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DELLE muí VALDESI
Spett.le
BIBLIOTECA VALDESE
torre fellice
Settimanale
della Chiesa Valdese
Anno xc\ - Num. 51-52
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ABBONAMENTI
i Eco; L. 2.
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Spedizione in abbonamento postale - II Gruppo
Cambio di indirizzo Lie" 50
TORRE PELLICE — 31 Dicembre 1965
Ammin. Claudiana Torre Pellice - C.C.P. 2-17557
Capodanno
segno di mutamento
Capodanno non è nulla. E’ una semnlice ci’iivenzione del nostro mondo
cosiddetto occidentalcristiano per comodità di conteggio dei nostri giorni
e per metro dei nostri anni. Altri hanno un altro conteggio e un altro metro. Su quc.sta nostra convenzione si è
ancorata la tendenza universale a folleggiare e festeggiare che ha trovato in
essa un terreno fertile. E così, anno per
anno, si accentuano i segni esteriori
che sottolineano e dànno importanza a
questa data, e più o meno chiassosamente ne estendono i riflessi ai quattro
punti cardinali.
Eppure tutto ciò che ha riferimento al tempo che passa, ha una sua segreta verità che non tutti vedono consapevoimenle, ma che non deve sfuggire alla nostra vigilanza.
La verità segreta di Capodanno consiste in questo; il segno del passare
del tempo urta la nostra stabilità nel
gioco monotono dei giorni tutti uguali, incrina la sicurezza della ottusità e
della banalità del cammino quotidiano, e determina una serie di incertezze
suU’avvenire. C’è nei Capodanno una
nota sottile di angoscia.
E’ vero che vi è anche una nota di
baldanza c di gioia, nella giovinezza o
nella fanciullezza specialmente, un elemento posiiivo di conquista della vita
0 di apertura ad essa. Ma è appunto
legata agli anni della inconsapevolezza. Più tardi riuTffio'riCoffiKCe bet te
po ciò che non gli appartiene, l’inafferrabile. e cerca pensosamente il senso del suo destino. Oppure anche non
cerca alfaUo, ma nasconde la sua incertezza nella festevolezza chiassosa,
esteriore, c fu degli auguri un alibi dei
suoi timori.
Ogni buon evangelico sente risvegliarsi in se, in questa occasione, la
dote dello spirito profetico, sempre
soggiacente, per tradizione secolare.
Una sentinella sonnecchia in ogni evangelico, e all’ora propizia leva lo sguardo all’orizzonte. Dove stiamo andando? A che punto ò la notte? Capodanno è un quadro adatto allo stimolo
profetico perchè è segno di mutamento. Tutto sta cambiando intorno a noi
a ritmo accelerato. Tanto più necessario è avere una visione, una linea. Non
necessariamente una linea di contraddizione e di demolizione di tutto ciò
che esiste, il mutamento per il mutamento, ma una linea di accettazione
del messaggio biblico del regno di
Dio veniente, che trionfa del tempo e
fa tutte le cose nuove. Veramente nuove per l’eterni là.
Nell’ombra di questa grande verità
ogni creatura umana ha una sua piccola battaglia personale contro il tempo. Per molti essa si svolge alla maniera pagana di combattere contro il
tempo, che consiste nel riempirlo di
cose vane e nel perderlo di giorno e
tii notte. Ma è un inganno a breve
scadenza e che lascia la bocca amara,
come è un inganno che non inganna
nessuno il vano affanno di cancellare
dal volto e dai capelli i segni del tempo che passa.
Combattere contro il tempo alla maniera cristiana è invece accettare penosamente il mutamento, qualsiasi mutamento, a condizione che dia luogo
al regno di Dio.
Non si può non sentire del tutto inadeguata, in questa ottica, la identificarione che molti fanno facilmente,
Toppo facilmente, tra impegno profetico e impegno politico. Con la presunzione di un fondamento teologico assolutamente indiscutibile, viene gabellato per obbligo della vocazione cristiana ciò che molte volte è una scelta
puramente umana.
Forse conviene dare udienza per una
Volta aU’ammonimento di Capodanno.
Ogni impegno politico è legato al prov
visorio in modo molto ma molto marcato. E perciò deve essere caritativamente relativizzato. Prova ne sia che
ognuno di noi, a distanza di dieci o
venti anni, valuta diversamente le proprie scelte. Il giudizio scarta ancora
molto di più quando le scelte sono
valutate a distanze maggiori, ovviamente da altri. Come pure il giudizio
varia quando l’impegno politico è quello di una diversa confessione cristiana
o di altra nazione.
Con sguardo spassionato e amante
della verità dobbiamo essere capaci di
guardare in trasparenza quella ricerca
di mutamento e di novità che si alimenta di promesse di un mondo tutto
bello tutto giusto e perfetto. Capodanno è un tempo propizio per vagliare gli
spiriti e le loro promesse. E’ l’ora delia verità per molti incantatori e seduttori. E’ un punto interrogativo su chi
assicura che l’avvenire sarà migliore
purché sia diverso.
Non ci nascondiamo che il 1965 ha
avuto in sè errori ed ingiustizie, violenze del tutto condannabili. E’ probabile che anche il 1966, con tutti i
mutamenti che ha in serbo, ci porti in
dono un peso di tensioni e violenze
forse anche maggiore. La trama della
storia umana è sottoposta al gioco di
forze demoniache che sorpassano ciò
che si è visto flnora, e possono giungere forse al limite del tollerabile per le
forze umane. Ciononostante anche le
forze demoniache sono soggette alla
legge del mutamento! e sono destinate
ad essere distrutte e cancellate dall’avvento del regno di Dio, sola cosa che
viene e non muta..
Perciò la parola d‘ordine per l’anno
nuovo non è tantc> Sempre avanti
perchè le cose andranno meglio, quanto ; forse le cose andranno peggio, ma
il regno di Dio viene comunque.
E allora la vocazione del cristiano è
più che mai quella del servizio, un servizio nel tempo malvagio, nel tempo
breve che sta dinnanzi a noi. L’anno
nuovo ha senso per noi solo se lo vediamo come anno d^conale del regno
di Dio. f
Il lettore può riflèttere da sè sulle
applicazioni pratiche che il principio
di un servizio incondizionato del regno
di Dio potrebbe avere, o potrà avere,
nel tempo nuovo che stà davanti a noi.
Quello che si può dire sicuramente è
che non vi sono perplessità, non vi sono relativizzazioni su questa via. Si
può dire al contrario che l’occasione
del Capodanno ha una sua efficacia di
ispirazione neU'indicare la limpidezza
e certezza della via maestra del servizio. Questo è un richiamo della nostra
vocazione senza sfumature nè dubbi
nè limitazioni. E’ un invito da accogliere perchè porta in sè l’urgenza del
mistero deiravvenire, Roberto Comha
“ Non siamo qui a benedire gagliardetti „
Pace di comodo
e pace che costa
Questo messaggio, preparato dagli studenti della nostra Facoltà teologica, doveva essere insieme a quella del pastore
Foligno alla veglia romana per la pace
nel Vietnam, al teatro Adriano.
Ci sono dei gruppi giovanili evangelici
che paitecìpano a questa veglia: la gioventù
evangelica metodista, gruppi giovanili battisti. gli studenti della facoltà valdese di teologia.
Noi non siamo qui per benedire gagliardetti, come troppe volte noi cristiani abbiamo fatto. Non siamo qui per dare una autorità o una benedizione religiosa a nna manifestazione politica che non ne ha bisogno.
Per noi fede e scelta politica non sono
due cose contrastanti. Non ci sono zone sacre e zone profane : tutto è profano; ed è in
questo profano che si gioca la nostra esistenza c la nostra fede. Non possiamo evitare
una scelta che ci impegni.
La situazione nelVietnam è una situazione
di guerra, davanti alla quale non possiamo
trastullarci in discorsi sulla pace (c’è chi li
i l meglio di noi), ma dobbiamo essere dei
facitori di pace, della gente che fabbrica la
pace.
Ma la situazione nel Vietnam non è isolala. La guerra mondiale è già incominciala c il Vietnam non è che uno dei fronti
di battaglia. Nel Vietnam e sugli altri fronti
c'c una serie di complicità.
C'è la nostra complicità che per prima
deve ccssaiA. la nostra mentalità che per prima deve cambiare. Siamo complici se isolia*
mo il problema, se cerchiamo di risolvere
ogni tanto qualche situazione particolarmente
grave, come questa, per sentirci estranei almeno alle responsabilità più grandi, e non
vediamo le altre, altrettanto gravi.
Tutti siamo disposti a fare una pace che
ci convenga. Su questo tutti sono d'accordo,
sindacali e padroni, almeno quelli più furbi.
Ma cì dobbiamo rendere conto che non
possiamo continuare a riempirci la pancia a
spese degli altri. La lotta che dobbiamo condurre comporta dei sacrifìci : comporla un
sistema economico che forse non ci riempie
la pancia come ora. Comporta una pace che
sia quella pace che vuole il popolo del Viet
nam, non quella pace che noi vorremmo dar
gli a condizione di salvare lutti i nostri pri
vilegi di occidentali. La nostra proteste cì de
Ve togliere la nostra pace, ci deve togliere
ogni iranquìllità.
Se vogliamo la pace dobbiamo dire di no
alla guerra, dobbiamo denunciare tutti i complici. Non possiamo armare luna e Taltra
parte in lotta. Non possiamo sentirci fratelli
o fratelli maggiori o padri di tutti. Dobbiamo
denunciare i complici. Non è solo il governo
americano, sono quei gruppi di protestanti
che vexlono la guerra del Vietnam come una
guerra santa, sono quei governi che, come il
nostro, appoggiano
quanto più pos.sono il go
verno americano, sono i discorsi del Papa e
deirONU eh; vedono tutto roseo, s:amo noi
in primo luogo se parliamo senza agire, se
vogliamo la pace per il nostro egoismo e per
dormire tranquilli, se vogliamo la pace a patto che tutto rimanga come prima, se cì accontentiamo di questa veglia.
Il nostro compito non è solo di oggi.
Finché resta un potente, finche resta una
autorità che vuole farla da padrone, sia pure
nella niassim.i democrazia e nel migliore dei
modi, noi siamo mobUitati.
Siamo mobilitali finché un uomo deve ren.
dere conto di quello che fa su ques’a terra a
qualche autorità di questa terra e non a Cristo soUanta.
l
Lo spirito del Natale
una sera di dicembre, pochi gior.ni dopo il Natale; il treno correva
per la campagna e la luna gli teneva dietro, affacciata al disopra dei
lunghi rami spogli degli alberi; sempre più rapida sorvola smorti campi,
prati in riposo, buie case dormienti;
di tanto in tanto un piccolo lume e
molta tranquillità, molto silenzio, come Se la terra fosse stata abbandonata per una notte dai suoi movimentati e queruli abitanti.
Il signor Emilio, soprapensiero, guardava fuori dal finestrino, forse sperando di trovare un’ispirazione per la
seconda parte della conferenza, che
doveva tènere quella sera al circolo
culturale del paese di B., sul tema;
« Il progresso scientifico e revoluzione sociale ». La prima parte andava
bene; il progresso scientifico era stato descritto con competenza e in uno
stile fluente dal signor Emilio ; invece
la seconda parte sull’evoluzione sociale non lo soddisfaceva; tante argomentazioni erano interessanti, ma
non tutte convincenti, perchè in definitiva non si poteva sostenere la tesi
che al progresso scientifico corrispondesse sempre e dovunque un’adeguata
evoluzione sociale : e le guerre, le violenze, la fame, la misera e sciagurata
vita di tanta gente in ambienti sociali stagnanti nell’ arretratezza e nel
vizio?...
Il signor Emilio ancora una volta
alzava lo sguardo dai fogli dei suoi
appunti ad osservare il fuggente paesaggio fuori del finestrino, ma non
ne traeva nessun aiuto per chiarire
le proprie idee; anzi, quella visione
per lui insolita della natura nella sua
profonda pacata ed anche misteriosa
bellezza notturna, i casclari vecchiotti, le strade male illuminate, ove non
pareva davvero evidente nè il propresso scientifico nè l’evoluzione sociale. lo distraevano , lo distoglievano
dai consueti pensieri di uomo della
città dinamico e moderno. Si sentiva
poi alquanto oppresso di fronte alla
solitudine che regnava nella vasta
campagna, ai piccoli modesti radi villaggi che gli trascorrevano rapidamente dinnanzi, alle case sperdute
nella lontananza; non era sufficiente
ohe vi fossero su p^ecchi tetti le antenne della televisione, come strane
ragnatele protese nel chiarore lunare ;
o ancora i patetici alberelli di Natale,
residui della recente festa, che continuavano ad accendersi e spegnersi
ritmicamente davanti agli usci delle
dimore, come ammiccando invitanti,
perchè uno si sentisse attratto a vivere li. Ci voleva altro! Intanto era
pur strano che, in pieno secolo del
progresso la gente si potesse ancora
divertire con questi alberi illuminati,
con i gingilli, i regali, le tradizioni
antiche ; che significato poteva avere
tutto ciò ormai? a che cosa serviva?...
Gli uomini rimanevaao pur sempre
un po’ infantili, dopo tutto. Ad ogni
modo Emilio, qui, sarebbe ben presto
morto di noia e di tristezza.
Ed anche il viaggio in treno era assai noioso : neanche a farlo apposta
non c’era nessuno nello scompartimento con cui scambiare due parole.
Avrebbe fatto meglio ad andare in
macchina, cerne ne aveva l’intenzione; ma ultimamente, forse per l’ec
cessiva stanchezza, gli accadeva di
di addormentarsi di colpo, senza accorgersene, Ili dove si trovava: o seduto alla scrivania, o al volante dell’automobile, o in im cerchio d’amici
dopo cena; cosà la moglie non voleva
più che andasse solo in macchina, soprattutto la sera.
Che seccatura! Quel treno era particolarmente lento, oeni memento fermo a qualche stazioncina; anche
adesso di nuovo una brusca frenata,
ed eccolo da capo immobile!
Infatti, incomprensibilmente, il treno si era fermato in aperta campagna; si udì uno sbattere di i>orte,
voci lontane che impartivano ordini;
un ferroviere correva dondolando una
lanterna; i viaggiatori tirarono giù i
finestrini e s’affacciarono, informandosi di che cosa era accaduto.
« Una frana, signori — gridava il
ferroviere sempre correndo — una
frana dalla strada nuova sulla ferrovia ».
Ci mancava anche questo contrattempo! Sul lato destro della ferrovia
si scorgeva una strada in costruzione,
lungo la quale le scavatrici in sosta
al chiaro di luna parevano mostruosi
animali preistorici dalle enormi bocche spalancate.
« Quanto tempo ci fermeremo qui?
— da ogni parte voci interroganti sdegnate impazienti.
« Stiano calmi, signori, prego, si cercherà di rimediare al più presto... »
Invece, prima che la strada ferrata
fosse libera, ci volle molto tempo.
Emilio, preoccupato di non arrivare
all’ora voluta per la conferenza, non
potendo più rimanese seduto inerte
ad aspettare, scese dallo scompartimento ; dato che la sera era limpida e
non troppo fredda, prese una stradina tra i campi e vi s'inoltrò con
l’intenzione di fare due passi per
sgranchirsi le gambe.
Ä'
I veva appena percorso un breve
tratto, che gli venne incontro un
vispo ragazzetto : « Signore, ho veduto la frana sulla ferrovia, ci vorrà
un pezzo a rimuoverla, sa? vuole venire un momento a casa nostra nell’attesa? la mamma ne sarà contenta:
abitiamo qui vicino ».
Tanto disse e con tono così invitante, che il signor Emilio acconsentì,
a seguirlo, e si trovò ben presto in
una grande cucina, seduto accanto
al fuoco, con una squisita tazza di
caffè in mano, che la solerte padrona di casa gli aveva tosto offerto.
Vi erano due bambine che giocavano quete vicino ad un albero di Natale. con i doni ricevuti in quella ricorrenza. « Bambine — disse la ma
★ ★-*■★★★★★★★★★★
A lettori e collaboratori auguriamo fraternamente, nella fede e
tu Ila speranza cristiana
BUON AISNO!
'kir-k'k'lrir-k-k'tr^'k'k'tr
dre — cantate a questo signore, che
è venuto tra di noi un po’ come un
ospite di Natale, l’inno che avete
cantato alla festa; gli farà parere più
lieve il contrattempo che lo trattiene ». Le bimbe si alzarono e si misero
a cantare con garbo l’inno natalizio;
avevano due belle vocine ed Emilio,
stupefatto dell’accoglienza, le stava
ad ascoltare senza sapere che cosa dire. Il ragazzetto, suo accompagnatore, gli spiegò con un certo orgoglio ■
« sono le mie sorelline ».
In quel mentre si udì nella strada
una voce sonora ed allegra; la porta
si spalancò ed apparve un uomo ohe
spingeva una carozzella con un vecchietto invalido : « Siamo arrivati,
mamma — anixrmoiò l’uomo lietamente — presto, fate posto vicino al
fuoco, che nonno Giacomo ha freddo ».
Ci fu un po’ di trambusto, furono
scambiati saluti, presentazioni ; poi al
vecchietto venne offerto im bicchiere
di vino, ed egli si mise a sorridere,
piano piano, con il volto rugoso illuminato dalla viva fiamma di focolare.
II mio papà — spiegò ancora il ra
gazzo al signor Emilio, indicando
l’uomo che aveva spinto la carozzelia — ogni sera porta da noi nonno
Giacomo, il nostro vicino infermo, per
farlo stare un po’ allegro ».
« Perchè? il vecchio non ha nessuno che si occupi di lui »?
« Viveva con una figlia giovane e
graziosa, che l’ha abbandonato tre
mesi fa, è scappata di casa...; capirete che nonno Giacomo è molto triste,
soprattutto in queste feste».
« Quali feste »? domandò ancora
Emilio, che passava da una sorpresa
all’altra.
« Ma come, signore, non lo sa? — si
stupii il ragazzo — le feste di Natale
e Capodanno! »
«Ah! sii, certo, è vero... uhm! siete
gentili... — borbottò d’ospite.
« La mamma dice sempre che bisogna lasciarsi guidare dallo spirito
del Natale — riprese il vivace ragazzetto che aveva l’aria di sapere tutto.
« Da che cosa...? »
La domanda del signor Emilio rimase senza risi^ta per il momento,
perchè nei pyochi minuti successivi accadde una serie di fatti talmente
strani e meravigliosi da fare trasecolare sempre più l’ospite capitato in
quella casa involontariamente ; arrivò una isignora anziana, accompagnata dall’autista, ad annunziare che
aveva tutto disposto perchè la sua
bella villa diventasse un grande orfanotrofio, e che lei sarebbe andata
ad abitare nella casetta del giardiniere, dato che ormai era rimasta sola;
venne un uomo impacciato, visibilmente commosso, a chiedere perdono
al padre del ragazzo per un grave
torto che gli aveva fatto; i due uomini si abbracciarono, in mezzo alla
gioia generale, cosi anche quest’ultimo prese posto nella cerchia dei familiari e degli amici, e venne circondato di affettuose premure.
« Ma che cosa accade mai in questa
casa stasera? — balbettava Emilio
con le idee sempre più confuse — è
forse il progresso scientifico che compie tutte queste cose?»
« No, signore, è lo spirito del Natale! — sussurrava il ragazzo felice.
« Ah ! capisco : certamente sarà la
evoluzione sociale... — riprendeva incerto Emilio, ricordando la sua conferenza.
« No, no signore, lei si sbaglia — rideva il ragazzetto — le dico che è lo
spirito del Natale! »
CONTINUA
IN TERZA PAGINA
2
pag. 2
N. 51-52 — 31 dicembre 1965
Il libro di Giona
Da un commento biblico tenuto dal
Past. Luigi Santini al Centro « Amicizia ebraico-cristiana » di Firenze.
gli
uomini
UNA PROFEZIA Paul Tillich
per il nostro tempo
SEBASTIANO
CASTELLIONE
libri
Il terrore assiro non esisteva più;
Ninive, distrutta nel 612 a C., da due
secoli almeno non era che un cumulo
di rovine, eppure ogni buon credente
nel Dio d’Israele ripeteva col profeta Nahum:
« Guai alla città di sangue, / che
è tutta piena di menzogna e di violenza, e che non cessa di far preda!... / Non v’è rimedio per la tua
ferita, / la tua piaga è grave; / tutti
quelli che udranno parlare di te / batteranno le mani alla tua sorte; / poiché su chi non è passata del continuo / la tua malvagità?» (3: 1 e 19).
Cinque secoli avevano separato l’affacciarsi degli Assiri sul Mediterraneo, con Tiglatpileser nel 1114 a. C.,
dalla caduta di Ninive al sorgere delrastro babilonese di Napobolassar ;
cinque secoli di paura, di inevitabili
sconfitte, e di torture stragi spoliazioni deportazioni. Dagli ultimi Giudici alla morte di Giosia (609 a. C.),
sulla storia di Israele passa l’ombra
dell’Assiria, dei suoi re guerrieri che
da Ninive dominavano il Medio
Oriente.
Quel mezzo millennio restava, nonostante la fine, la distruzione fisica
della città e la disperazione delle
sue popolazioni, come un sedimento
d’odio e di rancore, di terrore e repulsione, in ogni Israelita. Ogni avversario, ogni minaccia alla libertà,
alla vita, era Ninive! Bisognava raccogliere le memorie sacre di tante
sofferenze, rafforzarsi perchè cose tali
non avvenissero mai più, stare rmiti
ed evitare qualsiasi contatto con gente che, come i Niniviti, alla violenza
univa la cultura, all’ignoranza della
vera fede aggiungeva un modo di vivere così, diverso e contrario alla tradizione nazionale.
Ed eccoci al quadro d’apertura della
nostra profezia (I, 1-S). Si tratta di
un confronto fra due realtà, due persone : r Eterno e Giona figliuolo
d’Amittai.
Tutto sarebbe andato nel migliore
dei modi, secondo lo schema tradizionale, in o.ssequio a un coni'ormismo assai comodo, se l’Eterno non
avesse parlato. Invece accade proprio l’imprevedibile, una irruzione di
Dio nella vita, nella mentalità già
sagomata dell’uomo: la Parola dell’Eterno fu rivolta a Giona.
Cosa domanda Dio a colui che elegge a suo profeta? co.sa proipone?
— Levati ; lascia la tua comoda situazione d’uomo ben inserito nel costume, nella mentalità comune.
— Va a Ninive : mettiti nel mezzo
della gente che tu e il tuo popolo rifiutate: non evitare, ma affronta il
contatto, il contagio.
— La gr.inde città: nonostante tutto, questo mondo rifiutato, disprezzato. è una grande città terrena. Non
serve calunniarla, è stolto non valutarla per quello che è.
E predica contro di lei: è una missione profetica, quella che Dio vuole
affidare a Giona, un compito scomodo doppiamente : non solo « andare »
là dove non ci si vorrebbe mettere
piede, ma « predicare contro ». Dio
conosce, valuta, sa quanta malvagità
si trovi in Ninive : Egli non è l’uomo
ingenuo, facile agli idealismi sbagliati,
dalle valutazioni superficiali: è Dio.
E Dio si serve degli uomJni perchè
vadano anche a Ninive, perchè pure ai
Niniviti sia annunziata la Sua parola.
La reazione di Giona ha tutto il
plauso dei bempensanti, forse anche
il nostro: Giona si levò per fuggirsene: la sua religiosità era riuscita a
formare rm uomo che fuggiva, evitava
a ogni costo un confronto, un contatto diretto coi Niniviti. La fuga dal
mondo, dai suoi problemi, il rifiuto in
blocco di Ninive, era il solo atteggiamento coerente, ragionevole, che Giona si sentiva di prendere. Peccato
che questa razionalità, questa prudenza, fesse accompagnata da folta :
fuggirsene... lungi dal cospetto dell’Eterno, voleva '< il profeta » mancato ! In sostanza, il suo era un errore
di natura teologica : credeva in im dio
nazionale, etnico, legato a un popolo
(e quindi a una cultura, una civiltà)
e dalla giurisdizione limitata ai confini nazionali. La formula « cuius regio
eius religio» sarebbe andata bene per
Giona, come la. santa alleanza di trono e altare. Meglio semiclandestino
fra i pagani, a Tarsis. dunque, che a
Ninive : meglio scadere dal mandato
dell’Eterno che mancare dpanti al
proprio popolo, alla tradizione, ecc.
Siamo al secondo tempo del dramma, quando quell’Eterno dal quale si
fuggiva si rivela addirittura padrone
dei venti e del mare, degli elementi ai
quali sono affidati il viaggio e la vita
della barca e della sua umanità. Sfuggito daH'invito a Nmive, Giona s’imbarca con rumanilà più disperata,
diversa per usi e fedi, tanto che ognuno gridò al suo dio, quando la tempesta minacciò di distruggere la nave.
Non abbiamo più in vista i Niniviti,
dunque, bensì la varia umanità qualunque, in mezzo alla nuale il credente vive ogni giorno : con questa umanità, volenti o nolenti, siamo sulla
stessa barca, alle prese con gli stessi
rischi. E non si tratta d’una ciurma
di miserabili, ma di pensane dalla vita
religiosa, anche rispettabile, che hanno la ferma decisione di far qualcosa
per il bene di tutti.
Gettarono a mare le mercanzie,
quei marinai, non esitarono a rimetterci ogni speranza di vantaggio: avevano a cuore la sorte comune.
Ma Giona... Per lui il discorso è diverso: nonostante la sua fede in Dio,
la sua presa di posizione cos\ energica
di fronte al problema di Ninive, egli
s’era cacciato nel fondo della nave.
La tempesta, il comune pericolo, la
febbrile attività d’ognuno, sembrava
che non lo rigiiardassero. Egli s’era
coricato e dormiva profondamente.
L’uomo che, per i propri pregiudizi,
per ropinicine comune, ha rifiutato la
volontà di Dio, qualunque situazione
scelga, resta un succube degli avvenimenti, un conformista, inadatto a
una collaborazione autentica, un egoista.
Allo scrittore del libro, la barca
dell’umanità sembrava in grande tempesta, in pelicelo ; ma nel momentc
in cui ammirava lo zelo e l’intraprendenza di tanta diversa gente, denunziava lo scandalo: il credente s’è adagiato, dorme.
L’umanità fra la quale vive ii credente, anche se si affida spesso a degli idoli, a falsi ideali, pure dimostra
d’avere una sensibilità, un senso religioso della vita, l’intuizione d’uns, re
sponsabilità che non si può eludere.
Levati, invoca il tuo Dio : vergogna
per im credente, essere richiamato
alla vocazione da un incredulo, da
qualcuno che, in definitiva, pensa che
forse servirà: vale la pena di provare
anche queirespediente. D’altra parte,
il credente si ribella all’idea che la
propria fede sia strumentalizzata, come una panacea momentanea. Questo fa pensare a un esercito che, prima di affrontare la battaglia si raccoglie per un servizio religioso, e nel
campo avverso si fa la stessa cosa: è
dunque una battaglia fra divinità? o
è un dio conteso? Dio è dalla parte
dei venti e del mare, della tempesta:
può essere invocato da Giona? Noi,
Giona evita l’ultimo sacrilegio, e tace.
E’ l’unica cosa positiva, in Giona, il
pudore di questo .silenzio.
La situazione precipita: la sorte designa in Giona il responsabile della
tempesta, Giona è costretto a rivelare pienamente la sua situazione, e
quella umanità — nonostante il rispetto, la ragionevolezza — ora ha
fra le mani un problema inquietante :
che ti dobbiamo fare perchè il mare
si calmi per noi?
Alla resa dei conti, è colpa del credente fuggiasco se la nave è in tempiesta, e qualcosa va fatto a lui oerchè scampino tutti gli altri. E’ una
scelta senza remissione: Giona deve
pagare per tutti i naviganti: o castigare lui, o perire tutti.
Non so si si siano mai date situazioni storiche del genere, momenti
rei quali la barca deirumanità sia
stata in pericolo e i laici di tutte le
fedi, a conti fatti, abbiano ritenuto
ohe fosse il momento di sbarazzarsi
dei credente in Dioi, per guadagnare
la vita Io penso di s’i, per l’oggi.
Pigliatemi e gettatemi in mare.
Giona per l’umanità è solo mercanzia,
zavorra peggio che inutile, e finalmente egli lo capisce. Anzi, nel suo
atteggiamento v’è una maturazione
religiosa impensabile, intensa: per
cagione mia tutti sono in pericolo, e
se vi sbarazzate di me, per voi tornerà la calma.
Quante cose sono state necessarie,
perchè Giona ritrovasse il significa
to autentico della sua fede! Solo se
accetta di dare la sua vita, solo se di
frante a tutti che vogliono guadagnare la vita si decide a giocare la
propria, solo così serve a qualcosa.
Il racconto dice della grande umanità dei naviganti, della loro perplessità, e infine della resa : o Eterno, hai
fatto come t’è piaciuto. Dalla becca
dei non credenti viene una parola
profetica : si,, Giona farà quello che
airEterno era stato ordinato di fare,
di andare a Ninive.
Il secondo capitolo rende, in modi
d’una drammaticità evidente, una
idea del travaglio, del ravvedimento
di Giona. E’ l’immagine del profeta
inghiottito da un pesce e dopo tre
giorni vomitato suU’asciutto.
Azzardo una perigliosa inteipretarione, rifacendomi a una constatazione archeologica. Su un testo cuneiforme del XXI secolo a. C. apnare
i’ nome di Ninive redatto in idecgramma: un pesce disegnato in mezzo a una città, «allusione non equivoca alla dea Nina della quale era
l’emblema» (Pa-rrot, 15).
Nella sua sconfitta davanti alla volontà deirEterno, Giona come in un
incubo si trova tre giorni e tre notti
nel ventre del pesce, in quella città
grande... di tre giornate di cammino,
e lotta disperatamente per capire,
per giungere alla luce. Ninive è inevitabile, ormai lo sa; la città della dea
Nina, del gran pesce, lo domina, lo
avvolge. Non resta che arrendersi a
Dio, e trovare nella sconfitta personale la gioia di una obbedienza alla
vocazione, fino a prorompere in un
canto di liberazioni, di gioia (II, 10):
« ... io t'offrirò sacrifizi,
con canti di lode;
adempirò i voti che ho fatto.
La salvezza appartiene all’Eterno».
( conliniut)
Fui B.l.P. (bollettino dell'agenzia stampa protestante francese) abbiamo letto questa breve rieiatazione del teologo americano recentemi nte scomparso, scritta dal
prof. Jean Base, della Facoltà di Teologia
Protestante di Parigi.
11 teoloigo e filosofo Paul Tillieh, teste
scomparso, era nato nel 1886 in Germania.
Giovanissimo, si orientò verso lo studio
della filosofia religiosa; do'po la guerra
1914-18, insegnò filosofit e teologia presso le Università di Berlino, Marburgo,
Dresda e Lipsia. àU’avvento del nazionalsocialismo, dovct:e abbandonare il suo paese e trasferirsi negli Stati Uniti, ove insegnò successivameme a New York, Harvard e Chicago.
Il Tillioh Ila potuto essere eh.amato il
(I teologo della cultura»; e in effetti il
problema della cultura è uno dei primi
ad apparire all’orizzonte del suo pensiero
nè lo abbandonerà più. Una delle sue preoccupazioni fondamen-tali è appunto quella di ricercare come la teologia cristiana
può raggiungere l’uomo nel contesto storico, sociale e intellettuale che gli è proprio. La sua teologia è una teologia del
dialogo, nel senso che è aperta a tutti gli
aspetiii della realtà umana, che cerca di raccogliere in una visione globale di cui la
fede è la cbiave. Per realizzare il suo proposito, il Tillieh si vale del k metodo delle eorreiazioni », che si sforza di elaborare la iteologia cristiana in funzione dei problemi posti dall’uoino e dalla sua situazione storica. Questa teologia è dunque una
una « teologia della risposta » e della mediazione. Quest’intento centrale ha considerevoli conseguenze in vari campi, come
quello dei rapporti fra filosofia e teologia,
dell’ermeneutica, dell’inierprelazi one della
storia, che si ripercuotono in ogni parte
dell’eispoisizione teologica. La sua impresa
è stata paragonata a quella delle « sunimae » medioevali. Se la sua opera pone
molti problemi, provoca sempre una riflessione feconda. Jean Base
PERSONALIA
La dott. Lea Vinay ha brillantemente conseguito, presso la Facoltà
di Medicina deirUniversità di Tutino,
la specializzazione in ostetricda e ginecologia. Vivissimi rallegramenti e
coirdiali auguri per il suo servizio sanitario.
Un apostolo della tolleranza
« Cinque mesi soltanto separano il giorno
nel quale Calvino e Castellìone sono scesi
nella tomba. Il protestantesimo, che ha celebrato il quarto centenario di questi avvenimenti. sarebbe infedele a se, stesso qualora
si attaccasse alTuna di queste figure, trascurando Taltra. perchè, riunite, riflettono il suo
genio... ».
Queste ed altre parole significative sono
state scritte da Henry Babel nella prefazione
del volume che Cli. Emile Delormeaii ha con.
sacrato a Sébastien Casiellion (Apôtre de la
Tolérance et de la liberté de Conscience: Ed.
Messeiller, Neuchâtel, pp. 162).
Lo stesso Bnbel rivendica il significato e
l'attualità di Castellione. 11 significato della
sua vita e della sua opera si possono
riassumere ne] suo grido, che compendia tulli i suoi appelli alla tolleranza ed in favore
della libertà di coscienza: « Tuer un homme
ce n'est pas défendre une idée., c'est tuer un
homme ».
Lanciata all indomani del tragico rogo di
Serveto, questa protesta non è soltanto un
atto di coraggio di un uomo contro il quale
la ortodossia della nascente Chiesa Riformata si accanì in modo spesso spietato, ma una
affermazione che trascende il momento storico nel quale fu pronunziata e può e deve
essere oggi ancora opportunamente meditata
dalle ortodossie di tutte le religioni e ideologie.
Tuttavia non si può dire che neppure oggi
la figura di Castellione sia molto popolare e
conosciuta negli ambienti protestanti: e la
recente celebrazione di Calvino non sembra aver trascinato con sè un^adeguata celebrazione di Castellione. Quando Babel scrive
che Castellione «■ fu il promotore dj una
Riforma la quale deve condurre la religione
dalle crudeltà o dalle superstizioni delle età
passate ad una spiritualità jiiù conforme alTinsegnamento delTEvangelo », egli vede in
Castellione, uno di quei « protestanti » che
(( élargirent les cadres du calvinisme ». Indubbiamente era domandare Iropoo che ii
quario centenario di Calvino, ii quale è avvenu.o in un momento di rinascita neocalvinista, segnasse anche una rivalutazione
del pensiero di S. Castellione. Timplacabilc
avversario della predestinazione.
Tuttavia questo pensiero è attuale ancora,
.se lo si situa in quel filone di umanisti che
avevano il loro maestro in Erasmo, dal quale
però lo divide una pHi vissuta coraggiosa
fedeltà ai suoi princìpi, un più vigoroso evan.
gelismo.
Evangelismo che non è calvinismo, anche
se ha scritto delle Annotazioni al capitolo I\
dell'epistola ai Romani! Evangelismo contro
il quale la disciplina calvinista esercitò i suol
rigori in modo tale che la maggior parte
delle sue opere più significative \ Idero la ^
luce solo dopo la sua morte.
Delonneau riassume brevemente Teresia di
Castellione in queste righe che traduciamo ;
(( Dio ha creato l'uomo a sua immagine, libero di scegliere tra il bene ed il male: secondo che egli opterà per l'uno o per l’altro,
egli sarà salvato o condannato ». Basta questo per spiegare Tostilità spietata con la quale il dotto pedagogo ed umanista fu perseguitalo.
Anche la sua dottrina della ispirazione
delle Sacre Scritture non era fatta per conciliargli i favori della Riforma nascente a Ginevra. (( Allo stesso modo che Tuomo è costituito dal corpo c dall'anima in guisa che
il corpo è la dimora deU'aninia, così le Sante
Scritture sono costituite dalla lettera c dallo
spirito, in modo tale che la lettera è come
una scatola, guscio o involucro dello Spirito ».
Lo Spirilo che vivifica, lo Spirito che regna; non doveva piacere mollo a Calvino
questo linguaggio in cui ci sono strane risonanze -che fanno irruzione lungo tutto il
cammino della Chiesa di Cristo, li.ialli anche Castellione parla delle (( tre età attraverso le quali passa lo Spirito di Dio, nei nostri
confronti»: Tetà del Padre (la legge), Tetà
del Figlio (TEvangelo), Tela dello Spirito (c il
quale dirìge l'iiomo adulto meJiaiiie la sua
perfetta ispirazione ».
Per Castellione non vi era dubbio: era
giunta l’età dello Spirilo, ed egli (/bbedisce
allo Spirito e soffre l’esilio, la po\crtà, la
fame.
Oggi, possiamo comprcnUere i llniorì di
Calvino, giustificare sul piano della necessità politica i suoi rigori; possiamo salutare
con gioia anche questo volume limpido nell-r
sua esposizione nel quarto centenario della
morte di Calvino.
L. A. f iiinud
CH-E. DELORMEAU: Sébastien Ca*
stellion, apôtre de la tolérance et
de la liberté de conscience. Messeiller, Neuchâtel 1964, p. 164, L. 1.600.
L’integrazione
sul piano della dottrina
VALDESI E METODISTI
DECISIONI E rinvìi
Certamente i dubbi insorgenti sul
piano teologico e dottrinario possono
operare come elemento raffrenante se
non oppositivo in tema di integrazione tra valdesi e metodisti. Ma se teniamo conto delle quattro pregiudiziali che abbiamo indicate nell’ultimo
nostro .scritto ; e cioè : la scarsa conoscenza attuale della rispettiva vita religiosa ed ecclesiastica; l’-nadeguata
informazione sull’ anda-mento stesso
delle trattative in corso ; il punto in
CUI si è giunti quanto ad una visione
ecclesiologica comune; e la necessità
di chiarezza sulle questioni ancora da
definire ; bisogna convenire che molti
dubbi che aleggiano nel campo teologico possono ritenersi se non risolti,
quanto meno avviati a chiarimento.
Cerchiamo quindi di vedere a quale
punto siamo nel processo integrativo
su questo terreno dottrinario.
La prima constatazione ohe ci par
doverosa è rilevare il carattere realistico con cui si è proceiduto in questo
campo. E a noi sembra savio che secondo il dettato di quel non trascurabile teologo che fu l’Hamack, anche
nel caso in esame sia dato riscontrare
che la « teoria ecclesiastica segue sempre la pratica». Ciò non significa che
i punti di dottrina debbano essere ritenuti per secondari, null’affatto; ma
solo che la dimostrazione che si è al
chiaro veramente sui punti fondamentali della dottrina non sorge da un
mero raffronto teorico, ma dalla constatazione che le situazioni in atto
confermano l’unità dottrinaria degli
intenti.
S infatti il campo della pratica
to conferma la avvenuta chiarione di taluni punti di dottrina
in sè ncn trascurabili.
a) Un indirizzo teologico comune
informa infatti in larga misura i rispettivi corpi pastorali valdese e metodista, e perchè essi si formano ormai da 17 anni nella medesima Facoltà di teologia, e perchè l’aggiornamento culturale e propriamente teologico dei nostri pastori si coltiva da
tempo Su di una pubblicistica in larga misura comune. Quanti abbiano visitato pastori delie due deneminazio
ni ed abbiano dato uno sguardo alle
loro biblioteche private, hanno avuto
modo di renderserìe conto. Del resto
l’impostazione delle loro risp>ettive ore
dicazioni è parimenti dimostrativa
delle affinità ricorrenti tra elementi
dell’uno e dell’altro corpo pastorale.
Ed anche nel gruppo dei collaboratori
dell’unica rivista teologica evangelica
« Protestantesimo », curata dalla no
stra Facoltà non mancano qualificati
elementi metodisti.
Se si considera quindi che i rispettivi corpi pastorali sono la espressione
collegiale deH’esercizio del ministero
del dottorato nelle nostre chiese e che
ad essi è rispettivamente affidata dai
Sinodi la custodia della sana dottrina,
quegli elementi comuni di affinità cui
abbiamo fatto cenno ci sembrano premessa sufficiente ad assicurare che il
miglior mezzo per pervenire a jshiarimenti atti a fugare dubbi in campo
teologico, sia quello — cui già abbiamo accennato — di sospingere i detti
corpi pastorali a studi cornuni, a incontri periodici su problemi di dottrina, a riunioni ufficiali di carattere
unitario, onde abbiano a prospettare
ai Sinodi, sulla base di un lavoro congiunto quelle precisazioni comuni che
valgano a mettere a punto le istanze
che abbiamo prospettate come chiarimenti pregiudiziali.
b) Nè mancano tuttavia nelle dichiarazioni ufficiali dei rispettivi Sinodi, precisazioni di comune riconoscimento di taluni punti dottrinali fondamentali. Basti ricordare qui la
« identità sostanziale dei principi direttivi e del fine a cui tendono le due
opere» (A. S. 1942, art. 16)- «la so
stanziale unità esistente nella rivalutazione del sacerdozio universale »
(A. S. 1955. art. 11) «la completa unità in Cristo e la comunione di fede
esistente tra le due Chiese; la validità del ministero pastorale e deU’amministrazione dei sacramenti da parte dei pastori dell’una e dell’altra denominazione» (A. S. 1957, art. 10Sin. Met. 1958).
c) Un punto dottrinario non indifferente poi su cui una valutazione
comune è già stata manifestata da
tempo, è quello relativo alla « costituzione disciplinare ed ecclesiastica »
delle nostre rispettive chiese. « A tale
riguardo rile^'iamo con compiacimento — si legge nel Messaggio inviatcalla Tavola dal Presidente della Chiesa metodista unita nel 1947, sanziona
to di poi dal Sinodo metodista di quell’anno — che le nostre rispettive vedute, in linea di massima, coincidono.
Le vostre discipline e regolamenti ecclesiastici non differiscc-no sostanzialmente dalle nostre. L’importanza sempre maggiore da voi data all’evangelizzazione ed al ministero laico, derivanti dalla comune dottrina del sacerdozio universale, renderanno molto
facile la nostra fusione organica ». Tale concetto veniva ribadito dal Comitato Permanente metodista in una comunicazione alla Tavola del luglio
1953, dove è detto: «riteniamo che la
profonda somiglianza delle rispettive
discipline e regolamenti renderà molto facile una fraterna intesa su ogni
questione di dettaglio ».
Da parte nostra non è necessario
marcare ulteriormente tale riscontro
delle discipline ecclesiastiche, se non
rammentando che il Sinodo constatò
« la sostanziale unità esistente con la
Chiesa Ev. metodista d’Italia, unità
che si palesa... in caso di unione organica nella accettazione — tra l’altro —
della medesima disciplina sinodale»
(AS. 1955 a. 11).
d) Ma propriamente è il concetto
ecclesiologico stesso che informa il
processo in corso che ci sembra sia
stato chiarito e precisato sul piano
teologico in termini oramai inequivoci. Dalle prime indicazioni prospettate dal nostro Sinodo aU’inizio della
fase in corso delle trattative (AS. 1955
a. 11) ed accolte dal Sinodo metodista
(1956) relative ad «una vita ecclesiastica comune », fondata « sui concetti
di unione di chiese e di autonomia ecclesiastica », e di cui il Sinodo metodista (1956) ritenne «necessario appro
fondire in seno alla Chiesa lo studio »,
?i giunse, attraverso il lavoro delle
Commissioni paritetiche del 1957 e
1958, ad individuare tali posizioni nel
concetto di « integrazione ». precisato
nel Messaggio alle Chiese del Moderatore e del Presidènte m.etodista dell’aprile 1959 come un divenire comune
più impegnativo di una costante collaborazione. Su tale preci.sazione, accolta dai Sinodi rispettivi (AS. 1961 a,
16 - Sin. Met. 1961), da parte nostra
si riaffermò « la necessità di proseguire la ricerca e lo studio (AS. 1962 a.
16); istanza questa condivisa «con
gioia » dal Sinodo metodista che propose allo scopo la nomina di una appesita Commissione mista (1963) «per
affrettare i tempi del già avviato precesso di integrazione tra le due denominazioni a tutti i livelli », e che il
nostro Sinodo accolse per «uno stU;
dio sui problemi ecclesiologici relativi
ai rapporti tra Chiesa valdese e Chiesa
metodista» (AS. 1963 a. 16). Seguendo
questa trafila si pervenne alla formulazione comune di quel secondo capitolo del Rapporto della Commissione
mista, cui abbiamo già fatto cerino,
nel quale sono precisati i concetti di
autonomia ecclesiastica e di unione di
chiese, basi dell’integrazione in corso.
Non è da dimenticare poi che, se
per parte no i tra tale Rapporto è ancora allo studio delle chiese (AS. 1964
a. 48; AS. 1965 a. 26), da parte metodista osso è già stato sottoposto ad
una duplice votazione sinodale, come
richiede la disciplina metodista per le
questioni di maggior rilievo. Accettato in prima l&ttura, manciato all esame delle Chiese e dei Circuiti (Conf.
1964). detto testo fu approvato m se
CONTINUA
IN TERZA PAGINA
3
31 dicembre 1965 — N. a-62
pag. 3
L’integrazione
sul piano della dottrina
SEGUE DA PAC
ÍA 2
conda lettura dalla Comerenza del
1965 che raccomandò « alle Chiese di
sviluppare al massimo l’integrazione
sul piano locale secondo le linee del
rapporto stesso, e nel mei|iesimo tempo di fare oggetto di approfondito e-,
same il concetto di autonomia ecclesiastica riferito alla comunità locale
come è illustrato nel secondo capitolo
del Rapporto valdese-metodista», riconoscendo in tal modo, fuori di ogni
possibile dubbio od equivoco, che tale concetto, basilare neH’ecclesiologia
valdese, è definito ed operante in se
no alla Chiesa metodista d’Italia secondo il dettato di un testo precisato
teologicamente in comune da esponenti qualificati delle due denominazioni.
Non è il caso di riportare qui il contenuto di quel Rapporto e. cui rinviamo; ci pare tuttavia utile ricordare
che in esso il concetto di autonomia
ASSOCIAZIONE AMICI
DEL COLLEGIO
Domenica 2 gennaio 1966 avrà
luogo nei Tempie Valdese di
Torre Pellice, alle ore 15, un
CONCERTO
DI MUSICHE NATALIZIE
per organo e coro a 4 voci; parteciperà la Corale Valdese di
Torre Pellice. Ingresso libero;
offerte volontarie a favore del
Collegio.
TUTTI SONO
CORDIALMENTE INVITATI
delle chiese locali non è visto come
« un principio di separazione », ma esso è integrato nell’altro concetto di
« unione di chiese » che « non può certo essere un legame ideale e sentimentale, ma chiede di manifestarsi in crdinamenti comuni... in un patto d’unione che faccia delle singole chiese
un corpo unico capace anch’esso di
autonomia e di sottomissione al governo di Cristo ». Una tale concezione
ecclesiologica dell’integrazione si richiama all’esssnza stessa ed all’enunciato di quel concetto ecclesiologico
che, sorto tra noi valdèsi al momento
del riordino delle nosti^e comunità al,
tempo della Riforma; trovò i suoi
primi enunciati basilari nei Patti dell’Unione del 1561 e del 1571 e si andò
di poi sviluppandosi nei secoli successivi sino ad improntare di sè la nostra
prima disciplina ecclesiastica organica del secolo XIX (DX. 1833) e di
poi la successiva legislazione della nostra Chiesa.
Ci pare quindi di poter concludere
che, su questo punto di non lieve momento, quanti reclaman giustamente
una chiarificazione teologica del processo d’integrazione, debbano ritenersi appagati.
e) Ed a propostito di tale contenuto ecclesiologico vogliamo ricordare
che in seno alla Conferenza metodista
del 1964 allorché fu dibattuto il Rapporto della Commissione mista, solo
da parte di un rappresentante britannico si sollevarono alcune riserve per
via delle posizioni storicamente assunte nella Chiesa metodista inglese do
ve l’opposto concetto denominazionale
unitario è particolarmente accentuato. Ma abbiamo potuto constatare di
persona — ed i verbali ne fan fede —
l’isolamento di ima tale posizione di
fronte allo schieramento compatto del
metodismo italiano nei suoi esponenti
pastorali e laici, chiaramente allineati sull’enimciato del Rapporto della
Commissione. A convalida dell’autonomia in atto della Chiesa metodista
d’Italia, occorre anche non dimenticare che questa è membro del Consiglio
Ecumenico delle Chiese fin dall’origine ed in proprio, indipendentemente
dai suoi rapporti con la Conferenza
metodista inglese.
Quelle perplessità teoriche, insorgenti per via della « origine diversa
e della diversa posizione confessionale originaria» della Chiesa metodista
e della Chiesa valdese che sono state
prospettate da taluno dei nostri ; e
parimenti i dubbi che possono essersi
fcrm.ati circa le trattative di unione
in corso tra la Chiesa anglicana e la
Chiesa metodista inglese, di cui si è
fatto cenno nel nostro ultimo Sinodo,
almeno per quando concerne la concezione ecclesiologica, risultano destituiti di ogni fondamento in riferimento alle Chiese metodiste che vivono in
Italia a fianco delle nostre. Ed anche
questo è un punto di dottrina che ci
sembra chiarito e definito per tabulas
su di un fondamento nettamente presbiteriano.
Ma certamente il punto dottrinario più importante è quello della confessione di fede. Ci verremo la prossima volta. Giorgio Peyrot
Istituto Artigianelli Valdesi
Torino
L'Istituto Artigianelli Valdesi, rimodernato di recente in occasione del centenario dell'attuale sede, dispone in questo momento di
un certo numero di posti liberi e di alcune
offerte di lavoro per apprendisti.
L'Istituto c aperto ai giovani che abbiano
compiuto il quindicesimo anno di età, che
provengano da famiglia evangelici e desiderino avviarsi ad una attività artigianale o
tecnica.
I gio\ ani ‘ nircessi vengono collocati presso
ditte della Città esercenti Tattività scelta dal
ragazzo e frequentano le scuole serali di avviamento j^rofessionale nel ramo più idoneo
ad ottenere un perfezionamento nel mestiere
stesso.
II funzioniimenlo deiristituto è quindi
quello di un convitto in cui l'attività professionale viene svolta airesterno sotto la vigilanza del Direttore che mantiene periodici
contatti con la Direzione delle Scuole e con
le Ditte presso cui i giovani imparano il loro
mestiere.
Per le modalità necessarie aU'aceettazìone
e le relative condizioni rivolgersi al Direttore
Sìg. Girardi Bruno presso la sede dell'Istituto
\ ia Berthollet 34. Torino.
BOBBIO PELLICE
Il culto di Natale ha registrato un'ottima
partecipazione di membri di Chiesa i quali
hanno ascoltato con raccoglimento l'annunzio deU'Evangelo. Buona la partecipazione al.
la Santa Cena. La Corale ha bene eseguito
un inno di circostanza.
La festa dell'albero di Natale ha avuto luogo. per bambini ed adulti la domenica mattina 26 dicembre. Gremito il tempio: magnilìco l'albero adornato e scintillante. Il Pastore ha ricordato quaPè d vero modo di celebrare il Natale; poi ì bambini, adeguatamente preparati dai loro Insegnanti, hanno svolto
un nutrito programma di canti e di poesìe
e dialoghi natalizi. La Corale ha eseguito lodevolmente <lue inni di circostanza; alla fine
sono stati di.-stribuiti circa ITO pacchi-dono
a tutti i bambini della Chiesa. Ringraziamo
ancora qui vivamente tutti coloro che. in vario modo, si sono adoperati per le. buona
riuscita di questa manifestazione.
Martedì 21 dicembre ha avuto luogo il
servizio funebre della nostra sorella Bonjotir
(Àtslanza ved. Pontel deceduta la sera del 19
dieembre alla sua abitazione (albergo Centro) alla età di anni 93. Era una delle sorelle
più anziano della nostra comunità: la morie
è giunta per lei, dotala di una salute di ferro. in un (arto senso, inaspettata, quale conseguenza di un malore di apparente lieve entità dal quale era stata colpita alcune sere
prima. Ai familiari ed ai parenti tutti rinnoviamo Pespressione della nostra viva e fra.
terna simpatia cristiana, e. a.
Lo spirito del Natale
SEGUE DA PAGINA 1
Infine entrò un padre con tre bambini poveramente vestiti: ne teneva
uno in braccio, e gli altri erano attaccati ai suoi pantaloni; era un po’
rosso in volto, ma sereno; disse che
d’ora innanzi sarebbe stato un buon
padre per i suoi figlioletti, non avrebiDe più sprecato il denaro nel gioco e
nel bere. L’uscio si aprì ancora una
volta, ma appena un poco, si da lasciar passare una giovane donna furtiva, che andò a sedersi vicino al vecchio infermo, e si mise a piangere
sommessamente con la testa tra le
mani. Il vecchietto, tutto sbiancato
in volto, stette ad osservarla in silenzio, poi adagio le posò teneramente una mano sul capo chino...
Il petulante ragazzo disse all’orecchio di Emilio; «Vede, signore, che
cosa compie lo spirito del Natale? veri miracoli! Prima quella donna era
cattiva, e adesso è buona ».
« Lo spirito del Natale..., sempre lo
■spirito del Natale, ma che cosa vuoi
dire »?
« A Natale gli uomini s’incontrano
con Gesù, non lo sa lei? Allora Egli
trasforma il nostro cuore, e così accadono tante cose, come vede..., tante
tante cose.. Oh! adesso ne verranno
ancora altri: tutti trasformati dallo
spirito del Natale ».
Figuriamoci lo stupore di Emilio,
per il quale il Natale, fino allora, non
aveva significato nulla, se non molte
mance da distribuire, un buon pranzo in casa della sorella, e parecchi
sonnellini sulle varie poltrone del
salotto!... Ed ora, in questa modesta
cucina di campagna, gli appariva un
mondo nuovo, quale egli non aveva
mai immaginato. Il cuore degli uomini trasformato! Certo, questo sarebbe la soluzione di tutti i problemi,
perchè flntanto che i cuori umani
ncn erano trasformati, il peggio poteva sempre accadere... Ma chi era
capace di tanto? Non il progresso
scientifico, nè l’evoluzione sociale; ci
voleva una forza superiore. Ed ecco
che Emilio scopriva che esisteva quella forza, ed era la medesima potenza
d’amore che si era rivelata meravigliosa ed umile nella stalla di Betlemme.
Signore, siamo arrivati, prego signore... » — qualcuno lo scuoteva per la spalla; Emilio si riscosse, si guardò attorno attonito :
dov'era la cucina, e tutta quella gente
felice, e il ragazzetto vivace?... Egli si
trovava nel solito scompartimento del
treno, e c’era soltanto un ferroviere
accanto a lui...
Eh! che cosa c’è?»
« Siamo arrivati al capolinea signore, deve scendere».
a Come? siamo arrivati?... e la frana »?
« La frana, signore? — il ferroviere
incarcò le sopracilia — quale frana?»
« Ma, la frana, sulla ferrovia... —
balbettò Emilio, e poi : « ma scusi,
che ora è? »
« Sono le 20 e 30 signore, siamo arrivati in perfetto orarie ».
« In perfetto orario? ma allora...? »
Emilio non osò proseguire di fronte
allo sguardo severo del ferroviere ;
comprese, si alzò, afferrò la borsa, e
borbottando un saluto, scese rapidamente dal treno.
Così chè tutto era stato un sogno,
ed egli era giunto in tempo per la
conferenza... Però ora sapeva come
l’avrebbe terminata: in modo diverso,
ben diverso, anche se i suoi amici ne
sarebbero rimasti molto stupiti.
Edìna Ribet
Facoltà Valdese di Teologia
COMUNICATO
Sì comunica, per gli studenti esterni che
intendessero presentarsi agL esami della sessione invernale, che a causa della prossima
partenza del prof. J. A. Soggin per gli Stati
Uniti, ove è stato invitato a tenere un corso
di teologia veterotestamentaria, gli esami di
Antico Testamento si terranno, in sessione
straordinaria, nei giorni 13-15 gennaio p. v.
I candidati avvertano tempestivamente la Segreteria.
Culto radio
ore 7.40
Sabato !<• gennaio
Domenica 2 gennaio
Past. GIORGIO BOUCHARD
Domenica 9 gennaio
Past. GINO CONTE
ABBIAMO RICEVUTO
Per Í Ospedale Valdese: in memoria di Ernesto .fourdan, le cugine Laura e Linette Monastier L. 3.000.
I LETTORI CI SCRIVONO
Cristiànesimo
senza religione
o senza chiesa ?
bn leUore. da Torre Pellice:
Caro Direttore,
credo che oggettivamente non si
possa considerare « La Luce-Eco « come una libera palestra, come Lei l’ha
definita. Il fatto che Lei si preoccupi
di non tradire il Sinodo o Topinìone
della sua maggioranza, ne è la dimostrazione. « La Luce * Eco » è una
cattedra che difende una dottrina.
Da vanii a tale cattedra uno può esporre una dottrina diversa, ma saprà a
priori che sarà contraddet'o in base
allo dollrina della maggioranza, in no.
me della quale Lei ha sempre ultimo
la parola.
Nel dir questo non entro nel mento della questione se sia bene ed
opporiimo che sia cosi. Lascio di proT’osito tale discorso da parie.
Desidero solo, in appoggio alla mia
afTermazionc che non ci troviamo in
mia libera palestra, rifarmi a una Sua
risposta alla prima lettera della Signora Fasan.arì Celli. In tale risposta
Lei suggerisce alla Sig.ra F. C. di rileggere l'opuscolo di Miegge « Protestantesimo e Spiritualismo ». E’ un
opuscolo, sia pur cortesemente, polemico. lauto che Fautort- ammette di
essere unilaterale. Per motivi di obòieltività penso che perciò sarebbe sta.
hi opportuno meiizionarr» anche « La
l'f'ligione Cristiana » del Luzzi. che fu.
eonie il Miegge, profe.ssore della Faooìtà di teologia della Chiesa Valdese.
j^clla Chiesa Valdese vi sono persone, oggi forse in minoranza, per le
^h^tIì la teologia di Barth i.'ppresenta
Controriforma c pensano di esse'■p piu vicine al « Cristiane! nno senza
•■pligiono n di Bonhoeffer.
Se il pensiero di queste persone è
f'onsiderarsi sbagliaio. il discorso
9ui finisce. Basterà da parte Sua un
commento brevissimo: «si. sbagliano j).
Se per contro questa minoranza ha
al rispetto della sua opinione,
allora Lei riservi una rubrica per « Il
pensiero della minoranza », e non lo
contraddica o discuta (t ex cathedra ».
trascenderanno (o se Irascenderanquelli della maggioranza) Lei facda « moderatore » e dirìga il dibattito eventuale dimenticando di ave.
*'c una idea Sua.
in »juesto caso avremo una libera
palestra.
Cordialmente G. A. Comba
mio commento e: « si, sbagliano )): (¡qIq ^2071 può e non vuole
essere così breve, desidero essere caRiconosco che, nel senso in cui
Lei intende la questione, il vettimanale non e una libera palestra': non è
possibile, come un pulpito della nostra Chiesa non è, non può e non deve essere una libera palestra in questo senso. La nostra Chiesa — con
tutta la costante tensione del reformata-reformanda — si è data una confessione di fede: rivedibile^ certo,
sjrondahile. suscettibile di approfondimento, ma finche di questo sforzo non
siamo stati coinunitariamonte capaci,
finche corpo pastorale, sinodo e comunità non ne hanno forgiata una nuova e più aderente al nostro modo di
credere e di professare la fede, nel vivo dei problemi odierni di ogni ordine. quella resta la nostra Confessione
di fede, normativa. Quando mi è stato riconosciuto il ministero pastorale,
ho sottoscritto questa confessione e mi
sono impegnato non a chiudere la
bocca con autoritario paternalismo a
chi la volesse discutere nelle comunità in cui avrei dovuto svolgere il ministero della Parola, ma a confutare,
con l'autorità della Parola, ogni posizione errata, pronto a ricredermi, come
Lutero, quando questa Parola mi dimostri in errore. La stessa responsabilità pastorale che mi spinge, in una
comunità, a mettere fraternamente in
guardia di fronte a una posizione errata. mi obbliga, nella più ampia 'comunità' dei lettori, al medesimo servizio'. Sono convinto — rischiando
tutto l orgoglio di cui Lei mi può accusare — che posizioni come quella
della signora in questione (non comprendo bene se Lei vi si associa) costituiscono una errata conf-}isione di
fede in Cristo, alla luce deha testimonianza biblica ricevuta nella sua pienezza e nella sua esclusività: non si
tratta di un bilanciarsi di (‘pinioni'.
ma di uno sminuire Gesù Cri >to; qualcuno avrà notato che ho scelto a questo scopo, nel mim. natalizio, due brani di commentari sulla real*à divinaumana dell'Incarnato? e che le 'eresie'
sono vecchie quanto la chiesa?
Allo stesso modo, non si può contrapporre l'opera del Miegge e quella
del Luzzi: « Protestantesimo e spiritualismo », infatti, si situa nella più
rigorosa tradizione riformata: non certo altrettanto si può dire de «La religione cristiana »! Il Luzzi e sfato un
grande esegeta; Terangelisìnj italiano
— salvi { « fratelli ». che sono rimasti assai attaccati alla Diodatìna —
gli deve moltissimo per la sua versione biblica, diveruila con qualche ritocco la « Riveduta ». e per i suoi
commenti: ina è caratteristico che
proprio nel cuore dottrinale nell Evangelo, nell'epistolario paolino, abbondino i passi in cui la sua versione è unilaterale e tendenziosa in senso spiritualista (anche se certo egli non avrebbe condiidso la posizione della sig.a
b. C.), tanto che non di lado nella
lellura biblica, dopo studio accurato,
mi sento spinto a qualche ntocco, ovvero a precisare il senso di questa o
quella espressione, nella predicazione.
Non so poi che cosa pensare della
Sua contrapposizione di Barth e
Bonhoeffer: si tratta certo di posizioni teologiche diversificate, mi non in
contrasto come Lei sembra 'lire. E mi
chiedo chi cosa possa avere ietto di
Barth. per definire la sua posizione
teologica « Controriforma »! se c'è
qualcuno per cui la fede, eriche la
dogmatica sia sempre « in marcia »,
'e fui! in marcia, però, non folleggiante mia e là: in marcia con un riferì
mento ben fermo alla rivelazione biblica. alla Parola,
La « verità », nella chiesa, non può
essere il parallelo della mutevole « verità politica » del partito di maggioranza: è avvenuto c avviene anche
nella rhiesa che la maggioranza abbia
torto, perchè segue le sue ragioni anziché quella di Dio. Se la maggioranza della Chiesa Valdese mutasse la sua
confessione di fede in un senso che
mi apparisse non coìiforme alla testimonianza profetica e apostolica, mi
sentirei in coscienza obbligalo, anche
se con dolore, a uscirne.
Tutti, nella chiesa, hanno il diritto
di esprimere la propria posizione; ma
non possono pretendere che tutte le
posizioni siano considerate (quivalenti: chi vuole maggiore Hb-j.ia (i «libertini» del XVI sec.!) deve accontentarsi del « Cristianesimo st nza retigioii e » (senza chiesa?) a cui Lei accenna: ma dubito che qud che Lei
intende sia quel che intendevo il
Bonhoeffer. Cordialmente.> g. c.
Una rettifica
Un lettore, da Vevey:
Signor Direttore.
nella rubrica degli indirizzi delle
Chiese e pastori delle Comunità evangeliche di lingua italiana in Isvizzera.
annesso al calendario « Valli nostre
1966 », è apparso il vecchio indirizzo
di Montreux che non è più valido da
un anno essendoci spostati a Vevey
dopo che questa Comunità è passata
alle dipendenze della Chiesa evangelica metodista d'Italia.
Per evitare disguidi postali ed inutili ricerche da parte di fratelli di pas.
saggio a Montreux, Le sarei grato se
volesse far apparire un breve comunicato sul prossimo numero del settimanale.
Indirizzo della Comunità : Rue du
Clos, 8 - Vevey.
Indirizzo privato: Rue Collet. 7 Vevey - Tclef. (021) 51.24.92.
Nel ringraziarLa, La prego di gradire ì miei fraterni saluti.
Filippo Cangemi
Strumentalizzati ?
Strumenti, no
Un lettore, da Roma:
Avevo già letto su « L’Espresso » il
misurato commento al veglione indetto (come di regola slrumenlalmente)
dal partito comunista italiano per la
pace nel Vietnam.
Leggo ora su « La Luce » del 10
corrente, in prima e seconda pagina,
rincondizionatamente laudativo commento sulla stessa manifestazione sotto il titolo « L’Evangelismo Italiano
per la pace nel Vietnam ».
Mi sono domandato — e, se mi è
lecito, domando — cosa ha fatto l’Evangelismo italiano per la pace nel
Tibet allorché i partiti comunisti non
si sono nè mossi nè commossi;
Prego di scusare la mia impertinen.
za e di gradire i mìei più distinti saluti. Beniamino Arnao
Se l'evangelismo italiano non ha
fatto nulla per la pace nel Tibet, nel
1959. La posso tuttavia rimandare all'articolo che avevo scritto, sull'«Eco
delle Valli Valdesi » del 10 aprile
1959: «Una Budapest asiatica». Mi
permetto di citarne qualche periodo.
Premesso che Vinformazione in nostro
possesso era estremamente scarsa e in
buona jyarte unilaterale, scrivevo:
« Come (¿71 Ungheria) c’era stato ben
altro che una sedizione sobillata dagli
occidentali, cui i sovietici opponessero
una comprensibile reazione, rosi è ora
per il Tetto del mondo' (...) Nessuno
ci farà credere che quegli uomini (i
'resistenti' tibetani .^fretti attorno alla
autorità politico-religiosa del Dalai La.
ma) lottano perchè così si c deciso c
preparalo in qualche oscuro meandro
della Casa Bianca; come nessuno ci
farà credere alla preoccupazione per
la salvezza del popolo tibetano proclamata dalla radio di Lhasa (...) Misere
certo saranno le condizioni di vita
¿lei popolo tibetano: ma non per amor
loro sono giunte le divisioni cino-comuniste (ì passi himalayanU). E d'altra parte, l'occidente ha saputo fornire altro che armi a questi popoli in
miseria? » Il nostro compito, scrìvevo,
è di « cercare di riconoscere questi più
o meno confessabili moventi politici
di una parte e dell'altra; ma soprattutto affermare, contro il totalitarismo
del nostro tempo, contro ì'uleologia
sempre più spadroneggiante dì un
mondo che può solo essere Jiviso in
due blocchi, che questa ideologia è assurda c rovinosa (•••)' nieltere in luce
l'anelilo di libertà, il desiderio di sfuggire a quest’assurda alternativa (o con
gli USA o con rURSS) da parte di
tante giovani nazioni afroasiatiche (e.
aggiungerei oggi : latino-americane),
nonché di molti vecchi europei (...).
Dobbiamo guardare con viva simpatia,
anche se non con ingenua credulità,
alle forze autonomiste afroasiatiche,
come a quelle federaliste europee. Sono le sole suscettibili di spezzare la
forma odierna dell’eresia inrnichea, la
divisione del mni do in Bene e Male ».
sia che s¿ guardi da destra, .sta da sinistra. da oriente o da occidente, da
nord o da sud. E' proprio perchè sono
convinto, con molti americani ed europei. che neppure il governo di Hanoi, neppure il vietcong desidera una
pura soggezione ai padroni di Pechino, che considero la reazione americana non solo un'infedeltà cristiana,
ma un madornale errore politico. Il
che non significa dire che il Vangelo
viene da Mao!
Lei. come molti altri, afferma che
questa posizione viene strumentalizzata. Occorre precisare. E' vero, senz'altro. che le forze di sinistra cercano
ora di strumentalizzare posizioni cristiane. come in passato hanno fatto
(con molto successo e ben poco scandalo) le forze di destra: non me ne
stupirei eccessivamente, è il loro mestiere! Forse che la posizione di Gesù
non è stata strumentalizzata, a suo
tempo, positivamente e negativamente? non è stato confuso con i rivoluzionari dall'epoca? non è stato giustiziato (la 'giustizia' umana) come ribelle. proprio quando i partigiani zelali avevano insto che non potevano
liiilizzarlo? L'importante non è quel
che fanno i partiti politici, non di rado
con una buona dose di malafede. Vimportante è quel che facciamo e diciamo noi. il modo con cui ci sforziamo
di rendere testimonianza non a un
ideale ma a Cristo Signore. g. c.
Ci completavamo
Gli studenti della Facoltà Valdese
di Teologìa, che hanno partecipato
alla veglia romana per la pace nel
Lietnam. avevano preparato anch'essi
un messaggio, che pubblichiamo a pagina I: essi ci scrìvono ora:
Avendo letto sull'ultimo no dell'EcoLuce la lettera di Eli Peyroi. desideriamo fare una precisazione, perchè
non rimanga nei lettori un'impressione errata dell'accaduto. Gli studenti
della Facoltà e il past. Foligno, in
rappresentanza della comunità battista
della Garbatella a Roma, hanno proceduto in stretta collaborazione nel
preparare gli interventi al teatro Adriano; i due interventi dovevano essere
in qualche modo complementari. Purtroppo alla fine gli organizzatori ci
hanno imposto di tenere un solo discorso e abbiamo deciso in pieno accordo che fosse pronunciato quello del
past. Foligno, che non era per nulla
« fiacco ». Cordialmente
gli studenti in teologia.
Natale
al Collegio
Caro direttore,
nel concerto natalizio delle tue campane, puoi accogliere l’eco fievole della « campanella » del Collegio Valdese di Torre Pellice? « Campanella »
veramente, perchè gli Amici del Collegio hanno prelevato la gloriosa campana per registrarne il suono nella
dissolvenza finale del film, che un
noto attore sta girando e che porterà
la vita del nostro Collegio sugli schermi delle salette parrocchiali delle nostre comunità. La campanella è stata
sostituita da un campanaecio, che
scandisce il tempo al gregge studentesco.
Tempo natalizio. I ragazzi della prima e seconda Media, come già l’anno
scorso, hanno dato un tono più umano al loro Natale; hanno rinunziato
p.l tiadizionale panettone ann.affiato da
Coca Cola. delTultimo giorno di scuola. e si sono recati in visita ai ricoverati. nelle case di riposo dei vecchi :
Rifugio Re Carlo Alberto e Asilo dei
Vecchi a Luscrna San Giovanni, Casa
d’ riposo per i Vecchi (San Giuseppe)
di Torre Pellice. Le ragazzine, sotto
la guida della Signora Valente-Baridon
avevano lavorato durante le ore di Ap.
plicazioni tecniche: cucito p ricamato; i ragazzi, guidati dal signor Italo
Hugon. avevano usato forbici c colla :
erano nati graziosi caicndarietti e lavorelti femminili che sono serviti a
completare piccoli pacchi dono che i
nostri piccoli studenti hanno distribuì,
lo ai singoli ricoverati. Un dono modesto, ma che è stato, ci sembra, assai
apprezzato per rinlenzione che Tispirava ; tutto è stato c fi erto dai ragazzi.
Naturalmente c'è stato anche l'elemento tradizionale di casa nostra : la
poes'a. la 0ronde » natalizia, la recita
di quasi fantascienza, natalizia per
loccusionp, la fisarmonica ed i canti,
frutto lutto della appassionata collaborazione delle insegnanti Signorine
Manilio. Ribet e Tron. Un'esperienza
interessante sempre e benefica, questo
incontro dei vecchi e dei ragazzini
Se mai. un giorno, un tuo redattore
troierà un po' di tempo (e tu un po'
di spazio), si potrebbe parlare ancora
più a lungo del nostro Collegio e di
certi problemi. Ti segnalo soltanto che
la « geografia della fame yi è studiata
con amore fra i nostri ragazzini di
seconda media, con qualche risultato
pratico; che i « grandi » del Teatro
Lo Bue, tirate le somme dtlTattivilà
sociale del decorso anno scolastico hanno potuto accantonare 80.000 lire e
distribuire due Borse di studio. Dulcis
in fundo: il prof. F. Corsani prepara
per domenica 2 gennaio un concerto
post-natalizio nel tempio di Torre Pellice: cori e organo (ore 15). rep.
4
rag. 4
N. 51-52 — 31 dicembre 1965
A Dari è cominciato Dall'America del Sud
il dialogo ecnmenico
« ... ci pareva di sognare... L’Eterno ha
fatto cose grandi per noi, e noi siamo nella
gioia » (Salmo 126, vv. 1 e 3).
Questo era il sentimento dominante nel
cuore di molti di noi (specie di noi più vecchi, di noi che ricordavamo episodi lontani
ed anche relativamente recenti di un passato
fatto d’incomprensione nei confronti della nostra Chiesa, d’intolleranza, d’insulti, di mortificazioni), quando domenica sera 12 dicembre, in occasione della conferenza pubblica
tenuta dal Pastore Enrico Corsani sul tema :
« Bilancio conclusivo del Concilio Vaticano II » ed annunziata da manifesti, biglietti
personali d’invito, comunicazione sul giornale
locale « La Gazzetta del Mezzogiorno » ed
anche sul « Giornale d’Italia », abbiamo visto nella nostra Chiesa^ piena di un uditorio
in stragrande maggioranza composto da estranei appartenenti a tutti i ceti sociali e culturali ed a tutte le tendenze politiche (un
membro della Giunta Comunale^ esponenti
cattolici, uomini di cultura liberale, laica,
marxista), alcuni Parroci ed il Superiore dei
Domenicani della Basilica di San Nicola! Erano anche presenti sacerdoti della Chiesa Ortodossa d’Italia col loro Vicario Generale.
Come non definire veramente eccezionale
questo avvenimento che ci dà grandi speranze
circa il futuro delle relazioni interconfessionali nella nostra città, e che sembra essere la
dimostrazione che la volontà di rinnovamento e di apertura ecumenica di cui il Concilio
Vaticano II ha dato tanti segni, non si arresta alle dichiarazioni ufficiali a Roma, ma
comincia a muoversi verso le periferie più
lontane?
E la presenza di questi sacerdoti, già di
per se stessa così significativa nella sua assoluta novità, non è stata una presenza passiva
di silenzioso omaggio ecumenico. La nostra
commozione è aumentata (ma non ci si accusi di cedere al sentimentalismo : i nostri
occhi sono bene aperti e le nostre menti lucide, di quella lucidità che ci dà l’Evangelo
che ha formate le nostre vite e la rostra cultura religiosa!) quando il Priore Domenicano,
alla fine della conferenza, ha presa la parola
per darci R suo messaggio di amore, di pace
e di fraternità : Unitas in caritate. Ed il suo
messaggio ha acquistato particolare valore per
il fatto che egli non si è limitato a generiche
considerazioni su mani che si tendono da una
parte e dall’altra, ma ha fatto precedere questo messaggio da una franca confessione di
peccato, accennando alla storia passata del suo
ordine in merito alla intolleranza religiosa.
Ecco perchè abbiamo potuto ascoltarlo con viva partecipazione. Con la stessa gioia abbiamo ascoltato le parole del Vicario Generale
della Chiesa Ortodossa che, accettando ì concetti esposti dal Domenicano, ha però sottolineato la indispensabilità che vengano rimossi veramente tutti gli ostacoli che, sul piano
pratico, impediscono anche alla carità oltre
che alla verità, di compiere la sua opera efficace. In caso diverso, anche la carità rimarrebbe semplice espressione verbale.
L’episodio di domenica 12 non è destinato
a restare un fatto isolato, ma effettivamente
apre una pagina nuova per i rapporti tra i
cristiani delle varie confessioni qui a Bari;
ed infatti un altro sacerdote presente ha manifestato l’intenzione di promuovere altri incontri a carattere vario, di preghiera e di
studio. Noi siamo disponibili, lieti che sia
rotto l’isolamento nel quale per tanto tempo
siamo stati costretti.
Per quanto riguarda la conferenza, diremo
solo che, sia nella forma come nella sostanza,
è stata improntata ad una visione serena e
non polemica. La valutazione positiva che
l’oratore ha data del Concilio, è stata documentata. Ma l’oratore non ha taciuto i motivi che ci inducono a mantenere inalterate
tutte le posizioni dei Riformatori. L’oratore
ha definito « bilancio della speranza » quello che egli faceva; ma, ha aggiunto, la nostra non è una speranza cieca o che vuole
farsi delle illusioni. Il bilancio è positivo per
quanto riguarda il cattolicesimo in sè, che
esce da questo Concilio rinnovato non solo
nella forma, ma soprattutto nello spirito e
con una nuova visione di quanto 3 riferisce
ai problemi ecumenici ed al dialoga coi mon.
do. Ecco perchè dobbiamo considerare forse
più importante del Concilio, il postconcilio;
non solo per la verifica di questa volontà di
rinnovamento, ma principalmente per lo sviluppo che nel cattolicesimo romano potranno
avere, per la dinamica interna delle correnti,
quelle forze e quelle idee che hanno portato
a realizzazioni che sarebbe ingiusto considerare e definire marginali. Infatti, come diceva un esperto conciliare olandese, nel corso
di un dibattito sul Concilio che ha avuto luo.
go neil’aula del Consiglio Comunale di Bari
venerdì 10 dicembre, mutamenti che sembrano formali sono in realtà destinati ad avere
profonde ripercussioni sostanziali ed a mutare rìmposlazione di taluni problemi ed il
modo slesso dj considerare il proprio rapporto 0 personale » con Dio.
Avviandoci alla conclusione, vogliamo rapidamente accennare a questo dibattito che,
introdotto dal Dr. Vincenzo Scotti, vicedirettore de « 11 Nuovo Osservatore », rivista men.
sile che ha dedicato un quaderno speciale a
taluni temi del Concilio, ha avuto come pro
lagonisti principali il dr. Leo Alting von Geusaii. direttore del Centro Olandese dì documentazione del Concilio, esperto conciliare
per Tecumenismo delegalo del Vescovo di
Groningen, la Dr. Janet Van Tol, redattrice
del Centro Olandese di documentazione del
Concilio, il Vescovo di Tanzania mons. Joseph Blomjous, il direttore di un mensile
cattolico polacco, ed altri. Il nostro Pastore,
che ha partecipato ed è anche intervenuto
nel dibattito, ha avuto modo di approfondire
alcuni temi con uno degli esperti conciliari.
Accenniamo a questo dibattito, perchè abbiamo udito echeggiare temi familiari ai nostri concetti ,con toni chiaramente evangelici, non solo per i riferimenti biblici, ma
per Timpostazione nettamente (possiamo dirlo?) evangelica. Abbiamo udito a ecclesia
semper reformanda »; abbiamo udito: «ci
siamo troppo a lungo considerati i capitalisti della verità che non dovevano fare altro
che dispensarla ad altri... Ma ora dobbiamo
riscoprirla per nostro conto... La verità certo non è relativa, ma siamo noi uomini ad
essere così piccoli che... »; la Chiesa non
deve («sere considerata principalmente come
« realtà giurìdica ed istituzionale ». ma come « realtà carismatica, come comunità di
credenti ».
Vogliamo anche riferire che alla fine di
novembre il Pastore, su invito di un circolo
dì cultura di «coalizione », cioè formato da
esponenti di diverse tendenze politiche e culturali, ha tenuto una conferenza sul Concilio (il tema gli era stato direttamente proposto dai dirigenti) a Sannicandro di Bari,
una cittadina dove, se non siamo informati
male, non esiste alcun gruppo evangelico e
dove per la prima volta un vasto uditorio
composto in maggioranza di giovani (studenti, professionisti, ecc.) ha potuto udire una
voce protestante su un argomento così impegnativo .Anche in questo caso, « dietro »
questa manifestazione vi è stato il consenso
della autorità ecclesiastica che non ha impedito, ma anzi facilitato questo incontro.
Ritornando alla serata di domenica 12 a
Bari nella nostra Chiesa, non vogliamo tralasciare di riferire che essa si è conclusa, su
proposta del Domenicano, con la recitazione
m comune del Padre Nostro.
Ed ora, un poco confusi per questo articolo forse troppo lungo, chiediamo scusa al
caro Direttore e gli domandiamo, per piacere, di volerlo pubblicare tutto. Glielo chiede
un vecchio credente, felice che il Signore gli
abbia concesso di vivere tanto da potere assistere all’inizio di questo nuovo corso della
storia del cristianesimo.
Vittorio Laurora
Abbiamo ricevuto e pubblichiamo questo articolo, dovuto alla penna di una
delle partecipanti al secondo pellegrinaggio di Valdesi R'.oyìatensi o7e V(Pli
Valdesi, durante Pestate 1%4.
Ogni famiglia, ¡pastore o persona che arrivava dalle amate Valli, aveva la sua bisaccia piena di ricordi, emozioni, tradizioni
e di storia gloriosa... Li ascoltavamo affascinati; senza dubbio in quei momenti vivevamo col pensiero rivolto verso la vostra
terra, la nostra terra, che sognavamo conoscere un giorno... Cosi acxadide nel 1%6
e poi nel 1964; dalle Chiese Valdesi dell’America del Sud si organizzarono due
pellegrinaggi ai quali parteciparono 33 pellegrini del primo e 37 nel secondo. Il
morivo principale era di conoscere le Chiese Valdesi d’Italia, e vedere le località dove erano nati i nostri avi; e prolungare il
nostro viaggio verso allri paesi d’Europa,
dove esistono nuclei di discendenìi di antichi Valdesi. Tra gli altri abbiamo avuto
il privilegio dii conoscere alcune delle antiche colonie valdesi della Germania.
Finalmente venne il momento. Quando
la sirena della nave, dava il segnale de la
partenza dal porto di Monleviiìeo, e cominciava il nostro viaggio verso siò che amavamo, per senza conoscerlo, i nostri cuori
erano pieni di gioia e dal fondo delle nostre anime, e in silenzio ringraziavamo Iddio per averci dato quel privilegio. A misura che ci avvicinavamo alla penisola italiana sentivamo un nodo in gola, i nostri
occhi si ingrandivano neH’rntenSo di scorgere ogni cosa. Nei ricevimenti sentivaiuo
intorno a noi una calda atmosfera di simpatia cristiana. Cominciavamo a vivere ciò
che ci avevano narrato. Abbracci fraterni....
lacrime di allegria; i nostri sogni si avveravano !
Sin dal primo pellegrinaggio, quello del
1956, i partecipami lianno per tradizione
di riunirsi una volta all’anno, durante il
mese di ottobre, a primavera inoltrata
per noi, in località diverse e piltoresclie.
Vi partecipano pure famlglìari ed amici...
Quest’anno rincontro ebbe luogo a Colonia
Vaidense, il sabato 3 ottobre. Dall’alba cominciarono a giungere i parteoipanli, e
con loro la gioia del ritrovo che durò fino
al momento del ritorno alle proprie case.
11 programma della giornata si aprì con un
cullo, solenne e profondo n^l’auguslo
tempio della natura. Le allusioni alle Valli riempivano la nostra niente dì immagini,
di testimonianze date fino al sacrificio
della vita. Dopo il pranzo una immancabile visita al Museo Storico Valdese, opportuni commenti, aneddoti, poi proiezione di film, dì diapositive, in seguito abbiamo ascoltato incisioni di canti e discorsi dei no.sitri fratelli delle Valli. Fu una
commemorazione viva, profonda, emotiva:
una gioia ineffabile! Ci chiedevamo: Che
cosa e chi contribuì all'esito del nostro
viaggio? Oltre aU’organizzazione e alla d’razione ottima, dovuta in gran parte
Pastore Silvio Long, il resto dell’esito è
dovuto alla fraternità elle trovammo durante il nostro lungo itinerario. E perchè.
Valdesi d’Italia, ci avete dato il meglio dì
quanto possedevate, con la gioia che affiorava in, ogni momento; sìe'e presenti ne’lj
nostra memoria c nei nostri cuori. Alle
persone, famiglie- Istituzioni. Chiese el
altre collettività die tanto si prod'garono
per noi, per quel calore di amici e fratelli, va tutta la nostra gratitudine!
Separali ormai da tlislanzo di tempo e d‘
spazio, ma più che mai uniti da legami che
rinforzammo reciprocamente durame il nostro soggiorno nella vostra cara Patria, vi
giunga, il giorno della commemorazione
del priiiiù anniversario, il nostro caro ricordo e la nostra gratiiudine. Avete la to
al (‘ihe il nostro soggiorno fra voi fosse la
prolungazione dei nostri focolari. Nelle
vostre Chiese abbiamo unito le nostre voci
alle vostre per cantare le lodi di DJo. glorificando il suo nome.
La visione delle vostre inagnilidie e ini
itiiiiiiiiiiiiiiiiiimimmiiiiiiM
uiiiDiiimiiiiiiiiiiJijiiii
iiiiiimiiimmiiii
DALLE NOSTRE COMUNITÀ
CORATO
Ili SU
ZURIGO
Nella serata di domenica 28 novembre abbiamo tenuta una conferenza sul tema : « Bilancio conclusivo del Concilio Vaticano II ».
Alla conferenza, annnunziata con minifesti e
biglietti personali d’invito, erano presenti numerosi estranei di diversi ambienti sociali e
culturali, e membri dell’Azione Cattolica e
della Fuci. Ci siamo anche rallegrati della
presenza del gruppo valdese di Trani col suo
Pastore Giuseppe Castiglione che abbiamo ri.
visto con piacere. Non parliamo della conferenza che, pur presentando un bilancio per
taluni aspetti positivo, ha però messo in chiara evidenza quali sono i motivi ancora validi
del nostro NO. Vogliamo però segnalare tre
fatti che, piccoli in apparenza, ci sembrano
essere il segno anche se timido, di un nuovo
spirito che potrà modificare sensibilmente i
rapporti della nostra Chiesa con l'ambiente
esterno. Il primo fatto è costituito daH’avere
il Direttore di uno dei circoli didattici delle
Scuole Elementari del luogo accettalo di dare
comunicazione della conferenza ai maestri, facendo girare (e firmare « per conoscenza »)
l’invito indirizzatogli. Il secondo è rappresen.
tato dalla comunicazione fatta da uno dei presenti che ha portato il saluto del Parroco di
una Chiesa di Corato che si rammaricava di
non poter partecipare per impegni inerenti al
suo ministero. 11 terzo fatto è la dichiarazione di uno dei dirigenti della Fuci locale
volere organizzare un incontro comune di
preghiera. Aggiungendo poi che alla conferen.
za è seguito un interessante colloquio con un
gruppo di presenti, possiamo concludere affermando che il bilancio della serata è stato
soddisfacente e ci incoraggia a perseverare in
questa direzione.
E. Co.
Nel corso del mese di novembre i giovani
della nostra Unione lianno accolto ì giovani
dell’Unione della vicina Chiesa di San Germano insieme ai quali hanno trascorso una
simpatica serata. Alcune settimane dopo, rispondendo all’invito (lei giovani deH’Ùnione
di Ferrerò hanno conosciuto la fraterna accoglienza di questi nmìe» ai quali rinnoviamo
la nostra gratitudine insieme al loro Pastore
sìg. Rivoira e signora.
— Venerdì 3 dicembre una folla di parenti, amici e conoscenti s'è raccolta nel nostro tempio intorno alla spoglia mortale del
fratello Travers Eli, deceduto all’età di 63
anni a San Germano Chisone. Alla vedova,
alle figlie, all’anziana madre ed a tutti i familiari rinnoviamo l’espressione della nostra
simpatia cristiana
MASSEL
Nous remercions sincèrement Mrs. Marco
Gay, Sergio Rostagno et Giorgio Girardet qui
ont adressé leurs messages à notre communauté pendant le mois de novembre ainsi
que M.me Eugenia Micol qui a dirigé l'école
du dimanche pendant cette même période.
Les jeunes de l’Union ont manifesté l’intention de faire une tournée de colportage
dans nos villages pendant les dimanches de
avec bienveillance.
décembre et les famille Ic'S ont eccueillis...
Les cultes ont lieu pendant les mois d’hiver
dans la salle de Reynaud à l’heure habituelle, le culte de Noël a ou lieu dans le temple
avec célébration de la S. Cène; l'après-midi
à 2 heures 1/2 au Reynaud la traditionnelle
rencontre et fête pour les enfants.
INCONTRO A CORATO
delle opere sociali pugliesi
Il giorno 8 dicembre ha avuto luogo nei
nostri locali un incontro dei dirigenti, collaboratori e lavoranti delle nostre opere sociali
in Puglia: Orsara (Asilo Infantile), Cerìgnola (Asilo Infantile e Laboratorio di maglieria), Corato (Doposcuola e Centro di cucito
e ricamo). Erano anche presenti i Pastori delle Comunità delle zone sopra indicate. E’
stato un incontro interessante che ci ha data
una più approfondita conoscenza di queste
opere viste in un quadro d’insieme, ognuna
con i suoi problemi e le sue esperienze, ma
problemi ed esperienze sostanzialmente non
diversi negli ambienti così simili dove queste opere lavorano. Nella mattinata abbiamo
avuto uno scambio fraterno dì idee su quattro punti: 1) Ragioni delle opere sociali nell’ambito della nostra Chiesa. A questo riguardo è stato ribadito che la validità del
nostro lavoro sta nella sua assoluta gratuità.
cioè nel fatto che deve essere determinato da
amore per il prossimo e non da volontà di
prestigio o peggio ancora di proselitismo. Noi
dobbiamo dare per «amore» quanto per «amo.
re» abbiamo ricevuto dal Signore. Le nostre
opere sociali debbono essere, in sost.anza, uno
dei modi con cui predichiamo il Vangelo.
Si sono sottolineati i limiti ed i rìschi di un
lavoro sociale che fosse fine a se stesso, che
fosse cioè assolutizzato o che fosse il tentativo di riempire il vuoto spirituale delle nostre comunità, con un attivismo frenetico.
Ecco j)erchè le nostre opere sociali, jaer essere valide, devono essere sentite dalle comu.
iiità come loro opera, nella quale sono direttamente impegnale. 2) Amhii'nte nel quale
operiamo. 3) Esperienze. 4) Idrogetti presenti
e futuri.
Parlando delle diverse esperienze, ablùamo
potuto vedere come il nostro lavoro, nonostante le sue umane lacune e le inevitabili
delusioni che cì vengono talvolta anche dairinlerno delle Comunità oltre che daU’ambiente esterno spesso ostile (più accentuatamente ad Orsara per l’opera polemica del
clero locale al quale cvidentenicnto non deve
essere ancora giunto neppure Teco di quanto
il Concilio Vaticano II ha dello suirEcumenismo!), è ricco di scxldisfazionì spirituali e
di risultati positivi, dato che molte persone
e molte famiglie acquistano una più diretta
conoscenza della nostra Chiesa e ‘=i rendono
conto, forse per la prima volta, della esistenza di un comune patrimonio cristiano che
ci lega e ci rende veramente fvaiePC
Dopo il pranzo offerto dal Centro di Corato ai 24 partecipanti, siamo stali insieme
ancora un poco e poi siamo tornati alle rispettive sedi portando in cuore la gioia di
questo primo incontro e l’arriechimenlo determinalo da questo interscambio di idee,
espeiie.nze, amarezze, gioie.
E. Co.
Nei mesi recenti raltività multiforme della comunità non ha conosciuto sosia alcuna.
L'Unione giovanile ha dispo-slo un programma, nello svolgimento del quale è stala accentuala la collaborazione personale di molti
unionisti. Si sono gettate le basi per una più
intensa e permanente intesa con la gioventù
(li lingua tcilesca e francese nella città, nonclic con le formazioni giovanili delle Colonie
Libere italiane, in vista di un’opera di studio
e di assistenza sociale in comune.
La Scuola Media « P. M. Vermigli » ha
svolta la sua intensa attività iic.l trimestre testò decorso. Gli alunni sono circa 50, nelle
tre classi: non si sono avute che scarsissime
defezioni, dovute a stanchezza, a lavoro eccessivo o a ragioni di famiglia. Nelle classi,
nonostante lo studio così impegnativo, e grazie alla cordialità dei sei insegnanti e del direttore, regna sempre un'atmosfera serena,
gioviale, fraterna. Ora le aule son silenziose:
la maggioranza degli alunni sono partiti con
i lunghi convogli natalizi, portando nelle valigie i libri di testo. Altri alunni hanno scelto
la permanenza in ¡svizzera durante / periodo
natalizio per dedicarsi con maggior calma
allo studio. I corsi riprenderanno il 10 genn.
U 22-23 gennaio avranno inizio i corsi per
collaboratori secondo il programma per il
1966, clic comprende due sezioni, c-Iementaia^
e superiore. Il corso elementare mira a porre gli alunni in grado di seguire con profitto
il corso superiore. Quest'ultimo consiste nelrintroduzione e neH’esegesi deH'A . T. (Geremia) e del N.T. (Studi nei sinottici), nella
storia (lei Cristianesimo dalla Rifojma all epoca contemporanea, con seminari si' periodi
c personaggi della Riforma, del Met(xlismo.
delle correnti teologiche, nello studio accurato del Cattoli(?esirao romano, nella preparazione omiletica sul j)iano teorico e pratico. Il
sabato sera — durante 4 mesi — sarà esaminato il problema delle relazioni del cristiano con lo Stato, nel N.T., attraverso la
storia, con 1 studio specifico deirobbltzionc dì
coscienza, oggi, nello Stato moderno. Lo studio terminerà con un dibattito e, possibilmente, con mozioni conclusive. I censi occupano un iine-seflimana al mese, ed i partreìpanli, circa 30, provengono dal Cantone di
Zurigo e da Cantoni viciniori.
L assemblea di chiesa lia chiamato a far
parte del Concistoro rarchitelto Giiglielnio
Semàdeni, al quale è stata affidata la responsabiJità, accanto al Pastore, degli studi bililici
e delle visite pastorali a domicilio. Il neo
eletto rappresenta altresì nel nostro Concistoro il Grigione italiano, essendo originario
di Posclìiavo.
I culli sono semjire frequentali ih. un gran
numero di membri e di simpatizzanti. Progressi si possono am?ora fare... tuttavia sarebbe un alto di ingratitudine al Signore non
riconoscere il fallo che circa il 60-70 per
cento dei membri è assiduo ai culli e che
l.-uona parte sì impegna nei vari servizi di
testimonianza pratica. Dobbiamo ancora chiedere al Signore con maggiore consapevolezza che Egli susciti in noi lutti un più ardente zelo evangelistico.
II 5 dicembre hanno pubblicamente pro
fessata la loro fede evangelica Tonino Baredi di Zurigo e Cesena, Donalo Giiatieri di
Campobasso ed Isidoro Ressent li Pinerolo.
1 corsi biblici ])cr adulti riprenderanno in
gennaio. E. E.
Direttore resp.: Gino Conte
Reg. al Tribunale di Pinerolo
n. 175, 8-7-1960
Tip. Subalpina s.p.a. - Torre Pellìce (To)
ponenti montagne, teatri di sconfìtte e dì
vittorie; dei pittoreselii e pacifici paeselli
e villaggi, dei sentieri tortuosi, dei monumenti storici, dei torrenti rumorosi, le
fresche fontane, la brezza che sussurra una
storia secolare che ci rende orgogliosi ed
al tempo stesso oj umilia per il i>eso della
sua responsabilità, ci accompagneranno pi r
tutta la vita!
Rinnoviamo jl nostro invilo e vi esprimiamo il forte desiderio dj vedere moltj di
voi fra noi ne] 1968 — sappiamo elle la
società Enrico Arnaud di Torre Pollice sì
fa promotrice di un pellegrinaggio vostro
al Rio delia Piata — vi diciamo sciupìi,
ccmente: Grazie fratelli Valdesi d’Italia!
Vi auguriamo un buon Natale, un Anno
Nuovo abbondalemcnte benedetto. Vi lasciamo col sapore agro-dolce del ricordo,
della separazione, del privilegu. di avere
vissuto alcuni '-giorni in quelle terre dei nostri avi, che til calore del focolare domestico ci narravano le gesta ariii(d:e..,. che
morirono qui con la visione della » piccola
patria » lontana, e sul'e labbra una preghiera di fede e grat;tuiline a Dio perchè
in cuor loro saivevano che u la luce brilla
nelle tenebro »!
Emitd Gilles
Colonia ì'afdense, l rugiiaw 1965
avvisi economici
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E’ piaciuto a Dio richiamare a sè
Tanima buona e cara di
Amato Besozzi
Lo piangono la moglie Adelaide Ceruti, la sorella Cecilia ed i parenti
tutti.
« Signore, a chi ce ne andremo
noi? Tu hai le parole di vita
eterna» (Giovanni 6: 68)
Milano, 16 .dicembre 1965
RINGRAZIAMENTO
La moglie, 1 figli, i nipoti e parenti
tutti del compianto
Augusto Rostan
ringraziano di cuore tutte le persone
che presero parte al loro dolore.
Torre Pellice, 25 dicembre 1965
Il giorno 10 c. m. in Roma, Via Aeherusio 40, è improvvisamente mancata.
aU’afietto dei suoi cari, la
Prof.
Dosio Triestina Ferrara
degli liberti
Ne danno il triste annuncio il marito
Raffaele, i figli Luigi e Giovanni con
ia mo.glie Laura De Olemeniia, il pache Giuseppe, il fratello Levi Tren'èa
con la moglie Irma e figlia Mirella.
La salma della cara scomparsa riposa nel Cimitero del Verano in Roma, accanto a quella delTamato figlio
Roberto.
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