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Anno VII
numero 18
del 30 aprile 1999
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GUERRA GIUSTA?
«Una nazione non alzerà più la spada contro un’altra, e non impareranno
più ma guerra»
Isaia 2,4
La logica della guerra necessaria o
giusta prevede una divisione della
comunità umana in due realtà: quella
nemica da sottomettere o distruggere,
quella amica da promuovere. Le tre
grandi religioni monoteistiche con la
loro fede nella creazione divina dell’umanità, identificano l’intera umanità come portatrice di valori etici universali. La differenza fondamentale fra
gli esseri umani risiederebbe sul piano
religioso e non su quello dell’appartenenza alla razza umana. Questa idea
comune dovrebbe bandire, nelle tre religioni monoteistiche, le teorie sulla
guerra necessaria o giusta, che è anche
il primo passo nell'apprendimento e
giustificazione della guerra.
CI sono due guerre parallele nei
Balcani: quella di Milosevic contro la popolazione inerme del Kosovo
e contro la Nato, e quella della Nato
contro la Serbia. La prima è una guerraferoce e primitiva fondata sulla pulizia etnica. La seconda è una guerra
■pfisticata e graduale. Tutti condanno la prima senza riserve. Sulla senda si tenta di elaborare una teoria
•Ila guerra giusta per motivi umanitari. Si può invocare questa giustificazione? Possiamo, a nome dell’umanità, sopprimere una parte dell’umanità? Se la nuova società mondiale,
per emergere e consolidarsi, deve sopprimere o escludere con la guerra una
parte considerata nemica del resto,
quello che stiamo facendo è riprodurre una forma di totalitarismo. Non si
può sopprimere una parte dell’umanità a beneficio dell’umanità stessa, o
per ragioni umanitarie fare una guerra che sopprime l’umanità.
Lf ARGOMENTO della guerra giusta
e necessaria per ragioni umanitarie è insostenibile: chi ha ragione in un
determinato conflitto? Possiamo semplicemente sopprimere l’avversario
perché così instaureremo una società
nuova dove saranno rispettati i diritti
umani? In ogni guerra la ragione è
sempre stata dalla parte del vincitore
che poi ha scritto la storia. Invece il vero sconfitto in ogni guerra è stato sempre il genere umano, perché una parte
dell’umanità è stata cancellata, distrutta, è andato perso il valore che essa rappresentava. Che questa o un’altra guerra sia necessaria o giusta è in
realtà frutto di una determinata comprensione del conflitto e nasce dal pregiudizio verso chi è stato a priori giudicato come nemico. Mentre l’avversario
avrà il punto di vista opposto, e cioè
che la guerra necessaria e giusta è quella che sta conducendo contro l’altro.
/N realtà quello che è necessario e
giusto non è la guerra, né il desiderio
di imporre un nuovo ordine mondiale
fondato sul rispetto dei diritti umani,
ma è invece l’imposizione con la forza
del proprio ordine all'altro. Questo vale
per Milosevic e per la brutale pulizia etnica che pratica con crudeltà disumana nel Kosovo, ma vale pure per la
guerra tecnologica della Nato. La logica
di ciò che si rende necessario nasconde
gli interessi occulti di ogni pietra. Qua
lunque guerra consolida il vecchio si
sterna di dominazione e .sudditanza di
una parte dell'umanità da parte
dell’altra. Il progresso non può essere il
risultato di un conflitto. Si può parlare
di progresso soltanto quando c’è un
guadagno per tutta Tumanità, senza
che questa venga mutilata di una sua
parte. Il progresso consiste nel non imparare più la guerra. Giustificare que
sta o l’altra guerra significa affilare la
spada che domani si alzerà contro qualunque altro.
Martin Ibarra
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE BATTISTE, METODISTE, VALDESI
«Vogliamo tornare a casa» dicono gli scampati, ma le ostilità si aggravano in tutta l'area
Viaggio tra i profughi kosovari in Albania
Il «paese delle aquile» è invaso dai rifugiati, dai militari delia Nato, dai volontari deliVck
e delle organizzazioni umanitarie. I campi italiani sono ben organizzati. L'azione delle chiese
PAOLO EMILIO LANCI
ALL’IMBARCO della nave per
Durazzo c’erano più di 3.000
persone, per la maggior parte albanesi tra i 20 e i 35 anni, non molte
automobili ma tutte provenienti
da Germania, Svizzera, Francia. Alle 6 del mattino, con sette ore di ritardo, la nave salpa e butto un occhio ai miei compagni di viaggio.
Sorpresa; sono in tuta mimetica.
Altro che albanesi in visita ai parenti, la nave trasporta volontari
dell’Uck, l’Esercito di liberazione
kosovara. Li ritrovo al mattino che
cuciono allegramente i distintivi
sulle maniche e sui berretti. Guardo le mani incerte che infilano
l’ago e mi chiedo se sono queste le
truppe di terra su cui la Nato fa affidamento. Sono operai, falegnami, pittori edili. Carne da cannone
molto motivata. Saranno loro a
sbarcare per primi dalla nave. Inquadrati in una lunga fila (ne conto 250) salgono sui pullman.
A Tirana gli alberghi sono strapieni. Ci ospita il pastore battista
Saverio Guarna. È una notte da ricordare. Gli aeroplani rombano
sulle casupole di Tirana, sull’hotel
Tirana International, dove i giornalisti si preparano all’ennesimo collegamento. Alle quattro del mattino, inaspettatamente puntuale, si
presenta il nostro autista. Per andare a Kukes, la cittadina a pochi
chilometri dal confine con la Jugoslavia, ci vogliono 8 ore e un fuori
strada. Non abbiamo né l’uno né
l’altro, ma la scelta di un Mercedes
vecchio tipo si rivela preziosa: è
l’unica macchina le cui sospensioni riescano a sopportare lo stimolo
di 208 km di curve, buche, sassi e
valanghe. E il nostro autista, silenzioso, si rivela un portento; in «solo» cinque ore siamo a Kukes. Abbiamo rischiato la vita quasi ad
ogni curva. Sapremo poi che lo
stesso giorno altri giornalisti (due
americani e un francese) hanno
perso la vita in una di quelle scarpate che noi tanto disinvoltamente
accarezzavamo con le ruote.
Contiamo 600 persone che con
Kukes: il confine con ii Kosovo
ogni mezzo cercano di raggiungere
Tirana. Incontriamo anche un posto di blocco dell’Uck e una lunga
fila di soldati. Questa volta sono armati di kalashnikov (è un arma poco costosa: solo 70.000 lire al pezzo, proiettili esclusi). Ci salutano
con la mano. Ma quando ci fermiamo per riprenderli ci corrono dietro. La Mercedes, per fortuna, ha
un’ottima ripresa e arriviamo a
Kukes incolumi. La piazza è stranamente vuota, la distribuzione di viveri è già avvenuta. Da un lato, la
spianata dove centinaia di trattori
stanno in fila, col muso rivolto verso il Kosovo. Non ci sono né bagni
né acqua. E i bambini addentano
un tozzo di pane (e non è una figura retorica) dividendosi in quattro
una scodella di minestra molto diluita. Almeno è calda. La videocamera suscita curiosità.
Una contadina anziana insiste:
«Voglio tornare in Kosovo». Le
spiego cautamente che non sarà
possibile a tempi brevi. E lei allora
dice: «Resteremo qui». Propongo a
lei e a tanti altri la possibilità di andare all’estero, in attesa della fine
delle ostilità: nessuno è disponibile. Tutti dicono: «Voglio restare in
Albania». Pensare di tornare in Kosovo è un eccesso di ottimismo. Ho
visto in Croazia i villaggi abbandonati: terra bruciata, case sventrate
con il sistema della bombola del
gas fatta esplodere in cucina, mine
disseminate nei giardini e nelle
stradine. La pulizia etnica è un affare scientifico.
Seguo un paio di elicotteri. Ci
guidano al campo italiano dove c’è
un eliporto. Qui, con un ponte aereo da Tirana, arriva la maggior
parte delle razioni alimentari del
Programma mondiale per l’alimentazione. L’elicottero è circondato
da soldati armati fino ai denti in
posizione di attacco. È un mezzo
per il trasporto delle truppe. Scarica le casse e vola via il più in fretta
Dichiarazione comune degli organismi ecumenici internazionali
Kosovo, crisi umanitaria di proporzioni drammatiche
(foto P. E. Landi)
possibile. Tra le bombe che pendono minacciose dai lati, riconosco le
insegne militari americane, cancellate con una passata di nero. Al
campo italiano è tutta un’altra storia. Progettato per 3.000 persone
ne ospita il doppio. Un volontario
della protezione civile mi mostra
con orgoglio la cucina, è l’unico
posto dove si distribuiscono cibi
caldi. E ci sono i bagni, c’è l’acqua
corrente. Una fila, sotto il sole
smagliante, aspetta la distribuzione di medicinali. Saranno le tante
disgrazie che il nostro paese ha vissuto negli anni scorsi, ma questa è
gente che sa il fatto suo, mi dico.
Il confine oggi è deserto, il militare di guardia prende il sole. Le tende della Croce Rossa, per il primo
soccorso a chi arriva, sono vuote.
Per terra, le cartacce lasciate nel
passaggio della fiumana di kosova
SEGUE A PAGINA 12
QUARTA COLONNA
MEDITAZIONE^»«
«Voi siete miei amici»
rii LUCA BARATTn
«La guerra in Jugoslavia, e in modo particolare
gli atti di pulizia etnica
commessi dalle forze serbe contro la popolazione
albanese in Kosovo, hanno creato una crisi umanitaria di proporzioni
drammatiche, che presenta sfide immense tanto per le organizzazioni
umanitarie quanto per le
forze politiche e militari»:
una dichiarazione comune sulla crisi del Kosovo è
stata rilasciata il 16 aprile
scorso dalla Federazione
luterana mondiale (Firn),
dal Consiglio ecumenico
delle chiese (Cec), dalla
Conferenza delle chiese
europee (Kek) e dall Alleanza riformata mondiale (Armi. La preoccupazione fondamentale ri
guarda la necessità che
siano garantiti e protetti i
principi basilari dell’assistenza umanitaria ai rifugiati, che includono «il diritto all’asilo negli stessi
termini e alle stesse condizioni a cui ha diritto
ogni altro gruppo di rifugiati, inclusa l’evacuazione solo su base volontaria,
il rispetto per l’unità della
famiglia e la priorità verso
le persone più anziane e
vulnerabili». La dichiarazione ribadisce il ruolo
centrale delle istituzioni e
organizzazioni umanitarie
internazionali, che «hanno la responsabilità di assicurare che questi principi umanitari basilari siano
protetti. Nel presente contesto - prosegue la dichiarazione - le forze militari
svolgono un ruolo essenziale nel provvedere al sostegno logistico, alla creazione di infrastrutture e
alla salvaguardia tanto dei
rifugiati quanto del personale umanitario, ma questo supporto deve avvenire nella cornice dei principi umanitari e con il coordinamento delle organizzazioni umanitarie».
Alle chiese membro e
alle loro agenzie umanitarie, la Firn, il Cec, la Kek e
l’Arm chiedono di fare
pressione sui rispettivi
governi allo scopo di sostenere la presenza e il
ruolo di coordinamento
delle agenzie ed istituzioni umanitarie, e assicurare che alle organizzazioni
umanitarie come l’Alto
commissariato dell’Onu
per i rifugiati e la Croce
Rossa internazionale, sia
fornito il sostegno adeguato perché possano
coordinare la risposta
umanitaria a favore dei rifugiati. Inoltre si chiede di
fare pressione perché l’attuale servizio per i rifugiati sia gestito da organizzazioni umanitarie e dal loro personale e che il ruolo
delle forze militari sia limitato alla logistica, alle
infrastrutture e alla sicurezza. La dichiarazione è
firmata da Yorgo Lemopoulos (segretario esecutivo del Cec), Agneta
Ucko (segretario esecutivo della Firn), Milan Opocenskij (segretario generale dell’Arm) e Keith Clements (segretario generale della Kek). (nev)
Un Padre Nostro comune
acuradlANNAMAFFEI
i EDITORIALE
Italia, economia malata
di DORIANA GIUDICI
COMMENTO
Le frontiere balcaniche
rii SAURO OnTTARni
DAL MONDO I
Testimonianza da Kukes
di NILSCARSTENSEN
2
PAG. 2 RIFORMA
Come il Padre
mi ha amato,
così anch'io ho
amato voi;
dimorate nel
mio amore,
osservate
i miei
comandamenti,
dimorerete nel
mio amore,
come io ho
osservato i
comandamenti
del Padre mio e
dimoro nel suo
amore. ^^Viho
detto queste
cose, affinché
la mia gioia
dimori in voi
e la vostra gioia
sia completa.
Questo è il mio
comandamento:
che vi amiate
gli uni gli altri,
come io ho
amato voi.
^^Nessuno
ha amore più
grande di quello
di dare la sua
vita per i suoi
amici.
^*Voi siete miei
amici, se fate
le cose che io vi
comando.
non vi
chiamo più
servi, perché
il servo non sa
quello che fa il
suo Signore; ma
vi ho chiamati
amici, perché
vi ho fatto
conoscere tutte
le cose che ho
udite dal Padre
mio. ^^Non siete
voi che avete
scelto me, ma
sono io che ho
scelto voi e vi ho
costituiti perché
andiate e
portiate frutto
e il vostro frutto
rimanga;
affinché tutto
quello che
chiederete al
Padre, nel mio
nome, egli ve lo
dia. Questo vi
comando: che
vi amiate
gli uni gli altri»
(Giovanni 15,9-17)
All’Ascolto Della Parola
VENERDÌ 30 APRILE jjQo
«VOI SIETE MIEI AMICI»
L'amicìzia che si crea attorno a Gesù non è quella che ci possiamo creare noi
attraverso le scelte e le esclusioni opportune. Si tratta di un'amicizia inclusiva
LUCA BARATTO
IO non vi chiamo più servi, ma
amici. Giovanni 15 è uno di
quei pochi testi biblici in cui,
per esprimere il rapporto tra
Dio e gli esseri umani, viene
usato il linguaggio dell’amicizia.
Uno dei pochi passi perché, altrove, la Bibbia sembra prediligere altri tipi di relazione. Sono
numerosi i riferimenti al linguaggio dei rapporti familiari,
in cui Dio è genitore e noi suoi
figli/e, e ben attestato è il linguaggio delle relazioni amorose: il Dio geloso che pretende la
fedeltà del popolo che ama. Anche il rapporto Signore-servitore, tratto dalle relazioni sociali,
è ben presente. Tra tutti questi
linguaggi quello deH’amicizia è
il più negletto, quasi a suggerire
che esso sia il meno adatto a
rappresentare il nostro rapporto con Dio. Cerchiamo di capirne i motivi.
Che cos'è i'amicizia?
UN primo problema può essere rappresentato dalla
difficoltà di definire l’amicizia.
Che cosa significa essere amici?
È l’amicizia un elemento essenziale della nostra vita, è realmente importante per noi? Sono domande a cui solo apparentemente è facile rispondere.
Se riflettiamo un momento, è
più facile riscontrare nei nostri
giudizi un’oscillazione che va da
espressioni del tipo «non è nulla
di serio: quelle due persone sono solo amiche», suggerendo
che l’amicizia non include un’
idea di profonda intimità con
un’altra persona, ad altre di te
nore opposto «quella persona
conosce molta gente, ma ha pochi amici», suggerendo invece
che l’amicizia è un’esperienza
preziosa e fuori dal comune. Ma
qualunque sia la nostra definizione di amicizia, ciò che la rende un’immagine così poco usata
per esprimere il rapporto con
Dio è precisamente una delle
sue caratteristiche fondamentali: l’essere, tra tutti i legami umani, quello più libero, non vincolato agli aspetti del bisogno o
della necessità. L’amicizia vive
nella libera e reciproca scelta di
persone che si associano. Nessuno può scegliere i propri genitori: chi si fa servo di qualcun altro
rinuncia alla propria libertà: persino l’innamoramento in certi
casi si associa a un’idea di ineluttabilità (a certe persone non si
può proprio resistere...). L’amicizia invece vive nella libertà, reciprocità ed eguaglianza degli
amici. È forse per questo che è
stata spesso vista come inadeguata a esprimere un rapporto
che paritario non è: quello tra
Dio e gli esseri umani. C’è il timore che questo modello cancelli la differenza tra creatore e
creature. Per questo, parliamo di
Dio come amico quando ci rivolgiamo ai bambini, ritenendolo
un linguaggio semplificativo, da
cui poi dover crescere.
condividere la nostra esistenza,
la nostra solitudine, la nostra
debolezza, per offrirci così una
vita nuova. Gesù rivela la fedeltà
di Dio e il suo amore che abbatte ogni barriera umana, che rende possibile pronunciare la parola «amico/a» in un mondo di
nemici. L’amicizia di cui parla
Gesù si basa essenzialmente su
questo: sull’essere di Dio per il
mondo in Cristo Gesù.
I
Un linguaggio adulto
N Giovanni 15, però, Gesù
dei
Preghiamo
Gesù, nostro amico fedele,
ti ringraziamo per il prezioso dono dell’amicizia:
per le persone che ci accettano come noi siamo
e ci amano anche nei nostri aspetti meno attraenti:
aiutaci a guardarci con ironia
e a saper ridere al mondo;
incorataci, sostienici, dacci fiducia,
donaci stima e rispetto;
aiutaci a non considerare l’amicizia
come qualcosa di scontato
ma di dedicarci ad essa come si cura
una pianta meravigliosa.
(da The pattern ofourdays, Iona Community)
non si rivolge a dei bambini,
ma ai suoi discepoli. E lo fa
nell’imminenza di fatti tragici e
tremendi ricordando, tra l’altro,
ai suoi le difficili prove e persecuzioni che li aspettano. In questo contesto Gesù parla di amicizia. Su che cosa si basa l’amicizia secondo Gesù? Un vero
amico è qualcuno che dona la
sua vita per gli altri. Una definizione che non è certo infantile:
se le cose stanno così è meglio
avere pochi amici! Con questa
definizione impegnativa Gesù
vuole mettere in evidenza due
elementi fondamentali del rapporto d’amicizia: la fedeltà e la
lealtà. L’amicizia è fatta di lealtà
che sostiene, che difende, che
non tradisce.
Nel donare la sua vita per gli
altri Gesù mostra l’estrema
lealtà di Dio al mondo. La sua
croce rivela la scelta di Dio di
Un gruppo inclusivo
Lf AMICIZIA che si basa sulla
I croce di Cristo è un’amicizia inclusiva. «Non siete voi che
avete scelto me, ma io ho scelto
voi». Questa frase elimina ogni
visione elitaria dell’essere insieme. I Vangeli ci informano delle
amicizie di Gesù: egli è l’amico
dei pubblicani e delle prostitute.
Egli è l’amico di coloro che sono
rifiutati e messi da parte: amico
di coloro che la «gente per bene»
escluderebbe dalla propria cerchia. L’amicizia che si crea attorno a Gesù non è quella che ci
possiamo creare noi, attraverso
le scelte e le esclusioni opportune. E questo perché il criterio
non è quello delle nostre preferenze: questa con Gesù non è
un’amicizia che abbiamo scelto,
ma piuttosto nella quale siamo
stati inclusi. Essere amico/a di
Gesù significa essere amato/a
da lui, essere incontrati dal suo
amore che supera ogni pregiudizio. 11 gruppo di Gesù era tutto
sommato un insieme di persone
eterogeneo, di uomini e donne
diverse le une dalle altre. E, allora come oggi, gli amici di Gesù
creano gruppi nei quali ci si possono anche aspettare quelle tensioni e quei problemi che derivano dalla fatica di capire e interagire con persone diverse Luna
dall’altra; persone che non si sono scelte, ma sono state scelte
da Gesù. Gli amici di Gesù sanno affrontare ogni crisi senza respingersi l’un l’altra.
Portare frutti
Arriviamo ora all’elemento
più «adulto» di tutto il passo; «lo vi ho costituiti affinché
andiate e portiate molto frutto».
Si sta insieme per fare qualcosa,
per portare molto frutto. L’unità
di persone diverse è rincontro
con Cristo, è la nuova visione
del mondo che da esso scaturi
sce, è la disponibilità a lasciarsi
guidare e a impegnarsi nella testimonianza della buona notizia
di Gesù Cristo.
Leggiamo nel testo: «Non vi
chiamo più servi, ma amici perché vi ho fatto conoscere tutte le
cose che ho udite dal Padre».
Questo di Gesù non è un gruppo
¿lo sbando, senza punti di riferimento. Il Vangelo di Giovanni
è la storia di una continua rivelazione, della Parola che si fa
carne, della vista ridata ai ciechi.
Ciò che unisce gli amici di Gesù
è il loro essere catturati dalla sua
storia, che porta alla croce e alla
tomba vuota, e trovare in essa la
propria via nel mondo. È proprio qui che il linguaggio dell’amicizia mostra tutta la sua
maturità, il suo carattere «adulto». Tutti noi siamo disposti a
essere figli e figlie che si rivolgono al proprio genitore e si aspettano da lui guida, amore, perdono, castigo, incoraggiamento
il tutto spesso vissuto con la responsabilità dei figli non ancora maggiorenni. Più difficile è
comprendersi attraverso un linguaggio che si esprime nella reciprocità e nell’eguaglianza e
sentirsi dire, con quel llnguag-;
gio, che si ha un compito da
portare avanti. È più facile pensarsi come persone che brancolano nel buio piuttosto che come qualcuno che ha le coordinate per potersi mettere ad agire
nel mondo: «Vi ho fatto conoscere tutto». È più facile pensarsi come un gruppo che ha bisogno di protezione, piuttosto che
un gruppo messo insieme per
portare molto frutto.
È infine più facile seguire
qualcuno, essere suoi discepoli,
suoi figli minori, piuttosto che
essere inviati, essere apostoli,
essere amici. Questa è l’amicizia: un legame che si basa sulla
lealtà di Dio al mondo, sul suo
amore che include e sul prendere parte alla missione di predicazione dell’Evangelo a un livello che Gesù sceglie di esprimere
con un linguaggio paritario e reciproco per inviare nel mondo
quegli amici ai quali ha detto
«chi crede in me fa le opere che
io faccio e ne farà maggiori di
me, perché io vado al Padre»
(Gv. 14,12).
(Prima di una serie
di tre meditazioni)
Note
omiletiche
Giovanni 15, 9-17 si in.
serisce nel contesto de(
l'ultimo discorso di Gesù ai
suoi discepoli, dal cap, 13
31 a 17, 26, inserito tra
l'episodio della lavanda
dei piedi e il racconto della passione. I temi fondamentali del discorso di Gg.
sù convergono sul signifi.
cato e le implicazioni della
più grande delle azioni di
Gesù e cioè il suo ritorno
al Padre, (Brown, p. 595]
Egli si preoccupa di prepa!
rare e sostenere i discepoli
nel momento della separazione rassicurandoli che
non si tratta di un abbandono: egli va a preparare
un luogo per i suoi, ma anche ritornerà e i suoi lo rivedranno; nell'assenza
Gesù promette il sostegno
dello Spirito che li guiderà
nella verità; nella sua assenza, i discepoli subiranno lo stesso odio che il
mondo ha riservato a Gesù, ma allo stesso tempo
sono chiamati a una presenza attiva nel mondo tale da poter produrre abbondanza di frutti.
Quest'ultimo punto, che
focalizza sulla vita dei discepoli e il loro rapporto
con il mondo dopo la partenza di Gesù, si collega
più direttamente con il nostro testo. Il capitolo 15 si
apre, infatti, con l'immagine della vite e dei tralci, riprendendo il tema del restare uniti a Gesù che,
quindi, è possibile anche
nella sua assenza fisica, e
introducendo quello del
portare frutti: il Padre ha
cura dei tralci che fruttificano e getta via quelli sterili (v. 1); solo chi rimane in
Gesù può portare frutto
(v. 4); il Padre è glorificato
nel fatto che coloro che ha
chiamato divengano discepoli di Gesù e portino molto frutto (v. 8). Secondo
l'esegeta Raymond Brown,
i versetti 9-17 altro non sono che un commento a
versetto 8, l'esplicazione di
cosa significhi essere discepoli e portar frutto. In un
eventuale sermone questo
tema, l'essere insieme per
portare frutto, può legittimamente avere uno sviluppo maggiore rispetto
agli altri due punti presentati nel testo qui a fianco.
Per quel che riguarda il
linguaggio dell'amicizia
qui usato, un testo fondamentale è quello di Saliie
McFague, Modelli di Dio,
nel quale l'autrice propone l'analisi delle implicazioni di questo modello
applicato alla nostra relazione con Dio. Due delle
sue conclusioni risultano
importanti per il nostro testo. Da un lato, il carattere
adulto del modello di Dio
come amico: questo modello, che ci chiede in misura maggiore una risposta, è il più adulto, il più
egualitario e il più esigerete. Ci invita a scegliere liberamente il Dio che ci ha
liberamente scelto, ma
scegliere quest'amicizia significa impegnarsi, in maniera affidabile e perseverante, nei riguardi della visione che Dio ha dell’adempimento per tutti e
tutte, (McFague, p. 232);
dall'altro, la coscienza o\
non appartenere a se stessi («sono io che ho scelto
voi») che si accompagna
alla certezza di non essere
lasciati soli. Entrambi questi elementi si sposano bene con il contesto dell’ultimo discorso di Gesù.
Per
approfondire
- Raymond E. Brovvn,
Giovanni, Cittadella, 19'’
- Aa.vv., Text for preaching, Year B, Westminster-John Knox Ptei '
1993.
- Salile McFague, MO'
delli di Dio, Claudiana,
1998.
- C. S. Lewis, / quattro
amori. Tea, 1993.
Nella foto: Giotto, W Cena (Monaco di Baviera)
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tff.NERDÌ 30 APRILE 1999
Ecumene
Il Comitato esecutivo si è riunito a Torre Pellice dal 10 al 16 aprile
La Cevaa^ comunità di chiese in missione
Intervista al pastore francese Alain Rey, segretario generale, e al pastore camerunese
Emmanuel Njiké, presidente della «Comunità evangelica di azione apostolica»
JEAN-JACQUES PEYBONEL
Dalle Assise di Torre
Pellice abbiamo riceyuto un forte impulso che va
nel senso di una dinamica di
tiasformazione», afferma Alain Rey, pastore della Chiesa riformata di Francia, subentrato due anni fa allo
svizzero Marcel Piguet al posto di segretario generale della Cevaa. Siamo nel giardino
della Foresteria valdese dove
stanno per iniziare le sedute
primaverili del Comitato esecutivo della Comunità. C’è
anche il pastore camerunese
Charles Emmanuel Njiké che
fra poco concluderà il suo
mandato di presidente. Alain
Rey ci spiega quali saranno i
cambiamenti più importanti:
«Il primo è di tipo istituzionale. Stiamo per andare verso un sistema di Assemblea
generale. Finora avevamo un
Consiglio che si riuniva ogni
anno, ma le Assise hanno
chiesto più partecipazione,
più democrazia. All’Assemblea generale, che si riunirà
ógni due anni, parteciperanno più delegati delle chiese e
dei movimenti. Il prossimo
Consiglio che si riunirà a Mare, in Nuova Caledonia, dovrebbe confermare queste
modifiche di natura statutaria. Il secondo cambiamento
è di tipo finanziario. Su questo punto, le Assise hanno
“ sto più trasparenza, più
tpb, più controllo. Intenjo modificare tutta la
té,del budget relativa alla
tecipazione alla vita delle
I iÉiese. L’orientamento è di
.fidare verso finanziamenti
%ati a programmi e progetti
missionari. Il terzo cambiamento riguarda l’animazione
teologica. Sulla base della
nuova Carta della Cevaa,
l’animazione teologica rappresenta il perno intorno al
quale devono organizzarsi
tutti i programmi e le attività
della Comunità».
- Che cos’è l'animazione
teologica?
Alain Rey: «È uno dei principi fondatori dell’azione della Cevaa. L'obiettivo principale è di restituire la parola al
popolo di Dio. Si tratta di un
lavoro di formazione e di
educazione comunitaria, che
cerca di rafforzare le capacità, individuali e comunitarie, nella prospettiva della
missione, del servizio e della
testimonianza».
- Ci sono novità circa il
partenariato tra le chiese?
Emmanuel Njiké: «Ora cerchiamo di sviluppare i rapporti Sud-Sud, in modo da
approfondire la conoscenza
reciproca. Questo sta avvenendo fra le chiese dell’Africa
centro-occidentale».
Alain Rey: «Quando è nata
la Cevaa, negli Anni 70, si
pensava che lo sviluppo avtebbe favorito un partenafiato equo. Oggi, dobbiamo
prendere atto che i paesi africani non hanno conosciuto lo
®''Uuppo sperato. Anzi, è cresciuto il divario Nord-Sud, e
la grande questione oggi è conie vivere il partenariato in
Un mondo così disuguale. Occorre dare una nuova forma
al partenariato e cercare di vii^crlo sotto la forma della comunione: non puntare cioè
solo sulla condivisione delle
risorse materiali, ma sviluppare gli scambi a livello teologico, culturale, spirituale».
Enimanuel Njiké: «Oggi, in
mtta TAfrica, la situazione di
degrado è a un livello spaventoso. Nel mio paese ad
esempio, la corruzione è alle
bielle, mentre c’è un forte decado nei settori della formatone e dell'educazione».
- Che cosa fanno le chiese
in un contesto così difficile?
Emmanuel Njiké: «Cercano
di fare quello che possono,
ma non è facile. In Camemn,
abbiamo costituito una federazione delle chiese protestanti per cercare di parlare
con una sola voce. Ma ci sono problemi di ordine tribale
o razziale che fanno sì che è
molto difficile raggiungere
una posizione comune. Intanto, il potere politico coltiva deliberatamente il tribalismo e il razzismo, per rafforzare il proprio dominio».
Alain Rey: «Le ragioni della
crisi africana non sono solo
di natura interna. Negli Anni
60, le banche occidentali
hanno spinto tutti i paesi
africani a fare enormi investimenti. Poi è sopraggiunta la
crisi petrolifera e altri fattori, come gli “aggiustamenti
strutturali” del Fondo monetario intemazionale e la svalutazione della moneta, hanno fermato questa dinamica.
Risultato: il peso dei debiti
sta strangolando le economie
nazionali».
- La Cevaa partecipa alla
campagna «Jubilee 2000» per
la cancellazione del debito?
Alain Rey: «È chiaro che la
Cevaa partecipa pienamente
a questa dinamica ecumenica. Nei paesi dell’Africa subsahariana, il servizio del debito rappresenta dal 40 al 60%
del prodotto interno lordo, e
solo il 2 o 3% viene destinato
Emmanuel Njiké, presidente
alla salute o all’educazione.
Come ha detto giustamente
Desmond Tutu, questo è assolutamente immorale».
- Quale impatto ha avuto
per l'Africa l’Assemblea del
Consiglio ecumenico delle
chiese ad Barare?
Emmanuel Njiké: «Per molti di noi è stata motivo di
profondo arricchimento, non
solo nel vedere le tante iniziative portate avanti dalle
chiese e dai movimenti, ma
anche sul piano spirituale, liturgico e innologico».
- Che cosa rappresenta Nelson Mandela, per voi africani?
Emmanuel Njiké: «È per
tutta l’Africa una figura esemplare e, di fronte al marasma in cui versa l’insieme dei
paesi africani, egli rappresenta una grande speranza. Oggi, l’Africa è sotto il rullo
compressore della mondializzazione e le popolazioni
stanno vivendo una situazione estremamente difficile.
Anche in Africa è giunto il
vento della privatizzazione, e
questo vuol dire che i servizi
di base finora gestiti dallo
stato (ferrovie, acqua, elettricità) passano nelle mani di
veri e propri mafiosi che non
si preoccupano affatto del
benessere del loro popolo».
- Come reagiscono le chiese?
Emmanuel Njiké: «Sovente
non si manifestano. Inoltre
sono spesso divise. Di fronte
a simili cambiamenti, tutte le
chiese dovrebbero dire, con
una sola voce, una parola forte. Ma ciò non avviene, anche
perché il potere dittatoriale
mette tutti a tacere».
- In quanto organismo che
raggruppa chiese del Nord e
del Sud, la Cevaa non ha una
parola da dire sugli effetti
della mondializzazione?
Alain Rey: «Per ora, non abbiamo i mezzi necessari per
approfondire questa questione. Partecipiamo invece alla
riflessione di gruppi ecumenici impegnati in questo lavoro. Sul piano dell’impegno
politico, va ricordato che all’inizio degli Anni 90, in molti
paesi africani, vi è stato un
forte impegno delle chiese
Alain Rey, segretario generale
nel processo di democratizzazione. Ora, in una situazione quasi dittatoriale ovunque, è molto rischioso esporsi pubblicamente».
- Che cosa fanno le chiese
europee rispetto ai problemi
che coinvolgono paesi di altri
continenti?
Alain Rey: «Recentemente,
la Federazione protestante di
Francia è intervenuta presso
il governo francese per avere
garanzie sullo svolgimento
democratico delle elezioni in
Togo. Lo stesso è avvenuto
per il Congo Brazzaville. Ma
spesso le chiese europee non
sono sufficientemente informate su ciò che succede».
Emmanuel Njiké: «È difficile che le chiese europee
prendano posizione se le nostre chiese locali per prime
non si manifestano. Quando
succede qualcosa in Africa,
appena l’l% dei francesi ne è
informato. I massacri quotidiani che si verificano in tutta
l’Africa non interessano nessuno. Il nostro problema numero uno in quanto africani
è come fare per uscire da
questa situazione».
Alain Rey: «In questo momento, c’è una forte mobilitazione delle chiese di Francia sulle vicende del Pacifico
(conseguenze dei test nucleari in Polinesia, nuovo statuto della Nuova Caledonia),
e ciò sulla base dell’appello
delle chiese membro della
Cevaa nel Pacifico».
Intervista al responsabile della comunicazione
Oggi in Kosovo come ieri in Ruanda
PIERVALDO ROSTAN
Lf INCONTRO del ComitaI to esecutivo della Cevaa
si è svolto mentre l’Italia è
coinvolta in una guerra a pochi chilometri dai propri confini. Le immagini dei profughi dal Kosovo hanno fatto il
giro del mondo; i massacri
sono la negazione dell’umanità esattamente come lo
erano alcuni anni fa quelli in
Ruanda; ne parliamo con il
responsabile della comunicazione della Cevaa, Anani
Kuadjovi, africano residente
da anni a Parigi.
«Le immagini che arrivano
dal Kosovo sono davvero allucinanti - premette Kuadjoyi -; in molte parti del mondo
vediamo la ripresa dei nazionalismi, della lotta per la supremazia fra etnie diverse.
Penso che siamo di fronte a
gravi situazioni di immaturità, con persone che si scagliano Luna contro l’altra invece di lavorare per costruire
insieme il proprio sviluppo.
Di fronte a ciò che accade in
Jugoslavia mi interrogo sul
ruolo reale dell’Onu. Quanto
ai fatti drammatici del Sierra
Leone o del Ruanda di cinque anni fa, posso dire che si
tratta di una zona “minata”;
c’è guerra in Angola e spesso
da un paese si passa con facilità all’altro. Non sono sicuro
che, pensando a quelle immagini davvero shoccanti
che arrivarono dal Ruanda, le
cause che portarono a quel
genocidio siano state sradicate. Sono sicuro che ci sia
ancora davanti un lungo processo prima di arrivare alla
pace; c’è ancora molto odio,
malgrado il forte impegno
dei governi e delle chiese».
L’Africa bussa alle porte
dell’Europa e il vecchio continente sembra talvolta chiudere le proprie porte: è così?
«Vorrei sottolineare due punti - continua Anani Kuadjovi
-: ci sono persone che sono
fortemente minacciate a causa delle loro idee 0 per il solo
fatto di appartenere a questa
o quella etnia. Dunque sono
costretti a fuggire per sopravvivere. C’è poi il fenomeno
dei rifugiati “economici”,
cioè di quelle persone che
cercano un angolo della terra
dove si possa vivere meglio.
Forse in Africa e nei paesi poveri in genere c’è il mito che
in Europa si viva meglio: questo deriva anche dall’atteggiamento di quei paesi europei che a suo tempo hanno
colonizzato l’Africa e che
PAG. 3 RIFORMA
Dal Mondo Cristiano
M India: sollievo delle chiese dopo la caduta
del governo guidato dal partito nazionalista
NUOVA DELHI — Diversi responsabili di chiese cristiane
dell’India hanno espresso il loro «sollievo» dopo la caduta del
governo di coalizione guidato dal partito nazionalista indù
(Bjp), ma si sono detti «preoccupati» per Tinstabilità politica
del paese. «Il male, la spada sospesa sopra la testa dei cristiani, non c’è più», ha detto il presidente del Consiglio nazionale
delle chiese, che raggruppa 29 chiese protestanti e ortodosse e
13 milioni di membri. «I cristiani hanno buoni motivi di essere sollevati», ha detto K. Rajaratnam, perché hanno «fatto
campagna» per rovesciare il governo del Bjp. Non solo esso
«non è riuscito a prevenire» le atrocità commesse contro cristiani, ma ha «addirittura incoraggiato» tali azioni sostenendo
i gruppi legati al Bjp implicati in queste violenze. (eni)
Venezuela: un evangelico nominato
ministro della Giustizia e del Culto
CARACAS — Grande soddisfazione nel mondo evangelico
latinoamericano per la recente nomina dell’avvocato evangelico Roman Delgado alla carica di ministro della Giustizia e del
Culto nel governo del Venezuela. L’incarico gli è stato conferito direttamente dal presidente Hugo Chavez e viene considerato come un importante passo avanti sulla strada verso una
totale libertà di religione e di tutela delle minoranze, (nev/alc)
Angola: uccisa produttrice di programmi
della Trans World Radio
RENGUELA — Theresa Fuhrer, produttrice di un programma radiofonico per bambini per Trans World Radio, è stata rapinata e uccisa nella sua abitazione a Benguela. Theresa Fuhrer, missionaria della Missione dell’Alleanza svizzera, è stata
addestrata come infermiera e ha lavorato in una clinica per
lebbrosi nel sud dell’Angola. Il programma da lei prodotto era
noto come Yeva Ondaka (Ascolta la Parola) e secondo il rev.
Isac Silvano, direttore di Twr-Angola, era molto popolare fira i
bambini e i genitori. Theresa Fuhrer aveva lavorato 8 anni per
produrre il programma nella lingua di Umbundu. (bia)
Intervista al pastore Ralph Teinaore
Una presenza inquietante
Anani Kuadjovi
molto poco hanno fatto per
offrire alla gente del posto
buone condizioni di vita.
Aggiungerei anche il fenomeno di quanti vengono in
Europa per studiare e che
quando hanno terminato
hanno grosse difficoltà a tornare al loro paese. In molte
situazioni manca per altro
ancora uno stabile quadro di
democrazia, manca la possibilità di esprimere liberamente le proprie idee: è dunque comprensibile che, pur
soffrendo, molti abbandonino oggi l’Africa per cercare
miglior sorte in Europa».
Sono passati quasi tre anni
da quando la Francia ha
chiuso con gli esperimenti
nucleari nella Polinesia francese ma le popolazioni reclamano ancora informazione,
trasparenza, in qualche modo giustizia. Il pastore Ralph
Teinaore, in prima linea allora nella battaglia contro gli
esperimenti a Mururoa, a
Torre Pellice per l’incontro
del Comitato esecutivo della
Cevaa, torna con passione
sull’argomento: «Noi non
sappiamo esattamente come
stanno le cose. Ci possiamo
fidare della dichiarazione dei
militari che assicurano che
non c’è alcun pericolo?».
Nel 1998 sono stati pubblicati due rapporti, uno dei
quali di un’organizzazione legata all’Onu: «Quei documenti sostenevano che sotto
il profilo sanitario non ci sono problemi nell’immediato prosegue Teinaore -; ma
quando abbiamo fatto fare
delle controperizie da organismi indipendenti sono venuti
fuori dei “buchi”, delle incongruenze. Per esempio gli studi ufficiali non hanno considerato le immissioni in atmosfera ma solo quelle nel sottosuolo; nello stesso tempo gli
stessi tecnici che hanno elaborato lo studio hanno ammesso di non aver potuto accedere a tutti gli archivi dei
francesi, soprattutto in riferimento a quanti hanno lavorato nel nucleare. Di fronte a
queste carenze di informazione il Sinodo della Chiesa
evangelica della Polinesia ha
deciso l’anno scorso di lanciare un appello alle autorità
francesi affinché gli archivi
segreti riguardanti il periodo
degli esperimenti siano messi
a disposizione dei ricercatori
indipendenti».
Il governo francese ha assicurato che con la serie del
1996 i test nucleari nella regione sono terminati: «Tutte
le infrastrutture sono state distrutte - conferma Teinaore ma sono rimasti molti militari
a controllare la zona. Noi
avremmo preferito che ci fossero esperti per studiare l’e
Ralph Teinaore
voluzione dei nostri atolli sul
plano dello sviluppo della
fauna e della flora. Ci dicono
di dimenticare gli sperimenti
ma noi non lo possiamo fare.
Anche alcuni francesi si stanno preoccupando: sono le
persone che hanno lavorato a
Mururoa. La moglie di un ingegnere che è stato in prima
linea negli esperimenti, morto
l’anno scorso, ha chiesto di
vedere le cartelle cliniche del
marito ma ciò le è stato negato». Che cosa nascondono gli
atolli della Polinesia francese?
Certamente una forte carenza
di giustizia e di democrazia.
Tutta l’area del Pacifico vive
di pesca e di agricoltura.
Di eventuali conseguenze
sulla fauna ittica si parla da
anni, sempre a proposito dei
test nucleari e il pastore Teinaore si dichiara molto preoccupato delle possibili conseguenze. Ma anche la natura
l’anno scorso non è stata benigna con la Polinesia: dieci
cicloni in rapida successione
hanno messo in ginocchio
l’economia del paese, soprattutto l’agricoltura. «Gli effetti
del Niño si sono fatti sentire
in modo violentissimo - racconta Teinaore - abbiamo
avuto chiese e scuole distrutte, morti in molte famiglie.
Solo ora, grazie anche agli
aiuti internazionali, stiamo
cominciando nell’opera di ricostruzione». (pvr)
4
PAG. 4 RIFORMA
Cultura
VENERDÌ 30 APRILE 199q
L'amore tra due grandi protagonisti politici e letterari del nostro secolo
Le lettere tra Ada e Piero Gobetti
Un^unione iniziata da giovanissimi^ lui aveva 17 anni e lei 16, un matrimonio
precoce, un figlio. Llmpegno culturale diventa presto anche politico e antifascista
GIORGIO BOUCHARD
Durante l’estate 199S la
mia consueta routine
pastorale e diaconale venne
interrotta da un piacevole
imprevisto; il Centro Gobetti
di Torino e le associazioni
partigiane della vai Susa mi
invitavano una domenica
mattina a tenere l’orazione
ufficiale a Meana, in occasione della scopertura d’una lapide in onore di Ada Gobetti
nei luoghi che la videro protagonista della Resistenza.
Ottenuto il permesso della
chiesa di Susa, mi tuffai nella
lettura del Diario partigiano
che, a dire il vero, non avevo
mai letto: ci ritrovai tutto un
mondo che negli anni della
mia maturità avevo un pochino trascurato e con cui
oggi la caduta dei Muri e di
tante illusioni mi costringe a
fare i conti; il mondo della
cultura laica, democratica e
impegnata: quel mondo che
non piace tanto a Sergio Romano ma che è pur stato decisivo per la vita del protestantesimo italiano.
Pochi mesi dopo, la mia
ignoranza di cose gobettiane
è stata ulteriormente scalfita
dal bel libro di Alberto Gabella che ho già presentato ai
lettori di Riforma'. E ora, in
questa Pasqua di sangue, mi
trovo fra le mani il grosso volume pubblicato otto anni fa
dalla Casa Einaudi^: tutte le
lettere che Ada e Piero Gobetti si sono scambiati dal
1918 al 1926, più i diari di
Ada dal 1924 al 1926, con una
splendida introduzione di Ersilia Alessandrone Perona.
A leggere questo libro straordinario si prova un’impressione schiacciante: cerchia
mo di spiegare perché. Anzitutto: la natura dell’amore
che lega, anzi salda indissolubilmente l’uno all’altra Piero e Ada: l’uno ha 17 anni,
l’altra ne ha 16, eppure si
amano in modo totale, senza
dubbi né riserve; hanno bisogno di vedersi o scriversi almeno una volta al giorno,
provano una evidente attrazione fisica l’uno per l’altro,
ma il loro amore si esprime
più nell’incontro degli spiriti
che nell’incontro dei corpi.
Piero è contrario ai rapporti
prematrimoniali, e preferisce
semmai un matrimonio precoce (quello da cui nascerà
ramatissimo Paolo, prima
che la vita di Piero venga violentemente stroncata). Nell’attesa, tra i due protagonisti
si svolge un dialogo singolare: da una parte c’è Ada, che
è anzitutto una donna innamorata, e poi è una mente
poetica, amica della musica e
dell’arte. Dall’altra parte c’è
Piero, che in primo luogo è (a
17 anni!) un uomo impegnato: impegnato nella vita civile, impegnato soprattutto
nello sforzo titanico di darsi
una cultura, di rivederla e di
approfondirla in vista dell’azione, in vista di quella formazione delle future classi
dirigenti a cui dedica tutta la
sua «breve esistenza». A Piero
interessa la letteratura russa?
E allora i due adolescenti studieranno insieme il russo (e
in russo si scambieranno i
primi messaggi d’amore durante i mesi clandestini del
loro rapporto). A Piero interessa darsi una visione del
mondo di stampo idealistico
(inizialmente gentiliano?) e la
povera Ada reprimerà le sue
inclinazioni letterarie e musi
Una poesia di Ada Gobetti
1926-1966
Lo strazio del distacco
3 febbraio 1966
Nevicava forte quel giorno
(son passati ormai quarant’anni)
quando sei partito dalla nostra casa
per non tornare mai più.
Oggi c’è il sole invece
e ai piedi del calicanto
una primula azzurra è fiorita.
Non riesco, nel buio degli anni,
a ritrovare il tuo volto.
Ma la pena di quel distacco
è viva ancora dentro di me.
Ada
cali e si metterà, diligentemente, a studiare libroni di
filosofia, rendendone poi
conto via via nelle sue missive d’amore all’esigente Piero.
Piero, per parte sua, illustrerà ampiamente le sue ricerche creative nelle lettere
alla fidanzata: cinque pagine
(a stampa) per illustrarle
l’importanza di Anassimene
e Anassimandro e poi, per
concludere, un fuggevole
messaggio d’amore (all’inizio, ai tempi della clandestinità, è soltanto una «L» in alfabeto cirillico, l’iniziale della
parola «amore» in russo). Più
tardi, le illustrerà per filo e
per segno chi era Carlo Cattaneo e tirerà giù qualche giudizio un po’ azzardato sulVAmleto di Shakespeare o
sulla Ginestra di Leopardi. E
così via. Ada cede sempre,
ma non è passiva: «Tu sei la
mia amorevole negazione gli dice -: per te il mio amore
(...) è un’esperienza, nel senso più alto della parola;
un’esperienza eterna, infinita, ma sempre un’esperienza.
Per me invece questo amore
(...) è la mia vita stessa (...) la
ragione per cui io vivo».
Piero, nella sua genialità,
risolve questo amorevole
contrasto con un colpo d’ala:
tu sei la mia Beatrice, le scrive: come Beatrice accompagna Dante verso la visione
suprema del Paradiso, Ada
accompagna Piero nel corso
della sua formazione, è un
polo irrinunciabile del suo
dialogo interiore. Lo scambio
spirituale tra i due assume
così una colorazione marcatamente religiosa: certo, si
tratta di una religiosità immanente, forse un po’ troppo
influenzata da un idealismo
che riteneva di avere ormai
superato e riassunto in sé
tutta la tradizione cristiana.
Ma il focolare di questa religiosità immanente non è né
la storia né la politica, per le
quali Piero rischia la vita ma
non nutre illusioni: il centro è
proprio il loro amore, visto
come strumento di reciproca
elevazione (e perciò di infinita felicità), ma anche come
difesa dalla mediocrità circostante; se c’è un punto in cui
i due coincidono perfettamente è lo sdegno verso una
classe media impari di fronte
ai suoi compiti: questa piccola borghesia che si preoccupa
solo per due cose: la rivoluzione bolscevica e la tassa sul
patrimonio. Questi filistei
che stanno spianando la strada al fascismo, Piero li disprezza per motivi politici, e
Ada per motivi poetici; ma si
sente già in lei la futura dirigente partigiana.
Ma ci sono anche tante altre cose della futura Ada che
affiorano in questo libro
straordinario: la pedagogista
(che tanti anni dopo fonderà
il Giornale dei genitori), e soprattutto la scrittrice: la «nevicata fitta, bianca, improvvisa» che copre Torino proprio
al momento della partenza di
Piero per il suo ultimo viaggio, l’urlo di dolore al momento della terribile notizia:
«Non è possibile. Non deve
essere possibile». E poi i dolorosi ripensamenti: «Forse
non avrei dovuto lasciarti
partire (...). Se invece di essere anche la compagna del tuo
pensiero e della tua fede, fossi stata soltanto la tua donna,
avrei voluto e saputo trattenerti». Ma, pur nel dolore immenso, le vecchie convinzio
In questa e nella foto in basso un’immagine giovanile e una della
maturità di Ada Prospero Gobetti
ni mantengono tutta la loro
saldezza: «La vita è un inestimabile bene, di cui non si ha
mai il diritto di disporre, un
implacabile dovere a cui nessuno deve sottrarsi».
Nei terribili decenni che
sono seguiti alla morte di Piero, Ada non si è certo sottratta a questo dovere: ha saputo
operare in proprio, scrivere e
pensare: ma ha anche contribuito^ a far sì che il pensiero
di questo genio liberalsocialista giungesse fino a noi in
tutta la sua potenza e in tutta
la sua freschezza: «Beatrice»
ha davvero adempiuto il suo
compito.
Una nota conclusiva per
noi credenti: alla fine del volume riaffiora, improvvisamente, la Bibbia (nella versione Diodati). Il Deuteronomio è citato quattro volte, il
vangelo di Marco una volta;
in tre citazioni su cinque ri
suona la parola «non temere». Non so perché Ada riaprisse la Bibbia in quei giorni, non so perché Piero se la
sia portata dietro nel suo ultimo viaggio. Quello che so, è
che avevo proprio bisogno di
ritrovare questa Parola fuori
d’un contesto ecclesiastico,
nel momento in cui le bombe
cadono di nuovo sull’Europa
e coglie anche me il timore
d’essere vissuto invano.
(Tarre Pellice,
venerdì santo 1999)
veneri
Lavi
éilit
SI
(1) Alberto Gabella; Elogio
della libertà. Biografia di Piero
Gobetti. Torino, Il punto, 1998,
recensito in Riforma del 18 dicembre 1998.
(2) Piero e Ada Gobetti; Nella
tua breve esistenza. Lettere
1918-26. Torino, Einaudi, 1991,
pp. LV-707.
(3) Tutte le lettere di Piero
pubblicate in questo volume sono state da lei pazientemente
trascritte e ricopiate.
Torino ha ricordato Ada Prospero rievocandone la multiforme personalità
Ada a Piero: «Quando canto, canta tutta Panima mia»
PIERA EGIDI
SI è voluto concludere con
una bella manifestazione
primaverile il trentesimo anniversario della scomparsa di
Ada Prospero Marchesini Gobetti (1968-1998), promosso
dal Centro studi «Piero Gobetti» con il meritato titolo de
L’anno di Ada. La primavera,
stagione così amata da Ada, è
tante volte descritta nel suo
epistolario: «Quando giungerò a Parigi - scrive a Piero starà giungendo anche la primavera: vedrò le prime gemme fiorire timidamente tra la
polvere e il frastuono, sugli alberi dei grandi boulevards; e
sulle vecchie pietre dei quais,
sui parapetti coperti dai bouquins passerà a ondate l’alito
primaverile del fiume».
L’aspetto più noto della vita di Ada è certamente quello
pubblico di militante e dirigente della Resistenza, di vedova di Piero, di continuatrice e testimone della sua opera in molteplici modi e in diversi momenti: tra le fondatrici dei Gruppi di difesa della
donna, poi presidente dell’Unione donne italiane (Udi)
di Torino, vicesindaco della
città appena liberata, fondatrice del Centro studi Gobetti
e sua instancabile animatrice
insieme al figlio Paolo e alla
nuora Carla, nonché autrice
di numerosi saggi e di intensa attività pubblicistica. Ma
c’è un altro aspetto «minore»,
una vena latente ma non meno significativa, ed è la vena
artistica, l’amore per il canto
e per la musica. A questo
aspetto «rimosso» della vita e
della personalità di Ada la
città di Torino ha dedicato un
«concerto-lezione», Ada e la
musica, nel pomeriggio del
12 marzo alla Sala del caminetto del teatro Regio.
L’anno di Ada, molto «femminilmente» aperto e chiuso
nel mese di marzo, mese dedicato alle problematiche
delle donne, ha sottolineato,
secondo le belle presentazioni di Ersilia Alessandrone Perona e Gigliola Bianchini, la
«riscoperta» di questa vena
profonda, ma sacrificata della personalità di Ada. Sacrificata certo, dalle necessità
contingenti della testimonianza di cittadina, dall’urgenza della lotta per la libertà
contro il nazifascismo ma anche, più sottilmente, da un
piegarsi e adattarsi tutto femminile alle aspettative del
giovane amato Piero Gobetti.
«Ho tanto bisogno di cantare
- scrive a Piero nel ’21 - di
cantare con tutta l’anima, per
poter vivere. Tu lo sai, per me
ogni cosa è una canzone, una
nota folle di gioia o di tristezza (...). Non voglio cantare
per avere degli applausi o per
qualche altro scopo finale.
Voglio cantare, perché quando canto canta tutta l’anima
mia. Quando tu scrivi una
bella pagina, senti che in essa
hai esplicato la tua attività,
hai concretato un momento
del tuo spirito. Così quando
io canto tutto ciò che passa
nella mia anima, tutto ciò
che conquista il mio spirito,
sento che lo esprimo tutto
nel mio canto (...). È per questo che ho bisogno di cantare. Per questo mi sono chiesta: ho il diritto di non scegliere quella via in cui c’è
l’esplicazione di tutta la mia
attività? (...) Così ho sentito il
problema e ho pensato che
era il mio dovere dirtelo, perché tu chiarissi l’anima mia a
me stessa; come sempre, perché tu mi guidassi con la tua
forza soave. E tu invece hai
creduto a un mio capricciOi e
mi hai lasciata libera di decidere. E lasciarmi libera così,
vuol dire lasciarmi sola. E io
non posso essere sola».
Certo, non è facile stare vicino a un genio. Lo testimoniano gli studi delle storiche
femministe sulle vite delle
mogli e compagne dei grandi
geni: dalla moglie di Tolstoj a
quella di Dostoevskij, tanto
per citarne due famose, la
prima finita gravemente minata neH’equilibrio psichico
per non essere riuscita a «sublimare» del tutto le proprie
personali tendenze artistiche
accontentandosi di ricopiare
a mano i manoscritti del genio (sette volte Guerra e pace'.) e a partorirgli, confinata
in campagna, uno dopo l’altro tredici figli. L’altra, giovane segretaria e stenografa,
completamente identificata
nella vita e nelle opere del
marito, e poi dopo la sua
morte cultrice della memoria
di lui. Ada Gobetti è donna
del nostro secolo, e a soli 19
anni descrive lucidamente,
appassionatamente e con
sincerità assoluta il dilemma,
come abbiamo visto, e ancora lo riprende in queste parole successive (agosto del ’21):
«Ma oggi io vedo con una
grande chiarezza la differenza che c’è tra il mio amore e il
tuo: (...) lo studio, il lavoro
esistono per me solo in ar
monia col pensiero di te (...)•
Non credo per questo che tu
mi ami meno di quanto ti
amo: anzi, per quanto il mio
amore sia immenso, pure
sento il tuo ancora più grande. Perché il tuo è amore di
creatore e il mio di creatura.
In questo non mi pare che ci
sia né inferiorità mia, né superiorità tua: ma semplicemente in questa differenza la
necessaria, intima ragione
della nostra unità».
L’amore, grande trappola
per le donne, come ha dimostrato la ricerca femminista
dei nostri anni, a cominciare
da tante pagine di Simone De
Beauvoir (pure lei vicina a un
genio e geniale lei stessa), così forte e favorita dai tempi,
però da «resistere», pur all’interno del rapporto con l’uomo amato nella faticosa costruzione della propria identità. Ada, giovanissima coinpagna di un genio all’inizio
del secolo, in mezzo ai marosi della storia, si è plasmata
sulla via tracciata da lui, in
questo certamente anche trovando una propria identità.
Ma quell’aspirazione lontana, quella via rimossa... ebbene, credo sia bello, insonama, che da un 8 marzo all’altro, nel mese della donna, sia
stata rievocata.
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PAG. 5 RIFORMA
Il percorso umano e intellettuale del Premio Nobel indiano Amartya Sen
Per un'economia più giusta
[a valorizzazione delle capacità umane, la promozione dei diritti sociali, civili e
(¡¡ libertà sono la base decisiva di uno sviluppo economico al servizio dell'uomo
lità
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SILVANO FALOCCO_______
« MARTYA Sen nasce nel
A1933 nel Bengala, in India, é. trae proprio dalla culturaindiana, con ambiguità e
lontraddizioni pari a quelle
presenti nella cultura europi,l’humus per quella difesa appassionata e ispirata
jeU’economia al servizio
dell’uomo, della valorizzazione delle capacità umane, della promozione dei diritti soci^, civili e di libertà, quale
base decisiva per lo sviluppo
economico, della partecipatone democratica alla vita
attiva, che rappresentano il
perno attorno al quale si articola tutto il suo pensiero.
Il percorso umano
e intellettuale
Non solo il luogo di nascita,ma anche la sua storia
personale ha contribuito alla
formazione di un pensiero
così unico e originale; Sen è
stato infatti marito di Èva Colonii, figlia di Eugenio Colorili (filosofo di valore, esponente di «Giustizia e Libertà»
e morto nelle prigioni fasciste nel 1944) e di Èva Hirschman (sorella di Albert Hirsdtanan, grande sociologo) e
moglie, in seconde nozze, di
Altiero Spinelli, esponente di
spicco dell’azionismo e del
federalismo europeo. Sen ha
avuto tempo e opportunità di
setròiare questo vissuto indvvÿale in un’esperienza
piyssbnale di caratura inizibnalq. Divenne proie nel 1956 a Calcutta, e
isoo peregrinare lo ha condotto in diverse istituzioni
laiversitarie dal 1957 al 1963
altrinity College di Cambridge, dal 1963 al 1971 alla
Delhi School of Economies di
Nuova Delhi, dal 1971 al 1977
iaLondon School ofEconomies, dal 1977 al 1988 all'Università di Oxford, dal
1988 al 1998 a Harvard e attualmente al Trinity College
fi Cambridge. In questo percorso individuale non può
essere infine trascurato il
fondamentale contributo che
l'economista indiano ha fornito airUndp (Programma
delle Nazioni Unite per lo
sviluppo) nella costruzione
dell’Indice dello sviluppo
ninano (Hdi). Il premio Nodel ottenuto nel 1998 ha
Quindi riconosciuto il ruolo
trentennale svolto da Sen
nella ricerca di un’economia
più giusta.
Se volessimo sintetizzare i
temi essenziali della riflessione dell’economista indiano
potremmo dire che sono tre
^ assi fondamentali attorno
fi quali ruota il suo pensiero:
«teoria della scelta sociale;
«teoria della giustizia; la re'tsione del rapporto fra etica
economia. Ma partiamo
Ptoprio da quest’ultimo per
comprendere a pieno i capisnldi delle argomentazioni
dol premio Nobel.
U riconsiderazione
rapporto tra etica
e economia
Uno dei principali lavori di
^®ti {L’impossibilità di un listile paretiano) focalizza la
ùn attenzione sull’architrave
0 cui poggia l’intero edificio
economia tradizionale: il
®ticetto di preferenza e la
^nsibilità di giungere a decioni collettive attraverso l’ag?‘®8azione delle preferenze
ùi^duali. Questo saggio ha
im 1 una vera e propria
'aplosione del pensiero ecojj^co ortodosso: d’altronde
'*^Eustibus non disputan
II Centro evangelico di cultura di Roma, in collaborazione
con la Commissione lavoro della Fcei, il 13 aprile ha organizzato una conferenza dal titolo «Per un’economia più giusta: il pensiero del premio Nobel Amortya Sen». Il relatore,
prof. Silvano Falocco, ha scritto l’articolo che pubblichiamo,
nel quale si sottolinea l'importanza dell’etica nelle formulazioni dell’economia indiana, che rifuggono l’utopia e parlano del buon vivere.
dum è uno degli assunti principali dei manuali di economia politica su cui hanno studiato intere generazioni di
economisti. Sen ha provato a
mettere in discussione proprio questo elemento.
In particolare, nel suo libro
Etica ed economia, ripercorrendo l’origine della disciplina economica e il suo graduale affrancamento dalle
questioni inerenti all’etica,
ne mette in risalto i due aspetti inseparabili: uno, etico,
che assegna importanza all’economia nel contribuire a
stabilire i fini del comportamento umano (la domanda
«come bisogna vivere»), l’altro, ingegneristico; che vede
l’economia occuparsi essenzialmente dei mezzi adeguati
per raggiungere i fini stabiliti.
L’ipotesi comunemente assunta a base dell’economia
moderna è che un individuo
va considerato razionale solo
se massimizza il suo interesse personale. Il suo comportamento viene considerato
razionale solo se, in modo
coerente, egli persegue le
proprie preferenze utilitaristiche e sceglie le proprie
azioni sulla base dei risultati
economici che arriva a conseguire (consequenzialismo).
AI contrario il contenuto delle preferenze degli individui è
escluso dal campo di analisi:
il solo aspetto che viene indagato è quello della coerenza interna. La teoria economia prende a riferimento delle sue analisi non un essere
umano moralmente complesso bensì un animale calcolatore. Qualsiasi allontanamento dalla strategia di massimizzazione dell’interesse
personale sarebbe prova di
irrazionalità e per questo viene negato all’etica un ruolo
nell’effettiva presa di decisioni da parte dell’individuo.
I sostenitori della mano invisibile del mercato ci dicono
poi che, una volta che gli individui perseguono il loro interesse, l’assetto sociale conseguente sarà il migliore possibile: quindi non occorrono
virtù, altruismo e spirito di
solidarietà affinché nella società vengano prodotti vantaggi collettivi: occorre al
contrario che ognuno persegua il proprio interesse personale. Questa concezione,
che Sen ha minato alla base,
sostiene che il grande pregio
dell’economia è proprio
quello di non richiedere ai
cittadini l’amore reciproco
per ottenere dei benefici
pubblici ma la sola coerente
difesa della propria utilità.
Eppure, soprattutto nella sfera crescente dei beni pubblici, la simpatia, l’obbligazione, il codice altruistico, la
motivazione giocano un ruolo fondamentale.
La teoria economica tradizionale «riduce» l’essere umano a un ordinamento di
preferenze che rispecchieranno i suoi interessi, il suo
benessere e l’idea che egli si è
fatto di ciò che è necessario
fare. Nell’analisi economica
tradizionale le preferenze, le
scelte, l’acquisto di beni e
servizi e il benessere coincidono: se un individuo acquista un bene è perché lo ha
scelto sulla base delle sue
preferenze e se egli acquista
ciò che preferisce allora au
menterà anche il suo benessere. Perseguire il proprio libero interesse è importante
perché garantisce autonomia
e libertà: questo è il teorema
fondamentale dell’economia
tradizionale. Ma questa persona, il puro uomo economico, la macchina utilitaristica
è, secondo Sen, un puro idiota sociale, preoccupato solo
del suo unico ordinamento di
preferenze da utilizzare in
qualsiasi evenienza. Il compito di un economista, secondo Sen, è quello di «arricchire» la considerazione che
si ha dell’essere umano; per
andare in questa direzione
ha proposto la necessità di
considerare «ordinamenti di
preferenze» al fine di esprimere i nostri giudizi morali.
Lo sforzo dell’economista
non si è limitato al piano puramente teorico, basti pensare alla recente valutazione
complessa degli effetti della
disoccupazione: la necessità
di politiche contro la disoccupazione deve infatti nascere
dalla piena consapevolezza
degli effetti di distruzione dei
legami sociali a cui questa
conduce. Perdita di libertà,
esclusione sociale, danni psicologici, aumento della mortalità e peggioramento delle
condizioni di salute, perdita
di relazioni e di motivazioni,
indebolimento dei valori sociali, aumento della disuguaglianza tra le razze e tra i sessi
sono solo alcuni dei danni
provocati dallo stato di disoccupazione.
Ma l'uomo è realmente
uno sciocco razionale?
Sen ha inteso rimettere al
centro dell’analisi economica
la questione del benessere
ponendosi l’obiettivo della
riformulazione dei criteri di
giustizia sociale. La sua proposta parte dalla riconsiderazione del well-being (lo star
bene) di una persona. Tradizionalmente gli economisti
hanno definito il benessere di
un individuo come il paniere
dei beni a sua disposizione (o
il reddito che è un suo equivalente) oppure hanno corretto questo concetto utilizzando la categoria delle opportunità (intesi come punti
di partenza). Tutte le politiche del Welfare si basano su
questi due concetti di benessere. In effetti, secondo Sen,
le risorse o i beni primari rappresentano solo gli strumenti
per acquisire well-being. Ma
la sua ricerca ha messo in risalto come le persone, pur in
possesso del medesimo paniere di beni o del medesimo
insieme di opportunità, non
sono in grado di attivare tali
beni 0 tali opportunità allo
stesso modo. E ad altro che
occorre richiamarsi per descrivere il benessere di una
persona: si deve introdurre il
concetto di funzionamenti di
una persona, ovvero quel che
una persona è in grado di essere o di fare (Tessere nutrito,
sano, educato, il vivere nel rispetto della natura, «aver rispetto di sé», ecc.) sulla base
delle sue attribuzioni (l’accesso alle merci). I funzionamenti sono costitutivi dell’essere di una persona e il benessere corrisponde alla qualità dell’essere di quella persona, ovvero ai funzionamen
ti acquisiti. Ma legata alla nozione di funzionamento c’è
quella di capacità di funzionare. la capacità rappresenta
l’insieme delle combinazioni
di funzionamenti che una
persona può potenzialmente
decidere di acquisire e in
questo senso costituisce la libertà di avere benessere (libertà di well-beingì.
La nozione di capacità, secondo Sen, riflette la libertà
di perseguire tali elementi costitutivi del well-being, anche
se possono rappresentare anch’essi un elemento di wellbeing, nella misura in cui anche decidere e scegliere fanno parte della vita. L’insieme
delle capacità può essere usato per la valutazione in modo
più soddisfacente che l’insieme delle acquisizioni. Una
politica sociale non può e
non deve essere valutata esclusivamente sulla base del
«paniere di beni» che essa garantisce e ridistribuisce, né
solo sul funzionamenti ma
sulla più ampia base informativa dell’insieme della capacità di una persona.
Una persona non è guidata
soltanto dal suo well-being
ma anche dalla realizzazione di altri obiettivi e valori
che ha motivo di perseguire
{agency): allora il riferimento
a quello che una persona è libera di fare e acquisire al fine
di soddisfare qualsiasi fine o
valore che ritiene importanti,
la libertà di agency, seppur
concettualmente distinta,
comprende come sottoinsieme anche la libertà di wellbeing. Secondo Sen, la libertà
positiva va definita come
l’abilità di controllare tutti
questi aspetti della propria
vita. Questa distinzione è
fondamentale e quindi va
mantenuta ben presente. Rimane comunque intatto l’accento posto sulla libertà come base della valutazione sociale che va a sostituire l’approccio utilitaristico. La giustizia sociale dovrà quindi
spostare la sua attenzione
dall’utilità alle libertà individuali e allora i raffronti tra le
libertà individuali potrebbero
fornire la base informativa
per la formazione delle scelte
sociali.
Nuovi criteri
di giustizia sociale
L’attribuzione di priorità
alla libertà individuale si fonda sul rifiuto dell’affermazione esclusiva dell’importanza
dell’utile, della ricchezza, della sola libertà positiva e sulla
valorizzazione della diversità
umana. Gli esseri umani sono
diversi ma diversi in modi differenti: hanno diverse risorse
a disposizione, presentano
differenze nei fini e negli
obiettivi, ma anche importanti diversità nell’abilità di
convertire le risorse in libertà
effettive. La libertà può quindi essere distinta sia dagli
strumenti che essa presuppone sia dalle acquisizioni che
la presuppongono; focalizzare la propria attenzione sugli
strumenti per la libertà anziché sull’estensione della libertà può portare a situazioni
paradossali. La libertà sia positiva sia negativa è qualcosa
di più che uno dei beni primari che influenzano il wellbeing o una delle determinanti causali delle capacità
individuali.
È proprio a partire da questo apparato concettuale che
Sen ha recuperato l’aspetto
molteplice della povertà:
quello assoluto e quello relativo. Negli ultimi anni si è
rafforzata sempre di più una
visione «relativa» della po
vertà: si è poveri quando si
sta al di sotto di certe soglie
di reddito: la deprivazione
viene quindi considerata in
termini di impossibilità di
una data persona di ottenere
quanto ottengono gli altri
membri della società, ovvero
viene immediatamente tradotta in termini di diseguaglianza. Se così fosse, le politiche per combattere la povertà si potrebbero tradurre
in politiche di mero aumento
del reddito e la distribuzione
del Pii potrebbe costituire
realmente un indicatore efficace per valutare il benessere
della popolazione.
Ma nell’idea di povertà c’è
un nucleo assolutista irriducibile: infatti l’idea «relativa»
della povertà si inserisce pienamente nello spazio delle
merci; al contrario nello spazio delle capacità, che sono
quelle che costituiscono direttamente lo standard di vita
di un essere umano, la povertà è assoluta e va immediatamente intesa come «povertà assoluta di capacità». È
per questo che anche in paesi
ricchi esistono forti sacche di
povertà, generalmente collegate a quelle «categorie» di
popolazione che hanno difficoltà a trasformare le risorse
in capacità. È importante saper distinguere tra «reddito
basso» e «fallimento delle capacità»: si tratta di due punti
di vista differenti anche se il
legame tra i due concetti è
ben evidente.
Per un'economia
più giusta
L’approccio delle capacità
riguarda sia la valutazione
del well-being sia quella della
libertà. Se per condurre un’
esistenza degna viene considerato di rilievo anche l’elemento della possibilità di
scelta tra alternative importanti, allora l’insieme delle
capacità può risultare determinante anche nella determinazione del well-being di
un individuo. Il grado di libertà individuale può quindi
essere considerato non solo
in termini strumentali rispetto a ciò che si riesce a ottenere, ma anche come elemento
costitutivo della bontà della
società e degli assetti sociali.
La povertà può quindi essere
considerata come una mancata capacità piuttosto che
come una carenza di reddito.
In questo senso è chiaro il
rapporto tra il pensiero seniano e il pensiero di Aristotele sul bene umano: la priorità va sempre assegnata
all’accertamento delle funzioni dell’uomo e al «buon vivere umano», e solo in seguito si può procedere all’analisi
della vita nel senso di attività.
E proprio nelle considerazioni relative al ruolo delTeconomia nella valutazione del
contributo dei funzionamenti al buon vivere umano sta il
principale contributo di Sen
verso un’economia più giusta. Ma la sua proposta non è
affatto utopica. Sen rifugge
dalle strettoie dell’utopia sterile e cerca di trasferire nell’azione l’architrave teorica
costruita negli ultimi venti
anni, e questo proprio a partire dalle agenzie internazionali nelle quali Sen ha lavorato, dalla Banca mondiale alle
Nazioni Unite. A tal proposito fondamentale è stato il
contributo fornito dall’economista indiano alla costruzione dell’Indice dello sviluppo umano, al fine di monitorame i progressi a livello nazionale e internazionale. Tale
indicatore, in quanto a qualità, comparabilità e stabilità
dei dati, deve essere ancora
migliorato, ma l’opinione di
Sen, in tutti questi anni, è
stata quella di partire comunque, anche con un indicatore provvisorio, che potesse iniziare ad affiancare i
tradizionali indicatori di benessere (quali ad esempio il
Pii) e contribuire a riorientare le politiche dei governi.
L’indice di sviluppo umano,
indice sintetico della longevità, delle conoscenze e dello
standard di vita, può contribuire a misurare la ricchezza
nella prospettiva delTumanizzazione delle priorità di
sviluppo e costituire alleanze
tra i movimenti a favore dei
diritti dei consumatori, della
protezione ambientale, dello
sradicamento della povertà e
dei diritti dei bambini.
Centro evangelico di cultura •> Roma
in collaborazione con la Commissione lavoro Fcei
Venerdì’ 7 maggio - ore 18
Aula magna della Facoltà valdese di teologia
Giovani d’Italia: una generazione alla ricerca di
un progetto. Un rebus per le famiglie, la società, le chiese.
intervengono Chiara Saraceno e Doriana Qiudici
6
Il
NeH'incontro, tenutosi a Perugia dal 12 al 15 aprile e a cui hanno partecipato 4oj |
Cattolici, protestanti, ortodossi a convi
gpedizio
art. 2 COI
in»*"
alinitt«
L^ditore
Tra Perugia e Assisi, la città ferita e fasciata da mille ponteggi e tralicci a causa df
confessione cristiana e anche ebrei si sono confrontati sulla «preghiera delkj
La versione per l'uso liturgico interconfessionale
Scopo primo del convegno di Perugia era quello di lanciare
per l’uso liturgico interconfessionale la seguente versione del
Padre Nostro.
Assisi: un gruppo di partecipanti al convegno
Padre nostro, che sei nei cieii,
sia santificato il tuo nome,
venga il tuo regno,
sia fatta la tua volontà
come in cielo anche in terra.
Dacci oggi il nostro pane quotidiano
e rimetti a noi i nostri debiti
come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori
e non indurci in tentazione
ma liberaci dal Male.
Tuo è il Regno, la potenza e la gloria nei secoli dei secoli.
Amen.
Il primo problema teologico affrontato è l’alternativa versio.
ne male-maligno. Il male indica una realtà esistenzialmente
sperimentata, il maligno allude al diavolo cioè al male personj.
ficaio. La versione opta per una via mediana: Male conia
maiuscola. Il secondo problema sono i verbi indurre-esporte
alla tentazione. Il primo può essere inteso come una potenziale azione di Dio che può consentire la tentazione come prova
di fede, mentre il secondo indica piuttosto un’azione protettiva di Dio. È stata preferita la versione più letterale. La terza
questione sistematica è la forma del verbo «rimettere» in relazione alla remissione da parte di Dio. La forma compiuta «abbiamo rimesso» può essere letta come un atto di conversione
operata da Dio sulla base del nostro perdono. È stata preferita
la forma incompiuta, «rimettiamo»: rimettiamo agli altri perché Dio rimette continuamente a noi. Un tratto relativamente
nuovo per gli appartenenti alla Chiesa cattolica è la dossologia
finale che nella liturgia cattolica è separata dal testo principie
da una preghiera di intercessione recitata dal celebrante.
Un breve commento teologico a partire dalle diverse radici spirituali e culturali
Il convegno sul Padre No
stro, che ha coinvolto a Perugia dal 12 al 15 aprile circa
400 partecipanti promosso e
organizzato congiuntamente
dalla Conferenza episcopale
italiana, dalla Federazione
delle chiese evangeliche in Italia e dalla Sacra arcidiocesi
ortodossa d'Italia, dopo una
prima giornata introduttiva,
si è sviluppato attraverso un
concerto di voci diverse ciascuna delle quali, a partire dalle
proprie radici spirituali e culturali, ha fornito un commento esegetico e teologico di una
delle varie intenzioni di preghiera del Padre nostro. Ne è
risultato un interessante mosaico di idee e interpretazioni
del quale intendo offrire ai lettori di Riforma un piccolo saggio. Non riporto citazioni letterali di ciò che i diversi studiosi hanno detto, ma delle
brevi sintesi ciascuna in prima
persona da me selezionate di
parte dei loro contributo.
«Padre nostro
che sei nei cieli»
L’espressione ebraica «Avinu ashamai», Padre nostro
nei cieli, dovrebbe essere intesa a partire dalla filialità. Si
parte cioè da noi che abbiamo dei doveri verso Dio e non
all’opposto, pretendere tutto
da lui. Padre esprime tenerezza e contatto, ossia l’immanenza di Dio, l’espressione
nei cieli parla invece della sua
lontananza, della sua alterità,
e dunque della sua trascendenza, che non vuol dire impossibilità a rivelarsi. L’idea
di trascendenza ci aiuta a non
parlare di Dio disinvoltamente come dice il Qoelet (5, 2):
«Sta attento a come ti esprimi
al cospetto di Dio. perché Dio
è in cielo e tu in terra». E l’immanenza completa la trascendenza. Attraverso la fede
noi possiamo fare ritorno a
Dio, in preghiera, a Dio che ci
vede, ci giudica, ci consola, ci
perdona. L’espressione Padre
nostro ci conduce verso l’unità. C’è un’unità di origine,
ossia un’unità nella creazione
che comporta uguaglianza,
pari dignità, consapevolezza
di essere fratelli, che a un certo punto ha subito una divaricazione. Noi viviamo un percorso di ritorno verso l’unità
(Sofonia 3, 9). L’unità dell’avvenire è lo scopo dell’unità
dell’origine.
(Giuseppe Laras, ebreo,
rabbino capo di Milano)
«Sia santificato il tuo
nome. Venga il tuo regno»
Come interpretare questo
verbo al passivo? Chi deve
santificare il nome di Dio?
Dio stesso 0 le sue creature?
Il passivo è spesso usato per
non pronunciare il nome di
Dio, così come una volta accadeva nei confronti dei re.
Nell’Antico Testamento ci so
no entrambe le possibilità. E
Dio che santifica il suo nome
(Ezechiele 36, 23) ma è anche
Israele chiamato a non profanare il nome di Dio, ma a
santificarlo (Levitico 22, 32 e
Isaia 29, 23). Quando si parla
di santificare Ù nome di Dio,
si intende santificare Dio
stesso anche perché uno dei
modi in cui si leggeva il tetragramma divino era proprio il
Nome. Un confronto con
l’Antico Testamento e con la
preghiera ebraica che più somiglia al nostro Padre nostro,
il Kaddish, ci porta a concludere che l’espressione implica le due cose: Signore, vieni
a santificare il tuo nome e anche Signore, rendici capaci di
santificarlo. Non c’è Luna
senza l’altra. D’altra parte il
fatto stesso che ci mettiamo a
pregare rappresenta in sé il
desiderio di santificare Dio e
il suo nome.
Regno è in genere nelle
scritture ebraiche il regnare
di Dio, più che un ambito fisico dove la sua regalità si
estende. Il Nuovo Testamento, comunque, conosce entrambi i significati: la signoria di Dio e il regno, come
luogo cui accedere (Matteo
19, 23). La domanda è se la
preghiera sia in primo luogo
escatologica, se esprima cioè
una richiesta urgente a Dio di
manifestare a tutto il mondo
la sua regalità in maniera definitiva, o se l’espressione abbia anche un senso attuale,
se la preghiera cioè voglia
esprimere la richiesta: Vieni a
regnare su di noi. Non dovremmo alla fine di questo
millennio, anche alla luce dei
fallimenti e delle infedeltà
delle chiese cristiane che
hanno spesso operato facili
identificazioni fra la chiesa e
il regno, ritrovare con forza la
preghiera nel senso escatologico? Non dovremmo oggi rivivere l’urgenza della chiesa
primitiva che implorava: Vieni presto. Signore?
(Daniele Garrone, evangelico, docente alla Facoltà valdese di teologia, Roma)
ricezione di suo Figlio, Gesù
Cristo, che fu inviato nel
mondo proprio per questo.
La sua volontà concerne tutti
gli uomini chiamati alla salvezza, è dunque volontà di
bene. In Cristo la volontà paterna è apparsa come volontà
per la croce, manifestata come amore crocifisso del Figlio. Nella sfera della Trinità
la volontà del Figlio, come
anche quella dello Spirito
Santo non è diversa dalla volontà del Padre. Esiste una
volontà comune che è portata
in modo unanime dalle tre
persone dell’unica divinità.
(Basilios Pseftongas,ortodosso, docente di Patrologia
all'Università di Tessalonica)
«Sia fatta la tua volontà
come in cielo anche
in terra»
Quando il termine greco
thelema (volontà) si riferisce
a Dio Padre, deve essere concepito prima nel rapporto
della paternità naturale di
Dio Padre col Figlio Verbo, e
dopo nel rapporto della paternità adottiva di Dio con
noi cristiani. Questa relazione
nasce in Cristo e con lo Spirito Santo nella chiesa. In questo rapporto entriamo attraverso il sacramento del battesimo. La volontà di Dio nel
Nuovo Testamento e nella
tradizione pafristica si mette
in rapporto con la salvezza e
la salvezza non è altro che la
conoscenza del vero Dio e la
«Dacci oggi il nostro
pane quotidiano»
Due essenzialmente i problemi posti dalla domanda
del pane: quale pane è richiesto? Che significa l’aggettivo
greco epioùsios? Quest’ultimo termine è infatti sconosciuto all’infuori di questa
preghiera. Si tratta del pane
della sussistenza quello di cui
abbiamo bisogno? È alimento per lo spirito o per il corpo? Girolamo rende il termine in Matteo con «sovrasostanziale» e lo stesso termine
in Luca con «quotidiano» e
questo ultimo è entrato nella
versione liturgica. Origene
intende questo pane come il
Verbo di Dio, il pane vivo disceso dal cielo, altri Padri
hanno sostenuto l’interpretazione eucaristica. In primo
luogo il pane di cui si parla è
anzitutto «il pane materiale»,
l’alimento per il corpo. Solo
attenendoci a questo livello
elementare possiamo cogliere la dimensione simbolica
del pane e possiamo aprirci
ai significati che esso dischiude. Non mi pare pensabile che per bocca di Gesù
questo termine potesse avere
altro senso che questo. La
quarta richiesta del Padre
Nostro presenta assonanze
con Proverbi 30, 7-9 e anche
con il testo di Esodo 16 sulla
manna, secondo il quale questo cibo non poteva essere tenuto in serbo per l’indomani.
Questo significa vivere ogni
giorno nella precarietà di chi
è in esodo, ma significa anche opporsi alla logica dell’accumulo. II pane chiesto è
dunque quello che basta
giorno per giorno.
(Enzo Bianchi,
cattolico, priore della comunità ecumenica di Bose)
e chiedendo perdono per le
bombe, le deportazioni, lo
scatenarsi della guerra.
(Traian Valdman,
ortodosso, decano delle
comunità ortodosse rumene
in Italia, Milano)
«E rimetti a noi i nostri
debiti, come anche
noi i rimettiamo
ai nostri debitori»
Se il peccato interrompe la
comunione fra Dio e l’essere
umano e fra le persone, il
perdono può leggersi come
annullamento di un debito.
Ciò non significa pura cancellazione 0 dimenticanza del
passato, piuttosto recupero
della comunione con Dio e
della libertà. Il perdono consente di recuperare la relazione con l’altro e con la comunità dei credenti, fino a restaurare la bellezza originaria
del rapporto con Dio. Solo la
dimensione dell’amore rende
possibile ottenere il perdono:
due esempi biblici di questa
dimensione salvifica dell’amore sono il paralitico e la
donna peccatrice; nelle loro
vite l’amore si intreccia con il
perdono di Dio. Chi ha il potere di perdonare? Cristo, in
quanto figlio di Dio e Salvatore, può aprire la strada al perdono. Ma è possibile rivolgersi a Dio e accogliere il suo
perdono se prima non si vive
la riconciliazione con il proprio fratello? La tragica guerra
che stiamo vivendo ci mostra
che la riconciliazione è l’impegno maggiore per tutti i
credenti. Dopo la guerra nei
Balcani il grande compito che
si prospetterà sarà esattamente quello di favorire la riconciliazione fra i popoli.
Nella situazione presente non
ci si può schierare con il proprio popolo, ma con il popolo
di Dio, superando le barriere
«...e non indurci
in tentazione»
Come afferma Gregorio di
Nissa, nella scrittura il polimorfismo del male appare
sotto i nomi di Satana, velzevul, diavolo, mammona, nemico che uccide l’uomo, tentazione, male, ecc. Ognuno di
noi può poi decodificare e
rendere concrete le forme del
male moderno. Il modo di affrontare le tentazioni da parte del Signore, insieme ai modi e ai mezzi dello scontro
con i poteri del male, sintetizza oggettivamente e soggettivamente le enormi difficoltà per l’arrivo della nuova
creazione del nostro mondo.
Gesù prova, secondo la natura umana, nella mente e nel
corpo l’estremo delle tentazioni e l’intensità massima
del dolore e della sofferenza.
Sapendo bene la debolezza
della natura umana, Gesù ordina alla sua chiesa di restare
svegli con lui e pregare per
evitare la tentazione. Gesù
con il suo esempio, facendo
la volontà del Padre e completando l’opera di salvezza dell’uomo, ha indicato la
strada che conduce all’abbandono degli impedimenti,
al crollo dei poteri opposti.
(Basilios Pseftongas)
«...ma liberaci dal Male»
Dio non è riconosciuto soltanto come creatore e salvatore dell’esistenza naturale e
storica del suo popolo e di
tutti, bensì come l’eterno Signore, che piega al suo servizio anche il male, da cui ci
salva. Ma come traduciamo
«apò tou ponerou»? Gli orientali lo leggono al maschile (il
maligno), la chiesa occidentale salvo Tertulliano al neutro
(il male). Lutero si riallaccia
alla tradizione anche se nel
grande catechismo include
tutti i mali sotto il regno del
demonio. Calvino lascia aperto il problema e rimanda l’interpretazione neutra al peccato. Non mancano argomentia
favore dell’interpretazione
maschile, non ultimo il fatto
che nell’escatologia tardo giudaica il diavolo è visto come
l’origine di ogni disgrazia. Il
contesto teologico però non
esclude il significato neutro
inquadrato nella liberazione
finale. Il male in senso neutro
ha una portata inclusiva di
tutti i mali anche di quelli che
non conosciamo ma che si
manifesteranno. Chi prega
con le parole del Padre nostro
non è una superstar della spiritualità. Egli prega Dio non
per dimostrare là'propria fede
anzi gli chiede di non esporlo
alla prova. Egli non chiede
che Dio lo liberi dal grande
ma pesante dono della libertà, gli chiede piuttosto di
assisterlo nelle particolari situazioni in cui è molto più facile sbagliare come nel tempo
della tentazione. Dio permette la tentazione ma nella tentazione incontriamo il maligno. Così alla fine della preghiera emerge la nostalgia per
quel mondo nel quale questa
schizofrenia che ci accompagna scomparirà.
(Giuseppe Platone,
evangelico, pastore delia
chiesa valdese di Torino)
«Amen»
Il nostro amén è risposta, il
nostro amén è eco, il nostro
amén è fedeltà alla fedeltà di
Dio: e la nostra fedeltà è twto più forte quanto più lucida
è la consapevolezza della fedeltà di Dio. Gesù è venuto a
farci dono dell’amore fedele
di Dio. Egli ha pronunciato
nella carne umana, che ha
fatto sua, un atto d’amore fino al segno estremo: e questo atto d’amore è diventato
sorgente d’amore per la nuova umanità. Noi abbiamo ricevuto e continuamente riceviamo il dono dello SpiriW
Santo, ma, nello stesso tempo, poniamo tante resistenze
allo Spirito del Figlio che fa
gridare: «Abbà, Padre!»
4, 6). Per questo dobbiamo
ininterrottamente convertirci al sì, convertirci aWarnotiaprirci, cioè, alla fede pura. I
vero problema, allora è la fede: e l’unica paura che devono conoscere i discepoli d
Gesù è la paura della loro pochezza di fede. Ogni volta^
pertanto, che pronunciam^
Vamén, chiediamo gli unip®‘
gli altri la grazia di essere ve
ramente e totalmente u
amén a Dio con Cristo n
suo Spirito: questo è
conta; il resto ci sarà dato
sovrappiù.
(Angelo Comastri, cadoll‘^^'
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^ 2 comma 20/B legge 662/96 - Filiale diTorino
^ ' di mancato recapito si prega restituire
Fondato nel 1848
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L’Editore si impegna a corrispondere il diritto di resa.
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VENERDÌ 30 APRILE 1999
ANNO 135 - N. 18
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Quest’anno il 1“ maggio nel Pinerolese (nella foto una passata edizione)si presenta anche come momento importante di
riflessione e di riaffermazione delle logiche di pace e di solidarietà. Saranno due le manifestazioni principali; una a Pinerolo, inizio alle 10,30, all’ex caserma Fenulli, organizzata dai
sindacati confederali, che vedrà tra l’altro la partecipazione
del sindaco, del vescovo e di un rappresentante della Chiesa
valdese, e una seconda a Villar Perosa (anche qui l’inizio è
previsto per le 10,30) con un corteo che partirà da San Anipeto. La manifestazione villarese proseguirà poi nel pomeriggio con uno spettacolo del Gruppo teatro Angrogna, alle
15,30, che metterà in scena alla Società operaia «Renzo partigiano di Pontevecchio» e «Canti del 1° maggio».
Fra un mese e mezzo si voterà per rinnovare i Consigli comunali (oltre che per le
europee e le provinciali). Il
poter dire direttamente se i
propri rappresentanti hanno
ìavorato più o meno bene, appoggiandoli oppure scegliendo altre liste è una caratteristica della democrazia che nel
caso delle elezioni comunali
viene esaltata dal conoscere
spesso personalmente gli amministratori.
Questo in teoria, perché
secondo quanto sta emergendo, in molti Comuni e non
soltanto nei più piccoli, si sta
trovando grosse difficoltà
nell’individuare persone disponibili a candidarsi. Col rischio tra l’altro di lasciar spazio a formazioni discutibili.
VERSO LE AMMINISTRATIVE
L'IMPEGNO
PIERVALDO ROSTAN
totalmente esterne non solo
al paese ma addirittura, come
è già successo ad esempio a
Massello, all’intero territorio
di valle. Col pericolo in più
di trovarsi governati da persone legati più a precisi interessi economici che a forze
politiche. Già, perché a forza
di riformare (?) il sistema
elettorale, a livello di un comune medio-piccolo «conta»
il parere del sindaco, assai di
meno quello degli assessori,
pochissimo quello dei consiglieri, anche di maggioranza;
e in realtà molte delle decisioni (o delle non decisioni)
sono determinate più che altro dalla disponibilità o capacità dei funzionari. Perché
mai candidarsi a fare il consigliere comunale?
Per impegnarsi comunque
nel proprio paese, per cercare
di portare idee nuove, fanta
sia, nuove sensibilità. E poi
anche per cominciare a costruire la classe dirigente del
domani; un sindaco, o un assessore non lo si inventa in
due giorni. Non sono ottimista, e un ultimo dubbio mi assale; dal panorama delle prime candidature a sindaco ne
emergono alcune al femminile destinate al meritato successo. Mi chiedo però se ciò
non sia frutto della rinuncia
al maschile. Come è accaduto
in molti ruoli della nostra
chiesa, importanti nel nostro
interno ma poco nella sensibilità sociale, anche il ruolo
di amministratore, tante «rogne» e poche soddisfazioni,
gli uomini puntano alla carriera e si defilano dall’impegno nella società.
cattolic‘>'
dihor«^°’
Regione Piemonte
Percorsi
Amativi per
nraccupati
iNella Regione Piemonte i
tóssi di disoccupazione gioiVanile - ha recentemente eviidenziato l’assessore regionale
al Lavoro e alla Formazione
professionale, Giuseppe Go;|lio - risultano essere i più
alti del Centro-Nord sfiorando 1’ 11 per cento, con punte
che superano il 24 per cento.
Paradossalmente, tuttavia,
molte imprese piemontesi, in
particolare quelle del comparto metalmeccanico, stentano a trovare manodopera
qualificata e minacciano migrazioni alla ricerca di mercati più consoni alle loro esigenze». Proprio in considerazione di queste problematiche
legate al mondo lavorativo
piemontese, che tra l’altro anche dal punto di vista economico non sta certo vivendo
un periodo roseo, la giunta
regionale ha firmato un protocollo d’intesa con l’Unione
industriale e l’Amma, finalizzato alla lotta contro la disoccupazione che prevede stage
di formazione e la collocazione di circa 500 disoccupati
nell’area torinese.
L’accordo prevede percorsi
formativi per le persone disoccupate che permettano
l’acquisizione di specifiche
professionalità che dovranno
corrispondere alle esigenze di
Wanodopera qualificata delle
imprese associate all’Unione
industriale e aH'Amma di Tonno. La gestione e la realizzazione del progetto, che verrà
finanziato con 2 miliardi e
mezzo dalla Regione e con un
miliardo dall’lJnione industriale e dall’Amma, saranno
garantiti da un’associazione
temporanea d'impresa (Ati) e
-a un Comitato tecnico scientifico che .sovrintenderà le singole fasi del progetto. Al termine dello stage formativo
Unione industriale e l’Amma di Torino, si impegneranno a individuare le aziende intoressate all’assunzione.
1 provvedimenti entrati in vigore il 24 aprile riguardano soprattutto gli orari dei negozi e le relative licenze
La pìccola rivoluzione che agita il mondo del commercio
________FEDERICA TOURN________
Negozi aperti anche tutto
il giorno, cittadini che si
improvvisano imprenditori e
senza più bisogno di licenze
trasformano il bilocale di proprietà in esercizio commerciale, piccoli negozi di alimentari che allestiscono in un
angolo tavoli e sedie per il
consumo sul posto dei cibi in
vendita. È una piccola rivoluzione quella in corso nel settore commerciale, una rivoluzione voluta dal ministro
dell’Industria, Pierluigi Bersani, che ha messo mano alla
riforma del settore entrata in
vigore lo scorso 24 aprile.
1 cambiamenti non sono
pochi. Innanzitutto gli orari;
tutti gli esercizi commerciali
(se si escludono i pubblici
esercizi, i farmacisti, gli edicolanti e i tabaccai, che non
vengono toccati da questa
legge) possono liberamente
scegliere l’orario di apertura,
purché sia compreso tra le 7 e
le 22, per non più di 13 ore; i
negozianti devono soltanto limitarsi a esporre l’orario sulla porta. È inoltre prevista
l’apertura per 8 domeniche
l’anno (più il mese di dicem
bre, già tradizionalmente caratterizzato da orari elastici
per la vicinanza delle feste di
natale), che sarà stabilita dai
Comuni, così come la chiusura di mezza giornata infrasettimanale e l’eventuale apertura durante le ore notturne.
Ma la novità più rilevante
riguarda la liberalizzazione
delle licenze; si possono aprire negozi di metratura inferiore ai 150 o ai 250 metri
quadri, a seconda che i Comuni siano sotto o sopra i
10.000 abitanti, senza nessuna particolare autorizzazione
e con la sola comunicazione
al sindaco; vale in questo caso la regola del silenzio-assenso; se entro 30 giorni non
si riceve risposta, si può iniziare l’attività. Si è parlato a
questo proposito di una «rottamazione delle licenze»; secondo un decreto di prossima
pubblicazione sulla Gazzetta
Ufficiale, i proprietari di piccoli negozi che hanno cessato
l’attività nei due anni successivi il 9 maggio 1998 potranno essere indennizzati da 10 a
20 milioni al momento del restituzione della licenza. Un
altro punto a favore dei piccoli negozi è il fatto che l’e
sercente può tenere un’attività di «consumo sul posto»,
sempre con la sola comunicazione al sindaco. Un’opportunità che non è invece prevista
per gli esercizi medio-grandi,
a differenza degli altri paesi
europei. A proposito della
grande e media distribuzione,
per iniziare un’attività in un
locale da 250 a 2.500 metri
quadri ci vuole l’assenso del
Comune; sopra i 2.500 il permesso della Regione.
«È facile capire che la grossa battaglia sarà ora sulla
grande distribuzione - commenta Ezio Bruno, presidente
dell’Associazione commercianti di Pinerolo - perché la
riforma Bersani dà spazio e
possibilità ai supermercati e
alle grandi aziende, a scapito
dei piccoli esercizi. Ed è
quindi comprensibile che la
Regione sia in ritardo nella
programmazione per gli ambiti di sua competenza». Dalla Regione discendono poi i
poteri speciali ai Comuni per
i centri storici, e le delicate
decisioni sulle liquidazioni e i
limiti di metratura non sottoposti a licenza, oltre alla nuova definizione dei saldi, che
dureranno non più di 4 set
timane non consecutive. Anche per i Comuni ci saranno
alcune gatte da pelare (solo
due esempi; quando negare
eventualmente il permesso di
apertura? Come armonizzare
un possibile proliferare indiscriminato di negozi con il
piano regolatore?), e la confusione sull’applicazione e le
conseguenze della riforma è
ancora grande a tutti i livelli,
dai vigili urbani al singolo
commerciante.
C’è anche il rischio dell’improvvisazione, per il fatto che
non è più richiesta una particolare professionalità (scom
II corpo delle nostre discipline comprende, oltre ai testi fondamentali che
abbiamo presentato nelle scorse settimane, un gran numero di Regolarnenti e statuti particolari di opere, istituti e organismi vari. Si tratta di testi più brevi che
stabiliscono le finalità e i modi di gestione, ad esempio, di una Casa per anziani o
di un istituto per minori. Alcuni di questi
regolamenti sono approvati da comitati o
da assemblee locali e il Sinodo si limita a
ratificarli, verificando solo la loro rispondenza ai criteri generali della Disciplina. Ad esempio il Sinodo non ratificherebbe un regolamento che escludesse
le persone di colore da un Isfltuto, ma
non entra nel merito di questioni pratiche, come il numero dei membri del comitato, ecc. I criteri comuni a tutta questa regolamentazione possono essere
riassunti nel modo seguente;
- Nessun Istituto può essere amministrato da una sola persona. Ogni opera
IL FILO DEI GIORNI
LE OPERE
_________a cura di CLAUDIO TRON______
deve essere gestita da un organo collegiale che viene normalmente denominato
«Comitato». 1 comitati sono normalmente nominati dall’organo che ha personalità giuridica e che risponde dell’amministrazione dell’opera nei confronti di terzi; per esempio la Tavola, Il Comitato
permanente Opeemi, la Commissione sinodale per la diaconia, i concistori che
hanno personalità giuridica.
- Norma non scritta ma applicata il più
possibile è quella per cui i membri del
Comitato di un’opera devono essere dei
credenti che garantiscono non solo la
correttezza amministrativa della gestione, ma anche il collegamento con la
chiesa locale sul cui territorio di compe• tenza sorge un Istituto.
- Ovviamente i membri dei comitati
devono essere persone competenti. L’insieme dei membri di un comitato dovrebbe coprire con le proprie competenze tutto il ventaglio dei problemi che possono
presentarsi nella gestione.
- Tutte le nomine sono a termine.
- Nello Statuto di ogni singola opera è
precisato il modo con cui viene esercitato il controllo, a nome della Chiesa, sulla
gestione. Tale controllo non deve essere
soltanto di natura burocratica e/o fiscale
(anche se la correttezza pure in questo
campo è di rigore), ma deve verificare la
rispondenza dell’attività rispetto ai fini di
testimonianza e servizio della chiesa.
Dunque «decoro e ordine», ma in vista
della testimonianza e del servizio. Questo vale per tutta la ehiesa.
pare il Ree, il Registro esercenti commercio) e per la riduzione delle tabelle merceologiche a due categorie (alimentari e non), con la conseguente possibilità di vendere
più prodotti nello stesso negozio senza bisogno di autorizzazioni (escluso ovviamente il
controllo dell’Asl).
I diretti interessati non
sembrano per ora avere grandi reazioni alla riforma. Eacendo una rapida indagine fra
i piccoli commercianti della
vai Pellice, i commenti sono
quasi sempre gli stessi, i cambiamenti vengono visti con
una certa diffidenza, e non si
teme la concorrenza di altri
piccoli negozi quanto quella
del supermercato che ha la
possibilità di sfruttare l’orario
lungo facendo fare i turni ai
dipendenti. Quanto a eambiare orario di lavoro, non ci
pensano; «La fatica non vale
il guadagno», rispondono.
«Credo che all’inizio saranno in molti a provare ad aprire
un negozio, ma con il tempo i
piccoli esercizi non reggeranno la concorrenza della grande
distribuzione - dice Ezio Bruno - il mercato sarà stravolto
e cambierà anche la fisionomia delle nostre città». E nei
nostri Comuni di montagna?
«I piccoli commercianti saranno costretti a investire sulla
qualità, a puntare sui prodotti
locali che il cliente non trova
nel grande supermercato» ipotizza il presidente dell’Ascom.
8
PAG. Il
Bandiere pacifiste a Luserna San Giovanni
XXV APRILE CON UN PENSIERO ALLA GUERRA —
Non si poteva ricordare il 25 aprile dimenticando che l’Italia è impegnata in un conflitto bellico a pochi km dai propri
confini. E così a Luserna San Giovanni il sindaco Ohibò, il
presidente dell’Anpi Sereno e l’on. Giorgio Merlo hanno
espresso la propria preoccupazione per l’intervento militare
nei Balcani. Un gruppo di persone contrarie all’intervento
della Nato ha partecipato alla manifestazione con le bandiere della pace listate a lutto e distribuendo volantini.
BRUNA PEYROT SI DIMETTE DAI DS E NON SARA
IN LISTA — Per problemi interni ai Ds e divergenze di
vedute con i compagni di partito l’assessore uscente alla
Cultura e Turismo della Comunità montana vai Pellice,
Bruna Peyrot, si è dimessa dai Democratici di sinistra. Nel
contempo la Peyrot ha annunciato la propria indisponibilità
a ricoprire qualsiasi incarico a livello amministrativo.
NASCE L’AGENZIA PER LO SVILUPPO DELLA VAL
PELLICE — E stato sottoscritto martedì scorso l’atto costitutivo dell’Agenzia per lo sviluppo sostenibile della vai
Pellice; dopo che alcuni Comuni e la Comunità montana
avevano formalizzato l’adesione, insieme ad alcuni privati,
l’Agenzia è stata costituita ufficialmente. Presidente iniziale
è l’assessore al Turismo della Comunità montana. Bruna
Peyrot, e vicepresidente l’assessore lusemese Marco Merlo.
ELEZIONI: STALLO A LUSERNA — Non è ancora scontata
la presenza di una lista unica di centro sinistra alle prossime
amministrative comunali di giugno. Entro il 15 maggio ogni
lista dovrà essere presentata con le firme di adesione ma al
rnomento le trattative fra le forze politiche sembrano in una
situazione di stallo. Troppi appetiti per pochi posti; la querelle riguarda in particolare i Popolari che vogliono 9 posti in lista, due in giunta oltre al sindaco, i Ds che chiedono due assessorati e i Laburisti che chiedono il vicesindaco; tutti rivendicanoun esponente in Comunità montana.
ASL 10: PROFILASSI PER I VOLONTARI — Dai Comuni
del Pinerolese stanno partendo o partiranno presto quasi
300 volontari che intendono svolgere un opera di aiuto ai
profughi dei paesi balcanici. Ma il partecipare a questa
grande gara di solidarietà intemazionale presuppone anche
la propria sicurezza per quanto riguarda la salute. «Non vogliamo fare allarmismo - dice il dott. Paolo Laurenti, responsabile del settore prevenzione dell’Asl - e tuttavia chi
si reca in quei paesi deve assolutamente proteggersi; nei
campi profughi sono presenti rischi sanitari molteplici che
si riferiscono a patologie che oggi in Italia sono quasi inesistenti. E va ricordato che per gli effetti di una vaccinazione
occorrono almeno 10-15 giorni». Quali sono i rischi? Si
parla di epatite A e B, di tetano, tifo, tbc, meningite; gli ambulatori di Pinerolo via Bignone (martedì 14-15), Perosa
Argentina (martedì 11-12) e Torre Pellice Ounedì 9,1510,15) sono a disposizione per informazioni e interventi.
SETTIMANA DEL FRANCESE (E DELL’INGLESE) —
Prende il via nei prossimi giorni una nuova edizione della
«Settimana del francese» che da quest’anno avrà anche una
serie di iniziative per la lingua ingle.se. Molti gli enti coinvolti, dal Centro culturale di Torre Pellice, alle Comunità
montane e i distretti scolastici. Dal 3 al 15 maggio: Esposizione di pubblicazioni varie, in francese e in inglese, presso
la libreria Volare di Pinerolo. 3 maggio: Animazione in
francese alle scuole elementari di Luserna Alta. 4 maggio:
Animazione in francese alle scuole elementari di Bibiana.
Dal 5 al 15 maggio: esposizione di pubblicazioni varie in
francese alla Libreria Claudiana di Torre Pellice. 6 maggio:
Film in lingua francese: «Trekking», Cinema Trento per le
scuole; £ 6.(XX) per le superiori e 3.500 per le medie 7 maggio: In italiano, «Armageddon», cinema Trento per le scuole, £ 6.000 per le superiori e 3.500 per le medie.
LA CASA PER ANZIANI
«MIRAMONTI»
di VILLAR PELLICE
ricerca
n® 1 infermiere/a professionale
eia inserire nel proprio organico
a tempo indeterminato
si prega di contattare la Casa al seguente
indirizzo:
Casa per anziani “Miramonti”
Viale I maggio 13,10060, Villar Pellice (To)
tei. e fax 0121-930900
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1%
Prospettive incerte dopo oltre un mese di bombardamenti
Pinerolo sfila contro la guerra
MASSIMO GNOME
Le bombe continuano a
cadere, e la pulizia etnica
di Milosevic non si arresta.
Siamo al trentatreesimo giorno di raid Nato quando per le
strade di Pinerolo sfila il corteo della seconda manifestazione organizzata dal Comitato contro la guerra. Qualche
centinaio i partecipanti, pochi
purtroppo, almeno tenendo
conto del consueto affollamento dei portici di corso Torino il sabato pomeriggio: famiglie e giovani che chiacchierano e borse della spesa
piene. «Se vuoi la pace costruisci la pace» ammoniscono intanto i molti volantini
distribuiti.
«Queste manifestazioni dice Giorgio Gardiol, deputato dei Verdi, al termine del
corteo - servono per sensibilizzare la popolazione; troppo
pochi sono stati i giovani intervenuti: eppure c’è il rischio
che in futuro essi siano chiamati a operazioni militari di
ben altro tipo». Al corteo pinerolese si è unito anche il
sen. Elvio Passone, dei Ds:
«Rimane difficilissimo trovare una soluzione - afferma -:
è probabile, e personalmente
me lo auguro, che il nostro
governo si impegni presto a
proporla e a esigerla».
Che cosa si sta facendo a livello parlamentare e governativo? «Ci sono 170 parlamentari - spiega Gardiol che hanno firmato un documento che
si oppone all’intervento di
truppe Nato via terra; oltre a
ciò segnalo il primo tentativo
nella storia d’Italia di organizzare una manifestazione di
deputati e senatori per mercoledì sera, con la richiesta di
un intervento in aula del presidente della Repubblica contro la guerra». Continua ancora Gardiol: «Preferisco un’azione ferma dei deputati al ritirarsi sull’Aventino: le dimissioni manifestano l’opinione
di chi ha ormai perduto».
La situazione è complessa e
contraddittoria. «L’azione diplomatica continua - dice
Passone -; molte iniziative
sono state prese proprio dal
nostro governo: rincontro fra
i paesi europei che sono meno solidali con l’asse Regno
Unito-Stati Uniti ne è un
esempio. Le azioni devono
offrire un sostegno al governo e rendere più determinante
Scrive il sindaco di Bobbio Pellice
Come ¡I lungo treno
della solidarietà
La scorsa settimana arrivò a
casa mia Giovanni Bonjour,
proprietario della casa bruciata nella notte di domenica 18
aprile. Non veniva però, come
sarebbe .stato del tutto comprensibile, a richiedere un
aiuto, veniva per chiedere la
mia collaborazione per esprimere un pubblico ringraziamento a quanti, e sono stati
veramente molti, sono accorsi
fin dalle prime avvisaglie
dell’incendio a dare il proprio
aiuto e che hanno continuato
per ore e ore finché, nelle prime ore del pomeriggio, non
sono state rimosse tutte le macerie e sono stati stesi variopinti teli a difendere quel poco che era rimasto.
Personalmente voglio, a nome della comunità che rappresento, dire grazie a voi tutti
che, spesso con grave rischio
personale, avete messo tutte le
vostre energie per salvare non
solo una casa, ma la speranza
di tre famiglie. Lilia e Giovanni, Alessia e Aurelio, Annalisa
e Loris: questa comunità non
vi è stata vicino solo in quelle
terribili ore, ma lo è e lo sarà
ancora perché il vostro dramma è il suo dramma.
Credo anche sia doveroso
esprimere un altrettanto caldo
ringraziamento a voi per la superba prova di umiltà e di coraggio che avete dimostrato e
credo sia degno di nota sottolineare l’atto di Loris che si è
buttato fra le fiamme non per
salvare un qualche caro ricordo o un monile ma le «carte»
della sua ditta: l’iscrizione alla
Camera di commercio, l’idoneità di ditta boschiva, i libri
contabili: perché per lui queste cose non sono facoltative!
Che dire ancora se non che
la famiglia Bonjour ha perso
due case in meno di 80 anni
(alluvione del ’20 e l’incendio
di domenica); e che questa
tragedia colpisce due giovani
famiglie, formatesi da poco
tempo, che avevano scelto di
vivere nella terra dei loro padri e per far questo avevano
dato vita a due promettenti
aziende con grandi sacrifici e
nessun strombazzamento...
Mentre scrivo queste righe
il mio pensiero ritorna insistente a quei volontari e ho
davanti agli occhi il loro sudore, i loro volti anneriti dal fumo, i segni di una stanchezza
vinta da una ferrea volontà di
fare fino in fondo il proprio
dovere. E allora non posso
non pensare che molti di loro
pochi giorni prima avevano
lottato ore e ore lungo gli impervi costoni del vallone degli
Eyssart per spegnere un incendio acceso da un vigliacco.
Quei volontari sono gli
stessi che la sera di lunedì 19
porteranno a valle il corpo
senza vita di Stefano Gönnet,
morto su quelle terre che lo
avevano cullato giovinetto.
Lassù ero arrivato al calar
della notte e, accanto a Stefano, avevo passato lunghi tristissimi minuti all’addiaccio
in compagnia del maresciallo
Angelo Sciortino, di cui voglio porre in risalto la professionalità e la discrezione con
cui ha affrontato e risolto il
caso, e di un suo giovane carabiniere; aveva finito il turno
di servizio e stava per raggiungere la ragazza quando,
rispondendo alla chiamata di
soccorso, saliva fin lassù, dove è rimasto per lunghe ore
nell’adempimento del suo dovere. Mi si dirà poi che le
lampade da minatore dei volontari prima e le luci delle
auto in discesa viste dal paese
sembravano un lungo treno. 11
treno della solidarietà e dell’impegno civile.
Grazie dunque a voi tutti
che siete intervenuti in questi
tre tragici momenti, come
avete fatto decine, forse centinaia di volte in passato e come farete ancora. Grazie in
particolare ai volontari delle
squadre Aib, dei Vigili del
fuoco, del Soccorso alpino.
Aldo Charbonnier
sindaco di Bobbio Pellice I
la sua richiesta di porre uno
stop alla guerra». Il presidente americano. Bill Clinton,
parla di prolungamento della
guerra «fino alla vittoria»
della Nato sulla Serbia: «Portando all’estremo la divaricazione - argomenta Passone l’esito può soltanto essere la
denuncia del trattato; siccome
la Nato non può avere un futuro bisogna persuadersi che
non è indispensabile che abbia un presente. È inutile che
la Nato dica che non può perdere; sarà comunque condannata dalla storia che renderà
innumerevoli le guerre locali
e renderà impossibile il suo
ruolo di gendarme del mondo: tanto vale fermarsi qui».
Prosegue intanto a livello
locale l’impegno del Comitato
pinerolese contro la guerra:
dopo la partecipazione ai cortei per il 25 Aprile e la festa
della Liberazione, è da segnalare il progetto di intervento e
solidarietà per il Montenegro:
«Questo è lo stato - conferma
anche Gardiol - che sopporta
con più difficoltà i 70.000
profughi accolti in un territorio povero e con solo 700.000
abitanti: è come se solo a Pinerolo ne arrivassero 4.000».
Perrero-Bovile
Sospesa
la vendita
della scuola
Il Consiglio comunalei
Perrero ha sospeso la de%
razione che era stata adot|
il mese scorso relativa A
vendita della scuola di Bovi
le, prima che la decisici
fosse comunicata all’
unii.
rente, avendo ricevuto
seconda offerta, superiore ài
la prima di alcuni milioni
Considerato il vantaggio eli
ne deriva al Comune, si è de.
ciso di ripubblicare il bandii
di asta pubblica, che ora ofi
la possibilità di vendere
maggior offerente.
Comincerà fra breve
serie di lavori di consolida^
mento della frana che si trovi
a monte dell’abitato di Perrcro, dopo che gli ultimi rilevamenti hanno segnalato dei
movimenti in profondità die
mettono di nuovo in forse li
stabilità del terreno. Un contributo regionale consentiti
anche di rifare il muro del
strada di Riclaretto che sta
cedendo appena dopo il ponte sul torrente Germanasca.
La spesa prevista per l’intervento è di 50 milioni.
A colloquio col sindaco, Alberto Barbero
Pinerolo: approvato
il bilancio 1999
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GIAN MARIO GILLIO
Il 4 marzo a Pinerolo è stato
approvato il bilancio preventivo per il ’99, dopo quasi
40 ore di dibattito molto acceso condizionato da molti
emendamenti presentati dalla
minoranza e in particolare dal
consigliere della Lega Nord
Stefano Drago. Oggi, a più di
un mese da quella data, chiediamo al primo cittadino di
Pinerolo la sua opinione. «È
stata sicuramente una discussione molto accesa, non in
senso polemico, ma per la
passione degli argomenti trattati - dichiara il sindaco, Alberto Barbero -. Ho riscontrato comunque un certo elemento di strumentalità nella presentazione degli emendamenti, che erano forse rivolti a un
riconoscimento politico e a
una esigenza di visibilità.
Questo accade in quanto durante l’approvazione del bilancio preventivo l’amministrazione esprime i propri intendimenti ed è normale che
tutte le forze politiche verifichino le fattibilità e propongano le loro alternative. Oggi
non solo il Consiglio ha approvato il bilancio ma anche
il Comitato regionale ha dato
la sua approvazione convalidandolo a tutti gli effetti».
- Quali sono stati i punti in
discussione ?
«È un documento comples,so, difficile da spiegare in poche parole, fatto di entrate e
di uscite. Per far quadrare i
conti abbiamo dovuto far ricorso all’addizionale Irpef
portandola all’uno per mille
(il 50% di quanto ci consentiva la legge finanziaria) anche
se questa misura non mi trova
consenziente, non perché non
ritenga necessario che i Comuni non abbiano una leva fi.scale ma questa non deve essere addizionale ma avere capacità di federalismo fiscale».
- La minoranza del Consiglio ha contestato l’aumento
dell’addizionale Irpef quali
alternative proponeva ? , ‘
«La riduzione delle “spex
vive” del Comune stesso,!)'
interventi sull’Ici. Manovri
per noi non accettabili noi
volendo gravare ulteriormente sulle spese per la casa dei
cittadini».
- Un ’altra questione spinosa emersa ultimamente l
quella della lotta all’evasione fiscale che verrà affidato
a una società privata...
«Il nostro intendimento ì
quello di non punire gli errori
che si possono commettere
nelle proprie gestioni, ma trovare coloro che tendono ad
evadere. L’azienda che vincerà l’appalto farà riferimento
alla struttura interna del Comune, e dovrà avere caratteristiche di serietà, sarà inoltre
coadiuvata da funzionari del
Comune. Non vogliamo considerare il cittadino come
evasore, ma cercare una situazione di equità senza pot"
secuzioni aprioristiche».
- La minoranz.a ha otten0
l’istituzione di 5 Commissioni: ricerca all’evasione fiscole, cultura, privatizzazioot<
occupazione, piano urbano
del traffico. Sono impegni pd
il futuro?
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presi nell’ambito dell’apprf'
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persegue da tempo. In ques|®
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Nella mia infanzia ho giocato con le
inacchinine e con le bambole, ho fatto
molte guerre, ma anche maglioni e camicie per il mio orsetto. La mia mamma mi
tia insegnato che tutti gli esseri umani
sono uguali e che bisogna lottare perché
l'uguaglianza delle donne sia riconosciuta nei fatti, nella famiglia come nella società.
Sono cresciuto, daH’adolescenza in
avanti, imparando più dalle donne che
dagli uomini. Quasi tutte le persone che
sono entrate nella mia vita dopo i quindici
anni per lasciarvi traccia sono state donne. Ho avuto una maestra a cui devo
rnoWlel mio modo di affrontare la vita,
h^wo molte amiche grazie al rapporto
con Squali ho potuto vivere le diverse
Mperienze come momenti di crescita, ho
p/to una moglie il confronto con la quale mi ha cambiato radicalmente, accompagnandomi nell’approdare all’età adulta.
Queste donne, anziché lottare per la
propria uguaglianza, come io mi aspettavo e ritenevo giusto, a un certo punto
hanno cominciato a rivendicare la propria
differenza. Reagire a questo ribaltamento
dei termini della questione non è stato facile. Se le donne lottavano per la parità io
le potevo aiutare, ma se cercavano un loro percorso autonomo, non definito in
rapporto agli uomini, mi sentivo escluso,
impotente - e in effetti lo ero. Affrontare
tutte le conseguenze di questo mutamento è stato impegnativo, e anche doloroso.
Nessuna dimensione della mia esistenza
ne è uscita immutata: è dovuto cambiare
profondamente il mio modo di pensare,
ma anche il peso e l’espressione delle
mie emozioni, ne sono uscite trasformate
tutte le relazioni importanti, ma anche la
mia percezione di me stesso.
Attraverso questa burrasca esistenzia^ ho imparato almeno una cosa fondamentale: io sono un uomo, sono un maschio, questo dato biologico è centrale
nella mia identità. Ma cosa significa essere un maschio? Non lo so. Non lo so
perché ero stato formato a pensarmi
come essere umano, incidentalmente
di sesso maschile, mi era stato inse
gnato a comprendermi entro categorie universali, non a approfondire la
particolarità della mia esperienza.
Le donne mi hanno insegnato
che sono innanzitutto un essere
sessuato, e nella fattispecie che
sono un uomo, un maschio e
oggi vorrei esprimere loro la
mia gratitudine per avermi fatto acquisire questa consapevolezza: è stato un passaggio difficile ma essenziale
Ma ora non sono le donne
che mi possono aiutare a
capire cosa significa per
me il fatto di essere un
maschio. Né d’altra parte
posso sperare di riuscirci da solo: ho bisogno
del confronto con altri
uomini.
Gli altri uomini
Non è che nella mia
vita siano stati assenti, solo che la
relazione con loro
era per lo più limitata a alcune dimensioni, fondamentalmente
quelle del con
fronte razionale e della
collaborazio
ne lavorativa. Per
elaborare
le mie
emozioni
0 per rendere le espe
rienze occasione di
crescita
E’ troppo presto per offrirvi dei risultati
del nostro lavoro (anche se il fatto stesso
di scrivere un articolo come questo ne è
in un certo senso già un effetto) ma
speriamo di poterlo fare
nel prossimo
futuro. Vorremmo anche
organizzare,
l’anno prossimo,
un incontro ad
Agape per tutti gli
uomini interessati.
Nel frattempo ci
piacerebbe sapere
se esistono gruppi
analoghi al nostro magari qualcuno che
ha fatto più strada di
noi - o anche singoli
uomini interessati a un
percorso di genere. Contattateci.
Daniele Bouchard
(Agape)
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DaU'8 aI 9 MAqqio a Santa Severa:
CoNVEqNO dri qRuppi qiovANili del LazÌo
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1999
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esistenziale mi ero sempre appoggiato alle donne.
Ma ora questo non è possibile, in questa
fase mi è indispensabile l’aiuto di altri uomini.
Guardandomi intorno mi sono accorto
che ci sono uomini che cercano un analogo confronto. Dopo alcuni episodi occasionali che mi hanno rafforzato nella volontà di ricercare un percorso maschile,
lo scorso autunno con alcuni uomini legati a Agape siamo riusciti a creare un
gruppetto che si incontra periodicamente
per condividere emozioni, esperienze e
riflessioni legate alla nostra identità di genere. Non è facile perché non sappiamo
come si fa e non abbiamo modelli da seguire, ma ci proviamo e qualche passo
avanti ci pare di averlo già fatto.
Spedite le vostre schede
di adesione al segretario:
Sandro Spanu
via P. Da Vimercate, 10
20121 Milano
e la vostra quota di adesione a Emanuele Sbaffi
sui conto corrente postale
n« 25290503, intestato a:
Emanuele Sbaffi
Via dei Benci, 9
50121-Firenze
10
«UNA SANCTA»?
L’MCS FA INCONTRARE PROTESTANTI E ORTODOSSI
Dal 14 al 21 febbraio ho partecipato alla
Conferenza Mcs dal tema “Libertà e Autorità”,
tenutasi a Minsk, capitale della Bielorussia.
L’incontro è stato ospitato dal movimento giovanile ortodosso bielorusso con il quale la
staff ha organizzato i lavori. Il tema è stato
particolarmente incentrato sulla comprensione
ortodossa del rapporto tra libertà e autorità
quanto alla lettura della Bibbia e alla definizione di una teologia ufficiale. Si vede subito come il punto trattato sia centrale nell’identità
cristiana, il che dice deH’importanza e della
centralità delle riflessioni svolte ma anche
dell’Impossibilità di approfondire più di tanto
l’argomento: è infatti quello dell’interpretazione della Bibbia, un punto luce dal quale si
possono rendere visibili le nostre identità denominazionali nella loro complessità e totalità.
Partendo dalla lettura della Bibbia si arriva a
discutere il ruolo della tradizione e delle gerarchie ecclesiastiche (laddove vi siano, e dove
non ci sono perché...), dei vincoli e delle comunità, si apre la questione sul nesso tra i
contenuti scritturali e posizioni etiche, sul nesso tra interpretazione della Bibbia e storia (è
“situato” storicamente il nostro modo di leggere la Bibbia?). Inestricabile l’intreccio delle
questioni vive di una dialettica interna fatta di
implicazioni difficili e interessanti che in una
settimana abbiamo cercato di indagare non
senza belle scoperte e improvvisi smarrimenti.
Come dicevo l’esperienza ortodossa è stata
quella più discussa partendo dalla constatazione che nei confronti della Chiesa ortodossa
c’è molta ignoranza e che molti pregiudizi ne
impediscono un accostamento realmente e
sinceramente ecumenico. Abbiamo cercato di
smascherare e superare questi pregiudizi come quello più diffuso che ascrive alle chiese
ortodosse una scarsa sensibilità ecumenica.
L’impressione di fondo è stata quella di superare distanze e barriere nell’ascolto reciproco
e nell’impegno per la conoscenza dell’altro, riconosciute come condizioni necessarie ad un
dialogo ecumenico. Ascolto e conoscenza
dell’altro vuole poi dire riconoscimento della
reciproca differenza e, su certi aspetti soprattutto in materia etica, riconoscimento dell’irriducibilità a posizioni comuni. È certo infatti
che le posizioni ortodosse sono molto distanti
in particolare dalla sensibilità protestante; ad
esempio quanto alla centralità del “libero esame” della Scrittura o quanto alle posizioni etiche oppure quanto alla stessa comprensione
della storia del Cristianesimo (per la Chiesa
ortodossa Platone, che io penserei appartenere a una cultura estranea e per molti aspetti
antitetica all’ebraismo, sarebbe più o meno un
profeta di Cristo e la traduzione greca del testo biblico sarebbe dunque in perfetta sintonia
con le radici ebraiche).
Interessante è il fatto che nel corso delle
discussioni sono saltati fuori anche non pochi
pregiudizi e facili caricature delle posizioni
protestanti, soprattutto l’idea che i protestanti
fanno dire alia Bibbia quello che vogliono. Il
lavoro ecumenico si è insomma mostrato ancora una volta difficile e non privo di conflitti,
ma pensato aH’interno deH’un//à in Cristo e
della parzialità di ogni chiesa, possibile e
creativo. Unità in Cristo e parzialità di ogni
comprensione storica dell’evento cristiano
(dunque parzialità delle chiese) sono stati definiti i due pilastri per pensare alla pluralità di
chiese cristiane come ad una realtà intimamente solidale, nell’idea antica che parla della
cristianità come “Una Sancta”.
Queste più o meno le conclusioni “ufficiali”
della conferenza. Conclusioni che però a mio
avviso non esauriscono i problemi e le contraddizioni interne all’idea di cristianità “unità”
quando si intenda unità oscillando verso un
senso ecclesiologico, quando cioè si intenda
con “unità” qualcosa come un’unica chiesa(e
se non ho capito male per alcuni lo scopo del
lavoro ecumenico sarebbe questo). Mi piace
infatti pensare all’unità in Cristo come alla
sconvolgente possibilità di essere tutti diversi,
“insieme”.
Per concludere direi che ancora una volta
mi sono reso conto di come sia fondamentale
per vivere pienamente questo tipo di esperienze la consapevolezza storica di se. Sapere come leggiamo la Bibbia e perché la leggiamo così, sapere che storia hanno alle spalle le nostre chiese, sapere con che categorie
teologiche pensiamo e crediamo, sapere di
sé. Conoscere la nostra storia di credenti e
scendere nella terra che è il nostro passato,
fino a sentire, toccare e vedere le nostre radici, rendendoci poi conto che accanto ad esse
ce ne sono tante altre a dare la vita. Perché
laddove nasce la vita s’è posto per tutti e nessuno di noi è “tutti”
Samuele Pigoni
IL WSCF
UNO SPAZIO PER
IL CONFRONTO
LA GUERRA E NOI
LA DISPERAZIONE NON DEVE VINCERCI
Devo dire che fa un certo effetto accendere il televisore e trovarsi nel bel mezzo di un
accorato e sentito elogio della popolazione
pugliese: l’encomio è cura di Maurizio Costanzo (che in verità, simpaticissimo non mi
sta!).
E sì, è davvero lodevole l’opera di soccorso che i cittadini e le cittadine pugliesi stanno
rendendo ai profughi di guerra albanesi del
Kosovo: lodevole per II nostro povero e già
sufficientemente tartassato Sud! Comportamento impensabile, continua Maurizio, per
quel Nord-ltalia che, aggiungo io, secessionista e razzista, vorrebbe fare la stessa “pulizia”.
In verità, di politica non ne capisco molto,
almeno di quella che molto disumanamente
perseguono gli esseri umani nel loro stupido
attaccamento alle cose terrene e materiali e
allo loro terribile e nefanda pienezza di sé.
È assurdo come la follia si possa impadronire delle nostre menti! È assurdo, infatti, che
anch’io pensi di eliminare fisicamente qualcuno: l’ho pensato di Saddam Hussein e ora lo
penso di Milosevic. È assurdo e la rabbia è
tanta. Soprattutto in chi, come Etta Ragusa
che in questi giorni è stata a Mortola per illustrarci la situazione, lotta da anni per la pace
e la giustizia sensibilizzando politici e capi di
stato, manifestando pubblicamente e spendendosi in prima persona.
Cosa si può fare ora? Ora che, ancora una
volta in questo secolo di grandi progressi e
strabilianti innovazioni tecnologiche, ci ritroviamo a fronteggiare irragionevoli barbarie?
Credo che come me vi chiederete incessantemente: ma come è possibile che tutto
questo accada? Ma come si può uccidere un
uomo, una donna, un bambino? Come si può
permettere il massacro di tante persone? Come può avvenire che la follia abbia il predominio sulla ragione?
Ce lo domandiamo e sicuramente in quel
momento stiamo rivolgendoci a Dio, lo stiamo
interrogando e lo stiamo pregando affinché ci
dia una risposta, affinché calmi il nostro animo in subbuglio, allontani da noi quell’amarezza, ma soprattutto che spenga e annienti
per sempre l’istinto distruttore e guerriero
dell’umanità.
E pensare che la Pasqua appena celebrata, festa antichissima che si perde nella notte
dei tempi, prima ancora di essere la festa e il
ricordo della resurrezione di Gesù (resurrezione che noi, tra parentesi, ricordiamo ogni domenica e ogni giorno della nostra vita), nelle
memorie dell’Esodo diventa la commemorazione della liberazione dall’Egitto: non possiamo dimenticare la situazione di oppressione e
di ingiustizia che pativa il popolo d’Israele.
Scappavano dalla schiavitù, dalla non vita o
meglio dalla morte. SCAPPAVANO!
Ma forse è proprio questo il destino
dell’umanità: scappare, essere in continuo
movimento, sì (come vuole la metafora), ma
per scappare dall’odio, dalla guerra, dall’oppressione, dalla morte? La storia antica, moderna e contemporanea ci racconta solo e
soltanto questo! DISPERAZIONE, ALLORA?
No! Non possiamo lasciare che la disperazione si impossessi totalmente di noi.
Dio liberò il popolo d’Israele
e lo guidò durante il faticoso
e difficile esodo; Dio ha salvato dalla morte suo figlio
e sappiamo che tramite
questa morte difficile,
amara, inaccettabile per
lo stesso Gesù, ha liberato e salvato tutti e
tutte noi. Speranza, questa è la condizione di
noi cristiani e cristiane, speranza e fede in Dio
e Gesù Cristo che ha sofferto come noi moralmente per l’incomprensione che lo circondava per i continui attacchi e le continue accuse,e fisicamente per la terribile morte in
croce.
Ecco la mia risposta, dopo la prima fatta di
triste rabbia: affidiamoci a Dio, lasciamo che
si compia la sua volontà, facciamolo in preghiera, mettiamoci in comunione con Lui e
chiediamo lodandolo e glorificandolo che regni nelle nostre vite e nel mondo intero. E, nel
frattempo, adoperiamoci come meglio si può
condividendo quanto il Signore ci ha donato.
Il WSCF (World Student Christian Federation), da noi tradotto con Movimento Cristiano
Studenti, è un network mondiale per l’ecumenismo. Nato nel 1895 in SVEZIA si propone
di organizzare conferenze e convegni per gio.
vani cartolici, ortodossi e protestanti. Sono
membri del WSCF movimenti giovanili di oltre
70 stati nel mondo, di cui 17 in Europa. La
FGEI è membro del WSCF perchè lo ritiene
uno spazio importantissimo di dialogo e confronto tra culture e spiritualità diverse .spesso
tra loro storicamente e teoricamente in conflitto. E’ soprattutto uno spazio di conoscenza
e rispetto dell’altro, spazio di gioco e talvolta
di tensione che chiede di pensare alla
propria identità come strutturalmente relativa
e dialogante. Si vede bene come questo abbia un forte senso ecumenico e politico. Abituarci a pensare che il mondo deve essere
luogo di condivisione creativa delle differenze
non è un percorso scontato, impegnarci in
questo è un compito ed una sfida per i singoli, i gruppi, le Chiese, la società. Questo
percorso si concretizza .nelle proposte del
WSCF, in incontri di 5 o 6 giorni su temi teologici e politici di vario livello, ospitati di volta
in volta dai movimenti nazionali. Occasioni
.tra l’altro, per ampliare il raggio delle nostre
conoscenze culinarie, enologiche e...’’bibliche”. I prossimi incontri sono: 11-17 Settembre, Agape: Assemblea Europea “GENERATION X or GENERATION CROSS” 13-15
Maggio, Budapest (Ungheria): Meeting degli
Amici del WSCF in Europa “TRA L’IDEA E
LA REALTA” 1-7 Agosto, Oslo (Norvegia):
Summer Meeting del Movimento studentesco
cristiano Norvegese:”UTOPIA” 30 Agosto- 9
Settembre, Beirut (Libano): Assemblea Mondiale “BEHOLD.I MAKE ALL THINGS NEW”
Novembre, Waldsieversdorf (Berlino) : Conferenza Studentesca Ecumenica Internazionale : “SITUAZIONE POLITICO-SOCIALE
DELL’EUROPA DELL’EST” Sono inoltre di-,
sponibili informazioni su diversi tipi di corsK
internazionali di formazione al lavoro ecumenico giovanile promossi dal CEC (Consiglio
Ecumenico delle Chiese). Per saperne di più
contattare: Samuele Pigoni tei.0432/907330
oppure 041/5200546, psamuele@tin.it
Virginia Mariani (Mottoia)
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Quando mi hanno invitato a partecipare a
questo incontro a Reggello ho accettato senza sapere di preciso di che cosa si trattasse
in quanto non ho mai preso parte ad un campo di questo tipo fino ad ora, ma adesso con
Il senno di poi posso dire di essermi trovata
molto bene e di aver passato due giorni allegri e in buona compagnia. Conoscevo soltanto alcuni dei ragazzi presenti e di conseguenza ho avuto l’occasione di incontrare
persone nuove. Fare conoscenza.è stato, oltre che facile, anche molto piacevole infatti ci
siamo divertiti cantando, parlando tra di noi,
facendoci foto e giocando all’aria aperta, approfittando di quei pochi momenti di sole,
che distrattamente,il tempo, non certo favorevole, ci ha regalato. Tutto ciò dimostra
una volta di più che lo stare insieme, godendo della reciproca compagnia, può essere il
migliore degli svaghi. Inoltre, durante questi
due giorni, abbiamo affrontato tutti insieme
l'analisi dei due fumetti “Calvin e Hobbes" e
'Charlie Brown”. lo non li conoscevo ma devo ammettere che li ho trovati molto divertenti e allo stesso tempo interessanti. Ho capito che dietro l’umorismo e le battute ci può
essere anche una riflessione più profonda,
infatti abbiamo parlato di sorrisi amari che
nascon
dono scorci di una realtà spesso negativa
ma che induce a pensare.
Cercando di dare una spiegazione etica
alle vignette, abbiamo trovato versetti biblici
e riferimenti a un Dio a cui sono rivolte domande anche impegnative che forse alcuni
di noi non pensavano di trovare in un fumetto. Sono venuti alla luce difetti e aspetti del
carattere dei protagonisti tutt’altro che positivi, che in parte ci siamo sentiti di condividere e che, soprattutto nella società moderna
votata al consumismo e al progresso, sono
molto diffusi. Utopisticamente sarebbe bello
pensare che le comodità e il progresso possano essere vissuti dalle persone in modo
più umano, prendendone soltanto i lati buoni.
Di sicuro nessuno vuole fermare la tecnologia perché questa migliora la qualità della
nostra vita rendendoci tutto più semplice, ma
anche la nostra umanità e il nostro altruismo
dovrebbero avanzare di pari passo invece di
arrestarsi o addirittura regredire. Abbiamo
tratto dai fumetti anche aspetti positivi;
l’esempio lo troviamo in particolare in “Charlie Brown” nel quale uno dei personaggi del
fumetto, Linus, proclama di essere un devoto
del Grande Cocomero e di credere nella sua
futura venuta che si realizzerà solo in un
campo di cocomeri sinceri. Non si sa cosa
Linus intenda per Grande Cocomero, può
esser visto come un Messia, come Dio la cui
Misericordia, nonostante venga accolta
solo dai sinceri e dai puri di cuore,
cade su tutti, peccatori e non,
proprio come fa la pioggia
che bagna ogni cosa indistintamente. Da qui il titolo del
campo “Aspettando il
Grande Cocomero “che
simboleggia quel barlume
di speranza che dà un senso alle nostre riflessioni e
verso la quale dovrebbero
vertere tutti i nostri tentativi di tornare ad essere
ingenui e fiduciosi proprio come Linus. Nel trar.’■e delle conclusioni c'è
chi ha detto che dalla lettura di questi fumetti si
ouò imparare a non accontentarsi delle comodità e a
non esultare per le nostre vite
sicure e tranquille, ma a mettersi sempre in
discussione perché spesso tutto ciò è solo
apparenza, in quanto la comodità e il benessere fine a se stesse non possono bastare
per essere felici.
La discussione si è protratta per tutto un
pomeriggio fino all’ora di cena ma sarebbe
potuta andare anche oltre, infatti mi sono resa
conto che in mezzo a ragazzi come me diventa semplice af
ognuno di noi abbia potuto partecipare chi
con una preghiera spontanea, chi suonando o
cantando. L’unico rammarico è che questi
due giorni sono letteralmente volati via, mi sarebbe piaciuto rimanere magari un giorno in
più ma comunque sarò molto felice se in futuro si ripresenteranno altre occasioni come
questa per ritrovarci tutti insieme.
Valentina Trallori (Caldine - Firenze)
frontare tematiche importanti senza annoiarsi e
mantenendo un clima allegro. Devo dire che di questa esperienza mi è piaciuto soprattutto lo spirito
di collaborazione che si è
creato. Spesso, partecipando ad attività organizzate da altri, mi sono trovata in situazioni in cui tutto era già stabilito e il più
delle volte ho finito con
l’assistere passivamente.
Invece stavolta mi sono
sentita partecipe e attiva;
è stato bello vedere come
anche durante il culto
Ho partecipato al convegno fgei toscana svoltosi nei
giorni 27 e 28 marzo a Casa Cares. “Aspettando il Grande
Cocomero" - ovvero Fede, Etica e Fumetti - è il titolo dei campo, durante il quale abbiamo analizzato le strisce dei fumetti
“Charlie Brown & co” e “Calvin e Hobbes" facendo emergere,
ovviamente, varie riflessioni biblico-teologiche.
Sono stati formati due gruppi di lavoro in modo tale che ogni
persona approfondisse uno dei fumetti protagonisti del campo.
Ritengo doveroso far presente che il lavoro della staff è stato
eccellente sotto tutti i punti di vista e proprio questo ha fato si
che il convegno fosse molto interessante, per niente noioso.
Sono contenta, anzi che dico, entusiasta di avervi partecipato
perché ho conosciuto delle persone simpaticissime con le quali
spero in futuro di instaurare una grande amicizia. Un solo difetto: Il convegno è durato troppo poco.
Chiara Zocco
(Collesalvetti - Livorno)
BARLEHA-CORATO,
ANDATA E RITORNO
La Fgei Puglia continua ancora a soffrire
dispersione di importanti energie che si
spera vengano recuperate in modi e tempi
she stiamo cercando di organizzare. Ed ecco,
come avrebbe detto madre Teresa di Calcutta
(6 perdonatemi l’esagerazione) una goccia
cel mare della “distrazione” che ultimamente
*13 attraversato la Fgei nella nostra regione,
che tuttavia ha dimostrato di essere fortunata
Cotto altri aspetti (vedi gli ormai spesi 63 miferdi di Peschici, dei quali, ahimè, la Fgei non
ha beneficiato). Comunque non ci siamo laSClati prendere dallo “sconforto” e con una
ttlodesta colletta, e per ben due volte, siamo
^usciti a organizzare l’incontro fra un gruppo
Ìh>vanile numeroso, ma che soffre di ruggine
CiWitaria e che sta cercando di rimettersi in
¡hoto, quello di Corato, i ragazzi delle Chiesa
“ttttista di Barletta, che vivono all’Interno della
comunità, la situazione contraria, e due
^i^ggiosi singoli, una della Chiesa battista di
e l'altro di quella valdese di Cerignola
®he, sfidando il maltempo sono giunti per te^ttloniare che non bisogna mai darsi per vin'• Interessante, inoltre, è il percorso dei gio''®ni di Barletta che, dopo aver vissuto l'estate
^•■sa la bellissima esperienza di un viaggio
' Evangelizzazione attraverso l’Inghilterra,
Enne potuto verificare, per la prima volta,
^nto l'incontro, la condivisione, e il lavoro
^6rne a persone di altre comunità (in quel
^ belle altre chiese battiste pugliesi) posano essere “benefici”, sia a livello di formarne individuale che di comunione cristiana.
Ripieni di questo spirito hanno così accettato la proposta d organizzare un incontro con
i giovani evangelici più vicini a loro. Entusiasti
quindi dell’idea, i gruppi che non avevano mai
avuto contatti precedentemente e che in
realtà non sono federati (ma diamo tempo al
tempo) hanno trascorso delle ore davvero
piacevoli insieme, nelle, quali si è parlato delle
gioie e dei dolori che accompagnano le loro
attività; si è cantato, ballato e mangiato per il
semplice piacere di essersi ritrovati.
Il senso di tutto ciò sta nel cercare di ridare
queU’entusiasmo che si è perso nell’aver dimenticato che quello che facciamo ci deve
trovare motivati, prima di tutto, nella voglia di
stare insieme che, guarda un po’, non è sempre scontata come si vuol far credere: a volte
bisogna “lavorare” anche su questa.
In quelle due giornate i gruppi si sono “trovati”, hanno cercato di spronarsi a vicenda
con lo scherzo e le canzoni, prima nella comunità di Barletta e poi in quella di Corato,
ognuno portando con sé le esperienze, le
energie e il desiderio di esplorare modi di ritrovarsi e di crescita diversi, senza che nessuna faccia si fosse incontrata con l’altra prima di allora. L’amicizia e la voglia di collaborare è stato i risultato di questi incontri che avverranno ancora, magari per un vero e proprio convegno con un tema che penseremo
insieme; d’altronde si comincia così... e con
un po’ di volontà in più gli ingranaggi ricominceranno a funzionare.
Manuela Lops (Trani)
DI MAMMA CE' N’E’
UNA SOLA.*. O NO?
Famiglie, Bibbia, etica nell’ultimo convegno
della FGEI Triveneto
La vostra è una famiglia-gatto, una famigliacoccodrillo 0, ancora, una farfiiglia-koala? O
cos’altro?
Nella famigliare (!!) cornice di palazzo Cavagnis, a Venezia, si è tenuto, il 20 e 21 marzo, un convegno FGEI dal titolo “Le Mille e
Una Famiglia”. L’obiettivo dichiarato della
Giunta Triveneto era quello di lasciare aperte,
sotto questo titolo, il maggior numero di tematiche, dalle coppie “canoniche” piuttosto che
omosessuali, alle famiglie tradizionali piuttosto che quelle “di fatto”, ai singles, senza imporre un taglio predeterminato ai lavori, ma
lasciando che questo si delineasse “sul campo”. Il gruppo dei partecipanti, molto numeroso ed eterogeneo sia per provenienza che
per età, è stato quindi invitato a partire da sé,
riflettendo su quale fosse la propria idea di famiglia: i modelli che ci sono stati proposti come traccia, caratterizzanti ognuno una tipologia di famiglia differente sia per composizione
che per caratteristiche (famiglia koala, gatto,
ecc.), sono rapidamente stati affiancati da un
numero inaspettatamente elevato di modelli e
sfumature che ognuno ed ognuna indicava
come propria famiglia di provenienza, propria
esperienza attuale o come modello ideale
verso cui tende.
Il tema è poi stato affrontato, in collaborazione con la REFO (Rete Evangelica Fede e
Omosessualità), dal punto di vista biblico: nei
laboratori si è cercato di capire quale o quali
modelli di famiglia vengano proposti nella Bibbia, analizzando e commentando, senza facili
soggezioni o interpretazioni indotte, tre brani
differenti tratti sia dal Nuovo che dall’Antico
Testamento (Gen. 2,18-3,19; Gal 5,13-26; Ef.
5,22-33); da qui, il passo inevitabile e necessario è stato quello di discutere sul se e sul
come i nostri modelli ed i nostri stili di vita, oggi, possano essere conciliati con quelli desumibili dalle Scritture.
Stranamente, non abbiamo trovato risposta a questo interrogativo, ma tra discussioni
accese e silenzi riflessivi, visioni tradizionalistiche e interpretazioni originali, scherzi, etica
ed etiche, grasse risate, lunghe passeggiate,
teologia spicciola, bevute notturne ed altro
ancora, siamo arrivati alla domenica pomeriggio, stanchi, certamente, ma con la soddisfazione di chi scopre piacevolmente nuovi, inaspettati spunti di riflessione, nuovi sentieri su
cui avventurarsi, incontrarsi, perdersi e ritrovarsi. La nostra ricerca continua a casa, nella
nostra vita di tutti i giorni, nei nostri incontri e
nelle nostre relazioni, ma mi auguro e mi
aspetto di incontrare di nuovo la FGEI su
questi sentieri importanti, affascinanti e poco
frequentati.
Michel Charbonnier (Roma)
12
Hotiziûriofgei
-/
dal consiglio
Nuvole basse e speranza a fiato corto in questi giorni di guerra assurda che non sembra
avere esito.
Così deve essere stato l’orizzonte della donna cananea che incontra Gesù e gli chiede di
liberare sua figlia da un demonio (Matteo 15: 12-21). Gesù non risponde, non ascolta. Peggio ancora i suoi discepoli che vogliono cacciare la donna. Gesù è stato mandato alle pecore
perdute di casa sua e non si dà da mangiare il pane dei figli ai cani. Anche la parola di Gesù
è sorda. Ma la donna rivendica l’ascolto di Gesù; è la donna che sostiene il conflitto con Gesù e rivendica un incontro che sia una trasformazione, una liberazione: ‘Anche i cagnolini
mangiano le briciole che cadono dal tavolo’. Gesù si ferma e ascolta:‘grande è la tua fede’.
Gesù impara ad ascoltare, ad avere un orecchio attento, una parola inclusiva, a guardare il
mondo in modo inedito. Grazie alla fede della donna che rivendica l’incontro e sa gestire il
conflitto la figlia guarirà.
Marta ci ha accompagnato sul filo di una bellissima narrazione biblica. Oggi mi chiedo se
a Ramboulliet non si sarebbe dovuto avere la fede della donna cananea per rivendicare un
incontro di trasformazione che fosse rivolto alla vita e non firmato sotto l’ombra dei bombardieri...
Il Consiglio si aggiorna e guarda ai grandi cambiamenti determinati dalle nuove tecnologie
telematiche. Enzo ha delineato un quadro estremamente interessante delle possibilità ed i rischi della società telematica, speriamo di avere un suo articolo su GE al più presto.
RHCZ...VÌ ricordate? Un progetto voluto dal Consiglio per favorire l’aggregazione a livello
locale coinvolgendo le forze pastorali e non che hanno energie ed idee da spendere a riguardo. A Napoli si riparte ci auguriamo che quanto prima questo progetto possa diventare
patrimonio di tutta la EGEI.
La Federazione Giovanile è molto impegnata nei suoi rapporti con l’estero. Chi ne volesse
sapere di più è caldamente invitato/a alla consultazione Esteri che si terrà ad Ecumene da
30 aprile al 2 maggio. Per iscrivervi telefonatemi o mandatemi un e.mail (02/6599603, spanu@iol.it)
Il pulmino della FGEI che girerà per l’Italia nella Pasqua 2000 non ha un nome, ma ha un
percorso. Toccheremo alcune città, ma vorremo soprattutto prediligere le realtà di provincia.
Quando tutto il progetto sarà fatto vi faremo avere notizia, nel frattempo dateci suggerimenti
per il nome.
Guerra appunto. Scoppiata di notte, sotto i riflettori impietosi delle nostre televisioni. Il
Consiglio della FGEI ha aderito alla manifestazione contro la guerra del 3 Aprile e in un comunicato stampa ha espresso ‘la più viva apprensione per la guerra (...). Condanna il massacro perpetrato nei confronti dei Kosovari (...) riconosce le violenze inferte alla popolazione
serba da parte dell’UCK.’
li Consiglio inoltre ritiene: ‘che le guerre non siano strumenti politici che favoriscano i processi di pace, (...) che sia stato ignorato il ruolo del Consiglio di sicurezza dell’ONU, (...) che
questa guerra sconvolga gli equilibri internazionali senza offrire una reale alternativa per i diritti della popolazione Kosovara.
In queste settimane di concerto con il Servizio Rifugiati e Migranti (SRM) e la Missione
battista in Albania stiamo cercando di approntare un progetto per costituire due gruppi che
partano per l’Albania questa estate. Non è facile, bisogna agire con ponderatezza per concretizzare le cose. Oggi andare aldilà dell’Adriatico significa togliere il pane a chi ne ha già
poco. Chi comunque volesse informarsi autonomamente per i servizi di volontariato si metta
in contatto con II SRM (06/48905150)
Sandro Spanu (Mi)
Atti
Riunione del 20-21 marzo 1999
I®" 16-11 Consiglio nomina membri del Laboratorio politico, per l’organizzazione del Campo
studi ’99, le seguenti persone: Samuele Pigoni, Mattia Costa, Stefano D’Amore,
Alfonso Esposito, Massimo Gnone, Matteo Rivoira, Laura Casorio, Sara Grasso, Barbara Grill.
I®- 17 - Si incarica il Segretario di scrivere una lettera al presidente della Fcei Domenico Tomasetto e alla responsabile dell’Ufficio volontariato Fcei, in merito al progetto Gephira.
18 - Si incarica Alessandro Spanu di tenere la prossima discussione di contenuto sul tema della cristologia e dell’esperienza del Gruppo di Lavoro Teologico (Grulateo).
19 - Si incaricano Daniele Del Priore, Vincenzo Marziale, Luisa Nitti di studiare la fattibilità di un sito Web della Fgei.
20 - Si incarica Barbara Grill di contattare Daniele Bouchard per la redazione dell’editoriale del Notiziario Fgei di maggio sul tema della maschilità.
I®- 21 - Si stabilisce di tenere la prossima riunione del Consiglio nei giorni 5 e 6 giugno
1999 in Puglia.
Ebbene sì!
ono proprio loro!
la e Alberta si sono sposati!
Da tutta la redazione
auguri Più affettuosi!
LA FGEI ALL’ESTERO
APPUNTI SULLA «CONSULTAZIONE
»
Ciao a tutti i lettori e le lettrici del Notiziario.
La primavera si avvicina, gli esami ancora di
più, il lavoro deve fare i conti con in nostri corpi sempre più stanchi e una testa che sogna
ozi balneari.
Beh, prendere parte alla Consultazione
Esteri FGEI 1999 - Ecumene, 30 Aprile / 2
Maggio - potrebbe essere un modo per uscire
dalle nostre routine, incontrare “vecchie” e
nuove amicizie, raccogliere la stimolante sfida
di confrontarsi con il testo biblico.
Ma cosa è la Consultazione Esteri FGEI?
“Consultazione Esteri” è il nome poco autoesplicante di un appuntamento fisso della
Federazione, che si ripete periodicamente
nello spazio che intercorre tra due Congressi
Nazionali: con la Consultazione Esteri vogliamo sia riflettere sul significato del nostro impegno nei movimenti internazionali con cui la
FGEI è in collegamento, sia dare a tutti noi
degli strumenti per essere con competenza
presenti alle iniziative internazionali.
La Federazione Giovanile Evangelica Italiana collabora attivamente con quattro movimenti che operano sia a livello interconfessionale ed ecumenico, sia a livello denominazionale: ad essi corrispondono quattro fgeini/e
che hanno il ruolo di “contact and reference
person”. Sono quei quattro che spesso “disperatamente” vanno a caccia di persone disponibili a partire come delegati per congressi/convegni internazionali.
La partecipazione attiva alla vita di questi
movimenti è parte del codice genetico della
FGEI: essa è essenziale sia per la nostra
consapevolezza ecumenica e politica, sia per
la nostra esperienza di fede.
La Consultazione Esteri è il luogo in cui è
possibile raccogliere informazioni, materiali ed
idee per noi, per il nostro gruppo e per la nostra chiesa; è il tempo in cui maturiamo il desiderio di incontrare e confrontarci con quei volti
dell’ecumene che si arricchiscono reciprocamente nella diversità delle lingue, delle culture
e delle storie oltre che delle confessioni.
Questo è tutto ciò che è alla base di ogni
Consultazione Esteri; quello che cambia di
volta in volta è il modo in cui questo campo
formazione prende forma e vita.
In questa Consultazione Esteri ci occuperemo di come noi leggiamo la Bibbia e di come ciò disegna la nostra identità di credenti.
L’incontro con i fratelli e le sorelle di altri paesi
- ma questo è vero anche per i fratelli e le sorelle presenti nelie chiese in Italia - pone in
questione il modo con cui leggiamo e capiamo il testo biblico. I diversi modi con i quali
leggiamo ed interpretiamo ia Bibbia diventano
determinanti sulle diverse posizioni che si
prendono nel dibattito etico.
La staff che sta organizzando la Consultazione Esteri ha pensato di proporre un percorso nel quale confrontarsi con i diversi modi con cui ieggiamo la Bibbia; i testi scelti per
i laboratori biblici - guidati da tre esegeti/e hanno a che vedere con la donna, il corpo e
la sessualità. A seguire, avremo un intervento del Prof. Sergio Rostagno centrato sul legame che si stabilisce tra il nostro modo di
leggere le scritture e la “costruzione” della
nostra identità.
Ad Ecumene troverete anche un’interes
Come avrete potuto notare,
rarticoto di preparazione alia
consultazione viene pubblicato
dopo ia consultazione stessa.
Ce ne scusiamo ma, per l’Importanza di questo momento
abbiamo ritenuto siusto pubbiicaiio usualmente.
La redazione
sante “edicola” che esporrà raccolte di animazioni, schede dei culti FGEI, piccole edizioni “portatili” su temi di interesse ecumenico ed etico, raccolte di canti; potremo acquistare il “kit di sopravvivenza” agli incontri internazionali.
La Consultazione, che comincia con ia cena del 30, si chiuderà con il Culto e le valutazioni nel pomeriggio della Domenica 2.
Se ancora non trovate una valida risposta
al chiedervi “Perché dovrei andare alla Consultazione Esteri?”, provate a rispondere alla
domanda “Why not?”. Se ancora non avete risposte, venite senza farvi domande!!
Per la Staff, Enzo Marziale
TESTIMONIANZA
E AGGREGAZIONE
GIOVANILE
A BETHEL
L’inizio dei lavori era previsto per le 15,00
di sabato presso i locali della chiesa di Catanzaro ed il tema di questo seminario era la «testimonianza».
Per quanto il numero dei partecipanti sia
stato in quest’occasione un po’ basso, in
compenso l’esito delle discussioni è stato
proficuo.
Centro evangelico d’aggregazione giovanile come momento d’incontro e dunque testimonianza?
Questo era l’interrogativo che ci si era posti a un certo momento in seguito a una serie
di discussioni e dibattiti sul ruolo che i nostri
centri rivestono.
Che cosa devo intendere per «testimonianza»? E come pormi di fronte alla visione atea
di un partecipante? È giusto inserire dei momenti di culto durante un campo?
Queste domande sono state successivamente argomento di discussione. Infatti, in un
primo momento abbiamo voluto riprendere
alcune tematiche che appaiono comuni ai vari centri durante la gestione dei campi.
Per i presenti è stato importante avere una
visione più globale, volta a inquadrare quei
traguardi comuni che ci legano a prescindere
dalla denominazione e dalla dislocazione
geografica. Avere una proposta di risposta ai
problemi di conduzione di campo da parte di
persone che avevano lavorato presso Agape,
è stato arricchente proprio in tal senso.
Ma perché un campo sulla testimonianza?
Perché, se è pur vero che presso i nostri centri si arriva con il proprio bagaglio per fare
un’esperienza di vita comunitaria, per confrontarci e crescere assieme, è anche vero
che non lasciamo in stazione la nostra identità di credenti e non credenti per poi riprenderli alla partenza. Il mio modo di credere o
negare Dio fa’ parte della mia personalità, del
mio lo.
Ma allora in che modo approcciarsi a ciò?
E come gestire una vita di campo?
Nel rispetto dell’Io che mi sta di fronte, la
risposta più adeguata c’è sembrata il dialogO'
Un dialogo che non imponga un’identità
come qualcosa d’assoluto, ma che nemmeno
la celi: una conoscenza che derivi dal confronto, dall’accettazione dell’altro, in una p(°'
spettiva reale di quella crescita dalla diversità
di cui tanto sentiamo parlare,
lo come credente sono testimone, lo come
VENE
ateo sono testimone.
Giusy Bagnato
REDAZIONE: a Torino C/o Riforma, via S.Pio V 15,10125 Torino (Fax 011/657542); a Napoli C/o Riforma, via Foria 93, 80137 Napoii (tei 081/291185, Fax 081/291175).
REDATTORI/TRICI: a Torino Anna Bottari, Cristina Ferrara, Bettina König, Paolo Montesanto,Elia Piovano, Simona Piovano, Loredana Recchia, Pietro Romeo. A Napoli Deborah D'Auria, Marta
^ D'Auria (coordinatrice - tei 081/273194)J>aolo De Luca; a Roma: Lula Nitti.
CORRISPONDENTI REGIONALI: Crj0^ Arcidiacon^^lRljra Casoijfi^ri Pallagros^arah Maria MyAello, Gianluc^uggioni, patella Ros^gno.Oriana Sqpllier, Paoio Testa.
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fe: rom^^lformajl^pure;
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Fascicolo interno a RIFORMA n. 18 del 30 aprile 1998. Reo. Trib. Pinerolo n. 176/1951. Responsab
Fotocomposizione: AEC - Mondovi. Stampa: La Ghisleriana - Mondavi.
Sai sensi di leg^; Piera EgiaPtdizioni Protestanti srl, via awario V n. 15 bìsÌTÌ)125 Torino:
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VENERDÌ 30 APRILE 1999
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Televita, cooperativa
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Da otto anni è presente nel
pinerolese una cooperativa
che si occupa degli anziani soli: è la Cooperativa Televita,
nata nel 1991 in seguito alla
collaborazione tra associazioni di volontariato e gli enti
pubblici. «L’intenzione era di
organizzare un’iniziativa di
telesoccorso, allora ancora
praticamente sconosciuta in
Italia, che permettesse agli anziani disabili di vivere più sicuri a casa loro - spiega Claudio Bruno, presidente della
Cooperativa - la cooperativa,
oggi convenzionata anche con
la Comunità montana, è senza
fini di lucro e i^i è potuta concretizzare grazie a un finanziamento delTallora UssI 44».
In che cosa consiste il telesoccorso? «In pratica si tratta
di installare in casa dell’anziano un apparecchio telefonico,
con il vivavoce, collegato a un
pulsante che l’utente deve
sempre portarsi appresso spiega Pino Morero, collaboratore di Tele vita - in caso di
necessità, l’allarme arriva subito in sede, dove l’operatore
telefona all’anziano e chiede
quali sono le sue condizioni e
le necessità urgenti; se l’utente non è in grado di rispondere, si rivolge immediatamente
a dei soccorritori individuati
in precedenza dall’anziano
stesso e, se non li trova, direttamente alla Croce Verde».
Inoltre, il pulsante di Televita
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7
Lettera aperta
ai parlamentari
Un gruppo di cittadini pinerolesi ha inviato la seguente lettera
aperta al senatore Elvio Passone
e all’on. Giorgio Merlo; i promotori deii'iniziativa stanno rac^cogliendo ulteriori firme a sostegno dell’iniziativa.
Scriviamo questa lettera come elettori deH’Ulivo della
circoscrizione di Pinerolo; come parte, cioè, di coloro che
vi hanno eletti alle rispettive
cariche che da tre anni ricoprite nelle più alte istituzioni della nostra democrazia. Vi scriviamo in merito alla guerra
nei Balcani, e non per mandarvi una petizione o sollecitarvi a un maggior impegno a
sostegno della guerra o in favore della pace, ma per dirvi
che, indipendentemente dalle
posizioni che avete o non avete assunto, intendiamo recedere dal nostro voto; delegittimarvi (purtroppo solo moralmente) nel vostro sostegno a
questo governo impegnato in
una guerra che non è meno
sporca di tutte le altre guerre.
Lo facciamo con la consape'rolezza che ci sono momenti
Uella storia che trascendono e
soverchiano la volontà degli
individui e dunque ci asteniamo dal fare prediche fuori
mogo su Costituzione e DiritIn intemazionale. Non è il momento, non è il luogo, non è il
Pynto. Il punto è che non abmaino più nulla da dire e nulla
du chiedere a chi (volente o
Uolente) sostiene la guerra
pensando di lavorare per la
Puce. Le parole sono mute
'ijjupdo parlano le armi e noi
^oiamo deciso di disertarvi,
^^rtare voi, la vostra ragion
politica e i buoni motivi per
'^1- che forse potremmo anUne condividere se non vedessimo che scorrono sul sangue
^®8li innocenti. Questo è
problemi di salute, ma anche
in caso che l’anziano sia im^
portunato in casa sua.
Il lavoro quotidiano è però
quello di colmare il senso di
solitudine che spesso coglie
l’anziano che vive isolato.
«Noi siamo disponibili 24 ore
su 24 - aggiunge Bruno - e ci
poniamo come un “ponte” tra
la persona sola e il mondo
esterno: non interveniamo soltanto nel momento della chiamata urgente, ma contattiamo
la persona due volte la settimana e forniamo un’attività di
sostegno e di ascolto, appoggiandoci ai servizi pubblici
per ogni necessità».
Il servizio Televita copre
tutta la zona dall’alta vai Pellice all’alta vai Chisone, e
conta alcuni «assistiti» anche
in pianura e uno addirittura in
Liguria. Dal 1992 sono circa
300 le persone che si sono
avvalse della Cooperativa:
«La richiesta è in crescendo spiega Giovanna Moretti, anche lei della Cooperativa per molti le nostre telefonate
periodiche sono l’unica occasione di conforto e di contatto
con l’esterno».
Per farsi conoscere maggiormente, la Cooperativa
Televita oggi propone una
prova gratuita del servizio di
telesoccorso per tre mesi: per
ogni informazione, è possibile rivolgersi agli operatori di
«Televita Pinerolese», 24 ore
su 24, allo 0121-393930.
quanto. E, con rammarico,
non ci è dato aggiungere altro.
Cordiali saluti
Mario Albe rione, Roberto
Charbonnier, Carla Gaietto,
Piero Granerò, Marinella
Granerò, Fiammetta Gallo,
Enrico Lama, Erica Malan,
Beppe Pavan, Sergio Pasetto,
Piervaldo Rostan, Andrea Salasso, Attilio Sibille, Rita
Sperone, Massimo Tosco
Agenzia di vaile
precisazioni
Egregio direttore,
le chiedo ospitalità al fine di
puntualizzare la posizione della Regione Piemonte in merito
al progetto speciale integrato
«agenzie di valle», che è stato
trattato dall’assessore alla
Cultura della Comunità montana vai Pellice nell’articolo
«Nuova Crumière, al via la fase due», apparso sul settimanale da lei diretto in data 9
aprile 1999.
L’approvazione e il finanziamento (ammontante a £
290.000.000) del progetto per
la realizzazione «agenzie di
valle» furono disposti con Dgr
n. 170-11681 del 6 agosto
1996 e comunicati alla Comunità montana con nota prot. n.
4609 in data 25 settembre
1996; oltre a indirizzi tecnici
necessari per la predisposizione degli atti progettuali nella
nota si specificava che il progetto «dovrà essere presentato, in ottemperanza a quanto
disposto con circolare assessorile del 15 marzo 1994, n.
1045, entro tre mesi dalla data
di pubblicazione della deliberazione della giunta regionale
che approva i progetti medesimi». Il progetto venne inviato
in Regione con nota della Comunità montana n. 2423 datata 27 giugno 1997, già in ritardo quindi sul termine citato.
In fase istruttoria emersero
inoltre numerose carenze, tanto che il progetto fu approfon
A colloquio con Giorgino Cesano, sindaco di Lusernetta
Una cava al monte Moncucco?
PIERVALDO ROSTAN
La tranquillità della piccola Lusernetta sembra a rischio dopo l’annuncio della
possibile apertura di una cava
all’interno del monte Moncucco. Sono già stati effettuati i
primi sondaggi e secondo la
ditta Betoncave, che è interessata al sito, nel sottosuolo del
Moncucco si troverebbe un
materiale ottimo per la realizzazione di calcestmzzo. «Non
si parla di aprire una cava di
cemento - precisa il sindaco,
Giorgino Cesano - e il pietrisco che interessa alla ditta è
già naturalmente frantumato e
dunque non c’è bisogno di avviare a Lusernetta attività che
produrrebbero un elevato rumore e grande polverosità».
Ma intanto la ditta ha già
cominciato a prendere contatto con i proprietari dei terreni
e ha avviato le pratiche autorizzative in Regione. «L’amministrazione comunale è
contraria all’estrazione a cielo
aperto - prosegue Cesano - e
abbiamo cercato di capire le
modalità estrattive: si parla
nel nostro caso di estrazione
“a camino” con un tunnel interno. Avremmo dunque un
basso impatto ambientale;
faccio notare che la stessa Regione pare aver indirizzato le
ditte interessate a questo tipo
di attività verso le zone montane per ridurre l’impatto degli scavi nel letto dei fiumi».
L’apertura della cava porterebbe alle casse comunali (il
bilancio per le spese correnti
è sul mezzo miliardo, ndr) un
diramente discusso in una riunione congiunta presso la Comunità montana in data 17
aprile 1998, alla presenza
dell’assessore regionale per la
Montagna e enti locali, Roberto Vaglio. In tale occasione
venne definita compiutamente
la documentazione necessaria
per l’approvazione definitiva
del progetto, tanto che con nota prot. n. 2192, in data 23
aprile, la Regione sollecita
l’invio della documentazione
così come concordata.
In data 2 settembre 1998,
preso atto che nulla era pervenuto dalla Comunità montana,
gli uffici sollecitano nuovamente la trasmissione di quanto concordato e specificano
che «detta documentazione e
chiarimenti dovranno pervenire entro 20 giorni dalla data di
ricevimento della presente,
per cui trascorsa tale data senza riscontro si riterrà codesta
Comunità rinunciataria del
contributo». Constatato che
nemmeno a seguito di questa
ultima nota la Comunità montana trasmette quanto dovuto,
con nota prot. 1317 in data 25
febbraio 1999 la pratica viene
definitivamente annullata.
Dal percorso amministrativo sopra illustrato mi pare
perlomeno azzardato affermare, come ha fatto l’assessore
Bruna Peyrot, che «la Regione
ha cambiato le regole quando
tutta la documentazione era
ormai definita». C’è da chiedersi piuttosto perché la Comunità montana non ha inviato la documentazione se questa era davvero «ormai definita». Mi consenta inoltre un’ultima osservazione: grazie alla
disponibilità dell’assessore
Vaglio, le assicuro che nella
direzione Economia montana
c’è una stretta comunicazione
fra la classe dirigente politica
e la dirigenza tecnica.
Nino Berger
della direzione Economia
montana e foreste
della Regione Piemonte
Il municipio di Lusernetta
buon gruzzolo, forse una settantina di milioni e sul territorio una quindicina di posti di
lavoro; almeno queste sono le
aspettative dell’amministrazione comunale. Ma a parte
la verifica del sito, la gestione
della cava in modo da non
creare rischi ambientali, un’
attività estrattiva sul Bric
Moncucco amplierebbe di
molto il numero già elevato
di camion in transito nel centro di Lusema Alta. Già oggi
tra camion con le pietre di
Rorà e in parte di Bagnolo, i
mezzi della Sparea e della
Turati rappresentano un carico di traffico merci non indifferente: «Se i camion dovessero attraversare il paese costituirebbero un impatto notevolissimo - ammette il sinda
I «barba» valdesi
e i nuovi dottori
Come spesso ci sentiamo
raccontare, i «barba» valdesi
del periodo precedente l’adesione alla Riforma protestante
avevano questo nome (che in
patuà vuol dire zio) per differenziarsi dai preti cattolici, a
cui normalmente ci si rivolgeva con l’appellativo «padre». Seguendo l’insegnamento della Scrittura, i valdesi proclamavano in questo
modo che «uno solo è il Padre vostro, quello che è nei
cieli» (Matteo 23, 9). Ancora
oggi questo fatto viene ricordato con un certo compiacimento per sottolineare la «nostra» fedeltà all’Evangelo. Mi
capita però sempre più spesso
di leggere sulla nostra stampa
e di sentire dai nostri predicatori, pastori compresi, il nome di molte persone accoppiato con un appellativo di
servile riguardo: non solo il
prete cattolico è «padre», ma
il vescovo è «monsignore»
(lett: mio signore) e il cardinale «sua eminenza». Forse
solo il papa, per fortuna, non
è ancora «sua santità».
Accanto a ciò, nella nostra
chiesa, si sprecano (vedi per
esempio gli ultimi indirizzari
allegati al calendario Valli Nostre della Claudiana) i titoli:
dottore, professore, e così via.
Non credo che queste persone,
per quanto degnissime, intendano fregiarsi del titolo di dottore della chiesa. Nel passo di
Matteo 29, al versetto 8 e seguenti, Gesù dice alle turbe e
ai suoi discepoli: «Ma voi non
vi fate chiamar “maestro”;
perché uno solo è il vostro
Maestro, e voi siete tutti fratelli. E non chiamate alcuno
sulla terra vostro padre, perché uno solo è il Padre vostro,
quello che è nei cieli. E non vi
fate chiamare guide, perché
una sola è la vostra guida, il
Cristo: ma il maggiore fra voi
sia vostro servitore». Forse
co Cesano - e infatti abbiamo
chiesto alla ditta di attivarsi
per realizzare una viabilità alternativa a quella esistente. I
cavatori hanno condiviso le
nostre preoccupazioni e fra le
ipotesi allo studio c’è quella
di realizzare una strada che
scenda verso Bibiana all’altezza del ponte nuovo a mezza costa partendo dalla regione San Marco di Lusema: in
questo modo smaltiremo anche il traffico da Rorà e da
Bagnolo». La cava, questa è
l’impressione, si aprirà; i controlli dovranno essere puntuali sia in fase autorizzativa che
nella gestione quotidiana: se
la cava sarà un businnes ciò
non dovrà avvenire a discapito del territorio e della popolazione locale.
non sarebbe male riflettere su
queste parole, e tornare a chiamarci tra cristiani semplicemente «fratello» o «sorella»,
utilizzando al più con parsimonia i termini di «pastore»,
«anziano» e «diacono» per coloro che tra di noi sono stati
chiamati a svolgere un ministero, o «prete», «vescovo»,
«cardinale», per i ministeri
della Chiesa cattolica. Pensiamoci, sia quando parliamo che
quando ascoltiamo.
Daniele Gardiol
Lusema San Giovanni
Ricordo di Robert
Armand-Pilon
Non sono sicuro che a Robert sarebbe piaciuto che si
scrivesse su di lui, ma il desiderio di alcuni suoi amici
di esprimere la solidarietà e
la partecipazione cristiana alla famiglia e ricordare Robert come una persona sempre disponibile, precisa, affidabile e corretta nei vari
aspetti della sua operosa esistenza, mi spinge a scrivere
queste poche righe con dolore e rimpianto perché egli
non è più in mezzo a noi.
Una caratteristica di Robert
era di risolvere e affrontare i
problemi in prima persona e
di perseguire ogni obiettivo
con grande motivazione e volontà. Inoltre aveva la capacità e la sensibilità di avvicinarsi alle persone in modo
semplice e affabile, instaurando legami di amicizia solidi e duraturi. La partecipazione commossa delle molte
persone presenti al suo funerale è stata una testimonianza
di simpatia alla famiglia e di
amicizia verso un amico.
Dobbiamo essere riconoscenti al Signore per l’esempio dato da Robert nella
realtà della vita quotidiana.
Franco Rivoira
a nome di un gruppo
di amici di Robert
Nelle
Chiese
Valdesi
SCOUT — Sabato 8 e
domenica 9 maggio, alla
Rocciaglia (Angrogna), incontro distrettuale dei
gruppi di attività scout.
UNIONI FEMMINILI
— Domenica 2 maggio le
Unioni femminili del I distretto si recheranno in visita alla Chiesa metodista
di Vercelli.
ANGROGNA — Ulti
ma riunione quartierale venerdì 30 aprile al Martel,
con diapositive su un viaggio in Africa del pastore
Taglierò. Dal 30 aprile al 2
maggio i coralisti si recheranno in visita a Pays de
Montbéliar, per restituire
quella avvenuta nello scorso anno da parte della corale del Moni Bard.
PERRERO-MANIGLIA — Il bazar si svolgerà domenica 9 maggio a
partire dalle 14,30; tutti/e
coloro che sono interessati
possono preparare oggetti
da mettere in vendita.
PINEROLO — Sabato
8 maggio, alle 20,45, nel
tempio valdese, concerto
della corale luterana della
Repubblica ceca.
POMARETTO — Riunioni quartierali: ultima
riunione venerdì 30 aprile,
alle 20,30, a Perosa. Incontro del gruppo visitatori giovedì 29 aprile, alle
15, all’Eicolo Grando.
Unione femminile: mercoledì 5 maggio riunione a
Pomaretto. Per tutti coloro
che sono interessati a sostenere con il lavoro e/o
con denaro il lavoro di risistemazione della scuoletta del Faure l’appuntamento è per domenica 2 maggio, alle 15, ai Faure.
PRAROSTINO — Domenica 9 maggio, alle
14,30, si svolgerà il bazar
annuale; ragazzi e ragazze
della scuola domenicale,
precatechismo e catechismo si recheranno nelle
borgate per raccogliere
eventuali doni, chi non ricevesse la loro visita e intende fare dono di gateaux
potrà farlo entro giovedì 6
maggio; per l’allestimento
del bazar sabato 8 si cercano volontari/e che possano
aiutare.
TORRE PELLICE —
Culto serale alla Casa
unionista venerdì 7 maggio, alle 18.
VILLASECCA — Con
il mese di maggio riprenderanno i culti a Combagarino la prima e la terza
domenica di ogni mese fino a tutto settembre; primo
culto domenica 2 maggio.
COLLOQUIO
PASTORALE
IL 17 MAGGIO
Il colloquio pastorale in
calendario per 1’ 11 maggio
è spostato al 17 maggio e
abbinato all’incontro con il
card. Edward I. Cassidy e
il prof. Paolo Ricca sul tema dell’ecumenismo e in
particolare sul documento
votato dal Sinodo 1998.
L’incontro è pubblico, si
svolgerà a Torre Pellice,
nell’Aula sinodale della
Casa valdese, a partire dalle 9,15 e si concluderà con
il pranzo in Foresteria per
il quale bisogna prenotarsi
in anticipo.
La Ced del I distretto
14
PAG. IV
t Eco Delle Vaoi ^ldesi
venerdì 30 APRILE 1999
Cantava Hi a Perrero
Folk barocco
inglese
Dopo la pausa del 25 aprile, sabato 1° maggio il Cantavalli riprende con una serata a
Ferrerò nella consueta cornice del centro sportivo-culturale della Pro Loco. È la volta
del folk barocco inglese con
gli «Amazing Blondel», un
gruppo costituito nel lontano
1969 da John David Gladkin
e Terence Alan Wincott, a cui
si unì l’anno dopo il chitarrista Edward Baird. Il gruppo
Amazing Blondel si impose
ben presto in tutto il mondo
come rappresentante di un
folk acustico di ispirazione
barocca, squisitamente inglese, che contrastava con le tendenze pili americaneggianti
dell’epoca: uno stile originale
che trovò nell’album «Fantasia Lindum» l’espressione più
compiuta. Riformatosi nel
1995 il gruppo si è lanciato
alla grande con «Restoration», un Cd che trae ispirazione dalla musica rinascimentale e che ripropone un
sound di grande freschezza e
vitalità, a cui ha fatto seguito
di recente la registrazione dal
vivo di «A foreign field that
is forever England» che riafferma l’immagine di un trio
di artisti che dal vivo entusiasmano non solo per la bravura tecnica ma anche per il tipico humour inglese che anima le serate. Si inizia alle
21,15, ingresso lire 10.000.
RADIO
BECKWITH
FM 91.200 - 96.550
Sport
PALLAVOLO — Vittoria
al tie break per il Body Cisco
in B2 maschile: opposti in casa al Giletti Ronzone, i pinerolesi sono riusciti a vincere a
termine di un incontro assai
sofferto. Male ancora una volta il Magic Cerutti in B1 femminile; a questo punto del
campionato nelle ragazze pinerolesi prevale anche lo scoramento: a Cuneo, contro il
Bieffe, la Magic ha ottenuto
anche un set ma è stata comunque battuta per 3-1 e resta
terz’ultima in classifica con
13 punti. In terza divisione
femminile il 3S Pinerolo ha
superato il Fornaci Beinasco
per 3-1; in terza divisione maschile junior B il 3S Pinerolo
B è stato superato in casa dal
San Mauro per 3-0 e in prima
divisione femminile, girone
B, il 3S Lusema ha superato
l’Argo Volley per 3-2.
TENNIS TAVOLO — Il
tennis tavolo sta entrando anche nel mondo della scuola
grazie in modo particolare alla sensibilità del preside Tarditi e del prof. Ciniglio, che
insegna educazione fisica sia
a Lusema che a Pinerolo. Sono così stati organizzati dei
confronti fra le scuole medie
di Lusema e Brignone di Pinerolo, sia a livello femminile
che maschile. A Lusema sono
in fase di organizzazione anche i campionati pinerolesi
previsti il 15 e 16 maggio in
concomitanza con i campionati provinciali Libertas.
HOCKEY GHIACCIO
— Valpe ancora in Al il
prossimo anno: sembra questa la prospettiva mentre dalla
serie B dovrebbero salire
Gardena e Renon e dalla Al
scendere Alleghe e Bmnico.
Il 4 maggio 1949 la tragedia di Superga
Per ricordare
il Grande Torino
«Il 4 maggio 1999 ricorrerà
il cinquantesimo anniversario
della scomparsa del “Grande
Torino”, una tragedia che
causò dolore immenso per
tutti gli sportivi. Nei cinquant’anni che sono trascorsi
da quell’ultimo viaggio il
susseguirsi delle vicende non
ha intaccato il mito di una
squadra che ha scritto un pezzo di storia e il ricordo, impregnato dei più alti valori
dello sport, è tuttora indelebile. Ma quel complesso ha incarnato qualcosa di più: il
simbolo di una regione, di
una nazione e della sua immagine più bella, quella capace di coagulare passioni, abilità tecnica, sudore e fatica».
Sono parole del presidente
della Regione Piemonte, Enzo Ghigo, che ha voluto così
ricordare il Grande Torino
presentando il ricco programma celebrativo del cinquante
nario della scomparsa. Tra gli
avvenimenti previsti sono da
segnalare tra l’altro la mostra
«Un viaggio nel tempo per rivivere il mito di una squadra
divenuta leggenda», che si è
aperta il 29 aprile e chiuderà i
battenti il 9 maggio (orario 818,30, ingresso gratuito) agli
Antichi chiostri, in via Garibaldi 25 a Torino, e la serata
di gala a inviti del 5 maggio
al Teatro Regio, sempre a Torino, con l’esecuzione della
Petite messe solennelle di
Rossini eseguita dall’orchestra sinfonica del Teatro Regio. In occasione del cinquantennario tra l’altro alcune librerie torinesi (come per esempio la Claudiana di Torino) hanno deciso di riservare
uno spazio particolare alle
molte pubblicazioni che si sono avute negli anni dedicate a
questa squadra torinese, mitica e sfortunata.
Un vallone laterale alla vai Chisone
La magìa dì Bourcet
LILIANA VIGLIELMO
Il Bourcet è un vallone
stretto e solitario, che si dirama dal lato destro della vai
Chisone: pressoché spopolato
fin dagli Anni 70 (l’ultimo
I Luoghi Della Memoria
a cura di Marco Rostan
Luogo: Pian dei morti
Data: 27 aprile 1655
Per sfuggire all’assalto delle truppe del
marchese di Pianezza a Villar e Bobbio, la popolazione si ritira verso le montagne dell’alta
valle. Un gruppo di 36 valdesi di Bobbio, in
marcia verso il Colle della Croce, lungo la
strada da Mirabuc al Fra viene travolto in
questo luogo pianeggiante, ai piedi delle ripidi
pareti della Combalassa, da una slavina.
Luogo: Rumer
Data: 4 maggio 1655
Il comune di Rorà, che non aveva ospitato
le soldatesche, era sfuggito ai mas.sacri del 24
aprile (inizio delle «Pasque piemontesi») ma
il 4 maggio viene assalito dalle truppe del
Pianezza. Gianavello respinge una delle colonne, le altre due raggiungono Rumer dove
si è rifugiata la popolazione non combattente
e fanno una carneficina di donne, vecchi,
bambini. Oltre 200 persone sono trucidate, altre ferite e fatte prigioniere tra cui la moglie e
3 figlie di Gianavello. Pianezza minaccia di
bruciarle vive per costringere Gianavello ad
abiurare. Con l’ultimo figlioletto di 8 anni,
Gianavello si rifugia nel Queyras, insieme ai
suoi 17 compagni e a pochi superstiti.
navello abitò dal 1639 al 1664 mentre sua
moglie vi restò fino al 1670. Oggi il complesso della Gianavella è di proprietà della
Tavola valdese, e nella zona che ospitava il
forno e una grangia è stata realizzata una piccola foresteria che accoglie in estate gruppi
italiani e stranieri. Il trattato di Torino del
1644 che esiliava Gianavello e i suoi imponeva ai valdesi di vendere le loro proprietà
alle Vigne e pretendeva inoltre un pagamento di 2.050.000 lire per le spese di guerra,
successivamente ridotte a 50.000 per l’intervento del re di Francia scelto come arbitro.
Per un eonflitto di giurisdizione tra il governatore e il conte di Lusema, gli abitanti del
vallone poterono restare fino al 1670. Non
avendo altra possibilità, le 35 famiglie che risiedevano ancora alle Vigne, per un totale di
200 persone, costruirono un piccolo locale
per il culto, che immediatamente provocò un
ordine ducale di demolizione. La spedizione
punitiva fu guidata dal Perrachino che il 1°
aprile 1666 poteva vantarsi della demolizione e del ristabilimento dei permesso di predicazione entro i limiti. Nel periodo della rivoluzione francese fu possibile ricostruire alle
Vigne la sala per la scuola e per il culto.
Luogo: Garnìra (fontana)
Fontana eccellente e abbondante che si
trova sul versante di Torre Pellice, non lontano dal Colletto dei Rabbi. Una scritta ricorda il nome del cognato di Gianavello, e
suo compagno d’armi, che aveva cresciuto il
proprio bambino dopo averlo ritrovato vivo
sotto il corpo della madre massacrata durante la strage di Rumer.
Luogo: Le Vigne-Glanavella
Data: 1670
Tra le due creste che si diramano da Rocca Bera, si apre un ampio vallone che in basso si apre nella zona coltivata delle Vigne.
La casa patema di Gianavello, che si chiamava allora il Liorato e oggi è nota come Gianavella superiore, si trova per l’appunto nel
quartiere delle Vigne. Circa 50 metri più in
basso vi è la Gianavella inferiore, dove Gia
Luogo: Osasco
Data: 12 giugno 1655
Dopo un furioso combattimento nei pressi
del Vernò (Angrogna) nel corso del quale fu
gravemente ferito Gianavello, il capitano
Jahier, piuttosto temerario, volle a tutti i costi tentare un’azione in pianura: ma un traditore lo attrasse in una imboscata presso Osasco, dove cadde crivellato dai colpi dei nemici. La sua testa, su cui pendevano 600 ducati fu pre.sentata per il riscatto da un ufficiale sabaudo, riscatto negato con la motivazione che gli ufficiali erano già stipendiati per
sterminare i valdesi.
Luogo: Gignous
Nome molto diffuso (con le sue varianti)
alle Valli, dal XVll sec. La famiglia Gianavello è un ramo di questi Gignous. Nell’inverso di Bobbio, tra il Payant e il Laus, si
trova tutt’oggi una casa isolata che porta
questo nome.
abitante, Sergio Charrier, eremita e poeta, è morto l’anno
scorso), ha conservato una
gran parte del fascino della
vita di una volta, fatta di duro
lavoro e di privazioni, ma anche di rapporti di amicizia e
di solidarietà.
Per questo Gian Vittorio
Avendo, che ne ha tracciato
la storia in un volume di una
settantina di pagine, ha intitolato il suo lavoro Magia di
Bourcet: i suoi villaggi, anche
dopo l’apertura della strada
carrozzabile e alcune maldestre ristrutturazioni, sono come uno scenario aperto sul
passato dove si possono immaginare uomini al lavoro e
donne sulla porta di casa,
vecchiette che filano e bambini che giocano col cane.
La suggestione è stata ancora più evidente quando, nella
sala della Comunità montana
delle valli Chisone e Germanasca, è stato presentato un
video tratto da un filmino girato in 8 millimetri nel 1973
da Angelo Bonnin, oriundo
anche lui della vai Chisone. 1
villaggi sono abbandonati, gli
abitanti se ne sono appena andati, lasciando nelle case deserte i modesti arredi: ben
presto, tutto ciò che si può
portar via verrà rapinato per
essere venduto agli antiquari
della pianura e Bourcet diventerà un vallone di fantasmi.
Questo saccheggio, per fortuna incruento, sarà l’ultimo
della sua storia, dopo l’incursione dell’esercito del maresciallo Catinai nel 1690, che
causò l’esilio in Germania dei
riformati residenti nel vallone, l’incendio dei villaggi da
parte dell’armata russa, all’epoca delle guerre napoleoniche e la distruzione causata
dai nazisti durante le spedizioni contro i partigiani.
Oggi a Bourcet, come in
tanti luoghi delle nostre valli,
un po’ di vita ritorna nei mesi
estivi, quando salgono i pastori agli alpeggi e i turisti
percorrono gli antichi sentieri: la magia di Bourcet parla
ancora al cuore degli emigrati
che ritornano e alla fantasia
di chi la sa percepire. Non resta che augurarsi che la rivitalizzazione delle borgate non
sia fenomeno passeggero ma
possa essere un’occasione di
rilancio della montagna.
Appuntamenti
29 aprile, giovedì
TORRE PELLICE: Alla
biblioteca della Casa valdese,
per rUnitrè, concerto con Davide Grasso alla chitarra e Piena Polizie al pianoforte.
PINEROLO: Alle 21, nel
tempio valdese, concerto del
quintetto «Architorti».
PINEROLO: Alle 20,45, al
Centro giovani diocesano di
via Trieste, ineontro su «Fede,
scelte e valori»; intervengono
il pastore Claudio Pasquet e
don Oreste Aime.
MEANO (Perosa): Al Palatenda, alle 21, eoncerto di musica occitana con il gruppo«Magnaut Big Band».
30 aprile, venerdì
PINEROLO: Alle 21, nella
chiesa di San Giuseppe, ultimo
concerto della rassegna «I venerdì del Gorelli» con «Ronchini Piano Quartet», quartetto
con pianoforte, musiche di
Mahler, Schumann e Brahms.
Ingresso libero.
PINEROLO: Alle 21, nel
salone del Circolo sociale in
via Duomo 1, verrà presentata
l’edizione in tre volumi edita
da Mondadori, della «Bibbia
secentesca» di Giovanni Diodati. Interverranno il prof.
Bruno Corsani, docente di
Esegesi del Nuovo Testamento alla Facoltà valdese di teologia di Roma, e il prof. Marziano Guglielminetti, docente
di Letteratura italiana all’Università di Torino; modera il
pastore Giorgio Toura.
TORRE PELLICE: Alle
ore 21, nei locali di via Roma, assemblea annua della
Coo-perativa operaia di consumo su: relazione del Consiglio
e del Collegio sindacale, esame eapprovazione del bilancio
1998, rinnovo cariche sociali.
1° maggio, sabato
TORRE PELLICE: Alle
21, nel tempio valdese, concerto della corale valdese di Bobbio e Villar Pellice, del coro
«Les harmonies» e del coro
«La Psallette» di Marsiglia.
LUSERNA SAN GIOVANNI: Tradizionale fiera per
le vie del concentrico.
2 maggio, domenica
PINEROLO: Mercatino
delle pulci.
4 maggio, martedì
PERRERO: Alle 20,30,
nella sala delle attività della
chiesa valdese, Daniele Tron
parla su «Breve storia della vai
Germanasca» per la serie di incontri «Un tuffo nella storia,
corso di storia valdese».
6 maggio, giovedì
TORRE PELLICE: Alle
15,30, alla Casa valdese, per
rUnitrè, la dott.ssa Paola Bagliani parla su «Cenni di botanica ed erboristeria, uso erbe
officinali, presentazione tisane
per la nostra salute».
PINEROLO: Nella sede
dell’associazione «Il Mandala», alle 21, incontro su «Le
proiezioni» organizzato dalla
associazione Chiaroscuro.
7 maggio, venerdì
PINEROLO: AH’audito
rium «Vittime della mafia»,
via dei Rochis, alle 17, incontro su «Politica ed economia»
con il sociologo Bruno Manghi, e su «Le politiche per il
lavoro e del lavoro», con Pietro Marcenaro, sindacalista.
TORRE PELLICE: Alle
20,45, alla sede della Comunità montana, per il Gruppo di
studi vai Lucerna, il profes.sor
Marco Masoero parlerà su «Inquinamento da rumore».
8 maggio, sabato
PINEROLO: Alle 17,30,
nel salone dei Cavalieri (via
Giolitti 7/9), Giorgio Tourn
presenta il libro di Lucia Cena
Pellenc: «La streghità delle
streghe e una raccolta di Ambarabà».
Servizi
VALU
CHISONE - GERMANASCA
Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva:
telefono 167-233111
Guardia farmaceutica:
(turni festivi con orario 8-22)
SABATO 1» MAGGiO
Fenestreiie: Farmacia Grippo
- Via Umberto 11, tei. 83904
DOMENICA 2 MAGGIO
Ferrerò: Farmacia Valletti Via Montenero 27, tei. 848827
Ambulanze:
Croce Verde, Perosa: tei. 81000
Croce Verde, Porte : tei. 201454
VAL PELLICE
Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva:
telefono 167-233111
Guardia farmaceutica:
(turni festivi con orario 8-22)
MAGGIO- 2 MAGGIO
Torre Pellice: Muston - Via
Repubblica 22, tei. 91328
Ambulanze:
CRI - Torre Pellice, tei. 953355
Croce V. - Bricherasio, tei. 598790
PINEROLO
Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva:
Ospedale civile, tei. 167-233111
Ambulanza:
Croce Verde, tei. 322664
SOCCORSO TEL. 118
Cinema
TORRE PELLICE — Il
cinema Trento ha in programma, giovedì 29, ore 21,
Terminus paradis di Lucian
Pintille (candidato all’Oscar
per la Romania ’99); venerdì
30, ore 21,15, Terminus paradis. Sabato 1° maggio, ore
20 e 22,10, Il giocatore di
John Dahl con Matt Damon;
domenica, ore 16,15, 18,
20,10 e 22,10 e lunedì, ore
21.15, Bagnomaria.
BARGE — Il cinema Comunale propone, venerdì 30,
ore 21,15, Matrimoni; .sabato
1° maggio, ore 15,15, 17,15,
19,15 e 21,15, Il fuggitivo
della missione impossibile;
domenica, ore 16,30, 19,
21.15, lunedì, martedì, mercoledì e giovedì, ore 21,15, Le
parole che non ti ho detto.
PINEROLO — La multisala Italia ha in programma alla
sala «2cento», da giovedì. Lucignolo; alla sala «5cento», da
venerdì, A prima vista.
Economic
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vari: tei 0121-40181.
MANIGLIA in vai Germanasca (valli valdesi) si affittano case vacanze a settimane o
a week-end. Telefono 0121803134o808646.
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tei. 0121-323422; fax 323831
recapito Torre Pellice
tei. 0121-933290; fax 932409
Sped. in abb. post./50
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Resp. ai sensi di legge Piera Égidi
Stampa: La Ghisleriana Mondovi
Una copia L. 2.000
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ilo
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npipiwrili lirr
è stata approvata una traduzione ecumenica della preghiera insegnata da Gesù
illa preghiera comune del Padre Nostro
lerremoto, tra canti e preghiere di suggestive liturgie ecumeniche, studiosi di ogni
^ È stata approvata anche una dichiarazione congiunta per la pace nei Balcani
Padri della chiesa^ i riformatori e i monaci orientali
PAWEL GAJEWSKI______
CIPRIANO di Cartagine
affermava nel III secolo che il Padre Nostro riassume in breve tutta la storia
della salvezza. Dopo 17 secoli
J potrebbe parafrasare questa affermazione, dicendo
che la riflessione teologica su
questa preghiera riflette tutta
storia del pensiero cristiano. Una breve rivisitazione
della storia cristiana attraverso la preghiera del Signore ha
concluso i lavori del convegno ecumenico di Perugia. Il
compito di presentare la riiessione sul Padre nostro nel
pensiero dei Padri della chiesa, dei riformatori e del monacheSimo orientale è stato
affidato a Innocenzo Gargano, docente di patrologia.
Paolo Ricca, storico del cristianesimo e Renato D’Antiga, teologo ortodosso.
«La guerra guerreggiata da
noi-ha detto nell’introduzione al suo intervento il prof,
(hrgano -, uniti nella Nato
contro i nostri vicini, per difendere diritti umanitari sacrosanti, ci obbliga a ricercare
se, per caso, perfino nei testi
cosi spirituali come i commenti dei Padri al Padre Nostto, non si nascondano germi di divisione assai simili a
quelli che hanno innescato in
questo ultimo anno del secoTsb millennio guerre e geno^ssurdi». Uno dei prin' cip dementi di tale divistoSfé stia un’argomentazione
' 0)gica che collegava l’uso e
V ¿htmprensione del Padre
^tro alla teoria della sostituzione della chiesa a Israele
come erede legittima delle
promesse legate all’alleanza
con Dio, pensiero presente
nei testi apologetici dell’antichità cristiana, soprattutto
'Kgli scritti di Tertulliano (IIsec.) e di Cipriano, suo discepolo. «E tuttavia i Padri
iella chiesa sono paradossali
nel loro insegnamento e nella
prassi. Essi sono altrettanto
iceri e precisi anche quan
Perugia: mons. Chiaretti con il presidente della Fcei, Tomasetto
do, rispettando scrupolosamente l’insegnamento di Gesù, ritrovano, per esempio,
nel "nostro” dell’Orario dominica l’apertura di ogni frontiera sia essa etnica, sociale o
perfino religiosa o spirituale»,
ha concluso Innocenzo Gargano, citando alcuni pensieri
di Cipriano e di Agostino, i
quali affermano che la paternità di Dio si distingue, a causa della sua universalità, da
tutte le altre paternità.
«La Riforma protestante è
nata dalla preghiera», ha detto Paolo Ricca nella parte iniziale del suo intervento. Il
prof. Ricca ha ricordato che la
Riforma è stata in primo luogo una profonda riforma della
preghiera e un recupero della
dimensione scritturistica nella prassi della chiesa. In questo modo il Padre Nostro è diventato la preghiera per antonomasia che tutti i riformatori
hanno commentato e raccomandato. Ma il relatore ha
anche ribadito che questa
preghiera per eccellenza è oggi quella più minacciata a
causa del suo possibile uso
m¥:
Chiediamo la pace
ome figli adottivi di Dio
convegno ecumenico è stata approvata la seguente di^t^iarazione firmata dal post. Domenico Tomasetto, presidendella Federazione delle chiese evangeliche in Italia (Fcei),
tnons. Giuseppe Chiaretti, presidente del Segretariato per
f^menismo e il dialogo della Conferenza episcopale italiaf^fCei) e dal mons. Gennadios Zervos, metropolita ortodosso
^ìtalìa. Si tratta di un accorato appello per la sospensione
violenza, quella etnica e quella delle bombe, che ancora
M questi giorni continua a mietere vittime innocenti.
«Nella polifonia dei cuori che lo Spirito ha suscitato nella
■coscienza di tutti nel momento in cui abbiamo riflettuto,
■toltato, cantato, pregato il Padre Nostro, abbiamo tutti inwiduato come un angoscioso filo rosso che ha percorso
^tero convegno ecumenico, la consapevolezza dolorosa e
»radicale ripudio della realtà della violenza etnica e della
^rra che stanno insanguinando paesi a pochi passi da noi.
L’aver celebrato insieme il Padre Nostro ha ravvivato in
Ut coscienza di essere tutti “figli adottivi di Dio” e dunque chiamati al dovere della fraternità gli uni con gli altri,
»aver posto al centro del nostro incontro la necessità e
^^Senza della preghiera ci ha messi nella giusta relazione
Dio come mendicanti, bisognosi di Dio, della sua gra3 del suo perdono. L’aver pregato insieme "sia santificato
J’nome” ci ha richiamati con rinnovata forza alla noresponsabilità che il nome di Dio non sia profanato fra
Wpoli per colpa nostra. Versare sangue innocente, sin dai
r?^pl di Abele, primo fratello a cadere per mano del fratelS'fi Pr'ùfanazione della tetra e aperto rifiuto di dare gloria
®01o che ha creato uomini e donne a sua immagine.
‘iJ partecipanti al convegno sul Padre Nostro, padre comu^Padre di tutti, al tramonto di un secolo in cui il nome di
stato molte volte profanato a causa del peccato dei
^ s^si figli, invocano con forza la venuta del regno di Dio
i^u’attesa si impegnano, e fanno appello alle chiese cui
^artengono, di ricercare e di fare insieme la volontà del
“ che è in primo luogo pace, giustizia, libertà per tutti i
Dio nel mondo che egli appassionatamente ama».
«pagano», ovvero formalistico. «Il luogo massimo della
profanazione del nome di Dio
sono spesso i pulpiti delle nostre chiese», ha affermato il
prof. Ricca, commentando la
richiesta «sia santificato il tuo
nome» e ricordando le parole
profetiche di Martin Luther
King che rimproverava duramente le «pie trivialità» troneggiami nelle nostre chiese.
La dimensione di santificazione è la caratteristica fondamentale della spiritualità
ortodossa e su questo aspetto
si è concentrato il prof. Renato D’Antiga. «La santificazione del nome di Dio significa
uscire dal proprio egoismo
per entrare nell’amore infinito di Dio». Questa affermazione, secondo il prof. D’Antiga, è Tasse di tutta la liturgia
e della «filosofia divina» praticate dall’oriente cristiano. Il
monacheSimo orientale nasce quindi come tentativo di
raggiungere la perfezione intesa come trasformazione interiore ed esteriore operata
dallo Spirito Santo.
Negli interventi conclusivi
di quest’ultima giornata del
convegno è stato sottolineato il carattere unico sia della
preghiera Padre Nostro, sia
dell’iniziativa promossa insieme da 3 denominazioni
cristiane. Il Padre Nostro è la
preghiera dei cristiani già
uniti nel riconoscimento del
Padre comune nel culto e nel
servizio e, allo stesso tempo,
in cammino verso una comunione sempre più salda,
traguardo che, nonostante le
molte iniziative ecumeniche,
sembra ancora lontano e che
può essere raggiunto solo
per opera del Padre dell’amore e della pace.
La donna e la doppia
alterità del Padre Nostro
Una voce recepita al convegno di Perugia, da alcuni
anche con un certo imbarazzo, come veramente diversa,
è stata quella della teologa
Elizabeth Green sul tema «Il
“Padre che è nei cieli” visto
dagli occhi di una donna». La
chiarezza e la scorrevolezza
del suo argomentare insieme
con il suo intento, direi quasi
pastorale, ha reso il suo contributo un punto qualificante
del nostro confrontarci insieme sulla preghiera cristiana
più antica.
«Il Padre Nostro detto da
una donna ha una valenza diversa. Vuole dire qualcos’
altro. Quel qualcos’altro - ha
affermato Green - dipende
dal fatto che chi lo pronuncia
occupa, come donna, un posto diverso nell’ordine sia
simbolico che sociale del nostro mondo. La donna deve
far fronte alla “doppia alterità”: altro perché divino e
non umano, altro perché lo si
dice con una parola (Padre)
che descrive una realtà squisitamente maschile. Un Dio
cioè che non le somiglia affatto». Se a questo si aggiunge
che per secoli il «Padre Nostro» è stato pronunciato in
un contesto simbolico e sociale che valorizzava i padri
mentre negava valore alle
donne esso veniva usato per
avallare un ordine gerarchico
basato sul potere dei padri.
Green ripropone con Paul Ricoeur una «decostruzione del
simbolismo paterno», procedura che può apparire «un
lutto» ma che però è indispensabile per riprendere il
simbolismo «a un livello superiore». La paternità di Dio è
diversa da quella umana in
quanto non legata alla procreazione biologica e neppure
alla sessuazione maschile.
Anzi la paternità di Dio retta
servizi a cura di
ANNA MAFFEI
mente intesa mina alle radici
l’ordine sociosimbolico del
patriarcato. Le Scritture non
esitano a parlare di Dio genitore in termini di maternità.
Non si tratta di attribuire caratteristiche materne a un Dio
essenzialmente paterno o stabilire una complementarità
tra il maschile e il femminile
di Dio. Si tratta piuttosto di
affermare che la maternità è
atta quanto la paternità a dire
la natura parentale di Dio.
«Perciò - ha concluso la pastora Green - quando prego il
“Padre Nostro” ho due immagini personali, due parole
chiave; abbraccio e spazio.
Vedo le braccia di Dio talvolta padre, talvolta madre che,
leggermente inchinato/a verso il mondo, Tawolge in un
abbraccio forte, amorevole,
caloroso. L’abbraccio che
sento quasi sulla pelle mi
parla dell’essere accettati in
modo incondizionato dalla
realtà ultima. Quell’abbraccio non mi soffoca ma crea
invece uno spazio libero, uno
spazio in cui sono chiamata
ad agire, a rischiare, a crescere. Lo spazio in cui soffia senza sosta lo Spirito divino che
mi parla di libertà, di responsabilità, sì anche di gioia».
Perugia: il Palazzo dei Priori in cui si trova la Sala dei Notar!, dove si
è svolto il convegno
L'emozione di pregare
sotto la volta di Giotto
GIUSEPPE PLATONE
L’intervento della pastora Green
DIFFICILE non distrarsi
nell’ampio salone dei
Notari, nel cuore di Perugia
città d’arte, ad ascoltare le
dotte relazioni sui vari aspetti della «preghiera delle preghiere»: il Padre nostro. Gli
affreschi, i colori, la luce mediana che entra da finestre di
vetri preziosi, crea un’atmosfera rinascimentale. Quel
hlu intenso, diciamo da carta
da zucchero, che inonda le
ampie volte decorate e poi
giù giù fino alla boiserie dell’antico salone che diventa
tutt’uno con il pavimento
caldo, di legno che scricchiola. Un luogo stupendo. E poi
per la boccata d’aria, tra una
lezione e un’altra, ti trovi,
dopo un’ampia scalinata
(che è il massimo della barriera architettonica, ma allora queste cose non contavano), davanti alla fontana bella. Bella come una «candida
rosa», diceva di quest’opera
marmorea Dante Alighieri,
una fontana che continua a
gettare acqua dal lontano
1278 su una piazza intatta.
Un vero tuffo nel medioevo,
nell’Italia dei Comuni e avanti sino al Rinascimento.
Scale (anche mobili), gradini, vicoli, attraverso un tessuto storico che parte dagli
etruschi e arriva su una piazza nella quale occorre, per
gustarla, immergersi in silenzio contemplando antiche
facciate, torrioni, bifore... Qui
in corso Vannucci, nel cuore
di Perugia, il tempo si è fermato e ti dai un pizzicotto
per capire in che secolo vivi.
Al centro della fontana 3 giovani, bellissime donne bronzee, fuse insieme, sono il paradigma, se si vuole, delle 3
tradizioni cristiane dalle quali, malgrado secoli d’errori e
infiniti conflitti, continua a
sgorgare l’acqua della vita.
Impossibile non distrarsi, o
meglio: qui onestamente non
puoi ragionare di teologia eliminando l’elemento architettonico. Così è stato anche durante la liturgia ecumenica
celebrata in un’Assisi ferita e
fasciata da 1.000 ponteggi e
tralicci a causa del terremoto.
Nella Basilica inferiore di
San Francesco, Tunica agibile
al pubblico, si è letto il Padre
nostro, nella versione concordata. Si è pregato e cantato. Il
pastore battista Massimo
Aprile ha scavato con grande
energia nella preghiera di Salomone per la dedicazione
del tempio traendone spunti
di riflessione e speranza. E
mentre il coro delle suore
francescane riempiva la cantoria gli sguardi si alzavano
sui dipinti di Giotto e su quello bellissimo di Cimabue. Poi
uno dei rappresentanti delle
3 chiese convenute ha letto
una dichiarazione sulla guerra del Kosovo che esprime
tutta la nostra angoscia e impotenza di fronte a questa
guerra condotta e subita da
cristiani. Ciascuno di noi, durante la liturgia, era invitato a
scrivere su un foglio una breve riflessione. E alla fine
ognuno poteva pescare da
quel cestino stracolmo di foglietti scritti a mano un pensiero. Quello che ho tirato su
afferma; «Dio è più grande di
questa basilica!». Probabilmente, il pensierino della sera, Tha scritto un protestante.
Si avverte quel voler prendere la distanza da un luogo sacro.. Comprensibilissimo.
Nessun evangelico accende
una candela a San Francesco
o prega davanti a una sua immagine. Ma personalmente
sarei rimasto ancora ore a
contemplare gli affreschi della scuola di Giotto.
Dopo questo impatto giottesco e dopo l’ecumenismo
risaliamo alla superficie.
C’investe un freddo venticello primaverile. Un fratone di
almeno 150 chili, cordiale e
premuroso, ci fa segno con
altri frati di entrare nel convento. E qui nel grande refettorio i conventuali si scatenano: orecchiette, patate, arrosto, vino bianco marchigiano
da far tremar le gambe. Poi,
nel ringraziamento e nel
commiato, il vescovo di Perugia Chiaretti ricorda che in
una delle stanze del convento giace il cadavere di un giovane frate perito in un incidente stradale. Mesi fa, sotto
il crollo della volta della Basilica superiore erano scomparse 4 persone sotto le macerie, fra cui un frate. Una
sorta di «memento mori». Un
brivido percorre l’assemblea,
in mezzo alla gioia conviviale, viene fuori, non prevista
dal copione organizzativo,
tutta la fragilità, provvisorietà
della nostra vita.
Rientrando a Perugia mentre le luci disegnano la sagoma inconfondibile di Assisi,
in alto, come un gigante isolato e ferito, avverti che stai
camminando sul terreno
giusto per un’ultima preghiera. Tra la gioia per un incontro storico (era la prima
volta che le 3 chiese su un
piano paritario organizzavano un convegno di studio) e
senso di tristezza per il male
che condiziona e atterra (il
terremoto, la morte, la guerra) ti senti impotente. Sì Signore liberaci dal male, da
tutti i mali. Quelli che procuriamo e quelli che ci vogliono colpire e abbattere. Donaci di restare in piedi e vincere, insieme, questa lotta
contro tutto ciò che distrugge l’umanità. Le chiese non
ne sono esenti, essenziale
che non ne siano portatrici.
16
PAG. 8 RIFORMA
Vita Delle Chiese
Si è svolta a Torre Pellice l'annuale Assemblea dell'Unione predicatori locali
Venfanni al servizio della predicazione
li numero delle donne predicatrici è in aumento e nelle nuove ammissioni sono
in maggioranza. Il valore del sacerdozio universale. Rieletto il Comitato uscente
FLORENCE VINTI
L> ASSEMBLEA dell’UnioI ne predicatori locali del
1998 aveva deciso di ritrovarsi
quest’anno a Torre Pellice,
che era sembrato il luogo più
adatto per ricordare il 20° anniversario: rupi è nata infatti
nel 1979, l’anno dell’integrazione delle chiese metodiste e
valdesi in Italia. Durante Tanno il Comitato si è adoperato
per dare risalto all’attività di
predicazione dei predicatori
locali (pi), anche come segno
visibile della nostra riconoscenza a Dio che ci ha permesso e ci permette di servirlo nelle nostre chiese, e per
sottolineare il valore del sacerdozio universale.
In occasione dell’Assemblea, rappresentanti dell’
Unione hanno presieduto i
culti del 18 aprile in quasi tutte le chiese del I distretto.
Inoltre la predicazione inaugurale delle Conferenze dei
primi tre distretti e quella
dell’apertura del Sinodo sono
state affidate a dei predicatori
locali. L’Assemblea si è aperta
con il culto tenuto dal pi Giacomo Quartino, che ha scelto
il testo di Ezechiele 34. Un testo attuale, ha detto Quartino, che ci fa pensare anche
alle scene tragiche di smarrimento e sofferenza della
guerra nel Kosovo e ai falsi
pastori che ancora oggi dominano «con violenza e con
asprezza». Come Ezechiele
siamo chiamati a essere delle
sentinelle e ad annunziare la
parola di Dio, che è l’unico
vero pastore di tutti i popoli.
II pastore Gianni Genre ha
portato i saluti della Tavola
valdese, e insieme al ringraziamento per il lavoro condiviso con i pastori e le pastore,
una richiesta di una «mappa»
delle disponibilità per eventuali sostituzioni, sia nel periodo estivo sia dove vi è necessità, per tempi più lunghi.
Per questa Assemblea il Comitato aveva pensato di non
invitare professori della nostra Facoltà, come si è soliti
fare, per un lavoro di aggiornamento, ma di invitare il pi
Claudio Tron a tenere una lezione sulla «Predicazione in
un quadro di tempo e di spazio». La predicazione - ha
detto Tron - sfonda, nella fede e nella speranza, i limiti
del tempo: Gesù è venuto,
Gesù è presente, Gesù verrà.
Nell’amore possiamo sfondare anche i limiti del nostro
spazio umano: «entrare nella
pelle altrui». La fede viene
dall’ascolto ma non dobbiamo trascurare altri strumenti
della comunicazione: il vedere (la realtà rivelata dalla Parola) e anche, in un tempo in
Il culto inaugurale tenuto da Giacomo Quartino
(foto L. Casorio)
cui il virtuale sostituisce il
reale, il contatto fisico non
deve essere temuto: «se ti
amo non ho paura della tua
vicinanza; nemmeno di condividere il calice della Santa
Cena». Lo spazio altrui può
portare anche a una predicazione sotto forma di animazione di gruppo.
Il segretario dell’Unione,
'\V
Foto di gruppo dei partecipanti alTAssemblea
Mario Cignoni, ha informato
l’Assemblea che le sorelle Rosa Brusca e Giovanna Gandolfo sono state accolte ufficialmente come pi durante
Tanno passato e che altre due
sorelle. Alga Barbacini e Giovanna Vernarecci, hanno
concluso i loro studi. Il numero delle donne pi è in aumento e nelle nuove ammissioni
sono in netta maggioranza. Il
Comitato, nella sua relazione,
ha ringraziato le chiese che
sostengono l’Unione con le
loro offerte annuali. L’Assemblea ha rieletto il Comitato
uscente nelle persone di Mario Cignoni, segretario, e Luigi
Di Somma e Piero Imazio
membri. Il sabato pomeriggio
i presenti hanno ascoltato un
intervento del prof. Giorgio
Spini e poi si sono uniti a un
numero considerevole di persone presso il Centro culturale valdese per ascoltare la
conferenza di Mario Cignoni
su «La Repubblica romana del
1849 e i valdesi».
Cronache
PRAMOLLO — Sabato 17 aprile si è tenuto, nel tempio di Ruata, un concerto del gruppo corale «Les harmonies», molto
apprezzato dal numeroso pubblico. Li ringraziamo tutti di
cuore per la loro bravura e la loro generosità.
• Il culto di domenica 18 aprile, domenica dei predicatori
locali, è stato presieduto dal fratello Claudio Tron, che ringraziamo di cuore per il ricco e attualissimo messaggio e
per la sua grande disponibilità.
PINEROLO — Nel corso dell’ultima assemblea di chiesa sono
stati nominati deputati alla prossima Conferenza distrettuale Remo Long, Ada Gardiol Cavagnero e Roberto Rostan
(supplente Paola Travers Pons) e al Sinodo Stefano D’Amore e Dina Rostagno Pogliani (supplente Antonella Zorzan).
• Si sono svolti ultimamente i funerali del fratello Giacomo
Minetto e delle sorelle Nella Coucourde Marino e Germana Galliano Innocenti.
Ogni settimana...
RIFORMA ti fa conoscere un mondo evangelico più
grande di o^uello che puoi conoscere con la tua esperienza
diretta.
L’abbonamento ordinario costa 105.000 lire (invariato
dal 1997); se il tuo reddito familiare non te lo consente,
puoi utilizzare liberamente l’abbonamento ridotto di
05.000 lire, oppure puoi fare un abbonamento semestrale che costa 55.000 lire; se, invece, hai qualche risorsa in
più, aiutaci con l’abbonamento sostenitore di 200.000 lire 0 inviandoci una qualsiasi cifra in dono: aiuterai chi non
se lo può permettere.
Insomma, ci sono diversi modi per non rinunciare a
RIFORMA.
Oli abbonamenti decorrono, per dodici o sei mesi, dal
giorno di ricevimento della prima copia del giornale.
Per essere giovani a una certa età
f I
U
‘^vere bene la vita
fa stare meglio”
Quando i miei pazienti mi chiedono consigli
per vivere la loro terza età in modo indipendente io
suggerisco sempre una soluzione residenziale.!^
Una villa in una località tranquilla con un
ampio parco dove fare belle passeggiate.^
Una residenza dove si mantengono le proprie
abitudini ma si può contare su assistenza e servlZi;
dove ci sono spazi per la vita in comune, ^
e dove si possono ricevere visite con la massima libertà.*r
Quando i miei pazienti mi chiedono un
~ ùà&
indirizzo io non ho dubbi: La Residenza di Malnate perchè so per
esperienza che è la scelta giusta.
laR
esiaenza
Via P. Lazzari. 25
21046 Malnate (Va)
FaxO,\12 86 10 72
cortesia
Tel. 03.12 42 61 01
m
la serenità è di casa
VENERDÌ 30 APRILE 199q
Una conversazione di Giorgio Spini
L'entusiasmo della
predicazione itinerante
I lavori delTassemblea sono terminati con mezz’ora di
anticipo, ma visto che ci incontriamo solo una volta
all’anno, non si può sprecare
il tempo! Non era stato programmato un intervento del
predicatore locale professor
Giorgio Spini, anche perché
aveva tenuto una conferenza
la sera prima al Centro culturale valdese, ma perché non
approfittarne? malgrado le
sue proteste di «non aver
preparato nulla», l’anziano
storico metodista, vigoroso
ancora di mente e di spirito,
ha saputo tenere viva l’attenzione di tutti.
Certo, la storia della nascita
del metodismo e dei padri di
coloro che oggi si chiamano
predicatori locali non era del
tutto nuova; ma la capacità di
Spini di raccontare i fatti con
lucidità, con linguaggio comprensivo e spesso umoristico,
senza mai ripetersi (grande
dono per un predicatore!), ci
ha fatto seguire ancora una
volta con entusiasmo Wesley
con i suoi aiutanti [helpers]
nei loro giri di predicazione.
Abbiamo sentito la gioia, si
potrebbe quasi dire il brivido,
di quei momenti di risveglio
nell’Inghilterra del Settecento: l’Inghilterra arrogante dove i buoni erano ricchi e religiosi e i cattivi poveri e lontano dalla chiesa.
Lasciando alle spalle la speranza dell’aiuto dei suoi colleghi anglicani, ancora troppo legati alle loro parrocchie,
John Wesley e la sua rete di
predicatori vanno verso i più
disperati. Un pastore e alcuni
laici (con l’aiuto di qualche
cavallo) possono coprire un
territorio al di là dei confini
della zona intorno alia chiesa
ufficiale. Così spesso in con
dizione di fortuna, TEvangelo
è predicato e i poveri si convertono. Da questa situazione
iniziale anche se non immediatamente si passa dalla
struttura parrocchiale a quel,
la del circuito. Ogni gruppo
[society] può essere visitato e,
curato; i pastori e i predicato-'
ri non sono legati al territorio
ma sono mobili.
luogo
Adi
,DELF
f«temp
ir
Il prof. Spini ha concluso E un
dicendo che le differenze tra*^°
le chiese metodiste che na- ^e^Vitt
scono dalla tradizione pietf Lobus
sta con chiamata alla conver- L jal s
sione personale e la chiesa, ^edel I
valdese con le sue radici nel uLfjtta'
terreno della Riforma con la Leca»,
tradizione di una rigorosa Lepri
preparazione dei predicatori Jonne d
sono molto diverse. Il moto di Uya o
risveglio dell’Ottocento inve- ¿della
stì anche le quindici parroc- c
chie delle valli, ma non attec- Laracc
chi molto. Ne rimane común- j jcue cl
que qualche segno, per esem- sto
pio la confermazione del bai- Ledac
tesimo e il fatto che non tutti i jcongt
membri di chiesa sono eletto- «reser
ri. Ad almeno una dei presen- pi
ti è venuto da pensare che L^ped
l’integrazione e la testimo- Loim
nianza comune di due chiese ^ gj-aj
così diverse sono prova del- ^ jjg,
l’opera dello Spirito del Signore e della sua grazia, (f.v.)
OTTO PER MILLE
Si cercano volontari
Gli anziani titolari di pensione e i lavoratori dipendenti con
dichiarazione dei redditi a mezzo dei modelli ex 101 e 201
non partecipano alla scelta dell’Otto per mille
forse per mancanza di informazione o di assistenza o perché temono di dover pagare una maggiore imposta.
Solo 330.000 su 8.131.000 degli aventi diritto hanno fatto
la loro scelta.
L’ufficio Otto per mille della Tavola valdese ricerca volontari disposti a diffondere presso le comunità o Centri per
anziani, le sale di attesa delle Usi, i dopolavoro o crai azieiidali o i circoli sociali, i centri Caaf, le informazioni e l’assistenza per compilare la scelta.
Verranno inviati;
- le istruzioni precise, comunque stampate (in piccolo)
sul retro dei modelli ex 101 e 201;
- i dati relativi all’impiego dei fondi Opm da parte della
Chiesa valdese, con riferimento al sostegno agli anziani;
- le buste precompilate per l’inoltro delle dichiarazioni
agli uffici postali o alle banche.
L’ufficio Opm è aperto dalle ore 8,30 alle 13, dal lunedì ^
venerdì, al numero di telefono 06-4815903 o via e-mail
8xmille(®chiesavaldese.org, risponde Emanuela Tallo.
OTTO PER MILLE
Per chi non presenta
i modelli 740 o 730
Ricordiamo che tutti coloro che intendono assegn^f®
l’otto per mille alla Chiesa valdese e che sono esonerati dal
presentare i modelli 740 o 730, devono:
1) utilizzare i modelli ex 101 e 201 esprimendo la scelta
ogni anno;
2) firmare la copia del modulo entro la casella «Chiesi
evangelica valdese. Unione delle chiese valdesi e metodi
ste», senza superarne i bordi;
3) firmare la copia del modulo dove è scritto «Firma»;
4) inserire la copia in una busta su cui deve essere scriW
«Scelta per la destinazione dell’otto per mille dell’lrpef
tiva all’anno 1998», oppure munirsi delia busta di trasm’
sione acquistabile presto i tabaccai e i negozi tipo «Buffetti”’
5) scrivere sulla busta il proprio codice fiscale e il proP
cognome e nome;
6) consegnare la busta chiusa allo sportello di una ban
o di un ufficio postale.
Si ricorda che la scelta non comporta nessuna ma;
imposta da pagare.
OME]
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17
30 APRILE 1999
Î Vita Delle Chiese a
l’Evangelo
eri si consituazione
on immessa dalla
ale a quel-,
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predicato.
1 territorio
concluso
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te che naone piotiIla converla chiesa
radici nel
ma con la
I rigorosa
rredicatori
. 11 moto di
ento invaici parrocnon attecfie comunper esem
I Centro di incontri in questi anni è stato completamente ristrutturato
Adelfia tra ricordo e futuro
uogo di aggregazione e comunione delle chiese evangeliche della Sicilia il Centro
Adelfia aspira a ristabilire nuovi rapporti di dialogo nazionali e internazionali
ITALO PONS*
» pELFIA appare ai nostri
bocchi, sulla strada da
idglitti, nelle due costruzioisWperate nel grigio e
anco, irta sul promontorio,
un viaggio di almeno
dotto ore, le soste a Catane Vittoria in attesa deliutobus, nella campagna
dal sole di agosto tra le
¡tre del Ragusano. La granl^ritta «Adelfia», ovvero «la
iracca», come aveva titolato
mpo prima un articolo sulle
donne de La luce, che conjstava con i due grandi colisi della diaconia isolana, il
pizia cristiano e La Noce,
sibaracca» era lì, poco oltre
¡dune che ricoprono i resti
storia antica, cosa co
non tutti i
ano eletto
ne del bat- pjneda queste parti.
1 congresso Egei del 1981
.711U cicuu- ^presentò per Adelfia una
iei presen- E^dg prova di coraggio e
osare che pia Federazione fu un mo
Ï testimodue chiese
prova delito del Siazia. (f.v.)
unportante: i partecierano ben oltre le cai ricettive della struttuk^pure la pasta venne cual dente, nacquero
Mee grandi amicizie, rimapegli occhi gli indimenÈcabili tramonti, la larga
Kamarina, le notti a
A distanza di anni.
Dia che con sorelle e fratelli
Irresponsabilità nella
idWone del Centro, quejo ^rdo accompagna andi noi.
Si aÌSB maggio, dopo una
denti con
e 201
ille
iza 0 per1.
nno fatto
ca volonlentri per
ral azienli e l'assi
1 piccolo)
arte della
zianl;
liarazioni
1 lunedì al
ia e-mail
dio.
a
)
issegnate
nerati dal
9 la scelta
a «Chiesa
e metodi'
rma»;
ere scritte
Irpef rela'
li trasrniS'
.Buffetti»;
il proprio
ma banca
maggio''®
lunga attesa, tanti dibattiti e
diversi progetti, Adelfia sarà
presentata alle chiese e agli
amici nel suo nuovo volto. La
costruzione, che ricalca i tratti della precedente nella parte
nuova, dispone di un grande
e arieggiato salone, una moderna cucina e può ospitare
35 persone, curata nei dettagli e nelle finiture sotto l’attenta direzione del pastore
Enrico Trobia, al quale la Tavola valdese ha affidato la ristrutturazione: un progetto finanziato generosamente dalla Chiesa evangelica riformata del Cantone di Zurigo, tramite l’interessamento del pastore Werner Gysel.
Che cosa ha rappresentato
Adelfia nei passato? Certamente un luogo di aggregazione e di comunione. Se
qualcuno un giorno scriverà
la sua storia, vedrà come nei
programmi dei campi vi sia
sempre stata una costante attenzione alla formazione delle giovani generazioni, la
spinta propositiva verso tematiche come la questione
meridionale, la politica, la
pace, la formazione teologica, le problematiche femminili. Nel presente si tratta di
rilanciare un centro nel contesto delle chiese evangeliche
della Sicilia, di ristabilire i
rapporti nazionali e internazionali. Il campo cadetti vedrà la presenza di giovani
dalle valli valdesi sotto la direzione del candidato al mi
ComÌtato di Adelfia
Centro giovanile evangelico
Scoglitti (Ragusa)
Là, Dio ha posto una tenda per il sole...
(Salmo 19,5)
Cari amici è amiche di Adelfia,
vi aspettiamo sabato 8 maggio per l'inaugurazione della
nuova struttura del Centro.
Programma
ore 17: messaggi e saluti - presentazione del programma 1999 - testimonianze generazionali: Adelfia
tra ricordo e futuro.
ore 19: culto di ringraziamento - predica Francesco
Sciotto.
ore 20: itinerario gastronomico (cioè cena) a cura di Lillo Licata.
ore 21 : festa affidata alla creatività dei partecipanti.
Per informazioni e prenotazioni teiefonare al pastore
Italo Pons (095-327133).
nistero pastorale Stefano
Mercurio, pastore a Rorà. Anche la Egei Sicilia si riaggrega
nuovamente in un campo
pieno di aspettative in estate.
Non a caso il Comitato ha
scelto come tema conduttore
«la memoria»: Adelfia, corrosa dal vento e dalla salsedine, potrebbe essere metafora
della «cupa storia che non si
racconta» (Montale, Mediterraneo) o che oggi si dimentica troppo in fretta. Adelfia è
poi un luogo particolare della
Sicilia: in questi giorni i dati
confermano che la provincia
di Ragusa è economicamente una delle più vive e attive
della Sicilia. A Comiso, quella
che fu la base missilistica nucleare, sarà probabilmente riconvertita in uno scalo aereo
commerciale.
Il futuro è invece difficile da
prevedere. Adelfia si bagna
nel Mediterraneo: sarà il mare
di tanti nuovi e prossimi conflitti 0, come scrive lo storico
Andrea, «il Mediterraneo è un
mare e non innalza frontiere
insuperabili, anzi favorisce gli
scambi»? Scambi e incontri
che generano conoscenza, capacità di dialogo e fi'atellanza
che Adelfia porta nel suo nome e nei suoi crornosomi.
* presidente del Comitato
Si è svolta a Mestre una giornata di formazione su temi di bioetica
rispetto della persona umana nelle situazioni di malattia
CLARA COZZI
Domenica i8 aprile alia
'chiesa valdese di Mestre
Henuta la giornata di forcone organizzata dal 7°
ulto con la collaborazione
^Federazione delle chiese
togeliche del Nord-Est. Il
Ito è stato tenuto da Sergio
Msul testo di Luca 29, 13(I discepoli sulla via di Emte). che ha sottolineato
Elogia con il nostro tempo
|Fpasquale, in cui noi pure
pno ricevuto soltanto seWdi morte anziché di vita,
'pali che dovrebbero farci
parare perché l’umanità
ancora capace di vivere
‘“amente questa vita; e
.-da ecco che Dio ci dona
fede perché possiamo solare questa situazione di
nella promessa della
®^zione.
Wo il culto il dott. Danie%etto, medico ospedalieto Vicenza e membro del
Wo di lavoro sui probleatlci posti dalla scienza,
lanuto una relazione dal
titolo «Dignità del morire».
La sua esposizione, accompagnata dalla visione di numerosi lucidi, è stata chiara e
articolata, e ci ha invitato a
interrogarci su molti punti,
fra cui quello se il problema
sia rilevante e perché. Nel
nostro mondo occidentale,
con il miglioramento della
qualità della vita e con il progresso medico, la durata della vita stessa si è allungata
molto, ponendo dei problemi
che una volta non sussistevano. Si muore sempre di meno
a causa delle malattie infettive e si arriva alla vecchiaia
essendo in parte curabili le
malattie cardiovascolari, oncologiche e altre ancora. Comunque nel mondo le cause
maggiori di morte precoce rimangono fame, guerre, povertà. Citando una frase di
Norberto Bobbio («I bisogni
si sono trasformati in diritti
quando si creano storicamente le possibilità di soddisfarli»), ma i diritti nati dai
bisogni non dovrebbero diventare i privilegi per una
Il Rifugio
Re Carlo Alberto
Casa di riposo per anziani
ricerca
Responsabile di servizi
infermieristico'assistenziale
.^^fichiede:
Ploitia di infermiere professionale
Pacità gestionali
''Olio
%
'triande corredate da dettagliato curriculum vitae de®®cre inviate a:
^ Re Carlo Alberto loc. Musset I
I0O6Ì
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parte sola dell’umanità. Un
aspetto importante messo in
evidenza è il rispetto per la
persona umana che non è né
un utente né un cliente delle
strutture ospedaliere.
Con il rispetto dovuto alla
persona c’è l’attenzione per
la sua malattia, per le sue
paure, per i suoi problemi
psicologici. Avendo il rispetto
e non la tolleranza delle opinioni, si potrebbe auspicare
anche nel nostro paese la
possibilità per i malati terminali, quando la vita diventa
un tormento insopportabile
in una situazione di degradazione, e su loro ripetuta e
specifica richiesta, di avere
un trattamento di eutanasia
legalmente previsto. Naturalmente tutto il problema richiede una grande cautela
per tutelare sia il malato sia il
medico. Una possibilità cui si
è accennato è che ogni persona possa sottoscrivere la propria carta di autodeterminazione medica («Biocard») con
cui poter indicare preventivamente determinate scelte.
Per fortuna sta riducendosi
nel settore medico la duplice
errata mentalità del paternalismo e del vitalismo. Il primo
considera il malato un eterno
minorenne incapace di capire e di decidere, per cui gli si
nega l’informazione chiave
sia sulla malattia sia sulla terapia; il secondo persegue
per principio l’accanimento
terapeutico. Paradossalmente il nostro paese è l’ultimo in
Europa per il consumo della
morfina nella terapia del dolore, secondo il principio che
morfina è tossicodipendenza, il che non è vero. Un lavoro molto importante lo fanno
i «comitati etici» per una crescita culturale della mentalità
sia della classe medica sia
della popolazione onde affrontare le nuove problematiche che si presentano nel
nostro tempo.
I documenti che il Gruppo
di lavoro elabora devono essere conosciuti e dibattuti
nelle nostre chiese. Dobbiamo prendere atto del conflitto tra l’intangibilità della vita
e le applicazioni concrete.
Nessuna etica è normativa in
senso assoluto, ci sono degli
orientamenti per un dibattito
generale per dare visibilità
esterna all’etica protestante.
Dobbiamo sviluppare una
«teologia della finitezza» salvaguardando non la lunghezza ma i valori della vita.
PAG. 9 RIFORMA
Agenda
30 SLprile.
SONDRIO — Alle ore 21, al Centro evangelico di cultura
(via Malta 16), i pastori Alfredo Berlendis e Carlo Papacella
parlano sul tema: «Giovanni Diodati (1576-1649) e la sua
Bibbia italiana».
I l‘n§ggto
fàiìl-.
I
TRAMONTI DI SOPRA — A partire dalle 10,30, al Centro
«L. Menegon», si tiene la giornata comunitaria delle chiese
del Triveneto organizzata dalla Ecene. Dopo il culto tenuto
dal past. Renato Cotsson, la pastora Laura Leone tiene una
relazione sul tema: «Immigrati, ricchezza delle chiese».
BETHEL — Presso il Centro evangelico, si tiene la giornata
comunitaria organizzata con il 15° circuito sul tema: «Paesi
poveri, paesi ricchi e ruolo delle chiese all’alba del III millennio». Introduce il pastore Salvatore Rapisarda. Per ulteriori informazioni e prenotazioni rivolgersi a Furio Crucitti
(0965-592290) o a Maria Matarese (0961-754120).
4 maggio
I
UDINE — Alle ore 18, nella sala «San Paolino d’Aquileia»
(via Troppo 1/b), il professor Amos Luzzatto parla sul tema: «Ebrei e cristiani: convergenze e divergenze», per l’organizzazione del Gruppo Sae.
MILANO — Alle ore 18, nella sala attigua alla libreria Claudiana (via Sforza 12/a), il pastore Fulvio Ferrarlo tiene il primo incontro del ciclo: «“Mia forza e mio canto è il Signore”
(Salmo 118, 14). I salmi tra fede, storia e poesia», sul tema:
«“Beato l’uomo il cui diletto è nella Torah del Signore” (Salmo 1,1-2). Dio, l’essere umano e la Torah nei Salmi».
GENOVA — Alle ore 17,30, nella sala della Provincia (largo
E. Lanfranco 1), il prof. Daniele Garrone parla sul tema: «Il
Giubileo nella Bibbia e nella chiesa», per l’organizzazione
della Federazione delle chiese evangeliche della Liguria e
deU’amministrazione provinciale di Genova.
6 maggio
I
TORINO — Alle ore 16 e alle 20,45, nella sala valdese di via
Pio V 15 (primo piano), il past. Giorgio Bouchard, nell’ambito del ciclo di studi «La fede interpreta il mondo», parla
sul tema: «La nascita della violenza - Genesi 4».
7.n^gto
I
ROMA — Alle ore 18, nell’Aula magna della Facoltà valdese
di teologia (via P. Cossa 40), la prof. Chiara Saraceno e la
dott. Doriana Giudici parlano sul tema: «Giovani d’Italia:
una generazione alla ricerca di un progetto. Un rebus per
le famiglie, la società, le chiese», a cura del Centro evangelico di cultura e della Commissione lavoro della Fcei.
—
I
FIRENZE — Alle 16, alla Casa di riposo II Gignoro (via del
Gignoro 40), il Gruppo promotore animazione con gli anziani espone «Esperienze di animazione con gli anziani».
SANT’ANTONINO DI SUSA (To) — Alle ore 20,45, nella
chiesa battista, la corale evangelica di Torino diretta dal m.o
Flavio Gatti tiene un concerto di musica religiosa e classica.
9 maggia
TRIESTE — Nella chiesa metodista (Scala dei Giganti) sì
tiene una giornata di riflessione organizzata dalle donne
della Fdei e da altre donne evangeliche sul tema: «Essere
donne senza confini nella frontiera del Nord-Est». Dopo il
culto, Slaviza Stando racconta la propria esperienza di
«Condizione di profuga come scelta di pace». Nel pomeriggio tavola rotonda con donne di varia provenienza e denominazione e gruppi di lavoro su cultura della nonviolenza, interculturalità al femminile e sul tema: «Anche nella guerra: costruttrici di pace».
MEANA DI SUSA (To) —Alle ore 15,30, nel tempio evangelico, culto di ringraziamento per il 105° anniversario della
predicazione dell’Evangelo nel paese.
SANTHIÀ (To) — Alle ore 16, nella chiesa evangelica (viale
Vittoria 16), per il Centro evangelico di cultura «L. e P. Paschetto», il Sestetto evangelico condotto da Amelia Cocumelli canta «Inni e corali della Riforma».
TORINO — Alle 17,30, nel tempio valdese di corso Vittorio
Emanuele II 23, l’organista Emanuele Cardi esegue musiche di J. S. Bach e dei suoi figli. Ingresso £ 15.000.
MARCHERÀ (Ve) — Nella chiesa battista si tiene la VI Festa delle scuole domenicali organizzata dalla Federazione
delle chiese evangeliche del Nord-Est sul tema: «Tutti
uguali davanti a Gesù». Tel. a Sandra (041-5202285).
ALESSANDRIA — Alle ore 17, al salone Teatro (v. Mazzini
85), il Centro culturale protestante organizza un incontro
musicale con la corale della chiesa valdese di Frali.
CULTO EVANGELICO: ogni domenica mattina alle 7,27 sul
primo programma radiofonico della Rai, predicazione e
notizie dal mondo evangelico italiano ed estero, appuntamenti e commenti di attualità.
PROTESTAN'TESIMO: rubrica televisiva di Raidue a cura
della Federazione delle chiese evangeliche in Italia, trasmessa a domeniche alterne alle 23,40 circa e, in replica, il
lunedì della settimana seguente alle ore 9,30 circa. Domenica 2 maggio (e in replica lunedì 10 maggio) andrà in
onda: «Campi profughi in Albania: l’impegno delle chiese
evangeliche; Incontri; rubrica biblica».
AVVERTENZA: chi desidera usufruire di questa rubrica deve inviare i programmi, per lettera ofax, quindici giorni prima del venerdì di uscita del settimanale.
18
PAG. 10 RIFORMA
Eiforma
Italia, economìa malata
Doriana Giudici
Il malato più grave d’Europa è l’Itedia? Questa la domanda sottesa all’incontro fra governo e parti sociali svoltasi a
Roma il 22-23 aprile. L’occasione dell’incontro è stata la
necessità di verificare gli accordi fatti, a cominciare da
quello del ’93, fra potere esecutivo e attori sociali (imprese
e sindacati). In particolare si è sentito urgentemente il dovere di un confronto stringente prima di impostare il Documento di programmazione economico-finanziaria
(Dpef) per il prossimo triennio (2000-2002). Non vi è dubbio che il conflitto aperto nei Balcani impone di considerare nuove e più alte voci di spesa, squilibrando così la già
precaria condizione del nostro bilancio.
Anche gli economisti più «liberali» non possono esimersi
dal sottolineare che questa guerra è certamente «anomala».
Tecnicamente le guerre sono un acceleratore delle economie, soprattutto quando finiscono, perché ci sono paesi da
ricostruire e la produzione tira. Ma oggi il contemporaneo
impegno umanitario chiede molte più risorse e spese. Inoltre, la crescita economica degli Stati Uniti è stata alta per
tutto il ’98 e si prevede per il ’99 un ulteriore rialzo, mentre
l’Unione europea non ha avuto un ’98 positivo, e ora la stessa Commissione prevede un ribasso anche per il ’99. Tutti i
paesi europei, con significative diversificazioni interne,
continuano ad avere un alto tasso di disoccupazione, ma le
regioni del Sud d’Italia sono, ancora, nelle condizioni più
gravi. Inoltre le previsioni per l’Italia rimangono nere: fino
al 2002 non usciremo dal tasso medio nazionale del 12% di
disoccupazione. Lo scenario che ha accompagnato rincontro ha evidenziato che altri paesi europei, come la Spagna,
sono riusciti, nel corso del ’98-99, a creare nuovi posti di lavoro, mentre in Italia il basso tasso di crescita economica
non fa prevedere nulla di buono. Anzi, le imprese italiane
nel corso degli ultimi 12 mesi haimo investito all’estero per
30.000 miliardi, mentre in Italia Tinvestimento ristagna anche se il governo ha deciso di abbassare il costo del denaro.
Certo, durante rincontro si è sottolineato da molte parti,
aU’intemo del governo e delle parti sociali, che esiste un
drammatico problema di inadeguatezza e di rigidità del
nostro sistema politico-amministrativo.
Se il momento è delicato, per la guerra in corso, non
dobbiamo dimenticare che la nostra stessa realtà sociale è
in difficoltà; ne è una prova il prolungarsi della trattativa
per il rinnovo del contratto dei settori metalmeccanici. Gli
stessi dati economici prodotti nel confronto ci hanno ricordato come vi sia in Italia una preoccupante stasi negli
investimenti (in Italia nel ’98 la crescita è stata del 1,4%
contro la media europea del 3%). Ci si è chiesti: esiste una
stanchezza o una obsolescenza del nostro sistema produttivo? Quali sono le ragioni di una preoccupante discesa
della nostra competitività esterna? Il governo ha (ottimisticamente) ipoti^to 100.000 occupati in più entro l’anno se si concretizzeranno una serie di condizioni: rispetto
degli impegni del Patto sociale da parte di tutti; celerità ed
efficacia delle spese per incentivi nel Mezzogiorno; applicazione delle nuove norme contrattuali per le assunzioni.
Per le parti sociali invece urgono anche nuovi impegni per
ricerca e formazione (per adeguare la nostra produzione ai
bruschi cambiamenti della domanda mondiale) oltre che
la creazione di strumenti atti a favorire la diffusione delle
innovazioni tecnologiche e ad abbreviarne i tempi.
Soprattutto, tutte le parti sociali hanno molto insistito,
nel loro confronto col governo, sulla necessità di dare
gambe al «Patto per il lavoro» stabilendo con urgenza le
priorità e i tempi nell’erogazione dei fondi oltre che
nell’attuazione dei vari capitoli del Patto. Ineludibili sono,
inoltre, alcune urgenti richieste: Tammodernamento della
pubblica amministrazione; l’attività di monitoraggio sui
diversi interventi di politica economico-sociale; la proroga
della fiscalizzazione degli oneri sociali per il Mezzogiorno;
la riforma dei servizi per l’impiego, per la quale occorre
stabilire definitivamente una data entro il primo semestre
’99. Alla fine è rimasta aperta per tutti, governo e parti sociali, una questione: conviene rispettare la scadenza rituale del 15 maggio per presentare alle Camere il Dpef o è meglio slittare fino alla fine di giugno, per collegarlo meglio
sia all’attuazione del «Patto del lavoro» nazionale che al
«Patto di stabilità» siglato in sede europea?
Riforma
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Negro, Luisa Nitti, Nicola Pantaleo, Emmanuele Paschetto,Gian Paolo Ricco. Fulvio Rocco, Marco Rostan, Mirella Scorsonelli, Florence Vinti, Raffaele Volpe.
DIRETTORA RESPONSABILE Al SENSI DI LEGGE: Piera Egidi
REVISIONE EDITORIALE:Stelio Armand-Hugon: GRAFICA: Pietro Romeo
AMMINISTRAZIONE: Ester Castangia: ABBONAMENTI: Daniela Actis.
STAMPA: La Ghisleriana s.n.c. Mondovl - tei. 0174-42590.
EDITORE: Edizioni Protestanti s.r.l.-via S. Pio V, 15 bis -10125 Torino
Tariffe inserzioni pubblicitarie: a modulo (42,5x40 mm) £ 30.000.
Partecipazioni: mm/colonna £ 1.800. Economici: a parola £ 1.000.
Riforma è il nuovo titolo della testata La Luce registrata dal Tribunale di Pinerolo con il n. 176 del 1® gennaio 1951. Le modifiche
sono state registrate il 5 marzo 1993.
Il numero 17 del 23 aprile 1999 è stato spedito dall'Ufficio CMP
Nord di Torino, via Cebrosa 5, mercoledì 21 aprile1999.
Auociato alla
Unione stampa
periodica Italiana
Commenti
venerdì 30 APRILE
ERE
■ La dolorosa memoria delle frontiere nei Balcani
Ogni verità ha tre volti possibili
Il conflitto di queste settimane è un ulteriore tributo di
violenza e di sangue che l'idolo «confine» esige spesso
SAURO GOTTARDI
Lf APPUNTAMENTO serale
I con i bombardamenti è
diventato parte dei nostri
orari quotidiani: si ritorna a
casa, si cena, si guardano i
bombardamenti. Nella sala o
nel tinello passano colonne
di automobili civili e di autoblindo militari: cacciano via
dalle case popolazioni intere,
incendiano, uccidono e vengono bombardati e per vendetta incendiano e uccidono
ancora. Una catena di odio,
di soprusi, di vendette, di
prepotenze inaudite. Inaudite? La mia generazione, nata
agli inizi di questo secolo, le
ha udite e vedute una di seguito alle altre. Non è necessario elencarle di nuovo, perché abbiamo continuato a ricordarle e a scriverle, affinché non succedessero più; e
invece si ricomincia daccapo,
imperterriti: è sufficiente un
solo prepotente, un solo partito, organizzato poliziescamente, per scatenare l’inferno, anche a casa nostra, nel
salotto, con la tv.
La seconda
guerra mondiale
Come non ricordare le serate della seconda guerra
mondiale, attorno alla radio a
galena, ad ascoltare i bugiardi bollettini di guerra, le puntate propagandistiche di Radio Londra o le notizie soffiate da Radio-fante nei rifugi
sotterranei, stretti e costretti
tra il regime che aveva fatto
scatenare la bolgia e i liberatori che ormai non guardavano più in faccia nessuno,
nemmeno i propri soldati,
pur di arrivare alla conclusione? E come non ricordare,
noi profughi dai confini orientali d’Italia nel ’47, insultati dai nostri comunisti perché fuggivamo dal terrorismo
titino e insultati dai fascisti
perché fuggivamo invece di
farci ammazzare sul posto?
Sì, la popolazione civile si è
trovata e si trova sempre
stretta tra scelte univoche:
guerre, rivoluzioni, lotte, tra
posizioni non volute, non
previste, affatto chiare, perché, come scriveva Scipio
Slataper, «ogni verità ha tre
volti e tutti e tre possibili».
Davanti alla tv, per chi devo
parteggiare? Per i villaggi kosovari distrutti o per l’economia serba distrutta? Per i
bombardati stipati nei rifugi o
per i fuggiaschi sui carri agricoli. Per il giovane serbo inquadrato nell’esercito o per il
kosovaro partigiano nella resistenza? 0 meglio, chi devo
aiutare... restando «neutrale»?
È possibile essere imparziali?
q:
Uomini e animali
lungo le frontiere
«Vi è un cane ringhioso scrive Carlo Sgorlon nella
Foiba Granda - che dorme
lungo tutte le frontiere tra i
popoli e che a nessun patto
deve essere destato (...) Ah,
gente! il cane che dormiva e il
lupo assopito del nazionalismo sono stati svegliati per
davvero e ormai latrano senza requie, anzi infieriscono
sempre più, perché la durezza delle imprese, che essi generano, non è più vista quale
è veramente, una barbarie tra
popoli fratelli, ma una necessità usata per raggiungere dei
fini». Questi scontri sono il
simbolo del secolare tributo
di violenza che spesso esige
un confine, «idolo» che chiede sacrifici di sangue. Forse
l’unico modo per neutralizzare il potere letale dei confini è sentirsi e mettersi sempre dall’altra parte. Nella
Canzone della campana di
Friedrich Schiller sta scritto
che «è pericoloso svegliare il
leone, mortale il dente della
tigre, tuttavia il più grande
degli spaventi è l’uomo nella
sua rabbia».
Nel mezzo della carneficina scatenata dall’Erode di
questo tempo, l’Evangelo richiede ai credenti di annunziare incredibilmente la pace, la giustizia, l’amore. È
credibile che si possa veramente farlo? Dice di sì quel
piccolo recente fatto del pastore battista, andato a visitare le sue chiese dentro i
confini serbi e rimasto intrappolato dallo stato di
guerra, che si è dedicato fedelmente a continuare la cura d’anime di quelle popolazioni di confine. Mi ricorda il
pastore Arnaldo Comba nel
1920 a Fiume, che preferì rimanere intrappolato nella
città assediata e bombardata,
vicino alla chiesa, mentre la
famiglia era rimasta in Italia.
A Fiume, nella
Pasqua 1941
Mi ricorda il pastore Valdo
Vlnay, che nella settimana di
passione del 1941 lasciò la
Facoltà di teologia di Roma
per correre a visitare e consolare i fratelli fiumani evacuati
improvvisamente dalla città
di confine: e poi ancora nell’estate del ’45, alla fine della
guerra, non appena si aprì un
varco nei nuovi confini: «La
vostra storia è una vecchia
storia con lo stesso problema
- scriveva in una lettera alla
comunità scritta una volta
rientrato a Roma, e poi pubblicata anche su La luce il 15
febbraio 1947, mentre a Pari
gi si firmava il Trattato di pace con l’Italia -, che costantemente ritorna, perché in fondo sempre insoluto, come
quello di tante altre genti di
frontiera. Oggi lo si vuole risolvere a vostro danno, come
ieri a vostro favore, ma né ieri né oggi è risolto dalla politica e dalla guerra, perché è
un problema spirituale (...).
Noi siamo colpevoli come
tutto il nostro popolo, non
possiamo rifiutare questa solidarietà con il nostro popolo
(...). Ma di una cosa mi duole,
che voi più di tutto il nostro
popolo dovete gustare l’amarezza della espiazione, poiché non è sentita da tutti la
solidarietà nel dolore, com’è
reale nella colpa (...).
La fede nell’Evangelo non
termina ai confini della patria
o della latinità. Anche gli slavi
hanno accettato Cristo ed è
appunto in Cristo che voi dovete cercare lo spirito e l’amore per superare le difficoltà presenti e per risolvere
il millenario problema della
vostra storia di vicinato e di
convivenza col popolo croato
(...). Lo ha insegnato Paolo,
l’apostolo delle genti, dicendo “qui non c’è greco e giudeo, circoncisione e incirconcisione, barbaro o sciita,
schiavo o libero, ma Cristo è
ogni cosa e in tutti”. Ormai
non c’è altra via di salvezza
che l’attuazione di questa soluzione: se soffrite è perché le
generazioni passate l’hanno
svalutata come parola pietistica ed era invece altamente
politica e umana».
«Innalzare la croce
su tutte le bandiere»
Mi ricorda pure il pastore
Carlo Gay, che, dopo avere
svolto a Fiume il proprio ministero nei sette anni di guerra, così riferiva alla Tavola
valdese nel 1945: «La nostra
chiesa di Fiume e Abbazia ha
superato con fermezza di fede le gravi difficoltà incontrate finora e derivanti da bombardamenti, combattimenti,
carestie. Essa è stata per
molti la casa spirituale nella
quale hanno sentito aleggiare la libertà dello Spirito nelle ore più oscure e la potenza
della carità e del perdono
nelle ore dell’odio. In momenti in cui gli attriti ed i risentimenti, le delusioni sono
più facili ad esplodere, sentiamo costante il dovere di
innalzare, al di sopra di tutte
le bandiere terrene, la croce
di Cristo, speranza unica». La
resurrezione di Pasqua avviene dopo la crocifissione
del Golgota: non ci sono vie
intermedie; solo l’itinerario
della passione porta alla «vita
nuova» in Gesù Cristo.
UESTA domenica cade il
25 aprile, il 54° anniversario della liberazione dalla
dittatura fascista. Nelle nostre
città la data viene celebrata
con manifestazioni varie, un
po’ retoriche ma sempre toccanti, soprattutto per quanti
di noi hanno vissuto quei
giorni, e hanno sempre nel
cuore gli amici che hanno visto cadere nella lotta per la liberazione. In alcune città, in
questa occasione, vengono richieste preghiere di suffragio
per i morti. Noi protestanti
non preghiamo per i morti.
Siamo ben convinti che essi
sono nelle mani di Dio e che
cosa potremmo aggiungere
ancora noi a quelle mani onnipotenti e misericordiose?
Noi crediamo che il modo
migliore per onorare i martiri
della libertà sia quello di non
tradire gli ideali per cui essi
PIERO BENSÌ
hanno dato la loro vita. Ogni
volta che i diritti di un uomo
o di una donna vengono calpestati, ogni volta che rifiutiamo l’altro soltanto perché il
colore della sua pelle è diverso dal nostro, noi compiamo
un tradimento verso i nostri
caduti. Ogni volta che la nostra vita democratica si trasforma in collusione con la
mafia e l’interesse personale
prevale sul bene comune, noi
tradiamo la memoria dei no
m Roma, 3
Vacanza forzata
per la scuola
BENIAMINO LAMI
liât
dell
ALL’INIZIO del mese
maggio, a Roma, è pre^
sta la presenza di un nums
eccezionale di persone:
maggio, festa del lavoro coi
tradizionale concerto di Cg
Cisl-Uil in piazza San Gii
vanni; 2 maggio, beatifici
ne di padre Pio in piazza
Pietro e piazza San Giovai
3 maggio, al mattino, cerinìi
nia religiosa in piazzasi
Pietro e in serata incontro
calcio Roma-Inter. Poiché
concomitanza di tali evei
può determinare gravi ripei]
cussioni sul traffico il prefei
to di Roma, con un’ordinan
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la chiusura di tutte le scuo|
statali e non, per il giorno!
maggio. Con una success'n
ordinanza del 14 aprile
escluso dalla chiusura
scuole materne «per il fa(
che i genitori dei bambinii
piccoli avrebbero comunqo
la necessità di accompapa
in auto o con mezzi pubbl
ità n
ana e
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izza
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„)nonch
presso parenti e amici». fiapporti
Potenza dell’Italia catto! Ione mac
ca! Per la legge 146, le scuiì feti. Lo S
sono considerate servizlijMmen
pubblico essenziale e pertaaWzzazii
to sono necessari lunghi p® foiSi auti
avvisi e particolari procedi® jitàdi aui
per indire anche una solaoS fci a svol
di sciopero. Di fronte aH’anl j|psioni
vo di molte persone a Roini lo stato, a
il prefetto si pone il proble» perla lort
non di garantire il «servitili ipipunità
pubblico essenziale» scuok iStàmenti
ma quello del regolare svolj Zigani
mento del traffico. Per poti cale«Bell
permettere ai 500.000 giovi i
ni, quasi sicuramente tul
seguaci di padre Pio, di goà
re del concerto di sabato /
ra, chiude le scuole il lu4
successivo. ProvvedimeÉ
necessario a garantire ani
gli altri 6-7.000 che scendi]
ranno a Roma per la pai
del lunedì sera.
Se è sicuramente sensal
lec
Jeitappr
pensare che un bimbo ou®cura
bimba dai 3 ai 6 anni iwtopari
possano essere lasciati ac^RRom
da soli dai genitori che vaiW® speci
al lavoro, è possibile pensf
che lo si possa fare per bi
bini poco più grandi? Non
rebbe stato forse più sens
lasciare aperte le scucii
chiudere la città al traffico!!
città, che è già normalmi
oppressa dallo smog, ne
rebbe stata grata. Di front
questo modo inaudito di pi
cedere possiamo pensati
chiedere che il ministro ®
Interni intervenga a riprit
nare un uso laico delle regol
Ma, forse, gli studenti
mani sono contenti, peto!
per loro si profila un ani
sabatico. Nel 2000 il Giubili
porterà a Roma 27 miJini’jL
pellegrini. Stando così le ^
se sarà inevitabile la chin^
ra delle scuole per 1 int®
anno scolastico.
ze per
I slove
nunità
1 di
biin dep
' troppi
iaS.O
pubbli«
>ha an
principi
■■ aC
Ideila
itutel
'del del
jrarr
stri caduti. Ogni volta che
permettiamo che la violenza
in tutte le sue forme, soprattutto verso i più deboli come i
bambini e le donne e gli anziani, prenda il sopravvento
sulla convivenza civile, noi
tradiamo la memoria dei nostri caduti.
Ogni volta che assistiamo
inerti al malgoverno, alla malasanità, allo sfruttamento, allo sperpero del pubblico denaro, noi compiamo un tradi
mento nei confronti
dei nos' j
caduti. Caduti per la
9-9:
Ma libertà da che cosa,
una dittatura politica voi
gnosa e distruttiva, cedOi
libertà anche dalla cori
ne, dalla menzogna, d .
goismo, dallo sfruttatn|
del ricco sul povero
minio del denaro. «Qd°
alzate le mani per pre^
guardo altrove - dice n
re per bocca del profeta
-; lavatevi, purifica^dy „
cercate la giustizia, aiuta ^
oppressi, proteggete g ' j ,
ni, difendete le vedove t.
ilssf
mi darete ascolto mang'
paro'
)4-9:
■9;
6-9:
pa
vis
Sa
cu
ef
vis
tra
co
tra
ne
tra
*1 -9:pa
’3-9: tra
'4-9: gS
rie
°spiia/
;;Farra
un^t Ì?2/l
"tino 2i
frutti di questa terra,
del Signore».
(Rubrica «Un «up
mento» della Fosmissio ni ^ ‘
diouno «Culto
ta dalla Federazione deW j Pe
evangeliche in Italm n
onda domenica 25 apm
19
ERDÌ 30 APRILE 1999
Pagina Dei Lettori
PAG. 1 1 RIFORMA
AMI
I la tutela
delle minoranze
Nella nota sulla situazione
I negli stati balcanici (a firma
Riforma n. 16) leggo
le «a parte la residua minomza italiana, con le sue melorie dolorose per gli esodi
jel dopoguerra e le limitazioni culturali a cui è soggetta
la Slovenia è “etnicafinte pura”». Occorre allora
teclsare che l’art. 11 della
istituzione della Repubblisìovena (22 giugno 1992)
;ita: «In Slovenia la lingua
iciale è lo sloveno. Nei teritori dei Comuni nei quali
ono le comunità nazionali
liana e magiara sono linufflciali rispettivamente
^iano e il magiaro».
L’art. 12 assicura alle coinità nazionali autoctone
lana e magiara e ai loro
successiflUartenenti «il diritto di usa1 aprile ^Uberamente i propri simliusura fa nazionali, e ai fini della
per il faujifcservazione della propria
iambini[ifctità nazionale di istituire
comunquftanizzazioni e sviluppare
ompagnMpfità economiche, culturali
zi pubbij ],,) nonché il diritto di curare
itapporti con la propria naie madre e con i rispettivi
i. Lo Statuto sostiene maente e moralmente la
azione di questi dirit
la, e preq
un nume, '
ersone:] '
ivoro eoa
rto di Cg
i San Gii
eatifici
piazza
1 Giovai
IO, ceri]
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incontro
'• Poiché
tali evei
gravi ripi
:o il prefa
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e le scuoi
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6, le scui
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). Per podi
000 giovi Vaili
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>; Si autorizzano le «comuÈà di autogestione nazionab a svolgere determinate
fiorii di competenza delassicurando i mezzi
loro realizzazione. «Le
il «servino ^unità nazionali sono dide» scuok faiente rappresentate nei di autogestione locáííi^ella Camera dei depuI diritti di entrambe
aente tul| le^hiità nazionali e dei
io, di godi Mfo^rtenenti sono assisabato f indipendentemente
le il lui^ ^^mero di appartenenti
vedimei Iroe comunità». Inoltre lo
ntire anclHTOo non può essere al rihe scendAdo delle minoranze mo;r la partìljpcato «senza il consenso
iti rappresentanti delle coite sensat inità nazionali». L’art. 65
imbo CUI »cura anche la tutela dei
ì anni no itti particolari delle comusciati a ca là Rom (zingari) mediante
1 che vani speciali,
lile pensa U legislazione sulle minore per bai Me pertanto nella Repubidi? NonS ita slovena è esemplare. La
più sensal ffiunità italiana è rapprele scuole »tata di diritto alla Camera
1 traffico!! ‘Mi deputato, malgrado sia,
irmalmrf stroppo, «residua» e non
Tiogi neS^iàaS.OOO appartenenti. La
“¡pubblica italiana, invece,
|nha ancora attuato l’art. 6
rincipio fondamentale»)
®asua Costituzione: gli slo“ della provincia di Trieste
-c non in attuazio
itudenti W * dettato costituzionale
;nti, petcl'
la un ani
3 il GiubJi
7 milioii'“
1 così le c*
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3er rinte"
Di fronte'
idito di pi
) pensarej
inistro de
a a riprii
ielle regni
ma soltanto in grazia dei trattati internazionali: quelli del
Goriziano hanno una tutela
parziale in quanto le scuole
slovene erano già state istituite nel 1945, prima che la provincia di Gorizia ritornasse
all’Italia (1947): gli sloveni del
Matajur, in provincia di Udine, non godono invece di alcuna tutela.
Pertanto, malgrado la minoranza slovena in Italia assommi a circa 100.000 cittadini, manca ancora una legge
che tuteli globalmente i suoi
diritti. Quanto alla Croazia,
colà la minoranza italiana patisce limitazioni culturali; la
tutela è comunque maggiore
di quella che la Repubblica
italiana riserva alla sua minoranza croata (circa 5.000 persone) nei tre Comuni croati
del Molise (San Felice - Sti Filic, Montemitro - Mundimitar: Acquaviva Collecroce Zivavoda Brdokruc): cioè lo
zero assoluto. Così pure gli
italo-albanesi (circa 100.000)
non godono di alcuna misura
di tutela, mezzo secolo dopo
il solenne impegno costituzionale. Vergogna.
Tavo Burat - Associazione
internazionale per la difesa
delle lingue e delle culture
minacciate - Biella
Il cuore duro
dei pacifisti
A leggere le pagine del nostro settimanale pare che il
protestantesimo italiano si
stia stracciando le vesti e si
stia cospargendo il capo di
cenere perché gli aerei della
Nato stanno distruggendo gli
aeroporti militari serbi, i depositi di armi e di benzina, le
fabbriche di munizioni, i
ponti e le strade di collegamento dell’esercito, le sue infrastmtture tecnologiche e le
bande di soldataglia serba in
Kosovo, con i loro panzer. Da
queste stesse pagine non traspare invece nessun chiaro
grido di orrore e di costernazione per il genocidio e le
atrocità di cui sono vittime in
questi giorni e in queste ore
centinaia di migliaia di kosovari per mano dei soldati di
Belgrado. Si riportano per
contro le interviste degli
evangelici jugoslavi, che sono
costretti (poverini) a fare il
culto in cantina, e magari a
passarci anche le notti (...potendo tornare comunque la
mattina nelle loro accoglienti
dimore a fare colazione).
Perché non intervistare invece il pastore protestante
kosovaro, appena giunto in
Macedonia con nel carretto il
cadavere della madre morta
di stenti, e al quale tre giorni
prima i soldati jugoslavi hanno trucidato il figlio maggiore
|4-9;
Iti dei nosf 5.g.
■ria libe'!!' ’
Î
Reformed Church - Chiesa evangelica valdese
Viaggio in Inghilterra
4-15 settembre 1999
gramma di massima
partenza da Torino o Milano e arrivo a Stansed visita di due ore a Cambridge e proseguimento per
Sale*:
culto presso la (Jrc di Sale, pranzo comunitario
e pomeriggio libero:
9-9:
IP COSailRQ. '• iiucm,
liHra verf '''®>ba al Lake District:
■^1 trasferimento a Oxford* - visita della città e serata
con alcuni membri della comunità (mercoledì 8):
trasferimento a Seveoaks*, nel Kent - visita di alcu,. tie località del Kent prevista per venerdi:
trasferimento a Croydon* presso la comunità del
0 ft Pastore John Bremner - visita di Londra:
r pregar®’'^ j partecipazione al culto e pomeriggio libero:
.iùiiio- 'a: trasferimento a Barnes Close vicino Birmingham,
l4 Q P°®®ibile visita a Windsor Castle durante il viaggio:
giornata di relax e scambio di impressioni e espe
rMl5.Q.
' ^ ’I trasferimento all’aeroporto di Stansed per la partenza.
litica
a, certOi
la corrujj
gna, dä"
ruttarne
icatevi
¡ete gli
idove (
erra
^^Pitalità in famiglie.
complessivo £ 1.200.000 (se il gruppo sarà di al
itfo,
i¿s5(one
ma '>'^1
persone). All’atto deH’iscnzione è richiesta una
di £ 200.000 da versare sul conto corrente n.
mif.oJjfij ‘‘'1 intestato a Tavola valdese - Waldensian FellowjijP presso la Cariplo, ag. di Torre Pellice. Per informazio^ isrri,:—, I — Coppieri 10 - 10066
di.
ciid
lia ari'
april^^
igelic°" iM V 'frizioni: Massimo Long - via
Pellice (To). Tel./fax: 0121-953107.
^errn/ne ultimo per le iscrizioni: 30 giugno 1999
davanti ai suoi occhi, frantumato la testa di suo figlio minore con le mazze da baseball, trascinato sua figlia diciannovenne nei capi di stupro per le licenze premio per
i soldati «bravi», e gettato lui,
sua moglie e i suoi genitori in
mezzo ai boschi e ai campi
minati del Kosovo per giornate intere senza acqua e viveri?
Forse perché non ci sono pastori protestanti tra i 600.000
esseri umani ai quali in due
settimane i soldati serbi hanno anticipato la fine del mondo nei modi e nelle forme descritte? Basta questo per fare
di quella gente ignorata anche carne da massacro?
Come valdese, credente in
Dìo, non posso che protestare vivacemente, in secondo
luogo, contro la montagna di
ipocrisie pubbliche, riportate
dalla strada e accettate acriticamente sulle pagine del nostro settimanale.
1) Che la Nato abbia aggredito la sovranità territoriale
della Jugoslavia è un argomento formale che serve soltanto a offuscare la realtà vera, quella fatta di carri armati
e di civili da essi stritolati, e
non di fogli di carta all’Onu, e
cioè che la Serbia ha aggredito il Kosovo, e la Nato è intervenuta in difesa dei kosovari.
2) Che un intervento militare in difesa dei kosovari
avrebbe dovuto essere deciso
dall’Onu è un’ipocrisia, poiché chi lo dice sa benissimo
che TOnu è impossibilitato a
decidere, in quanto paralizzato dal veto russo.
3) Che l’intervento della
Nato abbia provocato i massacri in Kosovo è un’ipocrita
falsità: sappiamo tutti quanti
che già da mesi l’esercito serbo ammassava truppe ai
confini del Kosovo e abbiamo tutti quanti sentito i resoconti degli osservatori europei e volontari in Kosovo e in
Bosnia e delle delegazioni
parlamentari in queUe regioni, che unanimemente ci
hanno ammonito del fatto
che il governo di Belgrado
stava preparando la «pulizia
etnica». Ma anche se non ce
lo avessero detto loro, lo sapevamo ugualmente, poiché
siamo stati per anni vili testimoni dello scempio umano e
del genocidio che i serbi
hanno impunemente potuto
compiere in Bosnia.
4) Che si sarebbe dovuto
continuare a trattare invece di
contrastare l’esercito serbo è
la madre di tutte le ipocrisie:
sappiamo tutti benissimo che
la Serbia si è sempre rifiutata
di trattare, e sempre quando
ha finto di accettare trattative,
lo ha fatto soltanto per giocare a rimpiattino con le controparti e guadagnare tempo per
attuare, pezzo dopo pezzo, la
pulizia etnica. Che senso ha
Kosovo, il fine non gì
L'ira dell'uomo e
FLOHESTANA PICCOU SFREODA_
I mezzi
zia di Dio
.. \ NCH’IO ripudio la guerra»: un manix>x\festo a grandi caratteri verdi, apparso nel 1991, durante la guerra del Golfo.
«L’Italia è in guerra, io no»: questo il messaggio stampato in questi giorni nel Trentino su centinaia di manifesti, diffusi dalla
Casa per la pace di Trento e dal Comitato
associazioni per la pace e i diritti umani di
Rovereto. Cgù, Cisl e Uil del Trentino, in un
comunicato congiunto, hanno chiesto al
governo italiano di «abbandonare senza indugio la scelta dei bombardamenti e avviare una forte azione politica e diplomatica
volta a assicurare autonomia alle popolazioni del Kosovo». A Rovereto, a un sit-in
all’aperto del Gruppo donne del citato Comitato associazioni per la pace, ha partecipato la pastora Letizia Tomassone insieme
a chi scrive queste note. Il manifesto contro
la guerra è stato esposto anche alla sala valdese della città. Da altre partì si è invece affermato che l’intervento militare si era reso
necessario di fronte alla «pulizia etnica» e
alla «epurazione sistematica» della minoranza dbanese in Serbia.
Chi scrive ha vissuto la sua adolescenza
negli anni delle «purghe» fasciste e dello
sterminio nazista contro 6 milioni di ebrei:
ha vissuto la seconda guerra mondiale. A
Milano, quando si sentiva nel cielo il rombo
delle «fortezze volanti» alleate, si correva a
precipizio in cantina: chi ne risaliva trovava
macerie ovunque, case distrutte, gente senza tetto p senza vita. Ciò malgrado chiamavamo gli alleati «liberatori». Con le bombe
hanno distrutto città intere, ucciso donne,
uomini e bambini, ma hanno posto fine alla dittatura e allo sterminio. Nel 1945 a Hiroshima e Nagasaki l’abbacinante sole dei
primi attacchi nucleari della storia ha distrutto il 75% degli edifici e ha provocato
migliaia di vittime, tragicamente aumentate poi di numero per effetto delle radiaziom: ma il conflitto era finito.
Successivamente focolai di guerra haimo
continuato a esplodere un po’ ovunque: dal
Vietnam al Medio Oriente ai Balcani... parallelamente si è però andata sempre più
sviluppando e maturando una cultura di
pace. La nostra stessa Costituzione, all’art.
11, ripudia la guerra. In tale contesto, come
si pongono i credenti? Dalla parte delle armi
giustiziere? Dalla parte di un Gandhi, di un
Martin Luther King, di un Bonhoeffer che,
pur essendo passato da un radicale pacifismo (negli anni di Sequela e La vita comune,
1937-38) alla sofferta teologia di un'assunzione responsabile della colpa (Etica, 1940)
e pur partecipando all’attività cospirativa
della Resistenza, dichiarava à un interlocutore: «Se mi trovassi nella circostanza di uccidere Hitler, non lo farei».
Nell’attuale tragedia, possiamo senz’altro
criticare duramente la debolezza operativa
nel Kosovo dell’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (Osce) e
di tutti i movimenti pacifisti: può questo
però costituire un alibi che consenta di giustificare una guerra, un indiscriminato lancio di bombe su popolazioni inermi? L’Evangelo, nel cui nome persecuzioni, guerre,
violenze, ogni sorta di male è stato perpetrato in duemila anni di cristianesimo, indica in modo inequivocabile la via. Cristo è la
via, la verità e la vita. Ogni segnale di morte
contrasta la volontà del Signore, prevarica
la giustìzia di Dio. «L’ira dell’uomo non
mette in opera la giustizia di Dio» (Giacomo
1, 20). Il fine non giustifica i mezzi. «In un
mondo in cui dominano la forza, la tirannica costrizione, la violenza sanguinaria (...)
potrete un giorno rendervi conto che l’amore disarmato è più potente di ogni altra cosa
dell’universo» (Martin Luther King).
chiedere di contmuare a trattare quando sappiamo perfettamente che l’obiettivo serbo
è la cacciata e lo sterminio di
tutte le altre popolazioni jugoslave? Forse dovevamo auspicare che Cromwell nel
1655, invece di inviare la flotta inglese su Genova per cannoneggiarla, si limitasse a
chiedere ai soldati con le loro
picche e le loro alabarde, e alle donne valdesi lì davanti a
loro, e che essi avevano appena mutilato e impalato, di voler risolvere i loro problemi
con la trattativa?
Come possono i «pacifisti»
evangelici italiani avere un
cuore talmente duro da non
volere prendere atto del martirio genocida che l’esercito
serbo sta infliggendo alle popolazioni del Kosovo? Come è
possibile spendere tante lacrime e grida pubbliche per il
solo fatto che la Nato cerchi
di disattivare la macchina
bellica jugoslava? Come è
possibile non rendersi conto
che abbiamo a che fare con
un Hitler redivivo e un redivivo fanatismo collettivo del
«superuomo» serbo, che sta
Un'appello di 170 parlamentari
Per fermare la guerra
«Fermare la guerra, fermare le bombe e, al pari tempo, i
massacri nel Kosovo: sono le parole con le quii abbiamo
inteso e intendiamo affermare, come parlamentari delia
maggioranza, il rifiuto della soluzione militare del conflitto nei Balcani e la necessità della soluzione politica.
L’orrore dei massacri, il calvario dei profughi e delle popolazioni civili, la vergogna della pulizia etnica del regime di Milosevic non devono accecarci fino al punto di
trascinare tutto e tutti dentro una spirale tragica senza fine». Con queste parole Inizia un documento firmato da
oltre 170 deputati e senatori della maggioranza di governo, tra cui gli evangelici Giorgio Gardiol e Domenico Maselli, che chiede, tra l’altro «che si utilizzino, anche in sede unilaterale, tutte le possibili vie per una tregua».
Nev
notizie evangeliche
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tei. 06-4825120 fax. 06-4828728
portando di nuovo alle «soluzioni finali» e alle camere a
gas? Come è possibile che
proprio noi protestanti italiani buttiamo via proprio adesso Karl Barth, dopo averlo
studiato e seguito per 50 anni,
e ignorare la sua convinzione
della guerra inevitabile e totale contro Hitler e il nazismo?
E pensare che la maggior parte di quelle persone che ora
gridano «pace, pace» nelle
strade italiane sono quelle
stesse che 25-30 anni fa gridavano nelle stesse strade insieme a me «non c’è pace senza
giustizia». Invece adesso, a distanza di vent’anni, non solo
l’ingiustizia, ma il genocidio
stesso non è motivo sufficiente per loro per rifiutare la pace
dei massacratori.
La nonviolenza per me è
sempre stata due cose; il non
lasciarsi ordinare da altri di
commettere violenza e il rinunciare a difendere se stessi
con la violenza. Ma il rinun
ciare a difendere il prossimo
aggredito e prenderlo in giro
con il «trattate, trattate» non
è nonviolenza ma egoismo e
disimpegno. Mi dispiace, ma
chi grida nei cortei «pace» e
sa di poter tornare a casa
propria la sera a dormire tra
due guanciali dopo una buona cena e un buon bicchiere
di vino mi costringe a pensare alTammonimento di Gesù
a non essere come i farisei,
che mettono sulle spalle degli
altri pesi che loro non portano: lasciamo allora ai diretti
interessati, ai rifugiati albanesi, di decidere se sia giusto
0 no che qualcuno combatta
l’esercito serbo.
Alberto Romussi - Amburgo
Nuovo telefono
I pastori Sergio Manna e
Elisabeth Löh comunicano il
loro nuovo numero di telefno: 081-274760.
LTECIPAZIONI
RINGRAZIAMENTO
«Il Signore è il mio pastore,
nulla mi mancherà»
Salmo 23,1
I familiari di
Giovanni Levy Ribet
ringraziano di cuore tutti coloro
che in vario modo sono stati loro
vicino in questa triste circostanza.
Un ringraziamento particolare
al direttivo e ai personale della
Casa di riposo «M. Turina» di S.
Secondo di Pinerolo, al medico
curante dottor Griffa, al servizio
118, al pastore Cabrerà e alle
Cnoranze funebri Gardenia.
Pomaretto, 23 aprile 1999
RINGRAZIAMENTC
«lo alzo gli occhi ai monti...
donde mi verrà l'aiuto?»
Salmo 121,1
È ritornata al Signore
Clara Rostan
di anni 90
Lo annunciano con tristezza; le
nipoti Ida Rostan ved. Baret, Elsa
Rostan ved. Lageard, Giovanna
Laetsch e Marta in Domenichini
con le rispettive famiglie; i pronipoti Balmas, Rostagno e Riphaud.
Si ringraziano tutti coloro che in
vario modo hanno preso parte al
grande dolore della famiglia.
Pomaretto, 20 aprile 1999
Il Consìglio di chiesa
della Comunità valdese di Biella
mette a disposizione di pastori o studenti di Teologia
per i mesi di luglio e agosto '99 l'alloggio del tempio
valdese di Piedicavallo (m. 1.100 sul livello del mare)
nell'Alta valle Cervo, località turistica, gratuitamente,
con il solo impegno di presiedere il culto e predicare alla domenica alle ore 1/. L'alloggio in questione ha una
stanza con tre letti a castello, un camerone con sei letti
a castello, cucina e doppi servizi.
Gli interessati sono pregati di telefonare al pastore J. Terino (015-2593499 oppure 015-403186) o al tesoriere
Giuseppe Caccamo (015-590504), lasciando l'eventuale messaggio alla segreteria telefonica.
20
PAG. 12 RIFORMA
VENERDÌ 30 APRILE 199Q
Testimonianza di un inviato del Consiglio ecumenico delle chiese
A Kukes, fra ì kosovari appena espulsi dalla loro terra
.
NILS CARSTENSEN
KUKES, Albania, 11 aprile
1999: Enver SUamniku si appoggia contro il piccolo trattore rosso che lo ha portato
dal Kosovo. «Soldati serbi,
bum, bum, bum», dice mimando un tiro di mitraglietta. Enver SUamniku è un solido barbuto, sui cinquant’anni. Sua figlia, adolescente
con i jeans, ride della sua
pantomima prima di tacere
all’improwiso; si guarda attorno e si siede accanto al
piccolo rimorchio di legno
del trattore che contiene tutto queUo che rimane dei beni
deUa famigUa: qualche materasso e coperta, fagotti di vestiti, due o tre valigie sparpagliate e un sacco sportivo. Su
quel mucchio stanno dormendo la nonna e il fratellino di cinque anni.
Con altre 1.500 persone sono giunti in Albania durante
la notte e si sono fermati neUe
vicinanze della cittadina di
Kukes, a nord-est del paese.
Oltre un centinaio di trattori,
rimorchi e piccole macchine
sono posteggiate in un campo
coperto di immondizie, ai
piedi di un pendio innevato.
La gente è seduta a piccoli
gruppi o sui pochi beni che le
restano. Non dice gran che e
sembra persa nei propri pensieri. Numerosi giornalisti, fotografi ed équipe televisive girano attorno a loro per cercare interlocutori da intervistare. A qualche centinaio di metri dal campo, i resti di un capannone industriale abbandonato si aggiungono ancora
alla desolazione della scena.
Questi rifugiati vengono da
Vragoli, piccolo villaggio situato a qualche chilometro da
Pristina, dove Avdyl Odiati faceva il maestro. «I soldati serbi sono arrivati ieri mattina
minacciandoci e sparando in
aria - dice ci hanno ordinato di partire immediatamente.
Dopo averci detto di partire a
piedi, si sono ricreduti e ci
hanno lasciato prendere i no
I profughi di Kukes
(Foto Wcc)
stri trattori e le nostre macchine. Ci hanno dato mezz’
ora per andare via. Andate in
Albania, ci hanno detto, là sarete a casa vostra. 11 Kosovo è
dei serbi. Andate a rifugiarvi
presso la Nato, si occuperanno di voi. Prima di lasciarci
andare, ci hanno preso i nostri documenti e le targhe delle nostre macchine. Hanno
preso anche denaro ad alcuni
di noi, ma non a tutti».
Durante il viaggio, che è
durato quattordici ore, Avdyl
Orllati ha visto succedersi i
villaggi distrutti, ma nessuno
se non soldati serbi. Contrariamente ai rifugiati arrivati qualche giorno prima, i
membri del suo gruppo non
sono stati picchiati né feriti e
non hanno dovuto assistere
all’esecuzione dei loro cari
prima di lasciare il Kosovo.
Orllati, accompagnato dalla
moglie, dai loro due figli e da
altri tre membri della sua famiglia, non ha alcuna idea di
quale sarà il suo futuro. La
stradina tutta curve e piena
di buche, che porta a Kukes,
è più frequentata che mai.
Camion carichi di materiale
di soccorso procedono a
stento, giunti da Tirana dopo
un tragitto di oltre 8 ore. In
senso inverso, c’è un flusso
continuo di trattori e di macchine del Kosovo, senza targhe, di autobus e di camion
militari albanesi, tutti carichi
di profughi, diretti a Tirana o
nelle zone del centro e del
sud dell’Albania.
«Qui rimangono poco più
di 70.000 rifugiati», dichiara
Jacques Franquin, dell’ufficio
dell’Alto Commissariato dell’Onu per i profughi (Acnur),
stabilito a Kukes. E da qui che
sono entrate in queste ultime
settimane la maggior parte
delle 310.000 persone venute
dal Kosovo. Bisogna riconoscere che la situazione generale è notevolmente migliorata rispetto al caos dei primi
giorni. «Le autorità albanesi
hanno fatto tutto il possibile per tirar fuori i profughi
da quell’inferno», aggiunge
Franquin. La maggior parte
delle 70.000 persone che rimangono a Kukes sono o
nuovi arrivati o gente che
preferisce stare vicino al confine. Quelli che sono andati
via sono stati accolti da famiglie albanesi o in centri di
transito. Alcuni sono andati
nei campi profughi che si
stanno installando in molti
posti della costa mediterra
nea, relativamente prospera.
Durante la scorsa settimana, Act International (Azione
comune delle chiese) ha trasportato per aereo a Kukes
tende e coperte per 900 famiglie. Il primo campo profughi
di 2.000 persone è già in funzione. I primi giorni, oltre 60
tonnellate di cibo sono state
distribuite per far fronte all’urgenza e 20 altre tonnellate
verranno distribuite nel prossimi giorni insieme a prodotti
igienici. L’Act intende anche
venire in aiuto alle migliaia di
profughi accolti da famiglie
albanesi oltre a queste. Diakonia Agapes, servizio diaconale della Chiesa ortodossa
albanese, membro dell’Act,
partecipa a queste attività e
aiuta a pianificare i soccorsi
in vista delle settimane e dei
mesi a venire.
Come molte altre organizzazioni che portano aiuti
umanitari ai profughi del Kosovo, TAct non sa quello che
succederà. L’arrivo di famiglie come quelle di Orllati e
SUamniku segna la fine dell’esodo iniziato negli ultimi
giorni di marzo o rappresenta
l’inizio di una nuova ondata
straripante? Quanti profughi
potrà assorbire l’Albania, che
avrebbe bisogno di decenni
per sormontare gli effetti devastanti del suo passato regime? A Kukes, i collaboratori
delle organizzazioni umanitarie e i giornalisti hanno il
volto altrettanto cupo dei
nuovi arrivati, segnati come
loro dal ricordo deH’inferno
vissuto al confine. Mentre
fanno la coda per ricevere cibo o per telefonare nella speranza di avere notizie dai
propri cari, molti profughi
maledicono Milesovic con la
voce e con il gesto. Nel campo coperto di immondizie, la
figlia di Enver SUamniku non
è Tunica ad essere in preda
allo choc e alla confusione:
tutta la zona di Kukes è colpita dallo stupore di fronte alla
tragedia. (Cec info)
(traduzione di /.-/. Peyronel)
l»ii»
Visita di una delegazione ecumenica a Belgrado e a Novi Sad
Le chiese in Jugoslavia condannano l'intervento della Nato
Tutte le grandi chiese della
Jugoslavia hanno condannato «categoricamente» i bombardamenti della Nato. È
quanto ha riferito una delegazione ecumenica appena
tornata da Belgrado e da Novi Sad: «Essi (i leader ecclesiastici) considerano l’intervento della Nato come la
peggiore delle risposte possibili alla crisi del Kosovo - ha
dichiarato il 19 aprile scorso
Alexander Belopopsky, del
segretariato per l’Europa del
Consiglio ecumenico delle
chiese (Cec), poco dopo il
suo ritorno dalla Jugoslavia -.
L’intervento della Nato ha
provocato un profondo sentimento di ingiustizia e di indignazione in tutte le chiese».
«I bombardamenti della
Nato hanno aggravato la situazione - ha dichiarato alla
delegazione ecumenica il vescovo ortodosso serbo Irinej
-. Dopo Hntervento, le difficoltà in Kosovo si sono moltiplicate per mille. La politica
occidentale nei confronti della Jugoslavia ha oggi causato
il più forte elemento antioccidentale in Europa». Alexander Belopopsky, che faceva
parte della delegazione insieme a Keith Clements, segretario generale della Conferenza
delle chiese europee (Kek) e
Olli-Pekka Lassila, del segretariato dell’Europa della Federazione luterana mondiale
(Firn), ha incontrato rappresentanti delle chiese ortodossa serba, luterana, riformata,
metodista e cattolica romana.
Il Cec, la Kek e la Firn hanno
chiesto, insieme ad altri organismi ecclesiastici, la fine dei
bombardamenti Nato.
Numerose chiese nel mondo si sono dichiarate molto
preoccupate dalla crisi del
Kosovo. Molte hanno chiesto
la fine dei bombardamenti,
anche se alcuni dirigenti in
America e in Europa hanno
rilevato che l’azione della Nato era forse l’unico modo di
porre fine alla violenza scatenata da Milosevic contro gli
albanesi del Kosovo.
Nei dibattiti su Internet e
nei media, ci si interroga sul
ruolo della Chiesa ortodossa
serba, principale chiesa del
paese; alcuni accusano i suoi
responsabili di appoggiare la
politica del presidente serbo.
Per Alexander Belopopsky,
che ha incontrato il patriarca
Pavle, primate della Chiesa
ortodossa serba, e altri rappresentanti ortodossi, tali accuse sono «ridicole». Il patriarca Pavle ha chiesto alle
autorità jugoslave di evitare
l’escalation del conflitto. Ha
sottolineato che ogni guerra
è cattiva, e la guerra civile è
doppiamente cattiva. «D’altra parte - ha aggiunto - il vescovo Irenej ha espresso il
suo dolore di fronte alla situazione dei rifugiati del Kosovo. Tutto indica che in
questi ultimi anni la Chiesa
ortodossa serba si è fortemente opposta ai dirigenti
jugoslavi per quanto riguarda la situazione del Kosovo,
chiesa ha costantemente
proposto soluzioni di ricambio». Alexander Belopopsky
ha inoltre ricordato che il patriarca Pavle e il Sinodo della
chiesa ortodossa avevano raccomandato le proposte del
vescovo ortodosso del Kosovo
miranti alla «divisione in cantoni» della provincia, con garanzia dei diritti e dell’autonomia per i gruppi etnici.
D’altra parte, ha proseguito,
alcuni rappresentanti ortodossi e protestanti hanno posto l’accento sul «diritto dello
stato (jugoslavo) di rispondere a un movimento terrorista
armato sul proprio territorio
sovrano». Belopopsky ha poi
sottolineato che la prima
preoccupazione dei responsabili di chiesa era la sorte delle
città di Serbia.
«Essi non stanno nel Kosovo, stanno in città che vengono bombardate dalla Nato ha detto -. Il vescovo luterano
di Novi Sad ha ricordato che
delle minoranze, che non sono responsabili degli eventi
del Kosovo, vengono colpite
dai bombardamenti». Al giornalista che gli chiedeva se gli
ecclesiastici incontrati dalla
delegazione fossero ben informati su ciò che stava succedendo in Kosovo Belopopsky ha risposto che molti, in
Serbia, hanno accesso a Internet e alle reti televisive Cnn e
Bbc via satellite. «Personalmente, ritengo sia importante
fare la distinzione tra l’informazione falsa e Tinformazione parziale - ha aggiunto Beloposky -. Mentre gli abitanti
della Jugoslavia possono non
avere accesso a tutte le informazioni diffuse all’Ovest, noi
(in Occidente) siamo informati in modo parziale in
quanto otteniamo le nostre
informazioni da Cnn e dai
media occidentali. Per esempio, io non leggo i giornali
greci o turchi». (eni)
Pubblicata una notizia falsa
Belgrado^ avventisti a rischio
Il quotidiano della sera a
diffusione nazionale «Vecernje Novosti», a Belgrado,
ha pubblicato il 18 aprile
scorso un articolo che affermava che il generale Wesley
Clark, comandante supremo
della Nato per gli attacchi aerei contro la Jugoslavia, «era, e
forse è ancora, membro della
Chiesa awentista del 7° giorno». L’autore dell’articolo, M.
Bosnjak, cita due fonti per
stabilire l’appartenenza del
generale Clark alla Chiesa avventista. La prima è tratta da
un’intervista con il dr. Dwight
Nelson, pastore awentista e
teologo dell’Università di Andrews, negli Usa, intervista rilasciata nel maggio del 1996,
nel corso di una serie di conferenze evangelistiche a Belgrado. La seconda è fornita da
un giornale italiano, «Il Settimanale» che riporta quanto
affermato da alcuni noti teologi che menzionarono Clark
come appartenente alla Chiesa awentista del 7“ giorno.
«Il generale Clark non è, né
mai è stato membro della
Chiesa awentista del 7° giorno», scrive Miodrag Zivanovic, direttore del Dipartimento delle comunicazioni e portavoce della Chiesa awentista in Jugoslavia nella sua risposta inviata via fax al direttore del quotidiano: «Noi siamo cittadini leali del nostro
paese, e credenti in Gesù Cristo, alla ricerca dei valori biblici: amare tutti e vivere in
pace. Perciò, nessuno può essere aggressore e awentista
allo stesso tempo - scrive Zi
vanovic -. Noi già siamo vittime di questa guerra. Perché
dobbiamo anche essere vittime di bugie nel nostro paese
da parte dei nostri connazionali?». Il dr. Dwight Nelson,
nella sua risposta al direttore
del quotidiano scrive: «Nego
categoricamente di avere mai
fatto tale asserzione. Io mi
rammarico per il fatto che,
nel corso dell’intervista con il
suo reporter, nel maggio del
1996, qualche cosa sia stata,
in apparenza, tradotta male o
fraintesa. Come pastore e
teologo, sono profondamente rattristato per la sofferenza
delle persone nella Repubblica federale di Jugoslavia, e
sto pregando perché la pace
possa ritornare al più presto». Come risultato della
reazione della chiesa all’articolo, il quotidiano «Vecernje
Novosti» ha pubblicato un
articolo intitoìato «La Chiesa
awentista nega che Clark sia
membro della Chiesa awentista, rigettando categoricamente l’appartenenza del generale Clark alla Chiesa avventista del 7° giorno». «Con
informazioni così false sul
giornale, in questo tempo di
guerra, gli awentisti corrono
il grande rischio di diventare
il bersaglio di ostilità e di aggressioni fisiche da parte dei
loro vicini - dice Radisa Antic, presidente della Chiesa
awentista del 7° giorno in Jugoslavia -: noi temiamo che i
nostri edifici di culto possano
essere attaccati dalle persone
del luogo, come risultato di
questo articolo». (bia)
M 322.000 dollari dalla Gran Bretagna
L'impegno di Adra in Albania
L’Agenzia awentista Adra
in Albania ha ottenuto una
concessione di 322.000 dollari dal Dipartimento per lo
sviluppo internazionale del
governo britannico, richiesta
tramite Adra-Uk per il programma di stoccaggio e di
distribuzione, da parte di
Adra Albania, per i rifugiati
kosovari. «La concessione
servirà anche a prowedere ai
profughi le primarie cure sanitarie, e permette alle squadre di Adra Albania di espandere i suoi lavoratori specializzati», afferma Douglas Sinclair, direttore di Adra-Uk.
Due autotreni carichi di aiuti, partiti dalla sede centrale
di Adra-Uk a Stanborough
Park, Watford, in Inghilterra, sono giunti ai depositi di
Adra Albania, lo scorso 16
viaggio tra i profughi kosovari in Albania
DALLA PRIMA PAGINA
ri. Il clima è rigido. Al secondo campo di trattori, trovo
Curtis Hesse, il dirigente dell’
Adra (Adventist development
and relief agency) che è appena arrivato dalla Bosnia. Gli
awentisti sono stati scelti dal
Programma di alimentazione
mondiale per la distribuzione
dei pasti a 100.000 profughi.
Da mangiare c’è e si vede. Un
tipo ex emigrato in Germania
mi informa che le razioni fanno schifo. Me ne compiaccio,
se ha avuto modo di apprezzarne il gusto, vuol dire che la
pancia è piena.
Si torna a Tirana, sei ore di
buche, sotto la pioggia. Il
giorno dopo facciamo il giro
delle organizzazioni cristiane
che hanno la loro base nella
capitale. I battisti si stanno
organizzando per la distribuzione di generi vari alle famiglie che ospitano i kosovari
in casa. Sono moltissime.
L’agenzia della chiesa orto
dossa, alla quale arrivano gli
aiuti del Consiglio ecumenico (circa 5 milioni di dollari),
cerca di gestirli al meglio, ma
l’impressione che ne ho è
che ne faccia un uso discrezionale. L’agenzia del consiglio ecumenico Action of
churches together (Act), sta
mettendo su un ufficio. I rapporti con gli ortodossi non
sono idilliaci. Tutti fronteggiano l’emergenza, ma pensano anche a dopo, a quando
l’enfasi mediática e l’orrore
della comunità internazionale sarà scemato.
Terminiamo la giornata a
casa di Sasha, una bionda
vaporosa, pasticcierà e battista. Dieci giorni prima ha
preso l’autobus diretto al
centro sportivo dove sono
raccolti i profughi e ha scelto
una famiglia di kosovari musulmani. Ora vivono a casa
sua: il padre insegnate, la
madre assistente sociale e i
tre figli. La loro storia è di
un’agghiacciante semplicità.
aprile. Il 19 aprile, in collaborazione con Sos Bosnia e «Lifeline Charities» un autotreno da 7,5 tonnellate, carico di
medicine, e una unità mobile
di chirurgia da 7,5 tonnellate,
ha lasciato Stanborough
Park diretto in Albania, ove è
arrivato il 22 aprile. «L’unità
chirurgica è in prestito dalla
Sos Bosnia e “Lifeline charities’’ per alleviare la situazione dei rifugiati kosovari - afferma Sinclair il 25 aprile
altri tre autoarticolati, carichi di aiuti, sono partiti per
l’Albania. Abbiamo ricevuto
una risposta meravigliosa
agli appelli fatti in tutto il
paese sui giornali locali, alla
radio, e tramite il Notiziario
elettronico di informazione
della Chiesa awentista in
Gran Bretagna».
Vengono da Pea (ci tengono
al nome in albanese). Il 28
marzo alle 14 hanno ricevuto
l’ordine di raggiungere entro
dieci minuti la piazza centrale. Lasciata ogni cosa si sono
messi in fila. Il convoglio inframmezzava camion
ri e pullman stracarichi (308
persone pigiate una sull altra), con blindati e carri armati. La deportazione dei
profughi ben si sposava con
la dislocazione delle trupp®
di Milosevic. Nella disgrazia
sono stati fortunati: la
ha nascosto i passaporti. W
raccontano gli orrori del
deportazione. Ora i bambin
vanno a scuola. .
Mentre vedo scorrere gli
pini che scendono dalla Sa
Marco, a Durazzo, penso
«Salvate il soldato Rayan^
Questa guerra non ha
ucciso la verità, ma anche
nostra innocenza. Non s e
detto: «Mai più guerra»?
Paolo Emilio Landi
NE
«it
Li
conse
spon
così:
savio
bian
scuot
sta: «
na la
SCO il
credi
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quar
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stari
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afta
estre
socia
non
zioni
bile
abus
sa si
spesi
volte
comi
il mi
certe
sere
lenti
qual
ni d
suo
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vale
Sign
crisi
«Dio
le sf
coni
crete
men
chei
da L
za ti
dobl
nost
mos
di vi
bieti
Anzi
non
chei
con
di ri
stari
¡4 Poss
cato
nuo
sold
poli
fatti
allei
moc
ne,ì