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<(Tu va’ in Egitto»
Esodo 3,1-12
MOSÈ a Madian conduce una vita ordinaria, porta al pascolo
greggi non sue. Ma nel mezzo di una
vita ordinaria accade lo straordinario. Dio gli si avvicina, lo chiama, lo
invia e cambia la sua vita per sempre. Il miracolo è che Dio parli (il
pruno ardente non è altro che un
espediènte di Dio per attirare Mosè).
Non solo, Dio si identifica; «Io sono
il Dio di tuo padre, il Dio di Àbramo, il Dio di Isacco e il Dio di Giacobbe». Non si manifesta genericamente come Dio, ma specificamente
come il Dio dei suoi padri, che è come dire: «Io sono il Dio che guida la
storia della tua famiglia, che ha un
progetto per te perché ha un progetto per il mondo». Mosè conduce una
vita ordinaria perché non sa che lui
può fare qualcosa per il suo popolo
oppresso in Egitto; vive una vita ordinaria per mancanza di visione di
come potrebbe essere la sua vita. La
mancanza di prospettive è esattamente ciò che abbiamo quando Dio
non si intromette nelle nostre vite.
La vicenda del pruno ardente ci racconta come Dio ha sconvolto una vita ordinaria e senza prospettive inserendo quest’uomo nel lungo elenco
di coloro che sono stati chiamati a
portare avanti il progetto di Dio per
il suo popolo e per il mondo.
D.EGNO di nota è che Dio parla a
Mosè non solo delle promesse
fatte ai padri, nelle quali anche lui
viene inserito; ma parla anche delle
sue immediate intenzioni nel tempo
presente; «Ho visto l’afflizione del
nùo popolo in Egitto». Notate i verbi: ho visto, ho udito, conosco; sono
sceso, per liberarlo, per farlo salire. Il
Signore è un Dio attento ai suoi figli,
se ne prende cura: vede, ascolta e conosce ogni cosa. Il Signore è un Dio
che si muove, interviene e opera. Dio
Pnrla in prima persona: «Io ho visto»,
do ho udito», «Io conosco»; «Io sono sceso per liberarlo e farlo salire..-». Il che significa che Dio prende
“''piativa di ciò che dovrà avvenire.
Dio è personalmente, direttamente e
profondamente coinvolto nella crisi
ucl suo popolo schiavo in Egitto e in^®nde fare qualcosa. Ma poi c’è un
sorprendente cambiamento: «Or
unque va’». «Io ho visto», «Io ho
nuito», «Io conosco», «Io sono sceso
per liberarlo»... «tu va’ in Egitto».
'pULTE le decisioni divine diven, inno improvvisamente un comP'io umano. Questo accade quasi
^nipre nella Bibbia: tutti gli intendienti divini vengono trasposti in reP^sabilità umane. Dio fa il lavoro
^ Dio, ma tutta la storia biblica è un
Usseguirsi di vocazioni di uomini e
jPr'ne che devono fare quello che il
‘Suore ha propiesso: ed è cosi che
ch°*i eli essere il personaggio
vit^ quanti noi conduciamo
im^ °’'^.ie'®‘'ie: un lavoro ordinario,
. Fuseli ordinari, relazioni umane
‘“'dinari
Dio
rie. Ciò non di meno, capita
SI presenti nel mezzo della
»» 11\,1 VXVXXU
jg * ''3 vita e veniamo proiettati, foranche nostro malgrado, oltre i noYqI convenzionali. Qualche
Ho ■ nostre vite cambi
fg ® arguito all’incontro col Signon.’^ questo capita la storia è
pronta a girare pagina.
Italo Benedetti
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGEUCHE BATTISTE, METODISTE, VALDESI
Spedizione in a. p. 45% • art 2 comma 20/B legge 662/96 ■ Filiale di Torino
In caso di mancato recapito restituire al mittente presso l'Ufficio PT Torino CMP Nord
Euro 1,14
Anno IX - numero 28-12 luglio 2002
)IACONI/
J Le chiese evangeliche
e la h-ontiera della >
riMORESI
Quale futuro per i protestanti?
diBOBSCOn
Il dibattito in corso nella Commissione affari costituzionali della Camera
Quale libertà religiosa?
Si sto discutendo il progetto di legge del governo che, tra l'altro, dovrebbe abrogare
lo legislazione fascista in'materia. Le posizioni polemiche della Lega Nord e di An
DOMENICO MASELLi
LI EVANGELISMO italiano, fin dalI le gloriose giornate del Ciabàs
del 1943, in cui i nostri maggiori si
chiesero quale Italia avrebbero voluto dopo la tragedia del fascismo,
ha posto come suo punto d’onore
subito dopo l’evangelizzazione la difesa della libertà di tutti gli italiani.
Riteniamo pertanto sia un dovere
informare i nostri lettori sul dibattito in corso nella Commissione affari
costituzionali della Camera in relazione al progetto di legge relativo alla libertà religiosa e all’abrogazione
delle leggi fasciste sui culti ammessi
(vedi inserto di Riforma del 17 maggio scorso). Utilizzeremo come fonte il sommario contenuto giornalmente nel Bollettino delle giunte e
delle commissioni parlamentari che
costituisce l’unico resoconto ufficiale delle sedute.
11 dibattito è stato introdotto il 5
giugno dalla relazione dell’on. Sandro Bondi, di Forza Italia, che ha ricordato il valore che assume nella
nostra società la libertà religiosa, affermata tra l’altro dcdla nostra Costituzione e dalle varie dichiarazioni
internazionali dei diritti dell’uomo.
Bondi ha ribadito che la via prevista
dall’art. 8 della Carta costituzionale è
quella delle Intese. La legge in oggetto si rende necessaria, però, in primo
luogo per abrogare le disposizioni legislative emanate dal fascismo e mttora parzialmente in vigore per i culti acattolici. Non potrebbe bastare
una semplice abrog;azione perché si
creerebbe una discriminazione tra la
I Consegnato il Rapporto su Israele-Palestina
La Fcei dall'ambasciatore d'Israele
In seguito alla visita ecumenica in
Israele e nei Territori palestinesi (organizzata dalla Federazione delle
chiese evangeliche in Italia tra il 7 e il
13 giugno), una delegazione della
Fcei ha incontrato, il 1“ luglio, Tambasciatore di Israele presso la Santa
Sede, losef Lamdan, e gli ha consegnato il Rapporto elaborato a conclusione della visita. Nell’incontro, svoltosi in un clima positivo di attenzione
e ascolto reciproci, la delegazione
della Fcei ha espresso la propria
preoccupazione per la situazione e
per l’assenza di una strategia che rilanci il dialogo. L’ambasciatore Lamdan, condividendo questa preoccupazione, ha affermato che attualmente sembrano mancare le condizioni
per un negoziato generale, per cui si
devono cercare misure comuni tese a
controllare i danni prodotti dalla situazione attuale e a ricostruire un clima di fiducia tra le parti. «In questo
quadro - ha affermato - iniziative
come la vostra sono importanti e significative». La delegazione evangelica ha anche espresso il proprio rincrescimento per gli atti di vandalismo compiuti da unità dell’esercito
israeliano in alcune strutture educative della Chiesa luterana di Betlemme nello scorso marzo. L’ambasciatore, che era già stato informato di
quegli avvenimenti, si è impegnato a
inoltrare la denuncia della delegazione della Fcei al suo governo. «Vi
siamo grati - ha affermato l’ambasciatore al momento del congedo non perché pretendiamo che ci diate
ragione ma per lo sforzo che avete
compiuto nel prendere atto di una
situazione così difficile e complessa». Nei prossimi giorni, esponenti
della delegazione ecumenica consegneranno il Rapporto della visita anche al rappresentante deH’Autorità
nazionale palestinese in Italia, (nev)
Chiesa cattolica, che gode di un concordato con lo stato, le confessioni
religiose con Intese e quelle che per
ragioni diverse non le hanno ancora,
o che mancano di alcuni presupposti per averle o che, per motivi ideologici, non desiderano stipularle. Ha
messo anche in luce che il governo
ha utilizzato nella presentazione della sua proposta il lavoro svolto nella
Commissione affari costituzionali
della precedente legislatura. Dopo
questa ottima partenza la discussione è proseguita nei giorni seguènti
con gli interventi pienamente favorevoli degli onorevoli Spini, Sabatini
e Montecchi (Ds) Meccanico (Margherita) e Boato (Verdi).
Le prime note discordanti si sono
Segue a pag. 6
W Valli valdesi
Diverse ipotesi
per la ferrovia
È meglio la metropolitana leggera o
il treno tradizionale? Il dubbio si ripresenta per amministratori e utenti
del servizio ferroviario.Pinerolo-Torre Pellice, sospeso dopo ii crollo del
ponte Chisone a seguito deU’alluvione dell’ottobre 2000. Mentre ancora
si viaggia sui pullman sostitutivi, gli
enti di vario livello e la direzione regionale di Trenitalia esprimono in un
convegno a Pinerolo pareri differenti
sulle ipotesi per il futuro (che comunque presuppone giocoforza il ripristino del ponte). Intanto è allo smdio l’ipotesi di collegare la PineroloTorino, tramite il passante di Porta
Susa, addirittura con Caselle e quindi
l’aeroporto. Ognuno sembra dire la
sua, l’incertezza è ancora tanta.
A pag. 11
=CO DELLE VALUI
Il ruolo de! turismo valdese
di MASSIMO GNONE
LA ROTTURA
DEL SINDACATO
Quella appena trascorsa è stata una
settimana di fuoco per la politica interna. Dalle dimissioni del ministro
dell’interno Scajola (onore al merito
alla libertà di stampa che non ha censurato quella frase gravissima e scomposta del ministro su Marco Biagi), alla legge sul conflitto di interessi (che
almeno «nomina» il problema, ma
certo non lo risolve; d’altra parte, oggi
non è «politicamente» risolvibile, lo
sa bene anche l’opposizione che infatti non è intervenuta sul merito. Tra
l’altro, chi difende i miei «diritti costituzionali» visto che un poveraccio come me, solo perché è ministro di culto, non può essere candidato a un’elezione comunale?), allo sciopero della
sete di Marco Pannella, che protesta
per i seggi ancora vacanti in Parlamento e nel Csm (non per mancanza
di accordo, ma per mancanza di coraggio: se il Parlamento ritiene sbagliata una legge, che però deve applicare, prima la applichi e poi, se vuole,
la modifichi), al «Patto per l’Italia»
sottoscritto con il governo da Cisl e
Uil e dalle principali organizzazioni
economiche, ma non dalla Cgil.
Se la protesta estrema di Pannella
non avrà un esito tragico, la rottura
sindacale dei giorni scorsi è il fatto che
avrà più conseguenze per il futuro di
noi tutti. Io non so chi abbia avuto ragione: se Cisl e Uil a trattare con il governo e portare ai lavoratori, come dichiarano, importanti risultati sul piano dello stato sociale e della riduzione
delle tasse, oppure la Cgil a rifiutare di
sedersi al tavolo delle trattative perché, secondo il più importante e organizzato sindacato italiano, non c’erano
neppure le condizioni per trattare con
un governo ostile, in particolare
sull’alt. 18 dello Statuto dei lavoratori.
I prossimi mesi, forse, daranno una risposta a questo quesito. Ma la rottura
sindacale appare grave per la società
italiana perché probabilmente aumenterà il grado di incertezze e confusione
della dialettica sociale ed economica
nel nostro paese. Non è che il conflitto
sociale (che è un’estensione non necessaria della dialettica sociale) sia
sempre negativo, anzi qualche volta,
oltre che inevitabile, può anche essere
creativo, facendo raggiungere equilibri nuovi e non previsti. Ma quando
una delle parti in causa, quella sindacale, quella che rappresenta milioni di
lavoratori e lavoratrici, è profondamente e radicalmente divisa al suo interno, per mentalità e per obiettivi, allora la ricerca di soluzioni stabili diventa oltremodo difficile.
L’Italia ha urgenza di afirontare le
sfide della globalizzazione, delTunificazione europea (che si sta all’allargando all’Est), dell’integrazione
dell’immigrazione (che è ormai una
componente stabile del nostro panorama culturale e sociale). Così come
ha urgenza dì definire un livello di servizi sociali non solo economicamente
compatibili con le nostre possibilità,
ma soprattutto compatibili con un
modello dignitoso di solidarietà sociale che, al di là delle polemiche strumentali, è sostenuto con forza dalla
grande maggioranza degli italiani e
anche dalle nostre chiese e da quella
cattolica. L’ultima cosa che possiamo
desiderare è che la rottura sindacale dì
questi giorni diventi, per le varie parti
sociali, una facile giustificazione per
regolare i loro conti interni e non affrontare i veri problemi del paese.
Eugenio Bernardini
2
PAG. 2 RIFORMA
All’Ascolto Della Parola
«^^Sottomettetevi
gli uni agli altri
nel timore di
Cristo, ^mogli,
siate sottomesse
ai vostri mariti,
come al Signore;
^Hl marito infatti
è capo della
moglie, come
anche Cristo è
capo della chiesa,
lui, che è il
Salvatore del
corpo. ^^Ora
come la chiesa
è sottomessa a
Cristo, così anche
le mogli devono
essere sottomesse
ai loro mariti in
l’acqua della
parola, ^^per farla
comparire
davanti a sé,
gloriosa, senza
macchia, senza
ruga o altri simili
difetti, ma santa
e irreprensibile.
^Allo stesso modo
anche i mariti
devono amare le
loro mogli, come
la loro propria
persona.
Chi ama sua
moglie ama se
stesso. ^^Infatti
nessuno odia la
propria persona,
anzi la nutre e la
cura teneramente,
come anche Cristo
fa per la chiesa,
^°poiché siamo
membra del suo
corpo. Perciò
l’uomo lascerà
suo padre e sua
madre e si unirà
a sua moglie e
i due diverranno
una carne sola.
^^Questo mistero
è grande; dico
questo riguardo
a Cristo e alla
chiesa. ^^Ma
d’altronde,
anche fra di voi,
ciascuno
individualmente
ami sua moglie,
come ama se
stesso; e altresì
la moglie rispetti
il marito»
(Efesini 5,21-33)
Ogni cosa.
^^Mariti, amate le
vostre mogli,
come anche Cristo
ha amato la
chiesa e ha dato
se stesso per lei,
^^per santificarla
dopo averla
purificata
lavandola con
AMARE COME CRISTO AMA
Oggi il matrimonio è cambiato. Ma dobbiamo ancora diventare maturi, vincere
l'egoismo e la superficialità. È possibile se fondiamo il nostro rapporto su Cristo
RAFFAELE VOLPE
CHI potrebbe mai negare
V ■
che i rapporti matrimoniali
in 2.000 anni, questa è la distanza che ci separa da Efesini,
siano radicalmente cambiati?
Basterebbe già soltanto paragonare un matrimonio di cinquant’anni fa con uno di oggi
per accorgerci di quanta acqua
sia passata sotto i ponti. Le nostre società democratiche hanno introdotto un cambiamento
radicale nel rapporto maritomoglie: non è più un rapporto
gerarchico, dove l’uomo è il capo come nelle antiche monarchie dove il re era il capo.
Il matrimonio è cambiato
IN una società democratica
I
anche la famiglia si democraticizza: le decisioni si discutono
e si prendono insieme; entrambi i coniugi, nella maggior parte
dei casi, lavorano: le responsabilità sono condivise. La famiglia democratica è un grande
passo avanti nella civiltà! Eppure c’è un problema: la democrazia si fonda sulla maturità. E la
maturità, il marito o la moglie,
non possono acquistarla al
mercato ma devono costruirsela con pazienza. Oggi se molti
matrimoni falliscono è perché
non c’è maturità, né c’è la voglia di sudare, di faticare per
raggiungere questa benedetta
maturità. 11 pensiero superficiale dominante dice che se qualcosa non funziona bisogna
cambiarla, non importa se c’è
una differenza qualitativa tra la
vita di coppia e una lavatrice.
La famiglia di oggi non è più
la famiglia di ieri e il modello
gerarchico che funzionava ieri
non può funzionare oggi. Eppure i problemi di ieri sono anche i problemi di oggi: l’imma
turità, l’egoismo e la superficialità. La soluzione a qjiesti
problemi che la lettera agli Efesini proponeva ieri, è ancora
valida oggi: amare come Cristo
ama. Che cos’è l’immaturità?
Hegel, un filosofo non facile da
capire, ha fatto delle riflessioni
sull’amore che sono un vero
tesoro per l’umanità. Ovviamente trascuro il fatto che Hegel abbia studiato in una facoltà protestante. Ebbene egli
dice che nell’amore ci sono tre
momenti: nel primo c’è un uomo, o una donna, un singolo
che sta bene con se stesso,
tranquillo, che si regge sulle
sue proprie gambe.
Secondo momento: nell’amore accade qualcosa di singolare. Chi ne viene colpito
esce da sé, dimentica se stesso
e si abbandona totalmente alla
passione. Questa è una chiara
negazione, un rifiuto del suo Io
originario. Per chi rimanesse in
questa negazione la conseguenza sarebbe la schiavitù.
Ma c’è un terzo momento: nella passione per la persona
amata, nell’abbandono della
propria personalità, l’amante
scopre se stesso, fa esperienza
di sé in maniera compietamente nuova, vede se stesso
nell’altro e scopre di sé cose
che non conosceva.
L'egoismo
CHE cos’è l’egoismo? L’egoi
!
I smo è quando un uomo, o
una donna, sa reggersi sulle sue
proprie gambe, sta bene con se
stesso, è tranquillo ma non sa
abbandonarsi. Non conosce veramente la profondità della passione: ama, ma restando chiuso
in se stesso. Non sa donarsi, sacrificarsi: ama, ma non l’altro,
ama se stesso e si serve dell’altro per raggiungere questo scopo. L’altro gli è indifferente, e
l’altro può essere chiunque,
non gli importa. L’egoista non
sa amare, perché ama solo se
stesso. Anche l’egoista non è un
condannato a morte. L’amore
di Cristo ha il potere di liberarci
da noi stessi: essere amati da
Cristo ci fa conoscere la passione di Dio e quindi ci dona il coraggio di abbandonarci all’altro.
Basta chiederglielo.
noi dobbiamo perdere. Non ci
sono soluzioni intermedie. Possiamo dirci cristiani, vestirci da
cristiani e parlare da cristiani,
ma se non siamo passati per
questo campo di battaglia, la
nostra cristianità è un colore
delebile, la nostra fede una fede
della pelle, epidermica, che va
via con un buon sapone.
La vita di coppia in Cristo
UNA vita di coppia, un ma
1 ■ ‘ ■
La superficialità
CHE cos’è la superficialità? È
I
L'immaturità
RIFORMULIAMO quindi la
(...............
Preghiamo
Signore, perdonami quel che tu conosci meglio di me.
Se io ricomincio. Signore, accordami una volta ancora il
tuo perdono: Signore, perdonami se, avendo assunto
l’impegno di fare una cosa, non hai trovato compiuta la
mia promessa. Signore, perdonami se, con le mie parole,
ho voluto avvicinarmi a te, e il mio cuore ha fatto il contrario. Signore, perdonami se ho peccato con gli occhi,
con parole malvagie, con le brame del cuore e le colpe
della lingua. Signore, trattami con il tuo perdono e non
con la tua giustizia.
domanda: che cos’è l’immaturità? È quando un uomo, o
una donna, prima ancora di
amare non è in grado di reggersi sulle proprie gambe, non sta
bene con se stesso, non è tranquillo e quando incontra l’amore non sa abbandonarsi, anche perché non ha niente da
abbandonare. Chi è immaturo
porta questo debito nel suo
rapporto e dopo un po’, deluso
di non aver trovato quel che
non potrà mai trovare, la sua
maturità, se ne va in cerca di altre avventure, o si rassegna a un
rapporto scadente. Ma l’immaturo non è un condannato a
morte: l’amore di Cristo ha il
potere di farci maturare. Essere
amati da Cristo compie in ciascuno di noi il grande miracolo:
Cristo ci rimette in piedi, ci dona la tranquillità e la stima di
noi stessi. Basta chiedergliela.
quando una persona si regge su una sola gamba, si abbandona ma solo fino a un certo punto, e rientrata in se stessa dall’esperienza dell’amore
porta soltanto cianfrusaglie,
cose inutili, che non la arricchiscono: vive sulla superficie del
mare, non ha mai provato la
grande emozione di scendere
in apnea. Anche il superficiale
non è un condannato a morte:
l’amore di Cristo ci libera da
rapporti soltanto cutanei, che
non sanno entrare nel sangue.
L’amore di Cristo compie il miracolo di donarci spessore,
profondità. La croce è il modo
più profondo di amare di Dio, e
noi possiamo condividere quest’amore, basta chiederlo!
Sì, si può essere liberati dall’immaturità, dall’egoismo e
dalla superficialità. E la risposta
è in Cristo, nell’amore di Cristo,
nella nostra capacità di imparare ad amare come Cristo ama. E
Cristo è un cuneo che quando
entra nella nostra pelle ha il potere di «cristificarci»: è come un
virus che abbatte il nostro sistema immunitario e ci infetta.
Certo è dura la battaglia che
Cristo deve compiere contro di
noi, i migliori nemici di Cristo.
È una battaglia senza prigionieri, senza armistizi fasulli; è una
battaglia dove lui deve vincere e
trimonio devono costruirsi sull’amore di Cristo. Due coniugi devono amare come Cristo ama. Ma devono soprattutto aver perso il loro braccio di
ferro con Cristo, essere sconfitti. Allora sapranno essere maturi, reggersi sulle proprie gambe, sapranno abbandonarsi alla
passione e all’amore dell’altro
e sapranno tornare in sé ricchi
di un Io più largo, allargatosi
dalla presenza di Cristo, che
compie miracoli.
Amare come Cristo ama. Cristo ama in tre modi: con amore
oblativo: dando se stesso. Chi
pretende di amare senza sacrificare nulla, deve ancora camminare a lungo nella via della fede.
Cristo ama in modo creativo: il
suo amore per la chiesa, dice la
lettera agli Efesini, dona alla
chiesa la giovinezza eterna. Chi
pretende di amare senza creatività, senza la capacità di far bella la persona amata, è su una
strada arida che non porta da
nessuna parte. Cristo ama in
modo esemplare: il suo amore
chiama amore, chiede d’essere
imitato, moltiplicato. Cristo
ama anche per insegnare amore: chi pretende di amare senza
voler imparare, cambiare, senza
la consapevolezza di essere
esempio per gli altri, è sulla lunga strada della solitudine.
Oggi il matrimonio è cambiato, non è più quello di un tempo. Siamo più liberi, più uguali,
più democratici, ma dobbiamo
ancora diventare maturi, vincere il nostro egoismo, superare
la nostra superficialità. È possibile se fondiamo il nostro rapporto su Cristo; con Cristo impariamo ad amare e scopriamo
quanto sia meraviglioso scoprire se stessi, la propria fede, nel
dono generoso di sé all’altro.
(Prima di una serie
di quattro meditazioni)
VENERDÌ 12
Note
omiletici
«Efeso, nell'Asia
tro della missione J
Di qui l'apostolo^
sue lettere alla «S
rii CAl_________ . •
di Corinto. Alcuni eia
■fanrir» "
fanno pensare che ai
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Filippesi e Filemone
state scritte a Efeso
munità efesina è stài
data da Paolo», cosi
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prono il loro comtj L/ni®
sulla lettera agli Ef ginevra,
Efeso, nell'attività di tìlaCoi
lo gioca un ruolo ce« Ipee
ed e forse uno schen Idicin
destino se e rnessainalivi
bio proprio l'auteiM
della lettera agli efi
Non posso qui entri
merito della quest«
anche se suggeriscoì
bibliografia di consii
almeno alcune intri
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ni. lo ho sempre optL
per la non autenticità
che se ho cercato, i«, [¡orvegia.
sta rneditazione e «( »¡[ato ce
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fosse di Paolo. Questa. Z,. \ c
tegia mi ha nor,.„.lll®^’‘ '
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chiave di lettura diesi!
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st-paolini del NuovoTs tiaìiotta
mento sono quasi se* ppee i
in più o meno larvai
lemica con l'entugf
del cristianesimo priui
che agitava forteraà
comunità, costringi
ovunque ad un'op^
consolidamento (
prie strutture. (...)Èa
significativo che i ridili
alla libertà cristianisi|
quasi del tutto scompi
Un'altra questioil
senziale nell'analisi d|
sto è la sua suddivisi
o, meglio detto, seil!
fa parte del testo op[
no. Corsani, nella sul
troduzione, dice clif
mente che il v. 21, <
ponendovi gli uni agli' ^
tri», introduce unatav ®
di regole domestichéì “
si estende fino a 6,9i
paragrafi rivolti allei
gli, ai mariti, ai figli,»
dri, ai servi, ai padi
Ma per ragioni grani
cali il V. 21 appartie |
testo precedente. Bisi
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problema tenendo,
sente che il partidpii
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igSolttolica. Una riunione trandi con Xilla di preparazione alla
le introdXande Assemblea che avra
mpreopXgo fanno prossimo alla fiJtentidffl idi giugno a Trondheim, in
reato, in, |rvegia. 140 membri del Co'oae e nt pitato centrale accompagnati
fare con* jjj membri dello staff di Gi' ita, i consulenti, gli inter
di e gli invitati hanno visinsieme alcuni giorni per
il punto della situazione.
S sta seguendo gli sviluppi
l’accettazione della «Charta
Ipmenica», che è ormai
ladotta ili più di 22 lingue
,ppee e continua a fornire
1 incontri di vario gej|re, sempre molto positivi,
uno prigji|py5 dire che è un passo
°rtemeflBÉ„,ti nella ricerca di riconione fra i cristiani e che
tratta di un documento
iico nella storia del cristiain tutto il mondo, anilese le contrapposizioni fra
Ìflistiani in altre terre sono
|lungo tempo meno rilevi che in Europa. Infatti
átono Consigli di chiese
pane con la partecipazioManche dei cattolici in Calla e negli Usa o nelle lontte isole Fiji (da più di 30
mentre per noi in Eu
Riunion6 d6l Connitato centrale della Conferenza delle chiese europee (Kek)
I possibile un «consenso» fra le chiese?
[sQfiiinoti gli sviluppi della «Charta oecumenica», ormai tradotta in 22 lingue. Dibattito sulla
accettazione dell Esercito della Salvezzza. Preparazione dello prossima Assemblea di Trondheim
«UWNASCICLONE
kAL 3 al 9 giugno si è riu
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«fede»: «...il Signore Gemella notte in cuifutradiii«^--^l”^oeo del pane...». Un
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Firma della Charta oecumenica a Strasburgo (Foto G. Alabiso)
della fede trinitaria, «come è mentale imparare il rispetto
messa in evidenza dalla pratica del battesimo e da dichiarazioni teologiche relative al
credo, alla confessione o altri
fondamenti della chiesa». Naturalmente c’è stato un gran
dibattito su quell’ «e» che
mette sullo stesso piano documenti dottrinali e pratica
dei sacramenti. Sarà una porta aperta a quei movimenti,
alcuni anche di grande rilievo
nella storia cristiana, come
quello dei quaccheri, che
danno una diversa impostazione alla loro vita ecclesiastica, però costituiscono anche
una evidente testimonianza
di fede e di vita cristiana.
Il «consenso» fra le chiese
In sostanza questo sarà il
grande tema dei prossimi anni: promuovere il «consenso»
fra le chiese, perché le decisioni non siano colpi di maggioranza, ma vengano dopo
lungo e sofferto dibattito e, se
ancora discordi, venga menzionata la posizione della
parte minoritaria. Naturalmente ci saranno cose indispensabili da decidere per la
pace che andranno risolte in
tempi brevi e con votazioni
rapide, però è vero che nelle
questioni di lunga durata o a
carattere dottrinale si possono avviare processi di dialogo
e lasciare maturare le posizioni e infine comunque tener conto della minoranza
che non la pensa allo stesso
modo. Uh tempo per questo,
in ambito protestante, si
usciva da una chiesa e se ne
fondava un’altra. Forse è
giunto il tempo che anche
noi riflettiamo se non è possibile una dinamica diversa
che mantenga un’unità di
fondo e freni l’esplosione dei
conflitti. Per le chiese ortodosse e cattoliche è fonda
delle minoranze, che non è
cosa che sia stata mai praticata di fatto. C’è spesso malcontento e gruppi clandestini, ma prevale di solito l’unità di facciata, dove le tradizioni si mantengono immutate anche quando da millenni non sono più difendibili.
La prossima Assemblea
Molto peso si è dato alla
preparazione della prossima
Assemblea ecumenica europea, che si terrà dal 25 giugno
al 2 luglio del 2003 a Trondheim, in Norvegia. Il tema è:
«Gesù Cristo guarisce e riconcilia. La nostra testimonianza
in Europa». Esiste già un testo
preparatorio sul quale bisognerà dare un parere e soprattutto conoscerlo e diffonderlo. Si tratta quasi di una
sfida: viviamo in un mondo
dove vige la sindrome del
«non-abbiamo-scelta» per cui
sembra inevitabile dover seguire le leggi economiche e
morali che regnano in questo
nostro secolo. La guarigione e
la riconciliazione che Cristo
ci offre rappresentano invece
una scelta diversa possibile;
questa dovrà essere la nostra
testimonianza. Intanto si invitano personaggi importanti
sotto questo aspetto, si preparano «storie» di riconciliazione da raccontare (dall’Irlanda del Nord, dai Balcani,
dalla Cecenia).
Trondheim è lontana per
quasi tutti e troppo cara: il
governo norvegese aiuterà finanziariamente l’organizzazione, tuttavia sarà necessaria una quota di iscrizione di
140 euro in aggiunta al già
costosissimo viaggio e soggiorno (ridotto a metà per incoraggiare, ma sempre proibitivo). Per i paesi dell’Est si
tratta in alcuni casi di una
somma pari a due mensilità
di stipendio dei fortunati che
hanno un lavoro stabile! La
proposta di riduzione o cancellazione della quota d’iscrizione non è passata, perché si
teme di gravare di debiti la
Kek, che non ha risorse proprie al di fuori delle offerte
delle chiese, tuttavia la segreteria prowederà delle borse e
praticherà degli sconti a quelli che saranno in difficoltà.
Da Creta, attraverso il suo
infaticabile rappresentante, il
prof. A. Papaderos, giunge la
proposta di una «tregua olimpica» nell’agosto del 2004: in
greco si chiama ekecheirìa,
che significa letteralmente:
tener fuori le mani, nel senso
di non adoperarle per litigare
e colpire. Si vuole come chiese cristiane portare un contributo al dialogo interreligioso
e a una rieducazione alla pace. Verrà esteso a molti giovani in Europa l’invito a partecipare come volontari, iscrivendosi al Centro euro-mediterraneo della gioventù, in contatto con l’Accademia ortodossa di Creta.
Il nuovo responsabile
di «Chiesa e società»
È stato rinnovato il contratto per alcuni anni al segretario generale Keith Clements e a Èva Sybille Vogel
Mfato, responsabili del settore diaconale e della «comunità delle donne e degli uomini», che continua a lavorare contro la tratta delle donne e dei bambini. Rüdiger
Noli, che si è per molti anni
prodigato per i progetti «diritti umani e libertà religiosa»
diventerà da settembre il responsabile del dipartimento
«Chiesa e società» al posto di
Keith Jenkins che va in pensione. Si ya verso l’integrazione della Cerne (Commissione ecumenica dei migranti in Europa) nella Kek pur
con proprio programma indipendente. Si è avviato un
processo di razionalizzazione che dovrebbe concludersi
nel 2009, per mettere ordine
e risparmiare risorse umane
e di denaro ed esser più efficaci negli interventi.
È stato un piacere ritrovare
il nostro Luca Negro, che è
ora l’addetto stampa della
Kek, e questa volta organizzava i culti del mattino e della sera, che sono stati spesso
molto belli. Una gita a Ginevra con traversata del lago in
battello ha costituito una nota più distensiva nel pesante
programma dei lavori.
Riunione della commissione Affari intemazionali del Cec
Medio Oriente: accompagnare il conflitto
Si è svolto a La Tour de
Peilz (Svizzera) dal 3 al 7 giugno l’incontro annuale della
Commissione delle chiese
per gli affari internazionali,
del Consiglio ecumenico delle chiese (Ccia-Cec). Il Ccia è
composto da 30 rappresentanti delle chiese membro del
Consiglio ecumenico, provenienti da tutte le aree geografiche. La Commissione ha il
compito di accompagnare lo
staff del Ccia a Ginevra nel
suo lavoro di difesa dei diritti,
di accompagnamento di situazioni di gravi conflitti, di
promozione di campagne
sulle questioni del disarmo,
dei diritti umani, della giustizia. Inoltre riferisce al Comitato centrale del Cec sui temi
sopra indicati e propone prese di posizione, linee guida e
altri provvedimenti.
Alcune questioni di politica
internazionale hanno dominato il dibattito. In primo
luogo il conflitto PalestinaIsraele: lo staff ha costruito
un percorso che cerca di accompagnare il conflitto. Altro
aspetto che ha influenzato il
dibattito, è stata la situazione
dopo l’il settembre. L’analisi
si è concentrata sulla strumentalizzazione dell’evento
e ha sottolineato alcuni punti: l’evento ha avuto molta
più risonanza di tanti altri
eventi di gravità simile, ma
meno trattati dai media e con
meno interessi da parte da
parte di alcune potenze politiche (Angola, Sierra Leone,
Algeria ecc.); la situazione è
stata in parte conseguenza
della «guerra fredda» e la situazione creatasi dopo la sua
fine; molte tendenze e obiet
tivi politici esistevano già prima dell’11 settembre, evento
che è stato strumentalizzato
per raggiungere obiettivi di
maggior armamento, militarizzazione, nuovi conflitti e
nuovi nemici in funzione
dell’accesso a risorse e degli
interessi dei grandi poteri.
Sul tema migrazione e asilo
sono state studiate possibilità
di lavorare sempre di più in
rete tra le chiese.
La collaborazione interregionale è uno strumento importante, come ad esempio
la collaborazione delle chiese
del Sud Europa e del Consiglio delle chiese del Medio
Oriente. Si è deciso infine di
avviare un progetto pilota
per creare una collaborazione tra le chiese deH’Italia e
della Nigeria sul tema della
«tratta delle donne». (nev)
DAL MONDO CRISTIANO
i Commissione Ue: unità nella diversità
Leader della Kek a colloquio con Prodi
BRUXELLES — Unità nella diversità: questo il senso
dell’Unione europea, ha affermato Romano Prodi nel corso
di un colloquio con una delegazione di leader di chiese
d’Europa, coordinata dalla Conferenza delle chiese europee
(Kek). Il 17 giugno la delegaziohe, guidata dal presidente
della Kek Jérémie Caligiorgis e dai moderatori della Commissione chiesa e società della stessa Kek (Antje HeiderRottwilm e Vsevolod Chaplin) ha incontrato il presidente
della Commissione europea Prodi per discutere di diversi
temi legati al ruolo delle chiese e comunità religiose nei
contesto della nuova Europa. In particolare la commissione
si è soffermata sul lavoro della Convenzione, che dovrà definire le linee di sviluppo dell’Unione europea e la questione
dell’accesso di nwovi stati membro. Nella valutazione di
Keith Jenkins, direttore di Chiesa e società, «l’Ue sta attraversando un periodo di grande rilevanza nella sua storia e
nel suo sviluppo. È particolarmente importante che i rappresentanti delle chiese europee abbiano l’opportunità di
accompagnare il processo della Convenzione». (nev)
I Seminario teologico battista di Praga
Riconoscimento da parte del governo
PRAGA — Importante riconoscimento per il Seminario
teologico internazionale della Federazione battista europea
(Ibts) con sede a Praga. Il ministero dell’Istruzione del governo ceco ne ha recentemente riconosciuto il livello universitario del titolo accademico. «Un traguardo che ci è costato tre anni di lavoro - ha commentato il rettore Keith Jones - ma che ci riempie di orgoglio e ci permette di inserici
tra le principali Facoltà teologiche europee». (nev/bt)
I Adra ha aderito all'appello di Green Cross
L'accesso all'acqua è un diritto di tutti
ROMA — Adra-Italia (l’organizzazione assistenziale della
Chiesa awentista) ha aderito a un appello lanciato da Green
Cross affinché l’accesso all’acqua sia un diritto universale.
Green Cross, un movimento ambientalista che ha come presidente onorario Rita Levi Montalcini, rende noto che nel 2002
due miliardi e mezzo di persone nel mondo non possiedono
alcun servizio idrico sanitario; un miliardo e mezzo non ha
accesso all’acqua potabile e ogni anno 5 milioni di persone
muoiono di malattie causate dalla scarsità d’acqua, (nev/adn)
iSi svolgerà a Cuba dal 26 al 31 ottobre 2002
Verso un grande raduno delle chiese
protestanti latinoamericane
L’AVANA — Evento ecumenico unico quest’anno a Cuba.
Convocate dai Consiglio latinoamericano delle chiese (Clai),
tutte le chiese protestanti del continente si riuniranno all’Avana per ricordare, dal 26 al 31 ottobre con una serie di culti e
riunioni, l’anniversario della Riforma. «Una festa dello spirito
e della solidarietà tra fratelli in una unica fede». (nevìns)
I Attuale responsabile dell'informazione del Cec
Karin Achtelstetter nuova direttrice
deirufficio comunicazione della Firn
GINEVRA — La teologa e giornalista Karin Achtelstetter,
di 41 anni, membro della Chiesa evangelica luterana bavarese, è la nuova direttrice e redattrice capo dell’Ufficio per la
comunicazione della Federazione luterana mondiale (Firn).
Attualmente coordinatrice del team per l’informazione del
Consiglio ecumenico delle chiese (Cec), Karin Achtelstetter
è stata designata dal Comitato esecutivo della Firn e assumerà il suo nuovo incarico a partire dal prossimo agosto,
succedendo al pastore John Evenson. (nev)
Uruguay: appello di sacerdoti e pastori
Uno sforzo di tutta la nazione
per un futuro equo e giusto per tutti
MONTEVIDEO — Uno sforzo nazionale per costruire un
progetto di paese senza emarginati, senza vincitori e senza
vinti. È l’appello firmato in Uruguay da un gruppo di sacerdoti cattolici e pastori evangelici, preoccupati «per la deriva
pericolosa della nostra società che confonde i valori umani e
cristiani con i falsi idoli del mercato e del lucro». «In un momento di profonda crisi economica del nostro paese - dice il
documento - non bisogna rassegnarsi a qualsiasi degradante
soluzione pur di sopravvivere, ma è necessario battersi per
un futuro equo e giusto per tutti». Tra i firmatari i pastori
valdesi Hugo Gönnet, Hugo Malan, Ruben Artus. (nev/pe)
\ Inghilterra: una singolare controversia
I dipinti del pittore spagnolo Francisco
de Zurbaran del Gistello di Auckland
AUCKLAND — Sono ancora nello storico castello di Auckland, sede dei vescovo anglicano di Durham, Inghilterra, i
dipinti del pittore spagnolo Francisco de Zurbaran (XVII secolo) che rappresentano la storia delle 12 tribù di Israele.
Non si è ancora risolta infatti la singolare controversia tra il
vescovo, che intende mettere in vendita i quadri «che non
producono alcun reddito per la chiesa» e quanti invece hanno firmato in gran numero una petizione «per evitare di disperdere un prezioso patrimonio che fin dal 1700 fa parte
dell’eredità culturale della diocesi». (nev/eni)
4
PAG. 4 RIFORMA
Accanto a Venezia, il simbolo di un modello di sviluppo economico e culturale
Porto Marghera, tra sogno e incubo
Dalle viuzze e dai canali veneziani, o dagli spazi agricoli dell'entroterra, alle grandi strutture
industriali con alte gru e ciminiere bianche e rosse. Tra mito del benessere e futuro incerto
GREGORIO PLESCAN
PORTO Marghera, tra sogno e incuDo. «Venezia
che muore, Venezia appoggiata sul mare,! la dolce ossessione degli ultimi suoi giorni tristi, Venezia, la vende ai turisti,/ che guardano alzarsi alla
sera il fumo, o la rabbia, di
Porto Marghera... (Francesco
Guccini, Venezia). Se si è dotati di un certo spirito, Porto
Marghera può essere particolarmente apprezzato in un
giorno di bruma. Venendo da
Venezia, dai suoi splendidi
palazzi, dal suo viavai frenetico di passanti, si sale sull’autobus in quel luogo che è la
cerniera tra laguna e terraferma, piazzale Roma, e per un
lungo ponte, il Ponte della Libertà, si vede emergere alla
propria sinistra Porto Marghera, con le sue strutture che
paiono scheletri contorti.
Lo slancio industriale
Porto Marghera, sogno e
maledizione di un paio di generazioni; in questa zona della complessa realtà del Comune di Venezia (in cui convivono isole semideserte, centro
storico battuto da un turismo
incombente e tutt’altro che
sofisticato, aree urbane «qualsiasi») funge bene da metafora di un certo modello di sviluppo in cui i nostri nonni e
genitori hanno creduto più o
meno entusiasticamente. In
effetti Porto Marghera sembrerebbe meno orribile se
non fosse a poche centinaia di
metri da Piazza San Marco.
Porto Marghera è sorto dopo gli Anni 20 del XX secolo e
si è espanso fino agli Anni 80,
anche se lo slancio industriale è avvenuto quando si è verificato il passaggio dalla chimica del carbone a quella dei
derivati del petrolio, in particolare nel settore degli idrocarburi: Enrico Mattei, attraverso l’Eni, si inserì nella petrolchimica, con altri, edificando grandi stabilimenti su
e giù per la Penisola e anche
qui. 11 modello di sviluppo di
quegli anni non era solamente economico, ma anche urbanistico e culturale.
Si passa dalle viuzze veneziane, o dagli spazi agricoli
dell’entroterra, ai viali larghi
pensati direttamente per il
traffico su quattro ruote di
quell’area di mezzo. Si passa
dalle sfumature di verde naturale della campagna o dai
colori artificiali resi unici da
antichità e consuetudine del
la città lagunare, al grigio
uniforme dell’industria, interrotto qua e là da qualche
riga di bianco e rosso, che dà
un tocco falsamente allegro a
gru e ciminiere.
Per esprimere il contrasto
stridente si può pensare ai rumori e alla velocità. Mettiamoci nei panni di chi è arrivato a Marghera magari 50 anni
fa; partiva dal respiro della
campagna (voci umane, rumori animali, suoni del tempo e delle stagioni) oppure
dai frastuoni urbani di Venezia, ma pur sempre prodotto
di una città che ama guardarsi
dentro: passi, echi, campane,
starnazzare di volatili, e si è
trovato proiettato nel clangore dell’industria, nei sibili dei
gas, nelTurlo delle sirene e dei
cupi soffi delle valvole di sfogo quando lasciano fuoriuscire fiammate che, viste a distanza, sembrano alte decine
di metri. Allo stesso modo il
ritmo dello scandire del tempo sarà sembrato da inferno
dantesco; dal lento mutare
delle stagioni e dalla velocità
che ti possono permettere le
gambe o al massimo i vaporetti (ma generalmente i vaporetti sono più lenti di chi
cammina) si sono ritrovati
compressi tra un turno e l’altro, inscatolati in code in
macchina, in corse frenetiche,
verso il primo (o l’ultimo) autobus che ti porta altrove.
L'uomo e la macchina
Da e per un altrove che ha
resistito per un po’ di tempo e
poi è scomparso, triturato per
sempre dalla fatale direttrice
Mestre-Porto Marghera: se
qualcuno ascolta di ÌFrequente
Radiorai sarà stato colpito da
una costante del programma
Onda verde: dal lunedì al venerdì, dalle 8 alle 18 circa,
sentirà sempre lo speaker ricordare che ci sono code e
rallentamenti sul tratto della
tangenziale di Mestre: da e
per Porto Marghera, appunto.
Chiaro, non vogliamo stigmatizzare chi a lavorare lì c’è andato un po’ per necessità e un
po’ a caccia del benessere
tanto sospirato e visto solo
dall’altra parte di una vetrina;
ormai gli italiani sono divisi in
due maggioranze relative:
quelli che il benessere l’hanno costruito e subito sulla
propria pelle e salute, quelli
che il benessere se lo stanno
godendo e possono quindi
permettersi di criticarlo, essendo ormai nella fase in cui
ci si può immaginare i frutti
Venezia inconsueta
Depuratori per ia iaguna
dell’industrializzazione senza
subirne le conseguenze.
Un’immagine che difficilmente si riesce a scordare,
mentre l’autobus costeggia
quel luogo, è quella delle lacrime del prosindaco (una
specie di vicesindaco che ha
responsabilità specifica per la
terraferma) Gianfranco Bettin, alla lettura della sentenza
che mandava assolti i dirigenti del Petrolchimico, processati per la morte di un certo
numero di lavoratori. Naturalmente chi scrive non ha la
minima competenza per valutare o giudicare l’operato della magistratura; cèrto è però
che quelle lacrime (raro lato
umano in un universo di profitto, ricercato e condiviso,
seppur in parti diseguali) contribuiscono a rendere chiaro a
tutti la forza della metafora di
Porto Marghera: le lacrime di
chi si rende conto che, alla fine, la lotta dell’uomo comune
contro la macchina, sofisticata e creatrice di progresso,
forse si può solo concludere
con il senso di impotenza e
impossibilità di incidere davvero su quello che avviene.
Sotto questo punto di vista
una gita turistica a Porto Marghera stimola una serie di
considerazioni, anche solo
abbozzate. La prima considerazione riguarda il fatto che
tutti viviamo per una serie di
eventi non del tutto prevedibili e addirittura causali. Questa affermazione non è certo
nuova, né originale ma per
Porto Marghera assume una
sfumatura particolare, se pensiamo al 23 novembre 1973.
Questa data non dice probabilmente nulla ai più, ma quel
giorno un aereo dell’Aeronautica militare cadde all’interno
di uno stabilimento, sfiorando più di un deposito di materiale altamente tossico. Al di
là del fatto che quell’incidente
è in parte avvolto nel mistero*, se l’«Argo 16» (la sigla con
cui l’aereo era conosciuto)
avesse colpito qualche struttura cruciale, un paio di province venete avrebbero subito
un effetto apocalittico tale
che la parola «Venezia» non
avrebbe più fatto pensare alle
gondole ma a Cernobil.
La seconda considerazione,
osservando strutture industriali e quant’altro e pensando a chi abita in quell’aerea,
sempre più insofferente, è che
generalmente le scoperte sulla qualità della vita arrivano
quando ormai si può fare ben
poco per cambiare il corso
degli eventi. Quando ci si trova a descrivere certe condizioni e rapporti di lavoro si rischia sempre di provare quello che Primo Levi ha descritto
nei suoi libri: chi ti sta di fronte non ti può capire, perché
non conosce e perché non
gl’importa molto di sapere.
Una metafora efficace
La terza considerazione è
che gli esseri umani vivono
una continua corsa. Si fugge
da un «oggi» troppo vincolante (una vita limitata, povera,
con prospettive anguste) verso un «domani» che sarà sicuramente generoso: un luogo
dove le speranze di un’esistenza infine realizzata si
compiranno. Però, quando ci
si arriva, si scopre che la memoria di «ieri» è diventata nostalgia di un passato migliore.
Molti sono fuggiti a Porto
Marghera per seguire il mito
del benessere, il bagno in casa, la Lambretta, lo stipendio
a fine mese. Arrivatici si sono
accorti del prezzo: giornate
compresse, aria irrespirabile,
natura da guardare allo zoo.
Oggi siamo riusciti a dare ai
nostri figli tutto quello che sognavamo e anche di più, ricchezza a noi e disastri agli altri: ci guardiamo indietro e ci
domandiamo chi ce l’ha fatto
fare. Mi viene in mente un
versetto della Bibbia: «Fa’ tutto quello che ti piace e segui i
desideri del tuo cuore. Ma
non dimenticare che Dio ti
chiederà conto di tutto» (Eccl.
11, 9, Tilc). Porto Marghera è
una metafora efficace perché
spesso, travolti come siamo
dal turbine della vita, ci scordiamo che un giorno risponderemo per i nostri tempi, anche se magari Dio non avrà il
volto che ci aspettavamo. In
conclusione, se quest’anno
venite in vacanza a Venezia,
quando passate per il Ponte
della Libertà, e non potete fare altrimenti, guardate ai lati e
meditate... questa città non è
solo calli e campielli, ma anche tutto il resto.
1 - continua
VENERDÌ 12 LUQin
(•) Pare che fosse un aeroplano
utilizzato dai nostri servizi segreti per azioni non del tutto trasparenti, come trasportare in Libia
alcuni palestinesi coinvolti in
azioni terroristiche; alcuni magistrati hanno supposto che l’incidente non fosse tale ma un sabotaggio da parte dei servizi israeliani - cfr. G. De Lutiis, Storia dei
servizi segreti in Italia, Roma, Ed.
Riuniti, 1991, pp. 321-323.
Queste pagine
Se quello ebraico è stato definito il «popolo del Libro»
che ai protestanti ben si attaglia il ruolo di assidui freoij
tatori dei libri; dai profondi legami della Riforma luter!*
con l’invenzione della stampa ^a diffusione capillare à
scuolette di borgata alle valli valdesi, all’utilizzo e alla ca
pilazione di commentari biblici che sempre rinno^
l’esercizio critico e l’interpretazione delle Scritture, sU
soliti pensare a teologi, esegeti e pastori sempre chini stf
bri, in particolare il sabato per la stesura del sermone.
Questo è certo vero, ma per loro e nostra fortuna
i pastori
pastore contemperano la parola scritta con le esperie»
della vita; lo studio dei predecessori con gli incontri um»
la disciplina specialistica con il «resto del mondo»; e o»
tanto, per loro svago e nostro arricchimento, proprio!
mondo esterno traggono gli intrecci con la parola bibBi
che chiariscono, a noi e a loro, la forza sempre viva di ««
testi. Non si tratta tanto di «attualizzare», ma di riconosq
che uomini e donne della Bibbia, vicende e situazioni sto
che, sono concrete e reaii come quelle che incontriamo oi
giorno: in ambienti concreti e reali si è incarnata la Parola
Così per questa estate abbiamo deciso di sollecitarea
cuni pastori e dlcune pastore a visitare dei luoghi carattg
stici delle località dove si trovano a operare e a raccon^
le reminiscenze e suggestioni bibliche o storiche che poti
vano nascere da queste incursioni: alcuni sono dei véri /
propri luoghi consacrati alla «visita»: musei o siti turistii
in senso ampio; altri sono luoghi dove la gente del posi
vive e lavora, o comunque transita, lasciando un’improijb
di umanità da cui non si può prescindere per esercitare i
ministero della predicazione.
Speriamo di avere fatto un’operazione gradita ai
lettori; per il momento abbiamo l’impressione di i
cosa gradita agli autori di queste pagine; forse ci
remo insieme, in alcune di queste pagine, che è
gettare uno sguardo un po’ diverso su realtà che
abituati a vederci passare sotto gli occhi senza che le coisideriamo particolarmente interessanti: utile scopertae,
per alcuni, forse riscoperta... fa.c.)
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Attività tradizionaii: uno «squero» per le riparazioni
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a ai nosM
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i accoige-l
: posslel
:he siamo
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copertae,
0S, Un nuovo libro sul teologo protestante Dietrich Bonhoeffer
Un teologo contro Hitler
BQÌdo Affinati ho visitato i luoghi in cui si è svolta la vita del teologo
tedesco in un riuscito e originale intreccio di teologia e biografia
^___BJLViO FERRARIO______
Non è necessario essere
teologi per leggere Bonhoeffer e nemmeno per capirlo in modo significativo:
pon è una novità, ma l’ultimo
libro di Eraldo Affinati* ne
presenta una conferma non
priva di fascino. L’autore ha
voluto visitare i luoghi ove si
è svolta la vita del teologo,
Berlino e la Pomerania, Ettal
e New York, fino a Schonberg, dove trascorsero gli ultimi giorni, e naturalmente
flossenburg, il Lager dove si
svolsero il processo-farsa e
l’esecuzione; Affinati rievoca
le atmosfere degli scrittori
Adalbert Stifter e Theodor
Fontane, i narratori che Bonhoeffer volentieri leggeva in
carcere e caldamente consigliava alla fidanzata, che in-,
vece preferiva Rilke; si reca a
trovare Dante Curcio, il quale, dopo la scomparsa, nel
1995, di Gaetano Latmiral, è
probabilmente l’ultimo superstite tra i compagni di detenzione di Dietrich.
Nel suo viaggio, materiale e
■^irituale, lo scrittore italiano
f si affida alla guida sicura di
pberhard Bethge, il che offre
iper sé importanti garanzie
esi cimenta con la lettura degli scritti del teologo, comiresi i primi due. Sanctorum
'mmunio e Atto ed essere,
lon precisamente ameni. Lo
copo, naturalmente, è inDntrare la persona di BonDeffer, invitare chi legge a
dverne le esperienze e anIhele emozioni, dialogare
■ W lui e non solo con il suo
pensiero. Dal punto di vista
dello studioso, si tratta di
una pretesa molto discutibile, come discutibili sono alcuni accostamenti letterari
proposti da Affinati, o certi
suoi prolungamenti delle linee della riflessione bonhoefferiana. Il fascino che la
figura di quest’uomo esercita
sui cosiddetti «profani» può
addirittura infastidire lo specialista (ho riscontrato più
volte questo fenomeno), incline a cogliervi un’atteggiamento agiografico, causticamente denunciato da Alberto
Gallas mediante una citazione proprio di Rilke, posta in
epigrafe alla sua monografia
bonhoefferiana.
È un fatto, tuttavia, che
Bonhoeffer parla al di là dei
suoi scritti o, per dirla in termini più rigorosi, che l’intreccio di teologia e biografia
è costitutivo della sua personalità. Il libro di Affinati con
Un recente lavoro in francese di Giorgio Tourn
Il valdesi presentati al lettore belga
GINO CONTE
OPERA ormai classica
| che Giorgio Tourn ha depeato alla presentazione del
Ipaldismo ha raggiunto e sta
Aggiungendo in quattro lingue parecchie migliaia di lettori; anche francofoni appunji;~'^anon è finita... Proprio
ipentre nell’editoria in fran^se si segnalano due «uscite»
Polto diverse fra loro, anche
r otirn entra in lizza con un
^le volume che tengo a se
f- _ La prinia delle due pubbli,^ioni citate è la riedizione
Valdo di Jean Jalla,
lL^,P®h:e di una neonata picPto editrice evangelica, Ediffo (Hendaye, 2002, pp. 105,
I ^L.50). Il volumetto era
Inoli P^l’.blicato molti anni fa
u serie «Les vainqueurs»
llhe t ®*8A'buativo e culturalI ^ teologicamente «dacongiuntamente dalla
Ubo di Parigi e dalla
Kbhr™ ^toevra; viene ora ri^ beato con una opportuKf ”1toduzione di MarcGonin che invita
toorso,
't conto del tempo tra
ut campo storiografico
up j Etologico, senza per
I attenuare l’impeto
'fein ■ c del movimento
O (l’indagine evolve.
Ho storico serio).
^toltati
airat brevemente pre
dup* l’altra del
'6enna,^'^°i’*'cazioni a cui acgtafia i,°' tratta di una biocata al ^locumentata dedi“ì: mercante lione
resie des pauvres. Vie
goni
idi»
pòliae
evangeliche
et rayonnement de Pierre Valdo (ed. Labor et Fides, Genève, 2002, pp. 224, euro 27). A
parte il soprassalto che Giovanni Gönnet farebbe nella
sua tomba constatando che
l’weresia» storiografica relativa al nome di Valdo è davvero
dura a morire, ci possiamo
rallegrare di tale perdurante
interesse per la sua persona e
per le origini del movimento.
Ma il mio intento di partenza rischia di perdersi nel mio
vagabondare per libri... Sì,
Giorgio Tourn ha pubblicato
un nuovo libro sui valdesi*, ed è riuscito anche a farne
un libro davvero originale, oltre che felicemente riuscito.
Compare per le Editions Brepols di Turnhout, Belgio, in
una vivace e agile collana che
sotto il titolo «Fils d’Abraham» vuole dare un panorama, ricco e svariatissimo (sono previsti una quarantina di
volumi, molti già apparsi) di
tutte le comunità ebraiche,
cristiane e islamiche: una selva lussureggiante!
Lo sforzo rigoroso dell’autore, che deve essere stato
molto duro, richiesto dall’editore, è stato di contare davvero le parole; ed è davvero
straordinario tutto quello che
Tourn riesce a dire e anche
solo a efficacemente accennare in così relativamente poche pagine. Riprendendo, ma
affinando e accentuando il tipo di presentazione ben rodato ne / valdesi, ai capitoli
sulla storia e sulla dottrina segue un’antologia relativamente ricca, anche di testi
meno noti, ma qualificanti.
La descrizione dei valdesi
prosegue poi in succosi capitoli su «L'art sacré» («mancanza quasi assoluta di espressione artistica, con una
sola eccezione; la letteratura.
Uomini dell’ascolto e della vita concreta, i valdesi si sentono a loro agio nel mondo culturale del libro»), sulla «Vie
spirituelle», ricca di un pluralismo di esperienze, anche
successive, su di un «Profil
sociologique», con caratteri
marcati di spirito contestatore e di internazionalismo, su
V«Organisation», che attraverso i secoli va dalla rete
clandestina alla repubblica
contadina, alla presenza protestante nel crogiolo della società. Una breve conclusione
è seguita da una opportuna
serie di appendici: indirizzi,
bibliografia, cartine, mentre
alcune illustrazioni si trovano
nel corpo del testo.
Filo conduttore del libro è
quanto Giorgio Tourn osserva
nell’introduzione: quando si
parla di valdesi si parla di tre
realtà molto diverse nel corso
storico: il movimento iniziale,
la chiesa riformata a partire
dal 1532, le chiese odierne
sparse per l’Italia e anche i
America Latina. L’autore ne
dice le diversità, che appunto
hanno via via i loro forti riflessi sulla vita ecclesiastica,
sulla spiritualità, sulla realtà
sociologica e sulTorganizzazione; ma afferma con convinto calore, e lo sottolineo
con vivo accordo, che malgrado queste anche marcate
diversità c’è un legame profondo fra le varie forme che
ha assunto e assume questa
piccola, modesta, ma anche
originale realtà cristiana,
evangelica, protestante. Ne
ha ben parlato, una volta di
più, senza boria né autocompiacimento, Giorgio Tourn, e
gli siamo grati di questa sua
nuova fatica.
(*) Giorgio Tourn: Les vaudois. Turnhout (B), Edizioni Brepols, 2001, pp. 114.
■ La pro(duzione letteraria ó\ Eralido Affinati
Uomini alla ricerca di uno spessore
ALBERTO CORSAMI
duce, in effetti, a esplorare
regioni spirituali autenticamente bonhoefferiane. Dietrich ha vissuto intensamente
i luoghi dove è stato, li ha fatti parlare, li ha inseriti in un
itinerario interiore molto riflettuto, dialogando con gli
spazi non meno di quanto
abbia fatto con il tempo, con
le epoche storiche. Da questo
punto di vista l’«itinerario
bonhoefferiano», per quanto
banalizzato dalle agenzie turistiche berlinesi che lo offrono a prezzi scontati, costituisce un approccio non improprio alla sua opera.
Il volumetto, dunque, al di
là di qualche inesattezza nella grafia dei nomi o nelle citazioni (tra l’altro si attribuisce
al sottoscritto un’intervista a
Massimo Cacciati che è invece dovuta a Daniele Garrone)
costituisce un invito alla lettura di Bonhoeffer: il mercato, per la verità, non ne è privo, ma l’approccio qui scelto
è indubbiamente originale.
Chi invece già conosce le
opere del teologo, si confronterà volentieri con un approccio diverso, dichiaratamente e saggiamente non accademico. La lettura di Bonhoeffer è una specie di dipendenza, non se ne ha mai
abbastanza: chi ne è affetto,
scoprirà una simpatica complicità nei confronti dello
scrittore italiano, che incontra stupito e rapito una figura
che lo interroga a fondo.
(*) E. Affinati: Un teologo contro Hitler. Sulle tracce di Dietrich
Bonhoeffer. Mondatori, Milano,
2002, pp. 162, euro 14,80.
SE si considerano le tematiche affrontate e lo sguardo impietoso, analitico con
cui guarda al «male» presente
nella nostra società, Eraldo
Affinati può essere inserito in
quell’ampia e fluttuante (e
perciò poco significativa) categoria di scrittori italiani
contemporanei che vede al
proprio interno veri e propri
autori noir (Carlo Lucarelli,
Marcello Fois), cantori della
giovanile disperazione (i più
interessanti forse Niccolò
Ammaniti e Isabella Santacroce), i veri e propri «cannibali» (lo stesso Ammaniti, e
poi Aldo Nove, Tiziano Scarpa e molti altri), e gli esploratori delle stranezze metropolitane, da Edoardo Albinati a
Pietro Spirito. Ma se guardiamo alla cura con cui al dato
immediato della sofferenza
intreccia la rievocazione del
passato, come sostrato che
contribuisce a spiegare, anche se non in maniera completa, allora Eraldo Affinati,
che di molti di quegli autori
può essere per anagrafe un
fratello maggiore (è nato a
Roma nel 1956), si sfila dalla
casistica di una narrativa tutta concentrata sul presente e
prende una propria autonoma strada.
Strada e strade; strade di
sofferenza, come quella che
ha scelto di comporre, da Venezia a Auschwitz, per far
parlare i luoghi e il loro carico di memoria, nel libro che
gli ha dato notorietà [Campo
del sangue, 1997); strade come quelle che percorrono i
fuoriusciti da una clinica psichiatrica [Bandiera bianca,
1995), straniti e sconvolti
dall’eccesso di libertà oltre il
guscio protettivo dell’«istitu
Auschwitz
zione totale», e spesso tesi a
ricercare nel proprio vissuto
gli elementi di umanità e
quelli che li hanno portati al
disastro personale.
Il disastro si precisa meglio, e la patologia si fa emblematica nei singoli racconti
che compongono Uomini pericolosi (1998), collezione di
anomalie comportamentali
dettate defila voglia di «estremo»; oppure nella promiscuità forzata del drappello
sperduto non si sa bene perché e percome, in ambiente
cittadino, intorno alTufficiale
loro comandante [Soldati del
1956, 1993): l’esplorazione,
pur all’interno delle gerarchie formali e di quelle della
prevaricazione, dei sentimenti più umani e fragili fa
da contraltare alla ricerca
delle radici letterarie su argomento non distante che l’autore aveva svolto con l’anomalo Veglia d’armi dell’anno
precedente. Il sottotitolo
(«L’uomo di Tolstòj») chiarisce che si tratta di una perlustrazione fra i testi del narratore russo e quelli di molti
autori che gli sono succeduti
nel ’900, a partire dalla condizione del «prima e dopo la
battaglia». Non manca, in
(foto Zibecchi)
questo excursus, un riferimento interessante a Piero
Jahier, di cui cita un passaggio di Con me e con gli alpini.
Emerge dunque fin troppo
bene il carattere amaro e tuttavia propositivo, di umanesimo post-apocalittico di
questi libri: la denuncia di
uno sfaldamento del mondo,
la scomparsa delle coordinate della convivenza civile
(estremizzate, forse troppo,
nell’allegorico II nemico negli
occhi, 2001) non distruggono
la ricerca di vivere e convivere nonostante tutto, la fiducia
in uno «spessore» dell’uomo
che si riaggrega oltre l’inconsistenza che sembra caratterizzare il mondo delle immagini e i rapporti fatti di virtualità che conosciamo dalle
cronache. Si spiega forse anche in questo modo la ricerca
di un «ancoraggio» in una figura, quella di Bonhoeffer,
che ha saputo unire la solidità interiore della fede, la
profondità degli studi, la vita
di comunità e la prassi dell’azione civile. Affinati, i cui
libri sono tutti pubblicati da
Mondadori, collabora con assiduità, con recensioni di argomento letterario, alle pagine culturali de II Giornale.
Dopo l'isolamento dal mondo cattolico ufficiale
Il rapporto di Buonaiuti con il metodismo
EUGENIO STRETTI
Qualche tempo fa, sfogliando vecchi numeri di
Gioventù evangelica, ho scoperto, nell’annata 1970, una
interessante rievocazione di
Ferdinando Visco Gilardi,
animatore della Gilardi-Noto,
casa editrice milanese che
nel 1932 pubblicò la Chiesa
romana di Ernesto Buonaiuti. In piena estate 2001 era
uscito poi Eretico e profeta:
Ernesto Buonaiuti, un prete
contro la Chiesa di Giordano
Bruno Guerri: un libro con
una chiara impostazione anticlericale e massonica che
per certi versi può apparire
un po’ datato, ma per altri ci
ricorda che ancora una volta
da questo versante giungono
apprezzamenti aH’impegno
culturale e civile dell’esigua
minoranza evangelica.
Il volume ricalca sostanzialmente gli studi di Giorgio
Spini, Valdo Vinay, Pietro
Scoppola, Maurilio Guasco e
soprattutto il Centro Urbinate di Lorenzo Bedeschi, autentica miniera per qualunque studioso del Modernismo. Tuttavia il volume, in
tempi di caduta della memoria storica, mi pare importante, almeno per due motivi: 1)
la Chiesa cattolica nelle sue
gerarchie e nel caso Buonaiuti, nel potente ordine dei gesuiti, non può con un semplice mea culpa ignorare le conseguenze della scomunica,
prevista dal Codice di Diritto
canonico: per Buonaiuti significò la perdita dell’insegnamento e l’isolamento nel
mondo cattolico. Il suo vecchio compagno di studi Angelo Roncalli portò con sé,
nel suo intimo, per tutta la vita il dolore di questo atto, eppure ruppe ogni contatto con
un amico che definire intimo
è dir poco; 2) la giusta valutazione del rapporto tra Modernismo e mondo evangelico attraverso le riviste della
Facoltà battista Bilychnis e
Fede e Vita di Ugo Janni.
Ma è soprattutto con il metodismo che si intreccia un
rapporto umano e di studio
fecondo per entrambe le parti. Il 6 settembre 1934 Ernesto
Buonaiuti così scrive al presidente metodista Harold Harrison Burdess: «Dopo molta
matura riflessione e dopo intense preghiere mi sono sentito irresistibilmente spinto a
pormi a completa Sua disposizione nel lavoro evangelico
che Dio Le ha affidato in Italia. Sento ogni giorno di più
acuta l’insoddisfazione del
ministero religioso. E pur
non sentendomi in grado di
una adesione formale ad una
chiesa, mi sento invincibilmente attratto verso il lavoro
apostolico Ch’Ella compie in
Italia» (lettera nel Fondo
Ravà). Purtroppo la dispersione dell’archivio della Facoltà teologica metodista di
Monte Mario ci impedisce
un’accurata ricostruzione
della sua docenza e degli
scambi intercorsi con altri insegnanti e studenti.
Qualche resoconto delle
sue conferenze in ambito
evangelico ci vengono dalle
spiate della polizia fascista:
«L’esempio di circa 900 pastori protestanti, che hanno
coraggiosamente protestato e
affermato in Germania che il
loro dovere è quello di servire
prima Dio, poi gli uomini, e
ciò a proposito dell’indirizzo
politico-religioso del ministero hitleriano è formidabile, e
tutto ciò avrebbe dovuto verificarsi a suo tempo in Italia»
(Napoli, 16 febbraio 1934). A
Catania l’invito del pastore
valdese al brillante conferenziere scomunicato suscita le
ire dell’arcivescovo.
Il «feeling» di Buonaiuti
con il protestantesimo si manifesta, come è noto, nelle lezioni all’Università di Losanna, Facoltà di teologia, dal
1935 al 1939. Mussolini gli fece riavere il passaporto, ritiratogli dalla Questura di Roma (gennaio 1939), ma Tanno successivo glielo ritirò per
esplicito intervento della Segreteria di stato. Gli anni della guerra vissuti tra isolamento e miseria (dovete vendere
la sua biblioteca) non piegarono né la mente né lo spirito
autenticamente ecumenico
di Ernesto Buonaiuti. Al suo
funerale parlarono tre non
cattolici, come rilevò con dovuta enfasi il periodico Civiltà liberale (27 aprile 1947):
«Il pastore metodista Emanuele Sbaffi, il filosofo Pantaleo Carabellese e l’allievo
Ambrogio Donini». Paradossalmente colui che aveva sognato una «chiesa ecumenica» morì dimenticato dalla
sua chiesa che, solo per amore, aveva profondamente
contestato: è una lezione di
passione e di studio, che ci
insegna ancora oggi che i
profeti nelle chiese muoiono soli, ma non disperati,
perché il Signore li consola
(Matteo 11,28-30).
^ultO
abbonamenti
interno
estero
sostenitore
euro 5,00
euro 10,00
euro 10,00
6
PAG. 6 RIFORMA
È necessario che nella scuola si studi in modo non confessionale il fatto religioso
Un insegnamento laico della religione
Oltre all'attenzione che si dovrebbe dare un po'in tutte le materie, il fatto religioso dovrebbe
essere oggetto di un insegnamento, obbligatorio e curricolare, ben diverso da quello attuale
ROSANNA CiAPPA
NELL’ULTIMO convegno
dell’associazione sul tema «Le nuove frontiere della
laicità» è emersa con forza
l’idea che sia giunto il momento di avanzare una proposta per introdurre nella
scuola pubblica italiana uno
specifico insegnamento del
fatto religioso in chiave laica,
cioè storico-critica e scientifica, dunque non in chiave
confessionale, come è invece
attualmente l’Insegnamento
della religione cattolica (Ire).
So bene che su questo problema c’è stata ed è ancora in
corso una discussione che vede non solo il fronte laico, ma
anche quello evangelico, sostanzialmente diviso tra i «trasversalisti» e i «disciplinaristi», cioè tra i sostenitori di un
insegnamento trasversale,
diffuso in tutte le discipline
che lo consentano e i sostenitori di una specifica disciplina
che affronti in chiave laica lo
studio del fatto religioso.
Per di più abbastanza diffusa è la convinzione che prima
di dare corso a qualunque
proposta sia necessario passare per una modifica istituzionale del Concordato, che
scioglierebbe alla radice il
problema dell’Irc. Come associazione, tuttavia, siamo
invece convinti che sia opportuno avanzare una specifica proposta disciplinare
nella forma di un disegno di
legge da presentare in Parlamento, senza naturalmente
escludere, anzi presupponendo, che l’insegnamento
trasversale debba essere presente e considerato implicito
nello statuto disciplinare delle materie che lo consentano.
Quali i requisiti di quest’ora?
1) Dovrebbe trattarsi di un
insegnamento obbligatorio e
curricolare, cioè previsto nel
curriculum formativo di tutti gli studenti, indipendentemente dal fatto che si avvalgano oppure no dell’Irc.
Dunque non un insegnamento alternativo all’ora
confessionale, una specie di
doppio binario (come quella
che fu, a suo tempo, la proposta Scoppola), ma, proprio
in quanto formativo sul piano culturale, rivolto a tutti.
2) Dovrebbe essere insegnato da un corpo docente
che non abbia alcuna ipoteca
confessionale, ma che si sia
formato nei canali ordinari
previsti per i docenti della
scuola; nell’attuale assetto
della riforma universitaria si
prevede di istituire bienni
specialistici in Scienza della
religione. Potrebbe essere
questo il canale di formazione per i futuri docenti.
3) Il problema centrale è
quello del taglio culturale di
questa disciplina. Quali contenuti? Le ipotesi da noi considerate sono almeno tre:
a) taglio etico-religioso: un
confronto sui grandi valori
che le religioni propongono,
una ricerca di senso, la religione come promotrice di valori morali e finalità esistenziali. Sono perplessa per il
fatto che una simile impostazione non rappresenti una ricaduta inevitabile nella dimensione confessionale, b)
taglio letterario-esegetico-ermeneutico; lo studio dei testi
letterari fondanti delle grandi
religioni. È questa in sostanza la proposta di un’associazione come Biblia. Più con
vincente appare questo taglio, tuttavia anche i testi sacri hanno un loro carattere
normativo che potrebbe non
essere semplice sormontare,
c) taglio storico-fenomenolo
gico e comparativistico. È la
proposta che come associazione sosteniamo. Potrebbe
essere una disciplina che studi l’aspetto storico e fenomenologico delle tre grandi religioni, ebraismo, cristianesimo, islamismo che oggi sono
presenti in Italia. Più che una
storia delle religioni, dovrebbe definirsi come «le religioni
della storia», cioè l’impatto
che le grandi religioni monoteistiche hanno avuto nella
storia dell’umanità. Ci sembra questo l’approccio più
laico e deconfessionalizzante. Proprio per sfuggire a una
fuga nella metafisica e articolare il rapporto fra teologia e
storia. Dunque le religioni
nella storia, cioè i fatti (o anche i misfatti) delle religioni
nella storia.
4) A seconda della sua praticabilità politica, nella nostra proposta quest’ora potrebbe anche intendersi come un’espansione della cattedra di Storia, cioè un incremento istituzionale di un’ora
settimanale nell’insegnamento della Storia.
Ho qui cercato di riassumere il senso della discussione che abbiamo avuto e che è
contenuta nella mozione approvata dalla successiva Assemblea annuale degli iscritti
che si è tenuta in coda al convegno. Nella consapevolezza
di non avere ancora posizioni
«ufficiali» da esibire, vorremmo tuttavia innanzitutto sollecitare un parere autorevole
su questa proposta (la sua
praticabilità politica, il consenso che potrebbe riscuotere, ecc.) e anche un’indicazione e un sostegno nelle
procedure da seguire per definire eventualmente i termini di una proposta di legge.
Intervento al convegno della «Associazione 31 Ottobre» (Milano, 15 giugno)
Le nostre proposte sulle religioni nella storia
LUCIANO ZAPPELU
PRIMA di presentare la
proposta che l’«Associazione 31 Ottobre» ha fatto
propria a seguito del Convegno di febbraio tenuto a Torre Pellice, mi sembra opportuno, pur nei limiti di tempo,
dire qualcosa sulle motivazioni che stanno alla base di
questa proposta e sul contesto culturale in cui è inserita.
Contesto e premesse
culturali
Individuerei sostanzialmente due premesse; 1) l’Europa (e quindi anche l’Italia,
anche se qualcuno fa finta di
non accorgersene) presenta
ormai uno scenario postideologico e postcristiano: da un
lato, il bipolarismo di ieri è
diventato sempre più evanescente e al suo posto si assiste a un rimescolamento di
posizioni diverse che faticano a trovare una sintesi feconda: dall’altro, il monoconfessionalismo (nelle sue
varianti cattolica e protestante) ha lasciato il posto a un
pluralismo religioso, dovuto
non soltanto all’ondata migratoria ma anche allo sgretolamento delle identità individuali e collettive che, nella
società postmoderna, non
sono più legate all’appartenenza religiosa (o non solo a
quella). In poche parole, si
può dire che in Europa diventano sempre più labili le
frontiere tra culture diverse,
tra fedi diverse, tra stili di vita
diversi, tra scelte etiche diverse, tra identità diverse.
2) L’altra premessa è il
sempre più diffuso multiculturalismo: questo fenomeno
può essere demonizzato o
esaltato, ma resta il fatto che
non si tratta di una bizzarria
della storia, bensì di un processo sociale che va interpretato e gestito. Forse manca
ancora una cultura multiculturale, e questo mi sembra la
sfida più impegnativa per la
democrazia europea e italiana, perché la sacrosanta difesa della propria identità non
può prescindere dal rispetto
delle identità altrui.
È chiaro che in un panorama come questo, la scuola è
chiamata a svolgere pienamente il ruolo che le è proprio. Qual è questo ruolo? Si
dice comunemente che compito della scuola è quello di
formare i cittadini di domani.
L’affermazione, nonostante
sia a pericoloso rischio di
vuota retorica, continua ad
avere la sua validità: per formare cittadini la scuola, attraverso le varie discipline,
ha il compito di istruire educando, deve educare alla conoscenza, quindi alla libertà
dello spirito. Ma la conoscenza, come è noto, non è più
qualcosa di monolitico e di
statico: la conoscenza oggi
non può che indicare il carattere inconclusp di ogni sistema cognitivo. Certo, non è
solo la scuola a dovere svol
to religioso? Qui non si tratta
soltanto della constatazione,
ovvia, del ruolo svolto dalla
religione nella storia e nella
cultura europea e mondiale.
Questo è un dato di fatto che,
penso, nessuno mette in discussione. Quello su cui invece secondo me non si riflette
abbastanza è il fatto che l’educazione critica del cittadino di domani non può limitarsi a impartire dei saperi
strumentali basati sulla razionalità scientifica e tecnologica, ma deve anche tener presenti i cosiddetti saperi, simbolici, altrimenti c’è il rischio
che si continui a considerare
come secondari, come qualcosa di non degno di essere
studiato, tutto quell’insieme
di fenomeni, di simboli, di riti
e di comportamento che rientrano nell’ambito religioso.
Di conseguenza, a scuola il
fatto religioso deve diventare
oggetto di sapere, né sotto né
sopra altri saperi ma accanto,
con pari dignità epistemologica e metodologica. 11 fatto
religioso interessa alla scuola
in quanto cultura. Perché
questo possa avvenire sono
necessarie due condizioni: la
deconfessionalizzazione
dell’insegnamento religioso
(sia a livello contenutisticometodologico sia a livello organizzativo) e un’adeguata
preparazione dei docenti.
gere questo compito, ma non
si può negare che la scuola
sia per le giovani generazione
la prima palestra di conoscenza e di democrazia.
Che cosa c’entra in tutto
questo la conoscenza del fat
ta proposta
È in questo ambito che ha
preso corpo la proposta della
«31 Ottobre». Come associazione siamo convinti che sia
giunto il momento di avanzare una specifica proposta
disciplinare senza naturalmente escludere, anzi presupponendo, che l’insegnamento trasversale debba essere considerato implicito
nello statuto disciplinare delle materie che lo consentano.
Quali i requisiti di questo insegnamento?
1) curricolarità. Dovrebbe
trattarsi di un insegnamento
obbligatorio e curricolare,
cioè previsto nel curriculum
formativo di tutti gli studenti, indipendentemente dal
fatto che si avvalgano o meno delTIrc.
2) deconfessionalizzazione.
Dovrebbe essere insegnato da
un corpo docente che non abbia alcuna ipoteca confessionale (il che non esclude ovviamente l’appartenenza confessionale), ma che si sia formato nei canali ordinari previsti
per i docenti della scuola.
11 problema più centrale è
quello del taglio culturale da
dare a questa disciplina. Noi
riteniamo che un taglio storico-fenomenologico e comparativistico l’approccio più laico e deconfessionalizzante,
proprio per evitare una fuga
nella metafisica e articolare il
rapporto tra teologia e storia.
Dunque, non tanto storia
delle religioni, ma le religioni
nella storia, cioè i fatti ed anche i misfatti delle religioni
nella storia. A seconda della
sua praticabilità politica, nella nostra proposta quest’ora
potrebbe anche intendersi
come un’espansione della
cattedra di storia, cioè un incremento istituzionale di
un’ora o due settimanale della cattedra di storia.
Quale libertà religiosa?
avute il 18 giugno, con la presa di posizione dell’on. Dussin (Lega Nord) che ha espresso dubbi sulla possibilità di riconoscere le comunità islamiche e ha affermato
che esistono in Italia problemi ben più importanti della
libertà religiosa: era solo
l’apertura delle ostilità. Il
giorno dopo, Fon. Bricolo (Lega Nord), pur dichiarando di
condividere il principio della
libertà religiosa, sottoponeva
molti articoli del disegno di
legge a una forte critica per
giungere infine a considerarlo
pericoloso per la sicurezza del
paese e inopportuno nell’attuale situazione internazionale, specialmente con riferimento all’Islam. Gli sfuggiva
totalmente che il concedere ai
cittadini italiani di religione
islamica e ai residenti regolari
diritti di carattere spirituale
diminuisce il terreno di cultura dei fondamentalisti e permette un maggior controllo
del territorio. Non a caso Bush ha partecipato, dopo TU
settembre, a riunioni in moschea ed esponenti islamici
erano presenti alla grande
funzione interreligiosa alla
Casa Bianca. D’altra parte,
per il riconoscimento giuridico, la legge prevede controlli
puntuali e approfonditi.
In alcune critiche delTon.
Bricolo vi erano profondi difetti di informazione. Egli attribuiva, per esempio, il fatto
che non si leggano le norme
di legge durante il matrimonio, a una richiesta islamica,
mentre tutti sanno che questa
prassi è presente già nell’Intesa con la Tavola valdese del
1984.1 concetti espressi dovevano essere cosi duri che il relatore ha manifestato «disagio
per i giudizi unilaterali
espressi nel suo intervento
dal deputato Bricolo» e ha
riaffermato, inoltre, l’intento
di attuare i principi fondamentali di libertà previsti dalla Costituzione che affondano
le loro radici nella cultura eu
ropea e italiana. In seguii
questi interventi, il giorno 20
la Commissione ha presol
decisione di avere audizioni
di specialisti e il parere ’
stesse confessioni religiogj
Su richiesta delTon. Bielliii
presidente Bruno ha dichia®
to che si sarebbe evitata uni
dilatazione dei tempi previsi
svolgendo le audizioni nell'atì
co di una stessa giornata.
Oltre alle prese di posizàlj doloro li
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pefl^
adoperar
liapercoi
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ne degli esponenti della Lega,
suscitano perplessità due ^
scorsi di membri di An, com®
Roberto Menia e Riccardo
Migliori, pronunciati il 27
giugno. In particolare, il pj|.
mo chiedeva una reciproci^
con i paesi islamici, che pud
essere desiderata ma non po.
sta in una legge che riconosce ai propri cittadini i diritti
inalienabili previsti dalla Catta delTOnu; il secondo ha posto in rilievo la posizione della Chiesa cattolica come prè
vista dalTart. 7 della Costituzione temendo che i «progetti di legge siano interpretati
come volti a tu telare un cul>i
tura minoritaria antagonisft
rispetto a quella cattolica», ‘
Sembra molto strano chel
in un momento in cui si
delle religioni come struineji(i
ti di pace si possa poi temere;
un antagonismo tra le varie’
confessioni, senza pensar^
che la libertà consiste proprtì
nel poter esprimere compii
tamente se stessi nel rispel
degli altri e nella ricerca di un
dialogo pacifico e costrattii
Ora si attendono gli interven<|
ti delle altref orze polltichéi|
Si spera che la discussione!
generale possa esaurirsi eni
il mese di luglio e che in sei
tembre si possano svolgerete!
audizioni previste. FrattantQi!|i«iltura
il 19 luglio, la Commissip^:!
della presidenza del ConsigBo,
esaminerà le cinque Intese in
discussione per predisporne,
lo auspichiamo, la sigla.
Domenico Maselll,
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L’Italia delle religioni
ICh
23-27 luglio 2002
BEi
Un viaggio attraverso le diverse tradizioni religiose presenti in Italia.
L'Italia è un paese sempre più variegato anche sotto il profilo religioso^
eppure di questo pluralismo di fedi, di tradizioni, di culture vi è scarsa
coscienza. Confronti organizza, per la seconda volta, questo senainana
itinerante, perché crediamo che soprattutto l’incontro diretto e personale con esponenti delle diverse comunità di fede possa aiutare a cogliere la complessità e la ricchezza del mosaico delle fedi in Italia. H
gruppo sarà guidato da esperti qualificati.
Programma
Martedì 23 luglio
Visita delia moschea di Roma
Partenza per Frasso Sabino; visita del monastero buddista theravada «Santacittarama» e incontro con i monaci
Cena e pernottamento a Firenze
Mercoledì 24 luglio
Visita della Sinagoga di Firenze e incontro con alcuni esponenti
della comunità ebraica
Trasferimento a Vallombrosa, visita dell’Abbazia e incontro
con monaci
Partenza per Modena
Trasferimento a Novellara; visita del tempio Sikh e incontro
con la comunità
Pernottamento a Modena
Giovedì 25 luglio
Partenza per Carcare (Savona)
Pranzo presso il monastero induista «Gitananda»
Visita del monastero e incontro con i monaci e le monache
Pernottamento in hotel a Cairo Montenotte
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Venerdì 26 luglio
Trasferimento a Torre Pellice: visita del museo e di luoghi le
gati alla storia Valdese
Cena e pernottamento presso la foresteria di Torre Pellice
Sabato 27 luglio
Partenza per Torino
Incontro con la comunità ortodossa
Partenza per Roma (arrivo presunto ore 19,30)
(Il programma non è definitivo e potrebbe subire variazioni)
La quota individuale di partecipazione è di 475 euro. ^
Per maggiori informazioni rivolgersi a Ufficio
Confronti: tei. 06-4820503 fax 06 4827901; e-maiH F
gramml@confrontl.net
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112 LUGLIO 2002
PAG. 7 RIFORMA
Mobilitazione della Federazione delle chiese evangeliche di Puglia e Lucania
Immigrazione e multiculturalità
lijn/Zestoz/o/?/ a Bori e a Cerignola per segnalare la più viva preoccupazione delle chiese
le nuove e inadeguate norme di legge. Che cosa significa diventare «meno accoglienti»?
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aN allarme sui rischi di
un irresponsabile giro di
rtli immiCTrati e* Hi
Lseguenza contro quanti si
Sperano ad aiutarli offren^ loro lavoro e accoglienza,
^percorso gli evangelici pu“•r. ,—Iranno dato voce
[due distinte occasioni: una
Lia rotonda e una manifestazione pubblica. Per inizialiva delle chiese battista e
Lese di Bari e del Centro
evangelico di cultura si è
svoltai! 18 maggio scorso
gj conferenza a due voci sul
tema «Immigrazione e multijiilturalità». Dopo un’introjozione del presidente del
Centro (chi scrive queste note), che ha richiamato precedenti iniziative e ha focalizpto quattro «profili» del projleina immigrazione (econolico, giuridico-sociale, polidio e ^turale-religioso) soflinnandosi in particolare sui
li scolastici della pre|*iza di immigrati nel tessu(»dale italiano {ora di relijiine, cerimonie confessioi, simboli religiosi) sono
Itervenuti i due relatori:
ompiui,i
rispetto
cadi un
tmttivcfe
itervem
litiche
proprit^ Jeatrice Grill del Servizio ri
e migranti (Srm) della
tei e Patrizia Resta, docente
iantropologia sociale alUlniversità di Foggia. La prillila sviluppato gli aspetti
Éco-giuridici e gli inevita
ission^irisvolti politici della quesientrmÉie immigrazione. La seta sem «ila ha incentrato il suo in(Igete lei tento sulle prospettive inattMto,; («ilturali della società itaiissioi% ÌJM, approfondendo aspetti
onsiglio controversi del dialogo tra le
ntese in tatare, in particolare la posispome, a'onedella donna nella soa. óeià albanese e pratiche puMaselli.
rificatorie quali l’infibulazione in alcune etnie africane. Il
breve dibattito che è seguito
è servito a meglio focalizzare
i timori e le aspettative largamente presenti nella nostra
società e necessariamente riflessi in quel microcosmo che
sono le nostre comunità.
Domenica 2 giugno in una
torrida mattinata di piena
estate la città di Cerignola,
popoloso centro agricolo del
Foggiano famoso per avere
dato i natali al primo e più
amato dei segretari generali
della Cgil, Giuseppe Di Vittorio, ha visto snodarsi per le
vie del centro un insolito corteo di circa 250 persone che
cantavano «Son io, son io. Signor che ho bisogno di pregar», dietro uno striscione su
cui era scritto, con una felice
parafrasi del famoso comandamento, «Amerai lo straniero come te stesso». Numerosissimi i giovani e i bambini,
ma molti anche gli anziani
che in gran parte si proteggevano dal sole con vistosi cappellini giallo-canarino procurati saggiamente dalla Chiesa
thè
■Che cosa cambia oggi
slazione italiana
immigrati
beatrice grill
'hile e consigliabile, pri|Bia di riflettere e prenposizione sul progetto
in discussione in
--lento, ricostruire tap^ contenuti della legisla“ sugli immigrati a paralla legge Martelli, che
a un decen, Incolpevole latitanza del
; tao e che rappresentava
1, ^Unificativa innovazioCu approccio al probleHan aveva mai, fino
jj .cc®. assunto le dimenknli “n’cnaergenza najnenti ."C (si pensi allo sbarco
(b'.“(l.albanesi nel porto
È venuta poi la legporta i nomi dei mi‘Ureo e Napolitano e
utilmente in viuo all’avvento, ormai
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I i® quale segna peralHej,Preoccupante arretra¿Do tutti i piani, da
i^jl erettamente giurisdiliiaB„. ® quello umanitario.
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^0 ^ ' immigrati che san ritmo
itariri^ ‘.unno); l’imme^crii Verone alla condi
Nonn”^M®®*‘™ di quan3° fi lavoro (e si sa
Imi ¡13*^00 fragili e ricat(sso ^e^oratori immigrati,
di qualsiasi tufi rir^-^Sgiore difficoltà
ugiungimenti fami
liari da cui, barbaramente,
sono esclusi i figli che nel
frattempo diventano maggiorenni.
Inaccettabile nella nuova
legislazione è poi che le forze
di polizia godano di una discrezionalità che consente
loro di generalizzare e, in alcuni casi, di interpretare in
forme aspramente repressive il cosiddetto «reato di permanenza irregolare» e che si
possa procedere all’espulsione anche in presenza di un
ricorso e senza che sia garantita una difesa accettabile e
decorosa degli immigrati così incriminati. Allo stesso
modo è inaccettabile che
nelle «Commissioni decentrate» non si mostri alcuna
comprensione per i rifugiati
e profughi politici a tal punto
che si ammette alle riunioni
in cui si dovrà decidere della
sorte degli immigrati un solo
loro rappresentate e a livello
puramente consultivo.
A una legge così odiosamente iniqua e discriminatoria, bisogna opporre un
principio di regolarizzazione
permanente, il ripristino dei
flussi di ingresso annuali, il
ricorso ad altri strumenti che
non siano la mera, brutale
espulsione, la stipula di accordi di immigrazione intereuropei. Il ricorso alle organizzazioni umanitarie e a un
referendum abrogativo sono
strade percorribili nel caso
che il progetto Bossi-Fini vada in porto e a questo fine
occorre che si mobilitino
tutte le nostre comunità.
battista di Mottola. Molti passanti incuriositi venivano raggiunti da volantini che spiegavano il senso delle nuove
schiavitù di cui sono vittime e
portatori gli immigrati del nostro paese. Un messaggio di
monito, un appello all’accoglienza senza pregiudizi.
Nella piazza centrale, su un
palco eretto per la circostanza, si sono avvicendati il presidente della Federazione regionale, Giovanni Magnifico,
che ha spiegato le ragioni della mobilitazione degli evangelici pugliesi e lucani a favore
degli immigrati e dei loro diritti come necessario sviluppo
di un antico lavoro federativo,
il pastore delle chiese valdesi
di Bari e Cerignola, Luca Anziani, che ha predicato sui testi di Levitico 19 e Matteo 25,
centrando il messaggio sulle
parole del Cristo «Sto venendo da te. Fatti trovare» e ha tra
l’altro tuonato: «Il regno di
Dio non ha bisogno di impronte digitali!», e i due relatori invitati per l’occasione,
Annemarie Dupré e Vivian
Wivoloku. L’infaticabile re
sponsabile del Srm ha richiamato la durezza della situazione e l’opportunità di prenderne coscienza e non lasciare soli i pochi volontari evangelici che vi si dedicano.
Il secondo relatore, Vivian
Wivoloku, africano e «pellegrino della terra», come ama
definirsi, membro della Chiesa metodista di Palermo, già
insignito del premio «Giovanni Falcone» per la sua attività sociale, si è soffermato
con accenti accorati a descrivere la sua missione a favore
delle prostitute, soprattutto
africane, ridotte in schiavitù,
concludendo con un invito
ad aprire le porte dell’accoglienza e del cuore a quelle
vittime della violenza e della
indifferente crudeltà della
nostra società opulenta. La
voce di Vivian, che parla un
italiano fluente, è rotta dall’emozione mentre sciorina
le sue convinzioni e fa apparire molte delle cose cui teniamo banali e secondarie.
Si torna un po’ alla spicciolata alle auto e ai torpedoni
parcheggiati accanto alla
chiesa valdese per recarsi a
consumare il pranzo in campagna e poi celebrare la festa
di chiusura delle scuole domenicali, confortati da un po’
di nuvole che riducono la calura. Siamo stati anche onorati dalla presenza del sindaco
di Cerignola, mentre altri sindaci poco lontano partecipano all’orgia chiassosa e prevaricatrice di festeggiamenti del
nuovo santo. Padre Pio di Pietrelcina. I bambini giocano e
cantano ed è bello vederli. Ma
restano nel cuore di tutti le
parole forti e severe di Annemarie e il sogno di giustizia e
l’accorato appello di Vivian.
La norma in discussione
I rischi di una legge
dell'esclusione
ANNENIARIE DUPRÉ
Bisogna denunciare a
chiare lettere le falsificazioni, diffuse nell’opinione
pubblica, di un’equazione
del tipo immigrazione uguale
invasione, criminalità, terrorismo. La Puglia è sì il Sud
dell’Europa, ma è anche il
Nord del Mediterraneo, che è
terra molto più antica e civile
dell’Europa. Fino a un anno
fa l’Italia ha svolto un ruolo
positivo per la difesa dei diritti degli immigrati in un’Europa che stenta a darsi linee
coerenti per una corretta politica dell’immigrazione. Oggi
veniamo accusati di essere
«meno accoglienti» come si
ricava dalla denuncia dell’Alto Commissario per l’emigrazione e da un recente convegno internazionale svoltosi a
Lecce. Noi, «extracomunitari
del Signore», dobbiamo adoperarci per invertire la deriva
legislativa e sociale che sembra prevalere nel nostro paese e in molti stati europei. Ecco alcuni criteri di base per
una politica giusta ed efficace
sull’immigrazione, che deve
essere inclusiva di tutti i temi: sanità, lavoro, formazione, studio, progetti, ecc.; deve essere omogenea in tutta
l’Europa per evitare flussi
«interessati»; deve indagare
le responsabilità dei paesi industrializzati sulle cause della povertà e dell’immigrazione; deve avere alla base il rispetto dei diritti fondamentali dell’uomo; deve avere
una «utilità sociale», cioè de
ve favorire l’omogeneità della
società, evitando tensioni e
pericolose forme di marginalizzazione e dimostrando che
vi è anche una convenienza
socio-economica a investire
nell’immigrazione; al contrario una politica di esclusione,
come quella che appare informare il progetto di legge
Bossi-Fini, ha costi militari e
di polizia, di sorveglianza e
controllo di permanenza coatta assai rilevanti che, in assenza di adeguata copertura
finanziaria, si vorrebbero ingiustamente far coprire dai
contributi Inps dei lavoratori
immigrati (una mostruosità
morale prima che giuridica).
Occorre resistere ad una
legge così iniqua e inefficace,
optando per la «legge dell’
amore», fatta di solidarietà,
accoglienza, integrazione,
promozione dei diritti umani, che è poi la legge dal Signore, la quale in ogni caso
«funziona» meglio. La Federazione appulo-lucana, una
delle poche attive in Italia,
deve proseguire e intensificare il lavoro svolto dallo sportello del migrante, un’iniziativa che sembra le chiese abbiano lasciato alle organizzazioni laiche, che vi agiscono
peraltro efficacemente, ospitate negli uffici organizzati e
finanziati dalla Fcei: sarà opportuno a tal fine affiancare il
volontario evangelico Tommaso Gelao con una rete di
collaboratori individuati nelle chiese federate che assicurino una corretta comunicazione tra centro e periferia.
Tra globale e locale
La sfida interculturale
PATRIZIA RESTA
IL tema della deriva giuridica è un passo necessario
per portare il discorso sui temi dell’interculturalità e spiegare che lo snodo epocale del
problema emigrazione non
sono state le guerre (come
quelle interafricane o dei Balcani che pure hanno prodotto
guasti enormi e tensioni non
sopite, e neppure i più recenti
fatti, pure eclatanti, dell’11
settembre, che semmai ne sono l’effetto inevitabile) bensì
la decolonizzazione, vero terzo mondo del dopoguerra in
quanto priva di colonie, senza sviluppo economico, necessitante dell’assistenza dei
suoi vecchi nemici: il piano
Marshall. Uno degli effetti
della decolonizzazione che
interessa la questione di cui
ci si occupa è la «glocalizzazione», cioè l’incrocio dialettico dei fenomeni della globalizzazione con quelli della localizzazione.
A tale riguardo se ne possono citare due esempi significativi: la prostituzione delle
donne albanesi, che ha il suo
retroterra nell’antica cultura
di quel popolo per cui la donna non ha alcuna identità né
diritti, e l’infibulazione vigente in alcuni paesi africani di
cultura islamica. Verso entrambi, pur dovendoli necessariamente combattere sul
piano civile e sociale, vi è una
generale reazione di fastidio
scevra da ogni sforzo di conoscenza dei fatti, che si traduce
nel ripiegamento sul proprio
modello e, in definitiva, in
una fase di stallo della tensione interculturale. Qui la globalizzazione fa i suoi danni
maggiori, oltre che nella diffusione del verbo capitalista e
della forma di stato. In effetti
la stessa Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo è
inficiata dal fatto che i diritti
che intende tutelare sono
quelli dell’Occidente. Così
come non esiste una sola forma di economia o di modello
statuale, non esiste neppure
una unica identità. Ed è proprio la «chiusura dei processi
identitari» che la destra politica pratica in Italia, come in
altri paesi, e che costituisce
uno degli effetti più devastanti della globalizzazione.
Non si può progettare una
vita sociale comune senza conoscere l’altro, la sua identità
e cultura di partenza. Anche
la religione esercita talora un
ruolo negativo, soprattutto
quando pretende (e qui non si
può non riferirsi alla gerarchia cattolica) una esclusività
e un primato sulle altre. L’interculturalità deve essere l’approdo di un processo che, secondo il modello del «contatto acculturativo» formulato
da uno dei maggiori antropologi e storici delle religioni italiani, Vittorio Lanternari, ha
conosciuto una fase di «grande accoglienza» negli Anni
Settanta, in cui tutto appariva
positivo e vi era una forte curiosità per ogni espressione
della civiltà terzomondista
(dalla letteratura alla musica)
seguita da una fase di chiusura, diffidenza e ostilità che è
probabilmente quella che viviamo oggi. Dovremo preparaci a una «fase sincrética», in
cui l’interculturalità sia progettata sul fondamento di una
nuova laicità, disincantata ma
intenzionata a costruire-una
società in cui le identità trovino spazio di libera espressione ma ambiscano a una sintesi che non può che essere la
ricerca di un comune denominatore etico-sociale.
Immigrazione e prostituzione
Le nuove schiave
VIVIAN WIVOLOKU
Non si può comprendere
la gravità del fenomeno
della prostituzione coatta se
non se ne conoscono le cifre
approssimate per difètto. I
dati sono agghiaccianti: SOBO.000 ragazze, il 20% delle
quali sono minorenni, sulle
strade; 15 ore in media di lavoro ogni giorno con un guadagno quotidiano di circa
1.000 euro, di cui non restano loro che pochi spiccioli. Il
giro d’affari per le mafie: 10
miliardi di euro l’anno. Il riscatto (restituzione dei
documenti di identità) costa
40.000 euro contro i 1.000 ricevuti in prestito per arrivare ‘
clandestinamente in Italia.
Migliaia di giovani donne sono plagiate« terrorizzate con
riti vudù e con violenze di
ogni genere. È sbagliato limitarsi a condannare l’attività
di cui sono protagonista e
vittime; occorre invece accoglierle con amore, vincere la
loro paura e la loro sfiducia,
offrire un aiuto concreto alle
loro famiglie, indicare e rendere praticabile una strada di
lavoro onesto, raccontare del
Signore e del suo amore redentore, pregare con loro
(amano particolarmente il
Salmo 121: «Alzo gli occhi ai
monti...»). Il lavoro congiunto e incessante di volontari
cattolici ed evangelici è servito finora a riscattare 78 ragazze: una goccia in un mare, ma una testimonianza
contagiosa, un sogno che
può avverarsi. L’articolo 18
non deve essere toccato perché aiuta la liberazione da
questa schiavitù. Non bisogna essere schizzinosi e ipocriti: molte di queste tragedie
sono figlie della civiltà globale che tutti abbiamo contribuito a costruire a nostro
esclusivo beneficio.
8
PAG. 8 RIFORMA
Come uscire responsabilmente dall'eccesso di delega e istituzionalizzazione?
Le chiese e la frontiera della diaconia
Nelllntroduzione alla sua relazione al Sinodo, la Commissione sinodale per la diaconia
analizza la nuova realtà sociale italiana e pone alcune questioni fondamentali alle chiese
IN questi ultimi anni in Italia, come nel resto dell’Europa, la topografia sociale si è
completamente modificata.
La suddivisione schematica in
classi sociali è scomparsa o
tende a scomparire. La globalizzazione dei rapporti economici e, successivamente, delle
relazioni sociali ha reso le
frontiere nazionali estremamente permeabili. Ci troviamo sempre di più condizionati da interessi particolari o da
specifiche appartenenze. Scopriamo così di avere delle relazioni di dipendenza con
partner all’altro capo del
mondo mentre il vicino, di
pianerottolo continua a essere
uno sconosciuto. Nello stesso
modo diminuisce o scompare
la disponibilità di uno spazio
collettivo nell’ambito del quale tutti gli abitanti di uno stesso luogo si incontrano, comunicano e dialogano su temi di
interesse comune. Assistiamo
in questo modo a una dissociazione sociale.
Solo l'economia di mercato?
Questa frammentazione
dello spazio coincide con una
destrutturazione temporale.
La trasmissione di un patrimonio di conoscenze e di valori non si realizza automaticamente. Ciò che, appena otto 0 dieci anni or sono, costituiva un riferimento sociale e
culturale certo, oggi non lo è
più. La tradizione è costantemente delegittimata, il nuovo
viene costantemente valorizzato provocando subito il superamento del presente. Di
fatto l’europeo medio contemporaneo vive nell’urgenza del presente e perde la
prospettiva del tempo. Tanto
la modernità era segnata dalla convinzione che la storia
aveva un senso, quanto il periodo attuale, per lo meno in
Occidente, non lascia intravedere alcuna prospettiva alla storia dell’umanità.
Se lo spazio sociale è sconvolto e la storia non è più
orientata in direzione di un
progetto collettivo, i soli collegamenti che restano sono
quelli dell’economia mercantile e dell’identità individuale. Tuttavia le persone non
trovano nell’economia mercantile che delle offerte molteplici e brillanti per rinforzare la loro identità. Non vi intravedono alcuna identificazione collettiva. La società diviene allora una aggregazione composta da una somma
di «io» e la prospettiva di una
coscienza collettiva che si
esprima invece con un insieme di «noi» si fa sempre più
remota. Il passaggio diretto
dall’identità individuale alla
sfera commerciale svuota lo
spazio pubblico, luogo di elaborazione politica, fornitore
di riferimenti collettivi per le
persone e di regolatore sociale per il mercato.
Ma questo «cortocircuito»
fra la persona e la sfera commerciale non è sostenibile.
L’essere umano è pur sempre
L’Asilo dei vecchi di San Giovanni
al di sopra delle diversità individuali 0 di gruppo, conferma la possibilità di disporre
di una società fondata su valori comuni.
Chi crede in Cristo sa di
non appartenere soltanto a
una comunità singolare ma
anche alla comunità dei figli
di Dio. In modo analogo, la
nostra appartenenza a una
cultura particolare è certamente importante per il nostro vissuto personale, ma
sappiamo anche che siamo
legati a tutti i cittadini del nostro paese e dell’intero pianeta al di là delle differenze di
lingua, di costumi e di fede.
Per questa ragione intendiamo richiamare, nel pieno rispetto dell’autonomia delle
realtà temporali, l’importanza di disporre di uno Spazio
pubblico che consenta l’integrazione di tutti e di tutte.
un essere sociale. Egli ha bisogno di riconoscersi in una
comunità che fa propria. E il
mercato non è in grado di
soddisfarlo perché, in effetti,
non offre alcuna autentica
relazione umana, ma esclusivamente una relazione strumentale e fine a se stessa. Si
crea quindi un vuoto provocato dall’indebolimento dello
spazio pubblico.
Chiese di minoranza
La società odierna tende a
colmare questo vuoto. L’aspirazione a riscoprire dei valori comuni, la forte valorizzazione della famiglia, anche
se non necessariamente di tipo tradizionale, sono indici
di una ricerca in atto. Le tendenze di identificazione a
sfondo nazionalista, etnico o
religioso che affiorano, come
rigurgiti di un tragico passato, sia in Italia che in altri
paesi europei, rappresentano
altrettanti sintomi di un palese disagio. La dissoluzione
sociale provoca, anche fra i
giovani, nuove forme di aggregazione con i loro codici e
i loro riti sia che si esprimano
in gruppo o che si identifichino tramite Internet. È quindi
evidente la difficoltà di formare un progetto politico
poiché qualsiasi progetto politico presuppone una identificazione collettiva in grado
di superare l’appartenenza a
una cultura, a un gruppo o a
una confessione religiosa. Richiede un orizzonte di valori
comuni e dei processi di comunicazione che permettano
la costruzione del consenso
al di là della frammentazione
degli interessi individuali.
La nostra chiesa ha una
grande opportunità e responsabilità in questo contesto.
La sua posizione di minoranza, la sua tendenza al dialogo
e al confronto, l’assenza di
venature settarie, hanno contribuito a sviluppare e a sottolineare il valore della diversità, già insita nel suo stesso
essere chiesa riformata. Tutto
ciò la pone in un percorso
storico che può essere letto
come la ricerca incessante di
una identificazione collettiva
in grado di superare le particolarità dei singoli, dei gruppi e delle comunità che la
compongono. Tuttavia valorizzare la sola appartenenza
comunitaria senza darle uno
sbocco di carattere «politico»
non è sufficiente. Il suo obiettivo, oggi come ieri, deve
essere quello di rinnovare gli
strumenti del dialogo con la
società al fine di rendere una
testimonianza comprensibile
senza tuttavia rinunciare al
dibattito democratico in coerenza con i principi della laicità e del pluralismo. La sfida
è tanto più grande oggi allorché la cancellazione delle
frontiere a causa della globalizzazione rafforza la tentazione di rifugiarsi fra falsi ma
rassicuranti valori nazionali,
etnici o religiosi.
Tuttavia, oggi come ieri,
uomini e donne sono pronti
a raccogliere la sfida e a cercare insieme il cammino di
una nuova cittadinanza, di
un nuovo progetto politico.
La lenta ma costante costruzione dell’identità europea, il
progressivo delincarsi di una
società civile europea e mondiale, dimostrano che è possibile aprire dei nuovi spazi
pubblici in grado di regolare
¡’incalzare del mercato e dare
alle persone dei nuovi riferimenti collettivi. Questa tendenza a un progetto comune
Il «bene comune»
L’obiettivo delle pubbliche
autorità, oggi in modo particolare, deve essere quelìo del
servizio del «bene comune»
inteso come l’insieme delle
condizioni sociali che permettono, tanto ai gruppi che
à ciascuno dei loro membri,
la soddisfazione dei bisogni
materiali, la garanzia delle libertà fondamentali e la tutela
delle relazioni che sono essenziali per la partecipazione
alla vita sociale. La tradizione
protestante, tuttavia, ci mette
in guardia dal fare del bene
comune un obiettivo assoluto. Deve comunque prevalere
l’attenzione verso ¡’altro, il
singolo, nella sua realtà, altrimenti, anziché un beneficio
esso si trasforma in una ulteriore perdita per l’umanità.
Per questa ragione il bene comune va definito e realizzato
in modo collettivo, riconosciuto e accettato da ciascuno. In questa prospettiva esso diviene un impegno morale che consiste nell’organizzare la propria vita tenendo
conto della presenza degli altri per cui, Tedificare la coesistenza è compito di tutti e di
ciascuno. Il concetto del bene comune quindi costituisce
un invito a cercare il giusto
equilibrio fra la salvaguardia
dei legittimi interessi personali e l’interesse generale
della società nel suo insieme.
Un obiettivo condiviso an
Le «borse» per gli anziani
Quest’anno la Csd ha proposto alla Tavola di dedicare la
«Domenica della diaconia» alla raccolta di fondi per alimentare le borse di sostegno per anziani bisognosi di assistenza.
La colletta ha dato un apporto di 9.278,42 euro che, in aggiunta al contributo Opm sono stati distribuiti in quantità
variabile, secondo i bisogni, a tutti e 25 i richiedenti. Tuttavia, a causa della minore disponibilità, il contributo
delTOpm è stato notevolmente diminuito e, per questa ragione ¡e assegnazioni fatte a ciascuno sono state nettamente
inferiori alle richieste.
La Csd guarda con preoccupazione l’aggravarsi delle condizioni di molti anziani. La progressiva scomparsa della famiglia tradizionale, la mancanza di redditi sufficienti, il crescente bisogno di cure che accompagna l’avanzamento
dell’età, sono tutti elementi che, di fatto, provocano un crescente bisogno di aiuto da parte della popolazione più anziana. Dall’altro lato le possibilità di usufruire dei contributi
pubblici si vanno progressivamente riducendo. Le stesse
Case di riposo, in questi anni, si sono viste ridurre progressivamente il numero dei posti convenzionati, mentre per
quelli che ancora rimangono le rette non vengono più adeguate nemmeno in base all’inflazione programmata. Tutto
ciò deve far riflettere non solo gli addetti ai lavori, ma la
chiesa nel suo insieme.
Dal canto suo la Csd cerca di sviluppare delle risorse, per
esempio anche attraverso l’attività delle foresterie, per prepararsi ad affrontare questo genere di esigenze, ma ritiene
anche opportuna e necessaria una riflessione complessiva
sulla condizione dell’anziano e sul suo progressivo isolamento nell’ambito di una società sempre più frenetica e insensibile. La Casa di riposo non può e non deve più essere
vista come unica soluzione, ma in alternativa occorre ricostruire una rete di servizi in grado di fornire alle famiglie un
sostegno e uno stimolo alla loro disponibilità. La situazione
si complica quando la famiglia manca o è del tutto assente.
che da tutti coloro che, con
motivazioni e in modi diversi, agiscono nell’ambito del
cosiddetto «privato sociale».
Un obiettivo condiviso anche
dalla diaconia evangelica ma,
per essa, insufficiente. «...i¡
Figliol dell’uomo non è venuto per esser servito ma per
servire, e per dar la vita sua
come prezzo di riscatto per
molti» (Matteo 20, 28). La
diaconia è una delle funzioni
di Cristo e il suo servizio verso i malati, gli affamati, gli afflitti, con le guarigioni e gli
altri miracoli costituisce una
parte saldamente,affermata
del suo ministerio e le funzioni proprie del ministero di
Cristo sono il modello per la
vita della chiesa. La diaconia
di Cristo è il fondamento della nostra riconciliazione con
Dio e, nella misura in cui viviamo questa riconciliazione,
riflettiamo la funzione di
questo ministero.
La vocazione cristiana
Come quello di Cristo, il
servizio della chiesa si presenta sotto diversi aspetti; uno di
questi è il servizio rivolto a coloro che sono nel bisogno: poveri, malati, prigionieri, stranieri. Rispondere ai loro bisogni, a tutti i loro bisogni, sia
materiali sia spirituali, costituisce un elemento centrale
del ministero di Cristo e lo
stesso deve essere per la sua
chiesa. Sappiamo, daH’insegnamento della Riforma, che
le chiese dovrebbero costantemente interrogarsi sulla
consistenza e suH’efficacia
degli strumenti che si danno
per adempiere alla vocazione
affidata loro dal Signore, e
sappiamo anche che la diaconia costituisce uno degli elementi centrali della vocazione
cristiana. Non sempre però
questo ripensamento è spontaneo. 11 più delle volte le
chiese e, al loro interno le
opere, sono costrette a riesaminare il senso della loro vocazione e rivedere conseguentemente gli strumenti
per attuarla, sulla spinta di
avvenimenti esterni. Nell’ambito della diaconia, ma non
solo, questo ripensamento è
molto più sollecito e incisivo
allorché la chiesa si trova calata in una realtà sociale male
articolata o in fase di rapida
trasformazione. Pensiamo,
per esempio, al compito che
attende le nostre chiese sorelle in America Latina.
Per quanto ci concerne, il
Sinodo ci invita spesso a stu
diare e rivedere la fum
della nostra diaconia, a;
nire la sua collocazionj
suo ruolo nell’ambitol
società italiana. Dobbij
ammettere di aver ponj
nostra riflessione solo
un certo punto e, sopra)
non abbiamo messo in pi
ca il frutto delle nostra^
sioni. Perché, se ci fot
spinti troppo oltre avrei
dovuto ammettere che
noi stiamo relegandole
zioni della diaconia
ambito sempre più risi
sempre più istituzioni ^
in ciò anche favoriti dali
norme che, per con
di tutelare tendono,
a isolare ed escludere.
I segnali di un pro[
indebolimento del sistei^
opere diaconali cheèsM
concepito nelT800 e
attraversato tutto il si
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ficarsi, si fanno via via|
evidenti così come si
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mentre un’errata intega
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garanzie e di servizi.
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sia che si intenda puntai
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Per an'immagine positiva della donna
Avviandoci alia conclusione dei nostro mandato, vogliamo riprendere uno dei temi
che più di altri ci hanno impegnato in questi quattro anni: l’educazione al rispetto
della donna elimina, alla radice, la violenza. È infatti nostra opinione, corroborata anche
dall’indagine da noi fatta e dai dati raccolti nel questionario Fdei di due anni fa che «la
malattia dell’anima» che scatena istinti violenti contro le donne trae lo spunto da un radicato disprezzo verso il sesso femminile. Dal disprezzo nasce anche la mercificazione della
donna; la frequentazione delle prostitute; la svalutazione dell’apporto delle donne alla vita
sociale e civile.
H decennio ecumenico (2001-2010) «Vincere la violenza» impegna anche chi proseguirà il lavoro, nella Fdei e per la Fdei, a riproporsi continuamente, come obiettivo costante e prioritario, dei percorsi di vita che indichino come è possibile «vivere insieme»
in modo nonviolento nelle chiese, nelle famiglie, nella società. La stessa educazione sessuale, che consideriamo terreno imprenscindibile di attività, anche delle chiese, deve essere un terreno fecondo di annuncio della «buona» creazione di Dio. Dobbiamo sempre
ricordare che la cultura e la religione ebraica, da cui traiamo le nostre radici, non ha mai
albergato forme di sessuofobia (nel fondamentalismo, anche ebraico, il, sesso ha connotazioni negative rna, appunto, si tratta di atteggiamenti estremistici, comuni a tutte le reIgioni). Anzi, nell’ebraismo il rapporto sessuale è considerato come il segno del vincolo
che assicura l’unione di due persone per tutta la vita, nel reciproco sostegno, nel piacere,
nell’educazione dei figli.
E corpo umano non è esaltato nell’ebraismo, e infatti non si fanno né pitture né sculture, ma neppure rinnegato. Che il sesso fosse parte della volontà creatrice di Dio e
fluindi «cosa buona» lo si può dedurre anche dai molti testi della letteratura profetica e
,soprattutto dal Cantico dei Cantici, dove la dimensione erotica diviene uno degli ambiti
.privilegiati dell’esperienza umana tanto da essere ______________________________________
considerata come la più adatta per esprimere «qualàe cosa» del legame fra Dio e noi; per farci comprendere, almeno in parte, la realtà divina. È vero
die tutta l’esegesi ebraica considera il Cantico come
»'allegoria, ma è l’esperienza erotica e sessuale dei
àe amanti che indica la profondità e la bellezza
(iel’unione di Dio con il suo popolo. Quindi, niente
•■tabù»; né generi più nobili, il maschio, né esseri
umani, oggetti o cose da usare, ma rispetto e di3«ità per tutti, uomini o donne.
Eppure, sulla spinta delle lunghe battaglie delle donne, per tutto il secolo scorso, ora possiamo toccare
con mano la diffusione e l’enorme presenza della violenza contro le donne; non solo in ogni regione del
mondo, ma anche in ogni ceto sociale e in ogni ambitonvile (dalla famiglia alla chiesa, al posto di lavoro o
«scuola). Ciò che più sconvolge è però il fenomeno
Mia violenza domestica, la cui visibilità è recente e
trutto anche delle nuove norme legislativi che punisco«P, anche allontanandolo da casa, il marito o padre
manesco. E le conseguenze delle violenze domestiche
cono spesso le più gravi e durature: da malattie psicotisiche a crisi di identità, fino al suicidio, frequente
tragica chiusura di rapporti familiari violenti in cui la parte più debole, la donna, rinuncia
persino a vivere pur di non continuare a subire violenza.
Negli Usa un terzo di tutti i tentativi di suicidio femminile è stato preceduto da un episodio di violenza, secondo dati dell’agenzia dell’Onu-Unfpa. Secondo una stima della
Banca Mondiale, nei paesi industrializzati la violenza, non necessariamente sessuale, fa
diminuire di 5 anni, in media, la vita delle donne che la subiscono. Se l’amore e la sessualità non sono vissuti «in dialogo» con l’altra o l’altro, rischiano di causare seri drammi, non solo per i diretti interessati ma anche per la collettività che dovrà farsi carico del
loro disagio e della loro sofferenza oltre che degli altri «a rischio» in ambienti violenti,
come ad esempio i minori. Ecco perché vogliamo ancora una volta, con forza, ribadire
che un’immagine della donna, distorta o umiliata, porterà a costruire fra partner rapporti «malati» oltre che squilibrati.
Nel trasmettere un’immagine di donna le chiese hanno una grande responsabilità, anche quelle protestanti, e da queste immagini possono anche nascere quei «mostri» che sono la violenza misogina, in tutte le sue forme. La Fdei ha voluto, in questi quattro anni,
rendere «visibili» le donne protestanti in Italia, per quello che sono. Ecco perché abbiamo
fatto raccogliere le testimonianze di tante donne o perché abbiamo cercato di portare alla
luce le storie di donne misconosciute anche nelle nostre chiese. Ma mai abbiamo rinviato
un’immagine unica né un’immagine solo positiva. Ci siamo raccontate per quello che siamo, con i nostri limiti e i nostri difetti ma anche, soprattutto, con la grande voglia di essere utili nelle nostre chiese e di essere valorizzate per i doni che ciascuna di noi possiede e
per la testimonianza dell’Evangelo.
Dorìana Giudici
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sulla violenza contro le donne
51 è tenuta a Montreal, in Canada, dal 20 al 25
™9gio una Conferenza mondiale sul «Controllo
U?P'’®y6nzione delle violenze contro le donne».
Jl ‘'‘■feriti dai vari centri di ricerca attivati
J la Conferenza risulta che è ancora altissima la
L^J^ele di donne violentate o vittime di viopi|. ^ “°i)estica, in ogni parte del mondo. I tassi
Perù n ® violenze si sono registrati in
W h donne denunciano violenze e
«lont ^ grandi città, soprattutto nelle zone di
(iltto/^!)^' '' ‘■ttJ'Tiero raggiunge il 61%); in Brasile
Un I donne) e in Thailandia (il 28%).
''erse ■ '!^^.®‘'®ssante dato che emerge dalle di
lep, '^.°39ir>i indica che le donne vittime di vioella dpoi facilmente dedite all'alcol e
in tutti i paesi del mondo,
alig ^‘Jsate non denunciano i violentatori
alle autorità. Dalle loro dichiarazioni
ieilj'^®''vistatrici dichiarano di sentirsi troppo
%o o troppo piene di paura per cercare
"■^zzate <
estranei anche se pubblici ufficiali.
Disubbidire a ogni soproffaziona
"Un uomo della casa di Levi andò e prese in moglie una figlia di Leni. Questa donna concepì, partorì un figlio e. vedendo quanto era
bello, lo tenne nascosto per tre mesi. Quando non potè più tenerlo nascosto, prese un canestro fatto di giunchi, lo spalmò di bitume e
di pece, vi pose dentro il bambino, e lo mise nel canneto sulla riva del fiume. La sorella del bambino se ne stava a una certa distanza,
per vedere quello che gli sarebbe successo. I.a figlia del faraone scese al fiume per fare il bagno, e le sue ancelle passeggiavano lungo la
riva. Vide il canestro nel canneto e mandò la sua cameriera a prenderlo. Lo aprì e vide il bambino; ed ecco, il piccino piangeva: ne ebbe
compassione e disse; '•Questo è uno dei figli degli ebrei;-. Allora la sorella del bambino disse alla figlia del faraone: «Devo andare a chiamarti una balia tra le donne ebree che allaiii questo harnhino?-- La figlio del faraone rispose: «Va'-. E la fanciulla andò a chiamare la
madre del bambino. La figlia del faraone le disse: «Porta con te questo tximbino. allattalo e io ti darò un salario«. Quella donna prese il
bambino e lo allattò. Quando il bambino fu cresciuto, lo portò dalla figlia del faraone: egli fu per lei come un figlio ed ella lo chiamò
Mosé «perché», disse «io l'ho tirato fuori dalle acque«.
(Esodo 2, w. 1-10)
SELLE drjnne. diwrse tra loro, fanno parte, insieme, del jiiogetto di salvezza di lina piccr.)la vita, quella di un neonato, condannato a morte. insieme con tanti altri. Il faraone aveva i5rdinat>s al suo popolo di gettare nel Nilo ogni maschio che nasceva tra gli israeliti [Xir timore
che questi diventassero troppo numero.si. Sono le donne ad agire, ad opporsi a un ordine cosi nefasto, eppure, nella presentazione dei fatti, le
donne aj^paiono figure subordinate. L'episixiio inizia col presi?n1are un uomo. ■■Un uomo della casa di Levi (dunque il padre di Mosè) prese in
moglie una figlia di Levi». Padre c madre di Mo.sè provengono dalla tribù di Levi che diventerà la tribù sacerdotale; rna. mentre l’uomo è detto
«della casa di Levi», la donna è nominala solo come - figlia di Lt?vi».
Poi. quest'uomo sparisce dal racconto, non se ne parla più. Ma la società patriarcale nella quale questi racconti .sono stati scritti non poteva
fare a meno di iniziare senza citarlo. Allora i riferimenti parentelari avvenivano cosi, ma oggi non .sono molto diversi. LJn solo c.sempio: quante
donne di tanti nostri paesi le quali, per u.saiiza o per legge, non possono dare il loro cognome ai loro figli e/o alle loro figlie! Solo più tardi, nel
capitolo della lunga genealogia di Aaronne e Mosè. vengono citati nomi femminili: «Amram prese, per moglie lochebcd sua zia». Nel testo in
esame c'è un'altra donna, senza nome: è la figlia del faraone. E poi c'è la protagonista, la figlia di Mosè. Tutte donne senza nome, definite e
presentate solo attraverso un uomo.
Questo racconto assomiglia ad altri di religioni amiche come la leggenda, più vecchia del nostro testo, della nascita del re Sargon di Accadia
in una cesta sull'acqua. In questo racconto non si parla di intervento divino ma nepjiure in Esodo se ne parla, o comunque Dio non viene nominato. Eppure il futuro leader del popolo d Israele aveva bisogi io di una nascila e di un'infanzia straordinaria, dove la presenza d Dio lo strappa alla potenza del faraone. Mosè nasce in pieno dramma storico. 1 orrore di una strage di innocenti, come quella che ha accompagnato la nascila di Gesù, o come quella che oggi si perfietra in diversi ijaesi del mondo- in Algeria, in Medio Oriente dove c'è una vera guerra contro i
bambini: più di 70 bambini israeliani sono morti e altrettante, se non di più , sori' j le vitiime palestinesi.
Questo neonato deve crescere di nascosto fino a tre me.si. Chissà quanta ansia nella sua famiglia! La madre allora tenta uno stratagemma. I
suoi gesti sono precisi: spalma il resto per renderlo impermeabile con catrame (lavoio da uomo, abitualmente), con tanta cura pensa a tutto
perclié questa piccolissima imbarcazione possa essere, sicura sulle rive del grande .Nilo o delle sue ramificazioni, ponendola in un posto dove le
canne o i giunchi possano ripararla dall’acqua. Questa madre ingegnosa avrà la grande gioia, insperata, di poter ancora allattare suo figlio.
Succes.sivamenie. con coraggio, se ne separerà, per riportarlo alla figlia del faraone, purché il piccolo viva. È stata perfino pagata per allattarlo!
Dio non sembra esserci in questo racconto. E invece Dio c'è. ma è nascosto nella compassione della figlia del faraone che, anche se non
credente in Dio perché non ebrea, osa andare contro la volontà del proprio padre e re: cosi salva il bambino e sarà lei a dargli il nome Mosè
(nome egiziano che significa «stirpe dell'oceano dell'acqua»), nome che ha anche un'etimologia ebraica «estrarre». La principessa dice: «L'ho tirato fuori dalle acque» (come il piccolo Mo.sé, tutte quelle donne sono associale all'acqua: la figlia del faraone non è sola, ma accompagnata da
ancelle che passeggiano in riva al fiume e l'aiutano a salvare il neonato).
L'acqua accompagna qui la nascita non solo di quello che sarà il liberaloie. ma la nascita di tutto un popolo chiamato a libertà. Più tardi, la
sensazionale divisione del mare che salverà il popolo ebreo in fuga davanti agli egiziani, rappresenterà proprio l'ingresso nella libertà. Tornando alle donne del lesto, la giovane sorella di Mosè che fa da mediatrice tra la figlia di faraone e la madre svolge un ruolo delicato, difficile, soprattutto tra due popoli completamente diversi, soprattutto quando un popolo è sottomesso all'altro. Oggi si rendono necessarie sempre di più
figure che svolgano il compito di mediare nelle nostre società sempre più multietniche e multiculturali, dove si ha bisogno non solo di traduzioni per poter comunicare, ma si ha soprattutto bisogno di qualcuno che possa capire e spiegare 1 problemi diversi degli uni e degli altri, dovuti a
mentalità diverse, a leggi differenti tra i vari paesi di origine; mediatori che possano facilitare, appianare le relazioni tra le persone e tra queste
e le istituzioni sconosciute, come per tanti migranti sradicati nei paesi che li ospitano. Pensiamo appunto alle difficoltà delle donne migranti
che aspettano un bambino e si trovaaio a non sapere come funzionano i nostri ospedali, le nostre unità sanitarie, i consultori, o le scuole. Questa Miriam, che sarà anche lei in seguito operatrice di liberazione per tutto il popolo, dimostra già di saper essere all’altezza del suo compito,
malgrado la sua giovane età.
Ecco tre donne differenti: età diversa, provenienza diversa, condizione sociale diversa, ma unite nello stesso impegno di salvezza, con coraggio e generosità. Sono protagoniste autonome che agiscono per decisione propria, assumendosene tutta la responsabilità. A queste tre donne
se ne aggiungono altre due, di cui parlano i versetti appena precedenti a quelli esaminati: sono Scifra e Pua, due levatrici che hanno osato tener testa al faraone e disubbidii^ bsdando vivere i maschi che le donne ebree partoritalo, rischiando così il loro lavoro e.Ja loro stessa vita.
Cinque donne di due gruppi diversi, che non si conoscevano, ma coinvolte fino in fondo in un’opera di resistenza e nonwoienza; resistenza alla
wolenza più cieca c barbara di genocidio come ne conosciamo purtroppo oggi ancora. ,, , ,
Resistenza e nonviolenza sono due indicazioni attuali per la nostra vita quotidiana di oggi. Dio agiva attraverso questa volontà di salvezza
proprio all’inizio della storia della liberaàone. La teologa Soile ha scritto:»dio non pos^e altre mani che le ncstre. Dio non ha altri occhi che ì
nostri». Ricordiamo che Gesù ha detto: «Beati coloro che non sono troten«, Dio darà loro la terra... Beati coloro che hanno compassione degli
altri, Ko avrà compassione di loro. ' . ' ' - >
V Marie Franoe Maurin
----------—----------------------------—------------^-------------------------------------------------------------•
10
PUG. Il
Il tema è stato al centro dei convegni di studio in Liguria della Fdei interregionale
ÎÎPÎ Kl^sìTQaaosjji
53
I diversi motivi che portano aiia vioienzq | fi
Si nasce violenti?
La violenza è «contagiosa».
Che cosa significa questa frase? Fingiamo che la violenza
sia paragonabile a un’epidemia
influenzale: ci saranno persone
contagiate, sicuramente, ma ci
sarà anche chi avrà diverse
probabilità di esserlo e, tra i
«contagiati», chi avrà sintomi
più acuti e chi no. Tutto questo per ricordare che la violenza si apprende (l’esempio del
contagio), ma si apprende più
facilmente e in maggior misura
se si è «predisposti».
Predisposti in che senso? Allora violenti si nasce? No. Sebbene una serie di ricerche
scientifiche che vanno da
Lombroso (fine ’800) alle più
recenti ricerche sulle supposte
anomalie cromosomiche (Usa,
Anni 70 e 80) abbiano ipotizzato una «violenza innata», non
si sono mai riscontrate prove
sull’esistenza di cause biologiche e/o ereditarie. Anzi, altre
ricerche, ad esempio quelle sui
gemelli separati alla nascita e
inseriti in nuclei familiari diversi, così come le ricerche transculturali, hanno messo in rilievo l’origine «ambientale», o
meglio «psico-sociale».
A questo punto è doverosa
una distinzione tra aggressività
e distruttività o violenza. Con
la prima intendiamo una funzione dell’Io (vedi Ammon,
1970), che è al servizio
dell’autorealizzazione, è innata
(con differenze individuali), ed
è legata all’autoconservazione
dell’individuo. Possiamo trovarne un esempio nella bramosia con cui il neonato si attacca al seno per cibarsi. Con distruttività e violenza intendiamo invece .un comportamento
patologico, appreso e condizionato da circostanze ambientali (famiglia, prima, e agenti di
socializzazione poi: scuola,
gruppo dei pari, mass media).
Quali i fattori responsabili
della violenza?
I fattori maggiormente responsabili dei tratti violenti di
personalità sono:
Frustrazione. Quanto più
l’educazione infantile (ma anche esperienze della vita adulta) si connota come basata su
frustrazioni eccessive e arbitrarie, tanto più il soggetto sviluppa forti pulsioni aggressive.
D’altro canto anche la completa assenza di frustrazioni rappresenta un pernicioso modello educativo (vedi eccesso di
protezione ed eccesso di permissività). Oggi si preferisce attribuire le cause dei comportamenti violenti a una «disregolazione» della frustrazione. Infatti
il problema sta nel trovare una
giusta misura di essa che tenga
conto sia della specificità delle
situazione sia delle caratteristiche del bambino (di cui l’età è
una delle principali ma non
l’unica).
Imitazione. Una serie dì
esperimenti condotti negli Anni 60 ha dimostrato come l’assistere a comportamenti violenti sia tra le cause del riprodursi di essi. Ciò si collega alla
transgenerazionalità della violenza (cioè il suo essere presente nella stessa famiglia per generazioni). Il comportamento
imitativo non è connesso solo
ad esempi «reali», vale anche
per gli atteggiamenti aggressivi
ed esplicitamente violenti rappresentati dai mass media (a
questo proposito sono molto
interessanti alcune ricerche sui
cartoons violenti, svoltesi in
Usa nei. primi Anni 70).
Rinforzo sociale. Purtroppo i comportamenti violenti
sono spesso fonte di approvazione sociale (pensiamo alle
«bande» di adolescenti ad
esempio). In un gruppo di individui, di qualunque età, il comportamento aggressivo o violento può essere alla base del
loro ruolo di leader nel gruppo
o nella comunità. Inoltre, ultimo ma non meno importante,
la violenza può essere un mezzo per ottenere vantaggi personali che, quanto più sono ottenuti, tanto più fanno sì che
l’individuo possa essere spinto
a commettere azioni violente
(meccanismo di autorinforzo).
Ci si abitua alla violenza?
Ciò che più conta è sapere
che questi tre fattori eziologici
spesso sono associati, poiché
presenti nello stesso ambiente
famigliare e/o sociale dell’individuo. Quanto esposto è anche all’origine di due fenomeni
sociali estremamente diffusi
nella nostra società contemporanea: sono la crescente tolleranza alla violenza e la proiezione di essa su altri. Si tratta
di due fenomeni estremamente
diversi e che vale la pena di distinguere chiaramente.
Con il primo si intende che
alla violenza ci si «abitua». Anche soggetti non violenti tendono spesso ad aumentare la
propria soglia di tolleranza alla
violenza, in virtù del suo intensificarsi nella nostra società
(anche attraverso la sua maggiore visibilità: ruolo dei massmedia). Si tratta di un fattore
molto pernicioso poiché maggiore tolleranza significa porre
meno ostacoli ai comportamenti violenti, da parte della
comunità dei cittadini, il che
non può che perpetuare i
comportamenti aggressivi ingiustificati, che a loro volta aumentano il «tasso» di violenza
presente in una comunità con
un prevedibile aumento della
tolleranza ad essa. Abbiamo
così il circolo vizioso della violenza.
La proiezione è un meccanismo eminentemente psicologico. Essa consiste nell’attribuire
ad altri, inconsciamente, nostre sensazioni e idee. Spesso
proiettiamo sugli altri le nostre
pulsioni aggressive, non volendole riconoscere in noi stessi,
e giustificando i nostri conseguenti impulsi violenti in quanto «reazione» all’aggressività altrui. Un esempio molto semplice, ma purtroppo diffuso, è
il seguente: aggrediamo un’altra persona perché pensiamo
che essa abbia velleità aggressive nei nostri confronti («ce
l’ha con me», «mi guarda male», «l’ha fatto apposta a scontrarmi», ecc.).
È solo fisica la violenza?
La violenza non è solo fisica
ma anche psicologica. La violenza psicologica sui minori,
nella loro oggettiva condizione
di subalternità, ne è un esempio di notevole interesse, anche perché genera altissime
possibilità che chi è stato vittima diventi, in un futuro più o
meno lontano, persecutore.
Nel 1977 è stato coniato il termine di «pedagogia nera» (dalla
studiosa Rutscky) per intendere tutte quelle misure educative
basate sulla violenza fisica e
psicologica. Non dimentichiamo che la violenza sui minori è
distinta in: violenza fisica, psicologica e trascuratezza. Con
quest’ultimo termine si intende
un disinteresse nei confronti
delle condizioni fisiche e psicologiche del minore che rappresenta una forma indiretta di
violenza; potremmo definirla
come una «violenza passiva»,
in quanto non «agita» direttamente, ma altrettanto nefasta
per chi necessiti delle attenzioni e delle cure dell’adulto per
sopravvivere.
Il minore tende a reagire alla
violenza in qualunque forma
essa si esplichi, in due modi tipici. Il primo è l’autocolpevolizzazione. La dipendenza e
l’attaccamento alle figure adulte, in specie genitoriali, da parte del bambino, fa si che egli
tenda ad attribuirsi le colpe imputategli dagli adulti (o a crearle di propria iniziativa, quando
l’adulto non lo colpevolizza
esplicitamente ma è violento
pur senza giustificare i propri
comportamenti). In pratica per
il minore è «preferibile» pensare di essere «cattivo» che credere che coloro che ama, e da
cui dipende per la sua sopravvivenza, possano nuocergli in
qualche modo.
La violenza si riproduce?
Il secondo è la riproduzione
della violenza (come già si è
detto). Questa si riproduce sia
nel presente con i coetanei o
con bambini più piccoli, sia nel
futuro attraverso lo svilupparsi
di una personalità dai tratti aggressivi molto pronunciati. In
qualche caso si parla di «violenza molesta», intendendo
comportamenti aggressivi presenti nel bambino che non
hanno nessuna giustificazione
oggettiva e avvengono all’improwiso, in modo non prevedibile. Inoltre non va dimenticato che la violenza sofferta
nell’infanzia può determinare
vere e proprie patologie psichiche. E il caso soprattutto
della violenza psicologica più
subdola, fatta di continue prevaricazioni e umiliazioni psicologiche, di carattere continuativo (non è tanto il singolo «trauma» ad essere portatore di psicopatologia, quanto una generale atmosfera «dequalificante»,
svalorizzante, che ha fatto coniare il termine di «trauma cumulativo»).
le lacrime agli occhi e si esprimessero con frasi del tipo «esci
pure ma sappi che noi soffriamo molto» oppure «è giusto
che tu esca, anche se per noi è
come morire». Questi atteggiamenti sono «ambigui» nel senso che veicolano un «doppio
messaggio»: «Ti lascio uscire
ma non vorrei che tu uscissi».
Anche questa volta non si tratta di criminalizzare il singolo
episodio, ma mettere in luce la
patologia di questi atteggiamenti nel momento in cui diventano la regola quotidiana.
Nel caso citato si lasciava alla
giovane ragazza una ben misera alternativa: o non uscire
mai (rinunciando alla propria
autonomia) o uscire sviluppando dei fortissimi sensi di colpa
verso i propri genitori. In ambedue i casi, la scelta è portatrice di successivi problemi psicologici nella propria vita.
La violenza produce
malattie mentali?
Esistono forme cosiddette di
«comunicazione patologica»
all’interno della famiglia che
possono produrre vere e proprie malattie mentali. Con
questo termine si intendono
tutte quelle relazioni ambigue
tra soggetti, in cui uno di essi è
in una posizione di oggettiva
dipendenza (il bambino in primis). Il termine ambiguo va inteso nel senso di una comunicazione, ad esempio del genitore verso il figlio, in cui si afferma una cosa ma in realtà si
trasmette il significato opposto, come la madre che dice al
figlio che gli vuole bene, ma lo
fa in modo distratto, mentre è
occupata a fare dell’altro tanto
da non guardarlo neppure negli occhi.
Ovviamente non è il singolo
episodio ad essere patogenetico (la madre può essere semplicemente molto indaffarata
in quel momento... a chi non
è mai accaduto?) ma il fatto
che sempre, e invariabilmente,
la comunicazione affettiva madre-figlio sia questa. Ricordo
una mia paziente che raccontava come da adolescente i genitori le permettessero un’autonomia che era in linea con
quella delle sue amiche; peccato che, ogniqualvolta lei stesse
per uscire, i genitori avessero
Quali altri disturbi
provoca la violenza?
Altre tipologie di comportamento molto diffuse che stanno alla base di disturbi di personalità (e che vanno anch’esse rubricate nella categoria della «violenza psicologica») sono
le minacce d’abbandono e l’inversione di ruolo. Le prime
non hanno bisogno di spiegazioni. Basti dire che le ricerche
sull’infanzia hanno posto in risalto come esse, quando rappresentano la norma neh rapporto adulto-bambino, sono altrettanto traumatiche di un abbandono vero e proprio.
Con il secondo concetto si
vuole intendere una dinamica
genitore-figlio in cui al bambino è dato un ruolo di adulto,
responsabilizzandolo eccessivamente, e chiedendogli un ruolo di supporto con il risultato
che i ruoli vengono invertiti: il
genitore diventa il bambino bisognoso di aiuto (ad esempio
la madre depressa che chiede
al figlio piccolo di essere compresa e aiutata) mentre al figlio
si assegna un ruolo superiore
alle sue capacità. Purtroppo i
bambini non possono fare altro che piegarsi a questi ruoli,
in virtù dell’attaccamento e
della dipendenza totale dal
mondo adulto.
Quali sono le violenze
in contesti socio-culturali
diversi?
Un’altra area a cui va prestata molta attenzione è quella
della violenza sulle donne. Non
ci riferiamo tanto a tutti quegli
aspetti socio-culturali che hanno determinato una condizione di subalternità del sesso
femminile. In questo senso il
tema sarebbe troppo ampio
per essere trattato qui. Vale la
pena rammentare però come
si utilizzino tutta una serie di
principi pseudo-etici o pseudoreligiosi per giustificare la di
scriminazione; questo avviene,
in forme diverse, in ogni cultura: dal «burka» afghano alla
pratica dell’infibulazione
dell’Africa sub-sahariana, dalla
prostituzione minorile
dell’Estremo Qriente al «mobbing» di tipo sessuale presente
nei nostri posti di lavoro. Le
citazioni sono casuali, a mo’ di
esempio, per denotare come,
pur in latitudini diverse e in
contesti socio-culturali differenti, possiamo trovare pratiche
diverse (e le differenze, va detto, non sono di poco conto...)
che hanno come filo rosso che
le congiunge una visione della
donna distorta e intrisa di aggressività.
Anche in questo caso, come
per l’aggressività umana, si è
cercato di scomodare persino
la neuropsicologia, affermando
ad esempio che mediamente il
cervello della donna ha una superficie leggermente meno
estesa. Per fortuna qualcuno
(uomo o donna non importa)
ha recentemente dimostrato
che a fronte di questo dato
neurobiologico esiste una maggior proprietà, nell’encefalo
femminile, alla flessibilità, assicuratagli da una maggior facilità ad attivare interconnessioni
neuronali. Come dire: avete
voluto la guerra? Eccovi serviti!
Cè violenza nella coppia
da parte dell'uomo?
Aspetti biologici a parte,
preferisco soffermarmi sulla
violenza all’interno della coppia. Un fenomeno quotidiano,
diffusissimo e che si esprime
sia in forme eclatanti (come la
violenza fisica) sia con caratteristiche più sottili (tutta una serie di comportamenti quotidiani spesso impercettibili ma
non per questo meno «efficaci»). Le ricerche sugli uomini
violenti, aH’interno del rapporto di partnership, hanno messo in luce che alla base dei
comportamenti devienti esiste
una forma di «attaccamento
patologico» connotato da un
legame con la partner di tipo
simbiotico, in cui il rifiuto
dell’autonomia dell’altro è
l’aspetto saliente.
Anche i più piccoli tentativi
di autonomizzazione della donna diventano fonte di episodi
di violenza, di cui la vittima
stessa sovente non riesce a
comprenderne la causa. Un
esempio è quello della moglie
che tornata a casa mostra un
nuovo taglio di capelli e riceve
delle botte. In molti casi lo
stesso aggressore non è consapevole dell’input che ha fatto
scatenare la sua stessa violenza, e ritiene siano altre le motivazioni oppure, più semplicemente, non si cura del perché.
Anche un «taglio di capelli» è
un esempio di libertà da perseguire, per questi uomini, in
quanto libera rappresenta una
scelta autonoma della propria
partner (dove il termine «propria» va inteso purtroppo in
senso letterale...).
Questo rifiuto dell’autonomia si esprime in forme estreme di possesso e gelosia. Questi uomini cercano sempre di
instaurare rapporti di coppia
con queste caratteristiche perché soddisfano alcuni loro bisogni inconsci, alla base della
loro patologia. Fondamentalmente il bisogno centrale è un
rapporto, come già detto, di tipo simbiotico. Non va dimenticato che essi stessi sono dipendenti dal rapporto che
hanno creato. Questo è dimostrato, oltre che dalla reiterazione dei comportamenti, dal
fatto che spesso essi si pentono temporaneamente, magari
invocando la partner che «non
lo faranno più», «che cambie-,
ranno», ecc. In realtà si tratta
di reazioni al timore di perdere
l’altra persona, non in quanto
tale ma in quanto con la sua
esistenza essi possono continuare la loro dinamica aggres
siva. Infatti, dopo molti ^
propositi, ricominciano^
po. '
Parallelamente essi rieW
nell’altro la parte debol,
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emerge nella vita quotidiag
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In molti casi queste
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contemporaneamente sia a
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della donna sia come «tei^
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In questa pagina le riflessioni e le iniziative delle donne contro la violenza Accoglienza a Rocca di Papa
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.nra» La cantica dantesca,
fttraverso le parole di Ulisse,
; indica la strada per superala condizione di «bruto», ov!Lo di colui che vuole far vaZe senza scrupoli i suoi dirit« senza riconoscere i propri
diveri e*i diritti degli altri. Calnesta quindi, e ignora la conoscenza del rispetto e della
tolleranza verso l’altro. E in
fluesto modo che si instaura
quella spirale della violenza
che ha sempre trionfato tra i
singoli uomini e tra i popoli
con la sopraffazione del più
forte sul più debole. La conoscenza, a cui allude Dante attraverso Ulisse, è quella che
viene messa in luce dai Salmi,
la conoscenza che mette l’uoitio davanti a una scelta precisa; seguire la via che il Signore ci indica attraverso i suoi
precetti.
Nel Salmo 1 leggiamo:
igeato l’uomo che non cammina secondo il consiglio de]Hempi»(i>. 1). «Beato l’uomo il cui diletto è nella legge
iel Signore» (v. 2). «Perché il
Signore conosce la uia dei
¡insti, ma la uia degli empi
conduce alla rovina» (v. 6).
(Juindi c’è conoscenza e conoscenza, e quando l’uomo si
trova davanti a una scelta deve
scegliere quanto è giusto per
l'umanità intera e per fini leciS, che rientrano nella legge diÉa, a cui deve attenersi la sua
litelligenza.
Nel Salmo 25 leggiamo: «Il
fllmista cosi prega il SignoK: 0 Signore, fammi conoscere le tue vie» (v. 4). «E il
Signore gli risponde: Io ti
istruirò e ti insegnerò la uia
perla quale devi camminare;
iofi consiglierò e avrò occhi
sodi te» (v. 12-15 ). La giusta
conoscenza diventa quindi un
mezzo per vivere nella virtù,
contro ogni tipo di violenza sia
fisica sia morale poiché nel
Salmo 5 leggiamo: «Il Signore
disprezzo l’uomo sanguinario
e disonesto» (v. 6) e nel Salmo 2 leggiamo: «Perché questo tumulto tra le nazioni? E
perché meditano i popoli coxuane?» (vu. 1-3 ). Dio, pur
lasciando all’uomo la libertà
™ sua scelta tra il bene e il
male, l’ha creato per raggiunSere il bene nel lungo cammijic della civiltà ma l’uomo, con
la sua condotta perversa, si
il suo destino. La sua indulgenza malvagia è vittima di
^stessa e la conseguenza delaua azione ricade sull’uomo
l’empio che non si attiene ai
precetti di Dio e anzi dice;.
«Tutti i suoi pensieri sono:
non c’è Dio» (v. 1). Quindi, in
ultima analisi, il non volere conoscere Dio porta il singolo e i
popoli alla rovina.
Nel Salmo 14 c’è ancora un
ritratto dell’uomo empio e del
giudizio di Dio: «Il Signore ha
guardato dal cielo i figli degli
uomini per vedere se c’è una
persona intelligente che ricerchi Dio» (v. 2). «Non c’è
nessuno che faccia il bene,
neppure uno» (v. 3). Qui il
salmista parla di una certa intelligenza umana che non è
un’intelligenza anarchica, che
non si sottopone ad alcun giudizio e prevarica ogni legge
umana e divina; ma è un’intelligenza che comprende, intende, giudica, oltre che scoprire.
E l’intelligenza non solo della
mente, ma anche del cuore
perché è a questo livello che
l’uomo ascolta Dio il quale rivela le sue leggi e dà i suoi
consigli. Ed è proprio questa
intelligenza che ci fa assomigliare a Dio che non svia dalla
sua naturale rettitudine.
All’uomo non resta altro da
fare che rivolgersi al Signore
perché lo istruisca, come leggiamo- nel Salmo 16: «Benedirò il Signore che mi consiglia, anche il mio cuore mi
istruisce di notte» (u. 7). Se
ascoltiamo infatti la voce del Signore che ci parla, forti di questo aiuto, possiamo dire col salmista: «Quanto alle opere degli uomini, io per ubbidire alla parola delle tue labbra, mi
sono guardato dalle vie del
violento» (Salmo 17 v. 4). «Sì,
tu mi innalzi sopra I miei avversari, mi salvi dall’Uomo
violento» (Salmo 18 v. 48).
Così là giusta via della retta conoscenza porta alla protezione
di Dio e, praticando la virtù, alla sua ricompensa terrena. «Il
Signore mi ha ricompensato
secondo la mia giustizia, mi
ha reso secondo la purezza
delie mie mani, perché ho osservato le vie del Signore, e
non mi sono allontanato dai
mio Dio, comportandomi da
empio... Poiché ho tenuto tutte le sue leggi davanti a me e
non ho rifiutato i suoi precetti» (Salmo 18 uu. 22-24).
Il salmista prega ancora Dio
che lo liberi dai suoi errori e
gli impedisca di sbagliare finché è in tempo e il Signore
può essere ancora trovato.
«Una notte comunica conoscenza all’altra» (Salmo 19
V. 2). «Chi conosce i suoi errori? Purificami da quelli che
mi sono occulti» (u. 12). La
guida dell’uomo è solo nella
conoscenza della verità che
Dio gli fa intuire nel segreto,
del cuore.
Nel salmo 43 leggiamo:
«Manda la tua luce e la tua
verità perché mi guidino» (u.
3). E nel Salmo 49: «Il salmista medita la parola di Dio: Il
mio cuore mediterà pensieri
intelligenti» (v. 3) e prega il
Signore che «rinnovi dentro
di me uno spirito ben saldo»
(v. 10) e, nel salmo 51, «Uno
spirito volenteroso mi sostenga» (v. 12). Solo nella Sapienza di Dio stanno la conoscenza
e la virtù, e il salmista invoca
nel Salmo 51: «Insegnai, dunque, la Sapienza nel segreto
del cuore» (u. 6).
Matilde Amoretti
Alcune idee per ricostruire il patto con il Signore
Dignità q responsabiiità
tilBè
unico responsabile del
I® sue scelte.
J^el Salmo 7 leggiamo: «Il
yuagio è caduto nella fosene ha preparato» (v. 15).
u sua malizia gii ripioml'e sul capo, la sua violenza
testa» (v. 6).
balmo 10 c’è la descrizio■ tutte le malefatte del
UNA donna e un uomo
hanno condiviso il primo
paradiso e oggi donne e uomini condividono le gioie e le
preoccupazioni, il coraggio e
l’angoscia, la fede e l’incertezza, la speranza e la disperazione. Entrambi, insieme, condividono l’appartenenza all’umanità. Nessun uomo dovrebbe
ritenersi completo, e nessuna
donna dovrebbe tirarsi indietro
di fronte alle responsabilità.
Da tempo, ormai, nelle nostre comunità si ricorda che
tutti sono tenuti a partecipare
al ministero della predicazione,
che le donne devono essere
parte costante in tutta la vita
delle chiese affinché si arrivi a
una comunità di uguali, a un
. ascoltarsi a vicenda, a prendere posizione e impegnarsi in
reciprocità. Nella storia della
chiesa sia uomini sia donne
hanno lavorato nel settore diaconale e in quello missionario,
donne e uomini hanno diffuso
nel mondo la fede cristiana.
Non è l’essere uomo o donna, maschio o femmina che è
importante in questi casi. Entrambi sono solo strumenti di
Dio per il diffondersi della sua
Parola. Quel che cambia può
essere quanto faticoso possa
essere stato far accettare il
proprio lavoro, o può essere il
saper cogliere aspetti diversi di
un medesimo tema, ma proprio per questo la visione deve
contribuire a creare un quadro
il più ampio di quanto il Signo
re ci vuole far comprendere. È
necessario affrontare la quotidianità alla luce della Parola,
da un punto di vista differente
da quello che si ha in genere.
Questa è la riflessione di chi
e per chi è stato abituato, nella
storia, a occupare un ruolo di
secondo piano. Una riflessione
che vuole ricordare i diritti
umani e coloro che non possono goderne. È una riflessione
che non vuol far dimenticare le
donne islamiche che perdono
dignità solo se tolgono il velo,
alla pari dei bambini sfruttati o
violentati, le prostitute come i
padri disoccupati; è un modo
per riflettere su come purtroppo ancora oggi, nel mondo,
troppo spesso ci sia una parte
che ha la supremazia su un’altra, su come ancora sia difficile
vedere quella compartecipazione di cui la Bibbia ci parlava
ben più di 2.000 anni fa.
Per lungo tempo ci è stato
detto che se la donna era stata
tratta dall’uomo era subordinata a lui. Invece no: come dice
Von Rad, l’uno e l’altra sono
complementari, si completano,
l’uno non è niente senza l’altro, aspirano a riunirsi e,
nell’unità, non è più riconosciuta la supremazia dell’uno
sull’altro. Solo insieme, quindi,
hanno ricevuto il mandato di
testirnoniare l’amore. Abbiamo
sentito come dovrebbe essere
il rapporto uomo-donna nella
sua concezione più armoniosa
ma purtroppo, invece, quando
si apre una rivista o un quotidiano o si ascolta la televisione, capita facilmente di assistere ad episodi dove l’uguaglianza è solo utopia, dove il solo
protagonista è lo spirito di superiorità, il dominio di un uomo su una donna o su di un altro uomo e frequenti sono i
fatti di cronaca che riguardano
atti di violenza compiuti su
donne e bambini.
Perché questi atti di violenza
sono tanto presenti nella vita
di tutti i giorni? Prendiamo ad
esempio il grave problema della prostituzione. Innanzitutto
questo termine in origine aveva un significato ben diverso
da quello attuale: veniva usato
solo nell’ambito religioso per
definire coloro che non erano
fedeli e che, in quanto tali, erano peccatori; solo dopo ha assunto una valenza legata al
sesso. Se noi pensiamo a molti
passi biblici ci accorgiamo che
questa figura è spesso presente come a simbolizzare una
peccatrice più peccatrice di
un’altra, la più umile fra gli
umili e dunque come colei che
meno di ogni altro è degna di
un diritto. Eppure con Gesù
Cristo lo schema si rompe come se il termine ritornasse al
suo significato primario riportandola dunque ad essere una
peccatrice come ogni altro e
quindi come tutti degna di
amore e di perdono alla luce
della grazia.
La violazione della dignità,
presente nel fenomeno della
prostituzione, è presente in
molti altri episodi della quotidianità di ognuno di noi, anche se può sembrare strano.
Ognuno di noi sa che se questo fenomeno continua a dilagare non è per colpa di tali
donne bensì dei loro clienti.
Ognuno sa anche che, alla base di un rapporto simile, come
pure nella pedofilia (altra grave
piaga della nostra società)
stanno due elementi: l’illusione
di potere, quasi di onnipotenza, che il cliente prova pensando di poter fare tutto ciò che
vuole di un altro essere umano
e il pensiero di poter avere
rapporti senza alcun coinvolgimento emotivo. Trovo che
questi due elementi siano sempre più presenti in ogni momento della vita sociede e siano
molto pericolosi contro i quali
ogni credente non può esimersi dal combattere.
Non è forse vero che il potere si incontra sui luoghi di lavoro, nello sport e, ancor più
grave, anche in ambienti vicini
alla chiesa? E non è proprio la
mancanza di coinvolgimento
emotivo che permette a molte
persone di non sentirsi scosse
né coinvolte quando un barbone, un clochard per dirlo con
una parola meno aspra, muore di freddo o di botte nella
propria città, o quando in Algeria i massacri uccidono centinaia di persone, o quando le
guerre distruggono intere popolazioni... Non dimentichiamoci, dunque, che Dio ci ha
creati uomini e donne, ma soprattutto ci ha creati fratelli e
sorelle e, in quanto tali, nessuno può permettersi di ignorare, di non riconoscere il fratello che gli sta a fianco, peccatore sì, ma come ogni altro e
come ogni altra, con una propria dignità e con dei diritti, al
fine di ricostruire quel patto
che ci rende tutti uguali di
fronte al Signore.
Anna Sinigaglia
IL Movimento femminile
evangelico battista d’Italia,
nella sua ultima assemblea, ha
deliberato l’estensione di un
progetto per la trasformazione
del Centro evangelico di Rocca
di Papa, che oggi accoglie
gruppi e campi nei periodi
estivi e invernali, in un centro
d’accoglienza per donne in difficoltà. Questa delibera assembleare è il risultato del lavoro,
dell’impegno e della riflessione
portati avanti in questi ultimi
anni sul tema donne e violenza, donne e immigrazione,
tratta della prostituzione, differenza di genere, consapevolezza della presenza delle donne
nella Bibbia, e così via. Inoltre,
alla conclusione del Decennio
di solidarietà delle- chiese con
le donne, indetto dal Cec, ci
siamo dette che questo non si
sarebbe mai chiuso fino al momento in cui si smetterà di fare
violenza sui corpi femminili.
Oggi siamo dinanzi a un decennio che parla della violenza
in senso più ampio: violenza ai
bambini e bambine, alla natura, guerra e violenza, fame e
violenza, e il nostro elenco potrebbe continuare all’infinito.
Noi donne battiste vogliamo
ancora proseguire con la riflessione, la denuncia e la difesa
della vita e della dignità della
persona umana lottando contro ogni violenza sulle donne e
sui minori. Questa decisione
che il centro di Rocca di Papa
diventi un centro di accoglienza per le donne vittime di violenza e discriminazione è la nostra risposta alia realtà di tante
donne presenti sul territorio
italiano. Tenendo conto delle
esperienze di altri centri che
svolgono un lavoro analogo, riteniamo che un centro d’accoglienza debba adoperarsi:
- per far conoscere, combattere, prevenire e superare la
violenza fisica e psicologica e
lo stupro all’intemo delle chiese e nella società;
- per praticare il confronto e
la solidarietà tra donne contro
ogni tipo di violenza;
- per attivare un centro
d’ascolto telefonico nel quale
potranno rivolgersi le donne in
difficoltà per un aiuto immediato, per solidarietà, per
informazione;
- per prevedere l’ospitalità
di un certo numero di donne
che desiderano uscire dalla
tratta della prostituzione, per
detenute che hanno bisogno di
un luogo di residenza dove
scontare la pena, per donne
che devono essere allontanate
da situazioni di violenza (maltrattamento, abuso, ecc.).
Per la gestione del Centro
saranno necessarie delle operatrici: si tratterà di un volontariato retribuito, chiedendo alla
struttura pubblica, ai partnership europei e alle nostre chiese il sostegno economico. Il
Comitato esecutivo del Mfeb
ha accolto con riconoscenza
l’iniziativa della Gmp di sostenere la formazione di un gruppo di donne (minimo 6) per la
realizzazione del progetto. Infatti è indispensabile per questo tipo di lavoro una preparazione adeguata e specifica. Siamo consapevoli delle difficoltà
che andremo man mano affrontando, contiamo sui vostri
suggerimenti e sulle vostre preghiere. Dio ci ha donato un
bellissimo luogo, è uno di quei
tanti talenti che le nostre chiese possiedono. 11 Mfeb pensa
che questo sia il modo migliore, di testimonianza, per mettere a frutto il suo talento, oggi.
Gabriela Lio
WS
Questionario
È stato a tutta le coordinatrici regionali Fdei un questionaito dal «Donne nelle Istituzioni» perché venisse distribuito non solo aB’ldtemo dei gruppi femminili, ma anche
nella ocahunità- Se io avete ancora ricevuto rivolgetevi alla
coorètebice Fdei delia vostra regione e, dopo averlo compilato, int^elo, al più presto, a Daniela Manfrini via Cosimo Del
Fante 14, 20122 Milano. I risultati del questionario verranno
preset^a^ al Fdei di novembre. Ecco perdié è kn
portard» aveiìfo «aitìro l’estate.
, " Viti Congresso nazionale Fdei
Ecumene dal 1® «d 3 novembre 2002
•Tra dialogo e memoria: accettare la per un mondo
riconciliato» , . <
, alle ore 21. ndia palestra del Colle-
12
PfIG. IV
Identità e non-violeza il filo conduttore del mondo femminile evangelico i II lavoro di una coordinatrice
I convegni regionali della Fdei
Piemonte-Liguria
..¥ DENTITÁ in dialogo. Te''Ë stimonianze tra donne
contemporanee di fedi diverse.», questo il tema del convegno interregionale Fdei del
Piemonte, Liguria e Valle
d’Aosta, svoltosi a Torino sabato 1- giugno. L’intento era
quello di riprendere quanto
emerso dall’incontro di due
giorni a Vallecrosia e cioè che
la forza della nostra identità
evangelica ci deve sostenere
nella ricerca dentro e fuori di
noi, contro ogni tipo di pregiudizio e sopraffazione. In questo
percorso di ricerca si è rivelato
estremamente interessante il
dialogo interreligioso.
Sono intervenute Amalia Rosu, romena, che collabora al lavoro di suo marito, padre Luciano, il quale guida una delle
due chiese ortodosse di Torino, Willemyn Docter, olandese
e protestante, insegnante di
olandese all’Univesità, Kawthar
Krombi, musulmana, mediatrice culturale per i Comuni di Alba e di Bra (Cn), Luisa Viara,
cattolica focolarina, impiegata.
Nedelia Tedeschi, ebrea, ha inviato il suo intervento, non potendo partecipare in quanto
l’incontro si svolgeva di sabato.
Ha moderato l’incontro con
sensibilità particolare la pastora
valdese Giovanna Pons. Ogni
oratrice ha presentato la propria identità di fede in rapporto
all’esperienza di vita in un contesto sociale diverso da quello
originario.
Bene si inseriva l’intervento
finale di Rina Caponetto che
ha ripreso alcune pagine del
suo ultimo libro «Quando gli
orizzonti cambiano», nel quale
sottolinea l’importanza di avere consapevolezza della propria identità per salvaguardarla, nonostante i cambiamenti
che la vita ci riserva. Vi è stata
una partecipazione massiccia
di giovani donne musulmane,
italiane e straniere, estremamente interessate al mondo
cristiano. Ancora una volta si è
potuto verificare quanto poco
conosciamo noi stessi, la nostra storia e ancora meno conosciamo le altre confessioni
religiose.
La volontà di incontrarsi di
nuovo e di riflettere insieme è
stata ed è, da parte delle partecipanti, notevole. L’appuntamento pertanto è aggiornato
al prossimo anno ecclesiastico
.Questo è quanto avvenuto nel
pomeriggio ma un gruppo di
rappresentanti di alcuni gruppi
femminili delle Valli, di Torino,
Savona e Imperia si è incontrato anche al mattino per esaminare il lavoro svolto durante
l’anno e per incontrare la diacona evangelica tedesca Sylvia
Dieter che, lavorando in Germania per il Decennio contro
la violenza, ha raccontato la
sua esperienza e quanto la sua
commissione sta pianificando
per analizzare e trovare delle
soluzioni a ogni tipo di sopraffazione. E stata una giornata
ricca di riflessioni: unico rammarico l’assenza delle sorelle
battiste. (d.f.)
Puglia
Le donne e la guerra. Come
costruire la pace? Questo il tema del convegno regionale
della Fdei che ha visto protagoniste le sorelle della Puglia
rii rnaggio alla «Casetta» di
Bari. E stata sicuramente una
giornata piacevole trascorsa
all’aperto, ricca di interessanti
momenti, a partire dalla presentazione di Pinuccia De Crescienzo alla breve introduzione
al tema di Elena Chines e al
lavoro delle pastore Susi De
Angelis e Patrizia Pascalis, le
quali ci hanno guidato alla riflessione, dapprima con la lettura di II Samuele 21, w. 114 e poi con la divisione in
gruppo, all’interpretazione dei
personaggi chiave del testo:
Davide, Ritspa, Messaggeri. È
seguita una breve drammatizzazione, espressione dei tre
gruppi-studio. Infine ogni sorella ha personalmente espresso il proprio pensiero sia sulla
guerra e sui potenti signori
delle guerre che, molto spesso
per salvaguardare i propri interessi sacrificano vite, sia
sull’immagine e l’esempio di
una misera e silenziosa donna
che è riuscita a scuotere le coscienze dei grandi portandoli
alla coihpassione e alla pietà.
Sicuramente noi, tutte donne
credenti, ci siamo immedesimate in Ritspa, desiderando di
diventare costruttrici di pace,
ognuna a modo suo e con i
propri mezzi.
Insieme, con gioia, abbiamo
condiviso il pranzo e la pizza
gentilmente offerta dalla famiglia di kosovari, ospiti della
Casetta. Nel pomeriggio si è
continuato con l’elezione della
nuova coordinatrice Fdei della
Puglia: è risultata eletta chi
scrive queste note, della comunità battista di Gravina. A conclusione della giornata c’è stato un breve culto con letture
bibliche, canti e preghiere.
Ringraziando per l’organizzazione della giornata e per il
coordinamento Fdei precedente, le sorelle, unite dall’amore
in Cristo Gesù, unico salvatore
di vita, si sono lasciate con
l’augurio di rivedersi presto,
ma soprattutto con l’augurio di
un lavoro benedetto dal Signore per la nuova ooordinatrice.
Si è dato quindi spazio a
una panoramica sulle attività
delle Unioni e gruppi tra cui
prevalgono preparazioni di
agapi in occasioni particolari o
anche tutte le domeniche per
incontrarsi più spesso, bazar,
studi biblici, visite alle persone
anziane o sole, distribuzione di
vestiario, doposcuola, apertura della chiesa, rapporti col
Sae e Cipax. Le sorelle
dell’Unione femminile di Forano stanno lavorando a una coperta insieme al gruppo delle
cattoliche della Giornata mon
diale di preghiera a scopo di
collaborazione. Una sorella ha
affermato: «Se non ci fossero
le donne!». Sì perché anche
da questo breve incontro è
emerso un grande impegno da
parte delle donne. Al termine
dell’incontro è stata eletta quale responsabile interregionale
la sorella battista Giuliana
Giammetti. Un grazie da parte
di tutte per la disponibilità di
Giuliana e un augurio di buon
lavoro nel Lazio, in Abruzzo e
in Umbria.
Claudia Claudi
L« possibilità
delio Federazione
SONO stata incaricata di se!
I versetti per il Congresso
Ecco i versetti proposti per il Congresso dal titolo:
«Tra dialogo e memoria: accettare le diversità per
un mondo riconciliato»
Lucia Tubilo
Dal gruppo di donne battiste^ metodiste
e valdesi di Milano
Il Corinzi 5, w. 18-20
«18. E tutto questo viene da Dio che ci ha riconciliati con
sé per mezzo di Cristo e ci ha affidato il ministero della riconciliazione.
19. Infatti Dio era in Cristo nel riconciliare con sé il mondo, non imputando il mondo, non imputando agli uomini le
loro colpe, e ha messo in noi la parola della riconciliazione.
20. Noi dunque facciamo da ambasciatori per Cristo, come se Dio esortasse per mezzo nostro; vi supplichiamo nel
nome di Cristo: siate riconciliati con Dio»;
Abruzzo-Lazio
Romani 5, w. 11,18
»11. Non solo, ma ci gloriamo anche in Dio per mezzo del
nostro Signore Gesù Cristo, mediante il quale abbiamo ora
ottenuto la riconciliazione.
«18. Dunque, come con una sola trasgressione la condanj na si è estesa a tutti gli uomini, così pure, con un solo atto
I di giustizia, la giustificazione che dà la vita si è estesa a tutti
I gli uomini».
A Roma, in autunno, dopo
vari tentativi è stato possibile
riunire sorelle di denominazioni diverse nel quadro di un incontro regionale Fdei. Grazie
alla disponibilità di un locale in
via Firenze, ci siamo incontrate, provenienti da Villa San
Sebastiano e da tutte le comunità awentiste, battiste, metodiste e valdesi per fare il punto
del nostro lavoro. Doriana
Giudici, presidente Fdei, ha introdotto i lavori con una meditazione, quindi ha presentato
le attività svolte e ancora da
svolgere da parte del comitato
nazionale Fdei.
Dal gruppo donne Fdei della Chiesa valdese di Torino
'guire il lavoro della Fdei
solo dall’inizio dell’anno e quindi la mia relazione sarà molto
scarna, anche se in questi pochi mesi ho potuto rendermi
conto delle grandi possibilità
che ci sono per la Fdei, anche
in relazione con l’attività ecumenica o culturale religiosa.
Ho potuto seguire con attenzione sia la preparazione che
l’evento della Gmp, che come
ogni anno dà sempre delle sorprese perché aggrega persone
diverse e sollecita l’interesse di
molte che non ci conoscevano
come donne protestanti interessate a una problematica internazionale e di solidarietà
con tutte le altre donne.
Mi sono molto impegnata
nella diffusipne del nostro questionario. E un’iniziativa che
mi piace molto e quindi ne ho
parlato anche con sorelle che
non sono direttamente interessate all’attività Fdei ma hanno
trovato giusto sollevare questo
problema all’interno delle chiese e tra le protestanti. Per questo ho dovuto fare molte fotocopie del testo inviatomi per
consegnarlo a chi voleva partecipare a questo momento di
miglior conoscenza di «chi siamo noi protestanti» e «come
lavoriamo nelle chiese». Mi auguro che tutte abbiano poi inviato il loro testo completato a
Daniela Manfrini per la lettura
finale, in modo da poter avere
nel nostro congresso una miglior informazione sulla collocazione nelle organizzazioni
ecclesiastiche. Ho notato die
Notiziario è molto seguito
apprezzato. I libri pubbli™
sulle storie di donne barn
avuto molto successo; soa
stati di stimolo a molte lini«
per conoscere la realtà della^
ta di chi ci ha preceduto nel
testimonianza evangelica
Molto attiva è, rispetto *
altre chiese, la vita delle coma
nità romane dove le '
non solo hanno ogni h
un appuntamento fisso trai
più diverse chiese (bmv luteij.
ne, awentiste, Esercito
Salvezza, chiese libere) su temi
scelti e prefissati nell’ottobrai
ogni anno, ma hanno anch
numerose attività per i bazar o
per l’attività di volontariato nd
servizio ai meno fortunati (co
me immigrati o poveri), Qj
che manca, a mio parere è
una più solida cooperazioi»
fra Roma e le altre chiese dd
Lazio, Umbria e Marche, lo
stessa sia per il poco tempo
che ho avuto a disposizio|,,,
sia per la difficoltà di viaggia^,'
non sono riuscita in questo
obiettivo. Mi auguro che coni
prossimo congresso si pc
¡’obiettivo di una maggior
vità interregionale, anche ne
Centro Italia come avviene ad
esempio nel Piemonte
e Valle d’Aosta.
Ringraziando il Signore e voi
tutte per la possibilità di servizio, così qualificante, chete
avuto in un difficile passaggi
della mia vita, auguro un
lavoro a tutte.
Giuliana GiaimneÌ
Efesini 4, w. 4-6
«4. Vi è un corpo solo e un solo Spirito, come pure siete
stati chiamati a una sola speranza, quella della vostra vocazione.
5. V’è un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo.
6. Un solo Dio e Padre di tutti, che è al di sopra di tutti,
fra tutti e in tutti».
la
Galati 5, w. 13, 18, 22
«13. ...voi siete stati chiamati a libertà.
18. ...se siete guidati dallo Spirito, non siete sotto
legge.
22. Il frutto dello Spirito è amore, gioia, pace, pazienza,
benevolenza, bontà, fedeltà, mansuetudine, autocontrollo;
contro queste cose non c’è legge».
DICONO DI NOI
Lo donno doll'osilio voldoso
Nella primavera del
1686, a sèguito della revoca dell’Editto di Naiites
(1598) che aveva dato agli
ugonotti di Francia un secolo
di sopravvivenza spirituale,
iniziò la «pulizia etnica» delle
valli valdesi. Il duca di Savoia
Vittorio Amedeo II, pedina del
re di Francia, emanò un editto
che intimava ai valdesi l’abiura
ovvero la sottomissione o
l’esilio al di là dei monti. La
proposta dell’espatrio in Svizzera spaccò
il mondo valdese. Prevalse, dopo numerose assemblee, l’idea della resistenza caldeggiata dal pastore Amaud contro il parere degli altri tredici pastori. Le forze sabaude erano owiamente soverchianti e
ben armate; fu un massacro.
Alla fine della rapida campagna di
guerra dei circa 14.000 valdesi delle VaUi
ne sopravvìvevano, tra cattolicizzati a forza o rapiti o uccisi o dispérsi, circa la
metà. Questa metà (poco più di 7.000
persone) fu trascinata in carcere. I pastori
con le loro famiglie, pur essendo sostanzialmente contrari a dar vàta a una disperata resistenza armata (che si rivelò disastrosa) preferendo di gran lunga l’esiHo
pur di salvare la vita e la libertà di culto
rimasero col loro gregge. Dopo il massacro gli ambasciatori svizzeri implorarono
con maggior forza di far partire i valdesi
per la Svizzera. In attesa di decisioni la
popolazione valdese che non aveva accettato di abiurare fu trascinata in carcere
nelle varie fortezze sabaude. Migliaia di
uomini donne e bambini in catene lasciarono le valli valdesi.
C’è qui una pagina di storia, poco co
nosciuta, che riguarda anche mogli, madri, bambini e bambine. Esse condivisero
la sorte tragica di quella parte di popolo
valdese che preferì il carcere all’abiura.
Bartolomeo Salavagiot di Rorà scrisse
una memoria di quei lunghi mesi in carcere in attesa di andare in esilio nella
Svizzera protestante pronta ad accogliere
i profughi. Nel racconto di Salvagiot, in
molti punti, emerge la forza umana delle
donne che non si piegarono né vollero
separarsi dai loro cari e condivisero con
una forza spirituale incredibile quella tragica resistenza spirituale. Gito un solo
esempio: dopo pochi giorni che Salvagiot e sua moglie furono imprigionati
con altri 200 valdesi nella fortezza di Torino, sua moglie partorì una bimba. Ci fu
subito l’obbligo di battezzarla, malgrado il
parere contrario dei coniugi; al battesimo
intervennero due nobili torinesi in qualità
di padrino e madrina che imposero il loro nome alla neonata: Lodovica Carlina.
Dopo il battesimo vollero portare madre
c figlia fuori dal carcere: il marito, pur dì
salvarle, avrebbe acconsentito ma sua
moglie rifiutò questo «privilegio». E dopo
due giorni morì. Al momento della sepol
tura la piccola folla radunata
grida improperi.
Cosi scrive il Salavagiot nelle sue memorie: «...tutti gridavano; è dannata quella donna
perché sono bestie, non hanno voluto abbracciare la santa
fede: e questo mi faceva orrore, ma non mi conveniva parlare. E poi fecero dare la piccola figlia a una balia... e per
volontà di Dio la piccola figlia
morì di qui a un mese circa, e
io restai con la mia altra figlia Maria. E poi
di qui a poco tempo partorì anche la moglie dei ministro (pastore valdese ndr) Malanot e così bisognò anche subito far battezzare la piccola e mori dopo poco il battesimo: quindi anche la madre mori lungo
tempo dopo e molte donne che erano gravide morirono quasi tutte di modo che ne
morì un quarto e più di quelle che erano in
prigione a Torino».
I superstiti di quel popolo di «eretici» dovettero, salvo coloro che accettarono controvoglia di abiurare la loro fede, andare in
esilio nei cantoni protestanti svizzeri. I minori furono quasi tutti strappati alle loro famiglie per essere allevati definitivamente
nella fede cattolica. Molti di loro erano destinati a diventare paggétti o serve delle famiglie nobili 0 benestanti. Non c’era carrozza che dietro non avesse uno 0 due di
questi «barbetti» con un curioso copricapo.
Per riconoscerli una sorta di stella gialla cucita sulla giubba «ante litteram». Marchiati
perché diversi. Una diversità che soprattutto le donne, anche se la bro storia non appare sempre in modo chiaro, hanno saputo coltivare con immenso coraggio.
Giuseppe Platone
Il Comitato
nazionale Fdei
Doriana Giudici
presidente
Via Borri, 55
21100 Varese
Emera Napoletano
vicepresidente
via Croce Rossa 34
90144 Palermo
Maria Grazia Sbaffi
segretaria
via Racagni 24
43100 Parma
Marina B^rtin
tesoriera
via Qlivet 12 ,
10062 Luserna S.GiovanniU'?^
c.c.p. n. 36083103 )
Daniela Manfrini
via Cosimo del Fante 14
20122 Milano
Elena Chines
via Boito 3
95123 Catania :
Lidia Ribet p
responsabile per la GMr
via IV Novembre 107
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n. 28 del 12 luglio 200Z;
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Responsabile ai sensi o
Piera Egidi
Edizioni Protestanti .w,.
Pio Vn. 15 bis, 1012510^,
Stampa: La Ghisleriana,
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Il prof. Garrone aH'Assemblea delle comunità ebraiche
Le chiese, l'ebraismo e Israele
lo peculiarità del dialogo tra ebrei e protestanti, la difesa della laicità
(jello stato e della democrazia, l'antisemitismo e lo Stato d'Israele
Approfondire il dialogo fraterno fra comunità ebraiche e
chiese protestanti, creare un
«Tavolo permanente» per il
coordinamento delle mino
janze religiose nel nostro
paese è l’auspicio del presidente dell’Unione delle comunità ebraiche, Amos Luzzatto, riconfermato alla guida
dell’Unione dalla recente Assemblea generale. Ai lavori è
intervenuto anche il prof. Daniele Garrone, docente della
Facoltà valdese di teologia e
presidente'dell’Amicizia ebraico-cristiana di Roma. «Le
differenze che osserviamo come ebrei tra una chiesa cristiana e un’altra sono sostanziali e profonde - ha detto
Luzzatto nella sua relazione
-, In Italia il nostro dialogo
con i valdesi è aperto e fraterno e l’accoglienza che ho avuto parlando personalmente
a Torre Pellice nel loro Sinodo è stata eccezionale. La
presenza di ebrei, é soprattutto di ebree, nella rivista Confronti (rivista mensile di dialogo interreligioso, ndr), è
continuativa, incisiva e, diciamolo pure, coraggiosa».
Il prof. Garrone, nel suo intervento, ha sottolineato la
consonanza di intenti e sensibilità fra comunità ebraiche
e protestanti su alcuni temi
craciali: fra questi, «il comune impegno per la laicità dello stato, intesa come il quadro in cui tutti possano, senza privilegi o limitazione,
concorrere alla costruzione
della democrazia». Ma anche
la questione della libertà religiosa, ha aggiunto Garrone,
lisce le due minoranze religiose: «La memoria del passato, che ci ha visti, ebrei e
Wdesi, discriminati quando
non perseguitati, è vissuta
dggi corite stimolo a impelarsi attivamente per gli altri: fu questo il senso della celebrazione comune del 15°
anniversario dell’emancipazione del 1848 che non a caso
organizzammo in Parlamento, ospiti del presidente della
Camera, e che non a caso
centrammo sui temi del pluralismo, della cittadinanza,
della democrazia, in una prospettiva europea. Penso al
dialogo interreligioso, anche
con l’Islam, più difficile oggi
che anni addietro, al quale
però non vogliamo rinunciare anche e proprio perché la
santità di Dio impedisce che
si utilizzi il suo nome per costruire barriere».
L'antisemitismo
«Con voi siamo allarmati ha detto ancora Garrone non soltanto per la recrudescenza dell’antisemitismo
manifesto e aggressivo, ma
anche per il ripresentarsi di
stereotipi o atteggiamenti
ostili tipici del tradizionale
antigiudaismo cristiano e traghettati anche nella società
secolarizzata». E ha aggiunto:
«Come cristiani, il problema
dell’antigiudaismo ci interpella in prima persona. È vero che in pochi decenni la visione cristiana dell’ebraismo
è radicalmente mutata, ma il
radicamento e la profondità
dei mutamenti devono mostrarsi non soltanto nelle dichiarazioni ufficiali, negli
ambiti ristretti del dialogo, o
solo a proposito delle questioni “spirituali”, ma nella
quotidianità del rapporto con
tutti gli aspetti della vita e del
pensiero ebraico, compreso
lo Stato di Israele. Come per
secoli l’antigiudaismo ha fatto parte della formazione del
cristiano “normale”, così il
cammino che abbiamo intrapreso non potrà avere sosta
finché ogni cristiano avrà un
rapporto sereno, né polemico né sovreccitato, nei confronti degli ebrei e di Israele.
Spesso si ha l’impressione
AGENDA
MEANA di SUSA (To) — Alle 21,15, nella chiesa battista, per
la rassegna musicale «Il giglio», si tiene un concerto del trio
«Wanderer» di Castelfranco Veneto. Ingresso libero.
Brescia — Alle ore 17, nella chiesavaldese, in via dei Mille 4,
® noto coro californiano si esibisce in concerto con canti e
gospel della tradizione americana
Tirana DI susa — Alle ore 17, nella chiesa battista, il pastore Einmanuele Paschetto parla sul tema «La presenza val™se e riformata a Meana e Mattie».
Roma — Alle ore 10, nella chiesa valdese di piazza Cavour,
s> tiene un concerto del maestro Daniele Cristiano lafrate.
CRONACHE DALLE CHIESE
germano — Il 29 giugno si è svolto il funerale di Amedeo Peyronel. Ai familiari ricordiamo la parola del Signore: «Tutte le estremità della terra vedranno la salvezza del
nostro Dio» (Isaia 52,10).
^lA^ONIA — Dopo lunga malattia si è spento il 1“ luglio il
fratello Stefano Puzzanghera, nativo di Riesi, da oltre 60
noni residente in Sardegna. Di origine valdese, aveva da
sonipre frequentato la nostra chiesa battista distinguendosi per l’impegno profuso. La comunità tutta si stringe
intorno alla famiglia in questa triste circostanza.
Protestantesimo
Rubrica televisiva di Raidue, a cura della Federa5(j 2’one delle chiese evangeliche in Italia, trasmesse
cir„ 'doniche alterne e, in replica, il lunedì seguente alle ore 24
Ore «5 ^1® nrn 10 del lunedì successivo. Domenica 21 luglio,
ordi ^ ''.ii’na, andrà in onda: «Cittadini o forza lavoro? Storie di
rnigrazione», un Forum organizzato dalla comunità
tfj jd^^'nietodista di Conegliano, nel segno dell'integrazione
4 ¿Q^'ddi e stranieri per una convivenza possibile; «N Street:
do^t, d® americane. Centro di accoglienza e riabilitazione per
Una f ^°®®iiiodipendenti o malate di mente, per iniziativa di
Vai(j d^dnità luterana, Luther Place»; «Terza di Copertina;
su,g. , Lione e i poveri nello Spirito». La replica sarà traa lunedì 22 luglio alle 24 e lunedì 29 luglio alle 10 circa.
che molti cristiani non sappiano rapportarsi agli ebrei
in carne ed ossa, con l’identità che essi e rivendicano e
non con quella che noi attribuiamo loro, ma solo con immagini dell’ebraismo, costruite a tavolino anche se
benevole. Nel nostro piccolo,
vi assicuriamo che non allenteremo un solo attimo la
guardia».
L'«idea di Israele»
Garrone, infine, ha ricordato di aver preso parte, solo
due settimane fa, a un viaggio in Israele e Palestina,
«per portare solidarietà alle
vittime, per sostenere le forze di pace, per invocare la fine delle azioni terroristiche e
delle azioni militari, per esprimere solidarietà alla minoranza cristiana. Abbiamo
anche visto come Israele sia
più minacciato, ferito, angosciato di quanto non si voglia
normalmente ammettere qui
da noi in Europa». «Personalmente - ha concluso - sono
stato colpito, più di altre volte, dal travaglio che la situazione, drammatica e minacciosa, comporta per la “idea
di Israele”. Perché, come mi
è stato insegnato fin da piccolo, la realtà di Israele implica, direi statutariamente,
fin dai tempi di Mosè, una
tensione morale.
Essere Israele non è solo un
dato di fatto o un diritto che
va ribadito a gran voce, tanto
più oggi, ma una vocazione.
Voi vivete il travaglio di questa vocazione e delle scelte
che essa implica davanti a
tutti, col rischio di essere
strumentalizzati, messi gli
uni contro gli altri, giudicati,
osteggiati. Non abbiate timore di continuare a interrogarvi su ciò che siete chiamati a
essere, non abbiate paura,
neanche in questi tempi duri,
delle vostre domande».
Roma
È un salutista
il nuovo
vicepresidente
della Fcei
È David Cavanagh, ufficiale
dell’Esercito della Salvezza, il
nuovo vicepresidente della
Federazione delle chiese evangeiiche in Italia (Fcei),
nominato dal Consiglio Fcei
nella sua ultima riunione del
24-25 giugno. Il capitano Cavanagh, originario dell’Inghilterra e in Italia da 10 anni, sostituisce nel suo incarico il pastore luterano HansMichael Uhi, che ha dovuto
trasferirsi all’estero per ragioni del suo ministero. «La nomina di Cavanagh, come a
suo tempo l’elezione del pastore Uhi, sono fatti significativi per la Federazione delle
chiese evangeliche - è il commento del presidente Fcei,
Gianni Long -, poiché né
l’Esercito della Salvezza né la
Chiesa evangelica luterana in
Italia (Celi) avevano mai visto
propri esponenti ricoprire incarichi di questo livello nella
Fcei, segno di una collaborazione sempre più profonda
dell’Esercito e della Celi. E
anche perché questi due fratelli non sono cittadini italiani e rappresentano in qualche modo le centinaia di migliaia di evangelici che vengono dall’estero a rinnovare
le nostre chiese». (nev)
Il fraterno incontro per il «Triangle de l’amitlé» a Aosta
Incontro fra le chiese di Aosta, Chamonix e Martigny
Insieme per il «Triangle de l'amitié»
LILIA DURAND
Domenica 22 giugno la
chiesa di Aosta ha ospitato le consorelle di Martigny
e Chamonix, e la Comunità di
Saxon, per festeggiare insieme il «Triangle de l’amitié»
Sono venute anche famiglie
valdesi delle chiese di Losanna e Ginevra, che sono curate
dalla pastora di Aosta. Il tunnel del Monte Bianco, da poco riaperto, ha permesso ai
nostri fratelli e sorelle di raggiungerci facilmente; nel
2000 infatti cedemmo il nostro turno di ospitanti a Martigny, allora più accessibile
da Italia e Francia. È così proseguita una simpatica consuetudine di incontri biennali nata negli Anni 60, proprio
nel periodo in cui furono
aperti i trafori del Bianco e
del Gran San Bernardo, che
hanno favorito maggiori contatti fra le popolazioni della
montagna. La giornata si è
svolta nell’accogliente giardino vicino al fiume Dora, che
Genova
Un anno
di Scuola
domenicale
ERMINIO PODESTÀ
Domenica 23 giugno,
nella chiesa battista di
via Vernazza si è concluso
l’anno della scuola domenicale degli adolescenti con un
culto preparato e condotto
da loro stessi, ben coordinati
dai monitori Alice Bonanno e
Roberto Terzano. Oltre ai
canti e alle preghiere è stata
molto significativa e coinvolgente l’animazione. Dodici
ragazzi hanno passato in rassegna, con brevi letture, tutta
la vita di Gesù evidenziando
l’aspetto di una luce che ha
illuminato il mondo, e al termine di ogni lettura hanno
acceso una candela ciascuno.
Mentre due di loro si sono
nascosti sotto il tavolo, gli altri hanno portato le candele
alla gente, la quale le ha passate agli altri. Il significato
era molto chiaro: «Se accendi
una lampada non metterla
sotto il tavolo, ma falla conoscere a tutti quelli che incontri». In conclusione è stato rivolto l’invito a tutti di non
conservare dentro di noi la
parola di Dio, forza e gioia
per chiunque, ma di farne
partecipi anche gli altri.
Nel pomeriggio poi si è
svolto un momento di ricreazione e di fraternità intorno a
un torneo di ping pong.
Vanda Monaja e Sergio Denabian hanno messo generosamente a disposizione, essendo i locali della nostra
chiesa in Aosta in corso di ristrutturazione. Dai padroni
di casa, con grande impegno
e abilità, sono stati allestiti, in
locali esterni, tutti i servizi
necessari per ospitare più di
100 persone.
L’incontro è riuscito benissimo. Dopo un primo mo. mento di accoglienza, nella
calma della montagna, stando riparati dal sole cocente
sotto un gran telone sospeso,
abbiamo partecipato al culto
condotto dai pastori e dai
Consigli di chiesa presenti. Il
sermone, in francese, è stato
curato dalla pastora Ribet; la
lettura e il testo della predicazione ci hanno parlato della montagna, di quanto vi accade nei racconti biblici, del
suo significato di luogo di arrivo, di partenza, di passaggio. Per la santa cena, offerta
ai presenti passando in mezzo a loro, sono stati usati i
quattro calici provenienti
dalle quattro chiese rappresentate. Ringraziamo il Signore per averci dato la possibilità di vivere questo momento di incontro con sorelle
e fratelli in fede.
Poi l’amitié è diventa conversazione, scambio di notizie e rafforzamento dei legami. È stato servito l’aperitivo
e un ottimo pranzo. Infine
una divertente asta di prodotti valdostani, a favore
della cucina della chiesa di
Aosta da attrezzare nuovamente, ha mostrato la spontanea allegria e la grande generosità di questi «amici»
della montagna. Al termine,
verso le 16, è stata offerta
una visita guidata in Aosta
storica. Ai nostri amici svizzeri e francesi che sono venuti a trovarci numerosi, e
che hanno dichiarato di apprezzare la semplicità, la
cordialità e la buona organizzazione che li ha così
gioiosamente accolti, diciamo un caloroso arrivederci.
i Chiesa battista di Vena ria
Evangelizzazione
a contatto con la città
ADRIANO DORMA
Nella settimana dal 6 al
12 maggio la Comunità
battista di Venaria ha dato il
via a un’intensa opera di evangelizzazione in città: ogni
particolare era stato studiato
in una meticolosa opera di
«simulazione-previsione»; un
gruppo ha realizzato l’iniziativa in pratica, ma tutta la comunità aveva preparato e seguito con trepidazione e preghiera l’evolversi dei lavori.
Sono stati affissi un centinaio
di manifesti e nelle due giornate di mercato (mercoledì e
sabato) un gazebo ha fatto
bella mostra di sé fra le bancarelle; i contatti personali sono stati intorno al migliaio,
600 le «porzioni» delle Scritture distribuite. Tre riunioni
speciali hanno concluso l’iniziativa, che aveva l’obiettivo
di presentare Cristo e la Parola in riferimento ai testi di
Giovanni 1,29; Giovanni 14, 6
e Apocalisse 22, 13. Le predicazioni sono state tenute dai
pastori Dorma e dal brasiliano Antonio Santos, e sono
state seguite da un pubblico
numeroso e attento. Le liturgie sono state studiate per
permettere un’immediata
concentrazione sul tema.
La corale dei giovani romeni della chiesa di Torino via
Passalacqua ha contribuito a
creare un’atmosfera gioiosa e
partecipata. Nella riunione
domenicale poi il gruppo di
ottoni di Venaria e Torino ha
reso toccanti i momenti musicali. L’incontro si è concluso
con il «recitativo» sulla melodia di un inno di appello da
parte del pastore accompagnato dal maestro Musso.
Quali i risultati ottenuti? Se
qualcuno pensava di trovarsi
a distanza di due mesi con la
chiesa piena e molte conversioni, potrebbe ritenérsi deluso. Il rapporto fra impegno
profuso e risultato è deficitario, almeno sul piano quantitativo. Ma sono in molti a ritenersi soddisfatti per aver potuto testimoniare direttamente e concretamente di Cristo e
aver risposto al mandato del
Signore (Marco 16, 15). La co^
munirà continua a pregare affinché il seme sparso possa in
qualche modo portare frutto.
Ultima considerazione: l’evangelizzazione serve solo per
gli «esterni»? Oppure è anche
utile per i frequentatori regolari dei culti? Se ben fatta e
sotto la guida dello Spirito,
non potrebbe essa risvegliare
gli animi, far riscoprire valori
ormai dimenticati, suscitare
zelo e una nuova e più intensa
consacrazione al Signore?
14
PAG. 10 RIFORWIA
Commenti
venerdì 12
CRESCE IL DIRITTO
INTERNAZIONALE
MICHELE VELLANO
Nel secolo scorso si è progressivamente giunti airindividuazione dei diritti fondamentali e
inviolabili dell’individuo da tutelare sia in tempo di pace sia
durante i conflitti armati. L’elaborazione è stata complessa e
contrastata e ha assunto, in sede
internazionale, la forma di Dichiarazioni o di Convenzioni internazionali, tanto a livello universale (con la Dichiarazione
universale dei diritti dell’uomo
del 1948) quanto in sede regionale (con la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà
fondamentali del 1950). In particolare, la tutela del combattente
e del civile in '
tempo di guerra
ha trovato dettagliata formulazione nelle quattro Convenzioni
di Ginevra del
1949 e, successivamente, nei
Protocolli aggiuntivi di Ginevra del 1977. Così, accanto alla ^■■■■88
tutela dei diritti dell’uomo (human rights), si è consolidato il
cosiddetto diritto umanitario
(humanìtarian law) o dei conflitti armati. Parallelamente si è
percepita la rilevanza, e dunque
la necessità, di intervenire in relazione a fenomeni gravissimi,
collocati spesso in una posizione intermedia rispetto alle due
tradizionali categorie (con la
stipula della Convenzione per la
prevenzione e la repressione del
crimine di genocidio, 1948).
Da ultimo, si è intrapreso il
tentativo, non ancora portato a
compimento, di definire, in vista di una sua sanzione, il crimine di aggressione armata (memori delle vicende che hanno
portato all’avvio del secondo
conflitto mondiale). Nonostante
la progressiva individuazione
dei crimini contro l’umanità, di
guerra e di genocidio, sono stati
relativamente pochi i casi in cui,
in sede intemazionale, i responsabili degli stessi sono stati sottoposti a processo. I tribunali di
Norimberga e di Tokyo e quelli,
più recenti, per i crimini nell’ex
Jugoslavia, in Ruanda o in Sierra Leone restano eccezioni, non
prive di aspetti opinabili per
quanto attiene la competenza
sui crimini commessi anteriormente la loro istituzione e per
quanto riguarda la loro indipendenza e imparzialità di accertamento e di giudizio.
Il primo luglio è entrato in vigore il trattato, firmato a Roma
L'istituzione della
nuova Corte penale
internazionale
rappresenta un
progresso del diritto
Corte penale internazionale e i
'suoi primi funzionari sono già
all’opera nella sede che il governo olandese ha messo a disposizione a L’Aia. La nuova Corte è
chiamata a porre rimedio alle
lacune e alle controversie del
passato, avendo competenza
soltanto per i reati successivi alla sua istituzione e commessi
sul territorio degli stati aderenti
(attualmente oltre 70) o com
pinti da cittadini di stati aderenti anche sul territorio di altri
stati. La sua giurisdizione è
complementare rispetto a quella dei tribunali nazionali cbe sa
ranno, per primi, chiamati a
esercitare le rispettive funzioni.
Solo qualora questi non vorranno
o non potranno
rendere giustizia,
interverrà la Cor
te. L’istituzione
della Corte rappresenta una novità di straordinaria importanza
e suscita considerevoli aspettative
per il futuro, sia
in termini punitivi che dissuasivi. È un segnale in controtendenza rispetto a una progressiva e crescente marginalizzazione del ruolo dell’Onu e dei principi di cui è portatrice e garante
a livello universale.
Le perduranti resistenze di alcuni stati, tra i quali in particolare gli Stati Uniti, al libero e
pieno esplicarsi della giurisdizione della neocostituita Corte
suscitano forti preoccupazioni
in quanto potrebbero condurre
a pericolosi compromessi destinati a indebolirne, se non a
comprometterne, la funzionalità e la credibilità ancor prima
che essa diventi pienamente
operativa. Infatti, è indispensabile che non solo l’individuazione a livello astratto ma anche
l’accertamento in concreto dei
crimini internazionali avvenga
in un contesto multilaterale al
riparo dalla tentazione, in questo momento dettata dall’emergenza di combattere a qualsiasi
costo il terrorismo internazionale, di attestarsi su posizioni
unilaterali tanto più discutibili
se promanano dallo stato attualmente egemone nella comunità intemazionale. La garanzia
che deriva dalla multilateralità
del trattato istitutivo della Corte
controbilancia del resto ampiamente le eventuali carenze o i significativi costi di funzionamento rispetto a tribunali internazionali ad hoc o, peggio, ad
accertamenti unilaterali senza
il 17 luglio 1998, che istituisce la alcun controllo esterno.
REDAZIONE CENTRALE TORINO:
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Maffei. IN REDAZIONE: Alberto Corsani, Marta D'Auria, Massimo Gnone, Jean-Jacques Peyronel, Davide Rosso, Pienraldo Rostan, Federica Tourn.
COLLABORANO: Luca Benecctii, Alberto Bragaglia, Avernino Di Croce, Paolo Fabbri, Fulvio Ferrario, Giuseppe Ficara, Pawel Gajewski, Giorgio GardioI, Maurizio Girolami. Pasquale lacobino. Carmelina Maurizio, Luca Negro, Luisa Nitti, Nicola Pantaleo, Emmanuele Paschetto, Giuseppe Platone, Giovanna Pons, Gian Paolo Ricco,
Fulvio Rocco, Marco Rostan, Mirella Scorsonelli, Raffaele Volpe,
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REVISIONE EDITORIALE: Stello Armand-Hugon; GRAFICA: Pietro Romeo
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Tarine inserzioni pubblicitarie: a modulo (42,5x38 mm. Riforma - 37x45 mm. L’eco delle valli valdesi) euro 17,00. Partecipazioni: mm/cokinna euro 1,00. Economici: a parola euro 0,60.
La testata Riforma è registrata dal Tribunale di Pinerolo con il numero 176/51,
RIforma-L'Eco delle valli valdesi è il nuovo titolo della testata
L’Eco delle valili valdesi registrata dal Tribunale di Pinerolo con il
n. 175/51 (modifiche registrate il 6 dicembre1999).
Il numero 27 del 5 luglio 2002 è stato spedito dall’LIfficio CMP
Nord di Torino, via Cebrosa 5, mercoledì 3 luglio 2002.
Con quale nnetO(do le chiese si interrogano sull'etica?
Tra il bene e il male
Le commissioni di studio è meglio che non siano denominazionali
ma coinvolgano più chiese, coinvolgendo anche le comunità locali
MARCO ROSTAN
Il lavoro delle commissioni
di studio nominate dadle
nostre chiese è spesso prezioso. Tuttavia mi domando se, a
volte, non si creino dei doppioni, con aggravio di impegno per le persone e maggiori
spese per le riunioni, mentre
a mio avviso si dovrebbe approfondire il rapporto tra
commissioni e assemblee locali e rendere più efficace la
loro elaborazione in ambito
politico. Faccio questa osservazione dopo aver appreso
quello che sta facendo e si
propone di fare la Commissione per i problemi di bioetica nominata dal Comitato
esecutivo dell’Ucebi (Unione
cristiana evangelica battista).
La bioetica
Come è noto, da più tempo
esiste un’analoga Commissione nell’ambito delle chiese
metodiste e valdesi, che negli
ultimi tempi ha stimolato la
riflessione sull’eutanasia e di
recente sulla legge relativa alla fecondazione. Non credo
che esista una specificità battista, o metodista o valdese su
tali problemi: certamente esistono sensibilità e modi di affrontare le questioni etiche
che sorgono dalla fede protestante e dalla passione per la
responsabilità personale e per
la laicità dello stato. Capisco
che spesso i gruppi consolidati e omogenei lavorano meglio, ma non sarebbe possibile realizzare, nell’ambito della
collaborazione fra queste tre
chiese, un’unica Commissione? Anzi, occorrerebbe forse
tentare di averne una come
Federazione delle chiese
evangeliche in Italia, perché
questo significherebbe affrontare seriamente alcuni aspetti
di etica che sono stati vissuti
come ostacolo verso una testimonianza comune degli
evangelici italiani. L’esempio
del Glam (la commissione
Globalizzazione e ambiente),
nata proprio in ambito federativo, è un felice esempio,
pur ricordando che la sua riuscita dipende anche dal fatto
che le singole denominazioni
non avevano ancora provveduto in proprio.
Nel caso dei problemi etici
posti dalla scienza, l’obiettivo dovrebbe poi essere quello di avere un qualche peso
nei luoghi politici, come è
successo in certi casi per il
Servizio rifugiati e migranti.
Con il passato governo, il
prof. Sergio Rostagno era stato nominato nella commissione ministeriale di bioetica. Che ne è di tale commis
sione con l’attuale governo?
Lo stesso vale per la commissione sull’interculturalità a
suo tempo nominata dal ministro della Pubblica istruzione (si chiamava ancora
pubblica!) nella quale era
presente la prof. Elena Bein
Ricco. In altre parole: non sarebbe meglio evitare di ripetere, ciascuna chiesa per
conto suo, un’elaborazione
che dovrebbe essere comune, e cercare di far conoscere
e far pesare di più il punto di
vista protestante?
Dichiarazioni pubbliche
La cosa vale anche per certe dichiarazioni pubbliche dei
nostri presidenti o moderatori, spesso sollecitate dai nostri
organi di comunicazione nella speranza che la stampa nazionale se ne accorga. Mi domando fino a che punto sia
utile che, dalla Palestina alla
scuola ad Assisi, ci sia la dichiarazione del moderatore,
del presidente della Fcei, del
presidente deli’Opcemi e
deU’Ucebi. Tra l’altro, così facendo, si induce l’idea che in
fondo anche i protestanti, pur
non avendo i vescovi, si esprimono tramite le loro autorità.
Le nostre autorità terrene sono le assemblee: quindi se
un’assemblea di chiesa locale
0 territoriale o nazionale si
esprime su un certo argomento, lo si dica e lo si spieghi. I mass media devono capire che i protestanti non
hanno né papi né santi (come
splendidamente ha scritto Gino Conte a proposito della
santificazione di padre Pio).
Colgo evidentemente l’obiezione: non si può convocare un’assemblea sulle questioni quotidiane, dalle malefatte del governo al dramma
di. Palestina e Israele. È ovvio
che gli esecutivi eletti dalle assemblee hanno anche la responsabilità di rispondere e di
dire in nome di quelle assemblee, ma lo devono fare con
estrema sobrietà, e se su un
certo problema non vi è una
elaborazione definita, un consenso, perché, anziché chiedere una dichiarazione a
Gianni Genre piuttosto che a
Gianni Long, a Valdo Benecchi o ad Aldo Casonato, non
la si chiede alla chiesa di Rivoli o di Rorà o di Mezzano?
Inoltre, proprio su temi delicati quali quelli della morte,
della bioetica, della procreazione, bisogna evitare che le
Commissioni di studio finiscano per ricevere la delega
da parte delle chiese a occuparsene e viaggino un po’
per conto loro. Tra l’altro il
tutto porta a un’immagine
dei protestanti in Italia sempre progressista, aperta, laica, pronta ad accogliere i vari
«diversi» della nostra società:
questa immagine non corrisponde alla realtà. Non è affatto vero, a esempio, che sugli immigrati non siano presenti nel mondo protestante
posizioni assai vicine se non
a quelle di Le Pen, certamente a quelle di Bossi e di Fini.
In molti casi dentro ognuno
di noi è presente l’egoismo e
il timore per il diverso e contemporaneamente il desiderio di accettarsi e di condividere. Per non parlare di omosessualità. Così come ci
sono delle donne protestanti
nelle nostre chiese che ritengono che la fecondità sia un
dono non concesso a tutte:
quando non si possono avere
figli, si accetta anche con sofferenza questa condizione,
che non è una malattia da
curare a tutti i costi.
Ci deve guidare l'Evangelo
C’è ancora spazio nelle no-,
stre famiglie e nelle nostre
chiese per interrogarci su ciò
che è bene e su ciò che è male, oppure questa decisione è
definitivamente relegata alla
soggettività da una parte, e
dall’altra alle leggi dello stato? Non dovrebbe essere anche l’Evangelo a guidarci,
senza che rispondiamo subito che la Bibbia non dà indicazioni etiche, e che comunque tutto va letto nel suo
contesto, dunque le situazioni cambiano e di conseguenza ciò che era male agli occhi
delTEterno non lo è più? Certo è male non accogliere l’immigrato e non soccorrere la
vedova, ma anche desiderare
la donna di altri e voler arrivare al cielo con la torre di
Babele. Mi sembra che questa convinzione fosse più forte per i valdesi, per i metodisti e i battisti, la cui testimonianza nel passato ci consente di esistere come credenti
nel nostro paese.
Si uniscano dunque le forze
già abbastanza esigue delle
nostre diverse piccole minoranze; si trovi il modo di farci
sentire di più dai politici, senza riguardo al loro colore e
soprattutto, come ha detto
l’Assemblea battista, si ponga
fra gli obiettivi della Commissione «un metodo di condivisione comunitaria». Mi sembra, del resto, che già la Commissione valdese e metodista
ha fin qui lavorato in tal senso, proponendo dei documenti che il Sinodo non ha
votato ma ha inviato alle
chiese perché facessero conoscere il loro pensiero.
UN ascoltatore di Caserta
ci scrive «in merito al
famoso episodio biblico di
Adamo ed Èva, del frutto
proibito da loro colto, della
loro cacciata dall’Eden. Vorrei sapere - ci chiede - che
cosa si vuole condannare
nell’uomo in questo episodio?». L’interpretazione della
storia di Adamo ed Èva ha
.lìir/L’ 1 ■;
LUCA BARATTO
spesso ravvisato in questo
racconto un episodio primordiale che avrebbe lasciato un indelebile marchio di
colpa sull’essere umano. Allo
stesso modo, indugiando sui
particolari del testo, ha anche cercato di individuare la
presunta natura di questo
atto. Spesso, però, i particolari fanno perdere il filo principale della storia che, a mio
parere, descrive una realtà
comune agli esseri umani di
ogni tempo: resistenza di limiti e di confini nei nostri
rapporti con il mondo, con il
prossimo e con Dio.
Nel racconto l’essere umano è posto in una creazione
che Dio ha ordinato stabilendo dei confini, dividendo le
terre dalle acque, la luce
daH’oscurità. L’Eden nasce così e nel giardino la vita armonica e libera degli umani ha
anch’essa un confine, rappresentato dall’albero della conoscenza del bene e del male di
cui non devono mangiare il
fiuttò. Adamo e Èva decidono
di superare questo limite e così si ritrovano a vivere oltre i
confini dell’Eden, in un mondo diverso, in cui tutto ciò che.
le frontiere precedenti garantivano svanisce e di cui non
sanno individuare il senso.
Non è dunque un accadimento primordiale quello con
il quale siamo messi a confronto, ma è la nostra vita di
oggi. È il difficile e contraddittorio rapporto con i nostri limiti e con la definizione dei
confini del mondo. Da un lato,
l’anelito umano alla libertà è
insopprimibile ed esso comporta la messa in discussione
di limiti, l’oltrepassare dei
confini, l’infrangere delle leggi. Gesù stesso è un esempio
|^200j.
I5J
jSsMtiMkSwt A
I enmcKr itiit sfm
LA stampai
Educati all'odio
Nella pagina dei commenti del 27 giugnoMarct
Belpoliti riferisce di un’ini
chiesta sullo svilupparsi
dell’odio fra protestanti e
cattolici in Ulster e sui suoi
legami con l’educazione dei
bambini, addirittura fra i 3 e
i 6 anni. «I ragazzini delle
due comunità - scrive - riconoscono infatti i rispettivi
simboli e segni in modo evidente e inequivocabile. I
bambini cattolici manifestano la loro repulsa verso la
Union Jack, e i protestanti i
fanno lo stesso nei confronti p
del tricolore irlandese. I pargoli irlandesi, poi, diffidànq'
dei poliziotti che sono perla
maggior parte di religione
protestante. A soli 6 anni,
dice la ricerca, un bambino
su sei fa affermazioni settarie. I piccoli protestanti dicono che i cattolici vanno in
giro mascherati e rompono
le finestre, mentre per quei
cattolici i protestanti sono
cattivi perché uccidono»,
«La stessa cosa - prosegue accadrebbe se l’inchiesta
venisse ripetuta nei territori^
palestinesi e negli insedia- *
menti ebraici». Seguono le*®
considerazioni più arnarei
«È ovvio che i semi dell’odio
sono stati instillati dagli
adulti e da loro ben coltivati; magari non sempre in
modo diretto ma attraverso
un’educazione silente: gesti,
atteggiamenti, frasi».
IL GAZZETTINO
Segni di Apocalisse
Un articolo di Alessandra
Baldini (25 giugno) riferisce
di un’inchiesta condotta dal
settimanale Time a partire
dal romanzo The Remmnt.
«ultimo best-selier della serie “Left Behind” basata sul
libro biblico deUa Rivelazione, per tastare il polso della
paura nazionale, ha scoperto che un americano su 4
(...) è convinto che le stragi
dell’11 settembre erano state profetizzate nella BibbiaUn terzo degli americani ha
letto sui giornali i segni premonitori degli "ultimi giorni” nelle stragi al World Trade Center, nel bioterrorfsmo all’antrace, nella minaccia dell’atomica “sporca”, negli attentati kamikaze in Israele e ha confidato
ad altri i suoi timori: “Cristiani di ogni confessione
hanno cominciato a porsi
domande su quanto scrive
la Bibbia sulla fine del mondo”, ha constatato Time».
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passato più di un confine nij ■ ""
posto dalla cultura del su
tempo. Dall’altro, il supor®'
mento del limite può ancB
nascere da un desiderio di o
nipotenza che infrangete
zioni senza essere in .
costruirne di nuove, che c
libertà solo per sé e non per^
altri, che spinge a vivere la
tura in senso utilitarishco
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La conoscenza utevao’,
del male non svela agli um
i segreti del mondo, ma P
tosto li carica dell’onere
cercare il senso di un uni ■
il cui significato non e
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a fatica scoperto. Neppure
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(Rubrica «Parliamo^ „.anpo” Wl n,
della trasmissione «Culto ® Ql.g
co» curata dalla Fcei arida
da domenica 7 luglio)
15
12 LUCHO 2002
PAG. 11 RIFORMA
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Domenica 14 luglio corsa in montagna
Al via la «Tre rifugi»
Domenica 14 luglio in alta vai Pellice si rinnova l’appuntamento con la tradizionale gara di corsa in montagna «Tre rifugi». Dopo alcuni anni di pausa la gara è tornata lo scorso anno
ed è tornata con la formula iniziale della corsa a coppie di atleti: 23,7 i km da percorrere, con un dislivello di 1.600 metri. Sarà
come sempre una grande festa di sport e di partecipazione con
la conca del Pra e il pian del Barbara invasi da visitatori. Gli
atleti percorreranno la corsa, interamente su sentieri, dal Pra
al colle Barant con discesa sul Barbara e salita a Col Manzol,
discesa verso il Rifugio Granerò e poi di nuovo al Pra. La partenza della prima coppia sarà data alle 8 di domenica; in gara
anche una nutrita schiera di atlete donne.
M La tradizionale festa del 13-14 luglio
«Ciantà e sunà» a Massello
Sabato 13 e domenica 14 luglio a Massello sarà nuovamente
«Ciantà e sunà en marciant per la burgia». La manifestazione,
giunta quest’anno alla sua terza edizione, prevede la partecipazione di 11 gruppi musicali che domenica suoneranno nelle varie borgate masselline dalle 10 alle 18. La manifestazione avrà
un prologo sabato alle 21 con un concerto alla chiesa cattolica
e un momento di musica e ballo con i Suonamboli alle 22 alla
Pro Loco. La scelta poi per il pubblico domenica è fra due itinerari prestabiliti che toccheranno tutte le borgate di Massello
dove, come già negli anni passati, oltre a incontrare i gruppi
che suoneranno sarà possibile fermarsi ai punti di ristoro. La
sera cena in compagnia dei gruppi musicali alla Pro Loco.
I Fondato nel 1848
I
Un convegno sul futuro del trasporto ferroviario sulla Pinerolo-Torino e Pinerolo-Torre
Treno o metropolitana?
Incertezza fra gli enti convocati; per la Pinerolo-Torre Pellice è o no più comodo la soluzione
imvìaria»? È ipotizzabile il disegno di una trotta fra Pinerolo e Caselle? Sottopasso a Sangone
MASSIMO CNONE j—..—............................................
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déja-vu». È la sen,,, »ne, poco gradevole,
'Í ile ha attraversato la
iijgioranza dei presenti
imvegno pinerolese di
liiedì 1“ luglio. Per la
bravia Torino-Torre
iice si assiste a uno
Élitro di idee antiteti—.ètenon all’esposizione
Iprogetti concreti. A reiSredeluso non è solito ü folto pubblico intemnuto ma lo stesso
ijinizzatore dell’incontiOiOn. Giorgio Merlo,
cieiitroducendo la seratisiera premurato di
Were risposte chiare a
Nse domande riguartatiil destino della Tofe-Torre Pellice dopo la
itostruzione del ponte
Risone (prevista per la
®del2004), con l’incopita di un possibile e
jiagnato collegamento
■atto fra Pinerolo e l’ae*porto di Caselle,
helatori sembrano im®®zati. «La competenJWa Provincia è solato indiretta - si scusa
messore provinciale ai
asporti. Franco Gamiche prosegue la li®3Pmerolo-Torino va
wnziata tuttavia, anse l’evento olimpico
. 'aiutare, non bisogna
® «e faciloni: la cifra
Oziata è modesta e
L può fare molto».
Provincia
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che, concepite per la mai
realizzata metropolitana
leggera torinese, ora
giacciono inutilizzate in
un deposito e potrebbero
essere acquistate a poco
prezzo e riconvertite sulla Pinerolo-Torre Pellice.
La Regione ha il suo
ambasciatore nell’ing.
Enzo Gino, responsabile
del settore ferrovie e
grandi infrastrutture, che
dopo aver enunciato la
possibilità di utilizzare i
fondi olimpici per un
raddoppio selettivo deila
Torino-Pinerolo si sofferma sulla Pinerolo-Torre
Pellice, ribalta la tesi della Provincia e cita una
analisi commissionata alla Satti sui pro e contro
delle due possibilità: 10
milioni di euro per adeguare la linea alle caratteristiche del tram, 7 milioni per realizzare l’ipotesi ferroviaria; 1 milione
l’anno costerebbe la gestione del tram, 1 milione
e 200.000 euro il treno:
«L’ipotesi tramviaria non
è conveniente», conclude
Gino, perché l’utenza
viaggerebbe in condizioni molto peggiori. Colpo
di scena: per la PineroloTorre la metropolitana
leggera, o il tram (o il
tram-treno), non va bene. Arriva (o ritorna) la
«ferrovia metropolitana».
Per le ferrovie interviene Ewald Fischnaller, responsabile direzione regionale Trenitalia che,
svoltando verso la «mag
giore pulizia delle carrozze», liquida il problema
della tratta con una frase:
«Fino a quando i lavori
del passante ferroviario
non saranno terminati, ü
potenziamento della Pinerolo-Torino non sarà
possibile». Da parte sua
l’avv. Davide Gariglio,
presidente della Satti, società che tra l’altro si occuperà della futura metropolitana di Torino, annuncia il 2007 come anno
per il varo definitivo del
passante ma già oggi, dice, «tre treni al giorno
viaggiano da Caselle a
Porta Susa», attraversando proprio il passante.
Alla fine dell’incontro i
dubbi e i problemi restano e sono evidenti nella
pratica. Da Pinerolo a Torino: i numerosi treni che
si fermano a Lingotto e
non fanno ritardo perché
nell’orario si allungano,
ulteriormente, i tempi ufficiali di percorrenza. Da
Torre Pellice a Pinerolo:
le decine di autobus sostitutivi che attraversano
i centri abitati, il biglietto
che non si capisce quando e come farlo e i controlli non ci sono) fino al
caso, citato dal presidente della Comunità montana vai Pellice^ Claudio
Bertalot, delle comitive di
studenti costretti a pagare il biglietto più caro del
singolo viaggiatore, perché le ferrovie non si accollano i costi di un pullman aggiuntivo.
La gestione passa alle Regioni
Addio al MagisPo
La gestione del Po passa dallo stato alle Regioni:
si è recentemente insediato a Parma il Comitato
di indirizzo dell’Aipo
(Agenzia interregionale
per il Po). 11 nuovo organismo, emanazione diretta delle Regioni Piemonte, Lombardia, EmiliaRomagna e Veneto, dal 1“
giugno ha preso infatti il
posto del Magistrato per
il Po, che dipendeva invece dal ministero delle Infrastrutture e Trasporti e
che era stato istituito dopo l’alluvione del Polesine. L’Agenzia ha un comitato di indirizzo formato dai quattro assessori regionali alla Difesa del
suolo: per il Piemonte
Caterina Ferrerò. Il direttore generale è Piero Vincenzo Telesca, direttore
della Difesa del suolo della Regione Piemonte.
«I nostri compiti - precisa la Ferrerò - saranno
molteplici: programmazione, progettazione e
realizzazione degli interventi idraulici, sorveglianza delle opere idrauliche, studio e gestione
delle piene e delle reti di
monitoraggio, rilascio di
pareri e concessioni. Il
primo obiettivo è portare
a conclusione nel tempo
più breve possibile, sulla
base delle risorse che saranno rese disponibili, i
lavori di ricostruzione e
prevenzione deliberati a
seguito dell’alluvione del
2000, in modo che ai piemontesi che abitano lungo il corso dei fiumi sia
garantita la necessaria sicurezza in caso di piene».
I fondi a disposizione
dell’Aipo ammontano a
15 milioni di euro annui
per la manutenzione ordinaria e straordinaria e a
13 milioni di euro annui
dalla legge sulla difesa
del suolo, ai quali vanno
aggiunti i finanziamenti
straordinari per le opere
post-alluvione (900 milioni di euro per quella
del 1994, 130 milioni per
quella del 2000). In Piemonte la lunghezza dei
fiumi interessati è di
3.738 chilometri. Quello
del Po, fiume alimentato
da 141 affluenti, è il bacino idrografico più grande
d’Italia. La nuova agenzia
progetterà e realizzerà
tutte le opere idrauliche
lungo l’asta del fiume e
lungo gli affluènti; gestirà
le reti di monitoraggio e
le piene, rilascerà pareri e
concessioni demaniali.
ICONTRAPPUNTOI
AL DI LÀ DI
OGNI CAMPANILE
MARCO ROSTAN
La «Carovana delle Alpi»
ha fatto tappa a Torre Pellice, con un interessante
convegno organizzato da
Legambiente e dalla Bottega del possibile, ma purtroppo pochi se ne sono accorti. La Carovana intende
valorizzare il patrimonio
della montagna italiana,
con particolare attenzione
all’agricoltura,
al turismo, alla produzione
di energia elettrica, alla difesa del suolo,
ai servizi sociali, e con uno
specifico riferimento ai piccoli Comuni, a
favore dei qua- «—m—,
li è stata presentata una proposta di
legge firmata da oltre 100
parlamentari di tutti gli
orientamenti.
A parte questo testo che
riprende interventi già previsti in altre leggi sulla
montagna e spesso non
realizzati perché non adeguatamente finanziati, il
convegno ha offerto spunti
ed esperienze che sarebbe
stato bene venissero ascoltati dagli amministratori
locali, invece largamente
assenti, al punto che ho notato la presenza di un unico
sindaco, quello di Angrogna. Sarebbe stata l’occasione per discutere seriamente sui servizi che i piccoli Comuni dovrebbero
svolgere insieme, in modo
associato, argomento da
tempo sollevato in vai Pellice ma che finora non si è
concretizzato al di là di
quanto fa la Comunità
montana nel settore assistenziale. Se non ci si mette
insieme, ad esempio, nel
settore dell’urbanistica,
della polizia municipale,
dei trasporti e di altro ancora, i piccoli Comuni rischieranno di essere accorpati per necessità e allora
sentiremo grandi lamenti
sull’annullamento delle diverse identità municipali.
Che cosa impedisce ai comuni più piccoli, da Rorà a
Villar a Bobbio ad Angrogna di unire le scarse risorse per fare meglio alcune
cose? Non è facile, ci sono
questioni che riguardano il
personale e probabilmente
frizioni politiche ma l’alternativa è che, se non ci si organizza, vedremo scomparire la posta, i telefoni e tra
un po’ l’anagrafe. Di fronte
a questo probabile futuro,
di grande interesse è il Progetto Isacco, presentato al
convegno dal vicepresiden
La collaborazione
fra Comuni è la
possibile risposta
alla scarsità
delle risorse
te della Crt Riccardo Triglia,
che si propone di offrire un
premio proprio alle iniziative di collaborazione fra Comuni, in settori che non godano già di altri finanziamenti (ad esempio la contabilità, l’anagrafe, la cartografia del territorio, la consulenza di professionisti, la
valorizzazione dei prodotti
tipici, la promozione delle
opportunità
turistiche e
delle associazioni). L’altro
grande capitolo affrontato è quello
dei servizi socio-assistenziali, e qui si
è notata l’assenza del mondo valdese e
dei responsabili di Case per
anziani. È inutile fare dei
bei proclami sul rapporto
fra chiesa e territorio se poi
si trascurano le occasioni di
confronto, in particolare su
quel Piano di zona dei servizi previsto dalla legge 328.
È negativo che in vai Pellice
perduri una separatezza tra
il mondo del ricovero (le
Case per anziani) e il mondo della domiciliarità (la
Bottega del possibile). Se
non vogliamo che per le Case di riposo succeda tra
qualche tempo ciò che sta
capitando con gli ospedali
di Torre Pellice e di Pomaretto, occorre rompere gli
steccati, mettere al centro
di una riflessione comune la
persona con le sue diverse
necessità, l’anziano e il percorso di cui necessita mano
a mano che diventa non autosufficiente, percorso nel
quale il ricovero ha la sua
utilità ma solo dopo che sono state attivate tante altre
risorse per consentirgli di
vivere e muoversi nel suo
ambiente, a casa sua.
Il Piano di zona dei servizi è un piano regolatore
dei servizi, lo strumento
con il quale la comunità,
promuove una piena cittadinanza sociale: per questo
occorre saper ascoltare, capire ciò che veramente serve, valorizzare tutte le risorse , compresi i vicini di
casa. Bisogna che i nostri
comitati si immergano nel
territorio, ascoltino, capiscano, partecipino a questa
progettazione con chi non
la pensa come loro. La separatezza porterebbe a dolorosi ridimensionamenti
delle nostre opere alle Valli
e al vanificarsi di uno dei
tre fini istituzionali (culto,
istruzione, beneficenza)
della Chiesa valdese.
16
PAG. 12 RIFORMA
E Eco Delle "\àlli moEsi
ABBATTUTO IL CEDRO SECOLARE — Provinciale
interrotta nella mattinata di sabato scorso all’altezza della Casa delle diaconesse a Torre Pellice.
La chiusura al traffico dell’importante arteria è
stata necessaria per consentire l’abbattimento di
un grande cedro nel giardino della casa per an
ziani e seccato improvvisamente nei mesi scorsi.
L’albero è stato probabilmente vittima di un attacco fungino che ne ha minato le radici (alla
base il tronco superava il metro e 20 cm) e impedito la salita della linfa. Così in poco tempo gli
aghi si erano quasi totalmente staccati da rami
portando alla dolorosa decisione.
90 ANNI DI CORALE — Dal 1“ luglio, nel corridoio
del Centro culturale di Torre Pellice è esposta una
mostra fotografica sui «90 anni della corale valdese di Torre Pellice». Si tratta di un viaggio fra le vi
cende di questo gruppo corale attraverso le fotografie scattate in concerti, viaggi, partecipazioni a
momenti pubblici e raccolte dagli stessi coralisti.
INCENDI A LUSERNA SAN GIOVANNI E BRICHERASIO: DOLOSI? — Due incendi, subito domati
dai vigili del fuoco, si sono sviluppati nella notte
fra sabato 6 e domenica 7 luglio. Il primo ha interessato un fienile in località Gianavella Supe
riore a Lusema San Giovanni, mentre il secondo
ha coinvolto alcuni veicoli nel deposito dello
sfasciacarrozze di località Tirabrasse a Bricherasio. Le cause sono ancora da accertare e i carabinieri non escludono alcuna ipotesi.
PINEROLO? WWW.CAPRILLI.COM — A partire dai
primi di luglio è possibile avere informazioni sul
Comune di Pinerolo al sito Internet www.caprilli.com: nel sito sono pubblicati i principali appuntamenti, alcune news dell’Amministrazione e
si può dialogare con il sindaco, Alberto Barbero.
EXTRACOMUNITARI IN SOFFITTA — A seguito di
un esposto presentato daH’amministratore dello
stabile «San Giorgio», di via Archibugieri di S.
Giorgio 12, che segnalava la presenza di extracomunitari all’interno di locali adibiti a magazzino
e soffitta, il 25 giugno scorso è intervenuta la polizia municipale di Pinerolo e sono stati trovati
cinque extracomunitari di cui due regolari. Segnalati all’autorità giudiziaria i proprietari, italiani, dei locali utilizzati.
PROVINCIA DI TORINO: DIMINUISCE LA RACCOLTA DIFFERENZIATA— Nel 2001 la raccolta
differenziata dei rifiuti ha fatto segnare una
preoccupante battuta d’arresto attestandosi sul
20% e mancando l’obiettivo del 25% previsto dal
decreto Ronchi. Migliora invece la situazione per
quanto riguarda la produzione di rifiuti urbani,
che rimane sostanzialmente sui livelli del 2000.
Per la sensibilizzazione dei cittadini, dopo la
campagna di affissione e di annunci (Torino «invasa» dai rifiuti), la Provincia sta inviando un
opuscolo informativo a tutte le famiglie.
VENERDÌ 12 LUGLIO: SCIOPERA LA CGIL — La segreteria generale della Cgil Piemonte ha dichiarato per venerdì 12 luglio due ore di sciopero generale contro il «Patto per l’Italia»: l’accordo siglato il 5 luglio tra il governo e alcune parti sociali. Per la provincia di Torino lo sciopero sarà
di quattro ore per partecipare alla manifestazione che partirà alle 9,30 dalla porta 5 di Mirafiori.
RESISTENZA A MONTOSO — Tradizionale incontro
sabato 13 e domenica 14 in occasione della manifestazione unitaria per ricordare la Resistenza.
Sabato a Montoso ci sarà la cena partigiana e alle
20,30, concerto di bandamania; segue fiaccolata.
Domenica manifestazione a partire dalle 9,30
con ritrovo in piazza Martiri della Libertà. L’orazione ufficiale alle 11,30 sarà della presidente
della Provincia di Torino, Mercedes Bresso.
RADUNO OBIETTORI — Da diversi anni a Castelmagno si svolge un incontro di tutti quelli che
hanno lì effettuato il servizio civile. L’appuntamento è per sabato e domenica prossimi. Domenica, dalle 9,30, convegno su «Le Alpi: popoli,
risorse e idee in movimento». Fra i partecipanti
Maria Rosa Fabbrini, per il Centro culturale valdese parlerà su: «La diaspora delle idee: i valdesi
e le migrazioni medievali».
ESTATE IN BIBLIOTECA — Le biblioteche di Torre
Pellice e Bobbio Pellice si stanno organizzando
in vista della stagione turistica offrendo nuovi
orari e alcune interessanti iniziative. A Torre la
biblioteca è aperta martedì, mercoledì e giovedì
ore 15,30-18,30, giovedì, venerdì e sabato 10,3012,30. A Bobbio l’apertura è martedì 10-12, giovedì 10-12 con lettura di fiabe e attività di disegno, sabato 9,30-12,30, con incontri sul pianeta
Internet e ore 15-17. A Torre, a partire dal 16 luglio, ci saranno 4 serate in cui si parlerà di libri e
ricette in compagnia di Bruno Gambarotta utilizzando gli spazi del cortile.
.. A colloquio con l'operatore Marco Bellora
Turismo valdese e non
Il lavoro nelle strutture legate alla chiesa e in quelle della
Crumière. Poi si aggiungerà l'impegno per Villa Olanda
MASSIMO GNONE
.^T A collaborazione
«Lif
ifra l’Agess e il sistema culturale e turistico
valdese è una necessità».
A sostenerlo è Marco
Bellora, alle spalle una
lunga esperienza professionale nei centri protestanti in Italia, da gennaio 1996 direttore della
Foresteria di Torre Pellice e da aprile di quest’
anno anche coordinatore
del polo ricettivo del villaggio Crumière a Villar
Pellice per conto di Agess
Spa. Lo abbiamo incontrato e ci ha concesso
una breve intervista.
- Qual è il suo ruolo
all'interno di Agess?
«Attualmente mi occupo del coordinaniento
del polo ricettivo. È una
consulenza a tempo parziale finalizzata a una
presa in carico di questo
ruolo a tempo pieno,
prevista per il prossimo
anno. In collaborazione
con il resto dello staff mi
sono occupato della ricerca del personale e di
tutte le operazioni di avvio del ristorante e dell’albergo al villaggio Crumière. Per quanto riguarda Villa Olanda restiamo
in attesa».
- Ma il rapporto con la
Foresteria di Torre non è
concluso...
«Assolutamente no.
Quando mi è stato proposto questo incarico per
l’Agess i tempi non coincidevano con il mio distacco dalla Foresteria.
Ho ottenuto (e ne sono
grato) dal Comitato di
poter avviare questa collaborazione, concordando con il Comitato e la
Csd un periodo di passaggio di consegne che
dovrebbe avvenire quest’autunno, dando comunque la mia disponibilità a continuare fino a
febbraio 2003. In questi
anni ho voluto portare
avanti un percorso, iniziato con il fondatore della struttura, Achille Deodato, e i coniugi Longo;
come Foresteria siamo
sempre stati attenti a tutto il processo di quella
che era chiamata l’Agenzia di valle e che oggi è diventata l’Agess Val Pellice: io vedo una continuità
in questo percorso».
- Quali sono le sue
aspettative?
«Quello che conta di
più è lavorare insieme.
L’Agess è nata per lavorare con gli attori già presenti sul territorio tentando, quando e se sarà
possibile, di avere una
funzione di coordinamento».
- Che cosa le resterà di
questo periodo trascorso
in Foresteria? <
«È stata un’esperienza
importante e positiva soprattutto per quello che
ho trovato in Valle, vale a
dire tutta una serie di
realtà, a volte con problemi di dialogo, ma titolari di grandissime potenzialità, alcune sfruttate e altre no. Il circuito
culturale e turistico valdese e Agess dovranno
lavorare fianco a fianco:
se questo non succederà
sarà un grosso guaio».
Nuova mostra al museo vald^
Frali documenta
100 anni di neve
DAVIDE RDSSO
ONO stati molti i
pralini che a fine
M Arrampicata sportiva domenica a Villar Pellice
«Festa delle Montagne» col sole
Cielo azzurro e sole splendente hanno premiato la Festa delle montagne.
Nella giornata di domenica 7 centinaia
di persone si sono date appuntamento
a Villar Pellice per seguire la gara di arrampicata sportiva (prima prova di
Coppa Italia, primo trofeo Provincia di
Torino e quarto trofeo Marco De Marchi) e approfittare delle specialità artigianali ed enogastronomiche nella
piazzetta del villaggio Crumière. Consensi anche per il pranzo e la cena al ristorante: un’occasione che ha rappresentato la prima apertura del polo ricettivo firmato Agess Spa.
Per la cronaca: alla gara di arrampicata, tra i maschi si è imposto il trentino
Cristian Brenna, del gruppo sciatori
Fiamme gialle, secondo Luca Zardini
(Carabinieri di Selva Val Gardena) e terzo classificato, primo tra i pinerolesi e
con un’ottima prova. Donato Leila,
dell’Ass. La Pietra. Nella classifica donne, prima è arrivata la lombarda Jenny
Lavarda, del gmppo Climber Aprica, seconda Lisa Benetti (E1 Maneton) e terza
Cinzia Donati (Istrice Ravenna). Soddisfazione per il successo dell’iniziativa è
stata espressa dal Cai-Uget vai Pellice.
Due appunti all’organizzazione: scarsa e poco visibile la segnaletica arrivando in piazza Jerwis, decentrata rispetto
alla piazzetta interna della Crumière
che ospitava artigiani e produttori.
«s
dicembre ’59 hanno voluto inaugurare, in una
giornata appositamente
dedicata a loro prima di
quanti sarebbero venuti
da fuori, si sperava numerosi, la nuova Seggiovia 13 laghi aperta ufficialmente solo un mese
dopo. La giornata dicembrina dedicata solo ai residenti pare allora abbia
riscosso un grande successo con qualcuno che,
si dice, è andato su e giù
anche 10 volte». Quella
ormai lontana giornata
del ’59 è uno dei numerosi ricordi che vengono
in mente ai pralini, ma
non solo, ripercorrendo
gli ultimi «100 anni di neve a Prali». Ripercorrere
un secolo di binomio di
Prali con la neve, con gli
sport alpini oltre che con
l’uso quotidiano degli
strumenti che consentivano le attività anche in
periodi dell’anno in cui
la coltre nevosa lo avrebbe impedito, vuol dire ricordare ma anche riflettere su quello che ha significato la neve per la
montagna.
Una mostra allestita
nel museo valdese fa in
qualche modo questo
percorso a ritroso ripercorrendo, con materiale
d’epoca, 100 anni appunto di «neve» a Prali e lo fa
tra l’altro a 50 anni dalla
nascita dello Sci club di
Prali e a 40 dalla fondazione della scuola di sci.
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Sviluppo integrato a Massello
Il «Poema» prosegue
Arrivano buone notizie
dalla Regione per il progetto «Poema», progetto
di sviluppo integrato
messo in cantiere ormai
nel 2000 dall’allora amministrazione di Massello
e portato avanti dall’attuale. Tra le opere finanziabili rientranti nella
legge 4 regionale infatti è
stata anche inserita la pista forestale ecologica
che costerà nella sua totalità 392.500 euro di cui
il 50% finanziati appunto
dalla Regione. La pista,
che si snoderà sul fondovalle del vallone di Massello servirà i boschi
nell’inverso del vallone
stesso e in inverno presumibilmente sarà utilizzata anche come pista per
Io sci di fondo formando
un anello che partendo
dalla Pro Loco si snoderà
per due chilometri. Procede così il progetto Poema che oltre alla pista
ecologico forestale prevede la realizzazione di una
foresteria e l’avvio di una
collaborazione con l’Università di veterinaria di
Torino oltre alla ristruttu
razione, già iniziata, del
mulino del Gros Passet.
Ma tra i 300 interventi
inseriti nella graduatoria
stilata dalla Regione inerente alla legge 4 sul turismo, per i quali sono previsti centinaia di migliaia
di euro di investimenti il
50% dei quali a carico regionale, oltre alla pista di
Massello prevede anche
numerosi altri interventi
alle Valli. In genere sono
state premiate le piste ciclabili la realizzazione
delle quali permetterà la
creazione di un vero e
proprio percorso.
Il clima caldo e umido ne favorisce la crescita
Parte bene la stagione dei bui
i
La Pro Loco di Massello
Stagione assai «umida»
e calda, tempo di funghi
assicurato: in effetti la
stagione dei «bulé» è iniziata in modo promettente. Ma va ricordato che
ogni raccoglitore dovrebbe osservare alcune semplici regole dettate dalla
normativa in materia (in
Piemonte essenzialmente
la legge regionale 32/82).
Per i porcini e gli ovuli
buoni si possono raccogliere al giorno al massimo 15 esemplari e per un
peso massimo di 3 kg. La
raccolta deve avvenire
senza rovinare il terreno
circostante, senza distruggere funghi non
buoni e trasportandoli in
contenitori che lascino
cadere le spore, cioè non
in sacchetti di plastica.
Per poter raccogliere i
funghi occorre comunque essere dotati di un
tesserino, il cui costo e le
cui modalità di pagamento variano a seconda
della Comunità montana
in cui il cercatore si rechi. La vigilanza è affidata, oltre che alle guardie
ittico-venatorie, al corpo
forestale, vigili urbani,
carabinieri, alle guardie
ecologiche volontarie
operanti in tutte le valli.
Le modalità di autorizzazione. Per la Comunità
montana Pinerolese Pedemontano occorre versare su un apposito conto corrente 5 euro se si è
residenti in uno dei Comuni della Comunità oppure 21 euro se non residenti. La presentazione
all’autorità vigilante della ricevuta accompagnata da un documento di
identità attesta la regolarità della posizione. Anche in vai Chisone e Germanasca si deve utilizzare lo stesso metodo, con
la variante che il costo è
unico (15,50 euro) e i
proprietari di terreni in
valle possono raccogliere
funghi gratuitamente anche fuori dalla propria
proprietà. In vai Pellice il
costo del tesserino è differenziato: 10 euro per i
residenti in valle e 20 per
i non residenti: a ogni
raccoglitore viene comunque consegnato un
tesserino (rilasciato dagli
uffici tecnici in via
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12 LUGLIO 2002
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La guida Sandro Paschetto organizza la ripetizione della prima salita
Al Monviso con Bartolomeo Peyrot
lo vetta fu raggiunta nel luglio del 1862 dall'alpinista bobbiese, un anno prima
della più famosa ascensione di Quintino Sella. Un alpinismo «all'antica»
MARCO ROSTAN
e del c« rii luglio 1862 l’inglese
TorrePei Iprancis Fox Tuckett
reanuni Ldunge la vetta del
tureoA w^nviso: lo accompaverseept «nano Michel Croz di
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rzermatt e Bartolomeo
Peyrot di Bobbio Pellice.
afflguraJ si tratta della seconda
nento.di ascensione assoluta al
,Re di pietra» e Bartolomeo Peyrot è il primo italiano a metter piede sul
Monviso, precedendo di
ananno la comitiva tutta
italiana guidata da Quintino Sella, il famoso politico e fondatore del Cai
che la storia successiva
doveva ampiamente ri
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contano«
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cordare. La salita del Peyrot è così passata sotto silenzio, e quasi tutti pensano che il primo salitore
sia stato proprio il Sella.
Per il piacere di andare
in montagna e per ricordare degnamente, 140
anni dopo, questo alpinista bobbiese, la guida
Sandro Paschetto (autore
dell’articolo «Bartolomeo
Peyrot, il primo italiano
sul Monviso» da cui abbiamo tratto queste notizie, cfr. la «Rivista della
Montagna» num. 187 del
1996) ha pensato di organizzare per il mese di
agosto (dal 12 al 16) una
rievocazione storico- escursionistico-aipinistica
della salita del Peyrot: si
partirà a piedi da Villanova, per il Pra, il Colle
Sellier, il Vallanta e il Vallone delle Forciolline. Di
qui è prevista, per chi
vuole, la salita della parete sud del Monviso. Il ritorno seguirà anch’esso
le tracce della comitiva
Tuckett-Peyrot, che dopo
la discesa a Ponte Chianale, salì per valicare il
Colle dell’Agnello; poi,
accompagnato l’inglese
fino a Guillestre e ricevuto da lui un attestato di
ben servito, il Peyrot se
ne ritornò a Bobbio per il
Colle della Croce. In to
tale 5 giorni di un alpinismo all’antica, con tre
notti in rifugio e un bivacco al Lago delle Forciolline. Gli interessati
possono prendere contatto con Sandro Paschetto, via Gianavello
68, Luserna San Giovanni, tei. 0121-90547 oppure 339-6235078; la quota
di partecipazione è di
100 euro per la traversata
e di 200 per la traversata
+ ascensione alla vetta,
che sarà accompagnata
da guide. Occorre prenotarsi entro la prima settimana di agosto, per poter riservare i rifugi.
Il primo italiano
L’itinerario in auto e a piedi
Il primo sacco a peio
la parete sud dei Monviso sulla quale si snoda la via
normale (foto Sandro Paschetto)
«11 12 luglio 1862, Bartolomeo Peyrot di Bobbio Pellice, quando ancora l’ascensione alpina
era spavento per gli uni,
compatimento per gli altri, incomprensione per
tutti, primo fra gli italiani, raggiungeva la vetta
del Monviso» Così recita
la lapide posta dall’Uget
vai Pellice nei pressi dell’ingresso del municipio
di Bobbio, il 15 aprile
1928. Non sono riuscito
a sapere molto del Peyrot, ma varrebbe la pena
che la sua figura venisse
ricordata, magari in una
serata curata dal Cai o
dall’Agess e l’iniziativa
cadrebbe proprio in concomitanza con la recen
Iniziative per la parrocchia di San Martino
Rivive la chiesa dell'anno 1000
LILIANA VIGLIELMO
GNl tanto l’antica
chiesa che si trova a
in Martino, in vai Gerisca, costruita intor¡n all’anno 1000 ma abidonata da più di tre
*®li, riemerge dall’oblio
P cui è caduta e ci si
ipteoccupa delle sue disa' Paté condizioni. La
®Ksa è stata citata in va® pubblicazioni, curate
flt2 ® i^ultori della storia lo'P (i più recenti; don
■ -I Bessone, Guido
DIJI Ettore Peyronel) i
W si auguravano certo
• r» impossibile realmeno una
'§nitosa sistemazione
il prima ei ruderi millenari. In
2^0, la possibilità di
nn turisti itinerari
l'n" 'PPagnativi a mezza
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situate sul ver’de ^te volto a sud della vai
” p,,^?’tasca, tutte colle
P^^tiorsi e
-.che!"; anche la zona di
li escuj Martino con i suoi
I ruderi della chiesa di San Martino
Vili, CUI! 1 suoi
punendo vari soggetti
la Pro Loco di
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loco PiJ,.ripulitura dell’area. È
icn» «annt,.. . area, c
i a**** chiesa,
nessuno se ne
lantn ® *^zasse più di
ri diventata il pun
to di scarico di tutti i rifiuti dell’adiacente cimitero cattolico e valdese,
che è ora oggetto di un
intervento del Comune
di Perrero per la costruzione di celle cinerarie e
degli ingressi.
Nell’ultima seduta del
Consiglio comunale di
Perrero il sindaco, Riccardo Léger, sollecitato da
un’interrogazione del
consigliere di minoranza
Savino Guarino, ha esposto il parere dell’amministrazione dichiarando
che il Comune non ha intenzione di intervenire a
proposito della chiesa di
San Martino, non avendo
né i mezzi né il personale
per farlo; il sindaco è però
a conoscenza dell’interesse delle associazioni e ritiene che avrebbero potuto agire con più
facilità, trattandosi in
gran parte di lavoro volontario. Léger sa anche
la richiesta di contributo, rivolta alla Comunità
montana, è stata accolta
dal settore cultura e, a
nome della giunta, assicura la disponibilità degli
uffici comunali per qualsiasi adempimento burocratico necessario, ma ricorda però al consigliere
Guarino che gli edifici
storici, anche in rovina,
sono sotto la tutela della
sovrintendenza ai beni
culturali del Piemonte e
che soltanto questo ente
può dare un parere.
Come riferito dal sindaco, all’associazione
Vallescura e volontari
annessi è arrivata la comunicazione di un contributo di 470 euro, un
po’ scarso rispetto ai preventivi presentati dalla
Cooperativa di recupero
ambientale di Perosa che
si occuperà dei lavori di
ripulitura della chiesa,
ma utile comunque per
iniziare a far qualcosa.
Intanto sabato 6 luglio,
in una riunione a cui
hanno partecipato oltre
ai rappresentanti dell’associazione Vallescura anche il geometra Egidio
Rol, incaricato dalla diocesi di seguire la questione, il sindaco Léger ha
assicurato che chiederà
all’Acea, per il periodo
dei lavori di pulitura, un
cassone per ingromhranti dove riporre il materiale che si estrarrà dal sito
e si è infine impegnato a
far installare, a lavori ultimati, l’apposita cartellonistica che ricorda il
divieto di discarica e
nuovi bidoni pt'r i rifiuti.
te Festa delle montagne.
Nelle storie sull’alpinismo hanno spazio i suoi
compagni, dal famoso
Tuckett a Michel Croz
che sarebbe perito nella
tragedia del Cervino, sopravvenuta durante la discesa della cordata di
Whymper, dopo la conquista della vetta dal versante svizzero. Nella guida del Monviso di don
BesSone, Bartolomeo Peyrot è ricordato come
primo italiano salitore;
mentre la prima salita interamente jtaliana sarebbe avvenuta il 12 agosto
1863: da questa ascensione Quintino Sella trasse
l’idea di fbndare il Club
alpino italiano.
«Un buon diavolo, piccolo ma di buona volontà (...) dalle gambe
straordinariamente corte
(...) divoratore prodigioso»: così il Tuckett ci descrive Bartolomeo Peyrot, dopo averlo ingaggiato a Bobbio Pellice
per 2 franchi e 45 centesimi al giorno. Nella descrizione della notte passata sulla punta della
montagna, con nevicata
e temperatura di 2,5 gradi sotto zero, risulta che
il Peyrot si lamentava
molto e che Tuckett cercava di rincuorarlo «facendogli riflettere avanti
tutto come egli fosse il
primo tra i sudditi del Re
d’Italia che avesse asce
so il Monviso e, per sopra mercato, vi si fosse
fermato una notte». Gli
ricordava anche che «dopo una simile escursione
i viaggiatori l’avrebbero
richiesto di preferenza a
qualunque altro per guida esperimentata» ma
non riusciva a rialzargli il
morale.
A proposito di notte
passata in cima, sembra
che il sacco confezionato
da Tuckett sia stato il capostipite del moderno
sacco da bivacco. Tuckett lo aveva confezionato sull’esempio del sacco
da campagna prestatogli
da un amico viaggiatore
in Africa. Esternamente
di makintosh, foderato
da uno spesso panno fatto in casa, con due buchi
per le braccia e un cappuccio di lana ma privo
di makintosh per consentire la circolazione
dell’aria... Insomma anche questi nostri avi, nonostante non avessero a
disposizione tutti i tessuti che oggi caratterizzano
l’ahbigliamento sportivo,
erano attenti ai materiali,
alla respirazione, alla
leggerezza.
Sembra inoltre che il
nostro Bartolomeo Peyrot sia stato anche un
bersagliere a Porta Pia:
perché qualcuno non fa
una piccola ricerca per
saperne di più, magari
tramite la Beidana?
Il Collegio alla Gustav A(dolf Fest
viaggio In Germania
MARCO FORNERONE
L»INTERVENTO avvenuto nell’ultimo week-end di giugno, del coro del Collegio valdese
alla Gustav-Adolf fest del
Wùrtemberg si è svolto
nell’ambito di una fitta
rete di scambi, già attivi
da tempo tra le comunità evangeliche della regione e quelle delle Valli.
Questo ci ha offerto la
possibilità di ricambiare
le numerose visite che riceviamo al nostro liceo,
tra le quali ricordiamo il
gruppo di catecumeni
del Wùrtemberg, guidato
dal diacono Ulrich Hirsch, segretario amministrativo della G. A. Werke
del Wùrtemberg.
Nel corso della nostra
esibizione a Brackenheim, la nostra accompagnatrice prefissa Amalia
Geymet ha presentato il
liceo valdese evidenziandone alcuni elementi caratterizzanti, quali la
componente mista, l’apertura ad altre culture e
realtà, e la fitta rete di
collaborazione con scuole protestanti o non di altri paesi europei. Sia a
Brackenheim che nelle
comunità di Pfaffenofen
e Weileril nostro coro,
composto non da professionisti ma da una quarantina di giovani allegri
e spontanei, ha presentato dei canti in varie lingue che parlano di pace,
di tolleranza e fraternità.
Durante la serata comunitaria a Pfaffenhofen
il pastore Mùhlich, che
parla perfettamente l’italiano perché ha lavorato
per vari mesi nella comunità di Angrogna, ci ha
fatto notare come la visita
del nostro gruppo misto
significasse un’esperienza nuova sia per gli alunni evangelici, che avevano modo di conoscere
una realtà ad essi famigliare ma molto più ampia nel contesto evangelico del Wùrtemberg, sia
per gli alunni di altre
confessioni, che venivano^ conoscenza di un
contesto molto diverso
da quello italiano, in cui
la presenza protestante
costituisce una piccola
minoranza. La domenica,
al termine del terzo culto
a cui partecipavamo, abbiamo salutato i valdesi
della colonia di Nordhausen e siamo stati colpiti
dall’affetto e dall’interesse che provano per la loro
tradizione e identità. Ci
hanno fatto visitare la loro chiesa, raccontato la
storia della loro colonia e
mostrato la voluminosa
vecchia Bibbia, che viene
esposta soltanto nelle occasioni di festa: quella
domenica ricordavano
l’arrivo dei valdesi a
Nordhausen.
NELLE CHIESE VALDESI
MASSELLO — Sabato 13 luglio, alle ore 15, riunione
a Salza.
POMARETTO — Domenica 14 luglio, alle ore 15,
riunione a Faure.
PRAROSTINO — Domenica 14 luglio, dopo il culto
a Roccapiatta ci sarà un picnic comunitario e,
alle 15, riunione a Pralarossa.
PRAMOLLO — Venerdì 19 luglio, alle 20,45, nella
sala delle attività «Immagini dalla Nuova Caledonia». Serata di proiezione diapositive a cura di
Micaela Fenoglio.
RODORETTO-FONTANE — Domenica 14 luglio, alle 9, culto a Fontane.
VILLAR PELLICE — Domenica 14 luglio, alle 14,30,
al Teynaud, riunione quartierale per i quartieri
Teynaud e Ciarmis.
VILLASECCA — Domenica 14 luglio, alle 15, riunione a Riclaretto.
POSTA
A coeur joie
Tre giornate intense per i membri
della corale mista «A coeur joie» di
Vienne, in Francia, vicino a Lione. Arrivati a Torre Pellice il 28 giugno, i coralisti sono stati’cordialmente accolti alla
foresteria. 11 giorno dopo è stata loro
organizzata la visita a due «Hauts lieux
vaudois», Bobbio con Sibaud e Angrogna con Chanforan. Nel pomeriggio le
prove e poi la sera il concerto di canti
corale e organo con canti religiosi, canti del Rinascimento e canzoni popolari
di Francia e altri paesi. È stata una serata molto partecipata con convinti applausi e colletta dedicata alla Chiesa
valdese di Torre Pellice. Domenica 30,
dopo la messa, la partenza, non senza
nostalgia. Le valli valdesi sono ben note al direttore della corale, padre Jean
Massot, già vicedirettore dell’Università cattolica di Lione, che aveva otto
anni fa accompagnato a Torre Pellice
la corale con il suo presidente e in altre
occasioni alcuni gruppi desiderosi di
conoscere le valli valdesi che ricordano
loro il nome di Pietro Valdo, lionese.
Grata a questi nostri amici per la loro
fedeltà e a quanti hanno collaborato
per facilitare il loro soggiorno a Torre
Pellice, mi auguro che un nuovo incontro si verifichi nel prossimo futuro.
LilianaRibet-Torre Pellice
18
PAG. 14 RIFORMA
E Eco Delle ^lli moEsi
VENERDÌ 12
luglio 200J
Gestione di rifugi, escursioni e formazione
Il ruolo del Cai nel Pinerolese
E un mondo ricco di
valori e di passione quello che vede protagonista
il Cai sulle nostre montagne; e proprio quest’
anno, in coincidenza
con r«anno internazionale della montagna» le
sezioni Cai del Pinerolese stanno organizzando
una ricca serie di manifestazioni, l’ultima in ordine di tempo è stata la gara di arrampicata sportiva a Villar Pellice di domenica scorsa. Il calendario dei prossimi mesi,
fino a dicembre, propone appuntamenti interessanti.
Che cos’è il Cai nel Pinerolese? Sei sezioni, migliaia di iscritti, tanti rifugi in quota gestiti tramite soci e veri punti di
partenza per importanti
scalate o piacevoli gite.
Delle sei tre sezioni si si
tuano direttamente a Pinerolo e nelle valli. Tutte
le sezioni promuovono
trekking, attività per i
giovani e non solo, serate
di proiezioni; tutte hanno il loro bollettino periodico di informazione.
La più vecchia sezione è
quella della vai Pellice
nata nel 1923 come Uget
(Unione giovani escursionisti torinesi) che
aderì al Cai nel ’42; del
’26 è la sezione di Pinerolo da cui nel 1967 si
staccò la «costola» della
vai Germanasca divenuta
autonoma l’anno dopo.
Tanti rifugi. In vai Pellice addirittura tre, più il
bivacco Soardi al Boucle;
i rifugi sono quelli del
Pra, del Barbara e del
Granerò, tutti oggetto di
lavori di ammodernamento negli ultimi anni
grazie a tanto lavoro vo
I APPUNTAMENTI!
lontario dei soci. Per la
sezione vai Germanasca
l’impegno più grande è il
rifugio Lago verde, per la
sezione di Pinerolo, dal
’71, c’è il rifugio Melano,
base logistica per le tante
scalate alla Rocca Sbarua.
La rassegna pinerolese dedicata ai bambini
L'ffisola» verso la conclusione
Si conclude la prossima settimana la rassegna
«L’isola dei bambini»
promossa dal Comune di
Pinerolo e organizzata da
Nonsoloteatro. La sede
delle serate è villa Prever
in viale Rimembranza a
Pinerolo. Giovedì 11 luglio, alle ore 21,30, il Circolo Bloom (Torino) pre
Per la vostra
pubblicità
tei. 011-655278
senta «Per caso e per naso»; nella città delle parole in rima, tutti parlano in
rima, il che è buffo ma
può anche causare qualche problema, dato che
quando un incauto abitante sbaglia una rima,
subito sparisce. Martedì
16, sempre alle ore 21,30,
il Teatro dei burattini di
Varese presenta «Cartina», uno spettacolo di
burattini contemporaneo
che racconta la storia di
una bambina di carta.
Cartina, e del suo viaggio
di conoscenza del mon
do. Il materiale «carta» è
dipinta, ritagliata, riciclata e si trasforma in personaggio, scenografia,
musica, magia.. Giovedì
18, alle 21, grande festa
finale «La tribù degli indiani con caccia al bufalo
bianco», caccia al tesoro
animata da Nonsoloteatro. Come sempre vengono proposti spazi di animazione e, tutti i martedì
ci sarà anche «L’angolo
del libro», a cura della biblioteca ragazzi di Pinerolo. L’ingresso alle serate costa 2 euro.
11- 14 luglio
BOBBIO PELLICE; Al rifugio Barant,
stage di percussioni e danze africane.
12 luglio, venerdì
SAN GERMANO: Alle 21,30, nel parco di Villa Wideman, Assemblea Teatro
presenta: «In fra li casi de la vita e le
magie de’ cieli libertà vo cercando».
PINEROLO: All’Expo Fenulli, per il
cabaret, alle 21,30, Quellilì in «Via col
vento», ingresso libero.
12- 14 luglio
CAVOUR: Al Palasport, alle 21,30 di
venerdì, concerto dei Mambassa, ingresso libero. Alle 14,30 di sabato apertura bancarelle, giocolerie, passeggiate
sui cavalli, gara di murales, gara di play
station, barefooting; alle 15 esibizione
di trial indoor, alle 21 esibizioni di arti
marziali. Domenica, alle 14,30, apertura delle bancarelle, giocolerie; alle
15.30 esibizione di roller biade acrobatico, alle 16 conferenza su «Origini ed
evoluzione del tatuaggio»; alte 21, festival della musica. Ingresso euro 6.
13 luglio, sabato
LUSERNA SAN GIOVANNI: Fino a
domenica 14 festa sociale delTAvis,
nell’area del mercato coperto. Alle 19
di sabato 13, cena a cura dell’associazione «Senza confini», alle 21 intrattenimento musicale, ingresso libero. Domenica 14, alle 9, gara alle bocce; alle
12.30 pranzo, alle 21 serata musicale
cover pop e Anni 60 e 70: ingresso libero. Parte del ricavato sarà destinato
all’accoglienza dei ragazzi di Cernobil.
BIBIANA: Alle 14 gara a bocce, alle
19 assado, alle 20 apertura bancarelle
commerciali, alle 21 serata danzante,
alle 22 fontane danzanti.
PINEROLO: AlTExpo Fenulli, per il
cabaret, alle--21,30, Leonardo Manera
in «Se non mi illudo mi chiudo». Ingresso 6 euro.
RORÀ: Alle 21,30, ai giardinetti, diffusione cover Nomadi, ricavato a favore della ristrutturazione della sala comunitaria della chiesa di Rorà.
PRAMOLLO: A Pomeano, festa campestre con gara di petanque, gara al
punto, torneo di freccette ed elezione
della coppia di ballerini più affiatata.
FENESTRELLE: Concerto d’organo
nella chiesa parrocchiale San Luigi.
14 luglio, domenica
BOBBIO PELLICE: Su organizzazione del Cai-Uget vai Pellice è il programma la 27“ edizione della corsa in
montagna «Tre rifugi».
MASSELLO: Dalle 9,30 alle 18
«Ciantà e Sunà én marciant per la burgià», manifestazione musicale itinerante per le borgate del paese a cui
parteciperanno più di 10 gruppi musicali. Alle 19,30, nei locali della Pro Loco, cena in compagnia dei gruppi musicali e alle 23 estrazione della lotteria.
PINASCA: Dalle 12, a Grandubbiòne,
tradizionale festa della montagna.
PRAGELATO: Gara di arrampicata
sportiva (villaggio Kinka),e «La festa del
villaggio Gofree».
PRALI: All’hotel delle Alpi, alle 17,
Giovanni Battaglino e le Malecorde in
concerto, tributo a Fabrizio De Andrò.
BIBIANA: Dalle 14, gara alle bocce
alla baraonda; alle 16 bancarelle commerciali, alle 16, banco di beneficenza,
alle 19 assado, alle 19,30 cena self Service, alle 21 serata danzante con reiezione di lady Bibiana.
15 luglio, lunedì
BIBIANA: Dalle 14 gara alla baraonda, alle 16 giostra gratis per tutti i bambini; dalle 20 fino alle 24 bancarelle
commerciali; alle 21 serata danzante,
alle 21,30, nel cortile delle scuole, concerto con «Sesto senso, solo Nomadi»,
ingresso gratuito.
16 luglio, martedì
PINEROLO: Nel parco di villa Prever,
dalle 20 alle 21,30, spazi di animazione,
alle 21,30, «Cartina», teatro dei burattini di Varese, alle 22,30, filastrocche per
dormire, ingresso 2 euro.
18 luglio, giovedì
LUSERNA SAN GIOVANNI: In piazza
Cañavero, alle 20, apertura banco di
beneficenza, tutti a tavola. Alle 21, serata danzante.
TORRE PELLICE: Alla rotonda, alle
21, spettacolo «Il fascino del Tibet».
PINEROLO: Nel parco di villa Prever,
dalle 20 alle 21,30, spazi di animazione,
alle 21, grande festa finale «La tribù degli indiani con caccia al buffalo bianco», caccia al tesoro animata, a cura di
Nonsoloteatro. Alle 22,30 danze. Ingresso 2 euro.
SERVIZI
GUARDIA MEO!
notturna, prefestiva!^
telefono 800-2331 l’l
GUARDIA FARMAC
(turni festivi con orano
DOMENICA 14 LUGLIO ■
Villar Perosa: De Paoli.vi.
Nazionale 29, tei. 510178 ”
Pinerolo: Marino - p za n»
vour 12, tei. 322603
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telefono 118
■■ CINEMA
TORRE PELLICE-.
Cinema Trento ha ia
programma, venerdì 12
ore 20,30, Atlantis, l’in!
pero perduto; sabato fi
ore 21,15, I tenembaui^
domenica 14 e lunedì fi,
ore 21,15, Sotto corte
marziale, con Bruce wì
lis; venerdì 19, ore 20,30^
Carlo Giuliani ragazzo,
PINEROLO — La milltisala Italia ha in pro;
gramma, alla sala «2cen*
to», Scooby-doo, ferialie
festivi 20,30 e 22,20, sabato 20,30 e 22,30; alla
sala «5cento» è in visione
Lilo & Stitch; feriali e féi
stivi 20,30 e 22,20,
20,30 e 22,30.
PINEROLO — Per Ci-,
nema in piazza, lunei
15, ore 21,30, alla Cascina Tegassa di Baudenàsca è in visione L’ora di ’
religione; mercoledì 17
al Veloce Club è in visie- ■
ne Parla con lei.
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ECONOMICI ■ INl
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Il pài
Cortés
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Vìa Vigone, 42
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Pinerolo (TO)
Tel. 0121.2361
L’“UMIDO”: UNA
RACCOLTA DIFFERENZIATA
verde
pisello
Dove gettare i rifiuti non considerati
dalle raccolte differenziate presso i
cassonetti in strada? p
Prima di scaricare tutta l'immondizia nei
cassonetti grigi, molte famiglie ricorrono
agli altri cassonetti stradali colorati (o
campane) per la carta, vetro, plastica... ma
si possono anche separare gli indumenti,
le pile, i farmaci scaduti (che sono
pericolosi!). E poi ci sono le Ecoisole.
La nuova
proposta
verde
bottiglia
verde
mela
VERDE
SACCHETTO
Per materiali diversi è possibile
ricorrere alle "Ecoisole" ,
Nei 47 Comuni del bacino Acca vi sono
oggi 9 Ecoisole, ma arriverarmo in due
anni a 18.
Sono luoghi dove si portano in
particolare tutti i materiali ingombranti o
pericolosi e inquinanti... Qualche
esempio? I rami delle potature, mobili
vecchi, i frigoriferi e ' gli altri
elettrodomestici, computer, mobili... oli
usati, pesticidi, teli agricoli di plastica,'-'
pneumatici usati, solventi, vernici... E
quando sono aperte? Con orqri articolati
le Ecoisole aprono alcrme giorni alla '
settimana, a rotazione; per informazioni
numero verde: 800-808055; oppure la
tabella pubblicata sul giornale Orizzonte
Acea inviato a tutti gli abitanti. ‘
Sacchetto per l'umido, una ra
comoda che inizia da casa vostra
Rivoltato e riempito di mater
"umido", ben chiuso cori due noe
prima di gettarlo nel cassonetto,
sacchetto verde è . ima nuova rac
differenziata. Attraverso le lavora
nello stabilimento nuovo in cost
presso la tangenziale di Pinerolce.
valorizza il materiale organico fac
diventare compost (terriccio)
COMHMZIO
ECO-ISOLA
PERl^ RACCOLTA DIFFERENZIATA
verde
ramarro
C
Il compostaeno domestico contima
E poi c'è chi fa il compostaggio domestico
(e deve continuare a farlo, anche con la; '
nuova raccolta di "verde sacchetto"), con ^....
la compostiera o con le fosse. È una buona ' ' ditaàini
tradizione storica in montagna e in
campagna: evita di inserire parecchi
rifiuti nel processo di raccolta. 3500
compostiere sono nei vostri giardini. Non
tutto l'organico però può essere
utilizzare in apicoltura e altri usi,7e j
biogas che produrrà eneipa elettrica ]
far furizioriaiB le rnacdhirie di prodi
Lo stabilimento tratta anche ñ
"secco" che avrete gettato negli' al
sacchetti normali, sottra^ipo l't *
vengono . valorizzati, i * • met
sparandoli; mentre una parte ^
combustìbile da cui ricavare energia.' ’
800-808055
trasformato in questo modo. E allora?
La prepcwia^^fBaijdoiM.^'l
casa loro,- dividono i rifiuti: la raccol?
differenziate dasskhe da- una
dell'altra la rìùova raccoltó deii'Liniatìt-j
separato Secco, grazie al sacdie
entro il 2002 arrivo nelle vostre cose:, adotti
' . -________________'
Mk
verde.
...
Un sic
Sico
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al COI
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buire
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. festiva;
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P-za Ca.
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medi 15,
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re 20,30,
igazzo.
Lamulin pròa «2cen, feriali e
2,20, sa,30; alla
1 visione
iali e fe3, sabato
■ Per Ci, lunetì
la CasdaudenaL’ora di
oledì 17
in visio
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li bellisla e meM38.
ÊÊ
i’ii
i 12 LUGLIO 2002
PAG. 15 RIFORMA
¡POSTAI
I Le donne e
le Twin Towers
c'è un personaggio femmile dell’Antico Testamento,
® 1 ji libro di Samuele, che
" Ipisce per la forza, il senno,
^coraggio- Il norne di questa
donna è Abigail. È donna coßogiosa Abigail, è donna che
cwa paura parla a Davide e
jisuoi uomini e riesce, lei disarmata e con la sola forza
della parola, a disarmare il
mjerriero. Nel racconto c’è il
fomento in cui scoppia il
jonflitto tra Nabal, marito di
Rigali, e Davide e la cui soluàone viene affidata ai muscoli Una costante nella'storia
déU'umanità è quella di risolvere i problemi con il ricorso
alle armi. Abigail, consapevole del pericolo imminente di
morte per lei e per i suoi, affronta la situazione e di sua
iniziativa delinea un piano,
elabora una strategia per fermare Davide nella sua corsa
verso la loro distruzione. Poi
c’è il momento in cui si confrontano la saggezza di Abigail e l’arroganza di Davide
che vuole farsi giustizia da sé.
La saggezza prevale e Davide
finisce col ravvedersi. Il dialogo porta i frutti della pace.
Mi sono chiesta che cosa
dice a noi oggi questa donna
di carattere. Sicuramente Abigail ci ricorda un compito. Il
compito che Dio ha dato a
ciascuno di noi, cioè di portare altri alla riconciliazione; ci
dice che dobbiamo assumere
questo compito con la consapevolezza di essere ciascuno
di noi strumento di pace e
lon di guerra, di riconciliazione e non di vendetta. La
I Nuova e-mail
II pastore Teodoro Fanlo y
Cortés comunica il proprio
iudiiizzo e-mail: teodoro.fanbycortes@fastwebnet.it
nostra fiducia nello Spirito,
che anima la chiesa, interpella le nostre responsabilità ecclesiali riguardo la guerra in
Medio Oriente, riguardo la risposta americana al problema
del terrorismo. La parola del
Signore ci dice che dobbiamo
diventare saggi per riconoscere oggi nel conflitto mediorientale, e in quello relativo al
terrorismo, i segnali di distruzione e pericolo per l’umanità
di fronte ai quali non possiamo permettere che le circostanze ci dominino, non possiamo tacere o limitarci a parlarne fra di noi con sgomento,
ma elaborare strategie efficaci
per portare coloro che sono in
guerra alla riconciliazione.
Mi piacerebbe che tutti leggessero e meditassero su
questo racconto biblico. Mi
piacerebbe in particolare che
venisse letto da tutte le donne israeliane e palestinesi, alcune delle quali sono già impegnate nell’opera di riconciliazione. Mi piacerebbe che
venisse letto da Sharon e Arafat perché possano capire
che ci sono alternative alla
guerra e al terrorismo per risolvere i loro conflitti e che la
strategia che stanno seguendo è una strategia di devastazioni, di lutti e di reciproca
distruzione dei loro due popoli. È il dialogo che porta i
frutti della pace.
Se potessi vorrei dire a Bush
che quando c’è stato l’attacco
alle Torri gemelle, le donne
della Chiesa valdese di Reggio
Calabria si sono unite in preghiera e hanno pianto per le
vittime innocenti, il loro cuore era straziato ricordando le
immagini di quelle vite che si
lasciavano andare giù per
sfuggire alle fiamme e di quei
fazzoletti che venivano agitati
alle finestre in cerca di aiuto.
Le donne della Chiesa valdese, immaginando la disperazione di quegli uomini e di
quelle donne, hanno pregato
perché il Signore potesse alle
Maitin Lutero
I concìli e la chiesa
416 pp. euro 7,50 cod. 3
Un sisnificativo chiarimento storico-teoioSico in occasione dei dibattito su quei
condilo di riforma a iungo promesso ma
3i contempo osteggiato da Roma in cui
luterò stesso aii'epoca non sperava più.
Che cos’è un conciiio? in che misura vincola i credenti? Quale peso si deve attribuire alla tradizione ecclesiastica all’interdella fede?
Fulvio Ferrarlo
Sacramenti?
Battesimo e cena del Signore
64 pp. euro 3,00 cod. 412
Cosa significa celebrare gli antichi gesti di
°3ttesinno e cena del Signore in una sof^ictà in cui i simboli religiosi perdono siSmficato? Perché talvolta, anziché essere
luogo di comunione tra le chiese, i sacraffienti diventano oggetto di divisione?
la riflessione sull’attualità e il significato
sacramenti nella prospettiva della
“iforrna.
Nicholas Wolterstorff
Lamento per un figlio
116 pp. euro 8,00 cod. 88-88270-58-2
Dalla particolarità all’universalità del
dolore per la morte di una persona
cara.
Come tenere insieme il credo nel Dio
onnipotente che ha resuscitato Gesù e
la sofferta realtà di una vita spezzata nel
fiore degli anni?
Edizioni GBU - Distribuzione Claudiana
claudiana
VIA PRINCIPE TOMMASO, 1 -10125 TORINO
TEL. 011.668.98.04 - FAX 011.650.43.94 - C.C.P. 20780102
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viare il dolore dei parenti', dare conforto, consolarli. Hanno
pregato anche perché la risposta dell’America fosse dettata dalla saggezza: determinata con i mandanti ed esecutori di quell’orrore, ma anche
responsabile delle conseguenze della sua azione.
Mi piacerebbe che anche
Bush leggesse quel brano biblico per capire che per risolvere i conflitti ci sono alternative alla guerra e ricordasse il
compito che Dio ha dato a
tutti e in particolare a chi ha
responsabilità di governo,
«portare altri alla riconciliazione».
Eugenia Marzotti
Reggio Calabria
■ La sorella
Anita Ayassot
Il 4 luglio scorso, nella cappella del cimitero di Stagliano di Genova, officiato dal
pastore Fanlo y Cortés, si è
svolto il funerale di Anita
Ayassot ved. Simeoni, sorella
della Chiesa valdese di Genova e per diversi anni consigliera dell’Ospedale evangelico internazionale
Desidero dare la mia testimonianza sotto una duplice
veste: di pensionato dell’Ospedale evangelico stesso e di
pastore battista. Mi è sempre
rimasto impresso il sorriso
spontaneo, della nostra sorella. Quando venni assunto
all’Ospedale mi disse: «Mi auguro che tu, dopo aver fatto
l’esperienza come sacerdote
francescano, possa trovare
qui da noi lo spazio che desideri.» Ogni volta che mi incontrava mi salutava con un
bel sorriso e mi chiedeva sempre se ero soddisfatto del mio
lavoro. Quando mi recai per
la prima volta a predicare nella chiesa di via Assarotti, Anita
mi avvicinò e mi disse: «Caro
Erminio, ti auguro di avere
sempre questa convinzione,
questo entusiasmo e questo
vigore nelle tue predicazioni».
Il ricordo di Anita è proprio
questo. La sua gioia che partiva dalla sua fede incrollabile, la sua semplicità nell’awicinare la gente e la sua umiltà
per cui non faceva mai pesare la propria cultura e posizione sociale. È per questo
che devo ringraziare Anita
per l’esempio di credente che
ha saputo dare a me e a tutti
quelli che ha conosciuto.
Erminio Podestà - Genova
E il tema del «Forum della cultura» del prossimo settembre
L'inatteso ritorno del sacro
FRAMaSCA SPANO
IL 21-22 settembre si svolgerà a Ecumene il
terzo appuntamento del «Forum della cultura», rivolto a quanti svolgono per le nostre
chiese, a vario titolo e in forme diverse, un
lavoro nel campo della attività culturale. Su
una richiesta esplicita emersa lo scorso anno, è stato individuato un tema specifico
per la riflessione di quest’anno, vale a dire
L'inatteso ritorno del sacro: si tratterà di riflettere sulle sfide che alla cultura protestante arrivano da un massiccio diffondersi di interesse e coinvolgimento per esperienze spirituali e religiose (spesso nuove rispetto alla
tradizione cristiana europea); questo «ritorno» del sacro può ben essere definito come
inatteso, perché smentisce le previsioni di
una progressiva e inarrestabile laicizzazione
della cultura occidentale, previsioni catastrofiche o ottimiste a seconda del soggetta
che in quelle previsioni si riconosceva.
Come si vede, un tema marcatamente trasversale perché riveste implicazioni generali
di tipo culturale, ma anche politico e filosofico; e soprattutto investe quel confine sottile che spesso intreccia più che separare la.
nostra pratica di fede, di predicazione e di
cura d’anime a una dimensione più specificamente culturale. Lo schema di lavoro che
proponiamo prevede
- per il sabato mattina l’ascolto, in assemblea generale, di tre relazioni che affrontano
il tema da angolature diverse: la prima come
panoramica complessiva della situazione attuale («Dove siamo? l’imprevisto ritorno del
sacro», a cura di Paolo Naso); la seconda di
carattere più direttamente politico («Rivincita di Dio e democrazia» a cura di Elena Bein
Ricco) e la terza dì carattere filosofico («Pensiero protestante ed ermeneutica novecentesca», a cura di Mario Miegge) ;
- per il sabato pomeriggio: lavoro dì laboratorio in gruppi (altra richiesta del Forum
dello scorso anno) in cui le tre angolature
proposte dalla relazioni saranno elaborate e
arricchite dal contributo dei partecipanti e
dalle esperienze delle varie agenzie culturali
presenti al Forum. A tal fine chiediamo a
quanti intendono partecipare aH’incontro di
Ecumene, dì pensare in antìcipo in quale dei
tre gruppi sono più interessati a lavorare e di
arrivare a Ecumene con pensieri, esperienze,
materiali, frutto del lavoro culturale svolto
nelle sedi in cui vivono, in modo da cominciare ad arricchire (pur partendo da un tema
specifico) la conoscenza reciproca sul lavoro
che svolgiamo quotidianamente;
- per la sera del sabato è previsto un incontro con il filosofo Giacomo Marramao
(sempre lo scorso anno era stato proposto di
mettere a confronto con un «esterno» le riflessioni che come protestanti effettuiamo
tra di noi ma spesso non riusciamo a socializzare al di fuori del nostro ambiente): i
gruppi esporranno una breve sintesi della riflessione del pomeriggio e sarà possibile l’interlocuzione con il professor Marramao;
- la domenica mattina sarà invece dedicata come sempre al tentativo di tradurre in
termini operativi di iniziativa culturale le riflessioni affrontate nella giornata precedente e al dibattito sul futuro del Forum.
Proponiamo fin da oggi alcuni brevi spunti di riflessione sul tema proposto: a) tra sincretismo e fondamentalismo; tra ritorno del
religioso e inesorabilità della secolarizzazione; b) pensiero teologico e identità protestante di fronte alla crisi dalla «laicità» e al
suo necessario rilancio in un contesto mutato; c) l'ermeneutica come contributo protestante alla riflessione filosofica del Novecento; d) ricadute sulla identità protestante del
dialogo interreligioso; e) come viviamo oggi
l’intreccio, caro ai protestand, tra fede e politica?; f) il rapporto tra la cultura protestante
e la salvaguardia di una democrazia politica
minacciata.
Sperando di incontrarci a Ecumene numerosi e propositivi, ricordiamo che per informazioni ed iscrizioni è necessario contattare
al più presto il Centro culturale valdese a
Torre Pellice (tei. 0121-932179; e-mail centroculturalevaldese@tin.it). ,
a cura di Ferruccio Corsani
DOPO la pubblicazione
della Noterella sull’inno
«Resta con me...» (Innario cristiano n. 294), una nostra lettrice di Napoli ci chiese se l’autore dell’inno, Henry William
Monk (1823-1889) fosse parente, del famoso pianista jazz Thelonious Monk. La risposta non
può essere che negativa, essendo l’innologo un musicista inglese, nato presso Londra e professore al King’s College, mentre il concertista e compositore
jazz era un nero americano nato
nel North Carolina nel 1917 e
cresciuto a New York. Qui egli
compì il proprio apprendistato
musicale sia in casa, studiando
il piano, sia nel «conservatori
di quartiere» (sic!), e infine
suonando già a nove anni l’organo ai culti nella chiesa battista di San Cipriano, ove la madre cantava nel coro.
Tra i due Monk troviamo
però una affinità che non è di
sangue, ma senz’altro più suggestiva: l’impronta religiosa ricevuta da Thelonious nella Chiesa battista e in famiglia è testimoniata da un brevissimo
squarcio musicale (53 secondi)
inserito in uno degli album che
più devono al suo passato;
Monk's Music (Riverside, del
1957): si tratta di un inno, orchestrato con rigore contrappuntistico, intitolato Abide with
me (Resta con me), e il suo autore, scomparso molti anni prima, è appunto l’altro Monk,
Henfy William.
Che cosa avrà spinto il quarantenne compositore di jazz a
inserire questa melodia sacra,
ben nota nel mondo protestante, nel suo disco? Un atto
d’omaggio all’innologo che
portava il suo stesso cognome?
il ricordo affettuoso degli anni
giovanili e della propria comunità? Forse le due ipotesi collimano: certo l’elemento religioso contò molto nella vita di
Thelonious; infatti, non ancora
ventenne, partì per un giro
evangelistico di quasi due anni
con una predicatrice itinerante
e un piccolo complesso (tromba, sax, piano e batteria). Diverse di queste notizie sono
tratte dalla biografia di Thelonious Monk scritta da Laurent
de Wilde (1996, ed. it. pubblicata da Minimum Fax nel
1999). Thelonious Monk morì
il 17 febbraio 1982, ma <da musica vive ancor», così come il
cantico di Henry William.
Patuà, vocabolo strampalato?
Su L’eco delle valli valdesi
ho visto il titolo di un articolo
di Davide Rosso contenente
lo strampalato vocabolo «patuà» in quanto possibile oggetto di «tutela». Il sospetto
che l’autore intendesse la parola patois mi è stato confermato dalla lettura dell’articolo. La differenza tra «patuà» e
«patois» è semplice, come si
può agevolmente verificare
sfogliando qualunque buon
vocabolario della lingua italiana, inglese, tedesca, o francese. Patois significa sempre,
in tutte queste lingue, il dialetto di una comunità a base
territoriale (per esempio una
comunità rurale), che però
non è lingua nazionale, il termine patois è perciò più specifico del termine dialetto,
perché un dialetto può essere
a volte una lingua nazionale,
mentre un patois, per ciò che
la parola significa, lingua nazionale non è.
Il termine «patuà», viceversa, semplicemente non vuol
dire nulla. Credo bene che sia
un problema importante e
interessante quello di interrogarsi sul rapporto tra i patois delle valli valdesi e la
grande famiglia delle lingue
occitane o provenzali. Si tratta però di un problema che
riguarda lingue, dialetti e patois. Mi sembra che, per «tutelare» un patois o una lin
gua, si parta con il piede sbagliato se si ricorre a un neologismo vacuo.
Sandro Lombardini - Torino
Questo giornale ha usato il termine patois fino al 1990, allorché
giunse in redazione un cortese
rimbrotto del compianto prof.
Arturo Genre, cattedra di fonetica sperimentale dell’Università di
Torino, che sottolineava come il
termine patois si riferisse ai dialetti derivanti dal francese (Valle d’
Aosta) mentre per i linguaggi di
radice provenzale e occitana fosse
corretta la dizione patuà. Da allora abbiamo seguito quell’iilustre
parere. È anche vero, tuttavia, che
il dizionario postumo dello stesso
Genre «Dialetto occitano della
valle Germanasca», rivisto da
Teofilo Pons, usa la grafia patouà.
m PARTECIPAZIONI ■
RINGRAZIAMENTO
La moglie, i figli, i fratelli e i parenti tutti di
Cesare Turati
mancato il 1° luglio scorso, riconoscenti, ringraziano tutte le persone che sono state loro vicino
con scritti, telefonate, presenza e
parole di conforto,
Abbadia Alpina, 12 luglio 2002
I necrologi si accettano
entro le ore 9 del lunedì
20
,1^
PAG. 16 RIFORMA
Villaggio Globale
VENERDÌ 12 LUGLIO 200)
Il pastore Francisco de Vasconcelos ha visitato il Consiglio ecumenico delle chiese
Quale futuro per i protestanti di Timor Est?
«In quanto chiesa, vogliamo svolgere un ruolo profetico in questa gióvanissima nazione del
nuovo millennio», ha detto'a Ginevra il presidente della Chiesa protestante del Timor orientale
BOB SCOTT
ORNIAMO da molto
A lontano. Oltre 220.000
dei nostri sono stati sacrificati, ma abbiamo ottenuto la
nostra indipendenza e ne siamo felici», ha dichiarato il pastore Francisco de Vasconcelos, presidente della Chiesa
protestante del Timor orientale durante una recente visita al Consiglio ecumenico
delle chiese (Cec). «Siamo
una piccola chiesa; non abbiamo una “chiesa madre”;
per questo ci rivolgiamo alla
famiglia ecumenica».
Durante la lotta che è durata più di vent’anni, questa
piccola chiesa protestante ha
vissuto in un dilemma. Le comunità erano a metà indonesiane, a metà timoresi. A loro
modo di vedere, esse facevano parte di una chiesa ecumenica e non volevano che il
conflitto politico dividesse
anche la chiesa. «Bisognava
restare uniti come comunità
di culto. Non volevamo batterci fra di noi», spiega Vasconcelos. È una delle ragioni
per cui la comunità internazionale ha raramente sentito
questa chiesa esprimersi
pubblicamente durante questi anni di lotta. Inoltre, spiega Vasconcelos, essa ha scelto di lavorare con la Chiesa
cattolica maggioritaria, sotto
la guida di mons. Belo.
Ovviamente i tempi erano
duri per questa piccola comunità ecclesiale. Eppure,
nel 1994, essa ha deciso di
pronunciarsi pubblicamente
a favore dell’autodeterminazione. È quanto ha spiegato ai
suoi partner ecumenici riuniti a Hong-Kong in quell’anno.
«Sapevamo che molti dei nostri fratelli e sorelle erano
preoccupati per noi, e siamo
loro riconoscenti di averci sostenuti», dice Vasconcelos.
La scelta indipendentista
Alcuni pastori, fra cui Vasconcelos, hanno deciso a titolo personale di lavorare per
il movimento indipendentista clandestino. La morte di
Vasconcelos era stata annunciata fin dal settembre 1999:
sembrava fosse stato vittima
di gruppi di miliziani che allora seminavano devastazioni in tutto il paese. Egli aveva
ricevuto diverse minacce di
morte. Poi si diffuse la notizia
che era stato ucciso insieme
ad altri leader ecclesiastici
mentre facevano da guida a
persone che cercavano di
sfuggire alla milizia e di lasciare la capitale. Dili, per recarsi a Baucau. Nel comunicato stampa che émnunciava
la sua morte, il Cec salutava
in Vasconcelos «un coraggioso responsabile di chiesa che
ha scelto di rimanere presso
le sue pecore».
Un mese dopo si veniva a
sapere che egli era vivo e vegeto e che lavorava nelle zone
del Timor orientale dove «il timore di ondate di violenza
sempre possibili intrattiene la
tensione». Nel Timor orientale di allora c’erano soltanto
più quattro pastori su 27; la
maggior parte di essi erano
fuggiti nel Timor occidentale.
Quali sono le sfide per le
chiese del Timor orientale
oggi? L’Onu, la cui presenza è
sempre necessaria, secondo
alcuni, per garantire la sicurezza ai confini, ha trasmesso
il comando al nuovo governo. Ora si tratta di ricostruire
l’infrastruttura governativa
che è stata quasi totalmente
distrutta dalle violenze del
1999. Per qualche tempo ancora i partner internazionali
saranno sollecitati perché occorre ripristinare i servizi
Rifugiati di Timor Est nel settembre 1999
scolastici e sanitari e rilanciare l’economia.
Giustizia e riconciliazione
Con l’indipendenza, le
chiese sono confrontate a un
nuovo compito: la riconcfiiazione. Gli abitanti che hanno
optato per campi diversi,
molti villaggi e diverse famiglie, sono stati divisi. Alcuni
sono fuggiti nel Timor occidentale e sono riusciti a racimolare qualche risorsa per se
stessi. Come affronteranno i
loro fratelli e le loro sorelle
che, avendo scelto di rimanere nel Timor orientale, sono
minacciati quasi quotidianamente nella loro vita e nei loro beni e conoscono la fame
e la malattia?
Il nuovo governo ha già
messo in piedi una commissione Verità e riconciliazione.
«La riconciliazione fa parte
della giustizia, o la giustizia è
inerente alla riconciliazione?
- si chiede Vasconcelos -.
Non bisogna andare troppo in
fretta; bisogna parlare di giu
stizia ma anche di riconciliazione: bisogna rendersi conto
che ci vuole tempo perché le
ferite si rimarginino». Vasconcelos parla del «processo di
giustizia sociale»; la legge non
è l’unica a servire la giustizia,
si stabilisce anche nei rapporti comunitari. Certo, l’aspirazione alla pace è molto forte:
«Siamo stanchi dei massacri.
Abbiamo 24 anni di conflitto
alle spalle. Ora è giunto il
tempo di costruire».
L'invito fatto al Cec
Vasconcelos è venuto a
visitare il Cec per invitare la
famiglia ecumenica a sostenere allo stesso tempo le
chiese e il popolo del Timor
orientale. «Non siamo direttamente legati ad alcuna
chiesa o istituzione d’Europa. In questo senso slamò indipendenti. Non abbiamo bisogno di missionari perché
sappiamo qual è la nostra
vocazione di chiesa nel Timor orientale. Ma abbiamo
bisogno di gente che ci aiuti
a ricostruire la capacità di
servizio delle chiese», dice.
Francisco de Vasconcelos
ha chiesto scambi di responsabili di chiesa: egli fa notare
che durante la colonizzazione portoghese nessun membro della comunità protestante è stato inviato in un
seminario di teologia. Questo
spiega perché la maggior parte dei pastori del Timor orientale sono relativamente
giovani. Egli è del parere che
ora devono scoprire come altre chiese gestiscono i propri
affari, quali dibattiti e preoccupazioni agitano i loro fratelli e le loro sorelle d’oltremare. La prima reazione del
Cec è stata di prendere contatto con le chiese del Portogallo e con le chiese del Timor orientale su una proposta di scambi tra i due paesi.
Un piccolo gruppo ha avviato contatti in vista della
formazione di un Consiglio
nazionale di chiese: membri
della Chiesa pentecostale e
delle Assemblee di Dio partecipano già a questo dialogo, sotto l’egida del Cec. «In
quanto chiesa, vogliamo
svolgere un ruolo profetico in
questa giovanissima nazione
del nuovo millennio - dice
Vasconcelos -, anche se è
molto difficile. Da noi, non
mancano le persone per fare
suggerimenti e proposte. Abbiamo un governo forte, una
società civile forte e la chiesa
deve farne parte», (cec info)
(traduzione dal francese di
J.-J. Peyronel)
* Bob Scott, neozelandese, è responsabile della comunicazione
presso il Servizio informazioni
del Cec. Ha intervistato il pastore
de Vasconcelos durante la visita
Il governo vorrebbe chiudere i campi
La dura sorte dei profughi
musulmani del Gujarat
Il governo dello stato del
Gujarat, in India, che aveva
ordinato la chiusura di campi di soccorso per migliaia di
profughi musulmani, è tornato sulla sua decisione, il 26
giugno scorso, in seguito a
numerose proteste, in particolare da parte di militanti
cristiani e di organizzazioni
umanitarie. I campi erano
stati predisposti per accogliere i musulmani vittime
delle violenze tra le varie comunità e dei saccheggi che
hanno dilaniato il Gujarat da
febbraio a maggio. In quel
periodo di violenze, circa
1.000 persope, in maggioranza musulmani, hanno perso
la vita. Dopo l’incendio delle
loro case e dei loro commerci, oltre 150.000 musulmani
si erano rifugiati in questi
campi. Ora la loro chiusura,
ordinata dal governo, ha provocato un’alzata di scudi. Il
21 giugno, il governatore dello stato ha chiesto al primo
ministro del Gujarat di sospendere la chiusura dei
campi. Apparentemente poco sensibile a questi appelli,
il governo del Gujarat ba ordinato la sospensione dei
soccorsi a favore dei campi
tuttora funzionanti.
Secondo il prete gesuita
Cedric Prakash, che collabora con militanti laici per aiutare le vittime, questo è stato
«un insulto aggiunto alla ferita» e ha rivelato «un’ostilità
permanente» nei confronti
della minoranza musulmana.
Prakash è uno dei tre cittadini dello stato che sono andati
a Washington, il 10 giugno
scorso, per testimoniare davanti al Congresso Usa su
quello che egli chiama «la
pulizia etnica» nel Gujarat.
Già prima che il governo del
Gujarat cominciasse a chiudere i campi, le condizioni
deplorevoli avevano costretto molti rifugiati musulmani
ad abbandonare i campi, al- '
cuni dei quali non hanno
neanche toilette. Certe fami- ’
glie erano costrette a dormire ■
a cielo aperto sotto teloni di ‘
plastica o di cotone per ripararsi dalle piogge del monso.
ne, giunte verso la fine di giu,,
gno. Il governo del Gujaràf
aveva rifiutato di migliorare
le loro condizioni. A fine
maggio oltre 150.000 persone '
vivevano in 120 campi di soccorso; oggi soltanto 10.000
profughi rimangono in 15
campi, ha detto Prakash.
Molti campi sono stati china
dopo la partenza di rifugiati
che volevano ricostruire le
proprie case o ricongiungersi
con alcuni parenti. La maggior parte dei profughi chedmangono ancora nei campi
sono coloro che non hanno
più né famiglia né casa.
Un altro prete cattolico,
padre Prakash Luis, che dirige l’Istituto sociale indiano %
New Delhi, ha protestalo
contro la chiusura dei campi
che egli definisce ridicola: «È crudele rimandare sulla stra*
da profughi che sono ipiiiÀj
poveri fra le vittime musulmane - ha detto Luis -. Tuttli’i
quelli che avevano parenti o ì
un sostegno sono partiti verso luoghi più sicuri». Secon-r
do Howard Jost, direttore del
Servizio di aiuti luterano '
(Lws) in India, il goveriío'í
compie un errore adottando
una linea dura «anziché ri-, j
spendere ai bisogni». Lws In-1
dia ha lanciato un appella
nel mondo, tramite l’Azionef
comune delle chiese (Act), '
rete di aiuti con sede a Ginevra, in vista di raccogliere
fondi per un progetto destinato ad aiutare 5.000 famiglie rimaste senza casa in se- güito alle violenze. (eni)
Ma respingono i rilievi fatti dalla commissione governativa sulla situazione della minoranza etnica
Le chiese slovacche accusate di discriminazione nei confronti dei Rom
Secondo una commissione
governativa, le chiese slovacche hanno avuto un atteggiamento discriminatorio nei
confronti della minoranza
Rom del paese, escludendo ,
alcuni suoi membri dai servizi religiosi. Tale accusa risulta nelle conclusioni della
Commissione presentate nel
corso di una conferenza
stampa l’8 giugno scorso da
Peter Mikus, presidente di
questa commissione di cinque membri del ministero
dell’Interno, incaricata delle
questioni relative alla minoranza Rom. L’esclusione dalle chiese è stato «solo uno dei
tanti esempi di segregazione
razzista» in Slovacchia. Un
prete, che ha voluto conservare l’anonimato, ha ammesso «di avere espulso bambini
Rom» dalla sua chiesa, e «la
maggior parte dei rappresentanti di chiese» hanno confermato incidenti similari ma
hanno chiesto l’anonimato,
ha precisato Peter Mikus.
Le conclusioni della
commissione governativa
Le conclusioni della commissione riguardano la discriminazione non solo da parte
delle chiese, ma in numerosi
settori della società. «I risultati della nostra missione sono
scioccanti: segregazione razzista nelle scuole, divieto ai
Rom di entrare nelle chiese e
di comprare nei negozi, mancanza di lavoro e paura degli
attacchi neonazisti». Anche se
alcuni responsabili religiosi
riconoscono la persistenza
dei pregiudizi contro i Rom,
essi però pongono l’accento
sui programmi delle chiese
per combatterli. «Il comportamento nei confronti dei cristiani Rom varia a seconda
dei pastori e delle parrocchie
- ha fatto notare Radovan
Grollmus, coordinatore dei
programmi per gli zigani del
Consiglio ecumenico delle
chiese di Slovacchia -. La situazione varia molto: in certe
comunità si tratta in pratica
di una lotta di gang, mentre
in altre la maggioranza della
popolazione accetta la partecipazione dei Rom.
I Rom e le chiese
Il Consiglio gestisce una
rete di centri parrocchiali di
attività pastorali ed educative per i Rom. L’anno scorso
ha lanciato 22 progetti per i
Rom nell’ambito di un programma, lanciato sotto gli
auspici del Consiglio ecumenico delle chiese (Cec) nel
1997, mirante a diminuire la
povertà e a sviluppare l’insegnamento. Il Consiglio ecumenico della Slovacchia, che
ha sede a Bratislava, incontra spesso difficoltà a raggiungere certe comunità zigane, per lo più concentrate
nell’Est del paese. Il Consiglio riunisce le chiese luterane, calvinista, ortodossa,
battista, metodista, hussita,
vecchio-cattolica e la Chiesa
dei fratelli cechi. Secondo
Radovan Grollmus si sta sviluppando una presa di coscienza dell’ampiezza storica
del problema: «Non si può risolvere un problema vecchio
di parecchi secoli in dieci anni. Per trasformare una società, ci vuole tempo, pazienza e fiducia», ha dichiarato.
Rom di Patorac (Slovacchia centrale)
(Foto Julie Denesha)
Un popolo perseguitato
Nel censimento nazionale
effettuato nel 2001, circa
90.000 cittadini slovacchi,
ovvero meno del 2% della
popolazione (5,4 milioni) sono registrati come Rom. Ma i
leader delle comunità ritengono che il loro numero sia
di circa 600.000, ossia il 20%
della Slovacchia orientale.
Questa cifra, fanno osservare, dovrebbe raggiungere un
milione nei prossimi dieci
anni, e comprendere il 50%
della popolazione slovacca
entro il 2050. Originari dal
Pengiab (India), i Rom sono
giunti in Europa nel XIII secolo: metà dei Rom nel mondo sono oggi raggruppati in
Europa orientale, dove ammontano a cinque milioni.
Viene stimato a mezzo milione il numero di Rom morti
nei campi di concentramento
nazisti. In questi ultimi tempi,
diverse comunità della Slo
vacchia hanno formato gruppi, di autodifesa dopo un’ondata di attacchi razzisti. Nella
vita quotidiana, i pregiudizi si
manifestano spesso in modo
sottile, ha fatto notare Marek
Harakal, specialista di un’organizzazione di promozione
della democrazia in Europa
orientale, la «Fondazione Società aperta». «Anche se la segregazione e la discriminazione sono più latenti che esplicite», ha spiegato Harakal.
Certo, diversi gmppi cattolici,
ortodossi e protestanti sono
intervenuti a favore dei Rom,
ha detto, ma «potrebbero fare
molto di più se avessero una
strategia pratica».
che». «Al contrario, la nostra
chiesa fa molto per aiutare i
Rom - ha dichiarato -. Se un
gruppo è stato impedito di
entrare in una chiesa, non è
perché erano zigani ma perché non si sono comportati
bene». I cattolici romani rappresentano il 69% della popolazione. La Chiesa cattolica romana ha lanciato un
programma pastorale peri
Rom, ed esistono chiese speciali per gli zigani. «Non conosco casi di zigani che siano
stati esclusi, è piuttosto il,
contrario - ha dichiaratalo
Gavenda -. Quando le autorità dello stato hanno probl^
mi con i Rom, di solito é “
chiesa che porta il suo aiuto»'
Tuttavia vari gruppi Ro® .
hanno approvato le conclusioni della Commissione®
hanno chiesto un aiuto tam'
giore da parte delle chies^.
Claude Cahn, rappresent^®
del Centro europeo dei din®
dei Rom, con sede a Budap^
st, ha dichiarato recentenie
te di aver sentito parlare
bambini Rom che erano smu
esclusi dal battesimo e u® .
tre cerimonie religiose,
cune chiese hanno inoi
scoraggiato i Rom di
re i loro diritti - ha proseg®
la si
Le reazioni delle chiese
Un portavoce della Conferenza episcopale, Marian Gavenda, ha vivamente respinto le critiche nei confronti
delle chiese e ha lamentato
che la Commissione si fosse
basata su «accuse generi
to -; economicamente,
tuazione non è io,
gliorata. In fondo alla s
la povertà e la disoccupi"
ne non fanno che auine _
re». Da parte loro,
notare Cahn, le chiese p
costali e awentiste hann
ha fa«»
tirato un certo
Rom, e hanno
«lavoro notevole», i^Ç^
cora?"
giando il loro «in
ciale e comunitario»
r
di Mi
P
«.
ti hi
l)
Il pi
chil
mia
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tro.
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acce
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rien
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rifle
BibI
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star
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coll
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re,.,
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dità
regi
lidi
zioi
stai
Bib
nel
mo
due
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glio
real
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