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LA BUONA NOVELLA
GIOBMIE DELIA EVASCElIZZAZIOffl ITAllAfiA
Seguendo la verità nella carità.
Efes. IV. 15.
PREZZO DI ASSOGXAZlOIfC
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amo i Vaglia, cfee devraBD« essare liñatí franco
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Aircsicro, ai seguenti indirizzi: Parifl, dalla libreria C. Meyrueis, rue Tronohct,2; Ginevra, dal sij. E. Beroud libraiu; Inghilterra per mezzo di franco bolli
uglesi spediti franco al Direttore della Baona Korella.
SOMMARIO
(k'iio Secundo Curione ecc. li. — Sinodo della Chiesa Valdese. — Indirizzo della V. Tavola Valdese ai membri ed agli amici di detta Chiesa.
— Notizie.
CELIO SECUNDO CLUIONE
E L.\ SU.\ FAMIGLIA
J[.
li signor Giulio Bonnet, vaiente scrittore, cui dobbiamo
la pregevole monografia sopra Olimpia Morato ed il suo
secolo, colla riserva di compiere un piti grande lavoro
intorno ai principali riformatori italiani, ricco di documenti
inediti e di notizie nuove, ha già pubblicato nella Retue
Chrétiennc due lunghi e interessanti articoli suirargomentu
che ci occupa. Da essi ricaviamo i seguenti ragguagli sulla
bolla e numerosa famiglia di Celio Secundo Curione.
Otto figli ebbe questo luminare della riforma italiana , —
tre maschi, uati in Italia; Agostino, Orazio e Leone cho p»-
2
— no —
rovano destinali a spiegare un ingegno non comune nello
studio della medicina, del diritto e delle lettere, ma de’
quali l’ullimo soltanto sopravisse al genitore, — e cinque
femmine, Violante, Dorotea, Angela, Celia e Felicilla.
La maggiore di esse, Violante, nacque nel 1532, in Cevo,
piccolo comune del Piemonte, e fu associata di buon’ora alla
vita errante de’ suoi parenti, seguendo il loro destino ora a
Venezia, ora a Ferrara ed ora a Lucca, prima di valicare
sulle loro orme le alpi, per cercare nella Svizzera una patria
novella. La sua adolescenza trascorse nella ridente città di
Losanna , dove l’era di ammaestramento e di sollievo il
conversare colle pietose donne che frequentavano la casa di
Elisabetta Turtoz, la virtuosa compagna del ministro Virel,
che alla sua volta viveva in gran dimestichezza colla moglie
di Calvino. Violante compiva appena i suoi quindici anni,
quando lasciò Losanna co’suoi genitori onde recarsi insieme
ad essi a Basilea e porvi stabile dimora. Educata dal padre
suo alle lettere latine, non meno che all’italiane ed alle
francesi, la giovinetta diede prove non dubbie di intelligenza
leggiadra e di squisito sentire, che uniti al candore de’suoi
costumi, alla serenità del suo animo, alla modestia del suo
carattere, la rendevano assai cara a’ parenti suoi ed ammirevole a quanti frequentavano la loro casa ; tanto più che a
siffatte virtù sapeva accoppiare pur quella d’una particolare
inclinazione per le domestiche cure, d’un amore quasi paterno per le minori sorelle, e d’una rara devozione pe’ suoi
genitori, che si deliziavano a chiamarla la piccola regina
della loro famiglia e la consolazione dei loro miseri giorni.
Dorotea contava qualche mese quando i suoi genitori dovettero partire per la Svizzera, e rimase a Lucca affidata allo
amorevoli cure di duò nobili e pietose matrone che la tenevano in luogo di figlia. AU’infelice padre che per la strettezza
della sua fortuna non poteva tenerla seco lui, nè per la diflìcollà de’ tempi recarsi di quando in quando a vederla, non
rimaneva altra consolazione tranne quella di riceverne, per
mezzo de’ suoi amici, frequenti notizie. E Paleario, che lasciò
sì gran nome nella storia, non sappiamo se più pel suo gran
.jnerito letterario o per la sua fede nel Vangelo che suggellò
3
col martirio, Paleario fu uno di codesti alTettuosi amici del
Curione, al quale un bel giorno fece pervenire un ritrattino
della Dorotea, che già aveva toccato i dieci anni, accompagnato da una lettera in cui leggevansi queste parole: « La
somiglianza è viva, abbenchè vostra figlia sia molto più bella
del ritratto. Il suo volto, in cui sta impressa l’anima sua, è
ornato da un meraviglioso pudore; i suoi occhi, pieni d’espressione, dimostrano una gravità superiore all’età sua ,
una gravità temperata dalla dolcezza e da non so qual grazia
infantile. Le sue guancie sono meno colorate che sulla tela,
ma nulla può eguagliare la trasparenza e lo splendore della
sua tinta. La sua statura è media, la taglia leggiera e ben
colpita, e tutti i suoi movimenti rivelano quell’accordo che i
Greci chiamavano armonia. Se gli sguardi si fissano su lei,
le sue guancie si tingon ben tosto de’ vivi colori della virtù ».
Il ritratto di cui Aonio Paleario fa così bella descrizione trovasi di presente nel museo di Basilea, con in piedi un’iscrizione dello stesso Paleario. La figura della seconda figlia di
Curione appare tuttora grave e graziosa ad un tempo.
La terza figlia di Curione, Angela, cosi chiamata in memoria d’una dello matrone di Lucca che prendeano pietosa
cura di Dorotea, nacque nel 1S45 in Losanna. Aveva tredici
anni di meno che la sorella maggiore. Violante ; e sin dalla
più tenera età fecesi distinguere por una memoria felicissima, un’immaginazione robusta ed un’intelligenza atta a
comprendere le più difficili cognizioni. A sette anni scriveva
lettere molto leggiadro che rivelavano uno spirito amabile o
serio insieme. In una lettera indirizzata al suo fratello Agoslino, studente in Italia, ella ringraziavalo dello savie esortazioni che aveva inviato, ed aggiungeva con nobile fierezza : « Assicurati che farò tutto il possibile per mostrarmi
degna della famiglia in cui son nata e della santa e liberale
educazione che vi ricevo. Questa è pure l'ambizione di mie
sorelle. Quanto a me, caro fratello, chiedo a Dio che tu
possa terminare felicemente gli studii che bai sì bone incominciati, acciocché potessimo anche noi ricavare qualche
frutto dalle tue virtù ». Grandi e rapidi progressi ella fece
negli studii, ialchò a sodici anni aveva famigliari le lingue
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italiana, latina, francese e tedesca; e la sua ammirazione
pe' poeti romani, Virgilio, Ovidio, Orazio, di cui gustava le
sublimi bellezze, andava di costa col profondo rispetto che
professava per la santa Scrittura, che investigava e meditava
incessantemente. Molti salmi sapeva a memoria e sette volte
aveva letto con una scrupolosa attenzione il nuovo Testamento. Lo studio delle lettere sacre e profane era il principale diletto della sua vita, e questo suo immenso amore per
le lettere manifestavalo ripetendo spesso il celebro verso
Altro diletto che imparar non trovo,
cho aveva tradotto in un verso latino :
Unica discendi mihi semper cura voluptas.
Bisogna però notare che i suoi studii ed il suo ingegno in
nulla offendevano la sua modestia e l'amabilità del suo carattere. Nò questo grande entusiasmo che sentiva per le lettere faceale sprezzare o trascurare i lavori proprii del gentil
sesso, in cui per lo contrario dimostrava un’attitudine ed
im’abilità straordinaria. Ella cuciva e ricamava con una perfezione sorprendente ; e valendosi ora dell’ago ed ora della
spola, componeva senza alcun modello, tappeti ornali di figuro e di fiori, così belli e cosi perfetti, che sino aU’estero
erano ammirati. Il ritratto di questa rara giovanetla, che
trovasi egualmente a Basilea, ce la rappresenta in un atteggiamento di meditazione e di lavoro. La sua fronte larga,
spaziosa, denota le preoccupazioni del pensiero ; il suo volto
ha del malinconico e del sereno. Sopra un tavolo cho le sta
(lavanti trovansi alcuni libri, disposti senza ordine affeltato,
un ditale, alcuni strumenti da cucire, simboli de’ gusti modesti e distinti dolla sua vita.
Minore d’un solo anno ad Angela, ma più alla della persona e d’una taglia piii snella e leggiera era Celia, la quarta
fra lo figlie di Curione ; notevole per la sua bellezza, per la
.sua grazia e pel suo portamento maestoso e leggiadro. Nè
meno bella era moralmente; l’educazione paterna aveva
saputo arrichirla di tali doti intellettuali e morali, che ben
corrispondevano a quelle di cui la natura avevaia oltre mi>!nra fornita. — Nobili i suoi sentimenti, casti e puri i suoi
costumi; ed abbenchè di carattere meno giocondo cho quello
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(li Angela e lalvolta un po’ severo, ell'era dolce e buona, e
se non nell’intelligenza uguagliavala ne’ lavori femminili.
La più giovane delie figlie di Curione, Felicia o Felicilla,
come solevano per vezzo chiamarla, aveva meno vivacità di
spirito cho candore, o piii ingenuità che finezza; sehliPiic
il suo spirilo non fosse all’altezza di quello delle sue sorelle,
puro non può dirsi cho le facesse difetto l'intelligenza o l'amore allo studio; ma aveva altri doni in compenso, altri
doni che la rendevano amabile, una grandissima deferenza
verso le sue sorelle, delie quali imitava assai volontieri pii
esempli, vivendo con esso loro nella più dolce, nella più
bella armonia. Angela si assocciava alle preoccupazioni del
padre, ed entrava spesso nella di lui biblioteca, aiutandolo
nella collezione de’ testi degli autori latini, o facendogli periodiche letture, nel tempo che Violante, Celia e Felicilla
aiiilavan la madre nelle cure domestiche. Curione era, e morilamente, superbo delle sue figlie, cho facevano della sua
casa un vero tempio di pietà, di virtù, di dottrina; egli
parlava di esse con nobile orgoglio, nelle sue lettere, e con
un senlimento d’ineffabile contento. Ma accanto alle gioie
stanno in questo mondo le ambascio.
Diremo in altro numero delle funeste vicende che apportarono nella casa di Curione il lutto e il dolore.
SIMDO DELLA CIIIES.I VALDESE
tenuto a Torre nei giorni 19, 20, 21 e 22 maggio 1857
Alle ore 8 antimeridiane del di 19 maggio, i membri
componenti il Sinodo, unitamente ad un numeroso concorso
<li fedeli, si adunavano nel tempio di Torre per la funzione
religiosa solita a celebrarsi all’apertura d’ogni sessione, ed
alla quale presiedeva, con grande edificazione di tutti, il sig.
prof. Geymonat. Finito il servizio, dopo i solili preliniifiari, si
passò alla nomina dell’uffizio definitivo, che venne costituito
nel modo seguente: presideiUe sig. Meille, vice-presidente
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Pilatte, segretario sig Parandero , assessori sig." Coucourda e
Tron G. G. Si lessero quindi, l’uno dopo l’altro, i due rapporti
della V. Tavola sulla sua iiinminislrazioni!, e della Commissione
di esame sullo stesso argomento, e la discussione s’intavolò su
questo doppio rapporto. Noi saremmo storico infedele dicendo
che tale discussione fu sempre pacala e tranquilla, come sarebbe stato da desiderarsi. Ma se dobbiamo accennare a qualche
vivacità rincrescevole, se specialmente dobbiamo lamentare
l'indole tutt’altro che imparziale del rapporto della Commissione incaricata di esaminare l’amministrazione della Tavola,
non esitiamo tuttavia a proclamar grandemente soddisfacenti,
in sostanza, i risultati del sinodo; poiché mentre da un lato
l’esame più accurato e più severo che si potesse fare degli
atti tutti dell’amministrazione, riescirono a dimostrarla superiore ad ogni rimprovero, anzi meritevole di ogni elogio in
quanto a inlegrità, zelo ed indefessa atiivilà per il bene della
Chiesa, daU’altro ebbe campo in quest’occasione lo spirito di
conciliazione e di carità, di riportare uno dei suoi più cospicui trionfi, infatti la stessa Amministrazione, che con tanto
vantaggio della Chiesa avea retto gli affari per circa dieci
anni, avrebbe avuto in seno al sinodo una maggioranza forte
abbastanza da continuarle il suo mandato, ma perchè tal perduranza dei medesimi uomini al po’ere, sia per essere contraria allo spirito che informa la Costiiuzionedella Chiesa Valdesf,
sia per altri motivi ancora, dava luogo a molte lagnanze, e
quasi quasi minacciava di diventare cagione, in seno alla
Chiesa, di dissensioni sempre funeste; rosi la Tavola, come la
maggioranza che l'appoggiava, presero unanimi la determinazione di cedere il campo alla minor;’nza, o per meglio dire
di concorrere con essa alla scelta di un’amministrazione (olla
dal suo seno, ed alla quale promisero cordiale e sincero il
loro appoggio, sempre che. come si avea ogni motivo di sperarlo, non avesse mai tale amministrazione perduto di vista
Io scopo supremo della Chiesa VaMese, che è quello, cibando
di Cristo e della sua Parola le anime che già le appartengono,
di conquistarne allreal godimento degli stessi privilegii.
Cosi ebbe origine la nuova Amministrazione, avendo a capo,
come già abbiam detto [vedi N° 10,) il sig. Malan pastore a
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Torre, e della quale — sia che si guardi al carallere degli
uomini che la compongono, sia che si badi ayli impegni da
essi assunti, e che sapranno, ne siamo certi, mantenere —
possono le migliori cose augurarsi, in vista del sempre più
prospero andamento della Chiesa che gli ha eletti a suoi
reggitori.
Una volta questa cagione di dissidio allontanata, le deliberazioni procedettero colla massima concordia, e partiti non
si trovarono più in sen all’assemblea, ma, per parte di ognuno,
un sincero desiderio di concorrere, nella misura dei suoi
doni, alla edificazione del corpo. — Rapporti interessantissimi furono successivamente sentiti, del sig. Appia sulla missione affidatagli dal sinodo antecedente di visitare i nostri
correligionarii, in numero di più di mille, sparsi nelle varie
città del sud della Francia; del sig. Malan, sullo stalo dell’istruzione elementare in seno alla Chiesa Valdese; del sig.
Geymonat, sulla condizione temporale della popolazione delle
Valli, e sui mezzi più alti a migliorarla; ed i ringraziamenti
più vivi furono volati agli autori di tali rapporti, e specialmente al s'g Appia per l’intelligenza, lo zelo e la carità cristiana colla quale avea disimpegnalo il mandato affidatogli.
Una lettera dello stesso fratello, colla quale egli chiede al
sinodo un congedo di un anno, vien rimandala all’Amministrazione come oggetto di sua pertinenza , ma in pari
tempo l’assemblea dichiara di accogliere con gioia la dichiarazione contenuta nello stesso foglio che il sig. Appia, sebbene momentaneamente assente dal Piemonte, si considera
pure sempre come al servizio della Chiesa Valdese , pronto,
ogniqualvolta ne venga richiesto, a far ritorno nel suo seno.
La Commissione incumbenzala della compilazione di un
catechismo da sottoporre all’approvazione del sinodo, ha condotto a buon termine II suo lavoro; ma essendosi adottato in
esso il sistema di non formolare altrimenti la risposta ad
ogni domanda , che con un passo della S. Scrittura, e un tal
punto di vista sembrando a parecchi nello stesso tempo che
troppo esclusivo, nocivo alla chiarezza e precisione che si
richiedono in tali materie, l’assemblea, stimando non potersi
dare ad un oggetto di questa falla troppa importanza, decide
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di nominare una seconda Commissione, che vien coraposla
dei sigriRevel e Geymonat prof, di teologia a Torre, e dei sig.
Pilatte evangelista a Nizza, aU’effetlo di attendere allo stesso
lavoro, ad un altro punto di vista; incaricando in pari tempo
il Corpo dei Pastori di fare al sinodo venturo un rapporto
motivato su questo doppio schema.
La partecipazione fatta dalla Commissione per la compilazione di una nuova raccolta di Salmi e Cantici ad uso della
Chiesa delle Valli, che un lavoro consimile era stalo intrapreso dalle Chiese evangeliche di Francia, — lavoro del quale
potrebbero vantaggiarsi forse anche le nostre Chiese, sia accettandolo tale e quale, sia facendovi alcune modificazioni —
induce l’Assemblea ad incaricar la sua Commissione di mettersi, a tale fine, in rapporto colla Commissione delle Chiese
di Francia.
L’Assemblea decide pure di rimandare all’anno venturo la
discussione dello schema di regolamento compilato da una
commissione speciale, allo scopo di mettere i varii rami
deH’amministrazione della Chiesa in perfetta armonia colla
Costituzione della medesima.
Un regolamento sull’amminislrazione interna dei due ospedali dipendenti dalla Chiesa Valdese viene discusso ed adoltato.
L’Assemblea raccomanda alTAmministrazione di prendere
in seria considerazione la domanda fatta da un certo numero
di Valdesi stabiliti nel borgo cattolico del Ferrerò, di provvederli di un culto regolare, di cui sentono grande bisogno.
Fra le proposizioni di rilievo che furono ancora votate dalla
Assemblea, ci piace notare la seguente: « 11 Sinodo, bramoso
che rapporti ognor più intimi si stabiliscano tra la Chiesa
Valdese e le varie stazioni missionarie della mede-sima ,
esterna il suo desiderio di vedere, ogni anno, nel suo seno,
allo stesso titolo che i delegali delle altre Chiese evangeliche
in comunione di fede colla Chiesa Valdese, rappresentanti
di esse stazioni.
La partecipazione fatta aH’Assemblea daH’ex-nioderatore,
signor Revel, — che la signora vedova Brewin di Tiverlon in
Inghilterra, memore del singolare interesse che il defunto
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suo marito avea mai sempre portato alhi Chiesa Valdese, e per
generoso impulso del suo cuore, s’era decisa a fare a prò di
essa Chiesa il totale abbandono del suo avere di 80,000 fr.
verso la medesima , — non che coi sensi dello più viva ammirazione e gratitudine, venne accolta con fervida preghiera la
Signore perché si compiacesse di ricolmare colle sue benedizioni chi ci porgeva una prova cosi cospicua e cosi impensata della sua inesauribile carità.
Sedute interessantissime, e la'.i da lasciare, in quanti vi
intervennero, le più s-iavi impressioni, furono le due avute
nel giurno dell’Ascensione, dopo la celebrazione del servizio
divino, una la mattina, allo scopo di augurare la ben venuta
ai deputati delle Chiese straniere, e l’altra la sera al doppio
scopo di essere ragguagliati delle operazioni della Società dei
Trallali religiosi per l'Italia, fondata ora sono 18 mesi cirra, v.
digittare le fondamenta di una Società biblica italiana, di cui
da più tempo parecchi sentivano il bisogno. A rappresentare
la Chiesa libera di Scozia erano presenti il sempre diletto
dolt. Stewart pastore di detta Chiesa in Livorno, il rev. Iviy di
Genova, il rev. Smiih di Nizza, td il signor Mitche 1, celebre
e zelante missionario a Madras. Due laici, il signor üuncan
ed il signor Mallet di llauteville presenti al Sinodo, porsero
all'Assemblea i saluti fralerni, il primo della Chiesa d’Inghilterra cd il secondo della Chiesa ginevrina. Fece lo stesso a
nome dei cristiani di America il rev. Russell segretario della
Società dei Trattati religiosi di Nuova-York,e le parole che sì
gli uni che gli altri di questi amali fratelli si compiacquero di
rivolgerci, i ragguagli cosi pieni d’inleresse che ci vollero
dare sia sulle Chie.^e di cui sono membri, sia sull’opera speciale cui attendono, come ci furono di grande edificazione e
conforto, cosi speriamo non vengano raai cancellati dal cuore
di quelli che li udirono.
11 rapporto a voce presentato dal segretario della Società
dei trattati sulle operazioni della stessa, dà come risultato dei
suoi sforzi duranle i quattordici primi mesi della sua esistenza, 1" Stabilimento di relazioni fraterne con varie società
conson Ile, fra l’altre quelle dei Trallali religiosi di Londra e
di Parigi, che ambedue han dato alla nostra prove non dubbie
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(Iella loro crisliana cooperazione; 2» la fondazione ili un Deposilo di libri religiosi, per mpzzo del quale essenzialmenle vennero smerciati in quel lasso di tempo oltre 12,000 copie di
opere religiose piccole o grandi; e 3“ la stampa, a spese
della Socie'à , di 18,000 copie di quattro diversi opuscoli. Una
traduzione italiana dell’opera inapprezzabile del Burnier intitolata : Etudes élémenlaires et progressives sur la Parole de Dieu,
si sta preparando per cura del Comitato; ed i due volumi sugli
Kvangelii non tarderanno, a Dio piacendo, di venire alla luce.
La proposta della fondazione di una Società Biblica italiana
viene svolta dal signor Pilatte con queU’acceiito di persuasione
che gli è proprio ; uno schema di regolamento per la stessa è
adoltato; e una colleita fat'a nella seduta slessa frutta oltre
un centinaio di frani^hi, e per soprappiù un orologio trovato
ni-l cappello di uno dei colleHori; prova commovente delle
simpatie incontrale in seno all’Assemblea da una tale istituzio/ie. Parecchie altre cose furono falle, e furono prese parecchie altre delerminazioni, a discorrere delle quali ri manca
lo spazio. Ma il poco che ne abbiamo dello basterà a giustificare il nostro asserto: che anche di questo Sinodo furono, in
sostanza, grandemente soddisfacenli i risultali. In quanto alle
miserie che han polulo associarsi a questo bene, possano elleno diventare per !a Chiesa luiia eccilam^nlo ad umiliarsi e
ad implorare con nuovo fervore, e sui pastori e sulle greggie,
quello Spirito santificante, senza il quale come non vi possono
essere cristiani, cosi non può rinvenirsi Chiesa veramente merilevole di un tal nome, e capace di adempiere alla gran
missione affidatale dal suo divin Capo.
CIRCOLARE DELLA V. TAVOLA VALDESE
AI MEMBRI KD AGLI AMICI DI DKTTA CHIESA
Molto volentieri diamo posto nelle nostro colonne a tal
importante documento statoci genlilmenle comunicalo.
Torre, addi 10 giugno 1837.
Signori e cari Fratelli in Cristo
Chiamali dalle risoluzioni deirullimo Sinodo a reggere
gl’interessi della Chiesa, proviamo il bisogno di reclamare
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il concorso delle preghiere e la crisliana simpatia degli amici
dell’opera nostra, e di commendare agli occhi loro la fiducia
da noi richiesta, coH’esporre brevemente l'andamento ed i
propositi nostri.
Non ci sfugge la gravità deU’impresa, la responsabilità
immensa che pesa sopra di noi; e se abbiamo ardito di assumerla, gli ò perchò non ci pare lecito il retrocedere in
faccia al dovere, e che, ne ahbiara fiducia, la forza del Signore si compie nella debolezza dei suoi servitori. Una
delle maggiori difficoltà si 6 la complicanza di opere moltiplici e varie, che hanno pari diritto al nostro interessamento,
onde non sia questa sacrificala a quella, ma, soddisfatta
ognuna nei giusti limili delle sue esigenze, concorra al bene
generale, all'armonia deH'insieme. Un tale ponderato equilibrio ci pare in ispecinl modo richiesto Ira l’opera interna
della Chiesa e quella dell’evangelizzazione. Col ravvivare la
Chiesa, collo svolgere nel suo seno i fecondi germi di pietà
odi vita cristiana, potremo spargerne al di fuori i benefici
frulli. La lampaaia accesa e collocata nel suo luogo, manderà
intorno la benigna sua luce. Quindi reputiamo, neH'interesse
ben inteso deH’evangelizzazione stessa, dover attrarre Taltenzione dei nostri fratelli, a prò dei varii stabilimenti interni ; il Collegio colla scuola di Teologia; la Scuola normale ;
il Pensionalo; lo Scuole parrocchiali d’ambo i sessi ; la casa
delle Orfanelle; chè dalla cura nostra a dirigerle, dallo spirilo che lo infonderà, dipende la vita e quindi l’avvenire
(Iella Chiese tutta.
Ma ci alTreltiamo a dichiararlo nel modo piìj esplicito, noi
non patrociniamo un interesse egoistico , municipale. La
Chiesa Valdese non è agli occhi nostri uno stabilimento diretto solo a tutelare i privilegi religiosi di ventitremila abitanti, confinali in alcune oscure valli delle Alpi. Ella è una
stazione di evangelizzazione, chiamata dalla grazia divina a
portar l’Evangelo di pace e di salute a ventitré milioni d'anime immortali.
Dal momento ch’ella sconoscerebbe cotesla santa missione
assegnatale dalla divina Provvidenza, nelle sanguinose ma
benedette pagine della sua storia; dal momento che in questo
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come in altri rispetti ripudierebbero i figli l’eredità dei padri, non vi sarebbe nella loro conservazione altro scopo,
altro significato, che quello di monumenti de’ tremendi giudizii del Signore sulle Chiese rihelli.
L’opera della evangelizzazione è dunque cara ai nostri
cuori; la riteniamo qual sacro dovere, non meno che 11 ]»iii
dolce de’ privilegi; il nostro vivo desiderio, la volontà ben
ferma si è di proseguirla nella misura delle forze nostre ,
sotto lo sguardo del Maestro mansueto deU’Amico potente e
fedele. A tutte le difTicoltà, a tutti i contrasti che ci si faran
davanti, per infondere in noi scoramento e dolore, non
abbiamo che una forza ad opporre, ma ella è invincibile :
l’ordine espresso, le promesse fedeli del nostro Capo celeste :
« Andate, portate l’Evangelo ad ogni creatura. Io non vi
lascerò, io non vi abbandonerò ».
Con quale spirito intendiamo noi dirigere cotal opera, voi
avete il diritto di saperlo, fratelli diletti, che con noi lottato
in questa buona guerra, e ci sta a cuore il dichiararvelo.
Senza trattenerci ai sensi di umiltà e di fede, che sono la
vita di ogni opera cristiana, e di cui sinceramenle desideriamo di essere rivestili, senza parlare a lungo delle disposizioni di amor fraterno verso coloro che faticano accanto a
noi, e la cui opera ci desta in cuore e ci pone in sulle labbra
le parole dell'Apostolo : «Checché ne sia. Cristo è annunziato , e questo mi rallegra, anzi ancora mi rallegrerà per
l'avvenire»; due punti dobbiam pure qui notare, colla persuasione che incontreranno il benevolo assenso dei fratelli.
La responsabilità propria, e la cattolicità dell’opera nostra.
L’autonomia di una Chiesa, nell’esposizione della sua dottrina, l’indipendenza nell’opera sono requisiti cosi inerenti
alla di lei natura, ch’ella non potrebbe, se non rinnegando
se stessa, rinunciarvi. Tali prerogative sono care e prezioso
alla Chiesa Valdese, per la sua posizione delicata, eccezionale. Ella ben sa che per la grazia del Signore, furon quelle
che nel passalo la tennero in piedi in faccia a imminenti pericoli; quelle ancora che in avvenire la guideranno nel compimento delle misericordiose mire del Signore.
Se da una parte dunque noi siamo pronti ad accogliere
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con deferenza e gratitudine, a ricercare anzi i consigli dei
nostri fratelli, e felici di sentirci sorretti dalla loro benevola
approvazione, come ancora raddrizzati dai loro savii pareri,
reclamiamo dall’altra intiera libertà sul procedere, e le determinazioni nostre, la responsabilità infine verso il sommo
C.apo della Chiesa.
Cristo è il nostro Signore ; egli sarà fra gli scogli e le procelle a guidare al sospirato porto della salute la frale navicella. Gli uomini sono fratelli diletti, il cui aspetto, la voce,
gli atti ci confortano Dell’ardua impresa.
L’opera deve rivestire, diciamo ancora, un carattere di
raiioZtciià spoglio da ogni umano elemento, dalle irritanti
preoccupazioni della politica, della controversia, dagli interessi di partito o di setta. Unico e sincero nostro scopo si è
(ii guidar le anime a Cristo, fedeli all antico motto; la luce
splende nelle tenebre. Così l’intesero e la fornirono i padri
nostri, in nome delle Chiese evangeliche di cui erano i rappresentanti, così ci preflggiamo di proseguirla. E se ai principii, allo vive brame dei cuori nostri corrisponderanno i
fatti, Vetangelizzasione italiana, in cui siamo impegnati,
sarà quel ch’ella deve essere ; una santa cospirazione dello
comunioni evangeliche, contro l’impero della superstizione,
(l(?H’orrore e del peccato pel trionfo della verità quale è in
Cristo.
Vogliale, cari ed onorevoli fratelli, sostenerci in questa
Iniona guerra, accordarci il benevolo concorso della vostra
cooperazione preziosa e delle vostre preghiere, onde a tulli
sia dato il vedere compiuta la magnifica promessa ; « non
l'ho io io dello che so tu credi, vedrai la gloria di Dio? »
Siamo nei vincoli della carità e dell’amor fraterno, i vostri alTozionalissimi e riconoscenti
I membri della Tavola :
B. Malas, moderatore.
G. D. Rivoir, d. moderatore.
Stef. M.ìlan, segretario.
G. G. Thon ) ...
T, ! membri laici.
E. Monastier )
14
Notizie Religiose.
Alessandria. — Processo religioso» — Fummo indotti iu
errore, annunziando, due o tre settimane Ìa, come terminato
con sentenza assolutoria il processo per offesa alla religione
dello Stato, intentato dal R. Fisco di Alessandria, contro il sig.
Mazzarella e due cooperatori del medesimo. La sentenza venuta fuori solamente il di 5 del corrente , invece di essere
quello che ci eravamo lusingati che fosse, condanna gl’imputati al massimo della pena , vale a dire , che i giudici furono
questa volta assai più severi del Fisco stesso, che domandava
molto meno. Ecco di tal processo, dei risultati del quale non
possono che sentirsi grandemente contristati gli amici della
libertà religiosa in Piemonte, il resoconto che ne dà la Gazzetta
del popolo nel suo numero dei 9 giugno :
« Come ai tempi della Inquisizione siamo sgraziatamente
costretti a registrare ogni giorno una condanna per offesa alla
religione dello Stato. Venerdì 5 corr. la sala del palazzo del
Tribunale di Alessandria, le adiacenti camere e l'atrio erano
gremiti di popolo. Siedevano al banco degli imputati l'avv
Bonaventura Mazzarella, Lagomarsino Francesco operaio fabfabbricante di bilancie , e Minetti garzone vermicellaio di
anni 18, accusati in genere di avere attacata la religione delio
Stato con insegnamento di principii ad essa contrarii : in
ìSpecie 1“ di aver dinegato in pubbliche riunioni la divina
autorità del clero; 2“ l’autorità del papa come vicario e rappresentante di Cristo; 3“la istituzione divina della confessione
al prete ; 4“ la presenza reale di Gesti Cristo nella eucaristia,
e la transustanziazione; 5® di aver dichiarato non esistere l’inferno come luogo di pena; 6“ di aver dichiaratoli culto delle
immagini una idolatria. A difensore degli imputati compariva
l’egregio avv. professore Zuppetta.
« Dopo l'atto di accusa, nel quale il fisco dichiarò ad onore
del vero che gli imputati sia nei loro insegnamenti, sia nella
loro condotta avevano dimostrata la più illibata morale ; l'avv.
Zuppetta oppose due eccezioni pregiudiziali per la nullità degli atti fatti; la prima consisteva nel provare che non si era
praticato dal fisco tutto quello che prescrive il Codice dt procedura , la seconda che gli accusati non potevano essere sottoposti ad un medesimo giudizio, non polendosi in un delitto
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di parole ammettere la correità e la solidarietà degli accusati.
« Queste due eccezioni furon dal Zuppetta svolte con corredo
di dottrina legale, e con quella logica stringente cli’è propria
dell’ottimo professore. Il tribunale non credè di ammettere le
eccezioni, ed il difensore si contentò di protestare contro
quella decisione, e domandò la continuazione del dibattimento.
Si venne all’esame de' testimonii fiscali. L’avv. Zuppetta si
trovò costretto a ricondurre più volte il presidente alla osservanza della procedura criminale nell’esame dei testimonii e
nel rispondere alle domande degli accusati. Hanno cagionato
viva impressione sull’animo del colto e numeroso uditorio
queste precise parole del difensore : « 111““ signor Presidente,
io protesto contro il vostro sistema, depongo la toga, e mi
allontano da questo recinto ». Dall'esame dei testimonii fiscali
sembrava non risultare nulla per la condanna degli imputati:
i testimonii a difesa deposero tutti favorevolmente.
«Prese a parlare il Pubblico Ministero, e stabilito per prii:cipio che/a religione cattolica è intolìerante, concliiuse domandando uu giorno di carcere, 60 franchi di ammenda per il
Mazzarella, 51 per Lagomarsino, e 10 per Minetti.
« L’avv. Zuppetta divise la[sua difesa in quattro parti; nella
prima dimostrò che l’accusa non è sostenibile in rapporto al
diritto costituzionale, dando un ampio commento agli articoli
I e 32 dello Statuto, ed all’articolo 2, alinea 3 della legge del
26 settembre 1848, e confutò passo passo le conclusioni dei
fisco generale, quelle del fisco provinciale. Nella seconda parte
dimostrò che l’accusa non è sostenibile in rapporto al diritto
penale,«analizzò l’articolo 164 e dimostrò nel fatto la mancanza
di tutti gli estremi richiesti da qaell’articolo che, secondo lui,
sono quattro; cioè 1“ insegnamento; 2 pubblicità; 3" attacco
alla religione dello Stato ; 4“ con principii contrarii alla stessa.
Nella terza parte esamina le disposizioni dei testimonii, e dimostra che nulla pongono in essere; che la quistione della
esistenza dell'iaferno si riduceva, secondo quelle deposizioni,
ad una questione grammaticale e non dottrinale ; che nessuno
dei testimonii avea potuto declinare il nome del preteso autor
delle proposizioni incriminate. Nella quarta parte ridusse al
nulla le teorie del fisco.
«Dopo il difensore parlò l’imputato Mazzarella, e disse che i
cristiani evangelici d’Italia non sono protestanti, nè vogliono
protestantizzare il paese; che il loro scopo non è d’attaccare
la religione altrui, ma di leggere e meditare il '\''angelo, per
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conoscere la parte fondamentale del cristianesimo ; che essi
sostengono che Cristo nella sua vera qualifica di Salvatore
degli uomini non ha e non può avere rappresentante sulla
terra; che essi rispettano la religione dello Stato, ma che per
loro si tengono attaccati al Vangelo, e credono che gli sia
bastante; che essi non fanno propaganda, non ricevono abiure,
non firme ; ma ricevono in loro casa ed ammettono a discussione pacifica sul Vangelo tutti coloro che vanno a bussare
alla loro porta per leggere e meditare con loro il Vangelo.
« Erano le 5 pomeridiane, la numerosissima udienza era tutta
convinta della loro incolpabilità. Il presidente invitò il pubblico per le 7 lj2 ad udire la sentenza. Alle ore 7 la sala era
gremita di popolo : il presidente in mezzo a profondo silenzio
¡esse la sentenza, nella quale condannava gli imputati al
maximum della pena, cioè a cinque giorni di carcere, 200 fr.
di multa per Mazzarella e Lagomarsino, e 51 franchi per Minetti, al carcere sussidiario di 60 giorni ed alla ammonizione.
« Noi non facciamo commenti a questa sentenza, ma li facea
bene il pubblico alessandrino, il quale non parlava di altro in
quella sera.
Fara. — Dna qualche riparazione agli scandali di Fara. —
La Staffetta, giornale semiufficiale, alludendo al deplorabile
avvenimento di Fara, del quale parlammo nel numero precedente, annunzia avere il ministero dato ordine che il cadavere
del Portigliotti, stato sepolto fuori del cimitero, venisse dissepellito per essere riposto dentro.
Noi tributiamo le debite lodi al governo per questa giusta
riparazione data alla giustizia, aH’umanità, alla pubblica morale , ma crediamo sia il caso di provvedere energicamente,
perchè simili inconvenienti non si ripetano. Una buona circolare agli Intendenti sul proposito non sarebbe fuori luogo.
(La Domenica).
Nizza di mare. — Condanna dell’ex-prete Aprosio. — Con
grande sorpresa e rammarico veniamo informati che non solo
la Corte d'Appello di Nizza ha confermato la sentenza del tribunale di S. Remo, concernente l’ex-prete Aprosio, per offesa
alla religione dello Stato, ma l’ha aggravata, coll’infliggere al
sullodato sig. Aprosio carcere e multa assai maggiore.
Ciroisso Domenico gerente
Torino. — Stamperia deU'Unione Tipografico-Editrice.