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LA BUONA NOVELLA
GIORNALE DELLA EVANGELIZZAZIONE ITALIANA
Seguontlu ìa verilà nella carità
Kfes. IV. 15.
Si distribuisce ogni Venerdì. — Per cadun Numero centesimi 40. — Per caduna linea d’inserzione centesimi 20.
PerTo*i!»o
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Un Anno L. ». — A doDiicilio L. S •
Sei meni • ». — . a SO
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per un anno, e lire S per sei mesi.
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franco al Direttore della Blosa Niivki.la <■ non allrinienti.
All’estero, ai seguenti indirizzi: Loniuia, dai sigi;. Nlssliett c librai, 21 Hi‘riiers-8trcjit;
Pariui, dallalibreriaC. .Meyrucis, rue Tronchet, 2; NimeSj dal «ig. Peyrot-Tinel libraio; I.iKoe;
dai sigg. Denis et Petit Pierre libi-ai, me Neuve, 18; Ginevra, dal sig. £. Beroud libraiu
Losanna, dal sig. Delafontaiue libraio.
Sommario.
Appendice: Cenni storici dfUa Riforma iu Italia nel secolo XVl. — A’miei Concittadini.—Esame istorico-critico sul viaggio di S. Pietro Roma. —
Notizie; VaUi Valdesi - S. Pier d’Arena - Austria
- Spagna. — Annunsi.
A’ MIEI CONCITTADINI
I.
A dir vero sorprende lo scorgere degli uomini, che pur si mostrano amanti della libertà,
fare le meraviglio se alcuno la manifesta e la
pratica in ordine alle credenze religiose. Io mi
trovo nel caso al cospetto de’ miei concittadini;
lungi però dall’incolparli di un fatto comune
quasi a tutti i cattolici-romani, è mio desiderio
di mostrar loro le cause che m’indussero a modificare i sentimenti religioi«» che avevo e a non
wiàfli. Ma prima cTogni afflra cosa TreSò "berie'
premettere, a gui.sa di proemio, alcune generali
osservazioni.
Tutte le libertà fanno una liberta sola ; o in
APPENDICE
CENNI STORICI
DELLA RIFORMA IN ITALIA
NEL SECOLO XVI.
XXIV.
La corle romana, meglio informala su’ progressi della Riforma, dentro e fuori d’Italia, irritata pel cresciuto ardimento de’ riformatori,
convinta della poca efficacia de’rimedii sino allora adoperati per arrestare quel movimento, e
spaventata da’ pericoli ond’era minacciata la fede
cattolica, deliberò infine di portare un colpo
mortale ai dissidenti, rassicurare gli animi tuttavia ondeggianti, e sanare le piaghe della Chiesa,
A tale oggetto furon prese due diverse misure ;
ta convocazione d’un Concilio ecumenico, ed
una terribile persecuzione onde colpire gli eretici moralmente e materialmente, colla scomunica e coi supplizii.
Era già qualche tempo, sin dall’epoca di Clemente VII, che tutti, riformati e cattolici, chiedevano ad alta voce un Concilio, all’oggetto di
riparare da senno alle calamità del cristianesimo e, con una riforma radicale e sincera degli
abusi, restituire la pace al mondo cattolico, com
altri termini, tutte le particolari libertà sono
eifetti d’una medesima causa, corollari d’uno
stesso principio, applicazioni d’una stessa legge:
laonde finché non si sale a cotesta causa 0 principio 0 legge, si avrà sempre della libertà un
concetto astratto, assai vago, e non positivo e
sodo. Ora, la causa che determina, il principio
da cui emanano, la legge cho produce le varie
specie di libertà, risiedono in quell’Ente supremo ch’ò l’autore dell’universo. Noi uomini, creati
ad immagine e simiglianza di Dio, siamo fatti
in qualche modo partecipi della di Lui natura,
per via della cognizione e dell’arbitrio, ed 6 per
questo cho abbiamo spiriti intellettivi e liberi;
dunque la libertà, congiunta alla intelligenza,
trovasi iu noi trasmessa e stabilita genericamente
dal Creatore e Padre celf ¡¡te, e costituisce un diritto personale inalienabile, ch’ogni uomo deve
rispettare nogli altri uomini. Ma s’è un diritto
in ordine ai nostri fratelli, l’esercizio della libertà e della intelligenza costituisco un dovere,
in órdiue a Dio, verso iì quale non possiamo
avere che obblighi: infatti se togliesi cotesto dovere si annienta ogni responsabilità delle nostre azioni, ogni idea del bene e del male, e
porre le divergenze e rassodare la fede sopra
migliori basi. Ma Ira la poca volontà che ne avea
Clemente VII e il disturbo delle guerre, quel
voto non venne esaudito. Fu Paolo ili che, mal
potendo resistere ai reclami unitersali, convocò
il Concilio, prima a Mantova, poi a Vicenza, e
finalmente a Trento nel 1542.
Ma questo Concilio, inceppato sin da principio
da parecchie dilTicoltà e dilazioni, inaugurato da
soli quattro arcivescovi, venti vescovi, cinque
generali d’ordini religiosi, un auditore di Ruota
e gli oratori di Ferdinando, presieduto più dallo
spirilo dr cabala e d’intrigo che dallo Spirito di
Dio, accompagnato da cento scene scandalose, e
ciò ch’é peggio, non aperto alla libera discussione de’ protestanti, era ben lontano dal poter
corrispondere a' bisogni del cristianesimo ed ai
voli de’ fedeli. 1 seguiici della liiforma se ne avvidero anche pria che l’invocala adunanza si
aprisse, ed i cattolici giudiziosi e di buona fede
non tardarono a soggiacere , sul proposito, al
più credete disinganno. Fra di quesli ultimi
alcuni speravano cbe si sarebbe levata dall’autorità del pontefice quella parte che pel trascorrevole stato delle umane cose, era stata da’ papi,
nel corso de’secoli, usurpata; e si auguravano
che il Concilio avrebbe fatto qualche motivo
contro ch! prentendeva superiorità su di lui e
così tutto l’ordine morale scomparisce dal mondo, e noi diventiamo simili ai bruti.
Se poi consideriamo verso chi si debba esercitare il primo atto del nostro arbitrio e della
nostra intelligenza, noi vedremo che ciò sarà
verso il celeste Donatore medesimo, deH’uno
0 dell’altra; quindi coirintelligimza siamo in
obbligo di conoscere Iddio Creatore e Padre
nostro; colla libertà, di prestargli un oxgequio
rayioiietole, com’è detto nelle Sacre Scritturo:
ed ecco per prime, la libertà di rillettere sullo
credenze religiose e la liberlà di culto. So togliesi al pensiero la liberlà, schiantasi dalla radice la forza d'ogni umana conoscenza; o chi
non riflette sulle credenze, non riflette su nulla;
discende al livello, come dicevo, dei bruti : si
crederà forse di avere delle idee buone, doi
sentimenti elevali; e non si avrà in sostanza
che vaghi pensieri, che sensazioni od istinti ;
ed istinti inferiori altresì a quelli dei bruti .stessi,
che possedono almeno un’industria fatale o mirabile. L’uomo fu creato da Dio afflachò abbia
a prosperare col mezzo del pensiero; ma esiste
una casta d’uomiai che vuol mantenere lutto il
resto dell’umanità nella ignoranza e nella mi
voleva frenarlo. Riputavano, nel più interno
dell’animo loro, che, messi in disparte i dogmi
speculativi, e riducendo il reggimento della
Cbiesa dalla forma monarchica a quella dmnocratica, cattolici e protestanti avrebbero potuto
raccostarsi e riunirsi; vedevano l’edifizio romano
esser il principale e più forte impedimento atta
riconciliazione, e questo distrutto o moderalo,
non dubitavano che le dissensioni della Chiesa
si terminerebbero, e che uno spirito stesso ne
reggerebbe tutte le membra consenzienti. Ma
tali speranze, come bene osserva il Bolla, erauo
del tutto vane, essendo mal vezzo di Roma di
chiamare ugualmente eretico chi nega le principali basi del cristianesimo e chi non ammette
la superiorità del papa.
Le prime deliberazioni del Concilio concernenti la fede furono di tal natura da escludere
ogni speranza di conciliazione coi luterani, perchè miravano a colpire bruscamente le costoro
dottrine. Infatti sosteneva Lutero cbe i principii
necessarii della fede cristiana si contengano tutti
quanti nelle divine scritlure, e che è una finzione
d’uomini aggiungervi tradizioni non scrilte,
come lasciate da Gesù Cristo e dagli apostoli
alla Chiesa, ed arrivate a noi pel mezzo detta
continua successione de’ vescovi ; aggiungeva
essere sacrilegio tenerle d’uguale autorità, come
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seria, onde imperare dispolicainentc nel mondo, negando ogni sovranità ai proprii simili,
ed usurpandola a Dio stesso: questa casta ò la
clerocrazia, la quale raggiunge il suo scopo col
distruggere, per le istituzioni loro, l’obbligo,
il dÌTÌtto e il pensiero di riflettere sulle credenze religiose, vale a dire sulla materia la più
importante, anzi la sola necessaria; inoltre su
questa poggiando la filosofica e letteraria, e da
tutte tre movendo l’idea politica, ne avviene
thè anche i preclari ingegni, quantunque resistano col naturale vigore delle menti loro alla
influenza de’clericali, tuttavia, perdutoli religioso pensiero, in filosofia ed in politica vanno
dietro a stranezze e fantasmi.
Se però si trova in moltissimi un senso anche giusto di libertà civile, ciò deriva da causa
ben diversa, in genere, che non dall’esercizio
del pensiero, dove il pensiero è annullato. La
politica si aggira sopra cose del mondo presente , sulle attinenze fra uomini e uomini, e
la tirannide, in proposito, venendo esercitata
in modo visibile e materiale, vale a dire con
leggi arbitrarie fatte da creature simili a noi,
c colle violenze delle soldatesche, delle prigioni, de’ supplizii, ella ci mantiene del continuo in una viva irritazione che vivo mantiene
il desiderio di liberarcene.
La religione invece tratta in principalità dei
legami ch’esistono fra Dio e l’uomo, fra l’esistente creatura e l’Ente creatore, spirito purissimo, inescogitabile, oggetto supremo della
fede; e mira specialmente agli umani destini
di un mondo avvenire che non ci viene dischiuso
che al dilà della tomba. Ora non vi soqo cho
due vie da seguire, in ordine a tali misteri, da
cui dipende la nostra futura sorte ; o ricercarli
da noi stessi, risalendo alla fonte loro, unico
la Scrittura sì del Vecchio che del NuovoTestamento; e riteneva che per avere l’inlelligenza
vera della Scrillura divina è necessario ricorrere
ai testi della lingua originaria nella quale è
scritta, e riprovare la traduzione che da’ Latini
è usata, cosi piena d’errori; oltre a ciò portava
sentenza la Scrittura divina essere facilissima
e chiarissima, e per intenderla non esser mestieri nè di glossa nè di commenti, ma sólamente avere spirilo di pecorelle di Cristo; e finalmente alcuni libri della Bibbia respingeva
come apocrifi, come quelli de’ Macabei, di'Giu■Mitta, della Sapienza, ecc.
Il Concilio decretava in sostanza che la dottrina cattolica si conteneva nei libri autentici si
de! Nuovo che del Vecchio Testamento, ed anche nelle tradizioni spettanti alla fede ed ai costumi, come venute dalla bocca di Cristo, ovvero dallo Spirito Santo dettale, e conservate
nella Chiesa cattolica. Indi, posto il catalogo dei
libri canonici, tali quali si contengono nella
Volgala, voleva che a loro, come a testi sacri e
dettati dalla voce divina stessa, si prestasse fede,
fulminando la scomunica contro chi altrimenti
facesse.
Furono discussi, per comandamento del papa,
e decisi altri importantissimi punti della fede
sulla grazia, sulla predestinazione, sul libero ar
mezzo per conoscerli davvero ; oppure lasciarci
guidare da allri uomini, senza curarci d’investigare se ben o male ci guidino. Ma lo rintracciarli da noi stessi richiede qualche studio, qualche fastidio, un po’ di cura e di operosità, ed
inclinati o caduti, come siamo in Italia, a merito dei preti, nell’inerzia, neH’indifferentismo
ed immersi ne’ piaceri mondani, trovando chi
si offre di agire per noi, facilmente ci abbandoniamo nelle alti'ui mani, senza badare che di
moto proprio, così facendo, rendiamo schiava
la nostra volontà e la nostra coscienza. Tale
servaggio ni5fh apparisce in modo sensibile perchò si tratta di servaggio spirituale, sempre
verso l’uomo; e la tirannide sua, cadendo appunto sullo spirito, senza colpire i nostri sensi,
invisibilmente, e a colpo sicuro, ferisce a morte la parte piìi nobile di noi stessi; ed invadendo
cosi il nostro interno la di lei potenza riesce
formidabile; ella insinuasi nelle piìi intime regioni della mente e del cuore, corrompe la coscienza, accarezza l’immaginazione per ingannarci, e guasta affatto la nostra natura, introducendo abitudini viziose che gli astuti guidatori
non cessano mai un solo istante di rafforzare,
tanto che se taluno, e son molti, perde la fede
in que’ despoti tonsurati cho usurpano con manifesto sacrilegio l’autorità divina, pur non ardisce di esternare la propria opinione, in causa
della superstiziosa riverenza, succhiata col latte,
verso antichi usi cd erronee credenze di famiglia e di patria, e per tema d’incorrere nella
disistima de’ suoi concittadini, di coloro eziandio che sono per avventura increduli al pari di
lui; quindi ecco.in simili casi che l’ipocrisia
diventa una teorica sociale, che viene legalizzata
col nome onorevole che le si presta di sapiente
prudenza.
bitrio e sul peccato originale, tacciando sempre di
errore i luterani i quali, diceva la Sinodo, avean
turbata tutta questa parte della fede catlolica.
Ma, quanto alla famosa e gravissima contenzione
surta, in proposito del peccato originale, tra
francescani e domenicani circa la concezione
di Maria Vergine, il Concilio di Trento nulla
decise nè coniro nè in favore; non volendo nè
includere la Vergine nel suo generale decreto
che, ripetendo le parole di san Paolo, statuiva:
«il peccato d’Adamo esser passalo in tulio il genere umano», e nemmeno escluderla con particolare eccezione; cosi la famosa disputa restò
indecisa. Toccava a noi, nel bel mezzo del secolo XIX, di vedere, per sola autorità d’un uomo
(di colui che per forsennata seie di regno, aveva
poco prima fatto bombardare il Campidoglio e la
città di Roma, proscrivere, incarcerare e dar in
mano al carnefice non piccolo numero di cristiani
che chiama suoi sudditi), definito un punto di
fede contrario alla dottrina di S. Paolo, e per conseguenza ad uno de’ fondamenti delle Sacre
Scritture, e questo audace decreto, che calpesta
il buon senso, imposto, al genere umano.
Noi non seguiremo questo Concilio in tutte le
sue fasi ed azioni ; ci asterremo dal narrare le
cabale, i raggiri e gli scandali che in esso ebbero luogo, e co’ quali non pochi decreti furono
ESAME ISTORICO CRITICO
SUL VIAGGIO DI S. PIETRO A ROMA.
IX.
fVedi gli 8 numeri antecedentij.
Siccome abbiamo trovato che veramente nessuna prova esiste che san Pietro avesse giammai veduto Roma, pochi argomenti sicuramente
basteranno per confutare l’idea de’ cattolici romani ch’ei fosse il primo vescovo della Sede
romana. Se pure si potesse stabilire la loro asserzione che quell’apostolo avesse personalmente fondato la Chiesa in quella città e vi fosse
martirizzato, ciò non proverebbe nulla riguardo
al suo episcopato. Nè lo stabilir per certo che
por una stagione piìi o meno lunga san Pietro
avesse avuto la soprintendenza di quella nascente Chiesa, sarebbe prova qualunque che la
sua autorità fosse quindi trasmessa a qualsiasi
altro vescovo, a Lino o Clemente, cui avessepotuto prima della sua morte ordinare per poi
reggere la Chiesa. Abbiamo bisogno d’una
chiarissima, anzi assolutamente infallibile testimonianza di tale fatto; e quella non si trova.
Gli stessi cattolici romani confessano che la
Santa Scrittura non fa mica menzione del vescovo di Roma qual successore in quella ch’essi
dicono fu la divinamente ordinata supremazia
di san Pietro; e possiamo domandare, come un
fatto di tanta importanza nell’economia della
Chiesa, e per la salvazione degli uomini, sia
mai stato promulgato al mondo, se la Bibbia
non ce l’ha rivelato? In che modo è stato annunziato qtiel fatto agli uomini? Qual nuovaritelazione ce l’ha dichiarato? Ammettendo per un
momento la supremazia di san Pietro, e che fosse
ben inteso già dagli apostoli e dalla Chiesa che
superati. Intorno a ciò rimandiamo i lettori alla
dotta Storia che ne scrisse il Sarpi; diremo soltanto che detta Sinodo fu tutt’altro che presieduta
dallo Spirilo di Dio; che in essa le religiose dottrine furono discusse e dibattute come si fa di
inondanie materiali negozii; che quasi tutli, vescovi e papa, cercarono di mettere in salvo i propri! interessi; che si in materie dommatiche, che
in cose disciplinari, quei Padri che avevano assunto l’impegno di consolidare la fede e pacificare la Chiesa, nulla o pochissimo fecero per
conciliare gli animi dissidenti, anzi tutto per
inasprirli e tenerli vie più lontani ; in una parola, che le loro fatiche pochi o nessuno contentavano, (sono parole di Carlo Bolla), nè protestanti nè cattolici, nè laici nè ecclesiastici; si
lasciarono intatti i germi del male, per cui il
male non poteva scomparire ; anziché sradicare
l’albero funesto degli abusi e della corruzione,
si limitarono a scapezzarlo, ond’è che da lì a
poco crebbe assai più rigoglioso di prima; nè poteva succedere allrimenli.
(continm).
3
a lui dovesse succedere uno nel supremo governo per poi continuare altri successori insino
alla fine de’secoli, è facile immaginare quanto
grande sarebbe stata l’ansietà di sapere qual
sede dovesse essere la privilegiata, quale tra i
vescovi l’onorato, cui tanti privilegi e poteri
venissero largiti I Con quanta sollecitudine si
sarebbe osservato ogni passo dell’apostolo, annunziata la notizia della sua morte e il nome
del successore come a suono di tromba da una
parto all’altra del Cristianesimo! Rapporto a
quel soggetto non avrebbe potuto esistere nè
sbaglio, nè dubbio, nè silenzio! anzi avrebbe
diffuso dappertutto tanta letizia , e ripetuta in
que’tempi da bocca in bocca se ne sarebbe
parlato nella Storia Ecclesiastica pure innumerevoli volte, esplicitamente ed incidentalmente.
Ignazio, per esempio, se ne avrebbe rallegrato
e parlato con esultazione, potendo egli ricovero
la benedizione dal capo supremo della Chiesa
sulla terra prima di essere col martirio licenziato a ricevere anche la benedizione del Sommo Sacerdote ne’ cieli. Policarpo si sarebbe
umilmente taciuto, accettando con profonda
sommessione l’infallibile decisione di Aniceto,
il secondo in successione dall’apostolo. Ireneo
e i vescovi d’Asia avrebbero tremato sotto la
scomunica di Vittorio, cercando con opportuna
penitenza ad allontanarla, in veco di ricusare
la di lui decisione. Cipriano si sarebbe sottomesso all’autorità di Stefano come a quella del
Signore medesimo, invece di audacemente esprimere la sua indegnazione contro di esso a cagione dolla tirannica usurpazione che Stefano
stava procacciando nominandosi « vescovo dei
vescovi », e tèntan3ò ii forzare all’ubbidienza
i suoi collaboratori e uguali. Ma di tutto ciò
non si trova traccia. La Storia tace affatto, e
non ce n’è indizio !
Si trova però che Girolamo, 400 anni dopo
Cristo, dice cho « San Pietro, avendo già pre« dicalo a’ Giudei in Ponto, Galazia, Cappado« eia, Asia e Bitinia, pervenne a Roma nel se€ condo anno di Claudio, e vi occupò la cat« tedra episcopale per 25 anni ». Ma ciò si sa
è uno sbaglio, come tutti gli onesti scrittori
cattolici romani Io confessano. Il Cave crede,
come Baluzio ancora congettura, che Girolamo
avesse erroneamente inteso il seguente passo
di Lattanzio: Dispersi sunt per omnem terram
(apostoli) ad Evangelium prcedicandum, sicut
illis Magister Dominus imperaverat, et per annos ?5 usque ad principiutn Neroniani imperii per omnes protincias et civitates ecclesim
fundamenta miserunt. Cumque jam Nero imperaret Petrus Romam advenit, et editis quibusdam miraculis guce virtute ipsius Dei datd
sibi ab eo polestate faciebat, convertii multos
ad justitiam ; qua re ad Neronem delata primus amnium persecutus Dei serros, Petrum
cruci adfixit et Paiilum interfecit. Si ammetto
universalmente che l’epoca in cui Girolamo
scrisse era famosa per falsificazioni ; e indubitatamente le asserzioni che si facciano in appoggio di una tradizione introdotta ultimamente
nella Chiesa hanno poco valore se quella non sia
basatasi! qualche precedente autentica testimonianza. È ben certo che prima del 35 4 non si trova
nessuna menzione dell’episcopato per 25 anni
di san Pietro a Roma. Il Catalogo doi pontefici
romani ò pieno d’intcrpolazioni e di falsificazioni. In parecchie delle tradizioni credulo nei
primi secoli della l'hiesa si vede l’influenza di
un libro apocrifo dallo pseudo Lino, che ha per
titolo Passio Petri; ed è poco credibile ciò che
vien raccontato circa la dimora di san Pietro
per sette anni nella città d’Antiochia (il che fu
detto per la prima volta da Gregorio Magno),
come ancora circa i suoi cosi detti successori
nella Sede romana, chi era il suo vescovo primo , secondo e terzo. Per esempio, Eusebio
dice [Stor. Eccles., lib. Ili, 16) che Enodio fu
il primo vescovo, e Ignazio il secondo di Antiochia. Girolamo poi afferma che Ignazio fu
il terzo vescovo dopo san Pietro (Girol., in Catalog., p. 278, ed. 1524, Parigi); e Crisostomo
dice che Ignazio succedette a san Pietro stesso
[Ilom. de laudib. S. Jgnatii, p. 597, ed. 718
Parigi), il che contraddice affatto Eu.sebio. Teodoro vescovo di Cipro, A. D. 457, dico che
Ignazio fu ordinato da san Pietro, contraddicendo allo Costituzioni Apostoliche, le quali al
contrario affermano che da san Paolo quell» fu
ordinato! La pretensione dell’episcopato d’Antiochia a prò di san Pietro, sembra, al pari di
quello di Roma, d’aver avuto origine in una
sragionevole ambizione. Non sta su di nessuna
antica credenza. La lettera d’Ignazio a quei di
Antiochia non 6 autentica, come i piU dei cattolici romani ammettono; ma nemmeno quella
fa speciale menzione di Pietro. Dalla Bibbia
stessa non si può raccogliere altro che quel che
segue: In Aiti, XI, 19-26, è scritto che i discepoli dispersi nel tempo della persecuzione
dopo la morte di Stefano, viaggiarono a Fenicia , Cipro ed Antiochia, e ivi predicarono il
Vangelo a’ Giudei; e che alcuni di Cipro e Cirene predicarono il Signore Gesù anche ai Greci,
essendo una gran moltitudine convertita al Signore. Poi la Chiesa a Gerusalemme inviò ad
Antiochia Barnaba, il quale esortò i convertiti
al Giudaismo di rivolgersi al Signore (Atti, XI,
22-26). Barnaba allora andò a Tarso por trovare Paolo, e lo condusse in Antiochia, ovo
ambedue rimasero per un anno insegnando
molta gente; e ivi primieramente i discepoli
furono nominati cristiani (ver. 26). Cerlamento
questo fu il primo fondarsi di una Chiesa in
Antiochia, e san Pietro non è punto menziooato
in connessione con essa. Ancho secondo la Cronologia dei cattolici romani stessi, queste coso
non avrebbero potuto aver luogo avanti l’an. 38;
e nullameno la tradizione papale mette san Pietro vescovo di Antiochia nel 37! avendo già fon»
dato la Chiesa nel 34' Negli Atli degli Apostoli
(XII, 25), si parla del ritorno ad Antiochia degli
apostoli Barnaba e Paolo; e anche (cap. XI, 27,
28) dell’arrivo 11 di certi profeti da Gerusalemme,
uno de’ quali, chiamato per nome Agabo, profetizzò della carestia che stava per succedere
nella Giudea; e nel cap. XIII, ver. 2, vengono
annoverati i nomi di certi profeti e dottori che
amministravano ne] pubblico culto della Chiesa;
ma tuttavia neppur una parola si dice nè di san
Pietro, nè di Enodio. Nel capo XV si narra una
disputa che ebbe luogo in Antiochia pochi mesi
innanzi al Concilio di Gerusalemme, circa il
dovere di circoncidere i credenti Gentili; e Pao
10 e Barnaba furono mandati a prender consiglio dagli apostoli ed anziani n Gerusalemme;
11 che è prova certi) che in queU’epoca san Pietro non era in Antiochia qual vescovo, o supremo infallibile reggitore della Chiesa! Queste
cose avvennero nell'anno 51 , e provano non
men sicuramente cho in quel tempo san Pietro
non era nep()ur vescovo di Roma. Dopo la fine
del Concilio di Genisalenim" Pietro accompagnò Paolo e Sila ad Antiochia, e là venne fortemente rimproverato da Paolo per la sua condotta finta e il suo timore degli uomini. E qui
si può notare che, essendo vescovo di Roma,
niente gli sarebbe stato ()iù facile se non ch’egli
dichiarasse al ('.oncilio quale fosso stato il suo
modo di operare tra i Gentili convertiti di quella
città, e la sua pratica sarebbe stata decisiva
senza più disputa; e sarebbe stato evidente e
notorio a tutti quelli della Circoncisiono, a Giacomo c gli altri, cho san Pietro benissimo capiva lo stato de’ Gentili, e aveva avuto ogni
fratellanza tra loro e.ssendo egli stato secondo
la tradizione vescovo di Roma, como ancora di
Antiochia. Ma di questa ultima tradizione non
v’ha alcun sostegno nè autentica prova nell’antica storia. Potrebbe darsi però, che dopo la
partenza di Paolo o Barnaba gli venisse consegnata \'apostolica soprintendenza di quella Chie.sa, ma di ciò ancora manca prova.
La tradizione rapporto al successore di san
Pietro a Roma è ugualmente incerta di quella
cho Io nomina por Antiochia. Bellarmino dice
che Clemente fu scolto da Pietro, tosto avanti
la sua morte, affin di succedergli nell’episcopato, ma che colui non voleva accettarlo durante
la vita di Lino c dt Cleto, 1 quali erano sfati
entrambi coadiutori di Pietro ncH’udlcio vescovile ; cosi a san Pietro succedette Lino, a Lino
Cleto, a Cleto Clemente. Bellarmino chiama ciò
l’umiltà di Clemente, ma sarebbe stato piuttosto disubbidienza, siccome in quei tempi l’episcopato non era un posto d’onore esteriore, ma
di gran sollecitudine o pericolo. E perchè a san
Pietro stesso non rifiutò Clemente? Dobbiamo
credere adunque che vi fossero allo stesso tempo
quattro vescovi sulla Chiesa di Roma, cioè
Pietro, Paolo, Lino e Cleto? poiché vi è almeno
tanta prova in favore di Paolo quanto ve nc è
per Pietro, o forse ancora più. Le Costituzioni
Apostoliche affermano disfintamente ch fi Paolo
ordinò Lino per essere il primo vescovo di Roma
[.Apo.<it. Const., Uh. VII, c. 46). Questa, ia vero,
è una curiosa testimonianza di una si antica autorità, 0 più perchò il nome di san Pietro è del
tutto omesso, e a Paolo solo si attribuisce l’ordinazione di Lino; il che serve a dimostrare
pure di quanto piccola importanza in qucH’epoca antica si considerasse la primazia di san
Pietro, c che nemmeno si credesse alla sua presenza in Roma. Se tutti e due insieme quegli
apostoli avessero ordinato LinQ(supponiamo vera
la presente teoria dei cattolici romani) sarebbe
stato possibile di dire che Pietro solo l’aveva
fatto, se Paolo l’inferiore non fosse nominato;
ma sull’ipotesi romana non si potrebbe attribuirlo a Paolo solo ; è affalo incredibile. Le Costituzioni Apostoliche dunque sovvertono la teoria romana.
Daremola continuazione di questa indagazioné
nella prossima settimana.
4
T«r €» K as H :e!
ViXLi Valdbsi. — Emigrazione. — La Commissione per l’Emigrazione si radunò la scorsa
settimana, e prendendo in seria considerazionR
il mandato affidatogli e le strettezze del nostro
popolo, decise di nulla lasciar intentato onde
fornire ai nostri cari fratelli tutti gli schiarimenti
ed i provvedimenti richiesti per la sicurezza e
l’avvenire di tante famiglie. Ella spera di poter
quanto prima dare in proposito qualche preciso
ragguaglio. Intanto ella non saprebbe troppo in
cosi solenni momenti raccomandare a tutti pacatezza, iiducia nel Signore, affinchè ricercando
in questo non la nostra, ma la di lui volontà
benigna e santa, ei sia con noi come fu coi nostri
padri nella terra straniera, e cosi grave determinazione anziché a castigo riesca a benedizione
del popolo valdese.
In nome della Commissione
B. Malan, pastore.
S. PiKa d’Arena. —.....« In questi giorni un
frate, aiutato da altri reverendi, diede in questo
comune ciò che egli chiamava spirituali esereizii.
Essi consistettero nell’insegnare al popolo la
maldicenza, la calunnia e l’oltraggio contro del
prossimo e nel fomentare contro i nostri evangelici l’odio, lo sprezzo e la maledizione dei
concittadini e parenti; e vi assicuro che il padre
predicatore 'in ignoranza ed impudenza superò
frà Stanislao da Genova, di cui ebbi motivo a
scrivervi pochi mesi or sono.
< Non vi aspettate che vi ripeta gli improperii
usciti da quelle labbra; essi stanno bene soltanto
nella bocca di chi li profferiva, e noi di buon
grado li sopportiamo pel nome di Cristo, il quale
cl b«jUi 4uaq.do gli uami()i 'Vi
« avranno vituperati e perseguiti, e mentendo
( avranno detto contro a voi ogni mala parola ».
(Mat. V, 11). Non posso a meno però di accennare alcuni argomenti di cui si servi in prova
del folle suo dire, e che fra le inventate calunnie
vi saranno nuove, come cioè Lutero menasse
due mogli, cinque invece Calvino, per da ciò
dedurre che gli evangelici sono impudici, poligami, sovvertitori dell’ordine famigliare e sociale.
Cosi ancora asseriva che i protestanti sparsero
fiumi di sangue umano nelle tante guerre mosse
contro la Chiesa romana ed il papa, e poco
mancò che non li accusasse di aver innalzato i
patiboli, i roghi e la inquisizione nelle Spagne,
in Italia e per dove comandano i preti, onde
poter dedurre che i protestanti sono barbari,
crudeli, assassini, empi, sacrileghi, sanguinarli
e che so io. Per provare la necessità del papa
predicava che perfino i protestanti ne conobbero
il bisogno, i quali piuttosto che sottomettersi al
vicario di Cristo in Roma, si elessero a papessa
la regina d’Inghilterra, e conchiudeva a gloriarsi
seco lui per avere in Pio IX un vero Dio sulla
terra, e non esservi altra vera religione capace
a salvezza che quella del papa. Finalmente come
un vero disperato deduceva che quando potesse
essere convinto diversamente, predicherebbe che
Cristo non è più Cristo, e che piuttosto di riconoscere il suo errore e dar gloria alla verità calpesterebbe il Crocifisso ed il Vangelo, sfidando
al solito i protestanti, pronto a riceverli in ogui
modo, cioè a parole e a pugni.
« Certamente ohe gli evangelici non si sentono
di aiTrontarlo in tuia lotta che disonorerebbe
anche un facchino; essi non possono misurarsi
con simili sacerdoti romani, e ben volontieri
eodono una gloria ch'è tutta loro dovuta.
« Non vi maravigliate se questa colonna del
papismo dichiarossi pronta a rinunziare a Cristo
piuttosto che rinunziare al papa, poiché eccovi
quanto qui avvenne. Nell’altro sabato certo prete
F...... uno dei curati parrocchiali, mi arresta
in una contrada e vuol convincermi di errore.
Si parla della giustificazione e della salvezza, e
ridotto alle strette di dover riconoscere Cristo
salvatore, che cioè venne a salvare non ciò che
poteva perire, ma ciò ch’era perito, come insegna
il Vangelo, egli ebbe la sfacciataggine di ripetermi la bestemmia che Cristo è un aiuto, ma
non un Salvatore, e che noi non siamo periti....
« Già vi^scrissi che per mancanza di lavoro
il nostro fratello Giuseppe B....... dovette ritirarsi in Castelnuovo di Scrivia, presso del padre.
Ora sappiate che quel buon vecchio è stato dal
numeroso clero tanto spaventato, che per evitare
la scomunica minacciatagli, licenziò di casa il
figlio colla numerosa di lui famiglia. Vedendo i
preti ed i frati che malgrado ogni genere di vessazioni e d’infamie non sono ancora riusciti a
smuovere la loro vittima dalla sua fede nell’unico Salvatore, tentarono in questi giorni pasquali
una pia astuzia. Il curato D. G........ approfittandosi dell’assenza del marito in cerca di lavoro,
si presenta alla di lui moglie, rimproverandola
di aver cambiato religione, come se chi abbandona il papa e le sue dottrine abbandonasse Dio,
Cristo e Vangelo ; e ia spaventa coU’inferno ,
luogo che le assegnava fin d’ora se continuava a
seguire la religione dei protestanti. La giovane
donna chiese di essere ammaestrata in che consistessero i suoi errori; e non potendola convincere, il teologo dovette confessare che infine
la religione dei protestanti era buona come la
romana, ma che per togliere la mormorazione
nel paese andasse tosto a comunicarsi nella parjeeciki»,,.-»..* io eileseisvfl. i di
pasqua, sottoscritti dal teologo L...... prevosto.
« Ritornato il marito e conscio della cosa,
osservò alla sua moglie le parole del curato essere in contradizlone, avendo prima asserito che
i protestanti non potevano salvarsi, e poi che la
religione dei protestanti era buona quanto la
romana. Che il i'*. G....... nou avendola potuto
vincere collo sp.ivento e colle parole, avea ricorso ad una furberia, per avere con che gloriarsi nella sua carne ; ma che un vero seguace
del Vangelo non dovea essere ipocrita, nè per
rispetti umani vergognarsi di Cristo. La consolò
leggendo ii capo II della 2* ai Tessalonicesi,
meditando le parole: « Non siate tosto smossi
« della mente, nè turbati per ispirito, né per
« parola, nè per epistola, come da nostra parte,
« quasi che il giorno di Cristo soprastia vicino »
(v. 2); ed ora, come mi scrive, sono preparati a
venire assieme «d alcuni altri per celebrare la
pasqua colla Chiesa di Cristo.
« Eccovi in breve alcuni argomenti con cui i
romanisti difendono la loro religione e cercano
di convincere «l’errore i seguaci del Vangelo.
Monsignor Charvaz può bensì pubblicare con
pastorali cbe gli evangelici sparsi nella sua diocesi non credono a Cristo nè al Vangelo, ma i
fatti provano che tali increduli sono i suoi preti,
mentre gli evangelici per Gesù e pel Vangelo
sanno soffrire e no« si credono da più del loro
maestro, che è stato l'abbieziene del popolo e
l’obbrobrio delia plebe; essi sono abbastanza
gloriati di essoro fatti degni di patire qualche
cosa pel nome di Cristo ».
(Nostra corrispondenza).
Aostìii*. — Sempre i frutti del Concordato. —
Parecchi indizii provano che il governo austriaco
rimpiange le concessioni troppo estese ohe egli
ha fatte al clero, e che si studia di mettere argine alle usurpazioni del potere spirituale. Si
assicura che le pretese del clero sono giunte al
punto, che alcuni vescovi hanno osato di chiedere la destituzione di tali o tali altri funzionarii superiori, e il rimpiazzo di questi con uomini di loro scelta. Il governo ha resistito sin qui
con energia a tutti i tentativi del clero per immischiarsi nell’amministrazione dello Stato.
Spagna. — Opposizione alle dottrine evangeliche. A Barcellona la Camera ecclesiastica
ha sospesa la pubblicazione di un giornale sotto
l’incolpazione di avere favorito il protestantismo.
Un tale provvedimento ha indignato la popolazione, la quale in massa ha sottoscritto un indirizzo di felicitazioni al coraggioso direttore dell’anatemizzato giornale.
Il ministro di grazia e giustizia ha dati gli ordini perchè siano processati diversi giovani di
Santiago , incolpati del misfatto di avere [bevuto durante un banchetto alla salute del primo
protestante che si recherebbe in Ispagna a celebrare le funzioni del proprio culto!
GrooMO Domenico gerente.
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\KND1TA DI CARITV
La prima vendita pubblica a benefizio dell’opera eccellente di cui abbiamo tenuto parola
settimane sono (Vedi B. N., n“<0), ed il di cui
s<?opo si é (/»; vaniri’ i» fii»4n agli igidigmui per
mezzo del lavoro, avrà luogo, a Dio piacendo,
nei giorni H e 1S del corrente aprile, in casa
Fubini, via Lagrange, n® 6, piano lerreìv), in
fondo alla corte, dalle oro due alle ore cinque
pomeridiane.
Le persone tutte che bramano lo sviluppo di
una istituzione cosi eminentemente benefica e
moralizzante souo caldamente invitate ad intervenirvi.
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