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Anno 114 - N. 18
5 maggio 1978 - L. 200
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1° Gruppo bis/70
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valli valdesi
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE VALDESI E METODISTE
SVILUPPI DEL MOVIMENTO ECUMENICO
Un “vertice" ecumenico europeo
Riuniti a Chantilly (Francia) dal 10 al 13 aprile 40 vescovi cattolici e
40 rappresentanti delle chiese protestanti ed ortodosse d’Europa
Portata e limiti dell’incontro
Togli le nostre frontiere, abbassa le nostre barriere,
insegnaci le vie della fraternità.
Non Ti chiediamo di camminare con lo stesso passo
né di cantare gli stessi inni
ma di vivere alle stesse sorgenti:
quelle della tua Parola crocifìssa
che ci riconcilia con Te e in Te
fin d'ora e per l’eternità.
Così hanno pregato insieme, la
sera del 10 aprile scorso nella
chiesa del centro cattolico di
Chantilly (40 Km. a nord di Parigi) gli 80 partecipanti a quello
che il quotidiano parigino « Le
Monde » ha definito « il vertice
ecumenico di Chantilly ». In una
ottica cattolica s'è effettivamente trattato di un vertice: circa
40 vescovi (tra cui due cardinali:
il belga Suenens e l’inglese Hume) rappresentavano tutti gli episcopati nazionali d’Europa,
tranne quello spagnolo e — ovviamente ^ quello albanese, ormai ridotto alla clandestinità
(come ogni altra espressione organizzata di cristianesimo). Due
rappresentanti del Segretariato
vaticano per l'unità dei cristiani
e alcuni « esperti » completavano
il gruppo cattolico. Gli altri 40
partecipanti provenivano da varie chiese protestanti ed ortodosse d’Europa e rappresentavano
insieme la Conferenza ideile chiese europee, che riunisce ben 110
chiese di 26 paesi diversi. Si trattava per lo più di pastori ed ecclesiastici in genere: più « dirigenti » che « base » e — ancora
una volta — pochi laici e poche
donne, che si contavano sulle dita di una mano.
Malgrado questo limite che
purtroppo continua a riprodursi in tante assemblee ecclesiasitiche, ecumeniche e confessionali,
rincontro di Chantilly è stato il
primo nel suo genere e costituisce un fatto nuovo nella storia
deirecumenismo europeo. È nato infatti da un’iniziativa congiunta della Conferenza delle
chiese europee (di cui è segretario generale il pastore Williams,
ben noto in Italia) e del Consiglio delle conferenze episcc^ali
cattoliche d’Europa, costituitosi
nel 1971 come uno dei frutti della rivalutazione della funzione
episcopale operata dal Vaticano
II. Non s’è trattato dunque né
di una iniziativa cattolica cui
protestanti e ortodossi erano invitati a partecipare né di un’iniziativa protestante-ortodossa aperta ai cattolici: s’è trattato di
un’iniziativa comune di cattolici,
protestanti e ortodossi. Una certa comunione, prima di essere
l’obiettivo verso il quale si tendeva, era la premessa stessa dell’incontro, che è stato pensato,
organizzato, convocato, realizzato e portato a termine insieme.
In questo senso Chantilly è stato, più che una tappa, l'inizio
di un cammino: quello di un
progressivo abbandono di ogni
forma di ecumenismo proposto
da alcune chiese ad altre, per attuare un ecumenismo promosso
insieme da tutte le chiese.
La riunione di Chantilly, sia
nella sua composizione che nello
svolgimento dei suoi lavori, è
stata caratterizzata da un perfetto equilibrio delle parti: ugual numero di partecipanti (40
cattolici e 40 tra protestanti e
ortodossi), ugual numero di relatori (2 cattolici, Hume e De
Smedt, 1 ortodosso, Zabolotski,
e un protestante, Krusche), presidenza deH’assemblea alternata
(tra il vescovo francese Etchegaray e il pastore luterano Appel).
Non s’è però trattato di un equilibrio soltanto formale: s’è avvertita, neH’insieme dell’incontro. una volontà comune di « crescere insieme » — come dice il
documento finale sull’unità — a
partire dalla « nostra comune vocazione a predicare e vivere Vevangelo di Gesù Cristo, nel quale
Dio rivela se stesso all’uomo ».
Certo, a Chantilly non è accaduto nulla di eccezionale e gli stessi documenti finali (su cui torneremo in un prossimo articolo)
non dicono nulla di straordinario. Eppure il valore deH’incontro — anche a prescindere dai
suoi risultati immediati, che sono modesti — è notevole e non è
eccessivo parlarne come di un
evento storico. Perché? Essenzialmente per due motivi.
Il primo è che rincontro di
Chantilly ha spostato l’asse del
confronto interconfessionale dalle « centrali » ecumeniche di Roma e di Ginevra alle chiese locali. Questo fatto merita di essere sottolineato. A Chantilly i
soggetti principali del dialogo
ecumenico non erano più Roma
da un lato (il Vaticano, o il Se
gretariato per l’unità dei cristiani) e Ginevra dall’altro, ma i rappresentanti delle diverse chiese
locali o nazionali. Le singolé chiese diventano direttamente protagoniste del movimentò ecumenico. Lo stesso Vaticano non sembra più occupare una posizione
centrale e dominante: resta una
delle istanze, ma non l’unica, u~
na voce ma non la sola. Tanto
che « Le Monde » si è chiesto se,
accettando, come partner la Conferenza delle chiese europee anziché il Consiglio Ecumenico delle chiese, l’episcopato cattolico
d’Europa « non rischiava di sconfessare il papa ». Va da sé che
non è accaduto e non poteva accadere nulla del genere: tutti i
vescovi cattolici sono legati a
Roma e al papa da un vincolo
profondo, non solo giuridico ma
di fede. Resta però il fatto che
a Chantillv l’episcopato cattolico
europeo ha assunto ima responsabilità diretta e immediata nei
confronti delle altre chiese cristiane isenza subordinarla alla
leadership vaticana. Questo non
significa emarginaziorie di Rorrla;
comporta però un suo — sia pur
relativo — ridimensionamento.
Cresce l’iniziativa delle chiese
cattoliche nazionali (sia nure soltanto, per ora, attraverso la mediazione dei loro episcopati), diminuisce la loro subordinazione
passiva all’ecumenismo vaticano.
Il secondo fatto nuovo è che
per la prima volta in una riunioPaolo Ricca
(continua a pag. 5)
Ä^AROLA
IGNORE
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ITESTAMENTO
•'rißsOUZIONE
NIERCONFE§glO
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CORRENTE,
LDC-ABU
Le discussioni sulla Traduzione interconfessionale hanno trovato un momento di sintesi in
un convegno a Vallecrosia. Ne
riferisce Sergio Ribet a p. 3.
La violenza di cui
abbiamo bisogno
w 1 Re 21
Di fronte alla violenza che da
oltre un mese e mezzo tiene in
scacco il nostro Paese col suo
tentativo di sovvertire lo Stato e
le sue istituzioni, è utile rileggere una pagina dell’Antico Testamento che parla di altri due tipi di violenza che proprio in questa situazione non vanno dimenticati.
Il primo è quello della violenza del potere. La storia del re
IL TRIBUNALE RUSSEL IN GERMANIA
Pensare è pericoloso
Il 14 aprile si è tenuta a Roma una conferenza stampa di
Lucio Lombardo Radice, promossa dal « Comitato iniziativa
e di appoggio alla difesa dei diritti civili e delle libertà democratiche nella Repubblica Federale Tedesca», sulla terza sezione del tribunale Rüssel, tenutasi a Prancoforte dal 28 marzo
al 4 aprile 1978. È stato trattato
il tema del « Berufsverbot »,
quella legge cioè che esclude dalle cariche pubbliche persone
« sospette » di fìlocomunismo.
Come è stato più volte sottolineato nella Conferenza, la stampa italiana, impegnata a seguire
le vicende del caso Moro, ha
dato pochissimo spazio alle notizie sul tribunale Rüssel, nonostante le sedute fossero pubbliche.
Il governo della Grermania Federale e i servizi segreti tedeschi hanno cercato in ogni modo di impedire lo svolgimento
della sezione del tribunale. Questa ostilità è stata cosìi forte
perché fino ad ora il tribunale
si era occupato di paesi in cui
vigono regimi fascisti (America
latina). È sorto così il timore,
da parte di qualcuno, di vedere
in questo un giudizio politico
sulla RFT. Il tribunale ha però
sempre sottolineato che il motivo per cui si indagava era diverso in Germania che in America latina. Nella RFT il rischio
infatti è quello di un cammino
verso un’involuzione di destra.
Nonostante le difficoltà, i lavori hanno potuto svolgersi normalmente ed il tribunale ha prodotto le 4 seguenti conclusioni :
1) domanda: a cittadini della
Repubblica Federale Tedesca
viene negato il diritto di esercitare la loro professione nel
pubblico impiego a causa delle
loro opinioni politiche?
risposta: SI, all’unanimità.
2) domanda: la pratica della
interdizione professionale (Berufsverbot) rappresenta una seria minaccia ai diritti umani?
risposta: SI, all’unanimità.
3) domanda: la pratica del
Berufsverbot è applicata in modo discriminatorio contro persone che hanno opinioni politiche particolari?
risposta: SI, all’unanimità.
( L’interdizione professionale,
che teoricamente dovrebbe colpire tutti gli «estremisti», in
verità colpisce solo chi professa
opinioni di sinistra: dai comunisti, ai pacifisti fino ai socialdemocratici più combattivi nelle regioni rette dalle destre).
4) domanda: la pratica del
Berufsverbot è collegata con
pratiche discriminatorie compiute da altre istituzioni (non
statali) in particolare da sindacati, organizzazioni professionali, chiese?
risposta: a maggioranza (8
contro 7, 1 astenuto): è necessario raccogliere una maggior
documentazione, per poter dire
« si » o « no ».
Il tribunale ha esaminato la
testimonianza di 12 casi di persone « sospette » espulse o non
ammesse ai pubblici uffici.
a) maestra. Accusa: aver partecipato ad azioni contro il Berufsverbot.
b) insegnante. Accusa: aver
fatto parte di un movimento dì
contestazione studentesco.
c) diplomata in lingue. Accusa: aver fatto parte di un’organizzazione per la pace che non
esclude il Dkp (Partito Comunista).
d) insegnante. Accusa: far
parte della Dkp.
e) insegnante. Accusa: aver
partecipato ad una riunione (autorizzata) di un gruppo comunista.
f) insegnante. Accusa: aver
fatto parte della Lega dei Comunisti.
g) assistente universitario. Accusa: appartenenza ad un gruppo legale dell’estrema sinistra.
h) 1) avvocati. Accusa: difesa
di terroristi.
1) m) n) personale ospedaliero. Accusa; appartenenza ad organizzazioni legali di estrema sinistra.
In nessuno dei 12 casi i non
ammessi e gli espulsi avevano
avuto la benché minima critica
sul lavoro: erano tutti elementi
professionalmente qualificati, di
ottimo rendimento nel servizio.
Marco DavIte
(continua a pag. 2)
Achab — che non potendo piegare la volontà di Naboth, un
suddito che gli resiste e non accetta di cedergli la sua terra, ricorre alla calunnia, all’intrigo e
all’assassinio per ottenere ciò
che vuole — è il simbolo di come chi detiene il potere è portato ad abusarne per imporre con
la forza un ordine che può essere rozzamente il proprio interesse personale o più sottilmente
l’interesse di una classe celato
dietro la maschera di un sistema che garantisca il bene di
tutti.
Riconoscere questa violenza e
questo abuso del potere nel passato del nostro Paese, nel ventennio fascista, non è oggi difficile. C’è perfino un parallelo quasi letterale con la vicenda di Naboth e Achab: Giacomo Matteotti non fu forse assassinato per
aver resistito all’Achab del suo
tempo, per avergli proprio detto, nella sostanza se non nella
forma, « mi guardi l’Eterno dal
darti l’eredità dei miei padri »?
Più difficile è riconoscere la
violenza del potere nel sistema
democratico e non più totalitario in cui viviamo. Più difficile
perché in teoria sono previsti
tutti i controlli, le leggi, i meccanismi per eliminare il rischio
dell’abuso di potere.
Eppure, quanto spesso i controlli sono elusi, le leggi disattese e i meccanismi insabbiati! Comunque non si arriva a spargere
il sangue di Naboth innocenti.
Ma è proprio così? Il potere è
stato davvero estraneo al sangue
versato in questi trentanni nelle
stragi di Portella delle Ginestre
nel 1947, di Modena e Reggio Emilia nel 1960, di Piazza Fontana
nel 1969? In queste come in tante
altre forrhe di repressione, con
mandati diretti o con coperture
e connivenze, il potere si è rivelato violento anche in regime democratico, pronto ad imporsi o
a garantire la propria sopravvivenza con la violenza. Ed è questa violenza che genera altra violenza.
Ma fermarsi alla denuncia di
questa violenza del potere rischia di essere una ipocrisia, se
non si riconosce anche l’altro tipo di violenza di cui parla la storia di Achab e Naboth: la violenFranco Giamplccoli
(continua a pag. 3)
2
5 maggio 1978
______SI APPROFONDISCE NELLE CHIESE LA DISCUSSIONE
r
Contro la violenza
Triveneto
Domenica 16 aprile 1978 — organizzato dalla Federazione reg.
delle Chiese evangeliche del Triveneto — si è tenuto a Venezia,
nei locali della chiesa valdese di
Palazzo Cavagnis, un convegno
sul tema ; « Il terrorismo in Italia: una prospettiva di paura o
di liberazione? ».
Il tema del convegno è stato
svolto dal pastore G. M. Grimaldi, al mattino dopo il culto
iniziato alle ore 10,30. La relazione di Grimaldi che ha preso
le mosse dai dati sulla disoccupazione giovanile, ha cercato di
chiarire, nel quadro della situazione italiana, le ragioni dell’attuale esplosione di violenza terroristica.
Erano presenti membri delle
comunità di Vicenza, Padova,
Venezia-Mestre, Pordenone, della FGEI del Triveneto, il corrispondente veneziano del settimanale « Com-NuoviTempi » e
don Germano Pattaro (teologo
della Curia veneziana) con alcuni cattolici che fanno parte del
gruppo con il quale la comunità di Venezia ha rapporti ecumenici. La comunità evangelica
di Marghera (Ve), nel fare presente di essere impossibilitata
a partecipare al convegno, ha
inviato un messaggio in riferimento al tema della giornata,
messaggio che è stato letto ai
convenuti.
Dopo rinterruzione per il
pranzo, alle ore 14 si sono iniziati gli interventi che si sono
susseguiti numerosi per tutto il
pomeriggio, qualcuno critico
sulla relazione del mattino ma
nel complesso gli apporti dei
partecipanti sono stati interessanti e validi. Sono stati posti
anche vari interrogativi ai quali si è cercato di dare delle risposte come credenti.
A conclusione dell’incontro,
verso le 18, con 22 voti favorevoli, 2 contrari e 11 astenuti è
stata votata la mozione che, di
seguito, riportiamo.
Lidia Casonato Busetto
I partecipanti al convegno del 16
aprile 1978, organizzato dalla Federazione regionale delle Chiese evangeliche
del Triveneto, facenti parte delle comunità : valdo metodista di VeneziaMestre; metodista di Padova; metodista di Vicenza; valdese di Verona; battista di Pordenone
preso in esame il problema del terrorismo, che gli avvenimenti del 16
marzo hanno reso politicamente più
drammatico :
rifiutano di esprimere un giudizio
acritico sul fenomeno perché ritengono
che terrorismo non sia soltanto quello
messo in atto dalle BR;
ritengono altresì che questo sia generato dalla violenza delle istituzioni
che ci governano;
condannano, quindi, ogni forma di oppressione deUa dignità umana, qualunque espressione essa assuma;
ritengono compito del credente dire
sempre la verità, rifiutando condizionamenti ideologici e partitici;
impegnano perciò le comunità cristiane ad essere sempre lucidamente
critiche verso ogni avvenimento politico, tenendo presente che Evangelo è
annuncio di libertà anche « terrena ».
Bologna
La comunità di Bologna, dopo
i fatti del 16 marzo, aveva deciso di promuovere una serie di
incontri per analizzare e discutere insieme la situazione del
paese con l’intento di non escludere dalla comunione fraterna
(e quindi dal confronto frater
no) le posizioni e le scelte che
ciascuno inevitabilmente faceva
e fa. Gli incontri serali sono
stati quattro ed hanno prodotto
tre « no » che come credenti ci
sentivamo di dire di fronte al
processo involutivo in corso nel
paese. Poi per due domeniche
sono stati coinvolti, alla fine del
culto, anche coloro che non avevano partecipato ai pur propagandati incontri serali. Nel corso di questi ultimi dibattiti sono emerse chiaramente le differenti posizioni politiche e teologiche che sovraintendono o alla
accettazione dell’attuale sistema
di democrazia capitalistica ovvero vi si oppongono. Da una
iniziale possibilità di dire una
parola unitaria di condanna del
terrorismo e della violenza si è
dovuti quindi passare al prendere atto che questo non era
possibile perché il rifiuto della
violenza voleva dire cose molto
diverse per gli uni e per gli altri.
Il gruppo Fgei, rinforzato da
tutti gli altri che sono nella linea di un impegno politico dei
credenti in senso «socialista»,
ha quindi ridefinito le proprie
motivazioni facendole precedere
ai tre « no », come è riportato
nel ’volantino’ che alleghiamo.
La situazione del paese, che la strage di via Fani, il sequestro di Aldo
Moro ed i successivi tentativi di ricatto da parte dei brigatisti rossi evidenziano in modo particolare^ è gitmta ad
una fase acuta della crisi.
Come credenti riaifermiamo che la
fede in Cristo, morto e risorto perché
è l’uomo nuovo^ deve essere vissuta
dalla parte degli oppressi e degli sfruttati. Per questo ci riconosciamo in un
progetto di vita che attui una trasformazione della società in senso socialista, il che fin da ora significa solidarietà con le masse proletarie.
II terrorismo e la pratica quotidiana della violenza da parte di gruppi
minoritari sganciati dalle masse (essi,
proprio perché sganciati dalle masse e
dalle loro lotte, trovano nella violenza
l’unica loro « identità »...) sono funzionali al mantenimento del sistema e gli
permettono di arroccarsi in senso antisocialista.
La reazione della classe dominante
si traduce, infatti, in un tentativo, ormai quasi realizzato, di far passare un
tipo di gestione del potere al di sopra
della Costituzione. La sistemazione del
potere non sembra tener più conto del
rapporto costituzionale tra governo e
opposizione, ma è al contrario alla ricerca di un consenso che coinvolga il
proletariato con la piccola e media
borghesia in un progetto interpartitico.
Chi vede i pericoli di questo progetto, chi non è d’accordo, viene non solo
criminalizzato, ma anche moralmente
linciato perché considerato complice di
disegni eversivi. Chi non accetta passivamente le risposte autoritarie e liberticide è automaticamente assimilato alle « brigate rosse » o al « partito
armato » anche quando condanna la
loro strategia politica e la loro tattica
violenta.
Difendere le istituzioni, così come
esse sono oggi configurate, non significa difendere la « democrazia », ma una sua strumentalizzazione, rinviando
così ulteriormente la trasformazione
della società italiana. Chi sembra infatti uscire vincente da questa fase
della crisi è ancora una volta la D.C.
con il suo progetto interclassista e
clientelare.
Ogni crisi può essere positiva per la
creazione di un nuovo progetto di vita se produce il «: ravvedimento », cioè
uomini nuovi che sappiano modificare
la realtà dei rapporti sociali.
Essendo impegnati, come credenti,
per la crescita dell’uomo nuovo e, come cittadini, per la costruzione del socialismo,
— rifiutiamo una posizione di condanna acritica della violenza : la gestione violenta del potere è infatti
una caratteristica costante di ogni
sistema che non sia basato sulla effettiva uguaglianza di tutti i cittadini;
— rifiutiamo di cedere al ricatto della
paura e di chiuderci nel privato:
ciò contribuirebbe a riportare il notro paese in un pessimismo sterile
e qualunquistico;
— rifiutiamo di subire passivamente la
progressiva deformazione delle possibilità democratiche in corso nel
paese, per cui il popolo, i lavoratori, le donne, i giovani, gli anziani ecc. sono sempre più tenuti lontani dalla gestione effettiva del potere.
F.G.E.I. Gruppo di Bologna
UN OCCHIO ALLA TV E UN ORECCHIO ALLA RADIO
Galli e briciole della parapsicologia
Guardando il servizio di Piero
Angela sulla parapsicologia (TV
1 - sabato 15 e 22/4) ho provato
una sgradevole impresisione. L’obiettivo evidente di 'mettere gli
ascoltatori in guardia contro la
creduloneria e la superstizione
mi è parso subito mancato.
Già Giulio Cesare, per dare ai
suoi generali maggior coraggio
ed entusiasmo, usava spargere
nascostamente briciole di pane
davanti alla sua tenda la sera
prima della progettata battaglia.
All’alba del giorno prescelto gli
àuguri portavano lì i galli sacri,
rivelatori del pensiero degli dei,
ohe precipitandosi a beccare il
terreno e non a scrutare il cielo,
davano la certezza dell’auspicio
favorevole.
Era uno di quei trucchi (usati
da sempre non solo da illusionisti e maghi ma dai più potenti ai
più miseri fra gli uomini per gabellare il 'Prossimo) che secondo
Angela sottendono tutti i feno
meni di parapsicologia. Ma per
affermare questo, egli, forse involontariamente, segue lo stesso
metodo: mostra qualche cosa (i
galli) e non tutto (le briciole).
Così parlando di fenomeni paranormali egli mostra una serie
d’interviste con persone che non
ci credono, che ammettono solo
resistenza e la verità di quello
che può essere provato material'liaente oggi con i mezzi di oggi.
Nessuna intervista con persone
ohe abbiano fatto serie esperienze medianiche e metapsichiohe
in generale e possano indicare
con quali controlli e in quali circostanze sono avvenute. Eppure
vi sono in questo campo persone
altrettanto scientificamente preparate quanto quelle intervistate. Le « apparizioni » mostrate
appaiono chiaramente dei trucchi ohe non hanno nulla a che
fare con le descrizioni dei maggiori studiosi. Uno di questi, il
Richet, Nobél per la medicina
nel 1909 (A. non dice che fu per
la medicina e pronuncia erroneamente Nòbel) descrive in un famoso trattato diecine e diecine
di esperienze non sospettabili di
trucco, ma il nostro cita un unico caso in cui Richet fu ingannato.
Passando ai guaritori Angela
prospetta la tesi che; se esiste
un fluido dovrebb’essere rintracciabile con fotografia o altrimenti. Ammette che stati d’animo negativi (generalmente indotti da
fatti esterni) possono determinare malattie, come l’ulcera, ma
non ohe, qualora uno stato d’animo positivo determini il regresso di una malattia, ciò possa
mai essere indotto da un fatto
esterno come l’azione di un guaritore. E ovviamente non intervista nessun guaritore. Sottolinea l’infiuenza del « placebo »,
cioè sostanzialmente deH’inganno, lascia in ombra quella della
forza d’animo, deH’ottimismo,
dello spirito. Perfino quando parla deirindia menziona solo gli
aghi, le spade, il fuoco e non dice una parola su fenomeni come
le estasi e altri di diversa natura.
Per terminare, l’offerta di 10
mila dollari contro un « miracolo » suggella l’impressione che
p>er il nostro di vero esiste solo
l’inganno. Lo spirito, la fede nelle loro possibilità positive non
esistono. Così lungi dall’offrire
mezzi di riflessione per distinguere la verità dall’inganno, la
superstizione dalla fede, il servizio televisivo non contribuisce
affatto (e lo confermano le molte reazioni apparse sulla stampa)
a diminuire il boom di cui purtroppo immeritatamente godono
maghi, veggenti, cartomanti e
sonnambule, dovuto alPincertezza e all’oscurità dei nostri tempi.
G. A. Comba
Pensare
TRIBUNA LIBERA è pericoloso
Parlando di fede Baha’i
Il vostro settimanale ha dedicato in
data 14 aprile una pagina intiera alla
Fede Baha’i, mi compiaccio che anche
i Protestanti, neH’attuale clima di apertura, si occupino di tale religione. Come Baha’i ho un debito di gratitudine
verso il protestantesimo, che rappresenta un’importante tappa del mio
cammino spirituale.
Certo, l’articolo della Signora Pascal sarebbe risultato ugualmente interessante se Lei avesse riportato quello
che aveva letto, sentito e visto senza
aggiungere un commento che rivela
una certa prevenzione mentale nei nostri confronti ed è quindi di validità
relativa.
Purtroppo lo spazio non mi consente
di mettere a fuoco tutti i punti che
vengono toccati. Vediamone solo alcuni.
Noto per prima cosa che Lietta Pascal dà risalto negativo alla presenza
di stranieri, di « orientali » in particolare, alla riunione svoltasi al Centro
Baha’i. Può darsi che quella sera ci
fosse stata più larga partecipazione del
solito da parte loro, comunque noi tro
viamo bello questo aspetto visibile di
internazionalismo della nostra Fede; e
poi Cristo non era anch’Egli un orientale?
Più avanti ai Baha’i viene rimproverata una buona dose di presunzione e
di assolutismo, perché dicono che la
loro è la religione concepita per la nuova era in cui siamo entrati. L’errore è
di credere che questa affermazione sia
fatta ad esclusione delle verità raggiunte dalle altre religioni, che si debbano
rinnegare le Rivelazioni passate per accettarne una nuova. Qui i Baha’i non
si stancano mai di ripetere il discorso
sulla evoluzione progressiva delle religioni, che rappresentano gli aspetti diversi assunti nei tempi dall’unica religione dell’unico Dio. Se si riesce ad
arrivare ad una visione che abbracci
questo piano di Dio nel suo insieme,
allo stesso modo che già la maggior
parte dei Cristiani riesce a vedere
l’Antico e il Nuovo Testamento come
due momenti diversi di un unico processo storico, allora si intuisce anche
l’unità dei Messaggeri di Dio, si riconosce la stessa luce brillare in lampade diverse. Da questa visione di insieme si scorgono le differenze fra le varie religioni eome fattori contingenti,
relativi ad un dato ambiente sociale ed
a una data epoca; mentre permane
inalterata la base spirituale comune a
tutte le religioni. Noi ripetiamo questo discorso anche a rischio di diventare monotoni, primo -perché vediamo
quanto Thabitus mentis generale ne
ostacoli la comprensione, secondo, perché troviamo in esso la soluzione del
problema ecumenico. Se vogliamo,
quindi. Faccettare Baha’u’llah come
l’ultima Manifestazione di Dio in ordine di tempo e come Medico divino
per i mali di oggi è una conseguenza
dell’idea di progressività e di evoluzione. La Fede Baha’i non porta avanti verità assolute, perché il principio
della relatività vi è dominante. A una
adesione a livello razionale (indispensabile perché si risolvano in modo durevole i conflitti e i problemi) deve
far seguito un’adesione per fede e, se
questa si verifica, è degna di rispetto
in ogni caso. Ora, può sconcertare lo
annuncio di un ritorno di Cristo, pur
tanto atteso: chi reagisce dando una
scrollata di spalle e magari liquidando
la cosa col termine « fanatismo », chi
ne rimane folgorato e chi si mette sulla strada di una paziente ricerca (questo è stato il mio caso).
Ecco, l’annuu^o. E qui arriviamo
ad un’altra accusa, quella di « proselitismo ». Debbo precisare che per noi
Baha’i si tratta di far partecipi gli altri di una « scoperta », per così dire,
che non abbiamo il diritto di tenerci
tutta per noi. Rispondiamo a chi ci
interroga, ma evitiamo di porgere da
bere a chi non ha sete. Diamo il nostro apporto, comunque vada, alla rigenerazione del mondo e in questo ci
sentiamo alleati a tutti quelli che lavorano in questo senso. Pensiamo poi
al Cristianesimo : in esso l’invito al
proselitismo è esplicito « Andate dunque e rendete miei discepoli tutti i popoli » (Matteo 28: 19). È ben di più
che un semplice annuncio. E poi forse
che i preti e i pastori, quando invitano
ad essere impegnati, a portare la propria fede fra quelli che non l’hanno,
non incitano a fare del proselitismo?
Passiamo ad altro, tralasciando il discorso sulle profezie, troppo lungo.
« Vecchio mondo » non è un’espressione usata soltanto dai Baha’i : è sulla
bocca di tutti coloro che vedono con
occhio aperto e critico la realtà odierna, che vogliono opporre valori sostanziali al « farisaismo » passato, che sentono il fermento di una vita nuova
protesa verso il futuro, mentre si stanno disfacendo istituzioni ormai prive
di vita. Lietta Pascal ritorce l’accusa
di « vecchiaia » su di noi; ma che
cosa le fa pensare che la Fede Baha’i
è più « vecchia » del Cristianesimo?
Di certo non i suoi principi, dal momento che, per riportarli incorniciati
in fondo alla pagina, deve averli almeno letti. Devono esserle sembrate anacronistiche certe norme che seguono i
Baha’i : un digiuno prescritto, come
nella maggioranza delle religioni, quale efllcaco-mezzo di elevazione spirituale (e chi lo farebbe più?), l’obbligo, relativo, di certe preghiere (e chi più
prega nel mondo frettoloso di oggi?),
quel nostro voler sacralizzare un po’
tutto dal lavoro all’educazione dei
bambini (quanto è cara l’idea di separazione a camere-stagno del sacro e
del profano!). Per sentire una religione « moderna », la si vorrebbe forse libera da ogni legge, il più possibile indulgente alle debolezze umane? L’uomo si realizza pienamente proprio all’interno di certi precetti, perché essi
sono stati concepiti per aiutarlo a tale scopo. La grande saggezza racchiusa nei Libri sacri si scopre a poco a
poco e d’altra parte il nostro giudizio
è sempre dato con un’angolatura ristretta: Chi ha concepito le Leggi ha
ora tenuto presente l’interesse di una
intiera umanità.
Miranda Margary
(segue da pag. 1)
Si direbbe che pensare con la
propria testa sia sempre più pericoloso nella RPT: si dice che
il servizio di sicurezza abbia
ormai schedato su calcolatore
elettronico oltre un milione e
mezzo di cittadini.
Sul 4° punto, quello del Berufsverbot totale, riguardante
cioè anche cariche non pubbliche e statali, il tribunale si è riservato di dare una risposta,
dopo aver raccolto una maggiore documentazione, nel gennaio 1979.
Di fatto, però, contrariamente a quanto afferma il governo
tedesco, esistono già dei casi di
questo genere. Ad esempio, per
fare l’insegnante in una scuola
della Chiesa Evangelica, occorre l’abilltaàione statale. In questo modo è chiaro a tutti che
lo stato ha la possibilità di controllare, con il Berufsverbot, anche questo campo, come molti
altri.
(3i auguriamo quindi che il
Tribunale Rüssel possa condurre in questo anno una ricerca
seria e approfondita e che nella prossima sezione si arrivi ad
una presa di posizione chiara
anche in questo campo, non per
condannare o per assolvere —
non è questo il compito di un
tribunale senza potere — ma
per esprimere Finequivocabile
volontà dell’opinione pubblica
democratica di tutti i paesi di
porre fine a questa (come anche ad altre) violazione dei più
elementari diritti di espressione
e di libertà dell’uomo.
Marco Davite
3
5 maggio 1978
DUE SEMINARI ORGANIZZATI A VALLECROSIA E A BARI
Vita della Federazione
Radio locali
Due interessanti incontri promossi dalla Federazione delle
Chiese Evangeliche Italiane si
sono svolti recentemente, a Vallecrosia e a Bari.
Esame delia TILC
A Vallecrosia si sono trovati
per l’8 e il 9 aprile alcuni fratelli interessati al problema delle traduzioni bibliche, e in particolare alla ultima traduzione
comparsa in lingua italiana,
quella « in lingua corrente »,
promossa congiuntamente dalla
Alleanza Biblica Universale e
dalla LDC (protestanti e cattolici), traduzione condotta secondo il metodo delle « equivalenze
dinamiche ».
La relazione introduttiva, a
cura del pastore Paolo Spanu,
della Chiesa Battista, ha sottolineato la dialettica che c’è in
ogni traduzione, inevitabilmente
un tradimento deU’originale, ma
anche inevitabile tentativo di
esprimere in termini razionali e
comprensibili il messaggio alla
gente. La traduzione non è solo
una necessità pratica, ma anche
una necessità teologica. Se non
si traduce, si tradisce il messaggio, si disattende il senso profondo deH’incarnazione ; lo hanno avvertito gli scrittori neotestamentari, « traducendo » in
greco, nella lingua franca dell’epoca, le parole di Gesù; l’ha
avvertito la prima Riforma,
quando Valdo non s’è limitato
a dare i suoi beni ai poveri, ma
li ha usati per tradurre in volgare porzioni del Vangelo ; l’ha
avvertito la seconda Riforma,
quando ha dato a vari popoli
non solo una traduzione adeguata delle scritture, ma, spesso,
ha addirittura dato dignità linguistica a lingue appena sorte,
per poter esprimere al popolo,
nel suo linguaggio, il messaggio
evangelico.
Ogni nuova traduzione incoraggia i credenti ad usare spirito critico, a confrontare più di
una traduzione per comprendere la Parola di Dio, incoraggia
ogni nuova generazione a trovarsi una sua propria traduzione del testo biblico, per creare
un’eco alla sola Parola di Dio.
Attenzione
ai missionari!
Nel n. 10 dell’Eco-Luce, una
intera pagina dedicata a r Moon,
il ’Messia’ che viene daH’Oriente », ne ha esposto idee e metodi. Mancava una indicazione
pratica, e cioè che la setta di
Moon ha aperto uffici «missionari» a Torino, Bergamo, Milano, Padova, Genova, Firenze,
Roma, Napoli e Catania.
È opportuno che i lettori de
« L’Eco-Luce » lo sappiano, perché è probabile che ricevano la
visita di qualche missionario.
Questo è già accaduto a Torre
Penice la scorsa settimana quando appunto un sig. Jean Paul,
presentatosi come missionario
di una comunità ecumenica, ha
esposto alle persone che visitava come quella attività fosse indirizzata aH’unità della Chiesa
e pertanto a favore di tutte le
chiese. Il missionario concludeva il suo esposto dicendo che,
per tale opera (che includeva la
lotta al comunismo, nemico della religione) occorrono dei mezzi e che lo scopo della sua visita era di raccoglierne.
Dato quanto già esposto da
questo giornale nel numero citato, è inutile riferire sui particolari della conversazione che
ha fatto seguito e che si è conclusa con una domanda rivolta al
missionario dai suoi interlocutori. In sostanza questi, rilevando
come anche la Chiesa Valdese
fosse missionaria e molto piccola e povera nei confronti della « Unification Church » del signor Moon, hanno chiesto se
non sarebbe possibile ottenere
dal sig. Moon una consistente
donazione per la Chiesa Valdese che pure lavora ih
ecumenico partecipando al CEC.
Non c’è stata risposta. U sig.
Jean Paul, francese, cattolico,
che parla l’italiano abbastanza
male, si è ritirato sorridente.
G.B-*-'.
La TILC ha certo dei difetti, ma
raggiunge lo scopo di rendere
piacevole e accessibile a molti
la lettura della Parola di Dio:
è un contributo apprezzabile, da
non trascurare anche se da vivere criticamente.
Ha quindi presentato la nuova traduzione il pastore Renzo
Bertalot, responsabile per litaba dell’Alleanza Biblica Universale. Non si è trattato di un discorso teorico, ideologico; si è
trattato di una spiegazione ampia, esauriente, dei criteri utilizzati per la traduzione, con dovizia di esempi e di spiegazioni
concrete. Il sistema adottato,
non consiste in una « traduzione
a senso », empirica, ma in uno
studiato sistema, scientifico nei
suoi presupposti essenziali, consistente nel ridurre ogni frase
dell’originale alle « frasi nocciolo » essenziali, e a riportare nella lingua nostra non tanto le
singole parole, quanto tutte le
informazioni (non di più e non
di meno), che il testo originale
dava ai primi ascoltatori.
Di profondo interesse anche
la problematica relativa al destinatario della nuova traduzione: l’uomo ohe non va in chiesa, che ha una cultura media,
che non ha particolari interessi
di fede, ma che non deve essere
scoraggiato dalla lettura di un
testo che non è stato scritto per
l’uso esclusivo di gente religiosa.
La relazione del pastore Mario Affuso, della Chiesa- Apostolica, ha infine portato una voce
non pregiudizialmente critica,
ma sufficientemente disincantata per poter porre l’accento su
taluni difetti che la nuova traduzione può avere, al di là delle
intenzioni dei traduttori. La nuova traduzione, per gli stessi criteri scientifici che adotta, tende
Una mozione
sul Concordato
al Congresso FNISM
a « saltare » la storia dell’interpretazione, dell’esegesi dei singoli passi; rischia perciò di essere in qualche modo « ingenua », disarmata, e se questo
rappresenta un indubbio vantaggio per la comprensibilità
della traduzione, e per l’abbandono di polemiche « vecchie »
sulla «Bibbia cattolica» e la
« Bibbia protestante », rischia
tuttavia di non affrontare sufficientemente un confronto confessionale che invece è sempre
estremamente necessario.
In modo particolare il pastore Affuso si è soffermato sulla
traduzione del controverso passo di Matteo 16: 18, sottolineando il ruolo che in questo passo
ha la rivelazione divina, insufficientemente reso dalla traduzione TILC, che pare semplicemente esprimere un dato di fatto,
senza dare il dovuto rilievo alla proclamazione che, sul ruolo
di Pietro, Gesù fa, e che non
nasce dalla umanità di Pietro,
ma appunto dalla rivelazione
divina.
Il secondo incontro, s’è avuto
a Bari, il 23 aprile.
Anche qui, tre le relazioni.
Una più particolarmente tecnica, a cura del pastore Stanley
Crabb, sul problema della partecipazione evangelica a programmi delle radio libere. Il pastore Aldo Comba ha tenuto
una relazione sul tema « come
parlare alla radio », centrato sulla domanda reale che vien dalla gente, sull’uso dei mezzi proposti, sulla posta in gioco. Infine, una mia relazione ha cacato di portare il discorso sui destinatari del messaggio; se la
parola parlata di Gesù s’è rivolta a pubblicani e peccatori, e
quella scritta dei riformatori a
principi, borghesi e contadini, a
chi si rivolgerà la nostra predicazione attraverso i mass media?
Questo incontro, preceduto da
altri sullo stesso tema, sia a livello regionale, sia in ambito
battista, promossi dallo stesso
pastore Crabb, avrà una continuazione in un incontro previsto
per il 34 giugno a Ecumene: i
gruppi che già trasmettono (radio e televisioni libere, programmi dell’accesso), potranno utilmente confrontarsi ancora in
questa data.
Concludendo, vorrei sottolineare una caratteristica comune
ai due incontri. Coerentemente
con la sua funzione di « servizio » reso alle chiese, la FCEI
tende più a promuovere incontri di lavoro che non assemblee
di parata. Si è trattato, nei due
casi, più di « seminari » che di
convegni. Questa linea, a mio
avviso, dovrà continuare. Persone realmente interessate ai problemi che si dibattono (non necessariamente dei « tecnici », ma
gente che vuol capire il perché
delle cose) sono disposte a usare uno, due giorni per lavorare,
attivamente, e non solo per
ascoltare.
Un’altra caratteristica comune ai due incontri, e di nuovo
non casuale, è stato il rapporto
con le comunità locali. Il culto
domenicale è stato presieduto a
Vallecrosia dal pastore Paolo
Spanu, e a Bari dal pastore Aldo Comba; ma, soprattutto, a
pastori e comunità locali ci si
è riferiti come ai primi e naturali interlocutori; forse è ovvio
che sia cosi, ma l’esperienza ci
insegna che non sempre quello
che è ovvio è anche praticato :
se invece la FCEI ha una funzione, è esattamente nei confronti delle comunità della nostra
diaspora italiana ; e questo s’è
cercato di viverlo in questi due
incontri.
Sergio Ribet
Protestantesimo
Corali delle
Valli in TV
Apprendiamo che contrariamente a quanto annunciato nella circolare
delle Chiese delle Valli, la
trasmissione di « Protestantesimo » sulle Corali
delle Valli non andrà in
onda lunedì 15 maggio
bensì lunedì 29 maggio.
Un filippino a Genova
Raccolto nei suoi pensieri e
nella preghiera un marittimo
filippino s’avvia una domenica
mattina di febbraio alla ricerca
d’una comunità evangelica ; il
suo primo desiderio non è la visita turistica alla città ma l’incontro di credenti per gioire nella comunione fraterna. Qualcuno gli indica la chiesa valdese
di Sampierdarena ; vi è accolto
con molto affetto e cost pure in
quella metodista di Sestri e nella comunità delle assemblee di
Dio di Paolo Arcangeli. Per alcune domeniche e in settimana
Juanito Sánchez testimonia, predica in queste chiese ed ha incontri preziosi con persone in
ricerca spirituale.
Nei giorni 23-25 aprile si è
svolto a Rimini il 23° Congresso
Nazionale della FNISM (la più
antica associazione professionale laica degli insegnanti delle
Scuole Medie, fondata nel 1902
da Salvemini, Kirner e Mondolfo) su un tema di vitale importanza : L’associazionismo professionale in campo educativo.
Dop)0 le tre relazioni dei
professori A. Visalberghi, G.
Tramarono e D. Izzo ed un vivace dibattito, è stata approvata la mozione finale che ribadisce tra i fini principali della Federazione : la difesa della scuola
pubblica, la cultura laica e la
dignità professionale degli insegnanti ed apre per la prima volta l’associazione agli insegnanti
delle scuole di ogni ordine e grado, dalla Materna all’Università,
mentre finora ne hanno fatto
parte soltanto i professori delle
Scuole Medie.
Nella linea della sua concezione laica della società, in chiusura di congresso, l’assemblea
ha approvato il seguente ordine
del giorno :
Il 23° Congresso nazionale
della F.N.I.S.M. — Federazione
professionale italiana dei docenti — sollecita vivamente il Parlamento e il Governo della Repubblica a promuovere in tutte
le sedi le iniziative opportune
per realizzare il superamento del
Concordato quale forma dì disciplina giuridico-costituzìonale
dei rapporti fra Stato e Chiesa.
Folgorato
dallo Spirito
Il nostro filippino è un « nato
di nuovo » nel suo senso più
profondo; il suo passato è desolante: fedina penale macchiata, adultero, mafioso, ricettatore e la lista delle sue malefatte
è piuttosto lunga; la madre non
si stanca di pregare di fronte
ad un figlio cos’, scombinato.
Un giorno dice a Juanito : oggi
pomeriggio c’è un’adunanza sotto la tenda; vorrei andarci ma
non da sola; accompagnami. Il
nostro acconsente per far piacere alla mamma. Nel corso della
adunanza Juanito è letteralmente folgorato nel suo Spirito e
decide di consacrare la sua vita
a Gesù Cristo. Le preghiere della mamma sono esaudite.
Juanito aveva conseguito, a
suo tempo, il grado di ufficiale
di marina mercantile ed ora che
è stato afferrato dalla Grazia di
Dio si dà interamente allo studio biblico e diventa Pastore
della comunità delle Assemblee
di Dio. Le difficoltà economiche
della famiglia lo costringono
purtroppo a sospendere la sua
attività pastorale, per un periodo di tre anni, durante i quali
riprende la vita a bordo d’una
nave mercantile. Domando all’amico Sánchez come vede la
sua nuova esperienza; la sua risposta è immediata : « sono sempre al servizio del mio Signore ».
Infatti nonostante le difficoltà
della lin^a ha fatto conoscere
Gesù Cristo a quelli dell’equipaggio ed un suo collega si è
convertito di recente.
Messaggio
per il presente
Una domenica mattina Juanito ci ha parlato della fame nel
mondo richiamandosi al testo
dell’apocalisse 6: 5-6 e al cavallo nero, simbolo della carestia.
Dopo aver descritto un quadro
completo della situazione nel
mondo e del suo paese egli ha
ricordato che la vera causa non
è soltanto di natura politico-sociale ma di natura più profonda: e cioè l’abbandono di Dio
da parte dell’uomo; la creatura
si è ribellata sia opprimendo il
più debole sia innalzandosi e
sostituendosi a Dio nei regimi
più diversi, immemore del ri-.,
chiamo profetico : « ...ma voi
non siete tornati a me, dice l’Eterno... ».
Siepi troppo alte
Juanito Sanchez ha dato la sua
testimonianza nelle chiese tradizionali e nella dinamica ed entusiasta chiesa' delle assemblee
di Dio alle quali egli appartiene.
Non si è posto problemi di denominazioni perché si è lasciato guidare interamente dallo
Spirito di Dio. È interessante ricordare quanto ci ha detto in
riferimento ai rapporti tra le
chiese evangeliche : alle chiese
tradizionali, nel caso specifico,
la metodista e valdese ha detto :
« Non chiudetevi nei ricordi del
vostro passato crucciandovi per
la crisi numerica e soprattutto
per la scarsa e timida testimonianza all’esterno; voi avete una
grande certezza: la preghiera allo Spirito Santo mediante il
quale Dio apre una porta alla
Parola per annunziare il mistero di Cristo...». L’amico filippino ha ragione: ci curviamo su
noi stessi, incapaci talvolta di
« rispondere della Speranza che
abbiamo ricevuta » nella scuola,
negli uffici o nelle fabbriche,
condizionati dalle ideologie o
dalla nostra paralisi interiore.
Alle chiese più giovani e più
entusiaste ha detto : voi siete
ricchi di doni perché il Signore
vi ha ricolmato di benedizioni;
ricordatevi però di non perdere
contatto con le altre chiese spiritualmente più povere; da buon
orientale ha spiegato il pensiero
con un’immagine ed ha detto:
«nel mio paese nel tempo passato le case erano separate, specie in campagna, da ima siepe
molto bassa in modo che le persone potevano comunicare e
scambiarsi qualche pensiero ;
oggi invece gli abitanti lasciano
crescere le siepi in misura tale
da non permettere più nessuna
comunicazione neppure lo scambio d’un saluto... immemori che
in Cristo ogni siepe ed ogni muro di separazione sono stati abbattuti... ».
L’amico filippino ha lasciato
Genova dopo aver gettato un
buon seme nel cuore di molti;
prima della partenza sono andato a salutarlo e per l’occasione mi ha presentato al capitano; nello scambio dei saluti il
comandante mi ha detto: quell’uomo — alludendo a Juanito —
è un uomo forte. Sembrava che
facesse dell’ironia essendo il filippino magrissimo e apparentemente gracile... Il capitano
ateo scopriva in lui una forza
che Juanito aveva un giorno ricevuto da Colui che lo aveva potentemente fortificato.
Gustavo Bouchard
La violenza
(segue da pag. 1)
za su se stessi. La storia di Achab
non è solo la storia del suo delitto, ma anche la storia del suo
ravvedimento. Al profeta Elia
che viene ad annunciargli il giudizio, Achab non oppone una maschera, una difesa, ma pronuncia
una parola che svela il travaglio
interiore che lo ha roso e che è
già un'ammissione: « M'hai tu
trovato, nemico mio? ». E dopo
le parole di Elia, il riconoscimento del proprio peccato si rende
esplicito e pubblico. Tutto questo non va da sé, non avviene
sènza sofferenza, perché riconoscere il proprio peccato richiede
una sorta di violenza su se stessi, un forzare se stessi al di là
del proprio istinto di conservazione, un vincere la paura di perdersi in questo riconoscimento.
Così, come evangelici, di fronte alla situazione attuale, dovremo forse ammettere di aver
spesso mancato di prendere chiaramente posizione contro gli abusi del potere, come singoli e
come comunità; di esserci accontentati di badare con la minore
disonestà possibile alla nostra
situazione personale e familiare;
di aver magari razzolato sulle
briciole del potere altrui; di esserci stancati di annunciare in
mezzo al nostro popolo il giudizio e la grazia di Dio vivendone
la realtà nella nostra vita; di esserci assicurati una posizione di
purezza e di giustizia mediante
una opposizione permanente al
potere costituito; o di altro ancora. E se la nostra ammissione
sarà qualcosa di più che parole,
se comporterà l'esigenza di cambiare, modificare, contraddire, allora ciò non avverrà senza una
dolorosa violenza su noi stessi.
Ma c'è chi avrà pur da riconoscere responsabilità ben più gravi e dirette delle nostre! Niente
di più probabile. Ma se ognuno
guarda a chi gli sta davanti nella fila, troverà sempre chi deve
muoversi prima di lui; e rimarremo fermi. La fila non la farà
muovere né un voto, né una legge, né una violenza di pretesa
mobilitazione, né una violenza di
repressione, ma solo la violenza
su se stessi di uomini che siano
disposti a battersi per un cambiamento che li coinvolga in prima persona nel loro ambito personale oltre che nelle strutture
della società.
Questo è ancora il tempo in
cui questa violenza su se stessi
può essere esercitata. Ma se lo
lasceremo passare, come potremo evitare che giunga il tempo
annunciato da Elia ad Achab?
« Ecco, io ti farò venire addosso
la sciagura, ti spazzerò via... ».
Franco Giampiccoli
4
4
5 maggio 1978
UNA BELLA ANTOLOGIA SUGLI ERETICI MEDIOEVALI CURATA DA G. GÖNNET
Perchè sfidano il potere?
G. Gönnet non ha bisogno di
presentazione sul nostro giornale. Collaboratore sin dagli anni
giovanili, i suoi articoli, dallo stile semplice e diretto, compaiono
tuttora sulle nostre colonne a
stimolare la riflessione non solo
in campo storico ma anche su
problemi di attualità. Il suo nome però è ormài legato al valdismo medievale, campo di studi
dove ha acquistato una competenza ed un prestigio via via crescenti. Il volume ohe presentiamo oggi si colloca appunto in
questo settore di ricerca.
Il volume di quasi 300 pagine
appartiene ad ima collana di 40
titoli dedicata agli studenti delle
scuole superiori secondo una formula già collaudata e risultata
felice, quella di una antologia di
testi su un problema specifico di
carattere storico o culturale, affidata ad un competente.
Il problema che qui viene dibattuto è appunto uno di quelli
che continuano a riproporsi in
forma sempre nuova ma senza
trovare soluzioni soddisfacenti e
restano pertanto aperti nella storia medievale. All’inizio dell’anno
Mille appare in Europa una serie di focolai di contestazione
alla realtà ecclesiastica dominante, sorgono in luoghi molto lon
tani gli uni dagli altri dall’Italia
settentrionale alla Borgogna, per
opera di laici o di chierici e, pur
seguendo strade diverse e motivazioni proprie, sfociano spesso
in movimenti popolari di protesta.
Come sorgono questi movimenti? È la prima domanda;
haimo radici in eresie più antiche o in movimenti di poco anteriori presenti in Oriente o sono
manifestazioni del tutto spontanee? Rispondere in un modo o
in un altro significa dare una impostazione molto diversa al fenomeno; è evidente infatti che
se i movimenti di protesta medievali sono semplicemente rinascita di vecchie dissidenze sono
dei fenomeni di devianza tradizionalmente inquadrabili, se invece nascono per esigenze nuove, originali, connesse con la società medievale significa che la
cristianità di quei secoli ha portato in sé fenomeni di crisi.
Quali fenomeni? Questa è l’altra domanda. Le dissidenze nascono per motivazioni religiose,
spirituali o per protesta sociale
o per entrambe le esigenze? Quegli uomini che sfidano l’istituzione sono mossi dal desiderio di
fedeltà evangelica o da una istintiva, e non ancora cosciente, rivolta contro la struttura sociale
del potere religioso-feudale oppressivo?
Ed infine perché la spinta contestatrice del movimento popolare medievale si placa e scompare verso la fine del XIV secolo? Il messaggio e le esigenze di
questi uomini e di questi gruppi
saranno riprese dai grandi movimenti di Wiclif e ä Hus nel
primo ’400 ma si tratta di altra
cosa.
In questa serie di problemi
trova naturalmente il suo posto
la vicenda valdese, l’unica, come
sottolinea opportunamente il
Gönnet, che accompagna tutti
questi fenomeni ma sopravvive
ad essi; il movimento valdese,
trasformato e rinnovato, sopravvive infatti alla crisi dei movimenti medievali pur restando
popolare e pur mantenendo contatti stretti e spesso confusi con
le correnti più varie dell’eterodossia.
A questa serie di interrogativi
complessi e controversi il Gönnet non pretende ovviamente dare risposte risolutive, rende però
ai lettori un servizio maggiore
introducendo la questione e fornendo il materiale attualmente
sul tappeto. Nelle pagine deH’introduzione mette in luce lo stato della questione e l’evoluzione
della ricerca compiuta negli ulti
mi decenni; nelle fonti cita tutti
i pareri degli studiosi interessatisi al problema. Ad evitare equivoci dobbiamo infatti dire che
la serie in questione non è una
raccolta di fonti ma di testi critici e questo vale logicamente anche nel caso nostro. Dal Tocco
al Volpe dal Morghen al Manselli dal Grundmann al Dupré (per
non citare che i maggiori) e sino
ai giorni nostri è una varietà singolare di pareri e di ipotesi ohè
ci si presenta dinnanzi agli occhi
ma raccolta, organica, coerente
come certe sale di musei dove
gli artisti, messi a confronto,
(sembrano dialogare fra loro.
In questa capacità di scelta e
di inquadramento dei testi, che
già si era rivelata nell’Enchiridion Fontium (di cui aspettiamo
ancora con impazienza il II volume!) il Gönnet ha dato il meglio della sua erudizione e della
sua sagacia. Nel guidare lo studente nella selva fitta e spesso
oscura della storiografia non è
secondo a nessuno storico di nostra conoscenza. Non ci resta
ohe augurarci che siano molti coloro che si valgono della sua guida per ripercorrere il cammino
appassionante percorso da tanti
oscuri credenti nel lontano Medio Evo.
Giorgio Tourn
G. Gönnet, Le eresie e i movimenti
popolari nel Basso Medioevo, Secondo Millennio, problemi di storia n.
2, G. D.Anna, L. 2.000.
OGGI VI SEGNALIAMO...
Credenti
marxisti
si interrogano
sul senso
del peccato
Ha ancora senso parlare di
peccato? Una risposta a questa
domanda richiede due definizioni; quella di peccato e quella di
peccatore. È la strada che Barbero segue nel tracciare il suo
libro, ma lo scopo che si propone nel redigerlo non è tanto dare una risposta al quesito «peccato » quanto piuttosto porre
uno stimolo alla ricerca individuale o comunitaria di nuovi significati di questo.
Da questo proposito nascono
i numerosi richiami alla Bibbia
e ad altri testi.
« Peccato » è anteporre o uguagliare a Dio qualche altra cosa,
qualunque essa sia; la fede politica («per noi compagni... la
politica non deve diventare
Dio»); il «sistema» («il capitalismo... è « la bestia » che sorge
dal mare e vuole essere adorata»), una persona, fosse anche
un apostolo, un Dio forgiato da
noi...
« Peccato » è dimenticare Dio,
credere di non averne bisogno,
di essere autosufficienti, ridurlo
a qualcosa di cui siamo in grado di prevedere tutto, rinchiuderlo in un libro credendo di
possederlo unicamente attraverso la conoscenza. La fede è dono spirituale di Dio, Dio è ricerca continua che non va abbandonata.
« Peccato » è scegliere la strada del Signore e abbandonarla
quando ci viene posta sulle spalle la croce.
« Peccato » è non annunciare
la « buona notizia » di Gesù o
vergognarsi del Signore.
« Peccato » è rifiutare la possibilità di diverse interpretazioni delle scritture. Mi ha stupito
l’assenza di un’analisi del «peccato verso il prossimo », ma forse questo non era lo scopo dell’autore che, almeno in questo
testo, si attiene al peccato verso Dio.
Comunque occorre prendere
coscienza del fatto di essere
peccatori, solo cosi, l’invocazione « rimetti a noi i nostri debiti
come noi li rimettiamo ai nostri
debitori » cesserà di essere un
vuoto movimento delle labbra.
« Guarda bene che non ti capiti di aspirare a tale perfezione che tu non voglia più crederti, anzi essere, un peccatore.
Cristo infatti non abita se non
nei peccatori» (Lutero).
Giovanna Paltrinieri
Franco Barbero, Diventati Marxisti,
ha ancora senso parlare di peccato?.
Ed. Lanterna, L. 1.500.
Le comunità
di base
si riprendono
la Paiola
di Dio
Il seminario biblico tenutosi
a Milano tra il 23 e il 24 ottobre 1976 è stato un momento significativo per le C. di B. nonostante la stampa cattolica lo abbia di proposito ignorato. Circa seicento esponenti delle C. di
B. haimo discusso sul tema:
« Riappropriazione della Parola
di Dio e motivazioni, prassi e
prospettive che Essa ha nell’attuale momento storico ». I vari
gruppi hanno potuto confrontare le loro esperienze di lettura
biblica all’interno di comunità
spesso impreparate e agitate da
una grave tensione politico-sociale. La Bibbia ha assunto qui
un valore di scottante attualità:
voce di liberazione e di riscatto della classe operaia. Non sono state poche le difficoltà incontrate in un ambiente ancora
soggetto all’autorità della Chiesa Cattolica. La religione ha finito di essere «l’oppio dei popoli», è pertanto giusto che sia
la gente comune a riappropriarsi di un messaggio che le è diretto. Si è avvertita infatti la
necessità di abolire il filtro della gerarchia ecclesiastica che
fornisce im’interpretazione distorta e tendenziosa. Secondo i
partecipanti è necessario deideologizzare la Bibbia, levarle quell’alone di sacralità e di mito
grazie al quale la Chiesa Ufficiale ha cercato di smorzare la forza rivoluzionaria del Messaggio.
Bisogna però fare attenzione a
non imbrigliarlo in una nuova
ideologia! E indispensabile che
quest’opera di deideologizzazione marci di pari passo con l’ap
profondimento dei testi biblici,
con la loro analisi storica e la
loro attualizzazione mediante un
continuo confronto tra la Parola di Dio e la realtà in cui viviamo e le sue lotte.
Possedendo gli strumenti per
una lettura storicistica della
Bibbia che non voglia quindi né
astrarre il messaggio né presentarlo solo alla luce delle vicende odierne, impareremo a farci
interrogare e coinvolgere dalla
Parola. Da un’analisi attenta è
poi emerso come soprattutto
nelle grandi città, la religione
sia vissuta ancora come qualche cosa di oppressivo. Il ruolo
delle C. di B. consiste nel tutelare il diritto alla conoscenza
della Bibbia dei più indifesi culturalmente. Già da tempo la
Chiesa sta cercando di smussare gli spigoli più acuti del mondo cattolico e di impedire ogni
sorta di divergenza ideologica.
Ma non sarà certo questo obbligo all’obbedienza passiva a stimolare la fede. Le C. di B. cercano invece nel loro costante rifarsi alla Parola di Dio non soluzioni e risposte ai loro problemi ma piuttosto un invito
alla ricerca della autenticità
dell’uomo nella sua corsa alla
liberazione. Come Valdesi non
possiamo che apprezzare questi
sforzi e condividere il profondo
sdegno per i tentativi di oppressione della Chiesa cattolica, anche se forse a motivo della nostra lunga tradizione di lettura
e di confronto, noi siamo più
portati ad intellettualizzare il
Messaggio.
Anna Alberghi na
Bibbia e comunità di base, atti del seminario biblico nazionale, Milano
23-24 ottobre 1976, Cooperativa Edizioni Tempi di Fraternità, L. 2.000,
pp. 183.
E' possibile
riformare
la chiesa
mantenendo
il sacerdozio?
« Al centro (della pratica penitenziale cristiana) non sta né
il nostro peccato, né il potere
della Chiesa, né la buona confessione; Gesù ha incentrato il
suo annuncio sulla figura del
Padre che è Dio costitutivamente perdonante ». Per poter capire come un’affermazione di questo genere costituisca una scoperta e un « porsi in una ottica
profondamente diversa», rispetto alla fede tradizionale, è necessario considerare da dove proviene: da un credente cattolico che
ha alle spalle unà Chiesa autoritaria, preoccupata solo della
sua conservazione come istituzione, che da sempre si arroga
il diritto di gestire la fede dei
singoli secondo schemi rigidi e
continuamente rafforzati. Mi
sembra quindi un segno positivo che all’interno del mondo
cattolico ci siano dei credenti
impegnati a riscoprire la propria fede e viverla secondo forme nuove, adeguate a uomini
del XX secolo inseriti in un preciso - contesto storico. ' Queste
persone sentono il bisogno di
organizzarsi in modo da avere
una vita comunitaria più ricca e
non più legata a riti sterili ed
esteriori. Per questo l’autore
pone la propria opera come
semplice contributo, non opera
compiuta, per le comunità di
base nel loro tentativo di crearsi una nuova realtà ecclesiale al
cui centro non ci sia più il prete da solo. L’autore, in questo
libro, studia il problema del
peccato e del perdono prima
sulla base biblica attraverso l’antico e nuovo testamento, poi
svolge un rapido esame storico
di come la tradizione cristiana
abbia vissuto il problema in
questione. La profonda consapevolezza della novità di tale tipo d’indagine nel mondo cattolico da parte dei fedeli, lo porta ad affermare : « Eravamo abituati a pensare che Gesù prima di salire in cielo avesse istituito la confessione proprio in
quella forma che la tradizione
tridentina ci ha consegnato ed
invece scopriamo che la storia
della Chiesa è profondamente
segnata da una diversità sconvolgente su questo punto ». Resta però indubbio che l’autore
non vuole assolutamente uscire
dall’orbita della Chiesa Romana, infatti accetta la tradizione
cattolica come un patrimonio
da non disperdere e quindi da
fare coesistere con la Bibbia. Mi
sembra assai deludente compiere un notevole sforzo per uscire
dalla prospettiva tradizionale riconoscendo che la Chiesa è sempre stata centro di potere e poi
cadere nel sogno utopico che
spera di farla cambiare dalla
base senza provvedere prima all’eliminazione della gerarchia.
Inoltre, non vedo come si possa proclamare la necessità di vi
Non basta il ”tu”
Interessantissima la lettera di Pasquale Corbe di Campobasso, comparsa
sul n. 12 de a La Luce » del 24 marzo
scorso. Ed è di dovere generale affrontare la questione delle disparità. Tuttavia non penso che sia il termine usato verso gli altri che regola il rispetto
alla persona umana, anche se questo
ne è parte integrante, ma piuttosto è
lo spirito con cui trattiamo il prossimo. Ecco perché sovente mi tornano
alla mente lé esortazioni paoline : « Fede, speranza, carità; ma la più grande
di tutte è la carità ». Perciò quando in
una comunità, che dovrebbe portare il
vanto di cristiana, non facciamo prevalere la carità al disopra di ogni altro
sentimento, cioè la solerzia nel soocoiv
rere, la sollecitudine ad evangelizzare
e la fratellanza verso chicchessia, inutile sarà la prassi che usiamo trattando gli altri col tu, col voi o col lei. È’
pur vero che il lei ci rivela, se non
la distanza, almeno la non confidenza,
come metodo per conservare le distanze. Ma è altrettanto vero che farci prendere dall’entusiasmo di una fratellanza formale, che introduce prammaticamente il tu, non risolve assolutamente nulla, sia nella vita sociale che di
intonazione cristiana, quando la nostra
vita non è impegnata per gli altri.
(...) Certo che il tu implica unione
fra uguali (come dovrebbero essere i
cristiani), fra veri amici é fra fratelli
in fede, quali amici per eccellenza!
Non è certamente col tu abitudinario
che possiamo cambiare la vita di noi
stessi e dare un vero senso di fratellanza quando manca il resto. E’ piuttosto vero il contrario, cioè possedendo
le doti inerenti al credente, e praticate con vera carità che consegue il tu.
(...) Se continuiamo a guardare in
cagnesco o scansiamo coloro che nelle
riunioni o al Culto vestono poveramente; se teniamo ancora a conservare le
distanze dei ceti; e se non visitiamo i
poveri, i malati, i carcerati; se non
consoleremo la vedova e non sosterremo l’orfano e lo sconsolato, anche trattare col tu sarà solo una beffa prammatica che si sovrapporrà ridicolosamente a quella precedente del lei. Per
ciò apprezzabilissima trovo la lettera
di Pasquale Corbo, che indubbiamente rispecchia la semplicità, la bontà e
la generosità della gente del Sud, pronta ad aprire la loro casa, ma più ancora, il loro cuore a tutti. Tuttavia il
suo monito può additarci una strada
che, per poterla seguire, dobbiamo demolire gli ostacoli citati che ci impedirebbero di giungere alla giusta uguaglianza nella realizzazione del vero
Cristianesimo.
Elio Giacomelli, Livorno
Nessuna repressione
Egregio Sig. Direttore,
ho letto sul n. 13 della «Luce » del
31 marzo 1978 che io sarei stato il
grande assente al raduno di Via B.
Galliari sulla Sindone « per timore di
azioni repressive ».
Tengo a farle presente che sul problèma della Sindone non ho mai subito
azioni repressive da nessuno e che
quando devo far presente limitazioni
alla oggettività delle informazioni, so
farlo ancora personalmente.
A chi mi telefonò risposi che ero
già troppo impegnato e che cercasse altri interventi; se poi, come vengo a sa.pere dall’articolo del suo giornale, il
mio nome era già stato scritto sui manifesti prima ancora che io ne sapessi
qualcosa, la democrazia cerchi di impararla chi ha organizzato il convegno.
Con ossequi
prof. Gramaclia Pier Angelo
Torino
vere la propria fede senza interferenze autoritarie e poi si ponga al centro della vita comunitaria la celebrazione dell’Eucarestia e la confessione «naturalmente ad un Sacerdote », accanto a quella comunitaria, in
cui la Chiesa continua ad esercitare il potere carismatico attraverso i preti che sono e resteranno dei « Sacerdoti », simbolo del potere della Chiesa, anche se si travestono da proletari
e suonano la chitarra durante
la messa.
Patrizia Mathieu
Amilcare Giudici, Peccato e riconciliazione (Dialogo tra le comunità di
base), Coop. Edizioni Tempi di Fraternità, Torino, 1977, pp. 144, L.
2.300.
5
5 maggio 1978
LE CHIESE
NEL MOSAICO
ECUMENICO
La partecipazione alla riflessione e al lavoro delle Chiese in Europa
esprime il fatto che le nostre chiese non vivono nell’isolamento
della dispersione ma sono inserite in un contesto ecumenico.
Come segno di questa partecipazione pubblichiamo in questo numero,
oltre al rapporto sul « vertice » europeo, alcune altre relazioni
di nostri rappresentanti; sulTorganizzazione che collega le chiese
evangeliche dei paesi latini (alla cui presidenza è stato eletto
il moderatore Aldo Sballi); sui lavoro di équipes di
esperti ali’opera nella Chiesa evangelica del Baden;
sul primo colloquio organizzato dai CEC per trattare
della partecipazione degli handicappati alia vita della chiesa.
Paesi latini a confronto
Dal 14 al 16 aprile si è svolta
a Somnières, in Francia, la sesta assemblea della Conferenza
delle chiese protestanti nei paesi latini d’Europa.
Nel confrontare la situazione
dei vari paesi in cui le nostre
chiese vivono, è stata notata
una impressionante somiglianza
fra le condizioni delle due penisole mediterranee : Italia, Portogallo e Spagna sembrano vivere, con velocità diverse, la
medesima parabola, da una lunga dittatura reazionaria e confessionale alla speranza di una
liberazione che significasse un
reale rinnovamento, all’involuzione progressiva che ad alcuni
pare rendere non incredibile un
ritorno alla dittatura, facilitato
dal fatto che nel mutamento
delle strutture sono rimasti quasi intatti i vecchi coditìi. La più
ottimista è parsa la Spagna, in
cui qualcuno spera di usare la
esperienza italiana e portoghese
per evitarne alcuni errori.
I fratelli ricchi, o meno poveri, Belgio, Francia, Svizzera,
hanno espresso il disagio dei
paesi datori di lavoro in periodo
di regressione, e un vago timore verso i misfatti dell’ideologia
della « sicurezza nazionale » sentita come un’epidemia dell’America latina e dell’Europa peninsulare, che rischia di contagiare
anche loro.
Nei gruppi di lavoro si è parlato molto della situazione di
diaspora in cui oggi sono o si
avviano dovunque a trovarsi i
credenti, pur con la notevole diversità fra gruppi di quattro o
cinque persone o di centomila.
Si è detto che questa condizione di estrema dispersione è sopportabile e può essere feconda
di possibilità di testimonianza
se si possono mantenere con altri credenti rapporti abbastanza
fìtti da evitare il logorio dell’isolamentc
Questo potrebbe portare ad
una trasformazione delle strutture a tutti i livelli, con riunioni più rare ma prolungate e approfondite (ad es. una intera
giornata comunitaria al mese
anziché un’ora di culto o di catechismo settimanale).
Fra gli aspetti interessanti della conferenza sono state alcune
relazioni di organismi particolari; ne segnaliamo una sola:
l’ERE, un gruppo di lavoro internazionale, sorto a Bruxelles,
ha proposto alla nostra indagine il problema dei rapporti fra
Nord e Sud a tutti i livelli (ad
es. Europa-Africa, Svizzera-Ita
lia, Normandia-Provenza) e richiede la collaborazione di tutte le chiese, specie di quelle dell’area meridionale.
Da quest’anno le chiese italiane aderenti alla Conferenza
avranno una particolare responsabilità, perché fra un’assemblea
e l’altra l’organizzazione è affidata a turno a uno dèi paesi
membri e il prossimo quadriennio toccherà all’Italia, con reiezione a presidente del Moderatore A. Sbaffì. Questi, nel suo
saluto all’assemblea, ha posto ih
evidenza come punti cruciali per
il lavoro nei prossimi anni la
situazione di diaspora e i rapporti fra chiesa e stato. È un
momento particolarmente difficile nei rapporti fra i nostri paesi (basta pensare, a livello economico, ai problemi posti per
l’Italia dal previsto ingresso
nella CEE dalle altre penisole
mediterranee) e all’interno di
ognuno di essi, ma i credenti
devono reagire al contagio della paura. Vorremmo concludere
queste note con l’esortazione finale del presidente dell’assemblea, il pastore spagnolo Capo,
che molti di noi conoscono :
« Le forze di cui disponiamo sono doni del Signore della Chiesa ; non sprechiamole, facendo
da soli quello che dovremmo
fare insieme ».
I delegati delle chiese
battiste, metodiste e valdesi
Esperimenti nel Baden
Insieme a mio marito, ho avuto l’occasione e la gioia di poter
assistere, per alcuni giorni, al
Sinodo della Chiesa del Baden,
tenutosi a Herrenalb.
Tra i molti temi trattati, ve
n’è uno, che mi ha interessato
particolarmente: quello sull’esperimento di « gruppo di lavoro » in una comunità (Gruppenàmter). L’esperimento è già stato attuato in tre chiese del Baden; due, in città satelliti
(Mannheim-Vogelstang e Freifurg-Weingarten) ed uno, in una
comunità tradizionale (Miillheim).
La Chiesa del Baden è la prima e, fino ad ora, la sola chiesa
in Germania, che abbia tentato
questo esperimento.
Questo nuovo esperimento —
che trae le sue origini dai principi della sociologia e dal mondo
del lavoro per quanto concerne
la suddivisione dei compiti, ma
anche dai testi del Nuovo Testamento per quanto concerne l’impostazione teologica — consiste
nella creazione di un lavoro di
gruppo, composto non da soli
pastori responsabili in una data
comunità, ma anche da altri specialisti, come per esempio, un
pedagogo, un assistente sociale,
od altri, secondo le necessità della comunità. La novità di questo
esperimento è la parità dei membri del gruppo, indipendentemente dai ministeri che compiono.
Così, il pastore non ha una posizione di privilegio.
Il gruppo è inserito nel consiglio di chiesa, ed insieme ad esso, porta la responsabilità della
comunità. In esso rimane una
distinzione di compiti, in dipendenza dalla particolare preparazione, (teologica, pedagogica, assistenziale) e dal particolare dono ricevuto. La predicazione, però, dovrebbe rimanere in linea
generale, compito del teologo.
Evidentemente viene richiesta
a tutti i componenti del gruppo
una conoscenza approfondita del
messaggio biblico. Quello ohe ancora viene richiesto a questi ere
Chiese handicappate
« Quando noi confessiamo la
piena unità di tutti gli uomini
nella Famiglia di Dio, noi stabiliamo in modo chiaro che nessuno, per quanto grave possa
essere la sua menomazione, deve essere abbandonato a se stesso o emarginato. Nessun handicap motorio, sensoriale o mentale, di qualsiasi tipo e gravità
esso sia, può essere preso a scusa per rifiutare resistenza di un
unico corpo. Non esiste una
chiesa senza handicappati, dove
mancano gli handicappati è la
stessa chiesa handicappata ».
Queste parole sono tratte dal
" documento finale del Colloquio
di Bad-Saarow, Germania orientale, che ha avuto luogo dal 3 al
7 aprile per iniziativa del Consiglio ecumenico delle Chiese
sul tema; Vita e testimonianza
degli handicappati nella comunità cristiana. La questione riguarda anzitutto un problema
teologico di difficile soluzione e
comprensione. Da una parte c’è
il messaggio messianico : « ...egli
m’ha unto per evangelizzare i
poveri; mi ha mandato a bandir
liberazione ai prigionieri, ed ai
ciechi ricupero della vista... »
(Luca 4; 18; cfr. anche 7: 22).
Dall’altra c’è l’esperienza dell’apostolo Paolo : quella « scheggia nella carne » dalla quale egli
ha chiesto più volte di essere liberato ricevendo invece dal Signore la risposta : « La mia gra
zia ti basta» (II Corinti 12). Nelle molte tensioni fra l’oggi della chiesa e il domani del Regno
la presenza degli handicappati
ne sottolinea una tra le più evidenti. Ma come può essere vista questa presenza? Le cose
cambiano radicalmente a seconda se si ha una certa visione
della vita che potremmo dire
« mondana » o se ne abbiamo
una che parte dal Nuovo Testamento. Da questo ultimo punto
di vista tutti hanno dei « deficit» e non è detto che quelli
fìsici e mentali siano i più gravi. Molti problemi sono aperti
per una riflessione più approfondita.
Si è anche molto parlato di
« riabilitazione » e « inserimento ». Mentre si può notare che
sul piano della riabilitazione
medicina e psicologia hanno fatto notevoli conquiste, si deve
purtroppo constatare che la nostra società fa ben poco per inserire nel suo quadro gli handicappati; c’è una forte tendenza
alla emarginazione. Pino a che
punto questa emarginazione è
presente anche nelle comunità
cristiane?
Certo spesso qualche cosa si
fa. Ma fino a che punto si tratta di una piena accettazione della presenza dell’handicappato e
fino a che punto si tratta di
« pietà ». L’handicappato non ha
bisogno di pietà, ma di vivere
la sua vita con gli altri.
Una interessante relazione è
stata quella che ha trattato del
problema del catechismo, della
confermazione e della partecipazione alla S. Cena degli handicappati mentali.
Il giovane pastore di Zurigo
che ci ha parlato su questo problema ha messo in evidenza come alla mancanza di capacità
razionale l’handicappato sostituisca spesso una grande sensibilità affettiva e « corporea » i
vive intensamente i fatti in modo diretto. Se si racconta il fat-.
to di Gesù che va a mangiare
in casa di Zaccheo, non basta
dirlo, bisogna mangiare e allora
veramente lì c’è Gesù e c’è Zaccheo. Queste constatazioni pongono un problema a noi che ci
crediamo sani; fino a che punto
il nostro esasperato intellettualismo ci ha fatto perdere il senso ed il valore di altre realtà del
nostro essere?
Il Colloquio di Bad-Saarow
ha preso le mosse dalla insistenza con cui a Nairobi si è chiesto che le chiese cominciassero
a riflettere sul problema degli
handicappati. È stato un principio a me pare valido e pieno
di aperture per il futuro al quale anche le nostre comunità sono chiamate a partecipare.
Franco Sommani
denti impegnati, è che essi abbiano consapevolezza di aver ricevuto un mandato da Dio, certo, ma
anche dalla Chiesa. Poiché, soltanto in questa consapevolezza
di un mandato riceràto, essi potranno compiere un servizio valido nella comunità; non viene
perciò ritenuta sufficiente una
preparazione scientifica o tecnica.
Nelle chiese, dove si stava sperimentando questo tipo di lavoro in équipe, era sorta la preoccupazione che i consigli di chiesa si sentissero esonerati dai
loro impegni nella comunità.
Questo, fino ad ora, non è avvenuto. Anzi, è stato molto positivo
per i consigli di chiesa il fatto di
potersi confrontare non più soltanto con i pastori, ma anche
con altri uomini impegnati, come pedagoghi e sociologi. Questo
confronto sovente, ha portato i
consigli di chiesa a nuove iniziative e ad assumere nuove responsabilità in campi diversi nella vita interna della comunità.
Avendo constatato la validità
delTesperimento, tutto il problema è stato portato in Assemblea
sinodale, richiedendo alla Chiesa
del Baden, di riconoscerne ufficialmente l’utilità e di predisporre quindi gli atti necessari affinché questa iniziativa possa estendersi ad altre chiese.
Qualora l’iniziativa fosse ufficializzata, si porrebbero, evidentemente non pochi problemi:
a) Trattamento economico
(uguale o diverso da quello del
pastore o da quello che percepivano prima?).
b) L'assenso della moglie.
c) I trasferimenti (tutta l’équipe dovrebbe trasferirsi?).
Relatore della proposta al Sinodo del Baden, è stato l’Oberkichenrat, dott. Hansjorg Sick,
che noi abbiamo incontrato con
la signora, l’anno scorso al nostro Sinodo di Torre Pellice.
Nella sua relazione, prima di
esporre la validità dell’esperimento del lavoro in éouipe. il
dottor Sick aveva parlato della
Chiesa, come di un popolo in
cammino. Quale popolo in cammino, la Chiesa ha sempre bisogno di gruppi che, come al tempo dell’entrata del popolo di
Israele in Canaan, possano andare avanti per avvertire il popolo
dei pericoli, ma anche per indicare quali nuove possibilità si
presentano. Al tempo di Mosé e
Giosuè, si parlava di « esploratori », oggi, noi parliamo di « esperimenti », che possano essere una
risposta, anche se provvisoria,
alle esigenze del nostro tempo.
Florence Sbaffl
Un “vertice,,
ecumenico
(segue da pag. 1)
ne ecumenica di un certo peso,
i vescovi cattolici d’Europa si
sono seduti allo stesso tavolò e
posti sullo stesso piano non solo degli archimandriti ortodossi
ma anche dei pastori e dei (po^
chi) laici protestanti. Per noi si
tratta di un comportamento ovvio, ma per i vescovi no. Essi
non sono abituati ad essere equiparati ad altri ministeri (tanto
più se di chiese diverse dalla cattolica): secondo la teologia cattolica i vescovi sono gli unici a
possedere la pienezza del ministero. A Chantilly tutto si è svolto su un piano di parità (par
cum pari, aveva detto il Vaticano II) e tutti si sono trattati
da uguali. L’uguaglianza è la
premessa della fraternità e nello (Stesso tempo ne è il frutto.
Lo spirito fraterno, a Chantilly, ha nettamente prevalso sia
sulle preoccupazioni di ordine
diplomatico sia sulla mentalità
gerarchica. Non si è neppure
indirettamente « questionato su
ohi fosse il maggiore » (Marco
9: 34).
Due sono anche i limiti maggiori delTincontro.
Il primo è che l’orizzonte propriamente europeo della riflessione non è emerso con sufficiente rilievo. Non solo, ma il poco
che s’è detto dell’Europa (ne ha
parlato soprattutto il vescovo
belga De Smedt) si muoveva in
un’ottica di Europa occidentale,
per non dire velatamente democristiana. Frasi come quella di
De Smedt: « costruire l’Europa
sul fondamento di Cristo e degli
apostoli », sono piuttosto ambigue e fanno pensare a una versione aggiornata del Sacro Romano Impero. Benché sia stato
detto a più riprese che TEuropa
va dalla Spagna agli Urali, il significato e il ruolo deU’Europa
orientale sono rimasti in ombra.
Giustamente, del resto, Lukas
Vischer (che rappresentava il
Consiglio ecumenico delle chiese) osservava nel dibattito òhe
oggi ancora « non c’è un’idea comune e neppure un’idea chiara
di che cosa voglia dire "Europa".
Il sentimento europeo è, nei popoli europei, più debole del sentimento nazionale ». Negli incontri che seguiranno a quello di
Chantilly (si è chiesto di continuarli ed è probabile che la richiesta venga esaudita) occorrerà senza dubbio approfondire la
questione europea.
Il secondo limite dell’incontro
lo abbiamo già segnalato: è il carattere marcatamente clericale
dell’assemblea. Mancavano quasi
del tutto i laici. In questo senso
si deve dire che Chantilly, più
che un incontro di chiese, è stato
un incontro di pastori di chiese.
Un’assemblea clericale, anche se
interconfessionale, non è e non
può essere ecumenica perché
consacra la divisione tra ’’clero”
e ’’laicato” e quindi rompe l’unità della chiesa. Un’assemblea
può pretendere di essere ecumenica, cioè di esprimere l’unità
della chiesa, solo quando il popolo di Dio vi è direttamente
coinvolto e adeguatamente rappresentato. In questa direzione
molti progressi devono ancora
essere fatti, all’interno delle singole confessioni e negli incontri
interconfessionali, se si vuole
che le chiese locali diventino loro, e non soltanto i loro pastori,
soggetto del movimento ecumenico. A Chantilly s’è fatto un primo passo in questo senso ma i
passi decisivi devono ancora essere compiuti.
Paolo Ricca
6
Alle Valli oggi
Veleno
DC
Con un paziente lavoro di due anni il Gruppo Teatro Angrogna
ha ricostruito l’ambiente e gli avvenimenti che nel 1920
portarono all’occupazione della tahbrica Mazzonis
nel quadro del « biennio rosso » che precedette l’abdicazione
al fascismo — Una intensa discussione, cbe ha investito i temi
dell’attuale momento politico e sindacale,
è scaturita dalla rappresentazione che verrà replicata
ad Angrogna e altrove.
r.rnnaca delle vslH
Pralafera 1920
In prima pagina, l'ultimo bollettino della DC
locale, attacca, con uno
stile violento, il centro
ecumenico di Agape. Anziché ecumenico il centro sarebbe un luogo di
simposi “coca and mitra". Ma c’è di più. Negli ambienti vicino ad
Agape, secondo DC-notizie, si sarebbe formato
“un raggruppamento di
cellule con tentativo
(riuscito?!) di organizzazione paramilitare".
Per completare il quadro si ricorda il soggiorno di Renato Curdo,
ideologo delle Brigate
Rosse, a Frali con l'aggiunta di un: “(guarda
caso!)" teso a sostenere la connivenza tra
Curdo ed Agape. Così
quel dubbio, di presunta connivenza tra ambienti valdesi di sinistra e Renato Curdo,
sottilmente insinuato
dal n. 13 dell’Eco del
Chisone (“Quando Cur
do faceva colazione in
Val Pellice”) viene ampiamente ripreso e svelato. L’Eco del Chisone
si limitava più prudentemente a porre degli
interrogativi, il “DC-notizie” prosegue quest’indagine arrivando al traguardo di un’Agape centro di terrore e organizzazione fiancheggiatrice
delle Brigate Rosse. A
chiudere il conto non
manca, nel violento articolo della DC, una
stangata alla comunità
di San Lazzaro i cui locali “dovrebbero essere dedicati al culto, ma
non della violenza".
¡Provocazioni e irrazio
ndlìtà, collegate da molti “sembra" e altrettanti punti esclamativi, tentano di circuire il lettore e far passare per vere una ridda di menzogne. Questo tipo d’attacco viscerale (nel suo
stile così vicino alla
stampa fascista) e privo dì documentazione,
tende ad alimentare
quel clima di paura, che
purtroppo già c’è e in
cui, annullati gli spazi
del dibattito democratico, si cerca di colpire
l’avversario politico associandolo al terrorismo.
L’operazione in realtà
non è così idiota come
potrebbe apparire a una prima lettura dell’articolo DC. Associando
infatti l’avversario al
terrorismo, con i tempi
che corrono, dal punto
di vista giuridico e politico esso è liquidato.
Insomma, orchestrando un clima d’inquisizione e di caccia alle streghe tutti gli avversari
politici della DC, quelli
a sinistra si capisce, diventano automaticamente sospettabili di
connivenza col terrore
armato. In altri termini, laddove non si è mai
arrivati con la forza della ragione e delle argomentazioni documentate, oggi, c’insegna la
DC, si può arrivare con
l’insinuazione del dubbio e la calunnia. Possiamo intuire, proprio
perché partecipiamo
con attenzione sofferta
al dramma dell’on. Aldo
Moro, che da quando la
DC (ma anche molti altri) è entrata nel mirino delle BR vi possano
essere delle reazioni
rabbiose e viscerali, che
a livello locale trovano
un terreno particolarmente fertile. Ma intuiG. Platone
(continua a pag. 1)
Da circa un anno, ormai, si sapeva ohe gli amici del Teatro Angrogna stavano lavorando
aU'allestimento di una
rappresentazione scenica su un fatto storico ai
più poco conosciuto: la
occupazione della Mazzonis del febbraio 1920.
L’impegno era ambizioso perché le fonti non
sono molte e gli operai
che parteciparono all’occupazione (i soggetti più importanti) sono
quasi tutti scomparsi.
Si trattava, quindi, di effettuare un recupero
della memoria storica
della classe operaia della Val Pellice con una
ricerca sia sulle pubblicazioni (giornali e libri)
sia attraverso interviste
ai pochi sopravvissuti.
Un lavoro molto difficile che ha impegnato il
gruppo (formato, come
si sa, non da professionisti, ma da una ventina di lavoratori ognuno
dei quali ha anche altre
attività) per circa un anno nella ricerca, ed altrettanto per adattarla
alla scena.
I fatti
Questi, in sintesi, i fatti. I lavoratori di Pralafera sono in sciopero,
non soltanto per lottare
contro le condizioni di
lavoro durissime e contro la tracotante violenza dei capi intermedi
(l’episodio che innesca
la mobilitazione è lo
schiaffo dato da un capo ad una operaia che
non reggeva ai ritmi di
lavoro), ma hanno obiettivi ben più precisi:
1° il riconoscimento del
contratto di lavoro delle 8 ore, 2° il riconoscimento del sindacato tessile, 3° la riammissione
dei licenziati, 4° il recupero delle ore perse per
l’intransigenza padronale.
Dopo 48 giorni di sciopero, che prova la capacità di tenuta degli operai, il locale esponente
del Partito Socialista l’onorevole Matteo Gay dà
Il corteo del 1° maggio da Torre Pellice a Pralafera in una foto di 70 anni fa.
la parola d’ordine: occupare Pralafera!!
È il 27 febbraio 1920.
È la (seconda occupazione di fabbrica in Italia
dopo quella di Sestri
Levante. Un anticipo di
quello che si verificherà
nell’autùnno dello stesso anno nelle grandi
fabbriche del nord e di
quello che passerà alla
storia come il biennio
rosso italiano.
L’occupazione durerà
pochi giorni, ma esprimerà con forza le tensioni ideali e la volontà
di mutamento sociale
dei lavoratori che sono
colpiti ed affascinati
dalla rivoluzione russa,
e nel contempo tenterà
di realizzare le tesi sui
« consigli di fabbrica
sostenute dal gruppo socialista legato alla rivista Ordine Nuovo di Torino guidato da Antonio
Gramsci.
Dopo alcuni giorni di
occupazione e di ripresa della produzione l’ordine di requisizione del
Prefetto, che in pratica
riconsegna la fabbrica
ai Mazzonis e, sulla carta, accoglie le richieste
dei lavoratori, segna un
momento di serrato dibattito aU’interno del
Consiglio di fabbrica
fra chi vuole accettare
per il timore di non saper far fronte alla nuova situazione e per la
difficoltà di dare un respiro generale alle lotte
(il rappresentante del
Partito Socialista, il rap
presentante del Sinda
cato ed una parte dei
rappresentanti dei lavoratori) e chi invece si
sente tradito nelle sue
aspettative e nella sua
volontà di cambiamento radicale dei rapporti
sociali e nei modi di
1 produrre (gli altri rap
presentanti dei lavoratori).
Passerà la tesi moderata e la fabbrica sarà
riconsegnata ai Mazzonis che pochi mesi dopo
licenzieranno tutte le avanguardie di fabbrica.
Chi scrive non essendo né un critico d’arte
né un conoscitore specifico del momento storico a cui i fatti si riferiscono, non pretende
certo di esprimere un
giudizio definitivo sulle
fatiche degli amici del
G.T.A.; d’altra parte lo
obiettivo dichiarato
del gruppo è di stimolare una riflessione critica ed im dibattito fra
non esperti, che parten
do da un episodio di 60
anni or isono, sappia ricollegarsi in qualche
modo anche alla vicenda politico-sindacale attuale. In questo senso
le note seguenti non
hanno la pretesa di essere una recensione, ma
esprimono alcune osservazioni sintetiche che
potrebbero essere completate da un eventuale
dibattito più allargato
su queste colonne.
Un livello
eccezionale
Chi ha già assistito a
delle rappresentazioni
del G.T.A., ha già potuto apprezzare l’alto livello di « professionalità » di questi dilettEmti.
La capacità di far partecipare il pubblico (la
scena della crumira osteggiata dalle compagne ormai ridotte alla
fame) e di far rivivere
la rabbia, le speranze, i
dubbi, la volontà di
cambiare, le contraddi
PINEROLO
L’attacco ad Agape
ed alla comunità di San Lazzaro
Per documentare il lettore, riportiamo, di seguito, alcuni
stralci dell’articolo: «E a Pinerolo? », apparso su « DC Notij
zie » di marzo in cui si parla di
Agape : « ...presso il Centro Ecumenico di Agape (Prali) si davano ’’convegno” alcuni noti
esponenti della guerriglia internazionale, fra i quali il capo dell’allora MPLA, l’angolano Agostinho Neto (!!)».
L’articolo prosegue affermando che : « ...presso la stessa parrocchia di S. Lazzaro abbia preso consistenza, attorno al ’70,
un raggruppamento di ’’cellule”
con tentativo (riuscito?!) di organizzazione paramilitare, formate in massima parte da individui provenienti dai movimenti extraparlamentari di sinistra ». In un altro inciso si afferma che; «...di Curcio è noto
un suo successivo ’’soggiorno”
a Prali (guarda caso!)...». Tra
gli interrogativi che l’articolista
si pone, segnaliamo questo ; « Il
centro di Agape ha funzionato
per anni come luogo di ricetto
e di incontro di centri eversivi
internazionali? » L’articolo eos?,
conclude ; « ...l’On. socialista
Sandro Pertini, grande antifascista, sembra abbia abbandonato, estremamente contrariato.
il centro di Agape nel corso di
una visita cui era stato invitato ».
Il Gruppo residente di Agape
e il Coordinamento della Comunità di San Lazzaro di Pinerolo
hanno immediatamente redatto,
sulla questione, un comunicato
stampa che parzialmente riportiamo: «In merito alle affermazioni apparse su ”DC Notizie”
n. 16 desideriamo precisare; l)è
falsa la notizia secondo cui
’’presso la stessa parrocchia di
San Lazzaro abbia preso consistenza un raggruppamento di
’cellule’ con tentativo (riuscito?!) di organizzazione paramilitare...”; 2) è falsa la notizia secondo cui; ”l’On. socialista Sandro Pertini, grande antifascista”
•etc. Inoltre, nel comunicato, si
afferma che agli incontri annuali
Europa-Africa, ormai al loro 16“
anno, nel passato presero parte
alcuni rappresentanti del MPLA.
Agostinho Neto, che non è mai
stato ad Agape, è comunque —
ricorda il comunicato — il capo
di un Paese che intrattiene normali rapporti diplomatici con
l’Italia.
Così termina il comunicato ;
« In merito a tutte le altre insinuazioni non possiamo che rifiutarle globalmente.
Pur riservandoci di tutelarci
anche legalmente nei confronti
di queste affermazioni, riteniamo indispensabile giungere ad
un confronto pubblico con la
segreteria zonale della DC in
cui i sospetti vengano o precisati con dati di fatto o ritirati.
Proponiamo quindi alla segreteria DC un dibattito pubblico in luogo e data da concordare entro i prossimi quindici
giorni.
Riaffermiamo inoltre che la
collaborazione tra la Comunità
di San Lazzaro e Agape avviene
sul piano di una ricerca ecumenica di comunità di credenti che
in questi ultimi anni hanno operato una scelta di partecipazione nelle lotte del movimento
operaio e dei movimenti di
base.
Abbiamo già espresso più volte e pubblicamente la nostra decisa condanna del terrorismo e
dell’azione delle BR, che si situa al di fuori della pratica democratica del movimento operaio; la DC zonale invece ha
evidentemente voluto utilizzare
avvenimenti quali quello del rapimento delTon. Moro e del terrorismo per gettare il discredito su delle comunità di credenti ».
zioni che emergono in
mezzo ai lavoratori
quando si vuole davvero modificare le condizioni di fabbrica, la trasformazione dei rapporti personali, Tevidenza
della peculiarità della
condizione della donna
sia in fabbrica che nei
rapporti con la famiglia
(la bellissima scena della occupazione della fabbrica), in quest’opera
hanno raggiunto un livello veramente eccezionale.
In una recitazione naturale (citiamo per tutti
Antilla e Capei), l’uso
del dialetto — piemontese patois — è molto
apprezzato dal pubblico
che durante la prima
rappresentazione avvenuta il 30 aprile u.s. lo
ha sottolineato non solo
con calorosi applausi
ma, soprattutto, con
mormorii di assenso.
Se l’interesse della
rappresentazione scenica non è solo quello di
recuperare un momento di storia valligiana,
ma anche di stimolare
la discussione sia sulla
strategia della sinistra
degli anni 20 che del periodo che stiamo vivendo, ci pare che mentre
da un lato è positivo lo
sforzo di evitare una
trasposizione meccanica fra i due periodi, dall’altro le figure del sindacalista e deH’uomo
politico così come sono
rappresentate inducono
a pensare al sindacato
ed al partito proletario,
come entità staccate
dalle esigenze operaie
semplicemente perché
non sono in grado di
guidare il movimento operaio alla conquista
immediata del potere.
In ogni caso non si deve mai dimenticare il
grosso intreccio che esiste fra salario e potere,
ambiente di lavoro e organizzazione del lavoro
in fabbrica. Sull’esistenza di questo problema
sono tutti d’accordo ma
il dibattito su come affrontarlo allora come adesso è aperto. D’altra
parte la discussione col
pubblico presente l’ha
ampiamente dimostrato.
Luciano Rivoira
(continua a pag. 7)
7
5 maggio 1978
CRONACA DELLE VALLI
- 7
Assemblea del Terzo Circuito
Si è svolta a Perrero giovedì
sera 20 aprile l’assemblea del 3°
Circuito. Quali i problemi che ci
stanno davanti? Anzitutto quelli
della vallata che così pesantemente ci condizionano; dall’economia stagnante al pessimo inverno che non ha favorito il turismo; dallo spopolamento nelle
zone alte alle concentrazioni sul
fondo valle. Si sente quindi la
necessità di avere delle iniziative capaci di fare incontrare e
riflettere insieme i membri delle
nostre chiese ohe vivono in questi problemi. Non si può più
pensare a tante comunità isolate quando i problemi sono comuni. Ma piuttosto ad una comunità allargata (tutta la Val Germanasca) in cui lavorano pastori,
laici, e nuclei «di rinnovamento »
in un’ottica di superamento della
dimensione parrocchiale.
In questa prospettiva vi sono
già delle indicazioni venute dal
lavoro intercomunitario svolto
durante gli incontri dei monitori
e dalle donne della FDEI sia sul
problema del Culto che sulle ini
ziative consultoriali che si stanno dibatteiido in zona.
A queste indicazioni ne dovranno seguire altre nei isettori giovanili (es. catechismi con programmi concordati per tutta la
vallata, attività varie di tutto il
Circuito; collaborazioni e confluenze di iniziative su Pomaretto dove la popolazione si è stanziata).
Il disagio per la situazione globale c’è; non è però ancora sfociato in una presa di coscienza
tale da comportare un coinvolgimento delle comunità nel loro
insieme. Comunque una traccia
è stata lasciata e su questa proseguirà la ricerca.
Per la ripresa autunnale è già
stato individuato il tema principale che sarà « il settore giovanile ».
L’assemblea ha colto l’occasiO'
ne per salutare il pastore Bruno
Rostagno in partenza con tutta
la famiglia per il Sud America
dove svolgerà un lavoro teologico per la durata di 5 mesi.
A. L.
Veleno DC
(Segue da pag. 6)
re non significa avallare o giustificare le dimissioni dalla ragione
in questo violento attacco della DC. Colpire alla cieca, con dichiarazioni velenose condite di
irrazionalità e provocazione, può
preludere ad un terrorismo di
regime di vecchia memoria che
francamente vorremmo considerare una pagina di storia definitivamente chiusa. L’unica via di
uscita a questa assurda situazione in cui la DC zonale vorrebbe
gettarci è di accettare, nella regola democratica, il pubblico
confronto proposto da Agape.
Questa mi sembra proprio la via
più ragionevole per affrontare
tutta la questione.
Il confronto, al punto in cui
siamo arrivati, s'impone per ragioni di chiarezza e di convivenza politica. Da parte nostra siamo sicuri che la DC locale accetterà questo confronto. Non vorremmo, nel prossimo futuro, pensare, che questo grande partito
lanci la pietra e poi nasconda la
mano. Aspettiamo quindi con impazienza di registrare la documentazione precisa che fa da
supporto a tanta sicurezza nelVaccusarci fiancheggiatori di un
terrore che abbiamo sempre condannato e che, come credenti,
consideriamo contrario alla giustizia che cerchiamo.
G. Platone
Pralafera 1920
(segue da pag. 6)
Due temi
da approfondire
Vogliamo solo accennare a due
temi che lo spettacolo propone
e meriterebbero un maggior approfondimento. Il ruolo della
chiesa: quella cattolica combatte il sindacalismo rosso, « ateo e
bolscevico » organizzando le leghe bianche crumire ed influenzando l’opinione pubblica attraverso le colonne dei suoi giornali; quella valdese non prende
pubblica posizione, non condanna ma non appoggia anche se
Matteo Gay è un valdese. Il rapporto fra contadini e operai è
simile a quello di tutto il resto
del Paese: divisione abbaistanza
netta. I contadini diffidano e temono il socialismo che li esproprierebbe di metà dei loro scarsi
averi, gli operai non hanno ancora colto l’esigenza di individuare
un collegamento tra i loro interessi e quelli dei contadini.
In conclusione si può affermare che gli amici del G.T.A. hanno
ottenuto il risultato che si proponevano: realizzare uno spettacolo piacevole che pone dei problemi e stimola il dibattito. Val
la pena di vederlo e siamo d’accordo con chi ha proposto di rappresentarlo nelle scuole e nelle
fabbriche. Luciano Rivoira
POMARETTO
• Domenica 30 aprile in occasione della giornata della Facoltà, come già annunciato a
suo tempo, abbiamo avuto fra
noi lo studente in teologia Daniele Garrone di San Germano
che ha presieduto il culto. Abbiamo avuto così il piacere di
ricevere notizie sulla nostra facoltà. La comunità lo ringrazia
caldamente per il messaggio apportato. Al culto era anche presente il « Coretto di San Germano Ch. ». Anche a loro il ringraziamento della comunità ed
il plauso per le esecuzioni canore eseguite : Camminiamo nel
deserto, di J. S. Bach; il Salmo
n. 126 e il 115 entrambi di V.
Sommani.
• Una richiesta da parte delle
catecumene confermate : esse
vorrebbero che il costume valdese fosse indossato più frequentemente e non soltanto nelle grandi cerimonie (Natale, 17
febbraio e Pasqua). Chiedono
che si inizi ad indossarlo già da
domenica 14 maggio (Pentecoste).
Val Chisone
e Germanasca
CONSULTORIO
La Comunità mondana Valli
Chisone è Germanasca comunica che dal 2 maggio ha avuto
inizio l’attività consultoriale dello psicologo dottor Micari, presso l’ambulatorio sito nell’edifìcio comunale di Perosa Argentina con il seguente orario: tutti i martedì dalle ore 17 alle 19.
Le prenotazioni avvengono
tramite l’assistente sociale della comunità montana, tei. 81497,
il martedì, mattina e il venerdì
pomeriggio.
ANGROGNA
SERVIZIO MEDICO
Dal 6 al 12 maggio 1978 fa
servizio il Dott. Avanzi - Telef.
90.614.
• L’assemblea di chiesa di domenica scorsa, dopo aver ascoltato la relazione morale che verrà, insieme al rendiconto finanziario del ’77, distribuita in questi giorni, ha provveduto a nominare (votanti 33 elettori) la
deputazione alla Conferenza distrettuale : Giampiero Bertalot,
Renato Bertot, suppl. Silvio Bertin; e al Sinodo: Franca Coisson, Eldina Long, suppl. Laura
Rivoira. Sono stati altresì nominati i revisori dei conti per
l’anno in corso ; Silvio Bertin,
Alfredo Monnet, Fredino Sappé.
Dando fiducia alla commissione
finanziaria di sensibilizzare la
coscienza contributiva della comunità, l’assemblea ha approvato il preventivo 1979 per il
contributo alla Cassa Centrale.
• Il 6 e il 20 maggio alle ore 21
presso la Sala il Gruppo Teatro
Angrogna rappresenterà « Pralafera 1920». Frutto di una ricerca durata due anni quest’ultimo lavoro del Gruppo Teatro
risulta, a detta di molti, essere
il pezzo migliore nel repertorio
del gruppo. La rappresentazione si ricollega a testimonianze
orali e scritte dell’epoca distinguendosi per la serietà di una
ricostruzione storica non priva
d’attualità.
TORRE PELLICE
CONCERTO
Sabato 13 avrà luogo nel tempio dei Coppieri un concerto di
flauti offerto dagli « Amici della Musica Classica di Torre Pellice» in favore dei restauri del
tempio. Tutti sono invitati a
partecipare sia per incoraggiare
i giovani musicisti nel loro impegno sia per contribuire alla
nostra raccolta di fondi godendo di una piacevole serata.
MOSTRA
Dal 6 al 14 maggio, presso la
Scuola Elementare di viale Dante sarà presentata al pubblico
«La Mostra di Arte Rupestre
Preistorica », allestita dal Sistema Bibliotecario Provinciale di
Pinerc4o.
Orario : ore 15 - 18.
• Abbiamo avuto domenica
presenti al culto un gruppo di
fratelli della chiesa riformata
di Francia in visita alle Valli;
un gruppo di giovani ha cantato due canti moderni molto apprezzati.
• Martedì 25 ha avuto luogo
il funerale del fratello Alberto
Geymonat, deceduto dopo lunga malattia e mercoledì, 3 quelli
delle sorelle Susanna Grand e
Alice Semini.
Alle famiglie in lutto esprimiamo la nostra simpatia fraterna.
• Si sono sposati Marina Castellano ed Angelo Coco sabato
u. s. ; i nostri auguri accompagnano questa nuova famiglia.
• Domenica assemblea di chiesa (ore 10) per l’elezione di due
deputati alla Conferenza Distrettuale.
SAN SECONDO
• I ragazzi della Scuola Domenicale hanno tenuto il culto di
domenica scorsa, non solo la liturgia, come già altre volte, ma
anche la predicazione che ha
portato alla comunità il risultato di un argomento trattato a
scuola domenicale. All’armonium
Renzo Chialvo. Un gruppo della
S.D. ha cantato tre inni.
• L’Assemblea di Chiesa ha
eletto; Giulio Griglio, Elda Avondetto e Elvina Godino suoi
deputati alla Conferenza Distrettuale. Emilio Gardiol e Pietro
Augusto Geme ci rappresenteranno al Sinodo. La stessa Assemblea ha anche deciso all’unanimità di continuare ad indicare
ogni domenica un argomento
per la preghiera di intercessione per la settimana seguente.
• L’Unione Femminile ha eletto Alina Long, Ines Brosia e
M. Luisa Davite per rappresentarla al Congresso Nazionale
della FFV che si terrà a Poggio
Ubertini (Firenze).
BOBBIO PELLICE
Sabato 22 aprile, nel tempio
affollato di molti amici e parenti, hanno dichiarato la loro volontà di vivere il loro matrimonio in maniera cristiana i nostri,
giovani Rinaldo Artus del Podio
e Ada Rostagnol del Curtilet.
Causa una malattia della sposa
il matrimonio, già fissato, aveva
dovuto essere rimandato. Agli
sposi rinnoviamo, insieme a tutta la comunità, i nostri auguri
per una unione benedetta.
La domenica successiva è stata battezzata Debora Maurino
di Ezio e di Anna Pontet (Via
Molino). Alla piccola Debora e
ai suoi genitori possa essere
data la forza del Signore.
Auguri anche a Giovannino
Fostel e Paola Castellano che
si sono uniti in matrimonio nel
tempio di Villar Pellice il sabato 29 aprile!
E grazie all’anz. Dino Gardiol,
per aver presieduto il culto
la domenica 30 aprile, in assenza del pastore che aveva accompagnato le sorelle dell’Unione
Femminile in gita a Vallecrosia,
in una vana ricerca del sole!
LUSERNA
SAN GIOVANNI
• Vive felicitazioni a Claudio
e Cristina Boèr per la nascita ad
Ottawa (Canada) di Alessandra Fiorenza, e congratulazioni
al neo dottore Silvio Boer per
la laurea in medicina e chirurgia brillantemente conseguita
presso l’Università di Torino.
• Nella pubblicazione dell’elenco dei catecumeni confermati la domenica delle Palme, per
un involontario errore, non sono apparsi i nomi di Durand
Dario, Miegge Marina e Tron
Paolo di Varese.
Ci scusiamo con questi giovani e chiediamo ancora al Signore di accompagnarli con la Sua
grazia.
• Questa settimana hanno avuto luogo i funerali di Gaydou
Amato di anni 86, della Carierà e di Pons Luisa in Pontet,
deceduta improvvisamente all’età di 76 anni.
Rinnoviamo alle famiglie in
lutto l’espressione di simpatia
di tutta la comunità.
Doni per l’Asilo
di Lusema S. Giovanni
Offerte « Fondo di solidarietà »
(1 trimestre 1978)
L. 350.000: Amici delTAsilo.
L. 200.000: Gönnet Giancarlo.
L. 100.000: Pons Rivoir Maria; Bertolé
Marcella; Soc. « Dorcas » in memmorìa di Emilia Rostan Romano.
L. 81.500: I compagni dì lavoro di Valdo Bellion, in memoria dì Giulio Bellìon.
L. 86.500: I compagni dì lavoro dì
Corrado Bellion, in memoria di Giulio Bellion.
L. 60.500: N. N.
L. 50.000: Costantino Godino Ivonne;
Malan Cayrus Lìdia ; Rostan Albina
in Mem. del marito Giovanni Emìlio,
nel 2° anniversario della morte; Matilde e Silvio Bellion, in mem. del
fratello Giulio; Morello Lucìa.
L. 45.000: Le colleghe di Bianca Armand Hugon, la segretaria, il direttore, in mem. di Giulio Bellion.
L. 42.500: Besson Alberto (50 dollari),
t. 40.000: N. N.
L. 21.500: Cicero Maria.
L. 20.000: De Paoli Raffaele (2 versamenti); Schar Renata.
• L. 15.000: Long Silvio.
L. 10.000: De Paoli Raffaele (2 versamenti); Schar Renata; Reynaud Lea
(3 versamenti); Jon Scotta.
L. 6.000: N. N.
L. 5.000: Reynaud Lea; Schar Renata;
Roman; Foglia Rostagno Caterina.
Doni pervenuti nel mese di aprile
L. 1.250.000: Pastore Hans G. Schweigart
Pfr. Forstweg-Dreiech - Germania.
L. 125.000: I nipoti Rita, Gianni, Oreste
e Vittorina, in mem. della zia Paolina Morando (To).
L. 100.000: Chiesa dei Fratelli (T. P.);
Gesillo Samuele e famiglia (To);
Malan Cairus Lidia (osp. Asilo).
L. 91.500: In mem. di Irma Coisson, i
colleghi di lavoro di Luciana (T. P.).
L. 86.000: Comunità di Berna (Svizz.).
l. 80.000: Ines, Irma, Angelina e Ettore Volpe, in mem. della mamma
Gönnet Maddalena ((Villar Pellice).
l. 75,000: Chiesa Avventista (T. P.).
L. 70.000: In mem. di Evelina RostanTaccia, I comproprietari dello stabile
di via Nizza, 125 (To).
l. 43.000: Comunità di Brienz (Svizz.).
L. 30.000: Malan Lina, in mem. suoi
cari; Le maestranze della Crumiere,
in mem. di Gönnet Maddalena (Villar Pellice).
L. 25.000: Ivonne Costantino-Godino,
in mem. dì Paolina Morando; Ivonne Alilo, in mem. delia sorella Maddalena {osp. Asilo ).
L. 20.000: Bastìa. Maria, in mem. del
cognato Giulio Bellion (osp. Asilo);
In mem. di G. Bellion, la famiglia;
A. D. R. (T. P.); Cocorda Niny, in
mem. di Maria Mazzolinì (T.P.); In
mem. di Gobello Giuseppina, il figlio Livio.
L. 15.000: In mem. della mamma, R. e
G. Tommasini (T. P.); In mem. dì
Cesare Malanot, la moglie.
L. 12.500: B. R. (T. P.); Platzer Elide
( Milano ).
(continua)
AVVISI ECONOMICI
TRASLOCHI e trasporti per qualsiasi destinazione, pireventivi a richiesta : Sala Giulio, via Belfiore, 85
Nichelino, tei. (Oli) 62.70.463.
PENSIONE FILADELFIA - Rimini Via Fola, 25. Vicina a'I mare ed alla
Ihiesa Valdese - Prezzi modici - Dir.
Barchiesi A. - Tel. (0541) 23679.
Milvia Manzi Walker annuncia con
dolore il decesso inaspettato della sorella
Liliana Munzi
di anni 49
Londra, 18 aprile 1978 .
Enzo e Lilly prendono viva parte al
lutto che ha colpito Milvia.
Torre Pellice, 28 aprile 1978.
RINGRAZIAMENTO
La moglie, i figli ed i familiari del
compianto
Davide Girardon
ringraziano tutti coloro che con la presenza, fiori, scritti e parole di conforto
hanno preso parte al loro grande dolore.
Un particolare grazie al personale
medico ed infermieristico dell’Ospedale Valdese di Pomaretto, del Reparto
Neurologico dell’Osped. Maggiore S.
G. Battista di Torino e dell’Ospedale
Valdese di Torre Pellice ed alla Dr.ssa
Michelin Salomon Omelia.
Un grazie al medico curante Dr.
Scarognina, al Dr. E. Gardiol, al Pastore A. Taccia, al gruppo Coltivatori
diretti di Luserna S. Giovanni, alla
Direttrice e al personale dell’Uliveto.
Luserna S. Giovanni, 30 aprile 1978.
I figli Ferdinando, Roberto e Bruno
ringraziano la Direzione, i colleghi di
ufficio e tutti i dipendenti della Cassa
di Risparmio di Torino; il direttore e
i colleghi deirUfficio postale di Pinerolo; il titolare e i dipendenti della
FORMAT di Torre Pellice.
Luserna S. Giovanni, 30 aprile 1978.
RINGRAZIAMENTO
La figlia del compianto
Amato Gaydou
mancato all’affetto dei suoi cari, dopo breve malattia, all’età di 85 anni,
commossa, ringrazia sentitamente tutti coloro che hanno preso parte al suo
grande dolore. In modo particolare
ringrazia il Pastore A. Taccia per le
sue parole di conforto, il Dott. Scaro
gnina per le amorevoli cure e la famiglia Bastia per Paiuto prestato nella
triste circostanza.
Luserna S. Giovanni, 2 maggio ’78.
Hanno collaborato a questo
numero: Gustavo A. Comba Franco Davite - Dino Gardiol Adriano Longo - Luigi Marchetti - Anna Mariillo-ReedtzGiorgio Tourn.
GioieLLemn BORRO
di Borno Emanuele & Delmastro
Concessionario autorizzato
s.n.c.
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a
Royal\yuartz
LONGINES
Suisse
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VASTO ASSORTIMENTO CROCI UGONOTTE
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Via Trieste, 24 - PINEROLO - Telef. 31.17
8
8
5 maggio 1978
PROBLEMASCUOLA
Un muro di silenzio
Il libro di testo è indispensabile ? e terrore intorno alla
Guinea equatoriale
Difendere il libro unico significa limitare la ricerca dei ragazzi - La sca
denza del 20-5 in funzione delle case editrici, non della didattica
A fine gennaio è pervenuta ai
presidi delle scuole e degli Istituti di istruzione secondaria di
ogni ordine e grado la circolare
ministeriale avente come oggetto l’adozione dei libri di testo per
l’anno scolastico 1978-79.
Tale circolare non si discosta
sostanzialmente da quelle degli
anni p^recedenti, fissando delle
indicazioni ben precise.
Innanzi tutto ribadisce che all’adozione nelle scuole secondarie provvede il Collegio dei docenti sentiti i Consigli di classe
e che l’onere dei libri di testo non
deve risultare gravoso per i bilanci delle famiglie. Quindi fa seguire un avvertimento particolare per le Scuole medie e per i testi di latino nella quarta ginnasiale, affinché si limitino le nuove adozioni ai soli casi in cui i
docenti ritengano inadeguato il
testo già in uso, in quanto sono
in corso di elaborazione nuovi
programmi di insegnamento in
attuazione della legge 16-6-’77 n.
348.
Inoltre anche quest’anno il ministro, di fronte ad eventuali ipotesi sperimentali in cui si opera
l’abolizione o la sostituzione del
libro di testo, ricorda ohe « fermo restando l’uso dei più diversi sussidi didattici, particolarmente validi nell’attività siperimentale e l’eventuale formazione
delle biblioteche di classe, non è
consentita l’esclusione del testo
scolastico, di per sé strumento
ricco di stimolazioni culturali,
se scelto oculatamente ed utilizzato in forme metodologicamente rinnovate ».
Infine fissa come periodo per
la convocazione del Collegio dei
docenti per le deliberazioni sulle
proposte di adozione la data 1020 maggio 1978.
Di fronte a questo testo si può
immediatamente notare che l’esigenza di convocare i Consigli
di classe e successivamente il
Collegio dei docenti entro il 20
maggio 1978 non è certamente
dettata da motivazioni didattiche. Come ogni anno si deve cercare di favorire al massimo le case editrici, le quali hanno così
tutto il tempo per programmare
il budget per l’anno scolastico
successivo.
Privilegiare in tal modo le case editrici significa danneggiare
l’insegnante il quale si trova ad
adottare un testo senza conoscere la classe a cui esso va indirizzato. Inoltre non si tiene in alcuna considerazione la polemica
che bene o male da diversi anni
è viva sull’autenticità didattica e
pedagogica del testo unico. Da
più parti, infatti, si è fatto notare ohe esso presenta una cultura
funzionale al sistema, offrendo
risposte e interpretazioni senza
stimolare in chi legge la domanda e la ricerca, poiché il manuale
così concepito non lega il fatto
culturale alla realtà in cui lo studente si trova a vivere ed operare.
Ignorando queste istanze di rifiuto del hbro di testo, (che non
significa come troppo superficialmente si vuole far credere no
ai libri) la circolare ministeriale
vuole invece ricordare agli insegnanti il valoré di esso in quanto « ricco di stimolazioni culturali ».
Voler difendere a tutti i costi
il libro Unico vuol dire, in un certo senso, perpetuare il concetto
secondo cui la Scuola deve evitare il più possibile attività come la ricerca e lo studio della
realtà attraverso l’analisi di documenti o l’esperienza stessa degli alunni.
D’altra parte sostenere ohe lo
studio deve partire dal confronto delle fonti e dei documenti
comporta per la classe insegnante un grosso dispendio di forze
e di lavoro. Significa, innanzi tutto, abbandonare il vecchio metodo di far lezione, che isi è appreso dai propri insegnanti, per suscitare aH’intemo della scuola
gruppi di studio e di lavoro per
elaborare concretamente un nuovo sistema dii^ttico ed- educativo. Significa spingere per l’istituzione di corsi di aggiornamento autogestiti che tengano conto
della realtà in cui si opera, affinché l’interesse si concentri su
temi che isi presentano quotidianamente nel corso del proprio
lavoro. Ma quando si pensa alle
grosse difficoltà che si presentano non tanto per far passare questo discorso, ma per porlo semplicemente come momento di discussione e di verifica all’interno
della scuola, ci isi rende conto
come la circolare ministeriale
sia un facile alibi per la classe
insegnante per ribadire l’alto valore didattico e pedagogico del
testo unico.
Di fronte alla scadenza ormai
vicina del 20 maggio dobbiamo
come insegnanti e genitori mobilitarci all’interno ¡dei consigli di
classe e del Collegio dei docenti
perché si cerohino in tutti i modi forme alternative alla scelta
di un unico libro di testo, che
possono andare dalla istituzione
delle biblioteche di classe alla
adozione di più manuali, per suscitare un maggior conifronto e
stimolare una maggiore partecipazione da parte di tutta la classe. È infatti limitativa e del tutto inutile qualsiasi battaglia condotta per il miglior libro di testo.
Grazia Spanu Mica
Guardandola sulla cartina si
capisce subito che i suoi confini ’naturali’ sono stati decisi,
con la squadretta geometrica, a
tavolino; è il destino di molti
stati africani. Vogliamo parlare
della Guinea Equatoriale. Si
tratta di un piccolo rettangolino di 28 mila kmq., un francobollo di terra, nell’immenso
continente nero, schiacciato tra
il Camerún e il Gabon con una
finestra sull’Oceano Atlantico.
Ex-colonia spagnola, la Guinea
Equ. è indipendente dal 1968.
L’attuale presidente, Francisco
Maclas Nguema, con il consiglio
della repubblica (6 membri) tiene il Paese sotto la frusta del
terrore e della paura. Della Guinea Equ., in 9 anni di presidenza di Nguema, non si è mai saputo, da fonti ufficiali, quasi
nulla. Le notizie che si hanno
sono riprese dalla popolazione
che ha dovuto abbandonare il
regime dittatoriale di Nguema.
E alle testimonianze dei fuggitivi dalla Guinea (in pochi anni
hanno raggiunto il quarto del
totale degli abitanti) s’aggiunge
ora la testimonianza — riferita
da Amnesty International — di
due prigionieri politici evasi. Le
dichiarazioni dei due prigionieri costituiscono, secondo Amnesty, la migliore verifica di dati,
nomi e luoghi di assassinii del
regime. Notizie parzialmente note ma di cui oggi si ottiene una
riprova schiacciante.
Il presidente Nguema è ostile
alle forze cristiane (piccola minoranza) presenti nel suo stato
ed elimina ogni opposizione col
carcere e la tortura. Questa è
là sua politica. I prigionieri vengono stipati in celle da 1 mq. e
se i familiari non provvedono
direttamente loro col cibo i prigionieri muoiono letteralmente
di fame. I carcerieri, per rompere la monotonia, oltre a vio
lentare le donne presenti nel
campo, inzuppano di benzina
qualche prigioniero e si divertono a vederlo impazzire tra le
fiamme. Così, si conclude la testimonianza dei due prigionieri
fuggiti : « Le guardie appendevano uomini per le mani e per i
piedi con corde di nailon ad un
palo parallelo al terreno. Dopo
un po’ il peso del corpo del prigioniero faceva s':i che le corde
tagliassero le carni fino all’osso. Altri venivano percossi con
randelli finché le carni gonfiavano e si aprivano delle ferite.
Allora si spruzzavano le ferite
di benzina. Le guardie non davano fuoco ai prigionieri, ma lasciavano che la benzina prosciugasse le ferite al calore del sole,
spaccando la carne. La gente
moriva letteralmente spaccata.
Antonio Ndo fu uno dei tanti
che morirono in questo modo ».
La comunità in esilio della
Guinea Equ. ha pubblicato un
elenco di cinquecento nomi di
funzionari statali uccisi dal regime di Nguema. Secondo Amnesty l’elenco è ancora incompleto.
G. P.
Nel prossimo
numero
H Messaggio di Pentecoste dei presidenti del
Consiglio Ecumenico
delle Chiese.
■ Prima parte di uno studio biblico di H. Gollwltzer su Atti 12 ; 1-17.
■ Una pagina sui diritti
dell’uomo visti dal I,
dal II e dal III mondo.
...si è concluso sabato 22.4
a Madrid. Tutti i dirigenti « storici », a cominciare dalla « Pasionaria » Dolores Ibarruri (la
celebre rivoluzionaria di 40 anni
fa) e da Santiago Carrillo, sono
stati rieletti nel comitato esecutivo. Carrillo, confermato nella
sua carica di segretario generale del partito, è riuscito a superare ogni opposizione interna e
ad imporre la propria concezione dell’eurocomunismo che, com’è ben noto, è la più polemica
nei confronti dell’Unione Sovietica.
« Gli scontri più aspri, durante il Congresso ed anche prima,
si sono avuti sulla questione
dell’abbandono dell’etichetta “leninista”. Ma, per lo più, le discussioni hanno assunto un tono scolastico, centrandosi piuttosto sul problema della conservazione, o no, d’un aggettivo sacrosanto, che sul contenuto effettivo del cambiamento proposto ».
L’aggettivo sacro-santo è « leninista », e intorno ad esso si
sono combattute le battaglie più
aspre, per settimane e settima
r
LA SETTIMANA INTERNAZIONALE
a cura di Tullio Viola I
Il IX Congresso del
Partito Comunista Spagnolo
ne. Ma qual è il vero significato
di tale aggettivo? Carrillo lo tra. duce nei seguenti concetti: « il
ricorso alla lotta armata per la
presa del potere, la dittatura del
proletariato, l’alleanza esclusiva
fra operai e contadini, il partito
d’avanguardia organizzato per
scatenare una insurrezione generale, ecc. ». Ma qualcuno ha
obiettato che « nessuno di questi concetti si trova precisato
nei testi (s’intende: di Lenin) »,
e ha riferito che, « proprio per
questo il dibattito ha avuto luogo in una grande confusione ».
La reazione di Mosca all’abbandono, voluto da Carrillo, del
l’aggettivo « leninista », è stata
immediata e severa. I sovietici
divengono sempre più ostili all’eurocomunismo, che assimilano al « revisionismo e alle altre
deviazioni del nazional-comunismo.
Il dibattito, dentro e fuori della Spagna, è lontano dalla sua
conclusione. In Spagna, il congresso ha dimostrato che circa
un quarto dei militanti del Partito Comunista Spagnolo sono
ostili alla linea ufficiale (quella
affermatasi, dovuta a Carrillo),
su argomenti tanto importanti:
la fedeltà al leninismo e il ruolo egemonico della classe ope
raia nello sviluppo delle lotte
sociali.
La minoranza, benché battuta, può esser soddisfatta. Essa
ha liberamente difeso le proprie
idee, ed è riuscita a far modificare le tesi del partito .su alcuni
punti essenziali. I dirigenti hanno dovuto ammettere che il cambiamento democratico in Spagna
si era realizzato solo in parte,
e in modo molto diverso dalle
loro previsioni. L’ostilità nel partito e la presenza di basi straniere sul territorio nazionale »:
ecco due « segni » opposti e significativi, entrambi contrari ad
ogni speranza di Carrillo.
Doni Eco-Luce
Doni da L. 3.000:
Jourdan Luigi, Luserna S. G.; Berlin Goss Albertina, Londra; Long Eugenio, Luserna S. G.; Beux Tullio, Torre PeUice; Balmas Giulia, Luserna S.
G.; Scaccioni Linda, Id.; Malan Marcella, Id.; Coisson Bartolomeo, Angrogna; Rosati Luigi, La Spezia; Boiocchi
Barella Tina, S. Fedele (Co); Ferrando
Gobetto Gemma, Salto Canavese; Molinari Alice, Genova; Rostan Gino, Porosa Arg.; Bosio Ilda, Pinerolo; Pascal
Delfina, S. Secondo; Terenzio Giuseppe, Venezia; Cognonato Edda, Udine;
Archetti Maestri A., Acqui Terme; Toma Ada, Caorle; Rostagno Guido, Merano; .De Walderstein Giusto, Cinisello; Cavo Roberto, Sampierdarena; Giovannini Gino, Roma; MazzareRo Dante, Genova; Pinna Giovanni, Pinerolo;
Menusan Franco, Ferrerò; Basire Filiberto, Pomaretto; Genre Marinella in
Vinçon, S. Germano; Falzoli Giulio,
Milano; Gay Lidia, Torre Pellice; Corsani Enrico Mario, Id.; Resburgo Fulvio, Aosta; Casa di Riposo « Il Gignoro », Firenze; Scòrzon Ernesta, Mestre;
Pognani Elvina, Mantova; Balla Anna,
Torino; Rinolfi Comba Lidia, Imperia;
Mpntrone Rina, Reggio Calabria; Clot
Alberto, Riclaretto; Weber Arnoulcl
Roberto, Milano; Campanelli Silvio,
Cerignola; Albarea Celina, Villar Pellice; Decker Luciano, Milano; Papacella Carlo, Madonna di Tirano; Rochat
Daniele, Torino; Costabello Tina, Novara; Calassi Ampellio, Conegliano;
Grill Enrico, Frali; Menzi Ernestina,
Cremona; Gaydou Bruno, Torre Pelli
ce; Zancuoghi Ondina, Felonica Po;
Bouchard Alberto, S. Germano; Bounous Ferruccio, Id.; Bertalot Alberto,
Id.; Bonetto Elena ved. Bouchard, Id.;
Garrone Aldo, Id.; Maccarino Gioele,
Collegno; Ribet Anna, Torre Pellice;
Podio Lidia, Milano; Beltrami Arrigo,
Reggio Emilia; Avondetto Bruno, Pra
rostino; Rivoira Sergio, Rorà; Ricca
Emilio, Lusernetta; Censi Giunio,
Barbiana; Janse Joss, Savigliano;
Grasso Passini Franca, Genova; Ferro
Tron Elvira, Ferrerò; Biondi Laura,
Pietrasanta; Vidossich Giorgio, Pino
Torinese; Gay Ida, Pinerolo; Gardiol
Berta, Milano; Ardenagni Pietro, Id.;
Griffo Margherita, Savona; Jahier En
rico, S. Domenico Fiesole; Carota Li
na, Foggia; Durand Armando, Vie
ring; Bassetto Mario, Vicenza; Giambarresi Rosalba e Gianni, Genova;
Chiesa Valdese, Ferrerò.
Doni da L. 5.000 :
Travers Edvi, Francia; Moret Emilia, Svizzera; Mandò Evelina, Roma;
Mussano Irma, Torino; Ehrhardt Heinrich, Germania; Avondet Bruno, Svizzera; Fritz Walter, Id.; Merkli H., Id.;
Fam. Boero, Brasile; Wilhjelm T., Danimarca; Giacometti Guido, Svizzera;
Ribet Umberto, S. Secondo; Coucourde
Nino, Svizzera; Fiorini Marta, Bologna; Fuhrmann Jolanda, Svizzera.
Abbonamenti sostenitori :
Bosio Emanuele, Gallarate; Pascal
Fin qui abbiamo citato « Le
Monde » (del 20 e del 25.4). La
« Repubblica » (del 23-24.4) ha
fatto, dal canto suo, un lungo
commento. Fra l’altro, essa scrive: « In Spagna, per avere la misura del progresso verso la democrazia, bisogna puntare l’attenzione sui tre aspetti dove il
franchismo l’aveva annullata: la
vitalità dei partiti, l’autonomia
delle regioni, il confronto fra le
classi. Lo svolgimento del congresso del Partito ha coinciso
con questi tre obiettivi: l’assemblea si è mostrata sensibile alla
necessità di ricostruire una piena personalità del Partito, che
non ha forse ancora ottenuto il
posto che gli spetta nell’arco politico della nuova Spagna; attenta a seguire, senza inibizioni,
le rivendicazioni delle regioni
che puntano all’autonomia; e infine propensa a dare un inizio
di risposta al bisogno di egemonia, espresso dalla classe operaia attraverso l’operato delle
“Commissiones” ».
Elena, Torino; Mariotti Enrico, Id.;
Ricca Elsa, Id.; Martelli Claudio, Trieste; Poet Osvaldo, Ferrerò; Garuti Cesare, Firenze; Cattaneo Felice, Genova; Bruseo Daniela, Torino; Arcari
Guido, Brione; Arcari Renzo, Id. Leger Tschudi Ilda, Ponte S. Pietro; Rostain Zavaritt Carla, Bergamo; Steiner
Zavaritt Matilde, Id.; Bettoni Piero,
Id.; Frizzoni Bruno, Id.; Bono Diegò,
Cigliano; Menusan Ida, Pinerolo; Lager Enrico, Inverso Pinasca; Fiorini
Marta, Bologna; Pisano Giuseppe, Caltagirone; Sieiliano Franco, Roma; Fiorio Marco Tullio, Napoli; Servizio Cristiano, Riesi; Gelso Elsa, Milano; Lantaret Lidia, Firenze; Gioacchini Elva,
Gavardo; Artusi Lina, Intra; Cambellotti Ezio, Torino; De Nicola Lino, S.
Remo; Fam. Socci Girardet, Roma;
Zaccone Giorgio, Cuneo; Bossatti Lidia, Alassio; Peruggini Rocco, Trieste;
Papini Luigi, Roma; Gay Giampiccoli
Lily, Pieve Ligure; Jervis Lucilla,
Torre Pellice; Greppi Nella, Firenze;
Scrivani Emilio, Milano; Olivieri Paolo, Napoli; Grill Elio Luciano, Pinerolo; Fornerone Valdo. Id.
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