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ECO
DELLE miXI VALDESI
Past. TACCIA Alberto
10060 AIÍGR0GNA
Settimaiiale
della Chiesa Valdese
Anno 99 - Num. 44 ABBONAMENTI f Eco: L. 2.500 per l’interno 1 Sped. in abb. postale - I Gruppo bis/70 1 TORRE PELLICE — 7 Novembre 1969
Una copia Lire 60 1 L. 3.500 per l’estero j <-^ambio di indirizzo Lire 50 1 Amm. : Via Cavour 1 - 10066 Torre Pellice - c.c.p. 2/33094
IL BENE COMUNE
A otto giorni dal pronunciamento
deH’eletlorato del Cantone di Berna, che ha bocciato la scelta di Interlaken, nelFOberland bernese,
quale sede dei Giochi Olimpici invernali del 1976, domenica scorsa
anche gli elettori di Zurigo (qui votavano per la prima volta pure le
donne e probabilmente il loro voto
è stato decisivo) hanno respinto con
145.000 no contro 40.000 sì lo stanziamento di fondi cospicui — circa
10 miliardi di lire —. per le progettate Olimpiadi. Rifiutando un’operazione di prestigio che si sarebbe
risolta nel profitto di cerehie relativamente ristrette, data la commercializzazione anche di queste in sé
nobili e belle gare, la popolazione
della città forse più ricca e più economicamente attiva e vivace della
(Confederazione elvetica ha detto pacatamente ma fermamente che quei
lo miliardi saranno molto più utilmente spesi per opere pubbliche:
arterie stradali che sveltiscano un
traffico al limite dell’intasamento, e
soprattutto ospedali.
Vien fatto di domandarci quel che
avrebbe risposto, posto dinanzi a un
quesito simile, l’elettorato nostrano,
nella ancora lontana ipotesi che que'te questioni che concernono direttamente lui, i suoi soldi, le sue condizioni di vita siano sottoposte al
suo voto, mediante referendum. Il
caso recente di una città che scende
in piazza e si abbandona per due
giorni a una sorta di furia autodistruttrice perché hanno retrocesso di
serie la sua squadra calcistica, ferendo così in modo vitale il suo prestigio, non ci incoraggia a riflessioni
fiduciose... E non si dica che quello
di Caserta è stato un caso isolato e
abnorme; è stato, sì, un caso patologico, un caso limite, ma l’industria e il commercio del prestigio
sono da noi ovunque sovrani, da
nord a sud, dall’architettura pubblica allo sport. Del resto, condividiamo questa situazione con gli altri paesi latini, Francia inclusa con
la sua grandeiir di marca gollista.
Sulla nostra stampa quotidiana il
fatto è stato sottolineato, ma senza
insistere sullo spiacevole parallelo
con la maturità (o immaturità) civile nostrana. E soprattutto senza insistere sulla matrice di queste diverse condizioni economiche e, prima,
spirituali e morali. Poiché è chiaro
che lo spartiacque passa fra paesi
cattolici (o ortodossi, per non parlare dei paesi non cristiani: islamici, indù, ecc.) e paesi protestanti e,
fra questi ultimi, in modo particolare quelli di più marcata impronta
calvinista e quelli più totalitaria
niente protestanti, come i paesi sean
dinavi. Attraversare l’Olanda, ad
esempio, significa constatare ad ogni
passo un effettivo livellamento di
standard di vita, che è il riflesso d
una effettiva parità di maturità ci
vile, di una effettiva corresponsabi
lità nella cosa pubblica, sul piano
soggettivo come su quello oggettivo,
nella .sensibilità della gente come
nella realtà dei fatti politici. L’inverso, o quasi, di quel che capita da
noi, salvo cerehie ancora ristrette,
benché si possa notare un lento al
largamento di queste. Ma la nostra
democrazia, quando sarà realtà, por
terà sempre il segno della sua ori
gine, dovuta a una maturazione po
litica, in un’epoca fortemente seco
larizzata, anziché a una maturazio
ne spirituale, in un’epoca di
vamento della fede quale fu la Ri
forma (e non vi è qui, in una prò
spettiva cristiana, riformata,
Ione di Achille .se non il vizio d ori
gine delle « democrazie popolari ?)
Queste, alcune riflessioni che su
scita il voto recente di Berna e d
Zurigo. Certo, anche nei Cantoni el
leggendo
Miegge
vetici la secolarizzazione ha da tempo fatto passi da gigante; e non ha
torto il giornalista che vede in que
sto voto essenzialmente una manife
stazione di buon senso volto al he
nessere del maggior numero (Gre
noble, per avere le Olimpiadi d’in
verno 1968, ha dovuto tra l’altro au
mentare le tasse locali). Ma occorre
domandarsi qual’è la radice storica
di questo buon senso, da quale vulcano viene la lava solidificata di questa morale razionale e utilitaria.
Un conoscitore del pensiero di
Zwingli potrebbe certamente mostrarci una di queste radici, nel pensiero di questo terzo (ma secondo,
in ordine cronologico) uomo della
Riforma, così sensibile alla responsabilità civile e sociale del cristiano.
Comunque proprio in questi giorni,
un bel libro che Mario
ha dedicato a una ricerca,
con i suoi studenti universitari, su
/ talenti messi a profitto. L’interpretazione della parabola dei denari affidati ai servi, dalla Chiesa antica a
Calvino (lo presenteremo più ampiamente la prossima settimana),
tutta una serie di testi di Calvino è
qui a darci una risposta, a indicarci
quella radice. Eccone uno; « ...in
questo mondo, noi lavoriamo e ci
affatichiamo, occupandoci degli affari del Signore assente... la vita dei
credenti è paragonata in modo assai
opportuno a un’impresa commerciale, perché essi devono^ praticare
scambi e commerci fra loro, per
mantenere la società (la compagnie). Anzi, l’industriosità con cui
ciascuno esercita il proprio compito
e la stessa vocazione, l’abilità nel
condurre bene, e altre grazie, sono
come merci di scambio, perché il loro scopo e la loro utilità è che vi sia
una reciproca comunicazione fra gli
uomini. E il frutto, o il profitto, del
quale Cristo parla, è il profitto o la
promozione di tutta la società dei
credenti, in comune, profitto e promozione che si risolvono in glorificazione di Dio ». La tesi del Miegge, che si rifà a quella del Biéler
qui ricordata la scorsa settimana da
Renato Balma, ma la puntualizza
ulteriormente, è che Calvino ha por
tato a conipimenia un processo già
avviato in Lutero, in particolare ne
La libertà del cristiano, ma in lui
non giunto a piena maturazione di
frutti storici; i credenti devono, da
un lato, considerare in termini rigorosamente mondani (oggi diremmo ’laici’) i talenti e, liberi dalla
preoccupazione di contribuire a una
salvezza già compiuta e donata loro,
praticarli nella più attiva corresponsabilità umana; dall’altro, vedere e
vivere questi talenti ’laici’ in una
prospettiva rigorosamente teologica,
« occupandoci degli affari del Signore assente ».
Dietro il « bm n senso » del voto
elvetico (che speriamo si ripercuota
in altri Cantoni!) c’è questo; e dietro la nostra democrazia evanescente
c’è la mancanza di questo. Certo,
per molti Svizzet i si tratta soltanto
più di « buon senso », oggi: molte
altre influenze - sono sovrapposte,
nel frattempo, e in tanti la prima
fede si è affievi.iita o spenta. Ma,
senza volerci rii! irre a fare l’elogio
del buon senso, così ne avessimo un
po’ di più, così relia nostra vita nazionale — dalla dissoluzione morale
dei partiti alle rorresponsabilità delle parti nello .spreco delle lotte contrattuali (in Svizzera, saranno cinquant’anni che il buon senso delle
due parti in cviisa evita scioperi in
occasione del rinnovo dei contratti
di lavoro) — -.auessimo essere più
coscienti del bemA?^pinne !
Forze laiche lavorano fra noi alla
maturazione di questo buon senso,
di questa responsabilità civile. Le
rispettiamo, le apprezziamo e spesso le affianchiamo. Pure, sappiamo
o dovremmo sapere — di un sapere
vissuto — che la radice dei problemi sta più in fondo: nel riconoscimento della effettiva sovranità di
Cristo su tutti noi, nella trama quotidiana delle nostre relazioni e responsabilità umane; e, più a fondo
ancora, nell’intensità del nostro rap])orto con lui, della passione per la
gloria di Dio, che in quelle relazioni
responsabili si esprimono. Egli è il
bene comune di noi tutti, il primo
e l’ultimo.
Gino Conte
CONCLUSO ROMA IL SINODO DEI VESCOVI
Il Sinodo propone
e il Papa dispone
Il 27 ottobre scorso si è concluso a Roma, dopo 16 giorni di dibattiti e una votazione finale, il
secondo Sinodo straordinario dei
vescovi — una specie di Concilio
in miniatura. Con quale esito?
Non vi sono stati risultati vistosi,
che del resto non ci si poteva attendere, dato il carattere consultivo, non deliberativo, di questa
assemblea. Indubbiamente però il
parere del Sinodo, che rappresenta l’intero episcopato cattolico, ha
un peso notevole e non stupisce
perciò che Paolo VI abbia accolto
alcune richieste formulate, a forte
maggioranza, dai « padri sinodali ». La più importante riguarda la
convocazione del Sinodo stesso:
da ora in avanti esso sarà convocato, in linea di massima, ogni due
anni. La regolarità nella convocazione del Sinodo assicura a questo nuovo organismo cattolico una
continuità di lavoro che finora
non poteva avere. Ciò significa che
il Sinodo dei vescovi è destinato a
esercitare una funzione permanente nel governo centrale della
Chiesa di Roma.
La collegialità episcopale ■— tema centrale del Sinodo, che ne è
un'à prima espressioné è-stata'
lungamente e talora appassionatamente dibattuta dall’assemblea,
senza che si sia giunti a chiarirne la natura e la portata, soprattutto in riferimento al primato
papale. Finora, i poteri del pontefice romano, derivanti dal dogma
deH’infallibilità e del primato, restano intatti, e non sembra che
Paolo VI sia disposto a delegarne
una parte ai suoi « fratelli nell’episcopato ». L’ultima parola, quella che cpnta, spetta ancora al pontefice romano, e a lui solo. Chi comanda è ancora lui. Il Sinodo
propone e il papa dispone.
Così stanno oggi le cose: ma
non è escluso che in un futuro più
á M
.......................UHI...................................................................unni mimi...
liiMiiMimiiiMnrMiimiiliiiiiiiiiim«IHIHiMiiii)in ii
IIIIIIJIIUIIIIIIIIIIIIMIIIHIMMIII
Inno, prima assembioa reginnalo degli nuangelici lombardi
Uniti in una teslìmonlanza comune
Convocata in ottemperanza alle decisioni dell’assemblea costituente della
Federazione evangelica e in seguito ad
un preciso invito del Consiglio della
Federazione, si è tenuta il 1° novembre
in Milano, presso la locale Chiesa Valdese, la prima assemblea regionale delle chiese evangeliche della Lombardia.
Erano presenti membri delle comunità
battiste, metodiste e valdesi della zona, della chiesa luterana di Milano e
della comunità di Ispra.
Si è trattato innanzi tutto di un incontro fraterno fra membri di denominazioni diverse, ma uniti tutti nel
desiderio di obbedire alla vocazione di
dare testimonianza della salvezza in
Cristo. È stata altresì un’assemblea
che ha lavorato seriamente per cercar
di attuare la volontà del Signore attraverso concreti piani di collaborazione.
I lavori sono stati aperti da un breve
culto del pastore Inguanti e chiusi da
un culto di Santa Cena presieduto dai
pastori Aldo SbaiFi, Inguanti e Cappella. La presidenza è stata tenuta con
autorità dal pastore Aldo Comba, coadiuvato dal metodista Niso De Michelis e dal battista Sianone.
La signora Carla Peyronel, con una
sua chiara relazione sulla storia della
testinwnianza evangelica in Lombardia, e il fratello Antonio Di Pierro con
un esame della situazione attuale dell’evangelismo lombardo e delle possibilità di collaborazione in vista della
testimonianza, hanno fornito due validi strumenti per la discussione che è
stata ampia e molto franca. Al termine
di essa è stato votato un o.d.g. costi
di Luciano Gay
tutivo della Federazione regionale delle chiese evangeliche della Lombardia.
Un secondo o.d.g. è stato votato alla
conclusione dei lavori: in esso sono
stati fissati i compiti del Consiglio esecutivo composto di sette membri: Aldo
Sbatti presidente, Carmelo Inguanti,
Domenica 16 novembre 1969
Si inaiigiita il tein|iio
di fillai' Pem
La comunità di Villar Perosa ha la
gioia di comunicare ai propri membri
lontani, alle comunità sorelle ed a
tutti i suoi amici, che la dedicazione
del proprio tempio avrà luogo col seguente programma:
Ore 10: Culto presieduto dal Moderatore N. Giampiccoli, con celebrazione della S. Cena.
Ore 12,30: Agape fraterna presso il
Ristorante Olivero.
Ore 15: Ricevimento degli Amici e
delie Autorità.
N. B. - Coloro che desiderano partecipare all’agape fraterna sono pregati
di prenotarsi immediatamente presso
il Pastore di Villar Perosa (tei. 8748).
Aurelio Sbaffi, Landau (della chiesa
luterana). Di Pierro, De Ambrosi e Luciano Gay. Questo o.d.g. sintetizza bene
tutta la discussione, che è stata sempre centrata su argomenti concreti.
Il Consiglio dovrà coordinare tra i
pastori esistenti nella zona il lavoro di
cura d’anime con particolare riguardo
alle diaspore ed alle periferie urbane, e
curare regolari scambi di pulpiti per
facilitare la miglior conoscenza reciproca. Dovrà altresì curare su base regionale e interdenominazionale la formazione e l’utilizzazione di predicatori
laici e di monitori per le scuole domenicali. Per questi scopi potrà essere
molto utile il Centro di San Fedele, che
già ora ospita convegni di monitori e
potrà in avvenire allargare la sua sfera di azione.
L’o.d.g. si sofferma su questi strumenti della nostra testimonianza: San
Fedele, Cinisello, la Libreria evangelica
di Milano, affidando al Consiglio esecutivo la loro valorizzazione in chiave unitaria.
Sul piano ecumenico si dovrà cercar
di facilitare in ogni modo i contatti da
un lato con le denominazioni evangeliche non ancora aderenti alla Federazione, per aumentare la reciproca conoscenza e per coordinare la comune
opera di testimonianza, e dall’altro
con i gruppi cattolici del dissenso.
L’o.d.g., che, come abbiamo già detto,
è la sintesi di un dibattito su problemi
pratici, non ha però voluto trascurare
(continua a pag. 6)
o meno lontano la situazione possa cambiare, di poco o di molto,
anche se per ora non si vede corne. La collegialità — non bisogna
dimenticarlo — è un tema recente nella tradizione cattolica, e dev’essere ancora esplorato, chiarito, approfondito. Più che una
dottrina formulata è un’indicazione programmatica. Occorreranno
rnolti anni e molto studio prima
di giungere a una sua elaborazione organica e definitiva. Finora si
sono soltanto compiuti i primi
passi. Il discorso non solo non è
chiuso ma è appena avviato. In sostanza il problema è questo: Come
attuare una vera collegialità episcopale senza intaccare, o sminuire, o vanificare il primato papale?
Oppure, rovesciando i termini del
problema: Come mantenere intatto il primato papale senza svuotare la collegialità episcopale di
ogni vero significato? Si tratta di
una questione estremamente complessa e la soluzione — se ce n’è
una — si presenta quanto mai
ardua.
Paolo VI, dal canto suo, ha già
più volte formulato il suo pensiero in merito, dichiarandosi fa,v«revole . alla* ©ellegialità, p>urclié
essa non tolga nulla al primato
papale. Anche nel discorso di chiusura del Sinodo, Paolo VI ha ribattuto questa tesi, affermando di
voler realizzare una « maggiore
comunione » e una «organica collaborazione » tra papa e vescovi,
« senza peraltro — com’è ovvio __
rinunciare mai a quei compiti e
a quelle responsabilità specifiche,
che il carisma del Primato, conferito da Cristo stesso a Pietro, di
cui siamo umilissimi ma autentici
successori, e il dovere, più che il
diritto, del suo fedele esercizio, Ci
impongono ». Cioè, secondo Paolo VI, la collegialità episcopale
trova il suo limite preciso e invalicabile nel primato papale, designato addirittura come « carisma », cioè come dono dello Spirito Santo. In realtà, mai il Nuovo Testamento parla di un « carisma del primato », che sarebbe
stato inconcepibile per i primi
cristiani, per i quali solo il Signore aveva un « primato » nella Chiesa. Il primato papale non è affatto un carisma, è solo un dogma
cattolico privo, per di più, di qualsiasi consistenza evangelica.
Vedremo, nei prossimi anni o
decenni, come si preciseranno i
rapporti tra primato papale e collegialità episcopale. Vedremo, in
particolare, se la collegialità sarà,
per così dire, sacrificata al primato, o se invece il primato sarà
ridimensionato dalla collegialità.
Per ora, e fino a nuovo avviso,
manteniamo la convinzione che il
primato papale costituisce una
specie di nodo gordiano, cioè uno
di quei nodi che non si possono
sciogliere: bisogna tagliarli.
Paolo Ricca
Al LETTORI
Ricordiamo ai lettori che il nuovo indirizzo
della amministrazione del nostro settimanale
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Torre Pellice, e su di esso tutti sono invitati
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giro di registrazioni con dispendio di tempo
e denaro.
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pag. 2
N. 44 — 7 novembre 1969
La Resistenza nelle Valli Valdesi ha trovato il suo storico, ma è storia che ancora brucia
La chiesa e i suoi compromessi
Donatella Gay Rochat - La Resistenza
nelle valli valdesi - Prefazione di Leo
Valiani - Torino, Claudiana 1969
L. 1.800.
Il servizio del recensore diventa difficile quando i lettori sono già al corrente dell’impostazione dell’opera da
recensire. L’" Eco-Luce” ha, infatti, già
ospitato un dibattito fra il pastore
Nis'bet e l’Autrice; “Il Pellice” e "La
Stampa’’ hanno già dato segnalazione
del libro e probabilmente molti hanno letto direttamente le pagine di
Donatella Gay Rochat, per non parlare di coloro che ne sono stati i protagonisti — e sono, grazia a Dio, ancora assai numerosi fra noi.
Dunque non diremo niènte di nuovo, anzi, dobbiamo presentare il libro
dal punto di vista del lettore più incompetente che si possa trovare:
quello che non ha vissuto la Resistenza, che non ha letto che in minima
parte l’ormai abbastanza ampia letteratura sull’argomento e che, infine,
non si è mai soffermato troppo a lungo sui problemi di strategia e tattica
militare, i quali hanno, qui, un posto
abbastanza considerevole.
Infatti la parte centrale del libro,
sulla base di numerose ed accurate interviste, puntualmente confrontate e
discusse ogni volta che i dati emersi
non concordano, è un resoconto delle
azioni militari dei partigiani in Val
Pellice e in Val Germanasca dall’estate 1943 al giugno-luglio 1944, con brevissimi cenni sull’ultimo periodo della guerra, fino alla liberazione.
Con descrizioni quasi pittoriche tanto sono chiare e, direi, visibili, le pagine ci presentano, dunque, i primi concentramenti di antifascisti a Torre
Pellice nell’estate del ’43, le loro attività nei giorni dell’armistizio fino alT8 settembre, quindi il pronto sforzo
organizzativo ed il ricupero di armi
dai reparti regolari in sfacelo. Noti
manca la presentazione dei problemi
dei gruppi, della loro vita, delle fonti
di sostentamento, del modo di requisizione dei viveri, il tutto ambientato
nei luoghi delle Valli descritti con minuziosa precisione tanto da renderli
familiari anche a chi non li conoscesse. Gli attacchi alla caserma di Bobbio, la creazione di « Italia libera », i
rastrellamenti del marzo 1944 in Val
Pellice e in Val Germanasca e la Recessiva riorganizzazione dei partigiani
con la nuova espansione in pianura
nell’estate; le beghe fra i capi e con
le formazioni garibaldine del Cuneese;
l’ansia per i contatti con gli Alleati,
tutto passa davanti alTimmaginazione
del lettore come se fosse coinvolto
anche lui nelle azioni.
Il giudizio di chi è più competente
di noi è che la Resistenza nelle Valli
ha trovato in Donatella Gay Rochat
non solo una narratrice appassionata
e avvincente, ma anche « il suo storico » (così Leo Valiani nella prefazione).
« Il suo storico ». Una giovane, dunque, che riapre la serie — mai totalmente chiusa, del resto, — degli storici
valdesi. Ciò non è privo di significato,
ma pensandoci vien fatto di abbandonarsi a riflessioni non del tutto raflegranti. Il compito dello storico, infatti,
non è solo quello di ricostruire le vicende belliche in modo fedele ed imparziale, ma anche quello di individuare le matrici ideali che hanno condizionato o, a volte, spinto le azioni, acquistandone, a loro volta, chiarezza e coerenza. Ë quanto Donatella Gay cerca
di fare succintamente nel primo e nell’ultimo capitolo del suo libro in cui
affronta i rapporti fra la Resistenza
alle Valli e la Chiesa Valdese. I giovani partigiani non erano certamente
fuori della chiesa; erano la chiesa sui
monti, dato che essa non si identifica
coi pastori, i quali, del resto, non furono del tutto assenti nelle file partigiane. Ora la tesi della Rochat è interessante, ma non totalmente convincente: « Il richiamo al passato, in genere, ha un’azione frenante sul desiderio di rivolta di una popolazione;
la tradizione valdese, invece, è ricca
di continue lotte contro l’autorità costituita. Nel 1943, quindi, non poteva
avere un carattere di freno, ma semmai di stimolo per una partecipazione alla Resistenza » (pag. 16-17). È una
tesi che farebbe assai piacere ai giovani valdesi, compreso il sottoscritto,
poter sottoscrivere, ma che urta contro una valutazione che tenga presente un arco più ampio di tempo di
quello delle azioni partigiane. Infatti
la storiografia valdese degli anni trenta e quaranta, piuttosto che mettere
in evidenza il carattere « contestatario » della protesta valdese attraverso
i secoli, compresi quelli dell’azione militare maggiormente impegnata, mette in evidenza il lealismo politico, che
pure non è mancato, non solo dopo
il 1848. L'aggettivazione che accompagna questa storiografia è assai simile
a quella adoperata dagli storici del regime per qualificare, per esempio, le
azioni del Risorgimento visto in chiave puramente nazionalistica: basti
pensare alla frequenza dell’aggettivo
« glorioso » riservato alle gesta dei
padri, anziché, seconda la rigorosa
sobrietà della Riforma, a « Dio solo »:
soli Deo gloria. Certamente alcuni videro la continuità fra la storia dei padri e quella della Resistenza, considerando il fascismo come il nuovo sistema usurpatore di ciò che è dovuto a
Dio solo, sulle orme di Barth. Ma
questa valutazione teologica dovette
essere di pochi. Infatti che cosa accade dopo la liberazione? Gli uomini che
maggiormente vi hanno dedicato le
loro energie sono ben presto, in massima parte, emarginati dalla chiesa
ufficiale, dai Sinodi, in cui i delegati
delle Valli sono quasi sempre altri, rispetto ai nomi che compaiono in appendice al libro. Emarginati dalla
chiesa, o autoemarginatisi? Non lo
sappiamo. Ma nei due casi il fatto dà
da riflettere. E quelli che lavorano
nella chiesa, come ricordano la Resistenza? Per lo più come un passato
avventuroso personale, però Senza che
le motivazioni teologiche — che i giovani che non hanno fatto la Resistenza vorrebbero cogliere — abbiano un
benché minimo rilievo.
E allora? La Resistenza alle Valli
ha pure forti affinità con la vita della
chiesa, dal punto di vista della sua
espressione: gli intellettuali e i borghesi vi hanno avuto un ruolo determinante e sono i soli che ne hanno
poi tratto i vantaggi possibili. Gli operai, artigiani e contadini che hanno
occupato posti di responsabilità nelle
file partigiane, novelli cincinnati senza la retorica che più di venti secoli di
rievocazioni hanno portato sulla vita
del primo cincinnato, sono tornati ai
loro campi e alle loro officine avendo
solo perso la salute e gli anni migliori per una libertà da regalare agli altri. Ma un punto di incontro fra la
Resistenza e la sensibilità teologica
media della chiesa non è stato trovato
né durante la Resistenza né poi, come
appare anche nell’ultimo capitolo, soprattutto dove l'Autrice esamina, ap
punto, i rapporti con la Chiesa Valdese.
E qui si impone un altro discorso
poco rallegrante. Tutta la trattazione
si impernia sul carteggio pubblicato
su « Gioventù Evangelica » nel 1963,
noto a molti lettori per le polemiche
che suscitò. Da pochi accenni si desume che questa scelta non è deliberata dall’Autrice; una lettera di Roberto Malan « è conservata negli archivi
della Tavola Valdese; non mi è però
stato concesso di prenderne visione
per riguardo a pastori tuttora viventi, il cui comportamento era duramente criticato nella lettera » (pag. 160,
nota 3). Non -è rallegrante che'gli archivi dell’Amministrazione di una comunità di credenti siano chiusi a una
sorella che vuole consultarli per fare
un lavoro storico, proprio in un periodo in cui si lamenta la scarsità di giovani che si dedichino a questo tipo
di studi. In una comunità di credenti
i fratelli devono potersi guardare negli occhi liberamente in ogni cosa, anche nel loro peccato, anche quando
questo dovesse dar luogo a una riprensione fraterna. Non ci illudiamo; non
sarebbero mancati coloro che avrebbero fatto dell’eventuale pubblicazione di un documento simile una pezza
d’appoggio per fondare accuse, piuttosto che richiami fraterni. Ma non è
togliendo questa possibilità che si
cambia lo spirito in una chiesa o che
se ne favoriscono le possibilità di testimonianza. I giovani della generazione che viene dopo la guerra possono
oggi sapere assai più cose sul comportamento di Pio XII, dei vescovi tedeschi e del movimento dei cristianotedeschi che non sul comportamento
dei pastori valdesi e dell’insieme della
loro chiesa. Questo è un fatto di costume che non depone a favore' di
q'uest’ultima.
D’altronde, qual è il risultato di un
simile modo di procedere? I sospetti
dei più maligni vanno probabilmente
ben al di là dei compromessi che in
realtà ci sono stati, i quali, forse, non
furono né migliori né peggiori di quelli che conservatori e rivoluzionari, in
buona o in mala fede, fanno oggi.
Ma stupisce ancora di più il fatto
che, invece, un altro storico, il prof,
J. P. Viallet deH’università di Grenoble, « ha potuto liberamente attingere agli archivi della Tavola 'Vàldese »
(pag. 164, nota). Da una serie di rapporti sul periodo 1943-45 chiesti dalla
Tavola ai pastori delle Valli, risulta
che questi ultimi espressero giudizi
assai severi sul comportamento delle
truppe nazi-fasciste, ma furono in genere assai evasivi riguardo a una valutazione della Resistenza. Solo i pastori Aime e Genre diedero una valutazione positiva ed il pastore Geymet ^
una valutazione fortemente negativa.
Ma per saper questo i giovani devono rivolgersi al prof. Viallet.
Finché sono necessari intermediari,
è difficile che si possa fare la discussione di fondo che il past. Nisbet rinviava al dopoguerra nel 1944, scrivendo a Roberto Malan.
Claudio Tron
' Avevamo già scritto queste righe quando
abbiamo letto la precisazione del past. Geymet,
su cui non è possibile prendere posizione senza leggere lo scritto citato dal prof. Viallet —
non da Donatella Gay Rochat, che non fa che
riprodurne la lettera.
UN/^ LETTERA DI ETTORE SERAFINO
Il partigiano autonomo
Un lettore da Pinerolo;
Signor direttore,
poiché è sul giornale da Lei diretto
che venne preannunciata, e poi recensita, dando luogo già ad alcuni interventi, la recente pubblicazione edita dalla Claudiana « La Resistenza nelle Valli
Valdesi » della sig.ra Donatella Gay Rochat, forse vorrà ospitare qualche mia
precisazione e considerazione in merito: nè saprei a chi altri rivolgermi per
chiedere ascolto..
La prima è una precisazione di carattere personale (che mi spiace un po’ di
dover fare perchè ho sempre avuto ritegno a parlare di me stesso). Quel che
mi si attribuisce a pag. 42 del volume
è totalmente inveritiero. Giunsi a Bobbio il 25 settembre ’43 dopo una marcia di undici giorni attraverso le Alpi,
da Aosta, ove mi trovavo dal 2 settembre, trasferitovi dalla Balcania. Mi
to: fui tacciato spesso di « militarista »
perchè ritenevo che piu importante (o
altrettanto importante) e più urgente
delle discussioni politiche fosse perfezionare la preparazione tecnica alla
guerra e guerriglia dei ragazzi che salivano in montagna. Non solo per condurre una lotta più efficace, ma per la
loro stessa migliore possibilità di difesa e salvezza.
Punti diversi di vista dunque, che non
ci impedirono però,di aiutarci spesso
reciprocamente, G.L. e autonomi della
Val Chisone. Il mio e nostro preteso
agnosticismo politico consisteva nel
non volere il commissario politico di
un solo partito, ma di essere disposti a
ospitarne uno per ognuno dei cinque
partiti del CLN; nel distribuire non un
solo giornale, ma tutti i giornali clandestini, dal « Pioniere » (GL), all'« Opinione » (Liberale), alla « Voce di Spartaco » (Comunista) e, perchè no, anche
incontrai subito con dei giovani del al giornaletto monarchico._ Ognuno si
posto e ci dedicammo al recupero armi facesse, in piena libertà, l'idea che vo
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nei fortini. Non mi sognai mai di impe
dir che si parlasse di politica, e non
ebbi mai contrasti del genere con i bobbiesi. Il problema istituzionale non si
poneva neppure ancora e la qualifica
attribuitami di (sic!) «fervente» monarchico è un non senso; non vedemmo
mai, per qualche settimana, venir tra
noi gli esponenti di alcun partito. Semmai, all'inizio, in attesa di maturare le
idee (non mi sento di attribuirmi, come
forse altri fanno, la qualifica di « precursore », quanto mai difficilmente riconoscibile in giovani ventenni o poco
più) il ragionamento per me era semplice: se era giocoforza continuare la
guerra (spiacevole necessità) era giusto
combatterla per il governo legittimo;
tantopiù volentieri se il nemico coincideva con le forze per le quali non si era
mai nutrita alcuna simpatia. Tale semplicistica iniziale impostazione del problema era destinata ad ampliarsi col
tempo e con l’esperienza, via via intrav
leva farsi. Tant'è che alla Liberazione
non trovai affatto strano che alcune
mie formazioni autonome inalberassero bandiere rosse e .stelle garibaldine,
altre si proclamassero vicine idealmente al Partito d'Azione, altre conservassero i segni della loro origine « cattolica ». Se l’avere applicato con tanto
rigore i principi democratici fa parte
dei « miti » (così definiti) degli autonomi, di un mito simile sono fiero.
Sembra invece che l’autrice accomuni
in un unico giudizio di partigiani di
secondo rango garibaldini e autonomi.
Nè è esatto dire che i valdesi si orientarono naturalmente verso il Partito
d’Azione (dal quale, preciso a scanso
di equivoci, provengono molti tra i più
cari e stimati miei amici). In ogni valle, i locali divennero vuoi garibaldini,
vuoi « matteottini », vuoi G.L., vuoi autonomi, a seconda di chi si pose a capo
del movimento. Così i Lusernesi non
divennero garibaldini per contrasto
vedendosi altre finalità e altre ragioni ideologico coi G.L., ma perchè la Val
di impegno. Non è vero che lasciai Bob- Luserna ebbe dei comandanti legati al
bio per raggiungere gli Ivert: vi andai P.C.I. E non « alcuni valdesi » soltanto
un giorno per una riunione e ritornai a militarono negli autonomi della Val
Bobbio. Agli Ivert la riunione fu agi- Chisone, ma tutti (circa un centinaio,
tata; ma il dissenso non fu politico (o
almeno non lo sentii come tale), bensì
di ordine tattico e sulla condotta da seguire nella lotta: volendo taluni precipitare le cose ricorrendo, subito, alle
azioni militari (intese, ad esempio, come eliminazioni di « almeno un milite
fascista al giorno ») ed opponendomi
io (e non io soltanto) a tale metodo,
non solo per una istintiva ripugnanza,
ma perchè avevo la certezza della sua
inutilità, e perchè per compiti più seri
ancora non si era adeguatamente preparati sul piano militare; intuendo che
la lotta non si sarebbe risolta in quattro battute, ma sarebbe durata a lungo; e perchè, conoscendo meglio degli
altri i tedeschi e i loro sistemi, temevo
quel che si sarebbe abbattuto sulla
valle. ,
Fu questo contrasto, e non altro, a
decidermi a lasciare (forse a torto) la
Val Pellice, e a continuare altrove la
mia attività.
Comunque: per buona pace di chi ha
ritenuto di esporre all'autrice circostanze difformi dalla verità, il « fervente »
monarchico, postosi il problema istituzionale, ha votato per la repubblica e
nella modesta attività politica successivamente svolta ha appoggiato Unità
Popolare, i Radicali, il PRI e così via.
Certi contrasti li ebbi anche in segui
almeno) quelli delle frazioni dell’Inverso Pinasca e di Perosa Argentina.
Forse nel libro non dovevano trovarvi il loro giusto posto? E non era doveroso ricordare la luminosa figura di Enrico Gay, caduto poco sopra la Balziglia, valdese in terra (e quale terra!)
valdese? E dir qualcosa del di lui fratello, Gianni Gay, che fu uno degli animatori della resistenza in zona, che
ebbe grandi responsabilità di comando,
così nobilmente assolte nonostante la
giovanissima età? Notisi che Gianni
Gay ed io fummo a lungo intervistati
dall’autrice: a che prò?
Così come non trova posto nel libro
alcun cenno alla resistenza, non meno
degna e impegnata di quella armata,
combattuta col rifiuto al compromesso
e la lunga macerante prigionia in Germania da molte centinaia di soldati vaidesi.
La seconda considerazione riguarda
la parte del libro ove mi si tira nuovamente in ballo per una lettera pubblicata su « Gioventù Evangelica » quando venne trattato l’argomento della posizione assunta dalla Chiesa Valdese
nel periodo della resistenza armata;
ponendomi al fianco (del che sono onoratissimo) del Pastore Nisbet. Non ho
che da ripetere quel che già dissi: respingendo la distinzione tra chiesa uf
ficiale e non; ritenendo che per dei protestanti la chiesa sia la comunità dei
credenti e non una gerarchia; pensando
che si può tutt’al più parlare di responsabilità singole e non della Chiesa. E
ricordando a me stesso che sentii sempre a noi solidalmente vicini i pastori:
da Nisbet a Peyronel la cui casa a Perrero era un abituale nostro rifugio, a
Mathieu in Pomaretto, a Genre perseguitato, al caro pastore Luigi Marauda
che seguii nella preghiera sulla bara di
mio fratello (valdese) ucciso dai tedeschi.
Il pretendere che si dovesse rischiare
l’olocausto degli inermi e dei villaggi
per delle solenni affermazioni di principio è profondamente ingiusto; per nulla generoso se si ha il coraggio di non
creder d’essere stati degli eroi, e di ricordarsi che in fondo eran più esposti
alla ferocia nemica gli uomini, le donne
e i bimbi rimasti nei villaggi, che non
noi, giovani liberi di andar dove si voleva, pur combattendo.
Per parte mia, ritengo che il dovere
dell’umiltà sia il primo che si deve assolvere; e che non si può fare i duri, i
valorosi a tutti i costi sulla pelle degli
altri.
Mi scusi la lunghezza di questo intervento: le prometto comunque che non...
ritornerò alla carica, qualsiasi cosa mi
venga contestata o rinfacciata; e vorrei
che chi, leggendomi, con nze consente,
si dispensi dal manifestare la sua adesione; in fondo, tant’acqua è passata,
che non penso meriti farla... risalire a
monte. Se no, han davvero ragione quei
giovani che sentono venir a noia la resistenza, mitizzata dai protagonisti con
una narcisistica esaltazione di se stessi,
vuoi direttamente, vuoi per interposta
persona.
Aggiungo che quel che ho osservato,
non toglie valore al libro che sarà sicuramente costato impegno e fatica non
lievi all’autrice. E non penso debba incrinare l’amicizia con tanti partigiani
della Quinta G.L. per i quali nutro e ho
sempre manifestato simpatia e stima:
non faccio che un nome per tutti. Paolo
Favout; per me è stata ed è una delle
più belle e limpide figure tra tanti « resistenti » che ho conosciuto, e non ho
mai perso occasione per dirlo.
Nessun altro motivo comunque ha
mosso la mia penna se non quello di
servire la verità: senza di che, anche
giustizia e libertà son parole vuote.
Ettore Serafino
Se non vi ravvedete...
Un lettore., da Genova:
« Pensate voi che quei Galilei fossero
più peccatori di tutti i Galilei perché hanno sofferto tali cose? No, vi dico; ttit^ se
non vi ravvedete, tutti similmente perire
te » (Luca 13: 2-3).
Signor direttore,
Nel n. 39, nella risposta della scrittrice
Donatella Gay Rochat al pastore Nisbet, leggo : « ,..e membri di chiesa che ammazzarono
dei fascisti per le ragioni indicate da Barth
nella lettera citata a pagina 171 del mio
libro... ».
Non conosco le ragioni indicate da Barth
perché non ho letto il libro, e non so se lo
leggerò, ma (per me) Tespressione non è buona né bella, pur pensando che nel contesto
non possa esser esternata che cosi.
Mi permetto chiedere umilmente alFAutrice : Cosa e quanto sa e può dirci (lìbera da
probabili ìncliìliazionì politiche dì partito, dal
sereno punto di osservazione di credente in
Cristo) di puramente vero suWitaliano fascismo e sugli italiani fascisti ammazzati dagli
italiani partigiani e viceversa?
A parte i voltagabbana professionisti (privi
di un loro ideale), sembra che, oggi, gran
parte degli italiani vogliano dimostrare d’essèr
stati « resistenti e partigiani » come, ieri, volevano dimostrare d’esser stati « antemarcia ».
Persino la « Breve Storia dei Valdesi » di
E. Comba ha avuta (non so per quale opportunità) modificata la conclusione originale con
un allegato racconto dì fatti per dimostrare
la partecipazione valdese ai crudeli avvenimenti sul finire della guerra, i quali, io modestamente penso, non possono essere considerati con Tobiettività dello storico perché permeati, sinora, dalle passioni politiche del
tempo.
Noi peccatori e fratricidi, che esaltiamo ì
morti delle Fosse Ardeatine ma ignoriamo
quelli delle Foibe Istriane ed altri; che ancora intentiamo processi e discriminiamo vivi e morti, con che cuore predichiamo che
« ...v'è un solo Padre, e noi siamo tutti fratelli... »?
La preghiera che pretendiamo rivolgere a
Dio unitamente a Gesù « ...Padre nostro... ri
mettici i nostri debiti come anche noi li ab
biamo rimessi ai nostri debitori... liberaci dal
maligno... », non diventa una farisaica recitazione?
Amare il prossimo « come noi stessi » è
molto difficile, ma ho Linipressione ci manchi
anche la minima buona intenzione e trascuriamo ogni occasione che ci viene offerta.
Possiamo ingannare la nostra coscienza (fino a quando?) ma Dìo no.
Voglia Egli, con il Suo grande Amore, aiutarci a guidarci, perché ci siam smarriti in
questo mondo.
Ringrazio vivamente per quanto mi si vorrà
gentilmente e sinceramente rispondere.
Con i più rispettosi saluti
Renato Pampuro
Convegno evangelico
a S. Marzano Uliveto
Nei giorni 4 e 5 ottobre, presso la
Casa Evangelica in S. Marzano Oliveto
(Asti), si è svolto un Campo giovanile
di lavoro e di studio con tema; « Comunità di servizio » e « Vacanze in comune ».
Il sabato giorno 4 un gruppo di giovani Valdesi e Metodisti, provenienti
da Genova, Torino, Milano e Alessandria, hanno prestato volontariamente
la loro opera lavorando nei vigneti della zona. E la prima volta che in questa zona del Monferrato viene attuata
Finiziativa di giovani fratelli in fede
che offrono un concreto contributo
per realizzare uno spirito cristiano e
comunitario anche nel pesante lavoro
della campagna.
Alla sera del medesimo giorno gli
stessi giovani (stanchi ma allegri!) si
sono ritrovati nella sala della « Casa »
per discutere il tema « Comunità di
servizio ». Molti gli interventi e animata la conversazione. Il mattino di domenica 5, nella locale Chiesa metodista, i giovani hanno presieduto il Culto
e predicato, presente tutta la Comunità. Nel pomeriggio i numerosi
giovani convenuti — fra i quali anche
un buon gruppo di cattolici — hanno
trattato il tema « Vacanze in comuR »
con numerosi interventi e testimonianze di esperienze fatte durante i soggiorni a Agape, Ecumene, Tramonti,
S. Marzano. I giovani cattolici presenti
hanno illustrato con molta chiarezza
ed approfondita cultura la Comunità
di Taizé.
Un Campo, quindi, ben riuscito. Vada dunque un plauso al Direttore Andrea Anziani, e soprattutto un sincero ringraziamento al Signore che ha
benedetto questa nuova iniziativa, g.
Dalla Faresterla "La Racciaglia,, di Pradeltorno
L’estate 1969, segnata da piogge quasi continue, non ha favorito un grande concorso di turisti alla Foresteria;
la strada, abbandonata in uno stato
deplorevole, a tratti persino pericoloso, ne ha allontanati altri (in questi
ultimi tempi è stata migliorata per diretto interessamento del Sindaco di
Angrogna); i gruppi tedeschi, che erano soliti venire da noi, avevano programmato un viaggio in Norvegia:
speriamo rivederli l’anno prossimo a
raccontarci di quelle lontane regioni!
Malgrado tutti questi contrattempi,
nel mese d’agosto vi è stata una presenza oscillante da 15 a 20 ospiti fissi,
senza contare le numerose comitive occasionali per il pranzo o per tè. La
« Dépendance » della Foresteria — situata a pochi metri dietro la medesi
II
ma — è stata completamente ammobiliata ed arredata, e si è rivelata assai confortevole per l’ampio soggiorno, dove gli ospiti si raccoglievano intorno al fuoco del caminetto durante
il cattivo tempo.
La signora Muraglia ha diretto anche quest’anno la piccola comunità
con competenza, creando un’atmosfera familiare e serena.
L’anno prossimo ci hanno assicurato che la strada sarà portata a termine, e noi ci auguriamo di vedere raddoppiato il numero di persone che verranno a trascorrere un periodo di riposo alla Foresteria di Pradeltorno.
L’équipe della Foresteria
« La Rocciaglia »
Indirizzo: Foresteria Rocciaglia
Pradeltorno, 10060 An¿rogna.
3
7 novembre 1969 — N. 44
pag
UNA VIVACE CARRELLATA SUL Vi DIS'lRETTO
Nelle chiese calabresi e siciliane
A VITA (TRAPANI)
Il 3 e il 4 novembre si è riunita, a Messina, la Conferenza del VI Distretto (Calabria e Sicilia), introdotta da una relazione del past. Tullio Vinay sul tema
”/ credenti oggi, di fronte aWattuale istituzione ecclesiastica”, tema che è stato esaminato nelle comunità,
in precedenza. È stata quindi esaminata la situazione
elei Distretto dopo la nuova sistemazione del campo di
lavoro; si sono discusse le linee di lavoro tracciate dagli ordini del giorno sinodali, in riferimento alle chiese locali. In attesa di poter riferire su questa riunione,
ci è parso bene dare una panoramica della vita di que
sto Distretto, quale risulta dal bollettirw difjuso ultimamente da quella Commissione distrettuale, e che ci
è parso particolarmente vivace, interessante, ricco di
dati e di indicazioni. Sarebbe, bello se potessimo, periodicamente, dare questi giri d’orizzonte sulla vita
valdese nelle varie zone del nostro paese. In questa
stessa pagina pubblichiamo, riprendendolo dal Giornale di Sicilia”, un articolo che pres<nta la inaugurazione del villaggio ’’Speranza”, a Vita, della quale abbiamo dato brevemente ruìtizia la scorsa settimana: una
voce esterna, tanto più significativa.
La Tavola Valdese ha contestato gli
atti della Conferenza di Messina (giugno) relativi all' allargamento della
Commissione da tre a cinque membri,
come il past. Corsani aveva previsto.
Ci è, comunque, sempre concesso di
aggiungere, con voce consultiva, altre
persone per cui tanto Irene Wigley che
Gaetano Lentini hanno continuato a lavorare con la Commissione. Questa ha
avuto due riunioni, la prima in agosto
e l’altra alla hne di settembre.
I-,'argomento essenziale delle discussioni è stato Torientamento nuovo che
la conferenza di Messina ha voluto dare al lavoro nel Distretto: la formazione di chiese autonome, cioè coscienti
del loro mandato e che si sappiano reggere da sole, e autonomia finanziaria
del Distretto perché anche le singole
comunità raggruppate fra loro lo siani j. È un cammino lungo che vogliamo,
Pl rò, iniziare subito.
SITUAZIONE GENERALE
DLLLE CHIESE
Sono partiti i pastori Eugenio Rivoir,
Gi '.nna Sciclone e Salvatore Briante. Il
S: more dia loro di compiere fedelmente la loro vocazione di servizio alla Pare a. Ricordiamo in modo particolare
il >ast. S. Briante che è stato in Sicilie per così lungo periodo di tempo ed
è etato presidente della nostra comm ssione distrettuale pure da molti
ai li. Sono arrivati fra noi i pastori
O'.nardo Lupi e Sergio Ribet, ai quali
diamo il benvenuto.
; ra la partenza degli uni e l’arrivo
de gli altri, per un considerevole periodo di tempo, parecchie chiese non
he mo avuto pastore, ma ci è stato di
ve o incoraggiamento il vedere come
hi. imo proseguito ugualmente la loro
via, cominciando subito a realizzare
quanto ci siamo insieme proposti. La
T avola, che quest’anno non ha ascoltato la nostra richiesta di mandarci un
.cologo itinerante, per preparare nelle
s ugole assemblee quei ministeri che
c se esprimono, ha promesso di manfi rio l'anno prossimo. In questo senil nostro attuale lavoro può essere
i l vista di un ministerio teologico più
preparato negli anni seguenti; lavora
e perché le singole assemblee cono
scendosi meglio possano indicare quali
dei loro membri hanno da essere oggetto di una preparazione teologica più
nrofonda.
Anche in vista di questo lavoro co:,iune le chiese del distretto saranno
I Ile al più presto visitate: il prof. E.
1 izzanghera visiterà le chiese di Cosenza e di Catanzaro con le relative
cinspore; il past. S. Giambarresi visiti! à le chiese di Messina, Reggio C.,
Pn. hino e relative diaspore; il prof. G.
Li'iUini visiterà la Chiesa di Trapani e
la diaspora; la prof. Irene Wigley le
chiese di Agrigento, Caltanissetta, Vittoria, Grotte e diaspora; il past. T. Vinav le chiese di Catania e Palermo con
le loro diaspore.
Si è pensato che per un migliore impiego di tempo, anziché indire un convegno pastorale, fosse bene favorire
raduni di chiese viciniori per avviare
un comune lavoro.
Sempre in vista di una profonda
azione di revisione e di riforma nelle
nostre chiese si è pensato far cosa
utile indicendo la conferenza distrettuale d'autunno nello stesso tempo
e luogo (Messina, dalle 14,30 del .3
novembre alle 15 del 4 novembre) del
convegno giovanile. Avremo così insieme ai giovani la presentazione di un
tema comune, che discuteremo separatamente, ed infine ci ritroveremo coi
giovani anche per conclusioni comuni.
I giovani si sono mostrati molto contenti di questa iniziativa. Non ci resta
che augurarci che le chiese ed i loro
giovani affluiscano numerosi alla conferenza insieme con i delegati onde
questa rappresenti un punto di partenza di tutti.
LA CHIESA IN VITTORIA
Jean-Jacques e Judy (del « Servizio
Cristiano » di Riesi) hanno regolarmente visitato la chiesa in Vittoria nel lungo periodo nel quale questa c rimasta
senza pastore. Il loro servizio è stato
assai apprezzato. Hanno presieduto il
culto a due. La chiesa ha avuto una
lunga crisi, ma quale è la chiesa che in
questo tempo non ha avuto crisi? L irnportante è di trarne una lezione valida o meglio comprendere quel che lo
Spirito dice alla chiesa. Ed è qui che
dobbiamo tutti ravvederci, cioè mutare la mentalità da volta verso a noi a
volta verso il « mondo nuovo » di Cristo per vederne e comprenderne l’azione. La chiesa di Vittoria si è mostrata
aperta a un mutamento di vita: forse
se proseguirà nell’intento torneranno a
lei quei fratelli che da tempo si sono
allontanati e altri nuovi che il Signore
le sospingerà. Ora, anche se solo per
due giorni alla settimana, a Vittoria
viene il pastore S. Ribet. Venendo
« senza passato » potrà aiutare i fratelli a liberarsene per guardare con
speranza viva al futuro di Dio della
cui grandezza il Suo Spirito ci parla
nelTEvangelo. Della Chiesa fa parte
anche il nucleo di fratelli e sorelle della Casa di Riposo. Il fratello Bausone
si è dato molto da fare per essa. Si è
impegnato senza riserve. Ora una sorella canadese, Mrs. Bell, è arrivata a
prenderne la direzione, che è un servizio necessario. Cosi si aggiungono
nuove energie. La sig.ra Bell e il Sig.
Bausone, con altri collaboratori cercheranno di ravvivare anche questa
parte anziana della stessa comunità.
E forse verrà il giorno in cui la Casa
di Riposo sarà diretta espressione del
servizio che la Chiesa di Vittoria, rinnovata nel suo senso vocazionale, vorrà dare a tutte le chiese della Sicilia.
LA CHIESA
IN AGRIGENTO E GROTTE
Rimasta, sia pur temporaneamente
senza pastore, l'assemblea dei fratelli
di Agrigento ha mostrato di non aver
perduto l’educazione nello Spirito che
il suo anziano, prof. Sciascia, le ha dato durante molti anni del suo fedele
servizio. In una recente assemblea posta di fronte alla necessità di far fronte alla nuova situazione, ognuno si è
messo a disposizione per il servizio comune. Ben quattro si sono offerti pei
predicare, altri per la scuola domenicale, altri per gli ammalati, altri hanno
messo a disposizione l’auto per l’assistenza. Nel cammino verso un’autonomia delle chiese, la chiesa di Agrigento
può darci un esempio. Di più sono
pronti anche ad aiutare la chiesa di
Grotte. Questa ha avuto un grande passato. L’emigrazione l’ha ridotta ad un
piccolo numero. Il grande tempio che
indica la vastità delle assemblee dei
tempi andati è oggi lesionato tanto
che non vi si può tenere il culto. Questo è fatto in casa di una sorella. Ma
le persone sono in gran parte anziane.
Due possono spiegare l’evangelo, ma
uno è ottantenne e non può più far
molto. La chiesa di Agrigento verrà di
tempo in tempo in aiuto.
LA CHIESA IN CALTANISSETTA
È anch’essa senza pastore. Un fratello ed una sorella assicurano la predicazione. Hanno accolto l’invito a collaborare alla riforma delle nostre comunità. Recentemente Irene Wigley del
« Servizio Cristiano » di Riesi vi si è
recata. Ha presieduto l’assemblea e,
dopo la predicazione, si è discusso di
quanto poteva esser fatto perché la
comunità si reggesse da sola.
È in programma un incontro fra le
chiese del centro-sud della Sicilia per
esaminare insieme i problemi riguardanti la propria missione e stabilire
una collaborazione fra tutte queste
comunità.
LA CHIESA IN RIESI
Qui' la situazione è del tutto particolare.
Da una parte vi è la « chiesa » con
il suo pastore ed il suo consiglio. Ha,
ormai, ben 98 anni di vita ed un passato rilevante. Con le sue scuole e spesso con la sua gioventù ha fortemente inciso nella vita della città. Soprattutto le scuole sono state per lunghi
anni le più importanti di Riesi e una
gran massa di cittadini, sia poveri che
notabili, vi son passati. Le maestre
hanno dato un esempio ammirevole di
dedizione avendo un lavoro enorme ed
uno stipendio minimo. L’emigrazione
prima, un progressivo spirito di indifferenza poi hanno progressivamente ridotto la vitalità e anche il numero dei
membri.
Dall’altra parte y’è il gruppo comunitario del « Servizio Cristiano » con
press’a poco 24 membri. Questo gruppo ha le sue assemblee regolari, il suo
Consiglio di anziani. I membri son
tutti impegnati col loro specifico ministerio in attività varie, d'educazione,
di assistenza, d’economia e di politica.
Cerca di servire la città annunziando
il « nuovo mondo » di Cristo in un dialogo concretizzato nelle azioni. Questo
gruppo è a Riesi ormai da otto anni.
Il gruppo partecipa ai culti ed alle
attività della « chiesa » e ne fa, anche,
parte; la « chiesa » fornisce al gruppo
un numero rilevante di collaboratori
che si integrano sempre più nella sua
vita.
In quest’ultimo anno le relazioni fra
Luna e l’altro sono state sempre più
strette e la collaborazione reciproca
assai proficua. Si cerca, insieme, il rinnovamento dell’assemblea dei creden
ti per un lavoro comune sia in Riesi
che in Sicilia. Durante quest’anno si è
studiata, al culto serale, la vita della
prima chiesa cristiana negli Atti degli
Apostoli. Recentemente l’assemblea ha
deciso che ogni culto abbia una sua
parte dedicata alla discussione dei problemi della comunità e della città, discussione nella quale tutti possono intervenire. E un inizio, però questo ci
dà di conoscerci sempre meglio e di
formarci sempre più comunitariamente. In questi mesi, nelle discussioni
fraterne del culto domenicale si tenta
di rivedere nel confronto con la Parola le attività, i riti, le abitudini della
chiesa, per scoprire quel che vi è di
vero o di falso nel « vecchio » e nel
« nuovo ». La misura di tutto sta in
Cristo, che vogliamo servire insieme.
VISITA DI DUE PROFESSORI
DELLA NOSTRA FACOLTÀ
In novembre il Prof. Alberto Soggin,
accompagnato dalla sua Signora, visiterà le Chiese di Palermo (18-19 nov.),
di Riesi (20-22 nov.), Catania (23-24
nov.), tenendo due conferenze su:
« Rapporti fra Antico e Nuovo Testamento nella predicazione »; « Implicazioni politiche nel messaggio dei profeti ». Inoltre egli predicherà a Catania la domenica 23 novembre.
In marzo, dal 15 al 22, il Prof. Valdo
Vinay farà un giro di visite alle chiese della Sicilia, predicando e tenendo
delle conversazioni sulla comunità cristiana, i ministeri, la testimonianza nel
mondo, la predicazione, la catechesi,
la cura pastorale. Probabilmente per
utilizzare meglio questa visita cercheremo di organizzare degli incontri di
comunità o di consigli di chiese.
È bene cercare di ovviare all’isolamento delle chiese della Calabria e
della Sicilia invitando fratelli preparati dal di fuori per farci partecipi del
pensiero delle altre comunità.
IL SEGRETARIQ DELLA F.U.V.
VISITERÀ LA SICILIA
In dicembre il pastore Franco Giampiccoli farà un vasto giro di visite
alle Unioni Giovanili in vista della futura Federazione della Gioventù Evangelica Italiana. Il programma di questa visita sarà diffuso fra le unioni a
tempo debito.
FINANZE
E chiaro che vedremo assai presto
se le nostre chiese hanno accettato con
gioia la ricerca di una vera riforma
della loro vita, anzi di una ri-creazione
dell’assemblea dei credenti. Lo si vedrà dalla responsabilità che ciascuna
si assumerà (ed in essa ciascun membro) di fronte alle necessità finanziarie
del loro mantenimento e del mantenimento del lavoro nel nostro distretto. Dobbiamo finirla con lo stato di
minorità in cui siamo stati fin’ora,
chiediamo sempre tutto alla Tavola
Valdese. In questi ultimi dieci anni,
ognuno ha fortemente migliorato la
sua abitazione ed il confort di essa,
ma non ha alterato di molto i suoi contributi perché l’opera dell’Evangelo si
diffondesse in Sicilia.
« Tutto il villaggio è una polemica viva... »
Un villaggio
che si chiama "Speranza.
« Un villaggio che si chiama Speranza, posto alle porte di un borgo
che si chiama Vita: nella zona del
terremoto tra Calatafimi e Gibellina, che di retorica ne ha vista tanta. Basterebbero questi due nomi
per impiantarci su tutto un bel discorso, infiorato di immagini e di
voli lirici.
« Niente di tutto questo alla cerimonia della consegna delle chiavi agli assegnatari delle casette che
il Servizio della Chiesa evangelica
valdese di Palermo ha donato alla
popolazione terremotata di Vita.
Venti casette che a vederle si direbbe siano stati loro, gli stessi assegnatari, a costruirle: tanto esse sono fatte con gusto e con amore, e
disposte sul pendio con piccoli
spiazzi che non hanno alterato la
natura stessa del terreno. Casette .
sparse qua e là, con i loro giardinetti davanti, le loro aiuole, le loro
stradine, insomma tutto un insieme da presepe. Al paragone, la fila
delle baracche da terremotati, poste lì a un tiro di schioppo, allineate, brutte, monotone e tristi accentuano di più la sensazione di "Lager” che ciascuna di queste baraccopoli ispira.
« Lo hanno chiamato Villaggio
Speranza. Domenica scorsa sono venuti dalla città, guidati dal dr. Panasela, capo della Chiesa valdese di
Palermo, uomini e donne della comunità evangelica, sono venuti con
loro altri rappresentanti della Chiesa valdese in Italia, ne sono venuti
anche dalla Svizzera e dalla Germania (perché da lì sono state
mandate le case in elementi prefabbricati), e hanno voluto fare festa a
Vita, dando a questa cerimonia della donazione delle case un significato gioioso e cordiale.
« Prima della consegna dello chiavi vi sono stati dei brevi discorsi:
sono state dette parole simpatiche,
senza enfasi e retorica, senza ombra di polemica, tanto che persino
l’arciprete cattolico ha potuto intervenire e dire la sua, e sottolineare
con tutta schiettezza che queste
case venivano date da protestanti a
cattolici, in uno spirito di vera e
concreta fraternità cristiana.
« E dire che di polemica se ne
sarebbe potuta fare tanta. Le difficoltà incontrate per potere realiz
zare l’opera: difficoltà burocratiche,
alle quali si è subito alleata la speculazione che ha fatto salire i prezzi del terreno nel giro di ventiquattro ore. La comunità valdese ha dovuto farsi tutto da sé, e non solo le
case: le strade, la rete fognante, le
condotte d’acqua, V allacciamento
dell’energia elettrica, l’illuminazione
pubblica. Ma ora il villaggio è totalmente autonomo, le case sono
linde, comode, con tutti i servizi,
compresa la doccia e l'acqua calda.
E tutto ciò realizzato nel giro di
pochi mesi, con una spesa che è
esattamente la metà di quella che è
occorsa allo Stato ed alla Regione
per costruire quelle baraccacce malsane e già mezze cadenti di cui è
ormai fin troppo pieno tutto il Vallo di Mazara.
« Anche i tempi di attuazione sono
una polemica; anche il fatto che la
pubblica amministrazione non vi
abbia messo un dito di suo. Tutto
il villaggio insomma è una polemica viva, un rimprovero messo Vi,
tra il paese terremotato e la baraccopoli, in una vallata così verde e
così bella che si stenta a crederla
zona depressa.
« Quello del Villaggio Speranza, a
Vita, è il secondo esempio di quanto si può fare quando si vuole e
quando l’impegno di realizzare è
schietto ed onesto.
«L'altro esempio è quello di Santa Margherita Belice, dove ad iniziativa di un gruppo di privati, tutto siciliano questo, cioè la “Libera
Assemblea", alla quale aderiscono
persone di tutte le estrazioni, di
tutte le tendenze e di tutti i credi
politici, ma unite nel comune denominatore dell’onesta volontà di realizzare, un villaggio di 37 case, che
più che case si possono chiamare
“chalet" alla svizzera, è sorto, completo di tutto.
« Queste case sono costate ventiseltemila lire a metro quadrato. Se
si pensa che le baracche dello Stato e della Regione costano cinquantaquattromila lire il metro quadrato, si capirà come ogni altro commento sarebbe di troppo ».
Antonio Falcone
(Dal «Giornale di Sicilia»
del 21 ottobre 1969)
iiiimtiiiiriiiiiiiiMiiiiii
■iiimimiiiiiimiiiiii
iiiiiimiimiiiiiiiiiii
Un seniizìa che deve centinnare, no ?
La diilusione del iaglio quindicinale che riporta le predicazioni dornenicoli rodiotiosmesse
IL CULTO EVANGELICO
Radiodiffuso dalla R.A.I.
Questa è la testata del foglio che
quindicinalmente riproduce a stampa
il Culto Evangelico diffuso dalla R.A.I.
ogni domenica mattina e che è inviato
a circa 160(> indirizzi andati man mano
accumulandosi in una ormai lunga serie di anni per merito di coloro che ne
hanno fatto richiesta e hanno domandato di riceverlo in maniera continuativa. La maggior parte di essi ha versato una quota di abbonamento volontario che ci ha fin qui aiutati a fare
le spese contenute in un bilancio ridotto allo strettissimo necessario, mentre
altri (avendoci dichiarato di non potere
versare una quota di abbonamento)
hanno continuato a riceverlo gratuitamente e siamo stati ben lieti di andare loro incontro trattandosi di emigrati, carcerati, infermi, persone in disagiate condizioni economiche, sacerdoti, ecc. e ciò tanto più che abbiamo
sempre potuto chiudere a pareggio il
nostro bilancio annuale. A titolo di informazione rileviamo che la spesa annuale di stampa e di spedizione si aggira sul milione e mezzo.
Senonchè i recenti aumenti dei costi
di stampa e il sensibilmente diminuito
interesse per il Culto evangelico radiodiffuso ci fa prevedere per il prossimo
futuro delle difficoltà di bilancio tanto
che, se non ci perverranno delle offerte
o da parte delle Chiese o da parte dei
singoli cui sta a cuore questo modesto
settore di attività, saremo costretti, nostro malgrado, a sospenderlo. Lo comprendiamo, sarebbe un chiudere una
porta che si è aperta dinanzi, una rinuncia dolorosa ad una testimonianza
che ha dato i suoi frutti.
Vorranno le Chiese e quanti hanno a
cuore questa iniziativa manifestare la
loro concreta solidarietà? Lo speriamo
e restiamo in attesa.
Per il Servizio stampa e spedizione
del Culto Evangelico radiodiffuso
il Pastore Guido Mathieu
N.B. Le offerte possono essere inviate
a mezzo vaglia postale intestato impersonalmente a « Culto Evangelico » - Via
IV Novembre, 107 - 000187 Roma, o a
mezzo C.C.P. numero 1-31379 intestato
al Pastore Guido Mathieu - Via IV Novembre, 107 - 00187 Roma, indicando la
causale del versamento.
DONI ECO-LUCE
Giovanni Grill, Bordighera 500; Alice Luchini, Napoli 500; Enzo Mantovani, Mantova 500; Margherita Scarinci, Forano 500;
Damiano Scianna, Monreale 500; Aless'o
Luigi Grill, Prali 200; Dante Gardlol. San
Secondo 500; Aldo Costabel, Milano 500;
Ada D’Ari, Rimini 500; Giovanni Zavaritt,
Gorle 2.500; Gaspare Luchsinger. Bergamo
500; Irma Venturi, Villar Perosa 250; Manlio Gay, Roma 2.500; Giovanni Morello, Svezia 470; Giulio Genre, Abbadia Alpina 500;
Bario Coucourde, Inv. Rinasca 500; Irma
Clot, Ridarello 500; Norberto Ferrerò, Villar Perosa 500; Emilia Regali Gianotti,
Ivrea 1.000; Margherita Costabd, Torre Pellice 500.
Doni particolari, per l'acquisto di una calcolatrice: Pierre Bonel de Colombiere L. 40
mila; Beniamino Peyronel, Torre Pellice
L. 20.000.
Grazie! (continua)
4
lag. 4
N. 44 — 7 novembre 1969
Riunita a Torino la Conferenza straordinaria del II Distretto
Le chiese si interrogano
sulla loro presenza nella città
Nei locali della chiesa di Corso Oddone, a Torino, si sono riuniti il 1° e 2
novembre i membri della Conferenza
straordinaria del II Distretto. Richiesta dalla Conferenza ordinaria dello
scorso giugno, ci si sarebbe potuti attendere una migliore partecipazione;
due delle non molte comunità del Distretto mancavano del tutto, e il numero dei membri, nella giornata di domenica, era ridottissimo. Peccato. Ciò
non significa che non si sia fatto nulla,
né che raffiatamento sia mancato, nelle sedute, che sono state efficacemente
guidate dal presidente past. Ernesto
Ayassot, dal vicepresidente Edoardo
Bert e dal segretario Adriano Longo
(coadiuvato per la stesura degli atti da
M. V. Revelli).
Dopo im breve culto iniziale presieduto dal past. Ayassot, la prima mattinata è stata dedicata alla riflessione su
un tema strettamente biblico-teologico: Peccato e redenzione nel messaggio biblico e nella visione moderna.
Esso è stato introdotto dal past. Michele Sinigaglia (simpaticamente accompagnato da alcuni battisti di Rivoli e di Torino) e dal past. Gino Conte,
i quali hanno delineato, a grandi tratti,
lo svolgersi della testimonianza dell’Antico e del Nuovo Testamento su questo tema. Un terzo studio, venuto a
mancare, sull’aggancio alla problematica contemporanea, è stato in parte,
ma solo in parte sostituito dalla presentazione di alcune linee di riflessione
e da liberi interventi: secolarizzazione
(e banalizzazione) del concetto di peccato; lo svuotamento del senso di responsabilità e quindi di colpe nel
"funzionario" (si pensi al caso limite
di un Eichmann); l’apporto positivo e
negativo della psicanalisi; l’insistenza
odierna sulla dimensione sociale del
peccato, con squilibrio eguale e opposto a quello di generazioni precedenti
più individualistiche; la scarsa concretezza delle nostre confessioni di peccato nel culto, scarsa partecipazione al
peccato della città; il peccato in un’epoca di profonde trasformazioni dell’etica corrente. Queste e altre questioni sono state, per lo più, appena
sfiorate, e per quanto la discussione
sia proseguita nel pomeriggio, non è
parsa molto fruttuosa, ed è rimasto
l'interrogativo se a ima conferenza distrettuale interessasse porsi di questi
problemi, o no.
Si è quindi affrontato — su un piano
serio, di profondità spirituale — il problema delle nostre finanze, o meglio
della carenza contributiva da im lato,
e soprattutto, dall’altro, il problema
deH’impostazione stessa dei nostri bilanci. Vi è a questo riguardo un malessere profondo, nelle nostre comunità,
e bisogna pure che il groppo venga alla
luce, e al più presto.
Quindi le chiese hanno cominciato a
presentare la loro vita, la loro presenza nella città; ma il tempo tiranno ha
limitato il numero di queste presentazioni, ed è stato peccato. Nella serata
del sabato è stata la volta dei giovani,
i quali hanno, almeno per alcune Comunità, presentato le linee del loro
lavoro, alcuni progetti e la loro visione di una presenza nella città. I gruppi giovanili si stanno drasticamente riducendo, ma anche qualificando, sia
come impegno sociale, sia pure come
ricerca di approfondimento biblico.
Nelle quattro zone della comunità
valdese ’ torinese, domenica mattina i
delegati sono stati efficacemente presenti, presiedendo i culti o rivolgendo
messaggi e dando notizie delle loro
chiese. Se qualcuno ha lamentato la
difficoltà di una "smobilitazione locale”, di domenica, la comunità torinese
se n’è comunque avvantaggiata e rallegrata. Essa ha Offerto la sua ospitalità, sia nelle case, sia partecipando
alle sedute (invero non in numero massiccio... il ponte festivo ha ulteriormente diradato i ranghi).
In fine di conferenza, oltre ad alcune
questioni organizzative, come la difficile questione della preparazione di laici
a livello d’insieme distrettuale (si è
auspicato il sorgere in ogni comunità
di un gruppo di studio, con programma comune a tutti: 3-4 volte all’anno,
un incontro generale per confrontare
i risultati della ricerca di gruppo), si
è parlato dell’opportunità di sollecitare contatti in vista della costituzione di federazioni evangeliche regionali, in Piemonte e in Liguria, e a questo scopo si è raccomandato alla Commissione distrettuale di prendere contatti con le chiese del Distretto, con
quelle delle Valli Valdesi e con le altre chiese evangeliche delle due regioni, sia quelle « federate » (battiste e
metodiste) che le altre: si vuole infatti che questo collegamento, se ha da
essere, non piova dall’alto come un
cappello, ma sorga come esigenza organizzativa da un già reale conoscersi
e con-vivere delle comunità; molto resta da fare hi questo campo, e quanto
più largo sarà il raggio d’azione di questo collegamento, tanto meglio sarà.
Con un ringraziamento agli ospiti, e
al seggio, la Conferenza di spegne...
RORÀ
La Chiesa ringrazia cordialmente il Signor
D. Gatto, il quale è stato il suo Pastore per
alcuni mesi, riconoscente della sua attività
svolta con spirito di consacrazione. Essa formula in preghiera i più vivi auguri per il
suo ex Conduttore spirituale e la sua famiglia e chiede a Dio che diriga ogni cosa affinché il signoi Gatto possa esplicare la vocazione che Egli gli ha rivolto.
Riconoscente, la Chiesa ringrazia l’Anziano
Sig. A. Tourn il quale con gli altri membri
del Concistoro ha portato la responsabilità
della Parrocchia durante questi ultimi tempi
e quanti si sono interessati ad essa, in modo
particolare il Vice Moderatore Sig. A. Deodato e il Professore G. Peyronel.
La Chiesa ringrazia pure vivamente il Pastore di Luserna San Giovanni Sig. G. Bogo,
il quale, gentilmente, è salito a Rorà ed ha
presieduto l’inaugurazione dell’anno scolastico presenti le Autorità locali, le Maestranze
e gli alunni : tanti auguri alle Signore Insegnanti ed agli scolari di buon anno di studio.
L. C.
YOIiriE PELUCE
Si parla del Collegio Valdese in una
assemblea di chiesa pacata e costruttiva
VILLAR PELLip
Hanno concluso la loro corsa terrena : Giovanni Verné, di anni 70, del quartiere Ciarmis (Brueras); Ferruccio Saracchi, di anni 68,
del quartiere Ruà-Garin e — a soli cinque
giorni dalla sua scomparsa — la sua com
pagna Edith Saracchi nata Gönnet, di anni 62.
Il primo di questi fratelli è deceduto presso l’Ospedale di Torre Pellice, dove era stato ricoverato in seguito ad un grave malore;
gli altri due a Torino, anch’essi ricoverati in
ospedale per causa di malattia.
Esprimiamo la nostra fraterna simpatia e
la nostra solidarietà cristiana ai familiari tutti di questi scomparsi e ringraziamo il Pastore B. Bellion e il Past. C. Gay che hanno
presieduto il servizio funebre.
Sono stati uniti in matrimonio : Elmy
Avondet (Luserna S. Giovanni) e Ivonne Gönnet (Garnier); Luciano Garnier (Ruà) e Laura Pons (Torre Pellice).
Rinnoviamo a questi Sposi — che hanno
fissato la loro residenza rispettivamente a S.
Giovanni e a Torre Pellice — i nostri sinceri auguri di molte benedizioni e di una lunga vita in comune sotto lo sguardo del Signore.
Sono stati presentati al S. Battesimo : Erik,
di Pierino e Maddalena Barolin (Maussa);
Silvio, di Aldo e Marisa Miegge (Centro-Torino); Manila, di Paola (Teynaud).
Il Signore accompagni questi bimbi con la
sua grazia e le sue benedizioni.
Un cordiale saluto di benvenuto alla piccola Adriana, venuta a rallegrare il focolare
domestico di Renato e Ginetta Verné, del Teynaud.
Hanno ultimamente presieduto il culto i
Pastori E. Tron, G. Berlin, il Dr. G. Ribet,
Signori D. Gardiol e A, Lazier.
La Comunità è loro molto grata e li ringrazia per gli ottimi messaggi.
oiiiiiiiiiiiiioiiiimiiiiiinKiiiiiiiiiiiiimimiiiiiimitiiiimiiiiiiuiimimiiiiiimiiimiimiiiiiiiiiiiimiiiiMiiiiiiiiiiMiiii
POMARETT
La comunità ha espresso a mezzo del Pastore la gioia di avere in mezzo a lei U Pastore Felice Bertinatti la cui missione si compirà particolarmente al Convitto, Ospedale di
Pomaretto, Asilo di S. Germano e neUa comunità locale; l’impegno al Convitto, dove risiede, si riferisce particolarmente alla parte spirituale e di contatti coi ragazzi più grandi,
all’ospedale la missione è volta non soltanto
per il .gruppo delle valli ma anche per il
forte nucleo di degenti che provengono dagli
ospedali di Torino e cintura; per l’Asilo di
San Germano secondo la linea del passato.
Ricordiamo rincontro del Concistoro e responsabili fissato per il 26 alle ore 16,30 alla
sala delle attività seguito da un’agape fraterna.
Ringraziamo di cuore il signor Rizzi Marcello fratello del direttore del Convitto, molto impegnato neUa chiesa metodista, per il
suo messaggio prezioso rivolto aUa comunità,
recentemente.
Il bilancio della chiesa si chiude entro il
31 dicembre: mancano soltanto due mesi
alla chiusura dei conti e le offerte non sono
state ancora consegnate; come d’accordo, i responsabili o gli anziani non passeranno più
a ritirare le buste, nella fiducia che l’offerta
gioiosa sia recata direttamente al tempio o
presso l’incaricato del quartiere, nel segno
della spontaneità.
L’appello per la Scuola Materna è stato
raccolto con gioia da amici e un gruppo di
parrocchiani, ma la meta dei due milioni è
ancora lontana; nella fiducia di non dover
alienare nulla della proprietà della chiesa,
attendiamo ancora alcune settimane prima
di prendere una decisione irrevocabile.
Il circolo culturale ha ripreso le sue attività con due temi e testimonianze sul terzo
mondo, seguiti da dibattiti. Ogni martedì alla
cappella avvengono incontri, conferenze, dibattiti.
I gruppi di lavoro del sabato sera hanno
iniziato i loro incontri così ripartiti nel corso
del mese : Il primo sabato del mese incontri
monitori della Val Germanasca; secondo sabato, colportaggi; terzo sabato gruppo sociale
e quarto sabato; incontro generale. Oltre la
Val Germanasca sono invitati quanti desiderano prendervi parte.
II Concistoro e responsabili hanno discusso il messaggio sinodale nelle linee principali
indicando i punti di maggior rilievo per il
dibattito nella Comunità. Si è deciso di proseguire nelle linee indicate già lo scorso anno :
1) partecipazione attiva della comunità al culto, per la liturgia c messaggio; 2) partecipazione agli incontri e dibattiti della Cappella;
3) collaborazione per le opere sodali-educative nella Comunità; 4) impegno finanziario,
quale espressione concreta della fede in Cristo
Linee d’azione in un’attiva “ripresa,,
^e non come elemosina di ciò che rimane dopo
aver pensato alla casa, alla famiglia e ai divertimenti vari (cinema, televisione, bar, ecc.);
5) visite a tappeto in tutta la Comunità; 6)
colportaggio dentro e fuori la chiesa locale.
Un grazie di cuore al gruppo di servizio
per l’agape in occasione della quale i presenti hanno raccolto L. 10.000 per la Scuola Materna. Si prospettano altre agapi con tutte le
comunità con discussione di temi vari.
Recentemente abbiamo, celebrato i matrimoni di : Revel Dina e Alfonso Breusa, Marchetti Ines e Stocco Sergio. Agli sposi il rinnovato augurio di fedeltà a Cristo e di impegno nella vita quale testimonianza deR’amore
del Signore.
Abbiamo celebrato il battesimo di Leger
Ivano di Ferruccio e Adriana Pons, Bounous
Gian Luce di Valdo e Monasterolo Maria Teresa, Paola Peyronel di Carlo e Tosetti Marisa. Poiché questi figlioli appartengono a
Cristo nel segno del battesimo domandiamo al
Signore che essi vivano nella sua comunione
mediante la Potenza dello Spirito alla luce
dell’esempio e della preghiera dei genitori.
Il collega Bertinatti FeUce ha celebrato il
funerale di Baret Aldo, deceduto improvvisamente a Torino in ancor giovane età. Alla
mamma ed ai parenti la nostra parola fraterna di simpatia.
Prossime riunioni - Paiola: mercoledì 12 novembre; Clot Inverso : giovedì 13 novembre;
Masselli : venerdì 14 novembre; Perosa: mer
Invito a Perosa
A cura del Centro culturale,
nella cappella valdese di Perosa, alle ore 20.45:
MARTEDÌ’ 18 NOVEMBRE
Tavola rotonda su L’ebraìsmo
nella storia con la partecipazione dell’avv. Bruno Segre.
MARTEDÌ’ 25 NOVEMBRE
Giorgio Bouchard: Esperienze
di un gruppo comunitario in
ambiente operaio.
MARTEDÌ’ 2 DICEMBRE
Tavola rotonda sul tema Arabi ed Ebrei di fronte.
Cordiale invito a tutti.
coledì 19 novembre; Pomaretto : giovedì 20
novembre; Lausa : venerdì 21 novembre; Cerisieri: mercoledì 26 novembre; Maurini: giovedì 27 novembre.
Il doti. Giorgio Bouchard parlerà alla cappella Valdese di Perosa martedì 25 novembre
alle ore 20,45 sul tema ; « Esperienze di un
gruppo comunitario in ambiente operaio ».
Tutti sono cordialmente invitati.
Riunioni del centro culturale - martedì 18
novembre ore 20,45 Tavola rotonda con la
partecipazione dell’avv. Segre, noto difensore
degli obbiettori di coscienza, sul tema : « L’Ebraismo nella storia ».
Domenica sera, 26 ottobre, riunite in assemblea di chiesa, una sessantina di persone
hanno ascoltato con vivo interesse Loris Bein
vice presidente del Comitato del Collegio; avevano pure risposto all’invito del Concistoro
Dante Gardiol custode deUe finanze e Franco
Sappé. Mi è stato chiesto, come amica del Collegio, una breve relazione della serata.
Non possiamo che ringraziare di cuore i
5 membri del Comitato per il lavoro già compiuto e lodare il Signore per il loro impegno
in questo servizio, ricordandoci che « il Collegio è opera della Chiesa Valdese ».
Ci sono 90 allievi nella Media, con 3 professori. L aggiunta di un terzo professore è
stato un gesto di fede, da parte dei responsabili, e parlando concretamente di finanze,
rappresenta press’a poco 1 milione in più.
Questa decisione faciliterà l’organizzazione del
« dopo scuola » sotto l’ispirazione e la competenza della professoressa e preside A. Marullo.
Già da due mesi, la scuola funziona regolarmente con tutti i professori al loro posto,
sin dall inizio. Con rammarico il giovane professor Panascia, nipote del pastore di Palermo, ora militare, ha dovuto rinunciare a venirci in aiuto, ma promette la sua collaborazione, se più tardi sarà ancora necessaria.
I membri del Comitato hanno contatti regolari coi professori e studenti, nonostante le
lunghe sedute di lavoro, due volte alla settimana. Sono lieti dell’aiuto dato dalla Tipografia Subalpina nella pubblicazione della
presentazione del Collegio Valdese di Torre
Pellice. Le 10.000 copie di questa pubblicazione, in 5 lingue, saranno mandate in vari paesi europei e fino In America.
Gli studenti del Liceo, hanno dimostrato
uno spirito gioioso di collaborazione, facendo
la pulizia della sala di chimica.
Parlando di finanze, sono già stati versati
al Comitato 3 milioni, frutto di impegni personali, necessari per le spese incombenti di
questa fine d’anno e si attende fiduciosi che
tutte le promesse siano mantenute. La Chiesa
di Torre Pellice si è impegnata a offrire la
somma di 1 milione e ci auguriamo che tutte
le Chiese risponderanno fraternamente all’invito del Sinodo, partecipando solidali al rilancio e allo sviluppo dell’unica scuola secondaria superiore protestante in Italia.
Data la situazione « pareggiata » è difficile
prendere iniziative nuove, ma la riforma della scuola permetterà — lo speriamo — di
rinnovare pure il Collegio tradizionale, quando si saranno chiariti nuovi ideali e nuove
mete per i giovani allo studio. Una scuola
che si chiude non si riapre più, ma il Collegio, tuttora ben vivo, con l’aiuto di Dio
potrà adattarsi alle esigenze nuove di questa
generazione, nelle auspicabili trasformazioni,
con scopi varii, ma pur sempre strutturati
sulla base ben salda nella nostra fede in Cristo e della necessità di testimoniarne e viverla nella scuola.
E stato ricordato il ricco programma di conferenze pubbliche predisposto a cura del Comitato pro Collegio, e già iniziate a S. Secondo, con l’esposizione del prof. G. Peyronel,
di cui già si è riferito qui.
Infine si è insistito in modo particolare
sulla necessità della creazione e moltiplicazione di borse di studio, che seguano i giovani meritevoli in tutto il loro corso di studi,
dalla media all’università o ad altro istituto
superiore.
La relazione pacata e fiduciosa del fratello
Loris Bein ci ha dato di sentirci uniti in una
medesima speranza, non fatta di ottimismo
superficiale, ma della consapevolezza delle
difficoltà da affrontare. Sarà pure necessaria
una segretaria, perché il lavoro di segreteria
è molteplice e andrà ovviamente sviluppan
iimiiiiiiiiiiiuiii
Si parla del Centro Diaconale
La comunità valdese è stata visitata dal
pastore Alberto Taccia domenica 5 ottobre.
Motivo della visita: l’invito a parlarci del
« Centro Diaconale » che dovrebbe offrire ai
giovani un’opportunità di servizio cristiano in
favore dei fratelli. Il past. Taccia ha presieduto il culto domenicale e nel pomeriggio si
è rivolto ad un gruppo più modesto che ha
seguito con viva attenzione quanto e stato
detto in merito ai nostri Istituti.
h'assemblea di chiesa del 19 ottobre ha
ascoltato la relazione della delegata al Sinodo,
Sìg.na Eunice Biglione. La relazione è stata
fatta nel quadro di un culto liturgico domenicale; la relazione ha saputo mettere a fuoco problemi e discussioni del nostro Sinodo
ed ha rivolto a tutti un vivo appello alla
chiesa in vista di un maggiore impegno nelle
attività. Nel pomeriggio Tas-semblea più ridotta ha esaminato vari aspetti della nostra
vita ecclesiastica e ha proceduto alla nomina
di un nuovo membro del Consiglio di chiesa
nella persona di Ester Girodo ved. Bozzoli.
L'assemblea ha pure eletto Adriano Longo
quale delegato della chiesa di Ivrea alla
Conferenza Distrettuale di Torino.
La costruzione del nuovo tempio è quasi
ultimata e. dopo aver peregrinato da un locale di culto all’altro, la comunità avrà un
luogo di culto situato sulla strada statale
Ivrea-Chivasso, in una zona assai popolata. I
mattoni adoperati per la costruzione dell’edificio sono molti e preziosi; la testimonianza
della comunità dovrà essere data da « pietre
viventi » poggianti sulla « pietra tdvente, eletta e preziosa » come dice la Scrittura a pro
posito di Gesù Cristo: e a chiunque crede in
Lui non sarà confuso ».
SUSA-COAZZE
A conduttore spirituale di queste Chiese è
stato insediato il Pastore A. Rutigliano. Era
presente la Vice Presidente della Commissione Distrettuale, Prof. M. V. Revelli di Genova, la quale si è detta felice di vedere,
per la prima volta, queste Comunità e ha indirizzalo ad esse un saluto fraterno tutto particolare. Il Pastore insediato ha rivolto alle
due Comunità presenti quasi al completo il
messaggio biblico e programmatico delle attività ecclesiastiche, messaggio che ha inciso
profondamente coscienze e cuori.
Al Pastore Rutigliano, alla Signora, alla loro famiglia, alle due Comunità fervidi auguri nel Signore di ogni benedizione divina.
dosi in avvenire. Non abbandoniamo tutta
questa responsabilità ai cinque membri del
Comitato, ma circondiamoli della nostra fattiva simpatia, dall’intercessione all’.offerta.
Graziella Jalla
iinmimmiimiimiiiim
iiiiimiiiiiiiiiiiitiiiiiimiiinirimiii
Personalia
Giovanni Ribet si è brillantemente
laureato in ingegneria elettronica presso il Politecnico di Torino. I più cordiali rallegramenti e auguri.
iiiiimiimiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiMmiiiiiiiiiiiiiiiiii
iiiiiiiiiimiiiiiiMMimiiiiimmiiii
Pro Collegio Valdese
La Chiesa evangelica di Serres
(Wùrttenberg), L. 20.000.
Pro scuola media del Collegio Valdese: Giuseppe Peterlin L. 10.000; Luisa Gallizio L. 50.000.
iiiiiiiiiimiiiiiimiiniiiiiiiiMiriiiiiiiinmiiriiiiiii
ABBIAMO RICEVUTO
Pro Ospedale Valdese di Pomaretto,
in memoria del figlio Arturo, Giovanni
Alberto Tron (Massello) L. 10.000. Ringraziamo e trasmettiamo.
Tavola Valdese
Borse di Studio 19B!l-i!)?0
Sono bandite le seguenti borse di
studio valide per l’anno scolastico
1969-70 per studenti del Ginnasio Liceo
di Torre Pellice e della Scuola Latina
di Pomaretto:
Borsa Fontana-Roux, di L. 120.000.
Borsa Arturo Long, di L. 100.000 (cosi
preferenza a studenti originari di Pramollo, Pinerolo, Rorà).
Borsa Anonima di L. 100.000.
Gli aspiranti devono far pervenire
le domande in carta libera al preside
del Liceo Ginnasio Valdese di Torre
Pellice entro il 15 novembre, correda
te da:
a) situazione di famiglia;
b) dichiarazione del pastore da
cui risulti che il concorrente appai
tiene a famiglia evangelica;
c) altri eventuali documenti a gir
dizio del concorrente.
La commissione assegnerà le borsa
di studio a suo insindacabile giudizi,
entro la fine di novembre.
per la Tavola Valdese
Il Moderatore
Neri Giampiccoli
Alle ore 15 di giovedì, 30 ottobre en
trava serenamente nel suo riposo
Amancdina Vinçon
Lo partecipano: il fratello Guido,
le sorelle Elisa e Irma, le cognate, i
cognati, i nipoti, pronipoti e parenti
tutti.
« Io ho fatto del Signore il mie
rifugio» (Salmo 73: 28).
I funerali hanno avuto luogo sab;
to lo novembre 1969, ore 10, partendo
dalla chiesa di S. Germano Chisont
RINGRAZIAMENTO
I parenti tutti della compianta
Olga Prochet
ved. Mariani
riconoscenti per la prova di simpatia
dimostrata alla loro Cara ringraziano
tutti coloro che hanno preso parte al
loro dolore. Un particolare ringrazia
mento al dott. Giancarlo Debettini,
per le sue assidue cure, alla Sezione
Donatori di sangue e alle fedeli amiche Evelina Miegge e Giulietta
Frache.
« Non sono più io che vivo ma
è Cristo che vive in me »
(Epistola ai Galati 2: 20).
Torre Pellioe, 19-10-1969.
RINGRAZIAMENTO
La famiglia della compianta
Olga Bounous
ringrazia sentitamente tutti coloro
che hanno preso parte al suo grande
dolore. Un grazie particolare al prof.
Ferrando, alle Suore e infermiere del
reparto « Pensionato » dell’Ospedale
Agnelli, al medico curante dott. De
Clementi, ai pastori sigg. Deodato e
JaUa.
S. Germano Chisone, 5 nov. 1969.
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5
7 novembre 1969 — N. 44
pag. 5
TENTANDO UN BILANCIO. DOPO IL PRIMO ANNO DI SERVIZIO NELLA CINTURA MILANESE
Formazione di un nucleo
di vita comunitaria
Espressione tipica del protestantesimo milanese nelle sue varie sfumature (valdesi, metodisti ecc.), il nucleo
comunitario lungamente progettato
si è costituito nello scorso ottobre.
Partito senza utopie e con metodo
sostanzialmente empirico, esso è andato trovando la sua via, tra le esigenze d’una linea unitaria di vita e
d’azione, e le esigenze insopprimibili della libertà individuale; è anche
andato crescendo, avvicinandosi al limite ottimale: partito da 4 nuclei familiari (13 persone, bambini compresi) è ora costituito da 6 nuclei familiari (17 persone, bambini compresi);
vi partecipano parzialmente ^ altri 3
nuclei familiari (5 persone), fion sono mancate le nuove domande di partecipazione, talvolta anche da parte
di gente bizzarra, spesso fuori del girone delle nostre chiese.
In altri termini, un esperimento di
questo genere ci costringe a percepire, sia pure in modo positivo, la crisi
a cui la moderna società industriale
sottopone l’individuo: crisi di solitudine, crisi della struttura familiare,
anche. Gli aspetti più positivi ci sembrano essere questi:
— l’abitudine di discutere — e di decidere — quotidianamente insieme
i problemi vocazionali della propria vita, e in fondo, tutti i problemi ;
— la possibilità di avere un grandissimo numero di rapporti esterni,
senza neanche bisogno di cercarli:
una comunità attira visite (forse
per semplice curiosità), e le può
ricevere, perché c’è comunque sempre qualcuno in casa;
— e soprattutto, la possibilità di costituire il supporto umano e vivente della « Scuola Lombardini », qualificando in modo non burocratico
né ideologico il rapporto con gli
allievi, ma anzi stabilendo con loro una rete di rapporti diretti e
frequenti.
Naturalmente resta da vedere come
la comunità resisterà all’usura del
tempo e dell’abitudine: ma questo dipi riderà anche dalla qualità spirituale del nostro lavoro.
Apertura della “scuola,,
J Lombardini
i corsi serali sono stati impostati in
bsse al programma presentato un anno fa : dato che il programma era assai elaborato, si trattava semplicemente di metterlo alla prova, lavorando sodo e tenendo gli occhi aperti.
Alla prova dei fatti si è riscontrato:
a) che questa « scuola » rispondevi a delle esigenze effettive, sia a causa dell’immigrazione di giovani opera non istruiti, sia a causa dello stat') delle scuole locali, che pur godenc a di amplissimo appoggio da parte
del municipio, non possono ancora risolvere il problema d’una adeguata
cultura di massa (31% di bocciati in
prima Media, classi in cui coesistono
-agazzi di 11 e di 15 anni, ecc.). Perciò la pubblicità della nostra scuola,
oiganizzata con molta cura da un
membro della comunità, ha dato i
suoi risultati, interessando un buon
numero di giovani e soprattutto di
giùvanissimi : l’età media dei nostri
«allievi» è di diciassette anni;
b) che una impostazione di lavoro come la nostra (scuola non autolitaria, con contenuti nuovi) era rischiosa, ma possibile: partiti con una
classe sovraffollata, abbiamo poi perso una parte degli allievi più riottosi,
e anche di quelli più conformisti:
quelli che sono rimasti hanno dimostrato un attaccamento notevole a
questo tipo di studio: in un suburbio
deprimente, in cui i consueti valori
etici sono crollati a favore d’una passività frustrata e di diffuse aspirazioni edonistiche, venire a studiare 6 sere su 7 significa qualcosa, cioè una
scelta.
Rimaneva comunque il problema di
conciliare le esigenze della spontaneità con quelle delTefficacia : il fattore
che ci ha permesso di tentare questa
conciliazione è stato il regime di assemblea: riunita quasi una volta al
mese, l’assemblea degli allievi ha preso diverse decisioni importanti (autodisciplina, durata del corso, estensione delle ore di lezione, ecc.).
Tra gli allievi e i « professori » si è
stabilito (per quanto attualmente è
possibile) un rapporto di parità: ci si
dà reciprocamente del « tu' », c’è piena libertà di espressione, al termine
dell’anno c’è stato un giudizio reciproco sul rendimento scolastico realizzato durante Tanno.
I programmi sono stati impostati
approfittando della libertà concessa
dalle direttive ministeriali, e tenendo
conto degli altri esperimenti analoghi
al nostro, che siamo andati scoprendo nel corso dell’anno. Rimane stabilito che la nostra non si configura
come una scuola privata: rion dà titoli, ma prepara al conseguimento di
questi titoli presso le scuole statali.
Gestione del lavoro
Trattandosi d’una fase iniziale e
sperimentale, il lavoro è stato abbastanza vario e vasto, con aspetti imprevisti: tuttavia le 30 persone circa
che se ne erano fatte promotrici Tanno scorso, hanno tenuto a conservare uno stile di gruppo anche nella gestione del lavoro, evitando una orga
L’attività del Centro
“Jacopo Lombardini”,
nizzazione verticale: ogni due mesi
c’è una assemblea plenaria del gruppo, (utilizzando spesso il provvidenziale centro* evangelico di’ San Fedele
d’Intel vi), in cui vengono esaminate
e decise tutte le questioni più grosse:
numerosi sottogruppi portano poi la
responsabilità dei singoli settori di lavoro (programmi di ogni materia sco.
lastica, questioni organizzative, rapporti esterni, ricerca biblica, ecc.).
Tutto questo ha significato un grosso impegno di lavoro da parte dei
membri del gruppo (tanto più che la
maggioranza di loro non aveva mai
insegnato, anche se una grossa minoranza è composta di docenti professionali fortemente qualificati).
Questo impegno ha avuto carattere
di continuità: non si sono registrate
inadempienze; questo, malgrado che
là maggioranza dei membri del gruppo sia composta da persone che si
trovano nella fase ascendente della
loro parabola professionale.
Nel corso dell’anno il gruppo è cresciuto numericamente (da 30 a 40 persone) grazie alla partecipazione attiva di alcuni nuovi membri: evangelici, « cattolici critici » e non-credenti.
I problemi aperti rimangono peraltro numerosissimi :
— la decisione, presa dalTassemblea
degli allievi, di concludere il corso
in due anni (come in tutte le scuole serali di Milano, del resto) ci
costringe a dimensionare in modo
nuovo i nostri programmi;
— la decisione di aprire nell’ottobre
1969 una nuova « prima », per evidenti ragioni di continuità: il reclutamento di nuovi « professori »
(prevalentemente evangelici) ha
dato buoni risultati: ma occorrerà
inserirli in tutta una linea di lavoro. È stato pure ottenuto un ampliamento della nostra sede: an
che se rimane una certa precarietà
di situazione, data la nostra condizione di affittuari;
— l’esigenza di qualificare meglio, sia
in senso evangelico che in senso
sociale, la nostra presenza in Cinisello, e i rapporti con gli allievi;
— l’esigenza di saldare meglio l’iniziativa « Lombardini » con il lavoro tra gli evangelici sparsi nella
cintura industriale;
— l’esigenza di chiarificare mediante
uno studio biblico approfondito
(peraltro già avviato) le nostre
motivazioni cristiane e le nostre
prospettive vocazionali.
La soluzione di questi problemi non
sarà certo facile, né rapida, e ci impegnerà in modo del tutto particolare nel corso del prossimo anno.
Il problema finanziario ha avuto
quest’anno una soluzione positiva. I
motivi ci sembrano essere i seguenti
a) il gruppo si è orientato verso
le « strutture leggere » che comporta
no un certo contenimento delle spese
b) l’appello della conferenza di
strettuale di Verona è stato largamen
te accolto: la maggioranza delle chie
se del distretto hanno inviato dei do
ni, talvolta cospicui; la chiesa valde
se di Milano, pur essendo contemporaneamente impegnata nel « lancio »
della libreria, ha aperto una sottoscrizióne dei suoi membri, con risultati
decisivi per il nostro bilancio;
c) la chiesa metodista d’Italia, il
segretariato femminile metodista, e
dei singoli membri della chiesa metodista di Milano hanno pure inviato
contributi notevoli;
d) i membri del gruppo hanno
coperto circa il SO")) delle sp>ese di
quest’anno mediante un sistema di
autotax.
I rapporti con ì’esterno sono stati
assai numerosi, e ci hanno anche pre
protestante
a Cinisello
so non poco tempo. Essi si sono svolti a tre livelli:
a) al livello di una semplice curiosità, non priva di fraintendimenti;
b) al livello di visite da parte di
gruppi di « cattolici del dissenso » impegnati nella direzione del servizio o
in una ricerca comunitaria; o anche
da parte di non-credenti, animati dalla ricerca d’ùpa maggiore autenticità
umana. La mag^oranza di questi
gruppi provenivano da Milano (di cui
ci han rivelato un aspetto quasi ignoto), alcuni dal Veneto e dalTEmilia;
c) al livello di visite dall’estero, e
di richieste di presentazione del nostro lavoro: cosa che ci ha spmsso imbarazzati, data l’esiguità del nostro
esperimento.
Nell’insieme, abbiamo l’impressione
che l’esperimento vada decisamente
proseguito, anche se l’avvenire ci riserva tante incognite che non potranno certo essere risolte dalla nostra
umana sapienza.
Tra gli evangelici
della cintura
Nel corso della primavera è stato
messo a punto un progetto di lavoro
comune anche con la chiesa battista:
ciò infittirebbe il tenue velo della diaspora evangelica, e faciliterebbe alcune attività di collegamento e di edificazione. In questo quadro, l’attività
delle riunioni serali, che quest’anno
ha segnato una battuta d’arresto, verrà sviluppato ampiamente e sistematicamente a partire dal prossimo autunno, tenendo conto sia dell’importanza di un centro residenziale come
Monza, sia delTestendersi di una lascia industriale nei comuni a Est di
Sesto San Giovanni. Il consiglio dei
responsabili, recentemente formato,
ha già pianificato il lavoro, dando
spazio alle necessità di culti, dibattiti, studi biblici.
La Scuola Domenicale di Cinisello
si è giovata dei locali del centro
« Lombardini », così come il corso di
catechismo ha potuto utilizzare la
piccola biblioteca in formazione.
La Scuola domenicale di Cologno
ha invece continuato ad aver luogo in
una casa privata, con grande impegno di un monitore ivi residente.
Le conferenze e dibattiti sono stati
numerosi quest’anno (Circolo Ricerca, Circolo Rinascita e Chiesa di Cristo a Sesto S. Giovanni; Casa della
Cultura, Arengario, Circolo Carducci,
Corsia dei Servi e "VI Liceo a Milano).
Si ha però l’impressione che queste
conferenze abbiano semplicemente un
valore di copertura nei confronti del
lavoro che viene effettivamente svolto; e che permettano contatti con individui, o con delle istituzioni, ma non
con dei gruppi: mancano cioè di continuità e sembrano appartenere più
al dominio delle «public relations»
che a quello della testimonianza. D’altra parte forse sarebbe sbagliato non
valersi di questa opportunità, trincerandosi in una chiusura precostituita.
Rimane comunque chiaro che la nostra incidenza in quest’area vitale del
nostro Paese dipende essenzialmente
dallo sviluppo di gruppi dotati di alto
livello vocazionale e capaci d’una autentica comunione evangelica : ed è in
questa direzione che rimane orientata la nostra ricerca, per esigue che
siano le nostre forze numeriche e spirituali.
Il gruppo «Cinisello» (1968-69): Bruno Armellin, Andreina Baj, Paolo e
Marcella Bogo, Giorgio e Toti Bouchard, Vincenzo Brajone, Gianfranco
Cerrina Peroni, Ernesto e Silvia Chiarenzi, Sergio De Ambrosi, Antonio Di
Pierro, ¡Sergio e Mimma Gay, Lydia
Giuliani, Gaetano Grasso, Diego e Nicoletta Lanza, Claudio Lombardi,
Gianfranco Manfredi, Enrico e Paolo
Pavoni, Mario e Carla Peyronel, Ernesto Peyronel, Giuliana e Susanna
Peyronel, Giorgio e Donatella Rochat,
Rémy e Silvia Rochat, Gianni e Mit
Rostan, Mario Scurati, Enrica e Paolo Speziale, Aldo e Ferdinando Visco
Gilardi, Enrico e Letizia Vola, Giorgio Vola, Sergio Zedda.
L'impegno pirsevefinte di un gruppo in ricerco
Il lavoro di questo secondo autunno
del « centro Lombardini » si è presentato meno affannoso, ma non meno intenso di quello dell’anno scorso. Meno
affannoso, perché il fatto di avere ormai un’esperienza dietro le spalle, e
un gruppo di amici a Cinisello, ci permetteva di programmare con più calma il nuovo anno » « scolastico »; ma
non meno intenso, perché lo sviluppo
del lavoro comportava nuovi problemi
e maggiore impegno.
Per fortuna (anzi, crediamo di potere e dover dire: per grazia) nel corso
dei mesi estivi sono stati risolti, o avviati a soluzione, alcuni problemi essenziali per un buon andamento della
nostra iniziativa:
— Il problema più acuto era quello
di trovare dei nuovi insegnanti volontari: il gruppo — pur numeroso — che
Tanno scorso aveva condotto il lavoro,
non era in grado di sostenere da solo
il peso della vecchia « classe » di allievi, e della nuova che si intendeva
aprire in ottobre: infatti una scuola
di tipo non tradizionale, ancorché modesta e limitata, esige un grandissimo
impiego di lavoro: e quando questo
lavoro viene fornito interamente sui
margini di tempo libero di persone
piene di interessi e di occupazioni, lo
sforzo si fa pesante.
Il problema è stato risolto grazie all’afflusso di un notevole numero di nuovi insegnanti volontari: la maggioranza è composta da studenti o giovani
impiegati, appartenenti alle varie chiese evangeliche di Milano (soprattutto
alla valdese): il resto da « cattolici del
dissenso » e da non-credenti.
Il gruppo « Lombardini » è così risultato accresciuto, e anche fortemente ringiovanito: ne hanno risentito subito le assemblee generali del gruppo;
che sono diventate notevolmente più
vivaci, e caratterizzate da un dibattito
spesso intenso e non privo di problemi.
— Un secondo problema era quello
della sede: Tanno scorso avevamo completamente sottovalutato questa questione anche perché non ci aspettavamo di avere molti allievi: così ci eravamo ritrovati pigiati con troppi allievi in tre piccole stanzette piene di
fumo e di brusio, almeno durante i primi, difficili mesi di avviamento della
« scuola ». Con l’avvio d’una nuova
« classe », il problema della sede diventa dunque decisivo per la vita stessa
della nostra scuola.
Per fortuna, nello scorso settembre
abbiamo potuto prendere in affitto un
altro alloggetto di tre stanze attiguo
alla nostra sede e abbattendo il muro
divisorio abbiamo ottenuto una stanza
più grande, che i più maligni tra i professori già chiamano T« aula magna »,
c che comunque è in grado di contenere decentemente trenta o quaranta
persone: le altre aule servono per la
« seconda », o per il lavoro a gruppi,
decisivo per l’impostazione della nostra scuola.
— V’era infine il problema di migliorare un po’ l’attrezzatura didattica
della nostra scuola, la sua biblioteca
per esempio: in questo ci sono venuti
generosamente incontro i dirigenti del
convitto ecumenico di Catanzaro, i quali hanno destinato a Cinisello buona
parte della biblioteca di quel convitto,
che doveva chiudersi: giunti puntualmente alla fine di settembre, i cinquecento volumi grandi e piccoli di Catanzaro ci hanno permesso di mettere a
disposizione degli allievi dei libri di
lettura, e soprattutto delle opere di
consultazione (enciclopedie tecniche
storiche e geografiche): uniti ai libri
donati da altri amici, questi volumi
fanno da contorno significativo, e da
strumento prezioso per le nostre attività didattiche.
* * *
Risolti così — e di solito non per nostra programmata iniziativa, anche se
con nostra fatica esecutiva ■— i principali problemi pratici, si trattava di
aprire in ottobre il nuovo « anno » e la
nuova « classe »: per i « vecchi allievi »
non c’erano problemi: si erano già ripresentati a settembre (salvo pochi casi, del resto risolti positivamente mediante contatti personali) per ricominciare il corso: essi costituiscono ormai
dna classe compatta (anche se non
omogenea), e non troppo numerosa:
questi ragazzi che abbiamo visto per
la prima volta solo un anno fa, ci sembra di averli sempre conosciuti.
Ma bisognava reclutare i nuovi « allievi »: come l’anno scorso, abbiamo
incollato dei manifesti (200) nei quartieri industriali di Cinisello e distribuito dei manifestini (2.500) all’ingresso
delle fabbriche. Il risultato è stato però diverso dall’anno scorso: abbiamo
avuto un numero minore di domande
(60 invece che 90), e anche il tipo di
persone che si è presentato è sensibilmente diverso: l’età media è sempre
la stessa (17 anni), ma il livello culturale è salito, e il numero dei « casinisti » è diminuito (non tanto tuttavia
da non mettere a dura prova la nostra
pazienza nel corso delle lezioni o del
lavoro a gruppi).
Come Tanno scorso, abbiamo assistito al fenomeno sconcertante di persone che si erano regolamente iscritte e
che non si sono mai presentate a lezione; mentre viceversa persone non
iscritte si infiltrano ogni sera nelle
aule, chiedendo di partecipare al corso
di studio. Come Tanno scorso, avremo
dunque bisogno di parecchie settimane per poter valutare con esattezza la
consistenza della nostra « scolaresca ».
D’altra parte preferiamo questa incertezza all’instaurazione di un « ordine »
precostituito, che sarebbe fatalmente
di tipo burocratico-autoritario, e contraddirebbe allo spirito stesso della
nostra iniziativa.
Rimane comunque il fatto che il lavoro quest’anno è più « facile » dell’anno scorso, e il disordine sensibilmente minore: a ciò deve aver contribuito la sede più adeguata, e più accogliente, e la maggior esperienza dei
professori «anziani». Ma abbiamo l’impressione di trovarci anche davanti a
un altro fenomeno che dev’essere attentamente valutato: il livello e Torien
tamento culturale della gioventù operaia di Cinisello sta mutando, e sta mutando in bene: forse ciò è dovuto allo
sviluppo (sia pure tumultuoso e disorganico) della scuola delTobbligo, ma
forse anche al clima che le lotte sindacali di questo autunno hanno creato: un clima di coscienza e d’iniziativa,
ben diverso da quello creato, in tempi
di « calma », dal consueto ritmo di lavoro alienante e di passatempi alienati.
In Cinisello stessa qualcosa sta mutando: per la prima volta dopo anni
abbiamo visto dei comizi affollati, e
nella piazza centrale si sta aprendo la
prima libreria. Iniziative sociali nuove
si affacciano al margine dell’establishment di sinistra che governa il comune, e raccolgono un certo seguito tra i
lavoratori immigrati L
La Cinisello di oggi non è dunque
più la stessa che abbiamo conosciuto
tre anni fa, e nemmeno quella dell’anno scorso: questo fatto ci rende attenti alla necessità di mantenere un alto
livello di flessibilità e di elasticità nell’impostazione del nostro lavoro presente e futuro.
D’altra parte, ormai cominciamo ad
essere conosciuti per quello che siamo
(un gruppo di evangelici solidali con la
classe operaia), sia nel quartiere « Montegrappa », sia nel resto di Cinisello:
diversi iscritti si sono presentati senza
aver letto né manifesti né volantini, ma
perché avevano « sentito parlare » del
nostro lavoro. Questi fatti ci danno
l’impressione di avere ormai qualche
radice nell’ambiente, e sottolineano le
nostre responsabilità d’azione e di testimonianza: una persona del quartiere ci ha chiesto perché non facevamo anche un doposcuola, di cui ci sarebbe effettivo bisogno: ma l’organizzazione del doposcuola comporta problemi organizzativi e finanziari che per
quest’anno ci è difficile affrontare: e
non abbiamo saputo che cosa rispondergli, salvo che avremmo presentato
la sua proposta all’assemblea del gruppo: come infatti faremo. Per ora, comunque, siamo interamente concentrati sul lavoro « scolastico »: per la « seconda », si tratta di lavorare efficacemente in vista dell’esame; per la « prima », si tratta di instaurare un colloquio non meno intenso che Tanno scorso, con i trenta ragazzi che ogni sera
riempiono la nostra modesta « aula
magna »: vorremmo conoscerli subito,
non « perderne » nessuno, stimolarli ad
un lavoro comune e solidale, tra di
loro e con noi. Per questo, una parte
dei professori sta sperimentando un
allargamento e approfondimento del
« lavoro a gruppi », dato il carattere
autoritario e selettivo delle lezioni di
tipo tradizionale.
Abbiamo anche sperimentato che i
contatti personali sono importantissimi: se un «allievo» abbandona la scuola (per incostanza, talvolta, ma soprattutto per stanchezza: molti dei nostri
allievi fanno ogni giorno dieci ore di
fabbrica, e in più qualche lavoretto domestico) e noi troviamo il tempo di
andarlo a visitare a casa, di solito egli
ritorna e non « molla » più: ma per
questo bisogna spendere una serata:
cosa non sempre facile per « professori » volontari, che oltre a preparare le
lezioni hanno anche dovuto fare gli imbianchini per le nuove aule, gli elettricisti, eseguire il volantinaggio e ciclostilare le dispense... Ma senza dubbio
dovremo trovare il tempo per sviluppare, in avvenire, questo tipo di contatti.
C’è poi il problema di chi ci chiede
cose che non siamo — o non siamo ancora — in grado di dargli: parecchi
dei giovani che si sono presentati nelle
scorse settimane desideravano seguire
solo una parte dei corsi (molti: inglese; qualcuno: italiano, trattandosi di
figli di italiani emigrati all’estero, e ora
tornati senza conoscere la propria lingua nazionale); altri avevano bisogno
urgente di prendere la licenza media
entro quest’anno, o, disponendo già di
un buon livello culturale, non erano
disposti a seguire il ritmo forzatamente più lento di una classe numerosa e
nettamente proletaria: questi ci chiedevano di dar loro una mano nella loro privata scalata sociale, verso il livello impiegatizio, cioè verso una vita un
po’ più agiata e più ricca di simboli di
status. Come fare a dir loro moralisticamente di no, stando seduti in una
bella stanza piena di libri, dove andavano e venivano avvenenti studentesse
e brillanti giovani professori universitari, che hanno un posto nel mondo,
anche se accettano di giocarselo per
motivi di coerenza di fede? Abbiamo
comunque dovuto dire di no, perché
accettare questi allievi significava estromettere quelli più diseredati di loro:
ma non è facile, e il problema pesa
sul nostro cuore.
Il lavoro che sta davanti a noi, anche se abbastanza limitato, non è facile: per fronteggiarlo, occorrerà che
il gruppo approfondisca la sua problematica vocazionale, cioè come la sua
coesione comunitaria: questo approfondimento è già cominciato, malgrado grandi difficoltà pratiche (il tempo,
le distanze, il lavoro professionale, ecclesiastico, politico di molti di noi), e
andrà avanti: che esso riesca, non dipende da noi, ma dal permanere sul
nostro capo di quella chiamata e di
quella benedizione che abbiamo riconosciuto esistere Tanno scorso, e che
ci ha aperto delle strade che non sapevamo, in un mondo che conoscevamo ben poco, e in un modo che non
potevamo prevedere.
G. B.
' Cinisello ha adesso 71.000 abitanti ufficialmente residenti, più un numero imprecisato di residenti di fatto. Gli antichi « cinisellesi » sono circa 10.000, i meridionali 40
mila e i veneti 15.000. I lavoratori occupati
sono 45.000, di cui 38.000 vanno a lavorare
fuori del comune: 14.000 posti di lavoro di
Cinisello sono occupati per metà da persone
residenti nei comuni vicini. Questi dati ci
sono stati cortesemente comunicati da un
esperto dei problemi locali, molto attivo nel
settore « immigrati ».
6
T>ag. 6
N. 44 — 7 novembre 1969
La Chiesa nel mondo
a cura di Roberto Peyrot
IN BOEMIA
Consultazione di Chiese
riformate minoritarie
Vienna (bip) - Venti delegati di Chiese riformate minoritarie provenienti da
sedici paesi europei si sono riuniti a
Vienna.
La Consultazione, presieduta dal pastore N. Giampiccoli, Moderatore della
Chiesa valdese italiana e presidente della regione europea dell’ARM (Alleanza
Riformata Mondiale), si è particolarmente interessata dei rapporti colla
Chiesa cattolica, della necessità di una
unità protestante e di un dialogo fecondo col mondo.
E’ stato ricordato che quando dei piccoli gruppi di protestanti si trovano situati in un contesto a forte maggioranza cattolica, è essenziale assicurare ai
laici una buona formazione teologica.
E’ stato pure rilevato che, per essere
fedele, la testimonianza cristiana deve
dare un giudizio sulla vita stessa delle
Chiese. « Siamo pronti ad esaminarci
con occhio critico e siamo disposti a
modificare le nostre strutture ecclesiastiche? ».
I delegati hanno espresso il voto che
le Chiese numericamente più importanti sappiano collaborare colle Chiese
minoritarie per aiutarle a rendere una
testimonianza autentica piuttosto che
« aiutarle a sopravvivere ».
Parallelamente ad un appello lanciato alle Chiese, a tornare alla Bibbia e
a riesaminare senza posa i loro documenti confessionali, è stato lanciato
alle Chiese un avvertimento a « suscitare dei contatti positivi e fruttuosi col
mondo secolarizzato della nostra epoca, mondo dal quale nessun cristiano
può onestamente separarsi ».
La Consultazione ha anche raccomandato a tutte le Chiese riformate minoritarie di lavorare all’integrazione visibile e strutturale di tutte le Chiese protestanti.
IMPRESSIONI DI UN PASTORE
TEDESCO IN UNIONE SOVIETICA
Francoforte (bip) - II dr. A. WiscHMANN,
presidente di una commissione delle Chiese
evangeliche in Germania, ha dichiarato alla
stampa, al suo rientro dalla Russia, di essere
stato il primo luterano ad essere invitato a
predicare in una chiesa ortodossa russa, durante un servizio che ebbe luogo nella chiesa
di S. Nicola di Leningrado in memoria di A.
Nevski.
Più di 4.500 persone, di cui parecchie dovettero rimanere fuori, hanno assistito a questo servizio, ed egli è rimasto molto impressionato dal fervore del pubblico.
II dr. Wischmann faceva parte di una
delegazione tedesca, incaricata di discutere
coi rappresentanti della Chiesa ortodossa russa
dei problemi « relativi al battesimo e al servizio che i cristiani battezzati devono rendere
alla società ».
LA SCOMPARSA DI JEAN BOSC
E DI BARNABAS NAGY
Parigi ■ Budapest (bip) - Con la morte del
pastore Jean Rose, il protestantesimo francese perde un fedele servitore.
Nato a Lilla nel 1910, dopo gli studi presso
la Facoltà di teologia protestante di Parigi,
li prosegui a Bonn, dove fece la scoperta
personale di Karl Barth, di cui condivise il
pensiero sino aUa line.
Dal 1935 al 1941 fu segretario generale
degli studenti presso la Federazione francese
delle Associazioni cristiane degli studenti. Entrato nel 1954 alla Facoltà di teologia di Parigi, vi fu poi nominato titolare della cattedra
di Dogmatica riformata. Recentemente insegnava presso la Facoltà di Teologia di Montpellier. Lo ricordiamo anche come uno dei
fondatori del settimanale « Réforme ».
Egli lascia un libro incompiuto ma anche
un numero importante di articoli di giornali
e riviste, particolarmente su « Foi et Vie »,
la rivista che dirigeva. Fra altri suoi lavori
ricordiamo: «Il protestantesimo e la Vergine
Maria », « Karl Barth e la libertà di Dio per
l'Uomo », « La fede cristiana : convergenze e
divergenze », « La situazione deirecumenismo
in una prospettiva riformata » ecc.
Anche il prof. Babnabas Nacy, al pari del
prof. Bosc, era un allievo di Barth che, avendo rilevato le sue alte qualità spirituali, lo
NOVITÀ CLAUDIANA
Nella Collana
di Testi della Riforma
Erasmo da Rotterdam
Il libero arbitrio
Testo integrale
Martin Lutero
Il servo arbitrio
Passi scelti
Introduzione, versione e note
a cura di Roberto Jouvenal
p. 252, con 4 tavole f. t.
L. 1.600
EDITRICE CLAUDIANA
Via S. Pio Quinto 18 bis
10125 TORINO
aveva segnalato per la cattedra di dogmatica
alla Facoltà di Sarospatak.
Allorché Nagy, nel 1957, venne imprigionato a Budapest con altri pastori per la loro
partecipazione al rinnovamento della Chiesa
riformata ungherese, Barth intervenne in suo
aiuto, indirizzando un messaggio in Ungheria.
Dopo la chiusura della Facoltà di Sarospatak fu chiamato a Budapest alla cattedra
di teologia sistematica.
Dopo il 1957, si occupò particolarmente
della ricerca e divenne così l’esperto della Riforma in Europa Centrale.
Egli aveva preparato, in edizione ungherese,
la traduzione dei commentari di Calvino sui
Romani e sugli Ebrei.
ARRESTATO NEGLI STATI UNITI
PADRE GROPPI
Washington (R,elazioni Religiose) - Padre
Groppi, noto esponente del clero cattolico
americano, impegnato nella difesa dei diritti
dei negri, è stato di nuovo arrestato a Madison nel Wisconsin, dopo che aveva fatto
occupare per udici ore, da duemila persone,
la sede del governo del Wisconsin, per protestare contro la riduzione degli assegni familiari, prevista dal nuovo bilancio dello
Stato.
Padre Groppi, è stato arrestato mentre' pregava nella cappella deU’Università di San
Paolo, insieme al suo collaboratore antisegregazionista Ralph Chase e tre donne, di cui
una di colore. L’arresto è ufficialmente motivato col pretesto che Padre Groppi avrebbe
violato la promessa del 12 febbraio u. s. fatta
dopo la condanna del tribunale, di non partecipare più alle manifestazioni pubbRche e di
astenersi dalla propaganda per la disubbidienza civile.
Uniti in una
testimonianza comune
(segue da pag. 1)
i problemi di fondo e perciò ha incaricato il Consiglio di promuovere
« uno studio approfondito dell'ambiente sociale e culturale in cui le chiese
federate sono chiamate ad operare,
nonché del significato e degli strumenti della testimonianza evangelica che
le nostre chiese possono dare in questo ambiente e nel nostro tempo, in
rapporto alla fisionomia e ai problemi
delle stesse chiese ». Almeno una volta
all’anno dovrà essere convocato un
convegno a base popolare nel quale
possa essere approfondita la reciproca
conoscenza e si possa altresì studiare
l’aggiornamento dei modi e dei contenuti della nostra testimonianza. Infine
dovrà essere studiato e predisposto un
regolamento da sottoporre alla prossima assemblea da tenersi entro il 1970.
Come si vede, è stata messa molta
carne al fuoco, e il Consiglio neo-eletto,
composto da persone già piuttosto cariche di impegni nella chiesa e fuori
della chiesa, ha davanti a sé un compito assai gravoso. D’altra parte, dopo
la costituzione dlela Federazione delle
chiese evangeliche in Italia, non poteva essere ulteriormente ritardata l’attuazione di quanto in quella sede era
stato deliberato, ossia la creazione di
un’organizzazione federale sul piano
regionale.
Rimanendo salve le autonomie delle
varie denominazioni e comunità , (questo è stato posto bene in chiaro durante la discussione, specialmente dai fratelli battisti) sarà necessario, perché il
lavoro del Consiglio possa svolgersi in
modo proficuo, che tutti diano la massima collaborazione possibile. Poi, se
il Signore lo vorrà, i risultati verranno.
Questa assemblea è comunque stata un
buon inizio: si è lavorato su delle basi
serie e non su vane chiacchiere. La relazione della signora Carla Peyronel ha
collocato la nostra presenza nella regione lombarda nella sua giusta prospettiva storica, illustrando le varie
componenti dell’evangelismo in Lombardia e illuminando bene quel periodo
così importante e decisivo che è stato
il Risorgimento: l’assemblea per bocca
del suo presidente ha voluto esprimere
la sua gratitudine alla relatrice per la
sua fatica, con l’augurio che questo lavoro possa costituire il nucleo di una
opera più vasta sulla storia del protestantesimo in Lombardia. Quanto alla
relazione di Antonio Di Pierro, essa,
pur nella sua brevità, è stato l’insostituibile strumento per il lavoro che è
seguito: su di essa è stata impostata la
discussione e i principali punti da essa
toccati sono stati ripresi nell’o.d.g. conclusivo.
Se di qualcosa ci si può rammaricare, al termine di una giornata di lavoro intenso e fruttuoso, è della relativamente scarsa partecipazione dei
membri delle nostre comunità: era
presente circa il tre per cento degli
evangelici della zona, un po’ poco per
un convegno che si svolgeva a Milano
dove vive più del 60% dell’evangelismo
lombardo. Ma questo ripropone il problema della difficoltà di incontrarsi,
che è comune a tutte le zone altamente urbanizzate; per coloro che hanno partecipato è stata senz’altro un’esperienza positiva, ed essi si faranno
senza dubbio portatori nelle loro comunità dell’esigenza di una sempre
maggiore reciproca conoscenza e comprensione. Luciano Gay
Quando l’estate è finita
A distanza di due mesi, le impressionini sono divenute ricordi e ógni valutazione perde in probabilità: settimana
per settimana, sono giunte le notizie
del radicale lavoro di demolizione di
un tipo di socialismo cecoslovacco che
appena si disegnava. Ascoltando le notizie, ogni volta tornava alla mente il
detto di Geremia: « La mèsse è passata,
l’estate è finita, e noi non siamo stati
salvati ». Veramente, su Praga « il suo
sole tramonta mentr’è giorno ancora ».
Ora capisco quei volti seri, concentrati, di gente che viveva il dramma di
casa senza illusioni, senza assurde speranze. Gente che scivolava per le strade
d’una Praga splendida e calda come se
non fosse tra le mura di casa, che guardava appena le vetrine dei negozi (piuttosto sciatte, per il vero) o quelle degli
alimentari sovraccariche di merci “dei
paesi fratelli”. E rivedo i visi chiusi, lo
sguardo intenso, delle diecine di visitatori del Museo della Letteratura Cèca
che sostavano un momento davanti a
un grande ritratto di Jan Palach. Un
ritratto ancora inquadrato nell’atrio
del museo, come un messaggio che
giungeva da un cuore e feriva dei cuori.
Gli
zingari :
una promozione umana
Il turista proveniente dal sud prende
contatto col popolo a C. Budejovice:
un paesino che rivela antica nobiltà
in una immensa piazza limitata dallo
splendore rosamelato d’una fuga di palazzi e vecchie case. È un centro agricolo, ai margini di quella Selva Boema
che là dolcemente chiamano “Sumava” = “la sussurrante". Sulla piazza,
a capannelli di mattina o di sera, si
osservano uomini diversi dagli slavi
o dai germanici: sono zingari. Che ci
fanno?
Gli zingari erano stati destinati allo sterminio dai nazi, come gli ebrei;
e fra Cecoslovacchia e Ungheria i fornitori dei campi della morte avevano
mietuto largamente. Il governò socialista cura invece la loro promozione
umana: hanno avuto una casa, un lavoro stabile; non sono oggetto di sprezzo razziale, e lentamente si inseriscono in un tipo d’esistenza “normale”.
Una mattina, a Cheb, qualcosa mi
fece dubitare un momento di questa
soluzione del problema dei nomadi.
Cheb è una cittadina ai confini nordoccidentali con la Germania; dominata dai resti suggestivi di una fortezza
dell’imperatore Barbarossa, cala per
viuzze e stradelle fino alla piazza che
conserva, dietro la copertura di alcune casupole da balocchi, il palazzo di
quel Wallenstein che finì qui la sua
esistenza di genialoide traditore di tutti. Ma quel che impressiona, a Cheb,
è il silenzio delle strade, delle case deserte: l’emigrazione forzata dei “sudeti” l’ha svuotata; lo Stato v’ha trasferito una aliquota di zingari. Guardavamo dunque — un po’ imbambolati
e spersi nei giochi delle architetture e
dei colori — la bella piazza, quando
un bambino moro e ricciuto s’è accostato ed ha preso a chiedere insistentemente l’elemosina. Era uno zingarello; e chiedere l’elemosina è grave
peccato sociale. Ma lui lo faceva con
tenacia, guardandosi attorno quasi per
paura d’essere osservato, come spinto
a compiere un rito antico, d’una religione proibita dalla legge.
Un imprenditore, altra volta, ci diceva che gli zingari « si stanno educando, ma ci vuol pazienza: sono buoni
operai, ma ogni tanto spariscono, si
danno al vagabondaggio, e tornano solo a soldi finiti ». Anche qui, inevitabilmente, il prezzo pagato è la libertà,
addirittura la sopravvivenza di una
antica stirpe con tratti caratterizzati
dal nomadismo. E bene? è male? Ogni
soluzione può avere lati negativi, e
questa del socialismo cèco mi pare
che ne abbia meno di altre, tanto più
che è effettuata da un popolo di grande umanità, non avvelenato da pregiudiziali di razza.
Però resta una questione di fondo:
mentre i sociologi capeggiano il processo contro le missioni cristiane, accusate di avere distrutto delle culture
autoctone per imporre modi di vita
occidentali a popolazioni che hanno
così perduto la loro identità, non avviene forse la stessa cosa rispetto al
popolo degli zingari, nell’Est? non viene forse imposto un modo di vita socialista, un’etica socialista, a gruppi
etnico-culturali diversi e autonomi?
Gli scontenti
invecchiano
Eravamo a caccia di un distributore di benzina per delle campagne ancora da mietere, e finalmente apparve
la cara sagoma blu di una pompa, davanti all’edificio un po’ invecchiato
d’una “Hostinec", una trattoria. E dopo sforzi e ricerche venne fuori dal
folto d’un orto una vecchina con la
chiave del distributore: guardò la
macchina, guardò noi, e mise in vetrina un esatto italiano. Diceva di avere
84 anni, di non parlare italiano da 50,
e ch’era stata due anni balia a Trento
prima del ’15; la provocammo, e aggiunse: « Contenta? Vede questa bella
osteria? Tutta la mia famiglia ha la
vorato trent’anni per farsela, dal nulla. E venuto il governo e ha detto: è
del popolo, a voi bastano due stanze,
quelle; voi lavorate come prima, e
ogni mese ci darete i conti. Ho 84 anni, e devo lavorare ancora: è giusto? ».
Inutile spiegarsi: per quella donna
come per tutta una generazione di imprenditori grossi e piccoli la socializzazione è stata ingiusta, un furto perpretato con la legge in mano. E certi
risultati negativi balzano 'vistosamente agli occhi.
Questo popolo d’un gusto educato,
d’una raffinatezza testimoniata in cento modi, fa con rabbia oggetti grossolani, li mette in mostra con una sciatteria che da noi è inconcepibile; una
gente cordiale, d’una ospitalità rara,
dietro il banco d’un negozio diventa
villana, scocciata e davvero disinteressata. In un paradiso di impiegati statali e parastatali, la roba è quella che
altri impiegati mandano: eguale dappertutto, senza gran scelta; e i venditori-impiegati trovano superflua una
bella mostra in vetrina come qualsiasi gentilezza col cliente obbligato: se
non compri, poco male; lo stipendio
corre lo stesso. Se il negozio chiude,
poco male; lo Stato garantirà un altro
impiego. La spinta al guadagno — che
aguzza l’ingegno, e delle volte umilia
qua è stata distrutta, ma s’è stabilizzato un vuoto d’interesse, nei giovani in particolare, che dà il tono a
gran parte delle attività. La gente è
assente dal suo lavoro, anche se lo fa.
D’altra parte, v’è da noi — dominati come siamo dal criterio del guadagno, dell’interesse — una tale prostituzione di tutti i valori, una corruzione senza scampo, che non abbiamo
motivi per inneggiare al sistema. Me
10 faceva rilevare un medico.
« Arrivederci in Italia! » lo salutavo.
« No, non posso venire in Italia ».
« Perché? ». Risposta e spiegazione mi
gelano: « Perché ai medici non si da
11 passaporto. Negli anni scorsi troppi medici sono andati in Occidente come turisti e ci sono restati. Si capisce. Io guadagno poco più di un tranviere di Praga; da voi i medici si arricchiscono rapidamente, in modo favoloso. Sfruttate il dolore e la malattia della gente; da noi, chi si prova
va in campo di rieducazione ». Quel
medico mi garbava, perché diceva le
cose con l’onesta rabbia di chi ripete
dei luoghi comuni di una propaganda
che, una volta tanto, centrava un problema grosso. S’era fatta una casetta
in campagna: lavorando con le sue
mani, si capisce, lui e la famiglia; non '
c’era verso di “pagare" un operaio, di
“sfruttarlo” con l’allettamento del denaro. Non mi sembrava però punto
fiero d’essersi adattato a quel mestiere; suo figlio si.
In effetti, come è possibile possedere l’alloggio che si abita, è possibile
avere gratis un terreno e a buon prezzo del materiale per costruirsi una casetta in campagna, a uso della famiglia. E al sabato-domenica, (quel lungo fine settimana che sembra ora soppresso), era curioso vedere un po’ dappertutto gruppetti di persone a scavar fondamenta, o a lavorare attorno
a una costruzione ai margini di un
bosco, del fiume...
La campagna, sempre molto bella
e curata, (da quando la fuga in città
era stata bloccata da sostanziosi aiuti
all’agricoltura), ospita numerose ville,
e castelli e antichi alberghi di gran
lusso. Ora, ciò che non si adatta a
museo è sistemato come albergo: persone semplici, famiglie di operai, si
mescolano a intellettuali e dirigenti;
le vacanze sono a bassissimo prezzo,
con una scelta di località determinata
solo dalle prenotazioni. Visitando uno
splendido albergo con un laghetto nel
parco, ai bordi d’un panorama di foreste che s’inoltravano in territorio
polacco, osservavi tanta piccola gente a godersela dove un giorno — era
evidente — solo dei privilegiati potevano riposare. Ma questa gente era
così naturalmente dignitosa, pulitamente a suo posto, che non ci trovavi
nulla che sapesse di spregio o rivincita cretina contro una società liquidata.
Cattolici
e protestanti
Come la Francia, la Boemia è un paese cattolicizzato — dalle guerre di religione, come in Francia! ■— che pensa
da protestante; ma con quel qualcosa
in più che è dato dal fatto che la ricattolicizzazione asburgo-gesuitica qui è
stato un fatto spaventoso, che ha rischiato di distruggere lingua e cultura,
mentre il protestantesimo è stato sempre l’araldo della nazione boema. Ma è
finita l’èra delle guerre religiose. Le
stupende torri della Chiesa del Tìn —
che al sole della sera si fanno negrodorate — non proclamano più la protesta
hussita; e S. Venceslao, là sul colle, è
solo un museo fastoso e vuoto.
L’ultima vigorosa contestazione interna alla Chiesa cattolica risale alla
fine della prima guerra mondiale; allora si formò, in reazione al cattolicesimo asservito agli Asburgo, una “chiesa
nazionale” cospicua, che oggi è in sostanza su una linea protestante. Per le
comunità cristiane sono chiuse quasi
tutte le possibilità d’azione, almeno in
teoria; e così si osserva una sorta di
tenace attaccamento a un passato ecclesiastico fatto a pezzi da una realtà
non controvertibile, un voltare le spalle all’avvenire, che finirà col pesare
troppo sulle spalle dei credenti.
A Praga, sulla metà d’agosto, era atteso Billy Graham: i battisti, che hanno una piccola missione, l’avevano invitato da Vienna nella grande chiesa
riformata; il corpo pastorale della città era diviso: chi voleva la novità, chi
disapprovava la teologia del predicatore; alcuni stimavano il momento male
scelto. La chiesa era piena, c’erano soprattutto persone di mezz’età,' ahe cantavano compostamente interminabili
strofe di inni; Billy Graham mon venne,
e gli organizzatori si lanciarono in una
lunga spiegazione giustificativa. Tentarono, in ricambio, di dare vita a una
riunione di risveglio — con testimonianze, preghiere libere, ecc. — e rapidamente la gente prese a uscire: una
delusione di più.
Ma la capitale resta una città dominata dalle chiese, nella gloria di un barocco sommergente il gotico dell’epoca
hussita; rari però sono gli ecclesiastici
che s’incontrano per via, mentre la polemica anticlericale non ha requie nelle cappelle trasformate in musei, dove
le racèolte di reliquie e paramenti e
suppellettili di grande valore sono illustrate in funzione della lotta di classe
contro l’oscurantismo superstizioso e
la ricchezza della casta sacerdotale. Intanto preti e pastori hanno mensili di
fame, i più bassi del paese, e sono considerati un lusso e uno spreco da una
società che li sopporta per ragioni tattiche, in attesa che la razza dei credenti si estingua naturalmente.
Però la lotta antireligiosa •— considerava un fratello hussita impegnato nella cura d’anime — rientra in un piano
ideologico, vuole sostituire alla visione cristiana della vita quella marxista;
e qui c’è stato un fallimento. Fra i giovani in particolare si osserva uno staccarsi dalla fede valutato sul 30% dei
confermati, ma questi poi diventano
dei qualunquisti, che dalla lotta antireligiosa hanno ricevuto solo l’addestramento a un tipo di critica che non
risnarmia nulla e nessuno.
Nel cerchio
(del mon(do
La collina di Zizkov da oriente dilaga su Praga: sull’orlo c’è una colosple
statua equestre di Zizka, il condottiero
della rivoluzione hussita, e alle sue
spalle l’enorme mausoleo dei santi
della rivoluzione socialista. Dentro, in
uno stile faraonico, le file delle tr.mbe
chiuse da blocchi di porfido, e gli
ambienti caratteristici d’ogni religione, laica o clericale. Là si svolgono
delle “liturgie” che ogni italiano da
quarant’anni in su ha sperimentato fino alla noia; i simboli ai quali si ricorre per suscitare una mistica rii
massa sono gli stessi, perfino le architetture si assomigliano! Forse anche Zizkov risponde a un bisogno dell’animo umano, oppure è solo grossolana propaganda; forse anche il socialismo — questo moto di liberazione dell’anonimo “ognuno" verso un bene di “tutti” — diventa idolatria e
culto degli dei, quando il potere dà
alla testa.
Ma ciò che continuamente colpisce
l’immaginazione, è quella sorta di vita
sotterranea che passa le frontiere, rifiuta le classi e irride i regimi. V’è
una Europa reale — un continente alla deriva, un mondo in decomposizione — che si riconosce in Cecoslovacchia come in Occidente. L’europeo è
un vinto, ha tentato il suicidio col fascismo e il nazismo: c’è quasi riuscito' ora sopravvive senza reazioni stimabili, alla mercé delle propagande
che — apparentemente divergenti —
hanno risultati assai simili. Il prezzo
che da noi si paga per il bene della
libertà è altissimo: corruzione pubblica, decadenza impressionante del costume, ricorso alla violenza. Il prezzo
che là pagano per una amministrazione corretta, il contenimento del malcostume, è enorme: la fine delle libertà
civili. Ma nessuno è libero, né qua ne
là; nessuno ha pace.
L’Europa cristiana è in agonìa fra
noi come laggiù, e la way of life americana contribuisce al nostro male
non meno del dogmatismo ossessivo
dei sovietici. I perché che si pongono
le generazioni nuove non sono diversi nel loro fondo, come diversa non e
« l’anima del mondo »; il male di vivere senza una prospettiva attanaglia
il continente. Non è una conclusione
felice.
Luigi Santini
Direttore responsabile: Gino Conte
Reg. al Tribunale di Pinerolo
N. 175 — 8.7.1960
Tip. Subalpina s.p.a - Torre Pellice (To>