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ECO
DELLE miXT VALDESI
Spett.
BIBLiaiECA VALDESE
TORRE PELLICB
(Torino)
S e 11 i m a 0 a I e
della Chiesa Valdese
Anno Xf - Num. 40
Una copia Lire 40
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\ Eco: L. 2.000 per l’interno
/ L. 2.800 per l’estero
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TORRE PELLICE — 8 ottobre 1965
Ammin. Claudiana Torre Pellice - C.C.P. 2-17557
Un viaggio
e un
messaggio
CRONACA DEL CONCILIO
Mentre andiamo in macchina, Paolo VI sta svolgendo la sua visita lampo a New York e rivolgendo il suo
messaggio all’Assemblea generale delle Nazioni Unite. Non mi è quindi ancora possibile tener conto del suo discorso, unico elemento suscettibile di
essere cristianamente rilevante. Il resto è diplomazia ecclesiastica, « presenza » di facciata.
Si sta certo' ripetendo il quadro
mondano del «pellegrinaggio» palestinese del pontefice romano regnante; Paolo VI è ricevuto e ascoltato alI’ONTj come capo politico e .spirituale
al temoo stesso (rincontro con il presidenio .Johnson sottolinea questo caratten ambivalente della visita), poiché ceno nei valutare le forze in cam] o miete mondiale non si
j ur aere dalla potenza spiri
tuale. Doimca, ecoinomica costituita
dalla illesa romana.
T ccorre anche riconoscere
( he i che sta compiendo papa
Moi pi ivere un’altra dimensione e miaitra portata: è per questo
( he ione di ogni cristiano è
tesa pa le che egli sta pronun( lai a rnis.sione e il messaggio
potr 1 r a ere un reale carattere
profe alia prova di quest’impresa,
tale ci lar tremare con il timore di
Gere aspettiamo Giovanni Mon
tini- p comprendiamo ohe egli abbia
tra~c la iornata di ieri — ci dicono r i — in solitudine e pre
ghiera Non possiamo, a priori, reagire lanlo che ima volta ancora
ia g ma e il pontefice romano
mct e 1 naso negli affari che non
li ngu.'-raano. La chiesa del Signor
Ge to ha il diritto e il dovere
di e a e quel ministero della riconc e su cui insiste l'apostolo
Paolo. iS! proclamare l’evangelò della
pace sto e in Cristo a quelli che
sono V : ! Il e a quelli che sono lontani,
■p r i ente quanto geograficamente E li confessione cristiana a
urun e archica — che rifiutiar
mo — e naturale che questo ministero c r un modo particolaris
"imo it ce della piramide.
Che osa starà dicendo. Paolo VI?
Stara riconoscendo, pregiudizialmente, ii- colpe cristiane, e cattoliche
in parDcoifire, passate e recenti, contr- 1 Starà riconoscendo che
ha d 111 ,sè una chiesa il cui
episcoDfiio ha dato prova così poco
bmiamc nei dibattere il problema
della libertà religiosa? una chiesa che
ha avuto collusioni strette con tanti
nemici dell?, pace, da Hitler a Mussolini. a Franco, a Salazar, a Ngo Dihn
Diem? ima chiesa che talvolta ha usato il potere senza scrupoli calpestando, fino a ieri, in certi paesi, la libertà
di cosciPiiza? che, soprattutto, nonna
mai riconosciuto, .sconfessato e condannato queste colpe, pur essendo diplomaticamente incline a farle passare per intemperanze, arretratezze,
errori locali?
Non mi chiedo questo per sadico
impulso noilemico ; la radice di questi
interrogativi è assai più profonda:
poiché da questa rispo.sta pregiudiziale dipende se Paolo VI sta proclamando revangelo della pace di Cristo,
0 lo pseudoevangelo della pace della
Chiesa (romana): se parla cioè come
il beato possessore e il paterno maestro, 0 come il profeta che si sa colpito lui stesso dall’annuncio che nroclama. Non si tratta della virtù della
umiltà, .f;! tratta del senso che l’Evangelo, cioè il nostro Dio, ci sta sempre
di fronte, non è mai daila nostra parte, nè tanto mene nella nostra tasca.
E poi, bisognerebbe che il messaggio di pace portato in nome di Cristo
fosse davvero l’annuncio di Cristo,
nostra pace, non un generico appello
al buon senso e alla buona volontà.
Me li figuro, tutti questi volti, questa
gamma di tratti e di colori così, svariati, questi nensieri di cattolici, di
protestanti, efi ebrei, di musulmani, di
induisti, di buddisti, di confuciani, di
marxisti, di agnostici, di atei. Per niob
fissimi di loro l’uomo che hanno di
fronte è solo un occidentale, un bianco, il capo di una colossale organizzazione spirituale e molto terrena a.1
tempo stesso, l’esponente di una fra
le molte religioni. Deve dare le vertigini non solo la vastità deH’uditorio,
simboleggiata in qu.ei volti, ma soprattutto il sen.so terribile della discutibilità — a viste umane — del messaggio da portare. Un aeropago dilatato
ai limiti dell’universo umano. Un altro Paolo aveva saputo affrontarlo. E
oggi?
Aspetto che la radio, le telescriventi
delle agenzie stampa portino fino a
noi l’eco delle parole che stanno ri
suemando. Non posso dire, in coscienza, di avere molte speranze. La teologia cattolica, così, radicata nella teologia naturale; le ultime encicliche,
anche la molto, troppo conclamata
« Pacem in terris » ; iniziative come il
« Segretariato per i non cristiani » e
quello « per i non credenti » ( il parallelo mette in una luce particolare ed
equivoca pure il « Segretariato per la
unione dei cristiani»), con l’esplicito
programma di ricercare il minimo
común denominatore di valori « spirituali » che permettano alla Chiesa romana di assumere la leadership degli
uomini di buona volontà (gli atei e i
materialisti sono dei reprobi dannati?): tutto questo mi fa temere assai
che Paolo VI stia presentando la
candidatura cattolica a « religione delTONU ». In tal ca 50 1’« evento storico »
si risolverebbe, evangelicamente, in
una grandiosa occasione mancata.
Dinanzi a Paolo VI stava l’alternativa fra la diplomazia religiosa e la
profezia biblica. Temo che per Im, cattolico, questa non fosse una vera, radicale alternativa; e che abbia quindi
imboccato quasi inavvertitamente la
via spaziosa, su cui si incontrano non
schemi e ripulse, ma sorrisi cortesi e
magari calorose strette di mano : pure,
conduce alla perdizione, lontano da
Cristo, solo Signore e Redentore della
chiesa e del mondo. Guai alla guida
cieca, anche se si presenta «madre e
maestra». Il Signore chiederà conto
alla sentinella che non avrà avvertito
il popolo con richiamo verace a costo
di essere tagliente, al servitore che
non avrà esercitato correttamente il
ministero della riconciliazione, scongiurando gli uomini ; « Siate riconciliati con Dio! » (il Dio vivente e unico d’Israele e di Gesù Cristo), e quindi fra voi, poiché Cristo ha abbattuto
ogni muro fra voi.
Fra l’alternativa del coraggio delrecclesiastico e di quello del profeta,
tuttavia, c’è per noi, per me il rischio
del pavido imboscato^ Perciò non nesso essere uno spettatore distaccato.
Gino Conte
Una discussa
e discutibiia libertà
Tutte le confessioni di fronte alla legge sono uguali ma una è più uguale delle altre
Il ?1 settembre scorso è terminato
in Concilio il dibattito sulla libertà religiosa. Il prof. Giorgio Peyrot vi ha
già ampiamente informati, nel numero della scorsa settimana, sul significato del dibattito e sul valere del voto
ohe lo ha concluso. La discussione è
stata molto vivace Di fronte alla varietà dei punti di vista espressi, ci si
è resi conto, più che in altre occasioni, quanto sia semplicistica la comune ripartizione dei « padri conciliari » in conser\atori e progressisti
e come essa sia insufficiente a rispecchiare le diverse posizioni dell’episcopato cattolico sui vari temi che man
mano vengono sottoposti al suo esame Ad esempio, si è udito un noto
« conservatore » come il pacelliano
card. Spellmann, arcivescovo di New
York, lodare lo schema e la libertà
religiosa, mentre ben 150 vescovi tedeschi (l’episcopato tedesco viene di
solito considerato «progressista», almeno come orientamento generale),
per bocca del card. Jaeger, si sono
pronunciati .sulla libertà religiosa in
senso sostanzàalmeiite conservatore.
Inoltre, non solo i cosiddetti « conservatori » hanno aspramente cnticato lo schema: essi lo hanno fatto,
certo, e il peso della loro opposizione
resta rilevante, non tanto dal punto
di vista numerico quanto per la validità di molte delle loro argomentazioni. Anche alcuni « progressisti »,
come il vescovo coadiutore di Strasburgo mons. Elchinger e il vescovo
di Monaco Rupp, tumno avanzato notevoli riserve critidie sullo schema;
in particolare il vascovo Rupp ha rilevato che « lo schema è troppo negativo e corrisponde a un concetto
astratto di libertà, che porta il marchio del secolo scorso; esso rischia di
far dire che una volta di più la Chiesa [cattolica] è in ritardo nelle sue
idee, nelle sue riforme e nella sua
evoluzione.. Sarebbe molto opportuno integrare nella nostra Dichiara
la responsabilità... Dio chiama gli
uomini non servendosi della violenza
e della paura oppure alleandosi con le
potenze di questo mondo, ma per mezzo di Cristo che è la verità che rende
liberi... Perciò i messaggeri del popoli»
di Dio devono rinunciare a qualsiasi
forma di violenza, costrizione o influenza esercitata con mezzi materiali
o politici. Questo vale anche per i
rapporti tra la Chiesa e i propri fedeli per il mantenimento della fede:
nessuna forma di costrizione politica,
economica, sociologica o psicologica è
ammissibile... Nella Chiesa è importante ogni messa in opera della libertà, che è portata daU’amore di Cristo,
come anche Cristo ci ha redenti attraverso il suo libero sacrificio sulla
croce. L’amore di Cristo ci sospinge
non solo a andare incontro agli uomini con amore e nazienza ma anche
a far servire la libertà cristiana alla
salvezza del nostro tempo e alla edificazione di quel Regno che è davvero
la patria della libertà ».
Alcuni (pochi)
per una confessione
di peccato
E’ anche interes.sante notare che
sui 62 vescovi intervenuti solo tre (di
cui due, pelò, parlavano anche a nome di altri vescovi) hanno chiesto che
nella Dichiarazione venga in qualche
modo formulata una confessione di
peccato della Chiesa cattolica per i
delitti da essa commessi nel passato
contro la libertà _rèl^iósa. E’ sintomatico che due di essi provengono da
della libertà: si tratta dell’intervento paesi dell’Europa orientale e uno dalHenriquez, arcivescovo l’America latina. Sentiamoli: il card.
zinne le 7 posizioni sulla libertà religiosa recentemente pubblicate dal
Consiglio Ecumenico delle Chiese, di
Ginevra ».
Non è il caso qui di fare un’esposizione dettagliata di tutti gli argomenti che sono stati addotti, nel corso del
dibattito, a favore o contro lo schema. Si può dire in generale che molti
dei pareri espressi dai « padri » sono
parsi largamente condizionati dalle
diverse situazioni storiche, ambientali, politiche e giuridiche in cui essi vivono e 0|»erano. Cosi,, l’unanime consenso dai vescovi americani al principio della libertà religiosa sembra
ispirato più dalla loro fede nell’American Way of Life (cioè nella concezione americana delia vita sociale)
che dalla loro adesione al credo cattolico. Analogamente, la posizione di
un card. Wyszynski, arcivescovo di
Varsavia (Polonia), che in un intervento del 20 sett. ha avuto il coraggio di mettere nello stesso paniere
San Tomma.so. la Rivoluzione Fran
cese, Leone XITI e la Pacem in tenis
per contra-pporli tutti insieme alla
concezione marxista del diritto e della libertà, appare determinata più da
una particolare visione piolitica che
da genuine preoccupazioni religiose.
Una Isolata
vaca evangelica
Vale invece la pena di riportare alcune parti di im intervento che, fra i
62 che si sono succeduti in S. Pietro,
è forse 1 àulico da cui traspare una
comprensione veramente evangelica
del card. Silva
di Santiago (Cile) che parlando il
16 settembre ha detto ira l'altro: « La
Dìchiarazioiie sulla libertà religiosa
introduce uno spirito nuovo nell’apostolato della Chiesa in quanto rafforza nel predicatore dell’Evangelo la
sensibilità per lo spirito, la libertà e
gli
uomini
Ritratto di un prete:
DON MILANI
Dalia sua Barbiana, il Mugello c.t>
pare a perdita d’occhio una conca verde lambita dai boschi, punteggiata di
oarga.te su poggi aprichi E’ una terra
pittoresca come la miseria canipagncla, che qui è fonda ed ha ceno più secoli delle querce di monte Giovi, l’epicentre della resistenza mugellana al
nazifascismo. Lungo le strade sconquassate che. sulla direttrice Viccliio
Borgo-Dicomano, salgono a raggiungere le frazioni, i borghi squallidi e semivucti, a vent’anni dalla lotta non
restano che modesti memoriali: pietre, e sopra scritto il ricordo d’un fatto patito, il nome (o la lista) degli impiccati. dei fatti-fuori dopo ia tortura,
dei bruciati vivi con la catapecchia
crollante addosso.
E don Milani esercita il ministerio
tra la gente che ha sostenuto quella
prova; egli tira su i figlioli di quei
poveri che sperimentano a volte nel
corpo G nella psiche il crudo realismo
del detto secondo il quale « a chi non
ha sarà tolto anche quello che ha».
E’ forse il più « cittadino » e sconcertante parroco di campagna che abbia mai avuto il Mugello.
LA SCUOLA DEI POVERI
L’altro giorno l’aiia era pulita e
quasi tiepida: sotto due pergolati, tra
gli ulivi in un campo vicino, dei ragazzi di diversa età studiavano attorno a delle tavolate. Uno studiava l’inglese col sussidio di un disco. Qui la
scuola dura tutto l’anno, e quando il
tempo si mette al brutto gli alunni si
rifugiano nelle stanze della canonica.
Li, lungo una scaffalatura arrangiata,
c’è perfino l’Enciclopedia Treccani:
« Una mia zia m’ha detto : te la lascio
quando muoio. E allora io : bene, muori subito. La Treccani ora è preziosa,
qui. Coi ragazzi seguiamo gU avvenimenti mondiali leggendo insieme le
voci che riguardano i paesi di cui si
parla». ^ ^ ,
Don Milani ha il dono e il gusto dell’educatore, per questo è temibile, ed
ha avversari implacabili. (Poco tempo
fa, « ignoti » diedero fuoco, a Calen
zano, la notte prima dell’inaugurazione, alla sala di riunioni che i suoi
ex-alunni s’erano costruita). Egli ha
un motto : « tutto mi riguarda, mi
importa » e su questo basa l’azione
educatrice : nozioni pratiche, utili, e
interesse per le cose reali, concrete;
un continuo invito a compromettersi
col farsi una opinione motivata sulle
questioni del nostro tempo.
L’UOMO
E IL SUO PERSONAGGIO
Per estradizione, per struttura e per
formazione, don Milani è un borghese
e un intellettuale; e con questo sappiamo di recargli tale delusione e offesa da meritare una porzione del suo
vocabolario di riserva, ch’è discolo e
grosso. Certo, quel sue farsi tutto a tutti, quell’immedesimarsi nella sorte del
suo popolo fino ad assumerne il linguaggio, la diffidenza irridente verso
il borghese e l’intellettuale, ecc.... sono
espressione d’una vocazione, d'un amore per le creature —• anima, intellfi
genza e corpo. Ciò non impedisce di
scoprire subito che l’uomo s’è imbattuto nel suo personaggio, e l’ha sinceramente assunto : la ricerca d’una
(rafiinata) rozza semplicità, un (intelligente) disprezzo per chi si diverte
con le idee, un populismo che rasenta
la demagogia, l’ostentazione d’una
(reale?) avversione per la teologia,
per la cultura libresca. E potremmo
continuare.
Però don Milani capopopolo non
sarà mai, anche se forse l’ambizione
non gli manca. Sarà un isolato d’una
sorta di partito d’azione cattolica. Un
individualista che vive malcomodo nel
cauteloso e un po’ piatto mondo del
clero diocesano. Anche quel suo processo per la lettera in risposta ai (nove!) baldi cappellani militari non è
stata che l’occasione per manifestare
clamorosamente qualcosa che covava
da temi», ma « da solo », con una personalissima accentuazione.
IL PROCESSO
Non ama la comnagn’a non richiesta, don Milani; è un lupo solitario, e
un violento. Per quella sua pepatissima lettera — nella quale l’interpretazione storica e il buonsenso « laico »
sommergono l’imposi azione teologica — s’c buscata una denunzia, e s’è
manifestata una solidarietà da parte
di comunisti, di nonviolentì e valdesi.
Don Milani non ha chiesto nulla a
nessuno, e rifiuta i comunisti perchè
sono ambigui .malfidi, detesta i non
violenti perchè sono quattro intellettualoidi a spasso, guarda ai valdesi
non senza qualche apprensione, e si
spiega. «Se al proce.sso avessi la solidarietà dei valdesi, e non dei preti,
sarebbe una pugnalata nella schiena.
E’ la solidarietà, la presenza, dei preti,
che io voglio». In altre parole; se c’è
una corriera carica di preti e una di
popolani, don Milani è contento; il
resto lo amareggia. Dice queste cose
rapido, preciso, con quel linguaggio
sapido e tagliente ch’è proprio dei toscani, d’una logica, che sembra sopraffare il sentimento Anche la sua autodifesa, (perchè, logicamente, non vuole avvocati fra i piedi, a intrufolarsi
nel « suo » processo), è un capolavoro
di prosa' una studiata semplicità
espositiva, logica e caustica insieme,
gli argomenti scelti m modo che
chiunque li sappia apprezzare, e un
voluto accantonamento delle ragioni
teologiche, o almeno religiose, della
nonviolenza cristiana, della guerra alla guerra. Se sarà pubblicata, quell’autodifesa forse giuridicamente dannosa e in tante parti gratuita, avrà
successo editoriale, scoppierà come
CONTINUA
IN TERZA PAGINA
Beran, arcivescovo di Praga (Cecoslovacchia) ha detto il 20 settembre:
« Nel mio paese sembra che la Chiesa
cattolica stia oggi espiando le manchevolezze e i peccati commessi in suo
nome nei secoli passati contro la libertà religiosa, come il rogo di Giovanni IIuss nel secolo XV e la forzata
conversione al cattolicesimo di gran
parte del popolo nel secolo XVIII...
Co.st anche la storia ci ammonisce
che in questo Concilio il principio della libertà religiosa e della libertà di
coscienza dev’essere proclamato molto
chiarp,mente e senza alcuna restrizione, in spirito di penitenza per i peccati del passato». L’arcivescovo Baraniak, di Posznan (Polonia), il 17 settembre, a nome di tutti i vescovi polacchi, ha detto : « Sarebbe opportuno
ricordare nel 1" capitolo della Dicliiarazione che anche nella Chiesa cattolica si sono avute istituzioni che hanno appresso la libertà religiosa ». lofi
ne, il card. Rossi, arcivescovo ùi Sao
Paolo (Brasile), a nome di 83 vescovi
brasiliani, ha affermato il 20 settembre : « In armonia con il decreto sull’Ecumenismo sarebbe auspicabile che
sinceramente si confessassei'o gli errori commessi dalla Cliiesa catloiica
nei secoli passati contro la libertà di
coscienza in materia religiosa ». E’ per
altro assai improbabile che il desiderio di questi « padri » sarà soddisfatto
e che la Dichiarazione conterrà una
confessione di peccato da parte della
Chiesa cattolica per i suoi misfatti di
ieri e di oggi contro la libertà religiosa. Eppure solo una tale confessione
potrebbe dimostrare che la Chiesa
cattolica non si sta solo aggiornando
ma si sta convertendo. E la libertà religiosa è proprio uno di (fuei punti in
cui sarebbe quante mai auspicabile
che la Chiesa cattolica non sì aggiorni solo ma si converta.
Avallato
lo Stato confessionale
In sostanza, alla luce del dibattito e
in base alle anticipazioni che si hanno
sullo schema, si può supporre che il
Concilio sancirà senz'altro il principio
generale della libertà religiosa, fon
dandolo sulla dignità della ncrsiina
umana. Secondo lo schema, ogni uomo, di qualsiasi confessdo le religiosa,
ha il diritto di esercitare e manifestare liberamente la sua fede, come
singolo o come gruppo. Questo è, grosso modo, il principio. come si vede,
e più che soddisfacente. Vi sono per»
•alcune precisazioni che ne attenuano
non poco il valore Intanto, lo schema
ribadisce e sottolinea che il cattolicesimo resta la sola vera religione e la
Chiesa cattolica la sola vera Chiesa:
questo per evitare che dalla parifica
CONTINUA
IN QUINTA PAGINA
2
pag. z
8 ottobre 1865 — N. 40
Uni manràta •
di vicizièni responsabili
Ma come Hus non è confondibile con alcun altro credente in Cristo i
credenti conosciuti di Romani 16 hanno un nome ed una dimensione umana
loro propria; l’apostolo non li accoglie in una massa considerata globalmente
come « la chiesa », « la comunità » ma pronuncia il loro nome ed evoca la
loro esistenza concreta. La coppia Priska e Akulas, i modesti ed impegnati
operai tessili che, banditi da Roma, hanno dovuto cercare il loro pane all’estero, come milioni di emigranti oggi, non è da confondersi con Tryfaina e
e Tryfósa, non sono intercambiabili, non sono numeri ma creature e così pure Maria e Nerea.
Grave errore sarebbe il credere che Paolo evochi con tanta cura e tanta
precisione la figura di quei credenti, mosso unicamente da un sentimento di
simpatia, da quella squisita sensibilità dell’amico che sa definire i suoi amici;
certo sono tutti suoi amici, legati dall’umana simpatia e fraternità di uomini
che hanno lavorato, mangiato, scherzato, cantato e pregato insieme, ma c’è
molto di più : egli sa caratterizzare i suoi amici in quanto credenti; li vede
definiti e riassunti nella loro vocazione cristiana.
Si tratta di « compagni di prigionia » quali Andrónikos e Juniàs; dietro
quei due nomi si profila il carcere, la testimonianza per Cristo nelle prigioni,
la tragica, unica esperienza della reclusione. Si tratta di Foibe che « ha prestato assistenza a molti »; dietro questo nome si apre una casa ed una esistenza fatta di dedizione, di sacrifici per l’Evangelo. Si tratta di Epainetos, « la
primizia dell’Asia »; quel nome è un simbolo nella comunità, una garanzia
di speranza, è il primo che ha risposto alla vocazione di Gesù in terra d’Asia.
Si tratta di Apellés, « che ha fatto le sue prove in Cristo »; colui che forse ^
giunto ultimo nella comunità ed ha saputo dare prova della sua fede recente
o forse è stato sottoposto ad una dura prova e per cui tutti hanno vissuto ore
di ansietà. Si tratta di Urbànos, « compagno d’opera in Cristo »; una vita di
missione apostolica è sobriamente espressa in questa parola, ma la 2“ Corinzi ci dice che cosa fu la vita di un apostolo in terra d’Oriente nel I secolo.
Si tratta di Maria, la modesta, semplice donna che ha fatto da madre a Paolo
durante i suoi soggiorni a casa sua.
Questa fu la comunità apostolica ; un gruppo di uomini viventi e impegnati, inconfondibili, una manciata di vocazioni responsabili. Ognuno di questi credenti è la sua vocazione, assume dei tratti caratteristici perchè vive e
si muove nella comunità e nel mondo, esecutore di un preciso impegno di fede. Non esistono « membri di chiesa », realtà numericamente anonime, intercambiabili, entità astratte e vuote ma uomini carichi di una dinamica interiore, di una lotta, creature che vivono, proiettate fuori di sè nel combattimento della fede.
La chiesa sogna, dai tempi di Costantino, conquiste, schieramenti e rievoca tempi lontani in cui i suoi monaci ed i suoi guerrieri marciavano alla
conquista dell Oriente o del Nuovo Mondo; sembra aver assimilato in modo
ineliminabile il linguaggio e 1’ « animus » dell’impero romano chiedendo ai
suoi fedeli di essere esecutori e non responsabili. Parla il linguaggio delle diplomazie e dei quartier generali, quasi a voler dimostrare le sue « chances »
ed i suoi effettivi; sembra presa da panico crescente perchè ha scoperto che
nel mondo moderno nascono due pagani contro un cristiano.
Altro e invece il pericolo ed altro il linguaggio della comunità di Cristo;
la minaccia non sta nella riduzione numerica dei suoi effettivi, delle sue statistiche, sta nella morte interiore dei suoi membri e nell’incapacità di assumere la propria vocazione. Una comunità non muore quando è ridotta a poche migliaia di credenti ma quando sopravvive ridotta a milioni di « fedeli »,
allorquando non si è più in grado di chiamare ognuno con il suo nome dì
uorno e di uomo impegnato, quando non si sa più dare e riconoscere ad ognuno il suo compito, quando i credenti non sono altro che numeri nella battaglia della civiltà, anonimi soldati di un esercito crociato
Non è senza significato, infatti, che la lettera ai Romani si chiuda con
questi nomi di uomini; la più meditata e ricca opera di teologia della cristianità, in CUI e stato sondato come non mai il mistero della rivelazione e della
salvezza non poteva che chiudersi con il saluto di questo pugno di credenti,
vivi del a nostra vita, m piedi sulla nostra terra. La giustizia di Dio, infatti,
WiS'f incarnazione non sono nulla senza
Pr ska e Anstobulos che ne vivano. La stessa Scrittura, verso cui converge
tutta la nostra ottica di credenti riformati, non è altro che simbolo, appello
figura senza la nostra esistenza che ne viva.
La comunità impegnata e composita di Romani 16 è invece garanzia
eterna che il messaggio di Romani 1-15 è vero ed è messaggio per uomini vivi.
Giorgio Tourn
Disimparando
a miiitarismo
Abljiymo visto (n. 38) che il WcLer, nella
prima parte della sua opera « L'Eglise militante )). sottolinea il lignificato di arruolamento neiresercito di Cristo che il Nuovo
Testamento e la Chiesa primitiva davano al
batlesimo e alle sue conseguenze nella vita
del credente. Vien fatto dì domandarsi ora
qual è la missione del corpo d’armata cristiano. Il Weber risponde chiaramente:, si
tratta di una missione di pace.
UNA MISSIONE
DI PACE
L A. sottolinea questa affermazione confrontando la posizione dei credenti con quella degli Esseni, setta giudaica di orìgine sacerdotale. La « Regola della Guerra » di que.
sta setta, ritrovala in Qumràn, data molto
probabilmente dei primi anni della vita di
Gesù. Ora se si mettono a confronto i princìpi! che presiedono alla vita della comunità
essena e la linea di condotta tracciata per
la Chiesa dagli scritti neotestamentari, si
nolano, afferma il Weber, alcune differenze
sostanziali.
Gli Esseni utilizzano nella « Regola » immagini militari ma sono nello stesso tempo
Prossimamente :
UN’ARMATA
Di VITTIME VITTORIOSE
LA GIOIA CHE DISARMA
militaristi. Essi si sentono impegnali in un
combattimento in vista dello sterminio del
nemico. 1 capi della setta preannuncìano
una vittoria spropositata, che però si è rivelata in realtà una schiacciante sconfitta, portando alPannientamento della setta in parola. Infine nel campo trincerato della setta
i sacerdoti hanno un’autorità assoluta sulla
« truppa ».
Come si vede la Chiesa ha allora ìn comune con gli Esseni solo l'uso di alcune immagini militari. Tutto il resto è profondamente diverso. La Chiesa rimane sempre
pacifista (almeno sul piano dei principi) e
quando combatte lo fa per la pace. Essa
viene per lo più descritta come una vittima
che. come tale, ottiene la vittoria suprema.
Inoltre ogni membro della Chiesa di Cristo
è chiamalo a comportarsi quale soldato che
prende le sue responsabilità.
La guerra santa
non esìste
Insomma la Chiesa non conosce (o non
dovrebbe conoscere) la « guerra santa » degli
Esseni e di quanti li hanno seguiti su quella
strada. La missione della Chiesa non è « polemica » (da polemos, guerra). « Certo la
storia della Chiesa mostra il contrario. Ci
sono state delle dispute interminabili tra
Chiese e Chiese e tra la Chiesa e il mondo. (...) Tutte le crociate contro i non cristiani, che si tratti di quelle del medioevo
contro i mussulmani o di quelle del XX secolo contro il comuniSmo, sono delle macchie indelebili sulla Chiesa (...) la Chiesa
non può mai trovarsi nel campo dei fautori
di guerra, ma deve al contrario sostenere
tutti i movimenti pacifisti onesti, anche se
non sono cristiani (...): infatti il combattere
il soffrire per la pace rappresenta il cen
tro stesso della missione della Chiesa nella
sua totalità » (pp. 48-49).
Certo è difficile talvolta riconoscere i mo
vìmenti pacifisti onesti. Ve ne sono, ei si
passi il bisticcio, di estremamente guerrafon
dai. Nè si sottolineerà mai abbastanza che
tratta di una decisione personale presa di
fronte ad una situazione concreta. Ma soprat
tutto non ci sj lluda che la missione di fa
cilori di pace si esaurisca nel rifiuto del ser
vizio militare o nel promuovere qualsiasi al
tività tendente ad indebolire l'apparato mi
litcìre c militarista dei nostri Stati. Non dico
che il Webev semplifichi cosi il problema
ma. non si sa mai. qualcuno potrebbe capire
così.
Cristo !
la vittima vittoriosa
Il pacifismo della Chiesa ha un iondamen.
to cristologico. Infatti Cristo è stato l'agnello
immacolato per molti e in quanto tale ha
manifestalo la sua vittoria ricevendo il regno
e la ])otenza: la Chiesa non deve dunque
preoccuparsi di guerreggiare per Dio, ma di
rendere testimonianza alla vittoria di Cristo
che è la nostra pace, tenendo duro di fronte
a lutti gli attacchi dei « principati » e delle
« potenze ».
d ulto questo, nota il Weber, può parere
« privo di .significato per i beneficiari di
una economia di abbondanza nella quale Fes.
sere cristiano è cosa ben vista. Ma per gli
apostoli e per molti cristiani a partire da
quel tempo, questa visione della storia mondiale ha preso un significato senza il quale
sarebbero stati incapaci di compiere la loro
missione » (pp. liS-%6), travolti dalle molteplici « disfatte » della Chiesa.
Per una simile missione il sistema degli
Esseni appare addirittura ridicolo. In previsione della « battaglia finale » essi hanno
stabilito un magnifico piano a tavolino. I
sacerdoti hanno l’incarico di dare l'avvio ad
un perfetto meccanismo... che non tiene con.
to che delFimmancabile vittoria finale. Sembra un po , ìn piccolo, di essere di fronte alle
armate dell'Asse.
Il credente s
chiamato a rischiare
Il credente è invece un soldato in possesso
di una maturità che gli permette di giudicare gli eventi. Egli, senza basarsi su dì un
programma fisso ed immutabile, è costantemente chiamato a cercare dove è utile, a
rivedere i suoi criteri di giudìzio, per essere
re-so capace di « dìscernere la volontà di Dìo,
ciò che è buono, ciò che Gli piace, ciò che
è perfetto» (Rom. 12: 2).
Insomma la Chiesa non ha un copione bell'è scritto ma. alla stregua degli attori della
Commedia dell’Arte, deve accontentarsi di
uno schema sul quale « improvvisare » con
fantasia evangelica, adattandosi alle situazioni concrete nelle quali si viene a trovare.
La vera
successione apostolica
La Chiesa nel suo insieme ha una missione apostolica nei confronti del mondo,
missione inaugurala dagli apostoli ma affidata
ora ad ogni credente. Che cos’è la successione
apostolica in questo quadro? Essa è u essenzialmente 1 esistenza ininterrotta in Cristo
della Chiesa riscattata, la continuità della
Chiesa fondata dagli apostoli. E’ cosi che
per mezzo del battesimo tutti i suoi membri
partecipano alla successione apostolica, tutti
partecipano aU'unica missione apostolica, tutti sono chiamati a prendere parte al ministero evangelico » (p. 59).
Pentecostali italiani a congresso
9Q Cl,OT»cf/-i 11 C
Dal 26 al 29 agosto u. s., s’è tenuta
a Bari, generosamente ospitata dalla
locale chiesa con la collaborazione
delle comunità vinlniori, la 17» Assemblea Generale delle Assemblee di Dio
in Italia (che è l’organo legislativo
convocato ogni due anni), alla quale
prendono parte 1 pastori e tutti gli
operai cristiani in rappresentanza delle chiese.
La partecipazione è stata quasi completa, se si tiene conto che dei 259
operai cristiani della A.D.I. ne erano
presenti 193 e 30 avevano mandato la
loro adesione per lettera. Molti di
questi fratelli rappresentavano non
soltanto una chiesa, ma due o tre ed
anche più che essi curano.
Le sessioni mattutine dei lavori sono state precedute da brevi culti al
Signore nei quali hanno dato una meditazione fratelli provenienti dall’estero e che sono attivamente interessati
neiropera del Signore in Italia. I lavori
dell”Assemblea si sono svolti con un
profondo senso di responsabilità ed
anche con uno spirito di fraterna comprensione ed unità.
Udite le relazioni deil’Amrainistrazione e delle varie attività dell’associazione è stata presentata anche una
L/\ss©rnbl©a. g©n©rai© d©ll© A. D. I. ha
riunito a Bari circa 200 rappresentanti
ha
Cult 0 radio ore 7.40
Domenica 10 Ottobre Pastore ERNESTO AYASSOT
Domenica Pastore 17 Ottobre MARIO SBAFFI
relazione .sul Congresso delle Chiese
Evangeliche d'Italia cd è stata approvata alla unanimità la precisa posizione pre.sa dalla delegazione delle
A.D.I. al Congresso stesso.
Passandoi, poi alla discussione degli
argomenti di carattere amministrativo e legale, il voto è state unanime
per le deliberazioni che indicavano e
richiedevano una sempre maggiore
cooperazione di tutte le chiese per lo
sviluppo armonico di ogni attività ed
iniziativa e per la proclamazione di
tutto l'Evangelo.
Gli argomenti non erano di facile
soluzione, anzi alcuni delicatissimi,
sotto il profilo amministrativo ma anche dottrinale e spirituale; ma le Spirito del Signore ci ha aiutato a risolvere tutto per il reciproco progresso
Quando .si è giunti, pei, agli argomenti di carattere .spirituale e morale, l’A.ssemblea in discussione pacata
ha riconfermato all’unanimità i principi scritturali di santità, semplicità e
spiritualità che seno stati e sono la
nostra eredità cristiana.
Nella sessione antimeridiana di domenica 29 agosto u. s., sono stati dati
i risultati della sottoscrizione fatta,
come è ormai consuetudine in ogni
Assemblea Generale, per il Fondo circolante pro locali di culto, un fondo
speciale per l’erogazione di aiuti alle
chiese che stanno costruendo un locale di culto. La somma sottoscritta
ha raggiunto una punta -eccezionale
per la quale rendiamo gloria al Signore.
Si e infine alle elezioni dei membri
dei Comitati di zone di giurisdizione
e dei membri del Consiglio Generale
delle Chiese, che è l’organo esecutivo
che amministra e tutela il patrimcnic
delle A.D.I e che nomina e vigila sulla disciplina degli operai cristiani.
Ogni sera, dopo le laboriose sessioni
quotidiane, siamo stati grandemente
edificati e benedetti nei culti. Il messaggio della Parola del Signore è stato sempre dato dal fratello Alfredo
Palma, pastore della Chiesa italiana
di Syracuse, N. Y., una delle più importanti tra le nostre comunità consorelle italo-aracricane. Questo servitore di Dio è stato particolarmente
unto dallo Spirito Santo per porgerci
dei sermoni di insegnamento e di in
coraggiamento la cui influenza
contribuito notevolmente a creare
quello spirito di unità che ha caratte
rizzato questa Assemblea Generale.
Domenica pomeriggio il culto di Santa Cena ha concluso con grandi benedizicni il nostro convegno.
Facendo un esame generale della
17» Assemblea Generale, si può dire
che è stata caratterizzata da una maggiore maturità spiritual-e unita ad un
sempre più sen.sihile senso di responsabilità nella nostra vocazione cristiana, che è quella di annunciare un
messaggio evangelico di liberazione
a quanti sono legati nel peccato e
quella di conservare, stimolare e tener
viva l’opera dello Spirito Santo in
mezzo alle nostre chiese, senza la quale le nostre comunità non hanno niù
ragione di essere, l'n partecipante
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quante volle vi accade di ricordare
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Chiesa de! pastori
e pastori della Chiesa ?
In tutto questo i pastori saranno pionieri,
poi consolidatori della Chiesa nasc^nle. infine promotori della sua unità. Una cosa è
ad ogni modo chiara: «è assolutamente sbaglialo da parte dei pastori di domandare ai
laici; ’'Non volete aiutare la Chiesa?” E’ la
confessione di una visione invertita e introversa; infatti la Chiesa è considerata in
questo caso come una istituzione che sì riassume in attività, in edifici, in piani d'azione
ecclesiastica (...). La prospettiva apostolica
è corretta solo quando i laici domandano
ai loro pastori: "Volete aiutarci, noi la Chie.
sa. ad assumere la nostra missione comune
di pace per il mondo?" » (p. 67).
L’ARMAMENTO
DELL’ESERCITO
Ammesso che tutti siano al loro posto di
combattimento e che tutti sappiano esattamente cosa fare, manca ancora un elemento
essenziale perchè l'esercito cristiano sia efficiente : le armi. Queste sono, in termini cristiani, i doni, i carismi. Essi avevano, ai
tempi dell’Impero romano, un equivaiente
profano nel « doiiativum ». il dono che i'im.
peratore faceva alle truppe in occa.sionp di
un.t vittoria. Presto questo donativum diven.
ne, nella mentalità delle truppe, qualcosa di
dovuto, anzi qualcosa di necessario... per incoraggiare la loro fedeltà.
Diciamo dunque subito che i carismi che
il Signore largisce ai suoi sono sempre liberamente dati con un atto d'amore chi- non
vuole cosi forzare la nostra fedeltà.
Dono naturale
e carisma
La definizione che i] Weber da di ca
ci pare semplice e convincente: « Quel =
chiama dono naturale può beni.s.«imo <
tare un carisma se questo dono e compì
utilizzalo ìn funzione » del servizio ri
scente reso al Signore ed ai fratelli un dono ritenuto sovrannaturale pot
benissimo esser stato dato come che.
ma, poiché c stalo ricevuto con orgoglio
lizzato per fini egoisti, per dominare gli
perde il suo carattere carismatico» (p.
I carismi ci sono dati (non li meriti
divengono manifesti in noi e cambia:,
nostra stessa natura in profondità, ma
ne diventiamo mai proprietari. « LVipi
giauienlo è spirituale, cioè è una mani
zione della potenza dello Spirito Santo »
semplicemente di un qualche entusiasn
po vago. Dicendo « Nessuno può dire:
è il Signore! se non sotto l'azione dell^
rito Santo », Paolo indica Io scopo dei
smi. Egli non allude alla ripetizione ni
naie dì questa formula ma ad una e
sione reale, che dà una caralterislica
pria a lutto il nostro modo di vivere.
Nessun carisma è dato per l'ìndivìdu*
per esser messo al servizio dei fratelli
prossimo.
Carismi e servizio
li credente e la Chiesa adempiono al loro
compilo quando il loro lavoro è « il lavoro
ordinario compiuto con grazia » (pp. 92-9.1) e
quando quelle che si usano definire a attività ecclesiastiche » aiutano l’uno e l'a!ti-a In
questo senso.
Che ne è dei carismi dei pastori? In generale gli uni collegano strettamente determinati carismi all'esercizio del pastoratn. gli
altri invece tendono a dissociare carismi e
funzioni ecclesiastiche. Si tratta di due posizioni false, afferma il Weber. Infatti lesti
biblici come Efesini 4: 11-12 non ci dicono
0 che certi battezzati hanno ricevuto i carismi necessari per essere apostoli, profeti, pastori. ece., e che sono in conseguenza incaricati di esercitare la funzione corrispondente
nella Chiesa. Le persone date per adempiere
a quegli incarichi nella Chiesa sono esse
stesse i doni di Cristo. Non accettandoli e
divenendo cosi anticlericali, non si fa che
disprezzare i doni di Cristo » (p. 94).
D’altra parte non lutti coloro che nella
Chiesa hanno ricevuto i charismata indispensabili per l'insegnamento, il pastorato, il governo. eserciteranno necessariamente il dottorato. il pastorato, ecc., almeno in senso
stretto. Ad esempio, nota FA., n il discernimento e la profezia sono oerlamente mollo
desiderabili jier la predicazione, ma qualcuno
che abbia ricevuto questi doni può essere
altrettanto chiamato a divenire redattore di
politica estera in un giornale ». Ritorniamo
qui in mollo ancora più chiaro a quanto
già sì è dello nella prima « puntata » sulla
vocazione fondamentale al servizio totale di
Dio. propria di ogni battezzalo. La conclusione è dunque questa; «i carismi e le funzioni ecclesiastiche non possono essere nè
pienamente confusi nè pienamente distinti »
(pagina 96).
1 ministri sono dati alla Chiesa niililante
per permetterle di ricevere veramene e di
accettare il suo equipaggiamento carismatico.
Luai se .solo i pastori si considerano o sono
considerati dolali di carismi. Se così avviene,
essi « cominciano colFimporre alla Chiesa i
suoi quadri. Poi mobilitano i laici a servizio dei loro progetti, insegnando loro una
unmagine clericalizzata di Dìo, della sua
Chiesa c della sui creazione. E quando tiilld
ad un tratto nuovi carismi .si manifestano
Ira i membri di Chiesa, quei ministri sono
■spaventali» (p. 97) e forzano i «carismatici » ad inserirsi puramente e semplicemente nei quadri tradizionali della vita ecclesiastica o ad emigrare nelle sette. Paolo, con
1 Corinzi, ha saputo agire altrimenti, aiutandoli a discernere, sviluppare e disciplinare i
carismi che si manifestavano man mano.
Giovanni Conte
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3
8 ottobre 1965 - N. 40
pag. 3
PROCESSO a LORENZO NIILaNI 0 ai SDOI aCCDSaTORI?
La guerra, la Patria e l'obiezione
La mia patria sono i diseredati e gli oppressi = Le uniche armi valide: lo sciopero e il voto = Dn’esame di storia patria: da che parte bisognava
sparare? = IVIon si deve ubbidire agli uERciali disobbedienti al popolo, loro sovrano = La guerra moderna: no confronto di ideologie, non di Patrie
1 lettori sono stati molto sommariamente informati circa il « caso » di don Milani e hanno trovato a due riprese sulle nostre colonne elenchi di firme di evangelici
Italiani in suo appoggio. Prossimamente saranno processati Lorenzo Milani, parroco
di Barbiana (Firenze), e Luca Paovhni, vice-direttore di 'Rinascita', per avere l'uno
scritto e l altro pubblicato una lettera aperta ai cappellani militari toscani, in risposta
■t una loro dichiarazione pubblicata dal quotidiano fiorentino 'La Nazione': tale lettera
aperta, ripubblicata poi su Azione nonviolenta' e ora sulVultimo numero di 'Gioventù.
Evangelica (da cui sono tratti i sottotitoli di questa pagina), difendeva gli obiettori
di coscienza e metteva in discussione i concetti tradizionali di lealtà nazionale. Il Milani e il Pavohni dovranno rispondere del reato di aver fatto « pubblicamente apologia
del delitto di diserzione e del delitto di disobbedienza militare Come dicevamo, già
parecchi membri delle chiese evangeliche italiane si sono sentiti toccati, coinvolti in
questa vicenda e in questa protesta, e hanno voluto manifestare la loro solidarietà: ma
abbiamo coscienza che moltissimi dei nostri lettori non hanno avuto moilo di avere di
fronte a sà gli 'atti del processo': pensiamo che ne valga la pena, e che si tratti di
una di quelle testimonianze di fronte a cui non si può e non si deve evitare di prendere posizione; prò o contro, ma a ragion veduta. Per questo, pur buoni ultimi, pubblichiamo noi pure, di fronte alia dichiarazione dei cappellani militari toscani, la lettera
aperta di don Milani. In questo stesso numero, Luigi Santini ci porta, dal vivo, l'eco
di un incontro con quest uomo, questo cristiano discusso, discutibile ma che è difficile evitare ed è impossibile spacciare con qualche giudizio altezzoso e superficiale.
Pubblichiamo pure la lettera con cui un giovane lettore esprime le sue riserve. Ci dispiace che un intervento chirurgico, proprio in questi giorni, ci impedisca di avere la
voce di un pastore evangelico, Ermanno Rostan. che ha esercitato durante l'ultimo
conflitto il ministero di cappellano militare; si tratta di un contributo solo rimandato,
e comunque non ci sogliamo di associare il suo nome a un atteggiamento quale quello
che traspare dalla dichiarazione dei cappellani cattolici in questione!
Ecco davanti ai lettori gli atti del processo' e alcune testimonianze; a loro di
prendere posizione. Ricordiamo che chi desidera associarsi, può inviare la sua adesione
ad Agape, Frali (Torino). Questa pagina resta comunque una vivace e stimolante
lezione di storia contropelo; e un documento per lo studio del problema della violenza,
ni lina prospettiva cristiana, qui e ora. che il Sinodo ha nuovamente affidato alle
inibire comunità.
II giudizio
dei cappellani in congedo
Nel; .iiitiiversario della Conciliazione tra
la Clii; a e lo Stato italiano, si sono riuniti
ieri. i.!:'sso ristitulo della Sacra Famiglia 11' via Lorenzo il Magnifico, i cappellani tniinan in congedo della Toscana.
Al !i riuiiie dei lavori, su proposta del pre.
sidcnlr (Iella sezione don Alberto Cambi, è
stalo il seguente ordine del giorno:
H / cappellani militari in congedo della
regione toscana, nello spirito del recente congresso nazionale della associazione, svoltosi
a Mapcìi. tributano il loro riverente e fra
terno omaggio a tutti i caduti per l’Italia,
auspicando che ubbia termine, finalmente, in
nome di Dio. ogni discriminazione e ogni
divisione di parte di fronte ai soldati di tutti
i fronti e di tutte le divise che morendo si
sono sacrificati per il sacro ideale di Patria.
Considerano un insulto alla patria e ai
s<uoi caduti la cosiddetta "obiezione di coscienza' che, estranea al comandamento cristiano dell'amore, è espressione di viltà ».
L'assemblea ha avuto termine con una
preghiera di suffragio per tutti i caduti.
La testimonianza
di don Lorenzo Milani
Ai Cappellani Militari Toscani ;he hanno
sotl.iscritto il comunicato dellTl febbraio 1965
Da i(.'mpo avrei voluto invitare uno di
voi a parlare ai miei ragazzi della vostra vita.'Una vita che i ragazzi e io non capiamo.
Avreiiimo però voluto fare uno sforzo per
capire e soprattutto domandarvi come avete
affronlc.io alcuni problemi pratici della vita
militaiv. iNon ho fatto in tempo a organizzare questo incontro tra voi e la mia scuola.
Io i'avroi voluto privato, ma ora che avete
rotto il silenzio voi, e su un giornale, non
posso fare a meno di farvi quelle stesse domande pubblicamente.
PRIMO perchè avete insultato dei cittadini che noi e molti altri ammiriamo E nes.
suno, ch'io saj)pia, vi aveva chiamati in cau.
sa. A meno dì pensare che il solo esempio di
quella loro eroica coerenza cristiana bruci
dentro di voi una qualche vostra incertezza
interiore.
SECONDO perchè avete usato, con estrema
leggerezza e senza chiarirne la portata, vocaboli che sono più grandi di voi.
Nel rispondermi badate che Topìnione pub.
blìca è oggi più matura che in altri tempi e
non si contenterà nè di un vostro silenzio,
nè d una risposta generica che sfugga alle
singole domande. Paroloni o volgari insulti
9gli obiettori o a me non sono argomenti.
Se avete argomenti sarò ben lieto di darvene
3tto e di ricredermi se nella fretta di scrivere mi fossero sfuggite cose non giuste.
Non discuterò qui l’idea di Patria in sè.
Non mi piacciono queste divisioni.
Se voi però avete diritto di dividere il
mondo in italiani e stranieri allora vi dirò
che, nel vostro senso, ¡o non ho Patria e
reclamo ¡1 diritto di dividere il mondo in
diseredati e oppressi da un lato, privilegiati
e oppressori dall'altro. Gli uni son la mia
Patria, gli altri i miei stranieri. E se voi
avete il diritto, senza essere richiamati dalla
Curia, di insegnare che italiani e stranieri
possono lecitamente anzi eroicamente squar
tarsi a vicenda, allora io reclamo il diritto
di dire che anche i poveri possono e debbor^o combattere i ricchi. E almeno nella scelta
dei mezzi sono migliore di voi : le armi che
voi approvate sono orrìbili macchina per uccidere, mutilare, distruggere, far orfani e
vedove. Le uniche armi che approvo io sono
nobili e incruente: lo sciopero e il voto.
Abbiamo dunque idee molto diverse. Posso rispettare le vostre se le giustificherete
^lla luce del Vangelo o della Costituzione.
rispettate anche ver; le idee degli altri.
Soprattutto se son uomini che per le loro
idee pagano dì persona.
Certo ammetterete che la parola Patria è
stata usata male molte volte. Spesso essa non
c che una scusa per credersi dispensati dal
pensare, dallo studiare la storia, dallo scegliere, quando occorra, tra la Patria e valori
ben più alti di lei.
Non voglio in questa lettera riferirmi al
Vangelo. E’ troppo facile dimostrare che
Gesù era contrario alla violenza e che per
sè non accettò nemmeno la legittime difesa.
Mi riferirò piuttosto alla CoslitTizione.
Articolo li. « L’Italia ripudia la guerra
come strumento di offesa alla libertà degli
altri popoli... ».
Articolo 52. « La difesa della Patria e
sacro dovere del cittadino )).
Misuriamo con questo metro le guerre cui
è stato chiamato il popolo italiano in un
secolo di storia.
Se vedremo che la storia del nostro esercito
è tutta intessuta di offese alle Patrie degli
altri dovrete chiarirci se in quei casi i soldati dovevano obbedire o obiettare quel che
dettava la loro coscienza. E poi dovrete spiegarci chi difese più la Patria e Ponore della
Patria: quelli che obiettarono o quelli che
obbedendo resero odiosa la nostra Patria a
lutto il mondo civile? Basta coi discorsi altisonanti e generici. Scendete nel pratico.
Diteci esattamente cosa avete insegnato ai
soldati. L’obbedienza a ogni costo? E se l’ordine era il bombardamento dei civili, una
azione di rappresaglia su un villaggio inerme,
l’esecuzione dei partigiani. l’uso delle armi
atomiche, batteriologiche, chimiche, la tortura. Fesecuzione d’ostaggi, i processi sommari per semplici sospetti, la decimazione
(scegliere a sorte qualche soldato della Patria
e fucilarlo per incutere terrore negli altri
soldati della Patria), una guerra di evidente
aggressione. Lordine d’un ufficiale ribelle al
popolo sovrano, la repressione di manifestazioni popolari?
Eppure queste cose e molte altre sono il
pane quotidiano di ogni guerra. Quando ve
ne sono capitale davanti agli occhi o avete
mentilo o avete taciuto. 0 volete farci credere che avete volta volta detto la verità in
faccia ai vostri « superiori d sfidando la prigione o la morte? se siete ancora vivi e graduati è segno che non avete mai obiettato a
nulla. Del resto ce ne avete dato la prova
mostrando nel vostro comunicato di non
avere la più elementare nozione del concetto
dì obiezione di coscienza.
Non potete non pronunciarvi sulla storia di
ieri se volete essere, come dovete essere, le
guide morali dei nostri soldati. Oltre a tutto
la Patria, cioè noi, vi paghiamo o vi abbiamo pagato anche per questo. E se manteniamo a caro prezzo (1000 miliardi Fanno) l’esercito, è solo perchè difenda colla Patria
gli altri valori che questo concetto contiene:
la sovranità popolare, la libertà, la giustizia.
E allora (esperienza della storia alla mano)
urgeva più che educaste i nostri soldati
all’obiezione che alla obbedienza.
L'obiezione in questi 100 anni di storia
Fhan conosciuta troppo poco. La obbedienza,
per disgrazia loro e del mondo, Fhan conosciuta anche troppr«.
Scorriamo insieme la storia. Volta volta ci
direte da che parte era la Patria, da che
parte bisognava sparare, quando occorreva
obbedire e quando occorreva obieitare.
1860. L'n esercito di napoletani, imbottiti
delFiùea di Patria, tentò di buttare a mare
un pugno di briganti che assaliva la sua
Patria. Fra quei briganti c’erano diversi ufficiali napoletani disertori della loro Patria.
Per l’appunto furono ì briganti a vinceré.
Ora ognuno di loro ha in qualche piazza
d’Italia un monumento come eroe della
Patria.
A 100 anni di distanza la storia si ripete:
l’Europa è alle porte.
La Costituzione è pronta a riceverla: « L’I.
laììa cunseiitc alle limitazioni di sovranità
iieee.ssarie... ». I nostri figli rideianno del
vostro concetto di Patria, così come tutti ridiamo della Patria Borbonica. I nostri nipoti riderann-j dell’Europa. Le divise dei soldati c dei cappellani militari le vedranno
solo nei musei.
La guerra seguente 1866 fu un altra aggressione. -Anzi c’era stato un accordo con il
popolo più attaccabrighe e guerrafondaio del
mondo per aggredire l'Austria insieme.
Furono aggre-ssìoni certo le guerre (18671870) contro i Romani i quali non amavano
molto la loro secolare Patria, tanl’c vero che
non la difesero. Ma non amavano molto
neanche la loro nuova Patria che li stava ag.
gredendo, lant'è vero che non insorsero per
facililarle la vittoria. Il Gregoroviiis spiega
nel suo diario: « L'insurrezione *:iinunciata
per oggi, è stala rinviata a causa della
pioggia ».
Nel 1898 il Re « Buono » onorò della Gran
Croce Militare il generale Bava Beccarìs per
i suoi meriti in una guerra che è bene ricordare. [/avversario era una folla dì mendicanti che j.spcUavano la minestra davanti
a un convento a Milano. Il Generale lì prese
a colpi di cannone e di mortaio solo perchè
i ricchi (allora come oggi) esìgevano il privilegio di non pagare tasse. Volevano sostilure la tassa .sulla polenta con qualcosa di
peggio per i poveri e di meglio per loro.
Ebbero quel che volevano. I morti furono 80.
i feriti innumerevoli.,/Fra i soldati non ci
fu nè un ferito nè ùn obiettore. Finito il
servizio militare tornarono a casa a mangiar
polenta. Poca perchè era rincarata.
Eppure gli ufficiali seguitarono a farli gridare « Savoia » anche quando li portarono a
aggredire due volle (1896 e 1935) un popolo
pacifico e lontano che certo non minacciava
i confini della nostra Patria. Era l’unico
popedo nero che non fosse ancora appestato
dalla peste del colonialismo europeo.
Quando si battono bianchi e neri siete coi
bianchi? Non vi basta di imporci la Patria
Italia? Volete imporci anche la Patria Razza
Bianca? Siete di quei preti che leggono la
Nazione? Stateci attenti perchè quel giornale con.sidera la vita d'un bianco più che
quella di 100 neri. Avete visto come ha mes.<50 in risalto l’uccisione di 60 bianchi nel
Congo, dimenticando di descrivere la contemporanea immane strage di neri e di cercarne
i mandanti qui in Europa?
Idem per la guerra di Libia.
Poi siamo ai ’14. L’Italia aggredì l'Austria
con cui questa volta era alleata.
Battisti era un Patriota o un disertore?
E un piccolo particolare che va chiarito se
volete parlare di Patria. Avete detto ai vostri ragazzi che quella guerra si poteva evitare? Che Giolitti aveva la certezza di poter
ottenere gratis quello che poi fu ottenuto
con 600.000 morti? Che la stragrande maggioranza della Camera era con lui (450 su
508)? Era dunque la Patria che chiamava
alle armi? E se anche chiamava, non chiamava forse a una « inutile strage »? (l’espressione non è di un vile obiettore di coscienza
iiia d'un Papa canonizzalo).
Le nostre aggressioni
Era nel '22 che bisognava difendere la
Pairia aggredita. Ma l’esercito non la difese.
Stelle a aspettare gli ordini che non vennero.
Se i suoi preti l’avessero educato a guidarsi
con la Coscienza invece che con FObbedienz-a
(t cieca, pronta, assoluta » quanti mali sarebbero stiili evitati alla Patria e al mondo
(50.000.000 di morti). Così la Patria andò
in mano a un pugno di criminali che violò
ogni legge umana c divina e riem]fii'ndosi la
bocca della parola Patria, condusse la Patria
allo sfacelo. In quei tragici anni quei sacerdoti che non avevano in mente e sulla bocca che la parola sacra « Patria », quelli che
di quella parola non avevano mai voluto approfondire il significato, quelli che parlavano
come pariate voi. fecero un male immenso
proprio alla Patria (e, sia detto incidentalmente. disonorarono anche la Chiesa).
Nel ‘36 50.000 soldati italiani si trovarono
imbarcati verso una nuova infame aggressione : Avevano avuto la cartolina di precetto per andar « volontari » a aggredire Fin.
felice popolo spagnolo.
Erano corsi in aiuto d’un generale traditore della sua Patria, ribelle al suo legittimo
governo e al popolo suo sovrano. Coll’aiuto
Vallano e al prezzo d’un milione e mezzo di
morti riuscì a ottenere quello che volevano
i ricchi : blocco dei salari e non dei prezzi,
abolizicne dello sciopero, del sindacato, dei
partiti, d’ogni libertà civile e religiosa.
Ancor oggi, in sfida al resto del mondo
quel generale ribelle imprigiona, tortura, uccide (anzi garrota) chiunque sia reo d’aver
difeso allora la Patria o di tentare di salvarla oggi. Senza l’obbedienza dei volontari » italiani tutto questo non sarebbe successo.
Se in quei tristi giorni non ci fossero stati
degli italiani anche dall’altra parte, non potremmo alzar gli occhi davanti a uno spagnolo. Per Fappunlo questi ultimi erano italiani ribelli e esuli dalla loro Patria. Gente
che aveva obiettato.
Avete detto ni vostri soldati cosa devono
fare se gli capita un generale tipo Franco?
Gli avete detto che ggli ufficiali disobbedienti
al popolo loro .sovrano non si deve obbedire?
In 100 anni una sola guerra ‘‘giusta
Poi dal ‘39 in là fu una frana : i soldati
aggredirono una dopo l’altra altre sei Patrie
che non avevano certo attentato alla loro
(Albania. Francia. Grecia, Egitto, Jugoslavia.
Russia).
Era una guerra che aveva per l'Iialìa duo
fronti. L’uno contro il sistema democratico.
L’altro contro il sistema socialista. Erano e
sono per ora i due sistemi politici più nobili che l'umanità si sia data.
L’uno rappre.<5enta il più alte tentativo del.
la umanità di dare, anche su questa terra,
libertà e dignità umana ai poveri.
L’altro il più allo tentativo delFumanilà
di dare, anche su questa terra, giustizia e
eguaglianza ai poveri.
Non vi affannate a rispondere accusando
l’uno o l’altro sistema dei loro vistosi difetti
e errori. Sappiamo che sono cose umane.
Dite piuttosto cosa c’era di qua dal fronte.
Senza dubbio il peggior sistema politico che
oppressori senza scrupoli abbiano mai potuto
escogitare. Negazione d'ogni valore morale,
di ogni libertà se non per i ricchi e per i
malvagi. Negazione di ogni giustizia e d'ogni
religione. Propaganda dell’odio e sterminio
d’innocenli. Fra gli altri lo sterminio degli
ebrei (la Patria del Signore dispersa nel
mondo e sofferente).
Che c'entrava la Patria con lutto questo?
c che significato possono più avere le Patrie
In guerra da che l’ultima guerra è stata
un confronto di ideologìe e non di patrie?
Ma in questi cento anni di storia italiana
c’è stala anche una guerra « giusta » (se
guerra giusta esìste). L’unica che non fosse
Il posto dei profeti
99
offesa delle altrui Patrie, ma difesa della
nostra: la guerra partigiana.
Da im lato c’erano dei civili, dall'altra dei
militari. Da un lato soldati che avevano obbedito, dall’altra soldati che avevano obiettato. Quali dei due contendenti erano, secondo
voi, u i ribelli », quali i « regolari »?
E una nozione che urge chiarire quando
si parla di Patria. Nel Congo p. es. quali
.tono i (( ribelli »?
Poi per grazia di Dio la nostra Patria
perse 1 ingiusta guerra che aveva scatenato.
Le Patrie aggredite dalla nostra Patria riuscirono a ricacciare i nostri soldati.
Certo dobbiamo rispettarli. Erano infelici
contadini o operai trasformati in aggressori
dall obliedienza militare. Quell’obbedienza mi.
lilare che voi cappellani esaltate senza nemmeno un M distìnguo » che vi riallacci alla
parola di San Pietro : « Si deve obbedire
agii uomini o a Dio? ». E intanto ingiuriate
alcuni pochi coraggiosi che son finiti in carcere per fare come ha fatto San Pietro.
In molti paesi civili (in questo più civili
del nostro) la legge li onora permettendo
loro di servir la Patria in altra maniera.
Chiedono di sacrificarsi per la Patria più
degli altri, non meno. Non è colpa loro se
in Italia non hanno altra scelta che di servirla oziando in prigione.
Del resto anche in Italia c’è una legge
che riconosce un’obiezione di coscienza. E’
proprio quel Concordato che voi volevate celebrare. Il suo terzo articolo consacra la fondamentale obiezione di coscienza dei Vescovi
e dei Preti.
In quanto agli altri obiettori, la Chiesa
non si è ancora pronunziala nè contro di loro
nè contro di voi. La sentenza umana che li
ha condannati dice solo che hanno disobbedito alla legge degli uomini, non che son
vili. Chi vi autorizza a rincarare la dose?
E poi a chiamarli vili non vi viene in mente
che non s'è mai sentilo dire che la viltà
sia patrimonio dì pochi, l’eroismo patrimonio dei più?
Aspettate a insultarli. Domani forse scoprirete che sono dei profeti. Certo il luogo
dei profeti è la prigione, ma non è hello
star dalla parte di chi ce li tiene.
Se ci dite che avete scelto la missione dì
cappellani per assistere feriti e moribondi,
possiamo rispettare la vostra idea. Perfino
Gandhi da giovane l'ha fatto. Più maturo
condannò duramente questo suo errore giovanile. Avete letto la sua vita?
Ma se ci dite che il rifiuto di difendere
se stesso e i suoi secondo l’esempio e il comandamento del Signore è « estraneo al cjmandamento cristiano dell’amore » allora
non sapete di che Spirito siete! che lingua
parlate? come potremo intendervi se usate
le parole senza pesarle? se non volete onorare la sofferenza degli obiettori, almeno
tacete!
Auspichiamo dunque tutto il contrario di
quel thè voi auspicate: Auspichiamo che
abbia termine finalmente ogni discriminazione e ogni divisione di Patria di fronte ai
soldati di tutti i fronti e di tutte le divise
che morendo si son sacrificati per i sacri
ideali di Giustizia, Libertà, Verità.
Rispettiamo la sofferenza e la morte, ma
davanti ai giovani che ci guardano non facciamo pericolose confusioni fra il bene e il
nule, fra la verità e l'errore, fra la morte
di un aggressore e quella della sua vittima.
Se volete eliciamo : preghiamo pei quegli
infelici che, avvelenati senza loro colpa da
lillà propaganda d’odio, si son sacrificati per
il solo malinteso ideale di Patria calpestando
senza avvedersene ogni altro nobile ideale
umano.
don Lorenzo Milani
Ritratto di im prete: don Milani
SEGUE DA PAGINA 1
una bomba in Piazza de! Duomo, »davanti al bel San Giovanni).
UN DRAMMA
SENZA RETORICA
Eppure, in una maniera scoperta,
candida, don Milani non è oggi che
un uomo.prete assetato fino allo spasimo di solidarietà, d’amore, da parte
della sua chiesa. Soffre come chi ama
e non si sente corrisposto. Ma ha
troppo temperamento per non impennarsi e scagliare le bordate del suo
risentimento, della delusa amarezza,
proprio verso chi non corrisponde.
Alla maniera dei toscani, s’è fatto
dei nemici e se li gode; è un isola
to che imbufalisce gli avversari, perchè non molla, non si umilia. E di avversari, di gente che lo tiene a distanza ne ha quanti ne vuole ; sono riusciti a relegarlo a Barbiana, e lo diffamano ancora, tentano dì sottrargli
gli amici, d’intimidire le anime pie.
E’ gente xmtuosa, che si preoccupa
perfino della sua salute, con la palese
speranza che egli finisca col tacere, in
un letto d’ospedale. Dio lo guardi sempre dalla vigliaccheria di certi cari
fratelli !
Ma intanto, da uomo intelligente,
egli vede queste cose e le valuta: le
soffre. Credo che i suoi avversari questa soddisfazione possano togliersela :
don Milani è un uomo che soffre la
sua solitudine. In modo trasparente.
E la rafforza con l’atteggiamento drastico e apparentemente sprezzante che
assume nei confronti di chi non la
pensa come lui, dei falsi compagni di
strada, dei pavidi amici. L’idea che in
una diocesi come quella di Firenze
non si trovi una corriera di preti coraggiosi rattrista, l’astio dei suoi l’indigna quanto la solidarietà degli altri ;
la palese mancanza di carità della
chiesa ufficiale l’arrovella. Ma anche
la sua carità è partigiana.
Quando ci avviamo verso la macchina per ripartire, egli ci accompagna; ha un bambinetto, un b endino,
aggrappato alla sua mano. S preoccupa della scuola di quello, eh è ritardato. Nell’aria serena, silenziosa, c’è
qualcosa che cemmuove nella voce
d’un giovane che legge sillabando un
racconto; ha attorno un cerchio di
amici che sembrano incoraggiarlo più
che ascoltarlo. Don Milani ci dice
d’un gruppo dei suoi ragazzi che in
Francia e in Inghilterra impara la
linguà, forse troverà lavoro. Solo
quando parla dei suoi ragazzi sorride
con tutto il viso, anche con gli occhi ;
di solito quelli sono seri, come quando
leggeva l’autodifesa per il tribunale, e
l’ironìa pareva traboccare neirassurdo
risibile. Egli osservava infatti che nella prima guerra mondiale i morti erano stati per l’80“ b militari e per il 20“ o
civili, nelle seconda s’era arrivati al
52”0 in divisa e 48”o civili; ma nella
guerra di Corea il 78”/o dei caduti er-;
stato di civili e solo il 22”/o di militari.
Di questo passo, per salvare la pelle
—altro che obbiezione di coscienza ! —
sarà utile... diventare tutti militari,
perchè le guerre, in tutti i modi, le pagano i civili. Leggeva queste cose pacato e serio, come chi vuol essere portavoce di questo popolo della montagna toscana, doppiamente civile, che
vent’anni fa ha sofferto la guerra dei
militari e dei loro cappellani.
L. Santini
4
pag. 4
8 ottobre 1985 — N. 40
IL VOTO CONCILIARE
SULLA LIBERTÀ RELIGIOSA
Il Calloliceslmo Ira diritto nataraie
e una ioinostazione biblica
libri
IL "POVERELLO.
in chiave iaicista
Lo schema riguardante la dichiarazione sulla libertà religiosa inserito
nel programma del Concilio Vaticano
II è stato, in linea di massima, approvato da circa duemila padri conciliari
concordi, però, nel rinviarne l approvazione definitiva dopo l’introduzione
di emendamenti tali da soddisfare i
tradizionalisti conservatori e i progressisti.
Il che significa che i «sic et non»,
cioè i favorevoli ed i contrari, saranno cosa sapientemente dosati da accontentare conservatori e progressisti
e da scontentarli allo stesso tempo
perchè requilibrio sarà tale che la bilancia non penderà da nessuna parte. I conservatori saranno soddisfatti
perchè potraiino insistere sulla loro
tesi che la libertà dei non cattolico
romani è libertà dell’errore ; i progressisti potranno insistere sulla loro tesi
che la libertà religiosa è conseguenza
del risiretto della dignità umana; entrambi confortati dall’autorità de’
Concilio.
Negli Stati dove i cattolici sono
grande maggioranza e sono organizzati politicamente (come in Italia),
se viene un papa come Pio IX o Pio
XII, verrà un governo tipo De Gasperi-Scelba prima maniera, si cercherà di ottenere limitazioni della libertà
reli^osa degli altri in base ai soliti
motivi della lunga, ininterrotta e prevalente tradizione cattolica. Nei nuovi Stati dell’Asia e deH’Africa nonché
nei paesi comunisti, la Chiesa romana insisterà sulla libertà religiosa come riconoscimento della dignità lunana. Il solito doppio binario, insamma.
Ciò dovrebbe convincere una buona
volta i cattolici liberali che la libertà
religiosa si afferma, garantisce e difende sul terreno politico dell’ugua
glianza di tutti i cittadini di fronte
alle leggi e su quello ideologico dello
Stato laico e della sua neutralità in
materia religiosa, filosofica e scientifica.
Così come stanno le cose il Concilio
Vaticano II perderà ancora una volta
l’occasione di precedere i tempi e se,
a differenza di Pio IX col Sillabo e
col Vaticano I, non lancerà anatemi
contro la civiltà moderna, neppure la
confermerà in quello che ha di più
nobile ed imiversale ; la libertà di
espressione del pensiero e della coscienza come contributo alla sincerità, elemento primario della dignità
umana.
La fede cattolica pretenderà ancora
dei privilegi odiosi e lo stesso laicato
cattolico dOTrà difendere la sua autonomia e le sue libertà essenziali srfi
terreno civile, fuori della chiesa ed in
contrasto con la gerarchia.
Un altro punto debole di tutta la
faccenda è costituito dall’incapajcità
del Vaticano II nella sua totalità di
considerare la libertà religiosa come
conseguenza della fedeltà a Dio, che
parla agli individui e agisce nella prò
fondita della loro coscienza. Responsabile davanti a Dio, il credente non
può non fare suo l’atteggiamento di
Pietro e di Giovanni davanti al Sinedrio ebraico ; « Giudicate voi se è
lecito, nel cospetto di Dio, di ubbidire
a voi anziché a Dio. Poiché quanto
a noi non possiamo non parlare delle
cose vedute e udite» (àtti 4: 19-20).
E’ un parlare onesto, sincero, semplice, non tortuoso, che rivela l’obbedienza della coscienza, rimperativo
categorico a cui è impossibile sfuggire
senza diventare infedeli verso Dio.
Quell’inrperativo che il profeta Amos
enuncia con una serie di immagini
ria.ssunte poi in poche parole ; « Il
leone rugge, chi non temerà? Il Signore, rEterno, parla, chi non profeterà? » (Amos 3: 2-8).
Il discorso del credente al potere civile (e a quello ecclesiastico quando
diventa potere esterno, sinedrico) é
semplice ; « Giudicate voi... ». L’essenza della libertà religiosa sta proprio
nello sforzo di portare ogni potere
esterno a rendersi conto che non é
possibile impedire l’espressione di
questa dipendenza da Dio; l’esorta a
non combattere per impedire la manifestazione dell’inevitabile e a riconoscere che, se é pacifico e ragionevole aver paura quando il leone ruggisce, deve essere altrettantoi ragionevole e pacifico lasciare libera, manifestazione alla te.stimonianza quan
do il Signore, rEterno, parla.
Possiamo concordare con Carlo Falconi quando scrive: «Ma tutti questi
difetti non potramio comunque togliere allo schema il merito di aver
affrontato il problema della libertà religiosa non già dal punto di vista teologico (fonte fatale di intolleranza)
bensì da quello del diritto naturale
facendolo derivare dai diritti della
persona umana» Possiamo anche
condividere la sua soddisfazione perché « la chiesa cattolica, insomma, si
é risolta ad affidare l’avvenire delle
sue relazioni col mondo profano e con
le altre religioni a imo dei cardini
fondamentali di quel laicismo che essa per oltre un secolo e mezzo, ha
continuatoi a fulminare coi suoi più
irosi anatemi» (L’Espresso del 29
sett. 1965). Però non possiamo non
lamenta,re la cecità per cui, proprio
per una ragione teologica e religiosa,
una chiesa che pretende al monopolio
della verità cristiana, non abbia parlato in tema di libertà religiosa, come il profeta Amos e gli Apostoli
Pietro e Giovanni.
I,a libertà religiosa, rispetto a Dio,
significa non già autonomia e indipendenza della coscienza bensì, consapevolezza d-olla Sua vocazione, dipendenza della coscienza solo da Lui e ri
conoscimentc della Sua azione molteplice e varia.
Di fronte agli altri uomini, la libertà religiosa significa non elevare
la nostra esperienza a regola unica ed
infallibile per gli altri e, quindi, rispetto della libertà e autonomia di
di Dio, nonché riconoscimento dell’altrui sincerità di fronte a Dio.
Data la possibilità di scambiare altre voci per quella di Die, la libertà
religiosa significa dovere di testimoniare e di convincere, ma non di reprimere e perseguitare.
Di fronte allo Stato, la libertà religiosa significa riconoscimento del potere civile dei fini e dei limiti della sua
funzione miranti, questi e quelli, alla
convivenza pacifica di tutti, qualunque sia il contenuto della loro fedeltà
a Dio, per il benessere comune ed il
trionfo della giustizia.
L’accusa di « agnosticismo » mossa
spesso allo Stato che diciamo laico non
ha ragione di esistere in quanto lo
Stato non è una persona, anche se le
sue fun,fioni sono esercitate da persone, ed anche perché non é agnostico lo Stato che, consairevole dei suoi
limiti, fa sua l’esigenza di essere neutrale in materia religiosa e di rispettare e far rispettare ugualmente la coscienza religiosa nelle sue manifestazioni, per differenti e varie che esse
possano essere ; non é ;< agnostico » lo
Stato che vuole trattare e tratta
ugualmente tutti i suoi cittadini, qualunque siano le loro convinzioni religiose, filosofiche, scientifiche e politiche. Manfredi Ronchi
Abbiamo pubblicato e pubblichUimo vari
articoli sul problema attualmente dibattuto
della libertà religiosa, e siamo lieti di avere
questo scritto del past. Ronchi. Sappiamo di
quale antica tradizione di lotta e di sofferenza per la libertà di coscienza (a parte
sporadiche intolleranze anabattiste) sia portatore il battismo. Rileviamo però una certa
incongruenza fra la linea centrale di questo
articolo, che insiste sul fondamento biblico
della libertà, e l’apprezzamento positivo della valutazione di C. Falconi. E’ comprensibile che lo affermi un laicista di formazione cattolica, ma possiamo, evangelicamente,
concordare che è merito dello schema conciliare « aver affrontato il problema della libertà religiosa non già da un punto di vista
teologico (fonte fatale di intolleranza) bensì
da quello del diritto naturale »? Non è piuttosto, questo, il grave demerito che rimproveriamo allo schema? Poiché sappiamo che
la vera fonte della libertà e dignità umatia
(indipendentemente dalle colpe cristiane passate e dalla doverosa intransigenza della fede ) non sta nell’uomo, nella natura, ma in
Dio e nel suo modo di operare, nel suo modo di trattare l’uomo in Cristo, di presentargli una verità fatta carne, che si pub respingere e crocifiggere; che risorge trionfante. red.
Parlare di San Francesco, dopo le classiche
pagine di Sabatier e Salvatorelli non è cosa
facile; eppure la personalità del poverello di
Assisi si ripresenta e si impone allo studio
di ogni nuova generazione, che cerca in lui
l’esemplare dell’uomo « nuovo », la chiave
di un messaggio che parla al cuore dell’uomo « vecchio ».
Si è accinto a questo compito Gabriele
Pepe, docente di storia medioevale all'Università di Bari ma noto soprattutto per la
sua lotta appassionata in difesa dell’ideale
laico; ricordiamo in modo particolare i suoi
due volumetti : La protesta laica e Un anno
di dominio clericale (ediz. Lacaita; la stessa
che ha ora pubblicato questo volume: Francesco d’Assisi tra Medioevo e Rimiscimento).
Non si tratta di una vita del Santo, ma
di vari studi, organicamente raggruppati, in
modo da dare al lettore un quadro deirambiente in cui visse Francesco ed una ricostruzione deirapostolato da lui svolto. In una
seconda parte viene analizzato il lignificato
di questo apostolato.
Si tratta di un libro di (( cultura » come
si suol dire, nel quale sono affrontati i problemi di fondo della critica francescana : in
modo particolare il problema delle fonti : la
famosa e tuttora insoluta questione francescana, i tuoi rapporti con gli eretici (non
ultimi fra questi i Valdesi).
Per quanto concerne la personalità di
F rancescOj confessiamo che queste pagine,
così vivaci e anticonformiste, ci lasciano perplessi. Si sente la tesi che fa forza al testo,
la pregiudiziale ideologica, che deve piegare
ed inquadrare fatti e idee in una ricostruzione interessante, ma discutibile, o anche
una certa incoerenza di impostazione.
Scrive infatti il Pepe che egli non intende
scrivere una vita dì San Francesco, e, soprattutto non intende far opera di agiografia.
(Interessante in appendice una polemica e
accesa recensione del volume da Bargellini
dedicato al Santo d’Assisi). Ed afferma di
aver voluto far opera di storico : « Lo storico
tratta di ascesi senza partecipazione al suo
contenuto religioso. Altrimenti sarebbe una
opera di agiografia. In questo consiste rim.
parzialità dello storico >j.
Prescindendo dal fatto che sìa o non sia
possibile allo storico del fenomeno religioso
non partecipare in qualche modo ed in qualche misura al contenuto religioso stesso, il
Pepe, mentre imposta tutto il suo studio
sulla demitologizzazione della questione francescana, e analizza questo fenomeno nella
sua molteplice realtà economica, politica, cui.
turale, praticamente crea un nuovo mito: il
San Francesco: a tipo di superiore umanità...», del quale egli scrive: « S. Francesco
e maestro di ottimismo, non quello incosciente di chi crede che tutto vada bene, ma
l'ottimismo che ju anche del Mazzini, di chi
crede che tutto dovrà andar bene, che tutto
andrà bene se noi nella lotta impegneremo
sino airultima nostra risoi'sa spirituale e se
lotteremo con una fede che non sia intolleranza, ma comprensione, prima di tutto, del
nemico ».
Basta con le vite profumate d’incenso!
Basta con Francesco strumento di potere e
mezzo di sfruttamento! Francesco è stato
qualcosa di più che il fondatore di un Ordine! Sono, a questo proposito, pagine appassionate quelle scritte da Pepe; ma la sua
rivendicazione « laica » del frate di Assisi,
ci sembra impoverire, sminuire la sua personalità. Forse il timore di contaminarsi con
una qualche partecipazione al fenomeno reli.
gioso ha impedito allo storico barese di leggere più a fondo nelPanimo di Francesco.
Al mito della leggenda francescana. Pepc>
vuol sostituire un nuovo mito che ci sembra
molto illuminista.
Pur apprezzando le pagine che Pepe dc-dica
alPanalisì delle virtù medievali, abbiamo l*im.
pressione che non sia possibile parlare della
« simplicitas » francescana senza in qualche
modo partecipare airannunzio evangelico:
Beati i poveri in {spirito.
Qluesle ed altre pagine analoghe costituiscono comunque anche un documento inieressanlc dello sforzo « laico » di interpretare
il fenomeno religioso, ma ne rivelano i li:nili.
Caratteristica, a questo proposito, la pagina .16, nella ^uale Pepe riferisce uno dei
pùi noti episodi della vita di S. Francesco.
Come è noto, una volta, stanco e consunto.
« non poteva più camminare a piedi e si lasciava portare da un asinelio. Una volta si
trovò a passare per un villaggio con un confratello, coperto da un rozzo sacco buttato
sugli omeri e sulla schiena. I contadini gli
dissero: ’ Resta con noi, non andare oltre,
perche i lupi li sbraneranno Vasino e fanumo
lei male, a voi due . Ma S. Francesco rispose: Non ho fatto mai male a fratello
lupo perche egli osi divorare Vasinello. State
bene fratelli e temete Iddio'\ E così passò
illeso ».
a Un aneddoto — continua il Pepe — come
tanti altri... notevole come documento dello
spirilo sereno, impavido, dolce di Francesco
e insieme della sua bonomia cordiale, del
suo ''humour" attestato da altre fonti, l roiitadiiii hanno paura; egli no. Perch'e doi rebhe temere il lupo? Chissà se conosceva Orazio. Integer vitae scelerisque purus" ».
Ecco, sono pronto a riconoscere col !^pe
che Francesco non era un ignorante cono* lo
rappresenta !a tradizione. Ma francamene-, la
morale soddisfatta e sostanzialmente sci itica
di Orazio accostarla al sorriso del povc-o in
ispirito Francesco, mi pare costituisca la pru.
va dei limiti delia critica e della ricu-'Iruzioiie che in queste pagine ci viene o'-erla.
L. A. P'aiiial
V. SUBILiIA - La ecclesiologia de]
Concilio Vaticano II, pag. 44 L 500.
(estra.lo dalla Rivista ((Protestante,si
Una analisi approfondita eppur au.assibile a tutti del Decreto conciliare ù De
Ecclesia » e dei nuovi sviluppi dell i ecclesiologia cattolica. Uno studio eli. bisogna conoscere per poter valuta- la
(( svolta )) conciliare.
PROTESTANTESIMO
Ecco il sommario del n. 3/1965, ora u cito:
Valdo Vinay: La Chiesa romana e /. cristianitcì non romana nei documeniì del
Concilio Valicano II.
A. F. Carrillo de Albornoz: Libertà religiosa e lihert(ì delVuomo.
Roberto Jolveinal: America latina c cultura occidentale.
Roberto Colsson: Messianismo hibiìco e
messianism o ajricano.
Recensioni.
I LETTORI CI SCRIVONO
Le riserve di un giovane...
Un lettore, da Pinerolo:
Signor Direttore,
il gran parlare fatto al iiuodo sulTobiezione di coscienza, e il diluvio
di approvazioni riportate su (( EcoLuce » mi ha invogliato alla lettura
dei famosi documenti di don Milani.
Devo onestamente dire che non sono
rimasto affatto persuaso dalle sue argomentazioni. E se posso apprezzare
il significato deirobiezione di coscienza, debbo dire che mi ha assai deluso il fatto che la presa di posizione
della Chiesa Valdese su questo problema sia stata suscitata dalla lettera
su « Rinascita ». Poiché infatti non
si tratta di una generica approvazione deirobiezione (li coscienza, ma di
una specifica dichiarazione di solidarietà a don Milani, mi sembra dì
dover spiegare i motivi del mio dubbio.
Intendendo Pobiezione di coscienza
come generico rifiuto della violenza,
sia essa difesa personale della Patria
o dellidea. non è certo h Chiesa
V^aldese che, durante i secoli, ha
obiettato. 1 nostri vecchi (( Balbetti »,
indifferenti talvolta al proprio bene
personale e alla propria sicurezza
(v. Giosuè Gianavello c lauti altri),
furono inflessibili nella difesa della
propria terra e, soprattutto, della propria fede. Commisero talvolta degli
ecessi, ma sebbene ormai la Storia
Valdese sla, per gli ambienti progressisti. una anticaglia da museo, quale
Valdese attaccalo alla propri? fede li
condanna? Senza le imboscate le lotte, le uccisioni la parola « Valdese »
sarebbe soltanto nei libri di storia,
e non esisterebbero i cìrcoli Valdesi,
neanche i più progressisti.
Se invece sì intende Pobiezione di
coscienza come scelta della propria
fazione, nes.suno proibisce a un cittadino italiano di essere comunista o
monarchico. Se egli deve servire nei
ranghi di un esertito di un dato indirizzo politico, è perchè Pcsercito è
un servizio collettivo, e la maggioranza della nostra popolazione c favore
vole all’adesione alla NATO e all’attuale situazione. Per quanto riguarda
don Milani il fatto che egli si sia
appoggialo a un giornale comunista
mostra come la sua lettera aperta
vada presa piuttosto da un punto di
vista politico che cristiano. Ed è per
questo che il fatto che la discussione
sia stala tenuta in un Sinodo mi lascia perplesso.
Passando a commentare direttamen.
te la lettera di don Milani, notiamo
subito come vi sia una certa contraddizione tra il suo ideale europeistico
e la sua denuncia dei metodi con cui
è stata realizzata l’unità d’Italia. Egli
ride degli staterelli ma condanna la
' ioro unificazione con le armi, senza
I pensare che nulla ad un tavolo di
conferenza si sarebbe concluso tra
• Pio IX. Vittorio Emanuele .11 e FranI cesco li di Napoli. Troppe erano le
‘ diversità tra gli Stati per una unione
pacifica. E figuriamoci se le stesse dif.
ferenze, iperbolicamente moltiplicale,
non si riscontrano tra gli Stati Euro|jci! D’altronde, nessuno sarebbe soddisfatto se ad esempio la Francia decidesse dì unificare l’Europa con le
armi. GFimbelli don Milani strillerebbero più che mai, ma la loro precedente disperata volontà di disarmare la propria Patria li condannerebbe.
Io, caro don Milani, non rido del
concetto della patria borbonica. Sono
lieto e fiero dì vivere in un paese
unito, ma apprezzo il Colonnello Bosco, che difendeva i suoi ideali come
Nino Bixlo.
Un’altra contraddizione trovo fra
la duplice condanna dell’esercito nell’episodio del 1898 a Milano e in
quello delia Marcia su Roma. Coloro
che marciarono su Roma erano in
buona parte i diseredati della Nazione, i disoccupali, i combattenti che,
tornati a casa, si erano trovati senza
lavoro, senza denaro a causa della
svalutazione e del caro vita, con una
famiglia rovinata (una mirabile descrizione di questo stato d’animo si ha
in (( Tamburi nella notte » di Brecht,
opera che, tra molti difetti, ha questo pregio). Non era tutta colpa loro
se per esprimere la loro protesta erano
confluiti nel movimento sovvenzionato
proprio da quei profittatori di guerra
di cui volevano liberarsi; i quali,
d’altronde, mandandoli allo sbaraglio,
se ne stavano chiusi nelle loro sicure
tane del nord. Un accurato p ano .sociale, avrebbe potuto evit-ire rimo e
Taltro di questi episodi, na non va
fatta colpa aH’esercito se esso mancò
in quest’occasione. Anzi, è probabile
che se nel 1922 l’esercito fosse stato
lasciato libero, i soldati sì sarebbero
in gran parte schierati dalla parte
dei loro ex commilitoni, che presentavano le stesse richieste che a loro
interessavano.
Io sono un convinto assertore della
libertà dei popoli, ma se non approvo le guerre coloniali (in quanto un
popolo in grado dì combattere una
guerra moderna, come l’Etiopia nel
1936. ha in genere i mezzi per fare
meglio ancora opere pacìfiche), penso
che non sia inutile l’opera d: coloniz.
zazione in terre incolte. Coinè pure
non sostengo la superiorità della razza
bianca, ma non ne riconosce l’inferiori là. Non sono solo ì bianchi a fare
la guerra e il recente conflitto tra
India e Pakistan (( docet ».
Sono d’accordo sull’inutilità delle
due guerre mondiali, combattute la
prima con un \ano sacrificio, la seconda addirittura follemente. Ma non
penso che ciò debba influire su giovani che devono prestare un servizio
più vicino al servizio civile che al
servizio militare nel senso classico
della parola. L’esercito italiano ha i
carri armati, ma ha prestato la sua
opera nella sciagura del Vajont, per
esempio, ha assistito le vittime del
terremoto deU’Irpinìa e del maltempo
di quest’anno.
Concludendo: don Milani non mi
ha convinto, e penso che la sua opera
sia soltanto un seminare zizzania a
favore di forze sovversive. E d’altronde non dimostra molta serietà la Ghie,
sa Valdese che nel suo elenco di firme
presenta soprattutto donne, vecchi,
pastori 0 aspiranti tali. Gente cioè
che sarà, non lo nego certo, convinta
di ciò che dice, ma che non si troverà mai nel dubbio, nè mai dovrà
pagare di persona.
Approvo coloro che obiettano realmente per motivi di coscienza, ma
non eccetto di essere bollalo come
traditore della fede se quando riceverò la cartolina precetto risponderò
prontamente alla chiamata. E’ questo
che pensiamo noi giovani che siamo
diretta parte in causa, e saremo lieti
se in questo gran parlare qualcuno
si occuperà dei nostri dubbi.
Infine, tengo a precisare che non
sono una copertura per qualche circolo conservatore delle Valli, e che
queste sono mie idee personali, neanche del tutto condivìse nella mia
famiglia.
Cordiali saluti, caro Direttore, e mi
scusi se sono stato talvolta un po’
aspro. Gianni Long
(anni 15)
...e le nosire
Pubblichiamo questa lettera, lieti
di questo intervento giovanile. Doh‘
bianio tuttavia precisare alcuni punti:
— - non si e discusso in Sinodo il
« caso Milani »: il Sinodo ha discusso,
poco e male, il problema della violenza, che da due anni avrebbe dovuto essere presentato alle comunità e
quindi affrontato in sede sinodale: il
problema ha subito un ulteriore rin
— non si può dire che la Chiesa
V aldese ha preso posizione per don
Milani: le firme raccolte ad Agape costituiscono un impegno personale, non
sono tutte di valdesi, e rappresentano
comunque un numero assai esiguo di
valdesi;
— non è in alcun modo corretto
parlare di Lorenzo Milani come di
un « imbelle »; ciò che sappiamo di
lui, la sua lettera mostrano chiaramente che il suo pacifismo non è sentimentale c irriflesso, che egli sa bene
che in casi estremi la violenza può
imporsi come orribile necessità (parla
della lotta partigiana come deìl'unlca
nostra (( guerra giusta » da cent'anni
a questa parte); la vigoria di pensiero
e di carattere delVuonio risultano dal
profilo che ne dà Luigi Santini:
--- il nostro lettore parla di
(( esercito » intendendo in genere la
truppa, mentre è chiaro che la requisitoria del Milani non riguarda la
truppa se non in modo molto indiretto e secondario, ma ha come oggetto
la struttura organizzativa militare, i
« quadri ». che sono stati non di rado
strumento o fonte di potere più che
servizio pubblico.
Indubbiamente, la galoppata storica di don Milani procede a colpi di
mazza; ed è probabile che uno storico
più (( sereno » potrebbe discutere questo o quid punto particolare. Mi sembra però difficile per un uomo aperto,
e per un cristiano in particolare, non
accusare il colpo di quella mazza; discuiianio pure le idee, le valutazioni,
ma non « induriamo il cuore » contro
ciò che li Signore vuol dirci attraverso a questo suo discutibile profeta,
anche se da buon cattolico fa parecchio appello al buon senso e alla buona volontà (teologica naturale) e poro. almeno espUcitamente, alla Parola
(( Non voglio, in questa lettera, riferirmi al l'angelo. E' troppo (acile dimostrale che Gesù era contrario alla
violenza e che per se non accettò
nemmeno la legittima difesa» . verissimo. ma non si può davvero vsbrigare» con queste quattro parole tutto
li problema del cristiano e della società, della Chiesa e dello Stato). Del
resto, come ci ricorda Luigi Santini.
Lorenzo Milani non ricerca molto la
solidarietà di « pacifisti », di « sinistri » o di evangelici, forse questa Vin.
dispettisce persino un poco, e quello
che gli sta a cuore è la testimonianza
(drinterno della sua Chiesa, quello
che gli brucia è la sordità di larga
parte della sua Chiesa.
Penso che se i nostri giovani in
età militare hanno dei dubbi, è la
cosa che più possiamo desiderare. Non
penso che la Chiesa dirà mai loro
« non dovete prestare questo servi
zio », così, in assoluto; ma dopo gii ultimi immani strazi, di fronte (di': rivoluzione tecnologica, e internazionide,
forse le chiese stanno diventando mite più esitanti a dare una sorla di
sanzione al « sacro dovere » di tale
servizio. Non penso che si possa dire
in assoluto, e a freddo: devi, o non
devi. Quello che i nostri giovani .^ono
in diritto dì chiedere alla loro chiesa,
è che essa li aiuti a vedere le questioni nel modo più ampio e chiaro,
dia loro gli a atti del pi ocesso », li
metta in (( stato di confessione »: allora chi partirà, saprà comunque che
cosa vale la retorica e la mistica di
cui cercheranno di imbottirlo e individuerà con realismo i lati positivi e
quelli negativi (intendo: socialmente,
non personalmente) del servizio che
rende nella società; e chi resterà (sperando che anche da noi venga presto
il giorno in cui non debba più restare
in prigione, ma possa dare (dirimenti
e forse con più slancio e utilità il suo
servizio civile) non si sentirà più uii
isolato, considerato imbelle da molti
dei .suoi stessi fratelli, ma impegnalo
in una iestimonianza particolare. I
nostri giovani non po.ssoiio chiedere
soluzioni prefabbricate e il cuore in
pace una volta per tulle: nel loro
primo impegno pubblico cominciano a
vedere quanto sia problematica ogni
posizione e provvisoria ogni soluzione. Per chi sa di dovere e potere cercare nell Evangelo di Cristo il proprio
costante riferimento, è una scuola
esemplare.
Gino Conte
Solidarielà
Abbiamo ricevuto altre offerte per il
fratello isolato e invalido della diaspora: N. N. (Genova) L. 1.000; N.
N. (Torino) 1.000; L. A. Fiorini (Bologna) .S.OOO; M. C. (Torre Pellice)
5.000; A. C. (Torre Pellice) 5.000;
Clorinda Guerrini (Firenze) 2.000;
la Chiesa del Voraero (Napoli) ha dedicato a questo scopo la colletta del
cultoi domenicale del 26-9-'65: Lire
11.855. Ringraziamo caldamente e
trasmettiamo.
5
8 ottobre 1S65 — N. 40
pag. 5
Un occhio al credo caftolico ed uno ai mondo odierno
Lo schema 13
senso ultimo del Concilio
Ripresa autunnale
nel Secondo Distretto
SEGUE DA PAGINA 1
zicne giurirtica delle varie confessioni
di fronte allo Stato si possa dedurre
che, secondo lo schema, le diverse
coniessioni religiose sono teologicamente sullo stesso piano. E’ stato anche precisato che, nella revisione dello schema che sta avvenendo in questi giorni, si sarebbe tenuto più conto
dei diritti che spettano alla « vera religione ». In secondo luogo, lo schema
prevede e avalla lo Stato confessionale, per cui la confessione religiosa
della maggioranza della popolazione
può ricevere dallo Stato, rispetto alle
confessioni minoritarie, «uno speciale riconoscimento giuridico » : sarebbe
conie dire, parafrasando un detto famoso di Orwell, che « tutte le confessioni religiose, di fronte alla Legge,
sono uguali, ma una è più uguale delle altre ». Infine, quanto al problema
dei limiti della libertà religiosa (su
cui anche il nostro Sinodo di quest’anno si è pronunciato), lo schema
10 risolve invocando 1’« ordine pubblico » : un concetto che consente interpretazioni mollo elastiche e applicazioni molte diverse e che riuscirà senz’altro gradito sia a Stati con spiccate
tendenze clericali come il nostro sia
agli Stati totalitari di tutti i tipi (non
per nulla molti vescovi orientali hanno chiesto che la menzione dell’« ordine pubblico» sia soppressa).
Concludendo, si può dire che il riconoscimento del principio della libertà religiosa da parte del Concilio è
una vittoria di quella parte dell’episcopato cattolico che è meno insensibile a, certi valori storici, a dire il
vero un po’ stagionati (ad Agape,
que t le a torto o a ragione, si è
istituito un « processo alla libertà religiosa»! ma comunque sempre validi
e che '¡rinai fanno parte del patrimonio spiiicuaie di larga parte dell’umanita (sono già più di lOO gli Stati le
cu C t z oni affermano il principio dona libertà religiosa...). La Dichia ne >u!la libertà religiosa co
stituisi L- indubbiamente, per la Chiesa
cattonc;;,. una conquista morale di notevole rilievo. Il punto oscuro di tuti q raccenda sta nella concreta
appi ne giuridica e politica che il
pr n ormai approvato riceverà o
meno lei vari Stati nazionali, a cominci;! te tìa quelli in cui il cattolice“ mo pa una posizione di predominio un principio elementare di
coeie retabe che siano proprio
qup f ’'‘^ati a dare il buon esempio.
Non si ano dire che finora lo abbiano
dato. F inicnè non lo daranno è lecito 1 ampie riserve sul valore ’’ea
le delie- aichiarazione conciliare sulla
liberi eli iosa. I fatti, soprattutto
in questa materia, parlano molto di
pili d ’ o rote, anche se conciliari.
Dopo la libertà religiosa, il Concilio
ha iniziato la discussione di un importante dc-cumento che costituisce il
penaani e ii complemento della costituzione dogmatica De Ecclesia : il cosiddetto « schema n. 13 », sui rapporti
tra Chiesa e mondo (il titolo esatto è
«La Chiesa nel mondo di oggi»). Si
tratta di una problematica del tutto
nuova per un’assise conciliare: mai finora im concilio cattolico si era occupato dei rapporti tra la Chiesa e il
mondo. Nello schema vengono affrontate questioni come : fede e cultura, la
scuola e l’educazione, la famiglia e il
matrimonio (problema demografico),
l’ateismn, la guerra convenzionale e
nucleare, il disarmo (obiezione di coscienza), la fame nel mondo, il « terzo mondo», il problema razziale e così via: inosmma tutti i principali proiblemi che travagliano la nostra epoca.
Se pensiamo che già due volte il
nostro Sinodo ha elegantemente evitato di pronunciarsi sull’obiezione di
coscienza, si comprende quanto sia
diffìcile ner qualsiasi Chiesa e tanto
più "er la Chiesa cattolica nronunciarsi su problemi di questo genere,
come appunto il Concilio sta tentando di fare con lo schema n. 13. Che
11 Ccncìlio affronti il rischio di una
discussione e di una presa di posizione su temi cosi, ardui è di per sè un
fatto degno di nota e altamente nositivo. F nualuriQue siano i risultati
cui il Concilio approderà con questo
schema, bisogna dare atto airepiscopalo cattolico di avere avuto il coraggio di prepararlo e promulgarlo.
Il valore dello schema, più che nel
suo contenuto, sta nel fatto stesso
della sua presentazione: un fatto_ nuo'’o_ che, in un certo senso, illumina e
spiega tutto questo Concilio. Ciò che
infatti sembra contraddistinguere il
Vaticano II dai precedenti concili è
proprio questo; il Vaticano II è il concilio_ nel quale la Chiesa cattolica ha
cominciato a pensare storicamente,
cioè guardando con un occhio al credo cattolico tradizionale e con Taltro
al momento storico che attraversiamo.
E in ultima analisi, quello che oppone
i cosiddetti « progressisti » ai cosiddetti « conservatori » non è forse tanto una diversa impostazione teologica
di fondo quanto una diversa coscienza storica. E’ all'affermarsi, in seno a
larghi settori deU’episcopato cattolico,
di una nuova consapevole^a della
storicità del messaggio cristiano e
quindi della parola della Chiesa che
dobbiamo il decreto sall’ecumenismo,
la dichiarazione sulla libertà religiosa
e infine lo schema n. 13. Schema,
questo, che è una primizia e come tale
non potrà non essere un trutte acerbo del Concilio. Pur essendo già stato
rielaborato ben 8 volte, esso appare
ancora troppo accademico e generico,
troppo filosofico e troppo poco concreto. « Cesi du bavardage » (« Sono
chiacchiere!»); questo il severo giudizio di un Osservatore suilo schema.
Il dibattito è in corso, senza sollevare
grande interesse. Del resto, fin dallUnizio di questa sessione, l’interesse
si è spostato dall’aula conciliare alle
varie commissioni e sotto-commissioni che si stanno sottoponendo a un
tour de force estenuante '^ir rivedere
gli schemi e predisporre i testi definitivi degli 11 documenti su cui l’assemblea deve ancora pronunciarsi prima
della fine del Vaticano II.
* * |8
Si aspetta da un giorno all’altro un
Motu proprio del papa sui matrimoni
misti. Il Concilio, dopo aver espresso
il suo parere in merito al termine del
la scorsa sessione, si era rimesso al
diktat del pontefice. La questione dei
matrimoni misti è un po’ il test della
reale disponibilità ecumenica della
Chiesa cattolica; Roma non può nretendere di essere diventata ecumenica
finche non avrà modificato la sua teoria e la sua prassi nei matrimoni misti. Da indiscrezioni pervenuteci sul
contenuto del Motu proprio papale
(che è di imminente pubblicazicne) risulta che, purtroppo, nulla è cambia
to, quanto alla sostanza: i figli nati
da un matrimonio misto celebrato in
Chiesa cattolica dovranno essere cattolici e il coniuge protestante dovrà
prometterlo (non più per iscrìtto: la
famosa « firma » non sarebbe più richiesta, essendo una promessa orafe
ritenuta sufficiente). La coscienza del
coniuge protestante viene cos', violentata e la Chiesa cattolica lo obbliga
a essere un ipocrita oppure a rinnegare la sua fede (nella persona dei
figli). BeU’ecumenism''. Anche l’idea
di affidare alle conferenze episcopali
delle varie nazioni il compito di risolvere la questione secondo le esigenze
e le situazioni locali è stata scartata,
soprattutto per l’opposizione dell’episcopato nord-americano (e si capisce
perchè: i vescovi statunitensi, dovendo risolvere in loco la questione, avrebbero dovuto tener conto dell’opinione
pubblica americana e optare por soluzioni meno intransigenti e quindi
meno vantaggiose per la Chiesa cattolica).
Insomma, la ferrea logica del Codice di Diritto canonico sembra essersi
imposta ancora una volta, prevalendo
su qualsiasi altra considerazione di
ordine pastorale ed ecumenico. E
questo mentre si sta svolgendo il Vaticano II che è .stato presentato come
il Concilio pastorale ed ecumenico per
eccellenza.
Paolo Ricca
Da una circolare della Commi.s»ione del
II Distretio desumiamo queste notizie relative al nostro distretto ligure-piemontese
(Valli teluse).
Sono programmati, per la ripresa autunnale. gli incontri regionali per Consigli di
Chiesa che erano stati richiesti, a giugno,
dalla Conferenza distrettuale di Ivrea. Data
la eonfigurazioue geografica del distretto, non
si avrà un unico incontro generale, che
complicherebbe la partecipazione di tutti,
bensì due incontri regionali, uno per il Piemonte a Torino, nel pomeriggio e nella sera
di sabato 16 ottobre, e l'altro per la Liguria
a Borgio Verezzi. nella giornata del 4 novembre.
Il lavoro di questi convegni sarà articolato
su questi temi :
— Le nostre Chiese tra il vecchio e il
nuovo, l’esistenza della Comunità e le sue
scelte. « La nostra Chiesa — scrive il Presidente della C. D.. Past. E. .\yassot — vive
attualmente nella tensione fra concezioni di
"conservazione" e di 'rottura ' di strutture,
schemi preesistenti, ecc. (Tutte le Chiese cri.
stiane condividono più o meno tale situazione. che in campo cattolico è definita ’’crisi
della parrocchia") Da una parte rimangono
essenziali schemi già collaudati imperniati
sullo schema tradizionale della vita delle
Comunità (culto, istruzione biblica, cura pastorale. eCC.). dall altra si tentano nuove stra.
de di testimonianza e di servizio per rispondere s nuove esigenze (urbanesimo industriale. quartieri periferici delle grandi città, ecc.).
Mentre riteniamo che nessuna tesi possa essere accettata con esclusività, crediamo che
dalla dialettica del loro confronto — purché
non esasperato — la vita delle nostre comunità possa essere arricchita e potenziata. Le
ALBERT SCHWEITZER
L'ultimo umanista
Un doppio, drammatico interrogativo si
proponti alla coscienza dell’uomo primitivo,
che ha di recente accettato la civiltà odierna
e i suoi frutti migliori: quanto mai drammatico, perchè, dopo che sono state accolte
le luci abbaglianti del progresso, tutto sembra ad un tratto far macellila indietro e
piombare in un improvviso ritorno <li oscurità e di tenebre, in cui nulla di quel che è
stalo costruito rimarrà ancora in piedi.
FALLIMENTO DELLA CIVILTÀ ?
Dei due interrogativi, il primo suona infatti cosi : perchè le nazioni che sono maestre di civiltà debbono contrastarsi reciprocamente il passo in competizioni tull’altro
che pacifiche, ossia in spaventosi conflitti armati? e perchè quei popoli cosidelti civili,
per distruggersi fra loro, vengono ad arruolare noi, popoli primitivi, per le loro sporche guerre?
E l’altro interrogativo è questo : perchè i
cristiani, che dovrebbero essere tutti concordi
e tutti unanimi — data la natura specifica
del messaggio cristiano, che ha infranto ogni
barriera di casta, di censo, di sesso, di razza
— offrono al mondo il miserando spettacolo
di una cristianità divisa? e perchè trapian
ì. C. E. - GRUPPO VàLU
i]onve^no iiutunnale
Il Cenvegno d’autunno dei soci dell’A.I.C.E. avrà luogo quest’anno a Pirerolo, domenica 24 ottobre p. v., presso i locali della Chiesa Valdese g. c.,
con un programma rinnovato:
ore 10: partecipazione al culto;
ore 12,30: pranzo in comune;
ore 14,30: visione di diapositive sui
luoghi visitati da alcuni soci dell’AJ.C.E.: Patagonia (prof. Marcella
Gay); Tunisia (dott. Franco Girardet
e Mt- Roberto Eynard); Spagna e Ciréeia fM.e Fthel Bonnet e Annalisa
Go'isson).
Cordiale invito!
Il C. N. dell’A.T.C.E.
tare fra noi. primitivi, le loro assurde divi.sioni?
In questo doppio ordine di interrogativi è
lutto il dramma deirincontvo tra la civiltà
che si suol chiamare occidentale, e Tanima
del primitivo : polinesiano, indiano, arabo o
africano che sia! E bisogna riconoscere che
è vero dramma, e spesso autentico fallimento morale. Il nazionalismo dei popoli indigeni sta a confermarlo. E se coloro che hanno in pugno le sorti, non diremo del pianeta
intero, ma della civiltà, si rendessero veramente conto dell’accorato rimprovero di cui
è saturo quel drammatico incontro, non v è
dubbio che molti timori del tempo presente
sarebbero già stati autorevolmente messi in
fuga. Ma gli interrogativi, purtroppo, riman.
gono tali.
UNA VITA PARADOSSALE
Ora, non occorre una lunga meditazione
per capire che Tangoscioso problema di cui
si è alluso è stato affrontalo e risolto, ai nostri tempi, dal messaggio e soprattutto dall'opera del dottor Alberto Schweitzer, il « medico bianco della giungla equatoriale ». L'epiteto di « africano », che quest uomo si è meritato, non è collegato, per la prima volta
nella storia dell’umanita, ad una sanguinosa
vicenda di conquiste e di tirannidi!
Paradossale destino, il suo : nasce cittadino tedesco dì una terra francese nell’ani
ma. ma sotto dominazione straniera - l'Alsazia. Studioso della vita storica di Gesù dì
ìNazarelh. la nega per superare cosi il vicolo
chiuso degli storicisti suoi contemporanei,
impantanati in un razionalismo di seconda
mano. Organista incomparabile ed interprete d'occczione della musica di Giovanni Sebastiano Bach, si riduce a suonare un povero e piccolo istruinenlo di fortuna, per un
pubblico eterogeneo di barbari negri e di slu.
pcfatli animali della foresta vergine. Beethoven divenne .sordo, ma Alberto Scbwcilzor
si è fatto volontariamente sordo, per poter
ascoltare l’inespresso gemito dellanima indìgena. Infine, laureato a pieni voti in medicina tropicale, sarà neurologo, ginecologo,
chirurgo, farmacista, oculista, radiologo, den.
lista e financo alienista. L’ospedale di Lambaréné, nel Gabon africano, che Ha sollevato, in questi ultimi tempi in specie, tanti
scrupoli « europei » sulle sue attrezzature
piuttosto « fin de iiècJe », ha un primario
che ha per sua specialità di non essere uno
specialista...
Tutto questo — e molle altre cose ancora
ha potuto spiegare, non diciamo il Premio Nobel per la Pace (un premio è, fortunatamente. soltanto un premio!), attribuito
al « medico della giungla ». ma cf-me Alberto Schweltzer possa essere stalo consideralo —- e lo sia ancora oggi, mentre la memoria deU'opera sua passa alla storia migliore del nostro tempo — come il simbolo
di un mondo dominato dalla fratellanza e
dalla pace. Poiché la pace non è una teoria,
e neppure un emblema, e non è nè romana,
nè britannica, nè americana (non soffre aggettivi questo sostantivo permaloso!) e la
fratellanza non è una filosofia per gente eletta. o un galateo per ricchi, o un paradigma
politico. Fratellanza e pace sono un frutto,
un frutto di amore. E ciò è apparso evidente
rielÌ'opera del medico alsaziano, chè con il
195.3. la serie dei Premi Nobel per la Pace,
destinati, come è nolo, esclusivamente a uomini politici, fu per la prima volta interrotta proprio dal dottor Schweitzer. che uomo
politico assolutamente non era nè voleva essere. Il medico della giungla era cosi poco
« politico ». infatti, che non dubitava dì
(c sporcarsi le mani » nella discussione atomica: e conosceva così poco il linguaggio
fJella prudenza teologica - pur appresa nei
suoi studi a Strasburgo — che per accennare
alla missione cristiana fra i popoli pagani, ne
rivoluzionava addirittura il concetto fondamentale. chiamandola, non già uni opera
buona, ma un dovere riparatore! Lo stesso
concetto etico del « rispetto della vita » clic
altri ha voluto trarre dalle sue o]«ere (lespressione è sua. ma non così sottolineala)
assume il suo più vero senso in Alberto
Schweitzer solo se autenticalo c appiofondito
da quel primordiale dovere dcU’uomo civile.
Qualcuno dirà; ma Schweitzer non è stalo. e probabilmente neppure sarà jl solo facitore di pace. Quanti altri non hanno fatto —
forse in condizioni assai più disagiate delle
sue. e certo senza il favore di altrettanta celebrità — altrettanto? La causa della vera
civiltà, del progresso umano, della pace, ha
innumerevoli aderenti.
E‘ vero. Ma qui sta un contrasto, che fa
dell'opera del « medico bianco » qualcosa di
raro, di eccezionale. Gilbert Cesbron. nel for.
lunato dramma sul dottor Schweitzer. che fa
da canovaggio al film di Pierre Fresnay. intitolato « E* mezzanotte, dottor Schweitzer »,
mette in bocca al medico dei negri questa
dichiarazione; «la felicità non esiste, esiste
soltanto la gioia ».
LA GIOIA
COME DOVERE RIPARATORE
La distinzione è sottile, ma fondamentale.
Questo mondo non è il mondo della utopia,
della felicità a portata di mano, ma in questo mondo, in cui dominano la sofferenza, il
male, l'errore, è dato ad alcuni di trovare in.
fine la propria serenità nel servizio altrui.
due tesi saranno presentate in ognuno dei
convegni da due laici designati dalla C. D.
Inoltre le comunità sono invitate a discutere
preventivamente il problema, anche se soltanto in piccoli gruppi di studio, e a mandare un breve riassunto delle proprie considerazioni sotto forma di ’'tesine** quanto più
concise. Le tesine che ci perverranno saranno raggruppate e serviranno di base alla discussione nei convegni insieme alle brevi
introduzioni degli esponenti delle due tesi ».
— Impostazione del lavoro nel distretto
nei prossimi mesi:
— Istituzione e organizzazione di un
’ruolo* dei predicatori laici del distretto, nonché di una loro periodica riunione e di corsi
di aggiornamento, come richiesto dall ultima Conferenza distrettuale:
— Esame del problema finanziario, con
particolare riguardo alla mèta fissata dalla Tavola per il distretto.
E’ toancato il Past. Enrico Pascal
li 2 ottobre è deceduto a Luserna S.
Giovanni, dove risiedeva, il Pastore
emerito Enrico Pascal, li serrizio funebre è stato celebrato il 4 ottobre,
presieduto dal Past. Roberto Jahier,
mentre il Vicemoderatore Past Achille Dendato, portava l’affettuoso e sfrato
saluto della Tavola e della Chiesa tutta, esprimendo ai familiari la viva simpatia di tutti.
La prossima settimana ricorderemo
il ministero di questa figura pastor^e.
Pensiamo con simpatia ai familiari e
in particolare alla sua compagna.
^CACCIA
e
Alberto Schweitzer non si è mai fatto illusioni : la sua opera si è svolta in mezzo all<i
concretezza più viva, piaga aperta e sanguinante. Giovinetto, si sentì ribollire il sangue per lo sciancato preso a pietrate. Divenuto fondatore dell'opera di Lambaréné, la
prima guerra mondiale gli aprì le porte del
campo di internamento: era cittadino tedesco. Durante il secondo -confiìtto mondiale,
i suoi ospedali furono distrutti dai bombardamenti. I suoi negri diventarono carne da
cannone una prima ed una seconda volta.
E non è neppure detto che. dono di lui, la
missione medica di Lambaréné non diventi
un’opera sociale, ma banalissima, di assistenza coloniale. Ma fino al suo ultimo respiro,
Alberto Schweitzer è rimasto fedele alla sua
definizione dell'opera missionaria : essa è un
dovere riparatore. Sicuro, anche nei confronti dell’ultimo conflitto che insanguina
l'angolo più remoto del nostro globo terracqueo: del Vienam medesimo, se vogliamo. In realtà, Schweitzer non ha mai lavorato nè per sè — evidentemente — nè per
un astratto ideale superiore: ma. nel concreto. unicamente per gli altri (un recentissimo libro « africano » spiega che gli indìgeni
si chiamano volentieri, nei confronti dei
bianchi. « glj altri ») siano costoro dei visi
pallidi o degli uomini di colore, poco gli im.
porta.
Non altro ideale, del resto, lo avvicinava
al domenicano padre Enrico De Foucauld.
in un insigne esempio di tolleranza — contraccambiato con effusione da quella grande
anima cattolica — che affonda, essa, le sue
radici, nella intima coscienza dell’uomo :
esempio degno dì una lunga meditazione e
che riscatta una lunga, interminabile serie
di intolleranze e di errori. Una tolleranza
veramente ecumenica, che è la base della rivelazione cristiana. Non altro ideale, potrebbesi aggiungere ancora, avvicina Alberto
Schweitzer ad una figura altrettanto meritevole di un riconoscimento sul piano universale: il Mahatma Gandhi.
MESSAGGERO DELL’UOMO
Onde Alberto Schweitzer è davvero, per
la sua opera, Tultimo umanista, l'uomo fattosi messaggero deU’uoino. Per questo, agli
uomini di questo secolo, così depauperato di
vera umanità ma così ricco di superuomini.
di omuncoli e di automi, egli è subito apparso come il restauratore di un più vero e
profondo tipo di umanità, dopo le spaventevoli esperienze di un recente passato, dopo
la babelica prova di cui siamo stati ad un
tempo spettatori ed attori lutti quanti, che
non esìste più dottrina, o pensiero, o ideologia. che siano capaci di unire tulli gli uomini fra loro. Anzi, ciò non fa che dividerli, e
scavare più nel profondo gli abissi di frontiera. Neppure il loro linguaggio può compier più quel miracolo: le parole hanno inolti sensi, e lutti diversi fra loro!
Non rimane che una sola via : vedere Tuo.
mo cosi come esso è. amarlo nella sua abbìezione. soffrire con lui della sua sofferenza,
non distinguersi da lui. neppure ueH'atlo di
porgergli la mano che lo solleverà dal basso,
ma confondersi con lui. essere lui. essere veramente un altro, come intitola Julien Green
un suo romanzo. A queste condizioni, non
tutto è perduto: dopo Tumanesimo del X\ I
secolo, dopo il superuomo di Federico Nietzsche. dopo il nuovo troglodita dell'era atomica. un nuovo e migliore umanesimo può
sorgere ancora. Dopo la mezzanotte, dottor
Schweitzer, dovrà pur sorgere l’alba di un
nuovo giorno migliore.
Teodoro Balma
(Questo articolo e apparso come « fondo » sulla « Gazzetta Ticinese » del 7-9 65.
Lo pubblichiamo per il valore che ci pare
avere, anche se cede a quello spiritualismo
di fronte a cui Claudio Tron. sulla traccia
di Giovanni Miegge. ci metteva in guardia
la scorsa settimana. red.J.
Ln lettore di Milano - lettera firmala
ma firma non riportala — scrive così al settimanale « Oggi », nella rubrica « Vita sociale » :
« Ho letto sul n. 33 di « Oggi » quanto lei
ha scrìtto circa i « parroci che vivono in miseria » ed ho pensato di suggerire un'idea.
Tante volte, nelle grandi città, capita che
se vogliamo far dire ima S. Messa per un
defunto, o per un motivo particolare, si dede attendere anche un mese e piii-. perchè le
S. Messe sono già tutte impegnate. Non sarebbe opportuno farle dire invece nelle parrocchie piu povere? n (da « Oggi » N. 39 del
30-9-1965).
Cose che purtroppo capitano a chi riceve
la salvezza dal Cattolicesimo romano anziché
da Cristo.
Non solo il sacrificio di Cristo, non trasmettibile e non ripetibile, è, invece, trasmes.
so al sacerdote e ripetuto migliaia dì volte,
in migliaia di luoghi, da migliaia di celebranti, ed è offerto a discrezione delTuomo,
genericamente e per casi separati e particolari; non solo esso viene preso a Cristo per
poi offrirlo... a prezzo, ma esso addirittura
viene scandalosamente messo a disposizione
con turni e formalità burocratiche, rendendo
così non valido un unico sacrificio per tutti
gii interessati, ma per ogni caso un singolo
e nuovo e ripetuto sacrificio.
Quei sacrificio è stato pagato da Tizio, non
può servire perciò a Caio, anche se Caio ha
pagato anch'egli, perchè il sacrificio acquista il nome di chi l'ha., acquistato, per cui
per Caio deve essere ripetuto un'altra volta.
QueU'aitro sacrificio è stato pagalo meno,
quindi non può rientrare in quello pagato
a maggior suon di quattrini, quindi deve
esserne fatto un altro che sia magari meno...
impegnativo, essendo più... economico — ed
è giusto, umanamente, perchè v quanto paghi. tanto vai ». Italo lazeolla
Su alcuni giornali dì lingua italiana penne evangeliche hanno commentato la scomparsa di Albert Schweitzer. « La Gazzetta
del Mezzogiorno (18-9-65) ha 2^*^I^Wicato,
fra le corrispondenze dei lettori, uno scritto
di Salvatore Terranova Leone, della comunità valdese di Grottaglie (Taranto). « Ricordo di Albert Schweitzer » : il nostro fratello vi sottolinea l'impegno del credente, in
obbedienza ai due grandi comandamenti
d'amore e conclude: «Schweitzer lascia l'esempio di quanto Dio ha operato in lui ».
Il « fondo » della « Gazzetta Ticinese ».
quotidiano luganese (7-9-‘65) è costituito da
un ampio articolo di Teodoro Balma: «L'ultimo umanista ». Lo pubblichiamo a fianco.
Borsa di studio
PRIMO DISTRETTO
La Ccinmissione del Primo Distretto ccmunica che i giovani che intendono fruire di una delle Borse di
Studio assegnate dalla Commissione
stessa sono pregati di fare pervenire
le loro domande entro il 3P ottobre al
vice presidente della Commissione
stessa Ing. G. Pontet, vìa Rompicollo,
Torre Pcìlice.
Le domande devono essere corredate dai seguenti documenti;
a) certificato degli studi compiuti
e delle votazioni ottenute nell’anno
scolastico 1904-65;
b) stato di famiglia;
c) dichiarazione da cui risulti di
quali altri sussidi e borse fruisce eventualm.ente il candidato.
Sono tenuti a fare domanda anche
i giovani che avendo ottenuto borse
di studio ncU’anno 1964-05, intendano
ottener© la stessa borsa per l’anno
1964-65. La Commissione Distrettuale
6
pag. 6
8 ottobre 1965 — N. 40
Fraterna collaborazione italo-tedesca
PINEROIO
La missione dei trombettieri sposi nei corso dei cuito
Una parte dei 60 partecipanti alla « Missione Trombettieri » presenti oi culto
di ai>ertura della medesima^ la domenica 12 settembre n Villar Perosa
Domenica 26 u. s. a notte inoltrata ì nostri amici Trombettieri Germanici erano
tutti rimpatriati sani e salvi ma non senza
avventure, che al bivio Pinerolo-Saluzzo,
una frenata della colonna provocava un
tamponamento tra due vetture seguito da
un secondo a Soloturn in Isvizzcra causato
da un incidente di terzi. Danni alle carrozzerie ma nessuno alle persone. Anche il soldato che doveva rientrare in caserma entro
runa di notte nel lontano Siegerland giunse
in orario perfetto.
Si concludeva così per i Trombettieri nostri un avvenimento notevole : per la prima
volta un gruppo così numeroso aveva partecipato alla consueta missione (50-60 circa),
di cui 35 Germanici e 20-25 valdesi. Con
due sole prove s’erano amalgamati gli uni
con gli altri ed erano partiti per la loro impresa per presiedere in quattordici giorni
sedici riunioni religiose attraverso le Valli
e spingendosi fino a Torino, alla Liguria e in
Valle d'Aosta, sempre a prezzo di lunghe
corse in macchina nel pericolo del viaggiare in colonna, in mezzo al traffico delle
strade di grande comunicazione e nelle tenebre della notte, rincasando mai prima dì
mezzanotte e talvolta all'una, alle due e oltre. Sempre animati da un fervido entusiasmo.
Non è possibile ricordare giorno per giorno i dettagli della missione, vogliamo qui
soltanto ringraziare tutte le chiese visitate
a nome dei Trombettieri Germanici e Vaidesi per le calorose accoglienze loro offerte,
per le numerose assemblee che li hanno circondati, quasi sempre in giorni feriali, per
le Agapi fraterne di San Giovanni, Torino,
Villar Perosa e Bassignana, per i rinfreschi
e i ricevimenti ricevuti in tutte le altre.
Ringraziamo pure i Pastori che han voluto condividere le fatiche dei Trombettieri
per unire la loro voce a quelle delle trombe :
Rivoira Lorenzo, Ayassot Marco, Bouchard
Gustavo, Tourn Cipriano, Taccia Alberto,
Rutigliano Aldo, Giampiccoli Franco, Bouchard Giorgio, Magri Teodoro, Ayassot Ernesto ecc.
Un ringraziamento particolare al sig. Moderatore Neri Giampiccoli che volle salutare
gli Ospiti nella Casa Valdese, al sig. Sindaco di Torre Pellice che lì accolse e li salutò
nel salone del Consiglio, al Cav. Olivero,
sindaco di Inverso Pinasca che, anche a nome del Comune, offerse loro un ricevimento
nei saloni del suo Ristorante, al sig. Sindaco
di Carema M® Savigni che presenziò a quella manifestazione e rivolse loro un commosso messaggio in presenza di tutta la popolazione Caremese dopo aver loro offerto un
ricevimento a nome della chiesa locale, al
sig. Console di Germania a Torino che si
fece lappresentare alla manifestazione di
Torre e che inviò un messaggio scritto.
Fu davvero Timpresa dei Trombettieri
una manifestazione evangelistica stile antico
o nuovo come si voglia con tutte le reazioni
di sempre: alle Valli un lento crescente
interesse delle comunità con al vertice l’ade.
sione qua e là di nuove reclute e l’appassionata perorazione del pastore Magri di San
Giovanni ai suoi giovani perchè costituiscano
essi pure una fanfara per accompagnarlo
ad evangelizzare i villaggi della periferia e,
a Torino, l’annunzio dal pulpito del pastore
Ayassot della decisione del suo Concistoro
di costituire agli Artigianelli anche una
Fanfara Valdese... Non sempre fu cosi:
A Bassignana correva voce che si fosse
udito proibire dai pulpiti alla popolazione di
presenziare alla manifestazione protestante.
La polizia ad ogni buon conto era presente.
A Rivoli le Autorità comunali revocarono
ali ullimo momento Taulorizzazione già concessa ai Battisti di cui eravamo ospiti di una
manifestazione in piazza perchè a quell ora
dissero, una processione cattolica doveva attraversare il paese. I Trombettieri Germanici che non avevano intenti polemici, ci
rimasero piuttosto male.
Notevole fra tutte la manifestazione dì
Carema dove accorse tutta la popolazione —
senza polizia — con la Banda Musicale c il
Sindaco in testa per circondare con viva
simpatia gli ospiti della serata. L’ambiente
qui, non chiesastico ma tipicamente popolare, costituì per gli ospiti una esperienza nuo.
va: le pacifiche conversazioni della periferia
creavano un brusio che mise a dura prova
la voce degli oratori malgrado Taìulo dì un
debole altoparlante. Amraìralissime le esecuzioni musicali dei Trombettieri Germanici e
Valdesi e mollo apprezzate anche le esecuzioni della Banda di Carema diretta dal M°
Cav. Vairctto con evidente valentìa. Rivolsero messaggi i pastori presenti: C. Toum,
L. Rivoira, G. Bouchard ed E. Geymet.
Non abbiamo detto che una parte minima delle esperienze dei sessanta partecipanti
alla missione durante un paio di settimane
di attività.
Non abbiamo parlato delTottimo incontro
con le Bande Musicali di Inverso Pinasca e
di S. Germano Chisone dirette dai Maestri
Coucourde e Richiardone, nei Saloni del Ristorante Olivero con la presenza del sig. Sindaco e del Consiglio Comunale... Nè della
esecuzione di inni sacri sul mercato di Torre Pellice e nei cortili interni deH’Ospedale
Valdese di Torino...
Non possiamo abusare dell’ospitalità del
caro Eco e concludiamo con un pensiero di
riconoscenza ai Responsabili dei Trombettieri Germanici che ci han reso possibile
questa bella esperienza.
/ Trombettieri Valdesi
Domenica 3 Ottobre una bella assemblea
si è riunita per il culto nel corso del quale
è stata riaperta la Scuola Domenicale. L’avere ogni domenica i bambini con noi per rini.
zio del cullo, e il fatto che i genitori possono ascoltare, nella prima parte dei culto,
l’insegnamento biblico che viene impartito
ai loro figlioli, ci pare aver dato degli ottimi
risultati. Continueremo pertanto con questo
sistema, iniziato alcuni anni fa e preghiamo
i genitori di non |oi-ivarsì di questo beneficio.
— Nel corso delLestate abbiamo avuto il
privilegio di ascoltare il messaggio della Parola da parte di alcuni fratelli : il Presidente
della Commissione Distrettuale Past. Franco
Davite, il quale ha anche presieduto Tassembica di Chiesa per la rielezione del Pastore;
il Past. Ettore Barletta proveniente dagli
Stati Uniti; il Prof. Bruno Corsani della nostra Facoltà di Teologia; il Past. Alberto
Ribet; il Past. Alberto Ricca; il Cand.
Theol. Luciano Deodato. Li ringraziamo tutti
di cuore.
— E’ stato celebralo in giugno il matrimo.
nio di Torchia Gabriele con Donatella Deodato, e in settembre quello di Chiapperò
Armando con Montaldo Milena. Quest’ultimo nel corso di un culto domenicale, con
partecipazione di tutta Tassemblea. Il fatto,
non frequente nelle Chiese delle nostre valli,
ci è parso essere stato molto gradito dalla
Comunità e ha indubbiamente un aspetto
positivo : è la Comunità tutta che si rallegra per la fondazione dì un nuovo focolare
cristiano.
— E* stato amministrato il S. Battesimo
a Costantino Roberta di Coslantè e di Plavan Lelia: a Garro Fabrizio di Edoardo e di
Bounous Miriam; a Bonardo Mirella di Giovanni e di Paschetto Enrica; a Mourglia
Gianni di Walter e di Godina Bruna; a Boetto Loredana di Pier Giorgio e di Pons Mirella, Possano questi bambini essere aiutati
dai loro genitori a crescere nella conoscenza
del Signore e della sua grazia.
— Si sono addormentati nel Signore: Rostagno Renato, Malan Stefano, Gay Enrichetta ved. Bertalol, Ribet Eiena, Arnaldo
Pillavino. Una gran folla, attenta al messaggio dell’Evangelo. ha gremito il nostro
Tempio (e molti non hanno trovato posto),
per ¡1 funerale del Consigliere Provinciale
Arnaldo Pittavino. la cui simpatica figura
e la cui opera sono state rievocate dal Sindaco di Pìnerolo. dal Past. Elio Eynard e
dall’avv. Floreale.
Alle famiglie provate da queste separazioni sìa dato di conoscere Tefficacia consolatrice della speranza deH‘Evangelo.
La Comunità ringrazia il Pastore emerito
sig. Giovanni Bertinatti, l’Anziano sig. Aldo
Varese, il candidato al ministero Bruno Beliion ed il maestro sig. Edgardo Paschetto
che le hanno rivolto il messaggio della Parola di Dio nel corso dei culti del mese di
settembre.
-- Vivi rallegramenti ed auguri alle famiglie di Paolo e Marita Geymonat (Vicolo
Cortili) per la nascita del piccolo Adriano
avvenuta il 14 settembre presso l’Ospedale
Valdese di Torre Pellice, ed alla famiglia
di Giuseppe ed Erica Mellì (Via Beisilia)
per la nascita del pìccolo Andrea avvenuta
il 19 settembre all’Ospedale Civile di Pinerolo. 11 Signore benedica i bimbi ed i
loro cari.
— Domenica 3 ottobre nel corso del nostro culto sono stati presentati al Battesimo
i bambini Granero Walter e Granero Nadia
di Roberto Francesco e Bonjour Flora (Via
Molino). li Signore benedica i bambini ed i
genitori dando loro di guidare i loro figliuoli
nelle Sue vie.
— Domenica 3 ottobre, dopo il nostro cuito abbiamo invocato ’a benedizione di Dio
sul matrimonio di Davit Roberto (Piazza
Municipio) e Baridon Genoveffa (Raymonds).
1 nostri auguri affettuosi accompagnano
questi sposi che sì stabiliscono definitivamente a Tonno, mentre domandiamo al Signore di essere Tospite costante del loro focolare domestico.
DALLE NOSTRE COMUNITÀ
P0MÄRETT0
Domenica 26 settembre alla Cappella del
dot Inverso il culu* è italo presieduto da
Gianni .lahier con un messaagio appropriato alle circoslanze presc:ili; lo ringraziamo
di cuore per la sua vìva collaborazione.
Al tempio di PomareUo è stalo celebrato
il battesimo di Roberta Pons di Aldo; che
10 Spirito operi ne! cuore della creatura e
dei familiari perchè la tenera pianta possa
crestere nel clima della ;?ioia, della fede
in Cristo Salvatore nostro.
Le visite al quartiere della Faiola sono
terminate: ringraziamo i collaboratori llano Coucourde e Giaiero Renato per il contributo che essi hanno dato alle visite; siamo fiduciosi che tutte le famiglie possano
rispondere all’impegno preso di essere più
viventi nella vita della chiesa e che le loro
offerte saranno accresciute quale segno di
riconoscenza a Dio.
Sabato prossimo 9 ottobre terminerà il
giro al quartiere del Clot D. v. seguito dalia riunione. Le collette come è stai ) ricordalo si terranno in ogni riunione anche per
11 futuro.
Domenica 10 ottobre: Scuola Domenicale
alle ore 9 per Perosa e PomareUo, nel tempio, anche per i cadetti; alle 10,30 il culto;
nel pomeriggio : catechismo alle 14 per il I
e II anno, alle 16 per il III e IV anno.
SAH SECONDO
Nel nostro tempio adorno di fiori sì sono
uniti in matrimonio Bressy Bartolomeo (Torino) e Gay Carla (Solerà), il 5 settembre; e
Geymonat Dante (Torre Pellice) e Raffini
Romana (Torino), il 18 settembre. Rinnoviamo a queste due giovani coppie gli auguri di una vita coniugale vissuta sotto lo
sguardo del Signore.
Ringraziamo di cuore il past. Emilio Corsani, che ha presieduto i culti del 5 e 12
settembre, e il past. Gustavo Bertin, che ci
ha rivolto il messaggio della Parola domenica 26 settembre. Siamo pure grati alla signora Bertin, che ha suonato l’harmonium.
L’Untone Giovanile riprenderà la sua attività sabato 9 ottobre alle ore 20,30. Tutti i
giovani sono pregati di essere presenti.
VILLAR PEROSA
Scomp
are un amico
VILLASECCA
La bella stagione è cominciata da noi purtroppo con una grave sciagura stradale il
21 giugno a PomareUo dove due persone
hanno perso la vita: il piccolo Renzo Bounous e la sua bìsuonna Sig.ra Susanna Ribet,
e altre sei persone delle famìglie Ribet,
Bounous e Peyronel sono state gravemente
ferite; ora grazie a Dio esse sono ristabilite.
Il 28 luglio decedeva a PomareUo, dove
risiedeva da alcuni mesi col figlio, il nostro
fratello Berlocchio Cesare, ex anziano dell’Albarea, dopo lunghe sofferenze, sopportate
con cristiana sottomissione. Alle famiglie in
lutto rinnoviamo la nostra simpatia cristiana, ricordando che Dio non è l’Iddio dei
morti, ma dei viventi.
Battesimi: il 17 agosto durante un riunione familiare all’Albarea abbiamo presenta,
to al Santo Battesimo la piccola Noacco Daniela dì Giuseppe e di Bounous Olga; il piccolo Cialone Andrea Luca di Giovanni e
Bounous Virginia e il piccolo Castellano
Massimo Giacomo di Renato c Bounous Mar.
gherita. Che il Signore benedica i teneri
agnelli che Egli si è compiaciuto Ji aggiungere alla sua greggia.
Matrimoni: Il 17 agosto nel Tempio di
Chiotti abbiamo unito in matrimonio Bertalot Enzo Alessio e Ferrerò Irma che si sono
stabiliti a Chiotti; e il 12 settembre nel Tem.
pio di Chiotti abbiamo unito in matrimonio
Breuza Amato originario di Prali e Clot
Elsa del quartiere di Combagarino che si sono stabiliti a Perosa. A queste due nuove
famiglie vadano i nostri migliori auguri.
RIPRESA DELLE ATTIVITÀ’
Domenica 10 ottobre ore 14, attività corale. Sabato 16 ottobre ore 14, 1° e 2° corso
di Catechismo. Domenica 17, ore 10, Culto
solenne di inaugurazione delle Scuole Domenicali al quale sono invitati tutti i bambini
con i loro genitori. Il 4® corso di Catechismo
avrà luogo subito dopo il culto. A partire
dalla domenica 25 ottobre il culto avrà
inizio alle 10,30.
la morte dell’avvocato
L Pittavino
Martedì 28 seti, sì spandeva rapidamente
nelle Valli la luttuosa notizia dell’improvvisa
morte dell’avv. Arnaldo Pittavino, consigliere provinciale, ex-sindaco dì Pinerolo e
grande amico della nostra zona. Nato nel
1894, si era laureato in legge, e nella natia
Pinerolo, alla scuola di libertà e democrazia
del padre Alberto, sì legò di amicizia con
Piero Gobetti e rimase antifascista per tutto
il ventennio : neirimmediato dopoguerra fu
nominato sindaco della sua città, e in seguito per cinque volte consigliere provinciale (Collegio di Cavour).
Come disse egregiamente dì luì il pastore
Elio Eynard nel tempio di Pinerolo, egli era
soprattutto al servizio di tutti: uomo integro e semplice, godeva della fiducia generale. non aveva ambizioni politiche particolari, e sentiva profondamente il dovere e la
responsabilità delle sue cariche.
Vogliamo ricordare in modo particolare la
efficace attività volta ad ottenere nelle Valli
Valdesi il riconoscimento delLinsegnamento
di lingua francese, e soprattutto la più che
ventennale opera per il traforo del Colle
della Croce: a Pittavino si devono quantità
di incontri, di discussioni, di progetti, ed
anche l’impegno statale di condurre la strada della Val Pellice fino al Prà.
Egli era peraltro anche uomo di penna :
e riprendendo Tantica storia dì Pinerolo curata dal padre, un anno e mezzo fa usciva la
sua bella e documentata « Storia di Pìnerolo
e del circondario » a cui rimane legato il
suo nome: non è soltanto l’opera di un improvvisato dilettante, ma quella di un intenditore e di un appassionato ricercatore, amante dell’antico nell’arte, nella vita e nelle
vicende delle genti. Conosceva molto bene
la storia valdese, e la sua presenza ai pranzi
del XVII a Torre Pellice era sovente occasione per ricordare qualche fatto o rievocare
qualche figura.
Le Valli Valdesi perdono in Arnaldo Pittavino un amico devoto, un conoscitore attento dei loro problemi, una bella figura di
gentiluomo, amico di tutti, disinteressato,
affezionato alla sua terra e alla sua storia.
A. H.
Sovriiitendenza bihliogriirica
per il Piemonte
Piazza Castello 191 ■ TORINO
Il giorno 24 ottobre p. v. avrà inizio u
Torino il Corso di preparazione agli uffici
ed ai servizi delle Biblioteche popolari e Scolastiche. organizzalo da questa Soprintendenza per incarico del M.P.l.
Le lezioni saranno temile ogni domenica
dal 24-10 al 12-12. nell’Aula Magna universitaria di Via Principe Amedeo 8. con il seguente orario: dalle ore 9 alle 12.
Per l’iscrizione è richiesto il diploma di
maturità classica o scienliiìca o mi.gistrale :
possono essere ammessi, anche se non forniti
di tale titolo di studio, impiegali presso Biblioteche aperte al pubblico e le persone
che, a giudizio della Soprintendente Bil)tiografica, mostrino adeguala cultura o particolare attitudine agli uffici ed ai servizi delle Biblioteche. Le domande d'iscrizione, redatte su carta da bollo da L. 400, dovranno
essere indirizzate alla « Soprintendenza Bibliografica per il Piemonte. P.zza Castello
191 ■ Torino ■ insieme con il titolo di studio o con il certificalo di esse, debitamente
legalizzato. Si accetteranno soltanto 100 domande: raggiunto tale numero le iscrizioni
saranno chiuse.
La Soprintendente Bibliografica
Prof. M. Bersano Begex
R ET TIFICA
11 P. Giovanni Canfora, presidente della
Associazione Biblica Italiana, mi prega rettificare quanto pubblicato su « Eco-Lu^ e »
del 14-5-1965 intorno alla Bibbia Concordata. Avevo scrìtto ch’essa usciva sotto il
patrocinio dell’Associazione Biblica Italiana,
gruppo ravennate, ma il Presidente di detta
Associazione mi segnala ch’essa è « completamente estranea a questa iniziativa, d <* è
e resta iniziativa personale di quanti vi collaborano )), com’egli s’esprime.
Nella carta intestata usata dal segrc‘ario
del progetto si leggeva fino alia fine del
1963 effeltivamente « Associazione Bddica
Italiana u e più in là « Gruppo Ravenn; Se »;
tale scritta appare ancora in una lette:: del
7-4-1964. Dalla metà deH’anno 1964 la -irta
intestata recita invece « Bibbia Concore ;ta »
soltanto. Non essendomi stato comuiucü!-'. alcun cambio in questo senso, ho intere ohe
lo stesso gruppo ravennate delLAssoci; . urne
in questione continuasse ad occuparsi .¡ella
cosa. / * \
Direttore resp.: Gino Conte
Nozze — Il 10 luglio la nostra sorella
Olga Rostan, originaria di Massello ma residente da vari anni a Cantalupa e il sig. Clemente Nicomede di Frossasco, hanno voluto
celebrare le loro nozze nella suggestiva quiete della nostra cappella.
La cerimonia è stata abbellita dall’inno
« E’ la casa un paradiso » che un gruppo di
coralisti ha cantato in onore degli sposi.
Il pranzo di nozze ha avuto luogo a Frossasco nel ristorante gestito da alcuni fratelli
della sposa e ci ha permesso di conoscere
più da vicino i parenti dello sposo e i coniugi Rostan che hanno avuto 11 figli tutti
sparsi nella diaspora pinerolesel
Ai cari sposi rinnoviamo da queste colonne l’augurio di ogni bene nel Signore.
Il 1° agosto abbiamo celebrato le nozze
di Elda Damiano di Pinasca con Ezio Bouchard di S. Germano.
Il 5 settembre è stato la volta di Rita
Gardiol degli Azzari con Ercole Resiale. Entrambe le coppie, che si sono stabilite fra
noi sono state circondate da un folto gruppo di parenti ed amici e a nome della Chiesa rinnoviamo loro i nostri fraterni auguri.
Messaggi — Siamo grati al maestro Edgardo Paschetto di Torre, al cand. in teologia
Santoro di Messina, ai fratelli Aldo Varese e
Dino Gardiol, nonché al Pastore metodista
Pier Paolo Grassi di Roma, al predicatore
tzigano Robert^ al Pastore Läger di Mannheim e al Pastore Stollreiter di Berlino per
i loro benefici ed apprezzati messaggi.
Benvenuto — Tanto fraterno e cordiale ai
cari sposi Donatella Deodato, figlia del Pastore di Pinerolo, ed al suo compagno Gabriele Torchia di Perosa, stabilitisi fra noi.
Battesimi — Cristina di Rinaldo e Iris
Beux (Inverso), padrini Long Valdo e Bounous Nadia; Fulvio di Elvio e Marisa Ribet
(Inverso), padrini Giraud Gino e Ribet Ida;
Ferruccio Filiberto di Arturo e Rosanna
Bouchard (Inverso), padrini ,|can Jacques
e Elda Geymonat.
II Signore benedica questi lejicri agnelli
della sua greggia.
I nostri dipartili — 11 17 agosto, dopo
lunga malattia, è mancalo aU’Ospedale di
PomareUo Giovanni Alessandro Coslantin,
da tutti conosciuto come « Barba Sandre ».
Era originario delie Chenevières e per 30
anni era stalo ospite della Casa di Riposo di
San Germano, ospite attivo perchè faceva
qualsiasi lavoro; manovale, giardiniere, commissioniere, soprattutto egli era l’uomo di
fiducia della Casa, sul quale si sapeva di
2JOter contare. Al suo funerale nel tempio
di PomareUo, presenti alcuni Pastori e Diaconesse, il servizio è stato presieduto dal Pastore Bouchard. Poi si è proseguito per le
Chenevières, ove il vostro Pastore ha ancora
parlato della sua bella figura di credente.
Alle tre affezionate nipoti, Suor Dina, insegnante Germana Costaiitin e Anita Gallo,
esprimiamo la nostra cristiana simpatia.
PERSONALIA
E’ nata la piccola Anna, secondogenita di Eiena e Ferraccio Corsani ; a
tutta la famiglia i più cordiali rallegramenti e auguri!
La Claudiana esprime la sua viva
simpatia ai familiari del Sig. Leo'poldo Pilotti, mancato in questi giorni,
che ha dato in passato preziosa e disinteressata collaborazione.
Reg. al Tribunale di Pinerolo
n. 175, 8-7-1960
Tip. Subalpina s.p.a. - Torre Pellice (To)
RINGRAZIAMENTO
I familiari ed i parenti della àmpdaiita
Cougn Eleonoici
ved. Armand-Bofc
(« Noriue »)
ringraziano vivamente tutte le pi^rsone che hanno espresso la loro simpatia cristiana in occasione della dipartenza della loro cara.
Un ringraziamento particolare al
Pastore Sig. F. Sommani, al Dott. E.
Gardiol ed al personale dell’Ospedale
Valdese di Torre Pellice.
Torre Pellice, 3 ottobre 1065.
RINGRAZIAMENTO
Confonati nel loro dolore dalla
grande dimostrazione di affetto e di
stima resa al loro caro, e nella impossibilità di far giungere singolarmente Il proprio ringraziamento, i
familiari dell’
Avv.
Arnaldo Pittavino
desiderano ringraziare quanti hanno
voluto essere loro vicini in questi
giorni di gravissimo lutto. Un ringraziamento particolare alle Autorità
Provinciali, Municipali, Militari e Relig30.se, alle Associ,azioni ed agli Enti
pubblici e privati, che hanno voluto,
con unanime tributo di stima e simpatia, onorare la memoria del caro
scomparso.
Pinerolo, 5 ottobre 1965.
RIN GRAZI AMENTO
La mamma ed i parenti della compianta e cara
Ida Jourdan
ringraziano .sentitamente quanti hanno preso parte al loro grande dolore:
in modo particolare i vicini di casa,
il Dott. Lanza, il Pastore Sig. Somrtianl, il Corpo insegnante, gli ex-alunni e coloro che. con scritti, fiori e pre
senza, hanno dimostrato la loro simpatia.
Pensione Balneare
Valdese
BORGIO VEREZZI (Savona)
Direttore: P. Chauvie
Aperta tutto l’anno
Spiaggia propria
Ideale per soggiorni
estivi e invernali