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I
ECO
DELLE mU VALDESI
BIBLIOTECA VALDESE
10060 TORRE FEIL ICE
Anno 110 - Num, 47
Una copia Lire 100
abbonamenti ( L. 4.000 per l’interno
‘ L. 5.000 per l’estero
Settimanale
della Chiesa Valdese
Sped. in abb. póstale - I Gruppo bis/70
Cambio di indirizzo Lire 100
TORRE PELLICE 30 Novembre 1973
Amm. ; Via Cavour, 1 bis • 10066 Torre PeUice - c,c.p. 2/33094
Perché cercate il Vivente tra i morti? » (Luca 24, 5)
LA SINDONE IN TV
E’ tempo che il CEC parli più chiaro riguardo
alle Chiese e ai paesi dell’Est europeo
dichiara il vicesegretario generale del Consiglio
Venerdì sera 23 novembre, la televisione italiana ha trasmesso sul 1°
canale, in ripresa diretta, l'esposizione (o « ostensione » come vuole l'italiano barocco, latineggiante, da sacrestia, usato da stampa e TV in queste occasioni) della cosiddetta «sacra sindone » — il lenzuolo che secondo la tradizione avrebbe avvolto
il corpo di Gesù nel sepolcro dove fu
deposto. Milioni di italiani l'hanno
visto. La trasmissione sarà ripresa da
altre reti televisive, in vari paesi del
mondo. L'avvenimento pare eccezionale.
Confessiamo di essere stati sorpresi. Non ce l'aspettavamo. Pensavamo,
forse ingenuamente che, dopo il Concilio, non avremmo più dovuto assistere a spettacoli dì questo genere.
Negli ultimi anni un certo processo di
purificazione della fede cattolica dalle
sue pratiche devozionali meno evangeliche è stato avviato: era lecito supporre, o almeno sperare, che manifestazioni come quelle di venerdì sera,
che hanno l'apparenza della pietà ma
non la sostanza e in cui c'è molta religione e poca fede, non si sarebbero
più verificate. Ci siamo dovuti ricredere.
Non ci siamo invece dovuti ricredere sul cardinale Pellegrino, promotore
dell'iniziativa: sapevamo già che il
suo moderato progressismo riguarda
la questione sociale ma assai meno
l'ambito ecclesiale e teologico. È uno
dei tanti a sinistra (si fa per dire)
politicamente e a destra teologicamente.
Come valutare la nuova esposizione (la precedente avvenne nel 1933)
•— questa volta televisiva — della sindone di Torino? Cosa pensare del lenzuolo sul quale ci sarebbe l'impronta
del volto e del corpo di Gesù? Ci limiteremo a tre osservazioni.
1. Anzitutto occorre ricordare un
fatto noto ma non sempre sufficientemente meditato, e cioè che gli evangeli — tutti e quattro — non spendono una parola per dirci com'era Gesù. Si direbbe che gli evangelisti si
sono ispirati al profeta Isaia che descrive il servo deH'Eterno come uno
che non era tale da « attirare i nostri
sguardi » (Isaia 53, 2). Così essi non
ci dicono nulla né sul fìsico né sul temperamento di Gesù. Questo totale e
certo non casuale silenzio deve essere
rispettato. Calvino diceva che non bisogna parlare quando la bocca di Dio
è chiusa. Se vogliamo rispettare la parola di Dio dobbiamo cominciare a
rispettare i silenzi di Dio, non meno
eloquenti della sua parola. La sindone
non ci interessa affatto proprio perché
« parla » di cose su cui gli evangelisti
tacciono, considerandole del tutto irrilevanti per la fede. Se gli evangelisti, ispirati da Dio, ci dicono chi era
Gesù, ma non com'era, noi ci atterremo a questa indicazione e non andremo a cercare in un lenzuolo quello
che non troviamo negli evangeli. Non
vogliamo saperne di più degli evangeli, non ci interessa una sapienza più
grande ottenuta senza di loro e trasgredendo il loro silenzio.
2. Ma se almeno la sindone fosse
autentica! Se almeno si potesse dire
con certezza che quello è il lenzuolo
che ha effettivamente avvolto la salma di Gesù ! Non ci interesserebbe lo
stesso, ma se non altro la cosa sarebbe storicamente degna di considerazione.
Senonché non c'è il minimo indizio
che la sindone di Torino (o qualunque
altra ; nel medioevo ce n'erano tante ! ) sia autentica. Non c'è, e non ci
può essere, la minima prova che si
tratta del panno di lino che avvolse il
corpo di Gesù.
Molti invece, tanto più dopo l'esposizione televisiva, la considereranno
autentica. Un episodio significativo
merita di essere riferito. Un bambino
della nostra Scuola Domenicale aveva
avuto, giorni or sono, una discussione
con un suo compagno di classe sulla
sindone e, riferendo opinioni udite in
fam.iglia, ne aveva negato l'autenticità. All'indomani della trasmissione televisiva il compagno gli ha detto:
« Hai visto che è vero I L'han fatta vedere anche in TV! ». Così avranno ragionato molti : se la TV la fa vedere,
vuol dire che è vera. Talmente grande
è il potere occulto di persuasione del
mezzo televisivo!
È dunque necessario ribadire che
quel che si dice della sindone è tutto
e soltanto un'ipotesi gratuita, una serie di illusioni, una costruzione senza
alcun serio fondamento, una pura invenzione (in buona fede, va da se).
Lo stesso cardinale Pellegrino nella
conferenza-stampa di giovedì 22 ha
dichiarato: « Il significato e il valore
di questo cimelio sono così alti da superare ogni legittimo dubbio, a prescindere dalla contrastata questione
dell'autenticità della Sacra Sindone ».
Come sarebbe a dire? Sarebbe a dire
che la'sindone ha un grande valore
anche «a prescindere» dalla sua autenticità? E che valore avrebbe? Come
si può « prescindere »? Come si può
proporre a milioni di telespettatori in
Italia e nel mondo una reliquia « a
prescindere » dalla sua autenticità?
Come si può far credere al mondo
che un oggetto di così incerta provenienza come la sindone di Torino è il
lenzuolo di cui parlano gli evangeli?
È questa un'operazione storicamente
e spiritualmente responsabile? A noi
non pare. L'unico discorso cristiano
sulla sindone è un discorso critico. Ma
è proprio quello che non si fa.
3. Ma vi è un terzo motivo, decisivo, che ci induce a dare una valutazione nettamente negativa, per la fede, di spettacoli come quello di venerdì sera. Ed è che i primi cristiani non
si preoccuparono certo di raccogliere
le spoglie di Cristo morto, loro che
avevano nel loro mezzo il Cristo risorto e vivente. Nessun cristiano dell'epoca apostolica avrebbe pensato di
trafugare il lenzuolo mortuario di Gesù, dato che Gesù vivente era presente. Se Gesù non fosse risorto, allora,
si sarebbe potuto comprendere un
pellegrinaggio al sepolcro a cercar ricordi e religue varie. Ma dopo Pasqua, che cosa se ne facevano, i cristiani, di quel lenzuolo!
Solo una chiesa che ha perso il
senso della presenza di Gesù vivente
può tornare al sepolcro a prendere i
segni di un Signore morto. Solo una
chiesa che ha perso il senso della risurrezione può interessarsi al lenzuolo
che avrebbe avvolto la salma di Gesù.
Ma questa religione da cimitero, che
cerca ed espone croci, chiodi, tuniche,
lenzuoli, non ha niente in comune con
la chiesa e la fede cristiana, anche se
parla di Gesù e lo vuole onorare. Croci, chiodi, sindoni, tuniche son tutte
cose ignorate dai primi cristiani e inventate più tardi, quando la fede vacillò e venne meno, e la' presenza di
Gesù risorto non fu più l'esperienza
fondamentale e costitutiva della chiesa. Allora nacquero e fiorirdrto le re-'
ligule, le quali, in fondo, sono tanti
surrogati di una presenza di Gesù che
una fede incerta non avverte più. Dove c'è Gesù risorto, non ci sono reliquie; dove la fede respira l'aria di
Pasqua non va a cercare il Vivente fra
I morti, non lo va a cercare nei lenzuoli, nelle sindoni e in tutto questo
armamentario funebre che Gesù, risorgendo, si è lasciato dietro alle spalle, e che anche noi vogliamo lasciare
per sempre ai morti.
Paolo Ricca
(sepd) « Il tempo della gentilezza esagerata nei confronti dglle
Chiese dell’Est europeo è finito »,
ha dichiarato il dr. Alan Brash,
vicesegretario generale del CEC,
in occasione di una visita ad Amsterdam. La cosa è risultata in seguito all’incontro fra il segretario
generale del CEC, il dr. Potter, e
il patriarca ortodosso russo Pimen. Il dr. Potter gli aveva dichiarato che ovunque nel mondo, senza eccezioni, le Chiese dovevano
assolutamente intervenire a favore del rispetto dei diritti dell'uomo. Secondo il dr. Brash, nella
Conferenza ecumenica sui diritti
dell'uomo, in programma per l’anno venturo, verranno ascoltati pure appelli e lagnanze provenienti
da paesi dell’Est europeo. L’aperta
discussione prende dunque il posto dei riguardi eccessivi.
I PARTITI COMUNISTI
DELL'EUROPA ORIENTALE
CONCORDANO UNA LINEA
D'AZIONE ANTI-CHIESA?
(sepd) Secondo fonti attendibili, nel
corso della conferenza dei segretari
dei partiti comunisti dell’Europa orien
tale, tenutasi l’estate scorsa in Crimea,
si è parlato di una politica comune nei
confronti delle Chiese. Quale modello
di rapporti fra Stato e Chiesa è stata
indicata la regolamentazione cecoslovacca: in questo paese preti e pastori
non possono esercitare le loro funzioni senza approvazione governativa. Le
linee d’azione attuate neH’Unione Sovietica sono state invece indicate quale modello per i rapporti fra Chiesa e
gioventù: nell’URSS è vietata qualsiasi istruzione religiosa a bambini e giovani al di sotto dei 18 anni.
Applicando questi due modelli in
tutti i paesi si spera di fare passi avanti nella lotta antireligiosa. Si è coscienti, naturalmente, che questa lotta non
può essere condotta ovunque con la
stessa intensità. Ad esempio in un paese come la Polonia, dove il 90% della
popolazione è costituito da fedeli membri della Chiesa cattolica romana, non
vi sono possibilità di attuare i due
suddetti modelli. In Cecoslovacchia, invece, già la scorsa estate è stata Vietata l’organizzazione di colonie per
bambini in una casa per ferie ecclesiastica.
A pagina 3 si leggano una serie di
informazioni sulla vita, i problemi,
le difficoltà delle Chiese in alcuni
Paesi dell'Europa orientale, una rubrica che pubblichiamo con relativa
frequenza.
A TORINO, ORGANIZZATE DA VARI MOVIMENTI
Due giornate sulla nonvioleiiza
Per una società in cui tutti siano eguailì e responsa&ìÌr*--I^TSìÌesà pòpolai'e'^ ”
nonviolenta : il domatore e le belve — Paolo Ricca : la nonviolenza e il cristiano — Don Gramaglia : l'alleanza della Chiesa col potere e la mistificazione
del concetto di « patria » — Indicazioni ai giovani che intendono obiettare
al servizio armato
Si è svolto a Torino, nei giorni 24 e
25 novembre, nei locali di corso Vittorio, il « Festival della Nonviolenza » organizzato da vari gruppi, ispirantisi tutti appunto alla nonviolenza, tra cui il
Movimento antimilitarista internazionale, il Movimento nonviolento, il Movimento internazionale della riconcilia
UTILE
DELLA
DIBATTITO
DROGA, A
SUL PROBLEMA
PINEROLO
Una forma di alienazione, specie giovanile, in rapporto con la crisi della famiglia e della società Una libertà che non rende liberi - I drogati: da ’’recuperare”’? - Un giovane afferma: a voler prender posizione di fronte a questo problema senza aver ’’fumato” è un po’ come chiedere ad una monaca
di parlare di sesso »
Come i lettori sanno, poco tempo fa
delle giovani di Porte sono state denunciate per aver fumato hashish. Sono studentesse del’istituto tecnico Buniva di Pinerolo. Molto opportunamente, i professori di tale istituto hanno
deciso di organizzare un dibattito sul
tema della droga chiedendo agli studenti di intervenire e dando loro ampia possibilità di esprimersi. Siamo
grati al professor Donini che ci ha informato di tale iniziativa e ci ha dato
la possibilità di assistervi, lunedì 26
novembre.
Tl dibattito è stato aperto da cinque
interventi di personalità che avevano
accettato di dirigere. Hanno parlato il
dott. Vercellino, primario dell’ospedale psichiatrico di Grugliasco, il dott.
Trovati, psicologo, addetto all’assessorato alla sanità della regione Piemonte e interessato alla formazione di centri anti-droga nella zona torinese, don
A Pinerolo
Giovedì 6 dicembre alle ore 20,45
presso la Chiesa Valdese in Via dei Mille, 1
Serata dedicata ai prigionieri politici
del Sud Vietnam
Interverrà il pastore Tullio Vinay di Riesi. Verrà proiettato un film. L’invito è rivolto a tutte le comunità e
gruppi delle Valli e del Pinerolese.
Luigi Ciotti, fondatore del gruppo Abele e largamente impegnato in un’opera
di « recupero » di ragazzi drogati o comunque in situazioni anomale, il dott.
Passone, magistrato ed il nostro pastore Giorgio Tourn. Presiedeva, è il caso
di dirlo, il preside del Buniva. Da notare che il cinema Nuovo epa stato
messo gratuitamente a disposizione
per quest’occasione ed era letteralmente gremito da circa ottocento persone, in massima parte studenti del
« Buniva » chiassosi, fumanti (semplici
sigarette ben inteso) ma vivamente
partecipi.
Il dott. Trovati ha centrato il suo
intervento sul fatto che vi sono tre
tipi di « drogati ». Innanzitiutto i
« consumatori saltuari » di droga, che
riescono a mantervere un buon rapporto con la realtà, poi i « farmacodipendenti » che, pur avendo superato lo
stadio precedente ed essendo già diventati dipendenti dalia droga, rimangono
relativamente vicini alla realtà e sono
recuperabili. L’ultimo stadio è quello
del tossicomane, la cui esistenza (se
così si può chiamarla) è ormai interamente centrata sui farmaco o sui farmaci prescelti.
Nei tre casi si tratta di disadattati
che non riescono a far fronte alla realtà che li circonda ma, nell’ultimo, si
tratta di disadattati gravissimi. È necessario di rendersi conto che la droga
è appunto il segno di questo disadattamento e che il problema va affrontato a partire da questo punto e non
come un puro e semplice problema di
«cura ».
Don Ciotti ha fatto un quadro impressionante dei suoi otto anni di vita
in mezzo a ragazzi che hanno finito
col rifugiarsi nel "sogno" procurato
dalla droga per la mancanza di un
ideale qualsiasi e, spessissimo, per la
mancanza di un sostegno familiare. Il
« viaggio » procurato dalla droga appare così loro come il solo mezzo per
sfuggire ad una realtà per loro ormai
insostenibile.
Giorgio Tourn ha sottolineato le varie reazioni suscitate nel pinerolese
dalla notizia del "fattaccio della droga". In testa coloro che si sono riveCiovANNi Conte
(continua a pag. 2)
Donne in libertà
Nelle pagine interne di questo numero particolarmente sostanzioso i nostri lettori troveranno la pagina periodica a cura della FEDERAZIONE
FEMMINILE VALDESE. Veramente,
si tratta di più pagine, dedicate con
molto impegno, vivacità e ampiezza di
orizzonti a riflettere sul problema della
liberazione della donna. Siamo grati
alle collaboratrici che ci hanno dato i
loro contributi e in particolare a Marie-Prance Coisson che li ha programmati e coordinati. Con una strizzatina
d’occhi alle nostre partners, constatiamo che, nel fervore dell’occupazione,
capita che il latte al fuoco trabocchi
dalla casseruola... Comunque, buono e
nutriente. red.
zione. Erano presenti molti giovani,
mentre abbiamo notato con rammarico
un quasi totale disinteresse da parte
della nostra comimità.
Il festival si è articolato da un lato
su tre incontri, seguiti da dibattiti e,
daH’altro, su una mostra a base di fotografie, manifesti, documenti, ecc. sui
temi particolarmente congeniali alla
prassi nonviolenta (potere dal basso,
antimilitarismo, ed altri ancora).
Nell’incontro del sabato pomeriggio
il tema presentato e discusso era « Verso un socialismo libertario e nonviolento »: è stato posto in rilievo come una
società nonviolenta non possa essere
che una società socialista. Ma un vero
socialismo, che elimini cioè le cause di
ingiustizia, di discriminazione e la spietata competizione che caratterizza la
società odierna. Di conseguenza, niente
delega dei poteri, ma gestione diretta
del potere, con sistemi umani di lavoro, con rotazione dei vari compiti, e
senz’alcuna oppressione né dei pochi
sui molti e neppure dei molti sui pochi,
in modo da poter veramente far guadagnare alle persone la propria identità.
Alla domenica mattina il tema e il
dibattito erano dedicati al dilemma
« Difesa armata o difesa popolare nonviolenta? ». E stato rilevato come ormai parecchi studiosi, fra cui anche
dei militari, considerino seriamente la
seconda alternativa, già peraltro in parte sperimentata. Ad esempio, la resistenza passiva opposta in Norvegia
nella seconda guerra mondiale alle
truppe tedesche; oppure T invasione
della Cecoslovacchia, durante la quale
gli stati del patto di Varsavia hanno
dovuto rimpatriare delle truppe completamente sconcertate e demoralizzate a causa della resistenza nonviolenta
colla quale esse si erano scontrate.
Lo stesso Hitler — è stato notato —
(ben pratico di invasioni!) constatò già
a sue spese le grosse possibilità della
resistenza nonviolenta e le gravi difficoltà che una sua buona organizzazione
può arrecare al paese occupante. Nel
paragonare il rapporto fra invasore e
invaso al rapporto fra il domatore e le
belve, egli ammetteva che la mancanza
di collaborazione o la resistenza nonviolenta delle « belve » poneva in seria
difficoltà il lavoro del « domatore ».
* * ★
Nella serata di sabato, l’argomento
della nonviolenza è stato affrontato in
modo particolare sotto il punto di vista « religioso ».
Da parte evangelica, il pastore Paolo
Roberto Peyrot
(contìnua a pag. 10}
2
pag
N. 46
30 novembre 1973
l’Echo des Vallées Nascita, morte e risurrezione A»cora qualche riflessione su
"Una Chiesa in analisi" di Giorgio Tourn
PREAMBOLO
E COS I L’Echo muore dopo una breve vita ; rinasce nel 1851, trasformato :
diventa^ La Buona Novella,^ Direttore è
ancora G. P. Meille, gerente Rinaldo
Bacchetta; la direzione segue il direttore a Torino, Casa Bellòra, Via Valentino, n. 12. Il prezzo annuo di « associazione » è di L. 12.
COSE NUOVE
Il sottotitolo : Giornale religioso ; la
connotazione valdese è scomparsa. Affacciandosi a quello che si chiamerà
poi il « campo di evangelizzazione », il
nostro giornale non vuole ostentare
una qualifica confessionale, compie
una piccola (grande?) rinunzia e un
passo coraggioso, che non è soltanto
platonico, ma si manifesta concretamente nella redazione del giornale ;
c’è la visione, anche se le forze non sono ancora cresciute.
La « cronaca » della vita delle Valli
scompare dalle colonne del giornale
( scompare anche « La Tour » che diventa « Toi-re Valdese »), tranne casi
di particolare rilievo (il Tempio Nuovo a Torre, la celebrazione del 17 febbraio a S. Giovanni, l’incendio di Pralafera e i suoi 500 disoccupati).
Il convitto che si vuole aprire a Torre Penice è visto non in funzione del
potenziamento della vita culturale delle valli, ma dell’attività evangelistica :
una casa dove i giovani evangelici d’Italia possano respirare la libertà.
FORMA E CONTENUTO
L’appello rivolto dal sinodo di favorire lo studio e la diffusione della lingua italiana ha qui la sua applicazione pratica.
« Conciosslaché » e « conciosiacosache » entrano così nelle case di Barbe
Daniel, di Jean Pierre, di Magna Maria, ai quali non si spiegano più le parole diffìcili, che diventano il pane
quotidiano della redazione del settimanale in cui si parla della « Triade »
(più moderno di Trinità), delle « teogonie pagane » ; stile diverso nella « meditazione » natalizia ( 1851 ) : « ...Ma come salire dal finito aU’infinito, dal
creato all’increato, dal fuggevole, dal
passeggero e dal tempo al permanente, all’immobile, all’eterno, senza un
braccio che l’aiuti? ».
Ma non è solo quistione di parole,
di stile ; cambia l’impostazione del giornale, cambiano gli argomenti.
UN PROGRAMMA NUOVO
« ...Il solo titolo di Buona Novella
vale e contiene tutto il programma del
I lettori ci scrivono
Monitori e genitori
Il Concistoro di Luserna San Giovanni,
avendo ripreso, nella sua seduta del 23 novembre, la discussione sul problema delle lezioni di religione settimanali, si rallegra della
soluzione positiva adottata in accordo con le
famiglie nelle tre scuole del Comune. Si rammarica tuttavia fortemente che nella polemica sorta a questo proposito il « gruppo di madri valdesi » (vedi Eco-Luce n. 43 del 2 nov.)
abbia espresso un gratuito e ingiustificato
giudizio di squalifica nei confronti del lavoro
della Scuola Domenicale. Deplorando vivamente tale procedura esprime ai monitori la
propria solidarietà e il proprio apprezzamenti per il lavoro da essi compiuto e auspica
che i genitori possano essere maggiormente
coinvolti nel lavoro della Scuola Domenicale
onde evitare dannose incomprensioni e favorire una più attiva partecipazione e collaborazione nella responsabilità comune della formazione evangelica dei nostri ragazzi.
Il Concistoro di San Giovanni
Sperimentando
a destra e a manca
Caro direttore,
già da qualche tempo desideravo esprimere
lì mio parere in merito alla questione dell’insegnamento religioso nelle scuole.
Non riprenderò tutto quello che è stato detto. Mi limiterò soltanto a sottolineare alcune
questioni.
Innanzitutto è stato detto che era gran
tempo dì seguire una volta tanto le decisioni
sinodali e di liberarci con ogni mezzo dal nostro odioso « concordatino ». Penso che sarebbe
Torà di finirla di ritirare in ballo le decisioni
sinodali per far dir loro quello che non dicono. È vero che il Sinodo ha votato la decisione di non domandare allo Stato la possibilità
di svolgere un insegnamento religioso nelle
scuole, ma soltanto quando questi abbia accettato di abolire le leggi sui culti ammessi, cosa
che non è per domani. Il parere delle comunità in proposito è stato esplicita : non si tocchi nulla prima che Falteggiamento dello Stato nei nostri confronti non sia cambiato.
In secondo luogo la decisione presa da alcuni insegnanti della bassa vai Pellice è stata
un belFesempio di come anche nella nostra
chiesa si sappia presentare il fatto compiuto
ai principali interessati: i parenti degli alunni ed i nostri membri di chiesa in generale.
Si continua cosi a prendere delle decisioni « al
vertice ». in modo ben poco presbiteriano-riformato. Non ci si stupisca poi se una certa
sfiducia nei confronti dei responsabili delle
nostre comunità si fa sempre più sentire né
se gli appelli a « prendere la propria responsabilità » lasciano così spesso il tempo che trovano.
D'altra parte bisogna dire chiaramente che,
specialmente qui alle valli, una nostra mancata influenza nelle scuole corrisponderà ad un
sempre più evidente strapotere del clero cattolico. che già non si perita di far rispettare
alla lettera i regolamenti dello stato anche là
dove non ha che uno sparuto numero di pecorelle. Diciamolo una volta tanto molto chiaramente : qui si tratta di lottare perché le valli
rimangano dotate di una certa sia pur minima
autonomia di fatto, per cui il ^’fatto valdese"
sia preso in considerazione come carattere determinante della loro fisionomia generale.
Smettiamola di parlare di privilegi esorbitanti e di « italianizzare » le valli. Come se fossimo di qualche razza strana e remota e non
sapessimo che, purtroppo, siamo legati agli errori ed all'ottusità della grande massa del popolo italiano, che ci piaccia o meno. Smettiamola di dire o di pensare che, ormai, le Valli
Valdesi non esistono più. Ce lo sentiremo poi
ripetere con compiacimento in certi bollettini
parrocchiali cattolici di nostra conoscenza.
Sia detto chiaramente che una larga parte
della popolazione delle valli desidera che la
lezione di religione a scuola ci sia. Sìa detto
anche che questo fatto è dovuto essenzialmente alla situazione italiana che ci impedisce,
praticamente, di seguire una politica più consona alla nostra visione delle cose. Ma per ora
questa è la situazione: lottiamo per cambiarla, facciamo meno sorrisi al clero nostrano e
siamo un po' più duri per tulle le questioni
cosidette « ecumeniche », abbiamo un po meno beata fiducia nella « laicità » dì certe amministrazioni comunali o di certe direzioni didattiche o nella loro effettiva possibilità di es
serlo, e osiamo finalmente affermarci un po’
di più come gruppo di popolazione che sa
quello che vuole, invece di dilaniarci sempre
tra di noi in nome di preoccupazioni intellettualistiche e « laiciste » più che teologico-biblìche.
La lettera delle madri valdesi apparsa alcune
settimane fa sul nostro settimanale esprime
sentimenti simili, mi pare.
Vorrei invitare tutti a riflettere maggiormente al problema reale dei bambini nati da
matrimoni misti, come al fatto che ’^esonerare’’
i nostri bambini dall’ora di religione non significa ancora necessariamente che non seguano, sia pure passivamente, l’istruzione cattolica — per ovvie ragioni di sale disponibili
ecc. La stessa cosa si può dire per la sala che
può venire concessa ad un gruppo abbastanza
consistente di ragazzi valdesi nelle scuole statali, qualora i genitori lo domandino in vista
di un corso di religione extra-orario. Sappiamo tutti che le nostre scuole sono strapiene e
che di sale non ce ne sono mai abbastanza.
Diciamo d’altra parte francamente che i genitori non sono attualmente in grado di assumere interamente la responsabilità della formazione religiosa dei loro figlioli per colpa loro, certo, ma anche per colpa di quanti, nelle
nostre comunità, a forza di voler tenere il
passo coi tempi, hanno rinunciato in gran parte ad una capillare formazione biblica ad una
certa informazione polemica nei confronti del
cattolicesimo e a proposito dei matrimoni misti ecc., per concedere molto, troppo, tempo a
proclami di ogni genere che sono opera di
sparuti gruppi di persone e che lasciano il
tempo che trovano.
Certo, a scuola non si tratta dì fare quello
che va fatto alla Scuola Domenicale o al catechismo. In questo senso i genitori riflettano
al fatto che non si tratta di ’’liberare i loro
figlioli per una domenica bianca”, ovviamente. Ma quante occasioni si avrebbero per parlare di storia valdese, di storia del protestantesimo. coi più grandi anche delle religioni
non cristiane, raffrontandole col cristianesimo.
Senza contare tutto un elemento di ricerca
biblica e di storia della Bibbia e tante altre
cose alle quali ognuno potrebbe pensare. Si
vuol preparare meglio i maestri? d’accorda,
ma non si butti all’aria questa possibilità senza che le comunità abbiano visto veramente
tutti i lati del problema. Ci auguriamo che,
una volta tanto, il fatto che si tratti di un
esperimento, ci permetta di intravedere una
soluzione diversa per l’anno prossimo e dì non
doverci dire che si è così fatto passare qualcosa senza la minima autorità per farlo.
Molti nostri maestri e professori danno molto del loro tempo non soltanto per la lezione
di religione a scuola ma per mille attività in
seno alla loro comunità. Quelli che ci convincono meno sono quanti, non soltanto non vogliono più dare un’ora di istruzione religiosa,
ma non vogliono magari avere più gran che
da fare con la loro comunità.
Giovanni Conte
’’Cile rosso” a Perosa
Signor direttore.
Allego un volantino distribuito sabato 24
corr. a Perosa, del quale non intendo chiederLe la pubblicazione integrale per non rubarLe spazio prezioso.
Desidero tuttavia informare i lettori che il
volantino in questione invita la cittadinanza
ad intervenire, nella Cappella Valdese di Perosa, allo spettacolo militante "Cile Rosso" ed è
firmato Collettivo Autonomo Musicale Lotta
Continua.
Perché la chiesa valdese concede i suoi locali ad organizzazioni i cui programmi politici non sono certo quelli di « lottare con Cristo »? (Si legge infatti, fra l’altro, nel volantino che il movimento promuove la raccolta
di fondi per rinvio di armi).
Perché un locale di culto valdese viene
concesso per uno spettacolo che, nel suo programma, comprende, fra l’altro «musica pop»?
Sia tuttavia ben chiaro che è lungi da me
l'idea di approvare la dittatura cilena: vorrei
anzi proporre a chi ne ha il coraggio, di accorrere in Cile ad arruolarsi nelle file dei
movimenti di liberazione. Ma temo che nessuno aderirà alla mia proposta per il semplice motivo che l'organizzazione di spettacoli a
migliaia di km. di distanza è assai più comodo e oltretutto non v’è pericolo che la pelle bruci!
Cordiali saluti!
(segue la firma)
presente giornale; conciosslaché esprimendo il significato della parola Evangelo dichiara abbastanza che saranno
tutte evangeliche le sue dottrine ed
evangelico sempre il suo linguaggio... ».
Annunzio puntellato da un linguaggio teologico che cede alla tentazione,
ricorrente poi net decenni successivi,
dello sfoggio di una cultura umanistica e di un prorompente intellettualismo. Così, il nostro settimanale cita
nel suo programma Plinio : « ...Noi rinverremo una terra senza sole, non rinverremo mai una società senza Dio » ;
un Dio la cui Buona Novella è stata
tradita dalla Chiesa che ha benedetto
la reazione, la Santa Alleanza, favorendo cos’i lo sviluppo di quell’« indifferentismo » del quale L’Echo aveva
soprattutto visto le cause e gli aspetti
morali. (Oggi si parlerebbe di Chiesa
costantiniana). Con dotte argomentazioni in cui vengono evocati gli Etruschi, i Greci (vinti e vincitori), il Pantheon si denunzia questa equiparazione di tutte le religioni per riaffermare
che è « mestiere conoscere la verità e
l’essenza della religione cristiana quale ci fu insegnata e rivelata dal Verbo
incarnato ».
LIBERTA’ DI COSCIENZA
Coerente, il nostro settimanale consacra molto spazio del suo primo numero alla traduzione di una lettera
della duchessa di Broglie, la quale cerca di chiarire alcuni dubbi del suo dotto amico A. W. Schlegel in merito « al
doversi o no ammettere ed abbracciare una fede religiosa » e dà inizio ad
una serie di 6 articoli consacrati alla
libertà di coscienza e di culto, che costituiscono lo sviluppo delle note affermazioni di A. Vinet; «...Vogliamo che
la manifestazione delle convinzioni religiose venga protetta, ma protetta come diritto di tutti e per conseguenza
senza distinzione di credo. Non vogliamo che venga protetta una credenza particolare, né, in linea di massima, che vengano protetti coloro che
credono qualcosa con esclusione di chi
non crede a nulla... Non vogliamo il
diritto alla protezione per lo stesso
motivo che non vogliamo la persecuzione, perché il diritto di perseguitare
sgorga inevitabilmente dal diritto di
proteggere ».
La libertà dì coscienza e di culto è
uno dei temi che vengono più frequentemente trattati, sia sul piano teorico
che su quello della vita quotidiana ( Caso Madiai in Toscana, processo contro
Amedeo Bert a Torino, l’Inquisizione
in Toscana, etc.).
CONTINUITÀ’
DELLA STORIA VALDESE
È manifesta una nuova impostazione della storia valdese. Le sue origini
e le sue dottrine hanno il primo posto.
L’interpretazione delle fonti potrebbe
lasciare perplessi i nostri Molnàr, Armand-Hugon, Gönnet! Emilio Comba
non ha ancora fatto la critica della
tradizione. Perciò, nessun dubbio : i
Valdesi sono anteriori a Valdo, si riallacciano direttamente alla Chiesa primitiva.
« Cultori tranquilli delle Valli avite
furono da queste appellati Vailesi o
con vocabolo corrotto Valdesi...; non
furono Alblgesi né Paterini, né anche
discepoli di quel Pietro Valdo di Lione che mai non conobbero perché mai
egli non toccò le Valli delle Alpi. Essi
non seno che un sacro avvanzo (sic)
d’una primitiva Chiesa d’Italia assorbita dalla grande invasione del Papato,
e nell’universalc schiavitù d’Oeeldente
si salvarono, Dio solo sa come, indipendenti da Roma e divoti unicamente al Vangelo... ».
VALDESI E ITALIANI
In questa prospettiva apologetica si
situano anche i 18 articoli di storia
della Riforma in Italia nel XVI secolo :
è chiaro che i Valdesi sono legittimamente investiti dell’evangelizzazione in
Italia; italiani ed evangelici.
ECUMENISMO
La pietà del patriarcalismo irenico
dell’Echo des Vallées cede il posto a
un atteggiamento polemico più marcato. Ci sono alcune rubriche fisse, come : « Rivista della stampa politicoreligiosa » ; i vari giornali cattolici
(L’Armonia, Il Cittadino, La Civiltà
Cattolica, Il Clero Cattolico) offrono
molteplici occasioni per puntualizzare
e chiarire. « La Buona Novella » non
scende però mai all’ingiuria volgare
dell’attacco personale che i suoi avversari non risparmiano. Aspro è soltanto il tono della polemica antipapale, in cui si fondono i due aspetti politico e religioso (ancora e sempre il
potere temporale), tanto più sentiti in
quanto i Valdesi seguono la politica
del re di Sardegna nell’applicazione
dello Statuto anche nei confronti di
Santa Romana Chiesa con fedeltà di
sudditi devoti e fervore di neofiti.
CONCLUSIONE
Un giornale che cerca la sua strada
e tenta un’opera di penetrazione, ma
che ci sembra perdere il contatto con
le Valli Valdesi. Perciò rinascerà dopo alcuni anni, striminzito e modesto
come non mai, L’Echo des Vallées Nouvelle sèrie, consapevole della debolezza delle sue forze, « placés comme
nous le sommes entre beaucoup de livres et une population qui ne Ut presque pas ». Poi verrà Le Témoin : un
tentativo di impostazione nuova (anche il formato è nuovo); sempre alla
ricerca defila strada giusta per conquistare i lettori. E 125 anni dopo abbiamo l’impressione che il problema
non si possa ancora considerare risolto! L. A. Vaimal
Ho letto in questi giorni « Una chiesa in analisi » e le recensioni e critiche
che ne sono state fatte sull’« Eco-Luce » e su « Nuovi Tempi », ed ho trovato anch’io il libro estremamente lucido ed interessante. Mi sembra però
di poter aggiungere, o forse ribadire,
qualche considerazione.
Durante la lettura ho avuto a volte
l’impressione che l’autore esponesse le
diverse prese di posizione (o se si vuole le diverse « teologie ») che si riconoscono in seno alla nostra chiesa, come
se egli si situasse al di fuori. Così non
ci dice se trova preferibile l’ipotesi
« ortodossa », la « settaria » o la « confessante ». Questo, o è dovuto ad un
forse eccessivo scrupolo di obiettività
per cui l’autore non vuole influenzarci
ina solo spingerci aH’autocritica e alla
riflessione, oppure egli ritiene che le
tre impostazioni, avendo tutte un fondamento evangelico e nello stesso tempo i loro limiti ed i loro difetti, siano
da mettere più o meno sullo stesso
piano e non si contraddicano a vicenda. Se le cose stanno in questo modo
è evidente che si deve ritenere non solo che possano coesistere opere e iniziative, diciamo, di segno diverso (come la costruzione di chiese tradizionali e la creazione di centri aperti e
altri esempi che certamente balzano
subito alla nostra mente), ma anche
che queste opere possano collaborare e
le diverse iniziative integrarsi. Direi
che questo non è avvenuto finora (infatti nel libro viene segnalata come
negativa questa « indipendenza » delle
varie realizzazioni, per cui ognuna va
per proprio conto) semplicemente perché la cosa non è possibile in quanto
le tre posizioni, così ben analizzate nel
libro, non sono da considerare nella
prospettiva di una « coesistenza » che
finisce con l’essere equivoca, ma come risposte diverse da dare in momenti diversi.
In altri termini penso che, « per una
linea di marcia », non ci si può sottrarre ad una scelta e che — pur tenendo sempre presenti le istanze presentate dalle tre ipotesi — ci si debba
orientare verso quella che nella situazione del momento permette di rompere Timmobilismo e compiere dei
passi avanti per rendersi credibili nel
mondo in cui si vive.
Mi sembra perciò che nel nostro
tempo sia importante guardare alla
terza posizione, cosiddetta « confessante » (pur consentendo che essa può
anche essere assunta per moda, che
si deve vegliare perché non ci porti
lontano dall’ispirazione evangelica eccetera), perché essa rappresenta una
svolta, perché ci spinge a capire che
cosa vuole dire concretamente essere
cristiani oggi e ci stimola a interrogarci, anche insieme ai non credenti sul
ruolo che noi svolgiamo nella società.
Di qui in avanti è ancora tutto da
inventare per colmare il vuoto esistente tra i messaggi dei Sinodi e la realtà della base delle nostre chiese. Per
questo non basteranno la riflessione
comunitaria, il lavoro — indispensabile — di divulgazione e di informazione: bisognerà anche uscire dal nostro
piccolo mondo per scoprire e vivere
la nostra vocazione nel vivo dei problemi dell’umanità di cui siamo parte.
Mirella Bein Argentieri
Utile dibattito sui probiema
deiia droga, a Pineroio
( segue da pag. 1 )
stili di una indignazione incapace di
dialogo. Altri sono stati propensi ad
archiviare la notizia come parte delle
stranezze della gioventù di oggi. Altri
ancora hanno meditato sulla struttura
giuridica del nostro paese che non corrisponde più a quello che la società
sente (Legge anti-droga sorpassata),
I giovani, quanto a loro, rischiano di
dirsi, ancora una volta, che la società
è una macchina che non fa che metterli ai margini, respingerli. Si tratterebbe dunque di formare «Linternazionale degli emarginati » e, nel caso particolare, di sostenere le compagne « drogate » drogandosi con loro. Saremmo
allora ad una fuga e ad una evasione
ma non a una soluzione valida. Bisogna tener conto del fatto che il giovane che oggi fugge le sue responsabilità
dovrà costruire la società di domani.
Il dott. Passone, il cui intervento ci
è parso assai valido, ha parlato della
legge che condanna l’uso di sostanze
stupefacenti e che risale al ’54. Egli ha
fatto notare che tale legge ha sostituito quella contenuta nel famigerato codice Rocco di fascista memoria che,
tuttavia, in tal caso preciso era più
« larga » di quella attuale, operando
una distinzione tra spacciatori e consumatori di droga. Ha affermato che,
se bisogna guardarsi da un atteggiamento moralistico di condanna senza
appello dei drogati, sarebbe altrettanto grave di comprendere ed accettare
tutto. Bisogna evitare di accettare certi mali come inevitabili. La contestazione giovanile l’ha indicato.
Il dott. Vercellino ha auspicato la
generalizzazione di centri sanitari piccoli e decentrati^ con équipes multiprofessionali a contatto con tutti gli organismi quartierali o zonali, onde affrontare i problemi che sono alla base del
diffondersi inquietante della droga e di
altri malanni sociali, non ultimo l’alcoolismo.
La discussione che è seguita ha messo in luce alcune linee di pensiero che
francamente non ci convincono che a
a metà e si sono sentiti risuonare molti
slogans come « la legge è dettata dai
padroni », « si vuole affrontare un problema ma il sistema (ovviamente padronal-mafioso-capitalistico) non si tocca »; dal canto suo un « membro degli
insegnanti democratici del Buniva »,
come si è definito egli stesso, ha
espresso il parere che in Italia, contrariamente ad altri paesi la popolazione
nel suo insieme è meno incline a cercare la fuga nella droga e ha spiegato
questo, tra l’altro, col fatto che la
contestazione giovanile italiana, a differenza di quella americana, non si
è isolata ma ha cercato un collegamento col movimento operaio. Per questo ha auspicato che non vi sia una
posizione repressiva nei confronti della droga. Insomma, si aveva un pochino l’impressione che per taluni dei presenti i drogati fossero non più soltanto persone nei confronti delle quali si tratta di avere della comprensione
ma quasi da considerare un « potenziale rivoluzionario » nel quadro della
lotta di classe, come ha giustamente
fatto notare Giorgio Tourn. Che i drogati siano, in senso lato, vittime della
nostra società disumanizzante, d’accordo. Ma non bisogna mai perdere di vista che non sono le strutture sociali
che fanno l’individuo ma l’individuo
che fa le strutture.
A Questo punto è intervenuta « una
delle imputate », come si è lei stessa
presentata, ed ha ricordato che si stava parlando molto di recuperare i drogati senza preoccuparsi se avevano intenzione di farsi recuperare. Quanto a
lei, ha affermato chiaramente di non
avere intenzione di esserlo, cioè di non
sentirsi « malata ».
Un altro giovane ha chiesto che si
facesse una distinzione più marcata tra
droghe « leggere » e « pesanti », un terzo si domandava come fosse possibile
che i direttori del dibattito che non
avevano mai « fumato » prendessero
posizione su di una questione che non
conoscevano che dal di fuori, « sarebbe come domandare ad una monaca di
parlare di sesso », ha aggiunto.
Le due ultime obiezioni ci sono parse assai « facili ». Da un lato si era infatti cercato di ricordare per ben tre
ore che non era tanto il tipo di droga
che contava ma le ragioni profonde per
cui vi si ricorre, dall’altro sarebbe come dire che bisogna diventare pazzi
per curare la pazzia o, cosa che si sente spesso ripetere, che bisogna avere
esperienze sessuali prematrimoniali
per essere un buon partner per il proprio coniuge.
L’intervento della giovane « imputata » ha invece, credo, fatto riflettere
tutti. Per tutti ha risposto con tatto ma
con fermezza Giorgio Tourn. Cerco di
rendere qui il suo discorso il più fedelmente possibile. Egli ha detto che, pui
riconoscendo la totale sincerità defi'interlocutrice, la sua decisione di « scegliere la libertà » poneva alcuni gravi
interrogativi. «Perché hai scelto questa
via per collocarti nel quadro esatto di
te stessa? » egli le ha chiesto. « Sei
una ragazza che si ritiene forte e libera, ma non vivi in un mondo deserto.
Vivi in una realtà terribilmente equivoca, in cui sono delle persone più forti di te ma meno libere di te, più intelligenti di te ma più sporche di te.
Comunque tu hai sempre a che fare
anche con delle persone più deboli di
te. Per questo la tua affermazione di
poco fa è suonata terribilmente equivoca di fronte ai tuoi compagni. Tutti
possiamo essere liberi e forti, si tratta
di sapere se le persone con cui viviamo
ricavano forza e libertà e dignità dalla
nostra libertà e dalla nostra forza. Se
scegli una via solitaria nessuno ricaverà forza e libertà dalla tua scelta e i
tuoi compagni possono avere soltanto
capito che è auspicabile che ti seguano nella strada che hai scelto ».
Vorremmo che tutti i giovani che
hanno ascoltato o che leggono queste
parole vi meditassero a lungo, lontani
dai clamori di slogans o altro.
Certo, come ricordava il dott. Passone, per indurre i drogati e gli altri disadattati a lasciarsi « recuperare » bisogna offrir loro meglio di quello pseudo valore che essi hanno trovato nella
droga, riscoprendo forse una più larga
comunicazione tra il mondo degli adulti e quello dei giovani.
E tutto sommato la cosa più rallegrante è stata questo scambio di idee
franco e disinibito. Purché il discorso
continui e non si esaurisca in parole ma
conduca tutti ad una più forte presa
di responsabilità di fronte alla vita che
non siamo chiamati a subire ma a padroneggiare.
Giovanni Conte
Alla redazione di questo numero hanno
collaborato Inda Ade. Marie-France Coisson. Giovanni Conte. Ermanno Genre,
Roberto Peyrot. Sergio Rostagno. Elsa e
Speranza Tron.
3
30 novembre 1973 — N. 46
LA CHIESA E LA SUA MISSIONE NET. MONDO
pag. 3
LE CHIESE NEI PAESI DELL’EST EUROPEO
A Glion, assemblea per valutare l'apporto delle Scuole Domenicali all'opera
educativa delle Chiese in Europa
NRMANIA OniENTAlE: il Sinodo dello Federazione delle ||||j riaroi fclB Pania Cali I kaiÉiai
Chiese evangeliche nella DDR si pronuncia per la lihertà
di fede e di coscienza nelia prassi educativa e cuKurale
(5epd) Il Sinodo della Federazione altri rappresentanti di Chiese dell'Eu- diano quest'anno 21g studenti e 79 stu
(sepd) Il Sinodo della Federazione
delle Chiese evangeliche nella DDR
(Germania Est), riunito a fine ottobre
a Elbingerode, ha lamentato nel suo
rapporto la discriminazione di cui soffrono i cristiani nella sfera dell'istruzione e della formazione del loro paese e ha richiesto la libertà di fede e di
coscienza anche nella prassi educativa
socialista: « Nella sua ultima sessione
a Schwerin il Sinodo della Federazione si è visto costretto a segnalare sviluppi estremamente discutibili nel settore dell’istruzione popolare, richiamandosi al concetto fondamentale di
tolleranza ». II documento continua respingendo l’accusa di avere in tal modo voluto abbattere il sistema educativo della DDR o addirittura discriminare gli insegnanti. La Federazione intende anzi ringraziare gli insegnanti
che, pur avendo convinzioni diverse,
agiscono in modo comprensivo.
D’altra parte, « non sono per nulla
cessate le lagnanze per il fatto che non
pochi insegnanti e direttori scolastici
ostacolano la partecipazione degli alunni all'istruzione religiosa e la collaborazione dei genitori cristiani nei gruppi scuola-famiglia. Questo avviene per
lo più a livello personale, rendendo impossibile l’esame responsabile da parte degli organi statali competenti. Una
prassi che ha molto successo. Ma che
può pure provocare nella popolazione
coscientemente cristiana un irrigidimento che nessuno può desiderare.
Manifestamente per molti concittadini
la costruzione del socialismo si identifica con la lotta contro le convinzioni religiose e la loro base sociale, la
Chiesa. In vari articoli comparsi sulla "Deutsche Lehrerzeitung" (il giornale degli insegnanti tedeschi) e sulla
rivista “Pädagogik” si può notare un
processo di sviluppo della formazione
ideologica che va in una direzione per
noi preoccupante... ».
Il Sinodo segnala poi che il governo
di Pankow ha sanzionato anche per la
DDR la « Convenzione contro la discriminazione nella formazione educativa ». I membri del Sinodo ritengono
loro dovere, quali cittadini della DDR,
di segnalare che l’atteggiamento e la
condotta di tutta una parte dei responsabili della formazione dei giovani è
in contrasto con quest’impegno che il
governo della DDR ha assunto nei confronti dell’UNESCO, e danneggia quindi il buon nome dello Stato.
Nel settore dell’istruzione elementare continuano a presentarsi difficoltà
per genitori e alunni cristiani. Il Sinodo ha l’impressione che non si tratti di casi isolati, ma di una tensione
che si protrae fra la libertà di fede e
di coscienza sancita dalla Costituzione,
da un lato, e dal dichiarato scopo educativo del sistema scolastico socialista,
dall’altro. Ribadendo il fatto che la
DDR ha sottoscritto la citata « Convenzione deirUNESCO contro la discriminazione nella formazione educativa », il
Sinodo conclude il suo rapporto aperto e coraggioso esprimendo la speranza di ulteriori colloqui a tutti i livelli.
Accusa
di antisovietismo
(sepd) Il mensile evangelico « Standpunkt » pubblicato a Berlino-Est e vicino alla CDU (Unione democristiana)
della Germania orientale bolla nel suo
ultimo numero il vescovo Kurt Scharf
e il membro dell’EKD (Chiesa evangelica in Germania) Richard von Weizsäcker quali « campioni della guerra
fredda ». Essi si sarebbero di nuovo
lasciati aggiogare al carro dell’anticomunismo. Motivo di quest’accusa è il
telegramma inviato lo scorso agosto a
Leonid Brejnev, nel quale accanto ad
UNIONE SOVIETICA:
otto anni
per aver diffuso la Bibbia
(sepd) Nella Repubblica socialista
sovietica del Kazachstan l’ingegnere
Nikolai Keilmann, di origine tedesca,
è stato condannato a otto anni di esilio per aver diffuso Bibbie e altre pubblicazioni religiose. Era pure accusato
di avere registrato su nastro trasmissioni religiose di emittenti straniere e
di averle fatte udire a credenti appartenenti alla sua comunità d’origine.
(N.d.r.: si tratta, con ogni probabilità,
di gruppi di origine tedesca trapiantati forzatamente, alla fine dell’ultimo
conflitto, in regioni dell'URSS da colonizzare).
BULGARIA: Dissente?
In manicomio!
Sofia (Relazioni Religiose) - Il vescovo cattolico, monsignor Simeon Kokov, Amministratore Apostolico del Vicariato di Sofia e Plovdiv, è stato arrestato e chiuso in manicomio.
Egli è stato sottoposto al brutale provvedimento perché ha criticato la politica del governo,
che viola i diritti etnici delle minoranze turca e macedone in Bulgaria.
altri rappresentanti di Chiese dell’Europa occidentale anche il vescovo
Scharf e R. von Weizsäcker erano intervenuti a favore della libertà di pensiero di intellettuali russi, in particolare Soljenitsin. Non si è trattato _
accusa l’articolo in questione — di un
intervento a favore della libertà e dei
diritti dell’uomo, bensì a favore della
« libertà per persone che sono nemiche della pace e avversarie della distensione ». Ma la maggior parte dei
cristiani non sarebbero — dice l’articolista — preda cieca di questa propaganda grossolana.
Corsi teologici
per corrispondenza
nella DDR
(sepd) Nella Germania orientale
(DDR) i corsi per corrispondenza vanno acquistando importanza e diffusione crescenti, accanto alle forme classiche di formazione biblica e teologica. Da vari anni, ad esempio, nella
Sassonia membri di chiesa impegnati
m una professione ma interessati a un
servizio nella Chiesa, ricevono una formazione teologica attraverso corsi per
corrispondenze pluriennali, al termine
dei quali viene loro riconosciuto il
«diritto alla libera predicazione della
Parola ».
Coloro che conducono a termine questa preparazione, di regola non entrano al servizio a pieno tempo nella Chiesa, ma accanto alla loro professione
assumono a tempo parziale, spesso
gratuitamente determinati compiti di
predicazione o pastorali.
Di recente il seminario di Gnadau
ha svolto un corso fondamentale di
greco per predicatori. I collaboratori
ecclesiastici che hanno ricevuto questa formazione e che assumono a pieno tempo compiti pastorali, hanno il
titolo di « predicatori ».
Cresce in Sassonia
il numero degli studenti
in teologia
(sepd) Dal rapporto del Sinodo regionale della Chiesa evangelica luterana della Sassonia risulta che nelle sei
Università e nei tre centri di formazione teologica della DDR, che garantiscono integrali corsi teologici, stu
diano quest'anno 213 studenti e 79 studentesse (l’anno scorso 208 e 74) provenienti dalla Chiesa sassone. Le nuove matricole sono 63, contro 49 dello
scorso anno.
Per circa un terzo di questi studenti l’incontro con pastori ha costituito
una spinta decisiva all’avvio allo studio teologico; per un altro terzo il motivo sono state esperienze di fede personali, « incontri con Gesù ». Stranarnente il 37% proviene dalle grandi
città, in genere fortemente dis-ecclesticizzate. La metà circa di tutti gli studenti in teologia si sono decisi dopo
la maturità o dopo aver conseguito un
titolo di formazione professionale.
Verso
la Chiesa del futuro
(sepd) Secondo il rapporto su di una
visita di chiese nel distretto di Weisswasser, pubblicato dal servizio d’informazioni evangelico della Germania
orientale, vi sono forti differenze nella struttura ecclesiastica: dalla chiesa
che conserva tuttora quasi intatto il
suo carattere di chiesa di popolo ai
piccoli gruppi attivi di giovani coppie
in comunità quasi disintegrate nelle
zone industriali e nelle nuove città.
Malgrado queste diversità, è visibile il
processo che porterà la chiesa cristiana di domani a essere una piccola comunità m un ambiente non cristiano
Come SI preparano, le chiese, a questo
futuro? II processo di trasformazione
interiore dalla chiesa di massa alla
chiesa di minoranza è solo agli inizi
Il pensiero è ancora fortemente marcato dalla mentalità della chiesa di ponolo, e la disponibilità al servizio si
hmita ancora prevalentemente alle
funzioni interne della chiesa piuttosto
che rivolersi ai compiti missionari.
Assai diffuso, ancora, il desiderio di
essere « curati » da pastori, mentre si
entra con esitazioni in nuove forme
di lavoro come seminari comunitari.
Positive le impressioni suscitate dal
lavoro giovanile. Nel settore della musica di chiesa si nota molta apertura
a vie nuove, e si trovano con relativa
facilita collaboratori per questo servizio, accanto al proprio lavoro. Progressi visibili si possono notare nella coscienza diaconale delle chiese. La prontezza all’offerta, ad es. per la raccolta
« Rane per il mondo », è rallegrante
Limitati, invece, i contatti ecumenici a
livello di chiese locali.
IL NOSTRO FONDO DI SOLIDARITA’
Per i profughi cileni e contro il razzismo
Come abbiamo già annunciato in occasione della nostra ultima comunicazione, abbiamo inviato alla Tavola valdese la somma di mezzo milione di lire
a favore dell’opera di ricostruzione del
Consiglio ecumenico delle Chiese in
Vietnam, mentre ' attualmente l’iniziativa del « Fondo » prosegue in due direzioni e vale a dire il Programma antirazzista e gli aiuti ai rifugiati in Cile,
sempre ad opera del CEC.
Qui appresso diamo un nuovo elenco
di sottoscrizioni e dobbiamo constatare come l’iniziativa per il Cile abbia
avuto subito un notevole consenso presso i lettori; infatti i primi invii per
questo scopo hanno già raggiunto circa
150 mila lire.
Frattanto, Fultimo numero del soepi
fornisce ulteriori notizie sulla situazione cilena, con particolare riferimento
IN BREVE
# La chiesa riformata francese di BerlinoEst ha riaperto il suo Museo Ugonotto,
sull Akademieplatz. Esso era ■ rimasto chiuso
per tre anni, per lavori di restauro. II piccolo
museo raccoglie memorie degli Ugonotti cacciati dalla Francia e immigrati a Berlino e
nel Brandeburgo nel XVII secolo, e informa
sulla storia della Riforma e sulle lotte degli
Ugonotti in Francia, come pure sull’apporto
che essi hanno dato allo sviluppo della loro
nuova patria.
9 II 14 novembre il Gran Consiglio del
Cantone Vallese ha approvato una modifica della Costituzione relativa ai rapporti
Stato-Chiesa. Secondo tale modifica, la Chiesa
cattolica romana e quella evangelica riformata sono entrambe riconosciute enti autonomi
di diritto pubblico. La Chiesa cattolica romana ottiene cosi una maggiore indipendenza
dallo Stato e quella evangelica riformata le è
equiparata : un voto di lunga data dei protestanti è cosi adempiuto. La modifica costituzionale è stata approvata senza voti contrari,
con alcune astensioni; essa deve essere ora
sottoposta a referendum popolare nel Cantone.
9 A Saigon, su iniziativa di un prete del
Pradq, funziona una « casa dell’unità » :
un edificio serve da giardino d’infanzia, frequentato da 40 bambini, guidati da due vietnamite protestanti; i novizi bonzi si occupano
deH’ambulatorio e i cattolici offrono il lavoro
di un’assistente sociale.
ai rifugiati. Nel mese di ottobre, sulle
duemila persone che hanno chiesto di
abbandonare il Cile, 1.488 rifugiati sudamericani hanno già passato la frontiera sotto gli auspici del Comitato nazionale per i rifugiati creato a Santiago clalle^ Chiese, ed hanno raggiunto altn paesi dell Arnerica latina o europei.
. raccolta organizza
ti dalle Chiese del Cile funzionano in
modo sodisfacente e le pratiche relative a oltre 15 mila profughi sono a buon
punto. Dei comitati di ricezione sono
stati organizzati dalle Chiese d'Argentina del Perù, del Messico, della Colombia’ di Honduras, di E1 Salvador e
di Panama. Già oltre 50 mila dollari
m risposta all appello di 500 mila dollari lanciato dal CEC, sono già stati ri
Parallelamente al comitato per i profughi, le Chiese del Cile hanno creato
un comitato di difesa dei diritti dell’uomo. il « Comitato per la cooperazione
a favore della pace in Cile » incaricato
di assicurare la difesa giudiziaria dei
cileni e degli stranieri e di venire in
aiuto alle famiglie di coloro che sono
stati UCCISI o arrestati, o che hanno
perduto il loro lavoro a seguito del
colpo di stato.
Ricordiamo ai lettori che le sottoscrizioni v3,nno inviate h1 conto cott
postale n. 2/39878 intestato a Roberto
Peyrot, corso Moncalieri 70, Torino
posibilmente indicando la causale del
versamento (razzismo o Cile).
R. Grillo L. 4.000 (due vers.); P. Corbo
6.000 (id.); N. N. con simpatia 10.000 (id.)Inno 135, 2.000; S. C. 20.000 (due vers.); E.
Martini 5.000; L. Frache 5.000; Nadia e Gigi
10.000; L. Giampiccoli 10.000; G. Laelsch
5.000; M. e E. Bein 15.000; G. Grillo 2.000;
E. Griset 40.000; A. Jouve 10.000; M. e G.
Barus 5.000; E. Viglielmo 5.000: E. e L.
Sommani 50.000; D. Rochat 50.000.
Totale L. 254.000; prec. 817.445. In cassa
. 571.445 (dedotte L. 500 mila versate per
i! Vietnam).
Se abbiamo uno spirito ecumenico,
siamo apierti e disponibili verso tutte
le creature, bambini compresi. Se comprendiamo che l'esplosione delle « comunicazioni di massa » maschera malamente la solitudine generalizzata del
nostro tempo, la nostra disponibilità
verso il bambino consisterà non nel
« dargli » qualche cosa che noi abbiamo e lui non ha, ma nel « cercare insierne con lui » il messaggio di Dio per
oggi. Se sappiamo che Dio ha un messaggio per noi oggi, ci accostiamo alla
Bibbia insieme coi bambini per coglierla nella sua interezza, senza aver
la pretesa di « purificarla » di tutto ciò
che ci sembra troppo realistico e crudo, anche se 1’« educazione » che la
maggior parte di noi ha ricevuto è una
educazione a fuggire la realtà.
Mi sono sembrati questi i punti essenziali del messaggio rivoltoci dal Segretario Generale del C.E.C., Philip
Potter, all’apertura dell’« Assemblea
per una valutazione dell’apporto delle
Scuole Domenicali all’opera educativa
delle chiese in Europa », convocata a
Ghon (Svizzera) per l’ultima settimana di settembre ’73 dal Consiglio Ecumenico e dalla Federazione Mondiale
Luterana.
Per la cronaca: s’era una settantina,
da circa 20 paesi (non solo europei) e
da un numero di confessioni e denominazioni poco minore. Tutti e ciascuno
ottimamente sistemati ed assistiti grazie ad un’organizzazione, nei limiti del1 umano, perfetta.
È difficile, e credo sarebbe anche
mutile, render conto delle singole giornate di lavoro, delle conferenze, dei dibattiti. S è trattato di un’assemblea
consultiva, non decisionale. Non abbiamo parlato di strutture, ma di lavoro. Perciò l’interesse è stato sempre desto, anche se va tenuto presente
che 1 grandiosi orizzonti schiusi da
assemblee consimili vengono poi spesso drasticamente ridotti quando si è
nuovamente nell’ambito della propria
realta locale.
Perché le Scuole Domenicali?
Fra i temi affrontati, ricorderei innanzi tutto la domanda che ci siamo
posti sul perché esistano le Scuole Domenicali, per quali ragioni siano state
costituite. Chi ha parlato del senso di
responsabilità della chiesa verso i bambini battezzati nel suo seno, chi del
desiderio di assistere i bambini abbandonati e non sufficientemente curati nelle famiglie. Quel che interessa
non e tanto, però, l’analisi deH’origine
delle scuole domenicali, quanto il rendersi conto della loro esistenza e della impossibilità di farne a meno sotto pretesto di non indottrinare o non
« condizionare » i bambini, di rispettare la loro libertà; « l’assenza di catee anch’essa una specie di catechesi. Non dir nulla del Cristo, non
vivere nulla dell’Evangelo, non è conservar vergini un cervello ed un cuore
in vista del momento in cui il bambicapace di capire. È niuttosto
aprire una porta, e grande, ai "co-educatori clandestini” che sono la televisione II cinema, la stampa infantile,
le false nozioni... che portano ad una
falsa immagine dell’Evangelo, del Cri
A bfnalkrt’ "morale"» (past.
9 / pastori delle Chiese Riformate di
lingua ungherese di varie parti del
mondo si sono riuniti per una giornata
a metà agosto in Ungheria: uno dei temi in discussione era il ministero pastorale tra gli ungheresi emigrati in
Europa occidentale e in America.
Gli scopi e 1 metodi
Il problema non è dunque tanto
quello delle origini, ma quello degli
scopi cùe la Scuola Domenicale si prefigge. E evidente che essa non può avere altra ragione che quella di « render
possibile al bambino, in una maniera
che gh sia comprensibile, l’incontro
con Dio » (dr. K. Stolzmann). Anche
per II bambino «la fede viene dal1 udire » (Rom. 10; 17); e anche per il
bambino la fede non è un « bel » sentimento umano, naturale, spontaneo
ma una maturazione in Cristo e l’acquisizione della coscienza di sé come
creatura chiamata da Dio, a servirlo
in mezzo agli uomini.
In questo quadro, gli scopi della
scuola domenicale si possono forse
riassumere come segue:
guidare il bambino ad un primo
confronto con se stesso;
— aiutarlo a rendersi conto che il rapporto con altri esseri umani è una
categoria fondamentale dell’esistenza;
— aiutarlo a capire la vita come vita
sociale;
— svegliare in lui la capacità di criti
ca nei confronti di certi fatti sociali
e II desiderio di metterli in questione. ^
Come ottenere tutto ciò? In altri termini, qual’è la maniera di lavorare nella scuola domenicale? Innanzi tutto riporterei 1 osservazione che è anche
una raccomandazione, risuonata spes
abbiamo
nulla da insegnare al bambino, abbiamo piuttosto tutto da imparare con
lui. Pastori, monitori e catechisti devono prendere in seria considerazione
avvertimenti come quelli di Matt. 23:
8 (Non VI fate chiamar «maestro»,
perche uno solo è il vostro maestro, e
yoi tutti fratelli) e di Me. 10: 43,
45 (Chiunque vorrà esser grande fra
voi, sarà vostro servitore... perché il
Figliuol dell uomo non e venuto per
esser servito ma per servire).
Insegnare e imparare:
eresie protestanti?
« La Chiesa ha dato eccessivo risalto
all’apprendimento intellettuale della
fede cristiana... Insegnare e imparare
possono esser considerate eresie protestanti. La sottolineatura eccessiva
dellaspetto didascalico della testimonianza può in qualche modo spiegare
perché le chiese in occidente non possono essere considerate una casa spirituale da quei molti che cercano di
esprimere la loro visione della vita in
maniere diverse da quella conoscitiva...
Pare che l’aspetto affettivo [emozionale] della fede non abbia ricevuto quell’attenzione necessaria per svilupparsi
e costituire una base soddisfacente per
sostenere gli aspetti conoscitivi » (Discussione, gruppo E).
«Educare — era stato detto a Lima
nel 1971 — non è tanto insegnare quanto impegnarsi con gli altri nella realtà; é imparare a vivere, incoraggiare
la creatività. È credere in Dio e nella
sua potenza, liberare l’umanità dai legami che impediscono all’immagine di
Dio di riflulgere ».
Servire il bambino, significa anche
venire incontro alle sue esigenze e necessità. Spesso il bimbo è un emarginato nella sua famiglia, più preoccupata del pane, del companatico e delle
vacanze che dell’armonia affettiva e
del valore umano di tutti i suoi membri. Non emarginiamolo anche dalla
chiesa, o considerando « secondarie »
le attività che lo riguardano, o forzandolo ad inserirsi negli schemi di vita
che sono di una chiesa ma che non
sono necessariamente anche i suoi, o
facendolo oggetto di oppressive premure affinché, quando verrà a far parte della « chiesa di domani », non abbia
altri modelli che quelli della « chiesa
di oggi ».
La comunità è chiamata ad essere
luogo d’incontro per tutti, grandi e
piccoli, luogo in cui tutti si sentano a
posto e sappiano di avere un posto. È
chiamata a parlare ai piccoli non soltanto per produrre in loro delle impressioni, ma per aiutarli ad es-primersi.
È appena il caso di ricordare la necessità di usare linguaggi diversi per
bambini di età e di maturità diverse
senza pretendere che tutti capiscano
tutto fin dall’inizio. Per es., bambini
di 4-6 anni non troveranno nulla di
strano nell’atteggiamento del padre
nella parabola del figliuol prodigo (l’esser perdonati fa parte della loro quotidiana esperienza), e basterà dir loro
che anche il Signore ci tratta così; ma
cogliere in questa parabola il messaggio della morte e della risurrezione in
Cristo per l’uomo peccatore sarà possibile, ovviamente, solo diversi anni
più tardi (dr. K. Stolzmann).
La scelta dei temi
Gran parlare si fa anche sugli argomenti che è opportuno trattare nella
scuola domenicale. Ugni scelta è un
po’ un’imposizione, ma è in un certo^
qual modo inevitabile.
Bisognerebbe liberarsi dal problema
della falsa alternativa: studi biblici/
argomenti di attualità. Non si tratta
qui di un aut aut, ma di un et et,
nella tensione continua e costante di
cogliere il messaggio biblico per noi
oggi. Ma quanto questa scelta debba
essere oculata, sofferta e sempre soggetta a revisioni, ci può essere suggerito da alcune brevissime considerazioni quali le seguenti:
— come facciamo a parlare della promessa divina di una progenie numerosa come le stelle del cielo nel
mondo di oggi indiscutibilmente sovraffollato?
del concetto di fertilità come segno
di benedizione divina in un’epoca
in cui s’impone il controllo delle nascite?
— della guerra « santa » guidata dal
« Signore degli eserciti » e a volte
spinta fino al genocidio in un’epoca in cui prendono consistenza i
movimenti pacifisti e si sviluppa il
senso (solo il senso, purtroppo!)
della dimensione universale dell’uomo?
E se ne potrebbero elencare molte
altre (dr. J. L. Klink).
J. P. Bagot, prete, l’unico cattolico
presente all’Assemblea, ci ha detto, in
un indirizzo di saluto, di guardarci dalle assolutizzazioni. Il cattolicesimo ha
assolutizzato la comunità, trionfalisticarnente intesa come istituzione. Ne è
derivata la convinzione di «possedere»
la verità e di poterla « insegnare » agli
altri, per inserirli e tenerli nell’istituzione. ,
Il protestantesimo assolutizza forse
la Bibbia, la pone al di sopra dell’uomo e della sua storia.
L’assoluto « chiesa » in un caso, l’assoluto « Bibbia » nell’altro, possono
venir utilizzati come paraventi protettivi contro il Signore vivente che viene a incontrarci e a interpellarci in
modo che non conosciamo.
La nostra fede e la nostra vita vanno centrate, orientate verso il Signore
che viene. Così la chiesa si sradica da
Canaan e dalle sue sicurezze; ritorna
nel deserto, coi bambini che non hanno sicurezze, che non hanno assoluti
per incontrare lì, nella vita, il Signore
della vita.
Salvatore Ricciardi
4
pag. 4
N. 46 — 30 novembre 1973
pagina a cura della Federazione Femminile Valdese
LA LIBERAZIONE DELLA DONN
che cosa vuol dire per il cristiano? - che cosa implica nella società
In questa pagina vorremmo porre degli interrogativi. Nella nostra società
occidentale la situazione della donna
resta ambigua, malgrado dei cambiamenti recenti. Generalmente non partecipa alle decisioni; sia che non abbia un altro lavoro fuori della sua casa
— e così rimane senza contatto con
la società — sia che abbia un lavoro
proprio — e allora è sopraffatta da un
doppio lavoro, che non le lascia né
tempo né forza per partecipare ad altro. Liberare la donna presuppone dei
cambiamenti di abitudini e di strutture
sociali e familiari in tutti i settori.
Per i cristiani non è la differenza
tra uomo e donna che importa, ma è
la loro missione comune, la loro testi
ALCUNI ASPETTI
PSICOLOGICI
Per analizzare la situazione della donna si è spesso partito da
un malessere generale nella donna che può andare fino aU’esaurimento nervoso; ad esempio, l'insoddisfazione della « casalinga »,
obbligata a fare dei lavori subito
distrutti (il mangiare, le pulizie);
una dice « ho pianto delle lacrime di sollievo quando ho capito
che il mio disorientamento interno era quello di molte donne ».
(Betty Friedan - La donna mistificata). Molte casalinghe si sentono come prigioniere nella propria casa; spesso passano più
tempo del dovuto, senza accorgersene, per fare i loro lavori.
Quelle che hanno un lavoro
fuori si trovano di continuo a dover risolvere dei « conflitti di ruoli » irrisolvibili:
— personalmente, devono spesso far delle scelte impossibili,
avranno sempre torto qualsiasi
scelta facciano: ed es. quando un
bambino è ammalato ed ha bisogno della sua presenza a casa,
cosa deve fare: assentarsi dal lavoro o lasciare il bambino? Ménie Grégoire (in «Le métier de
femme » Plon 1965) dice: « Ci è
dato una scelta tra un posto di
ruderi o un posto di uomo. Non
vogliamo né l’uno né l’altro, e se
rimaniamo a questo dilemma,
non saremo noi soltanto a soffrire, sarà il mondo intero, che non
conterà più delle vere donne,
mentre ne ha bisogno ».
— altri conflitti sorgono con le
persone che le circondano (marito, familiari, colleghi...) che possono avere idee diverse dei ruoli
degli uni e degli altri: critiche,
incomprensioni...
Alcune rifiutano di vivere simili tensioni, e rinunciano a uno dei
loro ruoli; o il ruolo professionale, soprattutto quando i figli
sono piccoli, (ma a discapito della qualificazione professionale,
deH’inserimento sociale e della
realizzazione personale); o, più
raramente, rinunciano al ruolo
familiare, ma con un forte sentimento di colpevolezza, (a discapito delFequilibrio coniugale e
familiare). Bisognerebbe mettere
in atto delle soluzioni per evitare
che non siano frustrati né la donna, né l’uomo, né i bambini, né la
società.
Prima di tutto bisognerebbe non sminuirsi, ma accettare
sé stessa, e guardare la realtà,
mentre spesso si è talmente condizionate che non si osa guardare
le questioni fondamentali.
Davanti a questi problemi l’uomo si trova anche lui disorientato; troppo caricato sotto il peso
delle responsabilità, mentre anche lui avrebbe tutto da guadagnare dalla liberazione della
donna.
formazione professionale, e poche esercitano il mestiere imparato; ci vorrebbero aggiornamenti professionali in tutti gli ambienti, rurali, urbani... Sapendo
che il potere è legato al sapere,
nelle condizioni attuali è necessaria per la donna una formazione permanente. Ad es. una
donna sposata con figli, dovrebbe
avere la possibilità di studiare
(ma delle « garderie » di bambini
si trovano nei supermercati, ma
non nelle università); oppure dovrebbe potere o rallentare i suoi
Studi durante gli anni in cui è
molto impegnata con i figli piccoli, o poterli riprendere, quando
i figli sono cresciuti, anche dopo
i quarant’anni... C’è un movimento danese, « la scuola per tutti »,
che organizza dei corsi intensivi
durante le vacanze, con sussidi
finanziari, o nelle città per alcuni
giorni alla settimana. In questo
quadro bisognerebbe moltiplicare i corsi serali anche per una
formazione generale, moltiplicare le biblioteche itineranti nelle
campagne, ridurre il prezzo dei
libri, ecc. In questo senso alcuni
movimenti femminili sono movimenti di educazione permanente,
come « Jeunes Femmes » in Francia.
DONNA E FAMIGLIA
FORMAZIONE
« A parte le particolarità biologiche... non c’è differenza fondamentale tra uomini e donne se
— Basta rileggere il primo articolo del codice civile che vien
letto a chi si sposa, per vedere
che tutto è falsato in partenza:
« il marito è capo della famiglia,
la moglie segue la condizione civile di lui, ne assume il cognome
ed è obbligata ad accompagnarlo
dovunque egli creda opportuno
fissare la sua residenza » (art.
144). Questa è la legge senza
l’amore, di sapore medioevale, e
per fortuna molte coppie vivono
in una cooperazione che è ben
lontana da quell’impostazione.
— Qggi la situazione della donna è cambiata: la vita essendosi
allungata, la donna si ritrova, alla partenza dei figli, con più tempo a sua disposizione; un ruolo
familiare non riempie più la vita
di una donna, anche grazie ai
progressi tecnici che facilitano
certi lavori domestici. Così la
donna lavora fuori, ma questo
lavoro si è aggiunto mentre quello familiare non ha perso la sua
importanza.
— Nei nostri paesi, insistendo
sull’importanza della procreazione, si è diminuito il valore della
persona umana della donna. Ad
una donna che parlava del fondamento animale della vita, un’altra ha risposto: « Non ci tiene
dunque ad essere qualcosa di più
di un animale? » (Friedan). Quest'insistenza sulla procreazione
faceva sentire ancora più profondo il malessere delle donne e
delle coppie che non. hanno figli,
mentre ci sono tanti altri scopi
per la coppia nella vita, il primo
di tutti essendo quello di « dominare» sulla natura (Gen. 1: 28).
— Per il « planning » famiglia
a donna italiana ha ottenuto in questi ultimi anni
' quello che avrebbe dovuto avere da tanto tempo:
nel 1946:
nel 1960:
1962:
ne
il diritto di voto;
la parità salariale con gli uomini ;
il diritto di non essere licenziata dal proprio lavoro per causa di matrimonio;
nel 1963: è ammessa a tutte le carriere statali;
nel 1963: è stata istituita la pensione per le casalinghe.
diritto di voto, tutto il resto è veramente
Ma, a parte i
rispettato?
non culturali e fabbricate » (Aline Crespy, psicoioga, in La Vie
Protestante, 27 ottobre 1972). Difatti, chi stabilisce i ruoli? il modo di pensare in uso là dove si
vive. La sociologa Margaret Mead
dice che in certe popolazioni dell’Oceania la donna non appare
passiva, come per noi, occidentali, ma « con la testa rasa, dominatrice e attiva », va a pescare,
mentre l’uomo con collane e fiori rimane al paese per allenarsi
alla danza ».
Alla donna, come all’uomo, è
necessaria una formazione adeguata, per utilizzare i propri doni, e per giungere a un lavoro
personale e creativo. Però la maggioranza delle donne manca di
monianza al Regno di Dio in un mondo che non lo conosce. « Vi è diversità di doni, ma vi è un medesimo Spi-’
rito » (I Cor. 12:4). Sapremo noi, per
oggi e per domani, riinventare questa
liberazione, utilizzando i « talenti »
inutilizzati? Sarebbe prefigurazione del
Regno, dove ogni cosa è fatta nuova,
nella liberazione portata da Cristo.
del bisogno di scatenare guerre ».
...« Per risolvere il problema nel
modo giusto bisognerebbe proporsi come meta il ritorno a
forme di vita comunitarie nelle
quali i bambini potrebbero trovare una protezione familiare e una
protezione di gruppo che sono la
migliore garanzia contro l’insicurezza. Il Kibbuz sarebbe quindi
da considerarsi un esperimento
interessante se non ci fosse il
pregiudizio di allontanare il bambino dalla famiglia troppo presto
(dopo i 3 anni egli accetterebbe
con naturalezza di staccarsi parzialmente dalla famiglia) ». (Bruno Biasutti: Guida all’educazione
non reperssiva. Guaraldi 1972).
Inoltre, una vita comunitaria
(dove le persone anziane ritroverebbero anche il loro posto) rappresenta una economia di tempo,
di fatica, di denaro.
« La vita in comunità aiuta le
giovani coppie a uscire da un faccia a faccia troppo limitativo...
inoltre è più facile là il posto del
celibe, che non deve incontrare
gente sposata soltanto nel mondo
del lavoro ». (André Dumas, professore di teologia, in ”La Vie
Protestante” 24 nov. 1972).
DONNA
E COMUNITÀ' CRISTIANA
Questi tipi di vita comunitaria
non potrebbero forse essere anche dei modelli per le nostre comunità cristiane, che sono delle
assemblee cultuali, non delle comunità di vita? Nella Bibbia, se
neH’antica alleanza Dio si è scelto
un popolo, se Gesù ha camminato
con un gruppo di 12 persone, se i
primi cristiani vivevano in comunità di bene... non sarebbe questa
una indicazione per la chiesa
oggi.-“
re non ci sono abbastanza consultori sanitari e sociali: di genetica per la lotta contro la sterilità, e per consigliare le coppie
per le nascite (di modo che ogni
coppia possa scegliere, ad es. di
concentrare le nascite in un certo
numero di anni, oppure lasciando più spazio tra l’una e l’altra
secondo le situazioni.
— Vita comunitaria? « La famiglia ’’nucleare” del mondo attuale è contro natura perché l’isolamento sociale e l’esiguità del numero dei suoi componenti la portano inevitabilmente a sviluppare cariche aggressive (come compenso all’insicurezza) (in questo
senso la vita comunitaria sarebbe ’’efficace” per l’eliminazione
DONNE E LAVORO
un certo ramo, meno il salario è
alto, anche per gli uomini. Inoltre basta interrogare intorno a
noi donne di varie categorie, in
diverse regioni ( non si può entrare qui nei particolari) per rendersi conto che la maggioranza
è in una condizione di sfruttamento; le più diseredate sono da
una parte le contadine, che lavorano 365 giorni all’anno, e dall’altra le operaie... per non parlare
delle numerose donne che prendono del lavoro a domicilio, il
che significa che non hanno nessuna previdenza.
Quando e come lavorare? Abbiamo visto che un periodo difficile è durante la prima infanzia
dei bambini; una dice « rimpiango... non li ho visti crescere ». Allora per un certo numero di anni,
lasciare il lavoro? Ma a che prezzo? Q lavorare a mezzo tempo, o
meno ancora, p>er non rimanere
distaccata?
A meno che la società cerchi di
diminuire il tempo di lavoro per
tutti... Vogliamo una vita umana,
o una vita di schiavi della produzione?
Naturalmente è necessario che
si creino dei servizi collettivi:
asili, scuola a tempo pieno, ristorante a prezzi familiari, aiuti materni a domicilio durante le malattie ecc...
In un libro recente (La Moitié
du ciel - 1973) Claude Broyelle —
che è andata a vivere 6 settimane in Cina con altre 12 francesi di
vari ambienti — dice che « la
piena partecipazione delle donne
al lavoro sociale di produzione
costituisce il primo compito della
loro emancipazione ». Come conseguenza il lavoro domestico, la
educazione dei bambini ecc. ven
gono socializzati: « Fare il p
prio letto, spazzolare i propri ]
stiti, cucire un punto a un vei
to, mettere in ordine la prop
roba, è in Cina, come lavare
denti: ognuno lo fa per se stj
so, il più naturalmente del
do ». I bambini vengono « dis
fantilizzati », già resi responsi
li secondo le loro forze, di ^
piccola parte del lavoro soci|
giardino e pulizie della scuola,)
vare i piatti della refezione, ^
lire il proprio quartiere, partj^
pare a lavori facili nella pro|
zione locale...
LA DONNA NELLA VITA
PUBBLICA E POLITICA
« Bisogna che le donne escs|j
dal loro silenzio per risolvere)
Marie-France Coìssìm
(continua a pag Jj
la ricerca biblica e teologica nel protestantesimo
la vera libertà, la donna la troverà
solo sforzandosi di ubbidire alla
propria vocazione di donna, nella teih
l'uomo e la donna sono, nel loro ordine irreversibile, la creatura di Dio e, come tale Vm
magine stessa di Dio, la parabola delValleanza di grazia Karl Bar®
Nelle nostre comunità generalmente molte donne sono rappresentate. Perché? Perché sono nate delle unioni femminili e non
dei gruppi maschili? Una ragione può essere perché era necessario per le donne ritrovarsi con
altre, in una società che le relegava in casa. Qggi ci si è già chiesto se i gruppi femminili sono ancora validi. Dipenderà dagli ambienti; una delle loro ragioni di
esistere è appunto di lottare perché un giorno non debbano più
esistere, quando, emancipate, le
donne collaboreranno tutte alla
vita comune di pari passo con
gli uomini.
Nel frattempo le donne oppresse possono essere una spinta per
un rinnovamento comunitario:
« Sono convinta che le domande
che le donne, i poveri, gli oppressi del Terzo Mondo e gli emarginati di ogni genere pongono oggi
ai teologi sono fondamentalmente le stesse, come pure il loro rifiuto di accettare le risposte tradizionali della teologia. Sono anche persuasa che i teologi dovrebbero mettersi seriamente a lavorare insieme per trovare questa
nuova lettura della Bibbia ed il
rinnovamento spirituale al quale
aspiriamo tutti, sia quelli che si
considerano ricchi, sia quelli che
sanno di essere poveri ». (Madeleine Barot, in una lettera circolare, terminando il suo lavoro nel
consiglio ecumenico delle chiese.
« La vera chiesa è il luogo dove
il massimo di occasioni (per realizzarsi) viene offerto al massimo
di persone » (Jean-Marc Chappuis, in ”La Vie Prot.” 27 ottobre
1972).
« Quello che colpisce quando
si leggono i dialoghi del Cfisto
con coloro che incontra, è che
aiuta ognuno a diventare più se
stesso, spesso anche fcicendolo
uscire dal suo quadro sociale ».
(Bianche Marie Gonin, presidente del campo di Vaumarcus, in
”La Vie Prot.” 17 nov. 1972).
Allora per dare occasione alla
donna di essere completamente
se stessa, e nello stesso tempo
alle nostre comunità di essere vere comunità, bisognerebbe « tro^
vare nelTinventività di Gesù di
che inventare qualche cosa per il
nostro tempo. Se invece, come si
fa spesso, si trasforma la parola
di Gesù in una nuova legge, è finito, non c’è più niente da dire »
(éeofges Crespy, té&logo, in ”La
Vie Prot.” cit.).
La storia del problema femminile comincia a essere antica:
ormai ha più di un secolo. Le
prime avvisaglie del movimento
femminista risalgono alla metà
dell’ottocento e coincidono col
movimento operaio e con tutti
quei grandi e piccoli movimenti
di liberazione che hanno cominciato allora a fermentare nella
società e che poi nel nostro secolo sono esplosi, a volte in
maniera drammatica.
Non sarebbe giusto, a mio avviso, dire che il protestantesimo
non sia stato attento alle voci
che questi movimenti hanno fatto sentire e che non abbia cercato di scoprire quale fosse a loro riguardo il messaggio della
Scrittura. Anzi, per quanto concerne il movimento femminile,
accanto a una letteratura laica
molto abbondante che ha dibattuto sotto ogni punto di vista il
problema della donna nella società, è fiorita anche una intensa
letteratura teologica di esegesi e
di ricerca biblica. Specie negli
anni che hanno seguito la seconda guerra mondiale molti hanno
studiato quale posto occupi la
donna nella Bibbia (da Èva fino
alle donne degli Evangeli e della chiesa primitiva).
Un libro i che ha avuto una
grande risonanza, a cavallo tra
gli anni 40 e 50, è quello della
segretaria del prof. Karl Barth,
Carlotta von Kirschbaum, che vi
raccolto alcuni suoi studi biblici,
ispirati alla dogmatica del celebre professore di Basilea.
L’autrice dice di essersi preoccupata di evitare nella sua esposizione, sia l’atteggiamento progressista, sia quello conservatore
e reazionario, perché né l’uno né
l’altro corrispondono al concetto che gli Evangeli hanno della
donna. La sua seria ricerca biblica l’ha convinta che ii Nuovo
Testamento — e sopratuttc Paolo — ben lungi dalTumiliare ia
donna, la esortano ad assumere
' C. V. Kirschbaum, Découverte de la femme, Genève 1951.
pienamente le sue responsablH ,
nella società, in cui si trovai
sieme aH’uomo, e in cui ognuffl
dei due ha il suo posto ben è
terminato.
Uomo e donna hanno una«
sponsabilità personale non scffli
biabile, che va di continuo rifa
vata e mantenuta in equilil»|t
Certo oggi, più che un tempo,I
donna deve responsabili:
per arrivare, come l’uomo, a ui
vera indipendenza economica
sociale. Ma — aggiunge l’Autì
ce — la vera libertà la donna)
troverà solo nello sforzo costai
te di ubbidire alla propria vo»
zione di donna, nella fede. Sa]»
re cioè, e lasciarselo dire dall
Parola di Dio, che cosa Dio VM
le da lei come donna. La BibS
non si preoccupa infatti di ìbI<
farci a diventare liberi con i
stri mezzi, con i nostri prò:
mi, si preoccupa piuttosto
annunciarci che possiamo vi’
come creature libere, perché
mo « liberate ».
Berta Subili»
l'emancipazione della donna davreli
Spesso le donne al lavoro sono
un sottoproletariato. Si nota che
più le donne sono numerose in
Vi siete mai chiesti perché i
bambini e le bambine cominciano a differenziarsi così presto
per il comportamento, il carattere, gli interessi? Come mai
queste loro caratteristiche siano
abbozzi, ancora imperfetti si, ma
pur sempre abbozzi, dei caratteri che distingueranno l’uomo
adulto dalla donna adulta?
Fino a pochi decenni fa la
gente non si poneva neppure queste domande perché l’uomo e la
donna crescevano e vivevano occupando ruoli ben definiti, senza porre in questione tali ruoli:
l’uomo era l’uomo, il padrone;
la donna era la donna, la madre
di famiglia, e ciascuno aveva >
suoi precisi compiti nella società. Ciò veniva teorizzato dicendo che i compiti svolti da ciascun sesso erano « naturali », era
proprio della « natura » della
donna procreare ed occuparsi
dei figli e della casa, era proprio
della natura del maschio dominare, comandare, vivere una vita di lavoro e di relazioni sociali. Anche oggi questa sembra essere l’opinione più diffusa tra la
gente: una donna qualsiasi, a
qualunque ceto appartenga, è
convinta che, nel momento in
cui ella è stata concepita, si è
stabilito tutto il suo patrimonio
genetico che comprende non solo il sesso femminile in termini
biologici, ma tutte quelle caratteristiche comunemente connesse con esso: carattere « femminile », dolcezza, tendenza alla
sottomissione, sentimentalismo,
passività nei confronti dell’uomo,
interesse per la cura del proprio
corpo e per la vita sessuale,
istinto verso la procreazione, disinteresse per la vita sociale e
politica, mediocrità intellettiva,
ecc...
Il fatto è che siamo talmente
abituati a pensare queste caratteristiche come legate al sesso
femminile, che non siamo capaci di guardarci intorno criticamente e chiederci se il nostro
carattere femminile e il nostro
ruolo nella società siano veramente dei dati naturali, cioè innati o non piuttosto i risultati di
tutta una serie di condizionamenti culturali, basati su pregiudizi e stereotipi, che nulla
hanno a che fare con la « natura » e il nostro « patrimonio genetico ».
Proviamo ad osservare come
vengono allevati due bambini di
sesso diverso, proviamo a ricordare come siamo stati educati
noi, e ci accorgeremo che il comportamento dei genitori e degli
educatori è molto diverso a seconda che l’oggetto dell’educazione sia un maschio o una femmina. La differenziazione si inizia subito, già prima che il bambino sia nato: in famiglia si desidera più spesso un maschio che
una femmina, perché il primo è
quello che trasmetterà e perpetuerà il nome della famiglia, egli
è destinato a realizzarsi nella società e perciò il suo valore sociale è ritenuto superiore. Quando il bambino nasce, se ne conosce subito il sesso: da questo
momento egli sarà visto non come un individuo dotato di potenzialità proprie e originali da sviluppare nella direzione più consona al suo carattere, ma come
« maschio » o come « femmina >■■.
Il destino del maschio implica
la possibilità di utilizzare tutte
le risorse personali, ambientali
e altrui per realizzarsi: ci si
aspetta dunque dal lattante maschio maggiore vivacità, forza,
aggressività e si incoraggiano in
lui (magari senza accorgersene)
tutti i comportamenti di questo
tipo. Il destino della feraffliw
prevede invece la rinuncia aW*'
te le aspirazioni personali e
interiorizzazione e la confi®'
sione delle proprie energie, P®
ché gli altri possano attingettt
si incoraggiano perciò in lei tu)
ti quei comportamenti consjfli'
rati tipici del sesso femrai®l®i
secondo degli stereotipi e 'i''
modelli che tutti conosciamo.
Il colore celeste e il colore!^
sa dei corredini: questo è ilP*
mo di tutta una lunga serie *
differenze che verranno indo®
artificiosamente nella persoD®
tà dei due bambini attraverso®
lungo lavorio e un condizioi®
mento psicologici durante lapili
U
non sono pan?
ma infanzia, l’adolescenza,
fanciullezza. Dai due ai tre * ..
comincia a diventare massic®.
la pressione educativa che
esercita sulla bambina sopraw
to da parte della madre. E l>^|
zio di una dura battaglia cofl*^
stessa e con gli altri per
mare le proprie esuberanti
gie e potenzialità di fronte “i
una serie di « devi » e di _«
devi », di punizioni e rifiuti. ,
E cosa le si impone come
.11^1 I Hollo trita f!
dello? La povertà della vita -x
’ ’ ----Tintf
la madre che si svolge all
no delle mura domestiche, J
stretta, malinconica, solital"
Cosa deve precocemente
re? Ad essere una « brava d^,
nina » cioè a vestire, pulir^'
bambole perché da grande
accudire dei bambini; a svoli
5
30 novembre 1973 — N. 46
pag. 5
interviste con 5 donne impegnate
|\^ARCELLA GAY: fra credenti si lavora di pari
passo con gli uomini — il privilegio della donna emancipata è una responsabilità rispetto
alle altre donne
A Marcella Gay membro della Tavola Valdese abbiamo chiesto :
0 Lei è la prima donna entrata
nella Tavola Valdese, si sente
allo stesso livello con gli uomini, o trova difficoltà a far
accettare le sue posizioni,
proposte...?
Confesso di non essermi mai
domandato se mi sentissi o no
allo stesso livello con gli uomini. Suppongo quindi di poter rispondere di sì. Per quel che riguarda le mie posizioni e proposte, credo proprio che siano
accettate o rifiutate per quel che
valgono (o in base alle posizioni
e alle scelte personali dei miei
colleghi) indipendentemente dal
mio sesso. Al massimo, qualche
volta potrò irritarli perché sono
una chiacchierona e una malalingua, ma questi non sono difetti unicamente femminili, per
quel che ho potuto constatare in
numerose occasioni.
0 Negli organismi decisionali
(sinodo, consigli di chiesa, assemblee di chiesa) in Italia le
donne si sentono, e sono, veramente ascoltate?
Negli organismi decisionali in
Italia (e anche altrove) non si
trovano certo molte donne, e
spesso sono elette per una preoccupazione di campionario zoologico, più che per una competenza specifica. Quelle che parlano
sono, penso, ascoltate quanto
gli uomini, quando lavorano realmente, quando evitano di essere
petulanti o noiose, quando dimenticano il loro spesso esasperato femminismo.
9 Come sono viste le unioni
femminili? (ad es. impegnate
in attività secondarie, o che
non dovrebbero lavorare in
sede separata, se non per sensibilizzarsi sui problemi di liberazione della donna ecc...)
A costo di passare per retrograda, considero utili certe istituzioni di cui oggi spesso si parla con un sorrisetto di compatimento: società di cucito, leghe
femminili, eccetera, compresi i
famigerati bazars. Tutte queste
attività possono essere nate, o
degenerate, in frivoli pomeriggi
borghesi, fra pettegolezzi e tazze di tè, ma possono essere ancora utili, non solo per gli scopi
che si propongono, ma per le
persone stesse che ci lavorano.
Per alcune di loro questa è l’unica occasione di partecipare attivamente alla vita della chiesa,
di venire a conoscere e discutere i problemi attuali della chiesa
e del mondo in cui viviamo, parlandone fra loro, senza Timpac
cio che in altre sedi le renderebbe mute.-ConosCQ poi molte don-,
ne anziane e malaticce, escluse
da altre forme di attività, per
cui è una gioia poter fare ancora qualcosa per gli altri lavorando di cucito con le loro sorelle.
Questo ovviamente non contrasta con la mia altrettanto radicata convinzione che per numerose altre attività sia invece anacronistico agire separatamente,
sotto l’etichetta di unione femminile, quando è tanto più semplice e normale lavorare tutti
insieme. Sprechiamo già troppe
energie in inutili doppioni, noi
che siamo quattro gatti!
E naturalmente è altrettanto
chiaro che, nella realtà che ci sta
intorno, la penosa situazione sociale di troppe donne ci pone di
fronte a una precisa responsabilità. I.a nostra libertà individuale di donne emancipate è un
pesante privilegio che ci impegna a cercare concrete forme di
solidarietà per giungere a garantire altrettanto a tutte le altre
donne.
• Nella storia della chiesa la
teologia è stata scritta da uomini. le decisioni prese da uomini... pensa che la chiesa ha
tutto da guadagnare ad incoraggiare le donne a prendere
più responsabilità?
L’ultimo punto è quello che
mi convince meno, per due motivi: prima di tutto mi sembra
assurdo decidere a priori che
sarebbe opportuno avere una
donna teologa, come non si può
decidere di far nascere una scultrice o un’avvocatessa; in secondo luogo mi pare che la maggior
partecipazione delle donne a livello decisionale possa essere
non una premessa, ma una conseguenza di rapporti umani diversi, in cui la differenza fra uomini e donne non sia più discriminante. E onesti rapporti umani diversi sono gli unici ammissibili fra credenti.
MARCELLA BOGO: vivere in comunità è un
aiuto materiale per la donna, un’apertura per
tutti — uomini e donne partecipano al lavoro
domestico della ’’comune” — per vivere comunitariamente occorre uno scopo comune
A-Marcella Bogo, che fa parte
del gruppo di Clnlsello, abbiamo chiesto come risolvono i problemi di vita materiale della comune;
# Per le donne sposate, con
bambini, pensi che il fatto di
vivere in comunità sia un sollievo e un aiuto (ad es. per
le faccende di casa, per la
possibilità di lasciare i bambini quando si esce di giorno,
per lavoro, o di sera, ecc.).
Vivere in comunità è senz’altro
un aiuto e un sollievo per quanto riguarda i figli perché non si
è mai soli e in caso di necessità
si trova sempre qualcuno a cui
affidare i figli.
Non è che la comune mi tenga
i bambini quando sono a scuola, per questo ho una signora
che viene tutte le mattine, ma,
per il resto del tempo la comune è un'appoggio. La sera poi si
è molto liberi perché i bambini
una volta addormentati si possono affidare a chi resta in casa.
Così la moglie può seguire il marito per varie attività e non essere sempre tagliata fuori a causa dei bambini. Per quanto riguarda le faccende domestiche
c’è una distribuzione diversa di
lavoro: invece di far da mangiare tutte le sere e mezzogiorno
per 3 o 4 come siamo noi in famiglia, si cucina una volta alla
settimana per un numero che
varia dai 12 ai 15-16 e si fa una
grossa spesa al supermarket una volta alla settimana. Per le
pulizie oltre a casa mia si organizzano dei week end in cui
si lavora tutti uomini e donne
(per pulizie a fondo e imbiancatura).
• Collaborate tutti, uomini e
donne, alla vita materiale del^
gruppo: quali ne sono i lati
positivi e negativi?
Come ho appena detto le pu
Signora HOFFET: assenza della donna dai posti-chiave nella società e nella chiesa — agire
con la base, per creare comunità fraterne
Alla signora Hoffet, alsaziana,
pastore e segretaria del dipartimento della donna all’Alleanza
Riformata, abbiamo chiesto un
parere :
0 Perché, come migliorare la
situazione della donna?
In questi ultimi anni certe conquiste ottenute dalle donne sono
messe in rilievo: accesso a tutte
le professioni: giudici, presidenti
GDiDinciare llalla calla
re semplici faccende domestiche
in aiuto della mamma perché
quello sarà in futuro il suo mestiere; a fare la toletta da sola,
a vestirsi con gusto, a curare
bene la propria persona perché
dovrà presto o tardi « trovarsi
un marito » e « metter su famiglia ».
Il condizionamento in questo
senso avviene in gran parte mediante i giocattoli, che sono nettamente differenziati da quelli
concessi ai maschietti. Bambini
e bambine hanno uguale interesse per tutti i generi di giocattoli, ma l’adulto interviene sempre in modo drastico perché l’attenzione delle bambine si distolga da pistole, fucili, camion,
chiodi, martelli etc., ritenuti giocattoli esclusivamente maschili.
Anche nel « modo di giocare »,
mentre le differenze tra maschi
e femmine sono minime nei primissimi anni, col tempo si vanno accentuando sotto la pressione degli stereotipi culturali imposti dagli adulti. Dalla nascita
e per tutta l’età evolutiva, il bisogno di muoversi è un impulso
altrettanto forte nelle bambine
come nei maschietti. Ma anche
qui alle femmine si impone passività: debolezza, gentilezza, assenza di spirito di competitività,
dolcezza, sedentarietà, sono considerate doti tipicamente femminili; è contrario ad ogni aspettativa che la bambina si cimenti in
giochi fisici coi maschi, si arrampichi sugli alberi, venga alle
mani, giochi a calcio. Il dominio
Sulle cose, sulla natura, sui coetanei, è ■ riservato ai maschietti
affinché fin da piccoli si abituino ad essere degli « uomini ». E
così ancora una volta la esuberante vitalità della bambina, la
sua creatività, i suoi istinti più
naturali e genuini vengono re
pressi e costretti ad incanalarsi
in direzioni socialmente accettate.
La letteratura infantile generalmente non fa che riproporre
i soliti schemi di differenza di
ruolo tra i sessi: gli eroi sono
sempre maschi, i pochi personaggi femminili sono di secondo
piano, pure e semplici comparse. Nei libri di testo scolastici
si continua a presentare ai ragazzi la famiglia secondo schemi convenzionali, ormai addirittura superati in molti casi nella
realtà: la madre è una figura
amorosa, masochista, passiva, remissiva, docile, infaticabile, che
vive al perpetuo servizio del marito e dei figli. La donna che lavora fuori di casa non è neppure presa in considerazione.
Nella scuola materna bambini
e bambine trovano un’ulteriore
conferma della situazione sociale e della divisione dei ruoli maschile e femminile perché il personale insegnante che si occupa
di loro è sempre femminile. Vi
è il pregiudizio diffusissimo che
chiunque, purché donna, sia
adatto ad occuparsi di bambini
piccoli, che in tutte le donne vi
sarebbe un istinto materno, mentre non si parla di « istinto paterno » se non come fatto secondario ed accidentale: l’educazione della prima infanzia è « faccenda da donne ». Ma siamo poi
sicuri che le qualità più adatte
per dare un giusto stimolo alle
potenzialità vitali del bambino,
siano quelle doti ritenute innate
nelle donne? Siamo certi che per
svilupparsi equilibratamente sia
necessaria al bimbo la costante
presenza della madre o di un’altra donna (maestra)? Chi può
sapere quante delle turbe pslchiSiLviA Ade
(continua a pag. 7)
di società, medici, pastori, ecc.
Ci sono anche delle parlamentari
e dei capi di stato, ci dicono
facendoci notare con ironia, che
non ce ne sono molte... è ovvio.
Mi sembra che tutto quello non
fa altro che mascherare la vera
situazione della donna: cioè:
— la sua assenza totale dai posti-chiave della società dove la
sua presenza sarebbe di una
grande importanza (in politica,
ad esempio, nelle guerre al momento dei trattati di pace, nei
problemi del Terzo Mondo..).
— la sua assenza dagli organismi di direzione delle società
profane, e delle chiese in particolare!
0 A che cosa è dovuta questa
situazione?
Certamente alla mancanza di
statuto della donna. A volte la
donna è proclamata l'uguale dell’uomo, a volte la si dice diversa, ma di stesso valore. Come definire socialmente, affettivamente, biologicamente la donna oggi? Le occorrerebbe un nuovo statuto; la stampa femminile, la
pubblicità fanno di tutto per
scartare una ricerca seria in questo senso.
Sono soprattutto colpita personalmente dal fatto che gli antichi temi del femminismo che ho
conosciuto nella mia gioventù
sono superati ma che siamo impelagati in una morale coniugale
e domestica che è ugualmente
sorpassata dalla nostra gioventù
senza che abbiamo niente da op(continua a pag. 7)
lizie sono fatte da tutti uomini
e donne, lo stesso avviene per i
turni in cucina, solo le spese sono fatte solo dalle donne.
Non è possibile fare turni
quotidiani di pulizie perché tutti o quasi hanno un lavoro fuori
per cui c’è una donna che fa la
pulizia spicciola di tutti i giorni ed è pagata comunitariamente. Per questa suddivisione di
turni ci sono solo lati positivi
perché le donne non sono relegate così ai soli lavori domestici
ma possono svolgere molteplici
altre attività: es. Toti segue moltissimo la scuola serale, si occupa attivamente di incontri tra
genitori e prof, di scuola media, è sempre a disposizione per
ascoltare « casi speciali » e segue attivamente la EGEI e le
serate politico-culturali e tante
tante altre cose.
0 Trovi che per quel che concerne le « faccende quotidiane », la vostra vita in gruppo
è molto diversa da quello che
sarebbe se ciascuno avesse la
propria vita familiare indipendente?
Vivendo in gruppo come ho
già detto c’è una diversa organizzazione dei lavori domestici.
Penso che se vivessi normalmente sola con la mia famiglia dovrei occupare maggior tempo
per la cucina. Per gli uomini non
è terribile quello che viene chiesto loro quindi non devono rinunciare a nessuna attività per
collaborare nell’andamento della comune.
0 Pensate che la vostra esperienza comunitaria possa essere proposta ad altri, e che
tali esperimenti si possano
moltiplicare? Come e perché?
Personalmente sono entusiasta
della mia esperienza comunitaria, ho già vissuto 3 anni in vita
comunitaria ma prima di sposarmi; da nubile è tutt’un’altra
cosa.
Vivendo una vita comunitaria
si ha una dimensione di vita
molto più ampia e più ricca, che
la normale vita familiare non
potrebbe mai dare.
Vita comunitaria vuol dire
apertura, conoscere un sacco di
persone, di problemi. Tutto questo però è il lato più positivo, accanto a questo va messo sul
piatto della bilancia, la stanchezza maggiore di questa vita
sempre piena e intensa, il bisogno di tranquillità e di pace che
a volte si desidera molto, e a periodi tensioni familiari fra moglie e marito o fra genitori e figli perché questi rapporti hanno
bisogno di essere continuamente alimentati e a volte invece la
vita comunitaria può sacrificarli.
Ci sono quindi vari lati negativi
ma i lati positivi sono tali da
consigliare a tutti di vivere comunitariamente non come fine
a Se stesso, questo mai lo escludo categoricamente perché potrebbe essere comodo per i primi temni, ma poi si creerebbero
tensioni fra i vari membri della
comunità. Vivere comunitariamente solo se c’è un lavoro od
un obbiettivo comune verso cui
TUTTI, poco o molto tendono.
Se non c’è un lavoro comune
che lega alla base ho l’impressione che una vita comunitaria
è destinata a fallire. Io poi personalmente penso che se c’è anche una spinta di fede verso una
scelta comunitaria, vuol dire che
non si sceglie la vita comunitaria per comodità, ma per andare
contro la corrente borghese della famiglia deliziosamente isolata e chiusa nel suo più grigio
egoismo per cercare di fare piano piano dei passi verso la comunione dei beni.
FRIDA MALAN: la donna, come l’uomo, deve
impegnarsi nelle organizzazioni sociali per
operare i mutamenti necessari — i movimenti
evangelici devono inserirvisi
punti
Intervista alla professoressa
Frida Malan, impegnata nella vita politica:
0 Perché si parla di liberazione
della donna? È un problema
generale per tutti i paesi del
mondo?
È meglio parlare non di « liberazione », perché sembra fatta da
altri, ma di « emancipazione »,
perché la donna la fa da sé stessa. Ma sarebbe ancora meglio
parlare di « realizzazione ».
È un problema internazionale,
legato con l’ONU, TUnesco... Lo
«status della donna » è sentito
da tutti. È una necessità per la
valorizzazione dell’essere umano.
0 In Italia, quali sono i
sui quali insistere?
In Italia è un problema forse
più sentito, perché influenzato,
prima dal fascismo — la donna
era la « procreatrice » — poi da
tradizioni, politiche e anche religiose; spesso si è parlato della
« schiava-regina ». Ma non dimentichiamo che già durante la
Liberazione sono sorti dei movimenti femminili, in tutti i partiti, con i loro giornali, e dei gruppi di difesa della donna, ad
esempio quello che è diventato
LUDI. Già nella Resistenza si è
sentita l’importanza della presen
(continua a pag. 7)
]0ytotoio>oto»otoiotoioic»ct»oiio>o>oioiot(ì>c»ctio^^
in Cristo una
diversa chiave
di lettura
dei rapporti umani
Che cosa accadrebbe se ad un tratto si decidesse
che Dio è un termine femminile e si leggese nella Genesi: « Dio creò la donna a sua immagine, a immagine di lei la creò »?
La domanda sembra strana e paradossale, eppure non per gioco se la sono posta coloro che in questi anni, in campo cristiano, hanno riflettuto sulla
evidente dipendenza degli autori biblici dalla cultura del loro tempo. L’antica società ebraica ci appare
infatti generalmente misogina e dominata dal maschio: in essa appariva naturale che Dio fosse un uomo, Re, Padre, Signore.
Non solo la società patriarcale che si è sviluppata nella società ebraica, ma anche quella che si è
perpetuata più tardi nella cristianità riflette senza
dubbio una visione e un'esperienza maschile del
mondo. Con la stabilizzazione dei ministeri in seno
alle comunità cristiane, avvenuta assai rapidamente dopo la fioritura carismatica dell'epoca apostolica, anche nella chiesa, come nella società, l'uomo è
stato il protagonista della storia.
Il sorgere dei movimenti di liberazione della
donna, stimolato dall'ingresso della manodopera
femminile nei processi produttivi della società industrializzata, ha mosso alcuni teologi cristiani, specie negli Stati Uniti, a ripensare la dipendenza della
chiesa dai modelli culturali dominanti, che le ha
fatto leggere in chiave « maschile » anche la storia
della salvezza.
Quando ci si richiama al Nuovo Testamento, si
pensa immediatamente a numerosi testi paolinici
che sembrano sostenere la superiorità dell'uomo
sulla donna, l’esigenza della sottomissione di questa all’uomo, secondo il modello del rapporto Cristo-chiesa. Non possiamo qui dilungarci in un esame dei testi neo-testamentari, ma vogliamo offrire
qualche spunto di riflessione e lo facciamo partendo dall’apostolo Paolo.
È proprio Paolo, infatti, che ci dà una diversa
chiave di lettura dei rapporti umani in Cristo, nella
sua lettera ai Calati (3: 28) dove annuncia: « Non
c’è qui né giudeo né greco; non c’è schiavo né libero; non cè maschio né femmina; poiché voi tutti
siete uno in Cristo ». Questa affermazione, che suona così familiare alle nostre orecchie, costituiva in
realtà il rovesciamento di una concezione che trovava espressione nella preghiera del pio israelita,
anche al tempo di Gesù: « Ti ringrazio. Signore, perché non sono né pagano, né schiavo, né donna ».
Non è forse qui, più che nei consigli dati da Paolo
per uno svolgimento ordinato del culto nella comunità primitiva, il contenuto nuovo é rivoluzionario
del messaggio evangelico?
Ma una guida alla nuova comprensione dei rapporti umani in Cristo ci viene offerta in modo incisivo dall’atteggiamento stesso di Gesù, nettamente
anticonformista rispetto alla società israelitica del
suo tempo, e che viene riferito sia dai vangeli sinottici che dal vangelo di Giovanni. Citeremo qualche
esempio sparso: alla samaritana al pozzo ( due volte disprezzata, perché samaritana e perché donna)
Gesù annuncia i caratteri nuovi del culto reso a
Dio; si lascia toccare dalla donna dal flusso di sangue e la guarisce, rompendo i tabù dell’impurità; è
amico di Marta e Maria, ma è l’atteggiamento di
quest'ultima, classico del discepolo, che egli loda,
è alle donne accorse al sepolcrò (la donna, come lo
schiavo non poteva dare una testimonianza legalmente valida in Israele) che viene affidato il messaggio della risurrezione.
La tendenza della riflessione teologica di oggi
su questi problemi non si preoccupa tanto di ristabilire la dignità della donna, la sua parità con 1 uomo, quanto di indicare le distorsioni che una indebita mascolinizzazione ha portato nel pensiero cristiano. Il concetto del Dio « maschio », Signore, Re,
Padre, ha dato infatti una sorta di sacralizzazione
ai rapporti umani fondati sull’autorità e sul potere,
a detrimento di quelli di solidarietà, di responsabilità reciproca. (Duecento anni fa, quando ^ vollero
giustificare la schiavitù dei negri, gli schiavisti presero a modello la legge inglese del tempo che limitava i diritti della donna).
La pretesa dell’uomo alla superiorità sulla donna contiene in sé, secondo questi teologi, il germe
di tutte le disuguaglianze e di tutte le discriminazioni. È esagerato? Forse; ma vai la pena di riflettervi,
non solo per « liberare » le donne, ma perché, attraverso il riconoscimento della loro dignità e parità,
tutti, uomini e donne, recuperino la pienezza della
creatura umana espressa dal racconto al cap. 1 della Genesi: « Dio creò l’uomo... egli li creò maschio
e femmina
Maria Girardet
t)IO»OIOlOlOIOOOlOIÙIO<OIO«IO«OlOIOlOi(«lOlO«OMOIOI^^
6
pag. 6
N. 46 — 30 novembre 1973
la liberazione della donna
come le Unioni hanno affrontato ii probioma echi di un convegno di donne protestanti svizzere, a Vaumarcus, sul potere
CHI DECIDE?
Questa prima pagina dell’anno era
stata prevista eome risultato degli studi svolti l’anno scorso nelle unioni vai
desi con l’aiuto dell’opuscolo di « At
tualità protestante », « Liberazione del
la donna in una prospettiva biblica »
Si sperava di ricevere resoconti di di
scussioni o di tavole rotonde, recensioni di libri, interviste-inchieste, ecc.,
svolti su iniziativa delle unioni stesse,
per poter presentare un ventaglio di
opinioni e di esperienze vissute.
Oltre le risposte seguenti, abbiamo
ricevuto 4 risposte al questionario proposto dal comitato nazionale, al principio dell’anno (Aosta, Caltanissetta,
Sampierdarena, Verona), ma senza un
contributo per questo problema specifico; Roma ha segnalato articoli di giornali e una bibliografia.
Angrogna
L’argomento è stato trattato
in una sola seduta per mancanza di tempo; per l’occasione,avevamo invitato — senza risultato
— tutti quelli della comunità che
erano interessati. Una meditazione, ispirata aH’opuscolo, ha servito ad introdurre la discussione: abbiamo notato quanto sia
un argomento a volte delicato
perché sentito con sofferenza
dalle vedove, e, benché in modo
diverso, dalle nubili; abbiamo
pensato che finché il codice civile letto agli sposi al momento
del matrimonio non sarà cambiato, è ben difficile cercare di cambiare la mentalità della gente cosi condizionata; però che ciascuna di noi, nel suo piccolo, può
lavorare a sensibilizzare la gente ai vari problemi connessi alla
condizione della donna nelle nostre società occidentali.
Como
L’emancipazione e la promozione femminili sono necessarie
per migliorare la condizione di
vita della donna ed indispensabili per il progresso deU’umanità.
Oggi la donna nei paesi civili
non è più un essere emarginato;
la lotta delle donne sta diventando un fatto collettivo e politico.
La coscienza politica della donna mette in discussione l’immagine della donna sottomessa perché essa vuole avere coscienza
dei propri problemi e vuole mettere a fuoco una identità da
sempre negata.
La donna vuole trasformare la
famiglia patriarcale in una famiglia i cui componenti trovino il
loro legittimo spazio non condizionati da soggezioni affettive.
Anche nel contesto biblico troviamo che « Dio creò l’uomo a
sua immagine... e li creò maschio
e femmina » ; affermazione che è
piena dell’amore di Dio per la
sua creatura senza fare alcuna
discriminazione.
^ Anche Paolo dice che « non
c’è né maschio né femmina... »
anche se in qualche altro brano
delle sue lettere in conformità
alla situazione sociale in cui si
trovava la donna sembra collocare la donna in una posizione di
soggezione.
Non sarà facile attuare le aspirazioni della donna perché non
sarà facile sradicare nella chiesa e nella società il senso del
predominio maschile, anche se
già ora qualche segno positivo si
vede ad esempio nella scelta del
tipo di lavoro che la donna fa e
nella consacrazione a particolari ministeri nella chiesa.
La liberazione della donna fa
parte della libertà dei figliuoli di
Dio ed è giusto che se questa libertà è un dono di Dio, la donna possa avvantaggiarsene.
Santina Briante
Ivrea
Siamo state, a dire il vero, un
pò critiche riguardo l’argomento
proposto dalla Federazione ed in
ispecial modo riguardo al libretto « La liberazione della donna in
una prospettiva biblica ». Questo
è stato letto da alcune di noi, e
le nostre conclusioni sono state
queste: non ci siamo sentite di
seguire per le nostre riunioni gli
studi proposti per varie ragioni
che cos'i si possono riassumere:
il libro, per prima cosa risente
abbastanza della mentalità americana che non è la nostra; ci
sentiamo come donne credenti
abbastanza libere sia nell’ambito della nostra comunità, della
nostra famiglia, della nostra società, sì da non sentire il bisogno
di essere liberate! Per quel che
riguarda la liberazione nella prospettiva biblica avremmo preferito che si parlasse di liberazione non solo della donna (sebbene questa abbia la sua importanza) ma della liberazione che il
Cristo è venuto a portare ad
ogni creatura umana sia essa
donna o uomo, quando questa
creatura si trova in una posizio
ne di discriminazione o di schiavitù. Se si voleva centrare l’attenzione sulla donna in modo
particolare, allora sarebbe stato
più opportiino, secondo noi, soffermarsi su qualche problema
specifico delle situazioni della
donna italiana, anche riguardo
alla nostra legislazione, situazioni concrete in cui la donna deve
essere maggiormente liberata come per esempio in quel che riguarda la prostituzione, l’aborto,
la ragazza madre, IJ lavoro in
certi settori, la donna nel meridione d’Italia e così; via.
Elsa Rostan
Rimini
Qui a Bimini e in Romagna
non sentiamo molto il problema
della liberazione della donna perché ci sentiamo già molto libere
e uguali agli uomini.
Torre Pellice
Nella primavera di quest’anno
si è studiato, negli incontri bimensili del ramo di «cucito» della lega femminile valdese, il libretto di L. M. Russell « Liberazione della donna in una prospettiva biblica » pubblicato sotto
gli auspici della Federazione
Femminile Valdese, tradotto dall’inglese da Fernanda Comba.
L’argomento è stato trattato in
alcune sedute, che sono risultate
vivaci, stimolando le sorelle riunite a riflettere sull’argomento,
mentre le mani alacri confezionavano gli oggetti necessari per
procurare un valido aiuto alla
chiesa locale in vista degli impegni per il prossimo ottavo centenario valdese.
In un successivo incontro in
giugno delle donne valdesi con
un gruppo di socie della UODGIWCA locale, si è ripreso l’argomento in occasione della "giornata mondiale IWCA” che ha
avuto come titolo : « Le donne,
una forza per trasformare ». Si
è suddiviso l’argomento secondo i vari campi in cui può e deve agire la donna : nella vita familiare, sociale, politica, religiosa, portandovi l’esperienza vis
suta di varie socie. Vogliamo qui
ricordare il contributo della
prof. Olga Sibille, da poco scomparsa, che aveva portato la sua
nota pratica e concreta del campo scolastico.
La discussione successiva è
stata animatissima, come ogni
volta che l’argomento è attuale
e quindi profondamente sentito.
Ketty Comba Muston
Villar Perosa
A proposito del tema proposto sulla liberazione deila donna,
possiamo informarvi che in una
nostra seduta abbiamo letto e
commentato l’ultimo capitolo
della Epist. ai Romani ove l’apostolo Paolo loda le donne di
quella prima comunità.
Ne è nato un utile scambio di
idee sui vari lavori che le sorelle possono fare nella chiesa : pulizia - agapi - bazar - visite ecc.
e ciò ci ha portate a parlare del
tempo libero di cui ognuna dispone.
Ne è risultato che le donne
che sono in casa, si sentono privilegiate perché possono dedicare rnaggior tempo alla chiesa (se
vogliono!). Le altre, purtroppo,
sono schiave del lavoro e della
famiglia.
Alcune, che in passato hanno
lavorato in fabbrica, hanno affermato che il marito le teneva
in una certa considerazione perché portavano denaro in casa ed
esse erano fiere della loro indipendenza. Ora però, sono tornate semplici casalinghe (serve della famiglia!). Ciò spiega perché
tante donne vogliono continuare
a lavorare anche senza averne
bisogno.
Per il tempo da dedicare alla
cultura e ai rapporti sociali, si
era tutte d’accordo nel dire che
si può ricrearsi e istruirsi attraverso la radio e la televisione
che hanno ottime trasmissioni.
Basta solo avere la volontà di
seguirle.
Una madre ha dichiarato che
da anni dopo la sua giornata di
lavoro, legge giornali e riviste
che la tengono al corrente di ciò
che si fa nel mondo.
Eugenia Geymet
Ogni anno le « Femmes protestantes », le donne
protestanti della Svizzera di lingua francese invitano al loro campo a Vaumarcus anche una
rappresentante delle Unioni femminili valdesi.
Vaumarcus è un complesso del tipo di Agape ______
casa con sala di riunione, refettorio, casette va
• Sotto quale angolo vi è stato
prospettato il . problema del
potere?
La prima cosa che mi ha colpito a Vaumarcus è di avere cominciato il campo con la discussione in gruppi. Così non si può
parlare di un problema che ci
è stato prospettato dall’alto e
che poi noi abbiamo discusso,
ma di un lavoro cominciato alla base. Nei gruppi, discutendo
il tema scelto dall’équipe organizzatrice e partendo da esempi
di vita quotidiana è risultato che
il potere lo ha ognuno di noi a
tutti i livelli, da quello dei rapporti interpersonali (genitorifigli, insegnanti-alunni, o viceversa) a quello più vasto che si
ha o si subisce nella comunità
locale (come cittadini dei villaggi, dei comuni, delle regionii fino a quello dei rapporti internazionali. Nei gruppi abbiamo
dunque cominciato con l’analizzare il potere.
• Ma non avete avuto dei veri
studi?
Si, dopo. Un giovane sociologo di Losanna, il prof. Fragnières e il pastore Hammann hanno aiutato, con le loro esposizioni, a districare la matassa dei
tanti interrogativi che sono sorti: come si decide? Perché si decide in un dato modo? Quando
esercitiamo il potere e quando
lo subiamo? Il potere è liberante o opprimente? Quando si ha
potere si è liberi o si è condizionati? Direi che è stato soprattutto uno studio psicologico della questione deU’autorità, della
decisione, con largo spazio alle
cose riguardanti la vita civica.
È stata anche una riflessione sul
come vivere oggi nella fede le
nostre decisioni, ricordando che
Gesù ha cominciato il suo ministero con una tentazione di po
rie, chiuso tra un bosco e una magnifica coltivazione di rose —, sul versante ovest del lago di
Neuchâtel. Il campo di quest'anno ha avuto
luogo il 21-23 settembre sul tema del potere. Vi
ha partecipato Berta Subilia alla quale chiediamo
alcune impressioni.
l’emancipazione della
dovrebbe cominciare
donna
dalla culla
(segue da pag. 5)
che dell’infanzia sono determinate da questo monopolio "mammista" nell’educazione dei bimbi
piccoli?
A questo punto non mi dilungherò ad esaminare come la legge ferrea della divisione tra maschi e femmine e rispettivi ruoli
si perpetui nella scuola, anzi venga qui confermata e stabilizzata.
Qrmai suppongo che in base alle
precedenti indicazioni e alle osservazioni che possiamo fare sui
nostri stessi figli in età scolare,
tutti siamo in grado di individuare le pressioni discriminanti a
cui sono sottoposte le bambine
in ogni situazione. A chi sia interessato ad approfondire questi
problemi, suggerisco la lettura
di un libro facile e divulgativo:
« Dalla parte delle bambine »,
edito da Feltrinelli e uscito nel
1973, da cui del resto sono tratte molte delle precedenti osservazioni.
Qui interessa abbozzare una
serie di conclusioni che potrebbero servire come base di discussioni e di prese di coscienza
da parte di gruppi di genitori
sul problema della discriminazione sessuale nella nostra società, che anch’essa è una forma di
razzismo e come tutti i razzismi
va eliminata, affinché tutti abbiano uguali diritti e stesse possibilità di svilupparsi liberamente secondo le proprie naturali
tendenze.
1) La diversità di attitudini
tra maschi e femmine che viene
presentata come naturale e biologica, non è che un’ideologia,
cioè un (atto della nostra cultura indispensabile per tenere in
piedi solidamente la gerarchia
dei ruoli sessuali, pilastro fondamentale del nostro sistema
economico. Nell’ambito di uno
studio sull'emancipazione femrninile è perciò preliminare individuare le ragioni per cui il nostro sistema economico non può
fare a meno di un tipo di organizzazione familiare in cui la
donna sia in una posizione di
dipendenza economico-sociale rispetto all'uomo.
2) Questo continuo condizionamento delle bambine da parte della società e della cultura,
oltre che essere uno strumento
in mano a chi detiene il potere.
è anche una vera e propria azione repressiva, deformante e nevrotizzante a livello psicologico.
Se una bambina non reagisce a
queste violenze con palesi manifestazioni nevrotiche, rimane pur
sempre una specie di « mostro »
del tutto distorto perché plasmato senza tener conto delle sue
esigenze naturali: ne derivano
timidezza, stati ansiosi dovuti a
sentimento di inferiorità, stati
di insoddisfazione e di disagio
globale soprattutto durante quel
periodo considerato in genere
così difficile: l’adolescenza. Senza dire che, a forza di predicarle
che deve fare la donna di casa e
non deve competere con i maschi, diventerà una creatura del
tutto priva di creatività, di indipendenza e spesso anche di intelligenza.
3) Vittima di tutto quello
che si è esaminato sopra, non
sono solo le ragazze, ma anche i
ragazzi. Innanzi tutto perché il
modello di comportamento imposto ai maschi non sempre corrisponde alle tendenze naturali
di tutti i ragazzi. In secondo luogo perché sovente le aspettative
che premono sul ragazzo perché
« è un maschio », sono vissute da
quest’ultimo come troppo pesanti da realizpre, creando perciò
stati di ansia, fallimenti a catena, depressioni etc...
4) La diversità dei sistemi
di educazione riservati ai due
sessi fa sì che dopo i tre anni i
bambini cominciano a sentirsi
più a proprio agio in coppie o
gruppi dello stesso sesso, e da
questo momento i bambini e le
bambine seguono strade del tutto separate, a tal punto che fino
alla pubertà si ignorano a vicenda o, se hanno rapporti questi
sono sempre competitivi.
Quando nella pubertà le loro
strade si riavvicinano, sarà unicamente l’istinto sessuale che li
spingerà gli uni verso gli altri.
Per il resto non potranno che
continuare a sentirsi estranei o
comunque diversi gli uni di fronte agli altri. È inutile cercare
altrove le ragioni delle distorsioni sessuali che tanto si criticano
nei giovani. Forse se fin da piccoli bimbi e bimbe si arrampicassero insieme sugli alberi, il
loro incontro sul piano sessuale
nell’età dello sviluppo sarebbe
più sereno, graduale e naturale.
5) Vanno ricercate nella
stessa direzione le ragioni dei
disadattamenti sessuali tipici del
sesso femminile come ad esempio la prostituzione (soprattutto
minorile). Mentre il disadattamento dei ragazzi, educati alla
competitività e all’aggressività,
assume soprattutto la forma di
delinquenza individuale o di banda, le ragazze che hanno crisi
psichiche e problemi di adattamento, se non sono sorrette validamente dall’ambiente familiare, cercano la soluzione dei loro
disagi in rapporti mercenari con
l’altro sesso. È un risultato perfettamente comprensibile dal
momento che la bambina, si può
dire fin dalla nascita, viene educata ad essere femmina, cioè a
svolgere nella vita di relazione
principalmente funzioni sessuali:
piacere ad un uomo, sposarlo,
procreare. Mentre per l’uomo
queste sono alcune delle funzioni che egli è chiamato a svolgere, per la donna esse sono fondamentali, riempiono la sua vita.
Il ruolo tradizionale della donna è caratterizzato dalla preoccupazione per il rapporto con
Taltro sesso: prostituzione e
omosessualità tra le adolescenti
sono manifestazioni nevrotiche
ed esasperate di questa tendenza normale, riprovevoli sì ma
non contraddittorie con i requisiti per l’identificazione come
femmina.
D’altra parte il rapporto prostitutivo della donna con l’uomo
è comprensibile solo in una situazione in cui la donna occupa normalmente una posizione
di inferiorità e di dipendenza
economico-sociale rispetto all’uomo.
In base a queste considerazioni pensate voi che vi siano già
o si potranno realizzare situazioni sociali in cui questa posizione di inferiorità sia o sarà
eliminata, e di conseguenza muti o potrà mutare tutto il rapporto tra uomo e donna e la posizione della donna nella società?
Dalla risposta a questa domanda dipende la possibilità per
la donna di emanciparsi veramente e per la bambina di crescere serena in un rapporto naturale con i coetanei.
Silvia Ade
tere. Durante la discussione ho
capito, una volta di più, come gli
svizzeri — e anche le svizzere —
siano democratici neH'animo. Come possono partecipare ai problemi della città, del quartiere,
del villaggio e sentirli loro. Questo raramente succede da noi!
Siuppo mi hanno chiesto:
« Di chi è R-oma? » Che cosa potevo rispondere? Del papa! Ho
aggiunto che Torino è di Agnelli
e Milano di Pirelli, di Motta e di
molti altri...
• Ti sei trovata subito a tuo
agio?
Oh si, è stata veramente una
bella imprpsione sentire Laccoglienza così cordiale di tante, un
certo interesse perché sulla mia
etichetta c’era scritto « Rome »
(caput mundi, la città del papa
che ha se-mpre un certo fascino!
un ché di esotico, all’estero...) e
vederle stare attente perché le
ospiti non si sentissero al margine.
• Hai conosciuto molte persone?
Beh, eravamo circa 230 non è
che ne abbia avvicinate molte, ma con alcune è stato iuteressante parlare; un po' sul tema del camnq. un po’ di questo
famoso cattolicesimo del dissenso, dell’apertura e via dicendo,
che interessa molto positivamen
te in Svizzera. Ero poi stupita
di quante giovani ci fossero, giovani mamme soprattutto. C’erano anche molte persone con i capelli grigi che hanno sempre ancora voglia di discutere e di tenersi aggiornate, « per i nipotini », come diceva una nonna nel
nostro gruppo. Parlavano e sapevano ascoltarsi reciprocamente
giovani e anziane. Ho molto ammirato la nostra capogruppo,
una simpatica, giovane signora...
# Perché?
...Figurati che queste capogruppi non solo si riuniscono con
gli oratori e gli animatori prima
del campo per prepararsi insieme, avere idee chiare sull’argomento e vedere come condurre
la discussione, ma sono persone
che hanno fatto un corso di alcuni giorni, apposta per imparare a dirigere un gruppo. Hanno
imparato a introdurre e poi a
tacere, a mettersi al livello delle
partecipanti, ad affiatare il gruppo, a tirar fuori le idee, ad aiutare a esprimersi e a interessarsi
a quello che le altre dicono. Tutta una pratica che davvero noi.
Unioni Femminili italiane, non
abbiamo, tutta una organizzazione funzionale a cui penso sempre più che dobbiamo arrivare
Se vogliamo che i nostri convegni e congressi siano fruttuosi e
utili per l’incontro umano e per
quello spirituale.
ATTUALITÀ’
nel mondo
t n sessione della Conferenza generale dell’UNESCQ (17 ot
Tm anni i rappresentami
m t membro, numerosi osservatori sono stati dell’avviso che
a questa sessione uno dei fatti notevoli è stato l’intervento delle don
più™el°!o%"^sufÌM femminile non rappresentava
® delepti, ma si notava la presenza di varie don
di Questi donÌe T suprema. La partecipazione
ai queste dome non e passata inosservata: gli obiettivi del nro
gramma per la promozione della donna sono stati precisati e han
fe^araHa^S interventi defie delegate alla Conferenza. (j^f, Unesco)
in Italia
~ settembre 1973: congresso delle unioni femminili metodiste
sul tema della emancipazione femminile nella società e nella chiesa.
Negli ordini del giorno chiedono « alle istituzioni evangeliche che
operano nel campo sanitario e sociale l’istituzione di consultori
specialistici aperti a tutti », per una preparazione e scelta libera
della maternità; inoltre invitano i gruppi femminili protestanti di
Napoli ad un azione comune per ottenere che l’ospedale evangelico
di Ponticelli apra al piu presto un consultorio di educazione e prevenzione nel settore prematrimoniale e matrimoniale.
Constatando nella chiesa la quasi completa esclusione delle donne
aagh organismi dirigenti — discriminazione che è il riflesso di una
situazione piu generale che non permette alla donna di esprimere
pienamente se stessa, e che è in contraddizione con la predicazione
evangelica chiedono che sia realizzato nei vari organismi e istituponi della chiesa il principio della parità attraverso una sostanziale partecipazione di donne.
— novembre 1973: congresso dell'UDI (unione donne italiane)Vorrebbero gestire le leggi che interessano le donne « non vogliamo
una teoria ma un azione politica concreta; né vogliamo che l’emancipazione femminile sia un fatto aggiuntivo da porre dopo o accan
"■ Hanno trattato dei vari problemi della situazione dell italiana, come 1 emancipazione nel meridione, il basso tasso
dell occupazione _ femminile, il lavoro a domicilio, il salario alla casalinga ecc.;^ poi SI progongono anche di collaborare con i movimenti remmmisti, anche se diversi e a volte clamorosi.
, — J^^cuni punti programmatici di vari movimenti di liberazione
della donna tn Italia (da l’Espresso, novembre 1973).
La « femminista italiana 73 » non è più l’intellettuale di prima
ma conta proletarie, operaie, braccianti del sud... per intervenire
nelle industrie, i grandi magazzini, i comitati di quartiere ecc.
— Il gruppo « Lotta femminista », uno dei più forti, sta chiedendo asili-nido gratuiti aperti 24 ore su 24; inoltre « il salario alla casalinga » (perché il suo lavoro è un risparmio per lo Stato che non
investe in servizi sociali); uno sciopero delle casalinghe è previsto
prossimamente.
le impiegate milanesi IBM denunciano la situazione della
« segretaria-robot », alla quale non è concesso di utilizzare né intelligenza né spontaneità nel suo lavoro.
Gruppi dei Telefoni di Stato e dell’ENI protestano contro il
"• part-time » per il quale « lo stipendio è dimezzato, ma il lavoro
resta doppio ».
— un gruppo di avvocatesse del movimento femminista romano
offre difesa gratuita a donne in difficoltà.
un nuovo gruppo di studentesse ha un programma d’intervento nelle scuole di ogni grado.
— centri di divulgazione del femminismo, con biblioteche, dibattiti, spettacoli su documenti autentici, stanno per aprirsi ecc.
/PIGOLATURE
C’è un principio buono che ha crealo l’ordine, la luce e l’uomo e un principio cattivo che ha creato il caos, le
tenebre e la donna.
Pitagora
Tutto ciò che è stato scritto dagli
uomini sulle donne dev’essere considerato sospetto, perché essi sono al tempo stesso giudici e parti in causa.
POULAIN DE LA BarRE
Che disgrazia, essere donna! Tuttavia il male peggiore per una donna
consiste nel non capire che è un male.
Kierkegaard
Per dimostrare che nella società è
necessario il lavoro e dell’uomo e della
donna, « la migliore immagine sarebbe
quella dei due occhi che non possono,
senza deformare il mondo, fare a meno
l’uno dell’altro ».
Frangine Dumas
Per metà vittime, per metà complici,
come tutti, del resto.
Jean-Paul Sartre
7
30 novembre 1973 — N. 46
pag. 7
pagina a cura della Federazione Femminile Valdese
interviste con 5 donne impegnate
MARGHERITA GAY: 1975, « anno internazionale della donna » — per carenza di servizi sociali, la percentuale delle italiane lavoratrici
fuori casa è diminuita — necessaria una solidarietà maggiore fra i movimenti femminili
Frida Malan
Alla direttrice della rivista
« Impegno » abbiamo posto due
domande;
e Quali sono i problemi più
importanti attualmente per le
donne italiane? Che cosa possono o dovrebbero fare i movimenti femminili, soli, e insieme?
Come è affermato nell’aureo
libretto edito dalla Claudiana
(Liberazione della donna in una
prospettiva biblica di Letty Mandeville Russell) nella prima fase
della lotta di liberazione — alla
fine del secolo scorso e al principio di questo — le donne ottennero il diritto al voto: ebbe
inizio allora il processo di emancipazione femminile che dobbiamo ricordare con rispetto e riconoscenza. Oggi ci troviamo
nella seconda fase: le donne
hanno scoperto che la sola legislazione non basta per estirpare
i pregiudizi radicati negli uomini c nelle stesse donne; occorre,
perciò, che queste cerchino di
trovare nuove forme di vita che
le rendano collaboratrici (non
antagoniste) dell’altro sesso per
la costruzione di una nuova società.
Come scrivevo nel n. 2 di quest’anno nella rivista Impegno
(pag. 40), sono apparse recentemente molte pubblicazioni relative all’emancipazione femminile
e ai rapporti fra uomo e donna;
d’altra parte il comitato nazio
naie della Federazione Femminile Valdese possiede un’esauriente bibliografia sull’argomento.
II tema è più che mai attuale.
Lo scorso giugno ha avuto luogo a Boston una conferenza femminista internazionale organizzata dalla « NOW » (« Nuova organizzazione per le donne » fondala da Betty Friedan, autrice dell'importante libro La mistica
della femminilità). Furono presenti 500 delegate di 30 paesi, le
quali insisterono sulla necessità
di distruggere con il nostro comportamento l’immagine della
donna che imperversa nei cosidetti giornali femminili. È stato
creato anche un « comitato internazionale di soccorso femminista ». Non dimentichiamo, inoltre, che le Nazioni Unite hanno
proclamato il 1975 « anno internazionale della donna » In vista
di questo avvenimento è dovere
di noi tutte adoprarci per la
piena realizzazione dei diritti e
delia promozione femminile e
per eliminare ogni discriminazione nei nostri riguardi.
In Italia siamo ancora lontane
dal raggiungimento di certe mete, come l’abolizione della divisione dei ruoli fra i due sessi
specialmente nel campo del lavoro. Non tutti sanno che in confronto a 70 anni fa è diminuita
la percentuale della donna lavoratrice fuori casa. In Italia contribuisce a questo fenomeno la
carenza dei servizi sociali (asili
nido, scuole materne, attrezza
ture sportive per gli adolescenti,
case di riposo per anziani), sicché la donna casalinga per forza (non per libera scelta) risulta
esposta a un dannosissimo, frustrante isolamento sociale e culturale che incide negativamente
sul suo ruolo di cittadina, di moglie, di madre.
Osserva L. Mandeville Russell
nel libretto citato che gli anticoncezionali hanno reso possibile la separazione del sesso dalla
riproduzione. Questa è indubbiamente una conquista importante, ma da noi, se per opera della
Corte Costituzionale è caduto
dal 1971 il divieto della propaganda anticoncezionale, non esistono strutture sufficienti per
garantire a tutti la conoscenza
e l’accesso ai mezzi di controllo
delle nascite. Purtroppo nel nostro paese il contraccettivo più
u.sato resta l’aborto che condanniamo come tale, pur approvandone personalmente la legalizzazione nei casi speciali contemplati nella proposta di legge
Fortuna. Sul divorzio — altro
problema su cui la donna italiana va ancora preparata — siamo
d’accordo con quanto è scritto
nel libretto citato (pag. 15).
E no-n è vero — come afferma
la stessa autrice — che le casalinghe della classe media « felici
consumatrici » non siano oppresse: tutte le donne, vivendo
in una cultura maschile, condividono la stessa oppressione. Di
qui la grande importanza dei
movimenti femminili che si propongono di rendere la donna autonoma, attiva, responsabile.
Certamente sarebbe utile una
maggior collaborazione fra i movimenti femminili operanti in
Italia anche se di formazione e
ideologie diverse; sarebbe, anzi,
necessaria un’azione comune per
affermare più risolutamente la
« dimensione donna ».
I vari movimenti neofemministi, l’Unione Donne Italiane
(UDÌ), le federazioni di gruppi
femminili (Consiglio Nazionale
Donne Italiane, ecc.) non hanno
una base religiosa come la Federazione Femminile Valdese o la
UCDG YWCA, ma una maggior
solidarietà, la « sisterhood » (fraternità femminile) di cui si è
fatto l’esperienza a Boston, varrebbe ad affrettare i tempi.
A noi credenti, poi, deve essere sempre presente l’affermazione di Paolo contenuta nell’epistola ai Calati: « non vi è né
maschio né femmina », dopo
quella della Genesi « Dio creò
l’uomo a sua immagine... maschio e femmina ».
Siamo convinte che Dio ha voluto uguali tutti gli esseri umani e che Cristo ha predicato con
la parola e con i fatti l’uguaglianza dei due sessi. E questo non
vale solo in relazione alla salvezza, ma la liberazione della
donna, che fa parte della libertà
dei figliuoli di Dio, si deve già
instaurare qui e ora.
Margherita Gay Meynier
(segue da pag. 5)
za femminile preparata.
Oggi tutti e due, donna e uomo, devono essere presenti e partecipi nei sindacati e dappertutto, il più possibile, per capire,
aiutare e agire. Ognuno scelga i]
meno peggio. Ma rispetto al 1945
c’è un’involuzione; allora le donne erano all’avanguardia.
Ci sono state delle lunghe lotte; così le assocciazioni femminili ed i sindacati hanno ottenuto la parità salariale, l’abolizione
del licenziamento...
Manca ancora da ottenere il
diritto di famiglia.
Naturalmente la donna ha ancora una situazione un po speciale; adesso a parità si fanno
andare avanti gli uomini. Non ci
sono molte donne alle alte cariche; a un certo livello la donna
è bloccata, e non solo in politica;
ad esempio poche sono professoresse d’università, o primarie di
ospedale, grandi chirurghi ce ne
sono anche poche; delle dottoresse, si.
Grosse battaglie, oggi, non ce
ne sono, eccetto quelle che sono
grosse per tutti.
9 Molte donne non sentono questo problema dell'emancipazione, dicono che « si sentono
libere ».
Sarà forse una risposta valdese, perché adesso molte donne
dicono invece « quanto ho da fare », perché con le responsabilità
familiari hanno doppio lavoro,
per colpa delle strutture, degli
uomini che non aiutano abbastanza, e per colpa delle donne
stesse che lo vogliono e non reagiscono alla tradizione.
# Sul piano strettamente familiare, per le donne sposate
con figli, l’ideale sarebbe che
marito e moglie lavorino tutti e due fuori dalla casa, e
tutti e due dentro la casa?
Si, sotto tutti gli aspetti. Pensiamo a quelli che hanno dei figli
subnormali. L’ideale sarebbe il
lavoro in comune fuori e dentro. La donna dovrebbe avere la
possibilità di scegliere, anche di
restare in casa.
# Ma quello supporrebbe tutta
una educazione da fare, delie
strutture sociali da cambiare,
degli orari diversi da quelli
di oggi, forse ridotti per marito, moglie e figli?
Speriamo si faccia il più possibile. Per ora c’è l’orario fiessibile, anche per l’uomo. Certo ci
vuole capacità d’iniziative. Il nostro compito, diverso da quello
degli uomini, è di portare avanti questi discorsi.
9 Oppure ci sono delle possibilità di vita comunitaria diversa?
Ci sono tutte le possibilità immaginabili.
# Che cosa fare per cambiare il
codice civile?
Le associazioni femminili, il
CNDI hanno presentato dei progetti di riforma del codice. Si
chiede l’abrogazione della « pa
tria potestà » in particolare. Bisogna cercare di influenzare, servirsi dei canali, parlarne nei partiti, nelle chiese, fare propaganda.
# Per le vedove e le nubili ci
sono dei problemi speciali?
Sono teoricamente uguali agli
uomini.
# I movimenti femminili sono
coordinati tra di loro? Che
cosa fanno, e che cosa dovrebbero fare?
Quelli di antica tradizione, precedente al fascismo, sono legati
su piano nazionale e internazionale, ad es. le dottoresse in medicina, le donne giuriste, l’UDI...
portano avanti i problemi facendo inchieste su piano regionale,
nazionale. Di partiti non ne esistono più. Nel direttivo ce ne sono poche, stanno scomparendo,
perché ad alto livello non sono
organizzate. Poi ci sono altri movimenti con delle battaglie singole (ad es. prima sul divorzio,
ora sull’aborto).
9 I movimenti femminili evangelici hanno qualche cosa di
speciale da fare?
Inserirsi, tenersi in contatto
con le altre associazioni femminili, e tenersi in contatto con i
sindacati.
# Lei, impegnata nella vita politica, come relativamente poche donne, ha l'impressione
che la donna è meno ascoltata nelle sue proposte, o nelle
sue contestazioni...?
No. Ci vuole un minimo di
competenze, si; e aver dato delle prove. A Torino, no, per esempio. Forse una donna, per esse
re ascoltata, paga molto di più.
Se una donna dice delle sciocchezze, guai! L’uomo ne può dire cento, lui.
9 Che cosa direbbe ancora alle
donne singole, e ai gruppi?
Siate!
Organizzatevi, discutete: non
abbiate dei tabù. Poi bisogna
cercare di capire ognuno; una
azione in senso assoluto, per un
verso può sembrare sbagliata,
per un altro giusta.
Signora Hoffet
(segue da pag. 5)
porle di nuovo.
Tutto ciò che si dice (e si scrive) sulla donna è in realtà pensato dagli uomini, copiato sul
modello maschile, ispirato da
istinti contrari: paura della donna? e rispetto della donna? Penso che solo uno psicanalista potrebbe districare quei nodi dove
l’erotismo si mescola alla logica,
. dove nulla è chiaramente espresso. Le donne stesse non contribuiscono a chiarificare tutto ciò.
Infine e soprattutto la società
attuale di consumo ha bisogno
per la sua pubblicità di richiamarsi a tutti gli istinti oscuri
degli uomini e delle donne: desideri di piacere, immagine della
copia ideale (che i giovani rifiutano). La « casalinga » è indispensabile per il commercio!
Che cosa pensare del « coniugalismo », che si appoggia sulla
morale tradizionale e cristiana,
ma che non permette alla donna
di liberarsi, di diventare se stessa, di realizzarsi pienamente nella coppia, nella famiglia e fuori
di questa sfera. Deve conformarsi aU’immagine coniugale tradizionale. Trovo su questo punto
gli sforzi del M.L.F. (movimento
di liberazione della donna) molto
interessanti; eccessivi, certo, ma
che toccano col dito ciò che nessuno ancora ha osato dire!
9 Che cosa fare nella chiesa?
fedele riflesso della società!
Penso che lì affiora tutto quello che non va: quest’oscuro miscuglio d’istinti e d’idee, di sentimenti repressi negli uomini e
nelle donne. Complessi di colpevolezza soprattutto per le donne
che si manifestano col bisogno
di dedicarsi (bazar, feste comunitarie... collette ecc.) che in realtà
le impediscono di aprirsi, di liberarsi con la parola (tace, credendo di essere fedele... a san
Paolo! Fondandosi sui testi biblici uomini e donne invocano
« l’ordine della creazione »). La
donna non prende il posto che
le competerebbe e che definirei
così: creare delle comunità fraterne, annunciare il regno di
Dio, questo mondo nuovo, a tutti, ai poveri, agli emarginati, insegnare l’arte di amare e tante
altre cose, totalmente assenti
dalla chiesa, prendere il contropiede di ciò che si fa a profusione nelle innumerevoli sedute amministrative dove non regna né
la gioia, né la speranza dell’Evangelo!! Il posto che la donna dovrebbe occupare non è occupato
da nessuno: tutto è da creare
nella chiesa.
9 Che cosa fare praticamente?
1) Partire dalla base e formarla? Disinteressarsi dei grandi organismi ecclesiastici, dei sinodi e
assemblee, dove lo Spirito Santo
è sconosciuto (!!?) dove si votano regolamenti, dove si nominano comitati, commissioni, dove
si passano delle ore su degli
« emendamenti »!!
2 Oppure riunirsi parallelamente a livello di alcuni paesi
(latini, europei?) tra alcune donne, in piccoli gruppi di lavoro e
mettere in chiaro tutto ciò, per
agire dopo sulla base?
3) Oppure, un'utopia? fare uno
sciopero della presenza femminile nella chiesa, il che vuoterebbe
i nostri luoghi di culto, le nostre
riunioni parrocchiali...
la liberazione
deila donna
che cosa vuol dire
per ii cristiano?
che cosa implica
nella società?
(segue da pag. 4)
difficoltà alle quali si urtano. Prima di tutto, bisogna convincersi
che l’emancipazione passa in primo luogo da una presa di coscienza individuale e dalla loro
azione nella pwalitica ». (La révolte des femmes. 1971, Jean Mauduit).
Non sono ancora trent’anni che
la donna ha il diritto di voto in
Italia, è una situazione nuova, alla quale si trova ancora impreparata; alcuni dicono che per due
generazioni, la tendenza è di votare come il padre e il marito.
Sarebbe interessante sapere come vengono accettate o incoraggiate le donne nei sindacati, consigli comunali, al parlamento... se
sono affidate loro attività piuttosto secondarie, di tipo sociale e
assistenziale, o un’attività qualsiasi. Ma se le cose non cambiano, come possono molte donne
assumere questo triplo ruolo?
Per molte un primo passo in questo senso è l’appartenenza a un
movimento femminile, professionale, ideologico, confessionale.
Nei paesi in via di sviluppo c’è
una netta presa di coscienza politica: la presidente di un movimento femminile a San Domingo, espulsa dal suo paese, esiliata
in Francia col minore dei figli, dice « la condizione della donna
della classe popolare, come d’altronde in tutti i paesi capitalisti,
è prima di tutto una condizione
di sfruttamento e di miseria;
quella della donna borghese è
piuttosto una condizione di dominazione nel campo politico,
sessuale, culturale... E da notare
che questa condizione accresce
la miseria della donna delle classi popolari... Si tratta prima di
tutto di lottare accanto alle classi popolari per le loro rivendicazioni immediate, e, a partire da lì
arrivare alla comprensione di tutti i sistemi di oppressione nei
quali ci troviamo in questo momento. Non crediamo insegnare
alle donne oppresse una certa
ideologia, si tratta piuttosto di
imparare con loro e di scoprire
tutte insieme il destino del nostro popolo ». (da ’’Jeunes Femmes”, maggio 1973).
Marie-France OSisson
Il opo queste idee più o meno teoriche e generali sull’emancipazione femminiie pensiamo che il discorso rimanga sempre aperto
ad altri approfondimenti ed azioni concrete. Perciò facciamo due
proposte per continuare in questa senso;
1. - Quali unioni o gruppi vorrebbero raccogliere materiale (facendo inchieste, registrando interviste al magnetofono ecc.) e preparare un’altra pagina suil’Eco-Luce, più concreta, sull’argomento (ad
esempio su situazioni concrete di donne che lavorano, di varie categorie, operaie, contadine ecc...; o chiedendo a giovani coppie e fidanzati come vedono e vivono questo problema in un mondo che cambia
rapidamente...)?
2. - Si potrebbe cercare di creare una commissione, anche con metodiste, battiste o altre, per continuare a tenerci aggiornate su questo
problema, o forse anche metterci a fianco di altri movimenti femminili italiani in qualche azione concreta, portandoci una voce evangelica e una testimonianza cristiana.
Aspettiamo reazioni e proposte.
m. f. c.
lA BIBBIA NEI MBNBB
a cura di Edina Ribet
ISotiziario Evangelico Italiano
Il patriarca ortodosso della chiesa
dell’ARMENIA ringrazia la Società biblica per la carta inviata per la stampa del N. Testamento in lingua armena corrente, che sarà edito in 10.000
copie ed uscirà nel 1974.
In GERMANIA e precisamente nel
Wiirttenberg vivono come lavoratori
immigrati 497.000 turchi, 472.000 jugoslavi, 422.000 italiani: il direttore della
Società biblica ha fatto una richiesta
urgente alla Società per ottenere copie
della S. Scrittura in queste diverse lingue da distribuire ai numerosi immigrati, al fine di obbedire convenientemente alla parola evangelica; « fui
straniero e m’accoglieste ».
La chiesa ortodossa greca è molto
riconoscente alla Società biblica per
la traduzione del Nuovo Testamento
in lingua greca moderna, ed attende
con ansia la traduzione dell’Antico Testamento nella medesima lingua, che
è in via di realizzazione.
Alcuni studenti della chiesa battista
della POLONIA hanno preso parte ad
una conferenza a Varsavia sul tema:
« il posto della S. Scrittura nella vita
degli intellettuali », seguita da animate
discussioni. La segreteria della Società
biblica per la Polonia ha invitato anche i partecipanti a riflettere sui mezzi migliori per presentare il messaggio biblico all’uomo moderno.
Nel Nord del DAHOMEY vive una
tribù dompago di 40.000 abitanti per
la quale la Società biblica ha tradotto
il Nuovo Testamento nel dialetto locale. L’équipe di traduzione era formata,
tra gli altri, anche da due giovani di
un’agenzia di agricoltura, Mosè e Silvano, messi a disposizione per la loro
buona conoscenza della lingua. Silvano, non potendo trasferire la sua famiglia composta da 17 persone, di cui
6 bimbi che frequentano le scuole, al
Centro missionario dove egli era impegnato per la traduzione, la lasciò al
paese in custodia alla sola moglie per
un anno intero, e la moglie si rivelò
all’altezza della situazione, malgrado
molte difficoltà. La gente della tribù
ha sete di leggere la Parola di Dio, e
così sono già stati stampati alcuni libri del N. Testamento — Evangelo di
Luca, di Giovanni, Alti degli Apostoli,
epistola di Paolo ai Romani — in attesa della stampa completa del N. Testamento. « La traduzione biblica — scrive il segretario della Società biblica
del Dahomey — è un compito molto
difficile, che richiede pazienza e perseveranza e attenzione sostenuta. Se volete tradurre bene esponete sempre il
vostro lavoro agli altri e permettete
loro di criticarlo, per poterlo correggere, se necessario. Colui che traduce
la Parola del Signore fa bene agli altri e a sé stesso ».
All’Assemblea FCEI
di Bologna:
il Servizio
di Azione Sociale
La relazione del « Servizio di azione
sociale » ricorda il lavoro compiuto nel
corso dell’anno: un convegno a Villa
San Sebastiano, un documento sulla situazione economica, sociale e politica,
frutto di una decisione dell’assemblea
del 1970; presenza nel lavoro del « team
ecumenico » che ha operato in particolar modo a Falerna; impegno nell'attività di alcune opere, come il Centro
di Villaseta... Prospettiva per il futuro:
una maggiore ricerca di confronto con
la realtà concreta del paese per scoprire le vere cause delle piaghe sociali,
anziché dare una veste « caritativa »
soltanto a certe iniziative che tendono
a dare una mano a situazioni particolari.
L’ordine del giorno votato dall’Assemblea contempla le linee seguite in
precedenza: promuovere convegni, conoscenza reciproca, aiuto fraterno tra
le varie opere sociali esistenti ed in
via di formazione. Per tale linea si chiede al Servizio di cercare per le varie
opere consulenti, esperti in quei settori,
e di affrontare il problema della qualificazione; si chiede al Consiglio di provvedere per la ristrutturazione dei « Servizi » con gruppi omogenei per i vari
compiti e con un coordinatore generale.
In tema di emigrazione l’Assemblea
dà mandato al Consiglio di affidare al
gruppo di lavoro per l’emigrazione il
compito di coordinare gli interventi e
le iniziative delle chiese locali con la
collaborazione del CESE, delle ricerche della commissione sinodale valdese e di altri strumenti in via di formazione.
In riferimento al problema dei turisti l’Assemblea raccomanda al Consiglio di prendere contatti con gli organismi protestanti delle Chiese europee
per migliori ’e organici contatti con le
comunità protestanti d’Italia.
Nel corso del dibattito sulla relazione s’è udita una voce che poneva all’assemblea il problema della testimonianza evangelica per mezzo di queste
opere e iniziative varie, turismo compreso. Probabilmente era « fuori tema », e il silenzio ha tacitato l’importuno.
Gustavo Bouchard
Crociata dell’Evangelo
Il direttore della Crociata dell’Evangelo ci dà le statistiche di questi ultimi tre mesi di lavoro: opuscoli distrL
buiti 936.828; corsi biblici richiesti
3202; corsi completati 254; testimonianze di conversioni 173; Bibbie distribuite 10; Evangeli distribuiti 4580; Nuovi
Testamenti distribuiti 208.
È lo scopo della Crociata portare lo
Evangelo in ogni casa per raggiungere
ogni persona nel luogo dove vive.
« Se — dice il direttore mondiale J.
Lee — l’ultima casa da raggiungere si
troverà in una meravigliosa isola del
Pacifico o in un gelido villaggio artico
noi la raggiungeremo ».
La Crociata offre a tutti l’opportunità di essere divulgatori del messaggio
evangelico, tramite gli opuscoli offerti
gratuitamente, da distribuire gratuitamente.
Crociata dell’Evangelo, Via Palestre
30, Roma.
I. A.
iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii
Doni prò Eco-Luce
Elena Codino, Pinerolo L. 1.000; Fam. Romano, Vercelli 1.000; Emilia Morel, Svizzera
5.000; Livio Codino, U.S.A. 8.525; Marzitelli,
U.S.A. 5.675; Marcella Cay, Pinerolo 5.000;
Silvio Benelli, Torino 2.000; Maria Luisa Callo, Almese 1.000; Tullio Beux, Torre PeUice
1.500; Felice Abbmia, Terrazza Piemonte
1.000; Emilio Buffa, Angrogna 500; Fam.
Montrucchio-Criset, Torino 1.000; Carlo Antonioli, Charvensod (Aosta) 6.000; Paul Cornuz. Svizzera 7.000; Bruno Ispodamia, Cenova-Sampierdarena 2.000; Elena Viglielmo,
Riclaretto 1.000.
Lalla Conte, in memoria di Renata Pacchierotti-Jalla L. 5.000.
Crazie! (continua)
8
pag. 8
CRONACA CELLE VALLI
N. 46 — 30 novembre 1973
LA COMUNITÀ’
verso ia stesura dello
MONTANA
Statuto
FRALI
Si è svolta sabato 24 novembre presso la sala consiliare di Torre Pellice l’attesa ’’Tavola rotonda”
ganizzata dal Consiglio di Valle sullo Statuto che la Comunità Montana Val Pellice dovrà darsi
or
L’incontro era stato previsto per
permettere a tutte le forze politiche
della valle, ai rappresentanti le varie
organizzazioni, a tutta la popolazione
interessata, di esprimere i loro suggerimenti in vista della prossima stesura
dello Statuto che regolerà l’attività della Comunità Montana.
II dibattito si è articolato in due
momenti; nella prima parte sono intervenuti gli invitati alla tavola rotonda: l’Avv. E. Bert in rappresentanza
del PCI, l'Avv. Cotta Morandlni per il
PSDI, G. Gamba per il PLI, il Dott.
E. Maccari per il PSI, l’Ass. C. Martina per la DC e il sindacalista Meotto
per i sindacati uniti OGIL-CISL-UIL.
Nella seconda parte sono intervenuti
liberamente quanti avevano segnalato
i loro nomi alla segreteria, sia ricollegandosi agli interventi precedenti, sia
avanzando delle richieste su argomenti diversi per i quali si richiedeva una
attenzione particolare nella formulazione dello Statuto.
L’Arch. Longo che fungeva da moderatore dell’incontro ha fatto presente che lo Statuto dovrà essere « caratterizzante » ed originale, un atto politico esprimente un’autonomia amministrativa, uno strumento elastico che
vincoli e responsabilizzi i Comuni secondo una nuova prospettiva che superi gli anacronistici limiti comunali
nell’interesse di un migliore assetto
economico, urbanistico c dei servizi
sociali della zona.
Gli interventi dei partecipanti alla
tavola rotonda toccheranno più volte
questi punti programmatici. L’Avv.
Bert chiarisce subito che l’inquadramento dello Statuto va considerato nel
contesto della legge istituente la Comunità Montana. Propone che sia garantita la più ampia partecipazione possibile sia in fase di programmazione
dello Statuto, sia nella sua esecuzione :
creando delle commissioni consultive
permanenti, esigendo una specifica attività di controllo da parte dell’assemblea della Comunità su ogni scelta importante che debba essere operata, la
istituzione di un Assessorato al lavoro
che affronti il grave problema occupazionale della valle. Raccomanda anche
una chiara e democratica suddivisione di compiti nell’ambito della giunta
per una maggior responsabilizzazione
e partecipazione dei suai membri.
L’avv. Cotta Morandlni ha commentato l’art. 7 della legge statale sulla
montagna che prevede la possibilità
per le Comunità Montane di redigere
dei piani urbanistici di zona, insistendo successivamente sulla necessità di
fare qualcosa per l’agricoltura. Il Sig.
Gamba richiede che sia concessa alla
rappresentanza della minoranza di
eleggere da parte della minoranza
stessa i loro rappresentanti nel Consiglio della Comunità ed aggiunge che
ciò che conta per il suo partito non
è la politica ma dei « sani criteri ».
E. Maccari critica duramente la legge della Regione Piemonte, la n. 17,
mentre sostiene che la 1102 nazionale
sia una delle leggi migliori nonostante
dica ben poco sul problema del «personale » che lascia aperti molti interrogativi.
Propone che si inserisca nello Statuto il concetto di « comprensorio »
pur usando ima diversa formulazione,
dal momento che i comprensori non
sono ancora stati istituiti. Fa presente
la necessità di alcune norme precise
sulla collaborazione con le Comunità
ed i Comuni vicini per la gestione di
servizi in comune, di poter usare
l’esproprio per la difesa dell’ambiente.
C. Martina dichiara di riscoprirsi
nel discorso di Maccari nella veste di
« sognatore » dicendo che secondo lui
si tratta praticamente di una fantaprogrammazione e sostiene che occorre mantenersi nel quadro delle finalità date dalla legge nazionale.
Il sindacalista Meotto pone con chiarezza il grave problema dell’occupazione in valle dicendo subito che il suo
intervento non vuole essere formale
ma inserirsi nei problemi fondamentali che dovranno essere affrontati dalla
Comunità Montana. Anche la Val Pellice fa parte di quelle zone d’alta Italia rimaste emarginate, non per caso,
dal processo di sviluppo economico
voluto dai padroni, con il conseguente
spopolamento, impoverimento ed elevata percentuale di persone anziane.
Oggi occorre una posizione nuova rispetto a quella che è la struttura industriale nella vallata in cui continua
l’espulsione della mano d’opera dalle
fabbriche. In mezzo a questi grossi
problemi la Comunità Montana non
può restare assente: si tratta di una
conquista democratica a cui occorre
ora dare dei contenuti con l’aggancio
ai reali problemi della valle. Nessuno
è contrario per principio all’ipotesi di
turisticizzazione ; ma è chiaro che questo non garantisce l’occupazione anzi,
copre il disegno di voler trasformare
le valli in « dormitori » e in zone "weekend”.
Meotto riassume il suo intervento
sottolineando la necessità di ulteriori
insediamenti industriali controllati e
non lasciati alle speculazioni dei padroni come in passato, l’intervento nel
campo degli emarginati con un servizio sociale zonale, l’assunzione da parte della Comunità di una parte dei costi della scuola d’obbligo, l’intervento
nell’edilizia scolastica, nella medicina
del lavoro e nei trasporti.
Nella discussione a « ruota libera »
che ne è seguita sono intervenuti gli
Insegnanti P. Gardiol e F. Agli che
hanno attirato l’attenzione sul problema scolastico che manca di programmazione, richiedendo norme statutarie
per la gratuita dei libri di testo; l’Avv.
M. Gay propone il superamento dei
conffni comunali verso la costituzione di un unico Comune Val Pellice;
R. Bcntempi rileva dagli interventi la
presenza di due modi diversi di comprendere lo Statuto, l’uno che tende
a sopravalutarlo e l’altro a sottovalutarlo; è un fatto però che lo Statuto
significa una reale conquista che permetterà un avanzamento sociale.
Il Prof. G. Malan richiede che vi sia
una ulteriore convocazione prima di
approvare definitivamente lo Statuto
e chiede il potenziamento del patrimonio culturale della valle, soprattutto in
riferimento al francese ed ai patois
occitani.
A. Sibille avanza la proposta di im
articolo che provveda alla difesa della
fiora e della fauna valligiana. Il past.
E. Genre chiede a nome del Centro
Diaconale un potenziamento, del servizio sociale che considera un elemento
caratterizzante della Comunità Montana di fronte al processo di forte
emarginazione che colpisce la vallata.
L’agricoltore Sig. Gönnet richiama l’attenzione sulla situazione disastrosa dell’agricoltura e sostiene che l’unica
possibilità per darle un aiuto consistente sia quello di creare altre cooperative agricole nella vallata.
B. Martina si lamenta dell’ostilità
nei confronti della DC, che definisce
ingiustificata e si augura che si possano superare le divisioni nell’interesse della valle.
A conclusione dell’incontro che ha
offerto un valido aiuto a livello di consultazione per la stesura dello Statuto,
l’Arch. Longo, presidente della Comunità Montana, ha assicurato che i suggerimenti saranno debitamente considerati e se sarà possibile (restano poche settimane) la bozza verrà sottoposta alla discussione in un prossimo incontro.
E. G.
PINEROLO
REPRESSIONE
GIUDIZIARIA
Nelle ultime settimane a Pinerolo abbiamo assistito ad una forte intensificazione della repressione giudiziaria in
merito a due problemi particolarmente
sentiti nella zona: i trasporti e l’esercito.
Gli studenti od i lavoratori pendolari
si sono mossi contro l’aumento delle
tariffe effettuato dalle autolinee: la
Procura della Repubblica ha emesso 7
denunce contro studenti ed operai per
interruzione di pubblico servizio, con
pesanti e numerose aggravanti, perché
avevano manifestato in Piazsza Cavour
a Pinerolo rallentando il traffico degli
autobus. La « legge » colpisce chi lotta
per i propri diritti, ma non tocca coloro che hanno la responsabilità principale di tutto (aziende private dei trasporti, enti locali finora assenti sul problema).
Un volantino in cui si esprimeva un
giudizio politico sulle manovre NATO
in Danimarca alle quali partecipavano
alpini della caserma « Berardi » di Pinerolo è stato utilizzato per colpire duramente persone politicamente impegnate: C. Canal, militante di un gruppo di sinistra, è stato arrestato a Susa
e trattenuto in carcere per sei giorni e
altre 12 persone a Pinerolo sono state
denunciate per il reato di istigazione
di militari a disobbedire ai propri doveri e di stampa clandestina con l’accusa di aver distribuito il volantino.
Una imputazione di questo genere
solleva gravi interrogativi in ordine al
rispetto delle fondamentali libertà di
espressione e di stampa che la Costituzione garantisce: troppo rapida e facile ci pare la classificazione come reato
di una posizione politica, classificazione
operata da certi settori della Magistratura.
Ma il problema più grave e che più
sollecita una presa di posizione è il numero impressionante di denunce e procedimenti penali per reati politici é di
opinione, iniziati negli ultimi mesi dalla Magistratura di Pinerolo. Li ricordiamo brevemente:
a) sull’esercito
— 6 soldati della caserma « Bochard »
incarcerati per 4 mesi a Peschiera e
2 militanti denunciati per un volantino;
— un alpino della caserma « Berardi »
mandato a Peschiera per avere espresso, durante una crisi nervosa,
valutazioni critiche sull’esercito;
— 2 preti di S. Lazzaro incriminati per
vilipendio per un volantino sul 4 novembre (volantino distribuito e non
condannato in altre parti d’Italia).
b) sul problema del fascismo
— 2 antifascisti condannati a circa 9
mesi complessivi per i fatti del febbraio ’71;
— appello del Pubblico Ministero contro l’assoluzione degli altri antifascisti;
— 5 persone denunciate per violenza
privata e furto aggravato per un episodio di risposta antifascista del
giugno scorso;
— una decina di antifascisti della Val
Pellice denunciati per violenza privata in relazione alla scoperta del
campo paramilitare squadrista alla
Liussa.
c) manifestazioni studentesche ed
operaie
— 7 operai della Beloit denunciati per
picchettaggio;
— 4 studenti denunciati per corteo non
autorizzato.
d) imputazioni varie
— 4 persone denunciate per istigazione
all’odio tra le classi perché attaccavano un manifesto per un convegno
del movimento Lotta Continua;
— il direttore del periodico « Chieri
operaia » che si stampa a Torre Pellice processato a Pinerolo per stampa clandestina (il giornale esce come supplemento ad altra pubblicazione) e diffamazione continuata
(aveva pubblicato un comunicato di
un Consiglio di Fabbrica contro i
crumiri).
Tutto ciò mentre:
1) su un episodio di gravissima intimidazione fisica diretta ad uccidere
(la bomba contro la casa parrocchiale
di S. Lazzaro), dopo 8 mesi gli organi
inquirenti rimangono nel più assoluto
silenzio per quanto riguarda lo stato
delle indagini. Non vengono inoltre celebrati processi molto importanti su
materie diverse (infortuni sul lavoro,
peculato e interesse privato in atti di
ufficio, fallimenti di aziende, ecc.);
2) continuano a giungere lettere anonime e minacce di marca inequivocabilmente fascista a militanti di varie
organizzazioni della sinistra e le trame
nere continuano senza grossi danni a
compiere le loro imprese;
3) gli studenti non possono più distribuire un solo volantino senza essere
fermati e identificati.
Di fronte a tutto questo (circa 60
persone denunciate o incarcerate) pensiamo che non sia né giusto né lecito
rimanere in silenzio, se è vero che
— in una Repubblica che è nata dalla
lotta di Resistenza si continua a discriminare e incarcerare gli antifascisti;
— gli strumenti giuridici del codice
Rocco promulgato dal fascismo continuano ad essere utilizzati per colpire, tra l’altro, opinioni difformi da
quelle dominanti ed ufficiali;
— non vengono rispettate le fondamentali libertà se chi si organizza per il
rispetto dei propri diritti viene considerato alla stregua di un « delinQuente ».
Rivolgiamo perciò un appello a tutti
i democratici, alle loro organizzazioni,
ai loro organi di stampa perché, al di
là delle diverse posizioni ed opzioni politiche, si apra un dibattito e si crei un
movimento attorno a chi oggi è colpito
dalla persecuzione giudiziaria da parte
di settori della Magistratura e che affronti sino in fondo i problemi che dai
fatti emergono.
Mirella Bein (preside - Torre Pellice); An
na M. Gay Albani (insegnante - Torre Pelli
ce); Ernesto Bein (assessore Torre Pellice)
Jean Louis Sappé (insegnante - Angrogna)
Maura Sappé (Impiegata - Angrogna); Fran
cesco Agli (cons. com. Luserna); Gardiol Pao
lo (insegnante); Paolo Frache (sindaco di Vii
lai Pellice); G. Stefanetto (sindaco di Torre
Pellice); Giovanni Baridon (sindaco di Bob
bio Pellice); Aldo Charbonnier (assessore Bob
bio Pellice); Benito Martina (sindaco Luserna); M. Chiapperò (cons. com. Bricherasio);
P. Martina (cons. com. Lusernetta); Delpero
Aldo (cons. com. Luserna); Mariena Gaietti
(assistente sociale consiglio Val Pellice); Fio
rentine Eynard (assessore Torre Pellice); Nico
lino Felice (operaio); Antonio Buffa (prete-ope
raio), e numerose altre firme.
Senza neve e senza netrelin
A Prali ormai tutto è pronto per l’inizio della nuova stagione sciistica. Piste
e mezzi migliorati, ricezione ampliata; nulla è stato trascurato per poter
sempre meglio soddisfare le esigenze
degli sciatori che hanno scelto questa
località come meta delle loro gite domenicali o che sono soliti trascorrervi
i loro week-end.
Da circa un mese è stato consegnato al Comune il mezzo fresaneve che
sarà adibito allo sgombero dei piazzali
e delle vie d’accesso ai condomini e
alle borgate.
A TORRE PELLICE
Ha due anni di vita
il Centro Anziani
Il « Centro d’incontro » anziani di
Torre Pellice ha compiuto due anni di
vita ed ha voluto ricordare questo periodo di attività con una simpatica festicciuola che ha avuto luogo lunedì
12 c. m. presso la Foresteria Valdese.
L’ampia sala era quasi al completo
(più di 200 gli intervenuti) e, fatto
estremamente positivo, ogni età era
rappresentata: oltre agli anziani si sono notati vari giovani e giovanissimi
fino ad arrivare ad un gruppo di bambini della scuola elementare del capoluogo di Angrogna. Non solo erano presenti i frequentatori dei due Centri di
Torre Pellice e i loro simpatizzanti,
ma anche rappresentanti dei gruppi di
anziani di Angrogna, di Bricherasio,
di San Giovanni e di Villar Pellice, che
hanno voluto partecipare alla loro
gioia.
La Sig.ra Cavagnero, frequentatrice
del Centro, ha dato il benvenuto ai
presenti, il sig. Bracco, altro « assiduo », con simpatico estro poetico ha
fatto la cronistoria della vita del Centro, la sig.ra Barone ha ricordato le
varie attività svolte (documentate con
quattro fogli ciclostilati, distribuiti all’uscita), la sig.na Gullo ha parlato del
gruppo anziani di Luserna San Giovanni, la sig.ra Gaietti, Assistente sociale del Consiglio di Valle, ha messo
in evidenza come il dare l’avvio, due
anni fa a Torre Pellice, ai diversi servizi sociali per gli anziani, ora estesi
anche a persone di altra età sia stato
incentivo al sorgere di analoghe iniziative in altri Comuni della Valle.
Ha preso, quindi, la parola il Sindaco di Torre Pellice che ha assicurato
gli anziani del massimo interessamento dell’ Amministrazione Comunale a
questo problema: sono stati stanziati
nel bilancio 1973-74 8 milioni per questa attività, cifra logicamente inferiore
alle necessità, ma che dimostra chiaramente il serio impegno degli Amministratori di agire al massimo delle loro
forze in questo settore.
Alla voce degli anziani si è associata
quella di due studenti che hanno voluto essi pure porgere i loro auguri.
A questo punto due anziani (87 e 80
anni) hanno spento le fatidiche candeline di una superba torta tra gli applausi dei convenuti.
La simpatica festa si è chiusa con
un rinfresco.
Non possiamo terminare così queste
aride note di cronaca; chi è stato presente all’incotro non ha potuto fare a
meno di essere colpito dalla gioia che
queste persone, legate da vincoli di
amicizia e di solidarietà. Quanto lontane ormai le convocazioni dei « vecchi »
in occasione delle festività di Natale e
di Pasqua per ricevere il famoso pacco, persone anziane che ringraziavano
i loro benefattori che con soddisfatto
paternalismo davano loro la mano...!
Oggi gli anziani erano essi stessi i
protagonisti, essi stessi avevano organizzato la loro festa con l’aiuto della
Animatrice del Centro, Assistente sociale del Comune di Torre. Tutti sentono di non essere più degli emarginati: partano, discutono, si occupano
di vari problemi, « si amministrano »
(hanno un loro piccolo bilancio).
I due « Centri d’incontro » di Torre
Pellice sono ormai una realtà viva e
operante nel tessuto della zona.
Uno dei presenti
A TORRE PELLICE
Incontro suU'Uruguay
Tutti noi lettori di giornali quotidiani e
settimanali siamo al corrente dei colpi di stato
che si scatenano un po’ ovunque nel mondo.
Nel pomeriggio della domenica 25 novembre, nella sala valdese di Torre Pellice, ci
siamo sentiti quanto mai vicini aH’Uruguay
ascoltando lo scambio di informazioni dateci
da due esuli politici uruguayani.
Questi due giovani uruguayani sono membri
del Comitato italiano per la difesa dei prigionieri politici del loro paese. In Uruguay il
numero delle vittime sale ormai a più di sei
mila, rinchiuse nelle prigioni e nei lager.
Sommessamente e chiaramente ì nostri due
ospiti hanno raccontato la storia del loro paese; un paese ricco di bovini e ovini e che fin
dal 1857 aveva attratto molti Valdesi dalle
Valli nel periodo di carestia che aveva colpi
to le nostre vallate.
Oggi il cibo scarseggia proprio in Uruguay;
si mangia pane nero e verdura, è vietato consumare carne bovina nonostante l’alta produzione che deve tutta essere esportata.
Il processo di inflazione è spaventoso : nel
1953 1 dollaro equivaleva a 2 pesos e mezzo,
oggi occorrono 1200 pesos per un dollaro!
Questo spiega come l’Uruguay, un tempo considerato la Svizzera dell’America Latina sia
ridotto allo stato di miseria e di povertà. Per
questo molle famiglie valdesi hanno fatto ritorno alle Valli dopo aver lavorato per alcuni
anni in Uruguay.
Il colpo dì stato del giugno scorso ha rinsaldato il potere nelle mani dei militari; l’esercito professionale, formalo dalla massa di di(se^ue a pag. 9)
Manca solo la neve. Ma potrebbe arrivare da un momento all’altro. « Dopo
il vento caldo, il mucchio freddo » dice
un vecchio adagio.
Malgrado questi accurati preparativi
non mancano certo le preoccupazioni
nel piccolo centro invernale per quello
che potrà essere la prossima stagione
invernale.
La maggiore preoccupazione viene
dalle misure adottate dal Governo per
ridurre il consumo di carburante nei
prossimi mesi. Il blocco della circolazione nei giorni festivi, colpisce duramente le piccole stazioni turistiche (che
non hanno alle spalle grossi gruppi finanziari) e che già tanto stentano a
quadrare i bilanci. Vietata la circolazione nei giorni festivi verrà automaticarnente a mancare alle stazioni invernali il fortissimo apporto economico
della massa di sciatori domenicali, con
le conseguenze economiche che è facile
immaginare.
A questa prima preoccupazione se ne
aggiunge poi un’altra che riguarda sia i
residenti, sia i proprietari di alloggi
nei condomini. Infatti molte scorte di
gasolio si assottigliano paurosamente,
malgrado l’autunno particolarmente
mite, né si sa se e quando potranno
essere rinnovate. Giusta preoccupazione se si pensa che oltre al pericolo di
rimanere al freddo si aggiunge quello
di notevoli danni agli alloggi a causa
della rottura delle tubazioni che d’altronde non è possibile scaricare se non
col pericolo di non più poter utilizzare
gli impianti fino alla prossima stagione
(l’acqua gela nelle tubazioni prima ancora di poter entrare in circolazione).
Come se tutto questo non bastasse,
ora si è anche diffusa in valle la voce
secondo la quale per il prossimo inverno la Provincia non sarebbe più in grado di assicurare lo sgombero della neve e la circolazione sulle strade di sua
competenza, vuoi per mancanza di fondi, vuoi per il rifiuto di continuare il
servizio da parte dei proprietari dei
camions che gli scorsi anni provvedevano allo sgombero della neve. Questo
secco rifiuto sarebbe motivato dal fatto che alle ditte appaltatrici devono ancora essere pagate le somme riguardanti le prestazioni degli scorsi anni. Pare
addirittura che quakhe ditta aspetti da
tre anni!
Secondo voci solitamente ben informate sembra che gli stessi dipendenti
provinciali (cantonieri) aspettino solo
la prima bella nevicata per entrare in
sciopero ad oltranza in quanto anche a
loro devono essere corrisposte notevoli
somme arretrate per trasferte e straordinari fatti durante le nevicate degli
scorsi anni.
Alle ferie pare abbiano ricevuto un acconto di 50 mila lire, poi, malgrado le
promesse, non hanno più ricevuto nulla. Sarà necessario uno sciopero perché venga loro corrisposto il dovuto?
Speriamo veramente di no!
Comunque, stando alle previsioni attuali, c’è da temere un inverno al freddo e bloccati in casa.
C’è veramente di che chiedersi: sono
questi gli aiuti dati alle popolazioni
montane?
erregi
Biblioteca s. lazzaro
La Direzione del Sistema Bibliotecario Provinciale informa che l'orario della Biblioteca di
San Lazzaro, a Pinerolo è il seguente : Lunedìgiovedì-sabato dalle 15,30 alle 18,30, venerdì
dalle 9 alle 11,30.
La direzione informa che la suddetta biblioteca funziona regolarmente ed è fornita di un
buon numero di libri di narrativa, di studio e
di enciclopedie.
BAZAR A PINEROLO
Sabato 8 dicembre, nei locali della Chiesa
Valdese, alle ore 14,30 avrà luogo l'annuale
bazar.
Seguirà alle ore 17 nel Tempio un concerto
della Corale di S. Germano di musiche e cori
natalizi. Parteciperà un gruppo di bambini delia
Comunità di Pinerolo. Tutti sono cordialmente
invitati e benvenuti.
THEATRE DE NICE
Si comunica che, per la serata di mercoledì
5 dicembre p. v., alle ore 21,15, il Centre Culturel ¡talo-francese, con sede a Torino, ha organizzato uno spettacolo teatrale in lingua francese al Teatro Nuovo con il Théâtre de Nice,
dal titolo: « Il était une fois Molière». Lo
spettacolo riveste un particolare Interesse per
la popolazione della Valle.
La Direzione didattica di Torre Pellice, accogliendo l'invito del Centre culturel, organizza il viaggio Torre Pellice-Torino e ritorno e
prenota i posti a prezzi ridotti ( poltrona
L. 2500; poltroncina L. 2000; galleria L, 1030).
I prezzi per il viaggio devono ancora essere
concordati.
Chi fosse interessato allo spettacolo, è invitato a comunicarlo alla Direzione didattica (tei.
91424) entro sabato 24 c.m., versando la propria quota dì prenotazione del posto. In sede
sarà possibile avere ulteriori informazioni (orario dì partenza, programma, ecc.).
OrPEDALE DI TORRE PELLICE
Si rende noto che l'orario per le vìsite ai degenti viene d'ora innanzi cosi stabilito: tutti i
giorni dalle ore 15 alle ore 16 e dalle ore 20
alle ore 20.30.
Per casi speciali richiedere un permesso fuori orario alla Direzione. Si prega di rispettare
detto orario, istituito per dare maggior tranquillità ai degenti e facilitare il lavoro infermieristico.
9
3G novembre 1973 — N. 46
Vita, problemi, prospettive delle chiese valdesi
pag. 9
UN DIBATTITO ORGANIZZATO DAI CONCISTORI DELLA VAL GERMANASCA G|¡
Che cos'è la "dispensa» cattolica
per i matrimoni interconfessionali
Accogliendo l invito della Conferenza Distrettuale di Prarostino, i Concistori della Val Germanasca
hanno organizzato un dibattito sul problema, in riferimento a una recente presa di posizione del Concistoro di Pinerolo: il can. Mercol ha presentato la posizione cattolica, V. Fornerone e Giorgio Tourn
guella del Concistoro pinerolese
si sono ritrovati a Villar Porosa
1 concistori della Val Germanasca
hanno preso sul serio l’invito della conferenza di Prarostino ad esaminare attentamente la posizione assunta dalla
chiesa di Pinerolo in materia di dispense cattoliche per i matrimoni interconfessionali. Hanno dunque convocato una riunione, che si è svolta il
25 nov., a scopo informativo, e si sono
rivolti al vescovo catt. rom. più vicino,
perché vi inviasse un esperto a spiegare che cos’è questa famosa dispensa; abbiamo cos, avuto il piacere di
accogliere il can. Mercol, che era accompagnato dal parroco di Perrero
Don Bessone. La chiesa valdese di Pinerolo aveva inviato ad illustrare la
sua posizione il sig. Valdo Fornerone
e il past. Giorgio Tourn.
L'incontro è stato effettivamente interessante. Il can. Mercol accetta di
parlare di matrimonio interconfessionale invece che di matrimonio misto,
si riferisce costantemente al documento del sinodo sul matrimonio e, partendo dai documenti ufficiali della sua
chiesa, illustra molto bene, chiaramente e concisamente, l’istituto della dispensa.
La salvezza, egli dice, viene da Cristo per mezzo della chiesa, la quale ha
il potere di legare e sciogliere; ma tale potere in concreto è stato attribuito alla gerarchia, che lo ha dagli apostoli per via sacramentale. La chiesa
d’altra parte è un mistero di salvezza, cui ciascuno ha parte mediante i
sacramenti, tra i quali quello del matrimonio. La validità del sacramento
è dunque fondamentale per la salvezza
e tale validità è, se non erriamo, garantita dal ministero ecclesiastico trasmesso con la successione apostolica
alla gerarchia. Se le cose stanno effettivamente così, la chiesa garantisce, a
quel che gli sposi fanno celebrando il
matrimonio, la piena validità di sacramento.
Nel caso che uno degli sposi non sia
cattolico, naturalmente il matrimonio
è un sacramento lo stesso, e infatti
viene celebrato nella chiesa cattolica
alla presenza del sacerdote, nelle forme stabilite dalla chiesa (questa è la
forma canonica). La domanda che si
può fare è questa: questo matrimonio
(tra un cattolico e un non-cattolioo)
sarebbe ugualmente un sacramento,
avrebbe la piena approvazione della
chiesa cattolica, anche se avvenisse
senza le forme canoniche, per es. in
un municipio o in una chiesa protestante? Il Papa ha risposto a questa
domanda nel 1970 con un documento
suo, ed ha risposto affermativamente.
Ma questa risposta affermativa del
Papa non è esente da condizioni. In
pratica la chiesa cattolica segue con
amorevole sollecitudine il suo membro che si sposa con un non-cattolico
in comune o in chiesa evangelica; lo
segue e desidera proteggerlo. Se non
puoi fare diversamente, gli dice, vai
pure a sposarti dove vuoi, ma sta attento; affinché il tuo matrimonio possa venir considerato sacramento è bene che tu ti renda ben conto che cattolico sei e cattolico rimani, che il matrimonio ha certe sue caratteristiche
fondamentali, e che devi allevare la
prole nella tua religione. Queste cose,
che per te sono importanti, mettile ben
in chiaro anche con il tuo futuro sposo o la tua futura sposa. Questo intervento della chiesa cattolica a favore
del cattolico si concreta in un documento scritto e firmato. A questo punto la chiesa cattolica non ha più nessuna difficoltà ad accettare, se non se ne
può fare a meno, che il matrimonio si
compia al di fuori della forma canonica e rilascia quindi la famosa dispensa. Questa è una specie di permesso con il quale il cattolico può sposare un non cattolico e per di più — novità del 1970 — lo può fare anche in
municipio e in chiesa protestante. In
altre parole questo matrimonio verrà
registrato anche sui registri della chiesa cattolica.
Il punto più delicato sembra a Don
Mercol quello dell’educazione della
prole. Egli si augura che tale educazione avvenga « nel confronto delle fedi,
e non già nello scontro delle famiglie
o delle credenze ». Perciò egli ritiene
opportuna la collaborazione pastorale
dei ministri delle due confessioni per
aiutare le famiglie nel loro compito e
prima ancora, per preparare i fidanzati. Possiamo ora ascoltare l’altra
campana, la chiesa di Pinerolo. Vorremmo però avvertire che il nostro
riassunto del dotto intervento del can.
Mercol è volutamente stato tenuto su
un tono più giornalistico, e che ovviamente dovendo riassumere cose tanto complicate in cosìi poco spazio possiamo esser incorsi in inesattezze, di
cui ci scusiamo. Del resto la chiesa
cattolica ha ampie possibilità di far
conoscere con più rigore la sua posizione. . ,
Il sig. Fornerone precisa la posizione della chiesa di Pinerolo sui seguenti
punti. La chiesa è partita da una riflessione di carattere generale sull ecumenismo e sul cattolicesimo^in Ita ha.
Sulla questione particolare dei matru
moni interconfessionali, le è parso che
la concezione sacramentale e gerarchico-autoritaria della chiesa cattolica
costituissero le maggiori difficoltà.
Tanto l’istituto della dispensa in sé,
quanto le condizioni che sono poste
costituiscono un grave problema. Il
matrimonio è valido comunque e dovunque dove un uomo e una donna
decidono di farlo; mentre voler vivere cristianamente questo matrimonio
è la cosa propria dei cristiani. La dispensa pone una limitazione: il matrimonio è valido nella misura in cui la
chiesa lo riconosce valido ; non è valido perché lo fai tu. Non solo, ma
— nella misura in cui la chiosa l’autorizza, — andrà sempre bene. Quindi
la dispensa facilita il matrimonio, ma
il permesso ottenuto dalla chiesa finisce per togliere la responsabilità personale. È un aiuto a non riflettere,
purché la chiesa sia d’accordo. La
chiesa di Pinerolo però non ha detto
.semplicemente: se venite con la dispensa non vi sposiamo più. Ha detto
invece alle coppie che hanno intenzione di sposarsi: venite prima dalla comunità nella quale intendete rendere
pubblico il vostro matrimonio, noi cercheremo msieme con voi il modo di
aiutarvi. Ma la dispensa no, il che non
vuol dire rifiutare il matrimonio, ma
rifiutare che il matrimonio avvenga
su basi incerte e confuse. In pratica la
dispensa serve solo a ribadire il vincolo giuridico dell’autorità alla quale
è sottoposto il cattolico, non a chiarire le basi di un matrimonio libero e
responsabile.
La discussione ha toccato diversi
punti : la dispensa come istituto ; le
cautele richieste, variabili da Stato a
Stato e persin da regione a regione;
infine il punto numero 6 del documento papale, secondo cui la parte non
cattolica deve ammettere i fini e le
proprietà essenziali del matrimonio cos', com’è definito dalla gerarchia cattolica.
Viene chiarito che il matrimonio
senza dispensa, per la chiesa cattolica
è invalido. Non s’è capito bene se chi
si sposa senza la dispensa sia scomunicato o meno. In pratica continuerà
a ricevere la comimione, ma verrà
ammonito ed esortato a rivedere la
sua posizione. Ad una precisa domanda del past. Tourn, il can. Mercol ha
risposto che in futuro la chiesa cattolica potrà anche ritener validi matrimoni interconfessionali senza dispensa.
Molto interessanti le osservazioni dei
membri dei concistori presenti. Secondo alcuni il documento papale del 1970
non innova molto. Se è vero che la
forma canonica può anche non esser
seguita, si tratta pur sempre di un matrimonio puramente cattolico nella sostanza e nei rapporti tra clero e po
l'OlO.
A questo punto qualcuno domanda
se il documento scritto col quale il cattolico s’impegna a tante cose, non sia
un semplice mezzo per farlo riflettere
e quindi per responsabilizzarlo. In fondo è doveroso che la chiesa cattolica
segua le sue pecorelle e le consigli ammonendole sulla serietà dell’atto secondo le sue concezioni. Ma a quanto
sembra non si tratta solo di questo.
Il dovere di avvertire e consigliare sta
bene, ma se la dispensa è condizione
di validità, si entra in una concezione
giuridica inaccettabile. Questo, alla fine, è risultato perfettamente chiaro.
S. R.
illlllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllillllllllllllllillllllli
Rubrica tv « Protestantesimo »
La Federazione
Giovanile Evangelica
La trasmissione della rubrica tv
« Protestantesimo » che andrà in onda
giovedì 6 dicembre (alle ore 18.30, sul
il canale) avrà come tema la Federazione Giovanile Evangelica Italiana.
Essa cercherà di chiarire il senso delr associazionismo giovanile odierno,
che non è più quello tradizionale: esso si coagula infatti più attorno a una
linea che attorno al fattore dell’età.
Partecipano alla trasmissione Sergio
Ribet, Vincenzo Ribet, Adelfia Sessa,
Francesca Spano e Paolo Sbaffi.
Domenica 18 novembre, gli amici della
Scuola Latina hanno passato insieme la giornata, accolti come sempre assai fraternamente
dai fratelli villaresi e dalla famiglia Geymet.
Li ringraziamo di cuore per la cura con la
quale organizzano sempre gli incontri e per
Tottimo pasto al quale hanno partecipato almeno 70 commensali, capeggiati dal c( direttorio » deir Associazione degli Amici della Scuola Latina, dai professori e dai membri del Comitato dei nostri istituti.
Subito dopo il pasto, parecchi oratori hanno preso la parola, tra cui il dott. Guido Ribet, il professor Augusto Armand Hugon,
preside del Ginnasio-Liceo di Torre Pellice, il
pastore StoUreiter, ormai assai noto in mezzo
a noi e gradito collaboratore neH’opera dei nostri istituti.
Tutti gli interventi sono stati volti a ricordare la funzione esesnziale delle scuole valdesi
nel quadro di una formazione evangelica dei
nostri ragazzi e la necessità di mantenerle
non soltanto efficienti ma pienamente vitali,
senza considerarle un semplice surrogato a ciò
che lo stato non fa e non vuol fare (almeno
dal nostro punto di vista).
Si tratta di una posizione che è largamente
seguita dai valdesi delle Valli e che auspichiamo sia sempre più sentita anche da quelli che
non consideriamo lontani da noi ma che lo
sono soltanto su di un piano geografico. Nel
quadro di una rinnovata presa di responsabilità del popolo valdese le nostre scuole sono
senz’altro uno strumento prezioso che va costantemente sostenuto, seguito, curato e rafforzato.
Mentre gli oratori parlavano molti amici
delle nostre scuole si sono uniti ai presenti e,
alla fine del pomeriggio, quando i ragazzi della Scuola Latina hanno terminato di intrattenere gli ospiti con canti appositamente preparati grazie alle pazienti cure della Sig.a Rivoira e la Sig.na Geymet ha riposto il proiettore cól quale aveva fatto vedere alcune diapositive assai interessanti, ci siamo accorti con
piacere che eravamo in numero largamente
superiore al centinaio.
Nel frattempo, i membri del Comitato del
Collegio e della Scuola Latina avevano approfittato di quest’occasione per avere un incontro con alcuni rappresentanti di comunità delle Valli che si erano detti disposti a far conoscere la funzione ed i problemi delle nostre
scuole ai membri delle loro comunità. Tale incontro è stato molto simpatico e fruttuoso e
speriamo che gli effetti, specie a lunga scadenza, si facciano sentire. Ringraziamo i fratelli
che hanno accettato di prendere questa responsabilità, sperando che siano seguiti da molti
altri nelle comunità che non erano rappresentate.
Come ognun sa, le nostre scuole costano e
costano caro. Se crediamo nella loro funzione
Alla Facoltà di Teologia,
buon inizio dei corsi
a Roma,
per laici
Lunedì 12 novembre ha avuto inizio
presso la Facoltà Valdese di Teologia
il corso di catechetica per adulti presieduto dal Prof. Valdo Vinay, con
esercitazioni sul Deuteroisaia.
Il Prof. Vinay è al suo 34“ anno di
insegnamento ed al 2° del suddetto
corso; quest’ultimo è infatti iniziato
nello scorso anno accademico (ne è
stata fatta relasione sul numero de
« La Luce » dell’8 dicembre 1972).
Va nuovamente affermata l’importanza di questi corsi non solo ai fini
di un rinnovamento nell’ambito della
Facoltà, ma soprattutto per preparare
i laici, sia valdesi che di altre denominazioni e cattolici, ai servizi da rendersi nelle comunità. Era infatti anor
Precisazione suii'insegnamento religioso valdese
nelle scoole medie di Villar Porosa
Mi scuso di non esser stato più sollecito nel
prender la penna circa uno scritto su questo
argomento apparso settimane or sono su questo giornale.
Lo consideravo come una delle tante cose
che i nostri giornali — per imparzialità .—
sono spesso costretti a pubblicare, ma ora,
dopo che numerose voci mi hanno chiesto di
intervenire, mi sento costretto a farlo.
E desidero anzitutto rassicurare tutte le famiglie in causa: I loro figli iscritti alla 1“ A
non corrono proprio alcun pericolo. Villar Porosa è l’ultima località delle Valli in cui potrebbe esistere un <c ghetto Valdese » come dice l’Eco delle Valli Valdesi-Luce.
Occorre poi precisare che gli alunni Vaidesi del 1° Corso non sono tutti compresi in
quella classe perché ve ne sono anche in 1“ D,
essendo stato il criterio di selezione quello
della lingua straniera prescelta, nonché se non
vado errato, quello delle ore di partenza degli Scuolabus, dato che tra gli alunni di cui si
parla non ve ne è neppur uno di Villar Peroas provenendo tutti da San Germano, Pramollo e Pomarelto.
Occorre, poi per chiarire bene la situazione,
conoscere quale sia il diario settimanale delle
lezioni di Religione del Pastore Valdese alla
Scuola Media Statale: Trattasi di nove ore
di lezione per 63 alunni :
Classe III: Sez. A, alunni 6; Sezione B,
alunni 8; Sez. C, alunni 4.
Classe II: Sez. A, alunni 11; Sez. C, alunni 2; Sez. D, alunni 2; Sez. E, alunni 6.
Classe I: Sez. A, alunni 22; Sez. D, alunni 2.
Appare evidente come questo peso di lezioni per le quali né lo Stato, né le Chiese contribuiscono un centesimo e che grava sulle
spalle di un uomo solo che deve pure attendere, oltre che al lavoro pastorale, a 2-3 lezioni alle Scuole Professionali e a 4 in quelle
elementari, sia oltremodo gravoso anche se
dei colleghi amici lo sollevano di qualche ora
alle Medie e se dei fratelli laici si occupano
delle Scuole Elementari.
Vorrei certo poter essere così presuntuoso
da potermi vantare che le Autorità Scolasti
che, commosse dal veder giungere quasi ogni
mattino a scuola, da ben undici anni, un po’
trafelato, un uomo che conta ormai 69 anni
e chiedere concitato ai bidelli : « Ha già suonato la campana? » per correre alla sua classe a far lezione a 10, 6, oppure anche solo a
2 alunni... Commosse, dicevo, avessero voluto
fare un bel gesto e dire : Per un anno almeno, alleviamogli il compito raggruppando alcuni suoi alunni in una classe sola...
Ma siam gente oltremodo ligia al dovere,
sia da una parte che dall’altra e mai avremmo pensato a delle soluzioni di comodo per
chicchessia. Quest’anno varie circostanze hanno imposto la soluzione di cui si parla e non
v’è motivo alcuno per temere che non sia
buona.
Chiedo scusa pertanto alla Amministrazione Scolastica per la critica mossa sui giornali
proprio da parte Valdese e da elementi della
mia comunità. Sono care ed ottime persone,
idéaliste assai e pronte a partire con la lancia in resta non appena hanno l’impressione
che vi sia una causa buona da difendere.
E forse non han torto di presentire che bisogna tenersi pronti a partire con la lancia in
resta... Questo, forse avverrà, ma in occasioni
e modi totalmente diversi da quelli passati.
Non si tratterà più di discutere su ghetti
Cattolici o Protestanti, ma su cristiani e anticristiani.
E concludo allora, esprimendo la mia riconoscenza alle Autorità Scolastiche per l’aula
riscaldata sempre messa a mia disposizione,
per avermi dato un posto nel consiglio dei
Professori e per aver sempre avuto verso di
me un comportamento gentile, corretto ed
amichevole.
Ringrazio anche i cari protestatori che mi
hanno costretto a fare una cosa che in passato non avrei previsto : quella di inviare uno
scritto oltre che al nostro Eco delle Valli-Luce,
anche all’Eco del Chisone. Lo faccio volentieri e lo farò ancora in avvenire, se gradito.
Per esempio, poiché siamo in argomento, parlando dell’insegnamento religioso nelle Scuole.
Enrico Getmet
Pastore Valdese a Villar Perosa
male che la Facoltà si riempisse annualmente delle sole leve diciannovenni destinate al ministerio pastorale. Oggi è invece più che mai necessario prepararsi a rendere ragione della speranza e della fede che è in noi
in questo mondo che contesta la fede
e rifiuta Dio. E se non si vuol venir
meno al principio evangelico del sacerdozio universale è necessario prepararsi ad esercitare i ministeri nella
Chiesa. Nella comunità infatti non si
può abdicare dalle proprie responsabilità e delegarle al pastore. È dunque bene che la Facoltà si apra non
solo agli studenti regolari o no, ma
a tutti coloro che sentono tale responsabilità di servizio.
In questa visione si è quindi aperto
il suddetto corso. Gli iscritti quest’anno sono 33. Va notato che era dal lontano 1950 (in quell’anno gli studenti
interni erano 32) che non si verificava
una presenza così numerosa ad una
lezione della Facoltà. Dobbiamo renderci conto che ciò è frutto della perseveranza nel lavoro teologico svolto
con vero spirito di vocazione e di sacrificio e con viva sensibilità pastorale dal Prof. Vinay, il quale, non sembri esagerato, è realmente riuscito a
dare un senso a tutto un aspetto del
lavoro teologico che si è andato sviluppando in questi ultimi tempi nella
Facoltà e a dare a quest’ultima nuovo
respiro e una funzione nell’ambito della comunità cristiana, e non solo evangelica, quando in questi ultimi anni ai
corsi normali per il conseguimento
della licenza teologica in vista del ministerio pastorale gli iscritti si potevano contare sulle dita di una mano.
Nella linea di questo impegno di
preparazione dei credenti, il Prof. Vinay tiene altri due corsi, aperti anch’essi ai non studenti:
il corso di catechetica ed omiletica, il mercoledì;
il corso di storia del Cristianesimo
antico, il giovedì.
Gli iscritti complessivi ai tre corsi
sono 39 (inclusi gli studenti regolari),
cosi suddivisi:
corso di catechetica ed omiletica: 12
corso di storia del Cristianesimo: 19
corso di catechetica per adulti: 33.
Esaminando tutto da! punto ■ di vista di semplice membro di chiesa, dopo l’amarezza avuta in questi ultimi
anni a causa dell’esaurirsi continuo
che si doveva constatare nelle funzioni della Facoltà, non posso che ringraziare il Signore, il quale nonostante
questi momenti di crisi suscita nella
sua Chiesa un servitore quale il Prof.
Vinav. Carlo Vicari
dobbiamo anche accettare di pagarne il prezzo. I presenti l’hanno così ben capito che una
somma considerevole ha potuto essere raccolta alla fine della giornata. Ricordiamo che
l’associazione degU Amici deUa Scuola Latina
assume dei carichi finanziari assai forti per il
funzionamento di detta scuola. Sappiamo che
anche l’assoeìazione degli Amici del Collegio
fa largamente la sua parte nel suo campo e
speriamo che continui a darci un appoggio
sempre più prezioso ed insostituibile.
Intanto, gli amici deUa scuola evangelica
di Oberschiitzen hanno tenuto a farci sapere
con quanto piacere hanno incontrato gli aUievi dei nostri istituti e le nostre comunità. Speriamo che questi contatti possano durare nel
tempo ed intensificarsi. Sono infatti un aspetto assai simpatico ed assai importante della
vita delle nostre scuole.
uno dei presenti
Incontro sulTUruguay
(segue da pag. 8)
soccupati (su una popolazione di 3 milioni
circa di abitanti sono 300 mila i senza lavoro)
che, una volta inseriti nell’esercito percepiscono una paga superiore a quella di un professore di Università. In questo regime militare e poliziesco centinaia di persone vengono
imprigionate; non solo gli appartenenti ai
partiti democratici, la repressione colpisce degli innocenti che non si sono mai occupati di
politica ma che vengono denunciati alla polizia in questo clima di terrore. Attualmente
sono imprigionati un discreto numero di preti e di pastori valdesi uruguayani.
Non esiste ancora la fucilazione programmata come in Cile ma le atrocità che vengono commesse nelle carceri con ogni sorta di
torture spesso non lascia sopravvivere i prigionieri.
Nello scambio di informazioni seguite all’esposizione dei due uruguyani il fratello
Tommasini, recentemente rientrato dall’Uruguay dove risiede con la famiglia, ha fornito
ulteriori chiarimenti.
I due giovani uruguayani avevano assistito
aUa mattina al culto e sono rimasti colpiti e
commossi daUa lettura e daUa predicazione su
Matteo 25: 31-40 : « perché ebbi fame e mi
deste da mangiare... fui in prigione e veniste
a trovarmi...».
La mostra preparata dai giovani della EGEI
sulla situazione delle Valli al tempo delle prime emigrazioni e sulla situazione di oppressione e di torture di oggi in Uruguay offre
una commovente documentazione; chi non
abbia avuto occasione di vederla potrà farlo
presso il museo dove sarà presente per l’VIII
centenario di Valdo.
II nostro Moderatore Aldo Sbaffi si recherà
in febbraio per visitare le comunità valdesi
del Sud America e potremo cosi avere ulteriori informazioni. E non dimentichiamo che
la sottoscrizione per i fratelli sudamericani è
sempre aperta. Graziella Jalla
RINGRAZIAMENTO
I figli di
Giovanni Luigi Costantino
esprimono la loro riconoscenza per le
prove di simpatia ricevute per la dipartita del loro caro e ringraziano tutti coloro che con scritti e di presenza
hanno preso parte al loro dolore.
In modo particolare ringraziano i
Pastori Genre e Deodato, il Dott. Ross,
le famiglie Fornerone e Griglio, l’Associazione Carabinieri in congedo - Sezione di S. Germano Chisone.
S. Secondo di Pinerolo, 24-11-1973.
RINGRAZIAMENTO
« L’Eterno è il mio pastore, nulla
mi mancherà» (Salmo 23: 1).
È mancata all’affetto dei suoi cari
Anna
Ved.
Fraschia
Coì'sson
di anni 85
Lo annunciano nel dolore i figli:
Elda, Irma, Linette, Alice, Alberto;
i nipoti: Franca CoASson, Renata, Luciano, Elio Pons con la moglie e i bimbi ; la sorella, il fratello e parenti tutti.
La famiglia ringrazia quanti le sono
stati vicini durante la malattia della
sua Cara e in occasione della sua dipartenza. In modo particolare ringrazia il Dott. De Bettini per le assidue
cure prestate e i pastori Coisson e
Bertinat per le parole di conforto e
di speranza.
Angrogna 22 novembre 1973.
RINGRAZIAMENTO
Le famiglie Hugon, Bellion, Dema,
Armand-Hugon, riconoscenti per le
prove di simpatia ricevute per la dipartita del loro caro
Carlo Hugon
ringraziano tutti coloro che con scritti
e di presenza hanno preso parte al loro dolore e in modo particolare i pastori Sonelli e Bellion, il dottor De
Bettini per le amorose cure prestate,
i cari Elena e Franco Davit e l’Associazione degli Ex-Carabinieri.
10
pag. 10
I NOSTRI GIORNI
30 novembre 1973 — N. 46
UITA ITALIANA a cura di Emilio Nitti I
Il SKiitl del Imessire in crisi
Il problema della crisi energetica
era stato da tempo sollevato in ambienti scientifici e tecnici ed in particolare era stata denunciata la scarsezza delle risorse petrolifere mondiali.
Nonostante ciò gli studi intorno alla
utilizzazione di risorse energetiche alternative (nucleari, idriche, solari...)
^no rimasti a livello sperimentale ed
in Italia sono pressocché inesistenti,
dato lo scarso sviluppo che vi ha la ricerca scientifica.
I recenti episodi di guerra nel Medio Oriente e le prese di posizione del
mondo arabo, massimo produttore di
pretrolio, hanno fatto precipitare la situazione. E questa la manifestazione
più grave della crisi deirimperialismo
occidentale, che teneva in stato di soggezione quei paesi e che oggi, per le
mutate condizioni deH'equilibrio politico internazionale ha perduto buona
parte della sua forza. É come diretta
conseguenza questa crisi ha sconvolto
il mondo capitalistico occidentale il
cui « benessere » può sussistere solo
se costruita sulla miseria altrui, solo
finché i paesi occidentali potevano disporre del petrolio arabo pagandolo al
prezzo di mercato, cioè ad un prezzo
tanto più basso quanto più rapidamente i giacimenti venivano svuotati.
Questa concezione politica è messa in
crisi e molte sicurezze economiche sono crollate, ora che i paesi arabi hanno iniziato a gestire politicamente ed
economicamente le proprie risorse e
che non c’è la possibilità per le potenze occidentali di tentare un'azione di
forza (ricordiamo lo sbarco anglo-francese a Suez dopo la nazionalizzazione
del Canale nel 1956!).
Noi evangelici, che tante volte abbiamo denunciato lo sfruttamento del terzo mondo ad opera dei paesi sviluppati, non potremo certamente disapprovare queste trasformazioni in atto,
anche se costeranno sacrifici a noi ed
ai nostri concittadini. Un pensiero solo può rammaricarci e si riferisce al
fatto che gli aumentati profitti dei paesi arabi non significano affatto, per il
momento, un miglioramento del tenore di vita di tutti i cittadini arabi, ma
solo un maggiore accumulo di lingotti
d’oro nei depositi intestati ad emiri e
sceicchi presso le banche svizzere. Non
ci resta quindi che sperare in una prossima trasformazione sociale di quei
paesi, che veda realizzarsi una più
equa ripartizione della ricchezza nazionale; ed accettare questa sconfitta
dell’occidente come un fatto di giustizia...
Quello che ci sembra invece non possa essere accettato passivamente è che
questa situazione di obbiettiva difficoltà debba essere ulteriormente aggravata nel nostro paese ad opera delle
Compagnie Petrolifere (in buona parte americane), che rifiutano di ridurre
i loro profitti e vogliono fare slittare
gli aumenti del costo del greggio sul
singolo consumatore. Non si può tacere le responsabilità del nostro Governo nell’aver trascurato Io sviluppo dell’ENI (Ente Nazionale Idrocarburi),
l’unico che avrebbe potuto controbilanciare lo strapotere delle compagnie
petrolifere private a capitale multinazionale. Né si può tacere intorno alla
irrazionalità dello sviluppo del nostro
paese, non regolato da alcuna seria
programmazione, aperto ad un caotico
consumismo e libero pascolo del più
sfrenato profitto capitalistico. Va certamente denunciata rirresponsabilità
delle nostre classi dirigenti, che non
hanno previsto una pianificazione sociale dei consumi, o perché non ne sono stati capaci, o perché vi erano contrari. Si dirà che la crisi non tocca
solo noi, ma tutto l’occidente. Siamo
d’accordo, non a caso abbiamo premesso che questo della crisi energetica è un segno della più ampia crisi
del sistema capitalistico, ma non è un
caso che questa crisi abbia colpito in
modo particolarmente pesante l’Italia.
E danni ancor maggiori c’è da aspettarsi nei prossimi mesi, per le difficoltà che incontreranno moltissime
medie e piccole industrie, oltre che vasti settori del ramo terziario (trasporti e commercio) e del turismo. Date
certe premesse di politica economica,
il nostro Governo non poteva che prendere i provvedimenti urgenti che ha
......................................imi
Grave siccità
nel Sahara algerino
Una grave siccità nella parte settentrionale
del Sahara algerino ha provocato il prosciugamento dei pozzi e la perdita di ovini e del
raccolto invernale di grano. Il flagello ha colpito due milioni circa di contadini dimoranti
nella vasta area che si estende tra i confini
tunisino e marocchino.
Nell’oasi di Ouargla (800 chilometri a sud
di Algeri), solo un pozzo artesiano funziona
ancora, e l’acqua è severamente razionata.
I prezzi del foraggio e del grano sono aumentati a causa della speculazione degli accaparratori, mentre quello delle pecore è sceso da 200 a 40 dinari per un capo. È in pericolo pure il raccolto dei datteri.
preso (salvo lievi variazioni che non
rnuterebbero la sostanza). Ma è possibile che in Italia si governi solo attraverso provvedimenti urgenti, costosi,
improduttivi ed impopolari e non si
possa invece puntare su un’ampia riforma della società che potrebbe, se
non evitare, rendere meno gravosi i
contraccolpi dell’economia internazionale?
Due grossi interrogativi restano poi
ancora aperti e li vogliamo affidare
come tali alla riflessione dei lettori.
Le recenti restrizioni dei consumi imposti dal Governo, con tutte le loro
conseguenze e la loro impopolarità,
non potranno aprire il fianco a critiche e ad iniziative, capaci di determinare un indebolimento o un rovesciamento delle istituzioni democratiche?
E poi, in questo momento difficile
l’omogeneità dei provvedimenti presi
dai vari governi occidentali, nonostante la grande varietà di situazioni locali, non può farci sospettare resistenza
di un piano del capitalismo intemazionale per far pagare una volta di più
i danni della crisi alle masse dei lavoratori ed uscirne indenne, sia pure attraverso un’ampia e generale ristrutturazione?
Il « Pioneer 10 »
in vista di Giove
Ormai vicina all’(Abiettivo principale della
sua missione, la sonda spaziale <c Pioneer 10 »
ha oltrepassato le minuscole « lune » esterne
di Giove e, sotto gli effetti della forza gravitazionale del pianeta Giove, procede con velocità sempre maggiore verso la mèta.
Il 3 dicembre il « Pioneer 10 » sfiorerà Giove, passando a 130.000 chilometri dalla sua
superficie per proseguire, poi, il suo volo e
perdersi nello spazio extragalattico.
DUE GIORNATE SULLA NONVIOLENZA
(segue da pag. 1)
Ricca ha posto in rilievo la paradossale contraddizione che intercorre fra la
lettura del Vangelo e la lettura della
storia della Chiesa cristiana.
La nonviolenza, ha poi proseguito, è
strettamente connessa al messaggio cristiano. Gesù ha rifiutato tanto la violenza umana che quella divina. Mentre
infatti nel Getsemani egli ordina di rimettere la spada nel fodero a chi vo
li costo della guerra americana in Vietnam
400 mila miliardi di lire
Che la guerra in Vietnam, oltre ad uno
spaventoso costo in vite umane, in distruzioni, in sofferenze, in disagi inenarrabili, sia costata agli americani — tramite le tasse —
delle cifre astronomiche, già si sapeva, ma
ora, secondo una corrispondenza da Washington pubblicata dal giornale radicale Liberazione, dobbiamo constatare che la verità supera
la stessa immaginazione. È inutile ogni commento: il suddetto articolo, che pubblichiamo
qui appresso, si commenta da sé.
* Ss *
Ogni vietnamita ucciso è costato al contribuente americano quattrocento milioni di
lire.
nord - sud - est - ovest
■ Con una produzione di oltre 150 milioni
di tonnellate di accaio grezzo e almeno
Ilo milioni di tonnellate di semilavorati,
l’industria siderurgica americana ha già raggiunto quest’anno un primato senza precedenti. Si apprende inoltre che gli ordinativi
ricevuti dalle aeciaierie amerieane le manterranno occupate a pieno ritmo per tutto il 1974.
I La siccità, che ha causato decine di migliaia di morti in Etiopia in queste ultime settimane, è stata al centro della conferenza di « buon vicinato » apertasi a Dar es
Salaam ed alla quale partecipano i Ministri
degli esteri di sedici Paesi dell’Afriea centroorientale.
■ Secondo una fonte uffieiale portoghese,
riferisce l’AFP, Herminio da Palma Una
cio, capo del gruppo di opposizione « Lega di
unità e azione rivoluzionaria » è stato arrestato a Lisbona.
■ In aleuni dipartimenti del Perù, fra cui
quello di Cuzco, si sono avuti disordini e
il governo ha dichiarato lo stato d’emergenza,
sospendendo le garanzie eostituzionali.
I II parlamento ha approvato a forte maggioranza il trattato di libero commercio
con i paesi del Mercato Comune Europeo; la
Finlandia è così legata commercialmente sia
con il MEC sia con il COMECON, la comunità economica dei paesi comunisti.
Per risarcire i familiari di quelli uccisi per
sbaglio, 240 mila lire.
La guerra nel Vietnam è costata al contribuente americano 676 miliardi di dollari, pari
a circa 400 mila miliardi, o quattrocento trilioni di lire. A questo totale è giunto il prof.
Tom Riddel dell’università Bucknell dopo
calcoli piuttosto complessi che hanno incluso
168 miliardi e 200 milioni di dollari per le
spese di bilancio dal 1950 al 1973, 353 miliardi e trecento milioni in pensioni di guerra
e interessi sui prestiti di stato, 2 milioni per
i negoziati di pace, cinque miliardi e ottocento milioni per la conversione nazionale da economia di guerra a economia di pace e 143
miliardi e 600 milioni di dollari per l’interrott^ produttività eivile dei soldati statunitensi impegnati in Indoeina.
Se si ealcola che i vietnamiti uccisi nei due
settori del paese asiatico sono stati almeno un
milione si deduce pertanto che il contribuente americano ha pagato o pagherà quattrocento milioni di lire per ogni cittadino o partigiano vietnamita ammazzato. E non è detto
che il tesoro degli Stati uniti non abbia cercato di fare delle economie in questa guerra:
basterà citare solo il caso del bombardamento aereo cc per sbaglio » del villaggio di Neak
Luong sul fiume Mékong che il 6 agosto
scorso costò la vita a 137 militari governativi
e civili cambogiani. I familiari degli uccisi
hanno ricevuto ora a testa 400 dollari, pari a
240 mila lire. Al tempo stesso, il quartier generale dell’aviazione americana ha annunciato che 1 ufficiale di rotta della stratofortezza
B52 che aveva commesso l’errore di puntamento è stato punito con una multa di settecento dollari, pari a 420 mila lire.
Direttore responsabile: Gino Conte
Reg. al Tribunale di Pinerolo
N. 175 - 8/7/1960
L’UNIVERSITÀ’
DEI
GORILLA
Col termine
« gorilla » si usa
spesso indicare gli
agenti, politici o
militari, di certe repubbliche sudamericane, famosi per le loro azioni brutalmente oppresive, spesso esercitate
in modo brigantesco e addirittura con
feroci torture. Sul « Nouvel Observateur » (del 22-28.10.73) è stato pubblicato un articolo (a firma François
Schlosser) che descrive la scuola istituita dalle autorità militari USA, nella
quale i « gorilla » vengono « preparati » per i loro compiti di dominio. Compiti considerati, come tutti sanno, sommamente utili alTimperialismo nordamericano.
La barriera di rete metallica e filo
di ferro: « che separa l’universo sudamericano dalla "zona del Canale di
Panama", è chiamata dai panamensi il
"muro della vergogna” ». « Dietro la
barriera regna V’American way of life” ( = modo di vita americano). Enormi edifici ospitano i servizi d'un organizzazione che fa oggi tremare l’America latina: il "Southern Command"
(= comando del Sud). La sua ultima
vittoria: il Cile.
Il Southern Command è insieme una
centrale d’informazione, una "università militare” pluridisciplinare, e una
base d’operazioni.
Nella scuola antiguerriglia, migliaia
d’ufficiali e di sottufficiali latino-americani s’esercitano alla guerra antisovversiva. Gli ufficiali ricevono una formazione tecnica completa nelle diverse scuole militari sparse nella zona del
Canale: scuola di comunicazioni, scuola di stato-maggiore, scuola d’aviazione. Certi edifici sotterranei, certi locali scavati nelle rocce ospitano il centro
nervoso d’un sistema di comunicazione che ricopre l’intero continente.
In una tale sede, i responsabili americani sono direttamente collegati, con
teletrasmissioni, coi loro corrispondenti installati in tutte le capitati sud-americane. Il ruolo di quei corrispondenti
è più importante di quello degli ambasciatori americani "ufficiali".
Una rete aerea si sovrappone a quella delle telecomunicazioni. Per raggiungere Rio, Santiago o Montevideo, gli
agenti civili e gli "allievi” militari del
Southern Command dispongono di aerei privati e di aeroporti privati. La
creazione del centro risale all’inizio degli anni ’60. Esso realizza una scelta
strategica decisa da Washington dopo
lo scacco dell’’’Alleanza per il Progresso” L II programma generoso di Kennedy, diretto ad aiutare i paesi che
avessero fatto delle riforme sociali ed
agricole, era andato in fumo di fronte
alla esistenza delle caste direttive latino-americane. Per arginare il diffondersi della "sovversione” castrista, gli
Americani decisero di giocare la carta
dei militari.
Echi de Ila settimana
a cura di Tullia Viola
Coop. Tip. Subalpina - Torre Pellice (Torino)
' Programma di modernizzazione dell’intervento capitalistico USA nell’America latina.
Nelle scuole di Panama è nato un
mito: quello della "solidarietà" dei soldati sud-americani. L’azione psicologica è ampiamente riuscita. Tema: "Noi
abbiamo le stesse preoccupazioni, noi
siamo dei patrioti, noi vogliamo delle
riforme e noi abbiamo un nemico comune, il comunismo". Negli ufficiali c
nei sottufficiali cattolici degli eserciti
del Sud, per lo più provenienti dalle
classi medie, queste formule sempliciste sono generalmente sufficienti a cementare una coscienza politica elementare. Trentacinque mila di questi hanno ricevuto la buona parola del Southern Command. Essi forniscono i quadri degli eserciti che hanno preso il
potere nel Brasile, nella Bolivia, nell’Uruguay, nel Cile. E la "solidarietà"
dei gorilla non è una parola vana.
I Brasiliani hanno fornito ai militari
uruguaiani un aiuto efficace, nel "mettere a posto" i Tupamaros. In Bolivia,
i loro "specialisti” hanno attivamente
partecipato alla "normalizzazione”
operata da Banzer^. Oggi è venuto il
turno del Cile. I gorilla boliviani, brasiliani ed uruguayani sono a Santiago,
a Valparaiso e a Concepción. Negli
stadi, nei campi di concentramento,
nelle prigioni, essi interrogano, selezionano e uccidono secondo i metodi sperimentati, che sono stati loro inculcati
nelle scuole di Southern Command ».
Concludendo, vogliamo osservare:
1) che le autorità USA si dimostrano degne continuatrici dei loro illustri
maestri hitleriani;
2) che, al confronto, quanto accadde nel 1968 in Cecoslovacchia sembra
esser stato un semplice giuoco di fanciulli
3) che ormai non è più possibile
meravigliarsi di nulla, neanche del fatto politico più mostruoso: un centro
d’informazione come questo Southern
Command, propaga necessariamente
la peste in tutto il mondo. Dunque non
ci meraviglia né che « un aereo spia
statunitense, pilotato da ufficiali americani, abbia guidato il bombardamento del palazzo della Moneda (in Santiago) e coordinato le operazioni dei golpisti » (v. i particolari sul «Manifesto»
del 25.11.’73), né che scienziati illustri
abbiano collaborato nella « Divisione
Giason » delle autorità USA per potenziare e raffinare le armi distruttive nel
Vietnam (v. questo settimanale n. 20
del 21.5.72 e n. 27-28 del 14.7.’72, arti.
« La perdita dell’onore » e « Premi Nobel »), né che « l’uso della tortura sui
prigionieri, per ottenere informazioni,
venga insegnato ai militari dei paesi
defila NATO, ad ugual titolo delle altre
discipline» (da un rapporto del movi
^ Dittatore della Bolivia, di origine tedesca
(probabilmente, e più precisamente, di origine
nazista).
^ Anche se, moralmente, altrettanto abietto.
mento « Amnesty
International», pubblicato da «Le Monde», n. 8975 del 22
novembre ’73), ecc.
UMBERTO
TERRACINI
PARLA DEL MEDIO ORIENTE
-k II senatore Terracini, una delle
personalità del PCI alle quali va tutta
la nostra stima, è stato intervistato da
«L’Espresso» (v. n. 44 del 4.11.’73 p.
5), insieme ad altri noti ebrei italiani,
sulla quarta guerra arabo-israeliana.
Dalle risposte del Terracini riportiamo
i passi seguenti.
« Bisogna riconoscere che le sinistre
in Europa devono farsi un’autocritica.
Spesso infatti, e forse proprio perché
incoraggiate dalla condotta degli ebrei
della diaspora, esse hanno fatto di
tutte le erbe israeliane un fascio, condannando in blocco tutto ciò che in
Israele c’è e tutto ciò che vi è stato
fatto. Senza ricordare che, come in
ogni paese del mondo, anche in Israele c’è una classe operaia, la quale,
checché si dica, non è tutta araba e
che non è aprioristicamente sorda alle
esigenze di una lotta contro l’attuale
governo del suo paese. Ci furono ad
esempio, dei convegni internazionali
indetti dalle sinistre europee nei quali
venne accettato o almeno tollerato il
veto dei rappresentanti arabi alla partecipazione di esponenti israeliani democratici e progressisti. E ciò non è
riuscito ad altro che a incoraggiare in
Israele stessa la corsa a destra. (...)
Ha sempre costituito un volgare errore la rappresentazione totalitaria delle Nazioni e dei popoli distinguendoli,
al modo di Mussolini, fra nazioni e popoli sfruttatori e nazioni e popoli
sfruttati. Il discorso sui popoli arabi
verte essenzialmente sul ruolo che essi hanno nella lotta contro l’imperialismo, e giustamente li si è considerati
allora come un potente fattore di disgregazione dell’imperialismo dell’occidente. Ma poi si è trascurato di giudicare, nella loro realtà politica e sociale, i singoli paesi arabi, nonostante la
grande diversità delle toro regioni e
del loro grado di sviluppo civile. Fu
per richiamare l'attenzione su questo
aspetto del problema arabo che io, al
XII congresso del mio partito, rivolsi
un saluto ai comunisti dell’Egitto, del
Marocco, del Sudan e, allora, anche
dell’Iraq, perseguitati, incarcerati e
ammazzati da quei governi. Credo che
anche adesso sia necessario non farsi
completamente condizionare dal conflitto in corso dimenticando le distinzioni necessarie fra paese e paese arabo e, all’interno di ciascuno di essi, fra
le forze delle classi lavoratrici e quelle dei ceti e dei gruppi reazionari dominanti ».
È necessario avvertire i nostri lettori, che le nostre valutazioni personali
non coincidono con quelle del Terracini? Ma noi apprezziamo grandemente la sua obiettività, la sua scrupolosa
onestà e il suo profondo rispetto delle
idee degli altri.
leva difenderlo colle armi in pugno, altrettanto ha respinto le invocazioni di
coloro che chiedevano la distruzione
degli « empi ».
L’etica cristiana e la pratica nonviolenta si incontrano in una loro comune
componente basilare e cioè: vincere il
rnale col bene. Vi è quindi nella nonviolenza, condivisa anche da molti noncredenti, il germe per un mondo nuovo.
Nel includere. Ricca ha puntualizzato
quali sono le caratteristiche fondamentali della nonviolenza:
La nonviolenza è un riflesso dell’amore della vita, riflesso che di conseguenza bandisce l’aggressione ed i rapporti
di forza in tutte le componenti della
società.
La nonviolenza è quindi un segno anticipatore della riconciliazione del
mondo.
La nonviolenza mette l’uomo al primo posto, dopo Dio; non l’uomo astratto o idealizzato, ma l’uomo concreto
che ho dinnanzi a me.
La nonviolenza, incentrata sull’amore per l’uomo, porta fino al sacrificio
estremo, fino alla croce, per la liberazione e per la salvezza dell’uomo stesso.
Il successivo intervento, per parte
cattolica, di don Gramaglia ha posto (
Taccento sulla violenza, ed è stato es- senzialmente una impressionante testimonianza dell’asservimento della Chiesa cattolica ai poteri costituiti, alle suei
alleanze ibride e blasfeme, in modo,
particolare coi regimi nazisti e fascisti,
culminati nei concordati coi regimi di
Mussolini e di Hitler, a « coronamento » di una politica di sempre maggior
collaborazione e di alleanza. Numerosi
sono stati gli esempi di questa alleanza (giuramento dei vescovi, elogi e riconoscimenti alla politica fascista e nazista), mentre è anche stato ricordato
il sacrificio di pochi religiosi — eliminati colla pena capitale — per la loro,
opposizione al regime nazista.
Egli ha anche ricordato — come una
esemplificazione che meriterebbe davvero di essere pubblicata — come nel
campo deH’arte (musica e lettere) sia
andato consolidandosi attraverso i secoli un innaturale ed anticristiano connubio fra Dio e patria.
Infatti — come aveva accennato nella sua premessa — per un cristiano il
concetto di « patria » dovrebbe essere
del tutto estraneo e quindi respinto, in
quanto egli è « forestiero e pellegrino »
su questa terra e non può quindi idealizzare il suolo sul quale per accidente
egli è nato. È stato l’uomo, il potente di
turno che, attraverso un abile lavoro
secolare, ben coadiuvato dalle « autorità » ecclesiastiche, e col costante supporto dei cappellani militari, ha saputo
c potuto contrabbandare il concetto di
« patria sacra » (concetto che vediamo
ancora accolto nella nostra Costituzione). Mentre infatti il cristiano dovrebbe_ sentirsi cittadino del mondo, proprio in base all’insegnamento del Vangelo, le potenze terrene (ivi compre.sa
la Chiesa) hanno « sentito » il bisogno
di Dio per giungere al concetto di patria e per contrapporre l’uomo all’uomo.
Concludendo il suo intervento, Gramaglia ha auspicato che l’etica cristiana possa finalmente trovare un suo spazio politico coerente con la fede. Fede
che, come prima cosa, deve liberare
l’uomo dalla paura e consentirgli di denunciare non solo tutte le aberrazioni
del potere ecclesiastico, ma di proporre delle reali alternative.
Fra i vari manifesti esposti alla mostra, faceva spicco quello a cura della
LOC (Lega obiettori di coscienza),arelativo alla imminente chiamata alle
armi della classe 1955. Che cosa deve
fare il giovane che non intende rispondere a questa chiamata? Secondo la
legge approvata l’anno scorso (anche se
limitativa e discriminatoria, per cui vi
sono parecchie proposte di modifica)
egli può far domanda, entro i 60 giorni
successivi al manifesto di chiamata —
e cioè dal 10 dicembre 1973 all’8 febbraio 1974 —, di prestare servizio alternativo (di 8 mesi più lungo) dichiarandosi obiettore di coscienza. Detta
domanda deve essere presentata al proprio distretto militare su carta da bollo, specificando se desidera effettuare
il servizio militare non armato oppure
il servizio civile. A seguito della domanda, un’apposita commissione, assunte
le relative informazioni, decide in merito. In caso di accoglimento della domanda, il giovane potrà svolgere il servizio alternativo; in caso negativo, potrà far ricorso al Consiglio di Stato: in
questo caso, di norma, il ministro so.spende l’invio della cartolina precetto
in attesa della definizione del ricorso
stesso. Per ulteriori precisazioni e indicazioni forniamo l’indirizzo della LOC:
Via di Torre Argentina 18, Roma, che
potrà a sua volta fornire notizie più
dettagliate e dare l’indirizzo delle altre
numerose sedi o recapiti (sono 55) sparsi in tutt’Italia.
Roberto Peyrot
IIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIMII
■ È stato tenuto recentemente, a Roma, un
simposio sulle bioproteine. Si è calcolato
che nel 2000 il fabbisogno di proteine per
l'alimentazione umana ascenderà a 108 milioni di tonnellate, il doppio di quante ne vengono prodotte attualmente e risulta difficile
aumentare in questa misura la produzione, di
pari passo con l’aumento della popolazione.
Come per l’analfabetismo, malgrado i grandi
progressi che si realizzano via via. l’aumento della popolazione mondiale fa si che nelgli analfabeti; cresce la produzione oroteinica,
l’insieme le carenze si fanno sempre maggiori : crescono gli alfabetizzati, ma ancor più
ma crescono ancor più gli affamati.