, politica - Morcelliana, Brescia 1971.
Dalle fonti delVEvangelo alla teologia cristiana ■ A.V.E., Roma 1971.
Conferenze e saggi - Città Nuova, Roma (in
corso di stampa).
La guerra era finita da pochi mesi,
si era animati da dinamiche speranze
per la ricostruzione del paese e della chiesa, fervevano le iniziative e ci
si apriva con vivacissimi interessi a
fonti d'informaz'one e di cultura che
erano state per troppo lunghi anni
precluse dal fascismo e dagli eventi
bellici. Un giovane studioso valdese
s'immatricolava all’Università di Basilea, indagando con qualche emozione nel libro di matricola certi nomi
a lui ben noti *, Henricus Arnoldus ex
Pedemontio (1662 — « Juvenis studìosus et S. Ministerio ab Ecclesia patria
destinatus... vixit inter nos pie, temperanter, honeste et studiose, sedulus in exercitiis Academiae »), Paulus
Renaudinus (1695 — « ein gelehrter
und feiner Herr »), e tanti altri meno
noti (soltanto nel XVIII secolo 34 studenti), che dopo 1'« homileticum specimen » avevano lasciato le aule accademiche per essere « Prediger der armen verfolgten Piemontesen » (predicatori dei poveri Piemontesi perseguitati, n.d.r.). Come i suoi antichi predecessori per quattro secoli egli era
stato accolto nel Theologisches Alumneum, che dal tempo della Riforma
in poi aveva funzionato come Collegium alumnorum Erasmianum. Ne era
« Vorsteher » (dirèttore) il Prof. Oscar
Cullmann, coadiuvato con fermezza e
gentilezza dalla sorella. Proprio in
quell’anno, 1946, usciva il suo studio
magistrale Christus und die Zeit (C’dista e il tempo), che doveva richiamare l’attenzione dei più diversi settori
e inserirsi come elemento chiave nella problematica teologica contemporanea. Il Prof. Cullmann ha sempre amato far notare che la sua seconda specialità, dopo l’esegesi neotestamentaria, sono i fiori; è stato precisamente
durante un’amichevole passeggiata in
un radioso pomeriggio di maggio in
mezzo ai curatissimi fiori del giardUo
deH’Alumneum che il giovane vald ss
osò chiedergli se avrebbe accettato un
eventuale invito a tenere dei corsi alla Facoltà di Roma. La proposta incontrò una insperata udienza al Sinodo
Valdese e poi presso il Consiglio di
Facoltà. E così dal 1948 in poi, con
ininterrotta fedeltà, Oscar CuHmann è
venuto nelle aule di Via Pietro Cossa
a tenere le sue acute analisi esegetiche, che avevano il potere di rinnovare alla radice l’intelligenza evangelica
dei testi, illuminati dalla sua indagine
di una carica di significati insospettati.
Le sue conferenze in Aula Magna (aveva imparato appositamente l’italiano!)
erano sempre affollatissime da un pubblico inusitato e richiamavano ben
presto l’attenzione deirAmbasdata di
Francia, dell’Istituto Svizzero, dell’Università di Roma, che lo invitavano a
loro volta. Numerose sue lezioni, diffuse solo più tardi in edizione internazionale, venivano pubblicate dalla rivista
« Protestantesimo » che di colpo era
cercata e richiesta da molti, impossibilitati di assistere alle sue lezioni pub
bliche. L’esistenza di una cultura pro
testante in Italia veniva improvvisamente riscoperta, dopo l’esclissi danese di Giuseppe Gangale e il contributo
di pensiero di Giovanni Miegge: la
Facoltà Valdese entrava in dialogo, come si dirà più tardi, con la cultura
cattolica e con la cultura laica. I contatti s’infoltivano durante i quattro
anni del Concilio. Si sapeva che il
Prof. Cullmann, come Osservatore, era
ospite in Facoltà: i ricevimenti degli
Osservatori e del Segretariato per
l’unità, molte delle riunioni di studio
e di discussione si tennero in Facoltà,
i cui ambienti videro avvicendarsi i
nomi più noti della teologia cattolica
internazionale, Congar, De Lubac, Daniélou, Thils, Küng, oltreché i cardinali Bea e Döpfner, i rappresentanti della Ortodossia orientale e nat ’ra'mente gli esponenti del Consiglio Ecumenico, M. Boegner, W. A. Visser 't Hooft.
L. Vischer, N. Nissiotis e i docenti di
varie Facoltà protestanti europee e
americane. Uno slancio di vitalità e
possibilità di apertura che non sono
passati invano, anche se oggi l’atmosfera è profondamente cambiata.
Oscar Cullmann è nato a Strasburgo
il 25 febbraio 1902; dunque il 25 febbraio 1972 raggiunge il suo settantesi
mo anno. Con la fine del semestre invernale concluderà il suo insegnamento all’Università di Basilea, con la fine
del semestre estivo a Parigi. In questa
occasione desideriamo offrirgli gli studi contenuti in questo quaderno spe
ciale della nostra rivista « Protestantesimo », a cui egli ha tante volte e
così validamente collaborato: non per
onorarlo, perché non sarebbe nel nostro stile di riformati, ma per dirgli
la nostra affettuosa riconoscenza per
il suo più che ventennale attaccamento, per l’interesse intelligente e autorevole che ha recato alla nostra causa, per il contributo valoroso e non
dimenticabile che ha voluto e saputo
dare alla nostra Facoltà e alla nostra
Chiesa Valdese. Nello stesso tempo
gli esprimiamo i nostri auguri più calorosi e amichevoli per una emeritazione serena e ancora teologicamente
fecónda.
Vittorio Subilia
Nel marzo 1948 professori e studenti
della Facoltà furono testimoni di un
avvenimento che doveva avere conseguenze molto più vaste di quanto essi
potevano supporre. Leggiamone il resoconto nella relazione al Sinodo di
quell'anno :
« Il prof. Cullmann, noto docente di
esegesi biblica alle Università di
Strasburgo e Basilea ha speso più
di un mese fra noi, vivendo coi nostri studenti e accattivandosene l'affetto con la semplicità del carattere
non meno che cùn la profondità della conoscenza. Egli ha dato in lingua
francese dieci lezioni sulla Cristologia del Nuovo Testamento, lezioni
che fan parte di una pubblicazione
che il prof. Cullmann sta preparando per la stampa. Inoltre egli ha approfittato del suo soggiorno romano
per parlare a due riprese al Centro
Evangelico di Cultura sull'argomento: “L'apostolo Pietro e la Chiesa".
La sua visita fra noi ha lasciato un
ottimo ricordo ».
Nel ’48 erano ancora in attività i professori E. Comba e D. Bosio, oltre al
prof. Vinay e al prof. G. Peyrot che aveva appena iniziato a dare i corsi di diritto ecclesiastico; gli studenti erano
B. Corsani, F. Davite (IV anno), G. Colucci, T. Pons (III anno), S. Briante, A.
Vetta (Il anno), S. Carco, D. Giani, M.
Musacchio, E. Naso, F. Scopacasa, J. A.
Soggin, S. Zotta e due studenti svizzeri
solo per un semestre. Il prof. Cullmann
alloggiava nel lungo corridoio del Convitto con noi studenti (camera 9), con
noi prendeva i pasti, e di questo tutti
ci sentivamo molto fieri; ricordo come
se fosse ieri il suo arrivo, in Convitto,
con gli studenti del quarto anno che
facevano gli onori di casa.
La citazione dai rapporto sinodale ha
già ricordato l’attività accademica del
prof. Cullmann in quelLanno: è superfluo aggiungere che al corso e alle conferenze già menzionate si aggiunsero
numerose conversazioni occasionali intorno a diversi. argomenti sui quali la
crescente dimestichezza con l’ospite ci
incoraggiava ad interrogarlo...
Potrei citare a questo punto ricerche
alle quali tàluno fra noi venne-incorag
lui aiuto sotto forma di indicazioni bibliografiche, di contatti personali con
altri studiosi impegnati nello stesso ramo, o di altri suggerimenti di grande
valore.
Ma c’è una testimonianza che interesserà probabilmente di più i lettori
del nostro settimanale, perché non è
tanto sul piano accademico, delle ricerche, quanto sul piano umano. Fra i libri che custodisco con maggior cura,
non solo per il loro valore scientifico
ma anche per i ricordi che ad essi sono collegati, c’è un esemplare francese
del libro del Cullmann sulle prime confessioni di fede cristiane, che poi venne anche tradotto in italiano nella collana del Centro Evangelico di Cultura
di Roma. Il libro ha questa dedica:
En souvenir de mon séjour à Rome et
avec mes remerciements pour le bon
accueil, mars 1948, O. Cullmann. L’illustre teologo aveva portato a questa piccola Facoltà, rimasta isolata dal resto
del mondo teologico protestante per i
lunghi anni della seconda guerra mondiale e della distretta immediatamente
successiva, un po’ del pensiero, della
vita e della solidarietà della teologia
transalpina, creandosi un credito di riconoscenza difficilmente valutabile, specialmente se si pensi che quella prima
visita fu l’inizio di una più che ventennale relazione di affettuosa amicizia e
determinò in altri teologi e in diverse
Facoltà un movimento di curiosità, poi
di interesse e di simpatia per la nostra
scuola — e al momento di partire era
lui a ringraziarci di averlo accolto a
braccia aperte.
Altri potrà valutare l’inñuenza del
suo pensiero in Italia e fra noi in particolare, ma io credo interpretare il
sentimento dei colleghi menzionati sopra, e di quelli che vennero gli anni seguenti in Facoltà ed ebbero anche il
privilegio di avere fra loro Oscar Cullmann, ricordando ciò che significò per
noi, allora, quella sua prima visita. Per
questo non abbiamo mai cessato d’essergli grati, ed ora che compie il 70“
anno e giunge a fine la sua carriera
universitaria gli auguriamo molti anni
ancora di meditazione e fecondo lavoro teologico.
Bruno Corsani
* N.d.r. - SuH’ospitalità offerta presso TUniversità di Basilea e il Collegium alumnorum
Erasmianum, dal 1844 Theologisches Alumneum, danno notizie V. Vinay nel volnme Facoltà Valdese di Teologia (1855-1955) e più
diffusamente T. Balma, il quale nel 1933 e
poi nel 1939, sul « Bollettino della Società di
Studi Valdesi » (n. 60 e 71), dedicò scritti,
fondati su accurate e vaste ricerche, a Studenti Valdesi d’altri tempi.
miiiiiiiiiiiiiiiiiniiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiuiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii
ARTICOLI DI O. CULLMANN
PUBBLICATI SULLA RIVISTA
« PROTESTANTESIMO »
La rivista « Protestantesimo » ha pubblicato
tutta una serie di articoli di 0. Cullmann ;
Gesù servo di Dio (1948, p. 49-58).
Missione ed escatologia secondo il Nuovo Testamento (1949, p. 97-107).
Il Cristianesimo primitivo e la civiltà (1950,
p. 97-107).
Scrittura e Tradizione (1953, p. 65-87).
Immortalità dell'anima o resurrezione dei
morti. La testimonianza del Nuovo Testamento (1956. p. 49-74).
Il Cristianesimo primitivb e il problema ecumenico (1957, p. 49-63).
ì manoscritti del Mar Morto e le origini del
Cristianesimo (1957, p. 97-116).
Necessità della teologia per la Chiesa secondo
il Nuovo Testamento (1958, p. 1-14).
L’avvento presente o futuro del Regno di Dio
nel messaggio di Gesù (1960, p. 65-76).
L’Evangelo di Tommaso (1960, p. 145-162).
« Tutti quelli che invocano il nome del Signor Gesù Cristo » (1961, p. 65-80).
¡1 problema del « ritardo » del Regno di Dio
(1962, p. 65-73).
La creazione nel Nuovo Testamento (196d,
p. 193-206).
giato, o lavori per i quali ricevette da
I1IIIIIH1MHIIIIIIIIII itiiiniiiiiiiiiimmiuHioiiiiiiiiuiiniiiiiiiiimiiiuiiiiiii iiiiuiiiiiiiiiiiiiiHtiiiiiiiiiiumiiiiHiiiiiimMiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiMiiiimimiiiiiiii iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii
teologo "loico"
grande corrente, secondo la schema riduttivo della elezione: fra i popoli,
Israele — in Israele, il residuo santo,
poi l’unico, il Cristo — e da lui la linea,,
giunta al suo punto focale, nuovamente
si allarga a fascio; i discepoli, la chiesa, il mondo; di qui la ragion d’essere
della Chiesa come comunità missionaria, testimone. Rompendo da un lato il
senso pagano della storia ciclica, dell’eterno ritorno di tutte le cose, e negando dall’altro l’ideologia del progresso, che pone nel futuro il culmine dell’evoluzione storica progressiva, la rivelazione biblica proclama che la storta e
lineare; essa ha una direzione, tesa al
compimento, ma ha anche un centro.
Cristo. Nelle sue ultime opere il Cullmann ha precisato l’immagine notando
che questa linea, in realtà, è tutt altro
che “lineare”, non è una retta ma una
linea ondeggiante, come le sinuosità di
un fiume che a volte ristagna, persino
torna indietro, ma tende purtuttavia alla foce.
Tutto questo può forse sembrare, oggi, scontato (troppo); ma ricordo bene
il senso di entusiasmo e di gioia con
cui, studente, lessi le opere in cui il
Cullmann esponeva i risultati della sua
ricerca; Signoria di Cristo e Chiesa nel
Nuovo Testamento (W. A. Visser t
Hooft ne dava poco dopo una stupenda
trascrizione in chiave ecumenica m La
rovauté de Jésus-Christ). Il ritorno dt
Cristo speranza della Chiesa, poi il hbro che gli diede fama mondiale. Cristo
e il tempo. Le pagine del Nuovo Testamento vivevano per me e i miei compagni in una prospettiva nuova, appassionante, quella in cui tuttora le leggo e
cerco di comprenderle e predicarle. Anche se è difficile vivere e predicare ettettivamente in questa tensione, dinamica
e non statica, sono e resto fermamente
convinto che la tensione evidenziata da
O Cullmann fra «già» e «non ancora» fra Pasqua e parousia (avv'ento
glorioso di Cristo) è conforme alla testimonianza del Nuovo Testamento e
inquadra la nostra fede, la nostra predicazione, la nostra etica, ne costituisce
Li molla segreta. Che io mi trovi, nel
modo più esistenziale, alla pre^ con il
problema del peccato, della sofferenza,
della speranza, con il problema del
senso della chiesa e della stona, dell irnpegno nella società_— è in questo quadro che penso e mi muovo.
CRISTO, CENTRO O FINE
DELLA STORIA?
Naturalmente, è un’inquadratura, potremmo anche dire; un’ipotesi di lav^
ro- e come tale non mancano lati discutibili. L’obiezione forse più sena e drastica che si è mossa a questo schema di
storia della salvezza è la seguente: Cri
GiNO Conte
(continua a pag. 4)
Per un singolare paradosso, uno dei
teologi più « ecclesiastici » della generazione dalla quale abbiamo imparato
è uno studioso che — Io nota egli stess.i — si è accostato alla teologia senza
alcuna intenzione di prepararsi al pastorato (e senza diventare pastore), ma
per l’interesse che lo studente Oscar
Cullmann nutriva, nel quadro dei suoi
studi classici, per le discipline filologiche e storiche della teologia.
Ben presto, però, questo interesse doveva trasformarsi in passione esclusiva, che ha bruciato intatta attraverso
molte battaglie. In un’epoca come la
nostra, nella quale da un lato si moltiplicano coloro ai quali la teologia pare
non bastare più e dall’altro molti manifestano un disorientamento profondo,
come di una passione che ha perduto o
va cercando il suo oggetto, la gioia di
teologare, salda, tranquilla e fiduciosa,
che si avverte in O. Gtillmann mi è sempre apparsa profondamente tonificante.
UNA VIA originale
AL « RINNOVAMENTO BIBLICO »
La prima battaglia fu quella del « rinnovamento biblico ». Figlio come tanti,
Barth compreso, del liberalismo teologico (si pensi quali furono d suoi maestri) Cullmann ne ricevette l’impronta
scientifica e la metodologia critica. Ma,
come dice in un breve profilo autobiografico, « il mio conterraneo Albert
Schweitzer [nella sua storia delle "vite
di Gesù”] mi aprì gli occhi sul fatto
che l’indagine storico-esegetica sulla
Bibbia non è falsata;soltanto daH’ortodossia, ma in misura anche maggiore
dalla filosofia di volta in volta dominante ». Quella fu per lui la grande svolta.
Non lo troviamo però nella pattuglia
della « teologia della crisi », raccolta
intorno al giovane Barth, ai suoi compagni e discepoli. Anche se ha portato
essenzialmente alla stessa mèta, la via
di Cullmann è stata diversa, è stata la
via di uno storico. In quel periodo, infatti, egli aderì, pur con qualche distacco e con un forte senso della misura, alla Formgeschichte, cioè alla corrente teologica che analizzava il Nuovo
Testamento ricercando nella tradizione
evangelica le leggi delle varie forme
letterarie e i motivi di fondo della fede
della comunità primitiva. In questo primo periodo fu anzi più vicino a Bultmann che a Barth, tanto che all’apparire della prima pubblicazione cullmanniana, R. Bultmann salutò il giovane
teologo come un compagno e un alleato! Ma via via che, subendo fra l’altro
l’influsso del filosofo Heidegger, Bultmann si volse all’esistenzialismo teologico, il Cullmann vide in questo atteggiamento una ripetizione, in forma aggiornata, dell’antica soggezione «liberale » alla filosofia del tempo. Da quel
momento i due teologi divennero avver
sari, al punto che si è rimproverato al
Cullmann di concepire troppo la sua
opera ulteriore in funzione polemica
contro Bultmann e la sua scuola. In
realtà la posta in gioco era fondamentale; e malgrado tutto ciò che si può
e si deve apprendere dalle analisi e dalle intuizioni di Bultmann, dalla sua capacità di far vivere testi biblici e dalla
sua passione di renderli « percepibili »
all’uomo contemporaneo, la riserva critica fondamentale del Cullmann resta
giustificata, necessaria: anziché elevare
a principio il fatto che leggiamo il testo biblico in base a certi presupposti,
è compito dell’esegeta, del lettore credente della Bibbia sfrondare criticamente, con tutte le proprie capacità,
questi presupposti e, insomma, rispettare il testo scritturale, naturalmente
saggiato dalla critica storico-filologica.
Questa lunga battaglia, prolungatasi
nel dibattito sul mito e la demitizzazione, sarà ancora condotta in una delle
sue ultime opere, fra le maggiori. Il
mistero della redenzione nella storia.
LA TENSIONE CHE ANIMA
IL NUOVO TESTAMENTO
Ma qual è il ceqtro — i teologi liberali dicevano « l’essenza » — del Nuovo
Testamento? Negli anni seguenti la
ricerca esegetica e storica del Cullmann
segue la pista escatologica e quella cristologica, che s’intersecano e s’intrecciano. Le idee-chiave che affiorano da
questa ricerca son tre: 1) escatologia
temporale, 2) signoria di Cristo, 3) storia della salvezza. Cioè: 1) il tempo in
cui vive la comunità cristiana è già
« tempo della fine » (éschaton) che si
presenta come tempo intermedio tra
l’adempimento verificatosi in Cristo e
il compimento che si manifesterà al
suo ritorno promesso; in Cristo il Regno di Dio si è già avvicinato, ma non
è ancora manifestato, egli ha già combattuto e vinto la battaglia decisiva,
ma la guerra contro il male non è ancora conclusa, anche se Satana è già
giudicato e condannato; 2) in conseguenza della sua vittoria, significata
dalla sua risurrezione, Cristo è già il
Signore del mondo (lesous Kyrios, Gesù è il Signore — questa con ogni verosimiglianza è stata la prima confessione di fede cristiana); il mondo può essere descritto come un grande cerchio
che ha al suo centro Cristo crocifisso e
risorto; aH’interno di questo cerchio
ignaro o ostile vi è, ad esso concentrico, il cerchio minore costituito dalla
comunità cristiana, quella parte di
mondo, cioè, che già conosce la signoria di Cristo e la confessa; 3) la salvezza si è dunque compiuta nella storia, si
è fatta storia: nel grande flusso della
storia umana Dio si è rivelato in una
storia particolare — la storia della salvezza — un filo esiguo immesso nella
4
pag. 4
N. 8 — 25 febbraio 1972
LA STORIA VALDESE DA RISCRIVERf
. SI
Notiziario Ewrïselieo* ItàliMÔ'
La scelta di Valda; nella chiesa e Inori al tempo stesso Nove punti sui rapporto fgei -chiese
La via originale di un dissenso crishano nel XII secolo
Se le motivazioni che hanno condotto Valdo alla sua « conversione » sono
molto difficili da definire, molto chiara è però la scelta che egli fa, chiara
e difficile: sceglie di essere fedele, di
restare nella Chiesa. Evidente, si dice,
non c’è nulla di difficile e strano in
questo, vuole essere obbediente alla
parola di Cristo e la Chiesa cattolica
lo scomunica e lui se ne va con i suoi
amici. La cosa non è così semplice e
per comprendere meglio la sua posizione cerchiamo di definire le posizioni contrarie, quelle che non ha preso.
I vescovi e la Curia romana, radunati in sinodi e concili, proprio in
quei decenni, per riformare la Chiesa
e renderla più moderna, più adeguata
alla situazione del mondo comunale
dopo la crisi del mondo feudale, dicono: « per » essere fedele all'Evangelo
si « deve » restare nella chiesa (con la
c minuscola, nella chiesa cattolica romana), in comunione con i suoi vescovi. La fedeltà al Vangelo passa da lì.
I catari, cioè la dissidenza, la contestazione religiosa più organizzata e
dinamica del tempo, dice: per essere
fedele all’Evangelo « non » si resta nella chiesa. Si deve uscirne ed entrare
a far parte dell’altra chiesa, quella appunto dei « bons hommes », dei predicatori catari poveri e vestiti di nero
che insegnano la verità, smascherano
la pohtica di potenza e di dominio della chiesa « dei maligni », quella dell’Anticristo di Roma. Restare nella
chiesa significa essere imprigionati
nella rete dei compromessi della politica papale e del clero corrotto e
sfruttatore (e lo era davvero in quel
tempo!); la fedeltà si verifica lì. Valdo
non diventa però cataro, non diventa
uno dei loro « perfecti ».
La terza via è quella dei suoi ainici
mercanti, di quella classe imprenditoriale abile e dinàmica che sta creando la fortuna sua e di Lione; nessun
problema di fedeltà in quegli uomini
ma una fermissima volontà di riuscita; stai nella chiesa e fatti i fatti tuoi.
Cerca di giocare la tua politica perso
nale e quella della tua classe giocando
sui contrasti tra le due potenze effettive del tempo: i nobili (il capitale di
oggi) e la religione (l’ideologia) e la
terza, formale: l’Impero cioè le istituzioni politiche. Valdo però questa via
l’ha scartata uscendo dalla sua classe
e liquidando il suo capitale.
Resta la quarta via, quella del convento. I frati non sono mai mancati
nell’Occidente cristiano, hanno anzi
rappresentato una forza di rinnovamento estremamente viva ed in quel
secolo si assiste al grande boom dei
conventi. Il grande sarp®emardo, cuore e mente della cristianità, l’uomo
che ha lanciato l’Europa cristiana nella più cavalleresca e folle delle sue avventure coloniali: le crociate, che ha
piegato nella scomunica e con una
spietata « caccia alle streghe » la libera intelligenza di Abelardo, è morto
da appena 10 anni. Non è però morta la sua riforma conventuale, quella
grandiosa « rivoluzione culturale » del
monacheSimo occidentale che continua la sua esplosione a catena disseminando nelle pianure e nelle foreste
di Francia i candidi bastioni delle sue
abazie: Olairvaux, Fontenay, Trois-Fontaines. Rimani nella Chiesa « e » sii fedele all’Evangelo, dicono Bernardo ed
i suoi, la fedeltà al Cristo sta lì e là,
nella sintesi della fervida ed attiva
pietà del chiostro. Valdo però frate
non diventa.
Questa situazione difficile, rischiosa,
ambigua la si potrebbe anche definire,
in cui Valdo si colloca dopo la sua conversione, è riassunta molto bene da
un documento scoperto pochi anni or
sono da un dotto studioso di cose medievali, il padre Dondaine. Trattasi di
un vecchio manoscritto in cui è trascritta la « confessione cattolica di
Valdo » dopo il suo ritorno da Roma.
Ecco la soluzione! Che si cerca di più?
Da buon cattolico Valdo ha firmato in
presenza del suo vescovo e di un cardinale di Curia la confess'one di fede
di ogni buon cattolico, si è integrato.
reintegrato nella comunità romana:
cattolico fu e resta.
La scoperta fu come un lampo di
luce che parve rischiarare la penombra in cui era sin qui vissuto il mercante di Lione, finalmente si cominciava a capire. In realtà come un lampo la luce non ha dissipato del tutto
l’oscurità (sembra anzi averla resa più
profonda!); che cosa ha infatti firmato Valdo in quel documento? La confessione tradizionale della fede cristiana con cui si dissocia da tutti gli eretici antichi e moderni. Con questo egli
dice §emplicemente: non intendo uscire dalla comunione della Chiesa, non
sarò mai cataro, né ariano, né monofisita ecc....
Questo basta al cardinale ed agli accetta perciò che il buon « cattolico »,
cioè cristiano Valdo, faccia in appendice una sua personale dichiarazione
aggiuntiva, un suo « modo di intendere la vita »: io, dice Valdo, voglio
vivere nella povertà, perché l’apostolo Giacomo dice che senza le opere
la fede è vana. Ma proprio qui sta
l’equivoco, il problema della fede di
Valdo: per lui quell’aggiunta significava: vivere secondo l’Evangelo, per
il cardinale significava semplicemente
fare un voto di povertà, uno dei tanti.
« La confessione » è la fede della Chiesa, il « richiamo alla parola di Giacomo », è la professione di fedeltà a Cristo, due cose distinte, due piani di riflessione: la fede cristiana da un lato,
dall’altro la ricerca di fedeltà.
Come definire questo atteggiamento
di Valdo, chiaro sì, ma impossibile a
viste umane? Questo essere « nella
Chiesa » e « fuori » nello stesso tempo? Potremmo parlare 'di una sorta
di cristianesimo del dissenso, per usare un termine moderno. Cattolico duiique, anche dopo la sua conversione rimase il mercante di Lione, ma cattolico come e fino a quando? Su questo
pimto la ricerca è oggi ancora aperta
ed il dibattito è vivo come non mai.
Giorgio Tourn
iiiiiiiiiimmiimnuiuiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiimiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiimiiiuiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiuiiiii iiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiMiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiimiiiii
Il DinisterD ecdcsiasiicG di na teologo "loico"
(segue da pag. 3)
sto non è il centro bensì la fine della
storia, non è ciò che dà significato e
valore alla storia, è piuttosto rottura e
giudizio sulla storia. L’obiezione te una sua consistenza; ed è infatti sintomatico che la teologia cattolica si sia
in larga parte entusiasmata per la storia della salvezza: il cattolicesimo, così sensibile a un prolungamento delTìncarnazione di Cristo nella Chiesa, non
può non vedere di buon occhio uno
schema che sembra incoraggiarlo in tal
senso postulando il proseguire della
storia della salvezza anche dopo che si
è verificato il fatto decisivo di Cristo.
Bisógna però riconoscere — e i • più
seri fra gli studiosi cattolici lo riconoscono — che gli scritti di Cullmann non
si prestano a tale utilizzazione: da un
Iato, infatti, gli scritti citati insistono
recisamente suW'eph’hapax (« una volta sola e per tutte »), sul carattere assolutamente unico del fatto di Cristo;
dall’altro il Cullmann va sviluppando
negli scritti successivi, fra cui segnaliamo soprattutto La tradizione, una riflessione che segna in modo rigoroso
e netto il limite e il salto qualitativo
fra la tradizione apostolica, redatta nel
Nuovo Testamento, la sola normativa,
e la tradizione post-apostolica, che ha
il suo interesse, ma a condizione di essere rigorosamente sottoposta alla norma apostolica.
LA VITA DELLA CHIESA,
AGLI INIZI E OGGI
Nel procedere della indagine cullmanniana, di cui è stato notato il carattere
sistematico, va dunque crescendo l’interesse ecclesiologico: dalle più antiche
ricerche sul culto e sul Natale nella
Chiesa antica e, di particolare importanza, su Le prime confessioni di fede
cristiane, via via ai saggi sul battesimo
(dei fanciulli: il dibattito che si riapre
non dovrà eludere il confronto con
quest’opera esegetico-storica), sulla santa cena, sui rapporti fra comunità cristiana e Stato (Dio e Cesare e, recentissimo, Gesù e i rivoluzionari del suo
tempo, da noi ampiamente presentato
qui alcuni mesi fa) e fra cristianesimo
e cultura, sulla risurrezione personale
(il saggio breve quanto decisivo Immortalità dell’anima o risurrezione dei
morti?).
tradizionale, non parte dal presupposto della negazione del primato papale, ma ad essa perviene, con autorità
tanto maggiore, al termine di un lungo cammino d’analisi dei dati scritturali, archeologici, patristici, sui quali
costruisce l’argomentazione teologica
conclusiva: viene riconosciuto che Pie
tro è stato inizialmente a capo della
comunità di Gerusalemme, ma si nota
che ha assunto presto un compito missionario, sostituito a Gerusalemme da
Giacomo; si accetta la venuta di Pietro
a Roma e il suo martirio ivi, ma si
nega che se ne possa identificare la
tomba; il passo cruciale Matteo 16:
17-19 viene considerato autentico (ma
nel contesto della Passione), si nega
però che la funzione di « pietra » sia
trasmissibile. In un bello studio critico pubblicato sul n. 1/1972 di « Protestantesimo » Giorgio Tourn ha notato giustamente; « Cullmann è stato
maestro di una generazione osando
riaprire a livello di riflessione critica,
e non solo di nota esegetica, due dei
dossiers ormai chiusi nel Protestantesimo moderno; il caso di Pietro e quello della tradizione. Il suo Petrus passerà alla storia come un monumento
fondamentale della pubblicistica protestante del nostro secolo; segna infatti la fine di secoli di prevenzioni
dogmatiche e apologetiche, riapre la
porta a un flusso di pensieri e di ricerche sul cristianesimo primitivo e
la Chiesa, il cui risultato difficilmente
si può valutare. Ingenuamente qualcuno ha potuto pensare che si trattasse
di un atto di debolezza protestante,
una revisione delle proprie posizioni,
una sorta di ritorno a Roma culturalteologico; nulla di più errato, si tratta di una applicazione coerentemente
protestante del principio critico; quando ci si renda conto che una questione è male impostata la si riesamina,
costo di riconoscere di aver sba
no II, ha preferito per i suoi soggiorni
romani di osservatore Tospitalità offertagli dalla Facoltà ValdeSe di Teologia, un tratto che non tutte le personalità protestanti di passaggio per
Roma hanno avuto. Certo, nota Giorgio Tourn nel citato articolo, « fra i
teologi viventi è quello che ha maggiormente utilizzato la ricerca scientifica come strumento di comprensione
dell’altrui confessionalità », ma non lo
ha fatto solo per irenismo, bensì soprattutto perché « ha esattamente percepito il carattere protestante dell’indagine teologica e biblica. Rivive in
certo qual senso, e in contesti moderni, lo stile esegetico della Riforma ».
CULLMANN, TEOLOGO
DI UN’AREA CULTURALE
Documento di studio proposto ai gruppi
evangelici dal Consiglio della Gioventù
Il movimenti denominazionaìi, MGB,
■ GEM, FUV, quest’ultima nel 1970, i
primi due nel 1971, hanno deciso di sciogliersi, ritenendo la propria funzione esaurita di
fronte alla costituzione della FGEI. Si è così
verificata l’ipotesi contenuta nello statuto
FGEI, art. 3 : « ...i singoli movimenti, qualora rinunzino in tutto o in parte alla propria
autonoma organizzazione, possono richiedere
di essere rappresentati e organizzati direttamente dagli organi della Federazione ».
Questa decisione pone alcuni problemi : nella nuova situazione che si è determinata, la
FGEI va considerata come l’erede dei tre movimenti e la loro somma, o come qualcosa di nuovo? La FGEI deve semplicemente
continuare tutto quello che i tre movimenti hanno fatto finora separatamente e
deve assumere i compiti che essi avevano
nelle rispettive chiese, oppure ha una propria
linea, che non coincide esattamente e che potrebbe anche essere notevolmente diversa da
quella dei movimenti denominazionali?
gliato... ».
ECUMENICO,
MA RIFORMATO
DIALOGO-DIBATTITO
CON LA TEOLOGIA CATTOLICA
In questo periodo si va intensificando il dialogo-discussione con la teologia cattolica. Insieme al già citato La
tradizione ne è momento fondamentale il Pietro, discepolo - apostolo - martire (cui dovrebbe seguire ancora un
Pietro e il papa). Si tratta di una ricerca esegetica e storica che, a differenza della pubblicistica protestante
In effetti — e qui veniamo all’ultimo aspetto della ricerca culmanniana,
quello ecumenico — non è mancato
chi, notando l’interesse indubbiamente particolare che la teologia e la
Chiesa romana hanno mostrato per
lui, ha sospettato O. Cullmann di qualche debolezza in quella direzione. Ora,
Se egli è stato animato, in misura crescente, da una vera passione ecumenica e se ha lavorato con intensità all’incontro fra cristiani intorno all’Evangelo, chi lo valuti onestamente non
può non riconoscere il carattere rigorosamente e linearmente protestante
della sua posizione: Io indicano senza
equivoci i suoi scritti (e lo riconoscono gli studiosi cattolici seri), ne è stato segno il fatto che, invitato quale
ospite d’onore del Segretariato per la
unità dei cristiani al Concilio Vatica
M Non si può ignorare il fatto che all’interno della FGEI, in posizione non marginale, ma come elemento di spinta, vi sono
« persone che rispetto alla ehiesa o sono ai
margini, o sono uscite, o non sono mai entrate e che si pongono quindi come riferimento
centrale non la Chiesa, ma le masse popolari,
cercando di orientare da questo punto di vista la lettura biblica e la testimonianza evangelica » (De Bernardi - Manfredi, Una proposta di discussione in vista del Congresso
FGEI 1971. « Gioventù Evangelica » n. 9/10,
p 33). Se è vero che questa prospettiva non
è l’unica emersa dal congresso 1971, è anche
vero che il congresso stesso ha ribadito la necessità della predicazione e della testimonianza
all’interno del proletariato. Su questo punto
dunque la discussione è aperta.
2 La risposta a queste domande si desume
■ chiaramente dallo statuto FGEI e dai
documenti dei primi due congressi (Ecumene
1969, S. Severa 1971). Secondo lo statuto, la
FGEI è « un servizio reciproco tra le unioni
e ì gruppi giovanili evangelici » (art. 2), cioè
è uno strumento di collegamento in vista
della testimonianza comune. Questo significa
che la FGEI, pur conservando alcune funzioni
che erano proprie dei movimenti denominazionali, ed essendone quindi l’erede, ha rispetto alle chiese, una posizione decisamente
autonoma.
7 Accanto a questi elementi di differenza
• • rispetto ai movimenti denominazionali,
la FGEI conserva degli elementi che si potrebbero dire "di continuità”. Questi elementi si possono individuare : o) nel fatto che un
obiettivo della FGEI è di raggiungere e sensibilizzare quei giovani delle chiese che finora
sono rimasti estranei alla sua azione; b) nel
fatto che molti giovani della FGEI sono attivi
e hanno accettato incarichi di responsabilità
nelle loro chiese; c) nel fatto che almeno due
chiese (la metodista e la valdese; l’assemblea
dell’UCEBI dovrà pronunciarsi a breve scadenza) hanno riconosciuto alla FGEI la funzione di rappresentare i propri giovani, e che le
tre chiese (tranne alcune comunità) celebrano
la « domenica della gioventù » mandando la
colletta alla FGEI.
2 I movimenti denominazionali erano una
8.
attività interna delle chiese, il cui scopo
era l’educazione e la formazione evangelica in
vista della continuità della istituzione. La gioventù è un « settore » della comunità, verso
il quale la comunità sente una responsabilità
che si esplica nel eosidetto « lavoro giovanile », che non è il lavoro dei giovani, ma il
lavoro che ha come oggetto i giovani. Naturalmente si riconosce ai giovani una certa
libertà d’azione, però neU’ambito di un’attività « culturale » e di « fraternizzazione »,
che rispetti i limiti morali della comunità.
Questa attività si svolge dunque sotto il controllo del pastore o del consiglio di chiesa, e
nel quadro parrocchiale. L’espressione abbastanza tìpica di questa concezione del lavoro
giovanile è l’art. 1 del vecchio statuto FUV :
(c Lo scopo della UGV è di unire la gioventù delle chiese in un ambiente sano e religioso in cui essa possa progredire spiritualmente e trovare ispirazione ad una costante
attività per l’opera del Signore, e dove possa fraternizzgre. e" curare la propria cultura
religiosa e morale ».
Riformato ed ecumenico, dunque; e
vorrei concludere questo punto dando
ancora la parola a Giorgio Tourn. che
ha scritto a questo riguardo pagine
di un’intelligenza e acutezza veramente notevoli: « Il Protestantesimo di
O. Cullmann è un dato indubbio altrettanto quanto quello dei due maggiori con cui viene confrontato e fra
i quali viene spesso situato, in modo
polemico: Barth e Bultmann; è indubbio ma è meno percepibile perché si
radica in una zona culturale molto meno nota: la Riforma alsaziana. Barth
è Basilea, il protestantesimo riformato svizzero, solidamente costruito, operante, rigoroso, cfoncreto; Bultmann è
Marburgo, la Germania evangelica,
dalle profonde risonanze luterane, il
sola fide e la Parola. E questo il Protestantesimo noto fra noi, ma vi sono
anche altri protestantesimi e non ultimo quello strasburghese, quello di
Bucero e di Capitone, la ricerca di
una pietà biblica nel contesto di una
temperata e comnrensiva umanità,
una umanità un tantino erasmiana nell’amore per lo studio, l’ordine, la quiete del libro. Cullmann non è il teologo di una città, ma di un’area culturale, da Parigi a Basilea, sulle tracce
appunto di una Riforma serenamente
riflessiva e filologicamente attenta, perciò si situa in una zona sfumata tra
la sofferta esistenzialità luterana di
Bultmann e la parola barthiana. Come
Bucero tessitore paziente di relazioni
ecumeniche e umane, organizzatore instancabile di colloqui destinati a fallire, un protestante non tormentato,
fanatico, radicale e predestinatario,
come si pensa quando si pensa a un
protestante, ma non meno protestante. Non a caso Bucero è l’autore del
De Regno Christi e la sua problematica è volta alla comunità dei credenti
assai più che all’uomo o alle idee. E a
questo non possiamo non riallacciare
anche l’indagine di O. Cullmann ».
4 La FGEI è invece il risultato di una ri• cerca che i giovani evangelici hanno
condotto, in polemica con la concezione precedente, ricerca in cui la gioventù si considera sempre meno come un « settore » della
chiesa, e sempre di più come la portatrice
di un’istanza critica rivolta a tutta la chiesa.
Ciò che i giovani evangelici ricercano non è
soltanto il loro progresso spirituale, ma un
modo nuovo di essere chiesa; ciò di cui si
occupano non sono i « problemi giovanili »,
ma i problemi della società; perciò la loro
azione non si colloca più nel quadro parrocchiale, ma nel vivo delle lotte per la trasforinazione della società.
La FGEI non è quindi una struttura ecclesiastica, non gestisce un quadro di attività
statico e preordinato, ma è uno strumento al
servizio di ciò che si ja realmente: di essa
fanno parte non soltanto le unioni, ma anche i gruppi che si formano al di fuori delle
comunità.
Per quanto riguarda i punti a) e b) Ja
prospettiva del lavoro non può limitarsi
alPambito giovanile, ma dev’essere quella della
riforma della chiesa, intendendo per « riforma » non un’adattamento più o meno intelligente alle condizioni nuove della società, ma
un nuovo inizio, sulla base di un ascolto della Bibbia esercitato nel confronto con i problemi reali di oggi. La riforma però non si
realizza in astratto: vi sono nelle comunità
molti fratelli che non possono comprendere
il discorso della riforma semplicemente perché
il rapporto della chiesa con i poteri di questa
società e la sua accettazione dei rapporti di
produzione esistenti, li rende di fatto schiavi
di un sistema di pensiero in cui la prospettiva
delia riforma non può che svaporare in una
tendenza al pentimento che lascia le cose come stanno. Bisognerà trovare una forma di
contatto con questi fratelli che non li ponga
sotto giudizio, ma permetta un discorso reale
partendo dalle contraddizioni in cui si trovano
inseriti. Entro queste condizioni, la presenza
nelle riunioni di famiglia, nelle assemblee, nei
consigli di chiesa, nelle unioni giovanili, nella
scuola domenicale e nel catechismo, può essere una forma di lavoro che si colloca pienamente nella linea della FGEI.
9.
5 La FGEI esprime il fatto che questa
■ ricerca di testimonianza non giustifica
più una divisione denominazionale. Essa intende mantenere viva nelle chiese l’esigenza
di prendere sul serio la possibilità del lavoro
comune.
Per quanto riguarda il punto c) è chiaro,
ad esempio, che se le chiese metodiste
fanno posto nei loro consigli di chiesa al presidente della GEM locale, l’adesione di questa
alla FGEI non cambia sostanzialmente le cose; analogamente si deve accettare che il Sinodo Valdese consideri tra i suoi membri con
voce consultiva un rappresentante valdese della FGEI, al posto del segretario FUV. Se gli
organismi ecclesiastici riconoscono la necessità
di essere informati direttamente sulla situazione giovanile, e lo fanno nelle forme giuridiche che sono loro proprie, ciò non è dovuto necessariamente al permanere di una
vecchia mentalità di controllo. Cosi non temiamo di chiedere l’appoggio delle chiese attraverso la « domenica della gioventù », purché sia chiaro che la colletta di questa domenica non è una « assicurazione sulla vita ».
che le chiese pagano per veder garantita la
loro discendenza, ma è un atto di speranza
nei confronti di una ricerca che le concerne
direttamente. La nostra presenza nei consigli
di chiesa, nelle assemblee locali e generali, nel
culto della domenica della gioventù dev’essere
intesa come un’occasione per mettere la comunità davanti alle risultanze concrete del
lavoro dei nostri gruppi.
chiesa, dei suoi problemi, per la purificazione e l’approfondimento della
sua fede. Come si diceva iniziando, è
singolare che questo carattere marcatamente ’ecclesiastico’ sia così dominante in un teologo che non è pastore.
In realtà O. Cullmann vive la sua ricerca teologica come un ministero, e
dovrebbe far riflettere maggiormente
la proposta — umile ma intensamente
sentita — di questo ’laico secondo il
quale il ministero del teologo dovrebbe ricevere un riconoscimento ecclesiastico e, per usare la parola tradizionale e discutibile, una consacrazione analoga e parallela a quella pastorale. Non ha forse ragione?
Un teologo per la chiesa, che lavora
con chiara coscienza in funzione della
A conclusione di questo modesto
profilo, una parola personale. Mi ha
sempre colpito, e non me solo, l’affabilità di quest’uomo con lo studente
sbarbatello di ieri, con il modesto pastore di oggi: affabilità che non è questione di educazione, ma fraternità
profonda, disponibile e desiderosa del
discorso da fede a fede, nella comune
ricerca dell’Evangelo. Sobria e schiva,
prettamente riformata, si avverte nel
teologo Oscar Cullmann la pietà del
credente per il quale è inconcepibile
la ricerca teologica al di fuori della
fede, della preghiera.
È un uomo vivo, di vasta cultura e
d’interessi molteplici, amante e conoscitore profondo della musica (di
■Haendel, specie in riferimento alla
parte finale de « Il Messia » relativa
alla risurrezione, ama dire che « è migliore esegeta di molti teologi »). La
natura è per lui il libro aperto della
creazione di Dio, e la conosce e la
ama; dei fiori dice scherzando (ma è
vero!); «sono la mia seconda specializzazione », le pietre e le rocce che
colleziona gli ricordano il loro policromo balenare nelle pagine dell’Apocalisse, riflesso della gloria del Signore
come la maestà della montagna; davanti al Mont-Blanc, nel suo chàlet
estivo, trascorre le ’ferie’ operose secondo l’intenso ritmo consueto del suo
ministero di ricerca biblica per le facoltà teologiche e per la chiesa.
Ora che egli cessa l’insegnamento
nelle aule, l’augurio è che possa ancora a lungo esercitare questo suo ministero: con affettuosa riconoscenza e
speranza, ad multos annos, pro
con
fessor Cullmann!
Gtno Conte
5
pag. 5
LA CHIESA E LA SUA MISSIONE NEL MONDO
i.
la MissioiK Evangdica contra la LGUira;
nnlizie dai campi di lavaro
DICONO NO ALL'ESERCITO
32 preti e pastori della Svizzera remanda
La giornata
di un fabbricante
di apparecchi ortopedici
Peter Hill Alert. Addis Abeba
Ufficialmente la giornata comincia al;
le 9, ma molto tempo prima molti di
noi sono già al lavoro per discutere i
programmi di attività e per partecipare
al servizio religioso. _ ,
Due volte per settimana esaminiamo
le calzature dei malati (circa 300 in due
ore e mezza). In un anno abbiamo fornito 3500 scarpe speciali per lebbrosi con
piedi insensibili. In Etiopia le strade
sono aspre e sassose e piove parecchio.
Abbiamo dovuto ideare ed eseguire di;
versi tipi di caizature per i vari tipi di
malati. La parte superiore (la tomaia)
■è eseguita nei nostri laboratori e la
suola in una fabbrica di scarpe di tela.
L"^ suola è spessa oltre due centimetri e
permette di inserirvi un sottopiede di
caucciù che protegge i piedi contro i
rischi della strada. L’anno scorso abbiamo fabbricato oltre 2.000 paia di questo tipo di scarpe che è abbastanza a
buon mercato. In questo campo _ c è
molto da farei i modelli esistenti di
nord della provincia indiana di Bihar.
Quando arrivai era un vecchio ospc;
dale che è stato sostenuto negli ultimi
Ifi anni dalla Missione contro la lebbra
con la collaborazione e sotto la sorveglianza di un missionario della chiesa
Battista. Ero l’unico medico. Ora il vecchio « asilo per lebbrosi » è diventato
un ospedale moderno con grandi ambu;
latori e 84 letti per malati gravi, di cui
15 riservati alle donne. La maggior pan
te dei malati ospedalizzati soffrono di
complicazioni della lebbra (ulceri e reazioni). Curiamo le ulceri, facciamo della piccola chirugia ed applichiamo bendaggi gessati. Pratichiamo anche la hsioterapia ed i famosi bagni di cera
per ridare elasticità alle mani paralizzate. Pratichiamo anche altri tipi di cure locali a secondo dei bisogni.
La maggioranza dei malati è ricoverata solo per una o due settimane, ma
quelli che sono colpiti più gravemente
devono essere ospedalizzati per dwersi
mesi. Negli ambulatori curiaino i ma;
lati esterni il cui numero raggiunge gli
850 per settimana.
Oltre a Muzzaffarpur vi sono altri 4
ambulatori nel distretto. Diversi giova;
ni medici collaborano con noi. Alcuni di
IIIUILU CiCt ^ -------
.......................................iiiiimiiiiMi.i.i.i.iiii.ii>i.m.immmiiii.i.mm.i.iuiii.mm|
I Alcuni dati sulla lebbra net mondo |
I 1. - I lebbrosi censiti, cioè sicuramente individuati son circa 25.000.000 |
= nel mondo intero. S
^ 2 - Un calcolo approssimativo e non troppo pessimistico fa pensare |
1 ■ alla esistenza di altri 15.000.000 di lebbrosi non ancora individuati. ^
i 3 - L’Organizzazione mondiale della Sanità segnala che la lebbra au- |
= ■ menfa nel mondo di circa 25.000 casi ogni anno. Questo e dovuto, _
= da una parte, all’aumento della popolazione inondiale ^ dall altra, ^
i al progresso della lebbra che è attualmente una malattia m ^
= espansione. _ S
1 4. - Almeno 2.000.000 di lebbrosi aspettano un intervento eh rurgico |
= riparatore. =
- Dei 25.000.000 di lebbrosi conosciuti sojo 5.000.000 sono curati se^ ^
riamente altri 15.000.000 ricevono qualche cura e 5.000.000 sono =
coZTeM abbandonati. A questi ultimi si devono, naturai- |
mente, aggiungere i milioni di lebbrosi ancora sconosciu i. ^
- La lebbra deforma il corpo ma colpisce anche gravemente le vo- =
= lontà e la personalità intera deH’ammalato. =
= Per questo^motivo la Missione Evangelica contro la lebbra - ^
i aÙP curf mediche unisce l’annunzio dell’Evangelo e convinta noi ^
1 di fare del proselitismo, ma di offrire al lebbroso 1 unica possibi- ^
i lità di una cura veramente completa e liberatrice. |
= Missione Evangelica contro la lebbra ^
= Segretariato Italiano =
= c.c p. 2/35862 - Tel. 0121 - 8519 =
I 1Ò060 PRALI (Torino) |
„„„„nini..........................................................
essi vivono in villaggi lontani dove cu;
rano, educano e seguono i malati. Essi
esaminano tutta la popolazione e inviano all’ospedale tutti i casi dubbi per
esami più approfonditi.
Cinque anni or sono la Missione Evangelica contro la lebbra ci ha fornito
un’autoambulanza, molto comoda
H 5.
E 6.
scarpe ortopediche sono pesanti, scomodi e molto cari.
Qltre che delle calzature ortopediche
ci occupiamo anche di ortopedia diretta cioè delle cure da dare a mani e piedi’ insensibilizzati di molti lebbrosi.
Il lavoro a Muzzaffarpur
Dr. Margaret Dwen
Dopo aver lavorato alcuni anni in un
ospedale della foresta congolese, dal
1960 lavoro per la Missione Evangelica
contro la lebbra a Muzzaffarpur nel
di U.1* -------------r ^
specialmente per i lunghi viaggi verso
le zone periferiche che ci sono affidate.
Ma le strade sono quelle che sono e ora
dovrà essere rimpiazzata da un’altro
mezzo che ci è stato promesso dalla
stessa Missione.
A Muzzaffarpur ci sono due infermiere bianche: una giovane inglese ed una
australiana ed altri 35 collaboratori fra
cui un fisioterapista indiano formato
nel grande centro di Purulia. E cristiano e fa un lavoro eccellente. Purtroppo
non molti seguono il suo esempio. Ogni
anno abbiamo solo due o tre battesimi
di nuovi credenti e la comunità cristiana non supera di molto le 25 unità. Noi
preghiamo il Signore che altri credenti
SI uniscano a noi in questo lavoro.
Thailandia
dalle note di viaggio di Richard McKeown, segretario della Missione Evangelica contro la lebbra per l’Australia.
La collaborazione data dai medici australiani all’ospedale McKean nel nord
della Thailandia ha permesso di praticare nuovi metodi di cura che hanno
avuto come risultato più evidente la
netta diminuzione dei malati ospedalieri. Invece di trascorrere anni interi all’ospedale — come se esso fosse per i
malati una specie dì difesa contro lo
spietato mondo dei sani — i nuovi malati ritornano assai rapidamente ai lo- _
ro villaggi dove possono continuare le =
cure con controlli ambulatoriali. Nel =
gennaio del 1969 vi erano fra 650 e 700 ¡
ricoverati; essi sono scesi a 582 nel gen- :
naio del 1970 ed un anno dopo erano =
solo più 387. Ringraziamo Dio di aver :
potuto realizzare questi progressi in fa- j
vore di tanti malati, restituiti alle loro ;
famiglie ed al loro lavoro. ;
Anche la predicazione dell'Evangelo
si estende nei 17 villaggi di lebbrosi
controllati dall’Istituto McKean.
Il lavoro nelle cliniche e nei villaggi
periferici: per mezzo del personale e
della clinica ambulante il Dr. Bisset
può ora occuparsi di « villaggi dei lebbrosi » nelle zone più lontane del Chiengmai (Thailandia del Nord). I villaggi
dei lebbrosi sono agglomerazioni di ca;
panne nelle quali si , rifusane i lebbrosi
cacciati dai loro villaggi. Una volta rimanevano in essi senza cure, a veder
peggiorare il loro male ed a morire,
oggi grazie al lavorò della Missione
Evangelica contro la lebbra sono divem
tati villaggi in cui i malati sono curati
in vista di un 'loro rapido ritorno a
casa. t
Sebbene la ragióni principale dell’esistenza delle cliniche ambulanti sia la
cura dei lebbrosi in villaggi lontani e
senza paramedici, la loro maggiore utilità è data dalla possibilità di esaminare tutta la popolazione di intere zone
in modo da diagnosticare precocemente tutti i casi di leb]ba esistenti. I Thailandesi sono pieni di paure e di sup^;
stizioni a propostito della lebbra. Ci
vorrà del tempo per vincerle tutte. Per
questo sono particolarmente necessari
gli esami di tutta la popolazione per
diagnosticare la lebora esistente e prevenire quella futura. Un segno del progresso ottenuto è dato dai molti lebbro;
sì che vengono spo|itaneamente a farsi
visitare e curare. ,
Missione Evangelica contro la Lebbra
Segretariato Italiano
10060 Frali (Torino - Tel. (0121)8519
c.c.p. 2/35862
Dopo aver pubblicato un ampio riassunto del documento « Chiesa e poteri » inviato dalla Federazione protestante di Francia, documento che ha
suscitato una lunga serie di interventi tutt’ora in atto, « La vie protestante » del 18 febbraio ha dato rilievo ad
un altro testo che non mancherà ai
sollevare delle vive polemiche. Stavolta non sono i riformati francesi ad
attrarre la nostra attenzione, m^ 32
preti e pastori della Svizzera remanda i quali, in una lettera inviata al Dipartimento militare federale di Berna,
hanno dichiarato di « rifiutare collettivamente ogni partecipazione alla difesa nazionale (...) quale oggi ci viene
imposta». Questa lettera non è però
soltanto l’espressione di solidarietà
con gli obiettori di coscienza « vittime
dell’arbitrio dei tribunali militari »; ci
sono altri motivi che emergono chiaramente: 1) La denuncia del fatto che
l’esercito, nell’attuale contesto politico internazionale, « ha sempre meno
senso »; 2) serve gli interessi del capitalismo; 3) quando interviene è contro gli operai, i contadini, i giovani;
4) si denuncia lo sfruttamento delle
classi proletarie (si pensi a tutti gli
immigrati); 5) si esprime la propria
solidarietà col terzo mondo; 6) emerge la volontà di prendere sul serio le
dichiarazioni delle Chiese (Populorum
progressio - Assemblea di Uppsala,
ecc.); 7) si interrogano le comunità
perché escano dalla loro situazione di
compromesso col potere costituito in
favore di un compromesso per la giustizia.
J. M. Chappuis, nell’editoriale, fa notare due grossi difetti di questa lettera: 1) la parzialità e l’incompletezza
dell’analisi del ruolo dell’esercito; 2) il
fatto che i firmatari si siano schierati
in favore degli obiettori, porta alla
rottura pubblica e collettiva con i loro « compagni di servizio nel ministero ecclesiastico »; inoltre essi « conferfermano il fatto che 'il potere stabilito’
nella Chiesa è quello dei ministri consacrati a dispetto delle ’teologie del
laicato’ o del ’sacerdozio universale’ e
delle aspirazioni contemporanee per
la declericalizzazione delle Chiese ».
Pur condividendo queste due riserve, altre potrebbero essere aggiunte,
mi sembra che questa aperta presa di
posizione possa risultare di grande
aiuto in vista della creazione di un
servizio civile per gli obiettori di coscienza, soprattutto se si tien conto
che è dal 1947 che le Chiese protestanti svizzere hanno sollecitato questo passo che rimane ancora da fare.
E. G.
Ecco il testo integrale della lettera:
Dopo riflessione, abbiamo deciso di rifiutare collettivamente ogni
partecipazione alla difesa “nazionale” (tasse, corsi, tiri, ecc.) quale oggi
ci è imposta.
Perché?
In quanto cittadini svizzeri, desideriamo partecipare in modo più costruttivo all’avvenire del nostro paese. Ci sembra che gli^ obiettivi attualt
della difesa nazionale compromettano uno sviluppo ptn- giusto del nostro popolo e di tutti i popoli di cui siamo solidali. In effetti, siamo pervenuti alla convinzione che il nostro esercito, che essere pronto m
ogni tempo ad opporsi ad un attacco proveniente da.ll esterno o a disordini suscitati all’interno del territorio” (cfr. Difesa civile, p. 30), ha sempre meno senso nel contesto internazionale, e non fa che servire gli interessi delle potenze economiche e finanzia.rie. Inoltre, quando interviene
alVinterno del paese per ristabilire lordine’’, è contro il popolo, in particolare gli operai, i contadini, i giovani... Col nostro rifiuto esprimiamo
la nostra solidarietà con gli obiettori, vittime dell arbitrio dei tribunali
militari. . . . ,
Infine non possiamo accettare che il 26% del bilancio nazionale (2
miliardi 300 milioni di franchi, cioè circa sei milioni di franchi ogni giorno) sia destinato per le spese militari, mentre nello stesso ormo, i crediti
votati in favore della r.ooperazione tecnica non superano i 134 milioni di
franchi. . .
Riteniamo che sia tempo di promuovere un altro ordine di priorità.
"Quando tanti popoli hanno fame, quando tante famiglie soffrono la
miseria quando tanti uomini vivono immersi nell ignoranza., quando restano da costruire tante scuole, tariti ospedali, tante abitazioni degne di
Questo nome, ogni sperpero pubblico e privato, ogni spesa fatta con
Ostentazione nazionale o personale, ogni corsa estenuante agli armamenti
diventa uno scandalo intollerabile” (Populorum Progressio).
In quanto cristiani, pastori e preti, vogliamo essere
con noi stessi che nel passato. In questa linea, denunnamo ^^Sni ordine
stabilito” che in pratica, legittima lo sfruttamento di_ certi uomini e di
certe classi della popolazione in favore di altre classi, da noi come nel
' terzo mondo Fàbeiefino seguito alle dichiarazioni delle nostre Chiese che
Zi vSiZmo pfeMere sul serio (cfr. Assemblea , ecumenica delle Chiese
di Uppsala, enciclica Populorum progressio. Conferenza interconfessionale Svizzera-terzo mondo).
Questo procedimento collettivo vuole anche essere un modo di intervellare le nostre Chiese affinché non stano piu cosi facilmente legate al
^potZe slaMUo, ma si cSmpromettano per la giustizia con coraggio e
lucidità.
Concludendo: .
1. D’ora innanzi rifiutiamo ogni servizio armato o la tassa militare.
2 Ci imvegnamo sempre di più al servizio della comunità affinché si
maturi nel senso delle responsabilità in vista della costruzione di una società più giusta, più umana, più fraterna, piu universale.
3 Partecipiamo finanziariamente ad un organismo di nostra scelta,
lavorando nella linea della solidarietà internazionale
Ginevra, 7 febbraio 1972.
.—....—...............................:...................................
India, tutta una vita, come il dottor Schweitzer
In
La dottoressa Ida Scudder, fondatrice del complesso ospedaliero
__ . ^ • Tliani Tjer mette]
antiiebbra di Vellore
Coloro che hanno letto i due precedenti libri di Doroty Clarke 'Wilson;
Prendi le mie mani, e Dita che guariscono, che parlano della vita di due
grandi medici del complesso ospedaliero di Vellore (India), Mary Verghese paralizzata in un incidente d’automobile, e il dottor Paul Brand, chirurgo dei lebbrosi, non potranno fare a
meno di rallegrarsi per la pubblicazim
ne del terzo libro della medesima antri;
cc intitolato Docteur /da. Infatti qui si
tratta finalmente di colei che è stata
continuamente presente nel nostro spirito durante la lettura dei due libii .su
ricordati, che è frequentemente nominata in essi, e anzi vi appare talvolta
ir. occasione di una festa o di un compleanno come una figura quasi leggem
daria, amata e venerata da tutti; colei
che è stata la fondatrice degli ospedali
di Vellore, la dottoressa Ida Scudder.
Il nuovo libro della Wilson è interessante come gli altri, scritto nel medesimo stile vivo ed attraente, per cui una
volta iniziato non si può tralasciare:
esso ci presenta una bellissima figura
di donna medico e missionaria in India,
una personalità spiccata, piena di energia di volontà di fede, piena di compassione per la situazione del derelitto popolo indiano, specialmente per la donni indiana.
Siamo agli albori del secolo ventesimo; una giovane e bella ragazza ame;
ricana di 18 anni ha terminato gli studi
e. in possesso di un piccolo diploma,
si ripromette ora di lavorare, ma anche di godere di tutte le belle cose che
ci sono nella sua vita americana: le
contro, tale e quale come allora; la polvere il caldo, le mosche, il disordine, i
bambini ignudi e spauriti accovacciati
lungo le strade, la lentezza dei servizi
di trasporto, l’indolenza della gente...
Tutto uguale, nulla è cambiato; e si certo anche i bellissimi colon del paesaggio i fiori, i tramonti favolosi; ma questo’ non compensa il resto. « Non un
giorno di più! dite Ida tra sè al capezzale della madre - appena la mamma
sarà guarita me ne andrò di qua subito non rimarrò un solo giorno di piu ».
Essa non può sopportare gli sguardi
imploranti dei bimbi, la miseria del
nopolo, delle donne soprattutto; no,
non può, non vuole più vedere queste
cose; l’hanno troppo impressionata da
bambina, le hanno fatto troppo male;
at: ogni momento, anche ora sale al
cuore della giovane, assetata di gim
ia di vivere e di allegria, l’angoscia di
un tempo, il senso d’impotenza e di desolazione di fronte a tanti dolori. Ricoril giorno in cui, bambina, era usci®, ---4-,^ g vederi
siti ed ai nostri piani, per metterci davanti il suo proposito, il suo piano per
noi, con l’implicita domanda: vuoi seguire me e fare ciò che io ha disposto
per la tua vita?
* ie *
----. XI . 'A'
Pastiglie di D.D.S. (diamino-difenil-sulfone).
Dorothy Clarke Wilson, Docteur Ida,
Ed. Labor et Fides, Ginevra 1971.
amicizie, la musica, le feste, il teatro.
Per il momento essa deve però interrompere aH’improvviso questo lieto
programma appena abbozzato, per andare in India, dove i suoi genitori sono missionari, a curare la madre am
Ida non ha più riveduto l’India dall’età di 10 anni, quando ha dovuto lasciare il paese dove è nata e i genitori,
per andare a completare la sua istruzione in America. Ma se la ricorda bene! E al suo ritorno tutto le viene m
due piccoli indiani distesi immobili
sulla strada, aveva domandato alla
donna- « perché dormono così in mezzo alla strada? », ed essa aveva risposto
con tutta calma e naturalezza: « rna
non dormono, cara, sono morti... ». Ida
non può più sopportare tutto ciò, e a
sera si dispone a scrivere una lettera
piena di vivacità ad un’amica americana nella quale esprirne tutti questi sentimenti ed annunzia il suo prossimo e
definitivo ritorno in America.
Ma accade che Dio disponga altrimenti di noi, non badi ai nostri propo
Mentre la giovane Ida scrive sola nella sua stanzetta - la madre dorme nella
camera accanto, e il padre medico e
uscito per visite urgenti - appare alla
porta un giovane indiano, della setta
dei bramini, dignitoso e grave, ma in
preda ad una evidente agitazione: «Ammal, signora — egli esclama ho tanto
bisogno del vostro aiuto. Mia moglie
deve partorire e sta morendo, ha soltanto 14 anni, la levatrice non sa più
che cosa fare. Ho sentito dire che siete venuta dall’America ed ho pensato
che forse potete aiutarci... ».
« No, disgraziatamente non posso —
risponde Ida — non sono medico, ma
mio padre sarà qui a momenti e ve lo
manderò subito ». « Che cosa dite, vostro padre? un uomo venire a casa mia
a curare mia moglie?! questo è impossibile! ». « Ma pure... ». Il dialogo si protrae brevemente, alla fine il bramino,
dopo avere rinnovato l’appello, con
un’espressione di sgomento e di accusa, s’allontana disperato nella notte.
Questa scena, per quanto straordinario possa sembrare, si ripete per ben
tre volte nella medesima notte; per tre
volte arrivano uomini angosciati a chiedere soccorso a Ida per una donna a
loro cara che sta per morire: « dovete
Edina Ribet
(continua a pag. 8)
Seguono le 32 firme
iiuiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiimiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiit
IN UNGHERIA
Successo delle
trasmissioni bibliche
Vienna - a II mondo della Bibbia », trasmesso dalla radio ungherese in dieci puntale,
ha ottenuto un eosi grande successo e destato
un cosi vivo interesse tra credenti e tra atei,
da indurre a ripetere le trasmissioni. A questo
proposito l’agenzia ungherese MTI scrive :
« È chiaro che la Bibbia costituisce non soltanto la “sacra scrittura” dei cristiani ed ebrei, ma anche una fonte della civiltà europea,
una fonte inesauribile, senza di cui la nostra
civiltà non è concepibile. Nessuno è stato offeso, né i credenti, per i quali la Bibbia è più
che un documento di storia culturale, né gli
atei, per i quali la Bibbia non contiene alcuna
professione di fede, ma che però ^temente apprezzano questo antico testo di incomparabile
valore ». (ANSA).
Un AlmaoaGCo Calviniano
La Chiesa riformata di Ungheria ha
recentemente pubblicato e largamente
distribuito un almanacco illustrato su
Calvino di 127 pagine, nonché un’opera che viene consegnata ai catecumeni al momento della Confermazione e
che riproduce tra l’altro le parti essenziali del Catechismo di Heidelberg.
IIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIMIIIIBIBhlllllllllllll lllllllllllllllllllilllll
Washington (kipa) - D’ora in poi li
« 'Voce dell’America » trasmetterà duj
volte per settimana dei programmi
speciali pensati per i tre milioni di ebrei dell’Unione sovietica. La trasmissione durerà 6 minuti e sarà inserita
in un programma religioso destinato
pure agli ascoltatori russi ortodossi.
6
t»ag. 6
N. 8 — 25 febbraio 1972
Cronaca delle Valli
Ouanro Concistori deiia Vai Peiiico
soiiocitano ia convocazione
dei Convegno Economico dei Pineroiese
I Concistori di Angrogna, Luserna S. Giovanni, Rorà e Torre Pellice hanno
inviato una lettera di sollecitazione ai Consigli della Val Pellice, Val Chisone e
Germanasca ed al Comune di Pinerolo, per la realizzazione del Convegno in vista dello sviluppo economico e territoritle dell’area pineroiese, previsto ormai
da anni e poi insabbiato.
Echi delie celebrazioni del 17 iebbraio
Torre Pellice
Al Consiglio della Val Pellice
Al Consiglio della Val Chisone
e Germanasca
Al Comune di Pinerolo
I Concistori delle Chiese Valdesi di
Angrogna, Luserna San Giovanni, 'Torre Pellice e Rorà
mossi dalla responsabilità e solidarietà che TEvangelo crea verso i fratelli delle nostre Comunità,
— visto che la situazione attuale nella Val Pellice, per quanto riguarda la
occupazione, rivela dei preoccupanti
sintomi di instabilità che potranno entro un breve spazio di tempo, aggravare in modo insanabile l’andamento
già pericolante dell’economia della
zona,
— considerate le allarmanti prospettive createsi nella Valle del Pellice in
seguito alla crisi dell’Azienda Marini
di Luserna S. Giovanni e le difficoltà
palesi di altre Ditte insediate nella
zona,
INVITANO
i Consigli della Val Pellice, Chisone e
Germanasca e il Comune di Pinerolo
ad affrettare i tempi di esecuzione dei
lavori del Convegno per lo sviluppo
economico e territoriale del pineroiese, da lungo tempo previsto.
Nel sollecitare questo Convegno si
vuol precisare che, prescindendo da
ogni suggerimento che voglia in qualche modo vantare un diritto di intervento che non è di competenza dei
Concistori, detto Convegno dovrebbe
necessariamente comprendere e non
escludere la partecipazione e l’intervento della popolazione che è la vera
e diretta interessata e che deve potersi esprirhere in questa sede a livello
di base, evitando che il Convegno si limiti a una riunione privata di tecnici.
La preparazione di questo Convegno
potrà essere realizzata nell’ambito di
ciascun Comune, tramite gli strumenti che le amministrazioni locali riterranno più opportuni (consigli di quartiere, assemblee popolari ecc.).
Fiduciosi nellà loro attenzione e nel
loro impegno, porgono distinti saluti.
I Concistori di Angrogna, Luserna S. Giovanni, Rorà e Torre Pellice.
luiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii
Torre Pellice
ineonfri sulla scuola maferna
Di fronte ad un folto pubblico, nella Sala delle attività dell’Asilo infantile di Torre Pellice, la dott.ssa Alba
Greco della Clinica Pediatrica della
Università di Torino il 19 febbraio ha
aperto il ciclo di incontri sulla Scuola VUterna, organizzato dalla Direzione didattica di Torre Pellice e dai Comuni di Luserna S. Giovanni e Torre
Pellice. La dott.ssa Greco, presentata
dall’Assessore all’istruzione prof. E.
Bein, allo scopo di attirare l’attenzione sui problemi psicologici dell’età
prescolare ha esaminato l’evoluzione
del comportamento del bambino nelle
varie fasi del gioco, questo fenomeno
così comune e vasto nella prima e seconda infanzia. Dalla conversazione, è
emerso come sia importanté risalire
sempre alle cause che stanno alla base di un comportamento, di una reazione, di un atteggiamento: la famiglia e la scuola trascurano spesso questo tipo di riflessione, per diversi motivi, non ultimo il fattore-tempo. Di
fatto, però, una ricerca dei perché è
fondamentale, nel tentativo di realizzare un intervento educativo adatto ai
tempi e alle esigenze personali.
Da parte sua, la sig.na Ada Bessone,
maestra di scuola materna ed esperta
di problemi educativi, ha esemplificato ai partecipanti le attività inerenti
alla preparazione delTambiente, dando consigli e guidando una vivace e
attenta conversazione.
Dal dibattito, è emerso come sia importante — per genitori e educatori —
partecipare a questo tipo di riunione,
allo scopo di approfondire la problematica psicologica, cercare di capire
meglio i fanciulli, imparare a comprendere certi perché e ad intervenire in maniera adatta. Lo Scambio di
impressioni e di esperienze è essenziale a questo proposito.
Il prossimo incontro, sempre nella
stessa sede, avrà luogo sabato 26 febbraio, alle ore 15; introdurrà il dibattito la sig.na Myriam Bein, logopedista, sull’argomento estremamente interessante dell’educazione del linguaggio, con particolare riferimento a situazioni difficili e anormali. La sig.na
Bessone affronterà l’argomento della
musica nella scuola materna, come ausilio alla giusta impostazione del linguaggio e del ritmo.
Ricordiamo fin da ora l’incontro co!
p'of. Andrea Canevaro dell’Università
di Bologna, educatore, esperto nel
campo della didattica differenziale e
speciale; alla riunione, che si terrà
nella sede della Direzione didattica la
sera di giovedì 2 marzo (ore 21), sono
invitati i genitori, gli insegnanti di
ogni ordine e grado e tutte le persone
interessate ai problemi educativi. Infatti, l’argomento trattato sarà quello
dei ragazzi difficili., uno dei maggiori
problemi che la scuola d'oggi si trova a dover affrontare direi quotidianamente e di fronte a cui spesso si
trova impotente o incapace di trovare una soluzione efficace.
E. R.
L’educazione del linguaggio verbale - Casi
pratici
A. Bessone (maestra d’asilo)
La musica nella scuola materna
2 marzo : Sede della direzione didattica
ore 21 - A. Canevaro (educatore, insegnante
presso la Scuola per Educatori, pubblicista)
I ragazzi difficili
11,marzo: Asilo S. Cuore di Gesù - Luserna
San Giovanni
ore 15 - R. Eynard (psicopedagogista)
La creatività del bambino
A. Bessone (maestra d’asilo)
Creazioni pittoriche e plastiche
13 marzo: Asilo S. Cuore di Gesù - Luserna
San Giovanni
ore 15 - R. Eynard (psicopedagogista)
La lettura in età prescolare
A. Bessone (maestra d’asilo)
Lettura e scrittura nella scuola montessoriana.
II ciclo di incontri è stato organizzato per
offrire a tutti coloro che operano nella scuola
materna un’occasione di scambio di punti di
vista e di esperienze, per favorire i collegamenti fra gli educatori assegnati a sedi diverse e spesso isolate e per promuovere cosi un
reciproco arricchimento.
La sera del 16 febbraio, il suono festoso
della campana della Chiesa ha dato il via ai
numerosi falò che hanno illuminato la nostra
Valle. Anche la Corale ne ha acceso uno presso il ristorante della Seggiovia ed ha cantato
a lungo con viva commozione e con riconoscenza anche dopo, durante la cena fraterna a
cui tutti erano cordialmente invitati. Molto
gradita è stata la presenza del preside dell’Istituto Buniva di Pinerolo.
Bandiere al vento : alla Casa Valdese, al
Collegio, sui nostri balconi, alle nostre finestre : è il 17 febbraio, festa religiosa e civile.
La nostra comunità ha celebrato con gioia
e riconoscenza l’anniversario della proclamazione della libertà in Italia, per trarre dal
passato 1 motivi di una rinnovata consacrazione, in vista di una più fedele testimonianza
della nostra fede. Il culto ha riunito grandi e
piccini nel Tempio, dove il pastore Sonelli ha
presentato una profonda meditazione sul tema della parabola del buon Samaritano. Gli
alunni hanno svolto la parte liturgica ed hanno cantato il « Padre nostro » sotto la direzione della signora Aime.
Il pranzo ha riunito oltre duecento persone
in una atmosfera di simpatica comunione fraterna, nel salone della Foresteria gentilmente
concessa. Il signor Italo Hugon, presidente
del comitato per il 17 febbraio, ha letto un
gradito messaggio del signor Poet di Marsiglia
che ringraziamo vivamente, e dopo alcune
parole del pastore Sonelli, il nostro grande
storico il prof. Augusto Armand Hugon ha
rievocato la figura di Pietro Bert che fu pastore a Torre Pellice dal 1799 al 1833, uomo
mite, ma molto consacrato e tutto dedito alla
cura d’anime. Vissuto in tempi turbinosi (la
rapida carriera e le vittorie napoleoniche, la
sua caduta, la restaurazione sabauda, i moti
liberali del 21), egli si occupò poco di queste
vicende, poiché il suo interesse Io portava a
non confondere la Chiesa e il Vangelo con le
vicende politiche. Fu il primo agente della
Società Biblica facendo diffondere a migliaia
nelle Valli gli esemplari della Bibbia. Nel 1820
iniziò la prima colletta per le Missioni; si trovò legato, come moderatore alla fondazione
deirOspedale e del Collegio; scrisse il a Livre
di famille » per far conoscere la storia valdese e gli elementi basilari del catechismo e tradusse in dialetto i Vangeli di Luca e Giovanni. Il ministerio di Pietro Bert fu contrassegnato in sostanza da lunga e tenace opera più caratterizzata t^lla modestia che dal
chiasso, dal tranquillo |iformismo che da velleità rivoluzionarie. 5
La Corale è stata presente durante tutte le
manifestazioni della giornata, al culto del mattino, alla Casa delle Diaconesse, all’Ospedale
ed alla serata organizzata dagli alunni del nostro Collegio, con un ricco programma di inni
religiosi, patriottici e giovanili.
La serata è stata ima pensosa rievocazione
di molti episodi drammatici della nostra storia, mediante le letture di un gruppo di studenti del Collegio egregiamente guidati da
Giorgio Mathieu. Se la storia Valdese ha un
senso oggi, sta nel fatto che le generazioni
passate hanno testimoniato e vissuto la loro
fede rifiutando qualsiasi compromesso con interessi e giochi pQilitici, nella visione di un
solo unico confronto valido, la parola di Dio.
L’immane tragedia del popolo Valdese attraverso i secoli è emersa dalle testimonianze di
Bernardo Gui inquisitore; il giudizio di Gioachino da Fiore; la testimonianza del pastore
Lentolo sulla guerra del 1561; la lettera di
Gian Luigi Pascale ai suoi fedeli dal carcere;
la lettera del gesuita Fabrizio Torre e del
marchese di Pianezza sulle stragi del 1655;
Felenco delFesecuzione di 14 persone colla fattura del boia del 18 settembre del 1686; le
memorie del capitano Bartolomeo Salvagiot di
Rorà; le lettere di due esuli a Basilea; la testimonianza del galeotto Giovanni Muston che
rimase 24 anni sulle galere del re Sole e
quella commovente di tre pastori prigionieri
nella fortezza di Miolans in Savoia, in un
sotterraneo a 6 metri sotto terra. Poi nel 1860
la prima circolare del Comitato di Evangelizzazione.
Dopo questa rievocazione possiamo concludere con le parole di Ada Melile, la poetessa
tanto cara ad ogni Valdese :
Figlio... ascolta... che mai son questi suoni?
Terra, del, nelle Valli tutto ha voce,
Tutto or grida: voi siate testimoni!
Lina Varese
Luserna S. Giovanni
Nella riconoscenza e nella gioia la comunità
ha celebrato la Festa del XVII febbraio il cui
programma, dal punto di vista organizzativo,
h i avuto un lusinghiero successo.
La sera del 16 i tradizionali falò hanno illuminato con i loro bagliori la collina circostante, mentre la Corale dava un apprezzato
messaggio sottolineando, con i suoi inni, il
valore anche spirituale della festa.
Al Culto, i bambini delle scuole, ottimamente preparati dai loro insegnanti, hanno
svolto la parte liturgica con canti d’insieme,
passi biblici e con la lettura del primo Giuramento dei valdesi pronunciato il 22 gennaio
1561 a Bobbio in risposta all’alternativa loro
intimata dal Duca di Savoia : « o abiura o
morte! ».
La predicazione dell’Evangelo fatta sul testo
di Efesini 6: 12-13 dal Pastore Taccia è stato un convincente messaggio di fede, un messaggio di incitamento per tutti ad essere ambasciatori della speranza cristiana nel mondo,
fedeli testimoni dell’Evangelo in ogni campo
della nostra attività.
La Corale ha dato il suo contributo con il
canto : « Salve, o monti d’Israel » e con il
« Giuro di Sibaud » cantato con l’assemblea.
Tempio gremito, folla delle .grandi occasioni : una folla che ha lasciato però nell’animo
un dubbioso interrogativo ed in fondo al cuore un’accorata tristezza al pensiero dei numerosi banchi vuoti nel Tempio durante i Culti
delle altre domeniche dell’anno in cui c’è meno sapore di festa e di folclore!
Oltre 150 persone hanno preso parte al pranzo fraterne nella Sala Albarin, occasione d’incontro e di gioia comune attorno ad una mensa preparata con il solito impegno dai coniugi
Gobelin coadiuvati da valide collaboratrici e
servita in modo veramente encomiabile dalle
nostre giovani, sempre premurose e sempre
sorridertti.
Quest’anno non si sono fatti inviti particolari; tuttavia abbiamo notato con piacere la
presenza del nostro Sindaco Martina, accolto
da tutti con un caloroso quanto spontaneo applauso, del dott. Passone, pretore di Pinerolo,
intervenuto non in veste ufficiale ma come
studioso di problemi ecumenici, del Rev. Don
Morero, direttore dell’« Eco del Chisone », dell’ing. Bacchelli che dalla Spezia ha voluto venire a trascorrere il 17 febbraio in mezzo ai
Valdesi delle Valli, della Dott. F. Malan, assessore alla sanità del Comune di Torino, del
dott. Fattori, del dott. Contino, dèH’avv. Marco Gay.
Valanghe nelle Valli Valdesi
locoDÌrì sulla scuola maieroa
Si svolgeranno il 26 febbraio, il 2 marzo,
ni e il 18 marzo, secondo il calendario qui
sotto riportalo :
26 febbraio: Asilo infantile valdese di Torre
Pellice
ore 15 • M. Bein (logopedista)
wMiiiitiiiiiiiiiiMiihjiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiniiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiitiiiiitiiiiiMiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiniiiiiiiiiniiiiiiiiiiiiiitiiiiitiiiiiiiiniiiiiiiiiiiniitiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii,,,,,,,,,
NOTERELLE
STORICHE
La straordinaria caduta di neve verificatasi in questi ultimi giorni nelle
Valli, con interruzione delle comunicazioni, caduta di slavine, isolamento
di abitati, ecc., ci riporta eoi pensiero
ai gravi disastri provocati da valanghe o slavine negli ultimi decenni, almeno quelli consegnati alla storia o
alle cronache.
Non sembra infatti che agli antichi
storici valdesi la caduta di slavine apparisse qualcosa di notevole: e il Gilles, ad esempio, che nota accuratamente alluvioni, fenomeni atmosferici
e simih, non cita mai il caso di uomini o villaggi asportati dalla neve: forse ciò rientrava nella fatalità delle cose naturali!
Nel 1655, in occasione delle famigerate Pasque Piemontesi, un gruppo di
valdesi fuggiaschi alle violenze del
Pianezza, era sorpreso verso la fine di
aprile da una grossa slavina sulla
strada del Colle della Croce; 32 di loro ne rimasero vittima, ed il ricordo
ci è consegnato col nome, ancor oggi
ben noto all’escursionista, di Pian dei
Morti.
NelTinverno 1845, dopo una nevicata
continua di cinque giorni, un’immane
frana di neve precipitava dalla Grande Comba di Rodoretto ed investiva
asportandola la casa parrocchiale: il
pastore Buffa con la moglie ed il figlioletto furono ritrovati cadaveri. Qualche anno più tardi, in marzo, dodici
pralini risalivano dai Chiotti ove si
erano recati a lavorare alle loro vigne: arrivati nei pressi del Crouset,
una valanga li sorprese, e solo uno di
essi riuscì a salvarsi. Undici bare furono allineate allora nella Scuola di
Villa.
Un’annata memorabile per la grande quantità di neve e per la caduta di
slavine fu il 1885: « Nessuno si ricorda di aver visto alcunché di simile »,
dicevano i vecchi di quei tempi. Un
metro e mezzo a S. Lorenzo di Angrogna, due metri al Serre, oltre tre me
tri a Pradeltorno, e in proporzione negli altri posti.
Il gruppo di vittime più numeroso
fu a Pradeltorno: nella notte del 18
gennaio, un’enorme massa di neve si
staccò dalle pendici del Bagnau, precipitò a valle, passò di fianco al Collegio dei Barbi, ed investì l’abitato inferiore del villaggio pressapoco in direzione dell’attuale foresteria valdese,
finendo poi contro la chiesa cattolica,
che ne rimase quasi sommersa. Sul
suo cammino, essa travolse la casa
della famiglia Gaydou, che fu completamente distrutta. Vi erano padre, madre e tre figli di 20, 14 e 11 anni, più
una bambina a balia. I tre giovani,
che dormivano nella grangia, sembravano dormire: non si erano accorti
della morte bianca che li aveva ghermiti!
Nello stesso giorno, al Bouisset di
Villar Pellice, il vecchio Paolo Davit
restava morto sotto il crollo della sua
casa, e a Maniglia due bambini morirono travolti e mutilati dalle macerie.
A Massello, le slavine furono numerose, ma per fortuna senza vittime:
alla Balziglia in particolare il villaggio
fu sepolto sotto un’impressionante
..................................
COLLEGIO VALDESE
Un ciclo di lezioni
del ppof. V. Vinay
Il Comitato del Collegio Valdese comunica che, in accordo con i pastori
della bassa Val Pellice, dal 12 al 19 marzo è programmata la visita del prof.
Valdo Vinay, il quale oltre a tenere lezioni nei nostri istituti a Torre Pellice
e a Pomaretto e culti in due comunità,
terrà una serie di lezioni serali sul tema: « Il movimento evangelico e valdese durante il Risorgimento ». Sarà
dato prossimamente il programma dettagliato di questa visita gradita.
massa di neve scivolata dal monte: i
soccorritori dovettero scavare dei pozzi profondi fino, a dieci metri per poter far respirare il bestiame rimasto
nelle stalle. Era stato il maestro del
villaggio ad accorrere a Massello per
chiedere aiuto, gettando sulla neve davanti a sé la sua giacca, e poi buttandovisi sopra, un metro alla volta...
A Campo la Salsa, nove uomini stavano risalendo verso la Comba per riparare il canale che adduceva l’acqua
al villaggio: una slavina li sorprese, li
scaraventò in fondo alla valle, ed uno
di loro morì sepolto dallo strato nevoso; uno dei superstiti, salvato a stento, morì qualche tèmpo dopo di choc
nervoso.
^ Una sottoscrizione lanciata in quell’occasione, e a cui contribuirono i
Valdesi delle Valli, di tutte le chiese
d’Italia, delle colonie del Sud America e del Nord America, oltre a numerosi arnici, fruttò oltre settemila lire
di allora.
Un’altra impressionante sciagura che
toccò da vicino le Valli fu quella dell’aprile 1904, alla miniera del Bet, in
alta Val Chisone;un’enorme slavina investì ben ottantotto minatori, di cui
poi quasi la metà rimasero morti. Un
forte gruppo di valdesi, circa 25, della
Val S. Martino (Massello, Perrero, Prali) faceva parte del gruppo, e cinque
di essi furono ritrovati cadaveri, altri
due dichiarati dispersi. Fu una triste
occasione per i tre pastori valdesi, saliti all’alpestre villaggio di Lavai, quella di annunziare le parole di vita davanti alle 25 bare di cattolici e valdesi
inurnati insieme in quel cimitero, come insieme avevano troAato la morte
improvvisa.
* * *
Come cantava il Leopardi, di tanto
in tanto le forze della natura ricordano all’uomo che le sue « magnifiche
sorti e progressive » sono ben poco o
niente, e che egli non è, per fortuna,
il signore della sua vita!
Augusto Armano Hugon
Un cordiale benvenuto è stato dato al Pastore di Torino sig. Carlo Gay ed al Pastore
Sig. Rivoira che per tanti anni è stato conduttore spirituale della nostra comunità e che
anche quest’anno ha voluto onorarci della sua
presenza in compagnia della sua Signora.
Il prof. Gino Costabel, con la bravura cheben conosciamo, ha intrattenuto i presenti con
una interessante quanto arguta dissertazione
sul modus vivendi di cinquant'anni or sono!
Il suo dire è stato seguito da calorosi applausi
come pure applauditi e graditi sono stati i
messaggi portati dai vari oratori che hanno
parlato sul significato della festa del XVII
febbraio e sull’uso che si deve fare della libertà.
La sera, sempre nella Sala Albarin trasformata per incanto e gremita di un pubblico
numeroso, la filodrammatica ha presentato il
dramma di C. M. Pensa : Gli altri ci uccidono;
un dramma a forti tinte su un problema sempre attuale : la crudele incomprensione limar
na verso chi cerca disperatamente un pò di
affetto. Bravissimi tutti gli attori ed un elogio
particolare al regista A. Revel ed ai suoi collaboratori per la capacità dimostrata nel presentare questa non facile rappresentazione.
La Corale ha dato, durante gli intervalli, la
sua collaborazione con il canto di alcuni cori
molto applauditi.
Il XVII febbraio è passato. Le ceneri dei
fiammeggianti falò si sono ormai raffreddate.
L’eco delle manifestazioni tradizionali si è affievolita ed è quasi scomparsa.
Che cosa è rimasto?
Ad ognuno di noi la responsabilità della risposta : la responsabilità di sentire o non sentire che la fede e la testimonianza dei padri
sono una realtà che non va soltanto ricordata
ma vissuta da tutti nel presente e di comprendere o non comprendere che cosa Iddio vuole
di noi dopo aver permesso alla Sua Chiesa di
essere libera e di compiere la sua missione nel
mondo.
Dino Gardiol
★ A Torre Pellice, il Centro Culturale S. Toja organizza per il 2 marzo
presso la Sala Operaia di Via Roma
alle ore 21, una tavola rotonda sul tema: « I Consigli di quartiere, istituzione, finalità, esperienza ». I relatori
saranno due segretari dei Consigli di
quartiere e due consiglieri comunali.
Il Comune di Angrogna, in accordo con il Comune di Torre Pellice ed
il Consiglio di Valle, ha organizzato ri
18 febbraio presso il Palazzo del ghiaccio di Torre Pellice, una pubblica manifestazione in onore di W. Bertin reduce da Sapporo.
Il segretario N. N. della Massoneria italiana Or. di Pinerólo, ha fatto pervenire al Sindaco di Pramollo
Dott. Maccari la lettera che riportiamo: « Venuti a conoscenza della presa di posizione della Giunta e sua personale per le disposizioni emanate
dalla Presidenza del Consiglio, in occasione della ricorrenza anniversaria
del Concordato fra Stato e Chiesa,
plaudiamo e condividiamo suo atteggiamento ». Segue la firma illeggibile.
it I gruppi antimilitaristi di tutta
Italia si sono dati convegno a Roma
domenica 20 febbraio per manifestare in favore degli obiettori di coscienza e per il rifiuto in massa della divisa.
La famiglia del compianto
Cesare Emmanuele
Vinay
ringrazia sentitamente quanti le sono
stati vicini col loro aiuto e col loro
affetto nella dolorosa circostanza.
Ringrazia in modo particolare tutti
i vicini di casa, la Signora Irma Griglio, le famiglie Bertocchio Luigi e
Leone, il Signor Ribet Pierino e mamma di Pomaretto, i Professori, i Dottori e tutto il personale deirOspedale
Valdese di Pomaretto.
Chiotti Inferiori, 2 febbraio 1972.
La famiglia della compianta
Luigia Bouchard
ved. Melchiori
grata per la stima tributata alla sua
cara Estinta, sentitamente ringrazia
tutti coloro che hanno partecipato al
funerale.
Ringrazia in particolare: il dott.
Bertolino, i sigg. Medici delTOspedale
Valdese dj Pomaretto, la Diretti^ce, il
personale infermieristico, il Pastore
Bertinat, la sig.na Clementina Vinay^
la cara cugina lidia Bounous per la
affettuosa assistenza e i vicini di casa coniugi Sapei.
« Il Signore è il mio Pastore,
nulla mi mancherà»
(Salmo 23: 1).
S. Germano Chisone, 10 febbraio 1972
7
25 febbraio 1972 — N. 8
pag. 7
Vita, problemi, prospettive delle chiese valdesi
Chiamati a libertà
I llaldesi tra conservazione e rivnluzione
Ha ancora un senso ricordare (non
dico celebrare) il 17 febbraio 1848? I
falò sulle alture, i pranzi tradizionali, i
discorsi di prammatica, sembrano note false oggi in cui tutto è messo in discussione.
A meno che si voglia, quasi inconsciamente, rievocare i tempi della mancanza di libertà per sentire queU’unità di
spiriti che si sentiva nella comune lotta
contro i persecutori e che oggi non avvertiamo più perché ci troviamo e ci
sentiamo disuniti. Il che è come dire
che i Valdesi avevano bisogno dell’oppressione per sentire una coscienza vocazionale. La libertà concessa avrebbe
ucciso il « senso di popolo » dei Valdesi.
Se così fosse, dovremmo veramente
non più ricordare il 17 febbraio, ma dimenticarlo al più presto per dimenticare l’obbrobrio della nostra perdizione; infatti della libertà avremmo fatto
solo un mezzo per dimenticare il senso
della nostra chiamata.
Tuttavia credo fermamente che si
debba ricordare ancora il 17 febbraio
come appello alla meditazione e come
confessione di colpa.
Innanzi tutto come meditazione. Siamo veramente liberi? Con il 17 febbraio
V del 1848 ci siamo liberati dalle oppres
V sioni, dai pericoli delle persecuzioni e
■: dalle discriminazioni civili. Ma che co
s’è veramente la libertà? È il limite trascendente, non un possesso perrnanente: è solo continuando a fondo il processo di liberazione che possiamo essere liberi; appena ci si ferma in una certa situazione e la si reputa definitiva ed
in essa ci si riconosce liberi, o se ne diventa schiavi o, in questa situazione, ci
si può sentire liberi solo a prezzo di negare la libertà ad altri. Per essere liberi
; bisogna continuamente lottare per liberarci da qualche cosa. La libertà, infatti, c’è soltanto là dove c’è lo spirito
del Signore (2 Cor. 3: 17). Pertanto solo
’ dove c’è lotta per la libertà (religiosa,
politica, civile, sociale, economica) vive
lo spirito del Signore (che è spirito di
■; rispetto delle altrui coscienze, di parità
tra popoli senza imperialismi di alcun
genere, di superamento delle barriere
I sociali e civili senza discriminazioni e
di uguaglianza senza sfruttamenti).
Perciò celebrare il 17 febbraio vuole
anche dire confessare la nostra colpa.
■’ Questa data ci ricorda che siamo sta1 ti chiamati a libertà (Calati 5: 13-15).
Ma che uso abbiamo fatto di questa
libertà in questi ultimi 124 anni? Dovrei dire che ne abbiamo fatto prima
A-q una occasione alla carne: abbiamo ap^ profittato della libertà concessaci per
ir insediarci bene ed il più comodamen
te possibile in quel mondò dal quale,
.. prima del 1848, eravamo esclusi. E
perciò da oppressi siamo diventati conservatori. Ma rendiamoci conto che i
Valdesi, quando erano oppressi, erano
rivoluzionari (cioè volevano trasformaA re la situazione in cui erano), mentre il
^ conservatore è un oppressore (cioè, se
sta bene, sta bene a spese di qualcuno).
In secondo luogo di questa libertà
(e questo è vero soprattutto per questi ultimi anni) abbiamo approfittato
per « morderci e divorarci gli uni gli
altri », come dice Paolo in quel passo
di Calati citato. La contestazione non
; è stata solo una contestazione della
;Ì Chiesa verso il mondo, o non è stata
solo una contestazione della comunità
verso le istituzióni ecclesiastiche che,
per normale logorìo del tempo, potevano anche essere troppo presto invecchiate: è stata una contestazione di fratelli contro fratelli. O meglio, di niembri di chiesa contro altri membri di
chiesa visti solo « sub specie classis »
e nn « sub specie fraternitatis ». Vien
fatto di ripetere con Paolo; « guardate
’ di non essere consumati gli uni dagli
altri ». Se siamo ancora nello spirito
del Signore, siamo nella libertà, ma la
ì libertà a cui siamo stati chiamati deve
; essere un’occasione per servire gli uni
I
I iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiniiiiiimiiiiiiiiijiiiii
i 11 XVII Febbraio
4 alla RIV-SKF
di Villar Perosa
j Puntuale come ogni anno alTappunlamenlo
del XVII febbraio, lo Stabilimento RIV-SKF
di Villar Perosa ha celebrato la ricorrenza valj , dese con una giornata festiva retribuita a tutti
' gli effetti e con una sottoscrizione a favore de
gli Istituti di Assistenza Valdesi.
I La somma raccolta è stata di L. 750.000 di
; cui : Direzione generale RIV-SKF L. 150.000
; Maestranze L. 600.000.
L'importo è stato cosi distribuito: Rifugio
« Carlo Alberto » Lus. S. Giov. L. 100.000;
Ospedale di Pomaretto 150.000; Ospedale di
Torre Pellice 150.000; Casa di riposo di San
Germano 120.000; Casa di ripo.so di San Giovanni 44.000; Convitto maschile di Pomaretto
66.000; Convitto femminile di Torre Pellice
120.000.
I dipendenti valdesi, a nome degli Enti beneficati, esprimono la più commossa riconoscenza a tutti i generosi donatori e collaboratori, cattolici e valdesi, che hanno voluto anche quest’anno celebrare la Festa dell’Emancipazione con un segno cosi tangibile di amore cristiano.
Per il Comitato; Ilario Concorde e
Dino Gardioì
agli altri per mezzo dell’amore, « poiché tutta la legge è adempiuta in questa unica parola: ama il tuo prossimo
come te stesso ».
Se le persecuzioni sono finite, se i
tempi sono cambiati, se le Valli Vaidesi non sono più un ghetto, ciò non
è stato per la parola agitatrice della
violenza, né valdese, né sabauda e
neanche francese. Anzi, la violenza sabauda e francese dei secoli scorsi non
ha potuto impedire al pugno d’eretici
delle Alpi Cozie di diventare oggi la
possibilità di lievito, sparso su tutta
l’Italia ed oltre. Ad un patto, però:
saremo lievito di ogni rivoluzione che
sia autentico processo di liberazione
solo se « per mezzo delTamore serviremo gli uni agli altri », solo se alla
parola agitatrice della violenza sapremo sostituire la violenza trasformatrica della Parola. Come fu per il Cristianesimo primitivo, che trasformò il
mondo romano senza compromettersi
con le filosofie del tempo e compiendo la più gigantesca rivoluzione non
violenta che mai gli uomini siano stati capaci di fare e con conseguenze assai più durature di tutte le rivoluzioni
violente che gli abitanti della terra abbiano provocato prima o dopo l’avvento di Cristo.
IL XVII FEBBRAIO
A POMARETTO
Al mattino predica su Giona : è stato ricordata l’enorme importanza della predicazione
nella Storia valdese, nonché la coerenza del
nostro popolo nei momenti e nelle situazioni
difficili della storia. Tra gli episodi significativi è ricordato il messaggio che il governatore
di Perosa invia nel 1575 a Emanuele Filiberto: « I Valdesi hanno ancora quattro ministri in questa valle; essi predicano tre volte
la settimana ciascuno e dicono esortazioni una
volta al giorno in pianura ed in montagna;
queste prediche minacciano non solo la propagazione della fede cattolica, ma anche la
conservazione stessa del culto cattolico ». Gli
editti per bloccare questa testimonianza aumentano, eppure la predicazione è fatta in
tutti i modi e in tutte le forme.
Oggi gli editti e le sentinelle per proteggere i fedeli non ci sono più; eppure dal cuo
Aspetti positivi!di una giornata
re stesso den nostro popolo scaturisce oggi
un editto inteso a raffreddare quei pochi che
amano la Parola e la spiegazione, a mezzo
dell’ironia e del giudizio senza appello; oppure
si prende in giro l’opera nel mondo di quanti
cercano una via di rinnovamento alla luce
della Parola.
Purtroppo le comparse sono innumerevoli
ed i protagonisti pochi.
Il delegato di Onex Jean Pierre Muston ha
poi recato un vibrante messaggio di appello
e di stimolo a non abbandonare la Via seguita da Valdo e dai Valdesi nel passato.
All’ospedale la corale, le bande dei signori
Arturo Bernard e Arturo Coucourde hanno
dato un contributo di testimonianza ai malati.
In serata i cori diretti dal Pastore Aime, i
<c pezzi » scelti della Banda pomarina nonché
la rievocazione storica molto appropriata del
iiiiiiiiiimiimiiiimMiiiiiiiiimmiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiMiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiKffiiMiiii
Notiziario Rioplateiise
Roberto Jouvenal
iiiiiiiiiniiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiMimiiiinÌMiniiiiiniiiiiiu
Lucca
50 anni fa il fratello Gino Juon (ora residente a Roma) si è sposato a Lucca; e nella nostra chiesa è venuto con la moglie a chiedere,
nella comunione con fratelli, la grazia di Dio;
domenica 13 febbraio hanno desiderato tornare ad unirsi alla comunità di Lucca per ringraziare insieme il Signore, ponendoci tutti
insieme in ascolto della Parola del Signore.
E difficile farsi un’idea chiara delTattuale situazione civile e politica nei
paesi del Rio de la Piata e nella Chiesa
Valdese che vive in quella regione. Le
notizie che ci giungono attraverso il
«Mensajero Vaidense», il «Renacimiento » (organi ufficiali rispettivamente della Chiesa e della gioventù valdesi), i bollettini delle chiese, altre pubblicazioni e comunicazioni private sono
talvolta contraddittorie. Da un lato rispecchiano le tensioni politiche e sociali createsi in Uruguay negli ultimi anni (della situazione argentina gli organi valdesi non parlano quasi mai); dall’altro la vita delle singole comunità
non sembra essere molto cambiata.
Articoli di fondo, lettere di disapprovazione ai direttori dei giornali, prese di
posizione e smentite mostrano le divergenze tra i vari punti di vista politici.
Nel « Mensajero Vaidense » sembra
prevalere l’interesse per questioni d’attualità politica ed ecclesiastica con vive aspirazioni a un rinnovamento sostanziale della società. Vari articoli so
I lettori ci scrivono
Parole
come pietre
Un lettore, da Roma:
Signor direttore,
nella disputa tra alcuni giovani della
FGEI e alcuni giovani battisti di Roma
consenta di intervenire a un anziano, proveniente dal cattolicesimo, convertito nel
1930 all’età di 17 anni (ero allora un giovane anch’io) per aver trovato nel Messaggio evangelico non soltanto una parola di
Verità (ed io vivevo a quel tempo a Napoli, la città del miracolo del sangue di San
Gennaro), ma anche il senso dell’amor fraterno, nonché uno spirito di Libertà. E a
questo sentimento di Libertà sono stato
sempre coerente anche nelle scelte politiche.
Non intendo entrare nel merito della disputa(i giovani hanno il diritto di vedersela tra loro), ma intendo riferirmi soltanto
ad una questione di linguaggio. Leggo in-,
fatti nella lettera della Comunità della
Garbatella parole come queste; non tolleriamo; nella lettera del’Unione giovanile
di Ariccia; ipocrita affermazione, cattiva
coscienza; e infine in quella della Giunta
della FGEI Toscana : deplorare, scorrettezza. Non mi sembra che espressioni come queste dovrebbero trovarsi nel vocabolario di evangelici, sopra tutto per impiegarle nei confronti di fratelli. Le parole
sono, a volte, come pietre, dure e pesanti,
e non dovrebbero esser scagliate tanto facilmente. Ove è la Carità, di cui ci parla
San Paolo nella Prima Epistola ai Corinzi? E sta anche scritto: «Non ci giudichiamo dunque più gli uni gli altri ». (Romani 4: 13)
Ma trovo poi inaudito che si rivolga invito ad un organo superiore, quale sembra
si consideri il Consiglio Nazionale della
FGEI, perché intervenga « mettendo in
atto tutte le opportune misure per far cessare tali gravi manifestazioni ». A quando
l’istituzione del Sant’Uffizio nelle Chiese
Evangeliche?
Riceva, signor direttore, i miei fraterni
saluti Ero.s Vicari
Inglesi per rappresaglia gettassero a mare i
cattolici che vivono in Inghilterra! Si dice
che la religione non c’entra e che si tratta
di beghe politiche! Ma intanto chi ha interesse a strumentalizzare la religione allo
scopo di portare acqua al suo molino, la
vede diversamente!
Il segretario generale dell’ONU è stato
ricevuto in Vaticano non certo per parlare del clima di Roma! Cinque preti cat- telici si recano nei campi di isolamento
allo scopo di confortare gli internati. Dopo
alcune ore, escono dall campi d internamento sei sacerdoti, e se ne vanno per i
fatti loro. Poi ci s’accorge che un capo terrorista è stato fatto evadere! Lo ha detto
compiaciuta la radio italiana, che tutti
hanno potuto ascoltare. Nei cortei, che sono dimostrazioni di forza, i preti sono sempre in testa. Ai detrattori dell’Inghilterra
ricorderò che se oggi possiamo scrivere
queste cose sul nostro giornale, in parte
io dobbiamo alla perfida Albione, che con
tutti i suoi difetti, rimane sempre il baluardo della libertà; ciò è stato dimostrato
abbastanza chiaro nell’ultima guerra. Cosa sarebbe capitato alla Devlin se avesse
preso a schiaffi un capo di governo Russo? « La Stampa » di oggi dice che il principe di Galles sarebbe stato chiamato tonto(!) da un deputato dell’opposizione alla
Camera dei Comuni senza che nessuno sia
stato arrestato! Che cosa capiterebbe agli
Ebrei Russi se reclamassero il diritto di
espatriare col mitra in mano? Risponda il
Sig. Peyrot! Questi sono fatti, la fantasia
la lascio a chi ha pregiudizi antinglesi. Ripeto che se i cattolici dell’Ulster fossero
seriamente minacciati, se ne andrebbero
al sud. Invece non si muovono perché sanno che andrebbero a stare peggio. Se nessuno li aizzasse, le beghe sarebbero presto
appianate. Sig. Conte, il fratello Peyrot
può professare le idee che vuole, nessuno
gliele contesta, ma visto che le propaganda sul giornale della chiesa che è una libera palestra per il confronto delle idee, aperta a tutti, la prego di pubblicare quanto
ho scritto; giudicherà chi legge!
Guci.iemo Sellari
L’IRA
senza aureola
Un lettore, da Torino:
Signor direttore,
Le trasmetto un ritaglio de « La Stampa » (che è meno antiprotestante de « La
Luce ») del 13 corr. Come vede, non tutti
coloro che si occupano di politica, vedono
le cose con gli occhi del Sig. Peyrot, che
d’altra parte io stimo molto. Egli nel n°
6 della « Luce », spara a zero contro l’esercito inglese responsabile della strage degli
innocenti! Già, perché i seguaci dell’IRA,
non sarebbero terroristi, bensì pacifici cittadini che reclamano i loro diritti umani
e civili armati di sola corona! Qui si cambiano le carte in tavola con una disinvoltura che meraviglia! Cosa vogliono i terroristi irlandesi? È semplice! L’isola tutta
per loro nell’intento di buttare a mare i
protestanti. Chissà poi cosa direbbero questi patrioti onesti, dal mitra facile, se gli
P. S. Il ritaglio citato è una lettera a
« Specchio dei tempi » inviata da Bangor
(Gran Bretagna):
« Le calunnie contro Plnghilterra nei
giornali esteri imperversano. È venuto il
tempo di "tuonare verità”, per citare l’Alfieri. I protestanti dell’Ulster son li dal
’700. Se si battono coi cattolici, l’Inghilterra è tenuta responsabile; se interviene e
fa il suo dovere, è vilipesa.
« Vorrei vedere qualche lacrima per le
vittime dell’IRA, quando "quei signori”
bombardano negozi e stazioni d’elettricità
e massacrano passanti innocenti ».
Alexander Foscarina
N.d.r. “La Luce"non è antiprotestante.
Condanniamo npi pure il terrorismo delITRA, non solo in sé, ma anche per tutto
ciò che vi è di torbido dietro quel movimento. Siamo poi ben coscienti della complessità della questione irlandese. R. Peyrot ha semplicemente scritto che la strage
di Londonderry è stata una strage. E tale
— ci pare— resta. Il torto altrui non giustifica mai il nostro, vero^
no dedicati alla ristrutturazione della
Chiesa Valdese della regione, specialmente riguardo a comunità - presbiterio - sinodo. La cronaca delle chiese è
sempre ricca di notizie. Fra l'altro ci
informa di una cerimonia nel Museo
Valdese di Vaidense nella ricorrenza
del 15 agosto e di una gita di valdesi
uruguayani nel Brasile con visita ai fratelli presbiteriani a San Paolo e Rio de
Janeiro. Il « Renacimiento , pur trattando questioni politiche, è di intonazione
piuttosto campestre-conservatrice con
una particolare nota pietista.
NOTIZIE DELLE COMUNITÀ’
Colonia Iris (Argentina) ha festeggiato nella seconda metà di ottobre il suo
70“ anniversario. Anche la chiesa valdese si è associata a questa celebrazione
con un culto. Vari pastori che esercitarono il loro ministero in questa vastissima parrocchia, composta da vari nuclei e chiese, distanti fino a 600 km tra
di loro e suddivisa in due zone pastorali soltanto da alcuni anni, si recarono a
Villa Iris e Iacinto Arauz per questa
I occasione. La predicazione festiva fu
affidata al pastore Daly R. Perrachon,
mentre il pastore residente, Carlos Deimonte, si occupò di tutta Torganizzazione.
Colonia Belgrano - San Carlos (Argentina). Anche in Argentina si verifica un
esodo costante delle popolazioni rurali
verso le città. Dal villaggio Colonia Beigrano e dintorni molti membri di chiesa si sono spostati verso la vicina cittadina di Gàlvez (Sta. Fe). Da anni si tenevano i culti in case private, e in seguito in un piccolo locale. Il 15 agosto
1971 è stato dedicato solennemente un
édifrciO di proprietà della chiesa valdese. Nella vicina località San Carlos,
la comunità valdese veniva curata dal
pastore di Colonia Belgrano. Per dare
nuova vita a questa chiesa un po’ negletta, un po’ addormentata, le è stato
concesso un pastore « suo », per un anno nella persona di Gérald Nansen.
Nelle cronache della comunità di San
Carlos nel « Mensaj ero Vaidense » si
possono cogliere i primi segni di un
rifiorire della vita di quella chiesa.
Piano di attività in una comunità valdese.
Scegliamo a caso l’orario delle attività in una chiesa valdese rioplatense.
Il bollettino del mese di ottobre di
Ombùes de Cavalle (Uruguay) con ca.
420 membri comunicanti segnala le seguenti riunioni regolari;
Culto nel capoluogo ogni domenica;
Culto ogni domenica (o sabato) in due
o tre quartieri della parrocchia che
ne comprende ben sette!
Scuola domenicale nel capoluogo e in
quattro quartieri tutte le domeniche,
in uno due volte al mese;
Catechismo nel capoluogo ogni settimana e in tre quartieri prima o dopo il
culto;
Nel capòluogo si riuniscono inoltre la
unione femminile (due volte al mese),
e settimanalmente Tunione giovanile, i cadetti, il coro e un gruppo per
10 studio biblico.
11 pastore (in questo caso una giovane assistente di chiesa) anche se coadiuvato da un efficiente consiglio di
chiesa non ha tempo da perdere spostandosi spesso su strade non asfaltate
da un quartiere alTaltro, distanti una
decina di km. dal capoluogo.
Nella chiesa di Vaidense (ca. 1050
membri comunicanti) il cui pastore è
il moderatore della regione rioplatense,
si celebrano da tre a quattro culti ogni
domenica nel capoluogo, in due cittadine e a turno nei sei quartieri.
Facoltà di teologia a Buenos Aires
Da fonte privata ci è stata segnalata
la nomina del nuovo rettore di ISEDET
( = Istituto superiore di studi teologici),
il pastore metodista Roberto Rios, che
succede al dr. Juan Littwiller, deceduto
alcuni mesi or sono.
Il prof. José Miguez Bonino e stato
invitato alla « Pacific School of Religion » in Berkeley (California USA) a
tenere un ciclo di lezioni sulla situazione rivoluzionaria neU’America latina.
Il suo corso si svolgerà in febbraio in
occasione di una conferenza pastorale
con più di mille partecipanti.
Aja Soggin
Pastore Aime sono stati molto apprezzati dalla Comunità. La sera del venerdì incontro con
la delegazione svizzera e discussione animata
sul problema delle « restrizioni » verso i baraccati di Ginevra, la situazione delle chiese
locali e altri problemi. La delegazione era
così composta; Jean Pierre Muston, Enrica
Jahier in Muston, Nino Coucourde di Onex, il
signor Pradervant di Onex, la signora Rohrer, il signor Hostettler di Grand Lancy, il
signor Kraf di Bernex Confìgnon.
All’agape del XVII panoramica storica sulla Libertà in riferimento alla concessione dei
diritti civili del 1848, le vicende storiche fino
a' fascismo, il Concordato con i privilegi concessi alla chiesa ed i non privilegi dei « Culti
ammessi » limitativi della Libertà per gli
Evaiigelici e infine la Costituzione con l’art. 7.
Abbiamo gradito il saluto di Marsiglia comunicatoci dalla signora Poét, di Hubert
Gaydou di Lione, il saluto del sindaco di Pomaretto, del dr. Avanzi e ringraziato il sindaco
di Inverso, Andrea Olìvero per la preparazion.i dell’Agape, la commissione preposta all’organizzazione; Giosuè Rìbet, Vitale Jahier, lAiigi Marchetti, Renato Long, le famiglie che
hanno ospitato la delegazione svizzera, le maestranze e responsabili della RTV per i doni a
favore delle nostre opere.
Domenica 27 : assemblea di Chiesa ore 10,30
Sabato 26 : Conferenza del Pastore Giorgio
Tourn sulla Predestinazione e la libertà dell’uomo. Si tratta della seconda conferenza,
ore 20,30 alla cappella valdese di Perosa.
Domenica 27 ; culto al Clot Inverso ore 10,
in via eccezionale.
Lunedì 29 ; riunione a Perosa alla cappella, giovedì 2 marzo; riunione alla Paiola.
Domenica 20 febbraio il culto è stato presieduto dal dr. Guido Ribet. A nome della
chiesa lo ringraziamo di cuore.
Convegno monitori
ad Ivrea
Domenica 5 marzo, avrà luogo nella chiesa valdese di Ivrea un convegno
di monitori e monitrici della Scuola
Domenicale. L’invito è stato già esteso
dal Past. Thomas Soggin mediante
una circolare alle Scuole Domenicali
della zona.
Il convegno si aprirà con il culto
comunitario, alle ore 10. Seguirà una
conservazione del Prof. Ezio Ponzo dell’Università di Roma su questo tema;
Credenze infantili e alienazione religiosa. La discussione avverrà nel pomeriggio.
La comunità di Ivrea è lieta di poter
accogliere monitori e monitrici di altre comunità.
A scanso di equivoci sì informa che
il pranzo (self Service) a cura della
comunità è riservato unicamente a loro, nella impossibilità di estendere l’invito a chiunque partecipi al convegno
per interesse personale.
Le Scuole Domenicali interessate abbiano la cortesia di informare al più
presto il Pastore di Ivrea circa il numero dei partecipanti.
Doni prò Eco-Luce
Da Firenze: Arnaldo Gay L. 500; Stella
Gullino 1.500; Francesco Massa 500; Zenaide
Neumann 1.500; Barberina Mangiardi 1.500;
Leopoldo Sansone 500.
Da Pomaretto: Giovanni Prandini 500; Germana Costantino 1.500; Attilio Pons 500; Enrico Artero 500; Maria Bounous 500; Lìdia
Léger 500; Chiesa Valdese di Pomaretto 10
mila.
Da Torino: Giovanni Rostagno 500; Roberto Malan, 500; L. C. 3.000; Oriana Bert
1.500; Lido Cavaglià 500; Vincenzo Gay 500.
Giusto De Walderstein, Cìnisello 500; Enrico Chambon, Inverso Pinasca 500; Elena
Mosca Toba, Brindisi 500; Elio Volpi, Loano
1.500; Ernesto Mondini, S. Fermo della Battaglia 500; Rita Molinari, Moncalierì 500; Lorenza Vannuccini, Siena 500; Eliseo Loreto,
Carunchio 500; Emanuele Tron, Genova 500;
Grazie! (continua)
iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiMiiiiiiniiiixixoiifiiffiifiiffiffiifi**’*
ERRATUM; in uno degli ultimi elenchi una
offerta di L. 1.500, da Milano, è stata erroneamente attribuita a Mario anziché a Eranco
Falchi. Ce ne scusiamo.
VACANZE
Corsi estivi
di francese
Per ragazze dai 14 ai 20 anni
“Casa Gay’’
Via Volta 2 - 10066 Torre Pellice
dal 2 al 23 luglio 1972
L. 2.000 al giorno
Insegnanti francesi.
Gite
Attività manuali del tempo
libero.
Contemporaneamente è previsto
un corso d’italiano per ragazze
di lingua francese, per facilitare
l’incontro.
8
pag. 8
N. 8 — 25 febbraio 1972
I NOSTRI GIORNI
UOMINI, FATTI, SITUAZIONI
Versailles:
nuova denuncia
della “sporca,, guerra
Questa settimana, contrariamente al
solito, ci interesseremo di un solo argomento e vale a dire dell’Assemblea
mondiale per la pace in Indocina che
si è tenuta nei giorni scorsi a Versailles, nei pressi di Parigi. Gli americani, che a parole dicono di voler la
pace ma che ancora adesso hanno scatenato degli spaventosi bombardamenti aerei di varie regioni della penisola
indocinese, hanno fatto di tutto per
impedire questa assise mondiale (erano presenti oltre milleduecento delegati in rappresentanza di un’ottantina di paesi) dicendo che essa era « incompatibile col clima di neutralità
che deve regnare attorno alla conferenza di Parigi ».
Qui appresso daremo alcuni dati
emersi ancora una volta in occasione
dell’Assemblea e ci limitiamo a porre
una sola domanda: sono dati che consentono àd una persona di rimanere
« neutrale » e di assistere con impassibilità o anche con disinteresse a fatti tanto lontani?
I delegati hanno dichiarato la loro
solidarietà ai rappresentanti di Hanoi, del GRP, del Fronte Unito di
Cambogia e del Patet Lao, che lottano per la liberazione dei propri paesi. Sono venuti anche un centinaio di
delegati dalla stessa America per testimoniare contro la guerra e la politica di guerra di Nixon, contro le distruzioni, contro i massacri, contro le
sevizie, contro i bombardamenti aerei, ché sono stati ripresi con rinnovata violenza proprio mentre si poteva prevedere una schiarita.
La denuncia
degli scienziati
L’assemblea ha avuto anche un
aspetto scientifico grazie alla partecipazione di numerosi scienziati che
hanno rivelato particolari agghiaccianti, a prescindere dai milioni di
persone fra morti, profughi e prigionieri. Ci riferiremo in modo particolare alle relazioni degli americani
Pfeiffer e Westing, di cui possiamo solo riportare alcuni scarni dati, altrimenti ci servirebbe tutto il giornale.
Sulla penisola indocinese dal 1965 al
1970 sono stati scaricati 12 milioni di
tonnellate di bombe e cioè il doppio
di quelle sganciate su Europa, Asia e
Africa da tutti i belligeranti della seconda guerra mondiale. Da questa cifra sono esclusi i proiettili d’artiglieria, i razzi, le mine, le tonnellate di
napalm e di prodotti chimici sparsi.
Metà del tonnellaggio jè stato riversato sul Vietnam del sud ( « alleato » de
Abolita
la pena di morte
in California
La corte suprema dello stato della
California ha abolito la pena di morte
perché « contraria alla costituzione
americana ». La cosa dovrà essere ratificata dalla suprema corte degli USA.
La decisione è stata presa per sei voti
contro uno. La cosa è particolarmente
significativa quando si pensi che governatore dalla California è l’ex attore
Ronald Reagan, conservatore e razzista,
il quale si è detto « molto dispiaciuto »
perché viene « messa in pericolo la sicurezza dei cittadini ». Attualmente vi
erano 108 condannati a morte nelle
carceri californiane in attesa di esecuzione: ora la loro nuova condanna sarà l’ergastolo.
Dall’inizio del secolo in California
sono state « giustiziate » 503 persone :
308 impiccate e le altre nella camera
a gas.
Nascono cosi nuove polemiche circa
1’« efficacia » della pena di morte. Restando aRe statistiche esse dimostrano
chiaramente che l’abolizione di questa
pena non fa aumentare i crimini. Ciò
nonostante una parte dell’opinione pubblica è favorevole alla pena di morte
in nome della « legalità e dell’ordine ».
gli USA), non solo, ma concentrato
in determinate zone « infide »: in queste zone è stato realizzato il cosiddetto « bombardamento a saturazione » e
cioè cratere attaccato a cratere. Le
co|iseguenze, anche dal punto di vistd ecologico, sono spaventose: oltre
a èssere stato raso al suolo tutto quanto sorgeva, dalle abitazioni alla vegetazione, (alberi fruttiferi, foreste di
manghi, piantagioni di cocco, di banane, di gomma, foreste di legni pregiati) questa « craterizzazione » del
, terreno ha creato delle sterminate paludi (i crateri infatti si sono riempiti
d’acqua) invase da alghe ed erbe nocive e pericolosi veicoli di zanzare: il
paludismo rischia di diventare la più
diffusa malattia dei prossimi anni con
terribili conseguenze.
Circa i defolianti e cioè quei prodotti chimici che distruggono il fogliame
Direttore responsabile: Gino Contb
Reg. al Tribunale di Pinerolo
N. 175 - 8/7/1960
delle foreste per privare di un rifugio
i vietcong, dopo le proteste mondiali,
gli americani sono ricorsi all’abbattimento puro e semplice mediante mostruosi trattori da venti tonnellate fla
cui lama da sola pesa due tonnellate
e mezzo). Mediante squadre comprendenti ognuna trenta di questi trattori
vengono rase al suolo foreste dopo foreste. Il rapporto al riguardo afferma:
« nessun albero per quanto alto, nessuna giungla per quanto estesa possono resistere a queste macchine che
hanno intrapreso la più grande opera
di distruzione della natura che sia mai
stata concepita nella storia dell'uomo
(il corsivo è nostro) ». In previsione
del ritiro delle truppe americane, militari vietnamiti sono stati affiancati a
quelli statunitensi in queste e altre
operazioni analoghe in modo che non
solo verrà realizzata la vietnamizzazione della guerra ma anche la « vietnamizzazione della distruzione del
Vietnam ». Anche in questo caso, oltre
agli immensi danni immediati, seguiranno quelli ecologici. Al posto delle
foreste e delle piantagioni crescono
canne ed erbe nocive: alle prime pioggie l’acqua rode rapidamente la terra,
con successive inondazioni che distruggeranno a valle piantagioni e
villaggi.
Altro mostruoso fattore di distruzione sono le « falciatrici di margherite » (come sono state gentilmente
battezzate dagli americani). Si tratta
di bombe di 7,5 tonnellate, la cui potenza distruttiva è solo superata dall’atomica. Esplodono a mezz’aria e
« qualsiasi forma di vita animale e
vegetale, qualsiasi essere umano nel
raggio di un chilometro vengono annientati ». I due scienziati concludono
amaramente: « Non si. tratta che di
un mezzo in più nel gioco infernale
che sta modificando irreparabilmente
l’ecologia di un intero paese ».
L’Assemblea, che si è suddivisa in
varie commissioni che hanno consi
derato il gravissimo problema sotto
gli aspetti politici, economici e pratici ha poi votato il seguente
Appello
«_„.I1 governo degli Stati Uniti ha
deciso, nel quadro della sua strategia
mondiale, di instaurare la sua dominazione in Indocina. Davanti alla resistenza accanita dei popoli di questa
regione del mondo, sotto la pressione
dei popoli del mondo intero, compreso il popolo americano, il presidente
Nixon è stato costretto a ritirare una
parte delle truppe terrestri americane dal Vietnam del sud e a parlare
di pace.
Ciò non significa che egli rinunci a
proseguire la guerra. Al contrario egh
la intensifica attraverso una recrudescenza dei bombardamenti e l’utilizzazione di armi sempre più mortali destinate alla distruzione sistematica
della vita umana. L’Indocina è diventata un terreno di esperimenti per
queste armi perfezionate di cui nessuno può predire oggi quale sarà l’utilizzazione futura.
...Noi reclamiamo per i popoli vietnamita, laotiano e cambogiano il diritto senza riserve alla pace e alla libertà nell’indipendenza.
Noi reclamiamo che il governo degli Stati Uniti ritiri rapidamente e
completamente tutte le sue forze armate da questa regione; che fissi una
data precisa per questo ritiro, che cessi la guerra aerea e tutte le attività
militari contro i popoli dell’Indocina.
Noi reclamiamo che il governo americano cessi qualsiasi appoggio ai governi che egli stesso ha installato e
che nelle sue mani sono strumenti di
guerra e di neocolonialismo, che lasci i popoli deirindocina liberi di disporre del loro destino senza alcun intervento straniero ».
Roberto Peyrot
Echi de Ila settimana
a cura di Tullio Viola
Coop. Tip. Svhalpina - Torre Pellice (Torino)
UN PROBLEMA DIFFICILE
MA NON INSOLUBILE
È quello dell’Irlanda. Su questo
settimanale si è già scritto a più riprese sulla tristissima, sciagurata
guerra civile che imperversa in quel
paese, soprattutto per stigmatizzare le
grandi e funeste ingiustizie che ivi si
commettono in nome di antichi odi religiosi, o come conseguenze lontane di
quegli odi. Ma, una volta tanto, c’interessa un’analisi esclusivamente politica del problema, la più obiettiva possibile.
Ci sembra di cogliere una tale analisi nel seguente articolo pubblicato
da « Le nouvel observateur » del 14-20
febbraio 1972, articolo di Leo Stilpskin
(inviato speciale nell’Irlanda del Sud)
dal titolo « Il piano Lynch », e dal sottotitolo significativo: « Tutti sanno
ora che il paese sarà unificato... fra
dieci o vent’anni! »,
« In Irlanda (...) la questione non è
più tanto formulata dalla domanda
“Quando?", quanto piuttosto dalla domanda “Come?". Ognuno sente che la
conclusione si sta avvicinando, e i diversi meccanismi proposti per l’edificazione dell'Irlanda sono, oggi, all’ordine del giorno.
Qualunque siano gli uomini e i partiti nell’Irlanda del Sud, le divisioni
dipendono più dai dettagli che da differenze fondamentali. V’è un consenso generale sul metodo proposto dal
primo ministro Jack Lynch: cominciare con un accordo preventivo con gli
inglesi su una unificazione a lungo termine; proseguire poi, dopo un periodo transitorio molto lungo, dai dieci
ai vent’anni, con un’armonizzazione
economica possibile senza gravi urti
(grazie al Mercato Comune). Un governo transitorio (forse addirittura
permanente) continuerebbe a dirigere
il Nord, sotto copertura federale e grazie all’instaurazione d'una nuòva costituzione.
A parte qualche dettaglio, il “piano
Lynch" è approvato dalla grande maggioranza degl'irlandesi del Sud. Il partito conservatore “Fine-Gael", che è
all’opposizione, sostiene Lynch nella
sua politica verso il Nord, malgrado
l’esistenza d’un piccolo nucleo, più duro, che vorrebbe ridurre il periodo
transitorio a cinque anni. Il partito^
laburista irlandese, che ha anche lui
una frazione di duri, mette l’accento
su una nuova costituzione, preliminare a qualunque regolamentazione a
lungo termine. Uno dei capi del partito laburista. Conor Cruise O’ Brien,
ex segretario generale-aggiunto all’ONU, dice: “Come volete che i protestanti accettino l’art. 44 della nostra
costituzione, che riconosce alla chiesa
cattolica una posizione di predominio?
E come volete che essi siano soddisfatti di entrare in un paese che proibisce il divorzio e le pratiche anticoncezionali?".
Alcuni laburisti, fra i quali O’Brien,
sarebbero d’altra parte disposti a dare la doppia nazionalità, l’inglese e
l’irlandese, a quelli che ne facessero
Oltre l’eredità coloniale, dai contrasti’'Itribaii alla unità nazionale
Il Presidente Kaunda dello Zambia
e S. Kapwepwe, i'oppositore
7 mezzi d’informazione hanno dato
notizia che nello Zambia il governo,
presieduto da Kenneth Kaunda, ha preso dure misure nei confronti di una
parte dell’opposizione, guidata da S.
Kapwepwe. Al pastore Roberto Coisson, per molti anni all’opera in quella
regione e buon conoscitore dei suoi
problemi anche se è rientrato in Italia
prima della proclamazione dell’indipen
Kenneth Kaunda
denza di quella giovane nazione, abbiamo chiesto una valutazione di queste
misure. K. Kaunda, che si dichiara
apertamente membro della Chiesa Unita dello Zambia, ha avuto in questi anni di non facile governo relazioni amichevoli e costruttive con la Chiesa, come ha ribadito pochi mesi fa, a Parigi,
in visita presso la sede della Société
des Missions Evangéliques (ora della
Communauté Evangélique d’Action Apostolique) e corne documenta la raccolta di lettere di Kaunda curata dall’amico pastore Colin Morris, presidente della Chiesa unita dello Zambia, Une
politique pour l’homme en Afrique (Ed.
Les Bergers et les Mages, Paris 1979).
Siamo grati al past. R. Caisson per la
nota che segue.
domanda. Ciò per evitare nei protestanti del Nord il sentimento d’un brusco abbandono della loro madre patria.
Le due frazioni opposte dell’I.R.A.
sono anch’esse, e tutt’e due, per un
periodo transitorio di cinque anni. Per
la frazione “ufficiale", che vuole la trasformazione dell’Irlanda in senso marxista, la soluzione auspicata è un’autonomia regionale molto larga, con quattro parlamenti locali legati fra loro in
una federazione. Ma questo progetto,
costoso e poco pratico, sembra essere
utopistico e non avere probabilità di
realizzazione.
Ciò che soprattutto sorprende, nei
più intransigenti partigiani della violenza, è il netto desiderio di soddisfare alle rivendicazioni dei protestanti.
Alcuni vedono, nell’eventuale a.pporto
di “sangue nuovo" da parte dei protestanti del Nord, un’occasione insperata per l’Irlanda tutta intera.
Irlandesi di tutte le denominazioni
politiche ammettono che Un cambiamento di costituzione è essenziale, prima che una riunificazione venga accettata dai protestanti. Ma essi dicono anche che il conservatorismo ha
una tale forza nel paese, da esser necessario che la stessa chiesa cattolica
irlandese si faccia promotrice d una
campagna per un tale cambiamento.
È ben vero che il cambiamento segnerebbe la fine della potenza ufficiale del cattolicesimo (ed infatti, soltanto pochi anni fa, esso era addirittura
inconcepibile). Ma oggi, persino in
Irlanda, i seminaristi si radtcaltzzano,
le vocazioni si fanno più rare ed il
clero, in generale, si muove.
Un membro del governo di Dublino
dice: “Io non sono contro i protestanti che parteggiano per l’unione con
l’Inghilterra. Fanno la loro politica.
Ma basterebbe die tingili'terra ritirasse il suo appoggio, e noi sapremmo
subito metterci d’accordo. Al sigrior
Heath occorrerebbe un po’ della larghezza di vedute, un po’ della fermezza e un po’ dell’indifferenza che aveva
il generale de Gaulle” ».
PER L’AUTODETERMINAZIONE
DEL POPOLO PALESTINESE
«L’UEJF {= Unione degli Studenti
Ebrei di Francia) ha tenuto giorni fa
a Cannes il suo congresso nazionale,
interessandosi al problema palestinese. Pur auspicando tuguaglianza dei
diritti per la minoranza araba d Israele, l’UEJF ha affermato il “diritto del
popolo palestinese aU’autodeterminazione naz.ionale", e ha dichiarato di
appoggiare "ogni forma di lotta rivoluzionaria in Israele".
L’UEJF è tunica organizzazione di
studenti ebrei in Francia. Essa è composta di elementi di diverse tendenze
politiche, pur essendo fortemente
orientata verso sinistra. Com’è noto,
essa partecipò, a suo tempo, alla lotta contro la guerra d’Algeria e, in ternpi recentissimi, a quella contro la
guerra d’Indocina ».
(Da « Le Monde » del 19.2.1972).
A prima vista le misure repressive
molto severe prese dal Presidente
Kaunda dello Zambia, nei riguardi di
S. Kapwepwe, ex vice-presidente, suo
amico d’infanzia, stretto collaboratore
durante gli anni cruciali della lotta per
l’indipendenza e la costituzione della
Repubblica, sembrano veramente eccessive e non giustificate.
Tanto più che il partito di opposizione, costituito subito dopo Tindipendenza, chiamato « African National Congress » (Congresso Nazionale Africano),
che ha una consistenza numerica abbastanza rilevante nel parlamento, non
è mai stato oggetto di simili misure repressive.
La cosa mi sembra poter essere spiegata in questo modo: il Congresso Africano Nazionale è stato ed è tuttora sostenuto dalla maggioranza delle tribù
del Sud e Sud-Ovest dello Zambia, però
non sembra che possa ottenere facilmente l’appoggio di altre tribù, in modo da avere la maggioranza nel parlamento.
Il nuovo partito, capeggiato da Kapwepwe, costituito nello scorso agosto,
anche se attualmente è senza importanza in parlamento (ha un solo seggio, se
non erro) ed ha pochi seguaci (un po’
più di cento sono stati arrestati), costituisce una seria minaccia per il partito
al potere e per l’autorità del presidente Kaunda.
Questo perché il « United National
Independent Party » (Partito Unito Indipendente Nazionale) di Kaunda è sostenuto dalle tribù del Centro e del
Nord-Est dello Zambia, fra cui i Bemba
sono di gran lunga i più numerosi. Ora
Kapwepwe è un Bemba, mentre Kaunda appartiene a una tribù minore, emigrata originariamente dal Malawi. La
scissione provocata da S. Kapwepwe
nella compagine del partito al potere,
colla possibilità di una defezione massiccia dei Bemba, potrà avere delle conseguenze disastrose per il partito al potere, e iniziare un periodo di lotte intestine fatali allo sviluppo economico di
tutta la nazione, che fin’ora ha goduto
di una certa stabilità malgrado le circostanze difficili che ha dovuto attraversare sul piano internazionale.
Tenendo , conto delTimportanza che
riveste in tutti i paesi africani il problema delle relazioni fra le diverse tribù, unificate in un primo tempo dai governi coloniali, e ora impegnate in una
difficile marcia verso una unità nazionale, tale mi sembra essere la spiegazione della decisione presa dal presidente Kaunda, che in generale è stato
moderato verso i suoi oppositori ed ha
cercato di avviare il suo paese verso,
un regime seriamente democratico.
Roberto Coisson
uimiimiiiiiimiiiiiiiiiiiiii./iiMiiiiiiiiitiiiiiiiiiimiiiiiiiimiiiiiiimiiiiiiiiiiimmmiiimiiiiiiiiiiiiiiuiiiiiiiimiiiiiiiiiiii)'
la dottoressa Ida Scodder, fondatrice del complesso
ospedaliero antilebbra di Veliere
(segue da pag. 5)
venire voi, Ammal, non possiamo accettare l’aiuto di un uomo per le nostre
donne, la nostra legge lo vieta; ma voi
dovete venire ».
L’indomani tre cortei funebri che si
recano al luogo della cremazione, passano di fronte alla casa di Ida: le tre
donne sono morte in preda ad atroci
sofferenze, la sposa di 14 anni, la madre di numerosi bambini, la moglie
affezionata di un povero indiano.
Ida, singhiozzando, si rinchiude in camera, lotta e prega a lungo; alla fine
strappa la lettera che stava scrivendo
la sera prima, e prende con fermezza la
decisione di ritornare in America per
studiare medicina, allo scopo di stabilirsi in India e venire in aiuto alle donre indiane. Non senza lacerazione, non
senza sacrificio, non senza ribellione,
ma alla fine vittoriosa, ha risposto affermativamente al piano di Dio per la
sua vita.
* * *
Dopo r accettazione completa dell'opera che il Signore le ha così incisivamente posto dinnanzi, la vita di Ida
Scudder si svolge lineare, senza mai
alcun tentennamento, senza dubbi, in
un’evoluzione continua di fatti e di realizzazioni, in una dedizione piena e totale a quel popolo indiano, che tanto
l’aveva turbata nella sua adolescenza,
ma che appunto tanto essa si è accorta
d’amare. Ida è ormai diventata la
« dottoressa Scudder », TAmmal delle
donne indiane, che tutti chiamano, alla
quale frotte di povere malate sono portate da molto lontano perché le guarisca, che parte intrepida su di una insicura automobile messa a disposizione
dalle amiche americane, e percorre chilometri e chilometri, con un’infermiera
inesperta e una cassetta di medicinali,
per fare tappa in diverse località della
vasta regione: sotto il grande albero, o
vicino alla pozza d’acqua, o ad un crocicchio importante, dove i malati
l’aspettano con ansia, con fiducia, con
venerazione. I bambini, le donne, i vecchi, a centinaia ogni giorno, vengono
curati, operati di brutti ascessi, medicati per piaghe e ferite purulente, per
gli occhi gonfi e semichiusi.
Dottoressa Ida è instancabile: alta
bella bionda, impeccabilmente pettinata, avvolta in un bianchissimo camice,
dall’alba al tramonto tiene tra le sue
mani ormai esperte, tante misere membra divorate dal male, e con delicatez
za tutta particolare spalma gli unguenti, incide, ricuce i tessuti, fascia, senza
un minimo di tregua, e congeda infine
1 malato con un sorriso luminoso ed
una parola incoraggiante.
Così per anni, cosi per tutta una lunga vita: oggi la dottoressa, che è stata
paragonata al dottor Schweitzer, ha
S7 anni compiuti, vive a Vellore in riposo in una casa sulla collina, che si è
fi'tta costruire non lungi dal centroospedaliero, da lei creato e diretto durante molti anni.
Il primo ospedale è una baracca informe: l’importante è che esista e possa accogliere i malati, soprattutto le
donne. Poi s’ingrandisce, migliorano i
servizi, arrivano le infermiere esperte,
i giovani e bravi dottori, le dottoresse
dall’America, pieni di voglia di mettersi all’opera accanto all’appassionata ed
energica direttrice; in America intanto
si allarga l’interesse per questa istituzione, ed arrivano pure i doni sempre
più generosi, con i quali si possono realizzare i progetti tanto a lungo sognati:
aprire una scuola per le donne indiane
che intendono diventare medici. La
« Union Missionary Medicai School for
Women » è ben presto molto rinomata
in India, tanto che il Mahatma Gandhi
viene a visitarla nel 1927. Più tardi, anche il primo ministro Nehru incontra
la dottoressa Scudder e le conferma il
suo vivo apprezzamento per quanto essa ha fatto durante 50 anni a favore
dell’istruzione e dell’educazione delle
donne indiane, che, secondo lui, era la
cosa più prodigiosa e più importante
da farsi per lo sviluppo ed il progresso
del paese.
Infine giungono anche gli alti riconoscimenti: la dottoressa riceve la medaglia Kasairi-Hind, che la regina Vittoria aveva adottato per sé nel 1876, e
che in seguito era diventata la maggior
distinzione per opere pubbliche in India.
Ma più delle onorificenze, più degli
apprezzamenti da parte di grandi personaggi, la dottoressa Ida conserva nel
cuore, come la sua più preziosa ricompensa, una parola detta da una vecchia
donna indiana ad una giovane, che domandava alla dottoressa perché essa
non aveva mai perduto la pazienza con
lei, malata difficile: « come, non lo sai?
— interferi a questo punto la vecchia — ma è perché il suo Dio è anche
così: paziente e di grande bontà! ».
Edina Ribet