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ANNO LXXVII,
Torre Pellice, 8 Agosto' 1941-XlX
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Riguardate
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^ ./nde foste tagliati!
(Isaia Li, 1)
ABBONAMENTI
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Settfimaanial«» Viatcf«*
Italia e Impero . . . Anno L. 15 — Semestre L. S
Parrocchie del Primo Distretto . > » 12 — » . 7
Estero » - » 25 — . .15
Nulla sia più forte dilla vostra fedeT
Oianavello)
Direnerà : Prei. OINO SOSTftDlt
AMMINISTRAZIONE: Via Carlo'Alberto, 1 bis - Tona» Pbllice
REDAZIONE: Via Arnaud, 2? - Tohre Peluce
Ogni camblamexito d’indirizzo costa una lira
Cent. 30 la copia
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X\ JSkéosto
Ricordiamo che le Feste del XV agosto « svolgeranno, D. v., come segue:
1. A ROCCIA MANEUD (S. Giovanni) alle ore 10; precederà una passeggiata storica sotto gli auspici dèlia Società di Studi Valdesi : partenza alle ore
7. In caso di pioggia, il culto si terrà al
Ciabas.
2. A PERLA’ (sopra Inverso Pinasca)
alle ore 10. In caso di pioppia, il culto
sarà senz’altro sospeso.
Vie di accesso : oltre che da Pomaretto e da Pràmollo (via delle Rocce),
salita dal Piano delle Chenevieres.
La Commissione Distrettuale.
PASSEGGIATA STORICA.
Ritrovo ai Peyrots (presso il monumento della Bialera Peyrota) alle ore 7
precise. Visita, ed illustrazione storica
di Rocciamaneut,. delle Sonagliette,
delle Porte d’Angrogna, della Sea
d’Angrogna. Ritorno a Rocciamaneut
alle ore 9.30.
ADUNATA ANTIMERIDIANA a Rocciamaneut, ore 10.3GI. —‘ ‘ '
Invocazione - Inno 13 : 1, 2, 5 - Lettura e preghiera - Inno 136 : 1, 2.
Messaggio religioso del pastore Elio
Eynard di Torino - Inno 189 : 1, 4.
Messaggio del campo dì evangelizza•À zione del pastore Guido Comba di Roma - Inno 191 : 1, 2, 3.
Messaggio d’ispirazione storica del
pastore Enrico Geymet di Rorà - Inno
217 : 1, 3.
(’•' Preghiera - Dossologia (40 : 5) - Benedizione.
T ADUNATA POMERIDIANA (ore 14.30)
Canti corali delle corali di "Torre Pellice (dir. sìg.na D. Revel) e di San Gio; vanni (dir. sig. Albarin).
■ ' Canti di massa - Gl’inni 42 e 200 già
imparati per le feste di canto prima1 verili, cantati da tutta la massa dei
membri delle corali delle Valli, inquadrati per voci.
Messaggio alla Gioventù del pastore
Achille Deodato di Napoli.
Giochi giovanili organizzati - Canti
finali.
N.B. Durante il pomerìggio funzionerà
il tradizionale servizio di thè.
F9sta del Colle delle Fontane
La tradizionale festa del Colle delle
Fontane per le Chiese dell’alta Valle
Germanasca avrà luogo domenica 17
agosto, alle ore 15,30 precise. Si fa viva
preghiera di portare la raccolta italiana
dei Cantici.
In occasione della Festa del 15 apoto la iSocietà di Studi Valdesi, col cortese consenso della Direzione dell’Eco
delle Valli, offre alla popolazione Valdese queste illustrazioni geografico-storiche dei luoghi ove la Festa stessa sarà celebrata. La rievocazione dei grandi fatti della nostra Storia, nei luoghi
stessi ove si sono svolti, vuole portare
alla tradizionale celebrazione un elemento d’educazione spirituale, per uria
consacrazione sempre più fedele al servizio di Dio.
In occasione
LA COLLINA DI SAN GIOVANNI.
E’ l’ultima propaggine della catena
orientale del vallone d’Angrògna, la
quale dalle Barrióle si abbassa gradualmente allargandosi a vasto ventaglio,
tra i profondi valloni dell’Angrogna e
della Ciamugna. Dal lussureggiante
piano di San Giovanni il pendio sale
dapprima dolcemente, fino alla linea
trasversale segnata dalla Bialera Peyrota, l’antico canale d’irrigazione (1426);
poi si fa via via più rapido, ed è tutto
fiorente di prati, di campi, ..di vigne;
piccole borgate, casette solitarie s’affacciano tra il verde ; lungo i burroni
spiccano in tinte più scure le boscaglie.
Più in alto il pendio diventa aspro e
precipitoso, le balze e le rocche spariscono sotto l’ombra ariosa dei castagni.
Qui, al centro della montagna, sul limite tra i comuni di Luserna San Giovanni e d’Angrogna, sta Rocciamaneud, ove
si celebra quest’anno la festa valdese
del 15 agosto.
Il panorama che si apre allo sguardo
del gitante è molto bello : davanti,
l’ampia e ridente valle del Pellice, ed
oltre, il profondo incavo della Luserna
dominata dal Frioland e dùRe ^Rumelr
le ; ad’occidente la maestosar curva del
Vandalino sul cui fianco s’erge il torrione del Castelluzzo, e nel fondo. Tondeggiante cresta alpina dal Granero al
Palavas ; ad oriente ì poggi colmi di
vegetazione .scendono a morire nella
vasta pianura del Po. Si sale ancora
e lo spettacolo diventa più vasto, e
grandioso : oltre la catena del Frioland,
ecco balza verso il 'cielo la vetta del
Monviso.
La collina di San Giovanni è cara ai
Valdesi non soltanto perchè è la più
ferace e ridente terra delle Valli, ma
anche perchè ha un valore storico singolare : nei due secoli più aspri delle
persiecuzioni religiose, ha costituito il
primo fortissimo baluardo di difesa dei
perseguitati. Osserva il Léger nel 1669
che « Iddio, che aveva destinato quel
paese per farne particolarmente il campo delle sue meraviglie lo ha naturalmente e miràbilmente fortificato :
dal basso vi si può accedere soltanto in
due punti, l’uno dal lato di mezzogiorno cioè di Luserna, l’altro da levante
cioè da Bricherasio : in questi due passaggi esso ha due Porte, che possono
essere facilmente salvaguardate da pochi difensori... » Infatti i Valdesi, ad
ogni approssimarsi di aggressione, qui
salirono a fortificarsi, e qui seppero
fermare vittoriosamente l’impeto del
nemico. Perciò poche altre regioni delle Valli sono così ricche di ricordi storici ; e tutti sono ricordi di guerra, assalti furiosi, accanite difese, Uberazioni
provvidenziali. Percorrendo quei ripidi sentieri, quelle stradette tortuose
nell’ombra dei castagneti* sì sentono
rivivere con straordinaria efficacia le
eroiche vicende dei padri.
Le quali, attraverso i secoli, si ripetono con una analogia veramente impressionante : le stesse circostanze, gli
stessi movimenti, gli stessi sentimienti,
gli stessi esiti. Si possono quindi narrare via via quasi con le stesse parole :
l’esercito persecutore s’avvicina alla
valle; tutta la gente del piano, per
sfuggire alla bufera, lascia le case e le
terre ; curva sotto il peso delle masserizie, trascinando il bestiame, sale verso il rifugio d’Angrogna ; gli uomini
validi si armano come possono, si raggruppano nei punti più favorevoli del
pendio, si organizzano affannosamente
alla difesa. Tosto le truppe nemiche invadono 4l piano* saccheggiano, devastano, bruciano ; poi affrontano ü declivio, salgono baldanzose per le stradette sassose ed i viottoli, tra le vigne e
boscaglie ; trovano le prime resistenze ;
fiduciose nella schiacciante superiorità
delle armi e del numero, urlano le loro
beffarde minacce, premono, insistono ;
i Valdesi rispondono con azione abile
e tenace, si giovano di tutte le difese e
di tutte le armi del terreno,, si nascondono fra le rocce, balzano di cespuglio
in cespuglio, colpiscono duramente gli
assalitori. Questi cercano di sorprenderli nei punti deboli, con movimenti
avvolgenti ; essi gradualmente si -ritirano ; il pendio più aspro si fa loro
più favorevole; fermano il tracotante
nemico, lo tempestano di colpi, lo f\ilminano. Gli assalitori, scorati, estenuati, avviliti dalle perdite, esitano, ondeggiano, divengono assaliti, sono aggrediti impetuosamente dall’alto ; indietreggiano, si volgono alla fuga, si
precipitano giù pel declivio, incespicando, cadendo, seminando il terreno
di morti e di feriti. I Valdesi interrompono l’inseguimento per raccogliersi
nella preghiera a Dio liberatore. Così
nel 1484, nel 1560, nel 1561, nel-1655due volte, e due nel 1663 ; così nel
1706 ; otto battàglie d’importanza storica, otto vittorie, .oltre ai combattimenti episodici. Soltanto nel 1686 i
Valdesi furono bàttuti ; e ciò, non tanto per l’enorme preponderanza del nemico, quanto per la loro stessa indecisione e divisione.
ROCCIAMANEVD.’
E’, come già abbiamo osservato, il
punto centrale della montagna ; un
ammasso di rocce imminente sul pen" dio, che sì avanza a form.a di promontorio fra due burroni ; lo copre un’onda
di castagni, che s’inerpicano sul preci
> pizio. SuU’orlo del bastione roccioso
sta un segnale trigonometrico, un cippo
,1 bianco, che di lontano indica la posi
> zione ; proprio ai piedi del cippo è incisa nella pietra l’antica linea del con
‘ fine com,imale ; una rozza freccia, e da
. un lato le lettere S. J. (Saint-Jean), e
dall’altro A (Angrogne). Dietro si
stende un pianoro verdeggiante ; e subito il pendio riprende; prati, campi,
vasti castagneti. E’ un luogo ideale di
adunate estive : vi si svolse infatti nel
^ 1857 una delle, prime festosi riunioni
valdesi del 15 agosto.
Ma nei secoli oscuri esso appariva una provvidenziale fortezza contro gli
aggressori : era una delle due porte a
cui accennava per esperienza il Léger :
inaccessibile sul precipizio, malarnente accessibile e facilmente difendibile
ai lati. E qui appunto si rifugiarono i
Valdesi riel 1484, per sostenere il primo assalto dei persecutori, quello delle
milizie del duca Carlo I e dei Signori
locali, che intendevano soffocare la
loro libertà religiosa e civile.
Di questo scontro, ch’è divenuto leggendario, ci è stata tramandata una
rozza efficace notizia del 1587, dall’antico p>astore d’Angrogna Girolamo
Miolo, che l’ha raccolta dalla viva tradizione dei più anziani. I Valdesi validi
s’eran disposti sul margine del pianoro,
armati come potevano, di archi, di
fionde* di picche, di coltellacci, di sassi,
d’arnesi agricoli; dall’offesa nemica
« si riparavano » narra il Miolo, « con
rodelle o targhe grande e larghe » (scudi di legno); « sagette gittate loro dagl’inimici s’attaccavano alle rodelle.
che bisognava distaccarle con fregarle
a qualche arbore o sasso ». Più dietro
stavano 1© donne, i bambini, i vecchi,
implorando a gran voce l’aiuto di Dio.
Il nemico salì baldanzoso all’assalto,
sicuro della vittoria. Avvenne l’urto,
subito aspro e sanguinoso. I Valdesi
resistettero vittoriosamente.
Nel momento più critico avvenne il
noto episodio narrato dal Miolo: « un
Capitano chiamato il Negro di Mondovi.. havendo la celada (visiera) di ferro in testa, et per il grande calore del
sole alzandola un poco in su, burlandosi degli Angrognini che invocavano
Dìo dicendo: O Dio, aiutaci----contraf
facendo il loro linguaggio, e dicendo:
O Dieu, aide nousf— et gridando: I
miei, i miei faranno la passada! (suoneranno pel vostro funerale), fu ferito
da un Peireto Revel nel fronte e morì...
Allora la compagnia fu voltata indietro... » Piace ricostruire con la fantasia
il drammatico scontro: il nemico che
sale, la difesa disperata dei Valdesi,
le urla, le preghiere, la drammatica caduta del capitano nemico, lo scoramento e la fuga degli assalitori, l’impeto
dèi Valdesi nell’inserimento, ed infine
le espressioni di riconoscenza a Dio;
■ « avendo- cacciato - ^ùd loro nemici
conclude ü Gilles, riprendendo, 50
anni dopo, il racconto del Miolo, « lodarono Dio ad alta voce per la sua assistenza paterna ».
SuUo stesso rìpido pendìo sì scatenò,
il 2 novembre 1560, l’assalto delle truppe del Conte della Trinità. Truppe agguerrite ed avide di strage. L episodio
sanguinoso ci è stato vivacemente tramandato dal pastore di S. Giovanni
Scipione Lentolo,, ch’era presente al
fatto, per assistere e confortare i suoi
parrocchiani. I Valdesi, alieni dall uccidere, per profonda convinzione religiosa, non volevano combattere; quando il nemico irruppe nel piano, essi si
ritirarono senza colpo ferire. E « vedendo che li nimici si apparecchiavano
aUa battaglia », narra il Lentolo, « più
volte s’inginocchiarono in terra pregando Dio che gli piacesse haver pietà
di loro.. dì mutare i cuori de’ nemici
loro et im,pedir© che si commettesse
effusione di sangue; et essendo la sua
buona volontà, di ritirarli da questo
mondo con le lor mogli et figliuoli, che
gli ricevesse nel suo Reame... Et a questo modo ogniuno si disponea come
dovendo andare davanti a Luì.... » Ma
i soldati nemici salivano all’assalto, ed
udendo le loro alte voci di preghiera e
credendoli avviliti, tanto più erano fiduciosi della vittoria. Così i Valdesi,
disperati per la comune salvezza, cominciarono a combattere. « La battaglia si incominciò in diversi luoghi;
molte volte gTinimìci furono vivamente ripulsati, ma incontinente ne venivano degli altri freschi al luogo di
quelli ».. I Valdesi lottarono animosa
mente ritirandosi a poco a poco fino a
Rocciamaneud. « A quel modo resisterono fino alla sera ». Con le ombre
della notte la battaglia fu sospesa. Fin
qui essi avevano avute pochissime perdite; « ne morirono solamente tre, et
uno fu ferito nel piede, che guarì ben
presto»,... mentre numerosi nemici
erano rimasti sul terreno. Ma si sentivano estenuati; « stracchi e rotti dalla
fatica, si posero a pregar Dio, domandandogli soccorso; mentre gli avversari, che vedeano ciò, si ridevano e facevano beffe di loro ».... E ad un tratto
venne la liberazione provvidenziale.
Dietro le linee valdesi si udì un vigoroso suono di tamburo. Il nemico, af-
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faticato anch'esso, indebolito dalle forti
perdite, dubitò che quel suono non
fosse'un segn'^le di raccolta dei Valdesi
per un contrattacco; cominciò ad ondeggiare ed a sbandarsi; onde il conte
della Trinità, per evitare il peggio, ordinò la ritirata. Rapidamente tutto il
pendio fu sgombro di nemici. Quale
sollievo pei perseguitati, e quale senso
di riconoscenza verso il liberatore!
« Questa battaglia, » conclude il Lentolo, « diede grand’animo a tutto il popolo valdese, et spaventò gli avversari, » tanto che essi sospesero senz’altro l’azione di guerra e cercarono di sopraffarli con lunghe sleali trattative di
pace.
LE SONAGLIETTE.
Poco sopra Rocciamaneud una strada
pianeggiante, svolgendosi lungo la
costa della montagna verso oriente, all’ombra dei castagni, giunge, dopo circa
un chilometro, al contrafforte che dalla
catena d’Angrogna scende gradatamente verso Bricherasio. Qui s’allarga
l’aprico piano erboso delle Sonagliette,
un magnifico prato triangolare inquadrato da maestosi castagni. A jnezzogiorno il pendio scende ondulato e verdeggiante sul contrafforte ; precipita
ripidissimo sul vallone della Ciamugna ad oriente, sulla pianura di S. Giovanni ad occidente. A questo punto sono allineate, sul ciglio del pendio,
Je vetuste casette della piccola borgata, quattro casette caratteristiche dei
nostri monti, dal tetto spiovente, dai
muri bruniti, dal largo balcone di legno, dalla sconnessa scala esterna, le
quali sono state certamente testimoni
delle tormentose tempeste dei secoli
scorsi.
Quando il Conte della Trinità riapparve nella valle il 2 febbraio 1561,
con un esercito più numeroso e più
agguerrito, per schiacciare finalmente
i Valdesi, non volle esporsi ad un sicuro insuccesso affrontandoli a Rocciamaneud ; .decise di prenderli di fianco,
nella posizione delle Sonagliette, dalla quale gli sarebbe stato consentito
non solitanto d’aggirare tutte le loro
linee sulla collina di S. Giovanni, ma
di penetrare attraverso fi. contrafforte
in quel loro munitissimo nido ch’era
l’alto vallone d’Angrogna. Ma i Vaidesi vigilavano : prevedendo l’attacco,
avevano cintato il pianoro con un lungo bastione di terra e pietre, alto circa un metro, da cui potevano facilmente fulminare il nemico avanzante dal
basso. L’attacco avvenne verso mezzogiorno, dai tre lati, aspro e tenace. Il
Lentolo, che era presente, ci narra come esso si prolungasse vivacissimo fino a sera. I Valdesi non soltanto seppero resistere agli assalti deH’avversario, ma lo costrinsero a ripiegare, dolorante e sfinito, giù pel pendio. Ebbero un solo morto. Un altro se n’aggiunse la sera, mentre il nemico si ritirava, per un’imprudenza che il Lentolo riferisce : Quel tale, « havendo gittati per terra tre nemici, scese dal
luogo dov’era per pigliar le spoglie ;
ma, ritornandose carico d’archibugi et
altre robe, ricevè dagl’inimici due archibugiate. Il quale nondimeno veggendosi ferito uccise l’inimico che gli era
più vicino et che l’avea ferito, e se
ne ritornò ancora ai suoi col bottino,
nè mori che di là a due giorni e mezzo ».
Un secolo dopo, il 19 aprile 1655, nel
nuovo tentativo di schiacciare i Vaidesi, le Sonagliette costituirono il centro dell’attacco delle truppe ostili, comandate dal Marchese di Pianezza.
Assalito e saccheggiato, nei due giorni
precedenti, il piano di S. Giovanni e
della Torre, l’esercito aggressore, forte di 15 mila uomini, avvolse nell’assalto tutta la costiera di S. Giovanni.
I Valdesi, che s’eran disposti e fortificati fra Rocciamaneud e le Sonagliette,
resistettero con tale ardimentoso vigore da ricacciare il nemico nel piano.
L'ÌJidomani esso rinnovò l’assalto su
due punti estremi, per dividere e disperdere le forze Valdesi : sul Tagliaretto e sulle Sonagliette ; ed intanto
intendeva aggredire e bruciare al centro il tempio del Ciabas. Ma, mentre
al Tagliaretto era posto in precipitosa fuga dall’impetuoso capitano Bartolomeo Jahier, dall’altro lato, ove sviluppò lo sforzo maggiore, trovò la più
accanita resistenza. Di questo combattimento abbiamo una precisa notizia
da un testimone diretto, il pastore di
S. Giovanni e Moderatore della Chiesa, Giovanni Legér, che partecipò coraggiosamente, coi suoi parrocchiani, ai
pericoli della furibonda azione. Questi
s’erano fortificati sul poggio del Castelus, che sta sotto le Sonagliette, a guar
dia della pianura. Qui sostennero a lungo Tufto del nemico e finalmente lo
^ rigettarono in basso. Intanto, accorto- "
si dell’assalto al Ciabas, un pugno di ,,
loro vi accorse con tanto impeto e sL
slanciò con tanto cofaggiOi gridando il
segnale dell’adunata: Avanza, Jahier!
- che i nemici, confusi e spaventati, si
dettero alla fuga disordinata, seminando il terreno di caduti. Dei Valdesi,
due soli morti, oltre un ferito, un certo Stefano Comba, che, mentre stava
vicino allo stesso Léger, fu colpito in
un ginocchio da una palla di fucile.
Appunto per queste vittoriose resistenze, fi Pianezza, accortosi di non I
poter vincere i Valdesi con la forza,
cambiò tattica adottando quella delle tortuose sleali trattative che doveva
condurlo alla strage delle Pasque Piemontesi.
LE PORTE D’ANGROGNA.
Dalle Sonagliette una strada montana risale verso nord, lungo il contrafforte,, attraverso pascoli e boschi.
Arriva al ciglio del costone e lo segue,
tra i due versanti dell’Angrogna e della Ciamugna. Dopo poche centinaia di
metri giunge ad una selletta ove cinque strade s’incrociano : quella che, abbiamo seguita prosegue verso l’alto del
monte e prende, già da parecchi secoli, il nome di Via Nova ; a .sinistra
due altre scendono verso il vallone
d’Angrogna, una quinta volge a destra
verso la Colletta di Prarostino. Qui sono le Porte d’Angrogna : la seconda
delle due porte indicate dal Léger in
seguito alle dure esperienze di guerra
sue e dei suoi convalligiani ; accesso
ed insieme baluardo per quel provvidenziale rifugio ch’era pei Valdesi il
vallone d’Angrogna. Il luogo rievoca la
bella agile figura del condottiero valdese Giosuè Gianavello, in alcune sue
più valorose imprese
A comprendere chiaramente lo svolgimento delle tre aspre battaglie che
in questa regione egli ha combattute
e vinte, conviene salire cento passi più
in su, per la via Nova : sopra due vetuste casette che s’affacciano tra il verde ai due lati della strada, s’arrotonda
un cucuzzolo erboso ; è la Sea d’Angrogna. Di là s’abbraccia con lo sguardo
In occasione della Festa del 15 .ag^
sto la Libreria Claudiana offre due belle ed interessanti pubblicazioni di carattere storico-geografico :
Le Valli Valdesi - Visioni fotografiche
di Enrico Peyrot, con 39 artistiche illustrazioni ed una introduzione spiegativa - L. 8.
(E’ noto che l’intero risultato della vendita di questo fascicolo va in favore del
Rifugio Re Carlo Alberto per Incuraj bili).
Luserna - Vicende e tradizioni nel
quadro della storia Valdese - L. 2.50.
tutto lo sviluppo dei poggi, dei contrafforti, dei valloni, dei burroni, ove
si svolse quella sua ardente azione di
guerra, quale ci è narrata dal Léger,
diretto o indiretto testim,one dei fatti.
La mattina del 18 giugno 1655,
quand’era ancora scuro, quattro colonne di truppe, circa 3000 uomini, agli
ordini del Marchese, di Pianezza e del
colonnello di Marolles, salivano sui pei
pendìi d’Angrogna, di S. Giovanni, della Ciamugna, a sorprendere e circondare Gianavello, che, con trecento dei
suoi, era acquartierato nella borgata
del Vernè, m,éntre il suo compagno Jahier, col grosso delle forze valdesi, s’era
recato per alcuni giorni in Pragelato.
Nei primi albori dell’alba si udirono ad
un tratto i suoni delle trombe nemiche, che dovevano regolare la marcia
dei vari reparti. I Valdesi balzarono dal
sonno, si raccolsero in armi, si lanciarono affannosamente in alto, sul poggio
delle Bariole, mentre fi nemico stava
arrivando da più parti un po’ più in
basso, alle Porte d’Angrogna. Infuriò
la battaglia. Gianavello, giovandosi di
tutte le asperità del terreno, dì tutte
le malìzie della guerra di montagna,
potè per otto ore contenere le forze
avversarie. Verso le due del pomeriggio, queste, estenuate, sfiduciate, cominciarono a ritirarsi ; e la ritirata si trasformò tosto in fuga precipitosa. I Vaidesi si gettarono aH’inseguimento.
Il terreno rimase cosparso di cinquecento caduti, mentre, osserva il Léger,
i Valdesi non avrebbero avuto che
un morto e due feriti. A questo punto,
dalla strada della Colletta, arrivò Jahier ; animati da rinnovato ardore, tut
ti insieme ripresero l’inseguimento fino
giù alla Bialera Peyrota, Il nenfico fu
interamente sbaragliato. Pur troppo,
proprio mentre il combattimento si spe,gneva, Gianavello, che s’era gettato fra
i primi, fu colpito in pieno petto da
una pallottola di fucile che gli uscì netta dal dorso. E’ noto che, per quanto
egli fossè cosi posto fuori combattimento per alcune settimane, i suoi luogotenenti ripresero la lotta con uguale fortuna fino alla definitiva vittoria.
Otto anni dopo, durante quella se
conda guerra di Gianavello, eh’è detta
dei Banditi, un’altra aspra battaglia si
svolse negli stessi luoghi, il 6 luglio
1663. Le truppe ducali, per soffocare le
forze valdesi, decisero di fare un gran
colpo su queste alture, ove Gianavello
s’era fortificato. Il marchese di Fleury
ed il marchese d’Angrogna, con circa
Quattro mila uomini, salirono da Bricherasio e da S. Secondo, attraverso i
Pian di Prarostino e la Ciamugna, verso le Porte d’Angrogna. Il conte di Bagnolo, con altrettante forze, aggredì in
più colonne, tutta la collina di S. Giovanni; concentrandosi verso Rocciamaneud. Gianavello vigilava. Lanciò nei
burroni sotto le Porte una sessantina
d’uomini, che, combattendo disperatamente, non soltanto fermarono il nemico m,a lo costrinsero a ritirarsi ai Pian.
Egli stesso, con settecento armati, oppose una tenace resistenza all’aggressore sulla collina di S. Giovanni, ritirandosi lentamente a Rocciamaneud.
Qui, narra il Léger, « giovandosi delle
rocce e delle vetuste capanne che vi
si trovano, come bastioni, riuscì a
fermare il nemico nettamente ed a
spossarlo talmente che esso, vedendo
duecento dei suoi caduti sul terreno,
cominciò a scoraggirsi, ad arretrarsi a
darsi alla fuga precipitosa giù pel pendio, lasciandovi ancora numerosi morti ». Ottenuta così la vittoria, Gianavello, ponendo un reparto a guardia
delle posizioni, accorse tosto con gli
altri verso la Ciamugna, ove l’esiguo
manipolo continuava a combattere. Tutti insieme si gettarono all’assalto delle
forze nemiche ai Pian ed anche qui
le sgominarono interamente.
Ancora il 21 dicembre dello stesso
anno 1663, l’esercito persecutore, forte di qualche migliaio d’uomini, agli
ordini del marchese di Parella e del
marchese di S. Damiano, tentò di
sorprendere i Valdesi sulle stesse posizioni, investendoli in un assalto
generale a Rocciamaneud, alle Sonagliette, alle Porte d’Angrogna. Ancora sì combattè tutta la giornata a.spramente, su pei pendìi induriti dai primi geli invernali, attraverso le boscaglie nude di fronde, fra i sassi dei precipitosi burroni. Ed ancora ì Valdesi
resistettero vittoriosamente, ponendo il
nemico in fuga. Fu per loro un giorno
di gioia, osserva il Léger, perchè essi
ancora una volta « poterono sperimentare la miracolosa assistenza del Dio
degli eserciti », ottenendo poi, come
conseguenza della vittoria, la pace ed il
riconoscimento ufficiale, dei loro diritti.
LA CATASTROFE.
In queste sette battaglie, i Valdesi per
quanto sempre inferiori di numero e di
armi, poterono riuscire vincitori, non
tanto per conoscenza dei luoghi, per abilità, per coraggio, quanto per senso di unione e di disciplina, quanto sopratutto
per assoluta fiducia in Dio e nella bontà della propria causa. Nel 1686, negli stessi luoghi, mancarono loro questi elemeriti spirituali di forza, e perciò
essi dovettero subire una assoluta catastrofe, che apparve in quel momento
irrimediabile.
Dell’azione guerresca del 22 aprile
1686 abbiamo tre relazioni straordinariamente impressive, scritte da persone
che vi hanno direttamente partecipato :
un anonimo ufficiale dell’esercito aggressore, un funzionario del Duca, Giovanni Maria Forni, un combattente valdese, il notaio Daniele Forneron. Visitanefo i luoghi col ricordo di queste
preziose testimonianze, possiamo ricostruire facilmente l’aspro doloroso combattimento.
L’esercito ducale, che aveva lo scopo preciso di distniggere i Valdesi, ben
conoscendo il loro valore ed aspettandosi da loro una disperata resistenza,
s’era presentato con un apparato bellico veramente straordinario, in previsione delle gravissime difficoltà da superare.’ L’anonimo ufficiale ducale ce
ne dà la descrizione : Da Bricherasio,
agli ordini del principe Gabriele di Savoia, salirono all’assalto verso i Pian
di Prarostino due reggimenti di fanteria, le Guardie del Corpo, un battaglione di Dragoni e 400 nobili volqn
tari col loro seguito. Per la Ciamugna
salirono verso le Sonagliette tre reg^menti di fanteria ed uno squadrone
di gendarmi, al comando del marchese di Dbgliani. Fra le Sonagliette e
Rocciamaneud salirono due reggimenti di fanteria ed un battaglione dì Dragoni, al comando del conte di Bricherasio ; e finalmente, più verso il Ciabàs,
due reggimenti di fanteria e 500 volontari della milizia di Mondovi, agli
ordini del Cavaliere di Ciliè. Per la
strada del Pian e della Colletta furono
trascinati quattro cannoni e 25 spingarde. Infine, come diversivo, il conte di
Bagnolo condusse contro il Tagliaretto
seicento uomini delle proprie milizie.
Era tutto il fior fiore dell’esercito e della nobiltà piemontese, riunito a spezzare la resistenza d’un pugno di montanari, tanto questi avevano fama di
formidabili guerrieri.
Ed invece da parte valdese, incertezza, confusione, disordine, disunione.
Soltanto alcuni manipoli di valorosi
opposero al nemico qualche. resistenza.
Il notaio Daniele Forneron, con una
sessantina di compagni, tenne duro per
sei ore in un primo bastione contro il
fortissimo assalto dei Pian ; resistè ancora in un secondo ; infine, sotto la furia della mitraglia, minacciato alle spalle dal Dogliani, ch’era già a Costalunga, sull’alto vallone della Ciamugna,
si ritirò a grado a grado alle Porte
d’Angrogna. ('Qui lo ritrovarono altri
esigui gruppi di combattenti, che lungo tutta la linea, dopo tenaci resistenze, avevano dovuto ^cedere alle forze
soverchianti del nemico. NeU’insieme
erano riùsciti ad infliggergli perdite gravi ed a costringerlo per tutta la giornata ad una lotta dura e sanguinosa.
La magnanim.a efficace azione di così
piccoli gruppi dimostra quanto diverso
sarebbe stato l’esito della battaglia, se
fra i Valdesi ci fosse stata unione, concordia, -fiducia, risolutezza di propositi.
Premuti dalle forze avversarie, dalle
Porte essi ripiegarono sul poggio della
Sea, poi alle Barrióle, al Castelet. . Di
là, nelle luci della sera, vedevano tutta S. Giovanni .e tutta Angrogna in fiamme. « Pareva propriamente che tutta
la montagna ardesse », osserva l’ufficiale anonimo ; ed aggiunge con compiacimento : « si riunirono la sera le
truppe (ducali) sopra Angrogna et in
un posto, ove in tutte le passate guerre
nissuno era mai arrivato» .
E’ noto che l’indomani quei piccoli
gruppi combattenti, insieme con migliaia di convalligiani fuggitivi e dispersi, si consegnarono alla crudeltà
devastatrice del nemico.
LA RIVINCITA.
Ma una splendida rivincita si procurarono i Valdesi vent’anni dopo, nel
1706. Era il momento in cui i Francesi
avevano invaso il Piemonte e stretto
Torino di durissimo assedio ; il duca
Vittorio Amedeo II s’era rifugiato a
Luserna presso i Valdesi di cui s’era
rifatto amico ; un esercito francese, comandato- dal duca de la Feuìllade, bloccava la valle del Pellice. Costui, per
cogliere prigioniero il Duca, decise, un
colpo che doveva essere decisivo, quello d’aggredire di sorpresa la valle da
settentrione ; onde lanciò un corpo di ,
qualche migliaio di soldati da Roccapiatta e dalla Colletta sulla montagna
di S. Giovanni. Ma i Valdesi vigilanti
aspettarono il nemico proprio su quella linea fra le Porte d’Angrogna e le
Sonagliette, ove s’era tante volte manifestato il vittorioso eroismo dei padri ed ove per la prima volta essi avevano l’orgoglio di combattere per la
patria, in servizio del Sovrano, contro lo’ straniero invasore. Dice la tradizione che il Duca stesso assistesse allo scontro daU’alto del poggio della
Barriole. Fu una furiosa battaglia. Il
nemico, dopo lunga resistenza, fu anche
questa volta duramente respinto, e volito in fuga disordinata ed inseguito giù
pei precipitosi pendìi della Ciamugna.
*
ft.
4
S.
Dall’alto della Sea d’Angrogna, comprendendo con lo sguardo, in un ampio
giro d’orizzonte, i luoghi in cui i Valdesi
hanno, nel corso di due secoli,, combattuto, noi vogliamo renderci conto del
loro significato, del loro valore spirituale. Il quale non sta nell’importanza storica 0 politica o militare dei fatti o nell’importanza dei metodi di strategia e di tattica montana, che hanno
fatto dei combattenti valdesi ì primi
alpini d’Italia. Sono concetti interessanti, non essenziali. Un elemento essenziale v’è alla base; ed è il profondo
significato spirituale dei fatti stessi :
l’affermazione del diritto assoluto di
professare la religione dell’Evangelo come culto © come vita, l’affermazione
3
f
L’ECO DELLE VALLI VALDESI
del diritto d’autonomia religiosa e di
fedeltà ai propri principi, a qualunque
costo, contro qualsiasi imposizione. E
queste affermazioni non derivano da
circostanze particolari, dalla volontà
d'’‘un singolo uomo superiore o d’fun
gruppo di uomini ; ì secoli sono passati,
le generazioni si sono rinnovate, l’affermazione si è ripetuta cc^antemente,
nello stesso modo : è tutto im popolo
che, nel suo svolgimento, l’ha ripetuta,
mantenendosi sempre uguale a sè stes
so. Ed è questo austero linguaggio dì
libertà e di fedeltà spirituale,"''c}ie il
paesaggio della collina di S. Giovanni
ci ripete.
Attilio laUeL
Per la Festa del XV Agosto in
? UNO SGUARDO ATTORNO.
La Perlà è una piccola verdeggiante
radura, coltivata a campi e prati, che
Si staglia assai nitida sullo sfondo più
oscuro dei castagni che d’ogni intorno
le fanno corona.
E’ situata a oltre 1000 m. di altezza,
su uno dei numerosi contrafforti assai
ripidi, che dalla montagna del Las-Arà
degradano verso la Valle del Chisone,
fra Perosa e San Germano, nel tratto
comunemente designato col nome di
Inverso Villar-Pinasca, perchè si stende
di fronte ai due borghi omonimi situati
sulFaltra sponda del torrente.
A differenza della Perlà di Bobbio,
citata più volte come teatro delle epiche gesta dei Valdesi di Gianavello e di
Arnaud, la Perlà di Inverso Pinasca, a
mia saputa, non appare mai specificatamente ricordata nelle nostre memorie o
nelle nostre storie.
Il panorama, che di lassù si gode, è
ristretto e modesto, ma non per questo
meno interessante per chi cerchi nella
'• circostante natura non solo il godimento
degli occhi, ma le sacre emozioni della
storia dei propri avi.
A sinistra di chi guarda verso l’opposto borgo di Pinasca stanno i monti
- una volta coperti alle falde di ricchi
vigneti - che separano la Valle di S.
Martino dal vallone del Selvaggio, per
il quale le orde del generale francese
Mélac, nell’aprile del 1686, raggiunsero
il passo dell’Orso ed irruppero nella
Valle di S. Martino per prendere alle
spalle i difensori del Forte Luigi e delle
Banchette, i quali, a monte di Pomaretto, nella strozza della valle, sbarravano raccesso alle schiere del Catinat.
Più a destra è l’imboccatura della
Valle di Fenestrelle col Bec Dauphin.
che per molto tempo segnò il confine
fra le terre sabaude ed i domini francesi dell’alta Valle del Chisone e per la
quale passarono tanti eserciti a volta
a volta distruttori o liberatori: seguono
le montagne impervie di Perosa, di Pinasca e del Dubbione, attraverso le
quali per i passi della Rousse, del Mouret, e dell’Aquila i nostri padri, nelle
ore tragiche della persecuzione e delTesilio, calavano nelle valli di Coazze e
di Giaveno per raggiungere in seguito
la valle di Susa e il valico del Moncenisio e la terra ospitale della Svizzera.
Le vette sono generalmente nude e
rocciose, ma le falde, che degradano
sulla valle, sono disseminate di casolari
e di borghi, di cappelle e di chiese, di
boschi e di campi, che specialmente
nella stagione delle messi danno al
paesaggio un aspetto di policroma bel• lezza.
i Più a destra ancora, l’orizzonte sì
allarga al disopra della bassa e boscosa
dorsale che separa la Valle del Chisone
dall’alta Valle del Lemina o del Talucco, popolati un giorno di famiglie Vaidesi spiritualmente allacciate alle parrocchie del Gran Dubbione o di Pinasca.
Chiudono lo sbocco della valle il caratteristico cono detto il « Pan dì Zucchero » airinverso delle Porte, e le
alture di Roccapiatta e di Prarostino,
che tanta parte ebbero nella storia religiosa e militare della nostra gente.
Giù, nel fondo, spumeggia il torrente
Chisone, si snoda tra il verde dei campi
la bianca via nazionale, corrono le automobili e le tranvie, fumano e risuonano di operosa fatica fabbriche ed
officine.
I DUE VERSANTI DELLA VALLE.
Colpisce il contrasto fra i due versanti della valle.
Su quello destro, detto dell’Inverso,
predomina la selva, di tratto in ¡ratto
interrotta da pascoli, da vigne e da
campi, con pochi villaggi appollaiati
sui greppi e seminascosti tra il fogliame
degli alberi. Una piccola ma pittoresca
strada, ombreggiata e tortuosa, collega
;S. Germano con Perosa e Pomaretto.
Fino a pochi anni fa la regione serbava il suo antico carattere/boscoso e
campestre; nessun’altra attività che
quella della pastorizia e dei campi: vita
semplice e primitiva, che ricordava
quella dei tempi antichi.
Le borgate principali sono quelle di
Fayolles, Clot, Vivians, i Piani, Combavilla e Chenevières, borgata quest’ultima che ebbe particolare importanza
nella storia religiosa della regione, perchè per molti annida sua modesta chiesa o cappella valdese fu solita ospitare
fra le sue mura i fedeli dell’altra sponda vessati daU’intolleranza o dalla persecuzione religiosa.
L’Inverso fu sempre terra ducale anche quando l’altro versante passò sotto
il dominio dei re di Francia. Popolato
un tempo esclusivamente, poi prevalentemente di valdesi, esso fu sotto
l’aspetto ecclesiastico organizzato in
due parrocchie: la parte superiore fu
aggregata alla parrocchia valdese di Pinasca, la parte inferiore a quella del
Villar, che con San Germano formava
una sola congregazione.
Più tardi, distrutte dalla persecuzione le chiese valdesi di Pinasca, del
Dubbione, e di Villar^ l’Inverso fu incorporato parte nella parrocchia di Pbmaretto, parte in quella di S. Germano:
ordinamento che vige anche ai dì nostri.
Tracce di mutamento più profondo
la vita moderna ha segnato sull’opposta sponda. Qui aH’antica vita patriarcale dei campi sta sovrapponendosi
quella più febbrile e complessa dell’industria e del commercio; e la popolazione sta fatalmente mutando le sue.
caratteristiche etniche e sociali, così
come nel corso del tempo mutò la sua
fisionomia religiosa. Terre popolate, nel
sec. XVI e XVII, prevalentemente dì
valdesi, per l’intolleranza specialmente
dei re di Francia, ai quali appartennero
dal 1631 al 1697, videro a poco a poco
demolire i templi valdesi, decimare o
esiliare i ministri ed i fedeli, imporre
con la forza la fede cattolica.
Oggi quelle terre non ospitano più
che uno scarso numero di famiglie vaidesi, che vi immigrarono sotto l’egida
delle nuove libertà religiose* e sono
quasi tutte addette aH’industria e al
commercio.
RICORDI DI GUERRA.
Come la piccola Perlà, così, in genere,, tutta la regione del’Inverso non fu
mai teatro di grandi gesta militari : appena di sfuggita il suo nome ricorre
nelle campagne militari del 1655 e del
1663, ch’ebbero per capitano e protagonista Giosuè Gianavello o in quelle
del 1686 e del 1689-90, nelle quali rifulse la saggezza e l’eroismo del capitano e ministro Enrico Arnaud.
Più che campo di battaglia, essa per
la sua ubicazione e configurazione, fu
a turno preferibilmente zona di transito per gli eserciti guerreggianti e terra di rifugio per i vinti e per gli oppressi.
Vide spesso eserciti ducali e francesi
salire ei scendere la valle per disputarsi il possesso del Delfinato e del Piemunte o per muovere affiancati allo
sterminio dei Valdesi : udì i ripetuti
assalti e le epiche difese di S. Germano
(1624 e 1686), dove, al richiamo, più
d’uno dei suoi figli accorse a rafforzare le « barricate » e a contrastare al
nemico col proprio petto l’accesso al vallone di Pramollo. Altre volte con animo fremente di sdegno e di dolore potè
seguire sull’altra sponda le milizie ducali e francesi che muovevano all’assalto
dei templi valdesi del Villar, del Dubbione e di Rinasca, e scorgere il fumo e
le fiamme che s’inalzavano dagli edifici
incendiati e dalle case saccheggiate,
mentre d’ogni intorno schiere valdesi
accorrevano, ma spesso impotenti, alla
difesa.
Nel giugno del 1655 passò di là il mesto corteo, che trasportava a Pinasca
l’eroe Gianavello, gravemente ferito
nella battaglia del Ciabas: e per la
stessa strada, a breve intervallo, transitava anche il messo che recava al Condottiero, già inquieto per la sorte dei
suoi, la ferale notizia che anche il capitano Bartolomeo Jahier era imprudentemente perito nella mischia di Osasco.
Ma il momento più tragico della sua
storia fu nell’aprile del 1686, quando caduti S. Germano, Pramollo e Riclaretto
nelle mani del Catinai, anche l’Inverso
iVillar-Pinasca si trovò chiuso come in
un cerchio di fuoco, e, pur senza combattere, dovette capitolare abiurando o consegnando le armi.
Attraverso le sue terre sfilarono durante più giorni, pietose e doloranti, le
colonne dei prigioni; e molti dei valdesi
dell’Inverso, piuttosto che abiurare, preferirono unirsi ai lugubri convogli verso
un destino oscuro ed infelice!
Tre aimi dopo l’Inverso Pinasca e Villar fu direttamente interessato in due
fatti d’arme della campagna del Rimpatrio.
All’alba del 25 settembre 1689 un distaccamento valdese, forte di 116 uomini, valicava il torrente dirimpetto a Perosa e si avanzava guardingo lungo l’Inverso fino alla località detta Girbaud.
Là i cattolici ed i cattolizzatì dell’Inverso Pinasca e di S. Germano, che avevano
usurpati i beni dei valdesi durante l’esilio, tenevano un piccolo presidio per
preservare la raccolta dell’uva e delle
castagne dalle frequenti scorrerie che i
rimpatriati facevano or qua or là nelle
valli per assicurare i mezzi necessari
alla sussistenza.
Il distaccamento valdese giunse inosservato sul posto, mentre il pìccolo presidio, ignaro dell’insidia, stava esercitandosi a colpire nel bersaglio: anzi uno dèi
cattolici, fiero del colpo, stava appunto
gridando: « Che bel colpo! Peccato, che
non ci fosse un barbette! » quando il di
Per assoluta mancanza di spazio, dobbiamo rimandare al prossimo numero
un articolo storico del prof. Teofilo Pons,
illustrante il Colle delle Fontane ove
la domenica 17 corr.- si celebrerà la
Festa di mezzo agosto per l’alta Valle
di S. Martino. Sono pure sospese per
questo numero, e per tale motivo, le
meditazioni del Culto di Famiglia.
staccamento valdese piombò improvvisamente addosso a lui èd ai suoi compagni, seminando lo sgomento e il terrore.
Il presidio si diede alla fuga, trascinando
con sè la popolazione cattolica delle borgate vicine, e non si fermò se non dopo
aver toccata l’altra sponda, rotto il ponte
e messo il torrente fra sè e la schiera
nemica.
L’altro episodio si ebbe nel marzo
dell’anno seguente (1690). Gli assediati
della Balsiglia, oppressi dalla scarsezza
dei viveri, prevedendo nella buona stagione più terribili gli assalti dei nemici,
decisero una razzia in grande stile nelle
valli vicine per rifornirsi di viveri.
Varcarono il torrente sotto Perosa,
attraversarono predando tutta la regione
dell’Inverso Pinasca e dell’Inverso Villar, piombarono sulle borgate dei Savoia
e degli Azzari, poi sul borgo stesso di
San Germano, popolato di cattolici e di
cattolizzati. Parecchie case furono saccheggiate e distrutte, parecchie persone
uccise dall’una e dall’altra parte. Predato numeroso bestiame, i valdesi si ritiraronó sulle alture dì Pramollo e di qui
per vie appartate raggiunsero il loro inespugnabile rifugio.
TERRA DI ASILO.
Più che funzione di guerra, l’Inverso
Pinasca e Villar assolse funzioni di pace
e contribuì ad attutire le tristi conseguenze della persecuzione religiosa che
ogni tanto infieriva nella valle. Il corso
del torrente Chisone segnò per molti
anni (dal 1539 al 1574 e dal 1631 al
1697) il confine fra le terre sabaude ed i
domini di ErEóicia, situate le prime sulla
sponda destra, i secondi sulla riva sinistra. Per tutto il tempo in cui It due
sponde furono sabaude o regnò la tolleranza sulle terre regie, fu concesso ai
valdesi dell’Inverso, che avevano zone
più fredde e più povere, di allargarsi
sull’altra spqpda, di affittarvi e di comperarvi case, vigne e canapi; di avere
chiese e pratiche di culto. Ma in epoche
d’iptolleranza, quando la persecuzione
infieriva alternativamente sull’una e
sull’altra sponda, il trapasso degli abitanti dalla zona minacciata a quella
tranquilla, attraverso i ponti ed i guadi
del torrente, fu comodo e sicuro espediente per sottrarsi alle gravi molestie o
per continuare l’esercizio del proprio
culto. Il « gioco umanitario » durò per
più di un secolo. Ma non fu più possibile
nella primavera del 1686, quando la revoca deU’editto di Nantes per parte del
re dì Francia e delTèditto del 31 gennaio
per parte del duca di Savoia scatenarono
contemporaneamente la persecuzione
sulle terre regie e su quelle sabaude ed
accomunarono in un identico fatale destino gli abitanti delle due sponde.
Insieme condivisero gli orrori- della
guerra e della prigionia; insieme calcarono la via dolorosa dell’esilio .e in terra
tedesca fondarono nuove dimore che nei
nomi di Pinasca, di Grosso e Piccolo
Villar richiamavano e perpetuavano il
dolce ricordo della patria abbandonata.
L’INVERSO NEL 1664.
Particolare importanza nella storia civile e religiosa dei Valdesi ebbero le
terre dell’Inverso nei primi mesi dell’anno 1664.
Le Valli attraversavano uno dei periodi più torbidi e più infelici della loro storia. Alle distruzioni ed alle stragi
avvenute nel 1655 durante le Pasque
Piemontesi si era aggiunta negli anni
seguepti, ora per colpa dei Valdesi ora
per colpa del Duca e dei suoi ufficiali,
una lunga serie di rappresaglie, di illegalità, di attriti e di violenze che infirmavano il trattato di pace concluso
fra le due parti a Pinerolo e che finirono col degenerare prima in guerriglia, poi in guerra aperta. La nuova
guerra iniziatasi nel luglio del 1663, si
protrasse fino al dicembre tra violenze, distruzioni e stragi senza conseguire nessun risultato positivo. Sopraggiunta la cattiva stagione^ che, interrompendo le operazioni di guerra, faceva temere per la primavera seguente
una più accanita e rovinosa ripresa delle ostilità, le due parti contendenti accettarono di buon grado la mediazione
dei Cantoni Svizzeri, garanti del trattato
di Pinerolo, e convennero che alla presenza dei delegati dei Cantoni si abboccassero a Tornino i rappresentanti
del Duca e quelli dei Valdesi per dirimere i punti controversi e per cercare
una nuova forma di pacificazione. Le
Conferenze di Torino furono lunghe e
laboriose e spesso corsero il rischio di
naufragare per rintransigenza delle due
parti. I delegati Valdesi, capeggiati dai
ministri Pietro Bayle di S. Germano
e Davide Léger dei Chiotti difesero con
ostinata ed oculata fermezza i diritti
dei Valdesi : tuttavia alla fine dovettero
cedere dinanzi alla superiore dialettica, all’abile sottigliezza e all’imperiosa tracotanza dei rappresentanti del duca, i quali, uomini di legge e di governo,
avevano accumulato a carico dei Vaidesi una lunga serie di lagnanze, di
scandali, di illegalità e di delitti, e una
non meno lunga serie di cavilli, di raggiri e di testimonianze per controbattere le ragioni dei Valdesi.
Dopo otto travagliate Conferenze i delegati valdesi furono costretti ad accettare le condizioni proposte dal duca ;
ma consci che non corrispondessero in
tutto nè ai diritti nè ai desideri della
popolazione Valdese, vollero, prima di
firmarle, conoscere i sentimenti delle
comunità che li avevano delegati alla
Corte.
Quattro assemblee generali furono
tenute nel giro di tre settimane : due
all’Inverso di Pinasca e Villar, due nella regione attigua.
La prima si sarebbe dovuta raccogliere a Pinasca : ma il podestà del luogo oppose reciso rifiuto, essendo quella una terra del re di Francia : fu pertanto trasferita all’Inverso di Pinasca,
il 28 gennaio, in una grangia, che troppo piccola non potè contenere le cento
6i più persone convenute dalle varie comunità delle valli. L’assemblea riuscì
assai tempestosa per i discordi pareri
che dividevano gli animi e per l’astio'
che la parte più tranquilla della popo-
4
, 'i ■ ' *' ■ >> L’ECO delle VAIXI VALDÌeSI
fX A
lazione veniva accumulando conljro coloro che erano ritenuti i più oatinati e
diretti fomentataci della guerra.
Il ministro Bayle esordi riferendo
i risultati delle Conferenze di Torino,
ie richieste presentate dai Valdesi e le
COTicessioni promesse dal duca. Dopo di
luì parlò il ministro Léger insistendo
perchè si ottenesse dal Sovrano anche la
grazia pei « banditi ». Ma contro di lui
si alzò a parlare il ministro di Vülar
Perosa, Daniele Bechs, sostenendo che
i banditi, se volevano la guerra, dovevano farla da soli, poiché non era giusto che soltanto per compiacere ad essi si prolungassero le ostilità* e tante
famiglie patissero e andassero in rovina.
Assistevano all’assembleà parecchi
dei capitani che a capo delle milizie
valdesi avevano strenuamente combattuto: il Massa, il Bertino, il Rivet e lo
,^3tesso Gianavello. La frecciata del Bechs
andava diritta al Gianavello ed ai suoi
più intimi cooperatori. Ma egli non raccolse l’offesa : silenzióso, in un canto,
col cappello sugli occhi, forse meditò
in cuor suo con amarezza sulla ingratitudine di coloro per i quali aveva
tante volte esposta la propria vita. A
favore dèi banditi parlò invece il ministro o capitano Jahier, proponendo che
se non era possibüei ottenere la grazia
per essi, si chiedesse almeno che i beni
confiscati fossero lasciati per sostentamento alle loro famiglie.
Ma i più furono di parere che non
si dovèsse imporre al duca nessuna condizione e che si dovessero lasciare i deputati arbitri di conchiudere la pace
alle migliori condizioni, pur affermando unanime il proposito di non deporre le armi prima che la grazia fosse
concessa e fossero liberati i pri^riieri
La seconda assemblea fu tenuta alla Sagna, sulle fini di S. Germano, nove giorni dopo, il 6 febbraio. Si discusse uno dei punti più controversi e tormentati delle Conferenze torinesi : il
permesso del culto valdese siüle terre
di S. Giovanni invocato insistentemente dagli abitanti e con pari intransigenza negato dalla Corte. A favore
della sua terra natale insorse Gianavello, ch’era stato muto per sè nel primo
convegno, e protestò, quasi col pianto
alla gola, che su questo punto non si
doveva cedere, e che se l’esercizio del
culto valdese non fosse stato concesso, egli avrebbe preferito abbandonare la
propria terra.
Con la stessa intransigenza parlarono il ministro Ripert di S. Giovanni
e dopo di lui altri deputati delle valli.
Ma ormai il tempo stringeva ! Più
che mettere d’accordo i valdesi contrastanti, era urgente accettare la Patente di Grazia redatta dal duca e farla ratificare dalle comunità delle valli.
A questo scopo fu tenuta il 12 febbraio una terza assemblea alla Costabella, sulle fini di PramoUo. Tutte le
Comunità furono invitate ad inviarvi
i loro rappresentanti, da uno a tre, secondo il numero degli abitanti : l’Inverso ¡Rinasca inviò come suo deputato
Michele Serra, che, non sapendo scrivere, firmò l’i^tto con un semplice segno manuale.
Alla presènza del R. Notaio Giov.
Antonio Maletto del Dubbione i 27 deputati valdesi, di comune accordo, elessero a loro i>rocuratori sette persone
col preciso incarico di recarsi a Torino
a ratificare l’accordo concluso col duca e a prestar giuramento di fedeltà
e di obbedienza tanto a nome proprio
quanto a nome di tutti gli abitanti delle Valli.
, Fu.rqpp sQflti'due ministri, il Bayle
e il Ripert è cinque laici.
Ma dei sette prescelti '- ignoriamo il
perchè - solo quattro comparvero a Torino dinanzi ai ministri di S. A. a firmare l’atto di sottomissione. La loro
firma fu accettata, ma non ritenuta sufficiente per dar corso alla patente di
■grazia, mancando le firme di tre dei
procuratori designati.
I presenti ricevettero pertanto l’ordine di far ratificare la loro sottomissione in una nuova congregazione generale degli abitanti delle Valli e di
portarne atto regolare alla Corte nel
termine di tre giorni.
La quarta assemblea si tenne il 16
febbraio all’Inverso di Villar Perosa ^
nella regione detta di Roccafiero (Rocciafie) presso il fiume Chisone, davanti
allo stesso notaio Maletto e a 30 de- !
putati delle comunità delle Valli. Per
l’Inverso Pinasca figurò lo stesso Mi- ‘
chele Serra delegato neirassemblea precedente.
Letto il tenore dell’atto di sottomissione passato a Torino il 13 febbraio
dai quattro procuratori, i presenti, tanto a nome proprio quanto a nome di i
tutti gli abitanti delle, Valli, dichiara- ’
rono solennemente di aver per confer- |
mato e ratificato tutto il contenuto della •
sottomissione e promisero di osservarla
e di farla osservare fedelmente sotto ^
l’obbligo delle proprie persone e dei
propri beni.
La ratifica di sottomissione, immediatamente portata a Torino, permise
che la Patente, già firmata il 14 febbraio
ma tenuta sospesa, potesse finalmente
il 18 essere interinata tìallja Camera
dei Conti e dal Senato ed avere immediata esecuzione nelle Valli.
Si deposero le armi, si restituirono
i prigioni e ritornò la tranquillità
e, l’ordine nelle misere terre : ma due
giorni dopo Gianavello e i suoi più fidi, esclusi dall’amnistia, abbandonavano
la patria strenuamente difesa e, devotamente amata per trascorrere il resto
dei loro giorni in un lungo e doloroso esilio in terra elvetica.
Arturo Pascal.
LUSERNA SAN GIOVANNI.
IL MEDICO CONDOTTO avvisa che
l’orario ambulatoriale è il seguente :
(giorni feriali) dalle 10 alle 11 all’Ospedale Mauriziano di Lusema ; dalle
11 alle 12 all’Ambulatorio Comunale
degli Airalì, via Roma 5 (Municipio) ;
(giorni festivi) dalle 10 alle 11 all’Ambulatorio degli Airali soltanto.
Per le chiamate à domicilio rivolgersi
sia all’Ospedale Mauriziano di Luserna
sia aH’Ambulatorio degli Airali nell’ora delle visite dalle 11 alle 12.
Per le chiamate urgenti servirsi del
telefono pubblico rivolgendosi al N°
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per gli iscritti alla Mutua Aziendale
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grande dolore.
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per 2 persone, buona ricompensa. —
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Scrivere: BOUNOUS - Vìa Nizza, 17 Torino.
il €a(alo(|o il)41
Prof. Omo CosTABBi., direttore responsabile
ARTI GRAFICHE . L’ALPINA » - Torre Pellice: