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Anno 128 - n. 16
17 aprile 1992
L. 1.200
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Gruppo II A/70
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a: casella postale - 10066 Torre Pelllce
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delle valli valdesi
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE VALDESI E METODISTE
GRAN BRETAGNA
SCUOLA: UN NUOVO CONTENZIOSO GIURIDICO
Eletti di Mammona L'ora di messa
Tasso: la campagna elettorale ha visto i partiti variamente schierati su questo problema
Le elezioni politiche nel Regno
Unito hanno visto i seguenti risultati: conservatori 14.231.834
voti (41,88%), 336 seggi; laburisti 11.619.306 (34,16%), 271 seggi; liberaldemocratici 6.083.661
(17,88%), 20 seggi.
Questo significa che non c’è
stato mutamento nel voto conservatore, un aumento del 4%
in quello laburista e un calo di
più del 4% in quello liberaldemocratico. Questo sistema del
« chi arriva primo vince tutto »,
in cui solo un parlamentare viene eletto per collegio elettorale
e i voti dei partiti perdenti sono semplicemente scartati, ha di
nuovo creato un governo di minoranza per quel che riguarda la
percentuale di voti, ma con una
nraggioranza assoluta di 10 seggi nella House of Gommons. Il
che, come Margaret Thatcher ha
dimostrato, significa praticamente potere assoluto in un paese
senza Costituzione scritta.
Questa non scritta Costituzione di nuovo non ha superato
l’esame di democrazia. Infatti la
politica di entrambi i partiti di
opposizione (liberali e laburisti
con il 55% dei voti) era per un
aumento di fondi all’istruzione,
alla sanità e alle infrastrutture
e per investire nell’industria,
mentre i conservatori proponevano un sistema scolastico di
prima e seconda classe, la privatizzazione della sanità, la riduzione della spesa pubblica e
l’aumento delle privatizzazioni.
Perché questo 55% non è riuscito a trovare, per la quarta
volta a partire dal ’79, il sistema per formare un governo?
Il Partito laburista divenne
partito di massa attraverso l’assorbimento del Partito liberale
e dalla fine della guerra ha formato governi finché il voto libérale rimaneva sotto il 10%.
Con il voto liberaldemocratico
stabilizzato intorno al 20% un
governo laburista appare pressoché impossibile.
Il Partito liberale, insieme con
gli assorbiti socialdemocratici,
si è espanso negli anni ’80 come risposta agli estremismi del
governo Thatcher e della reazione laburista ad esso.
Il Partito conservatore non
può vincere seggi nelle aree industriali senza il voto operaio
e il Partito laburista ha bisogno
di un appoggio considerevole da
parte dei ceti medioalti per vincere nei collegi del Sud Inghilterra, patria dei « colletti bianchi ». Però questo elettorato di
liberi professionisti, medici, amministratori, insegnanti tende a
votare liberaldemocratico Perché?
Mentre la politica sociale ed
economica dei laburisti e dei liberaldemocratici è quasi identica, quasi opposto è il modo in
CUI questi partiti propongono di
pagare l’aumento di investimenti nel settore pubblico. I laburisti propongono di aumentare le
tasse per coloro che hanno un
reddito superiore alla media e
vogliono aumentare al 50% le
tasse sui redditi superiori ai 90
milioni di lire annui. In poche
parole propongono di tassare pesantemente, tra gli altri, molti
elettori liberaldemocratici.
I liberaldemocratici sono stati
gli unici a proporre un aumen
Una circolare ministeriale sulla partecipazione degli alunni ad attività di carattere religioso - Sarà salvaguardato il pluralismo?
to dell’1% delle tasse sul reddito, che però sarebbe stato applicato a tutte le fasce. Spesso
i liberaldemocratici sono più
radicali dei laburisti nelle istanze sociali e ambientali ma sono
più conservatori in materia fiscale e non credono nella ridistribuzione della ricchezza. Di
conseguenza non possono promettere la loro parte di voti in
caso di un patto liberal-laburista dal momento che potrebbe
tornare ai conservatori, piuttosto che andare ai «socialisti».
I conservatori hanno condotto
una campagna banale e brutalrnenie semplice, promettendo di
ridurre le tasse (e i servizi e gli
investimenti nell’industria) e
questo appello all’avidità individuale (come era successo per le
privatizzazioni) è ciò che alla fine ha permesso loro di conservare la loro fetta di elettorato.
Nel mezzo della peggior crisi
economica dagli anni ’30 il « Financial Times » — il giornale
economico — aveva così poca fiducia nella gestione economica
dei, conservatori, il partito degli
affari, che alla fine ha dichiarato
di essere dalla parte del Partito
laburista.
Essendosi lasciati alle spalle
un « amaro calice » economico,
ora resta da vedere se i conservatori riusciranno a tirar fuori
i promessi trenta denari.
Richard Newbury
NeU'imminenza della Pasqua e
delle elezioni il ministro della
Pubblica Istruzione, il democristiano Misasi, ha pensato bene di
guadagnarsi alcuni meriti. Così
in piena campagna elettorale i
direttori e i presidi di tutte le
scuole pubbliche italiane si sono
visti recapitare la circolare 13
febbraio 1992, protocollo n. 13377/
544/HS. Una circolare che ha per
oggetto la partecipazione degli
alunni ad attività di carattere religioso.
« Continuano — dice il ministro — a pervenire quesiti concernenti: a) la partecipazione degli alunni a cerimonie religiose
quali, ad esempio, la celebrazione
della messa all’inizio dell’anno
scolastico o in occasione della
Pasqua e la benedizione delle
aule; b) gli incontri delle scolaresche con i vescovi diocesani
nell’ambito delle visite da essi effettuate ».
Evidentemente le due sentenze
della Corte costituzionale relative aH’insegnamento della religione cattolica nella scuola pubblica hanno fatto sorgere nei presidi e negli insegnanti dubbi sulla
costituzionalità di prassi — largamente diffuse nel nostro paese — quali quelle della benedizione delle aule scolastiche e dell’assolvimento collettivo del precetto pasquale.
Il ministro perciò rassicura tut
ti e dice: « In proposito questo
ministero è dell’avviso che la partecipazione degli alunni ad atti
di culto possa avvenire soltanto
a seguito di specifiche deliberazioni assunte dai competenti organi di democrazia scolastica ».
Il ministro, espresso il suo
« avviso », consiglia poi le procedure con le quali far partecipare
gli alunni alle attività di carattere religioso: « Si ritiene pertanto
— scrive ancora il ministro —
che il Consiglio di circolo o di
istituto, avvalendosi delle attribuzioni riconosciutegli dail’art. 5
del DPR 31 maggio 1974, n. 416,
possa deliberare, con l’osservanza delle disposizioni ivi stabilite
di far rientrare la partecipazione
a riti e cerimonie religiose tra le
manifestazioni o attività extrascolastiche previste alla lettera d)
di tale articolo. Analogamente si
ritiene possa operarsi per quanto
attiene alle visite pastorali del
vescovo, le cui date di effettuazione dovranno, ovviamente, essere comunicate dalla Curia con
un congruo anticipo, così da poterne concordare in tempo utile
le modalità con le istituzioni scolastiche interessate ».
Come per le gite, per le visite
ai musei, per la partecipazione a
spettacoli teatrali deve essere il
Consiglio scolastico a decidere.
Una volta deciso si va, tutti insieme, alla messa. Ma il ministro, ri
PASQUA
Dialogo con il Dio vivente
« Considerate la roccia dalla quale siete stati
tagliati» (Isaia 51: 1).
In . questo tempo di Passione, di Pasqua, l’attenzione ritorna sul misterioso personaggio descritto in Isaia: il servo dell’Eterno. L’uomo della parola, l innocente schiacciato da un potere ingiusto.
Il vero discepolo. Solo Cristo potrà pienamente interpretare la realtà di liberazione e riconciliazione
del servo. E tra questi antichi poemi che rimbalzano nella liturgia cristiana siamo attratti dalla bellezza del capitolo 51, ricco di immagini e di dialoghi.
Dio è un leone ruggente o un padre pieno di
attenztoni. lì suo Spirito attraversa Vwtianità come
un vento. La sua parola scende su di noi come la
pioggia.
Ritroviamo, in questa antica pagina di Isaia,
che si apre con il « Considerate la roccia dalla quale siete stati tagliati » un grande intreccio di immagini e di dialogo che costituiscono un commento
pieno di colori della storia del popolo di Dio. Una
pagina che diventa un invito a riscoprire la radice
della propria fede. L’immagine della roccia si riferisce all'origine del popolo ebraico: Abramo parte
senza sicurezze, senza garanzie se non quella che
Dio stesso offre e rinnova. Senza rischi reali non c’è
vera fede. L’origine diventa così non solo la storia
passata — una storia scandita dagli interventi di
Dio — ma costituisce la stessa identità.
Qui nel Sud, l’identità valdese e metodista affonda le sue radici nella tradizione evangelistica di
fine ’800 ed inizio secolo, quando la passione per
l’Evangelo si era fortemente intrecciata (e a volte
confusa) con la polemica anticattolica. Il nostro
problema oggi è di vedere come coniugare la ricerca evangelica con la nuova situazione del cristianesimo alla luce degli sforzi ecumenici degli
ultimi trent’anni. La nostra identità non è statica.
si sta trasformando anche alla luce del nuovo quadro europeo che sta emergendo.
Ma per quanto importante possa essere la nostra identità storica, essa non deve sostituire l’identità spirituale. La roccia della storia non può prendere il posto di Cristo, roccia della nostra lede
(I Cor. 10: 4).
La storia non può sostituire la fede e la fede
non può diventare fuga dalla storia. Ogni fede deve
diventare una storia di fede. Dall’esperienza di
Àbramo a Giuda Iscariota, da Agostino al credente
contemporaneo di una qualsiasi chiesa cristiana,
ognuno è chiamato ad offrire generosamente il proprio contributo nel realizzare una società in cui
« brilli la luce di Dio come giustizia tra i popoli ».
Il contributo che ciascuno di noi e tutti noi
vogliamo dare nella prospettiva della pace, della
giustizia e della salvaguardia del creato va compreso nel dialogo costante ed approfondito con Dio.
E' interessante notare come nella straordinaria testimonianza di Isaia Dio si rivolga a tutti i popoli.
E nel dialogo collettivo i credenti chiamano in
causa Dio reclamando un suo intervento nella storia. Gli chiedono di agire contro l'ingiustizia, contro le forze del male. Dio risponde a questo appello dicendo: sono io che ti ho creato e che ti salvo, che pongo le mie parole sulla tua bocca e ti
copro con l’ombra della mia mano; sono io che ti
ho eletto, ma ora sei tu che, anziché lamentarti,
devi agire. Non sono io — dice Dio — che debbo
risvegliarmi, ma tu. Tu popolo di credenti devi alzarti, agire, affinché tutti i popoli conoscano la mia
giustizia.
In questo dialogo con Dio appare chiara la necessità non solo di resistere nella fede, ma di ribellarsi nei confronti di ogni forma di ingiustizia
ed oppressione. Ritengo che quest’ultimo sia un
Giuseppe Platone
(continua a pag. 4)
cordandosi della Costituzione e
— forse — delle leggi di attuazione delle Intese con altre confessioni religiose, è preso da uno
scrupolo e ricorda che « in ogni
caso la partecipazione degli alunni e dei docenti alle iniziative di
cui sopra dovrà essere libera ».
Il ministro non dice però quale
fine faranno gli alunni che — liberamente — rifiutano di partecipare alla messa o alla benedizione delle aule. Saranno concentrati tutti da qualche parte, andranno a casa? Se questo avverrà non subiranno quegli « effetti
discriminanti » che le leggi della
Repubblica non ammettono nella
scuola pubblica?
Sono domande alle quali con
tutta probabilità non risponderà
il ministro ma a cui dovrà ri.spondere nuovamente la magistratura amministrativa davanti
alla quale la citata circolare sarà
portata per un nuovo giudizio di
legittimità. Da notare tra l’altro
che questa circolare contraddice
una circolare dell’89 del Provveditore di Torino contraria alle cerimonie religiose in orario scolastico.
Si apre così un nuovo contenzioso giuridico e soprattutto si
manifestano nuove lacerazioni
nella scuola. I provvedimenti amministrativi dei Consigli scolastici che autorizzano messe e benedizioni saranno certamente impugnati anche davanti al pretore
per l'urgenza e ciò non mancherà
di avere effetti sull’andamento
dell’attività scolastica.
In una lettera del 26 marzo indirizzata al ministro Misasi il pastore Giorgio Bouchard, presidente della Federazione delle
chiese evangeliche in Italia, definisce « non accettabile » il fatto
che «gli organi collegiali della
scuola siano invitati a programmare delle attività religiose extrascolastiche » e che venga contemplata l’ipotesi di « visite pastorali » dei vescovi e di benedizioni
delle aule. « Ci permettiamo —
conclude la lettera — di richiamare il ministero all’osservanza
delle norme stabilite sulla base
di Intese con le varie confessioni
religiose, auspicando un pieno rispetto del carattere pluralistico
delle istituzioni delta Repubblica ».
Analoga protesta è stata avanzata dal Comitato scuola e costiiTizione e dall’Unione delle comunità ebraiche italiane la cui presidente, Tullia Zevi, ha scritto al
ministro rilevando che « non possono essere previste in orario
curricolare attività a cui gli alunni non possono partecipare per
motivi di coscienza ». La lettera
delle Comunità ebraiche richiama
infine l’attenzione del ministro
sui « precisi vincoli derivanti alla
scuola pubblica in forza dell’Intesa stipulata con l’Unione ebraica,
da cui è derivata la legge 101 del
1989 ».
Nessun partito in campagna
elettorale ha preso una posizione critica sulla circolare del ministro. Vedremo ora con il nuovo
Parlamento se vi sarà una qualche opposizione parlamentare all’iniziativa del ministro Misasi.
Giorgio Gardiol
2
fede e cultura
17 aprile 1992
LE LETTERE DI PIERO E ADA GOBETTI
La storia epistolare
di una crescita comune
Un confronto con la realtà basato sui più profondi ideali etici Una lettura importante in un’epoca priva di momenti per riflettere
Nella tua breve esistenza:
questo il bel titolo scelto da
Ersilia Alessandrone Perona che
ha curato la pubblicazione da
Einaudi delle lettere che si sono
scambiati Piero e Ada Gobetti h
Sì, breve esistenza: Piero nasce
a Torino il 19 giugno del 1901,
si sposa con Ada Prospero nel
gennaio del '23, il 23 dicembre
del 1925 nasce il figlio Paolo,
muore a Parigi il 15 febbraio
del 1926 senza avere compiuto
venticinque anni.
Si conoscevano le lettere di
Piero a Ada e non quelle di Ada,
ritrovate in un cassetto dopo la
sua morte, nel 1968; come scrive
la curatrice: « Un ritrovamento
inatteso, dal momento che lei
aveva dichiarato di volerle distruggere, giudicandole immature e puerili in confronto a quelle di Piero ». Questo corpus di
lettere si è rivelato, al di là
della modestia di Ada, un anello
mancante indispensabile per seguire uno scambio intellettuale
che permette alla coppia di approfondire e rendere complementare il loro rapporto spirituale e intellettuale (più razionale Piero, più sentimentale Ada),
consentendo al lettore di percepire la maturazione di tutti e
due (meno cerebrale Piero, più
sicura di sé Ada): una ’’storia"
che si colloca tra gli esiti più
alti di un genere letterario così
importante per la storia della
cultura europea.
Disaffezione
alla scrittura
Oggi non si scrive quasi più,
non ci confessiamo neppure a
noi stessi e senza accorgercene
diveniamo più superficiali perché solo trascrivendo i nostri
confusi pensieri li selezioniamo
e facciamo un po’ di chiarezza
in noi per comunicarli in modo
comprensibile all’altro; e le reazioni dell’altro ci aiutano a meglio precisare i nostri pensieri
ed a misurarne il valore. Oggi
ci si telefona e si rinvia sempre
il momento di un incontro vero
e serio, fino a che il bisogno di
questi confronti si affievolisce
e si vanifica.
Piero e Ada abitavano nella
stessa casa e si scrivono quasi
tutti i giorni fino al matrimonio,
soprattutto quando sono separati dalle vacanze, per un totale
di 289 lettere (1918-22) sulle 296
complessive; a queste si aggiungono i diari di Ada, fondamentali per colmare il vuoto di corrispondenza dopo il matrimonio
e seguire la maturazione di una
donna dall’adolescenza alla maturità, precocemente imposta da
un destino tragico.
La pubblicazione di questi diari non è certo l’ultimo dei meriti
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di Ersilia Alessandrone Perona,
che grazie a questa edizione critica consente a Ada di uscire dal
"cono d’ombra" rispetto a Piero
per restituirla neH’integralità della sua persona, dairinnamoramento alle crisi inevitabili in un
rapporto con un compagno eccezionale, fino alla stabilità subito infranta.
Gli anni della
giovinezza
AH’inizio Piero ha 17 anni, Ada
16. A fine estate del 1918 Piero
pubblica "Energie nove”, una rivistina liceale che entra subito
in contatto con alcuni grandi
maestri del tempo quali Umberto Cosmo, Balbino Giuliano, Giuseppe Prezzolini, Gaetano Salvemini e riesce a farsi leggere
da Croce e Gentile. Ada funge
da segretaria e redattrice; con
Piero studia il russo e traduce
dal russo novelle di Andreiev
e Kuprin (in cirillico scrivono
le parole più intime, "amore", "ti
amo’’); le costerà molto rinunciare a dedicarsi alle arti preferite (musica e canto) e diverrà la fedele collaboratrice di tutti i progetti editoriali di Piero,
che vede in lei la sua Beatrice,
quella stessa che Dante afferma
di avere incontrato a 9 e poi a
18 anni nella Vita nova.
Ada talvolta è timorosa di non
essere alTaltezza del compagno
e patisce di dover tacitare i
propri slanci, ma poco a poco
si modella su Piero acquistando
fiducia in se stessa, felice di partecipare a dei grandi progetti
con l’uomo che appassionatamente ama.
”La rivoluzione
liberale”
Nell’estate del ’22 Piero conosce un momento difficile: dopo
aver fatto i conti con i suoi
maestri, consapevole di poterli
superare e andare oltre i vecchi
schemi della politica e della
cultura del dopoguerra, si è dato un nuovo strumento, che è
la rivista "La rivoluzione liberale”, ma avverte il peso dell'impresa e la difficoltà di definire
meglio i fini ultimi del progetto.
Sono momenti in cui si discute
con se stessi e si è più acutamente soli. Ada ne patisce perché avverte una separazione, una
differenza: Piero vive soprattutto in funzione dei problemi che
lo tormentano, mentre lei vive
soprattutto in funzione di Piero
(cfr. lettere 243, 244, 250). La crisi
verrà superata e Ada, consapevole del suo ruolo complementare
insostituibile, ricupererà serenità
e fermezza e quella gioiosità
che ha colpito quanti l’hanno
conosciuta e anche chi scrive,
quando si recò da lei_ per la
propria tesi su Gobetti.
La scelta obbligata
dell’esilio
Ancora un dramma l’attende
come un’imboscata. Nel momento in cui Piero, braccato dal regime fascista, è costretto a prendere la decisione dell’esilio, Ada
è divisa, vorrebbe seguirlo ma
i] figlioletto nato da poche settimane è fragile e Piero non
vuole; pensa allora di raggiungerlo più tardi a Parigi quando
avrà trovato casa.
Piero parte il 3 febbraio, si
ammala l’il, muore il 15. Resterà in lei a lungo il tormento di
non essergli stata vicino, anche
se la voce della ragione la induce ad accettare il destino (cfr.
l’ultima sezione di lettere).
A Parigi Piero era venuto con
l’ambizioso progetto dì riaprire
la casa editrice e fare di questa
un centro europeo di riflessione;
per questo aveva subito preso
contatto con alcuni esuli antifascisti, tra cui Nitti e Luigi Emery.
Sepolto al Pére Lachaise, poco
lontano dal "Muro dei federati”,
da circa un ventennio, per iniziativa di Carla Gobetti (moglie di
Paolo e formidabile animatrice
del Centro omonimo) e dei direttori della Maison ¿’Italie alla
Cité universitaire (Aldo Vitale e
Roberto Giacone successivamente), ogni anno in febbraio ha luogo un pellegrinaggio "foscoliano” di amici e studenti presso
la sua tomba. Nel febbraio del
1983 si è svolto un colloquio su
Piero Gobetti e la Francia promosso dal Centro Gobetti, dalla
Maison, dall’Istituto italiano di
cultura e da diverse istituzioni
culturali francesi, convegno che
ha stimolato nuove ricerche e
promosso un centro di studi e
documentazione sull’ emigrazione italiana (politica ed economica) in Francia.
CATTOLICESIMO E DIVORZIO
La perorazione di
mons. Le Bourgeois
Divorziati risposati: l’esclusione dai sacramenti in un libro scritto con partecipazione
Un importante
contributo
L’intelligente introduzione all’epistolario di Ersilia Alessandrone fornisce un contributo importante alla critica gobettiana
in quanto la lettura in blocco
delle lettere consente delle sottolinea Iure e delle annotazioni che
stimolano una riflessione più
sfumata e più approfondita su
diverse questioni. In questa sede mi limiterò a citarne solo
alcune. Una conferma dell’importanza centrale dell’insegnamento
salveminiano anche dopo il distacco dalle vicende dell’ "Unità”
di Salvemini e dalla ’’Lega democratica per il rinnovamento
della politica nazionale” (per
esempio di recupero di Cattaneo).
Di grande interesse i legami
con l’ambiente liberale torinese,
non solo Luigi Einaudi ma anche
numerosi imprenditori che sponsorizzano le sue attività editoriali, e il suo impegno nella campagna elettorale deH’antiprotezionista Edoardo Giretti (novembre
’19): sarà proprio questo coraggioso compromettersi nell’azione
che gli consentirà di misurare
fino in fondo l’incapacità della
classe liberale di rinnovarsi e
di costruire un partito nuovo
radicale antiprotezionista, più vicino ai contadini ed agli operai
per un nuovo ordine politico,
un’esperienza che lo avvicinerà
a Gramsci al momento dell’occupazione delle fabbriche.
Per concludere, questo volume
ci familiarizza con un Gobetti
ancora attuale per il suo spirito
libertario, antidogmatico, capace di resistere a qualsiasi sconfìtta senza cedere allo scetticismo perché sorretto da princìpi
e ideali etico-politici che soli
danno un senso all’esistenza
giorno dopo giorno. Una corrispondenza che offre un modello
eccezionale di un uomo vero e
di una donna vera.
Alberto Gabella
Il libro di mons. Armand Le
Bourgeois già vescovo di Autun
(Francia), è una perorazione,
non una vibrata protesta né un
atto di ribellione alla normativa ecclesiastica. Il vescovo propone una selezione della fìtta
corrispondenza avuta con i divorziati risposati, che gli chiedono spiegazioni e consiglio circa l’esclusione dai sacramenti, e
soprattutto dalla comunione eucaristica, secondo una prassi ormai antica e le norme del Codice di diritto canonico del 1917
e la sua ratifica nella esortazione apostolica Familiaris consortio (nov. 1981, paragrafo 84).
In questo lungo arco di decenni il linguaggio pastorale si
è fatto più sensibile ai casi umani, ha sviluppato una viva preoccupazione di collegamento con
la chiesa, ma non ha modificato la norma che esclude i cattolici risposati, dopo divorzio, dalla comunione, a meno che non
vi sia la promessa di vivere in
« continenza » da parte dei coniugi. Il vescovo non manca di
illustrare le diverse prassi ed
ordinamento sia della Chiesa ortodossa che di quella protestante.
La forma canonica
del matrimonio
Il confronto non fa emergere
solo diversità di orientamento
« canonico » e pastorale, ma anche diversità di concezione del
matrimonio stesso. Esso, per la
Chiesa cattolica, è tale solo se
celebrato nella forma canonica,
cioè in chiesa, mentre per i protestanti è tale anche se contratto solo con rito civile. Anche
l’ortodossia condivide la concezione cattolica ma pastoralmente applica criteri più elastici, accogliendo alla mensa eucaristica
i risposati divorziati, così come
avviene anche per la Chiesa anglicana.
La legge canonica cattolica
non conosce distinzioni né differenza di casi, mentre mons. Le
Bourgeois suggerisce che tale distinzione si tenga presente. Le
lettere che interpellano il vescovo sono toccanti, sia per il risvolto di sofferenza che evidenziano, sia per l’attaccamento alla pienezza di vita ecclesiale che
invocano. E la risposta del monsignore è sempre molto partecipativa, senza esortare ad atti di
ribellione apre tutti i varchi possibili perché, pur non andando
contro la legge, in accordo con
l’ordinario del luogo, il o la risposata possa trovare un’acco
glienza « oltre la legge » stessa.
La corrispondenza mette in rilievo alcune domande: perché un
trattamento così rigido verso i
risposati, non colpevoli quanto
al divorzio, mentre si dà talvolta prova di elasticità nelle concessioni di scioglimento o « annullamento » del vincolo coniugale? Se è vero che il nuovo Codice di diritto canonico non
equipara più i divorziati risposati ai bigami, né li condanna
sino al rifiuto della sepoltura religiosa, perché permane una durezza tale da non sapere discernere le diverse situazioni?
Una rigidità
solo verbale
La motivazione che la Familiaris consortio adduce è la seguente: « Se si ammettessero
queste persone all’eucarestia, i
fedeli rimarrebbero indotti in errore e confusione circa la dottrina della Chiesa suH’indissolubilità del matrimonio ». Il vescovo ha buon gioco nel ribattere che tale rigidità, seriamente motivata, è di fatto solo verbale. Scrive il vescovo: « Non ho
fatto un’inchiesta sistematica.
La discrezione fraterna mi consiglia di non nominare la ventina di diocesi (...) dove, sono
certo, con documenti alla mano,
la prassi pastorale ammette talvolta divorziati risposati anche
all’eucarestia, con o senza l’autorizzazione del vescovo » (p. 140).
E allora la legge? Probabilmente fa la stessa fine di altre
norme, di aitri insegnamenti morali: si veda la questione della
contraccezione che rimane, anche da parte dei presbiteri, non
applicata nelle sue conseguenze
« sacramentali ».
Il coraggioso vescovo chiude
il suo appassionato libro facendo appello alla misericordia, ricordando il crollo dei « muri »
nella vecchia Europa, auspicando che la sua chiesa prenda maggiormente sul serio il matrimonio civile.
Se ancora ce n’era bisogno,
questo libretto ci mostra la complessità del cattolicesimo, le sue
tensioni. Ci fa guardare al di là
della « lettera » per cogliere il
dinamismo della fede e la sua
forza critica, anche in quella
chiesa che appare quale monolitico impero. Una lezione interessante da meditare. C’è l’imperium, meno i sudditi.
Alfredo Berlendis
‘ A. LE BOURGEOIS, Cristiani divorziati risposati, Torino, Paoline, 1991.
‘ PIERO e ADA GOBETTI, Nella tua
breve esistenza, lettere 1918-1926, a
cura di Ersilia Alessandrone Perona,
Torino, Einaudi, 1991.
16-20 aprile — PRALI: Presso Agape si svolge il campo Pasqua sul tema Sorprese e difficoltà del dialogo
interculturale. Intervengono: un gruppo
di ricerca dell’IRES Piemonte, la pastora luterana Ajia Kaartinen e il pastore Sergio Ribet. Parallelamente si
svolge anche un campo donne dal titolo: Il serpente, viaggio nel simbolico femminile. Intervengono la psicoanalista Rosalena Gioii, l’astrologa Maria
Luisa La Barbera. Per informazioni tei.
0121/807514.
Lunedi 20 aprile — PRALI: Il centro
di Agape organizza una « giornata aperta di teologia femminista » sul tema:
La nascita. Introduzione a cura di Francesca Spano. L’aspetto filosofico e teologico del tema sarà presentato da
Chiara Zamboni e Letizia Tomassone.
Per informazioni tei. 0121/807514.
Giovedì 23 aprile — ALESSANDRIA:
Alle ore 21, presso la sede dell’Università, il prof. Elio Guerriero parla
sul tema: Introduzione alla teologia di
Hans Urs von Balthasar.
Venerdì 24 aprile — FIRENZE: La
Casa dì riposo « Il Gignoro », in collaborazione con l’Istituto di gerontologia e geriatria dell’Università, organizza una serie di incontri sul tema dell’assistenza agli anziani, di cui si tiene il terzo appuntamento, alle ore 21.
presso il Gignoro, sul tema specifico:
Valutazione dell'autonomia e dei bisogni dell’anziano.
24-26 aprile — INTRA (No): Si tiene l'Assemblea annuale degli Amici
dei quaccheri. Tema dell’Assemblea
« Come realizzare la comunione fraterna, vicini o lontani? ». Per informazioni rivolgersi a Davide Melodia,
piazza Roma 2, 28055 Frino di Ghiffa
(No) tei. 0323/59815.
Martedì 28 aprile — ALESSANDRIA:
Alle ore 21, presso la sede dell’Università, si tiene un incontro’ sul tema
Teologìa della liberazione. Partecipa II
past. Eugenio Bernardini.
3
17 aprile 1992
commenti e dibattiti
NELLE COMUNITÀ’ DEL MERIDIONE
SU UN TESTO DI CERONETTI
L’evangelizzazione non fu utopia Coscienza
La repressione della predicazione a Caltagirone e il clima di libertà a Pa
chino - L Evangelo e l’amministrazione civica - Un esempio per il presente m
Scavando nel sottosuolo
della storia delle nostre
comunità del Meridione,
come nella vita dei nostri
pionieri deU'evangelizzazione, ci è spesso dato di ritrovare dei preziosi « reperti » di cui è doveroso
consei'vare memoria.
Ho già parlato dell’iniziativa che la comunità di
Pachino intraprese per proteggere i contadini contro
l’usura che, all’inizio del
nostro secolo, li dissanguava economicamente ed esasperava la loro povertà h
Vorrei ora fare una nuova
tappa in questa esplorazione del passato.
Da Caltagirone
a Pachino
Alla fine del 1898 l’evangelista Biagio Panascia dovette essere trasferito a
Pachino dal Comitato di
evangelizzazione. A Caltagirone infatti la predicazione
dell’Evangelo aveva suscitato una così forte e violenta opposizione per cui
anche la sicurezza e l’incolumità del giovane evangelista erano in pericolo.
Quindi il tentativo di costituire in quella città una
comunità evangelica fu abbandonato per sempre.
Tuttavia è bene ricordare come si svolsero i fatti.
A Caltagirone, in quell’epoca, i fratelli Sturzo, Luigi,
il futuro fondatore del Partito popolare, e Alfonso,
poi vescovo di Piazza Armerina, esercitavano sulla
città un predominio pressoché assoluto. Biagio Panascia e la sua giovane
sposa erano apnena giunti
che, attraverso il loro giornale « La croce di Costantino », avvertivano i loro
concittadini di guardarsi
dal « lupo ».
Ma la gente accorreva
alle adunanze e i fratelli
Sturzo non esitarono a
metter piede nella sala di
culto per ascoltare la predicazione.
Tuttavia essi erano risoluti a stroncare fin dall’inizio la nascente eresia ricorrendo anche alle manifestazioni di piazza. Caso volle
infatti che durante la manifestazione del 20 settembre del 1897 Panascia si
venne a trovare tra la folla adunata in piazza e, appena riconosciuto, cominciò ad essere minacciato e
aggredito al grido: « Abbas.so l’evangelista! ». Ma,
cosa davvero sorprendente,
dopo l’intervento delle autorità che lo sottrassero alle mani degli aggressori,
queU’atmosfera ostile divenne improvvisamente benevola, una gran folla lo
accompagnò a casa al grido di: « Viva ritalia! Viva
la libertà! Viva gli evangelici! ».
Ma il sereno durò ben
poco. Le aggressioni, le
sassaiole, le grida di ostilità, le irruzioni di malintenzionati, in casa e nell’attiguo localo di culto, divennero sempre più frequenti.
Alla fine non si poté evitare la resa 2.
« Vai a Pachino — gli
aveva scritto il presidente,
pastore Matteo Prochet —,
affitta una casa e in una
sala raduna gli amici del
Vangelo, lo leggi e lo annunzi nel nome di Dio. Ma
prima di iniziare il tuo la
voro piega le ginocchia e
ripeti all’Eterno la preghiera di Giacobbe: Signore, io
non ti lascerò finché tu non
mi abbia benedetto ».
« Questa preghiera — annota Biagio Panascia — fortificava il cuore del giovane missionario che con ardore si preparava ad annunziare l’Evangelo. Molte
anime si avvicinavano accettandone l’insegnamento.
Fu necessario aprire una
nuova sala in piazza. Si
evangelizzava di casa in casa, nelle farmacie, in tutti
i negozi. Tutte le sere nella
sala di culto si iniziò una
scuola serale per adulti
analfabeti. Vi erano donne
che venivano ammaestrate
dalla giovane missionaria,
gli uomini dal marito. Un
piccolo armonium accompagnava il canto. Nel paese
vi era un gran fermento, si
cantavano inni per le sitrade: Sicura in man di Cristo... Forte rocca è il nostro Dio... »
A differenza di Caltagirone a Pachino si respirava
in un clima di libertà.
Caltagirone allora aveva
una popolazione di 47.000
abitanti, era capoluogo di
circondario, sede di tribunale, di sottoprefettura, di
liceo e di istituto tecnico,
ma viveva sotto un regime
di oscurantismo.
Pachino era un piccolo
centro agricolo di appena
12.000 abitanti. C’erano solo le scuole elementari. Ma
il prete non aveva potere.
Laicità nel
governo cittadino
La predicazione dell’Evangelo ebbe una forte e
favorevole ripercussione a
Pachino e ne furono coinvolte anche personalità di
un certo rango sociale.
« Il notare Paolo Emilio
Giardina, assessore alla
pubblica istruzione, il Direttore didattico (’’presente ogni sera alle conferenze”), il presidente del circolo socialista (’’ispiratore
di tutte le società operaie”), Tawocato Corrado
Bellomia (’’amico nostro e
del Vangelo, sinceramente
credente”), agevolano in
ogni modo la nascente chiesa protestante valdese, in
contrasto con il parroco. Il
quale cerca di correre ai
ripari richiedendo al Direttore didattico di introdurre
l’insegnamento della Dottrina Cristiana nelle scuole
comunali. Ma don Sultano,
pur con la collaborazione
della sorella che è maestra
elementare, si ritrova fra
le mani le firme di alcuni
genitori consenzienti, contro la massa che rimane indifferente o contraria »*.
Non lasciamo dunque cadere nelPoiblio il fatto singolare che in un paesino
del Sud, ben 100 anni fa, i
cittadini ebbero il coraggio
di fare una scelta di libertà, mentre abbiamo motivo
di rammaricarci che, in
uno stato dichiaratamente
laico come il nostro, alle
soglie del 2000, l’insegnamento religioso nelle pubbliche scuole abbia finito
con Tessere imposto!
Ma in quello scorcio di
secolo a Pachino avvenne
ancora qualcosa di sorprendente. In un libro di recente pubblicazione l’autore ci
riferisce che « la serenità
della laboriosa città — purtroppo! — sul finire del secolo fu turbata dalla nascita di una quasi guerra
religiosa. Invero si è trattato di un grave confiitto
fra amministratori socialisti e la Chiesa locale, poiché il sindaco riteneva di
avere il diritto di nominare
i cappellani della Chiesa
del SS. Crocifisso, in contrasto con il parroco di Pachino. Ma nel tempo la cosa si chiarì a favore della
Chiesa locale » ^
L’autore ritiene che ciò
sia avvenuto a motivo delT« analfabetismo culturale
del tempo ». Poi aggiunge:
« Ma la ferita non si rimarginò più, tanto da determinare la nascita di una
nuova Chiesa locale protestante, la Chiesa Valdese ».
Non credo che ci sia stato mai alcun rapporto fra
Tanalfabetismo culturale e
la nascita della Chiesa
valdese. Tanto meno si può
considerare oggi come una
ferita che non si rimargina la presenza di quella
Chiesa valdese che è stata
sempre fonte di arricchi
mento spirituale, culturale,
di progresso civile, di benessere economico: basti
pensare alle scuole evangeliche attraverso cui passarono generazioni di fanciulli, all’istituzione della
Cassa rurale ed artigiana
da parte degli evangelici a
prò dei loro concittadini e
dei lavoratori che, da quasi
un secolo, ne apprezzano i
benefici, come tutta la cittadinanza ha testimoniato
in occasione deH’80" anniversario della sua fondazione.
Pietro Valdo Panascia
Una riunione biblica è più vera se i
partecipanti rischiano la loro vita?
^ Pietro V. Panascia, Z/’usura, Eco-Luce, n. 11, 13 marzo
1992.
2 Biagio Panascia, Relazione annua della missione valdese di Caltagirone. 1898, Appunti vari (Archivio di famiglia).
^ Biagio Panascia, Appunti
vari cìt.
^ Giuseppe Testa, Storia di
una presenza, 1908-1988, A cur
ra della C.R.A. di Pachino.
^ Emanuele Umberto Moscova, Promontorium Pachyni,
a cura dell’A.I.M.C., Pachino,
1988.
RICORDO DI DANIEL BOVET
Il «calvinista»
« Il senso della vita —
hanno iscritto i giornali
su Daniel Bovet — erano
la ricerca, la vita di laboratorio, l’esplorazione appassionata degli equilibri
chimici sul cui crinale si
combatte la lotta tra la
vita e la morte ».
Non c’è alcun dubbio
che questa sia stata la caratteristica del grande
scienziato che, con le sue
Scoperte, ha fatto compiere un progresso enorme
alla medicina nella lotta
contro le malattie e salvato migliaia, o forse milioni, di esseri umani. Che
cosa sarebbe la medicina
oggi, se non esistessero i
sulfamidici, le penicilline
ecc.? Ma quella descritta
dai giornali è Timmagine
’’pubblica”, dello scienziato curvo sulle provette, gli
alambicchi, le cavie... mentre fuori pulsa la vita.
Esiste, in realtà, un’altra immagine di Bovet;
non scientifica, non pubblica, ma umana, familiare. La ricuperiamo da Anna Nitti, la ’’zia Anna”,
gran personaggio della
Chiesa cristiana del Vomero (Napoli) e cugina di
quella Filomena (a sua
volta figlia del noto statista Francesco Saverio) che
nel ’39 aveva sposato il
giovane scienziato svizzero.
E’ quella di un uomo
« dolcissimo e pieno di,
bontà — dice la zia Anna — interessato certo al
progresso scientifico, ma
non, come tanti cercano,
per la gloria. Il suo assillo, piuttosto, era quello
dell’utilità per l’essere umano. A questo fine erano
tese tutte le sue ricerche.
Sconfiggere le malattie, alleviare la sofferenza. Era
un uomo sensibile, capace
di immedesimarsi nel dolore altrui. Mi ricordo del
suo pianto per la morte
del figlio del primo matrimonio di Filomena. Gli
voleva bene come a un
proprio figlio ».
Sfilano nei ricordi della
zia Anna i primi incontri,
a Roma, quando i coniugi
Bovet si trasferirono negli anni immediatamente
successivi alla seconda
guerra mondiale, la vita
piena e avventurosa della
cugina Filomena che, col
marito, si reca in Amazzonia per studiare il curaro, le chiacchierate con
Vincenzo Nitti, pastore metodista di Napoli, avvicinatosi ai protestanti di
Venosa per Tincoraggiamento di Francesco Saverio.
Così la storia di Bovet
si intreccia con quella dei
Nitti. Con Federico compie le prime ricerche sui
sulfamidici, con Filomena
si sposa, con Vincenzo parla di religione, con tutti
loro vive le vicende politiche dell’Italia di questo
secolo.
« In famiglia — prosegue
la zia Anna — veniva preso affettuosamente in giro
per le sue origini protestanti. Lui non era ateo,
sebbene forse non fosse iscritto ad una chiesa
evangelica di Roma. In famiglia era considerato il
calvinista. Veniva da Neuchâtel, da un ambiente
protestante molto rigido,
puritano. Aveva mantenuto
un’etica rigorosa, unita ad
un grande amore verso il
prossimo. Aiutava chiunque si rivolgesse a lui per
chiedere assistenza o consiglio. Ancora ultimamente,
sapendo che l’ospedale di
Ndongué (in Camerún, dove lavorano Alba e Marco
T. Fiorio, nipoti di zia Anna, ndr) aveva bisogno,
si era dichiarato disponibile a dare il suo aiuto ».
Rigore scientifico e rigore etico, uniti ad una
profonda umanità: così lo
ricorda la ’’zia Anna”, e
cosi possiamo ricordare
anche noi Daniel Bovet, il
’’calvinista” scienziato.
L. D.
A Guido Ceronetti, corsivista della Stampa, tutto
può rimproverarsi fuorché Tessere conformista,
accomodante, piatto. In un
suo recente articolo sull’obiezione di coscienza ha
tirato in ballo anche noi
protestanti valdesi. Oggetto della nostra riflessione
non è la sua tesi, ognuno
è libero di pensare ciò che
vuole e crede in merito
al servizio civile e Ceronetti è libero di pensare che
l’orientamento legislativo
che prevede la legittimità
di un servizio civile alternativo al militare non sia
interessante perché non si
legalizza un’obiezione che
in ultima analisi è una disubbidienza. L’obiezione o
è o non è.
Ciò che mi interessa rilevare sono due incisi
del suo articolo che non
hanno nulla a che fare con
la tesi di fondo, con il
tema del suo scritto, ma
che rivelano, come tutti
gli incisi, stati d’animo
più profondi e tradiscono
sentimenti ben più veri
del discorso razionalmente
condotto.
Una coscienza
sbiadita?
Il primo inciso riguarda
la ’’coscienza” (si discute
delTobiezione di coscienza): « espressione che non
significa niente (che già
ci arriva sbiadita dall’angloamericano protestante) ». Che la coscienza venga dal protestantesimo anglosassone è vero (anche
un po’ dal tedesco Immanuel Kant), che sia
sbiadita è possibile nel caso dei ragazzi italiani che
optano per il servizio civile (piccola borghesia maneggiona spesso educata
nelle scuole religiose). Non
si capisce perché sìa
espressione priva di significato. Per chi? Per il Ceronetti certo, che non potrebbe rappresentare meglio di così quell’aureo filone della cultura letteraria nostrana di secolare
tradizione: il letterato erudito che usa la penna come strumento di pressione
e di ricatto individuale.
Di personaggi come lui
è piena la storia letteraria
italiana: essi usano la parola per non dire, tessitori
di nulla alTinfuori del vacuo pavoneggiarsi della
propria abilità inventiva.
Alla sbiadita coscienza
protestante anglosassone
che oppone il suo mondo?
Non lo dice esplicitamente ma lo si intuisce: la
generosa, sofferta, meritoria via del martirio.
A dircelo è il secondo inciso di quel suo pezzo, sentiamolo: « Una riunione
biblica interrotta dal KGB
negli anni di Breznev era
trafitta dal raggio dell’eticità, una riunione biblica
a 'Torre Pellice dopo il
1848 è una riunione di brava gente, non più di eroi
evangelici » (cosa c’entri
il raggio dell’eticità ce lo
dovrebbe spiegare, ma siamo probabilmente incapaci di cogliere i sensi reconditi di cotal prosa).
Garanzìa di
autenticità?
Qui ci siamo: una riunione biblica che porta al
martirio, come accade
nelTURSS stalinista, è una
vera riunione biblica, quella dei poveri credenti nella Torre Pellice dopo l’Editto di tolleranza è l’insignificante congrega di brava
gente.
E’ di nuovo lo stesso discorso di prima: non costa. non porta alla galera,
non è pagata con la morte
perciò non ha senso. Ma,
santo cielo, perché non è
andato il Nostro a far studi biblici nelle ’’chiese del
silenzio” (con cui è, ritengo, in comunione di fede)
in Polonia e Ucraina anziché far florilegi letterari pseudobiblici nel suo
studio? (Se non vado errato alcuni anni fa devono
essere apparse in libreria
alcune sue traduzioni di
testi biblici). Al solito: cavalieri del martirio altrui,
epici cantori del soffrire
eroico. Espressioni legittime di una cultura che
non ha però nulla a che
spartire con le istanze
evangeliche a cui ci rifacciamo; continuiamo a preferire la coscienza sbiadita
al martirio idealizzato ed
a dispetto di Ceronetti preferiamo gli studi biblici
modesti, banali, mediocri
della democrazia moderna
a quelli del rinchiuso periodo della repressione.
Un dubbio mi resta però irrisolto: perché in tutta questa faccenda tirare
in ballo la brava gente di
Torre Pellice? Perché non
citare altra gente, la parrocchia X o V nell’ex Unione
Sovietica? Che fastidio gli
danno i poveri valdesi di
Torre? Lasciali vivere in
pace! No, bisogna tirarli
in ballo, sempre, e sempre
laddove si tratta di dare
un’immagine negativa del
mondo evangelico.
Non importa cosa si dice e come Io si dice,
l’essenziale è lasciare nel
lettore una sottile, inespressa sensazione negativa alla menzione del termine. Nasce un dubbio:
che a stare sullo stomaco
alla nostra cultura sia proprio il protestantesimo?
Giorgio Toum
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vita delle chiese
17 aprile 1992
VILLA OLANDA
CRONACA DELLE CHIESE DELLE VALLI
Una chiusura necessaria confermazioni
per una sceita futura
La decisione presa era necessaria per il nuovo sviluppo dell’attività; il Sinodo si pronuncerà in base ai progetti ora allo studio
Sulla questione Villa Olanda è
bene precisare alcuni punti fermi. In un primo tempo, la Tavola valdese era orientata verso
la vendita, ma ricordiamo che il
Sinodo 1990, con atto 51, ha chiesto di soprassedere alla vendita,
nominando un’apposita Commissione ad referendum con il compito di elaborare progetti per
la continuazione.
Il Sinodo 1991, con atto 42, ha
impegnato la Tavola valdese a
non alienare Villa Olanda e ha
rinominato la Commissione, che
sta lavorando su progetti diversi.
La Tavola valdese quindi non
ha prevaricato il Sinodo, in
quanto l’ordine del giorno sinodale 1991, parlando della « attuale temporanea attività di Villa Olanda », faceva riferimento
ad una situazione che non poteva evidentemente essere un’attività di largo respiro.
Quando, nel suo comunicato
del 23.3.1992, la Tavola valdese
riferiva di avere disposto una
verifica, affidata ad un membro
della Commissione finanziaria,
faceva riferimento anche a risvolti economici e finanziari non
soddisfacenti nell’andamento gestionale della Casa.
Anche in questo campo gli
oneri che si sono delineati negli
ultimi anni, il passaggio da gestioni familiari a gestioni sempre più complesse (che vari istituti della nostra chiesa hanno
dovuto affrontare per adeguarsi
ad una nuova realtà diaconale)
erano e stavano diventando sempre più gravosi per una struttura come quella di Villa Olanda.
Ogni ritardo rischiava di peggiorare una situazione già difficile, pregiudicando qualsiasi soluzione successiva.
La decisione di chiusura di
una attività temporanea, è appena il caso di dirlo, non ha nulla a che vedere con l’intenzione,
a suo tempo prospettata, di una
vendita di Villa Olanda. Questo
punto è stato chiarito a sufficienza dal Sinodo 1991.
Il Sinodo 1992 dovrà pronunciarsi sull’utilizzo della struttura, sulla base di progetti accompagnati da « precisi piani di finanziamento », che dovranno essere presentati al Sinodo stesso,
dalla Commissione ad referendum nominata dal Seggio del Sinodo 1991.
La Tavola, ribadendo quanto
affermato nel comunicato, ritiene che la decisione presa sia
l’unica risolutiva per la soluzione del problema gestionale, e
sia condizione di partenza indispensabile per le scelte che il
Sinodo dovrà prendere.
La Tavola, ben consapevole del
problema relativo agli ospiti e
al personale che lavora in Villa
Olanda, ha avuto, anche con ima
rappresentanza della CED, due
incontri a Villa Olanda per dare
tutte le informazioni necessarie
e predisporre un piano d’azione
relativo alla sistemazione di entrambi.
Per quanto riguarda il personale la Tavola ha appurato le
varie posizioni di ognuno (anzianità, contributi, ecc.) e si è
attivata per offrire, anche attra
verso la solidarietà delle opere,
soluzioni diverse a seconda delle varie situazioni.
Per quanto riguarda gli ospiti, rincontro ha avuto lo scopo
di rassicurarli sul loro futuro e
ascoltarne le varie opzioni. Si è
cosi proceduto alla sistemazione di tutti coloro che hanno
espresso la volontà di essere
ospitati nelle nostre opere, tenendo conto dei desideri espressi.
Anche a questo proposito la
solidarietà e la disponibilità dell’Asilo di San Germano, dell’Asilo di San Giovanni, della Casa
delle diaconesse, del Rifugio Re
Carlo Alberto hanno reso possibile questo accomodamento.
Alcuni ospiti hanno invece preferito scegliere altre soluzioni, in
valle o altrove, ma non ci sono
situazioni in sospeso o persone
che non sanno dove andranno.
La Tavola ha incontrato inoltre la dott.ssa Serra e altri responsabili della USSL 43. Nell’incontro si è proceduto all’elaborazione di un piano di assorbimento degli ospiti della CTI attraverso le opere presenti sul
territorio e la struttura progettata dalla stessa USSL.
Maddalena Giovenale Costabel
Sergio Ribet
Dialogo
con il Dio
(segue da pag. 1)
aspetto importante, particolarmente nel Sud d’Italia, dove fiumi di parole e di denaro hanno
spesso favorito una società corrotta e corruttrice che produce
violenza, come dimostrano gli
ultimi fatti di sangue in Sicilia.
Se non siamo in grado oggi, come credenti, di sviluppare una
cultura della risurrezione contro
ogni cultura di morte — la parola contro l'omertà (se la gente
testimoniasse quello che ha visto, la mafia si ridurrebbe ad un
fenomeno marginale), la fede
contro la religione (la celebrazione dei misteri pasquali nelle
grandi processioni siciliane è un
misto di paganesimo e folclore)
— andremo a finire, come relitti
di un passato che non torna, sulla spiaggia della storia.
La confessione profetica personale di Isaia rappresenta la fine
del lamento personale e collettivo in nome di una protesta, di
una ribellione in positivo, tesa a
costruire rapporti umani fondati
sulla chiarezza, la fraternità, la
solidarietà. La luce della giustizia di Dio può brillare tra i popoli grazie anche ai comportamenti ed alle scelte che i credenti sanno fare; non si tratta solo
di scelte politiche, ma di scelte
etiche, economiche. Scelte di vita.
vivente
Non ci interessa qui giudicare le
scelte degli altri, non spetta a
noi il giudizio, ci interessa dire
che ciascuno di noi è chiamato
nel suo dialogo con Dio a percorrere un cammino di responsabilità e credibilità. E ancora una
volta i discorsi debbono essere
seguiti da fatti concreti. Non chi
dice « Signore, Signore... entrerà
nel regno dei cieli, ma chi fa la
volontà del Padre mio che è nei
cieli» (Mt. 7: 21). I credenti, nell’appello profetico di Isaia, sono
chiamati a passare dalla dimensione del lamento, della critica
verso gli altri all’azione in positivo, all’autocritica, all’umiltà e
così prendere in prima persona la stessa direzione di Cristo.
Sicché il nostro impegno di
cristiani europei, del Sud e del
Nord, che si apprestano a celebrare la Pasqua è di mantenere
viva la nostra identità storica e
di fede e di sviluppare ogni giorno il dialogo con Dio. I contesti
in cui fare rivivere ogni giorno
la giustizia e l’amore di Dio per
l’umanità sono diversi ed alcuni
sono terribilmente difficili. Ma
l’annuncio di Pasqua ci ricorda
che non siamo soli. Cristo è vivente e noi viviamo con lui, sino
a che avremo un briciolo di energia.
Giuseppe Platone
sabato 18 e domenica 19 aprile
n CONCERTO CORALE
Il coro « Croix de Camargue • di Losanna si esibirà in un concerto nel
tempio di Pomaretto sabato alle ore
20,45, e ancora nel tempio di Torre
Penice, domenica aile ore 17.
AUTORIPARAZIONI
Costantino Marco
Officina autorizzata FIAT
LA PRIMA IN PINEROLO
Via Montebello, 12 - Tel. 0121/321682
PINEROLO
TORRE PELLICE — Sono 24
i giovani che nella domenica delle Palme la comunità ha accolto con gioia come nuovi membri di chiesa: Alberto Anderlini,
Sara Armand-Hugon, Simone
Ayassot, Daniele Bonansea, Paola Borno, Cristina Castellano,
Luca Coìsson, Marina Coisson,
Roberto Crespo, Annalisa Davit,
Stefania Giordan, Erica Hertel,
Enrico Long, Massimo Morei,
Cristina Negrin, Cristina Peyronei, Luisa Ricca, • Stefano Ricca,
Ivan Rivoira, Siivia Sappei, Elisa Sibille, Aldo Stallè, Claudio
Travers, Fabio Vigna. Con molto affetto invochiamo su di loro la benedizione del Signore.
• Nel pomeriggio della stessa
domenica un bel concerto ci è
stato offerto dalla corale giovanile della Chiesa della Resurrezione di Essen.
• La comunità è vicina con
cristiana simpatia alla famiglia
di Letizia Battelli, che ci ha lasciato in questi giorni.
• Mercoledì 22 aprile, alle ore
20,30 presso i locali della Comunità alloggio agli Appiotti, avrà
luogo il quarto incontro del ciclo di studi biblici sulla lettera
di Paolo ai Galati a cura del pastore Marchetti. Leggeremo e
commenteremo il capitolo 4 dell’epistola.
RORA’ — Domenica 12 aprile
hanno reso pubblica testimonianza della loro fede nel Signore e hanno chiesto di essere ammessi a far parte della comunità: Davide Tourn Boncoeur, Matteo Rivoira e Damele Tourn Boncoeur il quale ha chiesto il battesimo. A questi giovani l’augurio che possano continuare a
percorrere la strada del Signore.
PRAMOLLO — Nel corso del
culto della domenica delle Palme, Daris Plavan ha confermato
il proprio battesimo e confessato la propria fede chiedendo di
entrare a far parte a pieno titolo della comunità. La comunità gli esprime tutta la sua gioia
e l’augurio di una vita sempre
benedetta dal Signore e coerente con le promesse fatte.
• L’assemblea di chiesa del 29
marzo ha nominato quale nuovo anziano del quartiere Pellenchi la sorella Elvina Peyronel alla quale vanno la gratitudine e
i rallegramenti della comunità
per la sua disponibilità e per il
suo nuovo servizio.
• Sono stati nominati quali
deputati alla Conferenza distrettuale Marco Long e Alma Beux
(supplente Rina Ferrerò); il rappresentante della nostra comunità al Sinodo sarà Ivana Costabel (supplente Dante Long).
• Ringraziamo di cuore il pastore Bertolino per la piacevole
ed interessante serata che ci ha
permesso di trascorrere, il 28
marzo, parlandoci del problema
lebbra e mostrandoci delle bellissime diapositive.
SAN GERMANO CHISONE —
Durante il culto della domenica
delle Palme, secondo tradizione,
i catecumeni hanno confessato
la loro fede in Cristo e sono stati ammessi quali membri della
comunità. Sono sei ragazzi: Riccardo Balmas, Graziano Bert^
lot, Andrea IRouchard, Demis
Gönnet, Wanis Pairone e Igor
Sappé. Wanis Pairone ha ricevuto il battesimo. La comunità
è vicina a questi giovani con la
preghiera, affinché questa settimana santa sia per loro un momento fondamentale della vita.
• Domenica 5 aprile si è tenuto, con un buon successo di
partecipazione, il bazar di beneficenza organizzato dall’Unione
femminile. Le sorelle dell’Unione
ringraziano tutti coloro che, coi
loro lavori o con la partecipazione, hanno permesso la realizzazione di queèta bella giornata
comunitaria.
Nel corso del suo incontro
di mercoledi 8 aprile, l’Unione
femminile ha potuto così distri
buire quasi nove milioni alle opere diaconali della chiesa.
La Pasqua ebraica
FRALI — L’ultima serie di riunioni quartierali avrà come argomento « La Pasqua ebraica »,
ed avrà il seguente calendario:
16 aprile Pomieri/Giordano; 22
aprile Ghigo; 23 aprile Rodoretto/Fontane.
• Nel corso del culto di venerdì santo (nel tempio, ore
10,30) saranno confermate Antonella e SUvia Menusan, che hanno frequentato il catechismo a
Torino, e Mara Peyrot, Barbara Peyronel, mentre Lara Peyrot riceverà il battesimo.
Graditi ospiti
VILLAR PELLICE — Numero
si i partecipanti al culto della
domenica delle Palme, giunti anche dalla Germania, dalla Svizzera, dalla Francia. Il culto è
stato presieduto in francese da
alcuni componenti il gruppo di
sorelle e di fratelli della Chiesa
riformata di Francia, in visita
in questi giorni alle Valli sotto
la guida del pastore Gerard Cadier, il quale ci ha rivolto un
forte ed attuale messaggio di cui
siamo grati.
Un grazie anche alla Corale
delle chiese di Bobbio-Villar Pellice per il suo apporto e a Alain
Ebert, che ha accompagnato all’armonium gli inni.
Nel corso del culto sono stati
battezzati o confermati i catecumeni che, terminato il loro corso di catechismo, sono stati ammessi nella chiesa come membri
responsabili: Adriano Agli, Jean
Pierre Berlin, Paolo Cairus, Barbara Charbonnier, Luisa Dalmas,
Delia Geymonat, Federica Gönnet, Davide Michelin Salomon,
Vilma Michelin Salomon, Alessandro Müsset, Sara Pascal, Monique Piston, Katia Vigna.
• Sabato 11 aprile il Coro alpino vai Penice ha fatto trascorrere al pubblico riunito nel tempio una piacevole serata nell’audizione di numerosi canti del
programma che ci hanno offerto. Nel ringraziare questi amici
per le esecuzioni e l’impegno
manifestato, diciamo in pari
tempo a tutti coloro che hanno
partecipato all’incontro la gratitudine della chiesa e del Concistoro per il tangibile segno di
solidarietà, espresso attraverso
la colletta devoluta per la manutenzione dei nostri stabili.
Assemblea di chiesa
PRAROSTINO — Per le ore 10
di domenica 26 aprile è stata
fissata l’assemblea di chiesa che
dovrà eleggere i deputati alla
Conferenza distrettuale e al Sinodo, nonché nuovi membri del
concistoro. E’ importante ricordare e partecipare a questa assemblea.
Il pomeriggio, dalle ore 15, si
apriranno le vendite dei vari
prodotti e oggetti preparati per
il bazar; non mancheranno la
lotteria e altri intrattenimenti.
Si rivolge un caloroso invito a
tutti ad intervenire e naturalmente a far giungere in tempo
utile ì doni per l’allestimento
del bazar.
• La comunità rinnova le sue
condoglianze alla famiglia di
Guido Paschetto deceduto all’età
di 83 anni.
Solidarietà
POMARETTO — Ci ha improvvisamente lasciati all’età di 71
anni il fratello Ferdinando Clot;
ai familiari nel dolore la simpatia cristiana della comunità.
• Si sono uniti in matrimonio,
sabato 11 aprile, col solo rito civile, Orietta Costantino e Valter
Aglio. Agli sposi gli auguri sinceri di felicità della comunità.
5
17 aprile 1992
vita delle chiese 5
RESI: SERVIZIO CRISTIANO
CORRISPONDENZE
Accoglienza ai
Molte speranze e
qualche preoccupazione anonimi
Le assemblee annuali hanno permesso di fare il punto sull’andamento dei settori di attività - L’ingegneria del territorio, ultima nata
Un intenso lavoro ha caratterizzato l’assemblea degli Amici,
l’assemblea dell’Associazione amici di Riesi e le assemblee della
Meccanica Riesi al Servizio cristiano, tra il 27 e il 29 marzo. Un
breve lasso di tempo, racchiuso
fra i culti tenuti la sera d’inizio,
con predicazione di Irene Wigley,
e quello finale, la domenica nella
chiesa di Riesi, con predicazione
di Franco Giampiccoli.
Giornate intense, e anche difficili: gli incontri con i sindacalisti e i lavoratori della Meccanica
Riesi sono stati sofferti per le
preoccupazioni a causa della
mancanza di lavoro e della conseguente crisi. Gli incontri sui
settori di attività hanno invece
aperto alla speranza, e la relazione del presidente del Comitato
esecutivo, Giuseppe Platone, così
come quelle dei « settori », hanno
dato la sensazione della solidarietà esistente fra le attività.
La mano del Signore ha certo
aiutato un gruppo residente di
soli nove adulti; con loro hanno
lavorato i volontari (con permanenze da sei mesi a un anno) e
molti riesini impegnati nel Gruppo di servizio. Importante è l’internazionalizzazione del gruppo
residente che, con i doni provenienti dall’estero, è segno tangibile della solidarietà delle chiese
europee. Occorrono tuttavia altre
persone: di qui l’appello per avere volontari che si fermino almeno un anno.
Un buon bilancio
Le finanze sono andate bene:
eliminato il deficit di quasi 60 milioni, si è ricostituito un fondo, di
riserva. Rispettati i preventivi, è
diminuita poi l’incidenza del costo del personale sul costo totale
(dal 75 al 65%). Moltissimi i doni
dall'Italia e daH’estero, che hanno permesso investimenti atti ad
aumentare la produttività delle
persone (come il nuovo forno
per la cucina) e ad avviare nuove attività. Le quote degli alunni
sono state aumentate e compensano in parte il calo di finanziamenti pubblici.
Il preventivo per l’anno in corso si muove nella linea del precedente: informazione alle comunità in Italia e all’estero, cura costante delle possibilità di finanziamento pubblico, molto lavoro volontario, sfruttamento del Centro
agricolo e dei suoi prodotti.
I gruppi di amici esteri ci sono
vicini anche tramite la corrispondenza, in cui i gruppi non raccontano solo di sé, ma danno anche precise indicazioni di lavoro:
il gruppo francese ha proposto
che il Servizio cristiano si faccia
Riesi: la scuola per meccanici.
carico deH’organizzazione di una
Conferenza dei paesi latini sui
temi della giustizia, della pace,
dell’integrità del creato. Un'altra
proposta sarebbe di stringere i
collegamenti con la CEVAA.
Consultorio: Il bel lavoro svolto proseguirà adattandosi alla
mutata situazione: l'apertura di
un consultorio pubblico e la partenza della dott. Pisani Meggiolaro sposteranno il baricentro del
lavoro, con il mantenimento di
alcuni aspetti specialistici (possibili grazie alla strumentazione molto avanzata di cui disponiamo, come ecografo e colposcopie) e allargandosi di più al settore sociale, con uno studio sulla
dispersione scolastica, un’indagine su Riesi « trent’anni dopo »,
conferenze pubbliche, un corso
sull’ « educazione sentimentale »
proposto alle insegnanti della
scuola elementare « Monte degli
ulivi » e altro ancora.
La cucina e la casa: Il gruppo
ha lavorato all’operazione « trentennale » e ha provveduto al rinnovo di alcune attrezzature. Altre
dovranno ancora essere sostituite. Un volontario affianca il cuoco titolare.
Manutenzione: La cura del responsabile e dei suoi aiutanti sta
rimettendo in sesto impianti, muri, tetti, servizi. Alcuni interventi
sono urgenti: occorrerà rifare
rimpianto elettrico, poi si dovrà
provvedere a muri, riscaldamento, fogne, eliminazione di barriere architettoniche. Una ristrutturazione della biblioteca permetterebbe di spostare gli uffici — oggi in via 1° maggio — per eliminare spese in tempo e benzina.
Meccanica Riesi srl: Il grosso
deficit registrato a fine ’91 è dovuto a un calo drammatico degli
ordini e quindi delle vendite: più
del 30% di calo in un anno, con
conseguente ricorso alla cassa integrazione, comunque insufficiente a riportare in pareggio il bilancio. L’allungarsi inevitabile dei
tempi di lavorazione, la minore
efficienza globale degli impianti,
l’aumento dei costi fissi hanno
fatto crescere l’incidenza del costo del personale sul prodotto finito. I rimedi sono lunghi e richiederanno sacrifìci. E’ allo studio un progetto di diversificazione della produzione e di ricerca di
altri mercati, e si pensa alla flessibilità deU’orario per rispondere velocemente agli eventuali ordini.
Le famiglie
degli allievi
SERVIZIO CRISTIANO
Cercasi volontari
Il Servizio cristiano di Riesi ricerca tre persone volontarie: a) una
persona, possibilmente insegnante, che si occupi principalmente del
lavoro di segreteria della scuola elementare e materna; b) un'infermiera che s’inserisca nel lavoro del Consultorio di pianificazione familiare;
c) una persona che intenda coliaborare nell'accoglienza e organizzazione
della nostra casa comunitaria.
A tutte le persone interessate è richiesta la permanenza minima
di un anno e l'iscrizione all’Associazione evangelica di volontariato.
Contattare al più presto il Servizio cristiano di Riesi - casella postale 93016 RIESI (CL) - tei, orario d'ufficio 0934/928123.
Scuole: Una presentazione vivace del lavoro ha fornito anche
delle indicazioni in più: un’indagine ha messo in luce che il livello di reddito delle famiglie per
almeno metà dei casi è basso o
medio-basso. L’assemblea ha anche discusso di rette, degli « sconti » sul costo reale, della finalità
delle scuole stesse.
Ingegneria del territorio: E’ l’iniziativa « ultima nata »: 14 studenti con docenti che si alternano ogni settimana per ogni ciclo
di 5. Dopo i primi tre cicli un
gruppo risiederà al Servizio cristiano per 5 mesi, approfondendo
lo studio del territorio riesino e
preparando una tesi. Il lavoro è
teorico fnei locali della ex scuola
meccanici) e poi di indagine sul
territorio.
Centro agricolo: 1.600 ulivi danno 5.000 litri di olio di alta qualità (presto etichettabile come
« extra vergine ») che ha trovato
un buon mercato interno e reso
possibile un buon attivo. La vigna sarà rinnovata, si spera di
utilizzare fra breve il laghetto,
indispensabile per l’irrigazione.
Segreteria: Ha una nuova
offset; l’Unione femminile aiuta
per la spedizione del bollettino e
a volte per i vari servizi.
Discussione: Un applauso finale
ha accomunato i residenti e il
Gruppo di servizio in segno di ringraziamento e di speranza per il
prossimo anno.
Questo vedrà molte cose belle
da fare, altre molto difficili: tutte comunque sono state messe
sotto lo sguardo del Signore, senza il quale nulla sarebbe stato
fatto. L’appuntamento è fra un
anno: nel frattempo manteniamo
vivi i contatti epistolari, le lettere, le telefonate con chi lavora
al Servizio cristiano. Ne hanno
bisogno ma, anche, se lo meritano.
Gianni Rostan
BOLOGNA — La nostra comunità, dopo un’assemblea tenuta domenica 23 febbraio con aggiornamento e votazione domenica 15 marzo, ha deliberato di
accogliere la richiesta del gruppo NA (narcotici anonimi) di
Bologna di potersi riunire nei
nostri locali ogni venerdì sera come parte del programma di recupero dalla tossicodipendenza
che ^esso porta avanti nella nostra’città da più di due anni. Il
gruppo è sorto per iniziativa del
fratello Angelo Pezzotto ed è collegato all’Associazione nazionale
NA legalmente riconosciuta. NA
è nato negli Stati Uniti nel 1953
in seguito all’esperienza degli alcolisti anonimi, da cui ha preso
il programma spirituale di recupero. Già da due anni abbiamo
ospitato incontri in ricorrenze
particolari, quali compleanni di
astinenza da qualsiasi sostanza
o anniversari della costituzione
del gruppo stesso. Dal mese di
aprile ’92 il nostro sostegno solidale si esprimerà con più tangibile regolarità nella comune fiducia che il Signore « è venuto
a cercare e a salvare ciò che era
perduto» (Le. 19: 10).
Il processo dell’ accettazione
della richiesta non è stato né
sbrigativo né superficiale. Molti
timori hanno dovuto essere fugati. L’informazione, carente in
molti di noi, ha dovuto essere
colmata. Alcune garanzie di responsabilità hanno dovuto essere ulteriormente illustrate. Il
Consiglio aveva preventivamente provveduto a consultare i genitori dei bambini della scuola
domenicale insieme con medici
specialisti in tossicologia; materiale esplicativo era stato distribuito in chiesa. La disponibilità
espressa il 15 marzo non potrà,
comunque, limitarsi alla semplice concessione dei locali una volta la settimana, ma dovrà essere
accompagnata dalla solidarietà
della preghiera e dalla fraterna
testimonianza evangelica della
salvezza nella fede in colui che
è « la via, la verità e la vita », il
Signore Gesù Cristo.
Una giornata
di testimonianza
ALESSANDRIA — Domenica
22 marzo è stata una giornata
speciale, una bella giornata di
fraternità e di testimonianza. Il
tempio (riscaldato dall’impianto
nuovo di zecca) era ben stipato, come raramente accade, per
ascoltare la predicazione del pastore Gianni Genre (apprezzatissimo pochi giorni prima nella
sua conferenza su Tillich) sulla
prima beatitudine. E’ seguito un
pranzo comune, prima del concerto della corale presso il Centro di cultura: buona la partecipazione di pubblico (parecchi da
Alessandria, dalle Assemblee dei
fratelli di Spinetta e Valenza,
pochi, ahimè, i bassignanesi
esterni alla chiesa), bellissimi
gli inni proposti dalla corale.
• Mercoledì 15 aprile inizia il
ciclo primaverile di studi biblici in Alessandria, che speriamo
possa coinvolgere, come accaduto in passato, anche gli amici
cattolici del (dentro interconfessionale per la pace. Ci occuperemo ancora del Sermone sul
monte, a partire dal cap. 6.
• Mentre prosegue il ciclo sulle teologie del Novecento (prossimo appuntamento giovedì 23
aprile con la conferenza del prof.
E. Guerriero sulla teologia di
U. von Balthasar), il Consiglio del Centro culturale è al
lavoro per pianificare le iniziative fino a giugno, nonché per gettare le basi dell’attività dell’anno prossimo.
Giovedì 7 maggio Giuseppe
Barbanotti parlerà ad Alessandria sulle sue recenti esperienze
africane; è allo studio una conferenza del prof. Maselli sulla
storia del protestantesimo nell’Alessandrino.
Insieme all’Ufficio relazioni
ecumeniche della Diocesi e al
CRDS, si sta pensando a un nuovo ciclo di incontri per il 1992’93.
Una conferenza
di Paolo Ricca
BETHEL — Il Centro evangelico, d’intesa con il XV circuito,
organizza una conferenza del
prof. Paolo Ricca sul tema: Sacerdozio universale e diaconia in
vista dell’evangelizzazione. La
conferenza si terrà il 1° maggio
alle ore 10,30, ma il prof. Ricca
sarà al centro fin dal pomeriggio del 30 aprile: si è pensato
quindi di avere un’agape per conoscersi meglio. Il centro sarà
dunque aperto dal 29 aprile al
3 maggio. Nei giorni 2-3 maggio
il comitato invita le unioni femminili di tutte le denominazioni
a partecipare ad uno scambio
di idee. Pensione completa L.
25.000 giornaliere; pranzo/cena
L. 12.000 per pasto. Per iscrizioni (sollecite): Beatrice Grill, viale della Libertà 115 - 98121 Messina (tei. 090/52817).
Fra storia e
vita vissuta
NAPOLI — NeH’ambito delle
attività culturali promosse dall’YWCA (UCDG) si è svolta l’il
aprile, nei locali di via dei Cimbri 8, la conferenza della prof.sa
Elena Corsani Ravazzini sul suo
libro L’aquilone sull’armadio,
preceduta da due profondi e intelligenti interventi, il primo a
cura di Anna Nitti e il secondo
di Clara Ranchetti.
La bella iniziativa ha riscosso molto successo di pubblico,
soprattutto giovanile, che ha positivamente risposto alle stimolanti considerazioni dell’autrice,
che ha ricordato a tutti noi le
sofferenze e il riscatto di una
generazione.
Ora, affinché tale patrimonio
non vada perso, è compito della
scuola vigilare per la difesa delle radici democratiche dello stato italiano.
Troppe volte, è stato detto, gli
insegnanti ignorano nei loro programmi la seconda guerra mondiale e la Resistenza. Questa rimozione esprime disagio e ipocrisia mentre i discenti, al contrario, vogliono conoscere, amare e capire. Ogni conflitto, compreso quello recente del Golfo,
mette a dura prova usi e costumi della società. Non si può
quindi fingere che nulla sia accaduto, ma piuttosto parlarne con
schiettezza, calore e semplicità,
perché ognuno mediti nel profondo del cuore, senza l’apporto dannoso della retorica.
PROTESTANTESIMO
IN TV
DOMENICA 19 APRILE
ore 23,30 circa - RAIDUE
Replica
LUNEDI’ 27 APRILE
ore 10 - RAIDUE
MARIA, SALOME
E MADDALENA
Trasmissione biblica condotta da Claudio Pasquet e
Daniela Di Carlo.
6
6 prospettive bibliche
17 aprile 1992
ALL’ASCOLTO DELLA PAROLA
Riflessioni sulla Pasqua
a partire da una prassi femminile di pace
L'anno scorso le sorelle della
chiesa battista di Gravina, come
le sorelle di tante altre nostre
chiese, manifestarono a favore
della pace, unendosi alle « donne in nero ». Questa esperienza,
per quanto modesta, sta alla
base delle riflessioni che seguono; mette in luce un aspetto della storia di Pasqua, che risplende di nuovo su questa come su
altre prassi femminili di pace.
Lino dei molteplici motivi che
conducono le donne sulle vie
della pace, e permettono loro
di proseguire in essa, è la loro
mancata visibilità aH’interno
della società dei maschi. Ma
non è solo ai nostri tempi che
le donne escono dai confini della società patriarcale.
Le donne, testimoni
della resurrezione
Se osserviamo con attenzione
gli evangeli scopriamo, forse
con sorpresa, che le donne seguirono la « via crucis » di Cristo, assistettero alla sua morte,
lo accompagnarono alla tomba
e furono testimoni della sua resurrezione. Al momento dell’arresto di Gesù i suoi discepoli
« lo abbandonarono e fuggirono
tutti » (Marco 14: 50). Come
tanti amici dei nostri tempi, i
discepoli di allora « se ne stavano con le porte chiuse per la
paura » (Giovanni 20; 19) te
mendo l'arrivo degli squadroni
della morte.
Le donne, invece, che non davano nell’occhio né destavano
sospetto, poterono seguire la
vittima, l’ennesima di un regime ingiusto. Ed accompagnarono così un Gesù che, insanguinato e indebolito dalla tortura,
si trascinava verso il Golgota, il
luogo del teschio, la città della
morte, VAyacucho di quel tempo e di quella regione.
Lungo il percorso Gesù, rivolgendosi ad alcune donne in
nero « che si battevano il petto
e facevano lamenti su lui », disse: « Non piangete per me ».
Non voleva il cordoglio per se
stesso; « Piangete piuttosto per
voi e per i vostri figli » (Luca
23: 27).
Che cosa avevano potuto capire quelle donne della morte di
Gesù? Essendo ai margini, non
avevano potuto entrare nella
meccanica del conflitto: non
avevano sguainato la spada nell’orto del Getsemani, per cerca
Quando Gesù venne arrestato, i discepoli « lo abbandonarono e fuggirono tutti» (Me. 14; 50). Ma alcune donne seguirono la via crucis di
Cristo, lo accompagnarono fino alla tomba e furono le prime a vederlo
risorto. Sono quindi delle donne a scoprire per prime che la vita aveva
sconfitto la morte, l’amore l’odio, la pace la guerra. Preparate a gestire
i riti della morte, esse sono state testimoni della risurrezione. Tutte le
« donne in nero » di oggi non sono anch’esse apostole della risurrezione,
della pace annunciata da Cristo?
re di evitare l’arresto del maestro.
Anzi poco tempo prima una
donna, compiendo un gesto di
amore incomparabile, aveva
versato su lui un unguento prezioso, ungendo così anticipatamente il suo corpo per la sepoltura (Marco 14: 8).
Riti della morte e
riti della nascita
I riti della morte, infatti,
come i misteri della nascita,
sono da sempre in mano delle donne. E le donne erano
lì, ad assistere alla sua morte: « Tra le altre c’erano Maria Maddalena, Maria madre di
Giacomo e di Giuseppe, e la madre dei figli di Zebedeo » (Matteo 27: 56). Fu Giuseppe di Arimatea, protetto dalla sua posizione, dal suo essere uomo, dalle sue ricchezze, a chiedere il
corpo esanime di Gesù. Ma a vigilarne il corpo rimasero le donne, « sedute di fronte alla tomba » (Matteo 27: 61). E furono
le donne a tornare, il mattino
seguente, per completare l’unzione della salma per la sepoltura.
Maria Maddalena, Giovanna,
Certo è così; ma non è soltanto questo. Sono uguali, ma sono
anche diverse perché, venute in
silenzio alla tomba, « il primo
giorno della settimana », hanno
ricevuto l’annuncio della resurrezione. Per prime hanno scoperto che, finalmente, la vita
aveva sconfitto la morte, l’amore l’odio, la pace la guerra.
Come donne in nero di allora
andarono a scovare i compagni
nei loro nascondigli, per portare la notizia che la morte non
poteva più trionfare sulla vita,
né l’ingiustizia sulla giustizia,
né la violenza sulla pace. Insomma, dovevano annunciare che
Gesù era risorto. Anzi, Gesù apparve dapprima alle « donne in
nero », affidando loro un compito: « Andate a dire ai miei discepoli di recarsi in Galilea, là
mi vedranno » (Matteo 28: 10).
Le « donne in nero » accompagnarono Gesù durante il suo
ministero pubblico, assistettero
alla sua morte, vigilarono davanti alla tomba. La presenza
silenziosa delle discepole per
l’arco di tutto il Vangelo non
era forse un segno in quel
Maria... non erano forse anche
loro delle donne in nero? Non
facevano parte di quelle donne
in nero dei tanti paesi del mondo che cercano, foto alla mano,
i loro cari? Che scoprono le fosse comuni, che identificano i cadaveri mutilati, che seppelliscono con le loro mani mariti e figli, sorelle e figlie?
tempo? Segno che le chiese patriarcalizzate hanno ignorato, o
messo a tacere? Quel segno non
si ripropone a noi oggi?
Le « donne in nero » pensavano di far cordoglio per Gesù, di
preparare il suo corpo per la
sepoltura, di gestire i riti della
morte; ed invece si trovarono
presso una tomba trasformata
in utero ad assistere, quali levatrici sbigottite, non ad un funerale ma ad un parto, alla resurrezione di Gesù.
E’ questa promessa di nuova
vita, di shalòm, che vedo nelle
donne in nero delle piazze di
oggi e di ieri. Vestite a lutto fanno cordoglio per i morti del
nostro mondo, ma sono anche
apostole della resurrezione; il
segno che la morte, ed anche
la morte violenta, non hanno
l’ultima parola, perché Gesù
« è la nostra pace (...); ha creato
un nuovo popolo e ha portato
la pace fra loro; per mezzo della sua morte in croce li ha uniti
in un sol corpo, e li ha messi
in pace con Dio (...)■ Come dice
la Bibbia, egli è venuto ad annunciare il messaggio di pace,
pace a voi che eravate lontani
e pace a quelli che erano vicini »
(Efesini 2: 14 s.).
Memoria passìonis,
memoria resurrectionis
Le « donne in nero » mantengono viva, per usare un’espressione di Metz, sia la « memoria
passionis » che la « memoria resurrectionis ». Sono queste memorie a rendere efficace una
prassi di pace.
La speranza della resurrezione non fornisce un alibi per abbandonare il mondo alla violenza, ai conflitti, alle guerre; ma
garantisce, contro ogni visibile
evidenza, l’esito dell’impegno
per la pace.
Perciò quando guardo le
« donne in nero » vedo le apostole della resurrezione. Lo ammetto, la mia è una visione parziale; confusa come in un antico specchio. Infatti l’evangelista Marco per primo non sarebbe forse d’accordo. « Le donne — leggiamo nel suo Evangelo — non dissero niente a nessuno, perché avevano paura »
(Marco 16: 8). Non dissero
niente, oppure Marco non fu
capace di leggere il segno? Per
gli altri evangelisti invece, Matteo, Giovanni e Luca, le donne
« lasciarono il sepolcro e andarono a raccontare agli undici quello che avevano visto e udito (...).
Anche le altre donne che erano
con loro riferirono agli apostoli
le stesse cose » (Luca 24; 9 ss.).
Elizabeth Green
7
17 aprile 1992
obiettivo aperto
IL CINQUECENTENARIO IN UN INTERVENTO DEL MODERATORE DELLA MESA VALDENSE
La '"conquista” vista dall'America Latina
E’ impossibile parlare di incontro fra civiltà diverse, quando una schiacciò e umiliò l’altra - Due diverse economie, che furono in antagonismo - Quello che è « storia passata » e ciò che ancora resta dell’antica oppressione
Per riflettere sulla vicenda controversa della « scoperta » dell’America, partiamo da alcune considerazioni sull’azione di conquista, sul ruolo della società europea e su quello della Chiesa cattolica.
Oggi si tende a parlare di evangelizzazione o di incontro fra
due culture; in realtà tale avvenimento non è stato riscontrato
se non in minima proporzione,
rispetto al concetto di «impero»:
una nazione cioè che arriva al
punto di imporre la propria bandiera, la propria cultura, il proprio sistema economico e la propria religiosità.
Con Colombo non avvenne
nient’ altro che l’avvento della
« Chiesa imperiale », volta alla
conquista spirituale, allo stabilire la « Chiesa » della corona spagnola, l’alleanza di Dio e Cesare.
Un Dio assoluto in uno stato assoluto.
Paternalismo
moralizzatore
Questa conquista venne guidata dai missionari, e in questa
opera due sembrano essere state le armi più importanti:
a) il paternalismo del missionario, che è padre e protettore,
offre agli indios un nuovo modello, dominante e paterno. Tutto ciò avrà degli effetti distruttivi nei confronti dei modelli di vita più « comunitari », basati anche sull’uguaglianza dei sessi, che
vigevano presso vari gruppi di
indios;
b) la moralizzazione e colpevolizzazione della popolazione «indigena». Gli elenchi, veri e propri cataloghi scritti dei peccati
nella lingua degli indigeni, indicano che questo non è stato un
vero incontro fra culture, e neanche un’evangelizzazione. Fu l’imposizione di un modello, portato
come « verità », e non l’apertura
di uno scambio reciproco tra diversi modelli di vita.
Nel secolo XVI, secondo la visione del conquistatore condizionata dalla sua religione cattolica,
è necessario diffondere l’ideologia e la religione europee. Da
questo punto di vista si può leggere nei documenti dell’epoca
che, data la « barbarie » degli
« indios », è fatto obbligo di dominarli con la forza per liberarli
da quella condizione. Insomma,
come dire: opprimere per liberare! In questo senso quella realtà, per noi latinoamericani, è di
assoluta attualità.
Il crimine
deiridolatria
In altri documenti possiamo
leggere che combattere contro i
nativi o gli indios equivale a castigarli del crimine ohe essi commettono contro la legge naturale
con la loro idolatria. Si giustifica
la guerra con il fatto che gli indios sacrificano ai loro dèi degli
esseri umani e si dedicano all’antropofagia. Viene da chiederci: e
gli esseri umani sacrificati agli
dèi defl’efficienza e degli armamenti?
Si dice anche: bisogna fare la
guerra agli infedeli per aprire il
cammino alla diffusione della religione cristiana. Questo significa
che c’è una civiltà (europea) e
una barbarie (indigena americana). Un Dio «che esclude» (da
parte della cristianità) opposto a
dèi suscitati dal demonio (nelle
religioni indigene). In questo modo si viene a sacralizzare la violenza (non siamo molto lontani
dagli argomenti che portarono alla guerra del Golfo).
Dobbiamo tuttavia riconoscere
che ci fu anche un’altra linea di
condotta, da parte cristiana: in
quest’ altra tendenza troviamo
Bartolomé de las Casas e il frate
domenicano Montesino. per limitarci a fare due nomi soltanto.
Ma andiamo ancora avanti con la
storia della conquista, in modo
da situarci nella contemporaneità stessa della storia.
La « scoperta » occulta di fatto alcuni aspetti che sarebbero
invece ben chiari della vita delle
Americhe; nel Diario di Colombo
(11 ottobre 1492) è scritto: «Infatti [queste persone] danno e
prendono tutto ciò che hanno, pe
di indios scappano presi dal
(Dall’edizione del Dati, 1493,
rò mi sembra che siano troppo
"poveri” di tutto... e credo che
presto si faranno cristiani, che mi
è parso non facciano capo a nessuna setta. Io, piacendo a Nostro
Signore, ne porterò sei a Vostra
Altezza, perché imparino a parlare ». Da queste parole risulta
chiaro il rifiuto di pensare che
gli indios abbiano una loro economia sufficiente, che abbiano
una religione vera e che sappiano parlare e abbiano una cultura
propria.
La negazione
deH’economia
Si occulta il fatto che esistesse un’economia « indigena »: gli
indios sono « poveri di lutto ». E’
curioso che mentre Colombo fa
queste affermazioni, riconosca di
essere egli stesso sostentato da
quella economia; riconosce l’ospi
RIO DE LA PLATA
Le decisioni del Sinodo valdese
Di fronte alla commemorazione
dei 500 anni dell’arrivo di Cristoforo Colombo in America, il Sinodo della Chiesa evangelica valdese
del Rio de la Piata riafferma in
tutti i suoi tenmini l’atto 48/SR/91,
ed invita le proprie comunità e
tutta la società a vivere questa occasione come una sfida:
— sfida a leggere la storia in
modo maturo e critico;
— sfida a discernere che in essa coesistono atteggiamenti opposti. Da una parte un’ansia di lucro e di superiorità che è sfociata nello sfruttamento; dall’altra, la
ricerca della comprensione e della
solidarietà;
— sfida a esprimere la nostra
responsabilità perché lo sfruttamento, la segregazione e lo sterminio
non appartengono solo al passato.
Infatti oggi i nostri fratelli neri,
aborigeni, creoli e bianchi emarginati continuano a soffrire in una
società che nega loro la possibilità di vivere degnamente. Oggi
l’attuale sistema economico, ai servizio di una minoranza, trascina milioni di persone nella povertà e
nella disperazione;
— sfida a riconoscere la partecipazione della chiesa tutta al man
tenimento di questi rapporti distrut
tivi;
— sfida ad entrare in una dina
mica di conversione per poter sco
prire e condividere il « filo » del
la grazia e della speranza che percorre tutta la storia dell’umanità;
— sfida a nutrirci di questo filo
di speranza per organizzare le nostre attività nella comunità, nella
prospettiva di un impegno genuino
con quelli che soffrono di più, che
sono più emarginati, partecipando
così alla costruzione di una società più giusta, nella speranza del
Regno.
In virtù di quanto detto nell’atto precedente, il Sinodo:
1) rifiuta ogni pubblicazione e
celebrazione che implichi l’esaltazione dei vincitori e il disprezzo
dei vinti;
2) esorta le comunità a promuovere in tutte le istanze possibili
la riflessione e la presa di coscienza sulle realtà di una storia controversa o negata.
Raccomandazioni - 48/SR/91
Visti ì preparativi per i festeggiamenti in varie parti del nostro
continente, sìa sul piano ufficiale
sia nelle nostre chiese, del quinto centenario dell’arrivo di Cristoforo Colombo in America,
considerando:
a) che la nostra partecipazione
a questi avvenimenti si è manifestata da molto tempo nel quadro
del lavoro del Consiglio latinoamericano delle chiese e della Giunta
unitaria delle missioni.
b) che molte ragioni suggeriscono di concepire questo avvenimento non come celebrazione — tra
l’altro di annientamento di culture
aborigene e di popoli interi — ma
come occasione di riflessione;
il Sinodo raccomanda:
1) alle chiese e ai responsabili
di chiesa di condurre in modo approfondito uno studio e una riflessione sulle conseguenze dell’annientamento, contribuendo in questo modo a chiarire la nostra interpretazione di quei fatti e la testimonianza che dobbiamo alla nostra società;
2) alla Mesa vaidense di far pervenire alle chiese tutto il materiale che può raccogliere.
terrore di fronte a Colombo,
della lettera di Colombo).
talità e la generosità, ma non
ritiene che questo sia un principio economico.
Il 13 dicembre scrive; «Tutto
ciò che hanno lo danno in cambio di qualsiasi cosa », ma è più
sorprendente ciò che scrive il 21
dello stesso mese; « ...e non si
dica che ciò che davano lo offrivano perché valeva poco, per questo lo davano liberamente, quelli
che davano oggetti d’oro come
quelli che offrivano un recipiente
d’acqua; è facile capire quando
si offre qualcosa con un cuore
desideroso di dare ». E tuttavia
Colombo e altri conquistatori
chiamavano poi ladri gli indios
perché, così come davano tutto,
allo stesso modo volevano tenere
delle cose per se stessi.
Quando ebbe luogo la conquista si misero a confronto due sistemi economici fondamentali;
— l’economia di interscambio, di
cui l’economia di mercato è
l’espressione più significativa;
— l’economia di reciprocità, che
si fonda sul dono, e tende a riprodurre il dono.
La maggioranza delle economie
«indigene», anzi tutte, erano e sono anche oggi economie di reciprocità.
Una minaccia
per il mercato
Queste economie sono state occultate, nascoste o negate perché
costituivano una minaccia per
l’economia coloniale, di mercato
o liberale. Infatti l’occultamento
de] sistema economico indigeno
non fu una questione di ignoranza, e nemmeno la risposta ad
una volontà di superare un modello inefficace; al contrario questa « copertura » era necessaria
perché la « scoperta » si mantenesse con la stessa finalità in base alla quale aveva avuto origine;
l’apertura del mercato. Allo stesso modo ai nostri tempi si cerca di distruggere, in America Latina, le economie di orientamento statale che vengono distrutte
dal mercantilismo dei capitali
stranieri, che tutto giustificano
con un ritornello falso e bugiardo: l’inefficienza o il deficit (ma
che dire allora del deficit di alcuni paesi capitalisti, come gli stessi Stati Uniti?).
Ciò che è più tragico in onesta
concezione è il considerare che i
soldi o il capitale valgano più
delle persone. Il fenomeno dell’occultamento arriva anche alla reli
gione; Colombo la dichiarò inesistente. Dice Bartolomeo Melia
(gesuita spagnolo, conoscitore
della cultura guarani); « Ritengo
che la Chiesa cattolica romana,
di fronte alle religioni "indigene",
perse la grande opportunità di
farsi più cristiana e più cattolica
(universale) ». Le religioni ’’indigene”, con la straordinaria importanza che accordano alla parola ispirata, alla profezia, alla
presenza mistica di Dio in tutta
la vita, alla festa, che rappresenta il sacramento dell’economia di
reciprocità, avrebbero potuto essere una liberazione dalle catene
in cui era costretto il cristianesimo al suo arrivo in America. La
scoperta non solo nascose le religioni indigene, ma anche l’Evangelo stesso. Quello che avvenne
non fu un incontro fra culture,
fu uno scontro, un’invasione.
Partendo da questo punto di
vista non possiamo accettare le
proposte che sono venute, in forma anche ufficiale, tanto dall’Europa quanto dagli Stati Uniti, di
celebrare i 500 anni. Non c’è stata una risposta alla semplicità,
al calore e aH’apertura degli uomini che vivevano qui. Gli stessi
valdesi del nord dell’Argentina,
in maniera magari diversa, quando arrivarono per colonizzare furono avvolti nella stessa strategia del mercantilismo della con-,
quista, nella concezione secondo
la quale l’indio non sapeva far
niente.
Non è stato
sjn ’’incontro”...
In molti lottarono per difendere un pezzo di terra che le multinazionali della colonizzazione
(migrazione) avevano destinato
agli europei che venivano a popolare queste terre. Non è stato
un incontro perché si considerava l’altro come qualcuno a cui
si può togliere qualcosa, che si
può sfruttare. Non si è andati al
vero incontro con l’altro ma verso la spoliazione di quest’ultimo,
verso l’avidità, il pretendere dall’altro tutto ciò che è possibile:
questa è l’ideologia che ancora
oggi distingue il rapporto economico fra i paesi ricchi e quelli
poveri. Allora il mondo degli indios fu disarmato, distrutto, per
imporre il mondo europeo del
mercato dominatore.
Riconoscere tutto questo per
noi non significa rinnegare ciò
che è avvenuto. E’ questo il momento di vedere la realtà com’è,
scoprire in essa le radici della
miseria, della fame, dello sfruttamento che patiscono i nostri popoli. Popoli che lavorano quanto
qualsiasi altro, che avrebbero
con la loro terra e la loro acqua
una ricchezza maggiore di altri
che vivono nell’abbondanza.
Il dibattito nella nostra chiesa
passa giustamente attraverso
questo punto nodale: con chi ci
accordiamo o identifichiamo?
Con chi difende l’ideologia della
conquista del mercantilismo economico, religioso e culturale o ci
affianchiamo ai nostri popoli
semplici e umili in modo da coltivare insieme la speranza in un
mondo di condivisione, di utopie,
di sogni di speranza per una vita
piena?
Non è necessario rompere con
la storia. E’ necessario leggerla
alla luce dei fatti più nascosti.
Non c’è bisogno di rinnegare l’esperienza del Glorioso Rimpatrio
(con le sue armi) per dire che
difendiamo la vita e la pace. E
gli indios.
Hugo Malan
Testo dell’intervento pronunciato in occasione della visita a
Pinerolo e Torino, il 26 e 21 marzo.
8
8
ecumenismo
17 aprile 1992
INTERVISTA A EUGEN DREWERMANN
Una specie di faraonismo moderno?
Un impegno in favore della libertà dell’individuo, « che conduce necessariamente all’opposizione alla chiesa »-Tra
superstizione e ateismo: le responsabilità ecclesiastiche - La ricerca di un vero rapporto con le altre religioni
(seconda parte)
— Ma che cosa resta della
specificità del cristianesimo, se
non è altro che un umanesimo
riattivato dalla psicanalisi o il
riconoscimento di questo « diritto alla felicità » di cui lei ha
parlato?
— Il cristianesimo è vero ogni
volta che esso si legittima attraverso il suo umanesimo. Non
può essere altrimenti...
Il superamento dell’angoscia è
possibile solo se è aperto alla
trascendenza. La rivolta contro
l’assurdità della morte presuppone essa stessa la coscienza
che l’uomo è più che natura.
L’umanità, la società, sono incapaci di dire al soggetto perché
esiste, e quando Feuerbach stesso scrive che l’amore dell’uomo
e dell’umanità è il solo oggetto
della religione, non risponde
nemmeno alla questione angosciata dell’esistenza umana. Il
postulato della bellezza, per es.
attraverso il pensiero mediterraneo di Camus, presuppone anche una coscienza di un al di là
della storia e della società.
E’ in questo deficit di risposta al senso dell’esistenza che il
cristianesimo proietta la sua immagine di Dio, un’immagine risvegliata nell’esistenza dalla vita, la poesia e la forza profetica di Gesù. Il cristianesimo
esprime la situazione fondamentale di un io che è tutto e di
un al di là che accetta il tutto
e permette di accedere a questo
tutto. Questa proiezione non è
una dialettica negativa. Una volta risvegliata, essa è al contrario uno specchio formidabile di
tutti i simboli che attraversano
la storia e il mondo e attraverso i quali l’uomo raggiunge il
suo senso.
Prenda l’esempio del Golgota.
La passione di Gesù sul Golgota potrebbe essere il simbolo di
una rottura totale della fiducia
tra Dio e l’uomo, ma Gesù ne
fa il simbolo di un Dio che conserva la sua fiducia nell’uomo.
La stessa cosa ad Auschwitz, dove Dio è negato ed umiliato a
tal punto che sembrerebbe necessario, non foss’altro che per
mostrare che il cinismo, il principio del fascismo, non può giustificare tutto. La rivolta contro
la disumanità di Auschwitz è
possibile solo se si crede all’inviolabilità dell’uomo. La storia,
la natura inchiodano l’uomo alla croce, lo fissano alla sofferenza e all’assurdità della sua
esistenza. Dio solo fonda questa
convinzione che il nulla dell’uomo — la sua contingenza, la sua
immanenza — è molto di più
di questo nulla. Il cristianesimo
è, infatti, questa rivolta che rende possibile la vita.
Riassumo. Dio non può esistere come spettatore esterno. O
è spettatore, ed in questo caso
non esiste, o confida nell’uomo,
lo libera, e allora la questione
della sua esistenza non si pone
più. Egli è il soggetto che fonda ogni soggettività, ogni dignità, ogni libertà, nel senso in cui
lo intende Fichte (...).
Gesù, figlio
dei Dio vivente
— Lei dice che i racconti evangelici non sono delle verità storiche ed ancor meno dogmatiche.
Ma c’è ugualmente un punto
centrale della fede cristiana: Gesù, per lei nato da un uomo,
morto come un uomo, è il figlio
di Dio. La prima interpellanza
del suo vescovo non è stata che
lei nega che Gesù sia il figlio di
Dio?
— Io gli ho risposto: credo
di tutto cuore che Gesù è il fi
glio del Dio vivente. Ma aggiungo che questa verità fondamentale, radicale, deve essere espressa nel linguaggio del ventesimo
secolo e della modernità. La storia delle religioni ci insegna che
la metafora del figlio di Dio è
un attributo assolutamente ricorrente dei re dell’antico Oriente. Sotto l’infiuenza dei sacerdoti di Tebe, dopo la quinta dinastia egizia, il faraone non è più
Dio tout court, ma il figlio di
Dio. Il nome Hem-Junu, quello
dell’edificatore delle piramidi,
vuol dire letteralmente « figlio
corporale del faraone Cheope ».
L’espressione figlio di Dio significa dunque tanto la personificazione quanto la rappresentazione di Dio, e la migliore definizione di questo straordinario
simbolismo è in Giovanni, al capitolo 14: « Chi vede me, vede
il Padre ».
E’ singolare, perciò, che si usi
ancora il vocabolario della mitologia per parlare del figlio di
Dio. Per parlare di Gesù oggi,
dobbiamo trovare un altro linguaggio rispetto a quello delle
metafore come messia, re, figlio
dell’uomo, figlio di Davide. Il titolo di figlio di Dio rinvia ad
una funzione o a un ruolo. Non
descrive il figlio come essere divino in sé, ma colui che parla
bene di Dio, perché è in lui e
lo esprime. Paul Tillich diceva
già che Dio è tutto ciò che ci
riguarda senza condizioni. Colui
che sente e trova la sua esistenza in vicinanza di Gesù, che
è travolto da questa rivelazione,
può dire di credere che Gesù
è il figlio di Dio e partecipa alla sua esistenza.
Lo statuto
dei sacerdoti
— Come è passato da questa
interpretazione simbolica, psicanalitica, dei racconti biblici, alla critica globale, radicale che
lei fa dello statuto dei sacerdoti,
nel suo libro « Die Kleriker »,
e del funzionamento ecclesiastico?
— Nelle mie consulenze psicoterapeutiche vedo come la
gente abbia un’immagine di Dio,
trasmessa dalla chiesa, piena di
repressione, di angoscia, di sensi di colpa, di dipendenza e di
spersonalizzazione. L’esperienza
di Freud trova conferma ogni
giorno: quando gli uomini cominciano a parlare di Dio, nascono immediatamente angosce
infantili legate al padre, alla madre, simboli che la chiesa ha
strumentalizzato in modo psicologicamente negativo. Il mio impegno per la libertà dell’io e
dell’individuo mi ha condotto necessariamente all’opposizione alla chiesa. La libertà non è possibile senza rivolta.
La chiesa è responsabile di
questo passaggio, così rapido
nell’uomo moderno, dalla superstizione all’ateismo. E’ la stessa chiesa che, quindi, pretende
ancora di fissare oggi la verità
delle persone e della loro salvezza in formule amministrative, in giochi di linguaggio prefabbricati e sclerotizzati. Molte
questioni si pongono dopo duemila anni di cristianesimo, ma
ci viene impedito di sollevarle.
La sintesi che cerchiamo di compiere tra una certa ragione moderna e la fede è considerata
come la minaccia più pericolosa. Perciò il male è grave: ad
un Dio oggettivato in un discorso freddo, oppressore, corrisponde un uomo-soggetto del sistema burocratico e moralista della chiesa.
— Lei non sogna in fondo una
chiesa liberale, senza regole.
senza dogmi, senza sacramenti,
una nuova chiesa di quaccheri?
— Ma io non voglio assolutamente fondare una nuova religione, ancora meno una nuova
chiesa. Voglio soltanto, attraverso la critica, aiutare la mia ad
evolversi, a riformarsi, a tornare alla sua sorgente. Perché l’errore capitale è stato commesso
in partenza, quando si è tradotto l’insegnamento di Gesù, che
parlava alla popolazione rurale
di Galilea, critica nei confronti
della grande città di Gerusalemme, nella forma greca di una
metafisica di potenza e di un
sapere riservato agli intellettuali della città. E’ questa scissione che ha lacerato la chiesa in
due: l’élite ecclesiastica e il popolo. All’interno di ogni credente si è prodotta la stessa scissione tra cuore e ragione. Una
proclamazione regale di liberazione è diventata teoria di sottomissione e di amministrazione.
Portavoce di
una ribellione?
— Ma con discorsi anche eccessivi, lei non diventa prigioniero dei suo proprio ruolo? E
da medico deli’anima quale lei
era, sacerdote e terapeuta, non
è diventato il portavoce di una
parte di scontenti in ribellione
contro la gerarchia e delTamarezza di tutti coloro che hanno
già lasciato la chiesa?
— Le risponderò con un esempio semplice. Seicento anni prima della nostra era, il profeta
Geremia denunciava i sacerdoti
ed i teologi che mentivano nel
tempio, il luogo per eccellenza
della verità. Egli pregava affinché Nabucodonosor venisse a distruggere l’ordine esistente, quel
regime di menzogna istituzionalizzata, e affinché Dio arrivasse
a iscrivere infine la sua parola
nel cuore dell’uomo liberato. Dopo quattrocentocinquant’anni, in
cui l’Europa ha vissuto il Rinascimento, la Riforma, rilluminismo, la scienza moderna, noi vogliamo soltanto che la nostra
chiesa accetti il dibattito interno per essere più accessibile all’uomo del 2000.
— Io penso che il suo apporto più originale è di far nascere, attraverso un gioco di simboli e di immagini universali,
un linguaggio teologico nuovo
che reinveste lo studio compar
rato delle religioni. A questo riguardo, come interpreta il rapporto tra il giudaismo, la fede
degli egizi, il buddhismo, dai
quali lei prende in prestito co
stantemente elementi, e la fede
cristiana?
— I simboli e le immagini della fede cristiana non sono, in effetti, un patrimonio esclusivo
del cristianesimo. Mi sembra
inaccettabile che, milletrecento
anni dopo la nascita di Maometto e dell’Islam, non siamo in
grado di trovare un linguaggio
per spiegare ad un musulmano
come noi cristiani ci apriamo a
Dio, come crediamo e come preghiamo. Peggio ancora, da duemila anni noi rimproveriamo
agli ebrei di rinnegare la fede
di Gesù. Ma al contrario dovremmo essere pieni di gratitudine
per quell’ebreo di nome Gesù
che, a modo suo, ha invitato noi
gentili e pagani a partecipare
alla fede d’Israele.
Invece di questo, tutta la cristologia antica e moderna consiste nel riprendere miti e simboli che il giudaismo rifiuta —
quello della vergine madre, del
dio che muore, del Dio che divide il suo corpo ed il suo sangue — per costruire una metafisica ed una dogmatica che, proprio per gli ebrei, è incomprensibile ed inaccettabile. Non si è
fatto del figlio di Dio la seconda persona della Trinità? Dovrebbe essere possibile interpretare il cristianesimo come un
giudaismo aperto al linguaggio
delle altre religioni deU’umanità.
Non è sorprendente constatare come, grazie a padri della
chiesa come Clemente Alessandrino o Origene, l’Egitto sia tornato nel cristianesimo, negli ambienti di lingua greca? Si ricordi che, per gli egizi, il re è la
forma visibile di Dio. Toutankhamon vuol dire « immagine vivente sulla terra dell’amore nel cielo ». E molto presto nella teologia di Antiochia si vede sorgere il problema dell’identità di
Dio e del rapporto tra il Figlio
e il Padre.
L’antigiudaismo cristiano viene da lì. Perché, per gli ebrei,
questa mitologia regale egizia
non poteva essere interpretata
che in modo poetico. Se ne ritrovano delle tracce nei salmi 2
e 110 dell’Antico Testamento. Ma
il cristianesimo ha preso sul serio questi miti, ne ha fatto delle verità storiche ed anche il
nocciolo della sua cristologia.
La mia tesi è, in fondo, che il cristianesimo è una forma di faraonismo moderno, con un tesoro
immenso di saggezza simbolica,
ma non interpretato, né utilizzato per ciò che è. Il cristianesimo
aveva la possibilità di integrare
questa ricchezza del simbolismo
pagano attraverso la critica fondamentale e radicale che ne faceva il giudaismo. Ma non lo farà fino a che non riconoscerà
l’origine della sua propria storia, cioè il patrimonio universale dei suoi simboli.
Quanto al buddhismo, ha avuto l’immensa saggezza di ammettere che tutte queste immagini di
dèi e forze viventi, nella natura
e nell’uomo, facevano parte dell’anima umana, universale ed
eterna. Il buddhismo è in qualche modo una psicanalisi vecchia
di duemilacinquecento anni. Gli
impulsi sensuali vi sono riconosciuti e integrati, mentre nel cristianesimo sono respinti. L’idea
di compassione universale per
tutti i viventi è più forte nel buddhismo che nell’etica cristiana.
E con il suo modo di affrontare la natura, il buddhismo avrebbe molto da dire ai cristiani per
riprendere da capo la questione
del rispetto dell’ambiente e della pace.
A cura di
Henri Tincq
(Le Monde, 18 febbraio 1992)
(la prima parte dell’intervista è
stata pubblicata sul n. 15 del
104-’92)
ROMA
Delegati fraterni
al Sinodo diocesano
In una conferenza svoltasi il
6 aprile presso il Centro Pro
Unione di Roma, monsignor
Clemente Riva, vescovo ausiliare e presidente della Commissione ecumenica diocesana di
Roma, ha reso noto che al prossimo Sinodo diocesano, che si
aprirà il 4 ottobre e si concluderà con la Pentecoste del 1993,
saranno invitati come "delegati
fraterni" i responsabili delle
principali chiese evangeliche ed
ortodosse della capitale.
Interpellato in proposito dalla nostra agenzia, mons. Riva
ha dichiarato che il regolamento
del Sinodo pastorale diocesano,
approvato dal papa, « rappresenta un superamento del diritto
canonico ». Mentre infatti l’art.
463 del codice di diritto canonico prevede la partecipazione ai
sinodi locali di semplici "osservatori" delle altre ch’ese, l’art.
7 del regolamento del Sinodo romano, tenuto conto della « peculiarità della diocesi di Roma »,
parla di "delegati fraterni", cioè
di partecipanti a pieno titolo,
con possibilità di intervenire e
di presentare proposte per il
documento finale. « Dopo l’el'esperienza positiva della partecipazione dei "delegati fraterni"
al Sinodo europeo dei vescovi —
ha dichiarato Riva — ho insistito
perché anche al Sinodo romano
si facesse altrettanto: non si può
tornare indietro nel cammino
ecumenico. Come ha ben rilevato il teologo valdese Paolo Ricca a proposito del Sinodo europeo, la figura del delegato fraterno è quella di persona invitata non in qualità di teologo
o studioso, ma come responsabile di una chiesa cristiana ».
I rappresentanti delle chiese
non cattoliche non sono invitati solo alle sessioni sinodali, ma
anche a partecipare al lavoro
preparatorio: è stato loro inviato un documento sull’ecumenismo — consegnato anche a tutti i parroci romani — con la
preghiera di offrire rilievi e suggerimenti che potranno essere
inseriti nello "Instrumentum laboris” (documento di lavoro) del
Sinodo, che sarà pronto entro
l’autunno. «Ci è sembrato — scrìve Riva nella lettera indirizzata
ai pastori e responsabili delle
altre chiese — che il tema dell'ecumenismo non potesse essere trascurato, anzi siamo convinti che costituisca un fattore e
un aspetto essenziale, che pervada tutto il lavoro del Sinodo ».
Nella stessa lettera mons. Riva
preannuncia una celebrazione
ecumenica « con il vescovo di
Roma, Giovanni Paolo II ».
(NEV)
9
v^alli valdesi
17 aprile 1992
DOPO IL VOTO PARLANO ALCUNI AMMINISTRATORI
VALLI CHISONE E GERMANASCA
Solo protesta?
Le prospettive locali dopo 1 affermazione delle leghe nelle ultime
politiche - Ce malcontento per l’apparato burocratico dello stato
Maxielettrodotto?
Sostanzialmente tenuta di PSI
e di PDS, insuccesso delle liste
laiche, crollo della DC e forte
avanzata delle leghe, questo in
sintesi il risultato del voto del
5 e 6 aprile alle valli.
Un segnale anche per gli amministratori locali? Un voto da esorcizzare? Voto di protesta?
Abbiamo sentito alcuni esponenti politici delle valli, tutti impegnati con la gestione quotidiana di Comuni e Comunità montane, oltre naturalmente a consiglieri leghisti.
« E’ inutile stare li a fare fini
discorsi — esordisce Dario Storero, sindaco di Villar Perosa —;
la gente è stufa di uno stato che
non funziona e che sente lontano.
Si è voluto esprimere questa rabbia votando Lega; credo che pochissimi degli elettori che hanno
fatto questa scelta si rendano
conto se la Lega ha o no un prò
In breve
Mostra di
ceramiche
SAN GERMANO — Una mostra del ceramista Alberto Menotti resterà aperta dal 15 al
26 aprile presso l’Asilo dei vecchi. L’orario per i giorni feriali
è dalle 14 alle 19, sabato e festivi: 14-20.
Inoltre nelle giornate di sabato sono previste dimostrazioni
su « come nasce un vaso ».
Uffici postali:
no alla chiusura
torre PELLICE — La giun
ta della Comunità montana vai
Penice ha recentemente approvato un ordine del giorno contro l’ipotesi di chiusura degli uL
fìci postali nei piccoli Comuni
montani. Il documento evidenzia
le grandi difficoltà a cui andreobero incontro le popolazioni
montane se tale ipotesi dovesse
concretizzarsi, in particolare per
la riscossione delle pensioni e
le operazioni connesse al risparmio postale; « l’azione del governo — aggiunge l’odg approvato
— sta accelerando il degrado
della montagna ed annientando
la sfiducia verso uno stato che
non pare dimenticarsi della montagna nel momento delle riscossioni fiscali e nelle sottraziom
delle proprie ed esigue risorse
naturali ».
Musiche originali
per la ’’baio”
SAMPEYRE — La «baio», mih
lenaria festa popolare, che si
svolge ogni cinque anni nel comune di Sampeyre, dora in
avanti disporrà di marce e brani musicali originali. Infatti il zu
di aprile, giorno di Pasquetta,
si conclude il concorso di composizione musicale « Na marche
per la baio dal Chucheis » con
l’esecuzione dei brani partecipanti e la relativa premiazione. Il
concorso, indetto nel mese di dicembre dello scorso anno, ha visto la partecipazione di un nutrito gruppo di
l’area occitanica, che lunedi 20
alle ore 16 si ritroveranno nella
frazione Calchesio di Sampeyre
(presso l’Hotel Torinetto) per
suonare i loro brani.
Ai partecipanti che si sono distinti con la composizione di una
marcia per la baio dal Chucheis,
l’Associazione Soulestrelh assegnerà un artistico premio in oro.
gramma; e se conoscono in dettaglio questo programma non
credo che queste idee facciano^
parte della cultura dei nostri
montanari ».
Storero aveva sottoscritto un
impegno a favore dei candidati
locali del PDS; qual è la sua valutazione sul risultato del suo
partito a livello di Pinerolese?
« Credo che a livello locale ci
sia ancora scarsa conoscenza del
simbolo (molte preferenze a candidati nostri sono stati espressi
sul simbolo di Rifondazione),
derivata anche da una scarsa presenza del partito nell’iniziativa
politica ».
La DC è quella che ha maggiormente subito l’erosione di voti;
a Luserna non è più il primo partito; cosa ne pensa Claudio Badariotti, già sindaco e probabile
nuovo primo cittadino fra qualche mese?
« La situazione locale rispecchia l'andamento nazionale; il risultato deve fare riflettere anche
gli amministratori locali' in modo
che sappiano farsi portavoce nei
rispettivi partiti, ed in primo
luogo parlo per la DC, delle istanze di rinnovamento, anche di personale politico. Non liquiderei il
voto alla Lega con la semplice definizione di voto di protesta; il
problema è riuscire a ridare fiducia e speranza alla gente della
montagna: ciò può avvenire solo
se si riesce ad eleggere personale
politico ben agganciato con la
realtà locale ».
« Il voto alla lega, così come
le schede bianche o il voto nullo
— commenta il sindaco di Bobbio, Aldo Charbonnier — si può
considerare un voto di protesta,
magari un po' improvvisato visto
che in molti casi la gente non ha
ben presente che cosa dica la
Lega, a parte la questione delle
tre repubbliche Nord, Centro e
Sud. Direi comunque che c’è un
diffuso malcontento verso lo stato, le disfunzioni burocratiche,
alcune leggi che sembrano incomprensibili per la gente della montagna ».
Anche il sindaco di Luserna,
Longo (PSI) ritiene « voto di protesta, ma giustificato, quello dato
alla Lega; se oggi questa stessa
forza politica dovesse governare
gli enti locali si troverebbe nella
stessa situazione in cui ci troviamo noi, e cioè non poter affrontare i molti problemi esistenti.
Aggiungo che in questo momento
il voto alla Lega è l’unico realmente d’opinione; gli altri partiti hanno ormai un voto consolidato o di scambio, in qualche
maniera "trattato” ».
Il voto alla Lega è un voto in
libera uscita ed in grado di rientrare?
« Molto dipenderà dalla capacità dei partiti, penso in particolare alla sinistra storica, di farsi
portavoce non solo del discorso
delle autonomie locali, ma anche
volto ai problemi sociali che in
questo momento un po’ tutti
stanno abbandonando — dice il
presidente della Comunità montana valli Chisone e Germanasca,
Erminio Ribet —. E’ stato un
vero e proprio grido d’allarme,
un grido d’allarme partito in
realtà da tempo proprio da parte
degli amministratori della montagna. Il malessere c’è tutto ed
è comprensibile; sono d’altra
parte convinto che molti a livello
locale voterebbero persone note
per il loro impegno a favore della
montagna presenti nei partiti
tradizionali. Il problema è che
queste istanze non trovano corrispondenza a livello centrale e
talvolta nemmeno regionale; se
l’effetto Lega farà dare maggiore
attenzione ai problemi delle aree
dimenticate, allora ben venga
questo terremoto ».
La valutazione
della Lega
Da chi il colpo l'ha subito a
chi l’ha dato; in vai Pellice due
Consigli comunali vedono sui
banchi della minoranza consiglieri della Lega Nord. Riccardo Sandrone, consigliere a Luserna, come valuta il voto?
« I risultati parlano da soli,
quando una forza come la nostra
diventa la prima, o la seconda
per un pugno di voti in molti Comuni. Il mio sentimento è certo
di soddisfazione, ma anche di delusione; la Lega oggi vale il 10%,
a livello nazionale, e solo per
scelte molto discutibili del ministero degli Interni che ha consentito la presenza di simboli che
alla fine hanno tratto in inganno
gli elettori ».
E’ diffusa l’impressione che il
vostro successo sia più legato
agli slogan contro Roma, il centralismo e la partitocrazia che su
programmi reali e legati ai problemi.
« Il problema è che i mezzi di
comunicazione ci hanno sistematicamente ignorati o deformati
nei nostri interventi; ad esempio
in una tavola rotonda svoltasi a
Pinerolo il nostro candidato al
Senato, Fogliato, è stato l’unico
a parlare di problemi della montagna. Sarà comunque un impegno delle sezioni della Lega presenti nelle vallate alpine, quello
di cominciare a promuovere la
formazione di una politica della
montagna ».
Primo partito a Luserna; chiederete un mutamento della gestione comunale? La vostra non
è stata un’opposizione molto
morbida?
« A Luserna c’è una certa dialettica politica; le nostre proposte vengono generalmente discusse con serenità; con questo tipo
di rapporto le occasioni di battere i pugni sul tavolo sono state
poco frequenti. La nostra forza
(il 12o/o alle amministrative, ndr)
non ci consente di fare grandi
stravolgimenti, staremo comunque a vedere fra pochi mesi cosa
succederà con la cosiddetta staffetta sul sindaco fra PSI e DC ».
Interviste a cura di
Piervaldo Rostan
Come spesso accade nelle assemblee degli enti pubblici, non
sono i conti e i bilanci a suscitare il dibattito, ma le questioni di interesse generale, nelle
quali la gente trova maggiori riferimenti con le situazioni concrete. Infatti, nella seduta del
Consiglio della Comunità montana Chisone e Germanasca, venerdì 10 aprile, il conto consuntivo
1991, che pure si avvicinava ai
2 miliardi e mezzo, è stato liquidato con poche osservazioni,
mentre un intervento sul maxi
elettrodotto che risale la vai Chisone a ritmo accelerato ha provocato repliche e rilievi preoccupati.
Ancora è rimasta irrisolta la
questione già sollevata in altre
sedute della pericolosità del
campo magnetico per le abitazioni situate a breve distanza
dalla linea, ma si può constatare come l’ambiente venga degradato da elementi estranei, senza che se ne ricavi alcun beneficio. Il presidente Ribet ha riconosciuto la gravità della situazione ed ha proposto di dedicare una seduta esclusivamente al
problema energetico, con la partecipazione, se possibile, di un
funzionario dell’Enel, in grado di
rispondere alle domande.
L’ultima parte della serata è
stata poi dedicata al bilancio di
previsione per l’esercizio 1992
del settore socio-assistenziale,
proposto dall’amministratore
straordinario dell’USSL 42.
Il nuovo coordinatore dei servizi socio-assistenziali, dottor
Oscar Perotti, ha illustrato il bilancio che chiude in pareggio
nell’importo di 2 miliardi e 502
milioni, ma che deve anche coprire una notevole quantità di
esigenze. I progetti riguardano
l’assistenza domiciliare agli anziani, interventi per i ragazzi
che non hanno un appoggio conveniente nella famiglia, 1 assistenza agli handicappati, corsi di
formazione per educatori, come
da tempo si va facendo in questo settore.
li dott. Perotti, a commento
del programma, ha espresso un
significativo apprezzamento per
il modo con cui sono condotti
i servizi nell’USSL 42, in modo
particolare per le piccole comunità alloggio per anziani sparse
sul territorio, che danno una dimensione umana all’assistenza
alle persone ancora autosufficienti mantenendo quanto più è possibile l’inserimento nell’ambiente consueto.
Liliana Viglielmo
TORRE PELLICE
Film in francese
L’avvio di una rassegna di film
in lingua originale è da salutare come una buona iniziativa,
purtroppo poco diffusa in Italia: la tradizione di grandi « doppiatori » fa sì che ancora oggi
i film escano nelle nostre saie
in versione doppiata anziché
sottotitolata, a tutto svantaggio
del film stesso. Ne vengono cancellate le sfumature sia del testo, sia della recitazione, sia delle voci stesse.
Se l’abitudine degli spettatori
italiani è per il doppiaggio, non
si può modificare, ed è giusto
che venga assecondata (c’è già
poca gente che va al cinema,
non si può scoraggiarla con pellicole cinesi o russe sottotitolate), ma allora sono utili, ogni
tanto, le rassegne, anche questa
che non prevede neppure i sottotitoli; questo per venire incontro alle necessità delle scuole (ai
fini dell’attenzione per la lingua
straniera il sottotitolo potrebbe
distrarre), ed in considerazione
della parziale « francofonia » della valle.
Questa, al cinema Trento di
Torre Pellice, dedicata al film
francese, dopo Au revoir les enfants (16 aprile, ore 21), prevede II y a des jours et des lunes
(giovedì 23), e Un week-end sur
deux (giovedì 30). Ingresso L.
6.0000, abbonamento alle tre
proiezioni, L. 9.000.
OCCITANI
PERRERO
Emergenza acquedotto
Il Consiglio comunale di Ferrerò ha revocato, il 10 aprile, la
precedente deliberazione che approvava il progetto di metanizzazione del capoluogo del Comune col relativo piano finanziario. Il progetto prevedeva l’installazione di bomboloni a gas
liquido e una rete di condutture
predisposte per l’utilizzo del metano, quando si fosse realizzata
la tubazione proveniente dal
fondovalle.
Con una successiva deliberazione la realizzazione del progetto globale, che riguarderà
tutta la vai (jcrmanasca, è stata affidata alla Comunità montana, la quale a sua volta potrà
delegare, per l’attuazione pratica. l’ACEA, ossia l’azienda che
nei Pinerolese fornisce energia,
acqua potabile e il servizio di
smaltimento rifiuti.
La somma che il Comune di
Ferrerò aveva destinato alla metanizzazione rimane quindi disponibile per altri interventi su
fognature ed acquedotti: i consiglieri hanno presentato varie
richieste, tutte rilevanti, ma la
situazione più critica sembra
essere quella del capoluogo, dove
si è riscontrato un inquinamento dell’acquedotto comunale, che
richiede provvedimenti urgenti.
Il sindaco ha proposto la bo
nifica di un lungo tratto, della
conduttura che serve una gran
parte dell’abitato, con la sostituzione della tubazione e un inserimento dell’acqua di altre
sorgenti, per aumentare la portata dell’acquedotto e sanare
così la situazione di mancanza
cronica che si rileva in estate
quando tutti gli alloggi sono occupati dai villeggianti.
In attesa che gli abitanti di
Perrero possano riavere la fornitura di acqua senza batteri,
l’igiene è stata garantita dall’immissione di cloro, soluzione che
non soddisfa certamente la popolazione, anche se la percentuale è stata tenuta a livelli minimi.
Chambra d'Oc
Nel corso del 1991 è stata costituita la « Chambra d’Oc », una
associazione che mira a riunire i
produttori che operano nel territorio delle valli occitane in Italia.
Scopo dell’associazione è quello di rivitalizzare l’economia della montagna occitana delle province di Cuneo e Torino, puntando sulla valorizzazione dei
produttori che si caratterizzano
per la qualità del loro lavoro e
per il legame culturale con le
valli. La Chambra d’Oc ha visto
aderire, in questo primo anno di
vita, una cinquantina di aziende
che operano nei vari settori dell’artigianato, dell’agricoltura, del
turismo, della ristorazione e della cultura.
La presenza al suo interno dei
diversi settori produttivi che da
sempre caratterizzano l’economia della montagna è proprio
la caratteristica principale della
Chambra ed è un utile strumento per presentare anche all’esterno un’immagine unitaria dell’economia, dell’ambiente, della
cultura delle valli.
Nel corso di questi mesi, la
Chambra ha poi avviato un rapporto ed una collaborazione con
alcune Comunità montane, con
associazioni di categoria e, più
recentemente, con la Camera di
commercio di Cuneo e, all’estero, con la Fédération française
d’économie montagnarde.
Allo scopo di far conoscere i
propri obiettivi e la propria attività, nonché di attivare un confronto costruttivo con le realtà
economiche delle varie valli, la
Chambra d’Oc ha avviato una
serie di riunioni nelle singole
Comunità montane, a cui sono
invitate le realtà produttive che
si contraddistinguono per la qualità e la serietà del lavoro.
Si terrà una riunione aperta
alle aziende della vai Pellice, la
sera di giovedì 23 aprile alle ore
21, presso la sede della Comunità montana a Torre Pellice.
10
10 valli valdesi
17 aprile 1992
VENT’ANNI DEL GRUPPO TEATRO ANGROGNA
TORINO
Un po’ di festa
e qualche rammarico
Una compagnia ormai consolidata, che attinge dal patrimonio popolare molto materiale per i propri spettacoli - Un’espressione di fede
La sensazione è — dopo aver
seguito molte delle sue esibizioni — che il Gruppo teatro Angrogna costituisca una risorsa
culturale tra le più genuine e
preziose delle valli valdesi e che
però poco si faccia da parte
delle istituzioni preposte allo
Sviluppo anche economico delle
Valli per valorizzare questa formazione in funzione del turismo
di cultura.
La compagnia è nata in modo
autonomo nel 1972, e festeggia
quest’anno il suo ventennale.
Recita dopo recita i teatranti
angrognini hanno raffinato le
tecniche di lineuaggio, di espressione drammatica.
Restano dilettanti perché —
immagino che sia un loro cruccio segreto — non hanno avuto
il modo di entrare nei circuiti
delle compagnie che fanno teatro, di far girare con continuità
i loro spettacoli. E perché non
hanno avuto l’opportunità di
attivarsi qui nelle Valli come
operatori culturali, come volàno
di energie, di elaborazioni, di
iniziative culturali e turistico-culturali, cosa che, mi pare di capire. sarebbe nelle loro corde
e nella loro vocazione. Sono però dilettanti di singolare spessore, di robusto e professionale
impegno.
Cinema
TORRE PELLICE — Il cinema Trento
ha in programma: venerdì 17, ore 21,15
e sabato 18, ore 22, « Urga » di Nikita Mikhaikov; sabato 18, ore 20,15 e
domenica 19, ore 16 e 18, « Papà, ho
trovato un amico »; domenica 19, ore
20 e 22,10 e lunedì 20, ore 20 e
22,10, «Tacchi a spillo».
PINEROLO — Il cinema Hollywood
ha in programma, fino al 22 aprile,
« Analisi finale »; feriali ore 19,50 e
22.30, festivi ore 15, 17,30, 19,50 e
22.30.
Il Ritz propone, fino al 20 aprile,
• Biancaneve e i sette nani »; feriali
ore 20 e 22,15, festivi ore 14,15, 16,15,
18,15, 20,15 e 22,15. Martedì 21 e mercoledì 22, ore 20 e 22,15, «The commitment ».
Il cinema Italia propone, da venerdì
17, « Beethoven »; feriali ore 20,30 e
22,20, sabato ore 20,30 e 22,30, festivi ore 14,20, 16,20, 18,20, 20,20, 22,30.
Costruiscono i loro spettacoli,
i testi, le situazioni drammatiche, le canzoni, attingendo alla
cultura popolare, ricercando sul
campo le tradizioni orali, le fonti documentarie e, partendo da
quell’ ’’humus” antico, dalla loro memoria valdese, riflettono
a fondo sulla contemporaneità,
sul vivere di tutti. Investigano
la cultura popolare, la storia
valligiana fatta di sofferenze, di
fatica, di dolore, di fiera protesta e resistenza senza indulgere a compiacimenti, sovente con
ironia, qualche volta (come nella presentazione dell’ ’’eroe” Janavel in "A la brua”) demitizzandola.
Un’occasione
di rilancio?
Sarà una bella festa quella dei
vent’anni. Ci sarà un bel programma di spettacoli, scambi
teatrali con gruppi esteri tra
aprile e novembre, Dario Fo ha
promesso che verrà col suo ’’Mistero buffo”. Poi, passata la festa e la celebrazione, c’è da sperare che il Gruppo teatro non
debba tornare, come Cenerentola, a chiudersi tra le quattro mura. Se trovasse spazi, sostegni
pubblici e privati (non tanto
quattrini quanto idee), il Gruppo potrebbe, chissà, essere tra
i protagonisti, i propulsori di un
rilancio turistico-culturale alle
Valli. Un festival estivo centrato sul teatro, concerti, la riapertura e l’uso intelligente della
Galleria d’arte contemporanea
potrebbero piacevolmente intrattenere alle Valli i turisti, i villeggianti richiamati dai luoghi e
dalle memorie del valdismo.
Lo spettacolo proposto in questi giorni, ”E mi chanto”, è un
collage di canti e musiche popolari. Cultura popolare è il complesso armonico delle esperienze
di vita, di relazioni di una comunità. Ebbene, in un’ora e un
quarto di spettacolo, è proprio
la sintesi del vissuto sociale e
spirituale del popolo alle Valli
che il gruppo di interpreti tratteggia con vigore sulla scena.
Il foglio di presentazione della
recita spiega che le montagne,
più che dividere, hanno sovente
unito.
Così ”E mi chanto” mette in
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sieme canti occitani e canti della tradizione francese perché
c’è una cultura comune, a nord
e a sud dell’Europa, che si esprime nei costumi e nei canti. Un
contrappunto di azioni sceniche,
di voci recitanti fuori campo lega tra loro le canzoni, sviluppando in sequenza quattro temi:
il lavoro, l’amore, l’emigrazione,
la guerra. I falciatori, le lavandaie lavorano e cantano, sulle
arie di antiche pavane e ’’courento”, canzoni d’amore. C’è il motivo scherzoso di una ragazza
alla quale un giovanotto’ sconosciuto ha chiesto da bere e offerto 300 scudi per una notte
d’amore: và pure, le ha detto la
madre, gli daremo una pozione che lo farà dormire tutta la
notte. Ci si corteggia, si prendono a gabbo i padroni. Ma se c’è
un tempo di serenità nella condizione contadina, presto prevale il tempo del dolore, della pena, segnato sulla scena dalla forte immagine della filanda, con
le operaie che incrociano le braccia a difesa della compagna che
ha ceduto ferita ai ritmi di produzione.
Così ora il vagheggiamento
dell’amore si lega alla dura realtà della disoccupazione, si deve
emigrare. L’America « allegra e
bella » dei migranti è un luogo
ideale, ma ci vorranno « trenta
giorni di nave a vapore per arrivare », trattati come bestie. E
qui il ricordo del passato si
fa solidarietà verso gli emigranti di oggi, i nuovi poveri che
bussano alle porte dell’Europa
del consumismo come ieri i poveri dell’Europa alle porte del1'« America allegra e bella ». E
dopo l’emigrazione, la guerra.
La ^erra ricorrente « dei padroni, dei ministri, dei generali », che la gente semplice non
capisce, « che procura cent’anni
di lutti ». « La guerra è ingiusta — cantano le donne sulla
scena — noi vogliamo la libertà ».
Un quinto tema con pudore
e forza emerge da ”E mi chanto”.
E’ un messaggio di speranza e
bisogna anche per questo applaudire il GTA. Gli attori tornano ad intonare il canto della
nostra Resistenza: « Urla il vento, fischia la bufera... eppur bisogna andar »; cantano ancora
le parole di Dylan: « C’era un
ragazzo che, come me, amava i
Beatles e i Rolling Stones... ».
Venute meno le trascorse valenze, quelle parole significano che
vale sempre la pena di battersi
per gli ideali, di impegnarsi a costruire fin da oggi il « giorno
che verrà », più pace, più giustizia, più libertà. Poiché è la
fede, quando c’è, che fa lo specifico valdese, mi piace .pensare che la tensione ideale di ”E
mi chanto” sia anche espressione di fede. E questo elemento
completa il quadro d’insieme
che lo spettacolo delinea del modo di essere, dell’identità popolare valligiana.
N. Sergio Turtulici
I minori immigrati
Un’iniziativa del Tribunale per i minorenni
Ci stiamo lentamente accorgendo che i flussi migratori verso l’Italia non sono solo composti da adulti in cerca di un’occupazione qualsiasi. Già l’ondata albanese ci aveva proposto
le scene strazianti di famiglie
e adolescenti pervicacemente decisi a non far rientro nel paese
di origine.
Ora scopriamo, giorno dopo
giorno, che dietro un senegalese
ambulante, un operaio marocchino, un tunisino in cerca di occupazione si nascondono madri costrette a vivere in ambienti pietosi, bambini e ragazzi privi di
condizioni elementari di igiene
e di assistenza. Queste madri e
questi bambini sono spesso privi di permesso di soggiorno e
non possono godere dei diritti
sociali elementari.
In alcuni casi neppure il padre può regolarizzare la sua
presenza sul nostro territorio;
più frequentemente ha un permesso di soggiorno che non è
estensibile ai suoi familiari perché dovrebbe dimostrare alle
questure competenti di essere
in possesso di un reddito sufficiente a mantenere moglie e
figli e di una idonea abitazione.
Non meno complessa è la situazione degli adolescenti soli
0 accompagnati da zii o fratelli.
1 loro connazionali adulti li spingono verso qualsiasi lavoro, secondo una trafila che vede al
primo scalino il lavaggio dei
vetri agli incroci stradali.
Soprattutto tra i tunisini non
è raro il loro coinvolgimento
nell’organizzazione del piccolo
spaccio di stupefacenti. Vivono,
comunque, in una dimensione
talmente precaria da lasciare
sempre incerto il confine tra il
lavoro tollerato e l’attività illecita vera e propria.
E’ già successo che un sedicenne marocchino si sia rifiutato
di rispettare l’ordine paterno di
portarsi sulla strada per lavare
i parabrezza degli italiani: il
caso è venuto a conoscenza del
Tribunale per i minorenni e si
sono adottate forme di protezione del minore.
Al Tribunale per i minorenni
di Torino è parso, però, che il
fenomeno non potesse essere
affrontato senza un minimo di
coordinamento tra le diverse
istituzioni.
Il problema da affrontare era
semplice. La legge ordmaria nulla dice sui diritti dei minori che
si trovano irregolarmente sul
nostro territorio. Eppure se essi
non hanno permesso di soggiorno non hanno il diritto di risiedere sul territorio stesso. In altri termini: essi non risultano,
non esistono per il nostro ordinamento. Non possono conseguire un titolo di studio, non possono usufruire di assistenza sociale e sanitaria così come non
possono essere destinatari dei
vari sussidi e benefici previsti
per le famiglie disagiate.
D’altra parte la nostra Costituzione impone alla Repubblica
di tutelare l’infanzia e la gioventù senza distinzioni tra cittadini
e stranieri, così come la nostra
legislazione impone alla giustizia
minorile di prevenire ogni stato
di pregiudizio che colpisca un
minore.
mnn
MOBILIFICIO
(di fronte alla caserma alpini)
esposizione e laboratorio:
via S. Secondo, 38 - @ 0121 /201712
ABBADIA ALPINA - PINEROLO
FA VIVERE LA TUA CASA
A Torino, per trovare rimedio
a questa incivile situazione, si
sono stabiliti dei contatti tra gli
uffici stranieri del Comune e della Questura, il giudice tutelare,
il Tribunale per i minorenni e
la Procura, presso quest’ultimo
organo, in modo da assicurare il
rispetto dei diritti sociali elementari ai minori stranieri irregolari.
Si tratta di un primo passo
non solo verso l’effettiva protezione di soggetti indifesi ma anche per una migliore conoscenza del fenomeno migratorio dal
Sud del mondo e dei possibili
meccanismi di integrazione nei
paesi occidentali. La conoscenza
del fenomeno nei suoi aspetti
quantitativi e culturali è infatti
la premessa indispensabile per
prevenire gli effetti disastrosi,
verificatisi in altri paesi, di un
cattivo inserimento dei gruppi
provenienti dal Terzo Mondo e
dai paesi dell’Est europeo.
M. B.
USSL 42
Per famiglie
in difficoltà
Dallo scorso 10 marzo è in
funzione presso TUSSL 42 un
servizio telefonico di accoglienza
per famiglie in difficoltà. L’iniziativa è curata dall’équipe tossicodipendenze deirUSSL 42 e
vuole essere un sostegno per tutti coloro che si trovano ad affrontare i tanti problemi connessi all’uso di stupefacenti. Al telefono si potranno ricevere informazioni sull’atteggiamento da
tenere con una persona che ha
qyesto problema, si potrà avere l'aiuto di personale volontario capace di porre al servizio
di altri le proprie competenze e
la propria consulenza, inoltre
sarà utile per capire come fare
ad accorgersi che una persona
che ci vive accanto, un membro
della famiglia, un amico ha il
problema droga e poter allora
intervenire in modo utile.
Il numero da comporre è 51379
e si può telefonare il martedì e
il giovedì dalle 16.30 alle 18.
L'équipe tossicodipendenze spera in questo modo di poter intervenire in maniera più diretta e forse più capillare laddove
soprattutto il problema droga
si manifesta ma mancano le possibilità di interventi specifici,
oppure quando si ha timore di
parlarne, quando non si ha il
coraggio di recarsi da chi ci
può aiutare. Il telefono insomma come strumento discreto,
anonimo ma, si spera, efficace.
Amnesty International
TORRE PELLICE — La consueta riunione quindicinale del gruppo di Amnesty International vai Pellice avrà luogo venerdì 17 aprile alle ore 17 presso la sede di via Repubblica 3, secondo piano.
Fiere
TORRE PELLICE — Lunedì 20 aprile
si svolgerà la tradizionale fiera di Pasquetta.
Programmi di Radio Beckwith
FM 91.200 - 102.350
In occasione della Pasqua Radio
Beckwith presenterà in diretta il culto
dal tempio di Torre Pellice, con inizio
alle ore 10.
11
lettere H
SELEZIONARE
LE LETTERE
Caro Direttore,
mi riferisco alla lettera di Marcello
Craveri pubblicata sul n. 4 del giornale col titolo « L'effetto della disinformazione ». Non voglio certo discutere sulle patetiche sciocchezze che
Craveri deve aver desunto dal manuale dell’agit-prop, anche perché sono
dell'opinione che ognuno sia libero di
pensarla come crede.
Sono invece meno d'accordo sul fatto che queste sciocchezze debbano occupare tanto spazio — e con l’avallo
da parte tua di un titolo tendenzioso
— sul nostro giornale, che fino a nuovo ordine non è il bollettino degli agitprop.
So bene che tu sei del principio di
pubblicare tutto quello che ti scrivono i lettori e già un'altra volta ebbi
a scriverti personalmente. Mi pare però opportuno raccomandarti di non esagerare, anche per non coprire di discredito di fronte ai terzi il nostro
giornale, che vuole essere una voce
di testimonianza e di difesa della libertà religiosa.
Mi sembra poi che ci si dovrebbe
preoccupare di più dei fatto che il
direttore responsabile è il Moderatore
della chiesa valdese, unione delle chiese valdesi e metodiste; non è sufficiente tenerlo al riparo dalle insidie
della legge sulla stampa, ma si deve
anche evitare di screditarlo nei confronti dei terzi.
A mio avviso sarebbe più saggio
sopperire alla cattiva informazione di
Craveri spiegandogli che l'ateismo di
stato nei paesi dell’Est non è stato
proprio rose e fiori: solo dopo l'invasione nazista, per ragioni di unità nazionale, fu emanata nell’LIRSS una specie di « legge sui culti ammessi » a
fianco della religione di stato, cioè il
comuniSmo. Questa legge giovò certamente alla grande chiesa battista di
Mosca, che ho avuto occasione di frequentare e che il regime esibiva ai
visitatori stranieri come dimostrazione
dell’esistenza della libertà religiosa
nel paese; meno da rallegrarsi ebbero
invece altre chiese battiste del sud,
non del tutto d’accordo col diktat del
disimpegno politico nella predicazione.
Né tanto migliore doveva essere la
situazione nei paesi satelliti se un ingegnere evangelico, incontrato a Praga nel 1968, mi parlava con angoscia
di divieto dell'educazione religiosa
ai ragazzi nelle chiese. Anche in Ungheria la vita religiosa non deve essere stata molto brillante, almeno da
quanto desumiamo dalla storia della
rivolta del 1989 capeggiata da un pastore luterano della Transilvania al cui
vescovo non dispiacevano le onorificenze del regime.
Non pretendo con questa lettera di
modificare le tue convinzioni poiitiche;
ti prego soltanto di pubblicarla sul
giornale affinché si sappia che tra i
lettori che mugugnano per ia tua gestione della pagina » A colloquio con
i lettori » c’è anche qualcuno che non
esita a criticarti in modo franco e
aperto.
Umberto Beltrami, Monza
ASIMOV E LA
CULTURA EBRAICA
E' ben noto a tutti che la nostra
epoca, malgrado il caos in cui sembra essere irrimediabiimente precipitata, è marcata da grandi spiriti che,
in modi e campi diversi, hanno saputo coglierne l'anima. Meno noto è forse il fatto che gran parte di questi
personaggi è di origine e cultura ebraica. Per fare solo qualche nome posso
ricordare Kurt Weill, George Gershwin,
Léonard Bernstein, nel campo della musica; Sigmund Freud, Enrico Fermi, Aibert Einstein, in quello della scienza;
Primo levi, Franz Kafka, neiia letteratura; Woody Alien, Barbra Streisand,
nel cinema, e tanti altri.
Tra questi Isaac Asimov. A quanti
fa sorridere l’idea di un grande spirito in un campo considerato frivolo,
come quello della fantascienza, posso
ricordare che questa costituisce un vero e proprio genere letterario, con tutti i vantaggi e i rischi contemplati per
gli altri generi. Attraverso la fantascienza si può, infatti, comunicare di
tutto, dal millenario trionfo del bene
sul male, all'istigazione alla violenza,
al razzismo, al mito della superrazza.
Anche attraverso la fantascienza popoli e culture hanno illustrato situazioni, desideri e convinzioni socio-politiche, socio-culturali e socio-religiose.
Così dalle pagine di Isaac Asimov
emerge tutto lo smarrimento per la
dispersione, il profondo senso del destino e dell'esistenza umana, l’unione
di mondano e oltremondano, che caratterizzano lo spirito di gran parte
(se non di tutto) deH’ebraismo contemporaneo. ma anche la traccia di
quella memoria storica che caratterizza e unisce questo popolo.
Asimov ripropone, attraverso i suoi
robot, il prototipo deuteronomistico dell’uomo nuovo e rinnovato attraverso
le leggi fondamentali della robotica,
una sorta di compendio del decalogo
che costituisce un unicum all’interno
de! genere della fantascienza.
Riflette, attraverso Mari Seldon, il
protagonista della sua famosa trilogia
(diventata nel frattempo pentalogia),
sull’intero passato del suo popolo (del
genere umano) e cerca la chiave per
aprirgli la porta del futuro. Lo conduce attraverso un esodo, da un pianeta ad un altro più sicuro, gli regala
una Gerusalemme (Trantor), « rocca da
cui tutto l’universo un tempo era guidato », lo confronta con la realtà della malvagità diabolica del Mule, un
mutante di connotazione hitleriana, il
tutto sottolineato dal continuo essere
dispersi, in fuga, costretti alla clandestinità, con lo sguardo volto al passato e il cuore al futuro.
Isaac Asimov nasce in Russia, a
Smolensk, nel 1920, ed emigra negli
Stati Uniti al l’età di tre anni. Esempio di quella generazione che più profondamente ha espresso il disagio della dispersione e dell’assimilazione, ma
contemporaneamente il saldo legame
spirituale con il proprio popolo, fornito di un « linguaggio comune anche
se non codificato » (I. Howe - E. Greenberg), Asimov appartiene forse più alla cultura yiddish dell’Europa orientale ohe a quella che lo ha allevato.
Lo scienziato e scrittore si è spento a New York in questi giorni. Un
personaggio che non solo ha meritato
il titolo di « padre della fantascienza »
(quella vera, quella autentica) ma che
può essere annoverato tra gli spiriti
che caratterizzano uno dei mille volti
della nostra pur sempre intensa e affascinante epoca.
Milena Beux, Lugano
delle valli valdesi
settimanale deUe chiese valdesi e metodiste
Redattori: Alberto Corsani, Luciano Deodato (vicedirettore), Giorgio Gardiol (direttore). Carmelina Maurizio, Jean-Jacques Peyronel, Piervaldo Rostan.
Comitato editoriale: Paolo T. Angeleri, Mirella Argentieri Bein, Claudio
Bo Alberto Bragaglia, Franco Carri, Rosanna Ciappa Nitti, Piera Egidi,
Adriano bongo, Emmanuele Paschetto, Roberto Peyrot, Sergio Ribet,
Mirella Scorsonelli. . . »
Collaboratori: Daniela Actis (segreteria), Mitzi Menusan (amministrazione), Stello Armand-Hugon, Mariella Taglierò (revisione editoriale).
Stampa: Coop. Tipografica Subalpina - via Arnaud, 23 - 10066 Torre
Penice - telefono 0121/91334 . i,
Registrazione: Tribunale di Pinerolo n. 175. Respons. Franco Giampiccoll
^DAZIONE e AMMINISTRAZIONE: via Pio V. 15 - 10125 Torino - t^efono
011/655278, FAX 011/657542 — Redazione valli valdesi: via Repubbllca, 6 - 10066 Torre Pelllce - telefono 0121/932166.____________________^
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Italia
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CHE COSA E’
LA VERITÀ’
« Che cos’è la verità? » (Giov. 18;
38).
« Non bussate, siamo cristiani » (vescovi del Mezzogiorno); » Donne venete, non sposate gli islamici! » (vescovi del Triveneto).
Slogan diversi, secondo le presunte
influenze numeriche degli « acattolici »
pelle regioni d’Italia. Ma la teologia
cattolica è identica: in virtù della
« teologia naturale », ogni donna e ogni
uomo è oggetto deH’amorevole cura
dottrinale e pastorale dei vescovi e
del « sommo vescovo », il pontefice
romano. Anche se non sei cattolico,
né intendi diventarlo, la Chiesa cattolica ti ammaestra per il « bene comune » della società.
Mi e ci dispiace, cari fratelli vescovi. ma l'Evangelo non dice così!
La necessità del dialogo ecumenico
con voi e con le sorelle e i fratelli
che voi pascete non rende ciechi: di
fronte alla verità, il vostro atteggiamento non è diverso da quello di Pilato.
Pilato ha di fronte la verità; la ignora, abbagliato dalla potenza dell’impero romano. Non siete forse voi, cari
fratelli vescovi, abbagliati dalla struttura di potere e quindi di consenso
della vostra chiesa? Con i vostri insegnamenti rivolti a tutti gli uomini,
non con la Bibbia aperta ma in nome
di una Plorale naturale universale, non
siete diversi dal governatore Pilato.
L’ecumenismo che ha in Venezia e
nel Veneto radici quarantennali conosce, a causa del vostro zelo, una battuta di arresto. Ebrei, evangelici, ortodossi, testimoni di Geova, islamici;
non siamo dei diversi.
Per noi, come per voi cattolici. Cristo è verità. Come possiamo celebra
re la Pasqua, la realtà quotidiana del
cristiano (1 Corinzi 5: 7), lanciando
ammonizioni e anatemi ai fedeli?
Cristo, cari fratelli vescovi del Triveneto, cari in lui, unica verità, e
morto per noi tutti diversi. Diversi
perché peccatori per natura e quindi
indegni della sua grazia. La sua risurrezione, non le nostre chiese, è atto
di verità.
Eugenio Strettì, Venezia
UN’IMPOSTAZIONE
PROTESTANTE
Per la seconda volta chiedo la parola su Villa Olanda. Poi tacerò. Ma
l’intervento precedente conclude: « bisogna fare ». Sicché mi chiedono: chi
deve fare? e che cosa?
Rispondo: devono fare soprattutto i
valdesi di base. L’ispirazione ideologica a cui alludevo nella mia precedente è quella dell’Italia andreottiana,
in parte acquisita, per quanto riguarda le opere filantropiche, anche dal
vecchio POI; agli anziani deve pensare; a. la mano pubblica, b. con più
efficienza e abnegazione (e ovunque
possibile con denaro pubblico) la Chiesa cattolica, c. per i miliardari, la
« free enterprìse ».
Invece l’impostazione protestante
(vedi USA, Olanda, ecc.) è che ci
deve pensare la società civile: le chiese, ma anche altri gruppi (club di servizio come Rotary: associazioni di vario tipo; sindacati autonomi, ecc.). Questa dev’essere l’impostazione della
nuova 'Italia uscita da queste elezioni.
Quindi, ripeto: devono fare soprattutto i valdesi di base, tirando fuori
i soldi che occorrono (magari andando in gita, anziché in Borneo, nel Luberon); deve fare l’esistente comitato
di gestione, riprendendo coraggio, ritirando le dimissioni, continuando a
progettare in modo incisivo; deve fare, o piuttosto disfare quello che ha
tentato col suo colpo di mano, la Tavola, accettando i soldi che le vengono offerti per Villa Olanda e riaccogliendo gli ospiti che ha mandato
altrove.
E possono fare, anche, i non vaidesi, soprattutto mobilitando la pubblica opinione. I Comuni, certo; e le
altre istanze dell’amministrazione locale. E anche i partiti e movimenti politici fautori di rinnovamento: il nuovo
PDS, se è nuovo davvero; le Leghe,
se vogliono passare dal piccone alla
vanga (cfr. l’articolo di S. Romano su
«La Stampa»); il FRI, ovviamente; e
quant’altri vogliono, in luogo dell’Italia andreottiana e papalina, un’Italia
moderna ed europea.
Altro non occorre dire; chi voleva
capire, ha capito.
Augusto Comba, Torre Pellice
turo (anziani, immigrati): sarà appunto
il Sinodo 1992 a sancire definitivamente la sua destinazione. Ma il Sinodo
1991, nel suo ordine del giorno, ha
detto di più: ha anche impegnato le
chiese alla copertura di eventuali deficit di gestione « per l’attuale attività
di Villa Olanda ».
Di fronte a tale precisazione — e
tenendo presente che in questi ultimi
anni il bilancio di gestione risulta essere stato sempre attivo — la Tavola poteva sentirsi « coperta » dal punto di vista finanziario in vista dell’incerto bilancio del primo semestre 1992,
senza così dover ricorrere alla chiusura della Casa.
Prendiamo atto delle .« buone prospettive di assorbimento sia per gli
ospiti che per il personale », ma resta innegabile il fatto che le già fitte
liste di attesa degli anziani presso i
nostri istituti subiranno un ulteriore
appesantimento (al Rifugio Re Carlo
Alberto da tempo non vengono prese
in considerazione le domande di persone autosufficienti).
Da parte nostra — ed a nome dei
numerosi sottoscrittori — manteniamo
l’obiettivo di far continuare l’attività
di Villa Olanda come Casa di riposo
per autosufficienti, precisando che la
quasi totalità della cifra e degli impegni raccolti (circa L. 520 milioni) sono esclusivamente finalizzati a tale destinazione.
Proporremo pertanto al Sinodo —
tramite l’apposita commissione ad referendum — una serie di lavori di
adeguamento alla normativa (ove possibili, come previsto dalla stessa legge vigente) che consentano costi acicettabili in rapporto alla cifra disponibile, e rette contenute.
Di quanto sopra desideriamo rendere edotti i nostri sottoscrittori, le comunità, la Tavola, la commissione ad
referendum ed il prossimo Sinodo.
Roberto Peyrot
per il comitato spontaneo
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VILLA OLANDA:
L’IMPEGNO RIMANE
li comitato spontaneo prò Villa
Olanda ha preso conoscenza, nel suo
ultimo incontro, del comunicato della
Tavola (n. del 27 marzo scorso) col
quale vengono annunciate la decisione della « cessazione dell’attuale attività di Villa Olanda » e la prevista chiusura per n il 30 giugno prossimo ».
Il comitato esprime la profonda sorpresa che questa inattesa notizia ha
suscitato non solo fra i sostenitori dell’attività della Casa, ma anche a livello di opinione pubblica.
Com’è noto il nostro comitato si è
costituito agli inizi del 1990, dopo la
decisione della Tavola di vendere Villa Olanda, decisione che è stata poi
bloccata dal Sinodo 1991. Esso infatti
ha ritenuto valide le ipotesi di utilizzo presentate per garantire il suo fu
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12
12 villaggio globale
17 aprile 1992
THAILANDIA
FRA LE RIVISTE
Il monaco buddista
che salva gli alberi
Un esempio di mobilitazione che è al tempo stesso ambientalista e
antimilitarista - Lo sfruttamento delle foreste non conosce limiti
Il venerabile Phra Prachak è
un tranquillo monaco buddista,
ma è stato bersaglio del Consiglio nazionale militare per la pace
di Thai a causa dei suoi sforzi
tesi a salvare le foreste dalla distruzione.
Nel 1989, doipo 12 anni di monastero, il venerabile Phra è giunto in una foresta chiamata Dong
Yai nel distretto di Prakum, nel
nordest della Thailandia. Qui è
stato incoraggiato dalla popolazione dei villaggi a fondare un
monastero in cambio dell'aiuto
per proteggere 5.000 ettari di foresta.
Il monaco si è presto reso conto che i 12 villaggi della zona erano in contrasto con le autorità,
soprattutto militari, che avevano
Istinto di farli trasferire in zone
più povere del paese, apparentemente perché la loro terra era
parte della riserva nazionale delle foreste.
Quando questi abitanti vi si
erano insediati, molti decenni fa,
lo fecero con il permesso dei militari, a cui facevano comodo perché potevano prevenire un’insurrezione armata.
Qra quest’esigenza militare non
sussiste più, l’insurrezione è finita, e gli abitanti dei villaggi non
servono più. Anzi, ostacolano il
nuovo interesse militare: lo sfrut
tamento economico-commerciale
della foresta.
I militari avevano concesso a
un privato di piantare eucalipti
e bambù sulla terra di questi
contadini, che per tutta risposta incendiarono per due volte
le piantagioni. Questo aveva provocato l’arresto dei responsabili.
Per sedare la resistenza le autorità locali avevano permesso a
degli affaristi locali di pagare gli
abitanti affinché tagliassero gli
alberi più grandi della foresta.
Infatti, una volta tagliati gli alberi più imponenti, la parte di
foresta in questione poteva venire considerata « degradata » ed
essere riforestata — vale a dire
ripiantata con alberi da polpa
di rapida crescita.
II venerabile Phra aveva risposto con la « consacrazione degli
alberi », una tradizione che segnala la presenza di uno spirito
nella pianta: per questo l’albero
non può che venire protetto.
Phra organizzò una cerimonia per la consacrazione della foresta Dong Yai a cui presero
parte duemila persone. Corde
gialle venivano cinte intorno agli
alberi più grandi mentre sacre funi bianche venivano srotolate intorno a tutta la foresta.
L azione rituale ebbe successo e
nessun albero venne più tagliato.
Ciò ha fatto diventare Phra il
PUGLIA
Contro la criminalità
La situazione dell’ordine pubblico e dell’aggressione criminale
in Puglia è gravissima. In Puglia sono attivi 32 gruppi criminali con più di 2.542 affiliati. Nel
1991, nelle sole province di Brindisi, Lecce e Taranto, sono state
denunciate più di 230 estorsioni,
sono stati compiuti più di 100
omicidi volontari, più di 500 rapine gravi e circa 500 attentati
dinamitardi.
La Puglia rischia di essere
omologata — a ritmi accelerati — alla realtà del Mezzogiorno
dove si è già consumato un assoggettamento delle istituzioni e
delle attività economiche ai centri di comando mafioso.
Il quadro è allarmante. Sono
messi in discussione, ormai, fondamentali diritti di sicurezza
dei cittadini e la libertà di lavorare e di intraprendere. A nessuno sono permessi atteggiamenti
di sottovalutazione e di superficialità. Ognuno deve fare la sua
parte.
E’ necessario incoraggiare ogni
iniziativa delle categorie imprenditoriali impegnate, e costituire
comitati contro il racket delle
estorsioni, in collegamento con
le forze dell’ordine e le istituzioni elettive. Occorre moralizzare la vita politica, perché si affermino procedure trasparenti
nell’attività politica e amministrativa degli appalti e delle forniture di beni e servizi, per contrastare l’intreccio affari-politica
nella gestione della cosa pubblica.
La Puglia è una regione laboriosa, che è stanca e non intende
rassegnarsi, che si sta organizzando per reagire al fenomeno
criminale per salvare la propria
attività e per garantire la propria sicurezza. La Puglia non è
la Sicilia, la Calabria o la Campania ; è estranea storicamente
ai modelli mafiosi. Ci sono in
Puglia gli antidoti adatti per non
assuefarsi e per non subire l’omologazione della nostra regione?
Secondo noi la Regione, stabilendo un confronto ed un rapporto continuo con il governo
nazionale, deve:
1) convocare subito assieme
agli altri enti locali un comitato
d’intesa Regione-enti locali, nonché, avvalendosi del contributo
delle forze dell’ordine, della magistratura e deH’ufflcio di coordinamento antimafia, una conferenza regionale sull’ordine pubblico ;
2) rendere davvero operante
l’anagrafe degli interventi finanziari della Regione Puglia per
costituire un’indispensabile base
di partenza per l’accertamento di
possibili infiltrazioni di organiz
zazioni criminali e di imprese ad
esse collegate;
3) verificare la correttezza
dei bandi di opera degli appalti
ed eliminare i privilegi nelle, aggiudicazioni costituendo l’Osservatorio regionale;
4) rivedere la legislazione regionale in materia di appalti
adeguandola alla nuova normativa comunitaria ed alla legislazione nazionale;
5) istituire una Commissione
consiliare speciale che operi come osservatorio permanente della criminalità con compiti di
analisi, proposta, banca dati oltre che come interfaccia rispetto
all’apposito ufficio del Commissariato di lotta alla criminalità
organizzata.
Evangelina Campi, Alba Murgia,
Francesco Petrosillo
INGHILTERRA
Salvare le foreste
Il 4 dicembre sono stati arre
stati dei dimostranti e una
troupe televisiva è stata fatta
scortare fuori daH’area dove dei
manifestanti avevano tentato di
impedire l’attracco della nave
”Singa Wilstream” a Tilburty,
nell’estuario del Tamigi, in Inghilterra. La nave trasportava
un carico di legname dalle foreste tropicali della Malesia e
Indonesia, dove migliaia di indigeni appartenenti a varie tribù vengono di continuo trasferiti a viva forza da un luogo
all’altro, uccisi e imprigionati
perché proteggono le loro terre
tradizionali dalle compagnie specializzate nel taglio dei boschi.
Quattro dimostranti si sono
incatenati alle serrature dei cancelli nelle prime ore della mattinata, per impedire che questi
cancelli venissero aperti.
La nave dei dimostranti ”Sea
Shepherd” è riuscita ad attaccare
uno stendardo magnetico sul
cargo, su cui si poteva leggere
« Basta con la distruzione delle
foreste tropicali », e un altro che
suona « No alla morte delle foreste tropicali » è stato appeso
ai cancelli rimasti chiusi.
Altri attivisti si sono adoperati affinché la nave non scaricasse il suo carico nell’area di attracco.
ASPE Migrazioni:
uno strumento prezioso
Un agenzia stampa che riporta le notizie italiane ed europee sui problemi degli immigrati
nemico principale di coloro che
volevano sfruttare commercialmente la foresta. Vi fu un attacco con mitragliatrice al suo monastero. Vi furono delle manovre per dividere gli abitanti dei
villaggi, discriminando coloro
che appoggiavano il monaco,
e nuovi sforzi per fare sfollare la
gente dai villaggi della zona.
Dopo il colpo di stato del febbraio 1991 le persecuzioni sono
aumentate, così che i militari sono arrivati a distruggere una parte dei villaggi con i trattori, per
poi arrestare ,Phra che protestava contro quest’azione.
Dopo avere parlato in una conferenza stampa a Bangkok nel
club dei corrispondenti esteri il
25 settembre, il venerabile Phra
è tornato a casa scortato da giornalisti, monaci, studenti e attivisti per la protezione ecologica.
In ottobre Phra è stato nuovamente arrestato, questa volta perché aveva radunato 400 persone
per formare un gruppo loeale di
aiuto nonviolento ad un villaggio
vicino in cui i militari avevano
distrutto i raccolti.
(Queste informazioni sono fornite dalla Federazione studentesca della Thailandia e dal Movimento per la democrazia e la
società civile. « Peace Media
Service » n. l/'92).
La realtà dell’immigrazione in Italia e in Europa è oggetto della
nuova agenzia di stampa.
TORINO — L’agenzia stampa
ASPE, che fa capo al Gruppo
Abele, ha dato vita ad ASPE
Migrazioni, periodico che esce
come supplemento della pubblicazione, ed è dedicato espressamente ai problemi degli immigrati, dei rifugiati, delle minoranze etniche.
L’operazione è condotta in collaborazione con altre associazioni di solidarietà e cooperazione
allo sviluppo.
ASPE Migrazioni è la versione
italiana di « Migration news
sheet », pubblicazione specializzata edita dall’European Information Network (EIN), tra i
cui membri figurano il Centro
d’informazione e di studi sulle
migrazioni internazionali (CIEMI) di Parigi (che cura la versione francese, intitolata « Informations européennes ») ed il Comitato delle chiese per i migranti in Europa (CCME) di Bruxelles.
Aggiornamento continuo, attendibilità delle fonti e facilità di lettura sono le caratteristiche principali del mensile,
composto di dodici pagine, che
si articola in cinque sezioni interne: leggi-politiche migratorie,
immigrazione irregolare, asilorifugiati, integrazione, razzismodiscriminazione.
L’edizione italiana è composta
per il 70% circa dalla traduzione della versione inglese, men
tre il restante 30% è curato da
ASPE, che offre notizie di prima mano sulla situazione italiana.
Uno spazio specifico viene assegnato all’inchiesta: in questo
numero si affronta la sperimentazione di nuovi strumenti di
controllo sulle migrazioni di
massa. L’esempio a cui si fa riferimento è quello dell’esodo di
massa dall’Albania lo scorso anno.
Destinatari privilegiati sono
tutti coloro che si confrontano
quotidianamente con gli aspetti
dell’immigrazione: operatori giuridici, studenti e docenti universitari, operatori sociali del pubblico e del privato, membri di
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il 1992 — nell’abbonamento annuale ad ASPE (che dà diritto
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Tutti gli importi vanno versati sul ccp n. 155101 intestato ad
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