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’ TORRE PELLICE, 20 Febbraio 1948
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^ Spedì«oné in^Abbonamento postale - I Gruppo
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SETTIMANALE DELLA
Alidi là del 17 Febbraio
Se è vero che ogni parafa di Gesù
risponde in ogni istante ai più particolari bisogni dei singolo individuo, e
si manifesta così sempre più la Parola
di vita, che ha valore di norma universale, è pur vero che fra queste parole del nostro Signore ve ne sono alcune che rispóndono in modo così preciso alle aspirazioni del cuore umano,
che l’uontp naturale è naturalmente
spinto a prendere queste parole così
come esse gli sembrano sgorgare dal
suo cuore. Il testo viene strappato dal
contesto,- una parpla viene iscrlata; un
detto diventa un motto...
Affinchè siano tutti uno...
Una parola della preghiera sacerdotale del nostro Signore.
L’aspirazione più intima del cuore
dell'uonio.
Unità:
La mèta cui tendono gli sforzi, i
travagli, gli sconvolgimenti di tutte le
generazioni di creature untane che,
sulla terra, sognano di costruire una
federazione di popoli uniti, in cui tutte
le auipnomie non più contrastanti si
fondano, in.UBA somma di vdorL . - "
Unità:
Il fine, non un mezzo, non la tragica espet\ienia di quest’ultimo vt/entennio, la costrizione delle coscienze
e degli spiriti, l'inquadramento flsidpi
e l’organizzazione intellettuale; l’unitorme.
Non un sogno di una realtà ultraterrena.- non un sogno di una realtà creata dagli uomini; ma qualcosa di vivente. Ed i cristiani hanno la loro parte
di responsabilità in questa confusione
perchè troppo spesso essi lasciano la
parola del loro Maestro in un pericotpso equivoco.
Fontebella
LUSERNA S. GIOVANNI
-V, rn-' .S-'
...&lllora essi saranno il mio pápelo ;
il suo '^io. .. - Gmmì.
e IO saro
CHIESA VALDESE
La preghiera di Gesù infati è chiara : (c Come tiu ih,ai manidiatOi me nel
m,ondo, aneli’io ho mandato loro».. Ed
è per <( loro » che Gesù ha santificato
sè stesso; è per «loro » che Egl¡^
ga. Ma non soltanto per doro;
per quelli che“"credono in Lui «,
m«z7x> della loro .parola ; ohe (essi) siano tùltti uno». ■
E' terribilmente chiaro: non si irata
di utopia, di sogno,- Gesù è esplicito
e c’è un presupposto a questa UNITA'; aver creduto in Cristo. E c è una
tremenda responsabilità per la nostra
tanpo proclamata testimonianza cristiana; Gesù parla di quelli che crederan
no per mezzo della "loro'
" nostra ” parola.
cioè della
In altre occasioni le parole di Gesù
colpisconp come un lampo che squarci
le tenebre di lina notte oscura. In questa circostanza Gesù chiarisce e spie
^cn lidi T£^
i.i .'i ’
ga. « Come tu, ol(! Padre, sei in me,
ed io sono in te, anch’essi siano in,
noi ; affinchè il nràndo credii che Tu
mi hai mandato».-i;, •
E veramente era necessario che Gesù dicesse TUTTE'queste parole, perchè oggi ancora U pri'dilegio che al
credente il Signore promette sembra
una aspirazione umana, troppo umana,
tanto che si osa appena esprimerlo cpn
un sussurro : « Cristo ci promette la
compartecipazione ‘alila sua comunione
di Figlio ■col Padre».
Al di là delle federazioni, delle unioni, dell'unità -. la oomuinione.
Perciò noi al di M dei vincoli di razza e di sangue, mS là del XVII febbraio e della comqùità del popolo Valdese, crediamo la santa Chiesa uini"versale. ;t
Povera Chiesal Straziata, divisa, discorde! Ma straziata e divisa e disckwde perchè il mito dell'unità (non retaggio di una razza soltanto e del Xk'
secolo.') non soppianti la realtà della
comunione; perchè la Chiesa ricorài
che l’unità della Chiesa di Cristo, di
cui dovremmo essere le membra, 'è
"l'unità" del Padre, del Figliuolo e
detto Spirito Santo. Per dirla con un
credente -. « Essa è tetta fondata su
Cristo. Essa dipende, anche in senso
Idtterale, dal Cristo; non posa sulla
terra, ma pende dal Cielo ».
Crediamo
Perciò vediamo la debolezza e l’infedeltà detta nostra Chiesa; la nostra
debolezza e la nostra infedeltà. Tanto
la vedianipi e così forte setÉiamo la
mancanza di una santa comunione che
‘Ci vien fatto talora di dubitare.
Perciò soffriamo, ma non disperiamo. Oltre tutto, CREDIAMO perchè
il nostro è il temnq dell’attesa, non
del compimento.
0. I.
A PROPOSITO
La Ivicìida trattazioac dbl problema
dell’emigTadoàe dei tiosttl fattà, da
Guido Kivoiic sulle colonne dieli’iieo
del 28 novem,bre rendici opportuma
questa espiressione di un pensiero
che djh lungo tempo mi assiJLla.
Ed è se il considerare le Valli Vaidesi come una Terra Promessa non
sia, non dirò uji pregiudizio, cliè
non è mia intenzione offendere le
giuste suscettiibilità di nessuno, ma
una tradizione sentimentale ohe non
ha nulla a vedere con una designazione prowidleuziale nè con eventuale missione della gente valdese. L’aver chiamato i Valdesi l’Israele delle Alpi è giustificato djal fatto che i
Valdesii custodirono per secoli la
Pairola, come Israele custodì la Legge, ma non implica che essi abbiano
avuto parimenti una sede geografica
assegnata dalla volontà divina, una
0
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q)TÌ. <Syn.acd
DELLA-' NOSTRA EMIGRAZIONE
n ^ ^
Non. è (la dlgjà id(l quiailche riuiov»
ente statale o lecclesiastico ; è un’iscrizione seipoiCraJe che un muniicipio ro
mano scolpì sul monumeinto a: suol
caduti, dopo la sconfitta, nel tempo dell’oppressiiorie : Imvictis vieti vkturi..
Tre iparole ^enni che tre studenti
hanno tradotto in tre modi diversi 11
primo hft intejpretato ; Agli invitti, noi
vinti che vinceremo. Il isecondo l’ha
tradotte : Agli invitti, noi vinti che vivremp. Il terzo ha scritto ; Agli invitti
noi vinti che tireremo a campà.
Poiché qualcuno potrebbe scolpire
quejBte 3 parole sul monumeinto ai padri Valdesi, bisognerà chiarire Che solo la prima interpretazione è legittima,
anche se ci disturba e ci impegna, col ^
riconorómeriito ohe siamo stati vinti
dal mondo, ma ohe intendiamo risorgere. Le altre due «vece sono ìUegiittime, anche se muovono dàlia realtà ; perchè esse hanno un, solo significato : Alla imemorìa dei nostri padri ci
inginocchiamo reverenti, perchè col loTo siacriflzio d hanno permesso di vivere : vivere e nulla più ! Lavorare, godere, senzà aleuti, pensiero di risurrezione. Tirare a campar -, adaittairsi alramibiente, ibere, manigjare e dormire ;
ascoltar« la radio e leggere rm gkxmale; sedersi sul bandii di una Obìesa;
non disturbar neissuno e non eissere disturbati da nessuno.
»
♦ ♦
E’ diiffld'le naturalmente poter dire oggi quanti siano fra quelli che intendono vincere la battaglia evangelistica, e
quanti invece si conteintino di gridare
((Viva i padri», pronti a vivere beati
nella toro quiete borghese. E’ difficile
perché c’è troppo entesiasm,o ed ogni
discussione e dubbio potrebbe sembrare oltraggioso.
Ma c’è un airgoinielnito pratico che non
va dimentìcato. Per yinceire, la fede
deve dare i mezzi.
Ora, amico lettore, Fapostolo Paolo
p(oitevia dare questa tesrtimonianzia ai
suoi amici di Macedonia : « secondo il
poter loro, anzi al di là del poter loro
hanno dato volonterosi ».
ili tuo giornale ti raggiunge al termine di ,una settimana ricca di manifestazioni in cui molte note hanno vi
brato. Settimana che, nella vita della
Chiesa, è legata ad un nome; Rinunzia.
Ti sei esa/kato al ricordo delle libelrazioni di Dio e delle gesta dei 'Padri
invitti,
Alla Chiesa Valdese che ha parso
troppe balttaglie, troppe p08izion,i, hai
tu dato i mezzi per vincere, per ricori,quistare, oppure ti sei limiitato aM’ell©moalna che permette di vivere, di tirane «vanti? CI.
Sion terrestre dia popolare e dà cooservare e idCoiaquìstare. Come la
perdita della Terra Siaiita non significò la fine djell’Ekraisino, a maggior
ragione Teventuale abbandono totale dblle Valli (quodi Deus avertat)
non significherebbe la finie dfel VaT
diismO'.
Chi scrive non è meno affezionato
alle Valli originarie di qnalsiasi
altro Valdese ed è iin, grado dii oompirenidere quanto esse rappresentino
per noi con le loro tradizioni , le loro
memorie, quale incitamento alla fedeltà ed alla solidiarietà derivi dalla residenza in eìase e fin da una
gace visita; non è quindi un ioonochastg uè un filisteo. Ma ragionando obiettivaomentie deve concbiudlere
che esse noni sono indispensaibili alla nostra esisitenzai, e tanto meno è
un dovere morale per i Valdesi di
ostinarsi a soggiousnarvi quando un
tale soggiorno diventi difficile e pe^
noso, quandò sopratutto si otmverla
in un pesoi per gli altri.
Un centro geografico 7
Certo è opportuno che i Valdesi,
tali per discendenza o per aggregar
zione posseggano un centro geografico di raduno e tra i benefici Che
ne derivano, nkm ultimo è quello
di consentire inoontri periodici: tra
i giovani die permettauo dì evitare
mo,lti mat.iiilmioni misti, cosi spesso
causa di defeziono religiosa. E die
questo centro sia per tradizione ubicato nelle nostre vallate fa sì che
esso acquati un cias-attere ineonfondlibile, la cui conservazione è favorita dalla permanenza in loco di
una buona percentuale dici nostri
fratelli in fede. Ma qualche inconveniente deriva dalla sua situazione, ad.
un estremo di un paese conformato
come l’Italia, che ne rende l’accesso disagiato a coloro che sono dbhiidliaiti neUei regiom più remolte e
ohe amerebbero avere più frequenti
occasioni d’incontrare i propri fratelli. D’altra parte le Valli hanno
legittimo titoloi per essere considlerate come la caka miaitema i^a Chie
sa Valdese, non fosse altro per gli
investimenti da questa fatti ip istituzioni colà esistenti.
Una visione più ampia
Ma ripetiamo, non perciò dobbiamo farne la nastrai Terra Santa.
Tra l’Israele antico e quella dlelle Alpi corre una sostanziale differenza. Il primo ebbe nel piano divino la funzione di radice della rivelazione, una funzione sommamente statica e conservatrice, l’altro lia
ricevuto una missione dSvnlgatrice;
è, ai può dire, il seme dlelTalbeiOi
che, per adempiere efficacemente
alla sua funzione! deve abhandònare
il rame natio ed essere portato lungi dal vento: funzione dinamica per
eccellenza. E la storia lo conferma;
il Valdismo nei suoi primordi non
si localizzò, anzi, parte dietro impulsi esterni, parte per elezione, ebbe vedute continentali e si diilfuse
per tutta l’Europa civile; solo più
tardi fu spinto! dàgli eventi a concentrasi nelle vallate alpine: coazione dunque, non scelta; ed ancora
dopo fu animata da una forza d’espansione nelle viciniori contrade
che solo una ooslante prassi restrittiva riuscì a vincere. Per restare nel
linguaggio metaforico, noi valdbsi
dovremmo essere il sale della terra,
il lievito della cristianità; dovremmo, ma purtroppo non lo siamo
sempre. Ora il sale non si concentra
in un punto delle vivandle, nè il lievito in una piega della pasta, ma
deve diffondìersi per tutta la massa
0 mescolariai intimamente con esàa.
Questo compresero gli Apostoli
dopo la Pentecoste, questo comprese la Chiesa Valdese dopo l’Emancipazione. Condizione essenziale d’altra parte che il sale non perda la
sua salinità nè il lievito la sua forza
espansiva. E pertanto l’emigrazione
dei nostri valligiani può ^sere una
dlesignazione provvidenziale, a condizione che non emigrino solo come
lavoratori più o m|enio qualificati,
ma come missionari, siano pur modesti, ed eloquenti più nei^i atti che
nelle parole.
òolo aa noi?
Mi si opporrà ioi spopolamemu
uetie nostre care montagnieè icUOmeno nei resto eomdne à tutte iie zone
montane, non sólo alpine. INon avviane soto neiiiè nostre Vaili che il
suolo non riesce più a nutrire una
popolazione cite cent’anni or sono
vi viveva senza difficoltà in ancora
maggior copta. Le accresctute esigenze provvtoano la diserzione diai
suoli ingrati deila montagna, più o
meuiQ ovunque c le nostre poipplazioni, con un’educazione superiore
a quella media delle congeneri po^
polaztoni, accampano anche maggiori esigenze.
Senza oinhhid è deplorevole cite
gente dì più facile contentatura venga a sostituire i nostri ed ogni cura
Uovrebbe porsi a che un uuclao rimanga sempre con la possibilità di
diispcnrre di maggior terra e di maggiori mezzi per coltivarla, Gentq le
buone voioutà non mancano tra noi,
ma djifettauo i mezzi. Tuttavia non
ai oompirendie come non sia mai sorto tra noi un istitiuto che oontrobatc
tesise la Cassa dei prestiti per l’acquisto diei ten:eni vaid<esi. L’impresa
non esigerebbe iagenti capitali e pjO-'
trebbe anche costituire un buon iuveistimentoi, oggi che i capitali orziosi non mancano. Si potrebbe eom
provocare nna corrente immigratoiria, atta a compensare m parte quel:
ia emigratooria, e TaLmtentorebbero
i delusi,^ i pensionati, coloro cni respatrio non ha permesso di ragranellare una sufficiente sostanza, ed
infine adferenti alla Chiesa Valdese
di altre regioni. A questo proposito
osservo die non si è affievoilito gran
che tra i nostri valligiani quello spirito di clan, che purtroppo non è
sempre di solidarietà, sorto tra noi
nei dlell’isolamiento o che è
l’antitesi diel primitivo spirito valdese. La popjoiazione valdese si è
infatti costantemente arricchita nei
primi secoli di elementi; provenienti
dai più remoti angoli d’Europa, conte ne fanttoi fedle la eccezionale abbondanza e varietà dei tipi etnioi e
^lei cognomi valdesi.
Contraddizione ?
Quanti sono oggi, ohe, siano originari o meno, sentono la nostalgia
tiieiile nostre Valli e non vi sì stabiliscono perchè non ne hanno i mezzi?
Non ri veda contraddlizione 'ira
questi suggerimenti intesi a controbilanciare Temigrazione e il precedente patrocinio di questa. Una epe^
eie di rotazìon« ohe permeittesse a
inditi dei nostri di sperimentare le
vie dlel mondo e di allargare i propri orizzonti e ad altri (li ritornare
ai monti sarebbe immensamente
vantaggiosa tanto alla gente valdese,
che alla ^na missione spirituale nel
mondo. Del resto concordo pienamente con. ¡le opinioni del Rivoir
circa le necessità di regolare o almeno consigliare le direttive migratorie.
A parte resistenza di una fiorente
colonia Valdese già esistente, l’Uraguay tra gü Stati del Sud America è
il più eligibile non solo per il clima
q le condizioni sanitarie, ma anche
pei’chè il più liberale e quello ove
la libertà religiosa è meglio garantita.
Ridevo solo che oi si prepocupa
molto della emigrazione di operai e
di agricoltori e mon forse abbastanza di quella ormai annosa di intellettuali e semìntellettuaM i cui elementi sono troppo spesso perduti
per il nostro popolo e per la nostra
chiesa. Certo non è altrettauito focile impetre o dÌKÌplmare shnìjie e-
2
L'EOO rmesTALU yaldesì
m%nuà<wie che è fatale, e ohe potrebbe cofltituire una gran forsta di
r ^ MpianaHMie se OQsJoro fdsiseiro seguiti
più da vicino, specie ned primi attui
e se il surricordkito clan si traduce^
sa nei loro confronti in maggior sollecitudine e fraterna vigilanssa. Non
è sempre loro inteoa colpa se essi
pedono il loro potere lievitante e
diventano elemento inerte della
massa in coi si confondono.
Olire I monii.,.
Infilile, a chiusa di questa digressione, mi sia lecito osservare che i
nostri monti sono belM, maestosi,
spesso imbnmciati, ma hanno il grave torto di limitare il nostro orizzonte. CIobì siamo persuasi ohe la
nùssiione dolila Chiesa Valdese sia
di evangelizzare l’Italia. E perchè
solo l’Italia ? Dio non concede monopoli nè conosce confini. Il vento
ohe trasporta le sementi non le deposita entro limiti prestabiliti. Se i
nostri emigranti sapranno essere
quello che furono i loto padri, missionari, potranno essere altrettanti
semi benedetti. Questa missiione i
nostri primi emigranti nell’Ameiioa
Latina l’hanno adempiuta e se oggi
l’Uruguay è, come, ai è tfelto, alla
testa dS quei paesi per le sue istìtur
zioni civili non è immodestia il
ritenere che la presenza di un forte
nucleo valdese in esso vi abbia contribuito. 4?;
Lg Chiesa Valdese sorse sotto il
segno dell’universalità, si ridusse
poi, per forza d’eventi, ad essere regionale, si è fatta poi nazionale.
Perchè non ritornerebbe alla primitiva ampieziza, tanto più che la mano stessa di Dio sendira forzarla su
quella via?
Aceusianq intanto la sitocciata dì
un grande quotidiano il quale rileva
che in Italia troppi incompotemi si
occupano di emigrazione. Cairo direttore dell’Eco, cara Pro Valli, caro Guido Rivoir, siamo serviti.
O, fratelli, vogliamo farvi sapere la grazia da Dio concessa
alle Chiese di Macedonia, in mezzo alle molte afflizioni con le
quali esse sono provate, l’abbondanza della loro allegrezza e la
loro profonda povertà hanno abbondató nelle ricchezze della loro
liberalità.... La vostra già promessa liberalità, sia prouta come
atto di liberalità non di avarizia...
Paolo ai Corinzi
dopo un vermout d^onoine; si, ebbe un
pranzo offerto dgi pàstore Meille ad una quarantina di iuvitatì.'A tìtolo di
ouiriioeàtà ne diamo dì menù : Potage légumes à la oròme; sawmoiri' sauce
miousseliriie ; pommes de terre à irainglaise; voi àiu venit I la marindère; petits pois au oroutori; rôti de poulets;
salade i printenièire; glâces i^achées;
dessert, éafè et liqueurs; il futto con
quattro qualità di vino. Discorsi del
M'Odieratore, del sindapor del prefietto,
del cav. Poet, del caiv, Goucourde, dei
signori Turin e Weìitzècker.
Nle|l ftomerigigiio H’osp|He si recò a
visitare l’Ospedaile iMauriziarip e quindi in carrozza a Tome PeJlice, l’Orfanotrofio, il Convitto Mauriziano, la
Chiesa cattolica, ilg Casa Vaildese, il
Museo, il Tempio, l’Ospedale furiano
da lui visitati ; e prima della partenza
pairteóipò ancora ad una cena offertagli
dai municipio di Torre Pellipe all’Hòte! de l’Ours, con l’intervento di autorità e rappresentanti della stampa.
Le pubblicazioni
e l’eco della stampa
£< ccktrazifliii di ciinaanfaiiiti fa
OS9S>
Cosa interessante fare un confronto
delle feste del primo cdinquantenario
dieil'Emancipazione (1898) con quel«
ohe sd svolgono per il centenario.
SScoome pochi dei lettori vi hanno
partecipato e quei ipoohi hanno vissuto
ormai tante altre vicende, togldamo dai
giornali e dalle cronache del tempo le
, notizie più interessanti relative a quegìd avvenimenti.
più ridotto, ma con un
quasi identico.
programma
L’inaugurazione
dd rifugio Re Carlo Alberto
La festa del 17 alle Valli
'La Tavola Valdese, in una circolare
deù mese di gennaio, diceva: «Sans
vouloir imposer uri, programme, il nous
sembd© que le 17 février prochain
doit être solennisé par un culte public
d’humiliation et d’action de grâce.
D’autres services commémoratifs, tenus dans l’après midi ou dans la soirée,
rappelant les faits les plus saillants qui
se rattacheriit â cette date mémorable
de notre histoire, contribueront efficacement à lia célébration du jubilé ». La
circolare raccomandava inoltre id Rifugio Carlo Alberto e ristruzitme seioondaria; annunciava poi una serie di conferenze nel tempio di Torino e la visita di una delegazione sinodale alle
varie chi^.
A S. Giovanni, grande giornata
queMa del 25 febbraio. Si inaugurava
in quel giorno ili Rifugio, sorto dalia
nobile iriiziativa del pastore Guglielmo
iMeiille, e dalle offerte delle parrocchie
Valdesi. Alla cerimonia era presente il
prefetto di Torino, conte Muniochi, in
rappresentanza del Re : egli giunse alle 11,30 accompagnato da varie aiutorità, ed accolto dàlia Ccanpagnia del
Collegio in servizioi d’onore : una quarantina di giovani m divisa chiara, con
berretto 'piatto e fucile. Fu scoperto un
busto a Carlo Alberto, e si sentì il
discorso di inauguraziorie dello stesso
Meille; quindi il prefetto prese la parala e dopo aver tributato lodi al popoilo valdese, annunziò la nomina del
Moderatore G. P. Pons a cavaliere,,
come simbolo del « profondo affetto >;
del sovrano verso le popolazioni vaidesi.
Al palazzo comuriiaile degli Aiirali,
Oltre all’opuscolo del XVII ;per i
bambini e le famiiglie e il Bollettino
speciale della Società di Storia Valdese, furono pubblicati nel corso dell’anno altri libri ed opuscoli : uri, riassunto
dei cinquantanni di vita valdese, una
pregevole monografìa sull’istruzione elementare valdese, una crori'aca minuta
del cinquantennio, un racconto storico
di E. Meynier, una storia valdese dialogata da T. Gay ed E. Meyri,ier, eoe.
Nd complesso, una serie ragguairdevole dì pubblicazioni.’
Per quanto riguarda* gfi echi dei festeggiamenti nella stampa, o*Itre alle
crona*f^e del (c Témoin » ed un numero
speciale dell’« Avvisatore Alpino », ricordiamo le cronache dei gjornali pinerolesi e .poi della ((Stampa» e della
Gazzetta dal Popolo » di Torino, de
« La Provincia di Mantova » de (oLa
Trijbunai », de « IFiieraimosica »■, de
((Il Corriere della Senta», de «L’Adriatico » di Venezia, ecc. iMoltissimi
giornali religiosi della Svizzera, della
Franióià, e dfedring^nOterra riiportairono
pure cronache e notizie degli avvenimenti cd in genere*ì3èlt’opeira valdese ;
in Scozia (si ebbeno pure cerimonie
co.mmemorative.
Ili primo cinquantenario dell’Emancipazione Valdese fu dttnque uri avvenimenito importante, seppure celebrato
con meno solennità, e, perchè no ?
con meno sentimento; oggi sentiamo,
credo più profondamente di allora, la
necessità della libertà reli|giosa e civile; se non altro, perchè forse essa
è assisa su un trono un po’ vacillante...
Augusto Hugon
Il XVII cadde di giovedì, e la giornata fu guastata da un vento violeritissimo, che sollevava nuvoloni di polvere e che impedì alia sera l’accensione dei tradizionali falò. A Torre
Pellice, alla vigilia si ebbe una serata
ricreaitivia orgjanì'zzata dall’Unione di
S. iMargherita, nella sala omonima :
canti, recito, discorsi, ecc. ed un foltissimo pubblico. Il mattino della festa
si svolse il tradizionale corteo diei bambini provenienti da tutti i quartieri, con
’le bandiere »1 Municiipio (aveva
loro regalato per l’occasione : discorsi
del pastore Augusto Jahier e del moderatore Pons, ddstribuzions di pane,
formaggio ed arance, e quindi il concentramentò dei bimbi alla Scuola di
S. Margherita per giochi e merenda.
Alle 12,30. ebbe luqgo in due srile
del Collegio il pranzo, a «ni ipartecipavano un centinaio di commerisal'i, di
cui 14 donne. Disiorsi di Teod. Revel,
Fii. Costabel, Al. Vinay, El. Oostabel, Dav. Jahier, e dello studente E.
Bertalot,
.Alla sera sotto la presidenza del Moderatore, si svolse nella sala sinodale
la commemorazioris storica, cui prese
parte un gran pubMoo, e in cui presero
la parola sucoessivamenbte sei oratori :
M Moderatore, i proff. G. Jalla. G.
Coisson, D. Jahier, N. Tourn ed il
pastore A. Jahier; il tutto con coni e
canti, per una durata di tre ore.
Negli altri centri delle Valli si ebbero più o merio analoghe manifestazioni, con entusiasmo e riconoscenza.
A Torino, culto dei pastori Ribetti e
Giampiccoli, pranzo al Chalet Russo
del Valentino, conferenza commemorativa alla sera. Nelle altre chiese d’Itaha, le celebrazioni si svolsero in tono
Per le Scuole Domenicali
Lezione del 22 Febbraio 1948
Parabola dei talenti
Lettura : S. Matteo 26: 14-30. Imparare 25 : 14-21.
Questa parabola che segue immediiatar
mente queJda delle dieci vergini, applica
alila vita pratica l’insegnamento della precedente. Al dovere della vigiilanza, aggiungi il dovere deUa fettefltà. Non basta
at.endere lo sposo; bisogna mettere a profitto il tempo lasciato sino al su© ritomo.
« Un uomo, partendo per un viaggio,
ohi,amò i suoi servitori e affidò loro j suoi
beni ; e alil’uno diede cinque tallenti, a un
altro due, g a un ailtro uno; a ciascuno secondo ie sue capacità ».
SPIEC^ZIONE.
L'uomo ohe parte per un viaggio e distribuisce i talenti, è Gesù Cristo, che sta
per salir© al cielo e deve ritornare per
stabìilire M suo regno e giudicare a vivi
ed i morti. I servitori sono i discepoM di
ogni tempo, tutti j credenti in Gesù Cristo. I talenti, son© tutti i doni di Dio,
tutte te sue grazie. Essi rappresentano te
capacità, j beni d’ogni genere che il Cristo
affida ai suoi servi, con l’obbligo da farli
valer© per conto del padrone. Sono sopratutto la grazia delia salvezza, concessa
a tutti ì credenti, con la missione di appropriarsela, di renderla quanto più fattiva
'ed efficace, © di dSftanderla con ia testimonianza cristiana. Immenso tesoro ben
rappresentato dal cospicuo valore monetario del tallentó, ohe ak tempi di Gesù, valeva da cinque a dieci mila lire di anteguerra, se d’argento, e oggi almeno cento
volt© di più; e s© d’oro, sedici volt© tanto.
Questi dona non sono disribuiti in misura eguale. Ma chi ha ricevuto molto non
deve glooriarsi : l’ha ricevuto gratuitamente, e la sua responsabiMtà è tanto più
grande. Chi ha ricevuto poco non può lamentarsi, perchè gk sarà chiesto meno,
ncMa miisura di quanto ricevette. L’essenziale è che ognuno faccia fruttare con fedeltà quel poco o molto che ha ricevuto.
IL COMPORTAMIENTO DEI SERVITORI e la SANZIONE DEL PADRONE.
Ai du© primi servitori ohe col loro la*voro avevano fatto fruttare i loro talenti,
e li consegnavano raddoppiati al padrone,
questi rivols© la sua *pairola di lode e di
premio ; Va bene, buono e fedele servitore, sei stato fedele in poca cosa, io ti
stabilirò su molte <x>se; entra nella gioia
del tuo Signore. Ma per il terzo* servitore,
che per diffidenza e pigrizia aveva sotterrato il suo talento, e io rendeva senza
frutto, ed anche con insolenti parole al
suo padrone, questi sentenziò ; n Toglietegli il talento © datel© a colui che ha i
dieci talenti. Poiché a chiunique ha, sarà
dato e sovrabbonderà ; ma a colui che non
ha, sarà tolto andh© quello che ha ». E
quel servitore disutile gettatelo nelle tenebre di fuori », Questo ignavo e riibeiite
servitore non ha voluto fare nemmeno
quel che, poteva : almeno affidare il suo
talento ai bancbierì peir ricavarne qualche
interesse. Cosi il oristiiaiio timoroso e calcolatore, che forse stima oh© iil Signore
reclami troppo per quel poco che ha dato,
e diffida dette proprie forze, potrebbe abbandonarsi in spirito di umiltà e di pireghiera afte forze di iDio per ohe operino
sul suo cuore e la sua debole volontà. Ma
se nulla'tenta, egl è votato alla pendizione. ( . *
APPLICAZIONE.
I talenti lOhe Dio ci ha affidati ai accrescono coi loro fedele esercizio. Come Piùtel'Egenza si sviluppa con lo studio, la memoria coll’esercizio, il coppo con una salubre ginnastica, cosi la nostra coscienza
si affina e perfeziona se ubbidita scrupolosamente, la nostra preghiera divenga pnù
emcace se perseverante, la nostra feoe più
vigorosa se 'la coltiviamo ©d appiliiohiamio
e ila nostrà ricettività si accresce per delle graz,e © rivelazioni superiori, la nostra
capaoiità di azion© sì ia piu gra.Lae weijw
misura in cui vi portiamo lun© zelo méggiiore. Inversamene, ogni grazia ricevuta e
non adoperata ci viene ritirata a poco a
poco, si atrofizza come un muscolo die
manchi di esercizio. Questo e non altro
signiifica queila divina sentenza, ohe a pr,ma vista ci pare meno giusta, e che risponde invece ad una ilegge profonda della
vita. : a Chi ha, sarà dato sempre più; a
chi non ha, non fa nulla per progredire ©
possedere, sarà tolto anch© quello che ha.
INSEGNAMENTI.
Ognuno di noi ha ricevuto da Dio dei
taiìantì appropriati. Pochi o molti che sfar
l^wpend© da lui ohe portino tutto il loro
fnitto. Questo è di somma importanza per
la nostra vata presente; ma è poca cosa
ancora in confronto delle molte © grandi
cose cui saremo preposti «nella gioia, del
Signor©», al .di là del velo, s© saremo'stati fedeli.
Lezione dei 29 Febbraio 194S
Congiura e tradimento
il convitto d) Betania
Lettura : S. Matteo 26 ; 1-16. Imparare
26: 10-16.
LA CONGIURA.
D-nanzd alla popolarità ed 4*1 preatlgiio
crescente di Ctesù, l’odio dei capi sacerdoti e dei farisei, ipari alla loro inyadia e
loro timori, era giunto al suo colmo. E
radunato il Sinedrio, dicevano fra loro :
Ohe facciamo? percihè quest’uomo fa molti miracoli. S© lo lasciamo fare, tutti crederanno in lui, e d Romani verranno © ci
distruggeranno dttà © nazione. E decisero
¡a sua morte, dando quindi rorddn© che
se alouno sapess© dov© ©gl era, ne facesse denunzia ijenchè potessero pigliarlo
(S. Giov. 11 : 47-57). Caiafa, il sommo
sacerdote in carica, e fiero nemico di (3esù, presiedevia quella seduta del Sinedrio.
Alilo stesso momento, cioè dù© giorni'
prima dell’inizio delle Fest© Pasquali' Ce-sù annunziava ai discepoli di© la sua ora era venuta, l’ora del suo saorifloio per
la salvezza degH uomini; e serenamente
si apprestava alia morte. Nella toro deca
malvagità, questi nemdoj da Gesù non sar
pevano certo di concorrer© al compimento
de! piano di Dio ; la responsabilità dei loro
delitto rimane pertanto tutta intera.
IL TRADITORE.
Allora (jfuda Iscariot, uno dei dodioi
discepoli, accogliendo l’invito de] capi sacerdoti, andò a dire loro : Che mi volete
dare, ed io ve lo consegnerò? Ed essi glS
contarono trenta sioM d’argento. Una miseria ; circa cento lir© nostre, che equivalevano al più basso prezzo della compera di uno schiavo. Come mai, ci domandiamo noi, Gesù aveva potuto accogliere
nelle sue fl,l© un tate uomo? Non s^ppaamo, ma è da creder© che Giuda avesse
all’inizio delle buon© disposizioni. Solo ohe
lasciando radicarsi nel suo cuor© la passione dell’avarizia, a poco a poco quel disgraziato vi sacriiflcò ogni senso di dirittlira © di onesrtà (irublava iperflino nella
borsa comune), iaiscdiandosi poj trascinare
sino al delitto. Può esser© Che, tradendo
:il Maestro, eg*!; non prevedesse 1© conseguenze estreme del suo atto insano; forse
©glii pensava che, al buon momento, (jfesù
farebbe uso del suo potere diviino *per sfuggire ai suoi nemici; e malgrado gli avverti niMiti reiterati di Gesù, egli perseverò
ne! suo piano iniquo e corse ala propria
perdizione. Questo ©pilago tremendo ci
mostra com© nessuno possa mai calcolare
in anticipo le consegulenze ulteriori del
proprio peccato. Col peccato non si può
mai transiger© iimpunemente.
IL CONVITO DI BETANIA
In quei giorni Gesù si era ritirato a
Betani», che era come un oasi di pace e di
affetti nefa sua vita .di iotta conliniua. E
siccome molti fih; quegli abitanti volevano
manifestargli la lor© gratitudine per il
grande miracolo di cui aveva onorato k
loro oscura borgata', essi gli offrirono un
convito; ed a questa manlfestazion© ognuno di loro volte con'tribuire, secondo I
propri mezzi. Fra costoro, Lazaro, il risuscitato, la sorella Marta, che serviva a tavola; poi la soreMa Maria, che avendo dà
tempo aperta tutta l’anima alla parola ©
all’ainior© del suo Signore, e presaga della
sua flne imminente, prese quest’uJitìnia
occasione per esprimergld la sua deivorione
protonda eoi sacrificio di quedlo che aveva
dì ipiù prezioso. E accostatasi a Gesù con
Un alabastro d’olio odorifero di gran
prezzo, del peso di una 'Mibbra, glielo versò
sul capo. In or.teinte, ungere con olio il
capo dà un ospite, era segno dà alta dàstinzione ed ohe^
Ma siccome à dàscepoV, con a capo
(jàiuda, protestavano àndignaià eh© quelà’pWo si sarebbe potato vender© caro, e tt
denaro darlo aà pòveri, Gesù disse joro :
Perchè date noia a questa donna*? Ella ha
fatto un'Bziohe buona verso dà me, e l’ha
fatto in vista deUa mìa sepoàtuira. Perohè
i poveri li avrete sempr© con voi; ma me
non mi avrete sempre. — Quale senso di
umanità profonda in questa paroja del
Maestro, © quanta bontà commovente! E
quale privilegio immenso e quai© àntìima
gioia, per ogni cristiano, di sentìrsi a dine
da Gesù : Tu hai fatto un’azione buona
per mel
INSEGNAMENTO.
Pro Valli
Dir. Resp. Ermanno Rostm
Arti Grafiche uL’Alpine» TcsTe Pd'lioe
Elena Tiirck Rodet, a nome di tu^a la
famiglia, ringrazia nel modo più sentito
tutti gli amici e conoscenti per la commovente dimostrazione di sirnpatia datale in
occasione della dipartenza della diletta
Madre
Anna Rodai Qaudin
La famille du bien-aimé
Chav- Barlhélamy Monnal
remercie vivement toutes les personnes,
parents et amis, qui ont pris part à son
deuil.
St. Germâin Cil*uson, Février 1948.
Le famiglie Mìcol, Griot e Revel in occasione della dipartenza per la Patria Celeste della loro con
■arnia Micol.nala Ribai
ringraziano il pastore sig. Mathieu, il dr.
Quattrini, i vicini di casa e tutti coloro
che in vario modo presero parte al loro
dolore.
Pomaretto, 26 genuiaio 1948.
Le 8 février. Dieu a rappelé à Lui
Jaanna Grill wauva Qanra
dans sa 89. èm© année.
La famdle, en vous faisant part de son
deuil, tient à remercier, d’une façon toute
particulière, M.le pasteur Louis Marauda,
les voisins, les amis ainsi que tous les parents qui l’ont entourée de leur sympathie.
« Christ ©St ma vie et la mort
m’est un gain». Phil. 1 : 21.
Bouvil, te 8 février 1948.
Oggi, alle ore 21, è salita nella Casa
del Padre, dopo lunga penosa malattia
Suor Sva Gay
Ne damo partecipazione le sorelle CLARA, CELINE, e i parenti tutti.
« La imia grazia ti basta »,
. 2 Cor. 12: 9.
11 servitilo funebre avrà luogo alla sua
abjltazaon© (DagoKÌ) venerdì .30 febbraio
alle or© 14.
Torre Pellice, 18 febbraio 1948.
iimii-iisi-iiii
Ji dr. DANIELE ROCHAT
visita a TORRE PELLICE
tutti i venerdì dalle
10 alle 12 presso il
dr. Gardiol Tel. 77
Cerco appartamentino in Torre PeiUce.
Feyles, 7 Via Angrogna - Ttmr© Pdiice.
1
Non vi è nulla di troppo prezioso che
non dobbaimo dar© per M Signor Gesù;
non vi è sacrifìcio ohe 0*00 dobbiamo fare
per la gioia 'del nostro Salvatore.
G. Bonnet
Giovanotto, figlio di nostra gente, sta
pea- essere dimesso dalia dasa di pen|i
dove ha scontato una leve condanna per
colpa commessa, trovandosi nell’indigenza. Appena liberato, fra quaich© giorno,
mentre tutto il popolo valdese festeggia
il centenario della sua emancipazione, si
troverà unàltra volta nella via, spoglio di
tutto, con una vecchia maiiima a carico.
Chi gli offrirà un po’ di lavoro e di pane,
affinché possa raettersli sulla via di una
redeinziione civile definitiva?
La Pro Vaik aspetta fiduciosa chi vorrà
tendergli una mano.
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