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BIBLIOTECA VALDESE
10066 TORRE PEIL ICE
DELLE VALU VALDESI
Settimanale
della Chiesa Valdese
Anno 109 - N nm, 44
Una copia Lire 90
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TORRE PELLICE - 3 Novembre 1972
Amm. : Via Cavour, 1 bis - 10066 Torre Pellice - c.c.p. 2/33094
CUSI mili
niONn NOTIZIA
Può sembrare strano, in un tempo
in cui l'industria della notizia, la stampa, è una delle più potenti del mondo,
in una « civiltà » nella quale i giornali gareggiano nel pubblicare più
presto tutte le notizie, buone o cattive
che siano, può sembrare strano che
proprio la Buona Notizia, l’unica che
dovrebbe davvero interessare gli uomini, non faccia più notizia.
Può sembrare strano, ma non è. Ve
10 figurate un giornale, un quotidiano
apprezzato, che pubblicasse in prima
pagina, su quattro od otto colonne,
che « il Signore Gesù è venuto nel
mondo per salvare i peccatori »? O che
« quello stesso Gesù, che una volta fu
visto salire al cielo, verrà nella medesima maniera in cui fu visto andare
in cielo »? I lettori, e per primo il proprietario del giornale, chiuderebbero
in manicomio direttore e redattori.
Questo è lo stato di fatto, in questo
nostro tempo di progresso e di benessere. Perché? Ma perché la Buona Notizia non interessa più nessuno. La
« cultura moderna » ha ormai persuaso tutti che all’uomo non occorre nessuna salvezza, o che, semmai, ogni
salvezza l’uomo se la può procurare
da sé. Le guerre saranno abolite, le
malattie domate. Resterà la morte, ma
anche ad essa un giorno l’uomo metteia rimedio, per esempio con una
buona ibernazione. Resterà la terribile alienazione; ma non ci sono le ottime « case di cura » per gli alienati?
No, 1 uomo non ha bisogno di nessuna salvezza, e meno che mai di una
sihc/za che gli giunga dal di fuori,
che gli sia portata, regalata da qualcuno, da Dio. Non ha detto il Tentatore. all’inizio dei tempi: « Sarete come Dio »?
Tutto questo perché? Perché non
sappiamo più essere poveri. Non è
stato detto dal Signore Gesù: « L’Evangelo è annunziato ai poveri » (Matt.
li; 0,1? La cosa più difficile da vincere
per un uomo moderno è la vergogna
di essere povero. E difatti, per non
essere poveri si compie anche il delitto, si fa qualunque cosa, si dedica
a questo scopo tutta la vita. Un uomo
nato povero si sente in dovere di rovinare la sua vita per assicurare ai
suoi figli la ricchezza, o almeno un
benessere superiore a quello di cui
egli non ha potuto godere. La civiltà
del benessere impone a tutti come un
sacro dovere, come un atto di culto,
di vero culto al vero dio di questo secolo, di diventare ricchi. Ricchi anzitutto di denaro; poi di tutto quello
che può « affermare la personalità ».
Come siamo lontani da Valdo e da
Francesco d’Assisi!
Ed è terribile constatare come questa frenesia abbia pervaso anche le
chiese e coloro che, facendone parte
o, peggio, pretendendo di guidarle, dovrebbero appunto annunziare agli uomini la Buona Notizia della salvezza.
In essi « le cure mondane e l’inganno
delle ricchezze » hanno affogato la Parola, che rimane così infruttuosa
(Matteo 13: 22). Abbiamo creduto anche noi alla « cattiva notizia » del
mondo anziché alla Buona Notizia che
riguarda il Signore Gesù Cristo; abbiamo creduto anche noi che il denaro fosse necessario per la salvezza del
mondo; abbiamo creduttì ' di poter
fondare noi stessi il Regno di Dio coi
mezzi del mondo, senza ricordare che,
se cerchiamo davvero la gloria di Dio,
i mezzi per compiere l’opera sua ci
saranno e ci sono dati « per soprappiù ». In una parola, siamo sempre
« di poca » o di nessuna fede.
Propongo che, nel centenario di Valdo, noi valdesi ricordiamo soprattutto
la sua voluta povertà. Ma non a parole: esaltando coi fatti il maggior
valore della povertà di fronte al verbo del mondo che propone agli uomini soprattutto il benessere. Abbiamo
11 coraggio, noi che per fortuna non
siamo ricchi, di proclamare agli uomini che Tesser ricchi è un peccato, che
lavorare « per il cibo die perisce »
vuol dire condannarsi a morire con
esso. E per sempre. L. de Nicola
L'ultimo sinodo ha votato un ordine del giorno in cui, constatato il duro trattamento inflitto
agli obiettori di coscienza, Chiese e Tavola vengono impegnate e proseguire la lotta per Tapprovazione di una legge « non mortificante della dignità umana e non avente carattere punitivo » e contemporaneamente viene istituito « un
fondo di solidarietà presso la Tavola a favore
degli obiettori e delle loro famiglie, indipendentemente dalie loro posizioni religiose o politiche ».
Ricordiamo ai lettori e alle comunità questa
decisione sinodale e precisiamo che le sottoscrizioni vanno inviate al conto corr. postale
n. 1 /27855 intestato a : Tavola Valdese, via 4
Novembre 107, 00187 Roma.
Tn una situazione in cui tanti sacerdoti, in America latina, in
Spagna e altrove si rivoltano contro i potenti e per l’ideale rivoluzionario vanno in carcere e alla
morte, in una situazione in cui
tanti cristiani si mostrano decisi
a prendere sul serio il cristianesimo e a rendere testimonianza contro i ricchi e i privilegiati, ciò che
conta non è discutere sull’aldilà,
bensì la lotta comune quaggiù. A
noi marxisti non è purtroppo ancora riuscisto di superare l’alienazione che l’uomo patisce dagli altri o da se stesso nel processo lavorativo e in quel tempo vuoto
che chiamiamo tempo libero. La
vittoria momentanea sull’alienazione, conseguita in azioni di massa e in movimenti rivoluzionari,
non può illuderci: il risultato è
stato, sinora, una nuova alienazione.
Sfida della morte,
o della vita?
Come si pone, per un marxista, il problema della morte, questo aspetto essenziale
della questione dell'joms? In una conversazione radiofonica del marzo scorso (ora pubblicata su « Evangensehe Kommentare », 9/1972) rispondeva a questo interrogativo il
filosofo marxista austriaco Ernst Fischer, morto il 1° agosto concludendo una parabola
umana che ha portato un intellettuale borghese illuminato, dì tendenze socialdemocratiche,
attraverso la crisi dell'esperienza fascista, ai socialismo marxista. Egli ha sostenuto, e confermato contro tutti gli attacchi, Il suo appoggio incondizionato al "socialismo dal volto
umano", ed era uno doi pensatori marxisti contemporanei che approfondiscono la riflessione suirumanesimo, sulla questione dell'uomo. In questi giorni in cui la pressione dell'ambiente "religioso" ci sollecita a riflettere sulla questione della morte, è importante
prestare attenzione a come un numero crescente di uomini odierni, con maggiore o minore
lucidità e coscienza, si pone il problema della morte, e della vita. E' una sfida per noi cristiani, un interrogativo indiretto ma pressante su come viviamo o non viviamo la comunione con la morte e la risurrezione del Signore Gesù Cristo, la sua vita e la fervida speranza del suo regno. Abbiamo chiesto ad alcuni fratelli di dirci quale eco questo discorso
di Ernst Fischer suscita in loro; speriamo di poter pubblicare le loro risposte la prossima settimana.
Non può quindi assolutamente
bastarci né la prospettiva ultraterrena né quella intramondana:
l’uomo, infatti, anche quando supera se stesso, è un frammento,
non raggiunge mai la pienezza delle possibilità creatrici che sono in
lui. Pure, proprio questa insufficienza, questo non-bastare-mai-ase-stesso, questa irraggiungibilità
degli orizzonti rappresentano per
me la qualità umana più alta. E
quand’anche ci fosse al di là degli
orizzonti uno stato durevole e immutabile, mi domando se questa
perfezione stimolerebbe a tendervi.
dell’io e per contrapporle l’idea
dell’immortalità.
La morte è stata, in origine, il
fatto contro natura per eccellenza. Si poteva morire di arma, di
veleno, di malefìcio, ma non di
morte naturale. I morti non erano
veramente morti. E si aveva un
Questo carattere frammentario
dell’uomo, questa sua irrimediabile incompiutezza sono confermati dalla morte. Doveva sorgere un essere che con il suo lavoro, con la sua fantasia e con la
sua coscienza abolisse l’avvenire,
per abolire la morte, per farne
r antagonista dell’ individua 1 i tà.
bel precipitarli nei gorghi, seppellirli sotto le pietre, darli in preda
al fuoco: continuavano a vivere,
malevoli verso i viventi. S’imponevano allora riti di ogni genere per
tacitarli, mascherando la paura
(Furcht) m venerazione (Ehrfurcht). I viventi Temevano i morti, e
il morire. Ma c e: davvero la paura
della morte? La parola consolatrice di Epicuro, secondo il quale
non c’è nulla di comune fra l’uomo e la morte, perché « finché io
sono, la morte non è, e quando c’è
la morte, io non ci sono più », è insoddisfacente, non prende in considerazione il morire e il probabile tormento che esso rappresenta.
La morte è l’irreale, lo stato inesistente; ma il morire è reale.
Non è quindi tanto la morte che
conta, ma il morire. La morte è
stata ed è raffigurata sotto molti
aspetti, dal fratello del sonno allo spettro dello sterminio, dal breve addio silenzioso ad Auschwitz
e Maidanek. Né meno varie e molteplici sono le vie battute dalle religioni per venire a patti con la
morte, per concretizzare l'immortalità: ed ecco i territori di caccia
eterni, ecco il walhalla delle saghe
germaniche, ecco il cielo delr islam, prolungamenti dell’ esistenza terrena con godimento assicurato; ecco l’aldilà dei misteri orfici, vita vera dopo quella illusoria
della terra, ecco il giudizio finale,
l’ora della vendetta, della giustizia, della dannazione eterna per i
padroni e della retribuzione compensatrice per i poveri, gli umiliati, gli offesi; ecco l’esistenza incorporea di chi d’eternità in eternità
riposa in Dio, e il nirvana, il ritorno al nulla non soltanto del
corpo ma anche dell’anima; ecco,
ai margini o al di là delle religioni il rapporto mistico con la morte, panteista, romantico, quello
che Sigmund Freud ha chiamato
la passione di morte.
Informazioiii e repressione
Le nostre chiese cominciano a prencJere coscienza del problema evidenziato dalla recente sessione congiunta della Conferenza Metodista e del Sinodo Valdese
Il sig. N.D.M. ha ragione nel suo articolo apparso nel numero 39 del 29
settembre 1972. Non importa quel che
si legge, quel che conta è « come » si
S. Non ricordo se nel dibattito
:u
quafeuno ha esortato a non leggere
qualche giornale. Sarebbe sbagliato:
occorre saper leggere. E occorre saper
leggere anche quei giornali che preferiamo, poiché senza uno spirito critico si rischia sempre molto. Per quel
che concerne To.d.g. sulla necessità di
informazione e sulla repressione che,
appoggiato da molte firme ho presentato al Sinodo, riconosco che non è
molto felice la finale che afferma che
ii « numero di arresti per reato di opinione, secondo notizie di stampa estera, supererebbe ormai quello di analoghi arresti in periodo fascista ». Del
resto una tale affermazione è tratta
non solo dal « Nouvel Observateur »,
citato nella discussione. Votato l’ordine del giorno, qualcuno mi fece avere due ritagli di giornale, uno de « Il
Giorno » e l’altro non ricordo di quale quotidiano, che affermavano la stessa cosa. Però né l’uno né gli altri giornali possono resistere alla critica assai logica, cui consento, di N.D.M. Posso chieder scusa dicendo che un ordine
del giorno scritto nei ritagli di tempo
sinodali può risentire spesso di fretta
e di non sufficiente esame critico?
N.D.M. ha fatto bene a rilevare questo errore che del resto non intacca
il contenuto delTO.d.g.
Tutto ciò mi dà l’opportunità di illustrare meglio l’ordine del giorno
stesso.
Prima di tutto esso chiede alle comunità « di non accontentarsi delle
notizie fornite dai mezzi di informazione di massa ». D’accordo che occor
re leggere criticamente, che non importa « cosa », ma « come » si legge.
Però non c’è neanche il « come », quando un fatto non viqn riferito. Mi pare
che questi « mezzi di informazione »
siano del tutto insufficienti, soffermandosi molto su fatti secondari (cronaca nera, sport, spettacoli) e poco su
quel che determina la vita del popolo.
(3uand’ero al nord leggevo molto volentieri la terza pagina de « La Stampa » (eppure anche lì, si sa quel che
è successo a Raniero La Valle che parlava molto chiaro) ma chi può non riconoscere che, per esempio, gli scio
peri vi hanno ben poco spazio come
pure manifestazioni che non soddisfano i proprietari del Giornale? E succiso nel 1967, per dare un altro esempio, quando vi fu una marcia silenziosa prò Vietnam. Circa ottomila giovani sfilarono per via Roma, proprio sotto gli uffici del giornale, e tennero « comizio » in piazza Castello. L’ordine, il
civismo, l’educazione di quella massa
di giovani fu veramente rilevante. Ne
<' La Stampa » non una parola!
-o
La Conferenza Metodista e il Sinodo Valdese,
nella loro sessione congiunta,
CHIEDONO alle comunità, affinché esse sappiano testimoniare efficacemente della signoria
di Cristo nell'epoca presente, di non accontentarsi delle notizie fornite dai mezzi d'informa
zione di massa, mediante i quali ineonsciamen
te saranno condotte verso fini da esse non vo
luti, ma di cercare in tutti i modi di avere i
formazioni per quanto possibile esatte sulla con
dizione della libertà in Italia : ciò che sola
mente può permettere ad esse di prendere una
chiara posizione in difesa della libertà di qual
siasi uomo, indipendentemente dalle opinion
espresse, in conformità ai diritti garantiti dalla
Costituzione e, ancor prima di essa, annunciai
dall'Evangelo ;
SI RIVOLGONO, inoltre, ai parlamentari sensibili a questo grave problema, chiedendo loro
di intervenire energicamente, in luogo adatto,
per la difesa di quei principi che, con fatica,
attraverso i secoli, l'umanità ha acquisito, e
perciò di quel grande numero di arrestati per
reato di opinione, che, secondo notizie di stampa estera, supererebbe ormai quello di analoghi
arresti in periodo fascista.
E proseguo con gli esempi. Tutti siamo rimasti scossi dal fatto che in
Svizzera l’iniziativa contro la vendita
degli armamenti è stata battuta nel
referendum popolare. Più triste ancora del fatto che i fautori della vendita d’armi abbiano avuto la maggioranza, è il fatto che solo il 30% della popolazione ha votato! Non sufficientemente informata! Ma sappiamo noi
quante armi esportiamo (se non erro,
siamo al quinto posto come esportatori di tale merce), dove le esportiamo, e dove si fabbricano? Non sarebbe bene che le comunità ne fossero informate? Quanti ben pensanti anche
fra noi son poco obiettivi verso i guerriglieri del Brasile (e di tanti paesi si
potrebbe dir lo stesso): ma sanno che
pur avendo in statistica un prodotto
nazionale lordo non tanto basso, comunque molto più alto della Cina, T80
per cento della popolazione brasiliana (cioè 70.400.000 persone) vivono con
una media di 3.000 lire al mese? Poi
è chiaro che se si tratta di media, un
bel numero ne ha molto di meno... Se
queste cose si sanno, anche ad esser
non-violento come mi professo, non
Tullio Vinay
(continua a pag. 2)
non è il mito della morte,
che c’interessa, bensì il morire in quest’epoca nella quale si
muore orribilmente come nel Viettam, nelle carceri latinoamericane, spagnole, greche, negli slums
degli USA e altrove. In quest’epoca di terrore, di ferocia, di genocidio siamo messi in modo così spaventoso a confronto con questo
morire, che il nostro compito comune non è riflettere sulla morte,
bensì rivoltarci contro questo morire in massa. Si può ribattere che
ciò che conta è sempre soltanto la
morte del singolo, fossero pure
centinaia di milioni di individui.
Per conto mio, tuttavia, non ritenp insopportabile il pensiero che
il singolo deve morire, anche se
questo individuo sono io; insopportabile, invece, il pensiero di
una morte deH’umanità.
Possiamo conferire alla morte il
pathos delle campane e dell’organo, la grandiosità dei mausolei, lo
splendore dell’ immortalità, ma
non siamo in grado di mutarla.
Ciò che siamo in grado di mutare
è il morire nella sua assurdità brutale, il morire a comando, in nome
dei valori più santi e nell’interesse
dei profittatori meno santi. Lottare contro il morire in massa determinato dalla pressione di mani
immacolate su bottoni bianchi,
contro lo scherno feroce per cui
donne sottoalimentate partoriscono i loro figli nella bara poiché è
loro vietata la pillola, e per cui migliaia di miliardi di dollari e di rubli sono sperperati in armamenti
e nei voli cosmici, mentre milioni
di uomini muoiono di fame, di
cancro, di tubercolosi, lottare contro questa evitabile distruzione di
organismi umani, ecco il compito
comune.
H ra la morte e la libertà vi è contrasto insormontabile soltanto nella misura in cui la morte ci
è causata e noi dobbiamo morire
perché i potenti considerano il loro prestigio più importante della
vita dei popoli e così vengono ingoiati dalla morte enormi mezzi
che potrebbero salvare la vita. Il
gran teatro della morte, dalla coreagrafia della danza dei morti alle salve di cannoni al prorompere
dei cori ecclesiastici, mi pare superato dalle semplici parole di
quella donna romana, che non volle vivere sotto un regime di tirannide, si piantò un pugnale nel petto e porgendolp al marito disse:
« Non fa ttiale,"Paetus ». Cosi viene superato il contrasto fra la
morte e la libertà, e vuol dire giungere a un alto grado di libertà poter scegliere la morte, la morte
che non fa male.
Non credo a paradisi futuri, né
terrestri né celesti. Ma posso figurarmi una società senza domina
zione, senza miseria e, se non senza malattia, senza però la sofferenza che l’accompagna, una società
nella quale gli uomini, senza diventare senili, raggiungano l’età
naturale di 120-150 anni, una società nella quale non sfioriscano
la maggior parte delle potenzialità
positive, bensì prevalga la pienezza della vita. E posso figurarmi
che in tale società venga per ciascuno l’ora nella quale egli dica:
Ora basta, mi accomiato, addio.
La libertà quale sorella della morte, la libera morte e lo sfociare del
singolo nell’immortalità della stirpe umana, mai garantita ma pur
possibile, ecco la libertà che ci è
lecito sognare. Ma ciò che oggi è
necessario è resistere, in tutti i
modi immaginabili, al terrore del
morire.
Ernst Fischer
i
2
pag. 2
N. 44 — 3 novembre 1972
Venga il tuo Regno
’ ■ i i '
Quando abbiamo creduto ^..^rwjamato che il nostro Padre
celeste è il Dio iiriìco, perfetto èd onnipotente di tutto ciò che
esiste, noi crediamo, per logica conseguenza, che ciò che egli vuole è il solò bene e che, applicando la sua volontà a tutto ciò che
esiste, il creato dovrebbe contenere in sé solo, e tutta la perfezione. Ma, purtroppo, la nostra triste esperienza di tutti i giorni
e di tutti i secoli ci dice che non è così, che di fronte alla volontà pura e perfetta del Padre esiste un’altra volontà, oscura e
maligna, che contrasta a quella di Dio e tende a distruggere il
mondo. Ma di fronte a questa nostra esperienza il Signore ha
attestato fin daH’inizio dei tempi, e da ultimo mediante l’Evangelo di Gesù Cristo suo Figlio, che la volontà oscura non è eterna,
e quindi non prevarrà; e che egli manderà, alla fine, dei tempi di
refrigerio, di consolazione e di giustizia, nei quali ogni cosa avverrà, sulla terra come nei cieli, soltanto secondo la sua volontà,
e sulla terra come nei cieli sarrà un Regno unico-e'perfetto. A
questo annunzio, a questa « buona notizia » che sana tutti i dolori del mondo, noi dobbiamo aderire con pienezza di fede e ripetere, con ferma fiducia che ciò avverrà, « venga il tuo Regno,
sia fatta la tua volontà anche sulla ferra come è fatta nel cielo »;
sia soppressa ogni volontà diversa da quella di Dio, e scompaiano
tutti i regni ingiusti della terra affinché gli uomini siano governati tutti e solamente dal Padre.
IL CONFLITTO TRA LA CHIESA CATTOLICA D’OLANDA E IL VATICANO
Lino de Nicola
CRONACHE DEL DISSENSO CATTOLICO
Il gruppo di Viene il Tempo nasce
da un’istanza « polemica » nei primi
mesi del ’71. È infatti in questo periodo che al direttore del settimanale
diocesano, uno dei pochi canali di dialogo libero aH’intemo della Chiesa
cattolica cuneese, vengono affiancati:
il Vicario generale ,il presidente dell’Azione Cattolica ed un parroco anziano di una parrocchia potente del
centro città, a titolo di controllori.
A questo fatto un gruppo di persone, preti e laici, decidono di rispondere con la distribuzione di un volantino di denuncia e con la convocazione di un’assemblea pubblica.
Da questa assemblea emerge l’esigenza di un foglio che da un lato copra la domanda di un’informazione religiosa alternativa e dall’altro si ponga come punto di riferimento per
gruppi e singoli che non si ritrovano
più nelle strutture tradizionali della
chiesa. (Vedi « Uno spazio vuoto da
riempire», in: Viene il Tempo, n. 1,
aprile 1971).
Il nuovo giornale nasce col contributo finanziario dei primi abbonati,
raccoglie via via circa 500 abbonamenti e mantiene una tiratura di 1.000-1.100
copie mensili.
L’origine polemica del giornale condiziona i primi numeri che tendono a
giustificarsi soprattutto con una critica della mentalità, delle strutture e
della prassi ecclesiale, sia a livello locale che generale. Significativi di questo primo periodo sono alcuni argomenti trattati, quali il problema del
concordato, della « Lex fundamentalis », delle A.C.L.I. ed in modo particolare il tentativo di approfondire la
questione del divorzio e del referendum. (Vedi: « Quando l’obbedienza
non è più una virtù », sul n. 2, maggio ’71, in risposta ad un intervento
decisamente fuori luogo del Vescovo;
l’intervista a G. Zizola nel n. 4 luglio
’71; il dibattito che coinvolge esponenti della sinistra cuneese sul n. 7 nov.
’71; il dibattito con L. Menapace sul
n. 2, febb. ’72; ed altri articoli che affrontano il tema della famiglia su un
piano religioso e politico).
Su queste basi di discorso il momento polemico iniziale viene superato e nel gruppo matura una proposta
ecclesiale positiva.
Già l’intervista con padre Balducci
(N. 3 giugno ’71) aveva stimolato la
definizione di una propria responsabilità all’interno della chiesa, ma è soprattutto l’esperienza di un prete operaio a spingere il gruppo ad un impegno più diretto. (Vedi « Essere prete
in fabbrica » a partire dal N. 5, settembre ’71).
Questo « nuovo corso » si esprime a
livello giornalistico con un maggior interesse per la realtà locale (vedi « Cuneo città di gomma» N. 3, marzo ’71)
ed a livello di gruppo in un lavoro teso a verificare la propria fede alla luce di una prassi ecclesiale, sociale ed
umana (vedi « I perché ed i come della nostra esperienza» N. 8, die. ’71).
A questo punto il giornale non basta più.
Emerge la necessità di riflettere più
a fondo e comunitariamente su quanto si scrive e soprattutto di non chiudersi in un ennesimo getto settario.
Giulio Girardi a Cuneo
Sabato 28 ottobre, alle ore 21, nella sala
deirAmministrazione Provinciale di Cuneo
(Corso Nizza angolo Corso Dante), padre G.
Girardi, invitato dal gruppo ecclesiale di Viene il tempo, ha parlato sul tema : Unità e divisione nella chiesa d’oggi.
Chi è Giulio Girardi? Salesiano, già docente di filosofìa teoretica al Pontificio Ateneo Salesiano e attualmente ordinario di filosofia all’Institut Catholique Don Bosco di Parigi. Direttore dell’enciclopedia su « l’ateismo
contemporaneo », estensore di alcuni paragrafi dello schema XIII (Gaudium et Spes), autore, tra l’altro, di « marxismo e cristianesimo, liberazione umana, lotta di classe ».
La sua ricerca e la sua attività di scrittore
e saggista, è legata al dialogo tra cristiani e
marxisti.
Chi desidera ricevere « Viene il Temno » può chiederlo a: Casella Postale
71 — 12100 Cuneo.
L'ubbienza non è più una virtù
li gruppo "Viene il tempo" di Cuneo
Questa esigenza di contatti esterni si
rafforza sempre più e si giustifica anche nel tentativo, che intanto va avanti, di emarginare e isolare il gruppo di
Viene il Tempo.
Da un lato dunque si porta avanti
un tentativo di lettura della Parola di
Dio non evasiva e consolatoria, dedicando anche un incontro allargato a
questo tema, (vedi « Fuori le mura del
tempio » e « Un popolo raccolto intorno alla Parola » N. 6, ott. ’71 e « Esperienza viva della fede» N. 7, nov. ’71);
mentre dall’altro l’insediamento del
nuovo Vescovo ed i contatti presi con
preti e laici al di fuori del gruppo permettono di intervenire più concretamente sui problemi della chiesa locale e di affrontare il discorso delle
strutture diocesane ed in particolare
delle commissioni pastorali. (Vedi:
«Canali di ascolto» N. 7, nov. ’71 e
N. 5, maggio ’72).
Un momento di particolare mobilitazione si esprime in periodo elettorale quando ' si arriva alla stesura di
un documento pubblicato sul giornale
(N. 4, aprile ’72) e distribuito davanti
alle chiese.
Ed è proprio questa esperienza, che
fa discutere ma che talvolta non è capita, a porre con forza il problema
del rapporto con una massa cattolica
arretrata ed assente e col clero sovente scontento, ma incapace di superare la propria impotenza. Nasce così
l’idea di un’inchiesta tra i preti sul
tema specifico del mondo operaio che
va numericamente crescendo in una
zona tradizionalmente agricola.
Dalle risposte scritte e soprattutto
dai contatti personali, emerge una radiografia estremamente interessante
di una mentalità ancora legata al mondo contadino; prende anche corpo la
possibilità di creare un gruppo impegnato nella pastorale del lavoro cui
partecipano operai, sacerdoti ed alcuni collaboratori di V. il T. (vedi: « Una
pastorale rivolta al mondo operaio » « L’operaio come lo vedono i nostri sacerdoti » N. 7, sett. ’72 e « Le ragioni
di una scelta » N. 8, ott. ’72).
Intanto il discorso sulla Parola di
Dio è progredito ed è maturato il bisogno di un incontro liturgico (che a
tutt’oggi coinvolge una cinquantina di
persone) in cui si cerchi di concretizzare le idee già espresse sia tra di noi,
sia in un incontro con il Pastore Ricca
ed in alcuni articoli pubblicati sul
giornale. (Vedi: « Indicazioni ed interrogativi sulla Messa » N. 5, maggio ’72;
« Ricerca sulla penitenza » N. 6, giugno ’72; « Liturgia assemblea di popolo » N. 7, sett. ’72; « Un messaggio
che ci vuole insieme » N. 8, ott. ’72).
In conclusione ci pare che alcune
linee di prospettiva esistano e che in
meno di due anni si sia consolidata
la fisionomia- del gruppo. Il giornale
rimane uno strumento importante di
dialogo, di proposta e di informazione. Attorno ad esso si è in qualche
modo formata un’opinione, ma non
potrebbe continuare ad esistere, né
chi lo redige se la sentirebbe di andare avanti, se molti che finora sono rimasti consumatori passivi di notizie
non si trasformeranno in soggetti attivi di partecipazione ecclesiale, non
diventeranno cioè « cristiani militanti » nella accezione che il Pastore
P. Spanu ha proposto in una conferenza importante per il gruppo. (Vedi: « Essere cristiani militanti » N. 6,
giugno ’72).
Difficilmente il giornale potrà andare avanti se non si riuscirà a trovare
una cadenza di linguaggio e di contenuti tale da coinvolgere le masse cattoliche, da renderle competenti sulla
chiesa e nello stesso tempo consapevoli dei proori problemi, delle proprie
esigenze e del proprio futuro.
Solo allora « Viene il Tempo » non
sarà più strumento di un gruppo ma
espressione di un processo di rinnovamento e di presa di coscienza più generale.
Franco Casanova
« Roma ha fatto breccia nelle dighe
olandesi » scrive Carlo Falconi su « l’Espresso » del 22 ottobre, essendo riuscita qualche tempo fa a inserire due
vescovi conservatori, graditi al Vaticano (mons. Gijsen e mons. Simonis,
vescovo di Rotterdam), nell’episcopato cattolico d’Qlanda, notoriamente di
tendenza progressista. È quindi possi
bile che la capacità di resistenza di
questo episcopato alle ingiunzioni di
Roma in casi di conflitto sia oggi minore che^ in passato. Ma non è detto.
Bisognerà vedere come reagiranno i
due vescovi della provincia del Brabante del Nord (mons. Ernst e mons.
Bluyssen) ai quali il Vaticano — attraverso i cardinali Seper e Wright, prefetti rispettivamente della congregazione per la dottrina della fede (exSant’Uffizio) e della congregazione del
clero — ha ordinato l’immediato ritiro dalla circolazione di un catechismo
per studenti liceali in uso da un paio
d’anni nelle scuole medie superiori delle loro diocesi.
Le fasi principali della vicenda sono
rievocate sull’ultimo numero delle « Informations Catholiques Internationales ». Commissionato da una fondazione cattolica che gestisce le scuole cattoliche secondarie defia provincia del
Brabante del Nord e redatto in collaborazione con teologi dell’Università
di Nimega (ai quali si deve l’altro celebre Catechismo olandese, quello del
1966, che però, a differenza di questo,
era per adulti e non per studenti), il
catechismo incriminato fu lanciato nel
1970, utilizzato in una trentina di scuole e accolto con interesse è favore. Si
trattava — come aveva precisato mons.
Bluyssen nella prefazione — di un’opera « strettamente sperimentale »,
quindi suscettibile di emendamenti e
revisioni. L’intenzione di fondo che
aveva ispirato la redazione del catechismo in vista del suo uso nelle scuole, era, come ebbe a spiegare il presidente della fondazione promotrice
di questa iniziativa, di « non imporre
ai giovani una serie -di verità ma di
cercar di creare le- condizioni necessarie per condurli alla fede ».
iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiumiiiiniiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiii
Heprassione a Torino
Una serata di"informazione
e di dibattito
su iniziativa della FGEI
Su iniziativa della FCTEt^ torinese, la sera di
venerdì 27 ottobre nel salone delia chiosa valdese di Corso Vittorio, .a,forino, si è raccolto un
folio numero di evangelici e non evangelici delia città, per una seduta d'informazione e dibattito sulla repressione a Torino, nel quadro, ovviamente, della situazione nazionale. Hanno
parlato l'avv. Guidetti Serra, la prof. Marina Dina e il sig. Alberto Tridente, sindacalista della
CISL, rispettivamente per ciò che riguarda
l'aspetto giudiziario, quello scolastico, quello
di fabbrica. Siamo spiacenti di dover rinviare
alla prossima settimana, per ragioni di spazio,
una più ampia informazione sulla vivace serata.
Su segnalazione di ambienti conservatori olandesi i cardinali di curia Seper e Wright, con una lettera del novembre 1971 ai due vescovi nelle cui
diocesi il catechismo era stato adottato, espressero perplessità e preoccupazione per certe affermazioni del
testo. Alle rimostranze dei cardinali i
due vescovi risposero venendo a Roma per illustrare personalmente la
questione e per assicurare che sarebbe
stato avviato un ampio lavoro di revisiqne e riformulazione del catechismo. Iniziato nel gennaio 1972 questo
lavoro è tuttora in corso. Ma nello
scorso mese di giugno l’autorevole rivista dei gesuiti « Civiltà cattolica »
ospitava un articolo molto critico nei
confronti del catechismo: la tesi sostenuta era che in esso « non si ritrova
né l’autentico volto del Cristo, figlio
di Dio, né quello della Chiesa ».
Si giunge così all’epilogo della vicenda: Roma diventa impaziente e si
dichiara insoddisfatta della revisione
in corso (ritenuta troppo blanda) e soprattutto dei tempi di attuazione (ritenuti troppo lunghi), e impone ai due
vescovi di ritirare immediatamente il
testo dalla circolazione. Il cardinale
Alfrink, primate d’Qlanda, viene a Roma per cercare di comporre la controversia e scongiurare il pericolo che la
tensione, aggravandosi, sfoci in una
rottura. Paolo VI lo riceve in udienza
il 21 ottobre ma nulla si sa sull’esito
dei colloqui. La questione è ancora
aperta e sono possibili diverse conclusioni. Si vedrà quali misure il Vaticano prenderà in caso di resistenza a oltranza dei vescovi ribelli e quale sarà
la reazione di costoro in caso di sanzioni vaticane nei loro confronti. In
questo modo si potrà misurare il grado di autonomia di cui possono o non
possono godere le chiese cattoliche nazionali e vedere fino a che punto lo stile romano di governo, ancora e sempre praticato dal Vaticano, continua a
essere accettato dagli ambienti cattolici progressisti.
Per quanto concerne il catechismo
di cui Roma ha ordinato il ritiro, si
tratta di un testo senz’altro discutibile (del resto tale vuole essere), per
l’uso sovente poco critico che esso
sembra fare dei risultati e non di rado
delle ipotesi (talvolta scarsamente documentate) della critica biblica recente, e per una marcata tendenza a svalutare la concretezza storica dei fatti
evangelici, col rischio di privare la fede del suo fondamento e quindi snaturarla, con approdo finale sui lidi della secolarizzazione. D’altra parte molte affermazioni, anche centrali, del catechismo, che hanno messo in allarme
la curia romana, sono senz’altro accettabili sia perché corrispondono alla
natura dei testi biblici (che sono documenti di fede e non libri di storia)
sia perché riproducono con buona approssimazione la situazione iniziale e
il cammino della fede e della chiesa
cristiana nel secolo apostolico. È comunque naturale trovare queste affermazioni in un'opera che si propone an
Informazioni e repressione
(segue da pag. 1)
ci si può scandalizzare se si parla di
« rivoluzione ». E potremmo proseguire. L’ordine del giorno chiede che si
abbia cura di informare le comunità
più e meglio di quel che esse possono
ricevere dai comuni mezzi di informazione, anche nell’ipotesi che tutti sappiano leggere criticamente il giornale.
« Prendere una chiara posizione in
difesa della libertà di qualsiasi uomo, indipendentemente dalle opinioni
espresse »: ciò era specificamente riferito allo stato di repressione in corso,
ed ai comunque numerosissimi « arresti per reato di opinione ».
È da notare che gli arresti e le incriminazioni son sempre diretti su
persone che non condividono le idee
governative o quelle dei grandi partiti politici. A esser colpiti sono gli
extra-parlamentari, e « capri espiatori son stati per lungo tempo gli anarchici (vedi caso Pineili e Valpreda).
Qra tutti sanno che la maggior parte
degli anarchici italiani sono non-violenti.
In questi giorni l’accanimento è contro chi lotta contro gli armamenti, gli
obiettori (vedi ultimi arresti di Torino) ecc. Molti di questi li conosciamo
e sappiamo che uomini di valore essi
sono e come, realmente, si potrebbero
segnalare come antesignani di un mondo nuovo. Dice molto bene N.D.M.:
« mentre per reati di opinione denuncie, processi e condanne si susseguono a ritmo accelerato, non si è ancora
riusciti in sede di giustizia a identificare e a condannare uno solo di coloro che le loro differenze di opinione
esprimono a mezzo di bombe ». Forse
anche non si è voluto e non solo « non
si è riusciti», come ormai appare evidente dagli avvisi di reato comunicati
a funzionari responsabili della giustizia. Mentre la massa condanna le
esplosioni di violenza che si verificano a ritmo continuo ovunque, non avverte che la causa di queste esplosioni sta prima di tutto nella violenza
istituzionalizzata e spesso onorata, o
che le incriminazioni e gli arresti vanno a danno di chi lotta per la pace.
Qui le chiese « informate » rettamente
sono invitate a prendere « una chiara
posizione di difesa di qualsiasi uomo »,
credente o no, perché Cristo non è
morto solo per i credenti. Bene ha
fatto la Chiesa Valdese di Verona a
prendere posizione sia in favore degli
obiettori di coscienza sia contro la
«repressione» attuale: ecco l'esempio
di una chiesa che ha preso sul serio
l’ordine del giorno sul quale discutiamo e quello nei riguardi degli obiettori di coscienza, ambedue votati all’unanimità dal Sinodo. Quella chiesa
« non si è accontentata delle notizie
fornite dai mezzi di informazione di
massa », ma in discussioni e dibattiti
ha voluto prender conoscenza diretta
di quel che succede vicino ad essa e
poi ne ha tirato le conseguenze evangeliche, col risultato che ha avuto sì
dei fratelli « picchiati » dai fascisti,
ma ha anche proposto alla città intera
la questione della difesa della persona umana, proprio a causa del Cristo
che essa predica.
I fatti, poi, non vanno diminuendo
di gravità. N.D.M. poteva onestamente scrivere « che al confino son destinati solo i mafiosi o una piccola parte
di essi », mentre anche questo limite
è stato superato dai fatti. Lorenzo Barbera, liberato solo alcuni giorni or sono, è il primo caso di « confino » per
reato di opinione. Attenti che ai fatti
già denunciati non si aggiungano d’ora
in poi anche questi altri. La chiesa è
sentinella sul popolo, deve avvertire
del pericolo che viene, pagandone i costi laddove occorra. Se è chiamata ad
esser « sale della terra », il suo solo rischio è non di « sciogliersi » ma di divenire « insipida »; a ciò può esser condotta « inconsciamente » e « verso fini da essa non voluti ». Nessuno vuol
mettere in dubbio l’onestà dei nostri
fratelli, ma si può pensare che se non
sono informati ed avvertiti, la loro
stessa onestà li può tenere fuori da
un impegno di amore che è caratteristica precipua dei credenti. Ringrazio
N.D.M. di avermi dato questo spunto:
del resto ho ragione di pensare che,
tranne su quella non felice finale dell’ordine del giorno, egli sia d’accordo
con quanto è stato votato e con quanto scrivo oggi.
Tullio Vinay
zitutto di creare nei giovani una coscienza critica e non dogmatica.
Riprovevole non è dunque tanto il
contenuto del catechismo quanto il
comportamento del Vaticano. E non
perché quest’ultimo contesta le tesi
del catechismo ma perché ne ordina il
ritiro. Evidentemente è tutt’ora viva
a Roma la vecchia abitudine di reprimere anziché accettare il libero conidee e delle posizioni, nella fiducia che la verità, e ip particolare la verità delTEvangelo, si farà strada da sola e comunque non può essere imposta dall’atto, autoritariamente.
La vpità, anche e in primo luogo la
venta di fede, matura solo in un clima di libertà. Ma il rischio della liberta Roma non Io vuole correre e non
consente di correrlo a chi è sotto la
sua giurisdizione. Roma non dà libertà, dà ordini.
«L’ubbidienza non è più una virtù»
diceva don Milani alludendo alla nostra^ posizione di cristiani nei confronti di certe leggi e imposizioni del potere politico — una posizione di obiezione di coscienza e quindi di rifiuto di
ubbidienza. Ma questa frase vale anche per la posizione dei credenti nella
chiesa, là dove si limita la loro libertà
con la scusa e l’intenzione di salvaguardare la verità. Bisogna imparare
a disubbidire, come cristiani: ecco un
cornpito nuovo eppure antico — disubbidire non solo nella società (là dove
essa chiede cose contrarie all’Evangelo) ma anche nella chiesa (là dove la
libertà cristiana non è rispettata ma
conculcata). Solo mediante un’opera
sistematica e conseguente di disubbidienza evangelica e di trasgressione
delle lepi e imposizioni ingiuste dell'autorità ecclesiastica si può sperare
che quest'ultima riveda le sue procedure e soprattutto la sua concezione
della verità e del tipo di rapporti che
devono esistere tra credenti. L’ubbidienza nei confronti di Roma e di ogni
altra struttura ecclesiastica autoritaria non è più una virtù.
Paolo Ricca
Una sosta felice
in ambiente
evangelico
Questo è quanto la Casa Valdese di Vallecrosia, grazie ad importanti lavori eseguiti recentemente è ora in grado di offrire a
singoli, famiglie, persone anziane, a tutti coloro insomma che
necessitano di un periodo di riposo in un clima più mite, a partire dal 1° gennaio 1973.
Per informazioni e prenotazioni rivolgersi alla « Casa Valdese
per la Gioventù », Via Col. Aprosio, 255 - 18019 Vallecrosia (IM).
Tel. 0184/21283.
A Pomaretto, il 12 novembre
GIORNATA DEGLI «AMICI
DELLA SCUOLA LATINA»
Ricordiamo: domenica 12 novembre si terrà
a Pomaretto la giornata degli Amici della Scuola Latina: ore 10,30 culto — ore 12,30 agape
nel teatro del Convitto (prenotarsi entro il 7
novembre presso il Comitato Amici S. L., Po<
maretto, tei. 81.188, 83.26, 82.77) — ore 15
seduta sociale e programma preparato dagli
alunni delia Scuola.
illillllllillllllllllllllllttllilllllliilItltlllllllllItltlillllillllllllMIII
COLLEGIO VALDESE
CORSI Di LINGUE
Il COMITATQ DEL COLLEGIQ VALDESE comunica che anche per il corrente anno scolastico vengono organizzati dei corsi serali di lingue straniere aperti a tutti coloro che ne abbiano interesse.
I corsi dovrebbero avere la durata
di cinque mesi.
II corso di lingua tedesca avrà il seguente orario:
— Martedì, ore 20,30 - Principianti al
Collegio Valdese.
— Mercoledì, ore 20,30 - II Corso al
Collegio Valdese.
— Giovedì, ore 18,30 e 20,30 - Principianti e II Corso al Convitto Valdese di Pinerolo, Via dei Mille, 1.
Per informazioni ed iscrizioni, rivolgersi alla segreteria dell’Istituto, versando la quota di iscrizione per tutta
la durata del corso prevista in lire
10.000.
È pure possibile l’organizzazione di
un corso di lingua inglese, nel caso
in cui vi siano iscrizioni sufficienti. Anche per questo rivolgersi alla segreteria dell’Istituto (tutti i giorni dalle
ore 10 alle ore 12).
Frali -1'Hotel Malzat
offre le camere con combinazioni a partire da Lit. 55.000 per
posto letto per l'intera stagione
invernale di 5 mesi (da Dicembre ad Aprile). Il « restaurant
shop » sostituirà il ristorante tradizionale. Rivolgersi ; telefonicamente al (0121 ) 85.32 oppure
al (0121 ) 90.681 o in loco il sabato pomeriggio e la domenica.
i
1
3
'3 novembre 1972 — N. 44
pag. 3
^ Proseguiamo, e concludiamo, la
presentazione del Fondo speciale per
la lotta contro il razzismo, lanciato
dal CEC. Se ha destato vivo interes
LA CHIESA E LA SUA MISSIONE NEL MONDO
come sola norma, alle sorgenti spirituali della vita cristiana, e l'esigenza
di un impegno pieno, informato, cosciente e senza diaframmi nel mon
te e accese discussioni, specie in alcuni ambienti, la quota (ridotta, nel quadro
generale del PLR) versata ai movimenti dì liberazione africani, si è visto che il
ventaglio delle linee d'intervento di questo Programma è amplissimo. Una di
queste linee si preoccupa della tutela dei diritti degli aborigeni d'Australia, e in
questa pagine un responsabile congregazionalista australiano ci dice quel che le
chiese della sua denominazione si sforzano di fare, in loco, a tale scopo A Fin
dall'Assemblea del CEC a Upsala ( 1968) il past. Visser't Hooft aveva insistito con
appassionata Intensità sull'esigenza che le due componenti oggi presenti neH'ecumene cristiana Imparino ad accettarsi e a riconoscersi complementari, anziché
ignorarsi o scomunicarsi : una complementarità di un tipo particolare, da vivere
in fervida tensione più che in placido accostamento; ma, davvero, «gli opposti
sono inseparabili » e devono restarlo, l'esigenza del ritorno a Cristo, all'Evangelo
do odierno; ognuna di queste esigenze, che ha la sua sorgente nella Parola che
interpella I cristiani, diviene un'eresia rovinosa se si Isola dall'altra. NeM'Intervista che pubblichiamo il grande ecumenico riprende questa tematica alla luce dei
lavori e delle decisioni della riunione di Utrecht.
(Alla redazione di questa pagina hanno
collaborato Lalla Conte e Roberto Peyrot)
ABBIAMO INVIATO UN MILIONE ALLA TAVOLA PER IL P.L.R.
Il fondo speciale del programma contro il razzismo del CEC a
Se la riconciliazione non implica la liberazione, e viceversa, esse non hanno senso. Motivi per proseguire nell'azione
I congregazionalisti australiani
si preoccupano della tutela dei
dei diritti fondiari degli Aborigeni
f.
Come preannunciato nella prima
puntata di questa breve serie dedicata
al Fondo speciale del Programma contro il razzismo del CEC (PLR), abbiamo raggiunto il traguardo prefissato di
un milione di lire, che abbiamo inviato
alla Tavola valdese affinché provveda
a reinoltrarlo al CEC stesso quale nostro primo impegno. Come pure già
detto, il nostro « fondo di solidarietà »
accanto ad altri scopi che verranno
quanto prima proposti — rimane sempre aperto per la lotta antirazzista.
Preghiamo pertanto i lettóri che aderiscono a questa iniziativa di segnalare
la destinazione della loro sottoscrizioni quando fanno il loro versamento al
conto corrente postale n. 2/39878 intestato a: Roberto Peyrot, corso Moncadieri, 70 - Torino.
ii. Nelle tre puntate precedenti di queir sta esposizione (desunta dal n. 26 del
soepi, che a sua volta si è avvalso di un
' documento presentato alla riunione del
comitato centrale del CEC a Utrecht)
abbiamo visto la storia del Fondo, i
criteri coi quali esso viene distribuito,
i cespiti, le offerte effettuate con le conseguenti reazioni, la funzione delle offerte stesse e le implicazioni che esse
comportano. In quest'ultima puntata
vedremo in particolare i motivi per cui
quest’azione deve essere proseguita.
i
Il Fondo e il ruolo riconciliatore
del C.E.C.
Parecchie persone si sono chiesto se
le ofterte non rischiavano di costituire
un ostacolo alla funzione mediatrice e
riconciliatrice del CEC. A questo proposito, le discussioni hanno chiaramente stabilito che riconciliazione non significa che si ignorano i conflitti, che
SI mantengono gli oppressi senza potere e che li si forza ad accettare la loro
situazione. La riconciliazione in senso
biblico non è neutrale. « Se la riconciliazibne non implica la liberazione, o se
la liberazione non implica la riconciliazione, Luna e l’altra non hanno senso »
(J. Deschmer in « International Review
of Mission »). Confronti e conflitti sono spesso inevitabili in un processo di
reale riconciliazione.
A questo proposito, mette conto menzionare quanto i doni hanno aiutato la
Commissione degli Affari Internazionali del CEC (CCAI) nel suo ruolo animatore nella ricerca di una soluzione
alla guerra civile in Sudan. Il segretario generale pastore Blake ebbe a precisare che « la partecipazione positiva
della Chiese ai negoziati del Sudan sarebbe stata impossibile senza il Programma di lotta al razzismo ». Nel loro
rapporto al Comitato centrale deH'agosto 1972 il presidente e il direttore della CCAI hanno dichiarato: « Senza la
lunga storia dell'impegno del CEC in
Africa, questa occasione di servire i .sudanesi nella loro ricerca della pace non
non ci si sarebbe mai presentata. La
posizione contro il razzismo bianco e
l’impegno del P.L.R. sono stati essenziali a tale scopo. Dichiarazioni come
quelle del Comitato centrale a .^ddis
Abeba, documenti di informazione come quelli della CCAI sul conflitto sudanese, azioni concrete come le offerte:
tutto ciò ha contribuito alla creazione
di un’atmosfera di assoluta fiducia nella volontà del CEC di sforzarsi di servire l’Africa secondo metodi definiti dagli africani stessi, e di fiducia nella sua
partecipazione a un programma di riconciliazione ».
Motivi per proseguire neM'azione
del Fondo
Dalle precedenti considerazioni derivano parecchi motivi imperiosi per
proseguire l’azione del Fondo:
1) Il Fondo ha permesso al CEC di
« sorpassare il livello della carità, dei
doni e dei programmi tradizionali » per
impegnarsi — non fosse che simbolicamente — in una ridistribuzione del potere. Il Comitato esecutivo del Consiglio delle chiese africane ha accolto
con soddisfazione « la rivoluzione nel
pensiero dei donatori, pronti ora a porre fiducia in chi prende misure radicali
contro il razzismo ». Il Fondo è un segno dell’accresciuto sforzo intrapreso
in vista di rispondere al desiderio reale e chiaro di una larga maggioranza
della comunità ecumenica di sostenere
le legittime domande delle vittime dell’oppressione razziale.
2) Il Fondo ha avuto una funzione
di stimolo, specie nel caso dei movi
menti di liberazione in Africa australe
Parecchi governanti, chiese, organismi
gruppi e individui singoli, influenzati
dalla decisione del CEC, hanno devolu
to varie offerte a detti movimenti.
3) Man mano che la lotta delle vit
time del razzismo si intensifica, aumen'
tano i loro bisogni. Grazie al Fondo
speciale, il CEC ha dato un esemplo di
appoggio morale e finanziario ai loro
programmi umanitari. Le organizzazio
ni delle vittime del razzismo attendono
che esso continui in questa funzione.
4) La sospensione delle attività del
Fondo creerebbe l’impressione che il
CEC non è più d’accordo coL concetto
basilare del Fondo stesso, definito a
Canterbury, e che disapprova la decisione, presa allora, di dare un sostegno
diretto alle vittime dell’oppressione
razziale.
ti a che il nuovo appello (vedi sotto)
lanciato dal Comitato centrale sia considerato realistico.
Appello approvato aH'unanimità
dal Comitato centrale del C.E.C.
durante la riunione dell'agosto 1972
a Utrecht
5) I doni hanno messo in moto un
processo educativo senza precedenti in
seno alle Chiese-membro. Dappertutto
i credenti provano il bisogno di rivedere i loro rapporti cogli oppressori e cogli oppressi. Questo processo deve andare avanti e le offerte vi hanno un
ruolo molto importante in quanto suscitano nei cristiani il desiderio di
prendere maggiormente sul serio la fede che professano e di distinguere con
maggior chiarezza le sue implicazioni
per la loro funzione nella società.
6) Si sta delineando un cambiamento nell’atteggiamento degli oppressi nei riguardi delle Chiese. Lentamente, la fiducia subentra alla diffidenza.
Parecchi fra loro ritenevano le Chiese unicamente preoccupate di accordare delle elemosine. Essi convengono
oggi che le Chiese partecipano alla loro
lotta per la giustizia: ora i dirigenti di
varie organizzazioni di vittime del razzismo consultano regolarmente il CEC.
7) Le previsioni e gli attuali impegni delle Chiese, dei gruppi e dei singoli sono sufficientemente incoraggian
« Il Comitato centrale
decide di allargare il Fondo speciale
di lotta contro il razzismo portandolo
da 500 mila a 1 milione di dollari minimo;
chiama le Chiese-membro, i gruppi e
le singole persone a portare il loro appoggio al Fondo speciale per testimoniare il loro impegno a favore dèi
P.L.R.;
suggerisce che questo documento
venga comunicato a tutte le Chiesemembro unitamente' a questo appello ».
(fine)
Ed ecco la situazioii
«fondo di solidarietà»,
zioni e col versamento
C. Bocus L. 1.500;
3.000; sorelle Zecchiti (
M. Bein 10.000; T. F.
Viti 2.000; Coisson
1.000; R. M. F. C. 2.
D. Rochat 30.000.
Totale L. 90.500; ;
generale L. 1.011.32 ■
L. 1 milione per il P.ì
aggiornata del nostro
•on le ultime sottoscrifatto alla Tavola :
fam. Viti (due vers.)
due vers.) 9.000; E. e
V. 25.000; V. Vinçon
i.OOO; Sala Lingotto
000; P. Grillo 2.000;
recedente L. 920.825;
Versato alla Tavola
R.; in cassa L. 11.325.
Le Chiese congregazionaliste di Australia non si sono mai avanzate molto nelle loro ricerche su questioni sociali e politiche. Da lungo tempo le
Unioni congregazionaliste di ogni Stato avevano le proprie « commissioni di
affari pubblici », il cui compito principale era di preparare materiale di
discussione per le assemblee ecclesiastiche. Negli anni 60, queste commissioni sparirono. Però un gruppo di laici e di pastori di Sydney aveva deciso
di costringere le Chiese a dar maggiore importanza a tali questioni. Nel
1970 questo gruppo fu autorizzato, da
parte dell’Unione congregazionalista
del Nuovo Galles del Sud, a studiare
l’azione da intraprendere. Il suo rapporto dimostrò che le commissioni tradizionali e il Dipartimento di educazione cristiana erano inefficaci; suggerì
all’Unione di nominare un responsabile a pieno tempo per l’azione sociale
e di fondare un Comitato di responsabilità sociale. Dopo ulteriori discussioni, l’organo esecutivo dell’Unione nominò detto Comitato nel marzo 1972,
con un segretario a tempo parziale.
Questo comitato si occupa anzitutto
dell’educazione dei membri di Chiesa
e, tra i suoi numerosi compiti. Veglia
a che sia dato seguito alle decisioni
dell’Assemblea su questioni sociali. Esso ritiene che sia necessario educare
per mezzo dell’azione piuttosto che con
la riflessione, basandosi sul principio
che la gente non impara nulla « a freddo », in fatto di etica, ma solo quando
è alle prese con realtà concrete. Il Co
UN’INTERVISTA CON IL PASTORE WILLE IVI A. VISSER ’T HOOFT
Gli opposti inseparabili
Al termine della sessione del Comitato centrale del CEC, a Utrecht, alla
fine dello scorso agosto, H. N. Janowski, uno dei redattori del mensile tedesco « Evangelische Kommentare » ha
intervistato il past. W. A. Visser't
Hooft, già segretario generale e ora
presidente onorario del CEC. Riportiamo il testo dell’intervista, apparso sul
numero di settembre di E. K.
Dr. Visser’t Hooft, il Comitato centrale del Consiglio ecumenico ha eletto un nuovo segretario generale. Questa scelta significa unc spostamento
d’accento nel movimento ecumenico?
Credo che si possa dire: si e no. Per
cominciare, direi di no, perché Philip
Potter è uomo di lunga esperienza ecumenica. Già giovane ventisettenne ha
partecipato attivamente al movimento
ecumenico e da allora ha lavorato a
lungo nell’équipe ginevrina. Philip
Potter conosce pure la tradizione ecurnenica, per quanto si possa parlare
di tradizione in un movimento giovane. Egli stesso sottolinea fortemente
che non concepisce la sua elezione come la messa in evidenza di un rappresentante della razza nera e del Terzo
mondo, ma che vuol essere effettivamente il segretario generale dell’intera
famiglia ecumenica. D’altra parte, però, bisogna pur dire che il Terzo mondo ha acquistato importanza molto
maggiore in questi ultimi anni e si è
espresso in modo sempre più esplicito
e netto. Certo, anche questo non è una
novità, si tratta di un processo già avviato ai miei tempi, quando ero segretario generale: già allora si erano costituite le Conferenze delle Chiese in
Asia e in Africa ed è naturale che ora,
a poco a poco, queste Chiese asiatiche,
africane, latino-americane comincino
ad avere un ruolo maggiore. In tal senso non è casuale che la scelta di un
uomo del Terzo mondo cada proprio in
un momento in cui le Chiese degli altri continenti acquistano peso crescente nel movimento ecumenico.
teressante notare che Io stesso Potter
è un teologo biblico. D’altra parte, Lei
mi parla della misàione: qui, senza
dubbio, molte cose sarànno messe in
discussione. Ci si domanda: la teologia che si fa nel movimento ecumenico non è troppo marcata dal pensiero
occidentale? Personalmente, continuo
a pensare che, con forti eccezioni, la
missione ha portato in Asia e in Africa troppe forme di pensiero occidentali. È venuta l’ora, con il forte sviluppo delle facoltà e scuole teologiche in
Asia e in Africa, di approfondire questa questione: non dobbiamo sviluppare forme di pensiero teologico autonome, in relazione con il nostro retroterra culturale?
solvere il loro compito socio-politico.
Vi sono persone che avanzano esigenze assolute e vogliono prendere inizia
tive radicali, e persone che ritengono
che una politica graduale è più realistica ed efficace. Personalmente, è chiaro che sono di questo secondo gruppo. Penso che per il momento è meglio
provare ancora idi mantenere il contatto con le grandi società operanti in
Sudafrica, e di riuscire a far sì che esse premano per una politica sociale
positiva: in questo modo i neri bantù
vengono rafforzati, ed essi soli sono in
grado di intervenire per la propria libertà.
Vi è, per così dire, un messaggio
delle giovani Chiese per la cristianità
atlantica?
Il primo messaggio è, a mio avviso,
questo: Non parlate continuamente di
crisi. Mi è accaduto personalmente,
parlando alcuni mesi fa a studenti in
teologia indonesiani, e accennando al
fatto che in Decidente si parla molto
d) crisi della teologia. Mi hanno ribattuto: perché gli Occidentali parlano
tanto di crisi? Non hanno che da continuare la loro opera, e finirla di mettere punti interrogativi.
Eppure parlare di crisi, ¡n Occidente, non è senza fondamento. A confronto con questo incontro, qui a
Utrecht, quel discorso si pone probabilmente in una luce diversa.
È possibile prevedere gli effetti che
questo spostamento relativo di accento avrà nei rapporti fra le Chiese europee e il Consiglio ecumenico? Se ne
possono trarre conseguenze di ordine
teologico o di politica ecclesiastica?
Penso, ad esempio, alla comprensione
della missione.
Penso che sia stato assai importante che qui, in riferimento al nostro tema principale, abbiamo pure parlato
con particolare insistenza dei vari modi di concepire l’ecumenismo. Era diventato un risehio abbastanza consistente, per il movimento ecumenico, il
giungere a una polarizzazione fra coloro che dicono: Il movimento ecumenico è essenzialmente rivolto all’interno, si tratta delTunità nella teologia e
nella chiesa, — e gli altri che sostengono invece che esso debba essere volto all’esterno, teso all’impegno sociale
comune. Credo che qui a Utrecht sia
stato perfettamente chiaro che queste
due visioni sono effettivamente costitutive Luna dell’altra, tali da poter essere distinte, ma non separate.
Recentemente Lei ha messo in guardia contro l’alternativa posta in un
pronunciamento; il Consiglio ecumenico dovrebbe scegliere fra Cristo e
Tecumenismo. Contro chi si rivolgeva
questa messa in guardia?
In relazione a questa alternativa
stanno persone di posizioni estremiste. Alcuni sono così fortemente dominati dall’impegno sociale, da dichiarare che ora dovremmo scegliere fra Cristo e l’eeumenismo; pensano che l’ecumenismo sia una faccenda puramente
ecclesiastica, mentre ora ciò che conta è l’impegno comune nel mondo. A
mio avviso, però, questa è una falsa
alternativa, poiché questi due aspetti
sono inseparabili, fin dal principio. Non
è lecito dimenticare che l’ecumene ha
già iniziato su queste due linee. Fin
dal principio le abbiamo avute entrambe: da un lato Life and Work, il cristianesimo pratico, il cui interesse verteva sul servizio comune nel mondo,
e dall’altro Faith and Order, fede e ordinamento, il cui interesse era rivolto
a mettere in luce e rendere visibile
l’unità in Cristo. Se ne è sviluppato il
Consiglio ecumenico, poiché crediamo
che queste due linee debbano essere
condotte avanti congiuntamente.
In molte discussioni, votazioni e relazioni si poteva avvertire, in misura
maggiore che nelle sessioni precedenti del Comitato centrale, l’aspirazione
alla spiritualità, alla comunione eucaristica. Come valuta questa aspirazione? Ha un valore di compensazione,
o un significato diverso?
Non è facile rispondere a questa domanda, perché bisogna tener conto di
vari fattori. Da un punto di vista teologico, ad esempio, si può dire che oggi in Asia e in Africa predomina una
teologia analoga a quella che abbiamo
conosciuta negli anni trenta e cinquanta, rispettivamente in America e in Europa. Semplificando, possiamo dire
che vi domina, più che da noi attualmente, la teologia biblica. In Asia e in
Africa non si è ancora presa conoscenza, se non in piccola misura, dei grandi, profondi problemi scaturiti, specie
in America, dalla teologia della morte
di Dio, o di quelli posti da Rudolf
Bultmann e dalla sua scuola. Ed è in
In questa sessione sì è potuto constatare una forte tensione all’unanimità. D’altra parte i confiittì presentì sotto la superficie riaffiorano continuamente, soprattutto il fossato fra
oppressori e oppressi. Come trovare
un accordo?
Ha ragione di parlare di questo fossato. Deve però considerare che non si
tratta solo di un fossato fra parti del
mondo, o gruppi, o mondi, ma che si
tratta anche di un modo diverso di
individuare i compiti. L’ho visto in modo particolare negli atteggiamenti di
fronte alla questione sudafricana. Non
è solo questione di sensibilità, è in
gioco un diverso modo di vedere il
modo migliore, per i cristiani, di as
Ha sicuramente valore di compensazione, poiché viviamo in un mondo nel
quale tutto ciò che è spirituale è quasi del Lutto soffocato dalla tecnica, dal
predominio della vita materiale. Anche
perché da molte parti, specie fra i giovani, si ricerca nuovamente una vita
spirituale genuina, che abbia un contenuto spirituale, una sostanza spirituale. In questo senso sono disposto
a definire questa aspirazione « compensatrice ». Per i cristiani, però, essa
non è naturalmente soltanto una « compensazione »: è un elemento costitutivo. È, essenzialmente, un ritorno ai
fondamenti della nostra fede. Vi è nel
mondo una grande crisi di fede, e questa crisi può essere superata soltanto
dal sorgere di una nuova vita spirituale. W. A. Visser ’t Hooft
mitato ha pertanto scelto quale tema
principale d’interesse i diritti terrieri
degli aborigeni e N. K. Warren Yates
ha scritto un opuscolo assai ben documentato in proposito. Vari laici hanno collaborato alla sua preparazione.
Alcuni degli argomenti a favore della
restituzione di territori alla popolazione aborigena sono presentati più
avanti.
Il Comitato prova sempre di lavorare a livello di comunità, e perciò ha
lanciato programmi di educazione dei
membri di chiesa sulle questioni dei
diritti fondiari. Molti, da principio,
non capirono affatto di che si trattasse. Perciò, in agosto, il Comitato avviò
la seconda tappa del suo programma,
consistente nello spingere le assemblee
di Chiesa ad appoggiare le rivendicazioni di diritti fondiari e a presentare
una risoluzione al membro locale, delegato al parlamento federale. Questi
preparò delle direttive d’ordine pratico per aiutare la gente a portare a termine questo progetto. Per esempio, i
membri di chiesa vengono preparati
alla redazione di lettere alla propria
assemblea di Chiesa, chiedendo che sia
messa all’ordine del giorno tale questione; si insegna loro a scoprire il
membro locale del parlamento e il modo migliore di presentargli gli argomenti validi quando vanno a vederlo.
Il Comitato spera che l’Unione con- #
gregazionalista voterà un bilancio superiore .affinché sia nominato un collaboratore a pieno tempo. Sta per intraprendere lo studio del pauperismo
in Australia e inizierà un corso di educazione su questo argomento nelle
Chiese membro dell’Unione.
Che cosa porteranno i diritti fondiari?
1. La povertà degli aborigeni sta
nel fatto che sono sprovvisti, come
razza, del fondamento economico e
spirituale della loro esistenza, la terra.
La restituzione di terre fornirà un fondamento spirituale e culturale stabile,
che permetterà agli aborigeni di foggiarsi un nuovo stile di vita, di conciliare il loro genere di vita tradizionale con le esigenze della vita moderna.
2. Il conferimento di diritti fondiari da parte dei bianchi significa che
essi riconoscono le ingiustizie commesse dai loro antenati.
3. II conferimento di diritti fondiari rappresenta il riconoscimento del
valore intrinseco della cultura aborigena.
4. II riconoscimento di diritti fondiari significa che i bianchi han preso
coscienza che lo stato attuale di povertà spirituale ed economica degli
aborigeni deriva da circostanze storiche e non è la prova d’un insuccesso
inerente a loro stessi.
5. Il riconoscimento del diritto di
possedere delle terre assicurerà la fierezza, la dignità, l’indipendenza ed il
rispetto di sé alla popolazione aborigena.
6. Il fatto di possedere delle terre
assicura un potere economico e commerciale senza il quale la popolazione
aborigena non può sperare di raggiungere il livello di vita della popolazione
bianca.
7. Il conferimento di diritti fondiari permette lo sviluppo della cultura
aborigena, in netto contrasto con la
politica di assimilazione ufficiale del
« Commonwealth ». Questa « mira a
che ogni persona di origine aborigena
provi di raggiungere un modo di vivere e dei criteri di esistenza simili a
quelli degli altri australiani e viva quale membro di una unica comunità australiana, godendo delle medesime responsabilità, nutrendo le stesse speranze e sottomessa agli stessi diritti
degli altri australiani ».
Il presupposto soggiacente a questa
politica è che gli aborigeni vorranno
riconoscere la superiorità del modo di
vivere europeo e rinnegheranno il proprio patrimonio culturale. Malgrado le
buone intenzioni, questa politica ha
per risultato un genocidio culturale.
8. La proprietà fondiaria assicura
agli oborigeni una reale possibilità di
sviluppare la loro capacità a governarsi da sé ed a prendere iniziative.
9. Per via della sua autonomia locale, il conferimento di diritti fondiari
è un piano di sviluppo degli aborigeni
che non mancherà di avere la partecipazione entusiasta della popolazione
aborigena. Non si può dire altrettanto
di vari progetti concepiti da burocrati,
senza consultare gl’interessati.
10. , La proprietà fondiaria acquisita di diritto, e non per concess^pne caritatevole, è la prova d’uno status di
cittadinanza pieija e di un’eguaglianza
assoluta con i bianchi d’Australia.
Harry J. Herbert, segretario del
Comitato di responsabilità sociale dell'Unione congregazionalista
del Nuovo Galles del Sud.
4
pag. 4
N. 44 — 3 novembre 1972
Cronaca delle Valli
Riflettiamo
COMUNICAZIONE
Il prossimo colloquio pastorale è
convocato per il giorno lunedì 13 novembre a Pinerolo con il seguente ordine del giorno :
ore 9,30 culto ( pastore Roberto Jahier ) ;
ore 10-12 Esame del primo capitolo
del volume « appello alla libertà » di
E. Kasemann. Introduzione a cura di
Cipriano Tourn ;
ore 13,30 Relazione delle commissioni Sociale, Missionaria e Colportaggio con proposte di lavoro ;
ore 14,30-15: Problemi amministrativi.
La Comm. Distrettuale
4 NOVEMBRE GIORNO DI LUTTO
Questi ricordi di un ex combattente mi danno lo spunto per alcune considerazioni sulla guerra del 1915-1918
che viene ancora esaltata e presentata
come guerra di liberazione delle ultime terre irredente. Prima di tutto una
breve sintesi degli avvenimenti che
precedettero Ventrata in guerra dell'Italia. Il 26 aprile 1915 il ministro degli esteri Sonnino firmava il trattato
di Londra, in base al quale l'Italia si
impegnava a scendere in guerra contro l'Austria entro un mese. L'8 maggio più di trecento deputati lasciarono il loro biglietto da visita a casa di
Giolitti, capo della corrente neutralista, significando così che il parlamento nella sua massima parte (e quindi
l’elettorato) era contro la guerra. Salandra capo del governo ne prese atto, ed il 16 maggio si dimise. Ma il re
prese su di sé l'intera questione: riconfermò il suo primo ministrò e gli
fece chiedere i pieni poteri per la guerra. Questo accadde il 20 maggio. Tre
giorni dopo il re, dichiarava guerra all’Austria. Vittório. Emanuele III, Balandra, capo del governo, ne prese atpoggio del grosso capitale, dello stato
maggióre, di una parte della stampa
e di gruppi nazionalisti della piccola e
media borghesia,: scaravetttarono l’Italia in un tremendo confìittq, nonostante la nazione .fosse,, nella, sua grande
maggioranza contraria. Qpst le masse
di contadini ed operai, che‘desideravano solo di starsene a casa in pace, furono mandate al ironie dovei per più
di tre anni furono, : costrette a farsi
massacrare, in mezió<*ad orrori di
ogni genere, e tra inurbane, sofferenze.
Sottoposti ad una ferrea, ■disciplina, tenuti costantemente sotto la i minaccia
delle fucilazioni e delle decimazioni,
considerati dai comandi non come esseri umani, ma alla stregua di bestie
da macello, semplice « carne, da cannone». Tre anni di inferno soltanto
per riempire le tasche del grossi industriali che si arricchivano sulla pelle
e sul sangue dei soldati e per compiacere le ambizioni di potenza e di grandezza di un re e di un piigno di generati.
I tanto sbandierati ideali della liberazione di Trento e di Trieste non erano altro che la copertura di tutti questi interessi, e di queste ambizioni.
Perciò basta con il 4 novembre, è
questa una ricorrenza da abolire; basta con i cortei, le bandiere, i discorsi, le corone d’alloro sui monumenti
ai caduti. La migliore commemorazione del 4 novembre è di batterci con
tutte le nostre forze contro la guerra,
contro il servizio militare, e per la lotta al militarismo in tutte le sue ramificazioni e le sue forme.
Adelchi Ricca
Anche alle Valli Valdesi si ricorda puntualmente il 4
novembre : con discorsi retorici, politici e religiosi, con sfilate, gagliardetti e medaglie in evidenza. Continua l'illusione di aver vinto una guerra, di aver « difeso la Patria », di aver salvato l'onore. In realtà il 4 novembre è
un giorno di lutto, un giorno di morte, di uomini e di ideali, un giorno che ricorda il macello di centinaia di migliaia
di vite umane, dell'una e dell'altra parte. La testimonianza diretta di un angrognino settantanovenne che ha combattuto la guerra del 1915-1918 e che ci ricorda alcuni momenti di questa guerra che ha servito da copertura agli
interessi della classe dirigente italiana ( ma quando non
è così?), ci invita ad una riflessione carica di significato
per il presente.
intravvedere gli austriaci nelle loro posizioni in cima al monte. Dopo alcuni
minuti uno dei miei compagni si sporse leggermente per sparare, quando
venne raggiunto da un colpo in.piena
fronte. Si abbattè al suolo fuìmina
Mentre in questo momento, le strade, le piazze, e gli edifici pubblici di
tutta Italia sono imbandierati e pavesati a festa, e stanno per muoversi i
cortei con bandiere, corone di alloro,
ed in testa le autorità civili, militari e
religóse, per recarsi a rendere omaggio ai monumenti ai caduti e celebrare con discorsi pieni di retorica e di
vuote parole il 54° anniversario della
vittoria riportata dall’Italia sull’Austria nella guerra del 1915-1918, mi accingo a trascrivere alcune note di guerra tratte dalla viva voce di mio nonno
che di quella guerra fu umile protagonista nelle file dei soldati semplici.
Queste note hanno lo scopo di fornire un modesto contributo, per mettere
in luce il vero volto della guerra, un
volto completamente ignorato dalla
storiografia ufficiale, e ben diverso da
quello che siamo abituati a leggere sui
libri, ed a sentire nei discorsi che si
fanno alle cerimonie ufficiali: ma lascio
ora la parola a mio nonno Buffa Luigi.
ABILE ARRUOLATO:
CLASSE 1893
« Sono nato nella frazione Prassuit di
Angrogna il 19 ottobre 1893. Dichiarato
abile alla visita di leva il 5 aprile 1913;
venni chiamato alle armi l’il settembre
1913 e fui incorporato nel terzo reggimento alpini, battaglione Pinerolo, di
stanza a Torino, nella caserma Rubatto. A quei tempi il servizio militare durava due anni; purtroppo solamente 3
mesi prima del congedo della mia classe, l’Italia dichiarò guerra all’Austria.
Nella primavera del 1915 il mio reggimento partì dal Piemonte e dopo aver
attraversato la Lombardia e la Venezia
Euganea, giunse nel Friuli a Tarcento,
una cittadina a poche decine di chilometri dalla frontiera austriaca. Da
Tarcento ci portammo poi, in un luo
go chiamato Pian di Mea, a poche centinaia di metri dal confine, e qui la sera
del 23 maggio 1915 aH’imbrunire, il ten.
col. Pettinati fece schierare tutto il
battaglione Pinerolo di cui era comandante, in tutto più-di mille soldati, e ci
fece questo breve discorso: Sua maestà il re ha dichiarato guerra all’Austria, a mezzanotte varcheremo il confine. Questa sarà una guerra lunga e
difficile, ma noi sapremo batterci con
onore, e con valore e la vittoria non potrà mancare. A mezzanotte ci mettemrno in marcia e nel giro di pochi minuti giungemmo sulla linea di confine.
Un tenente afferrò la palina sormontata da un’aquila bicipite e la sbattè per
terra, entrammo così in territorio austiaco. Dopo aver camminato tutto il
resto della notte senza sosta, al mattino del 24 giungemmo in un piccolo villaggio dove ci accampammo. Il giorno
seguente riprendemmo la marcia. Il 27
maggio arrivammo al fiume Isonzo. Gli
austriaci ritirandosi avevano fatto saltare tutti i ponti, così fummo costretti
ad attraversarlo a guado. Purtroppo un
alpino, certo Boncoeur di Rorà venne
travolto dalla corrente ed annegò miseramente nonostante i nostri disperati tentativi di salvarlo. Egli fu il primo
caduto del battaglione Pinerolo in
quella guerra.
catturati da un reparto di artiglieria
alpina che fece loro'fare una orrenda
fine. Infatti gli artiglieri li afferrarono
per le gambe e sfracellarono loro la testa contro una roccia. Nel villaggio di
Picca trovammo pure un cartello, in
lingua italiana, lasciato dai soldati austiaci che diceva: «italiani vi aspettiamo più indietro ».Il 1° giugno arrivammo ai piedi del monte Mrzli, alto meno di 2.000 metri; questa posizione era
tenuta da un reparto austriaco saldarnente attestato sulla cima, ed appoggiato da alcune mitragliatrici. Il comandante del nostro battaglione ci annunciò che la mattina seguente con
l’appoggio di un reggimento di bersaglieri avremmo dovuto espugnare questo monte, stavamo così per giungere
al nostro battesimo del fuoco. Il nostro
stato d’animo quella sera non aveva
niente a che vedere con le retoriche
immagini che descrivono i soldati pieni di valore e di ansia di combattere.
Al pensiero di dover andare aH’assalto
il giorno dopo il nostro stomaco si
stringeva in una morsa d’angoscia.
CARNE DA MACELLO
PRIMA DELL'ASSALTO: UNA MORSA
D'ANGOSCIA ALLO STOMACO
Due o tre giorni dopo giungemmo al
villaggio di Pleca, e qui fummo accolti
da alcuni colpi di fucile. A sparare però
non erano stati dei soldati austriaci,
bensì dei civili, gente che abitava
in quella località, e che indubbiamente non doveva avere molta simpatia
per i cùsidetti liberatori italiani. Per
fortuna nessuno venne colpito. Qualche
giorno più tardi questi tiratori vennero
E giunse il temuto momento. La mattina del 2 giugno 1915 tutto il nostro
battaglione e l'undicesimo reggimento
bersaglieri si lanciarono all’assalto del
monte Mrzli. Gli austriaci per un po’
ci lasciarono salire lungo i fianchi del
monte, poi quando fummo alla distanza giusta iniziarono un fuoco d’inferno. Le mitragliatrici sgranavano i loro
rosari di morte battendo ogni centimetro di terreno. I miei compagni cadevano come le mosche, si sentivano urla di dolore provenire da tutte le parti.
Ci lanciammo disperatamente in cerca
di un riparo; io ed alcuni compagni trovammo una grossa roccia e ci appiattammo dietro di essa, di lì potevamo
Ecunenismo sì, ma quale?
L’ultimo numero dell’Eco del Chisone ha dedicato ben due articoli all’intervento di Giorgio Tourn. Intanto anche il Sig. Morello ha inviato al suo settimanale una replica a cui è stato prontamente risposto. In questo intervento il
pastore Tourn riprende le critiche avanzate da F. Trombetto e da V. Morero
Morte presunta
Il Tribunale di Pinerolo, con sentenza 12-7-1972, depositata il 24-7-1972, ha
dichiarato presunta alle ore 24 delli
31-12-1922 la morte di MARTINQ CARLQ AMEDEQ nato a Torre Pellice il
13-8-1912 è già ivi residente.
Avv. Domenico Matta
Cineforuin Val Pellice
PROGRAMMA
(stagione novembre • dicembre)
Cinema Trento di Torre Pellice
inizio ore 20,50
10 novembre: Uomini contro (1970)
contro
film antimilitarista. Il reg. F. Rosi
traspone sullo schermo « Un anno
sulPaltopiano » di E. Lussu.
17 novembre: La Cina è vicina (1967)
indagine psicologica. M. Bellocchio
mette sotto accusa un ambiente,
una classe sociale.
24 novembre: Teorema (1968) indagine psicologica. Pasolini affronta alcuni problemi esistenziali.
1 dicembre: Il silenzio (1965) indagine psicologica. Bergman indaga
su un dramma esistenziale sperimentato, un nuovo c< muto ».
15 dicembre: Sacco e Vanzetti (1971)
film storico-politico. Montaldo porta
sullo schermo la vicenda drammatica dei due anarchici in USA.
« Che in casa valdese qualcuno non sopporti
le nostre aperture, non è un problema nostro,
ma un probelma loro. Videant Ipsi ». Così v. m.
chiude la sua tempestiva e* ferma risposta al
nostro breve articolo apparso sull^ultimo numero in merito al problema dell'ecumenismo. « Vìdeant Ipsi », cioè : se la vedano loro, affari loro ;
molto fraternamente ci permettiamo rispondere
« videbimus » ce la vedremo, ci faremo su un
pensierino, anzi cominciamo a farlo subito un
pensierino sulle "aperture" dei fratelli cattolici nella diocesi pinerolese, molto serenamente
e fraternamente, con schiettezza anzi, perché
non abbiamo nulla da nascondere a nessuno.
Lasciando per il momento da parte lo scritto di Vittorio Morero che solleva grossi problemi cominciamo con quello di Franco Trombotto dal titolo « l'ecumenismo comincia... » Mi si
permette una piccola cattiveria, senza la pur
minima intenzione di offendere, ma così en
passant? Farei solo notare che l'ecumenismo è
un problema antico nella cristianità mondiale
ed esisteva molto prima che il Vaticano II lo
ponesse all'attenzione delle comunità cattoliche.
Sono 70 anni che tra ortodossi e protestanti discutiamo, ci incontriamo, andiamo avanti ed indietro su quella strada faticosa ; fa strano vedere che dopo pochi anni di generici incontri e
con qualche lettura nel cassetto ci siano fratelli
che sanno tutto dell'ecumenismo, come va fatto
e non va fatto, dove e con chi. Qualcosa abbiamo pur imparato in questo secolo che i fratelli
romani potrebbero utilmente utilizzare; a meno
che ci sia tutto da rifare dopo il loro ingresso
nella problematica ecumenica, potrebbe anche
darsi che sin qui non si fosse capito niente.
Una ipotesi nuova per noi però e non credo
neppure sia la tesi dei nostri amici dell'Eco del
Chisone.
Vediamo di chiarire a questo riguardo alcune cose che non dovrebbero essere chiarite tante son chiare ma che si continua a confondere
passando dalla teologia alla psicologia, dalle
dottrine all'onestà, dai pensieri all'esortazione.
Anzitutto la questione deH'integrista. « Per
gli integristi protestanti tutte le chiese e i gruppi dell'universo hanno piena legittimità evangelica eccettuata la romana. Sì ha il diritto dì
essere qualunque cosa e di dire tutto quello
che si vuole, purché si parli male della chiesa
cattolica, possibilmente Identificandola col Vaticano ». E chi ha mai detto questo? Dove sta
scrìtto? Lasciamo stare il Vaticano, su cui faremo un discorsetto un'altra volta, per il resto
perché mai si dovrebbe parlare male della chiesa romana per puro gusto di cattiveria? Ne
abbiamo forse parlato male nel nostro articolo
chiedendo semplicemente che ci si dica quale è
il punto di vista cattolico sulla Chiesa? « Tutti
hanno il diritto di dichiararsi evangelici eccetto
noi — sembra dire F. Trombetto , chiunque i».
Dove lo legge? Alla chiesa romana noi conosciamo gli stessi diritti e doveri di tutte le chiese,
non la privilegiamo né in bene né in male.
Perché si sente in dovere di scrivere « eccettuata la romana »? Eccettuata da chi? Non certo da
noi ; «hiodtemo solo che si parli di lei come di
tutte Us altre ed in questo siamo perfettamente
deccerde con il nostro amico che afferma « nessuna chiesa e. tanto meno nessun singolo cri
stiano può identificarsi con la Verità che è
Cristo ». A leggere l'Eco del Chisone sembra
che la Chiesa valdese si considera la sola depositaria della Verità e che qualcuno di noi
(sarà mica per caso il sottoscritto?) si crede
interprete della Verità scomunicando i poveri
fratelli cattolici. Misuriamo le nostre parole,
via I Depositaria della verità si è proclamata sino a ieri la chiesa romana, se non erro, non la
nostra ed il credente che si identifica con la
Verità, cioè Cristo, in qualità di suo interprete
infallibile non sono io, è il vescovo di Roma.
Si o no?
Non esìste una Chiesa depositaria della Verità, come non esiste nessuno che si possa dire
interprete assoluto dello Spirito, io abbiamo
sempre creduto e lo crederemo per quanto ci
concerne e ci rallegriamo di vedere che anche
i cattolici lo pensano. Se uno si crede perfetto
e depositario della Verità c'è da dubitare che
sia « onesto » e non è « ecumenico », aperto
all'ecumenismo, dice Trombetto; e su questo
slamo perfettamente daccordo ma sia ben chiare che è lui ad essere daccordo con quanto abbiamo sempre dette e se Ì potefìci romani hanno costantemente rifiutato dì sedersi da fratelli al tavolo delle conferenze ecumeniche a cui
sono stati invitati dal 1910 ad oggi, è semplicemente perché non hanno ritenute poter accedere a questa nostra richiesta. Accetterebbe la
chiesa romana di inviare i suoi delegati come
semplici rappresentanti identici a quelli (non
dico della chiesa valdese per non provocare una
ennesima reazione di risentimento ) ortodossi, battisti, calvinisti? Qui sta la prima questione.
La seconda è quella della chiarezza delle posizioni. « L'ecumenismo comincia quando si ammette che una chiesa abbia il diritto di interessarsi all'altra ». dice F. Trombetto, può essere,
ed il fatto che su queste colonne ci occupiamo
gli uni delle cose degli altri può essere un segno ecumenico, non lo nego ma non basta ; occorre sapere esattamente quali seno i pensieri,
le premesse, le idee dell'Interlocutore. L'ecumenismo comincia, secondo quanto ci insegna
la nostra esperienza, quando uno sa esattamente cosa pensa l'altro, quando tu dici « tre » ed
io dico « cinque », e si sa che tre è tre e cinque è cinque. Non c'entra qui l'essere daccordo
o meno, I risentimenti, le paure, i complessi di
persecuzione e di minoranza, le paure e l'orgoglio confessionale di cui sono pronto a fare
pubblica ammenda. Il valdese presuntuose, orgoglioso di un passato e di una fedeltà evangelica non poi così limpida, complessato perché
minoritarie, sospettoso verso ogni mane tesa?
Sarà così, se così ci vedono, ma non è girando
su queste indagini che faremo un passo avanti.
« Deporre ¡1 sospetto e giudicare onestamente »,
perfetto, facciamole. Ma l'ecumenismo che comincia « quando si abbandonano gli aut aut e
si coltiva un discorso pieno di sfumature e dì
pazienza intellettuale » cosa vuol dire, vi prego? Non saremo nei a porre alla chiesa romana degli aut aut, cioè delle scelte, quelle le pone il vangelo da solo, e ci pensa il Signore, noi
vogliamo solo sapere cosa si pensa, si crede,
si intende dire e si vuole. Le sfumature e la
pazienza intellettuale seno come la parola
« bene », genericità e sentimenti che non costruiscono un dialogo.
Dovrebbe dunque essere chiaro questo secondo punto: non dubitiamo minimamente della
onestà dei fratelli cattolici, della loro integrità
morale, nessuno di noi subodora in loro chissà
che manovre. Sono se stessi e noi siamo noi
stessi, punto ed a capo. Ma è proprio l'impostazione cattolica del loro ecumenismo che cerchiamo di comprendere; non lo condanniamo,
Dio ce ne guardi, ma ci sarà pur concesso di
dire che con la parola ecumenismo intendiamo
un'altra cosa ! E' come la libertà di coscienza, la
chiesa romana si è sempre dichiarata contraria
ad essa, non è un mistero per nessuno (e ad
evitare anche qui immediate reazioni dirò che
anche le chiese riformate del XVII secolo non
erano per la libertà di coscienza), oggi i cattolici sono pienamente convinti che esìsta in Italia ; ma quello che secondo la Chiesa è libertà
noi lo chiamiamo clericalismo o ingerenza clericale.
E per finire il terzo punto: « strano davvero
che quando i cattolici dopo la grazia di un Concilio hanno smesso di invitare gli altri a convertirsi alla loro chiesa... siano i protestanti a
dirci che la risposta che cì farebbe graditi...
dovrebbe esse... "protestante". L'ecumenismo
non comincia con la nostra conversione al protestantesimo, ma con la conversione di tutti i
cristiani ». Quando, dove, e chi ha chiesto .alia
chiesa di Roma di farsi protestante? Ne io, né
la nostra comunità, e per convincersene basta
leggere i documenti votati dai nostri Sinodi.
Chiediamo un ripensamento evangelico delle
posizioni dogmatiche e polititlie assunte da Roma nel passato e nel presente, e ci permettiamo
di chiederlo perché dice Trombetto che il primo
passo ecumenico è proprio di interessarsi ai
problemi dell'altra chiesa. Nessun protestante
che abbia vissuto l'esperienza ecumenica ha mai
chiesto ai suoi fratelli di convertirsi alia sua
confessione, ma di ripensare la propria fede alla luce dell'evangelo, n^n^aremo certo noi a
fare eccezione. Non faccia perciò dire quello che non pensiamo.
Sulla grossa questione dell'unica chiesa di
Cristo toccherà tornare perché la risposta di
Trombetto è un perfetto esempio di posizione
cattolica che non ci sentiamo di accogliere e
diremo perché, proprio per la chiarezza di quel
confronto che è già cominciato, lo si voglia o
no nel contesto della cristianità attuale.
to, A quella vista ci appiattammo an
cora di più dietro la roccia e non> ci
passo neanche lontanamente per la testa l’idea di metterci a sparare; il nostro unico pensiero era quello di salvare la pelle. Ad un certo punto feci
un movimento falso, e mi tagUai la mano sinistra con la baionetta che era
inastata alla canna del fucile. Lieto di
questa insperata occasione raccolsi tutto il mio coraggio e presi a strisciare
lentamente indietro per portarmi ai
piedi del monte, al posto di medicazione. Ero finalmente riuscito a portarmi
fuori dalla zona di tiro degli austriaci
quando mi imbattei in un ufficiale italiano che alla mia vista portò minacciosamente la mano alla pistola, e mi
chiese dove andavo. Gli mostrai la mano insanguinata e gli risposi che andavo a farmi medicare. Allora mi lasciò
passare senza fare obiezioni. Il resto
della battaglia del Mrzli lo vidi dal posto di medicazione. Dopo alcune ore i
nostri reparti decimati furono costretti a ritirarsi. Quando alla sera il comandante della mia compagnia, capitano
Camperi fece l’appello; dei 250 presenti
al mattino eravamo rimasti in 42. Il
giorno seguente ci portammo a Drezenka, un grosso villaggio dove ci accampammo. Fu qui che il capitano Campcri fece schierare tutta la compagnia
ci rivolse questo bestiale discorso. Agi
Camperi fece l’appello, dei 250 presenf i
pensate più alle vostre famiglie, qui
non siamo in caserma, ma al fronte, eu
il padrone della vostra vita sono io. L
posso accopparvi come tanti cani, e It.
garvi come tanti salami, e nessuno mi
può far niente, questi gradi da capit:i
no me li può levare solo sua maestà !■
re ». Alcuni mesi più tardi il capitan,.
Camperi venne trasferito al comandi
di una compagnia di fanteria, e qui ■
suoi soldati, stanchi delle sue continu.
angherie lo uccisero con un colpo di fi
Cile, ma naturalmente sul bollettino d'
guerra egli figurò caduto per mano de
nemico. Verso_ la fine del mese di giu
gno il battaglione Pinerolo venne trasferito in Carnia. La mia compagni;
venne inviata a presidiare la vetta de
monte Freikofel. Su questo monte ir
mezzo alla neve passammo rinvern':
1915-1916 soffrendo la fame e il freddi .
molti furono i congelati. Gli austriaci i
trovavano a due o tre chilometri di d'
stanza di fronte a noi, e ogni tanto c '
sparavano adosso con una batteria c i
cannoni e con le mitragliatrici. Ei ;
una cosa terribile dover rimanere fei
mi nelle trincee sotto il fuoco dei cannoni, ci sembrava di essere dei topi
presi in trappola.
VENDETTE IMPUNITE :
CADUTI PER LA PATRIA
G. TOURN
Ringraziamento
La famiglia Reynaud-Pagetto desidera far giungere l’espressione della
sua profonda riconoscenza ed il suo
sentito ringraziamento a tutte le persone che si sono prodigate nell’opera
di spegnimento dell’incendio che, nel
pomeriggio del 22 ottobre u. s., ha distrutto parte della propria casa.
Un grazie particolare ai Vigili del
Fuoco di Pinerolo e Luserna S. Giovanni.
_Prarostino, 30 ottobre 1972.
iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiii
Hanno collaborato a questa pagina:
L. Buffa, R. Gay, A. Ricca.
Un giorno di primavera del 1916 lu
mio camerata, l’alpino De Zani di Ast
venne colto da una crisi e si mise au.
inveire contro la guerra e contro gli u!
ficiali. Il comandante del suo plotoni
il tenente Pino pure lui di Asti, afferri
allora un fucile e lo scaricò nella testa
di quel povero ragazzo che cadde molto sul colpo. Il comando di battaglioni
mise subito la cosa a tacere; e il povero soldato De Zani figurò caduto pei
la patria durante un’azione contro gli
austriaci. Al fronte ogni minima infrazione disciplinare era punita in modo
severissimo. Queste infrazioni che normalmente in una caserma, in tempo di
pace avrebbero comportato qualche
giorno di cella di rigore, venivano punite in rnodo barbaro e crudele. Una delle punizioni più frequeti era quella di
legare il colpevole ad un albero o ad
una roccia in una zona esposta al tiro
del nemico. Come è facile immaginare
molto spesso questi poveretti venivano
ripresi ormai cadaveri. Al fronte la vita di un uomo non valeva più di quella
di una mosca, i soldati non erano altro
che dei veri e proprii schiavi. Pure in
quell’anno 1916 accadde un altro episodio molto indicativo su che cosa sia
la guerra. Un sergente di cui non ricordo il nome, era stato punito dal suo
sottotenente per una mancanza. Una
sera questo sergente allo scopo di vendicarsi, lanciò una bomba a mano contro il sottotenente senza però riuscire a
colpirlo. Questi invece di deferire il sottufficiale ai suoi superiori attese l’occasione buona, ed una sera sparò una
fucilata in corpo al sergente colpendolo a morte. Prima di spirare però il sergente ebbe il tempo di rivelare il nome del suo assassino. L’accaduto venne denunciato al comando di battaglione. Il maggiore comandante del nostro battaglione venne sul posto, e dopo aver sentito la versione dei fatti disse semplicemente queste parole: Chi è
vivo fa guerra e chi è morto fa terra.
Il sottotenente venne soltanto trasferito ad un altro reparto. Inutile dire
che, il sergente figurò caduto per la patria. Sul finire dell’ottobre del 1917 dopo lo sfondamento austriaco a Caporetto ci giunse l’ordine di ritirata, per non
venir presi alle spalle dalle truppe avversarie che stavano dilagando a sud
della Carnia, nella pianura friulana.
Ma era già troppo tardi, eravamo in
ritirata all’incirca da una settimana
quando reparti austriaci ci tagliarono
la strada, e ci circondarono. Dopo un
breve combattimento ci arrendemmo,
era il 7 novembre 1917 ».
5
3 novembre 1972 — N. 44
pag. 5
Vita, problemi, prospettive delle chiese valdesi
In attesa che vada in porto il nostro progetto redazionale, per cui le
Commissioni Distrettuali curino regolarmente una presentazione della vita
dei rispettivi Distretti — chiese, opere, rapporti ecumenici, situazione ambientale etc. — continuiamo a riportare dai bollettini delle C. D. notizie
d’interesse per tutti. Questa volta ci
riferiamo al bollettino della Commissione del IV Distretto, tosco-laziale
jfjuido Coljucaì,^-Giorgio Eco, Giulio
Vicentini).
VISITE IN DIASPORA
Anche le visite della C.D., salvo casi
di urgenza, saranno piuttosto rivolte
ai gruppi della diaspora, oltre a portare le chiese locali a sensibilizzarsi
su questo problema che è stato avvertito come assai importante dalla Conferenza di giugno.
CORSI PER CORRISPONDENZA
In primo luogo, la decisione della
<C. D. di diffondere a sua volta un
« bollettino » ciclostilato periodico fra
le chiese del Distretto: una decisione
di buon auspicio anche per il nostro
progetto redazionale.
CONVEGNI DI ZONA
L’ultima Conferenza Distrettuale aveva chiesto la convocazione di una Conferenza straordinaria, in novembre,
per approfondire e portare a soluzioni operative il problema della diaspora. La C.D. ha ritenuto più opportuno
e funzionale organizzare una serie di
convegni di zona, in date da concordare, nel corso dell’anno. « Abbiamo
pensato che così si potesse portare
avanti una riflessione più approfondita in comunità, in assemblee, in convegni in cui possa verificarsi in maniera più diretta e rappresentativa la
riflessione e il contributo dei gruppi e
degli isolati della Diaspora nelle loro
varie situazioni ». E in fase di preparazione del materiale di lavoro preparatorio, che comprenderà quanto sul
problema della diaspora è stato scritto nella relazione della C. D. alla Conferenza, uno studio del past. Aldo Comba e una relazione del lavoro in zona
di diaspora del past. Severino Zotta.
Altro tema rilevante all’ordine del
giorno della Conferenza Distrettuale,
la questione dei corsi per corrispondenza è stata sottoposta all’attenzione
della Tavola e, per suo tramite, della
Federazione. « In attesa di quanto sia
deciso e fatto su piano nazionale, riteniamo di incoraggiare quanti nel nostro Distretto hanno iniziato o hanno
allo studio un programma di lavoro
in tal senso, a proseguire il loro servizio: le esperienze saranno anche un
valido contributo per eventuali iniziative più ampie ».
ECHI E INVITI SINODALI
Naturalmente la C.D. ricorda alle
chiese le indicazioni, le richieste e gli
inviti che vengono loro dal Sinodo, o
direttamente, attraverso ordini del
giorno, o attraverso gli spunti vivi di
cui esso è stato, quest’anno, abbastanza ricco. Si ricorda in particolare il
lavoro compiuto in sessione congiunta metodista-valdese e che le decisioni
prese insieme in quella sede « impegnano le comunità a intensificare i
rapporti di lavoro e organizzativi »
con le comunità metodiste e i loro
circuiti corrispondenti al distretto tosco-laziale. Trattandosi di una delle regioni italiane dove più fitta (si fa per
dire...) è la presenza di chiese metodiste e valdesi concittadine o viciniori, l’invito ha un valore particolare. Da
segnalare, la volontà manifestata dal
Notiziario Evangelico Italiano
Dalle Chiese Battìste
La Missione Battista in Italia diminuirà gli aiuti finanziari aH’Unione
Battista Italiana (UCEBI). È una cosa
molto comprensiliile, date le diverse
tendenze delle due opere.
' Ricordiamo che la Missione Battista
amciicana iniziò la sua opera missionaria in Italia nel 1870; l’Unione si è
formala nel 1956, acquistando autonomia rispetto alla madre, pur mantenendo con questa contatti fraterni. Gli
aiuti finanziari provenienti daH’America passano aH’UCEBI tramite la Missione.
Auguriamo ai Battisti italiani di sapersela cavare da soli, cosa che do'Vremmo fare anche noi Valdesi se fossimo piu coerenti alla nostra iniziale
vocazione.
La Comunità di Roma-Garbatella ha
deciso di costituire un centro socioculturale nel quartiere. Tale impegno
sociale deve essere la testimonianza
scaturita dallo studio attento della
Scrittura. L’azione del centro ha lo
scopo di ricuperare bambini diffìcili,
gli emarginati della scuola, e di essere luogo di incontro per discutere e
affrontare problemi sociali, politici e
sindacali urgenti. Per il mornento il
lavoro iniziato è quello di seguire i ragazzi in un doposcuola.
alternati studi, conversazioni, culti,
riunioni pubbliche, gite nei luoghi storici delle Valli Valdesi, manifestazioni
musicali offerte da Good News, complesso di musica religiosa moderna. In
quei dieci giorni si sono creati nuovi
legami di amicizia nella comunione fraterna e nell’amore di Cristo.
Le colonie estive hanno accolto i
bambini a Forio d’Ischia e a Bobbio.
Per il principio di novembre il Generale Erik Wieberg visiterà il Corpo
di Roma. Egli è il capo mondiale dell’Esercito. In quell’occasione si terranno riunioni pubbliche.
Per l’Esercito il 1972 è ancora l’anno del fanciullo con il motto: « Ogni
bimbo ha valore ». In corrispondenza
della ripresa delle scuole è stata tenuta la settimana del fanciullo.
La Crociata offre i' coloro che acquisteranno due Bibbie, una in regalo; e
a questo proposito ricorda l’avvicinarsi del Natale e suggerisce, a chi è interessato all’evangelizzazione, di regalare in tale circostanza delle Bibbie.
Chiedere il modulo per la richiesta
di Bibbie a: Crociata dell’Evangelo Via Palestre, 30 - Roinq.
La Corale Valdese di Torre Pellice,
diretta dal M.o Ferruccio Corsani, canta per voi in 6 dischi incisi da Uomini
Nuovi. Si può ordinarli, al prezzo di
L. 5.000 a: Edizioni Uomini Nuovi 21030 Marchinolo (Varese), c.c.p. num.
27/9100, oppure alla Libreria Claudiana.
Inda Ade
Dall’Istituto Biblico
Evangelico - Roma
Dal Centro di Solidarietà
di Firenze
Si è riunito al principio di ottobre
il Consiglio direttivo. Tra le altre decisióni si è presa quella di continuare
la scuola serale per gli emigrati. Nel
cuore del quartiere S. Croce (Via dei
Macci ) sono state prese in affitto tre
stanze, al cui pagamento contribuirà
la Chiesa Battista e i giovani impegnati nell’attività. Già questi locali sono arredati e i corsi cominceranno il
6 novembre.
Per condurre avanti il suo servizio,
che è di aiutare in vari modi chi ha
bisogno di una mano amica, il Centro
impiega ora circa un milione al mese,
somma che il Consiglio si è impegnato
a raddoppiare quest’anno, perché raddoppiati sono anche i bisogni.
Il Centro offre a tutti la gioia di
collaborare alla sua attività con aiuti
materiali e morali, con suggerimenti e
consigli, con attività lavorative. È alla
portata di tutti essere « decinisti », se
possibile anche « centinisti »!
Centro Ev. di Solidarietà, V. Manzoni 21, 50121 Firenze, c.c.p. 5/20840.
Durante l’estate si è avuta la scuola
estiva ’72, durata 15 giorni, con corsi
sull’Evangelizzazione personale e sulla
Epistola agli Ebrei. I giovani hanno
dovuto svolgere tra l’altro un’esercitazione pratica: andare fuori e testimoniare ad almeno una persona del Signor Gesù. Erano dapprima spaventati
ma poi esultanti per questa nuova esperienza fatta nel vicino parco: hanno
realizzato quanto è bello condividere
la propria fede con gli altri.
Il 9 ottobre sono iniziati i corsi dell’anno accademico 1972-73. Il corso
normale di studi sulla Bibbia e sull’evangelizzazione, dura tre anni e si
propone di preparare quei giovani che
vogliono lavorare in una Chiesa. Gli
studenti possono avere vitto e alloggio presso la sede dell’Istituto. La retta per l’intero anno è di L. 150.000.
Dalla penna di Royal Peck (direttore
generale dell’IBE) apprendiamo che, secondo le statistiche, difficili peraltro da
controllare, gli Evangelici in Italia sarebbero circa 200.000. Sempre dalle statistiche risulta che non facciamo nessun progresso nell’accrescimento, nononostante ci siano attualmente in Italia occasioni meravigliose per diffondere TEvangelo. Secondo Royal Peck
noi dobbiamo dedicarci all’evangelizzazione « con metodi moderni e audaci », pregare per essa e organizzare la
collaborazione tra Evangelici.
Verso eoa scuoia
dooieaicale
iotegrata a Fireoze
Il concistoro delle chiese evangeliche
battista, metodista e valdese di Firenze, riunito il giorno 18 ottobre 1972,
ha votato a grande maggioranza la seguente delibera:
« Il Concistoro esprime il convincimento che la Scuola Domenicale debba essere fatta in comune fra le Chiese
Battista, Metodista e Valdese e chiede
ai monitori di formulare un piano concreto di realizzazione da sottoporre all'esame e del prossimo Concistoro e
delle Assemblee di Chiesa ».
È questo il primo passo concreto
sulla via della collaborazione e della
attività in comune che il Concistoro
compie dopo un periodo di stasi e di
ripensamento.
Adunanza battesimale
a Genova
Dalla Crociata
dell’Evangelo
Dall’Esercito
della Salvezza
Ricordiamo che una delle caratterietiche dei Salutisti è la gioia, suscitata dalla fede in Cristo. Essi invitano
con il Salmista: « Cantate al Signore
Un cantico nuovo, perché Egli ha compiuto meraviglie. E tu — dicono non
c’è proprio nulla di cui rallegrarti, nulla per cui essere riconoscente? »
Tra le attività estive dell’Esercito è
segnalato il campo internazionale, svoltosi a Bobbio Pellice, con la partecipazione di giovani provenienti da nove
paesi europei cd extra europei. Si sono
Una cosa molto importante per la
Crociata sono le carte geografiche, perché su di esse questi fratelli possono
vedere e ben dividere per la loro opera evangelistica il paese ancor da conquistare. Il numero di settembre del
Bollettino ci porta una minuscola cartina del Lazio, dove l’opera è piuttosto attiva. Lavora a Roma e collabora
con la Crociata il missionario Tom
Hodges, e poiché la Crociata ama anche le statistiche, eccone in calce al
Bollettino una sull’attività di questo
missionario:
opuscoli distribuiti 325.000
richieste di corsi biblici 350.
Corsi terminati 50
Domenica, 8 ottobre, nella Chiesa
Battista di Genova è stata celebrata la
giornata battesimale dell’anno in corso.
Nel locale di culto gremito di credenti e simpatizzanti, un gruppo di catecumeni ha testimoniato la propria
fede in Cristo Gesù col battesimo.
Oltre al pastore locale Santini, erano presenti con i rappresentanti delle
Chiese della diaspora battista ligure
gli anziani Castagnola e Guazzetti.
Ha predicato il proE Albert Craighead della Missione Battista in Italia. Egli, partendo dal capitolo VI della lettera ai Romani, ha messo in risalto quanto il Signore ha operato nella vita dei nuovi credenti, per la fede
in Cristo Gesù.
Ringraziamo il Signore per le benedizioni che accorda ai suoi figliuoli
dandoci la gioia dell’annunzio dell’Evangelo e la possibilità di portare nuove anime alla conoscenza del Suo
Amore.
La bella giornata è stata caratterizzata anche da un’agape fraterna. Nella gioia e nella semplicità circa cento
persone hanno consumato il pranzo in
comune, in un ristorante cittadino.
E. Santilli
CANTO SACRO
.Vita dei IV Distretto (tosco - laziale)
Inni proposti dalla Commissione del Canto Sacro allo studio delle Corali e
delle Scuole Domenicali in vista delle feste di canto della primavera del 1973:
I. CORALI
Nuovo Innario Cristiano N. 129 (I, 2, 3)
concistoro delle chiese battista, metodista e valdese di Firenze, di giungere
presto a una scuola domenicale integrata.
Le opere fiorentine, le sole — ma
considerevoli! — del Distretto, hanno
ripreso il lavoro a pieno ritmo con la
riapertura scolastica.
Nuovo Innario Cristiano
Nuovo Innario Cristiano
Nuovo Innario Cristiano
semiminima 76-92
N. 121 (1, 2, 3) semiminima 104-126
N. 160 (1, 2, 3, 4) semiminima 76-96
N. 240 (l, 2, 3) semiminima 116-132
Psaumes et Cantiques
Psaumes et Cantiques
N. 43 (1, 2, 3, 4) semiminima 108
N. 200 (1, 2, 3, 4) semiminima 104
II. SCUOLE DOMENICALI
Nuovo Innario Cristiano N. 27 (1, 2, 3)
Al “Gould,, dl Firenze
Il Gould da più di un mese ha ripreso le sue attività, ma solo ora, dopo la
Nuovo Innario Cristiano
Nuovo Innario Cristiano
Canzoniere di Agape
Psaumes et Cantiques
80-96
76-96
semimmima
semiminima
semiminima 88-104
(vedi nota)
semiminima 104
riapertura delle scuole, è in pieno svolgimento. I restauri, iniziati con l’im
pianto di riscaldamento, procedono
lentamente, ma con risultati apprezzabili.
I ragazzi, dopo la pausa estiva, sono
tutti rientrati. Alcuni di loro hanno
passato le vacanze in famiglia, altri
sono andati in villeggiatura, alcuni dei
più grandi hanno approfittato del periodo per fare una nuova esperienza:
sono andati a lavorale in Italia o all’estero come contadini, camerieri, operai. Per loro è stata una esperienza,
non sempre piacevole, ma utile in
quanto ha allargato la loro comprensione del mondo del lavoro, fino ad allora solo teorica.
Come conseguenza si è notato un diverso impegno nel curare la loro preparazione, un aumento delle loro responsabilità come giovani coscienti
delle contraddizioni del mondo attuale.
Il gruppo di lavoro, in parte rinnovato, è impegnato in una ricerca comune con i ragazzi per avviare tutte le
attività che fanno parte' della vita della comunità.
Tutto questo in uno spirito comunitario, per cui si sono ripresi i contatti
con il Ferretti e si cerca di interessare
le comunità evangeliche alle nostre attività.
Il gruppo del Gould
N. 65 (1, 2, 3)
N. 141 (1, 2, 3)
Alleluja!
N. 223 (1, 2, 3)
Nota: L’inno « Alleluja » sarà fornito dalla Commissione con tutte le indicazioni necessarie.
— Rimandiamo al prossimo numero del giornale altre comunicazioni concernenti gli inni e le feste di canto.
La Commissione del Canto Sacro
lllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllillllllllllllllllllllllllllllllillllllllllllllllllllllllllllllllllllllllUIIIUIIlllllllllllllllllllllI
A SAN GERMANO CHISONE
I temi sinodali presentati
e dissensi nell'assemblea di chiesa
Domenica 22 ottobre ha avuto luogo una
assemblea di chiesa durante la quale oltre un
centinaio di membri di chiesa hanno udito la
relazione dei nostri due delegati al Sinodo,
Ileana Lanfranco e Armand Beux.
La prima ha sottolineato alcuni temi dei
lavori sinodali che le sono parsi particolarmente interessanti e capaci di aiutarci nel nostro lavoro locale. La Sig.na Lanfranco ha affermato innanzitutto che il contributo dei
laici alle discussioni ed alle decisioni prese
in aula sinodale è parso particolarmente notevole ed ha spesso segnato i momenti più vivi di tutta la sessione sinodale. Il primo problema di rilevante importanza discusso dal
Sinodo in sessione congiunta con la Conferenza Metodista, è stato quello concernente
Vinsegnamento teologico. La nostra delegata
ha particolarmente rilevato quanto detto a
proposito deU’insegnamento catechetico e della necessità di giungere al termine del culto
con qualche cosa di positivo; si tratta cioè di
cercare di rendere la comunità più partecipe
e più sensibile alla predicazione. Ha rilevato,
a questo proposito, che il gruppo monitori di
San Germano ha appunto cercato di lavorare
in questo senso, nel suo campo specifico. Si
tratta di aver sempre presente che, come ha
affermato il pastore Giorgio Tourn, si fa teologia là dove due o tre persone si riuniscono
e discutono, magari con idee diverse, sforzandosi di scorgere il messaggio essenziale del testo biblico. Si tratta di promuovere la riflessione teologica nelle nostre comunità a tutti
i livello, per presentare alla prossima sessione
congiunta il risultato di tali idee e riflessioni.
Altro elemento da sottolineare il riconoscimento del pastorato femminile e di quello
« locale » («laico ») in entrambe le chiese
valdese e metodista.
Circa i rapporti con lo Stato la delegata ha
ricordato che il Sinodo ha dato mandato alla
Tavola di promuovere quelle intese con lo
Stato previste dalla legge in vista di creare
una situazione che sia compatibile con i principi di libertà e di uguaglianza anche in materia religiosa, secondo la costituzione italiana.
E’ anche stato ricordato che « dopo lunghe
discussioni e tentennamenti » il Sinodo ha autorizzato la Tavola ad iscrivere i pastori al1T.N.A.M. per l’assistenza malattia.
E’ poi stata sottolineata l’importanza delVottavo centenario di Valdo che sarà celebrato nel 1974, centenario che deve diventare occasione d’impegno per la chiesa d’oggi, in vista
della sua testimonianza nel mondo moderno.
Si è insistito sulla dimensione europea di
questo centenario.
Un cenno anche alla situazione dei valdesi
rioplatensi^ situazione che non può lasciarci
indifferenti, ed alla necessità di prendere più
a cuore Vopera svolta dalla CIOV nei nostri
istituti, in vista del reperimento di fondi e di
personale numeroso e preparato.
La Sig.na Lanfranco ha infine rilevato che
alcuni ordini del giorno sono stati discussi e
votati in modo troppo affrettato e che, soprattutto su certi argomenti, dovrebbe essere possibile di discutere caldamente in sede di comunità locale prima del Sinodo, in modo che
i delegati non abbiano l’impressione di decidere su tale o tal altro argomento come se i
membri di chiesa avessero dato loro un « mandato in bianco », per così dire.
Uno dei presenti ha anche fatto rilevare che
la sessioni congiunte del Sinodo sono risultate un po’ macchinose e lente, pur essendo
necessarie per permetterci di imparare a lavorare sempre meglio in comune, là dove
questo è possibile. E’ perciò auspicabile che
queste sessioni non avvengano con eccessiva
frequenza, ma soltanto quando alcuni problemi essenziali sono stati veramente chiariti
nel quadro delle due chiese.
La relazione del Sig. Beux è stata più criticata ed a tratti, ci pare, con ragione. Egli
ha affermato: «Innanzitutto si può dire senza tema di smentita che i lavori sinodali si
sono svolti all’insegna della divisione. Infatti
tutti gli argomenti di una certa importanza
hanno visto l’assemblea separata in due blocchi ben distinti: ’’progressisti” e ’’conservatori”. Voi sapete che ogni mattina i lavori del
Sinodo iniziano con un breve culto. Il lunedì mattina il primo culto è stato tenuto dal
pastore Giorgio Girardet, direttore di « Nuovi Tempi », fortemente ’’progressista’'. Nel
suo sermone egli ha stigmatizzato la violenza
americana ai danni del popolo vietnamita. La
sua presa di posizione è stala netta ed esplicita. Naturalmente non .tutti hanno condiviso
questo modo di predicare e soprattutto la sua
pretesa, nella preghiera, di invitare il Signore
a schierarsi dalla parte indicata da lui ».
Riconoscendo che « la politica, che lo si voglia o no, entra nelle nostre case », l'oratore
ha affermato che « è inevitabile ed anche im
prorogabile che a questo punto ci si ponga risolutamente il problema. Ma questo deve essere fatto in un’assemblea di chiesa alla quale
tutti partecipino e non nella semi-clandestinità dei corridoi e neppure nella semi-clandestinità di certi gruppuscoli o conventicole dì vario colore. Tutto questo alla luce del giorno e
soprattutto alla luce folgorante del Vangelo.
Infatti la politica di un cristiano non può
identificarsi con alcuna delle ideologìe proposte dai vari partiti o pensatori di ogni tempo ».
Se abbiamo capito bene l’intervento del nostro fratello si tratta insomma dì « far politica » impegnandosi nettamente nella vita
concreta della nostra società (per esempio occupandosi e preoccupandosi della situazione
sociale ed economica delle valli del pinerolese),
ma questo in comunione con tutti i fratelli e
per il bene comune. Non, dunque, per egoismo o con miope spirito di partito.
Parlando delle finanze della Chiesa il nostro delegato ha poi affermato : « E’ successo
un fatto veramente straordinario negli annali del Sinodo : quest’anno il cassiere ha presentato un rendiconto consuntivo in pareggio.
Ci possiamo rallegrare un po’... ma con cautela. Sì, perché questo fatto non è un vero c
proprio miracolo dovuto all’aumento delle contribuzioni, anche se un certo aumento c’è stato. Altri fattori sono intervenuti, permettendo
così l’estinzione del deficit. Ne citerò uno
solo, che è forse il più importante. Voi conoscete la storia del Collegio Valdese di Torre
Pellice e della Scuola Latina di Pomaretto:
questi due istituti dovevano essere chiusi perché, secondo taluni, non servivano più allo
scopo e, oltretutto, il loro mantenimento incideva notevolmente sul bilancio generale. Il
Sinodo 1969 decise di costituire una commissione che si occupasse della gestione anche
economica di questi istituti. Per farla breve
quella commissione ha lavorato così bene che
i suddetti istituti hanno funzionato egregiamente ed il bilancio è stato più che positivo,
sgravando in tal modo completamente la Cassa Centrale di un peso non indifferente.
« Il Sinodo invita le chiese ad aumentare le
contribuzioni del 5 per cento, e su questo possiamo essere sostanzialmente d’accordo, poiché'
il costo della vita è in netto e progressivo aumento. Vorrei però che il nostro denaro sia
speso dalla Tavola con ancora maggiore parsimonia ». A questo proposito il nostro fratello
ha fatto riferimento ad alcuni trasferimenti di
pastori ed all’utilizzazione non soddisfacente
di altri e su questo si potrà ancora discutere
fraternamente nel corso delle riunioni quartierali. G. C.
Confortata dalla fede, è mancata
alTaffetto dei suoi cari, alTetà <3i 82
anni
Teresa Formiglia
Lo annunciano le sorelle, il fratello,
i nipoti, i parenti e tutti coloro che
le vollero bene.
« Beati coloro che muoiono nel
Signore; essi si ripKJsano delle
loro fatiche e le loro opere li
seguono» (Apoc. 14: 13).
Torre Pellice, 27 ottobre 1972.
Ade Gardiol-Theìler piange la sua
carissima
Teresa
La famiglia Formiglia, commossa,
ringrazia il dott. Dnrico Gardiol per
le filiali cure, tutto il personale dell’Ospedale Valdese, il pastore R. Jahier, la C.R.I. e quanti hanno preso
parte al suo dolore.
La moglie e le figlie Vera e Dora
con le loro famiglie, commosse per le
dimostrazioni di affetto ricevute in
occasione della dipartenza del loro
caro
Ely Giovanni Long
ringraziano tutti coloro che hanno
preso parte al loro dolore, in modo
particolare il pastore Achille Deodato
e signora, i medici, le suore e personale tutto dell’ospedale Agnelli.
« Iddio riscatterà l’anima mia dal
potere del soggiorno dei morti,
perché mi prenderà con sé »
(Salmo 49: 15).
Pinerolo, 22 ottobre 1972.
6
pag. 6
N. 44 — 3 novembre 1972
Numerose vertenze di lavoro in corso in ITALIA: nelle scuole scioperi a ripetizione di insegnanti insoddisfatti per lo "stato giuridico" votato in parlamento,
in cui sarebbero attenuate le istanze in difesa della libertà d'insegnamento presenti
nel progetto di legge originario ; assemblea permanente e sciopero a oltranza alla
Pirelli di Milano, contro le riduzioni di lavoro; quarantamila marittimi in sciopero
nei porti italiani, sospensioni di lavoro degli aeroportuali — Al Consiglio generale della CISL la linea moderata di Storti vince di misura su quella di Scalia, il
quale lamenta che non vi sia stato un vero chiarimento politico — Ancora colpi
di scena per la "pista nera" ; su richiesta di due sostituti procuratori di Milano,
Alessandrini e Fiasconaro, il giudice istruttore d'Ambrosio invia avvisi di reato
a tre alti funzionari di polizia ( il vicecapo della polizia E. Catenacci, i vicequestori A. Allegra e B. Provenza, capi rispettivamente dell'ufficio politico delle questure di Roma e di Milano) per presunte irregolarità commesse nel corso delI inchiesta sulla strage di Milano; l'indomani si apprende che il p. m. Alessandrini è esonerato dall'incarico e richiamato alle sue funzioni normali in procura ;
il firmatario dell'esonero dichiara che questo non ha alcun rapporto con l'iniziativa prima menzionata; intanto circola la notizia che si starebbero compiendo
passi per spostare da Milano il processo contro Preda e Ventura — Il presidente
del Consìglio, Andreotti visita per alcuni giorni l'URSS; a conclusione degli
incontri con i capi del Cremlino, un protocollo prevede consultazioni politiche
periodiche e intensificazione di rapporti commerciali, oltre al progetto di ricerche scientifiche in comune — Un convegno nazionale esamina a Milano i primi frutti dello Statuto dei lavoratori, a due anni dall'inizio di applicazione; la
partecipazione dei lavoratori alla vita delle aziende è stata positivamente stimolata; si riscontra per altro che il diritto di sciopero non ha ancora mai ricevuto
I NOSTRI GIORNI
la regolamentazione prevista dalia Costituzione — L'Espresso » denuncia
finanziamenti abusivi e preferenziali della SIPRA (pubblicità) a certi quotidian:.
•5^ La scena internazionale è dominata daH'incalzare delle ultime (si spera) .appe
del conflitto vietnamita ^ In GRAN BRETAGNA si prospettano gravi difficoltà
di accordo nel negoziato triangoiare fra governo, Imprenditori e sindacati. ( Trade
Unions) — Dai 1° gennaio 1973, in seguito all'ingresso nella Comunità europea,
la Gran Bretagna non richiederà più a cittadini di paesi membri della CEE il permesso di lavorare per l'ingresso nel Regno unito — Le autorità sanitarie hanno
autorizzato la messa in commercio di due prostaglandine, Diproston e Dinoprost,
su ricetta, rispettivamente per determinare il parto e l'aborto; il ministro britan-^
nieo della sanità ha annunciato ai Comuni la preparazione di una serie di misure per estendere i servizi gratuiti d'informazione e di contracezione. In JUGOSLAVIA la federazione continua a essere sottoposta a tensioni : domata se non
spenta la spinta separatista croata, Tito lancia una purga (a solo livello politico)
contro i dirigenti comunisti serbi colpevoli di nazionalismo ^ Mentre continua
lo scambio di attentati terroristi ( per lo più a mezzo lettere esplosive ) fra gruppi
israeliani e arabi, desta scalpore la singolare e rapida liberazione, ad Amsterdam,
di un responsabile dell'OLP trovato alTaeroporto della città in possesso di valigie
di esplosivo, che doveva portare in Sud America; l'OLANDA, e in particolare
Amsterdam sarebbero diventate una delle più importanti basi dei guerriglieri palestinesi in Europa, tacitamente tollerata dalle autorità in cambio di garanzie per
i voli KLM: infatti la compagnia di bandiera olandese non è stata mai colpita
da dirottamenti Nel CILE lo scontro fra i due fronti prosegue fra schiarite
e irrigidimenti ; dato il rigore contro i « diffusori di notizie tendenziose », ie informazioni giungono fíltrate e spesso deformate in un senso o nell'aitro In
EGITTO il ministro della difesa è costretto alle dimissioni e sostituito con elemento più filosovietico: nelle sue strategiche oscillazioni Sadat accentua il riaccostamento airURSS, da cui spera aerei da combattimento Si è ai imiti della rottura
fra Egitto e SUDAN: anche qui gii amici di ieri non sembrano più esserlo oggi,
e Nimeiri, dopo il bagno di sangue dei comunisti sudanesi, mostra di volersi
riaccostare da un lato a Mosca, dall'altro all'Africa nera, mettendo in sordina ia
componente araba del suo paese, che tanto sangue aveva fatto scorrere nella lunga guerra civile fra nord e sud Putsch militare nel DAHOMEY, il quinto
colpo di Stato che la giovane nazione conosce dall'indipendenza, nel 1960; le
forze armate sono sempre "arbitre" nei conflitti polìtici. L'ultimo colpo di Stato
(1970) aveva portato a una soiuzlone originale: i tre candidati alla presidenza,
sostenuti ciascuno da un gruppo etnico, costituivano una sorta di triumvirato, seguiti dal rispettivi amici politici, alternandosi ogni due anni a capo del consiglio
presidenziale; l'esperimento pareva funzionare, ma al primo passaggio di presidenza, lo scorso aprile, erano iniziati dei torbidi. Il nuovo governo militare intende naturalmente riportare l'ordine. Si è notato che il putsch è scoppiato poco
prima dì una vìsita programmata del presidente francese Pompidou.
G. C.
Ricordato l’incontro e la Carta di Chivasso (1943),
cui parteciparono pure quattro valdesi
L'autonomia delle vani abine
Gli agricoltori diminoiscooo nei paesi evoioti,
aumeotano in quelli in lase di sviluppo
Nel recente convegno di Saint Vincent su « Il fascismo e le autonomie locali » {di cui r« Eco-Luce » ha dato
ampia notizia nel n. 39 del 29 settembre) è stata ricordata la riunione di
Chivasso del 1943 la cui « Dichiarazione dei rappresentanti delle popolazioni
alpine » è ancor oggi la base delle rivendicazioni autonomiste delle popolazioni alpine.
È un documento di storia recente che
è particolarmente interessante per noi
perché alla sua redazione collaborarono, durante la Resistenza assieme a tre
valdostani, quattro valdesi.
In quel travagliato periodo i contatti
fra gli autonomisti delle nostre vallate e quelli della Val d’Aosta si erano
fatti più frequenti e fu sentita la necessità di una comune linea d’azione
per la quale venne deciso un incontro
che ebbe luogo il 19 dicembre 1943 a
Chivasso. Questa città fu scelta perché
più facilmente accessibile (con i mezzi
aleatori dei trasporti pubblici di allora), sia per i valdostani sia per i vaidesi, due dei quali provenivano dalle
Valli e due da Milano.
Fu anche nella casa di un valdese, il
geom. Pons, che ebbe luogo la riunione.
Dei delegati valdostani, Page e Chanoux (quest’ultimo poi torturato e barbaramente ucciso dai nazi-fascisti), uno
era avvocato e l’altro notaio, per cui la
giustificazione della riunione, in caso di
intervento della polizia, sarebbe stata
quella della redazione di im atto notarile. I valdostani erano anche latori di
im.testo proposto dal prof. Federico
Chabod che non aveva potuto essere
materialmente presente.
La discussione sulle varie mozioni
presentate sia da parte valdese che da
parte valdostana si protrasse a lungo
in uno spirito di serena collaborazione
e si concluse con la redazione del testo
definitivo cui fu dato allora il titolo di
« Dichiarazione dei Rappresentanti delle Popolazioni Alpine » ed è ora più comunemente conosciuto come « Manifesto o Carta di Chivasso ».
Esso iniziava con la constatazione
che « i venti anni di malgoverno livellatore ed accentratore, sintetizzati nel
motto brutale e fanfarone di: Roma
doma », avevano significato oppressione jK)litica, rovina economica e distruzione della cultura locale per le nostre
vallate; affermava, come condizione
essenziale per la salvaguardia della personalità umana, la libertà di lingua e
di culto e vedeva « nel federalismo il
quadro più adatto a fornire le garanzie
di questo diritto individuale e collettivo 0; e constatando « che un regime repubblicano a base regionale e cantonale è l'unica garanzia contro un ritorno
della dittatura », elencava la natura delle autonomie, che avrebbero dovuto essere; a) politico-amministrative; b) culturali e scolastiche; c) economiche.
Siccome questi principi, enunciati 40
anni fa, sono tutt’ora validi e non sono
stati realizzati che in minima parte e
solo per alcune regioni alpine, può essere interessante riprodurre qui il testo per esteso di questa seconda parte
del « Manifesto di Chivasso »;
a) . Autonomie politiche amministrative.
1 - Nel quadro generale del prossimo stato ita
liano che economicamente ed amministrativamente auspichiamo sia organizzato con
criteri federalistici, alle valli alpine dovrà essere riconosciuto il diritto di costituirsi in comunità politico-amministrative
autonome sul tipo cantonale;
2 - come tali ad esse dovrà comunque essere
assicurato, quale che sia la loro entità numerica, almeno un posto nelle assemblee
legislative regionali e cantonali;
3 - l’esercizio delle funzioni politiche ed am
ministrative locali (compresa quella giudiziaria) comunali e cantonali, dovrà essere affidato ai elementi originari del luogo
o aventi ivi una residenza stabile di un
determinato numero di anni che verrà
fissato dalle assemblee locali.
b) - Autonomie culturali e scolastiche.
Per la loro posizione geografica di intermediarie tra diverse culture, per il rispetto delle
loro tradizioni e della loro personalità etnica, e
per i vantaggi derivanti dalla conoscenza di
diverse lingue, nelle valli alpine deve essere
pienamente rispettata e garantita una particolare autonomia culturale linguistica consistente nel :
1 - diritto di usare la lingua locale, là dove
esiste, accanto a quella italiana, in tutti
gli atti pubblici e nella stampa locale;
2 - diritto all’insegnamento della lingue loca
le nelle scuole di ogni ordine e grado con
le necessarie garanzie nei concorsi perché
gli insegnanti risultino idonei a tale insegnamento. L’insegnamento in genere sarà
sottoposto al controllo o alla direzione di
un consiglio locale;
3 - ripristino immediato di tutti i nomi locali.
c) - Autonomie economiche.
Per facilitare lo sviluppo dell’economia
montana e conseguentemente combattere lo
spopolamento delle vallate alpine, sono necessari :
1 - un comprensivo sistema di tassazione del
le industrie che si trovano nei cantoni
alpini (idroelettriche, minerarie, turistiche, di trasformazione, ecc.) in modo che
una parte dei loro utili torni alle vallate
alpine, e ciò indipendentemente dal fatto
che tali industrie siano o meno collettivizzate;
2 - un sistema di equa riduzione dei tributi,
variabile da zona a zona, a seconda della
ricchezza del terreno e della prevalenza di
agricoltura, foreste o pastorizia;
3 - una razionale e sostanziale riforma agra
ria comprendente :
a) l’unificazione per il buon rendimento
dell’azienda, mediante scambi e compensi di terreni e una legislazione adeguata della proprietà familiare agraria
oggi troppo frammentaria;
b) l’assistenza tecnico-agricola esercitata
da elementi residenti sul luogo ed aventi ad esempio delle mansioni di insegnamento nelle scuole locali di cui alcune potranno avere carattere agrario;
c) il potenziamento da parte delle autorità
locali della vita economica mediante
libere cooperative di produzione e consumo;
4 - il potenziamento dell’industria e dell’arti
gianato, affidando all’amministrazione regionale cantonale, anche in caso di organizzazione collettivistica, il controllo e la
amministrazione delle aziende aventi carattere locale;
5 - la dipendenza deU’amministrazione locale
delle opere pubbliche a carattere locale e
il controllo di tutti i servizi e concessioni
aventi carattere pubblico.
Questi principi noi rappresentanti delle Valli Alpine vogliamo vedere affermati da parte
del nuovo stato italiano, cosi come vogliamo
che siano affermati anche nei confronti di quegli italiani che sono e potrebbero venire a trovarsi sotto il dominio politico straniero.
È da notare che in tutta la « dichiarazione » non vien mai fatto specifico
riferimento né alla Valle d’Aosta né
alle Valli Valdesi, ma i convenuti si
qualificano « rappresentanti delle Valli
Alpine » poiché l’aspirazione all’autonomia è comune a tutte le popolazioni
della cerchia delle Alpi, perché simili
sono i loro problemi ed il loro modo
di vivere. Osvaldo Coisson
Il declino del numero delle persone operanti nel settore agricolo nei paesi più progrediti
andrà sempre più accentuandosi nel corso del
prossimo decennio. Peraltro, precisa la FAO in
un articolo pubblicato sul « Bollettino mensile
di Economia e Statistica Agraria », nei paesi
ad economia centralizzata la popolazione agricola rimarrà probabilmente stazionaria, mentreandrà aumentando nei paesi in fase di
sviluppo.
Tra il 1950 e il 1985 la cifra totale della
popolazione attiva in agricoltura nel mondo
aumenterà complessivamente da 694 milioni a
817 milioni di persone. Questa cifra, comunque, nasconde andamenti ben diversi e contrastanti nei tre gruppi di paesi. Per quelli
sviluppati a economia di mercato, dove la popolazione e le forze di lavoro aumentano di
circa l’IVo annuo, si prevede che la manodopera agricola diminuirà con un ritmo ancor
più rapido da 70 milioni di unità a meno di
30 milioni. Entro il 1985 solo il 2,3% della
popolazione attiva del Nord America sarà occupata in agricoltura, mentre in Europa tale
quota sarà del 9,6%, nei paesi sviluppati delYOceania del 5,2% e negli altri paesi progrediti deU’ll,l%.
^ Nel mese di agosto di quest’anno l’indice
generale dei prezzi aH’ingrosso è aumentato dello 0,7% rispetto al luglio 1972 e del
3,6% nei confronti. dell’agosto 1971. L’indice generale dei prezii al consumo è aumentato rispettivamente dello 0,6 e del 6%, mentre
l’indice generale dei prezzi al consumo per
famiglie di operai e impiegati, l’indice cioè
del costo della vita, è aumentato rispettivamente dello 0,5 e del 5,6%.
|g Lo stato di emergenza è stato nuovamente proclamato nella Sierra Leone, una piccola repubblica africana all’estremità dell’arco guineano. Il premier ha parlato di armi
circolanti clandestinamente nel paese e di voci
intimidatorie diffuse tra la popolazione.
I Secondo informazioni pervenute dal Mercato del Caffè di New York, a Londra, i
produttori di caffè dell’America centrale si
stanno coalizzzando per rifiutarsi di vendere
il caffè ad un prezzo inferiore ai 56 centesimi
di dollaro la libbra.
gl Si è aperta l’edizione autunnale della fiera di Canton, caratterizzata da un’eccezionale
affluenza di visitatori e operatori economici
stranieri : funzionari cinesi hanno detto che
in questa città di due milioni di abitanti non
vi è più una camera d’albergo libera tanto
che a molti visitatori è stato chiesto di dividere la loro stanza con altre persone.
H Un uragano, « Bebe », ha investito l’arcipelago delle Fiji, nel Pacifico; numerosi i morti e oltre tremila i senza tetto.
I La Germania orientale ha nuovamente presentato domanda di ammissione
all’ONU come « membro di pieno diritto ».
LA SVIZZERA E
LA REPUBBLICA
DI PLATONE
Nell’art. « Riflessicmi su Mattmark » (v. il num.
preced. di questo
settimanale) abbiamo riportato il parere di Antonio Cambino, secondo il
quale la sentenza della corte d’appello di Sion sarebbe da considerarsi un
avvenimento non « incredibile », ma
« credibile ».
Al dilà del « credibile » c’è il « prevedibile », e le ragioni d’una « prevedibilità » (e quindi d’una « credibilità ») possono esser tante. Così ad es.
un nostro amico di Zurigo, dopo l’avvenuta sentenza, ci ha scritto (profondamente addolorato e scandalizzato):
« Si sa che nel Cant&ne del Valiese c'è
la “mafia”, e siccome numerosi ingegneri del cantiere sono cittadini del
Valiese, così si prevedeva questo
esito ».
Noi non escludiamo, nel fatto specifico che torna a disonore della nazione e della società svizzera, una motivazione anche di carattere campanilistico come accennato dal nostro amico (Un regionalismo secolare e troppo spinto può verosimilmente generare parzialità anche gravissime), ma
crediamo che la critica del Cambino
colga molto più profondamente ed essenzialmente nel segno.
Infatti il Cambino (nello stesso art.
pubblicato su « L’Espresso » del 15.10.
1972) giustifica come segue « il secondo motivo per cui appare assurdo stupirsi della decisione dei giudici svizzeri » e cioè che quella decisione « rispecchia fedelmente la politica di quel
paese nei confronti dei lavoratori stranieri ».
« Non si tratta esclusivamente della
tristezza, per il milione scarso di operai stranieri (il 60 per cento dei quali
è composto da italiani), di vivere, nella grande maggioranza dei casi, lontani dalle loro famiglie, in un paese diverso, sottoposti ad occasionali, ma
non tanto sporadici, scoppi di razzismo. Il problema fondamentale è quello del loro sfruttamento sistematico e
strutturale. È stato infatti principalmente grazie al continuo apporto di
Echi della settimana
a cura di Tullio Viola
mano d'opera straniera che la Svizzera ha potuto sostenere, dalla fine della
guerra in poi, un boom costante. Ed
a questa espansione gli emigrati non
hanno fornito solo la necessaria riserva di lavoro, ma, per quanto possa apparire paradossale, anche i capitali.
Perché la competitività delle aziende
svizzere e, quindi, i loro profitti, la
loro possibilità di autofinanziamento,
e più in generale il benessere di tutto
il paese erano e sono strettamente collegati al fatto che gli operai stranieri
provvedono una mano d'opera non solo relativamente a buon mercato, ma
allo stato puro, cioè non gravata quasi per nulla da tutti i costi rappresentati dalle infrastrutture sociali.
Tale situazione ha la sua espressione più evidente negli stagionali e nei
pendolari di frontiera che, per legge,
non hanno il diritto di portare nel
paese ospite altro che le loro braccia
da sfruttare. Ma anche nel caso di lavoratori con diritto di residenza il
quadro non si presenta, come s’è accennato, molto diverso. Perché anche
questi, dominati dall'idea d’un più rapido risparmio, preferiscono lasciare
le famiglie al dilà del confine. Il risultato è che gli stranieri presenti in
Svizzera, mentre rappresentano il 18-20
per cento della popolazione, costituiscono invece circa un quarto della forza di lavoro complessiva. Forza di lavoro che inoltre, com'è facile prevedere, è concentrata in maniera prevalente in alcuni settori, non certo i più favoriti: nell'edilizia raggiunge infatti i
due terzi, nlel'industria i due quinti.
Se a questo sfondo si aggiunge un
ultimo elemento, e cioè che gl'investimenti svizzeri all'estero vengono calcolati tra i 70 e i 100 miliardi di franchi e che questo significa che nelle
aziende di capitale elvetico lavorano
oggi, in decine di paesi, oltre tre milioni di altri operai, la conclusione a
cui si giunge è che la Svizzera si avvicina a realizzare lo schema della Re
pubblica di Platone, in cui chi lavorava manualmente
non aveva diritto al
voto, mentre votavano solo coloro
che svolgevano ocupazioni m eno
materiali e più “nobili". E si capisce
anche perché i giornali svizzeri abbiano, quasi senza eccezione, riservato solo poche righe di notizia, senza commento, alla sentenza di Sion. La morte
di un centinaio di “sottouomini" non
meritava infatti maggiore attenzione.
Questo non vuol dire affatto che i
giudici svizzeri non si siano comportati in maniera spregevole. Ma, appunto
per questo, peiiettamente “credibile",
assolutamente degna dell'epoca in cui
viviamo ».
I LADRI AVRANNO
LA BIANO TAGLIATA
« Le persone di più di diciotto anni, riconosciute colpevoli di furto in
Libia, saranno d'ora in poi soggette all'antica legge islamica: verrà loro tagliata una mano in seguito ad un furto, una mano ed un piede in caso di
recidiva o di brigantaggio tipico. Questa decisione è stata presa mercoledì
li ottobre dal Consiglio della rivoluzione libica.
La Libia repubblicana è il secondo
paese musulmano, dopo l'Arabia Saudita, ad allineare il proprio codice penale sulla legge coranica. Tuttavia in
Arabia Saudita, da alcuni anni, la pena della lapidazione per una donna
adultera, e quella dell'amputazione per
furto vengono applicate raramente ».
(Da « Le Monde » del 13.10.’72).
DECADENZA
«Il regime parlamentare in Francia è morto. Il sig. Messmer fa la voce grossa, il presidente della Repubblica va in collera: ma ciò non serve a
niente. Quel regime è morto, perché le
sue funzioni sono ridotte quasi a zero. Gli scandali non lo raggiungono più
neppure, perché, come si usa dire, “è
impossibile sporcare la veste bianca
d'un fantasma" ».
(Inizio d’un articolo di Pierre Marcilhacy, senatore della Charente, pubblicato da « Le Monde » del 17.10.’72).
Nei paesi a economia centralizzata le forze
di lavoro agricolo sono diminuite dal 73,7%
sul totale delle forze di lavoro nel 1950 al
55,8% nel 1970 e si prevede che questa cifra
si ridurrà ulteriormente a circa il 43,8% entro il 1985.
In contrasto con ciò, si ha ragione di ritenere che nei paesi in fase di sviluppo si registrerà un considerevole incremento delle forze di lavoro agricolo, che passeranno da 344
milioni nel 1950 a 490 milioni nel 1985. Anche se l’importanza deH’agricoltura diminuirà
in questi paesi, tale settore sarà sempre la
maggior fonte di occupazione nel 1985.
(da “Il Corriere UNESCO").
Illllllillllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllll
Istituito il nuovo corpo
Guardie ecologicbe
Il gruppo delle guardie ecologiche è stato
ufRcialmente costituito neirambito del t?orpo delle guardie zoofile deH’ente nazionale di
protezione animali (ENPA).
Al nuovo gruppo, che costituisce una specializzazione interna del corpo delle guardie zoofile, verranno assegnati di preferenza i compiti di scoprire e denunciare gli abusi e le
infrazioni alle leggi e ai regolamenti con tro
gli inquinamenti e le alterazioni delTambiente.
Al gruppo delle guardie ecologiche verranno
pertanto ammessi quegli esperti (laureati in
medicina, biologia, veterinaria, chimica, agricoltura, scienze naturali, accademici del c'iib
alpino, naturalisti, ecologi) già in possesso di
conoscenze specifiche necessarie alTespletamento di questi singolari compiti di vigilanza.
Le guardie ecologiche, esperte in immersioni
subacquee — informa l’ENPA — documenteranno inoltre i danni, quasi sempre gravi,
della pesca con reti a strascico e delFavvelenamento marino.
Come le altre guardie zoofile dell'ENPA,
anche le guardie ecologiche saranno agenti di
polizia giudiziaria, saranno armati di pi-^mla
0 rivoltella, opereranno in divisa o in borghese e agiranno in stretta collaborazione con
1 veterinari provinciali e gli uffici sanitari locali, ai cui lavoratori di analisi forniranno i
reperti (campioni di acqua, di terreno, di sostanze varie) da esaminare.
Alla decisione di istituire le guardie ecologiche, TENPA è giunto per due ordini di
motivi. La sfrenata e irresponsabile contaminazione delPambiente con sostanze tossiche;
la progressiva distruzione dell’« habitat » naturale sotto la pressione di una speculazione
edilìzia scarsamente controllata e sempre più
aggressiva, mettono in pericolo ogni giorno di
più la vita degli animali allo stato libero ed
il patrimonio zootecnico.
« I compiti protezionistici dell’ente — conclude la nota dell’ENPA — non potrebbero
pertanto essere attuati con efficacia se le fonti di inquinamento e di alterazione non venissero scoperte ed eliminate. In secondo luogo
l’istituzione del gruppo di guardie ecologiche
vuole essere una tangibile dimostrazione della
volontà dell’ENPA di partecipare concretamente. alla salvaguardia del mondo in cui viviamo ».
H Si tiene dal 22 al 24 ottobre un convegno parlamentare italo-jugoslavo suU’inquinaniento dell’Adriatico allo scopo di studiare, di
comune accordo, i mezzi più adatti alla salvaguardia dell’ambiente in un mare che, per lo
scarso ricambio e per l’alta densità della popolazione lungo le sue coste, è particolarmente
esposto agli inquinamenti.
iiiiMiiiiiiiiiiiiimMiitmiMiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiMimiiiiiiimiiimin
I cinesi e il disarmo all'ONII
H Nel dibattito sul disarmo alla commissione politica delI’ONU il rappresentante cinese ha riaffermato l’opposizione di Pekino alla proposta, di iniziativa sovietica, di una
( conferenza mondiale per il disarmo » : con
l’attuale monopolio nucleare delle due superpotenze tale conferenza non sarebbe che la capitolazione degli altri paesi; le due condizioni che Pekino pone per una conferenza per
il disarmo sono: 1) ciascuna delle potenze nucleari si impegni a non usare per prima queste armi, in qualsiasi circostanza, e 2) siano
eliminate tutte le forze o basì militari mantenute dalle potenze nucleari in altri paesi.
Direttore responsabile: Gino Conte
Reg. al Tribunale di Pinerolo
N. 175 - 8/7/1960
Coop. Tip. Subalpina - Torre Pellice (Torino)