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ECO
DELLE mu VALDESI
BIBLIOTECA VALDFSS
10066 TORRE PEIL ICE
Settimanale
della Chiesa Valdese
ABBONAMENTI / P®*"
\ L. 4.500 per resterò
Anno 109 - Nnm. 15,
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TORRE PELLICE - 14 Aprile 1972
Amm.: Via Cavour, 1 bis - 10066 Torre Pollice - c.c.p. 2/33094
Il paradosso delle Beatitudini
Fra gli ascoltatori del culto radio, domenica scorsa, forse più d’uno avrà trovato discutibile la predicazione di una delle beatitudini, quella annunciata ai «facitori di pace ». Arduo è predicare le beatitudini,
nel loro paradossale realismo tutto teso al futuro di Dio. Ci è tornata alla mente una vivida pagina di
Paul Tillich: si tratta di una breve predicazione sul testo biblico di Luca 6, 20-26, parte di una raccolta
di sermoni. Si scuotono le fondamenta, pubblicata in italiano dall’editore Ubaldini (Roma 1970). Riportiamo il testo di questa predicazione, nella suddetta traduzione. Nemmeno Tillich esaurisce certamente
l’inesauribile ricchezza e profondità della parola di Gesù; dà tuttavia delle linee maestre che ci paiono
avvicinarci sensibilmente ad essa
Chiese e missioni cristiane si pronunciano sulla imminente
Conferenza mondiale per il commercio e lo sviluppo
Per una pìD effettiva sulidarietà
fra puveri e ricchi
Lettori e studiosi de] Nuovo Testamento trovano spesso che non il sottile argomentare di Paolo o la mistica
saggezza di Giovanni, ma i semplici
detti di Gesù, quali sono riferiti dai
primi tre evangelisti, sono i più difficili da interpretare. Le parole di Gesù
sembrano così chiare e semplici e adeguate che è quasi inconcepibile che
non se ne possa cogliere il significato.
Ma quando ci viene chiesto di dire
con parole nostre che cosa significano, scopriamo un piano di significato
dopo l'altro. Ci rendiamo conto che le
parole di Gesù, a noi note fin dalla
più tenera infanzia, ci sono incomprensibili. E se tentiamo di penetrare,
siamo spinti da una profondità all’altra: senza fine. Nulla sembra più semplice, eppure nulla è più sconcertante
che, per esempio, la Preghiera del
Signore, le Parabole e le Beatitudini.
Abbiamo udito le quattro Beatitudini e le quattro Sventure, quali sono riferite da Luca. Il loro significato sembra inequivocabile. I poveri, quelli che
adesso hanno fame, quelli che adesso
piangono, quelli che sono isolati e insultati, sono lodati, complimentati,
per così dire, perché possono attendersi proprio l’opposto. E i ricchi,
quelli che sono sazi, quelli che ridono,
quelli che sono popolari e rispettati,
sono commiscrati, perché devono attendersi proprio il contrario della loro situazione.
Sorgono due interrogativi: Ch^ cosa
viene promesso e a chi? Che cos’è il
regno promesso ai poveri e chi sono
i poveri che lo possederanno? E chi
sono i ricchi, ai quali sono minacciate
le Sventure, e che cosa accadrà loro?
Matteo tentò di rispondere a questi
interrogativi. Disse che i poveri sono
i poveri di spirito, e che quelli che
hanno fame, hanno fame di giustizia.
Disse che quelli che piangono, piangono per la condizione del mondo. E a
loro è promesso il regno dei cieli, la
visione dello Spirito Divino, il conforto e la misericordia del Regno di Dio.
È giusta l'interpretazione di Matteo?
O Matteo e, con lui, le Chiese cristiane ufficiali hanno spiritualizzato le
Beatitudini? O, d’altra parte. Luca e,
con lui, i molti movimenti settari e
rivoluzionari hanno distorto le Beatitudini da un punto di vista materialistico? Entrambe le osservazioni sono state fatte ed entrambe sono sbagliate. Se vogliamo la vera risposta,
dobbiamo vedere a chi parlava Gesù.
Egli parlava a due tipi di individui.
Gli uni vivevano col cuore rivolto
allo stadio^ venturo del mondo. Erano poveramente adattati alle cose
quali erano. Soffrivano nelle loro condizioni di vita. Molti erano diseredati,
insicuri , affamati, oppressi. Non c’è
distinzione nelle Beatitudini fra il bisogno spirituale è il bisogno materiale, e non c’è distinzione fra la soddisfazione spirituale e la soddisfazione
materiale. Quelli ai quali Gesù parlava avevano bisogno dell’una e deil’altra. Né i profeti né Gesù spiritualizzalono il messaggio del Regno. Né lo
intesero e lo interpretarono come il
risultato di una rivoluzione puramente
materiale. Il Cristianesimo afferma
Tunità di corpo e anima. Le Beatitudini lodano quelli che saranno soddisfatti in tutto il loro essere.
Ma gli altri, ai quali Gesù parlava,
erano quelli ai quali promise le Sventure. Essi erano perfettamente adattati al presente stadio! ¿gl mondo. Vivevano col cuore nelle cose quali sono. La loro vita era ben sistemata;
godevano di prestigio, potere e sicurezza. Gesù li minacciò spiritualmente
e materialmente. Erano legati a questo secolo, e sarebbero scomparsi con
questo secolo. Al di là non avevano
nessun tesoro.
La situazione del popolo di Galilea,
al quale Gesù si rivolgeva, è ancora la
nostra situazione. Le Sventure sono
promesse oggi a quelli di noi che vivono nell'agiatezza, rispettati e sicuri,
non perché abbiano tale sicurezza e n
sicurezza né popolarità, che si dolgo- to vivono in due mondi, il mondo pre
no nel corpo e neH’anima. E sono promesse loro non perché essi siano nel
bisogno', ma perché il fatto stesso di
essere nel bisogno e di soffrire può distogliere i loro cuori dalle cose quali
sono, e volgerli al secolo venturo. Le
Beatitudini non glorificano quelli (individui o classi) che sono poveri e in
miseria, perché sono poveri. Le Sven
Gesù, alzati gli occhi verso i suoi discepoli, diceva:
Beati voi che siete poveri, perché il
regno di Dio è vostro.
Beati voi che ora avete fame, perché
sarete saziati.
Beati voi che ora piangete, perché
riderete.
Beati voi, quando gli uomini vi avranno odiati e quando vi avranno banditi d’infra loro e vi avranno vituperati
e avranno proscritto il vostro nome come abominevole per causa del Figliai
dell’uomo. Rallegratevi in quel giorno
e saltate di letizia, perché, ecco, il vostro premio è grande nei cieli. Infatti
i padri loro facevano lo stesso ai profeti.
Ma guai a voi, ricchi, perché avete
già la vostra consolazione.
Guai a voi che siete ora sazi, perché
avrete fame.
Guai a voi che ora ridete, perché sarete in lutto e piangerete.
Guai a voi quando tutti gli uomini
dirán bene di voi. Infatti i padri loro
facevano lo stésso'con i falsi profeti.
(Luca6: 20-26)
ture non sono promesse a quelli (individui o classi) che sono ricchi e sicuri, perché sono ricchi. Se così fosse, Gesù non avrebbe potuto promet
sente e il mondo avvenire. E minaccia
i ricchi in quanto vivono in un mondo
■soltanto.
Questo crea una tremenda tensione
nella nostra vita. Noi viviamo in due
ordini, dei quali uno è il rovescio dell’altro. L’ordine venturo è sempre lì
che viene, scrolla questo ordine, combatte con esso, lo vince e ne è vinto.
L'ordine venturo è sempre vicino. Ma
non possiamo dire mai: « È qui! È
là! ». Non possiamo mai afferrarlo.
Ma può afferrarci. E tutte le volte che
ci afferra, siamo ricchi, anche se in
questo ordine siamo poveri. La nostra
ricchezza è la nostra partecipazione all’ordine venturo, alle sue battaglie, alle sue vittorie, alle sue sconfitte. Siamo beati, possiamo gioire e tripudiare
anche quando siamo isolati e insultati,
perché il nostro isolamento appartiene
a questo ordine, mentre noi apparteniamo all’altro! Siamo beati, mentre
quplli che rigettano il nostro nome
sono da comrniserare. Con la loro paura e disperazione, e con il loro odio
contro di noi, provano che le Sventure minacciate loro da Gesù sono già
diventate realtà. Perdono l’uiiico e solo ordine che hanno; si disintegrano
fisicamente c spiritualmente. Forse
non è ingiusto considerare la catastrofe del mondo attuale un adempimento
delle Sventure minacciate da Gesù a
un ordine sociale ry^fo. sazio, lieto,
contento di e M s*. rediamo a questo, possiamo anche credere che i poveri, gli aflamati./ gli afliiiti e i perseguitati di questa/catastrofe sono quelli in cui si manifesta l’altro ordine.
Può darsi che lo tradiscano. Tuttavia
sono i primi a essere chiamati. Soltanto attraverso il paradosso delle
Beatitudini possiamo cominciare a capire la nostra vita e la vita del nostro mondo. Paul Tillich
(E.P.D.) Dal 13 aprile al 16 maggio
si terrà a Santiago del Cile la terza
Conferenza delle Nazioni Unite per il
Commercio e lo Sviluppo (UNCTAD).
Al centro dei lavori, secondo un resoconto di « UNCTAD 3 Reports », stanno « i rapporti politici ed economici
fra il mondo dei ricchi e quello dei
poveri ».
Il Consiglio missionario evangelico
e quello cattolico della Svizzera hanno preso lo spunto da questo evento
per indirizzare al Consiglio federale
elvetico, alla Divisione per il Commercio del Dipartimento federale di
economia politica e alla delegazione
svizzera alla terza Conferenza dell’DNCTAD la seguente dichiarazione:
« La Svizzera sarà rappresentata da
una delegazione alla terza Conferenza
delVUNCTAD a Santiago del Cile. Il
Consiglio missionario evangelico e
quello cattolico della Svizzera sollecitano questa delegazione a non rappresentare soltanto gli interessi commerciali elvetici, ma ad assumere al tempo stesso un atteggiamento di solidarietà nei confronti degli interessi delle nazioni del Terzo mondo, nel senso dell’attiva politica estera del Consiglio federale ». In una lettera d’accompagnamento al Consiglio federale
i presidenti delle due società missionarie, il dr. F. Raaflaub e il vescovo
dr. J. Hasler, sottolineano che un’attiva politica dello sviluppo non comprende soltanto un aiuto diretto allo
sviluppo, ma anche l’appoggio alle
esigenze avanzate dalle nazioni del
Terzo mondo in fatto di commercio
e di economia.
Nella Repubblica federale tedesca
i! Consiglio della Chiesa evangelica in
Germania (EKD) e la Conferenza episcopale cattolica tedesca hanno anch’essi pubblicato congiuntamente
una dichiarazione, dal titolo « Partner
nell’economia mondiale », indirizzata
al governo federale della Germania
occidentale e alla Comunità europea
in Bruxelles. Nella loro lettera le due
Chiese constatano nel mondo un di
tere ai poveri il rovescio della loro
situazione. Egli loda i poveri in quan
lllllllllllllllllllllllllllllllinillllllllllllllllllllllllllllMllllllllllllllllllllllllllllllIlllllllllIllllllllIMllllllllllllllllllllllllllllllllllMIMIIIimilIMllUllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllll
Una «parlila a poker»: i poveri non possono rischiare
Levata di saudi cantre le ingiustizie
nel sistema degli scambi internazinnali
Oltre 3000 delegati di 14T nazioni parteciperanno alla terza Conferenza dell'UNCTAD, le cui sessioni si terranno a Santiago del Cile
dal 13 aprile a! 16 maggio. L'entusiasmo e l'euforia con cui era
stata accolta la prima Conferenza, riunita a Ginevra nel 1964, si
sono andate via via attenuando e, di fronte al fallimento del « decennio dello sviluppo », hanno lasciato il posto all'amarezza e ai
contrasti, già palesi alla seconda Conferenza riunita nel '68 a Nuova
Delhi. Nell'ambito dell'UNCTAD, è andato acquistando intanto importanza il « gruppo dei 77 » ( nazioni del Terzo mondo unitesi per
sostenersi a vicenda di fronte alle nazioni industriali ), che in realtà
riunisce oggi 96 nazioni. Negli ultimi anni ha avuto successo la lotta
condotta dai paesi dell'OPEP ( Organizzazione dei paesi esportatori
di petrolio), che con gli accordi di Teheran e soprattutto di Tripoli
sono riusciti a imporsi alle nazioni consumatrici. Infine, per la prima
volta partecipa a una Conferenza dell'UNCTAD una delegazione
della Repubblica popolare cinese. E' chjaro l'alto interesse di questa
assemblea. L'articolo che segue è tratto, come l'illustrazione, dall'ultimo numero di « Mani tese », il periodico dell'organizzazione
assistenziale omonima.
Sempre più frequentemente Paesi
in via di sviluppo invocano una nuova politica degli scambi internazionali per permettere lo sviluppo delle
loro economie.
Tale nuova politica è divenuta oggetto di discussione e di controversia
nelle assise mondiali degli organismi
preposti al commercio internazionale.
Tra un mese avrà inizio la 3® Conferenza (la prima è avvenuta a Ginevra
nel '64 e la seconda a Nuova Delhi
nel ’68) delle Nazioni Unite per il Commercio e lo Sviluppo (C.N.U.C.E.D. o
spetto ma perché questo inevitabil- U.N.C.T.A.D.). Molte voci si sono le^----,._r — £------------ ----Í ;----Í vate sia nei Paesi «arretrati» che ne'
mente li lega, con forza quasi irresistibile, a questo secolo, alle cose quali
sono. E le Beatitudini sono promesse
oggi a quelli di noi che non hanno né
! N.d.r. : La contrapposizione biblica fra secolo (eone) presente e avvenire implica non
evoluzione, bensì rottura e nuova creazione.
Paesi altamente industrializzati, a denunciare le attuali relazioni commerciali fra Paesi a diverso grado di sviluppo ritenute non giuste.
Su questa levata di scudi contro
l’attuale sistema degli scambi internazionali se ne innesta inevitabilmen
te una seconda: l’assistenza ai Paesi
« arretrati », nelle sue molteplici forme (finanziaria, tecnica ed alimentare) è l’altemativa più facile, più immediata per accelerare il decollo di tali
economie. Essa può essere un palliativo usato dai Paesi industrializzati per
nascondere il vero problema dei rapporti commerciali fra Paesi ricchi e
Paesi poveri e per eludere i tentativi
di riforma di tale sistema. Concretamente poi, tale assistenza finanziaria
spesso si risolve in nulla di fatto poiché quello che viene concesso sotto
forma di aiuti, anche cospicui, viene
ripreso tramite il gioco del commercio internazionale, che risulta nettamente sfavorevole ai Paesi emergenti.
Qualcuno paragona tale situazione
drammatica ad una partita a poker
tra dei giocatori ricchi e dei giocatori
poveri. I primi possono rischiare,, i secondi no. Per tale ragione i primi gua
vario crescente fra povertà e sovrabbondanza. L’imminente Conferenza
dell’UNCTAD « non può portare a un
ulteriore estraniarsi fra nazioni in fase di sviluppo e nazioni industriali ».
Dovrebbero invece essere create condizioni « tali da fare finalmente delle
nazioni in fase di sviluppo dei partner
alla pari delle nazioni industriali. Se
26 anni di DC
all'Istruzione
In 26 anni, e cioè dal 1946 ad oggi
(e colla sola eccezione di due anni e
mezzo di « interregno » con un ministro liberale e uno social-democratico)
i ministri alla pubblica istruzione sono
sempre stati dei democristiani.
In un quarto di secolo le riforme sono state quelle che sono state e le scuole di ogni ordine e grado, a partire da
quelle materne per finire alle università, sono in gran parte carenti e inadeguate al ruolo che dovrebbero svolgere. Malgrado le forti e costanti pressioni, sia dairesterno- che nell’ambito
stesso della scuola, il problema della
istruzione in Italia nel suo complesso,
a partire dalle aule per finire ai libri
di testo, rimane tuttora da affrontare e
soprattutto da risolvere.
D«1 libra
da Catto« fraJai y AalbaI flato
Cosi ì latino-americani visualizzano lo strangolamento e la
vulnerabilità delle economie sottosviluppate.
dagnano, i secondi sono condannati a
perdere. Per continuare a giocare, i
ricchi prestano ai poveri, e così di seguito.
Il solo modo per uscire è il pervenire al cambiamento delle regole del
gioco.
L’espressione « deterioramento dei
termini dello scambio » indica una
prima ingiustizia che noi attuiamo cigni giorno quasi inconsciamente.
Acquistiamo al miglior prezzo possibile, nei Paesi del « Terzo Mondo »,
le materie prime di cui abbiamo bisc^
gno (caffè, tè, cacao, banane, arachidi,
rame, ferro, stagno, manganese, petrolio...). Prendiamo l’esempio del caffè
che costituisce una espiortazione vitale
per numerosi Paesi africani (la Costa
d’Avorio, rUganda, il Cameroun) o latino-americani (il Brasile, la Colombia): quando noi paghiamo un chilo di
(continua a pag. 6)
la questione sociale del nostro secolo
deve trovare soluzione — si nota —
il sistema economico mondiale deve
essere migliorato in modo radicale.
L’aiuto allo sviluppo dato dalle nazioni industriali diventa non credibile se
non è accompagnato dalla volqntà di
migliorare l’econtìmia mondiate attuale, che rende sfavoriti in modo permanente i due terzi dell’umanità ». Alla
dichiarazione sono allegate proposte
concrete per il miglioramento della
economia mondiale, elaborate da una
commissione di esperti delle due
Chiese.
iiiiiiiiiiniiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiimiimiiiiiiiiiiiiiiiimii
Che cos e l'UNCTAD?
La Conferenza delle Nazioni Unite per il
Commercio e lo Sviluppo fu creata in seguito
ad una risoluzione votata dalVAssemblea Gene-rate delle Nazioni Unite nel 1961. Detta Con-ferenza si riunisce con una periodicità qua~
driennale (in teoria dovrebbe essere triennale)
Due organi permanenti assicurano la continuità della Conferenza:
— il Segretariato permanente;
— il Consiglio del Commercio e dello Sviluppo che è composto da 55 membri: 18 paesi
occidentali più il Giappone; 22 paesi afroasiatici; 9 paesi latino-americani; 6 paesi delVEst..
Da tale Consiglio dipendono quattro Commissioni specializzate. Esse corrispondono ai
quattro problemi principali di cui VUNCTAD
(o CNUCED) si preoccupa, studia e tenta di
risolvere:
1) i prodotti di base; 2) i manufatti; 3) le
partite « invisibili », cioè scambi che non sona
basati sulle merci come i noli, il turismo ecc.;
4) i trasporti marittimi.
Le decisioni sono prese dalla Conferenza
con la maggioranza dei due terzi e dal Consiglio con la maggioranza semplice.
141 Paesi fanno parte delVUNCTAD in seno a cui i Paesi del « Terzo Mondo » /oliarono nel giugno del 1964 U « gruppo dei 77 »
per dar vita ad un fronte organizzato dei paesi sottosviluppati visti gli scarsi e deludenti
risultati della prima conferenza tenutasi a Ginevra dal 23 marzo al 16 giugno 1964.
Da allora il <x gruppo dei 11 » ha conservato questo nome anche se oggi ne fanno parte ben 96 paesi.
iiiiiiiiiiniimiiiiimiiiiiiiiiniiiiiiiiniiiiiiiiimiiiiiMiimit
Le malattie del cuore:
tema della Giornata mondiale
della sanità
Cessare dì fumare e non mangiare troppo,
questi sono i due primi comandamenti da osservare, secondo il dr. M. G. Karvonen, direttore dell’Istituto di igiene del lavoro a Helsinki, se si vuole conservare il cuore in buona
salute.
Per prevenire le malattie coronariche occorre inoltre : mangiare meno grassi, evitare il
tuorlo d’uovo, preferire i cereali, il pesce, i
legumi, la frutta, le insalate e l’oiio vegetale,
farsi misurare la pressione arteriosa almeno
ogni cinque anni.
Questi sei comandamenti del dr. Karvonen
figurano in un articolo scritto per sottolineare
la giornata internazionale della sanità (7 aprile) c pubblicato su « La Santé dans le Monde », la rivista deU’Orgamzzazione Mondiale
della Sanità (OMS), interamente consacrata
in quest’occasione alle malattie cardiache.
(Inf. UNESCO)
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pag. 2
N. 15 — 14 aprile 1972
LA BIBBIA NON LCTTA
Il caMÌPÌe\\e nozze
Notiziario Evangelico Italiano
Nella precedente noterella s’è appena accennato aH’interpretazione allegorica che ha permesso al Cantico
dei Cantici di entrare nel canone della Bibbia e di avere, dopo la Torah,
un posto d’onore nelle letture liturgiche degli ebrei. S’è pure detto che
la medesima interpretazione allegorica (con le varianti del caso) è rimasta nella Chiesa Cristiana, anche se
con qualche contestazione, soprattutto
in tempi recenti.
Prima di dare qualche cenno su
detta interpretazione, mi sembra necessario ribadire due concetti: a) impossibile stabilire se la lirica (o le liriche) del Cantico sia già nata nella
mente dell’autore (o degli autori) con
intento allegorico, o se abbia rivestito i panni deH’allegoria in un secondo
tempo, dopo un periodo di uso, diciamo così, « profano ». Tanto Luna come l’altra tesi hanno sostenitori convinti, anche se non tutti convincenti;
b) innegabile però che l’inclusione del
Cantico tra i « libri sacri » è dovuta
all’interpretazione allegorica che gli
fu data. Così come le parabole entrano nella narrazione evangelica, non
in quanto aneddoti di umane vicende
vere o fittizie, o notizie di cronaca palestinese, ma perché intese ad esprimere un insegnamento religioso, così
anche il Cantico è stato posto nella
Bibbia in quanto considerato una parabola in versi, illustrante l’amore di
Dio e del suo popolo (per i Cristiani:
di Cristo e della Chiesa).
Accettata questa linea generale di
interpretazione, biogna però riconoscere che, sia tra gli ebrei che tra i
cristiani, pochi libri della Bibbia sono
stati così variamente interpretati e
■commentati, per quanto concerne i
dettagli.
Non avendo spazio nemmeno per
tracciare un elenco completo di tanta varietà, citerò una sola interpretazione, che mi sembra rispondere, meglio di altre, ai vari quesiti posti dal
contenuto del libro, da una parte, e
dalla data della sua composizione,
dall’altra.
La chiove deH'allegoria
sta nella data
Il problema della data si riassume
press’a poco così: premesso che il libro non è scritto da Salomone ma a
lui dedicato, come figura ormai leggendaria di « Re di pace », esso deve
essere abbastanza antico, perché scritto in ebraico (sia pure con qualche
aramaismo), quindi prima che l’aramaico soppiantasse l’antico idioma
come lingua usuale dei palestinesi,
ma deve essere posteriore all’esilio
babilonese in quanto contiene alcuni
vocaboli di origine persiana, la cui
presenza sarebbe inspiegabile in tempi anteriori alla dominazione persiana. Dunque prima del III secolo a.C.,
ma dopo il rimpatrio. La data più
probabile sarà dunque nella seconda
metà del IV secolo a. C. Ciò significa
che il Cantico è press’a poco contemporaneo ai fatti narrati da Esdra e
da Neemia, il che ci aiuta assai a
comprendere l’allegoria.
Trattasi dunque di una lirica (o di
una collana di liriche) destinata a celebrare la restaurazione dell’alleanza
tra Dio e il suo popolo: lo Sposo e la
Sposa del Cantico.
Dopo l’esilio babilonese, una nuova
primavera (2: 11-13) è sbocciata per
il popolo eletto: Dio offre alla sua
sposa il bacio della riconciliazione
(1: 2) e celebra, nella gioia, le nozze,
un patto d’amore con la sua diletta
che ha finalmente compreso quale sia
il suo vero, unico bene. È difficile dividere esattamente le varie liriche (o
strofe dell’unica lirica), perché in esse si alternano le voci dello sposo e
della sposa, che si esprimono vicendevolmente la loro tenerezza mentre, di
tanto in tanto, interviene il coro che
commenta. Dio, lo sposo, si presenta
nella veste ormai leggendaria del « Re
Pastore » (ricordo di Davide) e di Salomone (il «Re di pace»); la sposa è
spesso esaltata come la personificazione delle bellezze naturali della fertile Palestina, o della santa città di
Gerusalemme.
Poesia orientale
Tanto per dare un esempio, leggiamo, in questa luce, alcuni versetti:
Cap. 2 dal vers. 8 in poi: Ecco arrivare agli esuli il messaggero della buona novella della liberazione (vedere i
paralleli Isaia 52: 7-11 e 55: 13-13). Il
liberatore giunge e spia, da fuori della finestra della prigione, la distretta
del suo popolo (la sposa) e l’invita
(2:9): «Levati, amica mia, mia bella,
e vietitene, perché l’inverno (il tempo
della cattività) è passato, il tempo delle piogge è finito...» (2: 10-11). La sposa prega lo sposo di cacciare dalla Palestina i popoli razziatori (le « volpi »
che hanno « guastato le vigne », v. 15).
La sposa ricorda la sua angoscia nell’inutile ricerca della liberazione (sul
letto di dolore « ho cercato colui che
l’anima mia ama... ma non l’ho trovato »; vedi il salmo 137: 1-6), le percosse ricevute dai suoi aguzzini (3: 3)
e, finalmente, « quando trovai colui
che l’anima mia ama, l’ho preso e non
lo lascerò » (3: 4).
Abbiamo già detto quanto sia difficile per noi occidentali, di duemilaquattrocento anni dopo, comprendere
e apprezzare un linguaggio immagi
noso orientale così lontano da noi.
Certe descrizioni, come quella dello
sposo diletto personificato nel bellissimo tempio che si descrive come fosse una persona: al cap. 5 vers. 10 e
seg.: il candore dei marmi e la porpora dei tendaggi, l’oro della « testa »
(il luogo santissimo con l’arca in oro
massiccio), le decorazioni interne (i
rami di palma) (I Re 6: 18 e 29), lo
splendore del candelabro ecc. (vedere
la descrizione del tempio in I Re e il
parallelo sarà facile)... sono tutte imrnagini che facciamo fatica ad immaginare e che, a noi, danno l’impressione dell’artificioso, ma che non sono senza parallelo anche nei profeti
(Isaia 51: 3 e 62: 3-5, per non citare
che un esempio). Il Cantico è certamente un libro bellissimo, ma bisogna leggerlo con uno sforzo di immaginazione e con una discreta conoscenza dei paralleli biblici, poiché
quasi ogni immagine può ritrovarsi in
qualche altro passo della Scrittura,
anche se non abbiamo potuto darne
che una minima esemplificazione.
Ernesto Ayassot
iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii
Si può abbandonare
la moglie, se diventa
“Testimone diì Jebova”
Valenza Po (Relazioni Religiose). - Una
donna di Valenza Po ha querelato il marito
che l’aveva abbandonata insieme al tiglio, senza la dovuta assistenza. Durante il processo in
pretura l’imputato Sergio Rossi ha dichiarato :
« E’ diventata una Testimone di Jehova e da
quel giorno la pace se ne è andata dalla nostra
casa... Pregava sempre e la mia abitazione era
costantemente invasa da estranei che con lei
pregavano e confabulavano. Ha fatto battezzare nostro figlio secondo il rito di tale setta. Per
tutto questo me ne sono andato ». Il pretore lo
ha assolto.
Un gruppo di Avventisti
in visita a Torre Peiiice
Una delegazione di oltre settanta Avventisti
del Settimo Giorno provenienti da Zurigo ha
potuto soddisfare un antico desiderio visitando le Valli Valdesi, durante le ferie pasquali.
Durante l’autunno e l’inverno passati il loro
pastore, Jacques Frei, ha dato delle conferenze sulla storia della Chiesa di Dio attraverso i
secoli, con attenzione particolare alle persecuzioni subite dalle minoranze che si sono sforzate di vivere secondo gli insegnamenti della
Parola di Dio piuttosto che seguire le tradizioni della chiesa ufficiale, durante il Medioevo.
Questo gruppo di Svizzeri tedeschi ha quindi manifestato un grande interesse nel vedere
i luoghi storici di quei tempi oscuri, constatando quanto Dio abbia vegliato, fedele, sulle
preziose verità affidate agli uomini.
Gli Avventisti del Settimo Giorno, che nel
mondo contano circa 2 milioni di membri, adorano Dio il giorno del Sabato (shabbat): hanno avuto la grande gioia di celebrare il culto
il mattino del 1" aprile nel vecchio tempio
valdese del Ciabas. Dopo la prima ora, dedicata allo studio della Bibbia, in cui ognuno
poteva esprimersi, il loro pastore, J. Frei, ha
introdotto il suo sermone citando il testo di
Ebrei 11, 32-39; 12, 1-3, ove sono menzionate
le sofferenze che hanno dovuto subire i servitori del Dio vivente per rimanere fedeli alla
loro fede. La storia del popolo di Dio è scritta
con il sangue. AlFinizio della storia, abbiamo
il fatto tragico dell’assassinio di Abele da parte del fratello Caino, a causa della sua fedeltà.
Attraverso tutta la storia del popolo d’Israele
vediamo scorrere il sangue, dalla sua oppressione in Egitto fino a oggi. Ma anch’essi,
a loro volta, hanno ucciso i profeti (Matteo 23, 37). Così come, a loro volta, i cristiani hanno subito l’oppressione dei Giudei,
poi dei Romani. Appena la Chiesa uscì dalla
tormenta, grazie a Costantino, subito divenne
intollerante : e il sangue continuò a scorrere,
il sangue degli Albigesi, dei Valdesi, degli
Hussiti, degli Ugonotti. Perché tanti martiri?
Soltanto l’eternità risponderà in modo soddisfacente a questa domanda. Possiamo tuttavia constatare che il sangue dei martiri è
stato semenza di cristiani. I cristiani, e in
particolare i valdesi sapevano perfettamente
che con le loro sofferenze e con il sangue versato non si guadagnavano il cielo; la salvezza
viene unicamente mediante il sangue di Cristo,
l’Agnello di Dio, versato per ogni peccatore (1
Pietro 1, 18-19).
I Valdesi sono un incoraggiamento e un
esempio per ogni cristiano e vogliamo noi
pure fare risplendere, come loro, la nostra luce. La bellezza di questa regione e soprattutto
l’eroismo dei suoi abitanti è profondamente
ispiratrice. a. m.
23-24 aprile, S. Fedele Intelvi
La risurrezione
Convegno
« Fede e Testimonianza »
Questo Convegno « Fede e testimonianza »
conclude l’ampia informazione ed il proficuo
dibattito (sul tema della Risurrezione) avuti
attraverso quattro incontri (in ottobre, novembre, gennaio, febbraio).
Il tema affrontato sul piano esegetico,
dogmatico e storico in questo ultimo incontro
viene affrontato sul piano della responsabilità
personale. Cosa significa e cosa comporta per
noi oggi il fatto che Cristo sia risorto dai
morti?
A questa domanda, conclusiva del nostro
dibattito, risponderà il Past. Eugenio Rivoir
che ringraziamo di avere accettato di fornirci
il materiale per il nostro incontro.
PROGRAMMA
Domenica 23 :
Ore 19,30 : Cena in comune;
Ore 21 ; La risurrezione e noi (prima con
versazione. Past. E. Rivoir); - Discussione;
Lunedì 24 :
Ore 8 : Colazione;
Ore 9 : La Risurrezione e noi (seconda con
versazione. Past. E.'Rivoir); - Discussione e conclusione;
Ore 13 : Pranzo; - Partenza.
Centro Evangelico « P. Andreetti »
S. Fedele Intelvi
Via Provinciale 17 - Tel. 031-830418
Ufficio: Via T. Grossi, 17
22100 COMO - Tel. 031-273440
L’evangelizzazione
non fa più notìzia?
Dal 12 al 20 marzo la Chiesa Battista di Bisaccia (Avellino) guidata da tanti anni dal dinamico Pastore Castelluccio, ha organizzato e
condotto felicemente a termine la quinta campagna annuale di Evangelizzazione.
Anche quest’anno il Signore ha copiosamente benedetto la buona volontà dei suo figliuoli
dandoci la gioia di raccogliere molti frutti
alla Sua gloria. Inoltre hanno partecipato a
questa campagna anche le altre piccole comunità dell’Alta Irpinia.
Ci ha enormemente impressionato il fatto
che, pur segnalando con lettera a espresso »
la notìzia al Notiziario Radio, i responsabì][ì
hanno creduto opportuno di non trasmettere
l’informazione né il 19 né il 26 marzo.
Probabilmente queste notizie non interessano più ed il mandato di Cristo di andare e
predicare l’Evangelo è stato soppiantato, stando a quello che il Notiziario Radio ci presenta, da ben altro.
A queste persone interessa di più portare a
conoscenza i vari raduni giovanili nei quali si
dìsputa dì politica...
Credo proprio che abbiamo smarrito il cammino della nostra vera testimonianza cristiana.
Emidio Santilli, pastore
“Primavera 72”
Le scuole domenicali evangeliche
di Torino a convegno, il 16 aprile,
per Vannuale festa di canto
Eccoci all’edizione 1972 di una bella manifestazione che ormai da^vari anni raccoglie, in
primavera, i ragazzi delle scuole domenicali
evangeliche di Torino e dintorni, per la loro
festa di canto. Domenica 16 aprile, alle ore
15,30, essa si terrà nella chiesa battista dì Lucento (Via Viterbo 119); i ragazzi sono convocati alle ore 15 per le prove dei canti d’insieme; la riunione è naturalmente aperta a
tutti.
iniiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiMiiiiiiiiiiiiiiiiiiiHiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiMiiiiiiiiiiiiiiMiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiuiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiinniiiiiiiiitiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii^
uñera aperti del pasture Giergie Toum
Caro direttore.
Ho molte volte deplorato con te la pubblicazione di lettere al direttore che ritengo dìseducanti per i lettori e per gli autori in quanto sollevano polemiche sterili e
diffondono solo sensazioni di malessere.
Non so però come presentare queste mie
riflessioni nate alla lettura del numero
12 dell’Eco-Luce; come articolo non mi
pare il caso, come cronaca neppure, eccomi perciò ad usare la lettera aperta.
I fatti a cui mi riferisco sono due : la
pubblicazione di un libro di E. Kàsemann
dalla Claudiana e le conferenze del prof.
Vinay a Torre Pellice. Il libro è un’opera
recente, forse un tantino difficile ma che
considero piena di riflessioni spirituali, di
pensiero e di fede, di uno dei maggiori teologi tedeschi moderni. Quanto la presentai ai lettori del nostro giornale prevedevo quello che sarebbe successo : la contro presentazione e la critica demolitrice,
e prevedevo anche tutto il discorso di demolizione. di denigrazione che sarebbe venuto e che verrà. La lettera del past. E.
Geymet mi ha dato ragione. Tralasciando
le allusioni personali, gli aggettivi ed i pensieri velati dal suo discorso, la sua tesi è
questa : il libro che la Claudiana vi ha
stampato è da evitare in -modo assoluto
perché si tratta di un’opera demolitrice che
nega i principi fondamentali della vostra
fede valdese, è opera di quei teologi denigratori della Chiesa e della fede che appartengono alle giovani generazioni, i teologi
che non credono più e che fanno politica.
Conclusioni: 1) la Claudiana ha fatto male
a diffondere questa letteratura pericolosa
fra i nostri buoni valdesi, 2) bisogna subito fare una azione di difesa della fede
con interventi di altri teologi sani, credenti, fedeli che non mettono idee storte
in testa alla gente.
Non intendo rispondere a questo discorso, che personalmente considero puramente calunnioso, a meno di ritenerlo ingenuità incredibile, da parte dì un pastore che ha tanta esperienza e così numerose amicizie da poter essere informato di
molte cose concernenti la vita delle chiese oggi. Intendo solo mettere i punti sugli i. E’ dunque chiaro a tutti, o dovrebbe esserlo, che il pericolo che minaccia
la nostra vecchia e sana chiesa valdese è
rappresentato dalla nuova teologia unita
alla politica, delFesistenzialismo + marxismo. Chi è responsabile di questo avvelenamento delle nostre robuste e fedeli comunità? Naturalmente i pastori ed i pochi
laici che leggono il Kàsemann e ne diffondono le idee! Mai la nostra chiesa è stata
così fedele ed impegnata, sembra dedursi
da questi discorsi, e lo sarebbe molto di
più se non venisse minata da queste quinte colonne.
Ma davvero non capisco più perché il
direttore dell’Eco ritenga dover proporre
alla nostra attenzione, nello stesso numero del giornale, un articolo di Rostagno di
netta marca moderna ed una pagina dello
stesso Kàsemann! Non capisce nulla di
teologia? Vuole dare ragione a tutti? Ma
non si può dare ragione a tutti e sarebbe
tempo che ognuno prendesse le proprie
responsabilità.
A questo punto introduco il secondo elemento del mio discorso : la visita del prof.
Vinay alle Valli di cui si dà ampia relazione nello stesso numero dell’Eco. Il cronista fa notare come egli abbia impegnato
il suo tempo in una serie di conversazioni
e conferenze di estremo interesse dicendo cose che non mancheranno di lasciare
il loro frutto in molti. C’è una affermazione fatta dal prof. Vinay che mi pare utile
ricordare proprio per il nostro discorso :
« il pericolo per le nostre comunità » ha
affermato testualmente « non è il marxismo ma l’ignoranza teologica ». Egli ha
fatto notare come a differenza di moilti
cattolici le nostre assemblee siano disinteressate al proiblema biblico, non abbiano
nessuna voglia di riflettere.
Come la mettiamo allora?
Da un lato ci si accusa di fare 'troppa
teologia e dall’altra di non farne. Da un
lato ci si mette in guardia contro le .minacce che provengono dai libri teologici,
dal'l’altra ci si accusa dì non riflettere abbastanza.
Non c’è nessun bisogno di sentire altre
campane, e che altri dotti teologi d’oltr’Alpe vengano da noi a darci lezioni di fedeltà biblica. Basta interrogare i nostri teologi e fare suonare la loro campana. Ci sono è vero due altre ipotesi che possiamo
prendere in considerazione. Facciamo della teologia sì, questo lo si ammette, anche
se a malincuore, ma della cattiva teologia,
quella moderna, dissolvitrìce della fede
avita e delle tradizioni. Se così fosse .non
capisco perché il prof. Vinay si è sentito in
dovere di citare in termini molto elogiativi, proprio durante il suo soggiorno alle
Valli, le lezioni del collega Rostagno alla
Facoltà, impostate proprio sul Kàsemann.
E’ difficile ritenere che egli non sappia
di chi si tratta, che non sia informato, il
candido lettore sprovveduto può anche non
sapere nulla della teologia esistenzialista,
ma lui non sì può pensare che sia sprovveduto a tal punto da non avvertire il
pericolo delle nuove leve teologiche.
Una cosa deve essere chiara a tutti e
vorrei fosse smentita per iscritto, se deve
essere smentita : la teologia seguita nella
nostra Facoltà non è affatto una teologìa di
tipo pietista o fondamentalista ma una
teologia critica, cioè moderna. I nostri professori non sognano affatto una restaurazione ma caso mai un impegno concreto,
sono o non sono tutti formati alla scuola
di K. Barth? E sarebbe bene ricordare che
le persone attualmente così inquiete per la
sana teologia da noi, per il ritorno alle
basi bibliche, per una fede <c vera » e salda sono le stesse che hanno professato 40
anni fa Tanti-teologia, che hanno criticato
come « intellettualoidi » gli uomini della
generazione dì Giovanni Miegge.
La seconda ipotesi è un’altra invece ed
è la più probabile: non interessa affatto la
teologia, quello che dice, ma le persone
che la fanno, le persone che la dicono. .\nche se critica, la teologia della nostra Facoltà non è esistenzìal-marxista, questo
basta. I suoi docenti fanno teologia, scrivono e parlano, molto bene, purché siano
immuni dalle tentazioni della «sociologia»,
dalla politica. Quali siano poi i fondamenti del loro pensiero non interessa. Sì
comprende così perché quando il prof.
Soggin parla in modo critico della Genesi
fa solo « cultura teologica » seria, inappuntabile, documentata anche se parla di
« miti » e dì leggende eziologiche, ma se
un pastore dice le stesse cose ai suoi catecumeni diventa un pericolo per la loro
fede. Le cose scrìtte da uno sono alla cultura, dette da un altro diventano eresia.
Si comprende che il prof. Vinay possa affermare che la comunità è il centro della
vita di fede, del ridimensionamento del
ministero pastorale, della riscoperta dei
doni, della dignità dei fratelli, della necessità dello Studio biblico riscuotendo piena
approvazione di tutti; ma se le stesse cose
sono affermate da un pastore solamente di
15 anni più giovane si tratta di marxismo
rivoluzionario, di calpestare il pastorato, di
sovvertire la fede valdese.
Loro fanno autentica cultura, gli altri,
quelli della contestazione esistenzial-marxista fanno la rivoluzione. A meno che il loro discorso sia cosi in aria ed evanescente
da essere del tutto innocuo. Sarebbe un
ben triste risultato per una generazione teologica che si è battuta per il rinnovamento
biblico contro gli attivisti della F.U.V.!
La sovversione invece proviene dalla
base, dalla predicazione politica e negatrice, dalle azioni inconsulte, dai gesti ribelli, dai giovani che chiedono funerali meno pagani, che disertano il XVII, che fanno Dio sa cosa per distruggere la vecchia
ed incorrotta tradizione valdese. Come abbiamo già rilevato altre volte il problema
non è il marxismo ma la non volontà di
rinnovamento delle nostre comunità. Non
è di Marx che hanno paura i nostri membri di chiesa, è di Gesù Cristo. A chiedere una religione tutto tradizione e feste,
tutto formalismo e niente pensiero sono
tutti d’accordo, indifferenti e comunisti,
liberali ed ex partigiani. E’ il ravvedimento delTEvangelo che si rifiuta, non la teologia esistenzialista. Il prof. Vinay è rientrato a Roma ma domenica risalendo la
Val Pellice ho avuto modo dì vedere da
vanti al cimitero di una delle nostre parrocchie una graziosa catecumena col suo
bel costume valdese nuovo ed un mazzo di
fiori che si recava certamente a ricordare un defunto, nel giorno della sua confermazione e forse della sua prima comunione! A protestare contro questi paganesimi che stanno dilagando si distrugge, si
sovverte Lordine della fede, si è marxistiesistenzialisti; a fare conferenze di « cultura », come si continua a dire ogni volta
che viene un professore della nostra Facoltà, si è perfettamente nel quadro. Il motivo è semplice, la cultura non tocca nessuno, non da fastidio a nessuno, non serve a niente. Provino i nostri teologi a dire
che il culto dei morti è supertizione, che
la Bibbia va letta criticamente, che il pastore non è che uno dei ministeri fra gli
altri ecc., le stesse cose che molti di noi
vanno dicendo da anni. Facciano anoh’essi la loro scelta e vedremo cosa sia teologia.
Giorgio Tourn
Appunto, caro Giorgio: ognuno assume
le proprie responsabilità. E i lettori, che
non sono sciocchi, leggono e valutano, senza che sia necessario che qualcuno pensi
per loro che cosa è educativo e che cosa diseducante. Mi permetto, però, di dirti con
altrettanta franchezza che, se E. Geymet
a mio modo di vedere sbaglia (e glieVho
detto, quando mi ha dato il suo scritto) a
fare di ogni erba un fascio (ritengo infatti
anch’io, e l’ho mostrato, che /’Appello alla
libertà sia un libro di alto livello spirituale) anche tu mi sembri liquidare un po’
troppo sbrigativamente, e in un’ottica un
po’ provinciale, il problema mondiale della molteplice e multiforme « teologia moderna »: un campo di erbe troppo disparate, appunto, per poterne fare un fascio.
Gino Conte
Non sono d’accordo
Riceviamo — capita con una certa frequenza... — lettere in cui si dissente dalla
linea assunta dal settimanale, o da questo
0 quell’articolo in particolare e si minaccia o si dà la disdetta dell’abbonamento;
Silvio Rossotti, un vecchio lettore di Aosta,
si dichiara sconcertato dagli articoli di Sergio Rostagno sulla risurrezione: « A che
vuole arrivare l’autore? Il suo stile che dice e disdice, che ora afferma e ora nega,
non mi pare molto atto a rafforzare la fede
nei credenti, la fede in Cristo... Possiamo o
no credere, ciecamente e incondizionatamente (come si addice a piccoli fanciulli)
che Gesù Cristo è morto e risorto per riscattare e salvare tutti i peccatori?... Io
desidero a ogni costo serbare intatta la fede
che ho attinta dalTEvangelo tramandatoci
da Gesù con la sua parola, senza l’aggiunta di nuove teologie che stanno prendendo
piede in ambienti moderni, ma che io e
moltissimi altri evangelici consideriamo cenacoli di falsi profeti ». Possiamo assicurare il nostro lettore che il pastore Sergio
Rostagno crede fermamente e predica la
risurrezione di Cristo, fondamento e pegno
della risurrezione nostra, della nuova creazione. I suoi articoli volevano semplicemente essere una riflessione sul significato
di questa risurrezione; la concisione che gli
avevamo chiesta non gli ha forse permesso
di esprimere in modo abbastanza ampio il
suo pensiero e quindi di esplicitarlo fino
in fondo; ma non comprendo come, leggendolo. se ne possa dedurre una presuzione
di dubbio!
Un altro lettore di lunga data, triestino,
Mario Meucci. lamenta Vandazzo che il
nostro settimanale è andato prendendo negli ultimi anni; la goccia che per lui ha
fatto traboccare il vaso è stato l’articolo
« Violenza », comparso sul n. 12 del 24
u. s., nella rubrica settimanale curata da
Roberto Peyrot. « Non comprendo con
quale intendimento cristiano si possa operare una sottile disquisizione fra molotov
gauchiste e molotov fasciste, non comprendo come riferendosi a quanto è successo a
Milano l’il marzo 1972, con la città semiparalizzata e in piena guerriglia civile, con
l’assalto ai giornali, con la furia devastatrice e brutale contro chiunque, sì possa parlare di “piccoli focolai di violenza” e soprattutto si cerohi di giustificarli. Se questo mio modo di pensare può apparire ai
suoi occhi nostalgico, reazionario e fascista,
ebbene allora io non ho alcuna remora nelTannunciarle che mi sento nostalgico, reazionario e fascista. Non condividendo più
la linea tenuta dal suo giornale, non vedo
perché debba continuare a riceverlo. La
prego quindi cortesemente ma fermamente
di voler considerare annullato il mio abbonamento. Tutto ciò dispiace molto più a
me che a lei, è un altro piccolo pezzo del
vecchio passato che muore senza che peraltro alcunché di valido e di utile venga a
sostituirlo ». Devo far notare che nel breve
scritto criticato il nostro corredattore diceva a tutte lettere la recisa riprovazione per
la violenza, di qualunque parte; ma, di
fronte all’argomento oggi caro a molti, degli ^‘opposti estremismi”, analizzava le ragioni della violenza contestatrice e di quelGino Conte
(continua a pag. 3)
3
14 aprile 1972 — N.
15
pag. 3
LA CHIESA E LA SUA MISSIONE NEL MONDO
Documenti dall’ URSS : il Samizdat
Quando un governo cerca di aggiogare le Chiese
Chiese ed elezioni in Madagascar TGPra DllOVa SOttO la Stella rossa
Alcune settimane fa parecchie nostre comunità, nelle Valli e in varie città del Nord e del Centro Italia, hanno avuto
la visita di una coppia missionaria, i signori Foitz, entrambi predicatori e insegnanti nel Madagascar da trent'anni :
così la vita protestante nella Grande Isola si è fatta un po' più vicina per molti. Il protestantesimo malgascio ha avuto e ha la collaborazione di vari valdesi d'origine. A Tananarive è pastore e professore Lucien Peyrot, figlio di un
missionario, Enrico, già anch'egli all'opera ivi. Nei pressi della capitale, a Fanaionana, la signorina Anita Gay è
all'opera in un nido d'infanzia. Infine è pastore a Tananarive Jacques Pons, dal quale siamo lieti e grati di aver
ricevuto questa nuova, interessante corrispondenza, tradotta dal cugino, il pastore Teofìlo Pons. Un pensiero fraterno
particolare va ai « nostri » laggiù.
Il 30 gennaio scorso il sig. Philibert
Tsiranana (come certamente avete letto) otteneva il 99,7% dei voti espressi nelle elezioni presidenziali (il 98,9%
degli iscritti, il che è « meglio » ancora). Tali risultati non hanno bisogno di commento. Perciò vorremmo
analizzare rapidamente l'atteggiamento dèlie Chiese di fronte a queste elezioni.
La parola che lo riassume è « freddezza ». Il partito al potere (partito
social-democratico, membro dell’Internazionale socialista) ha fatto di tutto
per dare l'impressione che le Chiese
(^poggiavano il candidato del Partito.
Proprio prima delle elezioni è stata
■letta una lettera del vescovo anglica|no che ringraziava per i lavori eseguiti alla Cattedrale dai pubblici servizi,
mentre i lavori erano terminati da
parecchi mesi; in seguito ad un equivoco, la radio ha annunziato che il
Cardinale Rakotomalala benediva gli
sforzi dei cattolici impegnati nella
campagna di appoggio al sig. Tsiranana ed in seguito ha rifiutato di notificare la smentita molto chiara d i
Cardinale; gli auguri di Capodanno
che la Presidenza della Chiesa Prote
stante (FJKM) aveva indirizzato a'
Presidente della Repubblica sono stat'
presentati come un appoggio a la Sua
candidatura.
Bisogna aver vissuto la frenesia di
quella campagna elettorale per ap
prezzare il silenzio della Chiesa Ca‘to
fica e della FJKM. (La Croce Ros'^a,
che al tempo dei fatti di sangue dello
scorso mese di aprile s’era vantata di
lavorare in silenzio, ha fatto nel mese di gennaio delle distribuzioni « in
neine del sig. e della sig.ra Tsiranana»).
Perché non si partecipò a quan o
pareva un grande plebiscito nazionale? La ragione è semplice: dopo 14
anni di continuità e di stabilità di governo esemplari, la situazione in Madagascar non ha nulla che possa soddisfare .f cristiani:
— Per la prima volta da'l’Indipendenza cl sono numerosi deien ti politici. I Diritti deirUomo non sono rispettati. I ribelli dello scorso mese di
aprile sono ancora sempre in attesa
di giudizio; l’ex ministro dell’Interno,
sig. Resampa, « allontanato » dal mese
di giugno, non è accusato e non può
nemmeno scegliersi un avvocai''.
— Il lusso si diffonde nella capitale, nei sobborghi si costruiscono belle ville, ma il salario minimo è stato
appena aumentato del 10% contro un
aumento dei prezzi del 30% ne’lo
stesso periodo. La speranza dei contadini di vedere un loro figliuolo accedere ad un pubblico ufficio ed alle
viare in tal modo la miseria deila famiglia si assottiglia con l’aumento
dello sciopero intellettuale.
Non c’è perciò progresso sensibile
né sul piano delle libertà individuali
né su quello del benessere mate iale.
— Nessuna speranza neppure di riparazione: dal 1968 non c’è Pianificatone; il secondo schema, che è tuttevia soltanto provvisorio, rimane
sempre sconosciuto.
-- Nessun motivo di orgog io nazionale sul piano esterno. La stragrand?
maggioranza dei Malgasci soffre nel
^0 amor proprio per l’atteggiament )
detto di dialogo con l’Africa del Sud.
-— Nessun segno che dimestri che
i^a diminuendo il sequestro dei capitalisti sull’economia malgascia.
— I paracadutisti francesi riman8pno ancora la prima attrattiva che
si presenta al viaggiatore che giunge
all’aeroporto d’Ivato.
Lo stesso risultato delle elezioni
^nferma i cristiani nel loro timore,
au 477.888 elettori iscritti nella pro^cia di Tuléar, soltanto 20 elettori
non hanno votato: nessun morto, né
ammalato, né infermo o gente in viag
nessuna astensione neLe famiglie
delle 40 persone morte (cifra ufficiami o 1000 (cifra fornita dalle Chiese)
durante la repressione dello scorro
jhese di aprile. Sicuro, il ministro del1 Interno aveva ben ragione di di h a
nare alla Radio alla vigilia dello scru
9nio: « la gente è perfettamente rodata in fatto di elezione », anche s?
attribuiva a queste parole un signffi•^to leggermente diverso!
, Il giorno dopo le elezioni si sarebpotuto credere àll’annunzio di con
'^•mti provvedimenti in relazione alle
promesse elettorali centrate soprat
mtto sulla nazionalizzazione dell’eco®omia, in modo da dimostrare che il
^didato eletto meritava la fiducia
dagli elettori. Invece, si assiste attualmente ad una specie di secondo turelettorale di ringraziamenti, ed è
¡1 popolo che è invitato a mettersi al
mvoro « per meritare la fiducia del
^residente Tsiranana » (parole del Se
Sretario di Stato alla Gioventù ed agli
»Portivi). Le parti sono capovolte.
Così i dirigenti cattolici e FJKM non
hanno inviato telegrammi di felicitazioni al felice eletto (il telegramma
della Federazione Protestante si astiene dal « felicitare »). Nel corso della
campagna elettorale forse s’è anche
cercato di trarre un utile spudorato
dalla Bibbia: un Segretario di Stato
non giunse perfino a paragonare il
villaggio natale del candidato a Betlemme?
Ma sarebbe fare difetto d’obiettività che ci siano stati degli impegni
spettacolosi di dirigenti protestanti in
favore del Presidente Tsiranana. Ricordiamo in particolare il presidente
della Chiesa Luterana e l'attuale Presidente della Federazione Protestante
e soprattutto il pastore Daniel Ralibera, presidente del Servizio d’Entr’aide
protestante, che è senza dubbio (insieme al capo dell’opposizione, il pastore Andriamanjato) la personalità
protestante più nota al gran pubblico
di Madagascar. Perciò abbiamo ritenuto di chiedere personalmente al pastore Ralibera la ragione del suo impegno:
Intervista con
il pastore Ralibera
J. P. — Non siete un uomo politico
di professione, non fate parte di alcun partito politico, eppure vi siete
impegnato a fondo, perscnalmente,
nella campagna di appoggio al presidente Tsiranana. Potreste dirci che
cosa vi ha spinto?
D. R. — Senza dubbio sapete che
non è la prima volta che mi accade di
impegnarmi temporaneamente, ma a
fondo: per chiedere il ritorno della
nostra sovranità nazionale e dei nostri nazionalisti in esilio in Francia,
per non fare che questi due esempi.
Ho ritenuto che fosse mio dovere im
pegnarmi con gli altri.
Questa volta devo anzitufo avanza
re una ragione pastorale. Ho voluto
dimostrare che era falso assimilare la
nostra Chiesa al Partito d’opposizione, come molti autorevoli funzionari
fanno troppo spesso. Il futuro ci dirà
se un tale impegno è valso a qualcosa.
Ci sono però anche altre ragioni:
avevamo ricevuto il pegno che lo svolgimento delle elezioni sarebbe stato
perfettamente democatico. Siccome
il ministro defi’Inter o non era più
ili pari tempo Segretario Generale del
Partito al potere, si poteva pensare
che i vecchi metodi fossero terminati.
Nel nostro paese dove l’unica forza
politica organizzata in tutta l’isola è
il partito social-democratico, con i
miei amici del Comitato delle Forze
Vive 72 abbiamo voluto fare da contrappeso e non dare l’impressione che
tutto il paese fosse nelle mani del
Partito. D’altra parte, qualunque cosa
si dica, l’unità del Madagascar è ancora una realtà molto fragile ed il
Presidente Tsiranana è per il memento l’unica personalità Malgascia intorno al cui nome è possibile riunire una
maggioranza.
J. P. — Voi supponevate libere elezioni. Che cosa ne pensate allora del
99,7%?
D. R. — Devo ammettere di essermi ingannato e di non capire questo
accanimento a voler ottenere il 1C0%
dei suffragi. La vittoria del Presidente Tsiranana sarebbe stata molto più
probante, diciamo, con il 65% dei voti
a Tananarive e l’80% in provincia. Mi
perdo in congetture per sapere chi si
è voluto convincere con questa campagna del 100%.
J. P. — Rimpiangete allora il vostro
impegno?
D. R. — No, perché c’è altresì il fatto che la politica seguita dal Presidente è la migliore, o la meno cattiva al
momento attuale, fra le possibili politiche per il Madagascar. Ritengo che
attualmente non ci sia politica diversa. Siamo uniti al mondo occidentale; da soli non possiamo fare alcuna
rivoluzione ed i paesi dell’Est non sono in grado di aiutarci àd uscire dal
sottosviluppo. Avete sottolineato lo
scarso progresso che abbiamo fatto
in dieci anni; ma finché il problema
dei rapporti tra paesi ricchi e Terzo
Mondo non sarà stato regolato sul
piano mondiale, nessun altro governo potrebbe fare meglio.
Avete ricordato il problema dei rapporti con l’Africa del Sud. Anche a
questo proposito un certo numero di
Malgasci incomincia a pensare che si
tratti di un male minore. La mancanza di solidarietà sul piano mondiale
con i paesi poveri ci spinge verso il
nostro potente vicino.
J. P. — La campagna elettorale ci
ha allora illusi nell'insist ere sulla nazionalizzazione dell’economia.
D. R. — No. Sappiamo bene che i
capitali devono giungere in parte dall’estero. Si tratta piuttosto di una
presa di coscienza nazionale del potere di decisione a livello locale. La lotta contro il potere crescente delle
grandi compagnie internazionali deve
iniziarsi su di un altro piano, per
esempio con l’aiuto di un’Europa forte e unita. Nazionalizzare significa soprattutto per me imparare a rifiettere in quanto abitante del Madagascar
sui reali bisogni del nostro paese.
J. P. — Il vostro stesso Comitato si
è sciolto subito dopo le elezioni. Ritenete che si tratti di un atteggiamento giovevole? Il Presidente non rimane più che mai a tu per tu col partito?
D. R. — Se questo scioglimento fosse definitivo, avreste ragione. Ma penso che in un futuro più o meno vicino bisognerà rimettere insieme gli
elementi che ci hanno dato il loro appoggio, specialmente tra gli organici,
in Club politici, press’a poco come i
Club Jean-Moulin in Francia. È là che
potremmo cercare delle soluzioni a
lunga scadenza ai nostri problemi; soluzioni che il governo tormentato dalle faccende correnti sarebbe lui stesso incapace di trovare.
J. P. — Perché non entrereste in
massa nel Partito Social-Democratico
per riformarlo dall’interno? (o per distruggerlo?).
D. R. — Vi risponderò a questo con
un’immagine cara al nostro compianto Pastore Ravelojaona: « Non spaventate gli uccelli su cui volete sparare! ». Per il momento riteniamo di essere più utili al paese se costituiamo
dei gruppi di studio e contribuiamo
in tal modo alla formazione politica
ed economica del popolo, o più modestamente di un certo numero di
Malgasci preoccupati per l’avvenire
del paese. Per il resto, il nostro destino dipende tanto dalla presa di coscienza degli Europei e degli Ainericani che dai nostri propri sforzi. È
quanto aveva bene percepito André
Philip.
Jacques Pons
Diarno qui alcune notizie relative al Samizdat nella sua componente
religiosa. Il Samizdat è il mezzo di collegamento clandestino, ma efficace, fra gruppi d'opposizione al regime sovietico nell’URSS: si tratta di un opposizione molto varia, che non rifiuta in sé il regime socialista, ma le sue deformazioni totalitarie burocratiche e oppressive.
Non è né solo politico, né solo sociale, né solo culturale, né solo religioso, è piuttosto un movimento spirituale di fondo, in cui tutti gli aspetti della vita sono, sia pure in misura diversa a seconda dei casi, tenuti
presenti. Per questo riteniamo il Samizdat di grande importanza: a
differenza di quanto sta a cuore, ad esempio, a R. Wurmbrand, esso
unisce spiritualmente tutti coloro che, per qualunque ragione, patiscono offesa alla loro libertà, quella libertà che è indivisibile.
Terra nuova sotto la stella rossa. Edizioni Jaca Book, Milano 1971, L. 2000.
Le edizioni Jaca Book, a cura del Centro Studi Russia Cristiana, presentano
undici documenti molto siignificativi
sulla rinascita spirituale delineatasi
neirU.R.S.S. attraverso il Samizidat. Il
Samizdat è un auto-editoria alandestdna
sovietica, ove si esprimono le varie correnti di opposizione al regime; esso può
raggiungere tutti igli strati della popolazione ed ha diramazioni in ogni regione dell’U.R.S.S., pur essendo numericamente esiguo.
Il Samizdat si è occupato di letteratura, di problemi sociali, e di recente
anche di problemi religiosi: la difesa
deH’uomo, la sua rinasoita spirituale,
iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiMiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii
Secondo l'arcivescovo
Cattolicesimo e "vodu"
non sono incompatibili
Port-au-Prince - L’arcivescovo di Port-auPrince, capitale dell’isola di Haiti, ha aifermat^ che il cattolicesimo e il rituale religiosofolcloristico locale chiamato « Vodu» non sono incompatibili : la Chiesa cattolica non intende distruggere la religione popolare del
« Vodu » (un misto di spiritismo, di cristianesimo e di religione popolare d’origine africana), che è una ricchezza culturale locale :
« La Chiesa deve valutare giustamente le ricchezze delle tradizioni, dei costumi e del folclore locale », ha detto mons. Francois-Wolff
Ligondé, poiché molti haitiani ricevono profonda soddisfazione dai riti Vodu di comunicazione spirituale con le potenze soprannaturali e dal rilassamento emotivo che accompagna tali riti. Il Vodu, secondo mons. Ligondé,
non è quel culto diabolico rappresentato dai
films e documentari, ma una forma religiosa
popolare che unisce elementi cristiani ad altri
delle religioni africane, con riti che richiedono
un’intensa partecipazione emotiva. (ANSA).
......................................
Il concilio dei giovani si aprirà nei 1374
L’annuncio dato a Taizé la sera di Pasqua presenti 16000 giovani
Taizé, 3 aprile. Sedìcimila giovani
di circa ottanta paesi, riuniti a Taizé
per celebrare la Risurrezione, hanno
accolto la sera di Pasqua con grande
entusiasmo l'annuncio che il Concilio
dei giovani comincerà durante l’estate 1974.
Da quando è nata l’idea del « concilio », Taizé non è più una « esperienza da consumare in una settimana »,
un momento staccato nella vita dei
giovani. L’ambiente offerto da Taizé
per pregare e per cantare, la coreografia che continuamente si ricrea,
non sono fine a se stessi. La preparazione del Concilio implica di vivere
qualcosa nel proprio ambiente di vita,
implica « un impegno di comunione
che non può essere che lungo e difficile e — come diceva un giovane —
fion può non incarnarsi nelle situazioni spesso tragiche e comunque alienanti della vita quotidiana ».
L’annuncio è stato dato dal priore
della Comunità ecumenica, frère Roger. Erano presenti il card. König, arcivescovo di Vienna, il pastore Carson Blake, segretario del Consiglio
ecumenico delle Chiese e mons. Emilianos, rappresentante il Patriarca
Atenagora.
Dopo aver accennato agli incontri
dell’ultimo anno attraverso tutti i continenti e alle molteplici scoperte « di
tesori di amicizia, di fiducia reciproca », il fratello Roger ha rilevato i pericoli derivanti dal fatto che « nessuna avventura forte e vissuta in comune può compiersi che attraverso la
tentazione: Cristo stesso l’ha conosciuta. (...)Lo spirito di dominazione
potrebbe portarci a utilizzare per noi
stessi la preparazione del Concilio dei
giovani e questo sarebbe la devastazione ». Poi ha aggiunto: « Se noi entriamo, a poco a poco, in un’avventura interiore è per prepararci a vivere insieme, e con tanti altri che sono
molto lontano da qui, un’avventura
pubblica un giorno. Ciò significa per
noi il coraggio di affrontare ora dei
grandi rischi. La punta estrema di
questa avventura interiore, diventata
un'avventura audace, ve la dico: dopo aver ascoltato e ricapitolato le
molteplici intuizioni di molti giovani,
posso ora annunciarvi che entro due
anni, nell’estate 1974, comincerà il
Concilio dei giovani! ».
Una équipe intercontinentale di gio
vani riuniti a Taizé, ha precisato quale sarà il tema della terza tappa della preparazione del Concilio dei giovani: « Davanti a noi vi sono ancora
due anni, durante i quali non avremo
paura di affrontare rischi per andare il più lontano possibile nel nostro impegno comime. Due anni sono
pochi, in rapporto all’enorme spinta
in avanti da realizzare.
Saranno due anni di immaginazione, durante i quali cercheremo di precisare il volto concreto che dovrà
prendere il Concilio dei povani.
Saranno anche due anni di coraggio, per tentare di correre verso il
domani degli uomini, verso una civiltà tecnologica molto carica di un potenziale di promozione umana per
tutti; ma non esiteremo rnai, se necessario, a diventare segni di contraddizione, quando il profitto e i consumi predominano.
Il Cristo risorto è la sorgente cui
attingere e allora siamo invitati ad
una creazione permanente, a suscitare una ri-generazione piuttosto che
delle riforme. È tutto l’opposto di una
strada di facilità; la creazione non è
possibile nella facilità.
Nonostante la crisi di fiducia nell’uomo che segna questi tempi della
storia, noi sappiamo che il Cristo risorto ci offre immaginazione e coraggio sufficienti per diventare segni di
contraddizione ».
Nel corso della messa che aveva
preceduto l’annuncio della data di
apertura del .Concilio, il card. König,
presidente del segretariato per i non
credenti, ha preso la parola; « Saluto specialmente quelli tra voi che non
hanno la fede... Con voi abbiamo molti punti in comune che ci uniscono:
abbiamo la stessa natura umana, la
stessa aspirazione del cuore verso un
mondo migliore... ».
Durante la grande litur^a del mattino di Pasqua — festa principale per
Taizé — il fratello Roger, commentando il passo 5, 14 della lettera di San
Paolo agli efesini ( « Alzati, o tu che
dormi, svegliati dalla morte, e il Cristo sarà la tua luce ») si è domandato: « Al rischio di perdere la nostra
vita per amore, sappiamo risvegliarci,
per poter vivere il Cristo per gli uomini? Come possiamo, oggi, e non doFerruccio Castellano
{continua a pag. 6)
la creazione di una nuova auto-coscienza libera e aperta sono la costante
preoccupazione di chi milita nel Samizdat.
Esso è il primo movimento di opposizione che dal 1917 il regime non riesce ad eliminare, nonostante ricorra a
tutti i mezzi della viòlenza, dai lager
ai manicomi; « è proprio la spiritualità
dell’opposizione — spiega un documento del Samizdat — a costituire quella
forza reale, sebbene inesprimibile in
termini concreti, contro la quale il regime si scontra come contro un muro,
ogni volta che tenta di eliminarla ».
* * *
Addentriamoci, se pur brevemente,
nelTanalisi di questi documenti. Il primo è una nota storico-'canonico-giuridica sul Patriarcato russo e sulla chiesa
ortodossa russa in generale, scritto da
un vescovo confinato in im monastero
della Bielorussia per il coraggio dimostrato neU’opporsi alla chiusura delle
chiese, e aH'mgerenza dello Stato negli
affari della Chiesa. Egli lamenta soprattutto questa pesante ingerenza, per cui
tutto l'epi'scopato russo non è più eletto dai Concilii, o il clero dai parrocchiani, come avveniva un tempo, ma
è designato d’autorità dal Soviet, il
quale elabora ed impone anche il Regolamento della Chiesa, mentre le decisioni del Concilio sono di proposito
sottaciute e distorte. In tal modo appositamente vengono designati, nelle
diocesi importanti, vescovi che non
sono all’altezza delle alte cariche; così,
per esempio, una diocesi che contava
286 parrocchie effettive, dopo breve
tempo ne contava meno di 40: purtroppo questo è Io scopo che si propone il governo. Il libro, che costituisce il primo documento della raccolta
che esaminiamo, è dedicato « a Boris
Vladimirovic Talantov, morto in un
carcere sovietico il 4 gennaio 1971, condannato per aver testimoniato Cristo».
* * •*
Vi sono poi due altri documenti, uno dello scrittore Levitin-Krasnov incarcerato e deportato a più riprese
per le sue convinzioni religiose ed i
suoi scritti apologetici, ed esonerato
dall’insegnamento per gli stessi motivi; l’altro, di un uomo semplice, un
cristiano convinto, contro il quale la
persecuzione sovietica infierisce, perché lo ritiene troppo convinto, perciò
un pericolo per la società nella quale
potrebbe propagandare le sue idee
con l’esempio, così lo rinchiude in manicomio. Entrambi questi russi sono
testimoni coraggiosi, franchi, aperti;
entrambi affermano che la loro forza
nelle sofferenze è stata la preghiera;
entrambi si dichiarano disposti ad accettare le prove, ancorché terribili, per
la causa della libertà delle idee e della fede. Lo scrittore Levitin-Krasnov
dice che vi sono molte persone eminenti tuttora in catene nell’U.R.S.S., e
le nomina: Piotr Grigorenko, Ilija
Gabaj, Natalia Gorbanskaia, Alexander Ginzburg: tutti questi nomi, ed altri ancora, appaiono nella lettera di
denuncia che cinque intellettuali sovietici, in partenza per Israele, hanno
scritto, pochi giorni or sono, al « Times », per cercare di aiutare i loro
fratelli perseguitati, che essi non esitano a definire « persone coronate di
gloria ». La lettera è riportata da « La
Stampa » di venerdì 10 marzo con il
titolo: Una lettera dalla Russia. Un’ulteriore comunicazione da Londra, pure riportata da « La Stampa » (mercoledì 15 marzo), riferisce che il governo
sovietico, sotto la pressione dell’opinione pubblica mondiale, ha liberato
alcuni dissidenti rinchiusi in istituti
psichiatrici; « tuttavia — continua il
comunicato — questi gesti di clemenEdina Ribet
(continua a pag. 6)
Non sono d’accordo
(segue da pag. 2)
la reazionaria, e vi individuava un valore
diverso. Si potraìino aveve pareri diversi,
ma Le pare motivo sufficiente per rompere
quella che è, sia pure di un tipo particolare, una “comunione”? Non penso sia affatto vero che il Suo "allontanamento"
spiaccia più a Lei che a noi; spiace comunque profondamente anche a noi, e non già
in primo luogo per nostalgia del passato,
ma per oggi. Personalmente, io non credo
che Lei sia un fascista; non "bolli”, a Sua
volta, noi della redazione con qualche etichetta; se dissente, lo scriva pure e Le daremo sempre la parola; il settimanale è
Suo quanto nostro e di tutti i fratelli che
vi trovano un discusso e discutibile mezzo
di comunicazione.
Gino Conte
4
pag. 4
N. 15 — 14 aprile I972
Cronaca delle Valli
Rispondiaio di si agli alami dei Giardaa A Pomaretto: un gruppo di giovani
di fronte ai Venerdi Santo
Le nuove generazioni sono sulla piazza, e aspettano la predicazione dell’Evangelo; le chiese sono ancora
nelle trincee, dove l'Evangelo è pietrificato nelle dottrine. Ci metteremo a spiegare la necessità delle trincee, o usciremo allo scoperto, affrontando di nuovo l’avventura della predicazione dell’ Evangelo?
Gli alunni dei Giordan di Angrogna
hanno partecipato alla riunione che si
tiene, come ogni anno, all’inizio dell’anno scolastico, nella chiesa cattolica e
nella chiesa valdese.
La riunione l’hanno accettata; per
loro va bene. Una sola cosa non è loro
piaciuta: mentre tutto l’anno stanno
insieme e sono amici, la riunione che si
rivolge più specialmente alla loro fede
li divide. Perciò essi dicono: « Proponiamo un altro anno si faccia la cerimonia nella stessa sala perché siamo
uguali e tutti figli di Dio ».
Faccio subito una considerazione: i
loro genitori, quando andavano a scuola, non avrebbero mai scritto una lettera di questo genere. I valdesi erano
fieri di essere valdesi e i cattolici erano
fieri di essere cattolici, coscienti gli uni
e gli altri delle loro divisioni e pronti
alla polemica, se si toccava l’argomento religioso.
Questi ragazzi sono invece figli dell’era ecumenica e la loro lettera è importante, perché ci apre gli occhi su
questo fatto: l’ecumenismo cinquanta
anni fa era scelta ed era lotta; lo è stato fino ai primi anni di questo dopoguerra; ora, è un’atmosfera che si respira dalla nascita. Con questa affermazione non voglio togliere alla lettera
ciò che ha di autentico e di bello; è indubbio che gli adulti, e i membri di
chiesa in particolare, dovrebbero riflettervi.
I ragazzi hanno sentito la riunione
quasi come un elemento estraneo che è
venuto a disturbare la loro amicizia:
« Dopo ci siamo di nuovo rivisti però
non era lo stesso ». I valdesi hanno visto delle belle filmine. Per i ricordi che
ho del tempo di scuola, tendo a credere che questa cosa sarebbe stata per
noi oggetto di vanto e una prova della
nostra superiorità; invece i valdesi dei
Giordan hanno soltanto sentito il desiderio di farne parte agli altri: « se ci
fossero anche stati i nostri amici cattolici sarebbe stato più bello così le
avrebbero anche viste loro ».
Per gli alunni dei Giordan sento dunque rispetto e ammirazione. Però essi
hanno fatto anche una proposta, e la
proposta deve essere presa in considerazione dagli adulti, in particolare
dalle chiese. Che cosa risponderemo?
L’accettiamo o la respingiamo? Mi scuso con gli alunni dei Giordan, perché la
loro lettera è così semplice che si vorrebbe poter rispondere con un monosillabo; invece, nella sua semplicità, essa solleva grossi problemi.
Le ultime generazioni non comprendono più perché le chiese debbano essere divise. Sempre più di frequente
gruppi di giovani cattolici e protestanti
si riuniscono e fanno la comunione insieme; le autorità ecclesiastiche hanno
detto no a queste riunioni, ma i giovani
continuano. A Pasqua deH’anno scorso
la comunità di Taizé ha ospitato circa
settemila giovani per la festa che ha
aperto il secondo anno di preparazione
di un concilio universale dei giovani.
L'Eco-Luce dava notizia alcune settimane fa di un « movimento di Gesù »
che pare raccolga centinaia di migliaia
di giovani, protestanti, cattolici, ebrei,
agnostici, negli Stati Uniti.
La lettera degli alunni dei Giordan
sembra essere ben lontana da questi
fatti, eppure si tratta dello stesso atteggiamento spirituale: si sperimenta
una solidarietà di fronte a cui l’opera
delle chiese appare come un’assurda
opera di divisione; non si rifiuta l’Evangelo, ma si sente il bisogno di viverlo
insieme.
Non è qui il caso di dire in generale
che cosa dovrebbero fare le chiese di
fronte a questo atteggiamento; il problema che ci sta davanti è la risposta
da dare ai ragazzi dei Giordan. Ma ho
l’impressione che ci troviamo di fronte
a una di quelle piccole cose da cui si
misura la capacità della chiesa di essere fedele nelle grandi. E se la chiesa
perde la faccia in queste piccole cose,
non si illuda di fare migliore figura
nelle grandi.
A me sembra che siano possibili
quattro vie: 1) rifiutare, spiegando perché dobbiamo restare divisi; 2) accettare, affidando al prete e al pastore l’incarico di preparare una liturgia comune, il più possibile festosa, con chitarra e filmine; 3) accettare, chiedendo ai
ragazzi di studiare alcuni testi evangelici e di porre insieme alcune domande al prete e al pastore ed eventualmente ad altri membri delle due comunità; 4) trarsi d’impaccio, dicendo
che la scuola non deve cominciare con
cerimonie religiose né avere lezioni di
religione, perché l’istruzione evangelica
dev’essere impartita dalla chiesa nella
sua sede.
Confesso che questa soluzione è stata la prima a venirmi in mente e che
sono stato tentato di cavarmela così;
sarebbe stato coerente con la mia posizione e con l’orientamento della Federazione Evangelica e dell’AICE. Tuttavia, in questo caso, mi sembra una soluzione evasiva, non soltanto perché i
ragazzi non l’avrebbero capita, ma soprattutto perché il problema posto dalla loro lettera rimarrebbe intatto anche se le chiese facessero l’istruzione
evangelica nella loro sede anziché nella
scuola. Scegliendo la quarta possibilità
imboccheremmo la via del legalismo.
La prima soluzione soddisferebbe il
mio spirito dogmatico. Le divisioni tra
le chiese esistono, non sono secondarie, vanno affrontate e non eluse. Invece l’atmosfera ecumenica le ignora in
nome di una fratellanza generica; « siamo tutti uguali e tutti figli di Dio », dicono i ragazzi dei Giordan: è un’affermazione che essi hanno imparato dal
loro ambiente e corrisponde a una concezione naturale dell’umanità e della
religione. Una predicazione fedele all’Evangelo prima o poi metterà in crisi
questi ragazzi, mostrando come di fronte a Cristo gli uomini si dividono: gli
uni accettano la croce, gli altri la rifiu
Lettera aperta
degli alunni
dei Giordan
16 ottobre 1971
Caro signor direttore,
il 12 ottobre siamo andati al
Capoluogo alla cerimonia valdese e cattolica dell’inizio dell’anno scolastico ; però non ci è
piaciuto. Proponiamo un altro
anno si faccia la cerimonia nella stessa sala perché siamo tutti uguali e tutti figli di Dio.
Così non ci sarà più bisogno
di separarci quando arriviamo
lassù, i cattolici nella loro chiesa e i valdesi nella loro.
Troviamo che ciò non è giusto.
Dopo ci siamo dinuovo rivisti
però non era lo stesso, per esempio noi valdesi abbiamo visto delle belle filmine, se ci fossero anche stati i nostri amici
cattolici sarebbe stato più bello così le avrebbero anche viste
loro.
Cordiali saluti
Gli alunni della, scuola
dei Giordan
Dopo aver preso nota di questa lettera « ecumenica » scritta
dagli alunni della scuola dei
Giordan (Angrogna) al Direttore didattico Roberto Eynard,
abbiamo chiesto due interventi
che valutassero il lato pedagogico e teologico di questo «ecumenismo in embrione », se così può essere definita la simpatica lettera degli alunni dei
Giordan. Certamente questi
due interventi non esauriscono
il problema quanto mai attuale
che la lettera degli alunni avanza; può essere un’occasione
per un discorso ecumenico di
base auspicato anche da un ordine del giorno sinodale 1972.
E un grazie ancora agli alrmni
dei Giordan per aver ricordato
ai « grandi », agli insegnanti
come a ciascuno di noi questo
problema che troppo spesso viene ignorato. E. G.
tano. Tuttavia questa divisione è veramente la divisione che passa tra le
chiese? Possiamo dire onestamente che
noi valdesi abbiamo accettato la croce,
mentre i cattolici la rifiutano? Certo, la
scelta dei valdesi nel passato è stata di
esser fedeli aH’Evangelo, e per questo
hanno vissuto spesso sotto la croce,
ma i ragazzi conoscono la realtà di oggi, che purtroppo è ben diversa. Dovremmo dunque parlar loro del passato, ma essi a buon diritto ci obbietterebbero: perché non possiamo studiare il passato insieme con i nostri amici
cattolici? Perché essi si sentono uguali, e nulla può giustificare ai loro occhi
il fatto di doversi separare.
La separazione si rivela necessaria
in un solo caso: quando una chiesa autoritaria vuole imporre le proprie pratiche e le proprie dottrine ai nostri figli.
Se esiste nella famiglia una chiara testimonianza di fede evangelica, i figli
comprendono molto bene la ragione
della separazione. E’ il caso di tutta la
nostra diaspora; ma non è il caso dei
Giordan, perché gli alunni hanno chiesto di fare la riunione non sotto l’autorità di una sola chiesa, ma insieme. Le
nuove generazioni sono sulla piazza, e
aspettano la predicazione dell’Evangelo; le chiese sono ancora nelle trincee,
dove l’Evangelo è pietrificato nelle dottrine. Ci metteremo a spiegare la necessità delle trincee, o usciremo allo
scoperto, affrontando di nuovo l’avventura delia predicazione delTEvangelo?
Anche la prima possibilità mi sembra da scartare. Credo che la proposta
degli alunni dei Giordan vada accolta.
Ma come? Vi è una soluzione facile e
una soluzione difficile: soltanto la soluzione difficile mi sembra vera.
Vi è un profondo bisogno di fratellanza, di religione e di gioia nella gioventù di oggi. La chiesa è tentata, oggi
come sempre, di mettersi a cavallo dell’ondata religiosa; è un gioco in cui
è estremamente abile, ma da cui TEvangelo esce sempre mistificato. Ecco perché penso che faremmo un torto agli
alunni dei Giordan se gli dessimo soltanto un po’ di festa e un po’ di liturgia. Sarebbero contenti, noi non
avremmo fatto un grosso sforzo, ma li
avremmo ingannati.
La risposta vera mi sembra un’altra:
andiamo al di là della loro proposta,
facciamo insieme non soltanto la riunione di apertura, ma tutte le lezioni
di religione, accettiamo il confronto
fino in fondo. Ascoltiamoli: avranno dei
problemi, delle domande da sottoporci; rispondiamo come testimoni dell’Evangelo, cercando di capire, noi per
primi, che cosa vuol dire loro il Signore, oggi, sulla base della sua Parola.
Se poi questa decisione ci sembra
troppo grossa per poterla attuare subito, facciamo un esperimento: all’apertura del prossimo anno scolastico, o prima, se si presenta un’occasione analoga, chiediamo ai ragazzi di
preparare insieme la riunione; se sono
stati capaci di scrivere questa bella lettera, sapranno anche leggere insieme
un racconto evangelico e cercare a
quali fatti della nostra vita esso ci fa
pensare; verranno fuori dei problemi
e delle domande, a cui il prete e il pastore, ma anche i maestri presenti, potranno rispondere nel corso della riunione. Prima di ascoltare le risposte,
si potrà proiettare qualche filmina che
illustri il racconto evangelico e i fatti
di cui i ragazzi vogliono parlare.
Se vogliamo testimoniare alle giovani generazioni, mi sembra non vi sia
che questa via del confronto aperto, in
cui rinunciamo ad avere le spalle al
sicuro e cerchiamo, ognuno col massimo rigore e con la massima onestà, di
far capire in che modo Cristo ha preso possesso di noi e ci ha fatti veramente liberi, e quindi veramente figli
di Dio.
Bruno Rostagno
Mi sembra che i bambini di Angrogna, con la loro lettera, sollevino un
grosso problema g, soprattutto, ci mettano di fronte ad una realtà che non
dobbiamo sottovalutare. Non mi soffermerò sugli aspetti teologici della
questione, lasciando a chi ne ha la competenza di considerarne i diversi aspetti e le componenti, alla luce dell’Evangelo. Desidero solamente sottolineare
come il problema, qui circoscritto ad
una situazione vissuta in occasione di
una precisa ricorrenza, vada visto nel
più ampio contesto del compromesso
della sedóla di stato italiana nei confronti dell’ingerenza confessionale e,
più precisamente delTatteggiamento di
accettazione della presenza partecipe
di una chiesa neH’ambito dell’attività
educativa. Bisognerebbe cioè aprire un
ampio discorso sulle finalità e sull’opportunità di una scuola effettivamente
laica, a partire dalle indicazioni dei
programmi fino ai libri di testo.
Ritornando alla lettera, e alla richiesta dei bambini di Angrogna, bisogna
dire che si nota l’estremo disagio vissuto dagli alunni nella condizione di « divisione » vissuta in occasione della cerimonia di inaugurazione, decisamente
contrastante col discorso sulla comprensione reciproca e sulla pratica della vita comunitaria (lavori di gruppo,
ricerche ed inchieste, abolizione della
selezione col voto e dell’emarginazione,
dialogo e conversazioni, ecc.) In quel
momento i ragazzi hanno sentito venir
meno quei princìpi di fratellanza praticati quotidianamente, anche fuori dalla classe, senza peraltro avere piena
coscienza dei motivi di separazione. In
loro, ha preso forma un « rifiuto psicologico » di un fenomeno praticato senza una loro responsabile partecipazione.
Tanto più che la separazione ha continuato a sussistere oltre la cerimonia,
durante momenti ed attività normali,
quali il gioco o la visione di filmini didattici. Da un punto di vista pedagogico, le conseguenze di un simile atteggiamento possono essere rischiose,
nel senso di far nascere in ciascun
gruppo la convinzione di essere superiore, di essere privilegiato rispetto al
gruppo « antagonista » e, quindi, di precludere la via alla discussione, all’aperto scambio di idee o di esperienze, alla
comprensione delle diversità nelTuguaglianza e viceversa, alla creazione di
un clima comunitario ricco di stimoli.
Non si può amare il prossimo se ci si
serve di pregiudizi o se si attuano per
principio delle situazioni tali da impedire il confronto delle posizioni su un
piano di parità.
Qualcosa in questa direzione è stato
ultimamente attuato in alcune classi
elementari di Torre Pellice. Mi auguro
che chi ha avuto la fortuna (e il coraggio!) di realizzare un nuovo tipo di incontro e di atteggiamento nei confronti
delle « lezioni di religione » e delle « cerimonie religiose » voglia partecipare
agli altri il significato di questa sua
esperienza educativa.
Roberto Eynard
All’Inverso Pinasca, la sera del venerdì
santo; culto con Santa Cena seguito da un
programma insolito : un gruppo di giovani
cattolici ed evangelici di Perosa presentati da
Don Piero hanno cantato e illustrato con diapositive molto appropriate e relativa spegazione la sofferenza dell’uomo nel recente passato
e nel presente. Volti di bimbi, di giovani vegliardi coi segni profondi della sofferenza
esprimevano la situazione di tante creature che
hanno sofferto e soffrono oggi per causa di
giustizia : la schiera dei crocifissori non è ancora esaurita, si rinnova e cosi pure sì rinnova il triste corteo dei condannati per la
malvagità degli Erodi e dei potenti di ogni
tempo. La croce di Cristo rimane eretta come
giudizio verso chiunque di noi calpesta, sopprime la dignità del fratello; la croce di Cristo
è eretta come richiamo perché possiamo capire quanto è grande la potenza del nemico e
quanto è profondo l’amore di Dio che ci invita ad essere vicini ad ogni creatura dolorante. La Santa Cena ha quindi espresso molto più concretamente la profondità del dono di
Gesù in riferimento con le situazioni di oggi
in cui siamo tutti coinvolti come testimoni.
Ragazzi difficili
Ines e Marisa del gruppo di lavoro della
Scuola Materna hanno illustrato le cause e
indicato le linee di ricupero dei ragazzi difficili. Parecchi genitori hanno creduto che
la cosa non li interessasse, convinti di aver
figli 0 nipoti normalissimi, ferrati nella più
moderna pedagogia e psicologia. Purtroppo la
verità è un’altra : tutti sono casi difficili e
perciò tutti i genitori avevano bisogno di una
lezione. Quando poi si viene a sapere che i
bambini piccini bevono vino o caffè con danno
al cervello la cosa assume una certa gravità.
Non debbono più lamentarsi, i genitori, dicendo: non comprendiamo più i nostri figli;
al tempo nostro non eravamo cosi (e non è
vero), i nostri ragazzi non ci ubbidiscono più,
vogliono ciò che vogliono, e via di questo
passo. Possiamo dir loro : non fate nessuno
sforzo per cominciare a capire i figlioli sin
dalla Scuola Materna, per ricercare umilmente consigli, suggerimenti, talvolta preziosi che gli incontri mensili vi forniscono, anche
e soprattutto alla luce della Parola di Dio, con
tutto l’apporto della più moderna psicologia.
Grazie comunque alle presentatrici dello
studio seguito anche questa volta da una buona discussione.
« Magna Marietta » Tourn
Nel tempio di Pomaretto ed aU’ospedale il
Pastore Geymet e il Pastore locale hanno predicato l’evangelo della risurrezione in occasione della dipartenza di « Magna Marietta »,
mamma del Pastore Cipriano Tourn. Già avau,
ti negli anni ha seguito il figliolo nei vai,
luoghi dove era mandato adattandosi con estre,
ma facilità agli ambienti e lasciando un ri
cordo di fedeltà all’evangelo di Gesù Cristo.
collega ed a tutta la famiglia il nostro pensie.
ro di solidarietà in Cristo.
Assemblea dei « confermandi », genitori e
una delegazione del Concistoro: si discute dd
programma di quello che si svolge nel corso
di quattro anni, la linea che si è cercata per
rinnovare e interessare maggiormente.
Il discorso si allarga : quale collaborazione
danno i genitori? Quale influenza spirituale
e quale esempio danno, sia in casa, sia nella
frequenza ai culti, partecipazione alle assenj.
blee, interessamento ai problemi vivi del nio.
mento, in cui sono coinvolti i giovani? gj
avverte un certo disagio ed una comprensj.
bile responsabilità; poi si discute la data del
la Confermazione, spostata alla domenica dopo
Pasqua. Qualcuno invoca il rispetto delle ri.
gole tradizionali, di disposizioni precise che
dovrebbero venire dall’alto e rispettate; qual,
euno osserva che nella fede non c’è regolamen.
to o disciplina esteriore bensi qualcosa di di
namico che coinvolge il credente in tutto 3
suo comportamento e non soltanto per un’oc,
castone « solenne » al eospetto della folla curiosa. I catecumeni sono i meno entusiasti deh
la data per la <c confermazione ». L’incontro è
stato utile : i genitori hanno avvertito che il
discorso sulla data è senza senso se nel corso
della preparazione dei loro ragazzi non c’è
maggior vicinanza e maggiore testimonianza
verso i figli in ogni campo. Si prospetta l’idea
di incontrarsi più spesso nel corso dell’anno
per l’utile spirituale comune.
Prossimamente:
16 Aprile: culto presieduto dal Prof. Bruno
Corsani.
23 Aprile: culto al Clot Inverso (anziché il
30 Aprile) alle ore 10,30. !
7 Maggio: canti, messaggi, dialoghi, dei
bambini della Scuola Materna con esposizio.
ne dei disegni: ore 14,30, al teatro.
Battesimi - Recentemente abbiamo invoca :
to la Potenza dello Spirito di Dio sulle ere»:
ture sue : Massimo Rostan di Enrico e Maria
Costabello, Cristina Long di Ernesto e Andrei
na Lamy.
Grazie al fratello Renzo Turinetto per il
messaggio rivolto alla comunità dell’Inverso
Rinasca, al culto mensile. La sala era rinne
vata grazie all’impegno d’un gruppo di fratelli e sorelle ai quali diciamo grazie!
Un grazie pure al gruppo di trombettieri
guidati da Renato e al Pastore Aime per la
collaborazione per la corale.
Gesù è colui che risuscita
Dopo aver letto sull’Eco-Luce del 7 aprile, la lettera del pastore Ayassot in risposta al mio articolo: «Funerali o Resurrezione? )), debbo ancora intervenire, per
esporre a mia volta alcuni rilievi a tale
lettera. Per prima cosa invito il pastore
Ayassot a venire ad Angrogna a farmi visita; e se decidesse di concedermi questo
grande onore, mi impegno a presentargli
alcuni altri « sfortunati » a cui è capitato
di udire predicazioni non evangelieamente
corrette. Non era poi mia intenzione « incriminare » alcun pastore, per le sue predicazioni funebri; si trattava soltanto di
semplici e ovvie constatazioni, che a meno
di essere sordi, non potevano essere ignorate. Mi sembra che il pastore Ayassot cada a sua volta un po’ nel ridicolo usando
un termine così pesante. Non concordo poi
assolutamente con la sua affermazione che
una persona al momento del trapasso possa ascendere in paradiso. Dagli insegnamenti catechetici ricevuti, dalla lettura di
alcuni libri di Oscar Cullmann, e da un
personale esame delle sacre scritture, ho
acquisito la chiara convinzione che non esiste né purgatorio né paradiso. Una persona, quando muore, scende semplicemente nella terra, e l’unica speranza per un
credente è quella del ritorno di Cristo nell’ultimo giorno per risuscitare i morti,
esercitare il giudìzio, raccogliere i suoi eletti, ed instaurare il suo Regno. Quanto
al pastore che aveva imparato a fare salami durante un accompagnamento funebre;
mi dispiace di dover deludere la illuminata chiaroveggenza del pastore Ayassot, ma
la sua ipotesi che fossi troppo piccino o
troppo distratto per capire è completamente sbagliata.
Devo poi ringraziare per l’augurio che
mi vien fatto di capire quello che leggo;
mi vedo però costretto a formulare un
identico augurio al pastore Ayassot. Leggendo attentamente neH’evangelo di Giovanni il racconto della resurrezione di Lazzaro egli avrebbe dovuto rendersi conto che
Gesù non ha mai affermato di aver predicato agli amici e ai conoscenti del morto.
NeH’evangelo di Giovanni dal vers. 39 al
42 e scrìtto: «Gesù disse: togliete via la
pietra! Marta, la sorella del morto gli disse : Signore egli puzza già perché siamo al
quarto giorno. Gesù le disse: Non t’ho io
detto che se credi, tu vedrai la gloria di
Dio? Tolsero dunque la pietra. E Gesù alzati gli occhi in alto disse : Padre, ti ringrazio perché mi hai esaudito. Io ben sapevo che tu mi esaudisci sempre; ma ho
detto questo a motivo della folla che mi
circonda affinché credano che tu m’hai
mandato ». Mi sembra chiaro che l’ultima
frase pronunziata da Gesù si riferisce semplicemente alle sue precedenti parole di
ringraziamento al Padre. Tralasciando di
riferire alcune parole, il pastore Ayassot ha
un po’ svisato il senso delle frasi di Gesù.
Quanto al fatto che Gesù sia arrivato in
casa di Jairo, quando i suonatori di nenie
funebri erano pia all’opera, non ha grande
importanza; poiché è pure scritto che Gesù fece uscire tutti, dopodiché egli risusci
tò la giovinetta. In questo racconto non
vi è il minimo elemento che possa far pensare ad una sua predicazione. Per il figlio
della vedova di Nain il fatto che Gesù abbia pronunziato appena qualche parola, dimostra appunto che non fece alcuna « predicazione ». Riguardo alle due o tre ore
che si perdono per andare a un funerale,
è chiaro che non sempre si può prestare
aiuto a qualche persona che si trovi in
situazioni difficili, per il motivo che non
sempre nella zona in cui viviamo ci sono
persone che abbiano bisogno dì aiuto in
quel preciso momento. Comunque la mia
argomentazione non è un alibi, ma una
convinzione. Le ore che ho speso a prestare aiuto al altre persone, sono infinitamente più di due 0 tre. Nel corso del suo ministerio il pastore Ayassot ha senz’altro rivolto un gran numero di insegnamenti agli
altri. Spero che quando ne ha avuto la possibilità li abbia messi in pratica pure lui
« perché se cosi non fosse... se, pur sapendo
quello che si deve fare, egli si accontentasse di raccomandarlo agli altri... » (sono parole sue). Il paragone con coloro che abitano in luminosi appartamenti e passano
le vacanze al mare o allo chalet montano
è un po’ troppo stridente. Tengo a precisare che le mie modeste condizioni di agricoltore non mi consentono sìmili lussi. In
25 anni di vita, salvo alcuni brevi soggiorni presso parenti, non ho mai potuto prendermi alcuna vacanza, né al mare né altrove, e non credo che il pastore Ayassot possa dire altrettanto. Il suo tenore di vita è
senz’altro molto più lussuoso del mio.
A conclusione di questo scritto vorrei fare un’ultima osservazione. Sono indubbiamente trascorsi molti anni dal giorno della
consacrazione al ministero pastorale del signor Ayassot e forse egli non si ricorda più
con chiarezza tutte le promesse fatte in
quel giorno. Specialmente la promessa :
« Sii d 'esempio ai credenti^ nel parlare »:
altrimenti non avrebbe scritto una lettera
permeata di pesante ironia. Aggiungo pure
che Gesù nei suoi discorsi non ha mai disprezzato gli altri. Adelchi Ricca
Desidero soltanto aggiungere due parole
di chiarimento a questa disputa sui funerali che vede impegnati un pastore valdese ed un contadino autodidatta della comunità di Angrogna.
1) . Il titolo della lettera scritta da
A. R. in risposta al pastore E. Ayassot è
opera mia, essendo la lettera pervenuta
senza titolo e lo spazio dedicato alle « lettere al direttore » esaurito.
2) Un articolo-risposta al primo intervento del pastore E. Ayassot era stato
preparato dalle Unioni giovanili interessate e non è stato pubblicato per loro volontà per evitare una sterile polemica.
3) Per quanto riguarda la pagina
« Cronaca delle Valli » questo è anche
Vultimo intervento che sarà pubblicato su
questo argomento. Sia perché ciò che si
voleva dire è stato detto; sia per evitare
dei fraintendimenti e delle polemiche che
non servono a nulla e a nessuno. E. G.
5
11- a crile 1972
N. 15
pag. 5
Vita, problemi, prospettive delle chiese valdesi
Luigi Micol, pastore e professore valdese
Il 5 aprile è deceduto Luigi Micol,
pastore e professore valdese. Due
giorni dopo, nel modo strettamente
riservato che egli aveva espressamente richiesto, si è svolto il breve e semplice servizio funebre, all’Ospedale
Valdese di Torre Pellice; i familiari
si sono raccolti con il past. Sonelli
nell’ascolto dell'Evangelo da lui stesso indicato, le pagine conclusive dell’Apocalisse; il past. Conte ha portato il pensiero partecipe e riconoscen'-'te della Tavola, a nome della Chiesa
nella quale Luigi Micol ha servito per
tanti anni; e di questo servizio sono
state indicate le tappe. È quanto, semplicemente come egli ha chiesto, vogliamo ora fare qui.
Nato a Massello il 4 luglio 1886, Luigi Micol compieva i suoi studi secondari alla Scuola Latina prima, al Collegio Valdese poi; quindi gli studi
teologici presso la Facoltà di teologia,
a Firenze, con un ulteriore anno di
perfezionamento a Edinburgo, nel
1911. Parallelamente i suoi studi classici lo portavano nel 1919 all’abilitazione all’insegnamento dell’inglese e
nel 1920 aH’insegnamento del francese.
La prima parte del suo ministero
fu pastorale: dopo due anni di candidatura a Torino e a Napoli (1912-14, e
a Napoli conosceva e sposava Margherita Kerbaker, figlia di un noto docente universitario della città), consacrato al ministero pastorale nel 1914,
lo svolse a Firenze (1914-15), a Frali
(1915-18),. a Grotte e- a Caltanissettà
(1918-22), infine, più a lungo, a Perrero (1922-32).
Nel 1932 veniva chiamato all’insegnamento del francese presso il Collegio Valdese di Torre Pellice, incarico che portò fino al 1956, anno della
sua emeritazione.
Nel corso del suo ministero, a Luigi Micol furono affidate numerose
missioni all’estero, soprattutto in Scozia e in Inghilterra, che conosceva
bene. Ed ebbe numerosi incarichi:
dal 1928 al 1931 presiedè il Comitato
della Scuola Latina, fu poi vicapreside del Liceo-Ginnasio di Torre Pellice, e dal 1932 al 1938 tenne la direzione de « L’Eco delle Valli Valdesi ».
Un lungo ministero; centinaia di anziani, di adulti, di giovani, dalle Valli
alla Sicilia, lo ebbero pastore e pro
fessore; sono essi che ora lo ricordano, con gratitudine, e in loro tutta la
Chiesa Valdese: un pensiero di gratitudine e di affetto che va all’uomo, in
tutta semplicità, in trasparenza, senza retorica pagana, perché sappiamo
chi compie in noi il volere e l’operare. Per questo le nostre opere, quando ci addormentiamo nel Signore, non
ci precedono come un certificato di
buona condotta :^quanto sarebbe irri
sorio, e quanto derisorio dell’opera di
Cristo!), ma ci seguono come un'eco,
un lieve solco sulla terra degli uomini, a testimonianza di colui che ci ha
-chiaifiati a lavorare nella sua vigna.
Alla compagna dello scomparso, alle figlie con le loro famiglie la simpatia affettuosa di coloro che hanno
percepito quest’eco e questo solco, la
comunione di coloro che, come Luigi
Micol, credono con lieta fiducia la potenza della risurrezione di Cristo e il
venire del suo regno.
g. c.
Dopo alcuni anni di degenza, il prof.
Luigi Micol ci ha sommessamente lasciati il 5 aprile, all’età di oltre 86 anni. Era infatti nato il 4 luglio 1886 a
Massello, da una modesta famiglia
contadina, ed avviato agli studi, prima alla Scuola Latina, poi al Collegio; a Firenze aveva seguito i corsi
della Facoltà di Teologia, ed era stato consacrato nel 1914.
I lettori ci scrivono
Signor direttore,
la Sua lunga chiosa alla nostra lettera sui
. funerali pagani (Eco-Luce n. 11) ci obbliga a
riprendere la penna per alcune necessarie precisazioni.
Il funerale cristiano è un culto, non una
insensatezza. Questo volevamo dire ai giovani
del Prassuit-Verné o a chi per essi. E siamo
lieti di trovarLa consenziente nel nostro assunto. Naturalmente il culto implica un rito cioè,
come insegna il vocabolario della lingua italiana, un ordine per il suo svolgimento.
Al consenso predetto segue una carica a
fondo contro l’idea di « sacramento » che, secondo Lei, cf soggiace » alle nostre parole come
un’insidia. Orbene, noi non abbiamo minimamente parlato deU’Ufficio funebre come di un
sacramento, e cbe non vi abbiamo nemmeno
pensato risulta dai due rituali da noi indicati
come traccia per l’Ufficio stesso. Il riferimento al Battesimo era essenzialmente cronologico.
Dicevamo infatti che la Chiesa suole assistere
i suoi membri, forti o deboli che siano, dalla
nascita alla morte, mediante i suoi carismi,
ossia mediante i doni che essa possiede. Lei
stesso ne ammette uno: la predicazione.
Poiché, dunque, il nostro intervento non
presupponeva — in quanto non pertinente all'argomento in questione ■— alcuna concezione
sacramentale, 1’« accusa » che Lei ci muove di
divergere dalla Confessione di fede della Chiesa riformata cade automaticamente nel vuoto.
Siccome però nel suo grande sdegno Lei afferma che sacramento è « parola non biblica, carica di risonanze pagane » denotante un atto
« che non consacra nulla, che non comunica
nulla » e si riduce ad un semplice annunzio,
citiamo per inciso quanto si legge alLart.
XXVIII della Confessione di fede della Chiesa
Evangelica Valdese a cui Lei appartiene come pastore: « Iddio non ammaestra solo con
la sua Parola, ma ci ha ordinati dei Sacramenti per unirli ad essa Parola, come mezzi per
congiungerci a Cristo e per partecipare ai suoi
beneficii ». Chi diverge?
Proseguiamo. Nella sua lunga chiosa Lei
solleva momentosi argomenti quali la costituzione del cosmo e dell’essere umano, i concetti di sopravvivenza, immortalità, risurrezione,
riguardo ai quali noi avremmo il torto di non
essere in linea con le opinioni sue e di due
teologi che Le sembrano far testo. Il fatto è
■che da molto tempo noi studiamo con assiduità e dedizione i suddetti argomenti seguendo,
non la linea che è sempre una cosa striminzita, ma la vasta, armoniosa, sicura prospettiva
apertaci da grandi maestri che ci aiutano per
quanto è possibile a comprendere il mondo,
la vita, le Sacre Scritture e le loro rivelazioni.
Sì, le Sacre Scritture. Tutto ciò che abbiamo detto nel nostro intervento da Lei giudicato non biblico poggia infatti sulle Sacre
Scritture.
Che cosa dicevamo del corpo? Che è un dono di Dio, veste e strumento della manifestazione dell’uomo su questa terra. <t Sei tu che
hai formato le mie reni — canta il Salmista —
che mi hai inlessuto nel sene mia madre.
Io ti celebrerò perché sono ?'..)to fatto in modo
maraviglìoso, stupendo » (Salmo 139 : 13-14).
E San Paolo chiama il corpo (( temnio dello
Spirito Santo » nel quale l’uomo è chiamato a
« glorificare Dio » (I Cor. 6: 19-20); lo chiama anche cc tenda » dalla quale gli sarebbe caro, dice, « partire per abitare col Signore » (2°
Cor. 5 : 8). « Io sono stretto dai due lati : ho il
desiderio di partire e d’essere con Cristo, perché è cosa dì gran lunga migliore, ma... »
(Fil. 1:23).
Ecco, partire. Per questo parlavamo dell’anima che passa dal mondo della materia a quello dello spirito. E dicevamo che nel funerale
cristiano, mentre si rendono le estreme onoranze alle spoglie mortali del defunto, se ne accompagna l’entità vìvente nella sua nuova dimora, cioè nel suo nuovo stato superfisico. Accompagnare il defunto significa pensare a lui
con sentimenti di amore cristiano, in preghiera, col canto, con la proclamazione della vittoria della vita sulla morte e della risurrezione in
Cristo, significa affidarlo alla misericordia e all’amore di Dio, del quale soltanto si vive nell’al
di là come su questa terra.
Riguardo alla costituzione dell’uomo abbiamo compreso, attraverso lo studio di cui parlavamo prima, l’importanza della definizione
paolina contenuta nelle parole l’intero essere
vostro, lo spirito, l’anima, il corpo (1‘ Tess.
5: 23). Crediamo appunto, secondo l’insegnamento dell’Apostolo, che l’uomo sia costituito
di spirito, anima, corpo, ben distinti eppur
formanti un tutto suscettìbile di redenzione,
di salvezza, di risurrezione.
Altro non abbiamo da dire in questa sede.
La ringraziamo dell’ospitalità e ci firmiamo in
rapresentanza del Circolo Ugo Janni di Sanremo (Segreteria Via Meridiana, 39):
Ersilia Barbieri, Angelica Chiozzotto,
Michele Chiozzotto, Elsie Janni, Margherita Lange, Graziella Perrin, Carlo
Rampi, Giacinto Retìda.
Faccio ammenda se ho attribuito Loro un
sacramentalismo che — me ne rallegro — rifiutano per ciò che riguardo il servizio funebre. Protesto invece perché nella citazione
quanto scrissi risulta tronco; scrivevo, infatti:
« il sacramento non consacra nulla, si può anche dire che non "comunica” nulla, o meglio,
comunica ciò che comunica la predicazione,
né più né meno: perché è annuncio in atto,
ove l’accento cade sicuramente sulla Parola...
Tanto è vero che anche senza il sacramento
la fede vive, senza la Parola no ». Chi diverge?
Ribadisco che è biblicamente infondato
« parlare dell’anima che passa dal mondo della
materia a quello dello spirito ». Quando Dio
opera in noi con il suo Evangelo, creando la
fede in Cristo, l’intero essere nostro è rigenerato, nato di seme incorruttibile, promesso alla
risurrezione (dei corpi) e alla vita eterna nella
nuova creazione (« nuovi cieli e nuova terra»); fin d’ora salvato: in speranza, ma una
speranza che non rende confusi, se resta speranza viva e tutta risposta extra nos. in Cristo morto per i nostri peccati e risuscitato per
la nostra giustificazione. Il nocciolo della questione sta nella realtà — totale •— della morte
e nella realtà — totale — della risurrezione.
Gino Conte
COLLEGIO VALDESE
Fu chiamato a servire la comúnfà
di Prati dal 1915 al 1918, in sostituzione di Enrico Pascal, allora militare;
dal 1918 al 1922 fu incaricato del lavoro a Grotte e Caltanissetta, per accettare quindi la nomina delia comunità
di Perrero.
Dieci anni dopo, nell’autunno del
1932, essendo morto il prof. Giovanni
Cdisson, Luigi Micol fu norninqtp dalla Tavola insegnarùte “di francese al
Collegio di Torre Pellice, poiché aveva i titoli di studio necessari e la vocazione all’insegnamento. La Tavola
gli affidò contemporaneamente la direzione dell’Echo des Vallées, che egli
tenne fino al 1938, proprio negli anni
in cui il fascismo imponeva l’abbandono della lingua francese e l’adozione di quella italiana.
Il prof. Micol ebbe in quel tempo
anche le sue difficoltà, in una situazione non sempre facile e molte volte delicata.
Anche la piccola chiesa di Coazze fu
affidata alle cure del pastore Micol:
e lo rivediamo con la sua motocicletta affrontare la lunga strada per recarsi a visitare quei fratelli, incurante delle difficoltà della strada e del
tempo.
Si occupò molte volte di attività locali, sempre pronto a mettere a disposizione le sue forze per un lavoro
serio e coscienzioso, quello che aveva
caratterizzato tutta la sua esistenza.
Fino a che le sue forze glielo permisero, egli si accostava alla terra
con passione, e lavorava con gioia il
suo piccolo orto; come con gioia si
dedicava all’apicoltura, cercando anche di propagandare nella Val Pellice
questa forma di occupazione nel tempo libero.
Emeritato nel 1956, egli potè godere per pochi anni di una serena vecchiaia; poi le sue forze si indebolirono, e la sua salute andò progressivamente peggiorando; ciononostante,
una serenità consapevole e fiduciosa
lo accompagnò sempre, quale conforto nell’immobilità cui era condannato.
Alla vedova ed alle figlie, esprimiamo la nostra viva simpatia.
H.
iiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiMiiiiiiiiiMiiiiiiimiiin
Personalia
Esprimiamo la nostra fraterna simpatia al
pastore Cipriano Tourn e all’anziano Aldo
Tourn, con le loro faipigliè, nell’ora del distacco dalla madre, signora Maria Tourn.
Illllll{|llllllllllllim.iiilllllllllllllllll>lllllinillllllllllllllll
Luserna S. Giovanni
Organizzato dairUnione Femminile, domenica 23 aprile alle ore 14,30 nei locali della
Sala Albarin, avrà luogo un trattenimento fraterno e comunitario, un té benefico con lotteria di beneficenza.
Il provento della manifestazione andrà a favore del Convitto Femminile di Torre Pellice.
Tutti i membri di Chiesa ed i loro amici
sono cordialmente invitati.
Rorà
Rinoviamo al pastore Cipriano Tourn, alTAnziano Aldo Tourn, a tutti ì familiari la
nostra simpatia cristiana per la dipartita, all’Ospedale di Pomaretto, della loro .madre Rivoira Maria ved. Tourn, la cui salma è stata
tumulata nel cimitero di Rorà, presenti parrocchiani di Chiotti-Villasecca dove Essa risiedeva presso il figlio, di Rorà e delle Chiese
viciniori.
La Domenica delle Palme sono stati ammessi in Chiesa i confermandi Vilma Martina
e Silvio Revel delle Fucine. « Sii fedele... ».
Ultimamente sono stati battezzati : Daniela
di Edilio e Virginia Rivoira, Emilio di Napoleone Rivoira e di Marisa Pavarin, Elione et
Pierre André di Pierre Diacon e di Ida TournBoncoeur (Svizzera), Sabina di Mario Veronesi e di Anna Tourn-Boncoeur. « Lasciate venire a me i piccoli fanciulli... ».
E’ stata implorata la benedizione divina sul
matrimonio di Erardo Ribet con Marina Zuccolattto, residenti a Torre Pellice. « L’uomo
non separi quel che Dio ha unito... ». L. C.
Serie di
iezieoi dei
soii'Evaegeie
prof. Brono
di Gievaoni
Corsaoi
Conferenza sull’’imposizione delle mani e il ministero
Come è stato annunciato nel numero
scorso il prof. Bruno Cor sani trascorrerà alle Valli la settimana dal 16 al 23
aprile per tenere il quarto ciclo di lezioni di teologia secondo il programma
a suo tempo concordato fra il Comitato del Collegio Valdese e i professori
della Facoltà di Roma, in accordo con
i pastori della bassa Valpellice.
11 corso, avente come titolo « Introduzione al Vangelo di Giovanni » sarà
suddiviso in 5 lezioni i cui argomenti
sono i seguenti:
1. - Giovanni, « quarto » Vangelo: strut
tura del suo contenuto;
2. - Gesù rivelatore di Dio: i « segni »
della sua testimonianza;
3. - I « discorsi d’addio »: passato e fu
turo come presente della comunità
dello Spirito e della Parola;
4. - Personaggi e comparse del Vangelo
di Giovanni;
5. - Giovanni, Vangelo di frontiera.
Le lezioni avranno luogo presso la Foresteria, dal lunedì al venerdì, alle 20,45.
Come di cònsuefei il prof. Corsani
terrà alcune lezioni anche agli studenti
del Collegio e probabilmente della
Scuola Latina.
Secondo le indicazioni della Commissione Distrettuale saranno visitate per
il culto le Comunità di Pomaretto, il
16 aprile e di S. Secondo, il 23 aprile.
iiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiMiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiim
San Secondo
La Domenica delle Palme la Chiesa ha avuto la gioia di accogliere cinque nuovi membri: Gambe Ettore; Costantino Franca, Monnet Fernanda, Paschetto Sandro e Rostan
Dino.
Nel ricordare ancora a questi giovani l’impegno che hanno assunto in quel giorno, domandiamo a Dio di volerli sempre assistere ed
aiutare.
La Corale ha partecipato ai vari culti della
Settimana Santa; la comunità le esprime la
sua sincera riconoscenza.
Esprìmiamo la nostra riconoscenza al pastore
Stollreiter di Berlino, all’anziano Dino Gardiol
ed ai giovani Attilio Fornerone e Roberto
Vicino che hanno, ultimamente, presieduto dei
culti domenicali. Ringraziamo pure gli studenti del Collegio Valdese, che, sempre accompagnati da un loro professore, hanno rivolto messaggi molto interessanti e di particolare
attualità in tre riunioni quartierali.
A. G.
N.d.r.: per ragioni di spazio, la fine della
corrispondenza al n. prossimo.
Feste di canto
Le Feste di canto delle Corali
avranno luogo alle date e nelle
località seguenti :
Festa di canto delle Corali della
Val Pellice :
domenica 30 aprile alle ore 15
nel tempio di Luserna San Giovanni
Festa di canto delle Corali della
Val Chisone :
domenica 14 maggio alle ore 15
nel tempio di San Germano Chisone.
Le prove d'insieme avranno luogo alle ore 14,15 nei locali che
saranno indicati.
La Commissione
del Canto Sacro
NOVITÀ’ CLAUDIANA
Paul Tillich
L’ERA PROTESTANTE
ed. a cura di Franco Giampiccoli
pp. 276 - L. 2.900
(coll. « Sola Scriptura » 4)
L’« era protestante » è conclusa. È dunque segnata la fine del protestantesimo? Non tutto è perduto se il protestantesimo saprà riscoprire il
« principio protestante », la protesta profetica contro ogni potere che richieda per sé un carattere divino, sia esso chiesa o stato, capo o partito.
Una delle maggiori opere del grande teologo-filosofo « sulla linea di
confine ».
rn ciau
dia
t na
EDITRICE CLAUDIANA c.c.p. 2/21641
Via Principe Tommaso, 1 - 10125 Torino
Infine il prof. Corsani concluderà questa intensa settimana di lavoro con una conferenza pubblica presso la Foresteria, alle ore 17 della domenica 23
aprile. Argomento: « L’imposizione delle mani e il ministero ».
Ringraziamo fin d’ora il prof. Corsani
per la sua apprezzatissima collaborazione.
Il Comitato del Collegio
e della Scuola Latina
iiiMiiiiiiiiiiiiiitiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiM
Al Centro evangelico di cultura di Roma
Il Valdismo medìoevate :
un movimento conservatore
o rivoinzionario ?
Una conferenza del prof. Selge
Sabato 15 aprile, nell’aula magna della Facoltà Valdese di Teologia, a Roma, il prof. Kurt-Viktor Selge terrà una
conferenza sul tema: « Il Valdismo medioevale: un movimento conservatore e
rivoluzionario? ». Il prof. Selge, docente presso l’Università di Heidelberg, è
a Roma per un corso di lezioni presso
la nostra Facoltà teologica. Egli è uno
dei maggiori studiosi odierni del Valdismo medioevale.
Mmiiiiiiiiiuiiiiiiiiniiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii
COIUDIVIlCaTO
FORTUNATO GAGLIANI non è più agente delTUnione Biblica Italiana. Gli uffici degli agenti per l’Italia sono stati soppressi visto l’esiguo numero di abbonati al trimestrale
« Per l’Ora che passa ». Rende noto che ha
iniziato dal 3 gennaio 1972 la collaborazione a
tempo pieno con la Libreria Editrice Claudiana e che dal 1° aprile 1972 gli è stata affidata
la direzione della Libreria Claudiana di Torre Pellice. Sarà molto lieto di continuare a
servirvi in questa nuova attività. Il suo indirizzo: Libreria Claudiana, via della Repubblica. 10066 Torre Pellice (Torino) - Telefono
91.422.
La famiglia annunzia che
Luigi Micol
è passato dal finito all’infinito, dal
tempo alTeternità.
« Il mare non c’era più »
(Apcfc. 21: 1)
Torre Pellice, 5 aprile 1972.
I familiari della compianta
Clara Coucourde
ved. Costabel
commossi per la grande dimostrazione di affetto ricevuta nella triste circostanza, ringraziano i Pastori Geymet e BÌertinatti, i medici e il personale deU’Ospedale di Pomaretto, tutti i vicini di casa, i compagni di lavoro del figlio, e quanti hanno preso
parte al loro vivo dolore.
Inverso Pinasca, 27 marzo 1972.
RIN GRAZI AMENTO
La figlia Lilia col maiito Rolando,
unitamente ai parenti tutti, riconoscenti per la grande dimostrazione
di affetto e di stima tributata alla
loro cara
Elisa Bertetto
ved. Fornerone
ringraziano tutte le persone che presero parte al loro grande dolore.
Un ringraziamento particolare al
pastore A. Genre ed a quanti furono
loro di aiuto e di conforto.
;« L’Eterno è il mio pastore,
nulla mi mancherà»
(Salmo 23: 1).
San Secondo, 30 marzo 1972.
Vacanze al mare
Pensioni
alberghi
familiari e
confortevoli
Bassa stagione da L. 2.000-2.100
Alta stagione da L. 2.500-3.200
Informazioni: Revel Egidio
Hôtel Elite
47045 Miramare di Rimini
6
pag. 6
N. 15 — 14 aprile 1972,
I NOSTRI GIORNI
UOMINI, FATTI, SITUAZIONI
“Valida collaborazione,,
Nel n. 51 del 17 dicembre scorso
avevamo accennato alle querele sporte dal missino Almirante contro vari
giornali e uomini della sinistra che
avevano denunciato e ricordato alla
opinione pubblica le sue trascorse gesta e le sue gravissime responsabilità
nel periodo della repubblichina di
Salò.
Come i lettori sapranno, nel frattempo si è già avuto qualche processo al riguardo: tutti quanti hanno dato ragione ai querelati (meno male).
Riteniamo assai interessante riportare qui alcuni brani della sentenza depositata presso la cancelleria del tribunale di Trapani, colla quale il locale segretario del PSI, Alagna, è stato
assolto. Essa, fra l'altro, dice che « le
prove fornite daH’imputato (e cioè da
Alagna) sono bastevoli per esprimere
UiT giudizio positivo sulla valida collaborazione deH’Almirante in sepo al
governo repubblichino quale capo di
gabinetto del ministro della cultura
popolare (Mezzasoma) e pertanto non
può assolutamente escludersi la sua
partecipazione, almeno morale, nella
commissione di numerosi crimini e
misfatti che sono stati perpetrati in
quel periodo ». Di conseguenza, « pienamente giustificate appsdono le
espressioni a lui rivolte (e cioè massacratore e torturatore) » tanto più
che « l’opera svolta dall’Almirante
non si è solo limitata a quella , di capo di gabinetto, avendo anch’egli fatto parte, volontariamente e per sua
stessa ammissione, delle brigate nere, assumendo il comando di un nucleo ». La sentenza dice ancora: « Né
d’altra parte Almirante ha saputo fornire, i proprio a proposito del suo passato di brigatista, alcuna giustificazione del fatto di non essersi querelato
nei confronti degli autori dell’Enciclopedia dell’antifascismo e della Resistenza, che accusa il segretario missino di aver diretto tutta la propaganda repubblichina sostenendo consapevolmente l’azione di rapina, le
distruzioni e i massacri che andavano
compiendo i tedeschi ».
« Si tratta — conclude il tribunale
— di fatti che rappresentano una ben
triste pagina della storia^ael fascismo,
alla cui realizzazione rMmirante ha
partecipato ».
Oggi quel signore si trova in parlamento ed il suo partito pensa di aumentare notevolmente la sua consistenza in occasione delle prossime
elezioni politiche.
Processi in USA
Il processo in Pennsylvania contro
il prete cattolico Philip Berrigan e sei
altri cofnpagni imputati di « congiura
ai danni della Stato » (tentato rapimento del consigliere presidenziale
lüssinger e tentato sabotaggio di edifici governativi per protestare contro
la guerra del Vietnam) si è clamorosamente sgonfiato in camera di consiglio, dopo dieci settimane di udienza.
La giuria ha infatti completamente
prosciolto cinque dei sette imputati e
si è dichiarata incapace di raggiungere un verdetto per gli altri due e cioè
per Berrigan e per la suora Elisabeth
Macalister. Essi sono stati tuttavia
dichiarati colpevoli di aver fatto uscire clandestinamente una lettera dal
carcere, il che potrebbe costar loro
lunghe pene detentive, pene che saranno decise dalla magistratura in un
secondo tempo. Come noto, padre Berrigan si trovava già in carcere in precedenza, sotto l’accusa di aver distrutto delle cartoline militari di chiamata
alle armi per il Vietnam.
Intanto, il processo alla militante
nera comunista Angela Davis va avanti a base di colpi di scena, quali la
confessione in aula di un teste a carico di essere stato influenzato dal
pubblico ministero e la deposizione a
sorpresa di una delle « vittime », che
si è vantata di aver ucciso tre persone.
L’ultimo, e il più sconvolgente fatto
nuovo (al momento in cui scriviamo
queste note) è costituito dall’uccisione del nero James Carr, che avrebbe
dovuto testimoniare a discarico della
Davis e che è stato abbattuto a raffiche di mitra mentre usciva dalla casa
della suocera.
Il Carr era stato amico e discepolo
di George Jackson, il maggiore dei
« fratelli di Soledad », a sua volta tragicamente ucciso in occasione di un
suo molto dubbio tentativo di evasione. Ricorderemo in proposito che altri
due « fratelli di Soledad », che erano
in carcere con Jackson quali suoi
« complici » sono stati processati, assolti e liberati lo scorso mese.
Libri di testo
Già abbiamo avuto occasione, in
passato, di accennare (indipendentemente o meno dai gravi problemi generali della scuola) ai libri di testo adottati nelle scuole italiane e abbia
Direttore responsabile: GlNO Conte
Reg. al Tribunale di Pìnerolo
N. 175 - 8/7/1960
C»op. Tip. Subalpina - Torre PeUice (Torino)
mo rilevato che in tanti, in troppi di
essi i reali problemi sociali e politici
vengon o ignorati o affrontati in modo superficiale o parziale, quando non
addirittura in maniera scorretta. In
tanti casi questi libri, più che aiutare
la preparazione del futuro cittadino,
tendono a renderlo un suddito, un
« bravo » operaio, un soldato « ideale »
e magari eroico, un fedele e acritico
ascoltatore dell’« autorità » ecclesiasiastica (si veda Eco-Luce del 15 ottobre 1971).
Un quotidiano riprende ora questo
argomento sotto un’angolazione diversa e vale a dire esaminando, nei
35 testi adottati nelle V elementari di
tptta la penisola, come vengono presentati il fascismo e la Resistenza.
Il risultato è davvero sconsolante,
anzi allarmante: solo sette testi dedicano a questi argomenti uno spazio e
un’attenzione tali da dare agli alunni
un’informazione sufficientemente corretta. Negli altri 28 la cosa è ben diversa. Da notare che esiste un’ordinanza ministeriale con poteri di legge che autorizza il ministro della pubblica istruzione a vietare l’adozione
di libri di testo che non si ispirino ad
un profondo spirito democratico e
quindi a una ferma e totale condanna
del fascismo.
Ma ecco alcuni esempi che parlano
da sé.
Dal libro Uomini, fatti e paesi:
« ...Sorse il partito fascista capeggiato da B. M. col proposito di rendere
la patria ordinata e disciplinata all’intemo, forte e rispettata nel mondo ». La seconda guerra mondiale viene presentata in termini... sportivi;
ecco come viene descritta la sconfitta
nazista: «« Un po’ alla volta anche la
Germania esaurì il suo impeto mentre andavano rafforzandosi le nazioni
avversarie... ». Fra gli orrori della
guerra, un generico accenno alla « vastità dei tèifitori percorsi dagli eserciti », alle « insidie dei bombardamenti navali e aerei », alle « crudeltà (dice
proprio così) dei campi di concentramento e delle camere a gas ».
Il sussidiario Umanità esalta addirittura le « opere del regime » e dice:
« si attuano piani urbanistici, si fondano iiuove città... Tutto quanto dà
prestigio e fa parlare dell’Italia viene sostenuto ed appoggiato; noi conoscemmo allora primati mondiali in
campo automobilistico ed aviatorio ».
Anche il Perché delle cose nell’esaltare i vari acquedotti, ponti e strade
rnagnifica le benemerenze del ventennio e ne ricorda l’aspetto colonialista:
« Mussolini era soprattutto spinto a
fare dell’Italia uno Stato militarmente
forte e conquistatjpre. Per qiuesto cercò di riorganizzare le forze armate
con cui portò nel 1935 la guerra in
Africa e conquistò l’Etiopia ».
Ecco infine come viene descritta la
Resistenza, che in genere è considerata come un evento dannato.
Su Primato: « Mussolini continuò,
con le truppe a lui fedeli, la lotta al
loro fianco (dei tedeschi). Così l’Italia
fu straziata da tragiche lotte fratricide... ».
Su Riuscirai: « ...Ouesto periodo
(della Resistenza) fu il più triste e
crudele della guerra stessa, perché
gli italiani si combattevano in una lotta fratricida ».
Infine, il libro Studiamo insieme:
« La nostra Penisola rimase divisa in
due parti: a sud stavano il governo
del re e i nuovi alleati angloamericani;
a nord la Repubblica Sociale Italiana
di Mussolini e i tedeschi. Seguirono
venti mesi di guerra resa ancora più
tragica da un’orribile lotta civile ».
Dunque, fascismo guerriero ma prestigioso e rispettato; Resistenza, periodo orribile e crudele e non lotta di
liberazione. C’è veramente molto, molto da cambiare: cerchiamo di ricordarcelo in occasione delle prossime
votazioni.
Roberto Peyrot
Levata di scudi contro l’ingiustizia
nel sistema degli scambi internazionali
Echi della settimana
a cura di Tullio Viola
UNA DOLOROSA
LACERAZIONE
it II prof. Norberto Bobbio, illustre giurista dell’Università di Torino,
ha inviato al direttore dell’« Astrolabio » (v. il n. 2 del 29.2.’72) una lettera con questo titolo, nella quale egli
s’è associato ad una testimonianza
(da lui qualificata « mirabilmente veridica ») di Natalia Ginzburg sul filosofo cattolico Felice Balbo, scomparso alcuni anni or sono. Questi era stato sbrigativamente e villanamente
qualificato (nell’articolo «5x5 fa colpo di stato? », sullo stesso « Astrolabio » deiril.l.’72) come « uno dei più
cretini fra i filosofi, un cattolico frustrato dal non esser riuscito a diventare comunista ».
Scrive il Bobbio:
« Scusami, ma non mi sento di lasciar passare quella frase senza farti
conoscere la mia reazione. Mi sento
troppo coinvolto. Appartengo anch'io
alla generazione dei cretini, cioè di
coloro che non hanno capito niente,
hanno sbagliato tutto, hanno mentito
ideali in cui non credevano, e hanno
finito per consegnare l’Italia agli dèi
degl’inferi. Non è la prima volta, è
vero, che ci troviamo di fronte a questa sorta di condanne dure, sbrigative, senza pietà e senza una spiegazione, all’insolenza sostituita al giudizio
critico, da parte di una giovane generazione per cui la “novella storia” è
cominciata nel 1968, e si dimostra quasi infastidita di un passato neppur
troppo remoto, di cui farebbe volentieri “tabula rasa”, e in cui non vede
altro che errori, cecità colpevoli, interessate furberie, tradimenti, e soprattutto stupidità, un'immensa stupidità.
Dovremmo esserci abituati. Eppure
quelle due righe feroci e insulse su
Felice Balbo, su uno dei pochi uomini che metterei volentieri nella non
vasta galleria della mia Italia civile,
mi hanno ferito. Ci vedo con dolore,
e con smarrimento, una nuova prova
di quella lacerazione tra vecchi e giovani, che a me pare (e l'ho già scritto altrove in modo tanto chiaro da
suscitare scandalizzate reazioni di
amici che non si arrendono) insanabile.
Cerco come sempre di dominare la
mia emozione, di non perdere il lume
della ragione, di capire che cosa c'è
dietro a questo gusto di additare al
disprezzo chi è diverso da noi. Ma la
arroganza è arroganza. E nulla ho detestato di più nella mia vita che l'arroganza intellettuale. Quando mi c'imbatto ne soffro come per l'apertura
improvvisa di una ferita che credevo
rimarginata. Per quanto abbia sempre meno voglia d'intervenire nei pubblici dibattiti, non cesserò (questa sì)
dall'invocare, contro ogni nuova manifestazione di questo vizio dell'intelligenza, il valore della prudenza nel
giudicare, della pazienza nel raccogliere le prove, del rigore critico. Chi
comincia con l’avventatezza finisce,
presto o tardi, con l'intolleranza. Non
10 dico per l'autore anonimo di quell’articolo, che non conosco e che probabilmente ha ripetuto una frase sentita da altri, senza ripensarci troppo.
Ma chi ha vissuto la nostra esperienza fiuta il pericolo anche quando è
ancora lontano, e sia in allarme. Contro ogni avvisaglia d’intolleranza, abbiamo noi, della nostra generazione,
11 diritto storico, credo, di opporci
con tutte le nostre forze. E di tornare a far sentire la nostra voce, anche
quando avremmo preferito tacere... ».
L’ODIO NEL NOME
DI CRISTO
Esso matura, ogni mese di più,
nella sciagurata, tragica guerra civile
irlandese. Della quale è stato detto e
ripetuto che « sembra essere una
guerra di religione, ma non lo è ». Eppure chi sa dire dove passa il confine
fra una guerra di religione ed una che
non lo è?
Leggiamo infatti sul « Nouvel Observateur » (del 9.3.’72), sotto il titolo
« L’O.A.S. dell’Irlanda », che « diverse
organizzazioni protestanti hanno deciso d’agire (...) nell’Irlanda del Nord.
Per es. l’organizzazione “Ulster Volonteer Force”, dichiarata illegale nel 1966,
è uscita (mercoledì 8.3) dalla clandestinità pubblicando un comunicato
nel quale ha annunziato che, d’ora in
poi, “per ogni soldato o poliziotto ucciso dall’I.R.A., verranno uccise dieci
persone, fra cui un prete cattolico” ».
E l’I.R.A. ( = Irish Republican Army), per parte sua, non è da meno.
Il poeta irlandese Sean O’ Casey (n.
nel 1880) ha scritto, per esaltare il
guerrigliero dell’I.R-A., i versi blasfemi:
« ...le bombe sono i suoi padrenostro,
la benzina la sua acqua santa,
un edificio che brucia la sua messa...
Io credo nel fucile onnipotente,
creatore del cielo e della terra... ».
Intanto «a Londonderry (Irlanda
settentrionale) persino i morti non
possono riposare insieme (da «Le
Monde» del 1.4.72). Le tombe dei protestanti sono escluse (cioè situate al
difùori) dal cimitero cattolico (ma
non è così anche in molte città italiane?) in cui sono state sepolte le 13 vittime della “domenica di sangue” (19
marzo). Le famiglie e gli amici degli
scomparsi continuano, ogni giorno, a
portare fiori artificiali. C’è un uomo
incaricato di curarli e disporli sulle
tombe allineate. “Il governo non ha
mandato nulla, non ha detto neppure
una parola di rimpianto", ci dice quell’uomo mentre ci conduce verso un'altra tomba, quella di suo fratello
“Seanus Cusack, disarmato e ucciso dalle truppe britanniche Z’8 luglio
1971 all'età di 28 anni”:
questo dice un'iscrizione sotto la
croce ».
(segue da pag. 1)
caffè colombiano tra le 2.000 e le 3.000
lire, in effetti il produttore colombiano non ne riceve che 2 o 300 lire.
Il resto va in gran parte al dettagliante italiano, al grossista italiano,
all’importatore italiano, allo Stato italiano ed in minima parte all’e-sportatore colombiano.
(Questo problema, del resto, non è
proprio solo dei prodotti provenienti
dal « Terzo Mondo »: quanto viene pagato un Chilo di finocchi o cavolfiori
al contadino italiano? Q un chilo di
pesche o di pere?).
In contropartita dei nostri acquisti
a basso prezzo, noi vendiamo ai Paesi
del « Terzo Mondo », a prezzi che ci lasciano lautissimi guadagni, i prodotti
manufattièri Che fabbrichiamo noi stessi, molto spqsso con le loro materie
prime. : '
Così l^dj anno; in anno, la stessa quantità esportata delle loro materie prime
permette ai Paesi del «Terzo Mondo»
di importare sempre meno dei nòstri
prodotti manufatti.
Inoltre i prezzi delle materie prime
non sono fissati dai Paesi produttori;
sono^ ancora i’grandi Paesi industrializzati e le grandi compagnie internazionali che impongono loro tali prezzi.
Un’altra rivendicazione dei Paesi in
via di sviluppo è l’industrializzazione
delle proprie economie: essi vogliono
trasformare nei propri paesi le proprie
materie prime ed essere così meno dipendenti dall’estero per i prodotti manufatturati di prima necessità.
A quest’ultima si deve aggiungere il
fatto che troppo spesso l’assistenza finanziaria dei paesi « ricchi » a quelli
« poveri » non è immune da condizionamenti politici e che porta con sè legami strutturali non sempre graditi fra
le economie dei Paesi contraenti. Tra
gli « aiuti » troppo spesso vengono
computati tutti i tipi di investimento,
anche di natura speculativa o di sfruttamento, effettuati da enti pubblici e
privati nei Paesi emergenti. Anche la
voce « assistenza militare » (in armi,
materiali, ecc.) figura tra la voce « aiuti »; assistenza che con il vero sviluppo
non ha niente a che vedere.
Le conferenze delle Nazioni Unite sul
commercio e lo sviluppo (CNUCED),
in particolare quella di Nuova Delhi in
febbraio-marzo 1968, non sono riuscite
a modificare questa situazione perché i
paesi industriali hanno costituito un
blocco imito per difendere i loro privilegi.
Cosa ne uscirà da Santiago del Cile
nel prossimo mese?
La riunione del gruppo dei « 77 » (ora
96, formato da tutti i paesi del « Terzo
Mondo ») a Lima ha dato alcune risoluzioni comuni. Si può sperare che a
Santiago il « fronte », apparentemente
unito, dei Paesi emergenti otterrà risultati più positivi di quelli delle conferenze di Ginevra e di Nuova Delhi.
..IIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIMIIIIIIIIIMI IIIMIIIIMIIIIIIIIIIIIII
Il concilio dei giovani
si aprirà nei 1974
(segue da pag. 3j
mani, scuoterci dall’oppressione di un
sonno pesante? » Poi ha continuato:
« Non possiamo restare nelle retroguardie dell’umanità, coi suoi combattimenti inutili. Non possiamo lasciarci immobilizzare né alienare così (...).
Conosciuto o sconosciuto, il Cristo è
là, vicino a ciascuno... Il nostro primo servizio, forse il nostro unico servizio, non è allora di essere per ogni
uomo un rivelatore di questa presenza del Cristo? ».
Il priore di Taizé ha concluso così
la sua meditazione del mattino di Pasqua: « ’Svegliati dalla morte’, per lasciare che il tuo cuore scoppi di comunione: corri, alle estremità della
terra se necessario, verso l’uomo discreditato, sfigurato, rifiutato; corri
verso colui il cui sguardo è reso più
limpido dalle sue lotte per l’uomo oppresso. Come Dio, l’uomo è creatore,
e il cristiano continua questa avventura interiore con il Risorto: ogni
giorno trasfigura l’uomo e l’umanità.
Per entrare a fondo in questa libertà
creatrice, sappiamo dove attingere le
audacie, dove soddisfare le nostre seti: Cristo è risorto ».
Il pastore Carson Blake che era
giunto a Taizé direttamente dagli Stati Uniti, ha pronunciato un messaggio ài termine deH’Ufficio del lunedì
di Pasqua, analizzando il rapporto tra
l’ecumenismo con strutture e l’ecumenismo senza strutture.
Ferruccio Castellano
iiiiiiiiiiiiii>iiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiimniiiiiiiimiiimHii!i)
Terra nuova
sotto la stella rossa
(segue da pag. 3)
za coincidono con la più violenta offensiva contro il dissenso dopo quella
del 1968-69 ». I nostri lettori possono
ricercare e leggere i suddetti articoli
su « La Stampa ».
* * *
Segue un lungo documento sul «messianismo russo e la nuova coscienza
nazionale », dove l’autore combatte
con tutte le sue forze la « presunta
eccezionalità della missione della Russia, che da ormai 4 secoli inebria la
coscienza dell’uomo russo, e che attualmente è degenerata ancora da messianismo nazionale a messianismo sovietico, per cui nella Russia culminerà
avrà il suo adempimento e il suo coronamento la Storia Mondiale y, Questo, contrariamente al cristianesimo
« ché e rivolto a tutti i popoli, e allo
spinto evangelico, al quale sono assolutamente estranee le pretese messianiche di questo o quel popolo, come
pure le idee di appropriamento nazionaie della verità ». A questo puntoautore affernia che l’unica strada per
la Russia è « il rifiuto della psicologia
forrnata dal bolscevismo, il rifiuto del
nazionalismo esclusivistico e del messianismo; l’unica strada è ravvedersi e
ritrovare una coscienza integrale fondata sull’affermazione dei valori assoluti dello spirito», edificando una società libera e democratica, per mezzodelia rinascita religiosa e culturale.
* * *
Per non dilungarci eccessivamente
riferiamo ancora soltanto più intorno a pochi documenti del Samizdat
religioso. Il primo è un «appello a
tutti 1 cristiani del mondo » da parte
dei battisti sovietici, il cui numero
complessivo su tutto il territorio sovietico è di circa 3 milioni, e di cui
fino all’ottobre 1970 i detenuti nei lager per motivi religiosi erano 167. I
parenti di questi detenuti si radunarono a congresso alla fine dell’anno.
ly/U per denunciare la situazione
Sfilare più pesante della chiesa nelper richiedere le preghiere
dei fratelli nel mondo e la loro intercessione presso il governo sovietico
sta culminerà, avrà il suo adempimenaffinché permetta loro di servire in
pace il loro Dio. Dal 1929 ad oggi la
chiesa battista è passata attraverso
le persecuzioni fisiche, il continuo lavoro distruttivo all’interno delle chiese stesse e infine le nuove ondate di
persecuzione, dal 1961 ad oggi. « Dal
1960 centinaia di articoli su giornali e
riviste si scagliarono con disprezzo e
scherno contro la fede cristiana ___ riferiscono gli autori del documento ___,
i credenti sovietici venivano presentati come fanatici parassiti barbari seminatori d’ignoranza bigotti oscurantisti ecc. ». Lo Stato, retto da ateisti
tende a « distruggere la Chiesa con
ogni mezzo, distruggere la fede in Dio,
e questa minaccia non , incombe soltanto su di noi e sul futuro detta nostra chiesa, ma su tutta la Chiesa universale, su tutti i credenti ».
Un altro documento di quest’ultima
serie è una lettera firmata da 180 giovani di Odessa, cresciuti ed educati
nel clima della società sovietica, che
conferma una rinascita del sentimento religioso tra i giovani: « la maggior parte della gioventù sovietica resta indifferente sia alla reUgione cheai partito, ma mentre aumenta il processo di sfiducia verso il marxismo,
aumenta contemporaneamente l'entusiasmo e la dedizione per la fede cristiana ». La lettera è indirizzata al segretario generale del PCUS Breznev,
al presidente del Soviet Podgomyi, al
presidente del Consiglio dei ministri;
e termina dicendo: « sul lavoro e nella scuola veniamo continuamente ammoniti a rinunciare alla nostra fede
in Dio; ma gli sforzi dell’ateismo sono vani, la Chiesa di Cristo è invincibile, le persecuzioni hanno sempre
rafforzato e mai indebolito la Chiesa».
•k it -k
Vi è pure un interessante documento sulla situazione della chiesa cattolica nell’Ucraina, in Lituania, Lettonia e Bielorussia; purtroppo ovunquele chiese vengono o liquidate completamente, o più che dimezzate; vi sono episodi di sacerdoti coraggiosi che
rifiutano di abbandonare i loro parrocchiani, di altri che vengono spediti
nei lager, di membri di chiesa — come i Kolchoziani — che scioperano
tre giorni per riavere la loro chiesa,
finché (fatto un po’ unico ed isolato>
il presidente dell’amministrazione provinciale è costretto « ad asportare il
grano che aveva fatto mettere nella
chiesa, a riportare gli oggetti del culto, a riparare l’edificio e punire i colpevoli che avevano chiuso la chiesa ».
* * *
L’ultimo documento della raccolta
che presentiamo è una lettera ai fratelli cristiani di quattro ragazze dal
lager, dove scontano la condanna per
la loro fede: « noi quattro prigioniere, Lida Ljusa Nadja e Vera, vi salutiamo nel nome di Colui che diede la
sua vita per noi e che ci chiamò nella nostra giovinezza a seguirlo...; nessuno si scoraggi o si rattristi: ricordatevi che il mondo peccatore cj guarda, e noi dobbiamo mostrargli Cristo,
i nostri occhi devono risplendere dì
gioia, in noi deve esserci una completa pace interiore ».
* * *
Tutti i documenti di cui abbiamoparlato sono scritti in uno stile scarno ed asciutto, senza una parola di
troppo, senza commenti inutili, in contrasto con lo stile del regime oltremodo retorico e pomposo. Essi arrivano in Occidente per le vie più diverse; la lettera delle quattro ragazze
è giunta nel ¿gaggio 1971, senza data
né luogo di provenienza.
Edina Ribet