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Anno 122 - n. 41
24 ottobre 1986
L. 600
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Groppo 1 bls/70
In caso di mancato recapito rispedire
a: casella postale - lOObo Torre Pellice
delle valli valdesi
Punti
di vista
L’APPELLO PER SALVARE LA NATURA
Successo? Insuccesso? Il recente incontro di Reykjavik fra
Gorbaciov e Reagan merita comunque alcune riflessioni.
Innanzitutto, c’è da rimanere
veramente sconcertati sulle dicbiarazioni del segretario americano Shultz (oramai considerato il n. 2 negli USA) il quale,
a poche ore di distanza, ha dato
due versioni opposte dei vertice.
Infatti, dopo aver parlato di
« fallimento » ha poi invece sottolineato l’importanza dell’mconti-o ai fini della possibilità di
successivi accordi. Una spiegazione a questo forse c’è: siccome
i colloqui si sono conclusi colTassoluto rifiuto di Reagan di
accettare raccantonamento o
— meglio — il confinamento nei
laboratori della SDÌ, lo scudo
spaziale, il ministro degli esteri
americano ha voluto porre in
secondo piano il fatto che la
trattativa islandese si è arenata
a causa deH’intransigenza statunitense.
In secondo luogo, da noitare
un’ulteriore volta l’assenza dell’Europa, ormai relegata a ruolo di ’’suddita” di Est e Ovest.
Pur trattandosi della possibilità
eli accordi riguardanti anche il
quadro strategico del cosiddetto ’’teatro” europeo, i diretti interessati non hanno potuto far
sentire la loro voce.
Un’altra considerazione può
essere fatta sulla radicale differenza nelle situazioni interne alle spalle dei due supergrandi:
negli USA l’amministrazione parrebbe favorevole al compromesso, ma i ’’falchi” ed i militari lo
considerano pericoloso. Per contro. in URSS i riformisti, gli
occidentalisti e gli stessi militari lo consideraaiio importante,
contro il pensiero della ”veccTiia guardia” e della burocrazia.
Ma, tornando alla questione
della sdì, appare evidente che
Reagan è fortemente condizionato dal complesso militare-industriale che punta, da un lato,
alla realizzazione di quello che e
un ’’sogno” delle forze armate
e cioè l’arma assoluta, l’arma
senza risposta; e, dall’altro, alla possibilità dì enormi ulteriori
profitti derivanti dalle nuove
tecnologie.
A questo punto però non possiamo non guardare la _’’trave”
nei nostri occhi e cioè ricordare
che l’Italia ha aderito al programma spaziale americano, per
di più in un modo altamente
discutibile, saltando il voto parlamentare, con accordi diretti, colla motivazione che gh
Stati Uniti avevano posto il veto della segretezza. Ora, il Consiglio di gabinetto ha confermato la partecipazione italiana,
colla precisazione che questa adesione « resta legata alla sola
fase scientifica». Come conciliare questa affermazione col fatto che ben 80 ditte italiane sono
interessate al progetto, ed anzi
qualcuna ha già fatto dei contrattl? , , ^
Pare comunque che le tramtive prose^iranno. Ma, oltre
che contare i propri missUi, sapranno le superpotenze cogliere
anche la richiesta di pace, di giustlzia, di vita dignitosa ed umana che proviene dai quattro angoli della terra?
Roberto Peyrot
Fede ed ecologia:
attenzione al cortocircuito!
Equivoci ed interrogativi intorno al grande appuntamento ecologico di Assisi - ^pm®
stanti quale tipo di riflessione portiamo avanti sui grandi problemi dell ambiente.
Quotidiani e televisione hanno
dato notevole rilievo alle celebrazioni che il WWF (Fondo
mondiale per la salvaguardia
della natura) ha tenuto in settembre ad Assisi, sotto la presidenza di Filippo di Edimburgo;
oltre che sui 25 anni di attività
del WWF stesso, l’attenzione era
richiamata quest’anno dalla presenza ad Assisi delle 'grandi religioni' del mondo, i cui esponenti hanno stilato un « appello
per salvare la natura ».
E’ certamente importante oggi favorire il massimo di informazione e di presa di coscienza
sull’ecologia, o meglio sulla crisi
ambientale che, unita e intrecciata a quella energetica e a
quella economica, sta segnando
drammaticamente (soprattutto
per una parte dell’umanità) il
nostro tempo e il futuro dei nostri figli. I problemi sono di tale portata che non si può più
pensare di risolverli con la generosa mobilitazione dei movimenti ambientalisti o con la buona volontà dei singoli: numerosi scienziati e prove certe documentano che stiamo rapidamente arrivando ad un momento in
cui fermarsi sarà troppo tardi
e i danni provocati irr^arabili.
Per fare un solo esempio: se la
distruzione delle foreste doves
se continuare ai ritmi attuali
(ogni anno un’estensione di foreste grande come l’Austria viene ridotta a pascolo per produrre più hamburger o per altre
coltivazioni da esportare) e se
continueremo a bruciare carbone e petrolio nel modo dissennato di questi decenni, l'aumento nelFatmosfera di anidride carbonica produrrà modificazioni di
temperatura e clima sulla terra
con conseguenze tali da far impallidire quelle già tanto temute di Cernobyl.
Ma la capacità di fermarsi ora
sulla strada della distruzione
per imboccarne altre comporto
una vera rivoluzione mentale in
coloro che decidono lo sviluppo
(politici, economisti, governi), e
più in generale, per tutti, la crescita di una cultura diversa da
quella fin qui dominante, una
cultura attenta ai tempi biologici e certamente non fondata
sui valori di nroduzione e di consumo caratteristici, fino ad ora,
del grado di svilunno di un
paese.
Proprio in questa prospettiva
il WWF ha invitato ad Assisi gli
esponenti delle 5 grandi religioni del mondo (ebraismo, cristianesimo, islamismo, buddismo e
induismo) i quali hanno avuto
sul tema della natura momenti
di « celebrazione ecumenica » e
hanno lanciato un appello comune airumanità. « Poiché la protezione dell’ambiente può diventare un comportamento efficace
soltanto se si riesce a valorizzarne le radici etiche, l’aiuto delle religioni può diventare determinante », commenta la Stampa
del 27.9. Come cristiani protestanti ad Assisi eravamo rappresentati da un ministro generale
dell'Ordine francescano dei frati minori: in Italia sono cose
che capitano! Credo che ai di là
dei soliti equìvoci religiosi sia
importante domandarci, come
evangelici, che cosa pensiamo di
questi avvenimenti e di queste
argomentazioni.
Una prima considerazione che
farei è questa. Sul problema dell’ambiente (come già avvenuto
in altri casi, penso soprattutto
alla sessualità) c'è forse un cortocircuito troppo immediato
con la religione. Risultato: pur
nell'intento legittimo di coinvol
LUCA 11: 29
Il segno del pentimento
«Questa generazione è una generazione malvagia; ella chiede
un se^o; e segno alcuno non le sarà dato, salvo il segno di Giona ».
Tutti conoscevano e molti conoscono la storia del profeta
Giona: uno dei libri piu previ
della Bibbia, ma uno dei piu
audaci e significativi. La .sua
storia è stata ripetuta nelle chiese antiche, raffigurata nelle catacombe, nelle prime chiese cristiane, nelle pitture contemporanee.' Uomo antico e moderno,
antico per il coraggio dell’avvertimento: « Ancora quaranta giorni e Ninive sarà distrutta! »,
nuovo per l’originalità dei suoi
incontri con Dio.
Se tutti conoscono Giona e la
sua avventura, non è altrettanto facile conoscere la nostra generazione: ognuno di noi la vede in modo differente; chi come
una generazione alla fine di un
mondo sull’orlo della distruzione; chi con occhio scettico, con
rassegnazione saggia, canea di
accettazione. Chi la vede ridendo e chi la vede piangendo. Gesù dona alla sua generazione un
giudizio severo, grave: « Questa
generazione è una ^nerazione
malvagia ». Gesù indica all’umanità che il suo modo di vivere
è in contrasto con la sua vocazione. Siamo chiamati ad essere
uomini, ma viviamo in modo
inumano. Siamo chiamati a seguire una vocazione spirituale,
ma siamo imprigionati nei nostri ’no’ e nelle nostre incertezze.
«Malvagia» per molti vuol dire
« atea ». Ma la malvagità sta nello sfidare Dio, nello stare davanti a Dio e chiedergli la prova del
suo essere, del suo fare, del suo
pensiero e della sua via. « Se
tu mi darai il segno » che io desidero, la riprova di come voglio che tu sia davanti a me ed
alla mia gente, allora ti accetterò: un Dio che sia un idolo,
un mio idolo, da forgiare secondo il mio gusto e la mia volontà: un segno, un miracolo, che
sciolga il problema della fede e
dell’incredulità in modo automatico, radicale. In fondo, come la nostra generazione...
Ma segno alcuno non te sarà
dato, fuorché il segno di Giona!
Teologi e non-teologi si sono arrovellati a lungo per dame l’interpretazione; ma due interpretazioni sono prevalse fin dai tempi antichi della chiesa. Per l’una
il segno di Giona è la predicazione del pentimento: la voce
del profeta per le vie della Ninive renitente, che sia fatta di
folle immense o di estrema solitudine indMduale. E’ il segno
che toma continuamente a manifestarsi nel mondo e non può
essere eliminato per un’apparente tranquillità delle coscienze.
E’ la voce che viene soffocata
ma ricomincia; la voce che non
si spegno.
Secondo l’altra interpretazione, il segno di Giona è la realtà
della risurrezione. Giona, per la
sua ribellione, è gettato in mare e ne è tratto fuori; si ritira
dalla missione e vi è rimandato.
E’ perduto e ritrovato, per imparare finalmente la lezione: «Tu
hai pietà del ricino, per il quale
non hai faticato... ed Io non
avrei pietà di Ninive, la gran
città, nella quale si trovano più
di 120.000 persone che non sanno distinguere la loro destra dalla loro sinistra e tanta quantità
di bestiame? ».
Diventeremo la generazione
che accetta il segno della conversione in un pentimento sin. cero ed autentico? Diventeremo
la generazione che non ode invano il vento della risurrezione?
Allora, Giona non sarà passato
invano accanto alle nostre vie
ed ai nostri pensieri!
Carlo Gay
gere i cristiani e Fetica cristiana in una rifiessione importante, c’è il rischio di fare una gran
confusione sia sulla fede che sulrecumenismo.
In secondo . luogo; perché collegare difesa della natura con
religione? Perché c’è bisogno di
un fondamento morale, hanno
commentato i giornali. Ora è vero che, per esempio, noi cristiani, nel riconoscere Dio come Signore della storia, lo riconosciamo anche come Colui che dà la
vita e la terra agli uomini. Questa idea dei beni (risorse) che
ci sono stati dati e della vita
che non ci appartiene è indubbiamente una base etica forte.
Ma mi restano due grosse obiezioni. La prima: le possibilità
concrete di invertire l’attuale
crescita dissennata, di modificare uno sviluppo ingiusto che penalizza 2/5 dell’umanità prima
rapinandone le risorse e dopo
facendo ricadere su di loro
danni ambientali, queste possibilità hanno a che fare con i
rapporti politici ed economici
mondiali e in secondo luogo richiedono una grossa immissione di cultura e di conoscenze
scientifiche (biologia, termodinamica) negli apparati che devono
operare le scelte energetiche ed
economiche. Di conoscenze scientifiche più che di proclamazioni
morali assolute: anche nella discussione su Cernobyl e sul nucleare si è visto come nulla sia
più nocivo degli atteggiamenti
’religiosi’ o ’fanatici’, comunque
assoluti, e come invece sì debba
il più possibile fare appello alla
ragione, alle ragioni degli altri
per contemperare le proprie, come non serva affatto semplificare la realtà (operazione tipica
della religione) ma si debba invece assumere la realtà in tutta
la sua complessità (non solo, ad
esempio, il tipo di centrale elettrica meno dannosa, ma tutto il
modo di vivere, di consumare.
Marco Rostan
{continua a pag. 12)
SOMMARIO
□ Religione a scuola,
pag. 2
Q Ebrei e cristiani dopo
Auschwitz, pag. 3
□ Visser’t Hooft, pag. 4
□ All’ascolto della Parola, pag. 5
□ La scommessa protestante di Paul Ricoeur,
pagg. 6-7
□ Uomo e società,
pag. 12
2
2 religione a scuola
24 ottobre 1986
UN GRAVE ABUSO
Alla messa propiziatoria
con penna e quaderno
A Vicarello (Li) partecipazione forzata di tutti gii allievi alla messa
cattolica - La denuncia del Comitato per ia laicità della scuola
La messa cattolica è una nuova « attività alternativa » airinse^amento della religione cattolica nella scuola pubblica? Non
è una ’boutade’, è quanto è accaduto a Vicarello, un paese nella
provincia di Livorno dove gli
insegnanti hanno pensato bene
li 25 settembre scorso di iniziare la scuola con una messa propiziatoria.
I genitori che avevano deciso
di non avvalersi dell’insegnamento religioso cattolico sono stati
messi di fronte all’alternativa
(assai poco rispettosa della libertà di coscienza, per la verità):
o tenere a casa i loro figli o inviarli alla messa con penna e
quaderno perché la messa veniva considerata una esperienza
didattica (una « ricerca », come
si dice nel linguaggio scolastico).
Poiché non c’era tempo per le
famiglie di organizzare diversamente il tempo familiare, molti
sono stati costretti ad optare
per quest’ultima scelta.
La scuola elementare di Vicarello, ed anche quella vicina di
Collesalvetti, non è nuova a questo tipo di pratiche religiose.
L anno scorso infatti la scuola
aveva predisposto come confessionale un apposito locale dove
gli alunni che lo desideravano
avevano ricevuto il sacramento
cattolico della penitenza. Gli alunni avevano atteso pazientemente e in fila davanti ad un locale scolastico, adibito a confessionale, il loro turno.
Di fronte a questo fatto il Comitato per la laicità della scuola di Livorno, con una lettera al
Provveditore agli studi, al Direttore didattico e al Consiglio di
Circolo, ha osservato:
«a) Come si concilia l'inaugurazione di un anno scolastico in una
scuola pubblica della Repubblica Italiana con una messa, menl/f l’Italia non considera più la
dottrina cristiana secondo la
¡orma ricevuta dalla tradizione
cattolica" come “fondamento e
coronamento dell’istruzione pubblica"? ^
b) 7/ Provveditore agli studi e
il Direttore didattico sono stati
debitamente e tempestivamente
informati della intenzione e della decisione dei docenti di solennizzare in tal modo l’inizio
dell’anno scolastico? E se ciò è
avvenuto, hanno essi, quali autorità competenti e responsabili,
avallato o no tale fatto?
c) Può essere qualificata come
attività, alternativa ad una pratica di culto il parteciparvi come uditore, sia pure per prendere appunti ed eseguire poi un
ctmipito scolastico? Non rischia
ciò di costituire un pericolosissimo precedente dalle molte e
insospettabili applicazioni e conseguenze, e che, al limite, snatura e svilisce di fatto l’affermato “rispetto della libertà di coscienza degli alunni"?
d) Quanto è avvenuto non potrebbe forse essere considerato
come avvenimento emblematico,
rivelatore della non chiarezza in
rnateria, della difficoltà, per non
dire l’impossibilità, di applicare
senza effetti discriminanti per
gli alunni le molte e contrastan
ti indicazioni delle circolari ministeriali?
e) Pur concedendo tutta la
buona fede ai maestri di Vicarello, si sono resi sufficientemente conto dell’imbarazzo e del
trauma che tale partecipazione
può aver creato nelle famiglie e
nei ragazzi? Il fatto di essere stati in qualche modo costretti ad
accettare e partecipare a una
pratica religiosa, che essi avevano già rifiutato, di cui non discutiamo la qualità, ma la finalità e l’occasione, si configura o
no come un sottile atto di violenza morale?
f) Non si ha forse l’impressione che sia stato violato il principio della piena facoltatività
dell’insegnamento religioso nella scuola pubblica e che sia stato totalmente ignorato quanto
prescritto nell’art. 9 della legge
449/1984?
A doverosa informazione ricordiamo che l’art. citato stabi
Oirettore responsabile
FRANCO GIAMPICCOLI
Stampa; Cooperativa Tipografica Subalpina - Torre Pelllce (Torino).
• L'Eco delle Valli Valdesi •: Reo,
Tribunale di Plnerolo n. 175,
IN ATTUAZIONE DELL’ART. 10 DELLE INTESE
Siamo disponibili
\fchiesfllldet%"Vefoinnnihpttz, alle istituzioni scolastiche la loro di
sponibilità ad intervenire, se richiesti, per far conoscere agli studenti le problematiche inerenti alla storia del cristianesimo ed in
particolare alla storia del protestantesimo.
disponifotVttó non si ha nel caso di insegna
Zeci^ato UsZodn'llf^^^^ ® aZferuaftVe avendo
A chiese sono invitate ad accettare di ri
spondere alle richieste connesse a programmi previsti nel normale
orano scolastico per la totalità della scolaresca ».
(Carta intestata della Chiesa locale)
Al Signor Preside
Consiglio di Istituto
Collegio dei docenti
della Scuola.... di....
e p. c. al Sig. Provveditore agli Studi di
Loro sedi
Egregi Signori,
nor. ^ grato informarvi che la legge 11 agosto 1984, n. 449 (Norme
per la regolazione dei rapporti tra lo Stato e le chiese rappresentate
dalla Tavola Valdese) all’art. 10 recita: rappresentate
« La Repubblica italiana, allo scopo di garantire che la
scuoia pubblica sia centro di promozione culturale sociale e
civile aperto all’apporto di tutte le compónenti delia società
assicura alle chiese rappresentate dalla Tavola valdese il diritto di rispondere alle eventuali richieste provenienti dagli
alunn^ ^lle loro famiglie o dagli organi scolastici, in ordine
allo studio del fatto religioso e delle sue implicazioni. Le modalità sono concordate con gli organi previsti dall’ordinamento scolastico. Gli oneri finanziari sono a carico degli organi
ecclesiastici competenti ». ^ ^
La legge citata prevede quindi la possibilità di un nostro intervento, senza oneri per la scuola pubblica e su esplicita richiesta
degli utenti della scuola, dei singoli docenti o degli organi collegiah, sui problemi di carattere storico, culturale e filosofico, inerenti alla stona del cristianesimo.
La chiesa (valdese/metodista) di... offre la propria disponibilità
particolare attenzione al cristianesimo primitivo, ai movimenti di riforma religiosa del Medioevo, alla Riforsecolo, alle molteplici espressioni del cristianesimo
contemporaneo, alla presenza delle minoranze religiose protestanti in... (città locale).... e al movimento ecumenico. Il nostro interyento si propone di portare un contributo specifico alTampliamene all approfon^mento dei programmi in vigore, anche al fine di
sensibilizzare 1 giovani alla realtà delle diverse componenti religiose e culturali esistenti nel nostro Paese e che trovano riconosciOos"ituztone'^^ democrazia e di pluralismo affermati dalla
CWediamo in particolare agli insegnanti di lettere, storia e filosofia m volere prestare attenta considerazione a questa possibilità
ora offerta alle scuole pubbliche con legge dello Stato. Si prega
volersi rivolgere al... (nome, via, telefono)..., con il quale possono
essere presi gli opportuni accordi.
Con i più cordiali saluti.
Per il Consiglio di chiesa: il presidente
□
NOTIZIE FLASH
RELIGIONE A SCUOLA... FRANCESE
ALL’ORATORIO
lisce che: “Per dare reale efficacia" alla attuazione del diritto
di non avvalersi delle pratiche
e dell’insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche, “l’ordinamento scolastico
provvede a che l’insegnamento
religioso ed ogni eventuale pratica religiosa, nelle classi in cui
scmo presenti alunni che hanno
dichiarato di non avvalersene,
non abbiano luogo in occasione
dell’insegnamento di altre materie, né secondo orari che abbiano per i detti alunni effetti comunque discriminanti".
Il Comitato spera di essere
maggiormente informato sui
quesiti posti e sulle implicazioni che dal fatto denunziato scaturiscono, e ciò non per difendere posizioni aprioristiche, ma
perché ogni cosa sia fatta con
chiarezza di intenti e di fini nel
più ampio rispetto dei valori della libertà di coscienza di tutti i
cittadini, soprattutto se minorenni ».
VILLAR PEROSA — Il fatto che quest’anno i collegi dei docenti
siano tenuti a programmare attività alternative per chi non si
avvale dell’insegnamento religioso cattolico e che, di conseguenza,
i bambini non siano più obbligati a vagare per i corridoi per due
ore alla settimana, ha fatto perdere la calma a qualcuno.
In casa cattolica succedono piccole cose divertenti: nel Circolo
di Villar Perosa (To), fra le attività alternative, è stato programmato anche Un corso di francese, che verrà tenuto da insegnanti dichiaratesi non disposte ad insegnare religione.
Come conseguenza, ecco qui sotto riportato il testo del volantino distribuito a Villar Perosa dalle attiviste cattoliche, davanti
alle scuole elementari.
^ Altro particolare divertente è che una delle insegnanti che distribuivano gli avvisi in questione è la moglie del sindaco, regolarmente invitata ogni anno, insieme con il gentile consorte, al pranzo del XVII febbraio organizzato dalla locale chiesa valdese.
RELIGIONE — AI GENITORI
Per alunni e alunne di IV A e V A CHE HANNO SCELTO RELIGIONE, inizia domani, venerdì 17.10.1986, un corso GRATUITO di Lingua
Francese all'ORATOBIO FEMMINILE.
Le lezioni avranno luogo ogni venerdì di scuola, dalle ore 14.30 alle
16.30. Sperando che tutti partecipino, vi salutiamo cordialmente.
I Responsabili dell'Oratorio e del corso di francese
□ FIRME PER LA REVISIONE
DELL’INTESA FALCUCCI-POLETTI
ROMA — La Cgìl-scuola, di fronte alle difficoltà sorte in tutte
le scuole italiane circa Tàpplicazione pratica della Intesa tra il cardinale Poletti (per la Conferenza episcopale italiana) e il ministro
Franca Falcucci (per il Governo della Repubblica italiana) sull’insegnamento della religione cattolica nella scuola pubblica, ha promosso una raccolta di firme presso tutte le scuole (dove esiste una
sezione sindacale) e presso le sedi della Cgil-scuola.
Le firme saranno consegnate alla Presidenza del Consiglio ed
ai gruppi della Camera e del Senato entro il gennaio ’87.
□ LE CHIESE PUGLIESI PROTESTANO
TARANTO — In molte classi della città e della provincia non
sono state avviate le attività alternative per chi ha deciso di non
avvalersi delTinsegnamento religioso cattolico. La chiesa valdese
di Taranto, la chiesa valdese di Grottaglie, e la chiesa battista di
Mottola hanno protestato per tale atteggiamento discriminatorio
ed illegale con una lettera al Provveditore agli studi nella quale
richiedono che:
a) l’insegnamento religioso venga collocato alla prima e all’ultima ora di lezione;
b) non vengano disposti insegnamenti alternativi obbligatori;
c) l’insegnamento religioso ed ogni eventuale pratica religio
sa non abbiano luogo in occasione delFinsegnamento di altre materie.
□ I VESCOVI; NON DISCRIMINARE
CHI SI AVVALE
ROMA Il Consiglio episcopale permanente della Conferenza
episcopale italiana che si è riunito dal 6 al 9 ottobre ha preso posizione sulla situazione delTinsegnamento della religione cattolica
nella scuola. Nel comunicato finale i vescovi scrivono:
« Non mancano tuttavia difficoltà e incertezze, di cui alcune
sono dovute agli inizi di un cambiamento di cosi grande rilevanza
mentre altre appaiono piuttosto pretestuose.
La Cei, per quanto di sua competenza, e i vescovi diocesani
hanno procedute nel rispetto rigoroso dell’Accordo concordatario
tra lo Stato italiano e la Santa Sede del 18 febbraio 1984, e della
« Intesa » del 14 dicembre 1985 tra Autorità scolastica e Conferenza episcopale italiana. In diverse occasioni, l’Episcopato si è adoperato affinché tutti si oollaborasse, nel Paese, per non creare disagio nella delicata fase di avvio dell’anno scolastico e per mantenere la scuola al riparo da polemiche o dibattiti strumentali.
Di fatto, nonostante la elevatissima proporzione delle richieste,
espresse dalle famiglie e dai giovani, di avvalersi delTinsegnamento
religioso cattolico, si assiste a iniziative anche clamorose che tendono a ostacolarne il regolare avvio.
Tra i motivi di disagio inerenti alla concreta organizzazione
scolastica, il Consiglio permanente ha posto particolare attenzione
al problema della collocazione oraria delTinsegnamento della religione cattolica nella scuola elementare e materna. In queste scuole
l’indirizzo di collocare Tinsegnamento della religione cattolica soltanto all’inizio o alla fine delle lezioni, nelle classi ove siano presenti alunni che si avvalgono delTinsegnamento della religione cattolica e alunni che non si avvalgono, là dove viene applicato in modo
non attento alle complesse situazioni delle diverse realtà scolastiche, crea serie difficoltà.
I vescovi, in vista del maggior bene degli alunni e delle famiglie, pur manifestando piena disponibilità per favorire, nel rispetto delle competenze delle Autorità scolastiche, soluzioni adeguate
alle situazioni locali, non possono in coscienza non dichiarare il
proprio dissenso da interpretazioni e attuazioni generalizzate che
producono discriminazione, sono lesive della parità di diritti e
doveri degli insegnanti incaricati di religione cattolica rispetto agli
altri docenti e risultano in contrasto con l’Accordo concordatario
e con precise norme sottoscritte nella ’’Intesa” del 14 dicembre
1985.
Di fronte a un fatto così decisivo per il bene del Paese quale
è la formazione delle nuove generazioni nella scuola, va decisamente respinta ogni forma di discriminazione così come ogni pregiudizio ideologico, che tendano a rimettere in discussione le intese
pattizie recentemente sottoscritte o a svuotare di fatto le norme
concordate ».
3
24 ottobre 1986
fede e cultura 3
EBREI E CRISTIANI A CONFRONTO
E’ fuori di dubbio che le radici de) Cristianesimo affondano
nell’Ebraismo. Ma allora perché
da quasi duemila armi Ebrei e
Cristiani stanno di fronte come
nemici anziché come fratelli? Capirne le cause è arduo, vincere
secoli di incomprensioni, di odio,
di lotte è difficile. Tanto più
quando sullo sfondo vi sono complessi di colpa! E proprio questa
difficoltà è al culmine quando
Ebraismo e Cristianesimo vogliono incontrarsi anziché scontrarsi: il 'dopo Auschwitz’ ha messo
in evidenza che nei riguardi della Sinagoga non è nemmeno il caso che la Chiesa parli di complessi di colpa; deve parlare di colpa
vera, anzi di molteplici colpe (solo in questo caso si può parlare
di un complessai).
Da qualche tempo però il dialogo e iniziato e non v’è dubbio
che vada proseguito: ignorarlo o
respingerlo suonerebbe tradimento di quella fedeffiducia nel Dio
di .Abramo, di Isacco e di Giacobbe al quale si rivolgono in preghiera Ebrei e Cristiani. Il piccolo libro che la Claudiana ha recentemente pubblicato' reca a
questo incontro un grosso contributo. Ci allena ad un dialogo attento e profondo, che implica come pi imo passo il serio ascolto
ileU’altro, anche quando dice cose che a noi risultano spiacevoli
c ci mettono in crisi.
La Jacqueline Genot, ad es.,
procedendo ad una lettura ebraica di Paolo, spiazza non poco noi
Protestanti che, in colui che è
.. onsiderato l’apostolo dei Gentili, abbiamo però anche sempre
veduto chi ama veramente il popolo al quale appartiene e che
vivendo con esso un rapporto di
continuità e di rottura ad un
tempo, si rallegra perché è certo che nel piano di salvezza di
Dio Ebrei e non Ebrei non
saranno nemici per sempre, ma
-alvati entrambi perché figli
dello stes.so Padre, quali popoli
chiamati dallo stesso Dio! E invece proprio lui viene considerato dall’Ebraismo il principale responsabile della rottura fra Sinagoga e Chiesa. « L’idea è che
l'essenziale di ciò che è rimproverato a Paolo, non è di essere
stato un discepolo (di Gesù), ma
di aver tentato, con la sua predicazione, di sradicare, di rompere i fondamenti deH’Ebraismo; di
aver cercato di fare esplodere la
Torah e, .soprattutto, di averla
data ai Gentili perché se ne servissero contro Israele. E questo
Incontrarsi
dopo Auschwitz
non è mai stato perdonato ».
Sembra quindi non vi sia apertura per un dialogo costruttivo.
Ma H. Gollwitzer non disarma e
nel «Dialogo fra Chiese e Sinagoga» sostiene che se i Cristiani pretendono « di essere incorporati
(attraverso il messaggio di Gesù
Cristo) nel patto di Dio con
Israele », cosa difficile da tollerare per gli Ebrei, d’altra parte
questi « hanno dovuto prendere
atto del fenomeno che milioni di
persone dei vari popoli sono
giunti alla fede nel Dio di Israele; sebbene siano giunti ad una
fede, secondo loro, deformata ».
E così sembra esservi, malgrado tutto, un certo avvicendamento che si prolunga poi, sempre secondo Gollwitzer, nel fatto che i
Cristiani devono rendersi conto
che in Romani 11: 26, l’apostolo
Paolo non ipotizza, contrariamente a quanto ha sempre inteso
l’esegesi cristiana, « una conversione escatologica di Israele, degli Ebrei alla fede nel Cristo, ma
dice invece: quando egli apparirà, Israele sarà accolto nella pienezza di Dio » e quindi anche noi
Cristiani dobbiamo « conoscere e
riconoscere che ci può essere fede, fiducia, fede in Dio, certezza
di Dio, anche senza Gesù Cristo».
Queste affermazioni non costituiscono le conclusioni di teologi
che hanno la pretesa di essere
giunti al termine del dialogo, sono piuttosto proposte, piste di ricerca offerte con umiltà ai lettori. Il dialogo è e rimane ancora
complesso, aperto a molteplici
possibilità e sempre irto di difficoltà. I due interlocutori inoltre
non sono monolitici nelle loro
identità. All’interno del Cristianesimo vi sono molte contraddizioni: esistono incompatibilità
fra Cattolici e Protestanti e grosse diversità all’interno stesso delle due professioni di fede. Il dialogo serio e onesto che si vuol
condurre si sforza di rnettere a
confronto un vero Cristiano con
un vero Ebreo. Ma qual è il vero
Cristiano? Il Gollwitzer, con la
sua riflessione sul problema del
l’identità, reca un notevole contributo alla risposta parlando di
identità nel cambiamento, cioè di
quella che tenendo conto del dinamismo di crescita di un individuo o di un gruppo, non confonde identità con immobilità,
ma la ricerca invece nella fedeltà.
Nel nostro caso, « il problema
dell’identità cristiana è il problema della fedeltà al messaggio di
Gesù e aH’annuncio di Gesù. Per
il rapporto cristiano-ebraico noi
siamo diventati ascoltatori degli
Ebrei dopo che, per secoli, abbiamo cercato di costringere gli
Ebrei a diventare Cristiani. Essi,
per fedeltà al Dio di Israele, hanno scelto il rogo ed il suicidio
piuttosto che il battesimo. Nel
nostro secolo, come Cristiani, abbiamo finalmente dovuto riconoscere che essi, con il loro "No!”
al battesimo e al diventare Cristiani, volevano essere fedeli a
quel Dio, al quale noi vogliamo
essere fedeli nella fedeltà del discepolato di Gesù ».
Con « Interrogativi e riflessioni
sull'identità ebraica » Amos Luzzatto ci fa partecipi della difficoltà di dare una risposta univoca
alla domanda: chi è il vero
Ebreo? E’ certo quello che seguela Torah e la sua interpretazione
nel tempo, ma non solo quello!
Vi sono Ebrei laici, che la Torah
la conoscono appena e non la seguono per nulla, vivendo ai margini delTistituzione religiosa, addirittura in Israele, in Kibbntz
da essi stessi organizzati e che si
sentirebbero offesi se non fossero considerati Ebrei. E non si
può certo dire che non siano
Ebrei quei membri di cornunità
ebraiche "riformate” che vivono
anch’essi una vita pochissimo legata alla tradizione. Basta allora
dire che Ebreo è chiunque si
sente tale « in buona fede »?
-Sembra di no, visto che, oltre
tutto, nello Stato di Israele non è
considerato sufficiente.
Al problema déll’identità se ne
connette un altro, anch’esso di
non facile soluzione. Ce lo ricordano Paolo De Benedetti nelle
« Note sull'ermeneutica biblica »
e Martin Cunz in « Ebrei e Cristiani di fronte alla Bibbia ebraica ». Si tratta del rapporto con il
libro al quale Ebrei e Cristiani
si rifanno, cioè con la Parola
scritta, inscindibile nell’Ebrais-mo
dalla parola orale e dalla tradizione orale che ha uguale peso
e vincolo di quella scritta per la
fede e l’etica ebraiche.
Altro grosso tema di discussioni e di incomprensioni nel corso
del dialogo è quello riguardante
lo Stato di Israele e la sua politica. La grande ignoranza dei più
sull’origine e la formazione dello
Stato di Israele e la confusione
che si fa spesso, alimentata talvolta da affermazioni paradossa
COMMENTI
In margine ad un suicidio
Ha suscitato profonda commozione e ha avuto vasta risonanza
la notizia del suicidio del colonnelio Vladimiro Nesta. Non ha
potuto sopravvivere alla vergogna, che riteneva fosse caduta sul
suo battaglione e sulla sua persona di alto ufficiale, di un attacco politico e di un’interrogazione alla Camera.
Indubbiamente dobbiamo tutti rispetto aH’ulficiale e viva
partecipazione al dolore della
sua famiglia, ma è lecito domandarsi se un «Imile disperato
gesto trovi giustiflca.zione e
perfino — come è accaduto da
parte delle autorità e di certa
stampa — motivo di esaltazione.
H Ministro della difesa sì è infatti espresso con questi termini: « Vladimiro Nesta, con il suo
gesto tragico, è stato _ martire,
testimone delle lacerazioni profonde, delle sofferenze morali in
una campagna indiscriminata
contro le forze armate ».
Dobbiamo tuttavia chiederci
se una critica, un’inchiesta o “
come sì dice — un attacco politico giustifichino, come nel caso
delio sventurato ufficiale, un
suicidio; una simile reazione
precluderebbe la possibilità di
muovere una critica, di aprire
un’inchiesta verso un ufficiale
delle forze armate, verso un magistrato o verso chiunque nella
società civile, politica, religiO'Sa
occupi un posto di responsabilità e di autorità.
Il problema allora è un aitro.
Dobbiamo chiederci se ^che la
sopravvivenza e l’esaltazione dell’etica dell’onore, che hanno determinato la tragica fine di Vladimiro Nesta, siano ancora legittime nel tempo in cui viviamo.
Indubbiamente il concetto dell’onore non è ancora molto chiaro nella coscienza comune e
neppure in quella della giurisprudenza se ancora si riesce a
trovare attenuanti e giustificazioni per il cosiddetto « delitto d’onore ». Un giornale infatti ha
cosi titolato: « Salviamo l’onore
dei nostri militari».
Pensiamo quali conseguenze
potrebbe avere una sacralizzazione sempre più accentuata delle forze armate, della magistratura, di quanto nella nostra società porta in nome di Autorità
con la lettera maiuscola. I fatti
avvenuti di recente nelle caserme militari potrebbero ritorcersi in una ulteriore impennata di
militarismo, qualsiasi critica
verro le forze armate potrebbe
più facilmente configurarsi come reato. In riferimento a quanto sopra è significativo il fatto
che proprio in questi giorni un
tribunale militare condanni ad
un anno di fortezza 20 giovani
obiettori Testimoni di Geova
con la seguente motivazione: «rifiuto di servizio di leva ».
Chi ha fatto il servizio militare, l’aliievo ufficiale o l’ufficiale di complemento in tempo
di pace o di guerra non può non
avere fatto l’esperienza di scontrarsi con una mentalità e una
cultura che tendono a deformare, non a formare la personalità
e che producono devastazioni
morali e psicologiche. Il militarismo è scuola di guerra. Quando, come dice il profeta Michea
(4: 3) « ... le nazioni non imparerrino più la guerra...» allora
molti mali saranno risparmiati
all’umanità.
P. V. Panascia
li e artatamente esagerate dagli
interlocutori sulla politica di
Israele, sul Sionismo e sul rapporto Arabi^Bbrei, non giovano
certo alla chiarezza e alla distensione. D’altra parte spesso anche
una semplice obiezione di natura
politica fatta allo Stato di Israele viene immediatamente etichettata di antisemitismo.
Tanto più siamo ancora una
vo'ta grati a Gollwitzer, ohe cerca di far luce e chiarire questo
problema délimitandone e spiegandone i termini e i limiti.
E intanto il confronto Ebrei e
Cristiani continua. Metterne in
luce contraddizioni e difficoltà
per delimitarne e chiarirne la
portata è un contributo positivo
al dialogo di cui ci rallegriamo.
Ed è nostro dovere prendervi
parte.
Bruno Costabel
' H. Gollwitzer e altri, Incontrarsi dopo Auschwitz. Ebrei e Cristiani
a confronto. Claudiana, Torino 1986,
pp. 114, L. 7.500.
EVANGELO
O MACHIAVELLI?
L’articolo pubblicato in prima pagina deiia « Luce » n. 36 del 19 settembre mi sembra in più punti urtare non
solo con la morale comune ma soprattutto, e questo è ancor più grave, con
l'insegnamento delle Scritture. L'articolo del pastore Deodato sembra essere animato dallo stesso spirito con
cui Lorenzino de' Medici scrisse la sua
famosa « Apologia » e con la stessa
sordità morale ohe Niccolò Machiavelli
manifesta nelle sue opere e che costituisce il limite più vistoso del pensiero politico del grande pensatore fiorentino. Ma considerazioni di tal fatta
possono essere giustificate in Lorenzino dei Medici e in Machiavelli, mentre sono inammissibili per un cristiano
e oltremodo per un pastore! Il ragionamento sviluppato da Deodato razionalmente e politicamente parlando
non fa una grinza, ma non è un ragionamento fondato sull'Evangelo, bensì
sulla legge del taglione, mutatis mutandis. Forse a Deodato rincresce che
le maggiori personalità della Chiesa
Valdese all'epoca della dittatura fascista non si siano comportate come
Bonhoeffer, ma esse sono state altrettanto fedeli all’Evangelo di Cristo, risparmiando alla nostra Chiesa inutili
sofferenze e osservando il comandamento che Paolo ci dà in Romani al
tredicesimo capitolo. Ma a parte l'ob
bedienza che il cristiano deve ad ogn
autorità terrena (confronti pure la Con
fessìone dì fede valdese del 1662, tut
t'oggi in uso), come viene energicamen
te ribadito da Paolo, che aveva prova
to come l'Impero romano lo avesse sai
vato da sicura morte, ciò che non
quadra nel pensiero di Deodato è
I'« animus » che ispira l’articolo, che,
come dicevamo, può essere pure degno di pubblicazione e di attenzione
in una rivista laica ma non avrebbe
dovuto trovare cittadinanza, addirittura in prima pagina, in un settimanale cristiano-evangelico. Per non dilungarmi oltre mi .basta solo ricordare al pastore Deodato il « Sermone
sul monte » quale è riportato in Matteo: 5: 1-12, in special modo i vv.
10, 11 e 12 che sembrano più attinenti aH'argomento trattato. Del resto non
ci rimane che pregare e dire: « Padre,
non la mia ma la tua volontà sia fat
ta
Distinti saluti
Daniele Macris, Messina
IL DIAVOLO
ESISTE
Caro Direttore,
ho letto l’articolo di Paolo Fiorio «Esiste il Diavolo? » e mi permetto di
esprimere il mio punto di vista.
L’autore scrive: « ... il male, il peccato, nasce dal cuore stesso dell’uo
mo e... non c’è bisogno quindi di
ricercare in qualcun altro la causa della
nostra infedeltà ».
Ciò è in parte confermato da Marco
7: 22 che dice: « Dal cuore degli uomini escono cattivi pensieri, fornicazioni... ».
Però il cuore non può germogliare,
dal nulla, cattivi pensieri ecc.... ma
occorre un processo di semina, quindi
una causa prima per il fiorire di ogni
azione, buona o cattiva (e il serpente:
« ...sarete simili a Dio »).
P. Florio scrive; « il Diavolo, che
’’esiste’’ solo nella misura in cui, dandogli ascolto, gli permettiamo di esistere, scompare, si dilegua, svanisce ».
Tale dire del Fiorio non concorda
con la « Sola Scriptura » in quanto i|
Diavolo, come persona, agisce nel tentare, nel seminare discordie, nel disturbare la Parola, nelle insidie col
tessere lacci, nelle varie forme d’ingiustizia ed altro. (Qui sì parla del
Diavolo e non del cuore!).
Infine cosa c'importa se il Diavolo
eventualmente ci appare come leone
ruggente o con corna e coda oppure
come angelo di luce... se con la potenza della fede possiamo ben dire:
« L’Eterno è la mia luce e la mia
salvezza, dì chi temerò? L’Eterno è il
baluardo della mia vita; di chi avrò
paura? ».
Giuseppe Fiorentino, Roma-Appio
LETTERA APERTA
ALLA TEV
Egreg. Direttore,
quest’anno, per la prima volta, sono stato presente al Sinodo di Torre
Pellice e positivamente colpito dalla
serietà con cui vengono prese le decisioni.
Unica stonatura, a mio avviso, la
persistente richiesta d’iscrizione alla
T.E.V. che mi è stata fatta da più
parti, mettendo in difficoltà il mio
soggiorno.
Non riesco a comprendere bene
cosa vogliono con queste iscrizioni
forzatamente carpite, ammesso che arrivino alla maggioranza (del che dubito,
da come ne ho sentito parlare),
Da queste righe, vorrei dire loro:
■ Fratelli, non dimenticate che i nostri avi sono stati arsi per mantener.e l’unione spirituale; badate che l’orgoglio, l’avidità e la grettezza non
distruggano l’amore che ci legava
nel passato, quando nell’interno delle nostre Comunità si viveva serenamente.
Se volete essere veramente valdesi
dovete unire e mal dividere.
Se invece volete la divisione allora chiamatevi diversamente ».
Questa T.E.V., nefasta divisione tra
valdesi, è una penosa spina conficcata nel mio cuore.
Qssequi.
Piero Malanot, Andora
4
4 ecumenismo
24 ottobre 1986
APPELLO DELL’ABU
PREGHIERA
Una tipografia per
stampare Bibbie in Cina
Il programma della Fondazione Amicizia - Prevista la stampa di mezzo milione di Nuovi Testamenti all’anno - Il sostegno dei credenti
L’Alleanza Biblica Universale
lancia un appello per finanziare
l’acquisto di macchinari tipografici nella Repubblica Popolare
Cinese. Sono necessari 6.700.000
dollari pari a circa lo miliardi
di lire. E’ previsto che la nuova tipografia stamperà almeno
250.000 Bibbie e 500.000 Nuovi
Testamenti annualmente.
La realizzazione di questo progetto scaturisce dall’accordo
raggiunto fra la Fondazione Amicizia e l’Alleanza Biblica Universale.
La Fondazione Amicizia è una
associazione creata su iniziativa
di cristiani cinesi con lo scopo
di promuovere progetti e servizi a carattere sanitario, educativo e sociale nella Repubblica
Popolare Cinese. E’ un’organizzazione cinese indipendente che
riceve aiuto morale e materiale
da amici in Cina e all’estero. Essa rappresenta una nuova forma di impegno cristiano nella
società cinese. In questo senso,
i cinesi cristiani congiungono i
loro sforzi con quelli dei loro
amici in Cina e nel mondo per
creare un’organizzazione che risponda alle necessità umanitarie
di tutto il popolo. Lo scopo della Fondazione Amicizia è triplice:
— contribuire allo sviluppo sociale della Cina e al suo impegno di modernizzazione;
— far conoscere più ampiamente al popolo cinese il coinvolgimento e la partecipazione
dei cristiani;
— servire da canale per la condivisione ecumenica delle risorse e per la realizzazione
internazionale fra i popoli.
L’Alleanza Biblica Universale
ha già iniziato la raccolta dei
fondi necessari. La Fondazione
Amicizia sta provvedendo all’edificio che ospiterà gli impianti, nella periferia di Nanchino.
Si prevede che la tipografia en
trerà in funzione all’inizio del
1^7. La tipografia della Fondazione Amicizia darà precedenza
alla stampa di Bibbie e di Nuovi Testamenti per rispondere all’enorme richiesta di Bibbie fatta dai cristiani della Repubblica
Popolare Cinese. Nel passato,
per molti anni, i cristiani non
hanno potuto ricevere Bibbie.
Durante il periodo della rivoluzione culturale sotto Mao-TseTung, furono anche distrutte
Bibbie e chiuse chiese. In questi ultimi anni le chiese si stanno riaprendo ed è ripresa la
stampa di Bibbie.
Infatti dal 1980 oltre 1.800.000
Bibbie e Nuovi Testamenti sono stati pubblicati dal Consiglio
Cristiano Cinese.
Comunque, l’enorme espansione deU’industria editoriale in Cina ha creato una situazione in
cui le tipografie, già oberate dal
lavoro, hanno liste di prenotazione molto lunghe. Ciò comporta delle attese imprevedibili con
conseguenti ritardi nella stampa e aumenti dei costi. La tipografia della Fondazione Amicizia vuole invece assicurare, su
base prioritaria, una fonte rego
lare, continua, economica e affidabile per la produzione di
Bibbie per i cristiani in Cina,
L’Alleanza Biblica Universale
fornisce il sostegno economico,
ma la tipografia è un’attività
completamente cinese per cui le
Bibbie saranno stampate da Cinesi per Cinesi.
Il segretario generale della
Fondazione Amicizia, Han Wenzao, scrive: «Siamo grati all’Alleanza Biblica Universale per la
sua volontà di sostenerci fornendoci l’aiuto finanziario e tecnico
per allestire la tipografia della
Fondazione Amicizia che darà
priorità alla stampa di Bibbie...
Noi crediamo fermamente che
tale condivisione di risorse senza dubbio rinforzerà il legame
che unisce i Cristiani e consoliderà l’amicizia fra il popolo cinese ed il resto del mondo ».
A chi rivolgersi
• Per informazioni e versamenti rivolgersi a: Società Biblica in Itaiia - Via IV Novembre 107 - 00187 Roma - Tel.
6794254 - C.C.P. 72369002.
Per il Sud Africa
Dio eterno,
nostra speranza in tempo di disperazione,
nostra vita in mezzo alla morte.
Hai manifestato la tua fedeltà ai nostri antenati
e li hai ascoltati
quando ti invocavano nella loro afflizione.
Ti impietriamo oggi per il popolo del Sud Africa
una nazione in tumulto, lacerata dalla violenza.
Ti preghiamo per l'abbattimento dell’ingiustizia
e la rimarginazione delle ferite.
Fortifica, o Signore, quanti lavorano
per smascherare le forze del male
e per la distruzione di un sistema
radicato nell’ingiustizia.
Sostieni l’impegno del tuo popolo
in questo momento di lotta per rovesciare
le forze dell’oppressione
e per stabilire la giustizia nel paese.
Rafforza ogni buona volontà, o Signore,
affinché sia superata l’impotenza
e si proceda sicuri
fino a quando le grida di angoscia
si muteranno in acclamazioni di gioia.
Mostra la tua potenza, o Dio delle nazioni,
e crea una cosa nuova in mezzo al tuo popolo
donandoci la giustizia, la pace, la vera comunità.
I nostri cuori sono appesantiti, le nostre ferite profonde;
non tardare o Signore; guariscici presto;
perché non ci sfugga la capacità di perdonare,
e l’odio renda sterile la capacità di amare.
Quando la morte raggiunse tuo Figlio,
tu lo riportasti a vita nuova.
Ci hai rivelato la forza del tuo amore
e la tua vittoria sul male:
spezza le catene che ci opprimono e liberaci
perché possiamo conoscere che Tu sei il Signore. Amar
IL TEOLOGO OLANDESE E IL CAMMINO DEL MOVIMENTO ECUMENICO
La rivista del Consiglio Mondiale delle Chiese (The Ecumenica! Review) deH’apri'le 1986
porta in copertina i nomi di
Willelm A. Visser 't Hooft e di
Carson Blake: due uomini la
cui attività nel Movimento Ecumenico viene ricordata in una
tradizione molto precisa: la linea
evangelica riformata.
Visser 't Hooft fu Segretario
del Consiglio dal 1948 al 1966,
quando ne fu eletto Presidente
onorario.
La Casa Editrice Claudiana
pubblicò nel 1966 il libro di Hooft
Vissert Hooft
UN PIONIERE DELL’ECUMENISMO
Germano Pattare
Martedì 30 settembre, nella
chiesa dei ss. Giovanni e Paolo a
Venezia, si è celebrato il funerale del sacerdote, teologo ecumenico, don Germano Pattare.
Germano iniziò il colloquio ecumenico, sia nella città veneziana, sia a livello internazionale, in
tempi assai difficili, ancora prima del Vaticano II. Causa il suo
impegno Germano conobbe sia
il rigore della sua chiesa, sia la
diffidenza e la freddezza delle
altre chiese. Ha collaborato con
tutti i pastori: valdesi, luterani,
anglicani, ortodossi, che in vari
decenni si sono avvicendati nel
la cura delle comunità, solleci
tando l’impegno di queste ultime nella ricerca del colloquio
teologico teso alla tessitura di
rapporti fraterni, alla ricerca di
un cammino praticabile verso
l’unità delle chiese. Un compito
difficile, ostacolato, non raramente, dalla incomprensione
della sua chiesa, dallo scarso
coinvolgimento del ’’popolo cattolico” e dello stesso clero, e
dalla difficoltà di rapporto con
il minuscolo, e talvolta arrocca
to, mondo protestante.
Non ha visto il raggiungimento delle mete agognate, il dialogo è ancora impegno di pochi,
l’unità meta lontana, la strada
ancora incerta e piena di ostacoli. Del resto. Germano era
troppo intelligente, e preparato, per illudersi sulla efficacia
di tempi brevi. Un obiettivo
don Pattaro lo ha certamente
raggiunto: quello del dialogo, e
lo ha perseguito, per decenni,
senza cedimenti, senza pentimenti, senza stanchezza, anche dinanzi alle incomprensioni, anche provato dalla malattia, anche quando ’’dialogare” poteva
costargli caro. Di questo la chiesa valdese di Venezia lo ringrazia. Il dialogo proseguirà senza di lui, un impoverimento,
per tutti. Ci auguriamo che altri cattolici vivano la sua passione per il colloquio fra le chiese, un colloquio nel rispetto e
nella chiarezza, nel comune ascolto dell’unica Parola che conta, quella di Dio.
Alfredo Berlendis
« La fede cristiana dinanzi al
sincretismo ». Il sottotitolo ne
indicava la ragione: « Verso l’unione di tutte le religioni? ». I
tempi stavano cambiando. E i
nuovi segni erano gTincontri e
gli scontri mondiali e locali di
fede e non fede (i Francesi parlano di « mouvements humanistes»!), di buddismo, induismo,
islamismo ecc. con tutti i fenomeni sociali, politici connessi. I
volti delle nostre città, Londra, Parigi, New York, Roma
cambiavano sotto Tafflusso dello « straniero che è dentro le tue
porte ».
E anche il Consiglio Mondiale
cambiava: le Assemblee portavano sempre più marcati i temi
del tempo. Non sarebbe stato
possibile continuare il tipo di
segretari, dalle origini soltanto
europee o americane. Né poteva restare immobile il mondo
ortodosso.
L’editoriale della rivista (di
Emilio Castro, metodista, sudamericano) presenta i contributi dei predecessori: la loro linearità, il rispetto della diversità
delle chiese nel solco della Chiep Universale, il cammino fra le
istituzioni, gli scopi del Consiglio, i mezzi per il Consiglio
Di Hooft si riporta un lungo
articolo: « Teachers and thè teaching authority » ( « i Maglstri e
il Magisterium »). E’ il riassunto di un libro pubblicato in tedesco: « I Dottori e il Magistero della Chiesa ». Non sarebbe
male farlo conoscere alle nostre
comunità.
Il problema, che soggiace alla
ricerca, è il confronto fra i maestri di teologia e la « vera dottrina » della chiesa. E’ il problema presente in tutte le chiese:
la difficoltà di portare ad una
unità caratteristica e efficace le
molte e divergenti esperienze, insegnamenti correnti, che si scon
trano oggi, non ci esime dalla
ricerca.
L’autore conduce l’analisi del
fenomeno « insegnamento teologico » dalle esperienze delle prime comunità cristiane, di Paolo
e di Pietro, di Corinto e Filippi
al secondo secolo, le vie medioevali, i tempi moderni.
In questo cammino i ’teologi’
appaiono a volte come i maestri, a volte come i ’riformatori’,
a volte come i ’ricercatori’, a volte come i ’disturbatori’. Viene
esaminato il ’magistero’ nel contesto della infallibilità papale,
nella luce del Primo e del Secondo Vaticano. Ma il discorso
si accentua nella « scoperta della chiesa » dopo la prima guerra mondiale. Il discorso si fa
arduo nel protestantesimo: da
una visione individualistica o da
una tematica sociale si passa alla tematica barthiana: al rapporto sconvolgente fra Dio e l’uomo, al passaggio da una « teologia kierkegaardiana » alla « Chiesa confessante di Barmen », dalle considerazioni sul « Gesù Maestro » alla seconda persona della Trinità.
Visser ’t Hooft prosegue Tanalisi del fenomeno « nella Chiesa
di Roma » fino al 1980 con i contrasti fra vescovi e teologi, ma
l’autore descrive le caratteristiche del mondo evangelico con
maggiori dettagli: le « note » sono le seguenti: a) si assiste alla
varietà delle tendenze teologiche. II tempo dell’autorità di un
K. Barth o R. Niebuhr con influenze unificatrici è passato;
h) la teologia ’biblica’, che rispecchia diversità essenziali già
presenti nella Chiesa del Nuovo
Testamento, lascia spazio alla
« proliferazione delle teologie
specializzate ». Vengono fuori i
termini ’femminile’, ’nera’, ’liberazione’, ’ecologia’, ’dimensione
mondiale’;
c) nella teologia, fra gli anni
1960-1970 la riscoperta della chiesa fatta dalle precedenti generazioni, sembra perdere la sua forza. Si forma un vasto anti-istiti:
zionalismo. Vi fu anche una gra
ve frustrazione per il modo inadeguato in cui le comunità affrontarono il xonfuso mondo de;
caos del nostro tempo. Non si
seppe lasciare rivedere in modo totale.
La chiesa ha bisogno di « magistri » e del loro lavoro di pionieri. Ha bisogno del loro lavoro di
esegeti, di traduttori, di ricercatori. Non ne può fare a meno.
Si tratta di ritrovarne il carattere « carismatico », non nel senso
di « fenomeni eccezionali », ma
di azione costante. Le traduzioni
« ecumeniche », in tanta parte dei
mondo, operano nei credenti una
ricerca comune su documenti riconosciuti insieme e da tutti. E’
un cammino nuovo, che non può
essere cancellato. Né la via dei
« blocchi contrapposti » può essere seguita come via chiarificatrice. Né i teologi ne possono essere gli artifìci.
L’articolo termina con la citazione della lettera ai Tessalonicesi: « Non ostacolate l'azione
dello Spirito Santo» (I Tes. 5: 19).
Rileggere Visser ’t Hooft oggi,
in un tempo nel quale accade di
udire esortazioni volte al ripristino di passate intolleranze clericali, potrà sembrare ad alcuni
lettori una ricerca di consolazione da ottenere a qualunque
condizione. Sarebbe un’interpretazione sbagliata. Ma le note di
Hooft vanno lette o udite come
quando Hooft, attento ascoltatore di ricerche e contrasti, di assemblee ecumeniche o di relazioni di chiese, chiedeva la parola
e, puntando le sue riflessioni ai
vari gruppi presenti, riponeva ad
ognuno e a tutti gli interrogativi
di un Evangelo, che non diventerà mai una conclusione tranquillante, ma diventerà sempre parola di risveglio e di vocazione missionaria.
Carlo Gay
5
24 ottobre 1986
prospettive bibliche 5
ALL’ASCOLTO DELLA PAROLA
PER FEDE,
COME ABRAMO - i
« ...come Abramo credette a Dio e ciò
gli fu messo in conto di giustizia... »
(Calati 3: 6)
Paolo aggiunge ora l’esempio di
Abramo e cita le testimonianze della Scrittura. La prima è
tratta dal cap. 15 della Genesi: « Abramo credette etc. » (15: 6).
Qui insiste molto su questo passo e
lo fa poi ancora soprattutto nel cap.
4 dell'Epistola ai Romani; « Se Abi amo è stato giustificato per le opere della legge, ha una giustizia e un
motivo di gloria non davanti a Dio »
(4: 2 s.) ma davanti agli uomini, perché davanti a Dio non ha che il suo
peccato, e la collera. Davanti a Dio
non è per aver fatto, che è giustificato, ma perché ha creduto. « La
Scrittura dice infatti: Abramo credette a Dio e ciò gli fu messo in conio di giustizia ». Paolo spiega e sviluppa ampiamente questo testo, come merita. Abramo — dice — non
venne meno nella sua fede e non considerò il proprio corpo già toccato
dalla morte — era già quasi centenario — né il corpo di Sara, anch'esso già toccato dalla morte, non si
lasciò fermare dal dubbio verso le
promesse di Dio, ma fu confermato
nella fede e rese gloria a Dio, pienamente convinto che tutto ciò che ha
promesso, Dio ha pure il potere di
farlo. Perciò questo gli fu messo in
conto di giustizia. Ora, se è scritto
che ciò gli fu messo in conto di giustizia, non è solo per lui, ma anche
per noi etc.
Il servizio,
l’obbedienza più grande
E Paolo fa qui della fede in Dio
il servizio più grande, l’omaggio più
grande, l’obbedienza più grande; delia fede in Dio fa un sacrificio. Chi ha
il dono dell’eloquenza si diffonda su
questo testo e vedrà che la fede è
davvero onnipotente e che la sua
virtù è inestimabile e infinita. A Dio,
infatti, non può essere attribuito
nulla di più grande della gloria che
essa gli rende. Rendere gloria a Dio
vuol dire credere in lui, credere che
è veridico, saggio, giusto, misericordioso, onnipotente; insomma, riconoscere in lui l’autore e il datqre di
ogni bene. Non è la ragione a farlo,
bensì la fede. Essa è, per così dire,
creatrice della divinità; non certo in
Dio, nella sua essenza, ma in noi.
Perché se non c’e la fede, Dio perde
in noi la sua gloria, la sua sapienza,
la sua giustizia, la sua verità, la sua
misericordia etc. Insomma, se non
c’è la fede, non resta a Dio nulla della sua maestà e della sua divinità.
E Dio non chiede all uomo nuli altro se non di rendergli la gloria che
è sua e la divinità. Il che vuol^ dire,
non avere in lui un idolo, ma il Dio
che vede, che esaudisce, che ha pietà, che soccorre etc. Se tutto questo
gli viene attribuito, egli ha la sua divinità integra e intatta, cioè ha tutto ciò che un cuore fedele può attribuirgli. E poter rendere a Dio questa gloria è la saggezza dei savi, la
giustizia delle giustizie, la religione
In vista della « giornata della Riforma », continuiamo ad attingere a
coimmenti biblici dei Riformatori. Su un testo classico delPEpistola ai Calati, ecco il commento di Lutero, che a quest’Epistola ha dedicato lunga
e rinnovata riflessione: tanto che diceva di averla sposata, e che era « la
mia Caterina von Bora ». Essa figura fra i suoi programmi di studio e d’insegnamento fin dal 1516, quando comincia a trattarla; il lavoro è interrotto da un’epidemia di peste; concluso, viene pubblicato in forma di
commentario nel 1519, poi nel 1523 in edizione riveduta. Ma nel 1531
Lutero riprenderà il suo insegnamento sull’Epistola, e il commentario,
scaturito dalle sue lezioni stenografate da studenti e da lui rivedute, fu
pubblicato nel 1535 e ristampato nel 1539. Tanto il primo commentario
era stringato, eccessivamente, tanto il secondo era sovrabbondante: Lutero se ne riconosceva la piena paternità, prolissità compresa; ma è una
sovrabbondanza che deriva, per così dire, dalla sua concentrazione su
« l’articolo principale dell’insegnamento cristiano », la giustificazione per
fede soltanto.
a cura di GINO CONTE
delle religioni e il sacrificio dei sacrifici. Possiamo così capire la grandezza della giustizia costituita dalla
fede, e per antitesi la grandezza del
peccato costituito daU’mcredulità.
La fede rende a Dio il suo
La fede, dunque, giustifica perché
rende a Dio ciò che gli è dovuto; chi
fa questo, è giusto. (Allo stesso modo, secondo la definizione che ne dà
la scienza del diritto, è giusto colui
che rende a ciascuno ciò che è suo).
La fede parla infatti così; Quanto a
me, è a te che credo, o Dio che mi
parli. E che dice, Dio? Se tu presti
fede alla ragione, sono cose impossibili, menzogne, sciocchezze, parole
deboli, assurde, abominevoli, eretiche e diaboliche. Che cosa c’è, infatti, di più ridicolo, di più insensato,
di più impossibile di ciò che Dio dice ad Abramo annunciandogli che
avrà un figlio, nato dalla carne già
sterile e morta di Sara?
Quando ci propone affermazioni
della fede, Dio ci propone cose impossibili e assurde, se ci si vuole attenere al criterio della ragione. Allo
stesso modo pare ridicolo e assurdo, per la ragione, che nella cena ci
siano mostrati il corpo e il sangue
di Cristo; che il battesimo sia il bagno di rigenerazione e di rinnovamento dello Spirito Santo; che i morti risusciteranno, l’ultimo giorno;
che Cristo, il Figlio di Dio, sia concepito e portato in grembo da una
vergine; che egli nasca, soffra la
morte ignominiosa della croce; che
risusciti e che sieda ora alla destra
del Padre e che possieda la potenza
in cielo e sulla terra. (Paolo, infatti,
chiama l’Evangelo del Cristo crocifisso: la parola della croce e la follia della predicazione, scandalosa a
giudizio dei giudei e folle a giudizio
dei pagani, etc.). La ragione giudica
dunque a proposito di tutti gli articoli della fede. Perché non capisce
che il servizio supremo è quello di
ascoltare la Parola di Dio e di credere. Ciò che sceglie e fa essa stessa,
in quella che chiamano la buona intenzione e partendo dalla propria
devozione, questo — essa pensa —
piace a Dio. E così quando Dio parla, essa considera la sua Parola eresia e parola del diavolo, perché le
appare assurda etc. Tale è la teologia di tutti i sofisti e dei settari, che
fanno della ragione la misura della
Parola di Dio.
La ’’bestia” ragione
La fede invece uccide la ragione,
questa bestia che il mondo intero e
tutte le creature non possono uccidere. Abramo la uccide per fede nella Parola di Dio che gli prometteva
una discendenza nata dal grembo
già sterile ed esaurito di Sara. La
ragione, in Abramo, non dava sicuramente il suo pronto assenso a questa parola ma combatteva in lui contro la fede, giudicando ridicolo, assurdo e impossibile che Sara, questa donna non solo novantenne ma
per natura sterile, generasse un figlio. Questa è indubbiamente la battaglia che la fede, in Abramo, ha dovuto ingaggiare con la ragione. Ma
è la fede che, in lui, ha vinto; ha ucciso questo nemico di Dio, accanito,
mortale. Tutti i credenti che entrano così, con Abramo, nelle tenebre
della fede, mortificano la ragione e
dicono: « Tu, ragione, sei insensata,
non conosci le cose di Dio; perciò
non importunarmi, ma taci, non giudicare ma ascolta la Parola di Dio
e credi ». I credenti domano così
questa bestia più grande del mondo e offrono in tal modo a Dio un
sacrificio e un servizio che gli sono
graditi.
A paragone con questo sacrificio
e servizio dei credenti, tutte le devozioni di tutti i pagani, tutte le
opere di tutti i monaci e di tutti i
facitori di giustizia non sono nulla.
Con questo sacrificio, essi mettono
anzitutto a morte la ragione, questo
nemico di Dio, il maggiore e più invincibile di tutti, perché sprezza Dio
e nega la sua saggezza, la sua giustizia, la sua virtù, la sua verità, la
sua misericordia, la sua maestà e la
sua divinità. Con questo sacrificio
essi rendono gloria a Dio. cioè lo credono giusto, buono, fedele, veridico
etc., e credono che egli può tutto,
che tutte le sue parole sono sante,
vere, vive, efficaci etc. - e questo è
appunto rendere a Dio l’omaggio più
gradito. Perciò non ci sono al mondo religione o servizio maggiori, migliori, più graditi della fede.
Le opere e la fede
Invece i facitori di opere, che
mancano di fede, fanno molte cose:
digiunano, pregano, s’impongono
una croce e così pensano di placare
l’ira di Dio e di meritare la grazia.
Costoro non rendono gloria a Dio,
cioè non ritengono che egli sia mi
sericordioso, veridico, fedele alle sue
promesse etc., bensì un giudice irritato che dev’essere placato con delle opere. In questo modo, però,
sprezzano Dio, l’accusano di menzogna in tutte le sue promesse, rinnegano Cristo e tutti i suoi benefici.
Insomma, scacciano Dio dal suo trono e si mettono al suo posto. Trascurano e sprezzano la Parola di Dio
e scelgono servizi e opere che piacciono loro. Sognano che Dio li gradisca e sperano di ricevere da lui il
salario. Non uccidono la ragione,
questo terribile nemico di Dio, ma
gli danno vita e tolgono a Dio la sua
maestà e divinità, per attribuirle alle Droprie opere.
Soltanto la fede rende dunque
gloria a Dio. Paolo l'attesta — Romani 4 — a proposito di Abramo,
quando dice che egli, fortificato dalla sua fede, rese gloria a Dio; e, secondo Genesi 15, aggiunge che questo gli fu messo in conto di giustizia. Una precisazione non inutile,
perché la giustizia cristiana consiste in queste due cose; la fede del
cuore e l’imputazione di Dio. La fede è la giustizia formale, ma non
basta perché, anche dopo che la fede si è manifestata, ci sono ancora
resti di peccato che rimangono attaccati alla carne. Il sacrificio costituito dalla fede comincia in Abramo
ma ha la sua consumazione finale
nella morte. E’ dunque necessario
che intervenga la seconda parte della giustizia, a compiere la prima:
l’imputazione divina. Formalmente,
la fede non dà a Dio abbastanza,
essendo imperfetta. Anzi, a dire il
vero è appena una scintilla di fede,
che comincia appena ad attribuire
a Dio la sua divinità. Non abbiamo
ricevuto che le primizie dello Spirito, non le decime. E la ragione non
è del tutto messa a morte, in questa vita. Ci sono ancora in noi resti
di concupiscenza, di ira, di impazienza e di altri frutti della carne e
deU’infedeltà. Anche i santi più perfetti non godono di una gioia piena
e perpetua in Dio; i loro sentimenti
sono soggetti a mutare: sono ora
tristi ora gioiosi, come la Scrittura
attesta a proposito dei profeti e degli apostoli. Tali colpe, però, non
sono imputate ai santi, a causa della
fede in Cristo, altrimenti nessuno
sarebbe salvato.
Da queste parole — « e ciò gli fu
messo in conto di giustizia » — deduciamo dunque che la giustizia comincia, sì, con la fede e che per mezzo suo abbiamo le primizie dello
Spirito; ma che, essendo debole, la
fede non è perfetta senza l’imputazione di Dio. Perciò la fede è l’inizio
della giustizia e l’imputazione la
rende compiuta fino al giorno di
Cristo.
Credi in lui; se credi, sei giusto,
perché rendi gloria a Dio e riconoscendo che è onnipotente, misericordioso, veridico etc., tu giustifichi e lodi Dio. Insamma, gli
attribuisci la divinità e ogni cosa.
■ Ciò che ti resta di peccato, non ti
è imputato ma perdonato, a causa
di Cristo nel quale credi, lui che
è perfettamente giusto, la cui giustizia è la tua, e che fa suo il tuo
peccato. Martin Lutero
6
6 obiettivo aperto
24 ottobre 1986
26 OTTOBRE: DOMENICA DELLA RIFORMA
LA SCOMMESSA PROTESTANTE:
CONVINZIONE E IMPEGNO
In occasione della domenica
della Riforma presentiamo
il testo di una conversazione
che Paul Ricoeur ha tenuto
a Parigi il 23 ottobre dello
scorso anno in occasione delle
manifestazioni per il
tricentenario della revoca
dell’Editto di Nantes. Pur
nella diversa situazione
storico-politica, il testo può
essere utilmente studiato nei
vari gruppi evangelici perché
ci interpella sul significato
del nostro essere protestanti.
di PAUL RICOEUR
Il titolo dato dagli organizzatori
a questa conversazione accomuna
convinzione e impegno. Convinzione vuol significare il nostro ancoraggio biblico, impegni (al plurale) vogliono significare la nostra partecipazione nei dibattiti e nelle azioni
del nostro tempo. Capisco questi due
termini come i due fuochi di un’ellisse. Tra i due una distanza variabile:
una tensione vissuta diversamente
dalle varie correnti del pensiero protestante, dagli individui che costituiscono il movimento protestante.
L impegno ci porta aH’esterno, a
condividere con altri, altri diversi da
noi, la nostra volontà di essere efficaci, il nostro desiderio e la nostra volontà di cambiare il mondo all’insegna del Regno di Dio.
Il polo
della convinzione
Innanzitutto il polo della convinzione. L’ho definito schematicamente
come il nostro ancoraggio biblico:
è il nostro punto di partenza. Ma cosa significa? Non certamente qualcosa di semplice, che va da sé. Per capire il problema prendiamo per modello la situazione che ha prevalso
col Rinascimento e con la Riforma
nel XVI secolo. L’accoppiata Rinascimento-Riforma, lo vedremo più
avanti, è esemplare ancora oggi.
Si può in un primo momento parlare della Riforma come di una variante del Rinascimento. E’ vero: il rifiuto della tutela del magistero ecclesiastico per leggere ed interpretare
la Bibbia, il libero accesso al testo
nudo — almeno così si pensava —
situano chiaramente la Riforma come una variabile del Rinascimento,
del suo gusto per le lingue originali
(ebraico, greco), della sua ricerca
per la precisione del testo.
Caratterizzerei con una sola parola questo legame di parentela tra la
Riforma e il Rinascimento: quella
dello studio.
E’ come uomini di studio che i Riformatori affrontano le Scritture. E’
infatti un rapporto di studio che definisce esattamente quello che in seguito è stato chiamato « libero esame ». Il libero esame è un rapporto
da studioso con il testo. Ne deriva
una curiosità intellettuale senza paraocchi e senza confini.. Questa forma di sapere è anche ciò che ci affascina nella ricerca dei grandi del Rinascimento. L’affinità elettiva tra Rinascimento e Riforma è stata facilitata, da un lato, da ciò che c’era
di venerazione, di riverenza profonda per i misteri della conoscenza, da
parte degli uomini del Rinascimento,
venerazione ereditata dal platonismo e neo-platonismo, e dall’altro,
da un certo ottimismo esegetico dei
Riformatori che faceva credere a
questi ultimi che la Scrittura si interpreta da sé e che dunque non necessitava per principio di alcun magistero esterno e superiore. Ma la Riforma, da un altro punto di vista,
può essere considerata come un movimento contrario al Rinascimento.
Questo su un punto fondamentale:
la valutazione del posto e del ruolo
dell’uomo nella creazione. La Riforma si misura infatti con quel fantastico prometeismo che mette l’uomo
al centro del sapere e della potenza,
nel momento stesso in cui la terra
perde la sua posizione centrale nell’universo. L’uomo che conosce questa verità scientifica è al centro, signore e padrone della natura, e soprattutto signore del senso della vita.
La Riforma oppone radicalmente
a questo umanesimo il sentimento di
dipendenza della creatura e di obbedienza nei confronti del signore interiore: due sentimenti nati dall’umile ascolto della Parola vivente
compresa attraverso la Scrittura.
E’ per questo che il Protestantesimo ha costruito la sua storia su un
doppio rapporto con la Scrittura: lo
studio con le sue audacie senza limiti e {'obbedienza alla Parola vivente,
con la sua misura di umiltà.
Ma come funziona oggi questo modello?
Si può dire che il conflitto latente,
che ho delineato prima all’interno
di un certo parallelismo, è diventato aperto a partire dal XVIII secolo
sotto l’influenza dei lumi e soprattutto a partire dal XIX secolo, con la
emancipazione dell’esegesi, non più
dal magistero ecclesiastico, ma dalla
sua finalità teologica. Esame ed obbedienza divorziano. Il Protestantesimo deve subire l’ondata della critica biblica nella stessa misura in
cui aveva scelto di dare un criterio
esegetico alle proprie confessioni di
fede. La Bibbia è studiata come un
testo tra gli altri, vi si applicano
le regole della filologia classica raccordate con tutte le altre scienze del
testo (linguistica, semiotica, metodi
storico-critici...) ed è confrontata
con la scoperta delle culture e della
letteratura dell’antico Medio Oriente.
A questa ondata, alcune chiese o
correnti interne alle varie confessioni protestanti hanno risposto sia attraverso una sorta di fideismo, ereditato dal pietismo tedesco o dal risveglio di stile anglosassone e centrato sull’esperienza religiosa personale, sia attraverso una adesione alle
formalizzazioni dogmatiche contenute nelle varie confessioni di fede.
Nei due casi, queste correnti di
pensiero si sono ostinatamente oppo
ste alle esegesi della convinzione, per
altro ben radicata nella tradizione
protestante, della semplicità e della
trasparenza della Scrittura.
Così si è stabilito un rapporto conflittuale tra ciò che potremmo chiamare una lettura scientifica, che non
ha preoccupazioni di edificazione e
spesso realizzata in ambiti extra-ecclesiastici, ed una lettura pietista,
senza preoccupazioni esegetiche, riservata ai fedeli delle chiese.
Non voglio né fare nomi né mettere delle etichette su queste due correnti che spesso attraversano le stesse comunità, se non le stesse persone, come si può vedere per esempio
in un teologo come Bultmann allo
stesso tempo scienziato e pietista.
La domanda che si è posta allora
è: come gestire questo conflitto?
Senza impegnare tutti i miei correligionari, e con la convinzione di non
essere il solo a pensarla così, direi
che la convinzione protestante si fonda sulla scommessa di una convergenza tra la lettura pietista e la let
Faccio credito al testo,
lo credo capace di tessere una
rete di simboli e significati, di
suscitare una griglia di
interpretazione attraverso
la quale comprenderò meglio
me stesso e gli altri.
tura scientifica, scommessa che si appoggia sulla natura stessa delle attitudini della base protestante. Qui io
passo dall’antinomia alla dialettica,
e scommetto sulle possibilità della
dialettica. Con quali argomenti?
Da un lato, io sostengo che una lettura scientifica non procede senza un
rapporto di affinità e di complicità
con quello che chiamo la « cosa »
stessa del testo, il suo gioco, il soggetto di cui parla, cioè il rapporto
di amicizia tra un popolo e il suo
Dio, l’incontro dei discepoli col loro
Signore, il loro tentativo di interpretare il suo insegnamento e la sua via,
la proclamazione — o, come si dice,
il kérygma — della sua morte e della
sua resurrezione. Perché mai noi dovremmo interessarci ad un testo che
non ci dice niente, niente di ciò per
il quale è stato scritto?
Al di fuori di ogni adesione di fede, il testo rende insignificante la lettura, il significato dei suoi frammenti, dei suoi generi letterari, dei suoi
sottoinsiemi, ed alla fine, della sua
organizzazione globale, del suo raggruppamento canonico. Riassumo
con una frase: una lettura scientifica
non può essere altro che una lettura
che ricerca il significato, il senso.
D’altro lato, io sostengo che una
lettura pietista è una lettura povera,
se si priva dell’aiuto positivo dell’esegesi scientifica: quest’ultima infatti non mette soltanto in briciole
il testo.
Una lettura pluralista evidenzia
nella Bibbia una polifonia di testi
concordanti/discordanti, una varietà
di generi letterari, che bisogna guar
darsi dal ridurre alla monotonia dei
riassunti dottrinali, una diversità
delle stesse teologie: chi non vede
che il Deuteronomio non parla di
Dio come il secondo Isaia? Che il libro di Giobbe e TEcclesiaste non sono all’unisono tra loro? Che dire
dei quattro Evangeli che la Chiesa
primitiva ha avuto la saggezza — sì,
la generosità ermeneutica — di non
ridurre ad una unità, a scapito delle
loro divergenze, oggi sempre meglio
conosciute? Che dire dell’ecclesiologia di Paolo e di Pietro, dell’antropologia di Paolo e di Giacomo, della
visione della storia di Luca e dell’Apocalisse? Ah, che benedizione,
che liberazione essere imbarazzati
per questa molteplicità di significati!
Quale varietà per la nostra predicazione, troppo facilmente impoverita
daH’insistenza su un piccolo numero di testi, usati fino all’estremo con
citazioni fuori dal contesto! Sì, lo
penso e lo dico: la lettura pietista è
una lettura povera. Più avanti ne vedremo l’incidenza sugli impegni: perché se si pretendesse di dedurre linearmente una politica dalle Scritture, questo potrebbe essere fatto soltanto operando una riduzione della
Scrittura e privandola della sua polifonia fondamentale.
Solo una lettura pluralista prepara ad un rapporto più creativo tra
la Scrittura e le sue applicazioni
contemporanee. Perché scoprendo il
radicamento dei diversi testi nella
cultura e nella storia particolare alle quali essi rispondono, noi scopriamo che noi non possiamo avere con
essi altro rapporto che quello analogico, cioè un rapporto che nell’analogia della fede ci chiede di essere
noi nel nostro tempo come quegli
uomini al loro tempo. Uno stretto
rapporto di proporzionalità, che regola una teologia etica e politica. Ma
qui anticipo. Lasciatemi finire questo primo punto con due osservazioni.
In primo.luogo, io scommetto che
una certa convergenza si può stabilire tra una lettura scientifica, preoccupata della ricerca di significato, e
una lettura pietista, preoccupata di
diventare una lettura istruita, perii bene dell’intelligenza della fede.
Seconda osservazione, che attenua la precedente: non bisogna
aspettarsi che i due fuochi dell’ellisse si uniscano. E perché? Perché
studio e ascolto sono due atteggiamenti diversi. Il primo accosta il
lettore alla comunità scientifica senza Credo.
A questo proposito si può prevedere che un sempre più grande numero di non credenti studieranno
la Bibbia coi metodi semiotici, letterari, psicanalitici, marxisti e altri:
tanto meglio. Perché da queste critiche noi impareremo a leggere ciò
che per pregiudizio, ner pigrizia, non
siamo stati capaci di leggere. Il secondo atteggiamento ci lega ad una
comunità di interpretazione per la
quale la storia della lettura fa parte
del suo significato stesso.
A questo proposito noto che l’idea
di una lettura senza una tradizione
è una illusione che si spiega soltanto con l’insistenza esclusiva sul ri-
7
24 ottobre 1986
obiettivo aperto 7
fiuto di un magistero esterno. La
tradizione però non è un magistero: è Taccumulazione delle letture
e delle interpretazioni che hanno
aiutato a vivere e morire uomini e
donne (i prigionieri della torre di
Costanza leggevano molto bene la
Bibbia in concordanza coi Salmi che
cantavano, ed in coerenza con la fede che professavano). E’ questa la
fonte di quello che si chiama il cerchio ermeneutico: il testo e la vita
si interrogano reciprocamente. O
per dirla con Proust, leggendo il testo in un certo modo noi diventiamo lettori della nostra stessa vita.
Ecco perché studio ed obbedienza
saranno sempre in discus'sione: lo
studio con tutte le sue risorse di interpretazione sovversiva, l’obbedienza con tutte le sue risorse di rigenerazione e di gioia. Ed è esattamente
qui che la scommessa si situa: io
faccio credito al testo, lo credo capace di tessere una rete di simboli
e di significati, di suscitare una griglia di interpretazione attraverso la
ciiaJe io comprenderò meglio me
s esso e gli altri. La mia speranza è
cne la mia scommessa mi sarà resa
centuplicata in saggezza e gioia.
Non ci siamo allontanati dal nos ro punto di partenza, dal modello
tiel Rinascimento e della Riforma:
uesti confrontavano già libero esadelle Scritture e obbedienza alla
Parola vivente.
L'impegno
Affrontiamo ora l’altro versante
del nostro tema: l’impegno. L’impegno non è qualcosa che va da sé. Ha
una dialettica propria e ciò a causa
di due fenomeni dominanti: da una
parte la scoperta di una sfera polirea neutra esterna alla dinamica sociale e culturale: lo Stato laico. La
.'..a nascita è una grande conquista
c ne sottrae il religioso al gioco del
p atere politico e lo pone al di sopra
dei conflitti della società. Tutto ciò
c '.e deriva dal politico e dalla sfera
d; esercizio dello Stato (la sfera legislativa, esecutiva, e ^— a poco a
puco — la gestione della sanità, della sicurezza, dei diritti soeiali, ecc.,
a:Traverso agenzie pubbliche), tutto
questo partecipa della neutralità dello Stato in materia religiosa.
Ma, d’altra parte, la « religione »,
come si dice, ricade nella sfera privata, in opposizione alla sfera pubblica. Questa privatizzazione della
religione entra però in conflitto con
una motivazione profonda della fede, che è precisamente quella di rifiutarne la privatizzazione che la riduce ad affare della vita interiore, del
culto personale, senza incidenza nella società.
Non basta avere la coscienza tranquilla e dire che in fondo la democrazia e la laicità dello Stato sono
effetti della Riforma. Certo questo
è \ ero: la soppressione del clero e
l’abolizione della vita monacale ci
conducono a convogliare nella vocazione a servire nel mondo tutte
le energie che la Chiesa medioevale
concentrava nella sfera clericale. Ma
se la democrazia è da una parte un
efì'etto della Riforma, l’efTetto si è
staccato dalla sua causa e vive di una
sua vita propria, autonoma. I protestanti se ne compiacciono nella
misura in cui — grosso modo — la
laicità dello Stato significa per essi
l'apertura di un grande spazio di libertà.
La contropartita è però questa:
come conservare la propria identità
situando la propria azione pubblica
all'interno della neutralità laica? Si
dirà che questa identità la si può
trovare nella profondità delle motivazioni, secondo la formula di Paolo: « Tutto ciò che fate, fatelo nel
nome di Cristo ». Ma questo cosa significa in una condizione di privatizzazione della fede? Il rigore e lo
spirito di servizio con cui si definiscono spesso i protestanti? Certo.
Bisogna però ben ammettere che
l’evanescenza dell’identità protestante nelTanonimo servizio pubblico
non ha quasi più niente da dire.
Questo primo fenomeno è legato
ad un secondo che ci mobilita maggiormente. Introduco qui una distinzione poco familiare ai francesi, ma
maggiormente presente agli inglesi,
ai tedeschi, ai polacchi, agli italiani:
la distinzione tra la società civile e
lo Stato. Il cuore del fenomeno sociale è quello che Castoriadis chiama « l’istituzione immaginaria della
società »: è su questo piano che siamo confrontati ad un fenomeno diverso da quello della laicità dello
Stato e del suo corollario, la privatizzazione della fede. E’ il fenomeno della secolarizzazione. Questo significa che lo spazio simbolico nel
quale si definisce l’identità del popolo francese e il campo nel quale
si sviluppano i dibattiti culturali,
sociali ed anche economici si determina oggi al di fuori di ogni riferimento cristiano. Se non si può ancora caratterizzare la laicità come
secolarizzazione, bisogna ben ammettere che non si tratta più di laicità dello Stato, che è una laicità in
negativo che si caratterizza come astensione, ma di una cultura laica,
E’ necessario che si faccia
ascoltare, in una società
pluralista,
una voce viva e combattente,
pronta a svolgere il proprio
ruolo.
definita attraverso una sua lotta, nel
cuore stesso della nostra identità
collettiva, con la o le culture cristiane. Al riguardo di questa cultura laica, divenuta oggi dominante, l’effetto prodotto sulla fede non è più solo quello della privatizzazione, effetto della laicità dello Stato, ma la
marginalizzazione sul piano simbolico del nostro essere sociale collettivo.
Se si vuole adottare questa seconda prospettiva l’impegno da realizzare ha ben altri significati che quelli all’interno dello spazio pubblico
dello Stato. Esso consiste neH’inventare un altro ruolo che quello della
fondazione e della giustificazione del
consenso globale della società. Alla
fondazione deve far seguito la capacità di influenzare, alla giustificazione la testimonianza. Questo nuovo ruolo non deve cogliere alla sprovvista una comunità minoritaria come il protestantesimo francese. Ciò
che è nuovo, è che il cristianesimo
ha cessato di coincidere con la cristianità, ed è ricondotto alla condizione della Chiesa primitiva minoritaria in una situazione non cristiana. Questa è la mia seconda scommessa ed è in continuità con la scommessa ermeneutica descritta prima.
Questo nuovo ruolo non è nullo e
neanche poco interessante. Non è
solamente possibile, ma necessario
che si faccia ascoltare in una società
pluralista, in una società aperta, una
voce viva e combattente, pronta a
«volgere il suo ruolo nel grande gio
Lutero predica su: «Sia santificato il Tuo Nome» (L. Cranach, 1527).
co d’emulazione e di confronto, che
definisce oggi quello che io chiamo
il « consenso conflittuale » del popolo francese. Se si può ancora parlare su questo piano di laicità, è di
una laicità aperta e impegnata che
si tratta, e non più di una laicità
negativa e d’astensione.
Quanto agli impegni e agli impegni concreti, mi piacerebbe dare un
seguito alla affermazione che ho fatto poco fa secondo la quale il nostro compito non è quello di dedurre linearmente una politica dalle Scritture, ma di metterci, di fronte alle sfide del nostro tempo, in una
relazione analoga a quella che gli
uomini della Bibbia hanno tenuto
di fronte alle sfide del loro tempo.
Da questo risulta, aU’intemo delle
nostre chiese, un altro « consenso
conflittuale » che ci prepara al grande « consenso conflittuale » dove siamo confrontati a tutti gli altri. Permettetemi di suggerire qui due linee principali di impegno che sembrano opporsi tra loro ma che convergono segretamente.
Da un lato mi sembra fuori dubbio che il cristianesimo invita con
insistenza ad un orientamento privilegiato verso i poveri, le minoranze
perseguitate, le vittime in ragione
di quello che il teologo cattolico
Giovanni Battista Metz chiama la
« memoria pericolosa », nella linea
della teologia della Croce. Il punto
di congiunzione tra questa teologia
e l’impegno politico sociale mi sembra consistere nel fatto seguente: è
un fatto della storia che l’umanità
non è riuscita finora a creare poteri
politici, economici e sociali senza
creare delle vittime, dei sottoprivilegiati. Come dice Hegel, la storia
dei vincitori schiaccia molti fiori. Il
cristianesimo, mi sembra, ci rende
attenti in permanenza alla storia dei
vinti, o meglio delle vittime (perché
i vinti spesso sono dei vincitori che
hanno fallito). Ci rende attenti al
processo ininterrotto di vittimizzazione che sembra un effetto perverso e inarrestabile della condizione
storica. E’ in questa linea che io interpreto la famosa frase di Gesù, —
tolta, è vero, dal suo contesto — «voi
avrete sempre i poveri con voi ».
Non dirò di più qui: abbiamo avuto l’occasione in questi giorni di precisare il nostro impegno per il terzo e il quarto mondo, e l’urgenza della lotta contro il razzismo e in favore
del riconoscimento e della protezione dei diritti degli immigrati.
Non penso però che i cristiani debbano limitarsi a questo impegno a
favore delle vittime, col rischio di
sviluppare una sorta di miserabilismo religioso. Se la storia produce
a catena le vittime, è in virtù di logiche che sembrano essere connesse ai sistemi, alle strutture, agli imperativi economico-sociali. Queste logiche che si presentano spesso come fatalità sono per gran parte il
risultato della nostra ignoranza e
della nostra negligenza.
Lavorare alla dominazione razionale di questi sistemi è anche lavorare per la libertà. Perché il contrario della libertà non è il determinismo, ma la fatalità. Defatalizzare
la storia per una sua padronanza intelligente e razionale, è rendere all’uomo la sua capacità d’agire (è
questo — tra parentesi — l’argomento centrale del Capitale di
Marx). Il compito dei cristiani, in
collaborazione con altri, è di lottare contro la confisca degli esperti
delle capacità di azione sulle strutture economiche, politiche, sociali
della nostra società. Bisogna discernere il nodo etico che lega la motivazione cristiana profonda a questa
ricerca di intelligibilità, condizione
di qualsiasi efficacia a livello delle
strutture. Ricordiamoci che noi non
resteremo testimoni del mistero, se
non diventiamo anche ricercatori di
intelligibilità.
La doppia forma di impegno che
ho schematizzato è in perfetta consonanza con la doppia forma di convinzione che io ho definito come il
nostro ancoraggio biblico: obbedienza e libero esame sul piano della
convinzione; compassione e ricerca
di intelligibilità sul piano dell’impegno.
L’autore di questa conversazione, Paul
Ricoeur (Valence 1913), protestante, è
professore emerito di storia della filosofia
alla Università di Nanterre.
(traduzione dal testo registrato di
Giorgio Gardlól)
8
8 vita delle chiese
24 ottobre 1986
ITINERARIO NELLE TRE VENEZIE
EGEI
Da una città di preti e militari In caso di catastrofe
all’c<cAtene del Trentino»
C’è un modello veneto di tipo
economico caratterizzato da una
continua ristrutturazione dell’industria, dove i più alti livelli tecnologici convivono con sacche di
arretratezza. C’è un modello veneto di ordine politico dove la
vecchia convinzione dell’egemonia "bianca” è stata definitivamente incrinata dai risultati elettorali del 1983. Certo la DC continua a ricevere i maggiori consensi (e qui l’atteggiamento cambia di provincia in provincia), il
consenso cresce anche intorno al
PCI, ai partiti laici e spesso anche a formazioni di destra. C’è
inoltre un modello veneto di carattere religioso che tenta di coniugare la vecchia tradizione cattolica con nuove esperienze di fede. Se nel 1973 (secondo un’indagine DOXA), la media delle persone adulte che frequentano là
messa nelle Tre Venezie si attestava intorno al 43%, oggi la media è scesa a livelli del 30, 35%.
L’antica « Vandea cattolica » è
oggi popolata a macchia di leopardo da piccoli quanto numerosi gruppi religiosi: dai Testimoni di Geova, ai Buddisti, ai
seguaci di vari « guru » indiani.
Certamente la ristrutturazione
industriale, la massificazione dei
processi culturali, trascinano inevitabilmente un modello regionale specifico su medie nazionali.
Tutto il mosaico della religiosità
veneta, e particolarmente di quella cattolica, è di incredibile vitalità.
Come muoversi in questo campo di forti differenziazioni, dove
le spinte individuali di ricerca
vengono comunque (quasi esclusivamente) assorbite e pilotate
nelTambito della chiesa cattolica? C’è anche — ed è quello che
qui c’interessa — im modello riformato, ma diciamo meglio una
presenza protestante che non da
oggi cerca un dialogo, il confronto con la realtà veneta. Questa
volta ci fermiamo a Verona, la
città ohe nel 1184 emanò la «decretale contro gli eretici ». Stupenda città medioevale, oggi città di preti e di militari; prima
tappa di questo "giro" nel VII
Circuito, che da Verona si allarga fino a Trieste e Gorizia.
VERONA
« Oggi inizio insieme a voi un
cammino, lunga è la strada che
mi porta a Dio, ma io non l'ho
dimenticato e nel battesimo sono
certo del suo perdono; chiedo al
Signore di essere partecipe della
salvezza, e alla comunità il conforto della ricerca comune ».
Parole semplici, raccolte da
una comunità attenta ed emozionata. E’ la domenica d’inizio delle attività; nell’antica chiesa valdese di Via Pigna, dopo la predicazione del pastore Giuliana
Gandolfo, Maria Luisa e Cipriano
Tomacelli — giovane coppia con
due figli — confessano la propria
fede in Cristo e chiedono di entrare a far parte della comunità
valdese di Verona. Prima delTagape fraterna si tiene una breve assemblea, dove la quarantina
di persone presenti discute di
problemi organizzativi; tra le
tante cose si dibatte anche della
necessità di aprire un « centro
culturale valdese ». C’è il rischio
che l’iniziativa fallisca, che la
proposta di informazione teologica e di evangelizzazione cada nell’indifferenza generale. Ma giovedì 9 ottobre, centosettanta persone hanno riempito la Sala Goethe,
dove Ricca della Facoltà Valdese,
e Guidi del Seminario diocesano,
da angolature diverse, hanno presentato il pensiero teologico di
Dietrich Bonhoeffer, a cui significativamente è intitolato il nuovo
centro culturale. Un successo?
« Sì, certamente — ammette il
Un appello è stato lanciato in
questi giorni dal Servizio di Azione Sociale della Federazione
delle Chiese evangeliche in Italia per la formazione di squadre di « pronto intervento » in
caso di catastrofi. Prende così
consistenza una proposta che
era stata avanzata già dalla Assemblea tenutasi a Torre Penice nel 1979', ma che finora aveva avuto difficoltà a concretizzarsi. L’idea è quella di avere
un elenco di persone disponibili con le relative qualifiche. Per
questo è stata approntata una
scheda molto dettagliata, nella
quale oltre ai dati anagrafici si
chiede di conoscere se uno è radioamatore, quali hobbies pratica, qual è la sua professione
ecc. C’è bisogno di gente quali
ficata, in grado di muoversi sul
territorio anche in assenza di
collegamenti normali. Una volta compilati questi elenchi sarà
possibile approntare una mappa
relativa ai punti d’incontro ove
dovranno convergere i volontari
per recarsi, insieme al coordinatore di squadra, sul luogo delle operazioni di soccorso.
La Federazione ha affidato al
past. Enrico Trobia l’organizzazione di questo servizio. Quindi
chi volesse segnalare il proprio
nominativo o avere maggiori informazioni, può rivolgersi al seguente indirizzo : Past. E. Trobia ■ Via Garibaldi 60 - 97019
Vittoria (RG). L’augurio è che
questo servizio non debba mai
operare !
Rovereto - Membri di chiesa di fronte alla nuova Sala valdese.
pastore Gandolfo ■— ma è necessario continuare a tessere la rete
di rapporti e potenziare il
confronto con la città perché il
compito che spetta alla nostra
piccola comunità è molto grande.
Entro quest’anno intendiamo
proseguire con l’attività del centro presentando ancora il pensiero teologico di Barth e di Tillich ».
Nella comunità valdese di Verona non mancano i giovani, né
la scuola domenicale, né i catecumeni; il quadro è completo,
ma in una grande dispersione
geografica. « I giovani ci sono, —
mi dice Ruggero Mica, farmacologo, sovrintendente del VII Circuito — lo sforzo è di creare un
ambiente dove i giovani stiano
bene, di dare loro un ambiente in
cui possano sviluppare la loro sensibilità. E noi ci proviamo ». La
Unione Femminile sta esaminando i dati di un questionario distribuito tra tutte le partecipanti
per « rendere più incisiva la nostra attività » e all’occasionie, per
il culto domenicale, si aggiungono anche fratelli e sorelle della
chiesa di Trento e di Rovereto.
ROVERETO
Proprio a Rovereto, su proposta dell’assemblea di Circuito, la
Tavola Valdese ha recentemente
acquisito un nuovo locale di culto. « E’ una scommessa — ammette il pastore Gandolfo che cura i contatti con il gruppo valdese di Rovereto — ed è anche l’attestazione di una presenza riformata in Trentino ».
Rovereto, al confine dell’Impero austro-ungarico, antico centro
della seta, oggi è una cittadina
industriale in crisi. « Per noi che
siamo un piccolissimo gruppo riformato — dice Erica Sfredda,
25 anni, studentessa di lettere —
onesta Sala è molto importante.
Lì faremo non solo il culto pubblico, ma anche la scuola domenicale. Vorremmo che diventasse
un centro aperto, un luogo dove
tentare il dialogo, il confronto
con la città ».
Insomma, nell’ antica « Atene
del Trentino », nei luoghi che videro la tragedia della prima
guerra mondiale, oggi cimitero
della grande industria (più di
duemila persone in cassa integrazione), si è voluto porre un segno di speranza; un punto di incontro per la rarefatta dispersione dei valdesi, degli anglicani,
dei luterani e di chi vorrà confrontarsi con l’Evangelo e con
l’ecumenismo nella singolare situazione trentina.
Giuseppe Platone
{Primo di una serie
di 4 articoli).
CONVEGNO IN CAMPANIA
La formazione biblica
dei nostri figli
Uno dei momenti più significativi della vita delle chiese metodiste, valdesi e libere della
Campania (13° Circuito) è l’attività di formazione biblica per
i bambini e gli adolescenti.
Per una popolazione di oltre
200 alunni delle scuole domenicali e dei gruppi di catechismo sono all’opera circa 20 fratelli delle nostre comunità oltre
ai pastori e a qualche predicatore locale.
Siamo alla ripresa di questa
attività dopc' la pausa, estiva e
in un convegno organizzato dal
consiglio di circuito si e posto
il problema della formazione
teorico-pratica di questo gruppo
di lavoro che con dedizione e
impegno svolge da diversi anni
un servizio sempre più impegnativo.
Tale convegno si è svolto a
Monteforte Irpino (AV) nei giorni 4-5 ottobre con la partecipazione di un buon numero di
fratelli e sorelle impegnati nella scuola domenicale e nel catechismo. Dopo un’ottima relazione del prof. Giorgio Girardet
sul tema: « Quale formazione
CORRISPONDENZE
Poca preghiera
rVREA — Dal 16 al 24 ottobre
ha avuto luogo la seconda settimana ecumenica per la pace,
proposta da un organismo a cui
aderiscono movimenti laici e
confessionali, tra cui la Commissione Pace e Disarmo delle chiese evangeliche, insieme con Federazione giovanile ebraica, Adi,
Fuci, Mir, Mani Tese, Pax Christi. Segretariato per le attività
ecumeniche e altri. A Ivrea la
settimana è stata aperta con una
serata predisposta da ebrei, cattolici, fratelli e valdesi, sul piano della parità: i rispettivi rappresentanti hanno parlato in ordine alfabetico e lungo un tempo uguale per tutti, 10 minuti a
testa.
L’assemblea ha scandito gli
interventi con pause di silenzio,
intese al raccoglimento e a preghiere mute o espresse, e con il
canto corale dove si sono ripercorsi testi famosi come We shall
overcome di Pete Seeger, Risposta di Bob Dylan e l’augurale
Evenu shalom alejem.
Il motto della bella locandina
era : « Credenti uniti per prega
re, informare, agire per la pace ».
Punto debole è stata proprio la
preghiera : timidezza, incapacità, disabitudine, novità, forse
hanno fatto da freno. Per il resto buona partecipazione (non
c’erano solo credenti), oltre cento persone, la metà giovanissimi.
Un gruppetto dei nostri ragazzi
ha eseguito due canti. Diversi
commenti hanno giudicato la serata riuscita e positiva sotto l’aspetto ecumenico e quello dei
contenuti.
Insediamento
TARANTO — Domenica 12 ottobre nel corso del culto è stato
insediato il pastore Eugenio
Stretti. Hanno partecipato al
culto e all’agape fraterna una
ottantina di fratelli. Durante il
culto, presieduto dalla delegazione del XIV Circuito formata
da Giovanni Magnifico e Anna
Vaninelli, è stato posto particolarmente l’accento sulle radici della testimonianza evangelica nel Sud. Sono stati citati i
predicatori evangelici e pensatori Giuseppe Gangale e Bonaventura Mazzarella. In particolare — per quanto riguarda Mazzarella — si pensa di organizzare
un momento di riflessione comune a tutte le Chiese di Puglia
e di Lucania sul suo pensiero.
Pastore a caccia
di documenti
VENEZIA — Il pastore Berlendis è impegnato nella raccolta di documentazione per un libro sulla storia della chiesa valdese di Venezia dalla sua fondazione, avvenuta nel 1867, ad oggi. Si tratterà di un lavoro di
taglio più giornalistico che scientifico : nelle intenzioni dell’autore dovrebbe trattarsi di un libretto agile e ampiamente illustrato.
Chi fosse in possesso di materiale riguardante l’argomento
della pubblicazione, specialmente per i primi anni del Novecento (circolari, verbali di riunioni, fotografie, articoli di giornale, ecc.) può mettersi in contatto col pastore, che sarebbe ben
felice di riprodurlo e restituirlo.
biblica per i nostri figli? » e due
comunicazioni sulla situazione
del catechismo in Campania (una comunicazione riguardava i
problemi di chiese di città e
una seconda la realtà della diaspora), il dibattito si e svilup;
pato su due linee: i problemi
della aggregazione e la finalità
del lavoro di formazione biblica
Se da una parte esistono oggettive difficoltà per raccogliere
bambini e adolescenti in una situazione di dispersione, dall’altra parte si è registrato con
soddisfazione il sorgere di nuovi momenti di incontro tra giovani. E’ il caso del gruppo giovanile della chiesa valdese di
Napoli via dei Cimbri il quale
(presente quasi al completo al
convegno) svolge un servizio di
formazione per bambini e ha dato inizio ad una serie di attività
comunitarie come, ad esempio,
un culto dei giovani utilizzando
il mimo come mezzo di comunicazione.
Si è detto, nel convegno, che
la finalità della formazione biblica per bambini e adolescenti è quella di «fare scuola»,
cioè formare teologicamente le
nuove generazioni dando loro
soprattutto la « passione » per
la Bibbia coinvolgendoli nella
vita della comunità. Dunque,
« fare scuola » con serietà, usando gli strumenti che la didattica
moderna indica e cercando di
insegnare cosa vuol dire « leggere la Bibbia » oggi. Questo aspetto del problema della finalità
della formazione biblica ha incontrato un consenso unanime.
Nel secondo giorno il convegno ha cercato di diventare un
laboratorio pratico di animazione biblica. Con l’aiuto del
prof. Yan Redalié si è cercato
di comprendere questa tecnica
sperimentandola nella conaprensione di un racconto biblico.
Questo momento del convegno
ha veramente coinvolto tutti suscitando vivo interesse per tale modo di comunicare il messaggio deirevangelo.
Passando alle conclusioni e
alle prospettive future, il convegno ha sottolineato innanzitutto la necessità che una iniziativa del genere deve continuare per costituire un vero
corso di formazione per monitori e catechisti. Durante l’inverno
si dovrà organizzare un nuovo convegno nel quale la tecnica della animazione biblica sarà applicata in concreto nel
programma di lavoro delle nostre comunità.
Giovanni Anziani
9
24 ottobre 1986
vita delle chiese 9
VIAGGIO TRA S VALDESI DI CALABRIA - 4 CRONACA DELLE CHIESE DELLE VALLI
Bethel;
nel cuore della Sila
L eredità di Gioacchino da Fiore - Le tracce di G. Gangale e K. Barth
- L impegno per I oggi e il rilancio dell’opera giovanile nel Meridione
Catanzaro ad alcuni di noi fa
\’enire in mente Gerusalemme,
un centro antico posto in alto,
con vicoli stretti. Ma prima si
passa in basso attraverso un
mare edilizio e terreni con delle capanne, quasi le "favelas”
eli Catanzaro.
Guidati dal pastore Giambarresi attraversiamo le piccole
strade strette del centro storico. La gente non sembra abituata a dei gruppi turistici. Alla
Discesa Filanda, in un condominio, si trova la sala multifunzionale della comunità di Catanzaro.
I membri della comunità ci
accolgono con grande calore. Mi
rallegro di rivedere le sorelle
che erano venute a Torre Pellice
per il congresso PFEVM. Adesso
hanno preparato una cena festosa per gli ospiti. Prima celebriamo un culto bilingue insieme.
Dna signora tedesca sposata lì
ed attiva nella comunità fa l’interprete. Il pastore commemora, nella sua predicazione su
Giovanni 16, Gioacchino da Fiore
che nel ’200 ha lavorato in Calabria nella speranza che lì incominciasse la terza era, quella
ctello Spirito Santo, che permetterebbe un vero rinnovamento
della chiesa. Gioacchino da Fiore
fu condannato per le sue eresie.
Solo nel 1868 incomincia un nuovo tentativo di rinnovare la
chiesa con la comunità evangelica libera, appartenente alla
chiesa di Gavazzi, il cappellano
di Garibaldi. Il pastore si chiede perché non siano passati i
\'aldesi nel 1860, ma c’era ancora una "barriera” dopo lo sterminio dei Valdesi in Calabria
nel 1561. La comunità sostiene
un grande lavoro culturale (anche tramite il centro "Giuseppe Gangale”) e si spera di fare. attraverso conferenze ed incontri, un significativo lavoro di
contatto e d’evangelizzazione.
Due membri della comunità ci
raccontano come agli inizi degli anni sessanta un giovane pastore li avesse introdotti nel pensiero teologico di Karl Barth;
di conseguenza essi lasciarono il
loro fondamentalismo e spiritualismo e si buttarono come
credenti nell’impegno per una
Calabria migliore. Questo giovane pastore insegna adesso
teologia sistematica alla Facoltà
, di Teologia.
Ci diamo appuntamento per la
domenica mattina seguente a
Bethel, nella Piccola Sila. Un
viaggio attraverso un paesaggio
incantevole per raggiungere su
strade comode questo centro
ecumenico, in mezzo ai boschi.
Accanto alla più piccola struttura di pietre naturali, appena coperta con un tetto nuovo, sta
sorgendo una struttura più grande che dovrebbe dare spazio ad
altre cinquanta persone. Il centro sembra funzionare molto
bene, è diventato il punto d’incontro per le comunità calabresi. Incontriamo di nuovo le famiglie di Reggio, le donne di
Catanzaro, i giovani di Dipignano. Celebriamo il culto all’aperto in un bel gruppo. Gianni Genre legge una predicazione di Allan Boesak, che suscita la reazione di un pastore venuto dalla Germania: «Non sapevo che i
Valdesi si interessassero tanto
per la sorte degli altri ». Gianni
Sagripanti e Vittorio Matarese
ci raccontano la storia di Bethel: sorta come piccola casa per
la comunità di Catanzaro, diventa Un centro per i giovani
evangelici della Calabria a partire dal 1979. Si fanno dei campi
Al centro della foto tl past. Gianni Geme; alla sua sinistra il past.
busanne Labsch. Dietro si intrawedono le strutture di « Bethel »,
Il centro giovanile cominciato a costruire nel '64 per inizia.tiva del
j , ., ^‘^(<^^zaro, ed oggi punto d'incontro della gioventù
del Meridione.
di lavoro. La casa passa alla
Tavola Valdese. Si avviano programmi per tutti gli interessati in Italia ed all’estero. Quest’estate ha visto un gruppo di
inglesi interessati ai problemi
del Mezzogiorno, il campo ecumenico sulla "differenza fondamentale tra cattolicesimo e protestantesimo” ha registrato molti partecipanti ed il campo giovanile sull’amicizia ha messo in
contatto giovani del Nord e del
Sud. « Anche se all’inizio abbiamo litigato molto, salutameli
tutti, alle Valli », mi dice un
giovane partecipante.
Adesso le comunità hanno
comprato un piccolo bus per
portare i gruppi dalle città al
centro.
I membri del comitato sperano che si possa avere im direttore, a metà tempo, per il centro
visto che il suo lavoro va tanto bene che supera le possibilità d’impegno per i volontari.
Mangiamo all’aperto sotto i pini. Un membro della comunità di
Dipignano ha portato un paniere di fichi freschi. Purtroppo, appena fatta amicizia, dobbiamo
già ripartire.
Ci sentiamo un po’ come i
gruppi di turisti giapponesi che
svolgono un grande programma
in fretta. Vorremmo stare di più
in questa simpatica atmosfera di
fraternità. Albert, mio marito,
ed io ci siamo proposti di ritornare per una visita più lunga. Già
con un po’ di nostalgia per i
Valdesi della Calabria il nostro
gruppo si avvia per il lungo
ritorno verso il Nord. Speriamo
che questi incontri possano ripetersi.
Susanne Labsch
CONCISTORI DEL 1° DISTRETTO
Istruzione
alle Valli
« Istruzione e cultura alle Valli », questo il tema dell’incontro
programmato dalla CED per i
Concistori del Primo Distretto.
Perché proprio questo tema? Gli
anni passati, al centro della riflessione dei Concistori, era stato
posto il problema dell’« essenziale nella Chiesa ». Si aveva infatti
l’impressione che le Chiese si
preoccupassero di molte, troppe
cose, disperdendo le proprie forze, senza riuscire ad incidere in
maniera significativa nella realtà. Apparentemente, il tema suona diverso per rincontro di quest'anno. In realtà, siamo sempre
nello stesso ambito di problèmi.
Parlare della "cultura”, significa
in concreto parlare anzitutto della nostra identità. Oggi un qualsiasi ragazzino ohe esca dalla
scuola media, possiede un grado
di istruzione senz’altro superiore
a quello di suo nonno contadino,
ma non è detto che abbia più cultura di lui. Anzi, spesso si ha la
impressione apposta! Cosa è successo? In secondo luogo significa preoccuparsi del domani. Av
e cultura
vengono intorno a noi grossi processi di trasformazione, che inevitabilmente subiamo senza poter
gestire in alcun modo. Si tratta
allora di capire le linee di tendenza in atto, in modo da non
trovarsi spiazzati al momento
buono. In terzo luogo, il problema è strettamente legato alla
predicazione.
Infatti, se vogliamo che essa
sia in qualche modo collegata
con la realtà, incarnata, dobbiamo essere in grado di leggere ed
interpretare quanto accade intorno a noi. Ecco perché il tema di
quest’anno riprende le linee della riflessione già abbozzata.
Le relazioni introduttive sono
state chieste a: Roberto Giacone,
professore presso il Collegio,
Bruna Peyrot, insegnante, da un
po’ di tempo distaccata presso la
Società di Studi Valdesi, e al pastore Giorgio Tourn. L’appuntamento è per domenica 26 ottobre
a Pomaretto, presso il Teatro del
Convitto, dalle ore 14,30 in poi.
L. D.
L’esortazione
e gli assenti
torre pellice — Le Scuo
le Domenicali e i corsi di catechismo hanno avuto inizio con
il culto di domenica 19 ottobre,
durante il quale il past. Tourn,
prendendo spunto dagli argomenti del programma, ha esortato i bambini e i loro genitori
a cercare l’incontro con Gesù
nella vita comunitaria e nel culto domenicale. Come spesso succede nelle nostre assemblee l’invito avrebbe dovuto essere rivolto ai numerosissimi genitori
(e catecumeni) assenti...
La Scuola domenicale degli
Appiotti continua la sua attività
anche se il numero dei bambini
è notevolmente diminuito, per
puro calo demografico, ma anche per trasferimenti, la maggior parte delle volte, purtroppo, non segnalati. Le famiglie
con bambini dai 5 agli 11 anni
sono invitate a usufruire di questo importante servizio, che si
svolge il sabato alle ore 14.30;
L’Unione dei Coppieri ha iniziato la sua attività il venerdì
sera con più di trenta partecipanti. I giovani hanno elaborato un programma centrato su
uno studio riguardante il cambianiento di cultura (o di mentalità) dei giovani in questi ultimi quarant’anni.
• Inizia giovedì 23 alle ore
20.30 al centro d’incontro l’attività del gruppo interconfessionale. La pace sarà il tema della
riflessione biblica.
• Martedì 28, ore 20.30, avrà
luogo nel tempio un concerto
della Corale della chiesa di Düsseldorf, che eseguirà musiche
da chiesa del tempo della Riforma e del periodo romantico.
• Sono deceduti Alma Rivoir,
Alberto Jburdan e Manfredo
Long Boér. La comunità esprime la sua solidarietà fraterna
alle famiglie in lutto.
La visita
del professore
VILLAR PELLICE — Dome
nica 19 corr. m. il prof. Sergio
Rostagno ci ha fatto visita da
parte della Facoltà di Teologia
ed ha presieduto il culto; lo ringraziamo vivamente per il messaggio rivoltoci ed auguriamo a
lui, ai suoi colleghi ed agli studenti un anno benedetto dal Signore.
• Il fratello e la sorella Enrico Bouissa e Susanna Geymet
hanno ricordato i sessant’anni
di matrimonio partecipando al
culto di domenica 12 c. m. insieme ai loro familiari. La chiesa si rallegra con i coniugi
Bouissa e rinnova loro l’augurio di molti anni ancora di vita
in comune sotto lo sguardo del
Signore.
• Durante il culto di inizio
delle attività, domenica 12 c. m.
è stata battezzata Valerla Maria
Geymonat di Luciano e di Fiorella Tupone; la grazia del Signore riposi su questa bambina e sulla sua famiglia.
Attività
VILLAR PEROSA — Il culto
del 12 ottobre è stato presieduto dal pastore Noflke. In occasione della visita della Facoltà
di Teologia alle valli, il culto
del 19 ottobre è stato presieduto dallo studente Fulvio Ferrarlo.
• Martedì 14 è stato celebrato il funerale di Sandro Fornerone. Alla sorella Ida Fornerone
esprimiamo l’affetto di tutta la
comunità, con un pensiero di solidarietà alle figlie e ai familiari.
• Venerdì 24 si conclude il
ciclo di incontri su Amos. Gli
incontri biblici proseguiranno in
novembre, ogni venerdì alle ore
20.30, sul profeta Osea.
• Domenica 26, culto con Santa Cena; sarà con noi un gruppo di insegnanti tedeschi con
Cipriano e Ruth Tourn.
Alle 11.15 sarà celebrato il matrimonio di Bruno Costantino e
Carmela Russo.
• La prossima prova della corale sarà il 3 novembre.
• L’Unione Femminile all’Inverso si riunirà domenica 2 novembre.
• L’assemblea di chiesa è convocata per domenica 16 novembre.
Culto intemazionale
VILLASECCA — Nel quadro
della settimana della presenza
della Facoltà alle Valli, Paolo Tognina, svizzero. Massimo
Marottoli, valdese italiano, Magdalena Tiebel, tedesca, sono stati i tre studenti in teologia che
hanno visitato la nostra comunità presiedendo il culto di domenica 19 corr. Molti i membri
di chiesa presenti, fra i quali
tutti i catecumeni dei quattro
anni di catechismo.
E’ stato un incontro molto
simpatico, gioioso e significativo per lo scambio di presentazione reciproca della comunità
e degli studenti.
• Ricordiamo la riunione
quartierale ai Trossìeri, venerdì
24 corr. Il past. Sergio Rihet,
attuale direttore, ci parlerà delle attività di Agape.
Elezione del pastore
LUSERNA S. GIOVANNI —
L’Assemblea di Chiesa è convocata per domenica 26 c.m. alle
ore 10 nel Tempio per pronunciarsi sulla eventuale riconferma
del pastore Bruno Bellion, giunto, con il prossimo anno, al termine del settennio del suo ministero pastorale nella nostra
comunità.
Dopo il culto, presieduto dal
pastore Giorgio Tourn, si procederà ai lavori di votazione, diretti da un delegato della Commissione Distrettuale.
Si ricorda che la validità dell’Assemblea è condizionata dalla
presenza della maggioranza dei
membri elettori.
Calendario
In questa rubrica pubblichiamo le
scadenze che Interessano più chiese
valdesi delle valli. Gli avvisi vanno fatti
pervenire entro le ore 9 del lunedi
precedente la data di pubblicazione
del giornale
Domenica 26 ottobre
n INCONTRO DEI
CONCISTORI
POMARETTO — Alle ore 14.30 si tiene l'incontro dei Concistori delle Valli
presso il Teatro del Convitto, sul tema: - Istruzione e cultura alle Valli. I
riflessi nella vita delle chiese ». Introducono Roberto Giacone, Bruna Peyrot. Giorgio Tourn.
□ ASSEMBLEA TEV
TORRE PELLICE — Alle ore 14.30
presso la Casa Unionista si tiene l'assemblea mensile del movimento di
Testimonianza Evangelica Valdese
(TEV). L’assemblea è aperta a tutti
gli interessati.
10
T
1
10 cronaca delle YaUi
24 ottobre 1986
I piccoli
comuni
COSA SUCCEDE AL RIFUGIO?
«Carlo Alberto»
senza fognature
il presidente del Consiglio,
Bettino Craxi, parlando all’Anci
(l’associazione che raggruppa i
comuni italiani) ha affermato che
8.200 comuni in Italia sono troppi e che occorre pensare ad una
loro riduzione attraverso uri accorpamento dei più piccoli tra
di essi.
Nelle ìwstre vallate la notizia
è rimbalzata dalle pagine dei
giornali e subito si è levata la
protesta. « Ma come — dicono
gli amministratori di comuni
quali Salza, Massello, Rorà, Frali, Lusemetta, che non superano
i 500 abitanti — dopo anni in
cui, nonostante gli scarsi mezzi
finanziari a nostra disposizione,
abbiamo lavorato disinteressatamente per i nostri paesi, dobbiamo chiudere? Chi conosce i
nostri problemi? I grandi comuni del fondovalle? La montagna ancora una volta paga l’amministrazione allegra delle metropoli! ».
E’ difficile dar loro torto. I
piccoli comuni sono spesso, qui
da noi, esempio di corretta amministrazione. Gli amministratori svolgono un reale servizio a
favore di tutta la popolazione.
Non hanno mezzi e spesso ci rimettono anche finanziariamente.
Chi paga loro i viaggi (numerosi) che devono fare a Torino per
far valere i diritti dei loro amministrati che vogliono ad esempio poter vedere la televisione
di stato (ma la Rai non costruisce i ripetitori per la gente di
montagna), che devono sbrigare
la pratica per un argine che se
non fatto in tempo provocherà
danni magari irreparabili alla
borgata ancora abitata?
Ci sono amministratori che non
solo passano le notti a studiare
come risolvere un problema che
interessa tutti, ma che fanno anche materialmente i muratori,
gli stradini, i lattonieri per riparare con poco le proprietà e
i servizi municipali.
Tutto questo senza prospettive di carriera politica, né di tornaconto individuale. Al massimo, dopo una decina d’anni di
questo servizio, arriverà loro la
croce di cavaliere.
I problemi posti dal presidente del Consiglio sono però reali: l’autonomia dei piccoli e piccolissimi comuni si riduce a poca cosa, nonostante lo spirito di
servizio degli amministratori.
Nessuna iniziativa è passibile
senza passare attraverso le forche caudine della burocrazia degli enti superiori, la stessa ordinaria manutenzione del territorio comunale è possibile solo
grazie all’apporto del volontariato.
La democrazia è qui diretta e
non delegata. L’amministrato si
rivolge senza formalità all'amministratore per criticarlo o per
svolgere una pratica.
La questione dei piccoli comuni va dunque vista nella dialettica tra democrazia ed efficienza della macchina che amministra. I consorzi e le comunità
montane sono però — anche a
causa delle leggi che li regolano
— lontani dal garantire democrazia ed efficienza. Anche la soluzione dell'accorpamento che finisce per privilegiare i comuni
più grandi, è insoddisfacente.
Forse una soluzione ci sarebbe:
non sopprimere i piccoli comuni e riformare la legge sulle comunità montane.
la sistemazione dei terreni venivano compiute senza risparmio
di impegno e di tempo. Tutti attendevano legittimamente che
la festa di luglio fosse anche la
inaugurazione della nuova costruzione. Ma i mesi son passati
e la casa è ancora vuota, mentre continua il disagio degli
ospiti e del personale.
A tre mesi
dalla inaugurazione del
nuovo edificio
del Rifugio, il
comune non
ha ancora
iniziato i lavori
per le
fognature. Per
gli ospiti un
altro inverno
nel vecchio
padiglione?
Molti si stanno domandando,
non senza giustificata inquietudine ; che cosa succede al Rifugio di Lusema San Giovanni?
A luglio una bellissima festa
aveva segnato la conclusione dei
lavori di ampliamento, durati,
ahimè, più del prevedibile, e tut
ti hanno potuto ammirare la
bella costruzione, ampia, accogliente, luminosa. Per rispettare
questa scadenza le imprese appaltatrici avevano intensificato e
accelerato i lavori conclusivi,
mentre le forniture di mobili e
suppellettili, le pulizie generali.
E’ giusto che si sappia che il
motivo di fondo è dato essenzialmente dal ritardo dei lavori
di costruzione della fognatura
comunale a cui il Rifugio si deve allacciare, alla altezza della
borgata dei Bellonatti. Tali lavori, promessi per il mese di settembre, sono indispensabili per
procedere al collaudo generale
e per ottenere il certificato di
abitabilità. Il Rifugio ha intanto provveduto a completare alcuni interventi per il completamento degli impianti. La casa è
ora pronta per accogliere gli
ospiti: non rimane che attendere con fiducia che i meccanismi
burocratici comunali si sblocchino al fine di consentire il già
predisposto trasferimento che
dovrebbe avvenire prima dell’inverno.
Alberto Taccia
LO SPOPOLAMENTO DELLE ALTE VALLI
I giovani
è il
qual
e la montagna;
vostro futuro?
«L’adolescente di montagna» è
il titolo di un audiovisivo realizzato in questi giorni, dopo mesi
di lavoro, dalla Comunità Montana Val Pellice, che è stato presentato, in anteprima, a Pradeltorno.
I grossi problemi dell’adolescente di montagna sono un po’
i problemi di tutta la gioventù
di oggi acutizzati, spasso, dalla
solitudine e dalla carenza di
scambio di esperienze.
Se i Comuni di montagna devono vivere, che cosa bisogna fare perché la montagna abbia un
futuro? L’audiovisivo ha sollevato diversi, importanti interrogativi. Secondo Piercarlo Longo, presidente della Comunità Montana Val Pellice, bisogna « saper battere nuove strade, il
settore dell’agricoltura non può
dare molto di più di quel che gli
è stato sinora richiesto. E’ necessario tornare alla vocazione
antica della Val Pellice, che è la
vocazione industriale ».
Nel dibattito che si è svilup
pato nella piccola scuoletta di
montagna, a Pradeltorno, un giovane operaio notava che recentemente la ditta GOR di Torre
Pellice ha chiuso i battenti (180
addetti) e si è trasferita altrove;
altro dato significativo e denso
di preoccupazioni p>er il futuro
riguarda il popolo dei pendolari
FIAT o RIV ohe « hanno quasi
tutti i capelli bianchi » e non si
vede chi li rimpiazzerà. Insomma c’è un futuro per la Val Pellice?
Nel 1922 c’erano ventiduemila
abitanti in Val Pellice, esattamente come oggi, ma la composizione sociologica è profondamente mutata; oggi ci sono molti più anziani-pensionati e un
terzo di pendolari. Mutate sono
anche le condizioni sociologiche
delle alte Valli; a Rorà e ad Angrogna il numero anagrafico della popolazione continua a calare. Da anni il numero dei nati
non supera quello dei morti. E
quando in queste zone nasce un
bimbo o una bimba lo si regi
Giorgio Gardlol
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(Città mercato) - Tel. 011/293854.
Autunno in
Val d’Angrogna
ANGROGNA — «Turba coh
cinens », l’ottimo coro pinerolese, ha raccolto un ulteriore successo di pubblico domenica 19
sera nel tempio di Pradeltorno
presentando un ricco repertorio
canoro diretto dal maestro Sacco. « L’Autunno in Val d’Angrogna » prosegue con l’apertura sabato 25 ottobre alle 14.30 di una
mostra mercato di prodotti agricoli e artigianali e della mostra
su ’la pace e i diritti umani’.
Sempre sabato 25 alle 15, presso la Sala Valdese si terrà un
incontro dibattito con Christian
Segui, professore in naturopatia
a Marsiglia, che parlerà su « la
médecine populaire par les simples ».
Sempre sabato 25, alla chiesa
cattolica di S. Lorenzo, il coro
«Edelweiss» del CAI-Torino, diretto dal maestro Ramella, terrà una serata canora.
Domenica 26 ottobre a S. IjOrenzo, al mattino alle 9, si terrà
una ’cavalcata della Val d’Angrogna’, ski-roll-marcia alpina-ciclismo organizzata dallo Sport
Ch’b Angrogna. Alle 12, presso
la Sala, prenotandosi per tempo
(entro le ore 10) si potrà ottenere una polenta con spezzatino
e alle 14.15 verrà presentato il
progetto di risistemazione ( « una
vetrina sulla Val d’Angrogna»;
dell’antica ala municipale. Dopo
la premiazione della gara spor
tiva alle 15 castagnata e ballo ir
piazza per finire in allegria h
« ottava edizione > di questa vi
vace e impegnativa iniziativa.
Contro l’apartheid
stra come un grande avvenimento. Riconvertire il settore dell’agricoltura non basta anche se
molto è stato fatto in questi anni e, forse, molto di più — data
la durezza e la povertà oggettiva del territorio — non si potrà
fare. Puntare sull’industria come dice il socialista Longo richiede nuovi investimenti e un
nuovo disegno politico che sinora è stato appena schizzato.
« Il problema della montagna —
osserva un insegnante di Angrogna — è un problema politico,
si tratta di vedere se il governo
vuole che la montagna viva oppure muoia. Se non si seguirà
l’esempio di ciò che si fa in altri Paesi, le alte Valli continueranno lentamente a morire con
danni incalcolabili per tutti ».
11 problema dei giovani è legato al problema del futuro. I
pochi giovani rimasti nelle alte
Valli affrontano il duro lavoro
quotidiano in un mondo alpestre sempre più isolato, specie
nei lunghi mesi invernali. E, dopo tanto resistere, alcuni se ne
vanno. E’ una tendenza irreversibile? Siamo o non siamo sul
viale del tramonto? E’ ancora
possibile non lasciarsi vincere
dalla rassegnazione?
Giuseppe Platone
PINEROLO — E’ possibile fare qualcosa per sostenere la lot
ta contro l’apartheid in Sud A
frica? Come manifestare la no
stra solidarietà? Per rispondere
a questi interrogativi e cercare
insieme forme concrete di lotta
a livello locale, è stato organizzato a Pinerolo un incontro-di
battito presso i locali comunali
di Via Lequio. L’incontro si svol
gerà giovedì 30 ottobre, con ini
zio alle ore 18. L’iniziativa è so
stenuta da forze diverse: la Caritas diocesana, la Comunità di
base di C.so Torino, il PCI, DP.
la CISL, la CGIL, il Comitato
Pace di Pinerolo, il Concistoro
della chiesa valdese di Pinerolo,
la PGEI-Valli.
La serata sarà divisa in due
parti : nella prima, rivolta soprattutto ai credenti, si cercherà di dare spazio alla voce di
testimoni particolarmente significativi, come Allan Boesak ed
altri; si studierà il documento
« Kairos » e la dichiarazione della Conferenza episcopale dei cattolici sudafricani. Nella seconda
parte, con inizio alle 20.45, sarà
data un’informazione storica a
cura del centro F. Antonicelli di
Torino, sarà presentato un audiovisivo, si esaminerà il problema del coinvolgimento delle
banche italiane nei prestiti al
Sud Africa.
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Mobilificio
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(di fronte Caserma Alpini « Berardi »)
11
24 ottobre 1986
cronaca delle Valli 11
MANIFESTAZIONI DOLCINIANE
Le donne nei
movimenti ereticali
medioevali
CONVEGNO Da Düsseldorf
Handicap
e lavoro
alle Valli
BIELLA — Sala della biblioteca civica affollata sabato 13
settembre per la conferenza di
Domenico Maselli sul ruolo della donna nei movimenti spirituali e pauperistici del Medio
Evo. Partendo da Maria come
donna qual era vista dal Cristianesimo dei primi secoli, concezione a cui resteranno fedeli i
« dissidenti », mentre la chiesa
di potere l’aveva « assunta » ad
un ruolo di dea e regina proiettata al di fuori dell’umanità
sofferente, Maselli ha sottolineato l’importanza della donna come « guida » e « maestra », quale appare in Guglielmina boema
( fondatrice dell’avvincente « eresia femminista» del duecento),
nella Beatrice dantesca, nelle
sante Chiara, Rita e Giovanna
d'Arco. Come è stato anche puntualizzato nel dibattito, la donna era allora riconosciuta come
« centro » della cultura (intesa
in senso antropologico, in rapporto all’ambiente), cui l’uomo,
e la famiglia, devono la difesa
contro i tre « mali »: il freddo
(essa conosceva l’arte di accendere e tenere acceso il fuoco), la
fame, la malattia.
Margherita da Trento, se non
fu « guida » come le altre più
note, fu invece protagonista della grande sfida al potere laico e
clericale accompagnando Dolcino in tutta la sua epica e tragica vicenda. Ma quando i movimenti spiritualistici, che avevano fatto emergere il ruolo
femminile, vennero stroncati con
la strage ed i roghi, ed i valdesi — che sempre riconobbero alla donna anche la dignità di
predicare e testimoniare la Pa
rola — furono confinati nel ghetto delle Valli, la donna diventò il più colpito bersaglio della
repressione clericale e temporale, e fu dal potere trasformata in « strega », capro espiatorio con cui si intendeva colpire la resistenza sociale, economica, culturale-cultuale di larghe fasce della popolazione.
La domenica mattina, alla Bocchetta di Margosio (Trivero),
si è tenuto il culto all’aperto con
Santa Cena, con la partecipazione di una buona rappresentanza evangelica (chiese valdesi-metodiste di Vintebbio, Omegna,
Ivrea e Biella) e di un significativo gruppo di convenuti aderenti al Centro Studi Dolciniani, che ha poi tenute la sua assemblea al « cippo » sulla vetta
del Monte Mazzero; Domenico
Maselli ha presieduto il culto,
sottolineando attualità e valore della testimonianza dolciniana (Dopo morto egli parla ancora) ed il richiamo simbolico che
ci ispirano le pietre dell’obelisco, portate lassù dagli operai
biellesi e valsesiani nel 1907 per
rivendicare Dolcino nel VI centenario del martirio (Allora Samuele prese una pietra..., I Samuele 7: 12). I presenti hanno
unito le loro voci nel canto di
« Forte rocca » e « Il regno tuo.
Signor nel mondo venga ».
Dopo l’agape fraterna alla
baita del Margosio, i Refolé
della Val Cervo hanno accompagnato danze e canzoni della
cultura operaia ed alpina con la
riproposta di antichi strumenti come la viòla dij bòrgno e
la piva.
Tavo Burat
(brandi assenti, gli imprenditori. A un convegno organizzato
a Torino dalla Provincia sul tema «Tra occupazione e soddisfazione », con riferimento alla
problematica dell’inserimento degli handicappati psichici nel
mondo del lavoro, non sono intervenuti proprio coloro che più
di altri potrebbero far qualcosa
in questo campo.
All’incontro, che si è svolto dal
17 al 19 ottobre, hanno partecipato invece amministratori, operatori del settore, medici, rappresentanti di associazioni che
si occupano di handicappati; il
risultato che è stato ottenuto
è stato quello di programmare
un successivo incontro, da tenersi entro dicembre, fra le parti sociali, per valutare le possibilità di assunzione di «un numero consistente» di handicappati psichici entro tempi brevi.
Purtroppo, come aveva rilevato nei giorni scorsi un esponente dell’amministrazione provinciale, « la difficoltà nasce dal
fatto che quando riusciamo a
portare questi soggetti a una
condizione di autosufficienza non
riusciamo poi a trovare loro
un’occupazione ». In questa situazione pesa anche indubbiamente l’inadeguatezza — denunciata da più parti nel corso del
convegno — della legge sull’avviamento al lavoro degli handicappati, che da un lato non distingue nemmeno fra invalidi
con piena, ridotta e nulla capacità lavorativa, e dall’altro è largamente disattesa.
Restano comunque immutati,
dopo tante parole, i problemi
dell’inserimento sociale degli
handicappati psichici.
UNA INTERESSANTE RICERCA
La famiglia Pons-Cadet
Il dott. Emanuele Pietro Pons,
nato a Massello nel 1897, commercialista, per molti anni esperto di contabilità presso il tribunale di Roma, autodidatta, si è
appassionato alla storia attraverso la ricerca genealogica della
sua famiglia, che discende dal famo.so PonsCadet, il più giovane
dei valdesi assediati alla Balsiglia, dopo il Rimpatrio.
I suoi studi sono stati pubblicati in un interessante libretto
dal titolo « Manoscritti del Giacomo PonsCadet fu altro e discendenti - Anni 1701 -1903 », edito dalla TER - Roma.
II protagonista del racconto è
Giacomo Pons, che dopo gli avvenimenti del 1690, aggiungerà al
suo cognome, il nomignolo di Cadet, « minore », « più piccolo ».
La tradizione orale della famiglia
Pons-Cadet, passata da padre in
figlio, ha sempre sostenuto che
tale soprannome sia stato una
concessione di Enrico Arnaud.
Egli infatti, come si sa, aveva familiarità con il linguaggio e i modi di dire della cultura europea
del XVII secolo assimilata negli
anni passati a Leida, in terra
olandese. Qui l’usanza faceva sì
che il primogenito di una casata
assumesse la direzione della famiglia e della proprietà al posto
del padre e che gli altri, i cadetti,
scegliessero invece strade diverse.
Le tracce di Giacomo Pons prima di chiamarsi anche Cadet arrivano fino ai tempi delTesilio,
prima a Berna, poi a Basilea con
le sorelle Maria e Margherita, le
stesse che ritroviamo citate nel
documento del 6 maggio 1740. In
questo compromesso, le 25 lire
di Piemonte sono pagate al conte Vibò di Prali per l’eredità dei
loro beni dal nipote, il figlio cioè
del primo Giacomo, che porta
l’intero cognome di Pòns-Cadet.
Altri due documenti avvalorano la continuità di questo cognome. 11 primo è il censimento del
maggio 1698, promosso dall’autorità governativa del Regno Sardo-Piemontese dei Savoia e il secondo è l’elenco dei novecento
salpati da Prangins, sul lago di
Ginevra, nella notte fra il 26 e il
27 agosto 1689, depositato presso
il museo della Balsiglia. Su tutte
e due le fonti si parla di iPons-Cadet o di "detto” Cadet.
La funzione di cadetto era importante. In genere comportava
lo svolgimento di compiti ad alto
rischio e di non facile adempimento, come portare missive in
un territorio controllato dai nemici.
« Vediamo mio cadetto, cosa
chiederemo a Dio per i nostri nemici? ». Fu la storica frase detta
da Arnaud, in un momento di
pausa. «Chiederemo a Dio di far
cadere su di essi del fuoco e della folgore » — rispose il giovane.
« No, continuò Arnaud, noi
chiederemo semplicemente che
Egli mandi loro della grandine ».
Queste affermazioni sono riportate anche dallo storico Jean Jalla, nella sua raccolta di leggende
valdesi. Con la tradizione orale
della famiglia Pons-Cadet c’è pe
rò una discrepanza sul tempo e
il luogo deH’accaduto. Secondo
E. Pons, infatti, l’episodio è capitato prima dell’evasione dei vaidesi attraverso il precipizio, guidati dal capitano Filippo Tron
Poulat, mentre i francesi li accerchiavano da tre parti contemporaneamente, prima cioè di
aver deciso la strategia per rompere l’assedio.
Il libro riporta ben 57 documenti originali, preziose fonti
per gli studiosi, l’ultima delle
quali alla data del 1903: il risultato è una lunga storia dei discendenti del « Cadet » attraverso vendite di stabili, cessioni, testamenti e affitti che mediante il
linguaggio burocratico caratterizzano due secoli di vita.
Non c’è che da rallegrarsi per
questo lavoro del dott. Pons, che
a quanto dicono i suoi conoscenti ha percorso e amato le montagne delle valli quasi quanto il
suo illustre avo!
B. P.
E. P, PoN.s : « Giacomo Pons - Godei, fu altro » - TER - Roma, L.
20.000. Il volume è disponibile presso
la Libreria Claudiana, via Principe
Tommaso, 1 - Torino.
• Hanno collaborato a questo
numero: Dino Gardiol, Graziella Lami, Bruna Peyrot, Teofilo
Pons, Bruno Rosi agno, Aldo
Rutigliano, Franco Taglierò,
Renzo Turinetto.
Dal 26 al 31 ottobre sarà in
visita alle Valli Valdesi una corale di Düsseldorf, la Priedenskantorei, che è entrata in contatti amichevoli con la corale di
Torre Pellice. La ’Friedenskantorei’ proporrà musiche ecclesiastiche dell’epoca della Riforma
fino ad oggi. Secondo il motto
biblico : « A Dio cantate un canto nuovo» questa corale offre
il suo servizio da trent’anni in
una grande comunità evangelica nel centro di Düsseldorf come impegno nella testimonianza
e nell’evangelizzazione. Direttore
della corale è il professore Volker Ebers, docente di musica
ecclesiastica e di organo presso
il conservatorio di Düsseldorf e
« KMD », un ministero nella
chiesa tedesca che si potrebbe
tradurre con « Direttore di musica ecclesiastica», cioè responsabile per la musica ecclesiastica in culti e concerti in tutta la
Renania.
Questo il programma: il 28
ottobre (inizio alle 20.30), concerto nel tempio valdese di Torre Pellice; il 29 ottobre, a San
Germano, sempre al tempio valdese, concerto in favore della
ristrutturazione dell’Asilo. L’ultimo appuntamento è per U 31
ottobre a Pinerolo, nell’ambito
delle celebrazioni del centoventicinquesimo anniversario della
fondazione di quella chiesa.
RINGRAZIAMENTO
«J’ai patiemment attendu l’Eternel et il s’est tourné vers mol
et il a ouï mon cri »
(Ps. 40: 2)
Il giorno 11 ottobre 1986
è mancato il prof.
Manfredo Long-Boër
Nel dame l’annuncio ad esequie avvenute, per desiderio dell’estinto, la famiglia ringrazia tutto il personale dell’Asilo Valdese per l’opera di altissimo
valore umano svolta nei confronti del
loro congiunto.
Luserna S. Giovanni, 19 ottobre 1986
Oggi
e domani
Amnesty International
TORRE PELLICE — Giovedì 23 ottobre, alle ore 16.30, avrà luogo una riunione con il seguente o.d.g.: a) distribuzione di appelli in favore dì tre prigionieri per motivi di opinione (URSS,
Zambia, Perù); b) Partecipazione ad
« Autunno in Val d’Angrogna ■> - 25 e
26 ottobre; c) Trattenimento pomeridiano per Amnesty: Foresteria dì Torre
Pellice, 8 novenibre, dalle ore 14,30
in poi con thè, dolci ecc. e ’’tavolino”
per la raccolta delle firme per 1 prigionieri dì opinione; d) Varie.
AVVISI ECONOMICI
SIGNORINA cerca qualsiasi lavoro ore,
assistenza anziani, stirare, ecc. Tel.
0121/55539.
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RINGRAZIAMENTO
« ...ho finito la corsa, ho serbato la fede »
(2 Timoteo 4: 7)
La moglie e le figlie di
Sandro Fornerone
ringraziano tutti coloro che con scritti
e parole di conforto hanno preso parte
al loro dolore.
Villar Perosa, 12 ottobre 1986
Ade ed Enrico Gardiol, con Claudette, Giosi e Vittorio prendono parte
al lutto.
RINGRAZIAMENTO
«Tu sei il mìo ricetto. Tu mi
guarderai da distretta. Tu mi
circonderai di canti di liberazione »
(Salmo 32: 7)
La moglie Jolanda, i figli Davide e
Lilia con il marito Franco e la nipotina Giulia esprimono la loro commossa riconoscenza a tutti coloro che hanno voluto testimoniare la loro simpatia per la morte del loro caro
Ugo Rivoiro Pellegrini
Un ringraziamento particolare al
pastore Ernesto Ayassot ed al prof. Eugenio Tron.
Si prega di destinare eventuali offerte in memoria all’Ospedale Valdese
di Torre Pellice.
Torino, 20 ottobre 1986
RINGRAZIAMENTO
« Quand'anche camminassi nella valle dell'ombra della morte,
io non temerei male alcuno,
perché tu sei con me »
(Salmo 23: 4)
I familiari di
Elisa Ciraud ved. Micol
neirimpossibilità di farlo singolarmente, ringraziano tutti coloro che in
qualsiasi modo sono stati loro vicino
nella triste circostanza. Un ringraziamento particolare al personale medico
ed infermieristico dell’Ospedale Valdese di Pomaretto, ai pastori Lucilla
Peyrot e Martin Hanauer e a tutti
quelli ohe sono stati di conforto con
la loro presenza ed il loro affetto anche durante il periodo della malattia.
Massello, 20 ottobre 1986
USSL 42 • VALLI
CHISONE ■ GERMANASCA
Guardia Medica :
Notturna, prefestiva, festiva: presso Ospedale Valdese di Pomaretto - Tel. 81154.
Guardia Farmaceutica ;
DOmInICA 26 OTTOBRE 1986
San Germano Chisone: FARMACIA
TRON - Telef. 58766.
Fenestrelle: FARMACIA GRIPPO Via Umberto I, 1 - Tel. 83904.
Ambulanza :
Croce Verde Perosa: Tel. 81.000.
Croce Verde Porte; Tel. 201454.
USSL 44 - PINEROLESE
( Distretto di Pinerolo )
Guardia Medica :
Notturna, prefestiva, festiva: Telefono 74464 (Ospedale Civile).
Ambulanza :
Croce Verde Pinerolo: Tel. 22664.
USSL 43 - VAL PELLICE
Guardia Medica :
Notturna, prefestiva e festiva: Telefono 932433 (Ospedale Valdese).
Guardia Farmaceutica ;
DOMENICA 26 OTTOBRE 1986
Luserna San Giovanni: FARMACIA
CALETTO - Via Roma 7 - Telefono
909031.
Ambulanza :
Croce Rossa Torre Pellice: Telefono 91.996.
12
12
e società
24 ottobre 1986
AIUTI ALLO SVILUPPO
PER I DIRITTI UMANI
Le banche “alternative”
una realtà anche in Italia
I prigionieri
dimenticati
L’intera società mondiale costruisce, giorno dopo giorno,
uno sviluppo che prepara un futuro di alienazione, oppressione
e morte. Se esiste un’alternativa
per le singole persone non disposte ad assoggettarsi a questa logica, questa passa per l’obiezione e la non collaborazione
con progetti aventi come obiettivi la speculazione, il profitto, il
dominio. Ogni minuto, nel silenzio dell’ignoranza e nella legalità formale, molte strutture
ufficiali come le banche, le assicurazioni, le industrie pubbliche
e private, stritolano sempre più
le idee ed i progetti che sono
rispettosi della libertà e della
vita, in armonia con la natura,
rivolti a costruire ima società
« altra ».
Noi tutti, più o meno consciamente, compiamo decine di operazioni quotidiane che anche
in maniera indiretta tendono a
neutralizzare quel poco di sforzo e di impegno che cerchiam'o
di portare alla causa di una vita migliore. Non può essere
sufficiente andare a votare, partecipare a manifestazioni e convegni dei movimenti e dei gruppi a noi vicini, informarsi; è
sempre più necessario (di questi
tempi, poi...) « radicalizzare »
l’impegno, passare dalla fase
dell’informazione e della protesta a quella della coerenza e
della testimonianza.
Da alcuni anni diversi gruppi
stanno cercando di organizzare
delle attività eccnomico-produttive diverse, nel tentativo di m
scire dall’alienazione dei lavori
dipendenti tradizionali. Ciò non
è facile, soprattutto perché i
progetti vorrebbero garantire lina minima sussistenza economica a coloro che vi lavorano. Tutti i progetti alternativi, avendo
necessità di un capitale iniziale,
si scontrano inevitabilmente
con le tradizionali organizzazioni del credito — le banche —
che, per la loro natura, non
agevolano attività che non danno utili immediati e che non
garantiscono il rientro del capitale eventualmente prestato
nei tempi, nei modi e con gli
interessi commerciali da loro
richiesti.
In Italia, l’argomento denaro
è uno dei più scabrosi temi di
discussione (quasi come la morte o il sesso...); parlarne non è
elegante, ed è comunque indiscreto. Bisogna rendersi conto
che si deve imparare a gestirò il
denaro in prima persona, facendo in modo che non venga impiegato per lo sfruttamento,
l’ingiustizia, per speculare sul
patrimonio naturale, per costruire fabbriche di armi o centrali
nucleari, per finanziare governi razzisti ed omicidi, come
quello del Sud Africa (Istituto
Bancario S. Paolo « docet »). Il
primo passo da compiere è dì
non depositare denaro nelle banche tradizionali, nelle quali il risparmiatore viene espropriato
di ogni diritto di controllo sulTamministrazione, sull’utilizZo e
sulle finalità dell’impiego del
proprio denaro.
A questo scopo sono sorte da
diversi anni nel nord Italia le
MAG (Mutua Auto Gestione): il
fine è quello di cumulare i risparmi di tante persone per
investirli in attività mirate e
coerenti con i propri principi e
finalità. Non volendo e non potendo diventare delle banche tradizionali — le norme di legge
ed i regolamenti della Banca
d’Italia costringerebbero queste
strutture a condizioni capestro
che snaturerebbero i principi
alternativi per l’utilizzo dei soldi
— le MAG vogliono agire come
una banca senza esserlo. Si qualificano per le seguenti caratteristiche:
— sono giuridicamente delle
cooperative, che più di ogni altra forma societaria garantiscono statutariamente il rispetto
della partecipazione e dell’uguaglianza tra i soci: sono prima
di tutto società di persone;
— raccolgono i soldi dai soci
depositanti, pagando un interesse (di solito leggermente più
alto del tasso bancario). Prestano denaro a gruppi o associazioni che lavorano con determinati
obiettivi, riscuotendo un altro
interesse (più basso di quello
praticato dagli istituti di credito). Ciò consente un utile alle
MAG ed una convenienza economica ai sottoscrittori;
— vogliono in questo modo
dimostrare la massima sensibilità verso chi lavora per diminuire i grandi problemi sociali,
in settori dove prevalentemente
« girano » gli stessi soci: ecologia ed ambiente, pace e disarmo, informazione e diffusione
alternativa, emarginazione (disoccupati, cassaintegrati, handicappati, tossicodipendenti, excarcerati, écc.);
— realizzano un circuito di capitali che vengono utilizzati con
criteri totalmente diversi rispetto ai canoni tradizionali,
basando cioè il finanziamento
sulla conoscenza delle persone e
dei progetti, sulla fiducia riposta dagli stessi soci e, conseguentemente, sul diretto controllo della destinazione dei risparmi. Il circuito di capitali
gira in continuazione e non è
finalizzato a singole iniziative;
una volta rientrato il denaro da
Un progetto, viene riutilizzato
per un altro;
— qualificano eticamente l’organizzazione tecnica con alcune
« trovate » che vanno a scardinare alcuni privilegi del « santuario » creditizio. Esiste l’autodeterminazione dell’interesse
(nel senso che ogni socio depositante decide quale sarà l’interesse che gli verrà pagato, naturalmente aH’interno di un minimo e di un massimo), il limite alla concentrazione di grosse cifre, la garanzia che gli
stessi soci devono offrire della
serietà . dei progetti da finanziare, la certezza che tante piccole cifre, insignificanti se prese singolarmente, messe insieme
costituiscono grossi capitali, la
convinzione che la maggior parte della gente abbia delle somme accantonate che non usa mai.
La proposta è quindi di un
rapporto nuovo con il proprio
risparmio, per dargli sbocchi
controllati e finalizzati dall’individuo stesso. Si tratta di rompere quel timore di rischiare
che ci attanaglia quando si entra nell’argomento soldi.
« L’uomo sa cosa deve fare
eppure non lo fa. Perché? » (M.
K. Gandhi).
Gigi Eusebi
Una ’’Settimana” ó\ Amnesty International per
risvegliare la coscienza moniJiale: 20-26/10
« I prigionieri dimenticati » è
il titolo di un articolo pubblicato su di un giornale londinese
25 anni fa. Da allora, purtroppo, malgrado l’azione costante
ed anche efficace di Amnesty e
di altre organÌ2E;azionl internazionali, ci sono ancora nelle carceri di tutto il mondo dei prigionieri, soprattutto politici, di
cui si ignora persino resistenza.
Ogni anno, in ottobre, Amnesty
dedica loro una ’Settimana’, in
cui presenta aH’opinione mondiale dei casi emblematici, per
attirare l’attenzione non solo^ su
di essi, ma su tutte le vittime
delle violazioni dei diritti umani, che soffrono in carcere isolamento, maltrattamenti e torture, senza Che alcuna notizia
di loro raggiunga il mondo esterno. « Persone inghiottite nell’oblio delle prigioni, dei campi
di lavoro o di cosiddetta rieducazione e dei centri di detenzione clandestina» per citare una
recente circolare di A.I. diffusa
in occasione della ’Settimana’,
che ha luogo dal 20 al 26 ottobre.
Tra i dodici casi di ’prigionieri
dimenticati’ presentati quest’anno da Amnestv c’è quello di un
attivista politico indonesiano,
arrestato ventuno anni fa dalle
forze di polizia e ancora oggi
detenuto in una prigione di una
lontana zona dell’isola di Borneo. Solo dopo 18 anni dal suo
arresto si seppe qualcosa di lui!
Una delle ragioni per cui si
viene a conoscere con tanta difficoltà, e alle volte per nulla,
dell’esistenza di tanti prigionieri
ha origine dal fatto che essi provengono da piccole e povere comunità rurali, isolate, lontane
dalla capitale e dai maggiori
centri del paese. Molte volte uno
dei maggiori ostacoli alla diffusione delle notizie sui prigionieri viene dalla ignoranza della
lingua nazionale, che è quella
delle autorità governative e del
sistema giudiziario e non lo è
delle classi sociali più umili.
Inoltre i governi adoperano
l’arma della segretezza per ostacolare la diffusione delle informazioni sui detenuti, che potreb
Fede ed ecologia: attenzione al cortocircuito!
(segue da pag. 1)
ecc, che è connesso con l’una o
l'altra scelta energetica).
La seconda obiezione: perché
la religione o le religioni dovrebbero essere di particolare
orientamento in queste scelte
che ci riguardano tutti come abitanti del pianeta Terra?
Insieme ad altri della mia generazione, alcuni anni fa mi son
trovato a combattere aspramente un altro miscuglio che andava di moda, quello tra fede e
politica o meglio tra cristianesimo e marxismo. Anche allora
non mancavano illustri esponenti religiosi certi che l’immissione di alcuni valori cristiani nel
marxismo avrebbe prodotto un
felice umanesimo. Purtroppo
questo miscuglio ha avuto esiti
diversi e, in alcuni casi, funesti;
resta il fatto che di nuovo oggi
penso che i credenti debbano
reagire criticamente ad eventuali facili commistioni di cristianesimo ed ecologia.
Il rapporto uomo-natura non
è certo estraneo al messaggio
biblico. Ma mi sembra che, almeno in Italia, siamo invece negativamente condizionati da due
altre culture: una, di connota
zione cattolica, per la quale appare buono ciò che è naturale e
piuttosto cattivo ciò che è artificiale, fatto daH’uomo (si pensi
ai metodi di contraccezione ammessi da santa madre chiesa o
alle simpatie per il medioevo di
Comunione e Liberazione); l’altra cultura, di tipo positivistamarxista, ritiene la natura capace di riparare sempre i danni
causati ed ha una fiducia illimitata nelle capacità umane di dirigere e controllare lo sviluppo
tecnologico.
Ora, se per tutta una lunga fase il lavoro umano e la tecnologia hanno indubbiamente permesso di ricevere dalla natura e
daU’ambiente dei vantaggi, sappiamo che, da un certo punto in
poi, questo non è più vero: il
danno provocato è maggiore del
beneficio ottenuto, non solo, ma
si estende al futuro e non è più
riparabile da altra tecnologia.
Quanto alla prima linea di
pensiero, che ho definito di stampo cattolico, chiediamoci; questa preferenza per la natura rispetto all’opera delle nostre mani è veramente biblica? Dovrebbero rispondere dei teologi: a
me pare che la questione fonda
mentale posta nella bibbia non
è, per l’uomo, il come stare al
mondo (e dunque neppure il suo
rapporto con la natura), ma il
senso del suo starci, cioè della
sua vita. E a questo interrogativo di senso il testo biblico risponde, mi pare, indicando da
un lato l’ubbidienza a Dio, alla
sua volontà, e dall’altro il rapporto di amore fra gli uomini
Può darsi che queste indica
zioni bibliche, nel loro concre
lizzarsi quotidiano e storico, d
oggi, comprendano anche de
comportamenti morali positiv
per una difesa dell’ambiente
ma esiterei a chiedere alle reli
gioni di fornire una base morale all’ecologia, come mi sembra
si volesse intendere nell’incontro di Assisi.
Non un nuovo umanesimo ecologico, al posto dell’ umanesimo
cristo-marxista di ieri è ciò che
devono dare i credenti: piuttosto il tener viva, sia nell’impegno per la natura come nella ricerca scientifica o nello sviluppo tecnologico, questa fondamentale domanda di senso che
ci viene dalla riflessione sulla
parola di Dio.
E così tocchiamo anche l’al
tro grosso punto di confusione
di Assisi: la confusione sull'ecumenismo. Le celebrazioni con il
WWF sono state presentate come ’celebrazione ecumenica’: ma
cosa vuol dire oggi questo termine, in televisione o sui giornali? Se cinque esponenti religiosi si mettono insieme per
scrivere un appello, fanno ecumenismo? Sì, se ecumenismo significa dialogo, confronto di posizioni, accordo su certe cose
(evidentemente questa interpretazione serve a dire alla gente
che chi non c’era — tanto per
cambiare, i protestanti italiani
— non vuole il dialogo, il confronto, ecc.). No, se ecumenismo
è una co,sa seria, cioè disponibilità di ogni chiesa di mettersi in
discussione davanti a Dio e davanti aH’evangelo e rapporto che
nasce fra le chiese a causa di
questo comune, e uguale, porsi
di tutte davanti all'unico capo
che è Gesù Cristo. Ma, per l’appunto, si tratta di Dio, non della natura o di Cernobyl. Forse,
nel deformato (a caso?) modo
di fare informazione reli^osa in
Italia, vale la pena ogni tanto
di ricordarlo.
Marco Rostan
bero essere utilizzate dalle organizzazioni nazionali ed internazionali per denunciare le violazioni dei diritti dell’uomo.
Spesso chi raccoglie e fornisce notizie, in merito, diventa
oggetto di intimidazione, arresto e anche tortura e sparizione.
Molti stati promulgano leggi
che vietano ai cittadini di comunicare all’estero informazioni che « possono essere dannose
agli interessi nazionali » ; queste
leggi vengono applicate soprattutto nei riguardi di attivisti politici, come è il caso di un attivista cecoslovacco punito con
diversi anni di carcere per avere descritto ai suoi parenti all’estero le sue condizioni caree
rarie ed il caso di uno scrittore
turco che è stato condannato a
10 anni di detenzione per ave:
fatto riferimento alle persecu
zioni dei Curdi in Turchia ir:
una lettera inviata al Presiden
te degli scrittori svizzeri.
In alcuni paesi sono sorti di
Gruppi per i diritti umani, m
i loro membri vengono perse
guitati ed arrestati, come in A
geria, URSS, India, Sri Lan'r:
Corea del Sud, Zimbabwe, ec
In Cile e in Guatemala ci scr.>
stati casi di minacce di me;'
torture, sparizioni e omicidi ¡
litici.
Le famiglie dei prigionieri
no le più esposte alle rappresi.glie della polizia se forniscono
informazioni sui loro congiiuni
detenuti, perciò esse sono mcln,
riluttanti a comunicarle ad .An
nesty e, se lo fanno, chiedo:/;
quasi sempre la non pubblici’a.
Questa è una delle tante ras/>
ni per cui 1 prigionieri vengi .o
’dimenticati’ e non si può o r
nulla per loro.
Ma può accadere pure cht il
prigioniero stesso non possa tar
conoscere la sua situazione al
mondo esterno, perché si trova
completamente isolato, in ct ila
di segregazione. Questa è la ietenzione in ’incommunicado’.
Nessuno sa dove sia detenuto,
nessuno può intervenire in suo
favore. In Iran, secondo le informazioni di Amnesty, non c'è
nessun controllo della magistratura sulla detenzione in ’incommunicado’. Non c’è nessun limite di tempo alla detenzione senza accusa né processo. Alc’uni
prigionieri vengono anche siustiziati in segreto.
In diversi stati il processo,
ammesso che venga istruito, non
è conforme agli standards internazionali, perché spesso si svolge a porte chiuse. In Pakistan
alcuni detenuti politici processati a porte chiuse, sono stati condannati a morte senza prove di
colpevolezza.
In 'Vietnam le persone possono rimanere confinate in campi di lavoro, senza imputazioni
né processi, per anni e anni.
In diversi paesi è vietato il
diritto alla difesa e alle testimonianze in proprio favore.
In conclusione, si può dire che
le manifestazioni indette que;
sfanno per il 25” anniversario di
Amnesty International e la 'Settimana’ promossa in ottobre per
’I prigionieri dimenticati’ vogliono ricordare a tutti noi che le
violazioni dei diritti umani avvengono ovunque ci sono uomini e donne incarcerati in condizioni disumane, disperatamente
soli e indifesi, ignorati e dimenticati. « Ascoltiamo » le loro grida di aiuto, anche se queste non
possono giungere alle nostre
orecchie!
a cura di
Anna Marnilo Reedtz