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ECO
DELLE VALLI VALDESI
Slg.a
LONGO SELMA
Casa Valdese
TORRE PELLICJS
Settimanale
della Chiesa Valdese
Gettate lungi da voi tutte le vostre trasgressioni per le quali avete peccato, e fatevi un cuor nuovo e uno spirito nuovo
Anno LXXXVIII - N. 50
Una copia Li ce 30
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}
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TORRE PELLICE - 19 dicembre 1958
Ammin. Claudiana Torre PeJlice ■ C.C.P. 2-17557
ALLE SOGLIE DI NATALE
Il perchè della
“ Bisogna far festa e rallegrarsi... „
lesta
Luca 15 : 32
Natale urge, ormai. Questo periodo d Avvento, periodo di intensa, a
volte febbrile preparazione, volge al
compimento. Nelle famiglie fervono
i preparativi, si progettano e preparano le «sorprese»; per le strade
s'incontra gente con pacchi straordinari, le vetrine dei negozi scintillano
di luci, sotto cascatene d'argento e
doro; i piccoli abeti, i rami odorosi,
ammucchiati dai fiorai, cominciano a
giungere nelle case, portando il loro
caratteristico, dolce e penetrante profumo, si tirano fuori i brillanti ornamenti dell'anno scorso, qualcuno bisogna sostituirlo...; le mamme progettano il menu natalizio; ci si rallegra di ritrovarsi in famiglia. E, beninteso, la Chiesa non è da meno: c'è
da pensare agli abeti per i templi, ai
regali, agli ultimi ritocchi alle poesie,
ai dialoghi (ah, quelle cadenze!...;
e naturalmente il turbante dei magi
all'ultimo momento non tiene...), ai
canti (ma dove se ne va, per molti,
la gioia di cantare?)', e le «prove»
mettono spesso a dura prova la pazienza di responsabili e di esecutori... A volte pare quasi che la « festa »
diventi una « corvée », e si sospira,
che sTàTTnfto, che H sÌpàrTo'sìi~tirato,
l'ultima poesia esalata, i regali ricevuti ; e che dopo il gran chiasso e
l'agitazione si faccia un po' di pace
e di silenzio. « Ogni creatura faccia
silenzio dinanzi al Signore! ».
Eppure, cari lettori, non vogliamo
dirvi che tutto questo non c'e.ntra affatto con Natale, che tutto questo è
puro paganesimo, insinuatosi con il
suo volto più dolce e poetico, più
vivacemente attivista nella nostra vita cristiana. Dipende da noi che c'entri o no.
Gesù non è nato in un eremo silenzioso, ma nella stalla di un rumoroso caravanserraglio orientale, sovraccarico di ospiti di passaggio, in
un momento di gran via-vai : la Parola di Dio si è veramente incarnata.
E Gesù non ha rifiutato di partecipare all'allegria di un banchetto di nozze, a Cana, dove non si lesinava il
vino; si è ritrovato spesso a tavola
con gli uni o gli altri, e i rigidi e virtuosi farisei dicevano di lui che era
un mangiatore e un bevitore, che
comunque non sfuggiva affatto tali
compagnie. Gesù ha vissuto la nostra
vita. Certo, spesso è una vita abbastanza miserabile, e anche le nostre
gioie e i nostri piaceri non valgono
gran che. Ma non abbiamo un Salvatore schizzinoso: viene da noi così
come siamo. E non chiede, a colui che
vuol ridere, di fare il viso lungo e
mesto: piuttosto vuole dare a lui, e
a tutti, la vera ragione di ridere, sorridere e ridere di un riso buono, di
un riso sereno, di un riso veramente
gioioso. La gioia del suo perdono,
l'allegrezza della sua pace.
Qui è la radice di tutto. Si può vivere un Natale austero, rifuggendo
da ogni festa familiare o ecclesiastica,
si può rifiutare per una sorta di malintesa obiezione di coscienza di fare
un buon pranzo, si può ripudiare la
poesia, talvolta un po' equivoca dal
punto di vista cristiano, dell'albero
illuminato, si può voler leggere soltanto l'Evangelo, a Natale — e non
aver gustato, non aver ricevuto la
vera gioia di Natale: perchè si può
aver rifiutato proprio il senso del Natale, l'incarnazione del nostro Salvatore e Signore in mezzo a noi — si
può aver rifiutato la parabola vivente
che il Signore ci ha dischiuso davanti, la parabola dell'allegrezza più for
te di tutto, che spezza la spesso opaca routine della lunga serie di giorni
e settimane tutte uguali : c'è qualcosa, Qualcuno di nuovo, sotto il sole!
e tutto non è vanità ! — si può ancora aver rifiutato la parabola della gratuità di questo giorno senza calcoli,
in cui niente è troppo caro per fa're
festa, e per cercare di dare un po' di
gioia intorno a noi (anche se il « più
felice cosa è il dare che il ricevere »
non sfugge del tutto al nostro egoismo
costituzionale, che vede e fa tutto in
funzione di noi, che segretamente si
ammira...). Perchè rifiutarla, questa
parabola? Il Signore non ce lo chiede.
Ma, d'altra parte, si può dimenticare — e in realtà molti dimenticano —, vivendo la parabola, che ciò
che conta è il senso della parabola;
si può dimenticare che le luci scintillanti degli abeti, che suscitano (o riflettono?) il brillare degli occhi dei
nostri bimbi — o forse anché dei nostri... — non avrebbero e non hanno
alcun senso senza la luce di Dio che
senza atomiche esplosioni ha squarciato i cieli ed è scesa ad illuminare
la notte di Betlemme per gli umili ed
atto.niti ^pastori, e. che, da, allora, brilla
nell'intimo del nostro mondo, spesso
calpestata, apparentemente sommersa, ma anche sempre trionfante in
cuori gioiosamente credenti. Si può
dimenticare che il lusso senza calcolo, per una volta, del gran pranzo
natalizio non ha senso in sè — indigestioni poco dignitose a parte, evidentemente — senza il sentimento
ben vivo che non si fa festa per il
proprio stomaco, ma perchè è venuto
Colui che è il Pane della Vita, il pane
che sazia per sempre. Si può dimenticare che i regali dati e ricevuti devono mantenere il senso di segno
del grande dono che tutti abbiamo
ricevuto, dall'amore del nostro Dio.
Nella poesia del Natale si può dimenticare che esso non ritorna per farci
vivere un momento di sentimentale
malinconia, con un po' di nostalgia,
ma ritorna come un dono grande,
forte, intenso, come un appello pres
sante, profondo, a ricevere la vita da
Gesù, nato a Betlemme dalla vergine
Maria.
Dipende da noi...
Ma si può chiedeiGli di creare in
noi dei cuori ben disposti a riceverlo.
Dei cuori cioè tesi a Lui, e non ripiegati su di noi, sulla nostra « pietà »
un po' rigida, o sulla nostra « profanità » un po' grossolana e chiassosa.
« Bisognava rallegrarsi e far festa... »
dice il padre della parabola al rigido
figlio maggiore, e la musica e i canti
si sentivano dalla strada... Perchè non
dovremmo far festa anche noi, ognuno secondo il proprio carattere ed i
propri gusti, nella nostra famiglia e
nella chiesa, rallegrandoci perchè a
Betlemme è cominciata la storia di
quel figliolo perduto e ritrovato, che
è anche la nostra storia?
E a voi invece, cari lettori, che vivete con accresciuta tristezza questo
periodo chiassosamente festoso, perchè siete isolati, perchè siete ammalati, perchè ricordate'con struggente
rimpianto qualcuno che non è più
con voi a festeggiare, a voi dia il Signore in modo sovrabbondante la sua
consolazione e la Si).aìailegrezza : che
la sua Parola, anche spoglia delle piccole parabole umane, risuoni, tanto
più netta e forte, nel vostro silenzio:
Levate il capo, perchè la vostra redenzione è vicina ! e chissà che il Signore non vi mandi il Suo messaggero — oh, non un angelo: un piccolo uomo che con la sua povera parola, col suo gesto maldestro, vi rechi, vivo, il buon annunzio della grande allegrezza che è per tutto il popolo, anche e soprattutto per voi.
Cari lettori, anche per noi, per la
nostra invisibile ma salda « famiglia » questo tempo d'Avvento è stato un gioioso periodo di preparazione. Ed ora vogliamo rallegrarci insieme, vogliamo lasciare che la gioia di
Dio penetri i nostri cuori, ravvivi la
nostra vita : è l'Emmanuele, è Dio
con noi, e non per oggi soltanto, per
sempre. Natale di gioia, per tutti noi !
Il vostro ECO.
Notre Seigneur^
UN PAUVRE
Parce que Notre Seigneur est ressuscité et vivant et que c’est à son
règne, « sa gloire, à sa puissance que
nous avons à faire maintenant, parce
qu'il y a bientôt 2000 ans qu’il est
assis à la droite de Dieu et que nous
n’avons plus d’autre espoir, d’autre
attente, que son retour glorieux, nous
auréolons le chiffre de ses jours terrestre. L’auréole, c’est une fantaisie
des peintres, un signe merveilleux
qu’ils ont imaginé pour exprimer la
divinité cachée dans le petit enfant,
c'est un témoignage de leur foi et
c’est un appel à notre foi. Mais nous
saisons bien, avec le prophète Esdie,
que Jé.sus U avait rien, pour attirer
nos regards.
La vérité, la triste vérité, c’est que
Notre Scigtieur ne connut ici-bas que
lu pauvreté. Aucune fioriture, aucune musique, aucune poésie ne corrigera cette amère réalité. La joie de
Noël n’est pas compromise pour autant. Mais c’est notre joie à nous; et
notre richesse, c’est sa pauvreté à lui.
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LA SETTIMANA
Nuovo Vaticano ?
Sembra die un’aria nuova, più spigliata, più bonaria anche, sia entrata in Vaticano con Papa Roncalli, il popolano salito
alla tiara .senza dimenticare il suo amore
per le cose umili. E c’è forse chi ha sperato che un’aria nuova spirasse non soltanto nello alile dei « rapporti umani »,
ma anche nell’indirizzo dogmatico e politico della Curia; c’è chi si è rallegrato
con viva speranza vedendo che, ad esempio, il Pontefice aveva demandato alla
Conferenza episcopale italiana la designazione del nuovo presidente dell’Azione
Cattolica: decentralizzazione? un passo indietro sulla via intrapresa dopo il Concilio
Vaticano del 1870? In un acuto articolo
comparso su La Stampa, A. C. Jemolo ha
però ricordalo che in realtà questo demandare una decisione locale ad un episcopato nazionale non è un’assoluta novità
nella politica vaticana; è anzi un ottimo
metodo per dare un carattere meno ufficiale a certe decisioni, che però non potrebbero essere contrastanti con l’indirizzo
curiale, in quanto oggi non è più neppure
concepibile un’opposizione episcopale quale si fece ancora sentire nel Concilio Valicano: da allora il Papa è infallibile, il
Papa è TAulorilà. Nulla di radicalmente
nuovo, quindi, dietro la facciata di S. Pietro; si può tuttavia attendere con vivo interesse il risultato dell’elezione del nuovo
presidente di quell’Azione Cattolica che
tanto peso ha nella vita italiana.
In un recente discorso, in occasione del
conferimento di molti nuovi cappelli cardinalizi, Giovanni XXIH ha denunciato
come grave scisma il movimento autonomista cattolico nella Cina comunista e le
nuove ordinazioni episcopali là avvenute
che, secondo il Codice Canonico, sono inaccettabili e .sacrileghe.
Europa unita: per difendersi,
non per collaborare.
A causa della minaccia comunista che
continua a pesare su Berlino, il blocco
occidentale si consulta, e si ritrova in accordo fondamentale: Non abbandoneremo
mai Berlino-Ovest! Mollo bene. La sfacciataggine politica di Kruscev, una volta di
più, è incredibile, ed è bene che riceva
una risposta ferma. Ma questa Europa occidentale che fa corpo per difendersi dalla
minaccia sovietica non va altrettanto d’accordo quando si tratta degli interessi economici particolari; ritorneremo su tale
questione, assai importante per TOccidente, ma ricordiamo che le sei nazioni firmatarie del Mercato Comune (Italia, Francia,
Germania, Benelux) non riescono ad accordarsi sulle modalità degli scambi economici nè con gli altri paesi europei delTOECE (Organizzazione ec.onomira europea, comprendente tutti i paesi europei al
di qua della cortina, dalla Scandinavia alla
Turcliia) nè soprattutto con la Gran Bretagna, che ha un suo mondo economico a
parte, il Commonwealth; la comunità comjirendente anche le colonie e i dominions
di Sua Graziosa Maestà britannica.
Fanfani in difficoltà.
Non sono state giornate facili nè piacevoli, per i) presidente del Consiglio Fanfani. 11 Governo messo due volle in minoranza — sulla questione del sovrapprezzo
della benzina, che sarà diminuito a partire
dal In gennaio 1959, e su quella della nuova legge sui mercati, respinta a lieve maggioranza — ha posto la questione di fiducia, e il Parlamento gliel’ha confermata
con 294 si, 286 no e 2 astensioni: una fiducia quanto mai esigua. Caratteristica di
questa « crisi »: il fatto, mai fin’ora cosi
esplicito, che un’ala della D.C. non sostiene incondizionatamente il governo e
che c’è un nutrito gruppetto di « franchi
tiratori » disposti a sabotare le iniziative
governative; il fatto potrebbe essere rallegrante, come indizio di una libertà di giudizio che rifiuta un’incondizionata ubbidienza di parlilo, ma in realtà l’ala ribelle
è la destra d.c. (il rifiuto della legge sui
mercati ne è un indizio, e si sa che Sceiba
è uno degli avversari di Fanfani), e quindi non c’è certo da aspettarsi da questa
crisi una apertura meno conservatrice della nostra politica. Non pare quindi che
siamo di fronte a nuove prospettive, ma
piuttosto a dissensi interni della D.C., che
tendendo ad abbracciare tutto l’elettorato
cattolico italiano, raccoglie nel suo seno
elementi estremamente diversi e spesso
contrastanti. Dopo lutto, la cosi forte diminuzione delle destre, alle elezioni di
maggio, può essere stata soltanto formale.
Pensez à cette naissance misérable
— et non pas pittoresque; pesez le
sens des mots fameux: ’’ Elle le coucha dans une crèche, parce qu’il n’y
avait point de place pour eux dan»
l’hôtellerie Suivez le petit fugitif
sur les chemins périlleux de l’exil,
puis le Fils de l’Homme dans sa patrie, où il ” n’avait pas où poser sa
tête ”. Et mesurez, si vous le pouvez, le dénuement de la Croix.
★
Ne faudrait-il pas parler de souffrance plutôt que de pauvreté? —
Hélas! elles se tiennent: c'est parce
qu’il s’est fait pauvre pour nous que
le Christ a souffert, c’est parce qu’il
est pauvre de toutes les pauvretés
que Jésus est méprisé et rejeté. D’un
pauvre on fait ce qu’on veut. Il na
pour sa défense aucun des moyens
qui en imposent: ni biens matériels,
ni prestige de classe ou de culture,
ni séduction personnelle. Il n’a que
sa pauvreté.
L’avantage, c’est que ” l’Evangile
e.st annoncé aux pauvres ”, et ce sont
les pauvres qui le comprennent. Peuple infortuné de mendiants, de malades, de disgraciés, de pécheurs, de
incultes, de petits, d’assistés, peuple
à la misère cachée, aux salaires insuffisants, privé du minimum vital,
de pain et de chaleur, Jésus est de
ton côté, Jésus a choisi ta part. Il ne
s'est pas fait graml-prêtre pour sauver le monde, ni roi, ni sage, ni puissant homme d’affaires, il s’est fait
pauvre. En enfant: il fallait bien
passer par là; un Juif: on peut le
comprendre à la rigueur. Mais un
l'auvre!
★
Peut-être la pauvreté a-t-elle changé de visage aujourd’hui. Une chose
e.-it certaine, c’est que Jésus, lui
{¡ans ce monde, n'a pas changé de
vi.'iuge. Visage d’un serviteur, avec
rhumilité de cette condition; visage,
d un homme de douleur, avec toutes
les grimaces de la souffrance; visage d’un méprisé, couvert de honte.
Mais .s’il arrive que la pauvreté
se farde, elle n’en est pas moins
présente et réelle parmi nous et ailleurs, difficile à iléfinir, comme la
richesse, parce qu’entre elles se glis.se un mot brûlant: l’argent, dont le
plus riche d’entre nous pense encore
(pi’il en manque. Or la pauvreté de
Dieu, la pauvreté du Christ, nous
ne la rencontrons que dans la pauvreté des hommes.
Connaissez-vous la légende de
saint Dniitri? ”Il avait rendez-vous
dans la steppe avec Dieu lui-même,
et il se hâtait lorsqu’il rencontra un
paysan dont la voiture était embourbée. Alors saint Dmitri l’aida. La
hone était épaisse, la fondrière profonde. Il fidlut batailler pendant une
heure. Et quand ce fut fini, saint
Dmitri courut au rendez-vous. Mais
Dieu n’était plus là...” C’est une
triste légende... En vérité. Notre
Seigneur était là, dans le pauvre à
secourir.
” Heureux les pauvres, dit Jésus.,
selon saint Luc, parce que le Royaume des deux est à eux”. Je voudrais
bien trouver une petite place dans
cette Béatitude.
Jean Vivien
(La Vie Protestante)
a tutti i nostri lettori
BUON NATALE!
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L'ECO DELLE VALLI VALDESI
Nel recente scambio di idee sulla
immortalità dell’anima, c’è un punte al quale s’è appena accennato;
ed è pure quello che, praticamente
piò c’importa.
Che l’anima sia essenzialmente;^
immortale per creazione, p c^e, ta-.
le diventi condizionataine,nt,e ^ al suo
accettare la salvezza e la Vita in tristo; che ci aspetti un giudizio individuale immediato, ed un altro collettivo, finale; che esista uno stato
intermedio tra la morte fisica ed il
glorioso risorgere, e quale ne sia
l'esatto contenuto; in che modo si
debba comprendere la risurrezione; dei corpi (I Cor. 15; non si parla di risurrezione dell’anima) risurrezione parziale, dei Giusti; la «prima», quella dai morti, quella generale dei morti « nell’ultimo giorno »... ecc. : sono tanti problemi ai
quali la rivelazione divina non ci
autorizza a dare una soluzione as
soluta, completa, sistematica, soddisfacente per la ragione : « ora noi
conosciamo in parte »; « ora noi
camminiamo per fede ». Sono perciò problemi sui quali si può, fino
Totalità della nostra
’i.id un certo punto, filosofare ed an,.cbè discutere... salvo poi ad avere
oiiissà quali sorprese !
l\la c e un punto sicuro, ripetutaiitcìUe e molto chiaramente insegna
U) dal V^angelo: e cioè che la vita
(Iella personalità umana non termina con la morte del corpo; la morte
« totale », deH’anima col corpo,
non è mai insegnata in alcun passo
biblico. Viene anzi costantemente
affermata quella sopravvivenza, la
quale — pur non essendo ancora la
xita nella sua pienezza risultante
dalla risnrezione — è però tutt’altro che una « morte » : basta spigolare alcuni passi biblici più classici.
I credenti deirAntico Patto s’interssano all’opera redentrice che
Gesù compie sulla terra; es. : Àbramo (Giov. 8; 56). Mosé ed Elia (Luca 9; .IO). Ai trapassati prima della
sua venuta, il Salvatore porge occasione a ravvedimento ed a salvezza (1. Pietro 4: 6; 3: 18). Perfino
il cattivo ricco appare, nell’aldilà,
preoccupato per la sorte dei propri
fratelli (Luca 16: 27-28). La continuità delle direttive morali seguite
quaggiù è evidente ancora in Luca
16: 9, dov’è questione di beneficati
che ci riceveranno; e nel banchetto
cele.ste (Luca 13: 29). E la promessa
fatta dal Redentore in croce al malfattore pentito : « oggi tu sarai meco... » (Luca 23: 43) e il desiderio
di S. Paolo di « partire per esser»
col Cristo» (Filip. 1: 23, 11 Cor.
5: 8) ed i martiri cristiani, le cui
« anime gridano a Dio » (Apoc. 6:
lo): quante dichiarazioni così semplici nella loro grandezza e così limjdde, che escludono il verme del
sepolcro per Panima; e che, o prenderle sul serio senza torcerne il
senso con spiegazioni tendenziose, o
stracciare tutto quanto l’evangelo.
Ma v’ha di più: il Figliuol di Dio,
che non può mentire nè sbagliare,
dichiara : « chi ascolta e crede ha
(non: avrà) vita eterna» (Giov. 5:
21). Abbiamo perciò ragione quando, j)er sollevare i cuori in lutto al
di sopra delle visioni opprimenti
dello sfacelo, non soltanto additiamo loro le trionfanti promesse di risurrezione e di vita, ma porgiamo
loro ancora l’immediato conforto
che reclamano: « Dio — assicura
Cristo —. non è un Dio di morti, ma
di viventi; per Lui, vivono (non soltanto: vivranno) vivono tutti ». (Luca 20: 38). Luigi Marauda
Cerio, un giorno soltanto vedremo e sapremo .appieno; e riconosco che la rivelazione biblica non è univoca. Tutti i passi
sopra riportali sono molto forti; ma in
fondo mi pare che neppure uno di essi
prova una continuità ininterrotta deiresislenza, senza la frattura della morte, che
tocca questa indissolubile unità psicofisica
die è il nostro io : il problema è se la risurrezione avvenga subito o alla fine dei
tempi (ci sono passi nei due sensi); ma di
fronte alTelernità di Dio e del Regno,
non è più un problema. Bisognerebbe pure vedere cosa intende la Bibbia parlando
di « anima ». E infine, nella fede io ho, fin
d’ora, la vita eterna: l’ho perchè è la vita
di Cristo, il Vivente, di cui sono per grazia coerede. Ma sono salvato in speranza:
ora, quello che uno lia come lo spererebbe
e attenderebbe ancora?... Gino Conte
^ Per il culto di famiglia, a Natale
★
Ecco, vi reco il buon annunzio di una grande allegrezza che tutto
il popolo avrà: oggi, nella città di Davide, vi è nato un Salvatore, che
è Cristo il Signore! (Luca 2: 10-11).
INNO 42; «Venite, fedeli, venite festanti...».
Giovanni gli ha resa testimonianza ed ha esclamato : Era di questo
che io Ricevo : Colui che vien dietro di me mi ha preceduto, perchè era
prima di me. Infatti è della sua pienezza che noi tutti abbiamo ricevuto,
grazia sopra grazia. Poiché la legge è stata data per mezzo di Mosè; la
grazia e la verità son venule per mezzo di Gesù Cristo. Nessuno ha
mai veduto Iddio; 1 unigenito figliolo, che è nel seno del Padre, è quel
che ce l’ha fatto conoscere. (Giov. 1: 15-18).
L’EVANGELO DI NATALE: Luca 3. 1-20; Giovanni 1: 1-14.
PREGHIAMO; Iddio onnipotente. Padre del nostro Signor Gesù
Cristo, ricevi la nostra lode in questo giorno in cui tutta la Chiesa st
unisce per celebrare il tuo amore redentore.
Non hai mai abbandonato questo mondo separato da te. Fin dai
tempi antichi hai fatto risplendere agli occhi degli uomini la promessa
della tua vittoria nel Cristo, nostro tjalvatore. l patriarchi hanno sperato in lui. Aoramo ha giubilato nella speranza di vedere il suo giorno.
•1 profeti lo hanno annunciato, le nazioni rhanno desiderato. Le schiere
celesti hanno celebrato la sua nascita. Gli apostoli, i martiri, i fedeli
di tutti i secoli hanno riperuto il cantico degli angeli, e con loro la tua
Chiesa, oggi sparsa su tutta la terra, ti loda in tutte le lingue degli
uomini, poiché ha veduto la tua salvezza.
Figliolo di Dio, che en al principio col Padre, ti sei umiliato tu
ste.sso per la nostra salvezza, dei appar.so quaggiù come un uomo qualunque. Ti sei tatto povero, afùnchè mediante la tua povertà noi ci arricchissimo. Ti sei abbassato, prendendo forma di servo, affinchè me
diante il tuo abbassamento tossirne risollevati e resi partecipi di una
gloria celeste. Eravamo nelle tenebre e nell’ombra di morte, e ci hai
dato la luce e la forza, fa pace e la gioia. Eravamo senza speranza e
senza Dio, e dalia tua pienezza abbiamo ricevuto grazia sopra grazia.
Che cosa ti oiìriremc. Signore, per questi così grandi doni? Disponi
di noi secondo la tua voioiita Fa di no; un popolo che ti serva nella
santità. Dacci dei cuori diritti ed onesti, per a.scoltare la tua Parola
e produci in noi dei frutti abbondanti alia tua gloria. Amen.
INNO 53 : « Gloria nei cieli altissimi... ».
« Dio ha tanto amato il mondo
che ha dato il suo unigenito Figliolo, affinchè chiunque crede
in lui non perisca, ma abbia vita eterna» (Giov. 3: 16).
Natale! Il racconto meglio conosciuto, più commovente ; il racconto in
cui ci pare di ridiventare dei bambini per incantarci della sua misteriosa poesia. Il racconto illuminato dalle luci degli alberi scintillanti, tutto
risuonante dei primi cantici rimasti
nella nostra memoria che tante altre
cose, poi, hanno ingombrato e forse
contaminato. E tutto ciò divenuto così familiare, così dolcemente caro che
Natale non è più l’insondabile, la prodigiosa rivelazione che muta tutto,
consola ogni pena, trionfa di ogni disfatta, spalanca le porte della vita.
Che Dio esaudisca la nostra preghie
ra e che Natale riacquisti oggi tutta
la sua grandezza, e che come i paston
di Betlehem sappiamo anche noi, in
questo culto, che il Cielo stesso ci ha
detto la buona notizia di Dio. Perciò
ascolteremo Gesù stesso, il bimbo di
Natale, raccontarci Natale in una frase, anch’essa così familiare.
Dio ha tanto amato il mondo.
Chi può amare il mondo? Quale
cuore è capace di questa follia? Il
mondo... Quante cose indica questo
nome, quale immensità: i secoli che
non si possono contare, le civiltà che
si susseguono, le folle umane, innumerevoli, tutte sprofondate nella morte...
Ma il monde è altro che questa inconcepibile immensità. Vicinissima,
la sua realtà ci presenta un altro mistero. Il mondo... cioè quello che gli
uomini fanno della vita, con la loro
i^oranza, le loro avidità, le loro cupidigie — queste relazioni fra loro in
cui finiscono sempre per farsi soffrire —, la loro indifferenza, le loro piccole e le loro grandi, immense crudeltà — e in fin dei conti sempre l’amara solitudine in cui vivono, per
quanto si amino, gli uni accanto agli
altri, quando non è gli imi contro gli
altri.
Oh, certo, il mondo è anche la bellezza delle cose, talvolta degli esseri
— questa vita mai spossata che ritrova sempre l’ardore della sua giovinezza: araore di ricercare, di creare, di
sapere, di vincere gli ostacoli e Tostilìtà delle circostanze o la cattiveria
degli uomini. E’ il bisogno insaziabile
ai verità e di giustizia.
Sì, è anche questo, che ci offre molte occasioni d’entusiasmarci. Ma è
soltanto anche questo. E questo non
camma affatto l’altro aspetto del mondo prima evocato. E allora la domanda resta vera: chi può amare il mon
uo a due facce, il mondo com’è, con
tutti quelli che Tahitano, il mondo in
cui regnano pure accanto alle bellezze le più orribili brutture, accanto agli
sferzi per il bene, il male invincibile,
accanto alla vita la morte?
Ma in fondo, il mondo siamo noi
stessi. E allora la domanda suona cosi: chi può amarci, noi? Noi con tutte le nostre ore, con tutto il nostro
passato, tutti i nostri segreti! Chi lo
può? Perchè noi, pur così abili ad
amarci, a sedurci noi stessi per continuare ad amarci, non ci riusciamo, e
non c’è creatura che non conosca, non
fosse che per un’ora, la tristezza, la
vergogna, la disperazione di essere sè
stesso.
la di se_:ipre — ma soprattutto una
sola ora onesta passata in tutta veriea iim sl^sbi, coll tutta la nostra
Vita di ieri, senza soprrìmere nulla,
con tutti 1 sentimenti del nostro cuore, con tutti i nostri pensieri... potremo ancora dire che il mondo, cne
i-ui amiamo Dio al di sopra ai tutto.-'
Ora, Natale ci dice che sapendo tutto questo, sopportando tutto questo,
questo Dio respinto, rifiutato, evitato, staggito, questo Dio ama il monao, questo Dio non ha per il mondo
cjLio cne amore.
uni potrebbe crederlo? La domanda
pare folle, altrettanto folle quanto
quella posta prima : « Chi può veramente amare il mondo? ».
Natale è la risposta a queste due
foni domanae! E la risposta è tutta
in questa frase: Colui che ama ii
mondo Ha dato il suo Figlio unico.
une queste parole cessino ai essere
parole, queste idee pensieri umani!
une tutto diventi, ¡vero in noi, come
un avvemmento, un fatto; un avveluiiiento ineravigiioso, un fatto che
iovescia tutto in fonao a noi stessi,
la granue sorpresa di un miracolo.
Il biiiioo e nato. E' la, a tíetiehem.
E nei moiKio ; ne fa parte ; è in mezzo
a noi. tenesti diciannove secoli non
possono veramente separarci da un
nostro simile. iNon possono che allontanano da noi. Ma polene è un uomo,
uno di noi, ci appartiene.
E questo. Natale. Questo bimbo ci
appartiene, perche ci è dato. E’ legato
a noi, come noi a lui; ha preso posto
nena nostra avventura umana. Non
ei può piu essere umanità senza quella vita cne comincia laggiù.
E cni e.' 11 figlio unico. Colui che
ama n mondo con la sua doppia, molteplice faccia — Colui che ci ama con
tutto quel cne siamo, TAmore che sa
tutto e cne ama ugualmente, è pie
sente nena nostra vita. O miracolo!
tj Anicic Ila preso posto nei mondo.
IV on un amore passeggero, reticente,
un amore con dei limiti, dei passi indietro delle stanchezze, un amore che
ama a condizioni, o che sceglie per
amarli coloro che sono disposti au
amano... No, un amore assoluto: Dio
c.ùe è Amore.
Il Figlio unico di Dio o, come dice
Giovanni, la Parolg, di Dio : cioè Die
s.,essc Cile ci parla, Dio che si avvicina a noi per dirci il suo segreto, Dio
che rompe fra Lui e noi ogni silenzio.
Non c’è più silenzio di Dio. La Parola
Ila abitato fra noi piena di grazia e
di verità.
Uolui cne nasce a Natale è un dono,
è un essere che non è al nostro fianco con riserva, dividendo una parte
del suo cuore, di sè stesso; è una vita
uiiBita, tesa e che abita in mezzo a
noi soltanto per noi, perché la prenuiaiiio, perene tutti vi si avvicinino,
se ne impadroniscano, per appartenere loro.
Ed e qui che Natale non è più una
storia cne ci viene raccontata, la piu
cena storia, la sola bella ai inonuo.
E qui cne Natale diviene atto nostro,
iiostia decisione, il nostro Natale. E
111 questo momento che questo culto
di Natale può diventare la nostra ve
ma: ora se senza illusioni, senza menzogna, senza incertezza, ma in realtà,
uio ci ha davvero dato il suo Figliolo,
v^uesto istante del dono che si prende, del bimbo di Betlenem divenute
nostro, e contenuto in queste parole
che lui stesso ha pronunciate: affinciie cniunque crede in mi non perisca, ma abbia vita eterna.
Queste parole ci raggiungono, ci
chiamano, aspettano la nostra risposta. Ci pongono davanti alla nostra
vita, a noi stessi. E ci dicono: tutto
dipende, per voi, da ciò che farete dai
dono di Dio, di questo amore così inccmprensibtie ma così presente, di
questo Figliolo di Dio venuto fino a
voi. Tutto ne dipende: la morte o la
vita, la morte eterna o la vita eterna.
E ciò che state per fare, questo atto
inaudito da cui tutto dipende, consiste semplicemente — con la sempli
cita straordinaria degli atti decisivi
— nei riconoscere che questo bimbo
di Natale, questa vita che comincia a
Betlehem, è veramente Colui che dice
d’essere, è veramente TAmore che vi
ha raggiunti, è veramente Colui che
scegliete per credere in lui; Colui a
CUI aprite la vostra vita chiusa, soli,
taria, cattiva, spaventata, perchè vi
a’oiti con la sua grazia, tutta la sua
grazia e con la sua verità, tutta la
sua verità.
Qui il miracolo di Natale è il segre
to del nostro silenzio e della nostra
preghiera, un segreto fra Dio e noi...
Dio ci ha tanto amati che noi lo crediamo e che nel suo Figliolo cerchiamo e troviamo la nostra vita.
Amen. (1).
INNO 49: «Notte benigna, notte tranquilla...».
Ebbene, Natale è anzitutto questo
prodigio che qualcuno ama il mondo,
nella sua totale verità, con tutti i suoi
volti, con tutti coloro che vi vivono
e vi muoiono, con il meglio e il peggio che è in loro, con noi. Ama il mondo qualcuno che lo conosce nei suoi
più riposti segreti, che non può farsi
su di lui alcuna illusione.
Ma c’è qualcosa di ancora più inconcepibile di questo amore che non
cessa di amare malgrado la conoscenza rigorosa e completa che ha di noi.
Questo Amore, è l’amore di qualcuno
che il mondo non ama, che il mondo sfugge, evita, rifiuta, respinge e
beslemmia.
Non diciamo che questo è esagerato, scure, pessimista! Un solo sguardo onesto sulla storia del mondo —
la più antica c quella di oggi e quel
PREGHIAMO: Dio d’amore. Padre del nostro Signore Gesù Cristo, che hai avuto pietà di quelli che camminavano nelle tenebre, nella
sofferenza e nella morte, accogli le preghiere che oggi ti presentiamo
per la pace del mondo intero e per la salvezza di tutti gli uomini.
Ricordati, Signore, della tua Chiesa sparsa su tutta la terra: benedici il tuo popolo cristiane, in ogni paese, e dagli la tua pace celeste.
Tu che sei uh Dio di pace, degnati di fare pure regnare la pace fra
le nazioni. Dirigi verso il tuo Figliolo gli sguardi di tutti i popoli e p>enetra del suo Spirito gli uomini che li governano.
Sii l’ospite delle nostre case. Santifica con la tua presenza le feste
che vi celebriamo. Unisci i genitori e i figlioli. Fortifica la nostra lede.
Veglia sui nostri cari che vivono lontano da noi. Che in questo
giorno si ricordino di te e possano così avere comunione con noi nel
rendimento di grazie che ti dobbiamo.
Aumenta e rafi'orza la fiducia dei malati e degli infermi, dei poveri e dei vecchi. Solleva quelli che sono affranti, rendi la speranza ai
disperati. Consola quelli che attraversano il lutto e la cui tristezza, in
questo giorno di lesta si fa più pesante e più dolorosa.
Non abbandonare quelli che si sono allontanati da te, e ricordati
di quelli che gemono in carcere.
Veglia su noi tutti. Signore, ed esaudisci ie nostre richieste per
amore di Gesù Cristo, nostro Salvatore.
Padre nostro..
INNO 18 : « Gloria al Padre, al Figlio ed allo Spirito Santo... ».
La grazia del nostro Signore Gesù Cristo, l’amore di Dio, la comunione e la consolazione dello Spirito Santo siano con tutti noi, con
tutto il popolo di Dio. Amen.
lei, notre bon
vieux français!
2tm Art tÊéooratifm
Il y a trente ans environ, un problème d’art décoratif sembla se faire
jour au cours de certaines discussions
synodales (et si je ne me trompe, sur
notre presse religieuse aussi). 11 s’agissait de quelques décorations — par
ailleurs très modestes — qui avaient
été faites dans trois ou quatre temples
des Vallées, et pour lesquelles le décorateur avait employé des passages
bibliques. Ces passages couraient le
long des murs, à la hauteur des boiseries ou du plafond. Il devaient naturellement être soumis aux règles des
encoignures et des saillies, ce qui produisait souvent de drôles d’effets: un
Jésus coupé en deux, une grâce qui
s’efface derrière une porte, un commandement sinaïtique qui s’estompe
dans l’embrasure d’une fenêtre, et
ainsi de suite.
Plusieurs furent d’accord que la Parole de Dieu n’est pas un motif décoratif — et ces nouveautés pâlirent, et
finirent par disparaître.
Mais voici qu’un nouveau dangei
pointe dans notre architecture sacrée
d’après guerre. Laissant désormais de
côté la Parole, on s’attache à la croix;
et sous prétexte de l’introduire dans
nos sanctuaires, on en fait de splendides vitraux, des fenêtres crénelées.
Vous imaginez cela.
Eh bien, Tabus est resté le même.
La croix n’est pas un « genre », ni un
sujet pour décoration, ni même — n’en
déplaise à nos soeurs qui se parent de
la croix huguenote, comme d’autres
se mettent au cou un pendentif quelconque (la mode exige ces licous) —
un bijou dont il y ait quelque raison
d’être fiers. La croix est un gibet, dont
le mieux que Ton puisse dire est que
ce n’est pas nous qui le portons, mais
c’est lui qui nous porte. Tout TEvangile dénonce cette espèce d’abus, qui
consiste à croire que la Parole, la Grâce, la Croix sont là pour nous décorer,
pour nous embellir, pour nous flatter,
alors qu’elles sont là précisément pour
la raison opposée: pour nous dénoncer, pour nous humilier, et pour nous
convaincre de péché.
(1) La meditazione è tratta dalla raccolta di predicazioni di Pierre
Maury,- Quand Jésus est là; Paris 1956.
22m Le mythe musicatm
Il y a de quoi désespérer. L’homme est un parfait mythomane.
Je m’explique. Vous avez tous lu
(si vous ne l’avez pas lu, hâtez-vous
de le lire!) le chapitre 44 du prophète
Esdie. C’est une satire, digne de Juvénal et de Perse, sur les fabricants
d’idoles. Ces dieux sourds et muets
sont de simples pièces de bois, inutilisables, que le menuisier a jadis jetées
dans un coin de sa chaumière, faute
de pouvoir les raboter, et qu’un jour il
reprendra, pour en tirer de mo>nstrueuses images de la divinité. C’est le
mythe qui se réalise.
Mais, en nos temps modernes, d’autres mythes, non moins étranges, non
moins dénués de raison, se font jour
chez nous. Tenez-en un ici. Le recueil
de cantiques italiens dénommé ” Innario cristiano ” a une origine bien connue. Ce fut l’unique fruit d’une tendance qui s’affirma en 1922, lors du
premier Congrès protestant italien: la
tendance fusionniste. Le recueil, préparé tambour battant, est une documentation d’enthousiasme et de ndiveté. On peut l’admirer; on ne doit
pas l’idolâtrer.
Mais voici que quelques décennies
ont passé. Le recueil est entré dans la
tradition, il a un bel âge; il a fait du
bien, beaucoup de bien (personne n’a
l’intention d’en douter: aussi l’éclairage à gaz a fait beaucoup de bien);
après tout, c’est un point d’arrivée
(tandis que c’était un point de départ).
Pourquoi le toucher? pourquoi le saborder? Gare à qui osera y faire quoi
que ce soit, en modifier fût-ce même
la dernière de ses coquilles!
Le mythe est né. L’oeuf s’est crevé
et il en est sorti le petit dieu. Et ces
pauvres hères qui rêvent des psaumes
goudiméliens rendus en harmonisations
irréprochables, ou des cantates de
Jean-Sébastien ”à la seule gloire de
Dieu” (comme celui-ci dédiait d’habitude ses compositions), ces pauvres
diables sans cônsidération, mon cher
lecteur, sont des hérétiques dignes de...
compassion. Petit Valdo
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L'ECO DEUE VALLI VALDESI
— 3
RICORDI DI VIAGGIO
Proteslanli provenzali ad Arles
Recentemente s’è tenuto il Sinodo
regionale della Provenza nella storica cittadiira di Arles. Nel corso del
v iaggio ho incontrato molti emigranti e persone di paesi diversissimi:
non dimenticherò il dialogo vivace
con elementi del Sud, tessuto di citazioni bibliche, di confronti con la dottrina cattolica e protestante, di riferimenti all’ora presente e sopratutto
la coraggiosa difesa d’una ragazzina
dodicenne che spontaneamente era
intervenuta nel dibattito per sostenere la tesi cattolica; pur rammaricandomi della scarsissima conoscenza
biblica della nostra interlocutrice,
pure ne ho ammirato il coraggio ed
no pensato ai catecumeni che sforniamo ogni anno e che dopo il « curriculum » della scuola domenicale e
del catechismo sono incapaci di « rispondere a loro difesa della speranza che è (dovrebbe essere) in loro».
Non dimenticherò quell’emigrante
che aveva lavorato nei pressi dei Pirenei e che tornava contento nel suo
nativo Veneto con molte immagini,
una boccetta d’acqua di Lourdes e un
orologio, sormontato pure da un ricordo sacro pagato, sempre a Lourdes 77.000 L. Pur rammaricandosi dell’alto costo si rallegrava di far felici
le sue figliole e la sua consorte: di
fronte alla spiegazione del Vangelo
era rimasto muto, come interdetto
preoccupato unicamente del suo lavoro, delle immagini a cui non credeva ma che avrebbero rallegrato
quei di casa sua.
In terra francese i primi incontri
sono stati con i fratelli Pentecostali
che raccontavano cose straordinarie
delle grandi adunanze, sopratutto
presso gli Zingari e della potenza della guarigione operata da uomini di
fede, mediante l’imposizione delle
mani e le preghiere ardenti della comunità. Come il lettore saprà l’opera di testimonianza presso il popolo
tzigano è rallegrante ed è commovente veder trasformati i carrozzoni in
locali di culto dove si canta, si prega
mentre prima erano teatro di drammi poco piacevoli.
Ricordi storici
di Provenza
Le zone limitrofe di Arles con le
famose città di Nîmes, Oranges, Avignone, il villaggio di Baux sono note
per le vicende politiche, religiose che
le hanno caratterizzate: Nîmes, oltre
i ricordi romani ancor visibili nelle
arene .nella casa quadrata, nel tempio di Diana, è sopratuttto celebre
per le lotte religiose del secolo XVI
e XVII e rimpegno dei Protestanti
nella lotta difensiva dei Camisardi,
dopo la revoca deH’editto di Nantes;
Oranges, pure legata alla storia di
Roma, di cui fa fede l’arco di
trionfo, il « ginnasio » ed altri resti
ancora, è nota per aver dato il nome
alla famiglia di Orange Nassau che
per lungo tempo ne conservò il possesso. Avignone collegata con la storia papale e Baux con la storia della
Riforma per cui durante le persecuzioni fu quasi interamente distrutta
e gli abitanti uccisi per la fedeltà alTevangelo. Ricordiamo ancora l’abbazia di Senanque, non lontano da
Carpentras, famosa come monastero
cistercense e situato in una terra ricca di pace, silenzio e solitudine; non
dimentichiamo ancora Pontvieille cara ad Alfonso Daudet per il suo mu
lino che gli ispirò le note: « lettres de
mon moulin».
La cittadina di Arles era una delle
città più note della Gallia poiché vi
coniluivano le tre strade più importanti: l’Aurelia, la Narbonense e la
Domizia; i monumenti ne attestano
la notorietà: il teatro, l’aniìteatro, (le arene) il foro ed altri ricordi
ancora la rendono particolarmente
attraente; non dimentichiamo i vari
musei di arte antica, cristiana, e sopratutto il museo Arlatin, creato dal
grande Mistral che ha rimesso in luce i valori antichi, il folklore caratteristico della Provenza. Secondo la leggenda, il fondatore della comunità
cristiana fu Trofìmo il collaboratore
di Paolo, in ricordo del quale sorge
una stupenda cattedrale del secolo
XI, con molte scene bibliche, scolpite ora sulla facciata e neH’interno.
Ad Arles c’è una simpatica comunità
protestante diretta dal Pastore Boniteau, con un tempio intonato al particolare clima storico e che potrebbe
essere di ottima ispirazione ai futuri
co.struttori di nostri templi. Quivi s’è
tenuto il Sinodo regionale della Provenza.
Il Sinodo
Il Presidente del Consiglio regionale Donadille ha Iniziato i lavori sinodali con la lettura della relazione della Regione: egli ha messo in particolare risalto la situazione finanziaria
che desta qualche preoccupazione sopratutt'^ per fronteggiare restauri e
costruzioni di nuovi locali. Successivamente presentate dal Pastore Lerelazioni modifiche alla disciplina
deila Chiesa, modifiche alla liturgia
e Marxismo e Cristianesimo rispettivamente presntate dal Pastore Lecomte di Marsiglia, prof. J, D. Benoit,
Lapierre J. Degno di nota l’elemento
della gioia, sottolineato nella nuova
liturgia, nella cerimonia del battesimo dei pargoli; molto discussa la
proposta di richiedere ai genitori,
sempre in tema di battesimo, soltan
tu la priunessa di affidarli alla chiesa per i educazione religiosa ometre.ido le apre promesse, stante K parcicolare crisi che la famiglia attraversa per cui certe promesse non saranno mantenute. Per quanto concerne
la confermazione il relatore, sempre
in tema di promesse, prospetta le due
tendenze : l’una d’influenza pietista
che fa appello all’impegno personale alla decisione dell’uomo di essere
fedele fino alla morte e l’altra che
riflette la influenza teologica moderna che si richiama alla Grazia sovrana di Dio, all’azione misteriosa di
Dio trascurando l’elemento umano,
della collaborazione della creatura.
Indubbiamente le due tendenze presentano un duplice rischio : la prima
di sfociare nell’orgoglio e la seconda
nella pigrizia spirituale.
Non ho potuto seguire la discussione intorno all’argomento « Marxismo
e Cristianesimo» per cui mi limito a
trascrivere le parole finali della rela
zione che ritengo utili per il lettore:
« sarebbe auspicabile che la chiesa
cristiana s’impegnasse concretamente senza attendere il richiamo, la denuncia dei Comunisti che mettono a
nudo la pigrizia della Chiesa; è molto
meglio che la chiesa assuma le sue
responsabilità, offrendo alla Gioventù possibilità di azione che li entusiasmi: diversamente è valido anche
per loro il rimprovero che Peguy rivolgeva ai moralisti kantiani: hanno
le mani pure ma non hanno mani...».
Il Sinodo ha nominato il Consiglio
Regionale con la conferma del Pastore Donadille a Presidente, ha poi
ascoltato il messaggio del delegato
valdese pregandolo di trasmettere i
saluti augurali alla nostra Chiesa. La
accoglienza ed il clima di fraternità
che ha regnato al Sinodo di Arles sono motivo di riconoscenza verso i fratelli di Francia e sopratutto alla
chiesa ospitale di Arles. Parleremo
prossimamente della relazione dell’evangelizzazione concernente sopratutto i carcerati di Corsica, testimoni
dell’Evangelo e infine della visita ai
Valdesi di Marsiglia.
Gustavo Bouchard
F’ tpinnn rii ^^fpQ fini
L iciiipu III ICO lini f
E’ inutile, non posso liberarmi da quella
maeabra visione; più cerco di allontanarla,
più essa ritorna insistente eome un'ossessione. Vedo, eoiiie se mi fosse davanti, il
condannato quando, liberato dalla sua lurida prigione, viene condotto dai suoi carnefici in festosa processione al luogo del
supplizio. Il poveretto, per fortuna, sembra non avere alcun sospetto del suo destino imminente; anzi, uscito nell’aria luminosa e frizzante di quella bella giornata
di dicembre, ha quasi l’impressione che lo
si voglia condurre a una piccola passeggiata igienica sulla neve scricchiolante. Quando evvo quattro o cinque energumeni gli
sono addosso, lo immobilizzano sul banco
e uno degli esecutori gli affonda nella gola
un enorme coltellaccio. Il povero disgraziato cui si presenta ad un tratto per la
prima volta nera e spaventosa rimmagine
della morte cerca di divincolarsi dalle mani che lo tengono. Urla strazianti di angoscia e di dolore lacerano la fresca aria mattutina. ma quelle urla gli vengono inchiodate nella strozza da un bavaglio. E, frattanto, mentre il poveretto si dibatte invano,
la fredda lama di acciaio fruga e rifruga
nelle sue carni palpitanti.
1 lettori hanno già capito che il condannato a cui si accenna non è un condannato
politico nè un condannato religioso, ma è
quel disprezzato e pur rispettabile e pre
PER I NDSTRI GIDVANI
Qualificazione protesionale alle Valli
Servizio a cura della ‘‘Pro Valli
Ecco un argomento che interessa
da vicino un gran numero di giovani
delle Valli e che meriterebbe un’am
pia trattazione.
Qui desideriamo solo stabilire al
cuni punti fondamentali, affinchè le
famiglie ed i giovani interessati abbiano in proposito delle idee chiare
e possano orientarsi in conseguenza.
E’ noto che l’economia delle Valli,
dopo essere stata nel secolo scorso
angustiata dall’eccesso di popolazione per incremento demografico in
rapporto ai mezzi di sussistenza, è
travagliata da alcuni decenni da un
duplice problema : effettuare una
trasformazione della propria agricoltura ed inserirsi nella produzione industriale.
Prescindendo dal lato agricolo della questione, intendiamo rivolgerci
a tutti quei giovani che, ritenendo,
ed in molti casi a ragione, di non
poter contare sulla terra per ricavarne mezzi sufficienti per la loro esistenza, hanno in mente di trovare
un’occupazione neU’industria o nell’artigianato.
Per raggiungere tale obbiettivo, i
nostri giovani devono porsi in mente che è essenziale possedere una
specializzazione od una qualificazione.
Questo non significa che si debba
abbandonare quella economia m'sta
agricolo — industriale nella quale
buona parte delle famiglie delle Vaili ha trovalo un equilibrio e che ha
permesse di conservare le proprietà
alle quali le nostre popolazioni sono
ancora giustamente attaccate. Significa anzi poterla continuare, perchè
in avvenire solo i giovani professio
nalmente qualificati avranno buone
probabilità di occuparsi nell’ industria e completare col loro apporto
il bilancio delle famiglie ancora attaccate alla terra.
Due vie si aprono dinanzi ai giovani che intendono diventare lavo1 uteri qualificati.
La prima è quella costituita dalla
Scuola di Avviamento a tipo industriale e dalla successiva Scuola di
Qualificazione.
LaScuola di Avviamento a tipo industriale, alla quale si accede colla
Licenza elementare, è triennale e
rappresenta un tipo di scuola capace di dare agli allievi un’istruzione
di base che costituisce una valida
premessa per i corsi di qualificazione. Infatti in detta scuola, oltre a
materie formative e culturali quali
l’italiano, la matematica ed una lingua straniera, si insegnano i primi
elementi del disegno tecnico e si
svolgono esercitazioni pratiche di lavoro.
Esistono Scuole di Avviamento a
tipo industriale a Torre Pellice, Pinerolo e Villar Perosa. Le ammissioni alla scuola di quest’ultima località sono limitate ai giovanetti della
media Val Perosa (normalmente a
quelli dei comuni di : Rinasca, Inverso rinasca, Villar Perosa, Pramollo
fc S. Germano).
Le Scuole di Qualificazione, che
sono successive all’Avviamento, sono
di diversi tipi ed hanno un carattere
spiccatamente tecnico e pratico: al
termine di questo corso di studi, i
giovani sono in grado di compiere
i lavori dell’operaio qualificato ed
hanno una base sufficiente per eventualmente aspirare col tempo a posti di maggiore responsabilità.
A Villar Perosa esiste il Corso di
Qualificazione triennale per Meccanici, al quale si accede con un esame
di ammissione, dopo terminato l’Avv'iemento: è la migliore scuola del
genere esistente nel Pinerolese. Sono
ammessi all’esame suddetto anche i
provenienti dalle altre Scuole di Av
viamento.
La seconda via per diventare lavoratori qualificati è quella dell’apprendistato.
I giovani che scelgono questa via
devono essere in possesso della Licenza elementare o, preferibilmente,
di quella della Scuola di Avviamento
(tanto più che non possono essere
assunti come apprendisti i giovani
di età inferiore agli 'anni 14).
L’apprendistato è regolato dalla
legge 19 gennaio 1955, n. 25, della quale riportiamo gli articoli di maggiore
interesse :
«Art. 2 — L’apprendistato è uno
speciale rapporto di lavoro, in forza
del quale l’imprenditore è obbligato
ad impartire o far impartire, nella
sua impresa, all’apprendista assunto
alle sue dipendenze, l’insegnamento
necessario perchè possa conseguire la
capacità tecnica per diventare lavoratore qualificato, utilizzandone l’opera neH’impresa medesima».
« Art, 6 — Possono essere assunti
cerne apprendisti i giovani di età non
inferiore ai 14 anni e non superiore
ai 20».
« Art 7 — L’apprendistato non può
avere una durata superiore a quella
che sarà stabilita per categorie prò
fessionaii dai contratti collettivi di
lavoro. Comunque la durata dell’apprendistato non potrà superare i 5
anni ».
La formazione professionale dell’apprendista si attua mediante l’addestramento pratico e l’insegnamento complementare. Quest’ultimo ha
lo scopo di conferire all’apprendista
le nozioni teoriche indispensabili all’acquisizione della piena capacità
professionale e viene effettuato presso scuole idonee e in ore retribuite
computate nell’orario di lavoro. Sono esclusi dall’insegnamento compie
mentare coloro che sono in possesso
della Licenza di Avviamento o di altro titolo di studio adeguato.
Riportiamo ancora gli articoli 18 e
19 della citata legge:
« Art 18 — Al termine dell’addeslramento pratico e dell’insegnamento complementare, gli apprendisti sostengono le prove di idoneità all’esercizio del mestiere che ha formato
oggetto dell’ apprendistato. In ogni
caso, gli apprendisti che hanno compiuto i 18 anni di età e i 2 anni di
addestramento pratico hanno diritto
di essere ammessi a sostenere le prove di idoneità. La qualifica ottenuta
al tennine del periodo di apprendistato dovrà essere scritta sul libretto
individuale di lavoro».
« Art 19 — Qualora al termine del
periodo di apprendistato non sia data disdetta a norma dell’art. 218 del
Codice civile, l’apprendista è mantenuto in servizio con la qualifica conseguita e il periodo di apprendistato
è considerato utile ai fini dell’anzianità di servizio del lavoratore ».
Diciamo ora due parole sulle modalità da seguire per essere avviati
al lavoro presso le aziende.
Per prima cosa occorre provvedersi
del Libretto di lavoro e d’uno Stato
di famigliai, che vengono rilasciati
dal Comune.
In secondo luogo occorre iscriversi
presso l’Ufficio di Collocamento del
Comune di residenza, presentando i
documenti suddetti.
L’iscrizione è necessaria sia per i
disoccupati che per i giovani in attesa di prima occupazione, siano essi
qualificati o no, ed anche per coloro
che desiderano occuparsi come apprendisti.
L’iscrizione deve essere effettuata
con sollecitudine, perchè fra gli eie
menti che concorrono a dare la preferenza nell’avviamento al lavoro
conta l’anzianità d’iscrizione.
Richiamiamo l’attenzione sul fatto
che esiste un’importantissima differenza sullavviamento al lavoro de;
personale qualificato rispetto a quello che non lo è. Infatti •• lavoratori
qualificati vengono avviati alle aziende su richiesta nominativa delle medesime, mentre i rimanenti lavoratori sono avviati in base a richieste
numeriche.
Pertanto i qualificati hanno il prezioso vantaggio di poter presentare
domanda d’impiego direttamente al
datore di lavoro. Per gli altri invece,
anche se desiderano occuparsi presso
piccole aziende, una domanda del ge
nere è, salvo casi particolari relativi
a piccole percentuali, perfettamente
inutile.
Per gli apprendisti esiste una rile
vante eccezione al riguardo, per la
quale è ammessa la richiesta nominativa dei medesimi per le aziende
con numero di dipendenti non .superiore a 10 e, nella misura del 25"/o
degli apprendisti da assumersi, per
quelle con oltre 10 dipendenti.
zioso animale che provvede le nostre mense di carne succosa e saporita e che precisamente in questi giorni di dicembre viene
macellato nelle nostre campagne dando
l’occasione per quella festa familiare che i
nostri bravi contadini chiamano « il festino ».
Ora il sistema di macellazione dei suini
ancora in uso, se non vado errato, presso
certi nostri contadini è — perchè non dire
la giusta parola? — una indegna barbarie.
La legge, più umana che i singoli individui, ha, lo si sa, introdotto per la macellazione un sistema molto sbrigativo ebe spaccia le povere bestie si può dire senza sofferenze. Si fissa sul capo della vittima un
semplicissimo congegno col funzionamento
del quale 1 animale fulminato passa senza
accorgersene dalla vita alla morte. Il dissanguamento può farsi in seguito con tutto
agio. E non solo la legge consiglia il nuovo
sistema ma lo rende obbligatorio per tutti
comminando pene a chi non lo usa. Sarebbe
bene perciò che le nostre autorità locali
sorvegliassero meglio l’esecuzione della legge e specialmente che l’opinione pubblica
facesse sentire la sua voce ed esigesse la
cessazione dello sconcio esistente.
Qualcuno mi dirà forse che l’Eco delle
Valli, giornale essenzialmente religioso, è
il meno adatto a trattare di macellazione
suina. Ma vorrei mettere l’accento sulle ripercussioni che il fatto può avere sulla nostra^ vita morale. Le sevizie verso gli animali sono anzitutto un crimine di lesa natura. Per la sua stessa alta responsabilità di
re della creazione l’uomo, che ha il privilegio di sfruttare a suo vantaggio tutto il
regno animale, ha il dovere di proteggerlo.
La sua missione è una missione di ordine
e di progresso; egli deve in questo mondo
dove regna tanto disordine e tanta sofferenza, portare più ordine e più gioia. Deve
sentirsi animato da simpatia soccorrevole
per tutti gli esseri animati di cui è in parte
solidale, e rispettare la vita anche nelle
sue più umili manifestazioni.
Le sevizie sono in secondo luogo un crimine di lesa umanità.
Ogni crudeltà commessa da noi sugli animali è un danno che facciamo a noi stessi,
è un veleno che ci uccide e ad un tempo
uno spettacolo pericolosissimo, specialmente per le nuove generazioni. Non siamo,
come a taluno potrebbe parere, talmente liberati dal nostro passato di bassa animalità
da poterci scherzare sopra impunemente.
Lungi dall’essere definitivamente sepolto
quel passato ribolle pericolosamente nelle
nostre vene, e la vista del sangue rimescola
in noi certi istinti atavici che sono assopiti
ma che possono risvegliarsi quando venga
meno sotto l’impulso della passione il controllo inibitore della ragione. Attenzione ai
bambini specialmente! Ricordatevi quel che
diceva 1 antico poeta : « Oet âge est sans pitié ». Non permettete mai che i vostri bambini assistano ad uno spettacolo di violenza e di crudeltà.
Voglio essere sincero e, per terminare,
esprimere un dubbio che mi passa per il
cervello. Quel dubbio è che qualche lettore
del nostro giornale possa pensare che il
sacro rispetto per la natura vivente di cui
si è parlato più sopra sia « soltanto » un
sentimento « umano », anzi, che in fondo
sia un sentimento « pagano » e che i veri
interessi religiosi del credente siano troppo
alti perchè questi si preoccupi degli animali. Ho torto? Non esiste in questo senso
un vero peritalo? Prima di rispondere vi
prego di leggere quanto un grande cristiano
ha lasciato scritto nell’ultima parte del versetto seguente: I Cor. IX, 9.
Samuele Tron
Sono stati accolti a Villa Olanda
altri diciannove profughi russi che,
passati anni fa in Cina per sfuggire
l’oppressione soviètica, ne sono poi
stati raggiunti anche là; espulsi, hanno raggiunto Hong Kong, dove un ufficio del Consiglio Ecumenico provvede allo smistamento dei profughi: i
nostri nuovi ospiti sono giunti in aereo alla Malpensa, e di là in pullman
a Villa Olanda, accompagnati da una
diaconessa valdese. Si attende rarrivo di un nuovo gruppo prima di Natale.
L’Italia è lo Stato europeo che
ha meno giorni di scuola; i giorni
d’insegnamento effettivo sono 177,
mentre in Germania sono 235, in
Austria e in Svizzera 240, in Francia 200, in Inghilterra più di 200.
I LETTORI CI SCRIVONO
In difesa dei giovani
delle Valli
Desidero anch’io spezzare una lancia a
favore dei giovani delle Unioni delle Valli Valdesi. Ho avuto occasione di conoscere da vicino un numeroso gruppo di
questi giovani, durante la preparazione
di una recita per la filodrammatica, e devo dire, a costo di offuscare la loro modestia, che sono stata edificata dallo zelo e
dalla serietà con i quali essi lavorano per
la loro chiesa; dal loro comportamento,
dallo spirito di sacrificio da cui sono animati, nella massima semplicità, come fosse
naturale ed ovvio di perdere ore ed ore
di sonno per rendersi utili in qualche modo alla loro comunità: essi vengono alle
prove delle recite, o della corale, e partecipano ad altre attività di chiesa la sera
fino a mezzanotte, e quasi tutti al mattino
partono con il treno delle ore quattro per
andare a lavorare a Torino. Si impegnano
a studiare coscienziosamente parti, in genere reputate noiose e difficili, con spirilo di servizio, mentre — sono spiacente di
doverlo constatare — in troppe nostre filodrammatiche fuori delle Valli i giovani
non si preoccupano più del messaggio cristiano da dare nnc/ie attraverso ad una
rappresentazione, ma badano esclusivamente al loro divertimento, al loro successo personale, ed ai loro gusti, a volte
assai discutibili.
In quanto agli atti che a taluni possono
.sembrare un po’ ingenui ed inutili, come
portare una Bibbia di pietra sulla montagna, bisogna guardare al cuore ed allo
spirito che li hanno dettati; perchè non
mancano nel Vangelo esempi di atti ritenuti ingenui ed inutili dalla saggezza umana del tempo di Gesù, e che invece non
parvero affatto tali al Maestro, anzi ricevettero la sua aperta approvazione. Il sistema di gettare doccie fredde sulle iniziative giovanili nell’ambito della testimonianza, non mi pare, comunque, un buon
sistema. La gioventù delle nostre Valli
non merita di essere giudicata superficialmente; vale la pena di avvicinarsi di più
ad essa e di conoscerla più a fondo per
apprezzarla al suo valore.
Edina Ribet Roslain.
4
Sari Lui che recherà la pace.
Sarà chiamato Principe della
pace.
Mich. 55 4; Is. 9: 5.
L'Eco delle Valli Valdesi
Abbiamo pace con Dio per
mezzo di Gesù Cristo. Beati coloro che si adoperano alla pace.
Rom. 5: 1 ; AAatt. 5: 9.
MfiROGlVA (Serre)
Lunedi 8 Dicembre ricorreva per i
Sig.ri Enrico Buffa e Clementina Gonin di Fra del Tomo, la data del loro 50» anno di matrimonio. Nozze d’oro, dunque, che per comodità e necessità familiari sono state però festeggiate la domenica 7. A mezzogiorno una grande tavolata riuniva
in piacevoli ricordi ed in letizia di
spirito tutte le figlie ed i figli viventi
dei festeggiati. Per quanto grande la
sala sembrava pìccola: sette figlie e
due figli accompagnati dai rispettivi
consorti e dai nipotini! La giornata
bellissima, rallegrata da im bel sole,
anche se il tempo era freddo assai,
permise a tutti gli mvitati di recarsi
agli « Adrech » senza inconvenienti e
senza ritardi. Il sentiero solitario fu
per qualche ora insolitamente anima
to dai gruppi dì adolescenti e di bambini che lo salivano allegramente.
Intorno alla tavola imbandita la
gioia calma e serena degli sposi si rinetteva sui volti dei parenti e degli
amici. Al termine del pranzo «Barba
Henri» felice di trovarsi in mezzo alia famiglia che da anni non ritrovava più così unita intorno a sè, pronunziò un discorso. Dire che fosse
commovente sarebbe dire una banalità e non esprimere i sentimenti esatti che si impadronirono di tutti gii
uditori. Diremmo che fu un discorso
edificante se questa parola purtroppo
non avesse perso molto del suo senso originale. Le parole di Barba Henri furono una chiara e sicura confessione di fede nel Signoie che egli e
la sua famiglia servono da anni I «Cinquant’anni di vita familiare — disse
— ora sembrano un niente, ma talvolta furono duri da vivere. Comunque se i momenti diffìcili non son mancati, il Signore non ha mai abbandonato la mia famigiia ed ora ci permette di essere qui per ringraziarlo e
cantare le sue lodi». La lettura del
Salmo 23 ed una preghiera si imposero quasi naturalmente a questo
punto. Ma Barba Henri, che alcune
settimane or sono aveva dovuto stare qualche giorno a letto per indispo
sizione, aveva in serbo ancora una
sorpresa per tutti. Sereno e gioviale,
senza alcuna esitazione o tremolio
nella voce, volle ancora che si cantasse intonando egli stesso gli inni.
Durante ìa sua gioventù era stato
uno dei migliori cantori della Chiesa
di Fra del Torno. Feccato che ora
non possa più frequentare i culti, dove solo più due o tre persone fanno
udire la loro voce I « Qu’il fait bon à
ton Service...» « Qui, je bénirai
Dieu...» ed altri canti ancora si susseguirono. L’attuale anziano del Fra
del Torno successo nella carica a Barba Henri chiese di cantare « Enton
nons l’hymne de victoire» imparato
da lui anni addietro. Vi era qualche
cesa di bello in questo trasmettersi
la car'ca e gli inni...
E pei vennero le canzoni cantate in
gioventù durante le feste, all’unione
giovar.ile: «Mère, ma mère, ie veu
drais me marier... » « J’avais ;uré
dans ma jermesse de ne jamaìs me
marier... ». Terminarono la lieta giornata alcuni inni in italiano...
Riprendendo la strada del ritorno,
mentre il sole calava, tutti avevano
la chiara sensazione di avere portato
via dagli Adrech, dalla casa di Bai>
ba Henri e Magna Clementina qualche cosa di prezioso, che certo non
si può valutare in moneta, ma che
appunto per questo è ancora più prezioso. No ! non era stato un dovere di
famiglia che aveva raggruppati insieme tanta gente, si sentiva che era la
bontà di Dio! Forse recandoci alla
casa pensavamo di portare qualche
cosa ai due festeggiati, non fosse altro che un augurio, una parola di affetto, im gesto di amore. Ma ci eravamo ingannati. Gli anni erano certo
passati per i due sposi, ma avevano
ed hanno ancora molto- da dare.
Ringraziamo lo studente Bruno Bellion per avere presieduto, per conto
della Società Fra del Tomo, il culto
al Serre la domenica 7 dicembre e
l’avvocato Ettore Serafino per la sua
graditissima visita del 14, con predicazione a Fra del Tomo e Serre.
B. C.
SAIVI SECONDO
Alcuni lutti hanno attristato la
parrocchia in questi primi mesi di attività. In Ottobre è deceduta alla Casa Turina Pasquet Leonia vedova
Pesce, in età di 72 anni. Il 4 Novembre è deceduta alle Monere Armellino
Lidia in Bouchard di anni 49. Il 19
Novembre alla Rivoira è mancata Paschetto Margherita vedova Paolo ■
Paschetto, in età di 88 anni. Un grave lutto ha pure colpito la famiglia
Paschetto delle Monere con la morte
di Maria Paschetto nata Granerò.
A quanti sono stati visitati dalla
prova esprimiamo la nostra simpatia fraterna. Ringraziamo i Pastori
l.uigi Marauda e Giovanni Bertinatti
per avere presieduto il funerale della compianta signora Margherita Paschetto.
Seno stati amministrati nel nuovo
tempio i primi due battesimi; quello di Ga.vdou Paola (Ciabot Rous) e
Balmas Giorgio Edmondo (Pinerolo).
L’assemblea di Chiesa è convocata
per domenica prossima alle ore 14,30
per la delimitazione dei quartieri e
reiezione del nuovo Concistoro.
Tutte le famiglie della parrocchia
ricevono l’Eco delle Valli durante
questo mese. Speriamo che tutti vorranno abbonarsi o rinnovare l’abbOi
namento. Gli anziani e il Pastore sono a disposizione per trasmettere la
quota di abbonamento.
Ringraziamo vivamente i Pastori
Luigi Marauda e Roberto Jahier per
avere presieduto dei culti in assenza
del Pastore.
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Note liete — Durante le settimane
trascorse dall’ultima cronaca, sono
stati presentati al Signore o battezzali, i seguenti piccoli fanciulli: Loris
Airoia, Laura Gay, e Giuseppe d’Ursi. A questi bambini e alle loro famiglie i nostri auguri nel Signore, che
li faccia crescere nelle Sue vie. E’ stato benedetto il matrimonio del dr.
Alberto Peyrot e della Dott. Maria
Grazia Maddalena, nel nostro Tempio, sabato 6 Dicembre. Anche a questi cari sposi vanno i nostri auguri
più affettuosi.
Dipartenze — L’Evangelo della consolazione è stato proclamato in occasione di alcune dipartenze che hanno provato diverse famiglie della nostra fratellanza cristiana. Il 6 Novembre ci ha lasciati Francesco Monney, che fu per molto tempo membro
del Concistoro, e da alcuni anni era
costretto a casa dalla infermità. Il 27
Novembre abbiamo accompagnato le
spoglie di Barone Delfino, marito di
Margnenta Benech di Angrogna, che
ha terminato una prova durata molti anni. Il 13 Dicembre ci siamo ancora ritrovati nel nostro Tempio per
le esequie ui Bertet Ottavio, mancato dopo oreve malattia. A tutte le famiglie provate da questi lutti, rinnoviamo l’annuncio della misericordia
e della consolazione del Padre celeste.
Assistenza — Le signore dell’Assistenza hanno organizzato con cura e
con amore il loro thè sociale deU’8
novembre. Esso ha dato buoni frutti
in vista del lavoro nel prossimo anno, e la loro riconoscenza va a Dio e
a tutta la fratellanza. Prima di Natale le sorelle del Comitato di Assistenza accompagneranno il pastore Corsani nei vari Ospedali Psichiatrici
per la celebrazione del Culto Natalizio', con l’albero e la distribuzione di
doni, ad una sessantina di ricoverati
evangelici, uomini e donne.
Studi Biblici — Le meditazioni bibliche del Giovedì sera hanno riunito un buon gruppo di uditori, assai
compatto e fedele. Nelle settimane
dell’Avvento sono stati tratteggiati i messaggi di quattro precursori di
Cristo: Osea, Isaia^ Geremia, Ezechiele, che annunziarono, prima di Cristo, la misericordia, la fede, il nuovo
patto, il rinnovamento del popolo di
Dio. Dopo Capodanno sarà meditata
l’EplstO'la ai Galati.
Istruzione religiosa — La Scuola
Domenicale conta un centinaio di
iscritti. I catecumeni ordinari (di età
scolastica) sono quest’anno in numero di 43. Abbiamo dovuto lottare con
le vacanze impreviste, con gli orari
provvisori, con i cambiamenti continui, con i turni scolastici — mattutini, pomeridiani, alternati, rotativi
ecc. ecc. — e con le scuole serali. Le
sistemazioni raggiunte, pur essendo
forse il meglio, non hanno potuto soddisfare pienamente, oltre che gli orari ,anche i desideri di tutte le famiglie. In compenso i catecumeni sono
pieni di interesse e danno buona speranza per l’awenire.
POMilRETTO
Ringraziamo vivamente il Prof. Er
nesto Tron che ha presieduto il culto
il 7 dicembre.
Programma natalizio : Albero di
Natale al Centro: domenica 21 ore 10
nel Tempio; le sera di Natale (ore 20)
ai Cerisieri; il 28 ore 10,30 culto con
S. Cena all’Inverso ; culto di fine d’an
no, il 31 ore 20 nel Tempio, poi serata
giovanile; culto di Capod’anno.
TORRE PELLICE
Calendario di fine d’anno: Mere. 24,
ore 21 : Coppieri, culto con S. Cena —
Giov. 25, ore 10: Centro, culto con S.
Cena — Ven. 26, ore 15 : Centro, festa
dell’Albero. — Dom. 28, ore 10,30: Culti in francese — Mere. 31, ore 21
Centro, culto con S. Cena. Serata all’Aula Magna. — Giov. 1, ore 10,30.
Centro, culto di Capod’anno.
PRECISAZIONE
Poiché alcuni lettori hanno visto — mi
pare senza ragione — nella mia nota relativa al discorso di F. Farri a Torre Pellìce
un’accusa di partigianeria, tengo a precisare che al contrario dicevo che esso era
stato imparziale e pieno di tatto. D’altra
parte, in tutta sincerità, non posso che confermare, anche se non è condivisa da tutti,
la mia impressione d’insoddisfazione per
questo discorso, che ero andato a sentire con viva aspettazione, data la stima
che ho per un uomo come Farri. E mantengo la mia domanda : è possibile che
non si possa affrontare un tema civico vivo, senza per questo cadere nella polemica
di parte? Soltanto, forse, la domanda non
va tanto rivolta a Ferruccio Farri, ma alla
nostra atmosfera politica avvelenata dal
sospetto e dai rancori. Gino Conte.
Avviso della Casa Valdese
di Vallecrosia
Ricordiamo agli interessati che questa Casa ha in atto la « Colonia permanente», nella quale sono accolti
per lunghi soggiorni hamhini convalescenti, deboli o comunque bisognosi di cure marine. Assistenza medica
continua, scuola interna.
Segnaliamo a quanti vorranno in
viare in uno dei turni di colonia dell’estate prossima i loro bambini che
la Prefettura di Imperia ha chiesto
a questa Direzione « di valere invitare i Comuni, gli Enti o privati che
intendono avviare minori alle colonie climatiche, di provvedere sin da
ora a disporre la vaccinazione anti
poliomelitica ».
G io vedi
ore 12,20
Giovedì scorso, gli abbonati dell’Eco residenti in Torre Pellice, lianno avuto la sorpresa di ricevere a casa il giornale nel pomeriggio, prima di tutti gli altri settimanali della zona, e prima che l’Eco stesso fosse messo in vendita nelle cartolerie. L’Amministrazione del giornale aveva consegnato alla posta il pacco delle copie per Torre
esattamente venti minuti dopo che la Tipografia gliele aveva consegnate. In venti
minuti, la stampigliatura degli indirizzi
(con la nuova macchina Addressograph), la
divisione per zone delle copie (alla maniera delle grandi città, s’il vous plaît!) e l’impacchettatura.
Speriamo di poter mantenere ogni settimana questo primato di « avviamento rapido ». Ma dobbiamo un vivo ringraziamenlo — e gli abbonati saranno lieti che parliamo anche a nome loro — a quanti hanno permesso questo piccolo tour de force:
in particolare, insieme al personale della
Claudiana, ai dirigenti dell’Ufficio postale
di Torre ed ai tre portalettere, signori Arnoiilel, Cardetti e Malan, che si sono fatti
volonterosamente parte diligente per il successo deU’operazione. Grazie!
L’Amministrazione
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