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DELLE YALLT VALDESI
Settimanale
della Chiesa Valdese
'' Gettate lungi da voi tutte le vostre trasgressioni per le quali avete peccato, e fatevi un cuor nuovo e uno spirito nuovo
Anno LXXXIX - N. 11
Una copia Li ce 30
ABBONAMENTI |
Eco: L. 1.200 per Tintemo
L. 1.600 per l’eatero
Eco e La Luce: L. 1.800 per l’interno
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il Grappo
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TORRE PELLICE - 13 Marzo 1959
Ammin. Claudiana Torre Pellice - C.C.P. 2-17557
I nostri Catecumeni
sono preparati
alla vita cristiana ?
Ho riletto su un numero dell'Eco
del 1954 un interessante articolo sul
« Catecumenato » di L. A. Vaimal.
L. A. Vaimal nella sue noterelle critiche toccava diversi problemi riguardanti il catecumenato, ma al centro
della sua preoccupazione stava la
constatazione che l'istruzione catechistica, come oggi viene fatta in quasi
tutte le nostre chiese, è una istruzione che si riferisce essenzialmente alla
« conoscenza », mentre cade in lato
totalmente secondario la formazione
etica del giovane catecumeno. Lo
scrittore si domandava se il metodo
della istruzione intellettualistica era
davvero il migliore per preparare dei
giovani alla celebrazione della S. Cena ed al loro inserimento nella vita
della Comunità e la risposta, sottintesa, era evidentemente negativa.
Oggi, a cinque anni di distanza,
l'articolo di L. A. Vaimal conserva
tutta la sua attualità. Se prendiamo
gli ultimi testi di catechismo (ne sono
usciti tre nel giro di pochi anni) vediamo che in nessuno di essi v'è una
preoccupazione di carattere etico. Eppure tutti sappiamo quanto è difficile
stabilire un rapporto chiaro fra le affermazioni della fede in Gesù Cristo
nostro Salvatore e l'impegno cotidiano della nostra vita. Quanto più diffìcile sarà questo per dei giovani che
sono ancora all'inizio della loro vita
spirituale.
AAi domando se il modo stesso col
quale i catecumeni vengono oggi
istruiti non faciliti in loro l'equivoco
di una frattura fra fede e vita.
Ritengo quindi del tutto valide le
osservazioni di L. A. Vaimal e credo
che qualche cosa vada riveduto nella
nostra istruzione catechistica.
Forse il timore di cadere in grette
casistiche e la difficoltà di dare un
chiaro ed efficace insegnamento di etica cristiana conduce alla carenza gravissima sopra accennata.
Ci avviciniamo al periodo delle
Confermazioni. Circa 200 giovani alle
Valli, fra qualche giorno, diranno il
loro « sì » alla promessa formulata
dalla liturgia della Confermazione.
Credo che per ogni Pastore questo
tempo sia ricco di preoccupazioni : ormai l'istruzione catechistica è terminata ; che cosa abbiamo saputo dare ai
nostri catecumeni? Cosa hanno ricevuto da noi? Quanti fra essi sono sinceri nella loro decisione di confermazione? Quanti sono succubi del tradizionalismo? Quante domande che
ogni Pastore pone con particolare ansia davanti al Signore in preghiera.
Ma queste domande non riguardano solo i Pastori : sono anche le domande di tutti i genitori ; non debbono essi domandarsi in questi giorni •
cosa abbiamo dato ai nostri figli in
questi anni? Li abbiamo preparati al
combattimento della vita cristiana? Li
abbiamo aiutati a trovare la pace e la
gioia di Cristo? Li abbiamo condotti
a considerare la vita con la serietà dovuta?
Di responsabilità in responsabilità
il problema si allarga e diviene anche
il problema della chiesa tutta -, di questa chiesa che anni fa ha partecipato,
cori la sua presenza, al Battesimo di
questi catecumeni allora fanciulli, che
ha, mediante il Battesimo, annunciato
l'amore redentore di Dio in Cristo Gesù, che ha preso l'impegno, insieme
ai genitori, di dare, a questi figli dell^
Chiesa i segni della presenza dello
Spirito Santo.
Oggi dobbiamo circondare in modo particolare i nostri catecumeni confermandi con amore, dobbiamo far
sentire loro la nostra gioia di accoglierli più intimamente nella grande
famiglia della Chiesa e dobbiamo dedicare questi giorni che ci separano
dalla loro confermazione alla intercessione per loro, chiedendo al Signore
di renderli pienamente coscienti della
grazia che in Cristo Gesù hanno ricevuto e della importanza del passo che
essi compiono rispondendo a Colui
che li chiama a far parte del Corpo di
Cristo.
F. SOMMAMI
I orÉamenlo riislrelluale è baono
Il doff. Ribet espone la sua esperienza di membro della Tavola,
ma piecisa che non si fraifa del parere ufficiale della medesima
« Selon nous tout systhème ecclésiastique est légitime et susceptible de
porter de bons fruits, quand il garantit à la Société ces deux éléments essentiels: Tordre et la liberté.
Si, ces conditions existant, le systhème ne réussit point, c’est à la manière dont il est appliqué qu’il faut
surtout s’en prendre. Voilà l’oeuvre à
accomplir avant toute autre ».
Queste parole del pastore Jean Pierre Melile hanno quasi un secolo, es
sendo state scritte nel 1872, ma mi
sembrano perfettamente valide ed attuali ancora oggi, come, in fondo sono valide ed attuali in qualsiasi momento della vita di organismi eccle
siastici e più generalmente, della So
cietà in senso lato.
In un campo più ristretto e con un
riferimento più preciso, Taffermaziorie del Pastore Melile appare meritevole d’esser ricordata in relazione a
certe polemiche post-sinodali circa il
funzionamento del Sinodo e a talune
proposte di modificare, più o meno
sostanzialmente, gli ordinamenti della nostra Chiesa Valdese.
Personalmente r'tengo che i nostri
ordinamenti sono in complesso, ottimi e che il collaudo, che hanno avuto
attraverso i secoli è stato del tutto
favorevole.
Questo non significa affatto staticità e immobilismo, pè che non si debbano apportare ritdfcchi per migliorare taluni particolaiS ; ma vorrebbe ricordare a coloro ctò, forse troppo facilmente, i ntenderebbero modificare
di qua, tagliare di là, aggiungere da
un’altra parte ancora, che il nostro
ordinamento ecclesiastico costituisce
un insieme di norme e di situazioni
molto delicate; che non è solo una
raccolta di regolamenti ma è Tespres
sione viva di principii ecclesiologici
manifestatisi e maturati attraverso
una evoluzione di eventi di eccezionale complessità, che hanno dato alla nostra Chiesa la sua caratteristica
di chiesa presbiteriana sinodale, in
cui le autonomie delle singole comunità si inseriscono nella cornice di
una unità ecclesiastica che è la Ghie
sa Valdese nel suo insieme. E’ quindi
necessario andar molto cauti, e — se
guendo il saggio consiglio di Jean
Pierre Meille — esaminare attentamente se non sia opportuno, prima
di modificare il « sistema », « s’en
Una sentenza che non convince
Un furto è stato commesso nella sede della « Comunità di Cristo » di Padova. Un tale è imputato di averlo
commesso e il processo a suo carico
vien celebrato nel tribunale di Padova.
(Vedi Stampa 24 u. s.). Il Pastore della Comunità ed un suo collaboratore,
invitati a dare la loro testimonianza
si rifiutano di pronunziare il giuramento di rito per motivo di coscienza,
perchè l’Evangelo di San Matteo 5; 34
lo vieta....
Conclusione: I due testimoni, processati per direttissima, sono condannati a pagare una multa di L. 6.000
ciascuno e Timputato è assolto.
Malgrado tutto il rispetto che voglio nutrire per il tribunale giudicante,
non ho l’impressione che una simile
sentenza faccia fare troppo bella figura alla giustizia.
♦ * *
Nessuno ignora più al giorno d’oggi l’importanza attribuita alla obbiezione di coscienza in settori sempre
più vasti del mondo cristiano, sia cattolico che protestante. I tempi delle
persecuzioni dei Quaccheri in Inghilterra sono lontani. Tanto si ostinarono a non voler prestare giuramento e
a non voler fare il servizio militare e
svariate altre cose, che alla fine li lasciarono stare. Tutti sapevano d altronde che il’ semplice « sì » di un
Quacchero valeva più del giuramento
di un altro e che la sua coscienza inflessibile come l’acciaio serviva la patria meglio delle poche schioppettate
ch’egli avrebbe potuto sparare. Gli stati dove si trovano questi ed altri obbiettori di coscienza non possono certo
seguire in massa il loro letteralismo
religioso pietista e gretto, ma in generale li rispettano e concedono loro « libertà di coscienza ». Li rispettano perchè in questa gente che si ostina a restar fedele alla propria coscienza religiosa, anche a costo di pagar di persona e di pagar caro, c’è un valore di
cui la società ha bisogno e che oggi,
nel mondo è piuttosto raro. Di questo
« rispetto », mi sembra di non veder
traccia nella sentenza di Padova.
Capisco le esigenze anche di forma
a cui è legato il giudice che celebra
un processo. Ho dovuto un giorno fungere anchio da testimone e feci presente al giudice la difficoltà che quei
tali passi dell’Evangelo costituiscono
per la coscienza di un credente. Egli
insistette come quello di Padova ed allora io ripetei dietro a lui le parole
di prammatica, pago di aver detto
quello che esigeva la mia coscienza.
Quel Pastore Evangelico di Padova è
stato più deciso e coerente di me.
Non posso, sul piano ideale sul quale
ogni fatto religioso deve essere considerato, dire che egli abbia fatto male.
E le esigenze della legge'? Evidentemente anche la legge qualche volta
dovrebbe poter essere interpretata un
po’ più secondo lo spirito e un po’
meno secondo la lettera!
Capisco anche il punto di vista di
chi affermerà che bisogna dare al giuramento che si fa in tribunale un significato diverso di quello di cui parlava Gesù. Con la casistica lo si può
dimostrare così come si possono dimostrare tante altre cose. Ma forse,
ai fini del Regno di Dio che la cristianità vuole a poco a poco stabilire sulla terra, {una tale funzityrie della Chiesa non è riconosciuta da tutti - n. d. r.)
la grettezza letteralistica e quadrata
del pietista obbiettore di coscienza,
vale di più di tante sapienti casistiche
di cui è pieno il mondo.
E che cosa dovevano fare allora i
giudici di Padova?
Non lo so, ma credo che mettendo
meglio a frutto quei talenti che sono
un vanto non dubbio dei nostri magistrati italiani, avrebbero potuto cavarsela un po’ meglio e darci una sentenza più aderente a quello che è lo
« spirito » delle leggi e che non offrisse la tentazione di antipatici confronti con quella di un processo di
venti secoli or sono e per la quale come tutti sanno — il vero imputato
andò assolto, mentre che salì in croce
l’Innocente che molti considerano anche oggi come il primo obbiettore di
coscienza.
Enrico Ghymet
prendre à la manière dont il est applique ».
IVIembri della Tavola
Capi Distrello
Con particolare riferimento al problema messo a fuoco da Shahor: Autonomia distrettuale (Eco del 16 gennaio) e da L. C. Autonomie — Distretti — Sovrintendenti (Eco del
20 febbraio) mi permetterei di fare alcune considerazioni, precisando
fin d’ora che, pur riconoscendo che le
soluzioni proposte hanno aspetti positivi, non mi sento d’accordo con le
conclusioni alle quali pervengono gii
articoli sopra citati perchè — almeno
a mio modesto avviso — gli inconvenienti sarebbero assai più grandi che
non i miglioramenti
La sostanza delle modifiche proposte da Shahor e da L. C. è che l’attuale ordinamento per il quale i Pastori Membri della Tavola, sono anche
Sovrintendenti Distrettuali, va mutato, sdoppiando le cariche suddette ed
eventualmente riducendo il numero
dei pastori membri della Tavolali problema di fondo sembra essere
questo, anche se altri aspetti della
questione, quali la autonomia dell?
Chiese, i bilanci dei Distretti, la circoscrizione territoriale dei Distretti
stessi, abbiano notevole importanza.
Molte persone sostengono che i
Pastori membri della Tavola, Sovrintendenti Distrettuali e salvo casi
.- eccezionali -ocaiduttori- «h«Coniumtàr,-
sono troppo oberati di lavoro, talché
le Chiese dei singoli distretti non possono essere sufficientemente seguite
e razione del Sovrintendente, che dovrebbe essere coordinatore, animatore
e vigilatore del bucn ordine nel suo
distretto, non sempre può esplicarsi
con la desiderata intensità ed efficienza.
Indubbiamente c’è del vero in questo, e concordo pienamente sulla esigenza di rendere più facile l’azione
del Capo distretto, per dare maggiore impulso e consistenza alla vita distrettuale; ma ritengo che non sia
opportuna la ricerca della soluzione
di questi problemi nelTaffidare a due
persone diverse l’incarico di membro
della Tavola e di Capo Distretto.
Nella attività ecclesiastica, come è
concepita e attuata nella nostra Chiesa, non vi è una separazione netta tra
i problemi di carattere amministra^
tivo e finanziario e quelli di carattere
organizzativo e spirituale; tutti i vari atti della vita delle nostre comunità sono collegati così strettamente
gli uni agli altri che appare praticamente impossibile una ripartizione
di compiti e di attribuzioni, assegnando un settore della attività al pastore membro della Tavola e un altro
settore al pastore Capo distretto.
Nè d’altra parte sembra opportuno
creare un altro gradino nella nostra
gerarchia, quello del Capo Distretto
che dovrebbe — se ho capito bene
quanto propone L. C. riferire poi alla
Tavola — Corre ormai il settimo anno
-iaEcr -, f segue-a pagina'4^
Tra la paura
e la speranza
Così Tibor Mende, noto giornalista
e saggista ungherese naturalizzato
francese, intitola una sua opera recente che ci ripromettiamo di presentare presto ai nostri lettori; tra la
paura e la speranza di fronte ad un
futuro misterioso ma urgente.
Sta costituendosi tutta una letteratura, su questo tema così palpitante
nella nostra epoca atomica; ed è su
questo tema che un altro giornalista
e saggista, elvetico, ha presentato ai
venerdì letterari delTA. C. I., al Carignano di Torino, una conferenza, attesa e vivamente seguita : « Fissione
degli atomi e fissione delle coscienze ».
Si tratta di Robert Jungk, l’autore,
forse già noto ad alcuni lettori, di due
c-pere di grande risonanza intemazionale. tradotte anche in italiano per
la Casa Editrice Einaudi : « Il futuro
è già cominciato » e « Gli apprendisti
stregoni». Sono titoli trasparenti E
sono opere che fanno pensare, che
svelano tutta la distretta umana a cui
forse andiamo incentro, ma che soprattutto ha già tormentato, senza
che lo sappiamo, tanti degli scienziati noti o ignoti che in pochi decenni
hanno rivoluzionato la vita associata con le loro sconvolgenti scoperte.
Ci siamo ormai quasi abituati a leg
gere sulle colonne dei nostri giornali
gli annunzi più stupefacenti, relativi
a queste scoperte procedenti senza so
ste: la partenza di missili dalle incastellature di lancio di Cape Canaveral
sono diventati spettacolo quasi abituale, sui giornali, sui teleschermi, nei
documentari cinematografici; repcrters pieni di brio cercano di spiegarci in un minimo di parole quel che
avviene nei laboratori di Los Alamos,
0 di immaginare quel che si verifica
nelle misteriose regioni siberiane. Ma
solo ogni tanto si avverte, in questa
ridda quasi entusiastica, che qualcosa
s’incrina. Molti ricorderanno che nell’estate scorsa uno scienziato atomico,
incapace di resistere al pensiero della sua corresponsabilità, si è tolto la
vita; ed è stato solo l’ultimo anello
di una ormai lunga catena. Quanti
sono già stati gli scienziati che, proprio perchè in grado di valutare tutta la portata terribile delle scoperte
cui hanno contribuito hanno in un
modo o nell’altro lanciato al mondo
un tragico grido d’allarme. E’ bene
che lo avvertiamo; che non ci lasciamo soltanto sbalordire da quello che
1 piccoli uomini riescono a fare — ed
è straordinario! — ma che avvertia
mo anche la sofferenza che questa conoscenza e questa potenza porta con
sè ; « apprendisti stregoni » che muovono un mondo misterioso ma non
sanno più frenarlo. I libri di Jungk
sono appunto il sobrio, obiettivo, direi quasi « scientifico » romanzo di
questi apprendisti stregoni, che scoprendo la « fissione degli atomi » non
hanno saputo evitare (quanto più umani erano) la « fissione delle coscienze ».
E’ questo che lo Jungk ha detto, a
Torino. Ma il tono della sua conferenza, secondo quanto ha riferito La
Stampa, è stato sereno; almeno, egli
ha rifiutato un pessimismo ad oltranza, assoluto, come se la nuova situazione in cui il mondo è venuto a trovg,rsi, fosse disperata e senza uscita,
una cliina fatale verso lo sfacelo, su
cui non è possibile fermarsi nè diri
gersi coscientemente.
Ed ha fondato questa speranza sul
risveglio spirituale e morale degli
scienziati, molti dei quali sembrano
essersi ripresi dopo l’abbagliante miraggio della prima sco^rta. Ha ricor
dato le molte dichiarazioni ( fra le prime quella di Lord Russel, l’ultimo documento firmato da Einstein), i convegni di scienziati atomici, da cui appare che « la coscienza non cammina
più da sola, ma va di pari passo con
la filosofia e la religione». Anche l’opinione pubblica, fino a poco fa del
tutto pas.siva, spettatrice sbalordita o
apatica degli .sconvolgenti avvenimenti dell’ora, sembra ridestarsi a
poco a poco, in strati sempre più larghi, ad una maggiore coscienza. Per
cui l’oratore ha concluso : « Ecco perchè lo vi dico, con tranquilla coscienza, che la guerra non ci sarà. E, anche se non è che un’illusione, aggiungo: bisogna predicare la luce, pure se
la luce stenta ad uscire dalle tenebre.
Bisogna credere nella salvezza. La fede ci salverà».
Si può essere grati per queste serene parole di speranza e di fiducia, anche se il loro ottimismo può lasciare
perplessi. QuaTè la fede che ci salverà? Ignoriamo la fede di Jungk; sappiamo però che solo la fede in Cristo
ci salverà. Che boria, questi cristiani!
- si dirà forse. Noi rispondiamo piuttosto: Che responsabilità! g. c.
La Chiesa luterana del Tanganika,
che conta 115.000 membri, ha eletto
il suo primo presidente africano. Tale Chiesa è sorta dall’opera missionaria della Chiesa luterana dell’America del Nord e dalla Missione di
Lipsia.
2
2 —
L'ECO DELLE VALU VALDiSI
T'
Ricordando Ernesto Comba
IL PROFESSORE
Il mio ricordo del Professore Ernesto Comba come Docente risale al lontano 1919, quando la nostra Facoltà
di Teologia, dopo la parentesi della
prima guerra mondiale, riaprì le sue
porte nell’antico Palazzo Salviati, a
Firenze, per accogliere un gruppo considerevole di studenti di varia età. La
Facoltà riprendeva con slancio la sua
opera. Il Prof. Luzzi. insegnante di
teologia sistematica, ormai alla fine
della sua carriera, era il Decano ammirato e un poco temuto, e destava i
nostri entusiasmi per le sue lezioni
sulla (1 didachè », sull’insegnamento,
cioè, di Gesù negli Evangeli sinottici.
11 Prof. Rostagno, ormai nella piena
maturità degli armi e deH’esperienza,
trasfondeva nelle sue lezioni di teologia pratica tutte le ricchezze del suo
animo di predicatore e di pastore; e
con le sue lezioni di storia accendeva
nei nostri animi un amore per la Chiesa antica, che nulla potè mai attenuare.
11 Prof. Ernesto Comba era il più
giovane dei tre, ma ormai nel pieno dominio delle sue non comuni capacità didattiche e delle sue discipline. Egli era succeduto nel 1913, a soli
33 anni, al Prof. Enrico Bosio, nella
caneara di teologia esegetica, ed insegnava in quegli anni Introduzione biolica ed esegesi dell’Antico e del Nuovo Testamento. Queste discipline creano sovente inattese difficoltà nei giovam studenti, che si vedono posti improvvisamente di fronte ai metodi di
indagme ^ico-storici, i quali rivoluzionano senza tanti complimenti le conoscenze bibliche alquanto generiche,
che hanno ricevute nelle comunità.
Chi scrive non era accessibile a crisi
di questo genere, e la iniziazione alla
moaerna scienza biblica sotto la guida
di Ernesto Comba fu per lui come una
illuminazione, un’apertura di orizzonti nuovi, in cui la Bibbia si articolava.
Si schiariva, rivelando una ricchezza
inattesa di signihcato.
Trasferitasi la Facoltà a Roma e ritiratosi dalTmsegnamento il Prof. Luzzi, Ernesto Comba gli succedeva nel
1923 nella cattedra di teologia sistematica, che tenne fino alia sua emeritazione nel 1950.
Come sistematico, il Prof. Comba
era un discepolo del teologo svizzero
Gastón Frommel. Come tutti i teologi
della sua generazione egli era profondamente preoccupato della necessità
di presentare il messaggio cristiano
agli uommi del nostro tempo, facendo
appello a quello che vi è di indistruttibile nella loro coscienza del divino.
Ernesto Comba vedeva questo fondamento nella coscienza dei dovere. Egli
pensava che nessuna teoria può spiegare interamente quella singolare coscienza che abbiamo di essere obbligati a qualche decisione semplicemente perchè doverosa, finché non riconosciamo m quella coscienza di obbligazione l’espressione di una Volontq
maestosa, a cui possiamo forse ribellarci, ma che siamo costretti a rispettare anche nella nostra ribellione. Come Frommel egli riconduceva l’uomo
cisperso e scettico di oggi alia presenza di Dio, avvertendolo che Dio si
rivolge a lui nella « esperienza imposta » della obbligazione morale. L’uomo non può non riconoscere Dio nella
maestà del dovere, ma in realtà Dio
10 tiene e lo domina, e tale è la verità stessa dell’uomo, la « vérité humaine » : l’uomo è l’essere che Dio afferra
e soggioga con la sua maestosa volontà morale. Non è quasi necessario ricordare, che questi pensieri risalgono,
attraverso una interpretazione teologica molto libera, al più venerabile dei
filosofi moderni, Emanuele Kant.
Naturalmente per Ernesto Comba,
come per Frommel questo riconoscimento di Dio nella maestà del dovere
non era che il punto di partenza; era
11 gancio, si direbbe, per attaccare un
più lungo discorso. L’esperienza del
dovere non ricopre tutto il contenuto
della fede cristiana, che è quello rivelato nella Bibbia, consacrato dalla fede della Chiesa nei secoli, e che si avviva in ognuno di noi quando viene
rivissuto nella « esperienza cristiana ».
Di questo ricco e complesso contenuto biblico e storico erano pieni i corsi
che Ernesto Comba professava dalla
sua cattedra ; teologia biblica del Nuovo Testamento, storia del dogma, dogmatica, simbolica, apologetica e pole
mica. L’attento esegeta delle Scritture che egli era stato nel suo primo decennio di insegnamento si prolungava
nei corsi del professore di teologia sistematica, che ormai spaziava nella
teoria, non sempre chiara e serena,
dello sviluppo dogmatico cristiano.
Di questa chiara fede evangelica, di
questa informazione storica e teologica crescente negli anni, abbiamo un
esempio nella sua esposizione, più volte ristampata de La religione cristiana,
nel volume dedicato al confronto tra il
Cristianesimo e Cattolicesimo Romano, nei brevi, densi volumetti della
Storia letteraria della Bibbia, scritti in
collaborazione con Teodoro Longo, e
in molte altre pubblicazioni minori.
Aveva pure raccolto, dalla eredità di
suo Padre, il Prof. Emilio Comba, un
profondo amore per la storia della nostra Chiesa; e le sue due opere, più
volte ristampate, la Storia dei Valdesi
e la Breve storia dei Valdesi restano
un modello non ancora sostituito di
esposizione oggettiva, e al tempo stesso compenetrata della dignità cristia-j
na di questa storia. I
Ernesto Comba non concepiva la
sua vocazione professorale come racchiusa nei limiti della sua cattedra alla Facoltà, ma come una funzione di
guida, da esercitare nella Chiesa, con
le conferenze e le lezioni pubbliche,
con la stampa, con la partecipazione
attiva alle sessioni sinodali.Diresse per
vari anni La Luce, mantenendolo in
una linea di fermezza evangelica senza aggressività anticlericale. Subito dopo la seconda guerra mondiale fu tra
i promotori, a Roma, del Centro Evangelico di Cultura, che ebbe, in quegli
anni di vivo fermento ideale, un valore riconosciuto di presenza evangelica
nella città. E in un momento molto
difficile per la Chiesa Valdese, dal
1934 al 1941, senza lasciare la sua
cattedra, portò il carico veramente pesante, per le circostanze in cui fu assunto, della moderatura.
Nella sua Enciclopedia delle scienze teologiche lo Schleiermacher, dopo
avere definito le varie funzioni che
hanno luogo nella Chiesa, quella di
pastore, quella di dottore, quella di
dirigente ecclesiastico, prospetta la
possibilità che un uomo riunisca in sè
le varie attitudini e sia un teologo, che
invece di rinchiudersi nella sua sp>ecializzazione concepisca la sua vocazione come una funzione della Chiesa,
e abbia, nel governo della Chiesa, attribuzioni di guida, esercitate nella
larga e libera coscienza propria dell'alta cultura. Orbene, scrive lo
Schleiermacher, un uomo di tale sorta
realizzerebbe nella sua pienezza il
concetto di un uomo di Chiesa.
La definizione di Schleiermacher
traduce evidentemente l’aspirazione alla unità armoniosa di cultura e azione propria del romanticismo; ma a
parte queste considerazioni, ho sovente pensato che il Prof. Ernesto Comba si avvicinava molto a questo concetto dell’uomo di Chiesa nella pienezza del suo significato.
Egli ne aveva anche il comportamento e la fisionomia. Era, nell’aspet
to del volto aristocratico, nella parola
sempre esatta e misurata, nelle reazioni controllate, come nella delicatezza del sentimento e nel tatto proprio del gentiluomo, la personificazione dell’autorità, che emana da un’alta
coscienza vocazionale e da una forte
disciplina interiore, e si comunica, anche prima di imporsi, a coloro che devono accettarla.
Era. d’altra parte, profondamente
buono, e aveva un’arte impareggiabile di parlare ai bambini, affascinandoli con un discorso semplice, cordiale,
totalmente privo di falsa ingenuità. La
Scuola Domenicale era una sua passione, e gli studenti che ebbero la ventura di farne il tirocinio con lui, nella
Chiesa di Via Manzoni, non ne hanno
ancora perduto il ricordo — anche se,
da ben lunge. non sono stati in grado
di emularlo.
Cosi amano ricordarlo coloro che lo
conobbero. E sanno di quanta riconoscenza gli è debitrice la nostra Chiesa
Valdese. Giovanni Mieggf,
Ha il Cristo riconosciuto la necessità della guerra?
Come da molti anni, anche questo
anno il Pastore Marc Boegner, Presidente della Fédération Protestante
de France, tiene nel tempio riformalo parigino di Ptissy una serie di predicazioni di Quaresima, ritrasmesse
dalla Radiodiffusion française; queste predicazioni hanno una viva eco
nel paese. Riproduciamo, tradotto,
un frammento di una di queste predicazioni, pubblicato sull’ultimo numero di Réforme.
Quel che mi colpisce è che questo
obbligo; bi.sogna, si trova sulle labbra di Gesù quasi unicamente in momenti particolarmente importanti
• Iella sua vita.
Eccolo, giovinetto, intrattenersi
coi sacerdoti nel tempio di Gerusalemme. I genitori stanno cercandolo,
inquieti; e quando finalmente l’han
no trovato, .sua madre l’interroga
sulle ragioni del .suo agire. Ed egli
risponde: « i\ou sapevate che dovevo trovarmi nella casa del Padre
mio? ). Modi anni più tardi, quando
già era impegnato nel suo ministero,
riceve, di notte, la visita di Nicodeino: e ad un tratto questi si sente
dire da lui ; « Bisogna che nasciate
li nuovo ».
Ma soprattutto, sulla via di Cesarea di Filippo, quando Pietro ha appena confes.sato la fede degli apostoli, il Cristo — dice l’evangelista —
(( cominciò ad insegnare loro ch’er«
necessario che il Figlio! dell’uomo
soffrisse molte cose... e fosse ucciso,
*: in capo a tre giorni risuscitasse ».
Dichiarazione fondamentale, a cui
corrisponde quella che il Cristo risuscitalo fa udire ai due discepoli a
cui si è accostato sulla via di Eminaus: « Non bisognava forse che il
Cristo soffrisse queste cose e entrasse quindi nella sua gloria? »
Si tratta, in queste diverse circostanze, di ima necessità imposta dal
di fuori, di una costrizione esteriore
a cui Gesù non avrebbe potuto sottrarsi? S.ipete bene che non è così.
Siamo di fronte ad un’esigenza asso
Bisogna che queste cose avvengano
Matteo 24: 6
9 ^
lutamente interiore, un obbligo spirituale, che esprime il piano di Dio
nei riguardi degli uomini, e in modo
del tutto particolare il compiersi di
([iiesto piano nella persona, nell’insegnamento, nella pa.ssione e nella
resurrezione di Cristo. Innumerevoli
discepoli del Cristo han fatto, fanno
e faranno l’esperienza di quest’obbligo interiore, proposto, non imposto,
alla libera accettazione della loro fede, sollecitata, illuminata, sostenuta dalla grazia. Ecco delle esperienze sante, che fanno entrare coloro
che vi partecipano in una comunione crescente con il loro Maestro e
Signore.
Scoprite, ora, il valore religiosiche portano in sè. le parole : « Bisogna che queste cose avvengano? »
Bisogna, si, bisogna che il peccato si
mostri agli uomini nella sua vera
luce, che sia smascherato allo sguardo di tutti gli uomini, e che, secondo l’espressione di Paolo, appaia in
tutta la sua gravità. Certo, non potremmo dimenticare che è la Croce
del Calvario che rivela, in tutto il
suo orrore, il peccato dell’uomo. Ma
nella guerra, la violenza, l’odio, la
menzogna, la cupidigia, la crudeltà,
la volontà di potenza sputano tutto
ii loro veleno e rivelano agli uomini
tutte le forze diaboliche nascoste nel
cuore dei figli di Caino. Sicuramente la guerra, e ne siamo stati spesso
testimoni, fa appello a tutte le potenze d’energia, di consacrazione,
d’amor di patria, di dono di sè, di
solidarietà umana, di accettazione
del più grande .sacrificio. Tuttavia
queste ammirevoli luci che squarciano le tenebre di cui la guerra ricopre il mondo, non impediscono a
questa di essere l’espressione più ripugnante, più selvaggia, più crudele del peccato deiruomo. E « bisogna cbe queste cose avvengano »,
|)erchè le creature di Dio imparino
ad odiare la guerra, e a dichiarar
guerra alla guerra in nome del Princi|',> della pace.
!sc bisogna che queste cose avvengano, non è for.se anche perchè i cristiani, e più ancora tutti gli uomini
che credono al valore della persona
c alla superiorità dello spirito, ascoi
lino Dio gridare loro, per mezzo di
esse, che non hanno il diritto di ac
cettare la guerra, che devono cer
care, scoprire e combattere alla ra
dice le cause di ipie.sti scatenamenti
di violenza, fare di tutto perchè le
opinioni pubbliche informate, edu
cale, ‘ittengano dai loro governi h
decisioni coraggiose che prepareran
no la vera pace?
Si dirà forse che nella |>arola « bi
sogna », trovo dei pensieri molto
lontani da quello di Cristo? Dopo tut
lo non ha parlato in tal modo di al
Clini fenomeni di violenza senza im
portanza? Io non pos.so crederlo
A M'inizio di un insegnamento che
annuneia avvenimenti ognuno de
quali sarà d’importanza capitale per
i suoi discejioli, mi pare, impossìbile che ([ueslo: «bisogna» non sia
carico di significato. E la sua gravità è sottolineala dall’esortazione che
lo jirecede: «Non vi turbate». 11
che significa: « Non permettete mai
agli avvenimenti della vita delle
nazioni, per quanto tragici po.ssano
essere, di turbare la pace che vi ho
messa in cuore ». La pace che il
Cristo dona ai suoi discepoli, da parte del Padre, è una realtà di un altro ordine che le tragedie della storia, nate dal peccato degli uomini.
Appartiene all’ordine delle realtà
eterne; non può essere alla mercè
delh* distrette degli uomini, fossero
pure le nostre, o dei drammi della
storia, ne fossimo put;e. le vittime.
Marc Boecner
Uii fedele
servitore
Altri ricorderà il Prof. Ernesto
Comba come teologo e pubblicista.
A noi che vivemmo in gioventù nella stessa città, lo seguimmo nelle sue
esperienze pastorali e fummo al suo
fianco in un’ora assai difficile per l.i
amministrazione della nostra Chiesa,
è stato chiesto di rii'ordare il Pasto
re e l’uomo attivo ed autorevole che
seppe tenere con mano ferma il timone della nostra (diiesa.
Nell’ambiente fiorentino la famiglia (ioniba godeva di eccezionale
prestigio. Il ])a(|re, storico dotto e
lungimirante ed oratore potente e
geniale, era assai nolo anche fuori
deH'ambiente valdese. TI fratello
(iarlo, fin dagl’iiiizi della sua carriera di pediatra di fama europea,
godeva di grande stima neirambieiite universitario fiorentino. Ernesto
a «'hi lo coimsceva solo .superficialmente poteva a|>parire molto
ri.servalo e di carattere fiero. Ma chi
lo conos«'eva meglio sapeva che, so! •
to apparenze di fierezza, egli nascondeva, in realtà, una grande timidità
ch’egli si sforzava di vinifere.
A Moina il suo ministerio ha lasciato impronte profonde e durevoli
nella Chiesa di Via TV Novembre
(19n,'>-lò|;t r 194.3-194.')). La sua |)redieazione era sostanziosa e pr«)fonda. Si sentiva non solo il credente,
ma il credente che aveva ripensat«:
con cura la projiria fede e si sforzava «li aiutare il prossimo a porre
solid«“ basi alla ]»ro])ria vita intellei
male e spirituale. — Anche a Firenze - - durante i «piatlro anni della
prima guerra mondiale il suo autorevole ministerio produsse fruiti
durevoli. Egli aveva una predicazio
ne sempre accurata, dalla forma piena di (iignità ed esposta con eloquenza fine e misurata.
Tu tutte le sue attività i)aslorali si
sentiva ch’egli era uomo «li dovere
che non trascurava nessun aspetto
del suo ministerio, (a)gli umili sapeva esser molto fraterno e jiieno di
semplice cordialità.
(filando venne chiamato nel 1931
a dirigere la Chiesa Valdese, com“
Moderatore, in un momento assai
grave in cui misure restrittive si «limostravano necessarie, egli si acciiis(- al suo compito con eccezionali'
( ciisacrazione. Egli godeva ili molta
autorità nell’aiubiente della Chii'sa
( in derivava dalle sue ben note qualità iiUelh'Iliiali e dal grande equilibrio che regolava tutte le sue decisioni. Non esitiamo ad affermar«'
che egli è stato uno dei Moderatori
che ha saputo tenere il suo alto ufficio con distinzione l'd autorità veraìnenie lu'/ievoli, in momenti in cui
la sua ri'sponsabililà era grande.
T.a nostra Chiesa gli ha rijietiilamente espressa la sua liconoscenz i
lo ric«)rda. in quest’ora, con animo
pieno di gratitudine jier quanto egli
ila fatto per lei in un jieriodo di e«'ci'zionali difficoltà
Chi lavorava al suo fianco sentiva
istintivamente di jioter aver fiducia
in lui ed accettava le sue direttive
sentendo che erano fruito di saggio
l'inessioni e di non superficiali conoscenze. Quando bisognava prendere decisioni ilifficili e jienose egli sapeva assumersi le sue responsabilità
senza compromessi e senza curarsi
delle inevitabili reazioni. Forse «pies.a rigidità del suo temperamento •'■
stala talvolta interpretata come ilu«ezza: ma chi lo ha conosciuto bene
! (pianto egli fosse sensibilp e soffrisse di non poter transigere con
«pK'llo «h'egli («msiderava come suo
dovere.
Ni'gli ultimi anni egli ha molto
sofferto. A ehi lo circondava di affetto egli faceva capire che la sua
sofferenza maggiore stava proprii»
ni'l fallo che il cr«dlo del suo fisico
non gli jtermetteva ])iii di dimostrare «ptella risoluta forza d’animo che
lo aveva contraildistinto attraverso
tutti i contrasti della vita e le prove
dolorose.
il Signore gli ha concesso di averi' accani«) a se, nelle ore più dseure
della sua prova, il sostegno costante
della sua nobile Compagna; e di poter con essa sollevare, con fede im
mutala, gli occhi alle visioni della
pace e del riposo promessi dal suo
Signore ad ogni buon e fedele servitore. ,, ,,
Paolo Bosio
3
L'ECO DELLE VALLI VALDESI
— 3
Nelle ComifÀUà Vàldési àH'estero
Célébration du XVII Février à
l’Union Vaudoise de Marseille
C’esl presque par une journée de prinleiiips que le Dimanche 22 Février, les
Vaudois de Marseille el leurs amis ont
commémoré le lllème anniversaire de
l’Emancipation. Celte année, i]s ont eu la
joie et l’honneur d’accueillir parmi eux.
Monsieur le Modérateur E. Rostan. — qui
ne connaissail pas Marseille, mais où sa
renommée l’avait précédé depuis longtemps — aussi n’était-il un inconnu ni
pour les Vaudois, ni pour leurs amis. C’esl
ainsi que, dès le Dimanche matin, sous
un ciel éclatant qui semblait vouloir participer à notre ujlegresse, cette journée débuta par la cérémonie religieuse au Temple de la rue Grignan, où une assistance
nombreuse el attentive était venue entendre le message de Monsieur le Modérateur.
l’armi les |)ersonnalités, on remarquait
auprès de Monsieur le Pasteur J. Marchand et de notre Présùlent Mr. Henri
Poci, Monsieur Marlina, Consul Général
d’Italie, ainsi que Monsieur E. Pasquet,
représentant FUnion Vaudoise <le Genève,
et le comité de l’Union Vaudoise de Marseille. Monsieur le Docteur Girbal, représentant le Maire, retenu par des obligations antérieures, s’était excusé.
Dès le commencement de sa prédication. tant par son éloquence que par sa
voix claire et prenante. Monsieur le Pasteur Rostan su capter l’attention de loua.
Le sujet choisi était un sujet profond: «Si
vous demeurez dans mes paroles — vous
connaiirez la Vérité - et la Vérité vous
renilra libres ». Vérité - Liberté - sujet de
brûlante actualité, ipii fut écoulé avec une
attention soutenue et qui lit une profonde
impression sur tout l’auditoire, parmi lequel on remarquait avec plaisir les blanches coiffes des Vaudoises en costume.
Après le culte un repas fraternel réunissait les Vaudois et leurs amis à la maison
Vaudoise, el c'est ainsi qu'autour de Monsieur le Modérateur et Monsieur Poët Henri, avaient pris place Messieurs les Pasteurs
Donadille. J. Marchand, Ferrier-Velli, Cherix de l’Eglise Suisse, Bertrand et Monsieur h. Pasquet. Lue centaine de Vaudois
se trouvaient réunis autour des tables décorée; avec art par les Dames du Comité.
Une atmosphère de cliaude cordialité régna pendant tout le repas, et après que
Mr. Poèt eut chaleureusement remercié
les personnes qui l’entouraient, ainsi que
tous I l'tix qui contribuèrent à la réussite
de cette fêle, notre Modérateur, en une
brève el brillante allocution nous donna
les salutations des Vaudois des V'allées, d’Uruguay et nous parla de son voyage en Sicile. Puis les discours se succédèrent, el
c’est .ivec joie et plaisir que l'on applaudit vivement Messieurs les Pasteurs Marchand. Donadille, Cherix, ainsi que Mr.
Pasqii c I.
Mai le temps passait. Nos premiers
spectateurs arrivaient, nos petits acteurs
étaient sur des charbons ardents, et nous
eûme- beaucoup de peine à les maintenir
dans le calme, lorsque Mr. le Pasteur
Rostan apivorla son message aux 350 Vaudois environ qui étaient réunis dans celte
grande salle. Son appel de ne pas s’isoler
mais an contraire de se réunir les plus
souvent, a été entendu el compris.
Par ses paroles justes et fortes, employée> an nioinenl opportun, par sa simplicité et la grande bonté que l’on devine
en lui. Monsieur le Modérateur Rostan a
enlhoiiMiasmé les Vaudois de Marseille.
Puis, la séance récréative commença, présentée en jvaloi.s el avec humour par Monsieur l ion .Aldo. Nos tous petits 4 et .5 ans
chantèrent la ronde du .Ttipoii; ceux de 7
et 8 ans: la's ]ielils Moiisaillons; 12 ans:
Liberté, Liberté, qui fut interprété par
Michèle Ghigo. .loselte Gay et Hélène
Breuza. « La boutique d’Arlequin » réunit
tous nos cadets qui étaient les plus heureux de « monter sur les planches »; et enfin, nos grand): Jacques Travers, Jeanne
Biolzi et Denise Odet jouèrent avec talent
et esprit « La Farce du Cuvier ». Une chorale « amateur » — charma tout l’auditoire
— el (I Anoiim à l’Alp » — « Genlile Pastorella » — el le « Petit Chasseur des Alpes » curent un très grand succès.
Le soir à 20 heures - pour l'ambigu —
la Ma ison V'audoise était envahie par 140
personnes, el nos petits acteurs n’étaient
pas de c eux qui faisaient le moins de bruit.
Un remerciement particulier à Mesdames
Travers, Odet. Mr. et M.me Tron Aimé,
Mr. et M.me Combe Louis, M.me Pipino,
Mr. el M.me Vidal, sans oublier notre si
•lévoiié Président des fêtes Monsieur Peyroiiel César. La liste .serait trop longue
je voulais tous les énumérer; en un
mol: un grand merci à tous ceux el toutes celh*s qui aidèrent les Dames du Comité à « Monter » cette séance récréative,
‘lui lut réussie, grâce à leur dévouement el
a leur enthousiasme.
Cette journée si bien remplie n’élail cependant pas la fin de lu tache qui incombait à Mr. Rostan. En effet, sans le laisser
respirer, dès le lendemain, commença la
'’isile des Vaudois hors Marseille el rési•lanl dans lu banlieue d'Aix. Là nous visitâmes au Tholonel une famille Gardiol
Hug o; iniis une réunion familiale eut lieu
ehez Mr. Ri voir Jacques, où chaque année
‘accueil est aussi fraternel que chaleureux.
Le lendemain, après avoir rendu visite au
Vaudois ospitalisés, c’esl vers les Pennes^irtibenu que Mr. Poët conduisit Mr. Rostan. Là des Vaudois - - une vingtaine en''trou, presque tous originaire» de La Tour
iT' ^*®b!iit réunis chez Mr. Berlon David.
Reunion louchante où, après les nouvelles
et le message trasmis les coeurs s’élevèrent vers Dieu en reconnaissance, tant par
les chants, que par la prière. Celle visite du
Pasteur venant des Vallées aux Vaudois
«exilés» est toujours une visite de prix,
‘•ans toute l’acce])lion du mot. Le mercresoir, réunissait à nouveau les Vaudois
au Temple de la rue Grignan, où Mr. le
Pasteur Rostan donnait une conférence sur
les « Vaudois en Uruguay ». Après que Mr.
le Pasteur Marchand eut présenté le conférencier à l’assistance, Mr. le Pasteur Rostan
nous fil vivre les jours qu’il avait passé
en Uruguay, el nous fil connaitre, par des
vues magnifiques, cette grande colonie
Vaudoise, édifiant témoignage et exemple
frappant de la force et de la puissance de
la foi.
Mais, les meilleures choses ont une fin.
C’est ainsi que le Jeudi soir, une dernière
et bonne réunion familiale réunissait une
dernière fois les Vaudois et leur Modérateur. Là Mr. Rostan nous parla presque
uniquement de l’Eglise Vaudoise, de sa
lachti immense, de son travail, de ses
e.spoirs — 80 personnes étaient là pour témoigner à Mr. Rostan toute la joie que
nous a fait sa visite ■— quoique trop rapide,
lui dire notre désir de le revoir bientôt
parmi nous et lui adresser nos remereieinenls pour les bienfaits de ses messages.
•Nous sommes certain» que Monsieur le
Modérateur Rostan aura compris que des
visites des Pasteurs des Vallées dépendent non seulement la pro.spérité de l’Union Vaudoise de Marseille, mais sa vie.
A. P.
C’est avec reconn^asance fue je
pense aux nombreuses familles Vaudoises de Marseille que j’ai connues
à l’occasion de ma lefoeoite visite. Je
leur souhaite beaucoup de bien et je
les prie d’agréer l’expression de mes
salutations très cordiales. Je n’oublie
pas non plus le .groupe des Vaudois
de Cannes et leur Pasteur M. Monod.
Que Dieu les fortifie tous dans leur
foi et dans leur témoignage chrétien.
\
Après ma causerie l’Union de
Marseille, j’ai reçu la somme de
25.000 francs pour la Pable Vaudoise.
A la fin d’une réunion familiale à
Pennes Mirabeau chez Mr. David
Berton, une collecte a été faite; les
quelques Vaudois qtj^ étaient présents
ont destiné 5.500 fripes aux frais de
construction du temple de San Secondo di Pinerolo.
Je remercie tous Hes donateurs et
je les encourage Î toujours aimer
l’Eglise Vaudoise et son oeuvre d’évangélisation en ItUlie.
Ermanno Rostan
A Genève les Vaudois
fêtent r Emancipation
Le (limaiiche 15 février, la Société genevoise (les Vaudois du Piémont a célébré
à la fois solennellement el joyeusement le
111e anniversaire de l’Emancipation.
La fête a commencé par un culte dans
le temple de Campel: c’esl le quartier où
se trouve le monument expiatoire de Michel Servel. mais aussi le Foyer réformé
John Knox, maison qui sert de lieu de
conférences oecuméniques et, parfois, abrite les cours de formation des colporteurs
bibliques. Le sanctuaire était plus que
rempli par les paroissiens, par les Vaudois
et leurs amis. L’un des pasteurs de la
paroisse, M. Jacques de Senarclens, a salué cordialement l’assemblée et particulièrement souhaité la bienvenue au pasteur
de Rome. M. Roberto Comba, qui était
chargé de la prédication. Celle-ci, dite
avec vigueur, eut pour thème la belle parole de l’apôtre Paul: « Qui nous séparera
de l’amour du Christ? »
Après cela, les Vaudois et leurs invités
se rendirent dans un salon du huffel de
la gare où leur fut servi un repa.s plantureux. qui fut suivi d’une partie familière
el récréative.
Les lecteur» de l’Echo connaissent certainement tous le président de la Société,
M. Emile Pasquet, toujours fidèle et toujours plein d’entrain. Il lui fallut un bon
moment pour saluer tous les amis qui
étaient venus (même de plus de 100 km.!)
ou qui avaient pensé à la fêle: il lut un
télégramme de M. Je Modérateur Rostan,
des messages du groupe de Marseille, du
pasteur Rivoire, du pasteur Freundler (de
l’EPERi, de la famille Liecbli qui reçoit
les Vaudois dans sa campagne de Promenlboux lors de l’anniversaire de la Glorieuse Rentrée; il lut encore un touchant
poème envoyé par M.me Durand-Gay.
Plusieurs des frères présents ont adres.sé
quelques paroles qui sont ajlées an coeur
(le tous le» assistants: le pasteur Roger
Wyler apimrla le salut de l’Eglise de Genève dont il est le secrétaire général;
M. Alin Perrot, pasteur à CbamiJel, rappela le souvenir d’Olivelan dont l'édition
de ja Bible fut « dédiée à la pauvrette petite Eglise persécutée ». Quant à M. Jacques
Pic(>l, devenu Vaudois de tout coeur par
son mariage, il fil selon sa coutume une
allocution historique et invita les proleslanls des V'allt'es habitant Genève à particiïier avec reconnaissance au Jubilé calvinien qui sera célébré l’été prochain.
Mais des Vaudois aussi prirent la parole. M. Guido .Comba, doyen des pasteurs,
parla comme trésorier dont la caisse est
toujours riche... de dettes et affirma sa
confiance dans la situation de l’Egjise vaudoise: « Je ne dis jamais ce que vous devez donner, mais ce que je voudrais faire
avec cet argent! ». Le pasteur de la communauté de langue ilàlienne de Lausanne
el Genève, M. Tron, commenta la parole:
(( Vous êtes le sel de la terre, vous êtes la
lumière du monde ». El n’oublions pas de
dire que l’Unionc giôvanile di Ginevra
chanta avec élan plusieurs choeurs, et que
toute ras.semb}ée entonna avec émotion le
chant traditionnel iles^audois.
Le pasteur Roberto Çomha donna quelques nouvelles de l'Eglise en Italie et dit,
entre autres choses, sa joie d’avoir vu
s’ouvrir à Torre Pellice une maison pour
les Réfugiés. Il termina la fête par deux
séries de projections lumineuses: la première reproduisait des ]diolographiês de
propagande anii-proleslanle par lesquelles
on prétend montrer (( tout ce qui manque
aux protestants »! Mais la seconde série
où défilèrent les vues des villages des Vallées et des temples citadin.» el qui s’acheva par la vision de la sainle-Cène célébrée
au col de la Croix fut la démonstration
que le croyant, appuyé sur le Dieu de la
Bible, possède tout dans le Christ (|ui
inspire ja foi.
Ce fut une belle el fortifiante journée,
(pii marqua la solidarité cl la vitalité de
l’Eglise vaudoise qui veut être, là où Dieu
l’a placée, l’Eglise de Dieu. Le 15 février,
les Vaudois de Genève se .sont sentis en
communion profonde avec les Vaudois
d'Italie el de partout, avec « tous ceux
(pii, en iptelqiie lieu que ce soit, invo(picnl Je nom du Seigneur Jésus-Christ,
leur .Seigneur el le nôtre ».
Pierre. Le.ubn.
Nella Svizzera
aiemannica
Nejle varie città di lingua germanica
della Confederazione elvetica, i residenti
originari delle Valli Valdesi sono pochissimi. Tuttavia anche le Comunità evangeliche di lingua italiana locali, in un
('on gli amici svizzeri, ricordano sempre,
e con varie manifestazioni, la data che ha
segnato un’epoca di maggiori libertà civili per le minoranze religiose negli Stati
.Sardi, prima, ed in tutta Italia con il processo graduale deU’unità.
L’8 Febbraio, in una Sala della Comunità Evangelica di Lucerna, davanti ad un
pubblico di lucernesi, ticinesi ed italiani,
il Pastore Dr. E. Eynard ha tracciato le
linee direttive della secolare testimonianza
valdese in tutta Europa, con particolare
riferimento all’Italia, ed in (piesto ultimo
secolo nelle due Americhe.
Il 15 Febbraio, celebrazione a Zurigo,
con un cullo commemorativo e la partecipazione della Coraje Svizzera, seguito
da un'Agape fraterna di 88 commensali:
messaggi e canti.
Il 21 Febbraio, a Basilea, rievocazione
storica, promossa da quell’attiva Filodrammatica, ed 'esecuzione di cori, diretti dal
M.o Bollinger, e di scelti brani musicali
al pianoforte per opera del valente M.o Milesi. 11 giorno successivo. Domenica, commemorazione nella Cappella della Cattedrale con largo intervento anche di visitatori zurighesi, che hanno voluto associarsi alla manifestazione. (Sulla parete
esterna della Cappella stessa è murata la
lapide commemorativa di Celio Secondo
Curione, nativo di Chieri, profugo a Basilea, per causa di fede, in epoca di imperante totalitarismo confessionale in Italia). Eid anche a Basilea, un’agape fraterna
ha unito in lieta comunione ben 5ffcommensali, che. )iiù lardi, hanno visitato
la città.
Il 1» Marzo, a Zurigo, rappresentazione
del dramma di ispirazione valligiano « La
Boina », curata da una filodrammatica ancora in formazione, composta quasi esclusivamente da attori meridionali. Il 15
Marzo, la stessa rappresentazione viene
ripetuta a Winlerthur, concludendo così
un operoso, e fecondo, periodo di rievocazioni storiche, dense di perenne significato per quanti amano la libertà, nel
pensiero e nell’attività civile e religiosa,
e sanno che essa va, in ogni generazione,
difesa e quasi nuovamente conquistata.
La popolazione svizzera, così sensìbile,
sempre, ai valori della libertà e dell’indipendenza. si associa, ogni anno, alle celebrazioni valdesi anche con articoli della
stampa locale e con brevi segnalazioni
radiofoniche, in lingua liMlesca ed in lingua francese. 1 vincoli di solidarietà cristiana ed umana, stabiliti fin dalla prima
metà del secolo XVI tra le popolazioni elvetiche e le popolazioni valdesi del Piemonte, e mai allentati nel corso dei secoli, si rivelano, oggi ancora, saldi e duraturi. E nella particolare situazione storica, mentre gli italiani, a centinaia di
migliaia, sono accorsi, nel dopoguerra,
per trovare lavoro e benessere nella Confederazione, gli antichi legami hanno assunto nuovi significati e creato nuove responsabilità reciproche di servizio e di
collaborazione. Anche Je commemorazioni
recenti sono valse, nelle quattro importanti Città di Basilea, Lucerna, Winlerthur e
Zurigo, a ricordare, agli svizzeri ed agli
italiani, gli antichi legami e le nuove comuni responsabilità nell’Europa in gestazione e nella Chiesa in cammino sulle
vie del Regno. Piator.
^ Un chimico parigino ha realizzato un « naso artificiale » dall’olfatto ultrasensibile che respira e
identifica gli odori più sottili. Sarà un pericoloso concorrente dei
cani da caccia?
PROGRAMMA ESTIVO PER IL 1959
Istituto Ecumenico di Bossey
Tra le varie manifestazioni che occuperanno l’Istituto durante la pros
sima estate, ve ne sono quattro chi;
sono offerte alla libera partecipazio
ne, e che segnaliamo ai nostri lettori Coloro che desiderassero maggiori
informazioni potranno rivolgersi al
I appresentante dell’Istituto per l’Italia, prof. Giovanni Miegge, Via Pie
tro Cossa, 42 Roma, a cui dovranno
anche essere indirizzate le domande
di iscrizione.
Corso sullo studio della Bibbia
15-28 giugno.
E.sso è destinato a coloro che oggi
i rivolgono alla Bibbia con uno spìrito nuovo, e cercano attraverso que
sta lettura di comprendere meglio i
problemi del nostro tempo. Non è
dunque un corso destinato a speciali
£ti ; si rivolge soprattutto a molte
persone, che forse in margine alla
Chiesa, hanno costituito dei circoli di
studio biblico; ma la presenza di qualche teologo sarà accolta con piacere
II prezzo del corso è di Pr. sv. 12,50
al giorno. Le domande di iscrizione
devono essere inviate entro il 15 marzo.
Corso per missionari e pastori
1-15 luglio.
Il corso esaminerà vari aspetti della rapida evoluzione delle strutture
sociali, soprattutto in Africa e in
Asia, nei loro rapporti con la missio
ne della Chiesa. Prezzo del corso, Fr.
sv. 11 al giorno. Domande di iscrizio
ne entro il 15 marzo.
Corso per laici
20-31 luglio.
Il tema di questo corso sarà: Funilà cristiana e il nostro impegno nel
mondo. Esso si rivolge a laici, uomii e donne, tra i 25 e i 45 anni, impe
gnati nella vita professionale; corpo
insegnante, medici, assistenti sociali,
impiegati, madri di famiglia ecc. Esaminerà l’intera questione dell’impegno del cristiano nelle varie situazioni de) mondo moderno (in Africa,
a Asia, in Europa occidentale e orientalè) e i rapporti tra questo impegno e la vita, l’unità e la testimonianza della Chiesa di Cristo. Lo studio della Bibbia avrà come argomento il tema centrale della prossima Assemblea del Consiglio Ecumenico :
( Cristo, luce del mondo » Prezzo del
campo, Pr. sv. 12,50 al giorno. Domande di iscrizione entro il 31 marzo.
Corso per studenti in teologia
3-24 agosto.
Il corso sarà organizzato, come negli anni scorsi, in collaborazione con
la Federazione Studenti Cristiani, e
si propo'ne il problema dei rapporti
tra la Chiesa e la cultura cristiana
(secolarizzata), considerata nelle sue
strutture sociali; il tutto in relazio
r.e all’impegno della Chiesa nella
missione. Sebbene destinato soprattut10 agli studenti in teologia, un numeio limitato di non teologi sarà ammesso. Prezzo, Fr. sv. 10 al giorno. Domande di iscrizione entro il 31 marzo.
COMUNICATO
La Commissione Giudicatrice dei
progetti per la costruzione del Tempio di Prali, riunita in seduta ordinaria il giorno 5 Marzo 1959, ha proclamato vincitori « ex aequo » i progetti contrassegnati col motto : « Pietra Angolare » e « Tempio della Comunità Valdese ».
Aperte le buste sono risultati presentatori dei due progetti rispettivamente: per il primo, l'architetto Nino
Frizzoni di Bergàmo, e per il secondo il Sig. Piero Cicionesi e l'Arch.
Giovanni Koenig di Firenze.
Espletato il suo mandato la Commissione Giudicatrice rimette alla Tavola Valdese la documentazione per
i provvedimenti di sua competenza.
Il Presidente della Commissione
Moderatore Ermanno Rostan
lei, notre bon
vieux français!
3Sm Lo drame de la moHm
C’est un grand drame de la mort,
que (t Ordet », que l’on peut voir
maintenant sur les écrans italiens. On
ne peut le comprendre que si l’on
saisit ce qu’est la mort pour les peuples nordiques.
Chez les peuples méditerranéens, le
dualisme entre le Bien et le Mal, chassé par la porte, est rentré par la fenêtre : sur le plan de l’eschatologie,
c’est l’antithèse Dieu - Mort, qui le
substitue. Étrange éxégèse des textes
qui nous annoncent le « Prince de la
Vie »: comme s’il y avait, contre Lui
et aussi contre nous, un « Prince de
la Mort »!
Pour les peuples chrétiens du nord,
la mort n’est pas l’envers de la vie,
mais c’est la condition et le passage
vers une vie supérieure, complète, vers
la vie de l’esprit, « où l’on ne meurt
plus ». Comme la vie, ainsi la mort
est par conséquent au service de Dieu,
qui est maître de toutes deux. C’est
l’ancien texte: «Dieu a donné. Dieu
a ôté, que le nom de Dieu soit béni »
(Job, 1: 22), en toute sa force. Voilà
pourquoi, dans « Ordet », l’annonce
de la Mort et celle de Dieu sont une
seule chose. 11 n’y a pas de différence
entre Dieu et la Mort. Il y a la Mort,
parce qu’il y a Dieu; et parce qu il y a
la Mort, il y a aussi Dieu. Ce monisme est plus aisément intelligible, dans
le nord, parce que la « Mort » y est
du genre masculin (ainsi que « Dieu »)
et c’est pourquoi le pasteur et dramaturge Kaj Munk peut revêtir la Mort
des attributs divins, et réciproquement
attribuer à Dieu la clepsydre, la faux...
Ne devrions-nous pas apprendre,
nous aussi, à mieux considérer la
Mort comme la messagère de Dieu,
et même, comme ime manifestation
de la volonté divine? Par contre, nous
vivons dans une lamentable confusion; nous ha’issons les maladies, la
mort, le destin, comme si tout cela
n’appartenait pas, en réalité, au seul
Seigneur de l’univers.
36m Le drame de la viom
il Ote-toi, que je m’y mette ». C’est
la loi de notre siècle. Partout, le monde s’y soumet volontiers (trop volontiers!), l’accepte, la plaide. C’est le
pétrole, la houille, l’ouranium, les
marchés d’orient, la querelle pour
Berlin, la poussée des noirs chez les
blancs, la poussée des blancs chez les
noirs, la conquête de l’espace (et pourtant, ici, il y aurait bien de la place
pour tout le monde, et un peu plus!).
Ne parlons pas de la lutte politique,
des idéologies qui s’affrontent, des
gouvernements et des gouvernés, des
compétitions ecclésiastiques...
Égoïsme? Assurément. Manque de
foi en soi-même? Peut-être. On n’accapare pas le présent si l’on sait qu’on
se tirera d'affairé le lendemain. Manque de foi en Dieu? Voilà le fond de
la question. Notre époque est foncièrement athée. Nous sommes des loups
envers nos frères parce que nous ne
reconnaissons pas, en ces loups, nos
frères. Et pourtant, il n’était pas nécessaire de se ceindre du cordon des
franciscains pour aimer les loups, et
les appeler « mes frères ». Le patriarche reconnu des trois plus grandes
religions. Abraham, à son neveu qui
aurait bien voulu lui dire (mais il ne
l’osait pas, à cause du grand âge du
patriarche): « ôte-toi que je m’y mette », le patriarche, dis-je, savait répondre, bien mieux que ne l’aurait
fait plus tard François d’Assise, à la
gloutonnerie et à la fourberie des
loups; « choisis toi-même. Si tu iras à
droite, j’irai à gauche; si tu iras à
gauche, j'irai à droite ».
Voilà qui peut changer le drame
de la vie en une expérience bénie
d’amour et de fraternité. Voilà l’attitude non violente qui peut rompre la
chaîne des violences, des abus, des
égoïsmes les plus .sordides. Le chrétien
n’est pas invité à démolir les monuments exaltant la force brute et la
violence, ou même seulement un certain patriotisme dont il paraît de bon
ton, aujourd’hui, de faire fi (laissons
cette tâche aisée aux téVolutionnaires
et aux contre-révolutionnaires), mais
à se faire monument lui-même, c’est
à difê démonstration concrète, sensible, d’une réalité intérieure: la paix
en soi-même, qui est la paix envers
les autres. A ce prix la vie n’est plus
un drame poignant, mais une grâce
d’en haut. Petit Valdo
4
Fratelli, voi siete stati ehia*
mati a libertà.
(Gal. 5: 13).
L'Eco delle Valli Valdesi
Non fate delia libertà un'occasione alla carne, ma per mezzo dell'amore servite gli uni
agli altri. (Gal. 5: 13)
PIETRO VALDO
5. — Sulla soglia di casa di Valdo,
c’è una piccola folla di servi della
gleba, di pezzenti, di disoccupati: una
strana assemblea davvero! Il fatto è
die il ricco mercante è sicuramente
impazzito, si veste e mangia alla maniera dei mendicanti, s’è messo in
capo di regalare le sue ricchezze ai
imveri! Una gran tavola è stata imbandita, coperta di pani e di pentole
fumanti; e agli affamati che si accalcano, Pietro Valdo legge una pergamena coperta d’una scrittura: è la
nuova pagina, appena tradotta, del
Vangelo. E’ semplice, è bello, è logico. Ora occorre far conoscere la Parola a tutto il popolo, nelle case, sulle piazze.
6. — La Parola dà i suoi frutti : centinaia di persone l’hanno accettata;
molti poveri, ma anche molti ricchi,
che hanno tutto abbandonato per seguire il Signore. Ma ecco lo spettro
della persecuzione... Il Vescovo di
Lione minaccia Pietro e i suoi amici
di cacciarli in prigione, se non smetteranno di predicare. Essi devono lasciare la città. Pietro Valdo deride di
recarsi a Roma per ottenere dal Papa
il permesso di spargere la Parola di
Dio.
7. — A. Roma. La città è in festa:
c’è un Concilio della Chiesa. Splendono al sole i lolori e gli ori degli abiti
dei Cardinali, dei Vescovi, degli Arcidiaconi, garriscono al vento gli stendardi, scintillano le armature. Il Santo
Padre ha concesso l'abbraccio rituale
al pellegrino^ straniero e all’amico suo
Viveto; indi ha loro dato il permesso
di predicare. Ma gli intrighi del Vescovo di Lione, presente al Concilio,
sono più potenti della loro buona fede. E il permesso diventa una beffa.
Che farannoy « Dio ci illumini e ci
fortifichi », esclama Pietro Valdo.
8. — Triste ritorno! .Stanchi e scoraggiati ,i due risalgono le Alpi. Nella notte, smarriscono la via. .Alla fine,
vedono un lucore da lontano. Una
casa! Trovano conforto, vitto, alloggio. In punto di partire, Pietro confessa agli ospiti cortesi di non aver
nulla da dar loro in contraccambio,
tranne un prezioso gioiello, che porta sempre con sè. e che mostrerà loro
volentieri, se prometteranno di non
denunciarlo al clero. E trae dal seno
la Bibbia. « Eiccolo, il gioiello senza
uguale: è la Parola di Dio... ».
Dalle nostre Comunità
RO R A’
Ci rallegriamo di cuore, con Luigi e Rosetta Giusiano per la nascita del piccolo
Dino.
I Pastori Cipriano Tourn e Enrico Pascal hanno presieduto il 9 marzo all’Asilo
dei vecchi di S. Giovanni il funerale di
Giovanni Rivoiru, detto Gian, di anni 76,
assai conosciuto quassù; molti Rorenghi
erano presenti. Alla figlia esprimiamo la
nostra simpatia cristiana.
Domenica 8 marzo rannunciala serata
organizzata dai \ illaresi ha avuto un vero
successo ed il pubblico numeroso non ha
certo rimpianto di essere venuto. A tutti
i nostri amici ed al Pastore Geymet che
ha voluto rivolgerci un sentito messaggio,
il nostro grazie.
Ricordiamo che i giovani della « Pradeltorno » terranno una riunione alle Fucine
mercoledì 18 marzo, in sostituzione della
riunione deli’ll.
Una calda esortazione a tutti i membri
di chiesa delle Fucine a servirsi per venire al culto di quel comodo mezzo che
è l’automobile. Silvio Morel è prontissimo
ad accontentare tutte le richieste e... a
riempire bene la macchina, perchè la corsa non costi troppo cara. Potremo così vedere al culto molte facce che fanno raramente la loro apparizione in chiesa...
Associazione
«E. Arnaud»
II seggio ha deciso di rinviare la
seduta di Domenica, 15 con-., a causa
dell’Assemblea di Chiesa che ha luogo nel pomeriggio, alla Domenica successiva, 22. Verrà continuata la discussione, introdotta dal vice presidente prof. Renato Long, sul tema:
« Presenza e responsabilità dei valdesi a Torre Penice ». Data l’importanza
dell’argomento il seggio invita i soci
a non mancare con un caldo appello
ai giovani e parteciparvi.
Hm SECOIVDO
La nuova comunità', venuta a formarsi in
seguito alla recente costruzione del Tempio, .si è riunita domenica 1° marzo in Assemblea di Chiesa per procedere alle elezioni del Pastore.
Alla presenza del dott. Gustavo Bouchard, che ha presieduto il Culto, dell’avvocato Ettore Serafino, 'vice presidente della Commissione Distrettuale, e dei membri <lel Comitato Consultivo, è stalo eletto
con una buona affermazione il Pastore Arnaldo Genre di Bobbio PelliCe.
Il Consiglio di Chiesa, a nome deUa Comunità, si sente in dovere di ringraziare
il pastore Roberto Nisbet che ha diretto
interinalmente la Parròcchia nei suoi primi mesi di vita attraverso un lavoro non
sempre facile di organizzazione iniziale, e
porge al neo eletto il più cordiale benvenuto, chiedendo a Dio di benedire la nuova missione che il pastore Genre si accinge a compiere a San Secondo per il bene
spirituale della comunità.
Ai « Ciabot Bass » nella sua abitazione
è deceduta la signora Godine Adelina nata 1
Forneron di anni 55. Un largo stuolo di
persone ha assistito al servizio funebre presieduto dal Pastore Cipriano Tourn ed ha
accompagnato all’estrema dimora le spoglie
mortali della cara estinta.
11 conforto della fede in Colui che ha
vinto la morte sostenga con la sua potenza
i familiari in lutto.
Il Consiglio di Chiesa ringrazia vivamente il Pastore Cipriano Tourn per il lavoro
veramente efficace che svolge nella Parrocchia pre.siedendo alle diverse attività ecclesiast'.che in questo periodo di transizione che si concluderà con l’insediamento del
nuovo Pastore titolare.
La filodrammatica della U.G.V. ha portato
sulle scene, sabato 7 e domenica 8, la commedia in tre atti di S. Lopez « U Principe
Azzurro ».
Ai bravi attori, i he hanno visto coronala la loro fatica da un forte numero di
spettatori, il nostro particolare plauso.
O[ferie per 'X’Eco,,
Ing. Fanton, L. 100 — Balmas Gustavo,
100 — Balmas Orlina, 100 — Bouchard
Carlo Alberto, 300 —^ Bouchard Edvico
Bartolomeo, 150 — Bouchard Giovanni,
100 — Costabel Giovanni, 300 — Grill Giovanni, 300 — Jahier Elisa, 100 — Jahier
Alice, 300 — Long Emilio, 300 — Peyronel Adolfo, 100 — PeyroneJ Corrado, 50
— Peyronel Francesco Enrico, 100 — Revel Fanny, 300 ■— Rostan Nelly, 300 —
Sappe Adolfo, 100 — Simondi Long Lidia, 300 — Soulier Revel Ilda, 300 •— Genre William, 300 —- Rochon Aldo, 300 —
Rochon Giuditta, 300 — Venturi Rochon
Irma, 100 — Bonin, sorelle, 200 — Coello
.Albertina, 300 — Subijia Davide, 300 -Avondet Irene, 100 — Bosio Forneron Elda, 100 — Bertalot Luigi, 100 — Beux
Paolina, 100 — Sapei Pietro, 1.50 — Pattini Arturo, 100 — Rostan ved. Siringai,
100 — Martinat Giulio, 100 — Giacone
Giulio, 100 — Ribet Giosuè. 150 — Malanot Enrico Emilio, 100 — Costantino
Cesare Augusto, 50 — Griglio Giacomo,
300 — Musac-chio, fam., 100 — Chiesa di
Prali, per saggi « Eco », 1240 — Favellini
Angelo, 100 — Foligno Michele, 100 —
De Nicola Lino, 200 — Griot Angela, lOO
— Crespi Daniele, 100 — Beux Ettore,
100 — Falchi Franco, 200 — Baffico Virginia, 300 — Breuza Luigi, lOO — Breuza
Giulio, 100 — Peyronel Umherto, 100 —
Tron Giulio, 100 — Ferretti Enzo, 300 —
Bartoletti Cornelio, 100 — Peyronel Elisa. 100 — Massel Ettore, 100 - - Menusan
Henriette, 200 — Peyronel Giovanni. 200
— Peyran Luigi, 100 — Costabel Felice,
200 — Mathieu Italo, 500 — Long Enrico,
100 — Cougn Giovanni, 100 — Ia>ng .Aldo,
100 — Grill Arturo, 500 — Gönnet Giovanni, 350 — Garrone Clemente, 100 — Varese Carlo, 100 — Garrou Henri, 620 —
Pasquet Clelia, 100 — Grill .Arturo, 200
— Dattilo Maria, lOO — Tron Enzo. 100
— Bova Demetrio, 150 — Sappé -Adolfo,
100 -- Beri Gustavo, 200 — Pasque! Remigio, 50 — Trezzi Lidia, 250 — Durand
Osiar, 300 — Jahier Davide, 300 — Chiesa
di Torre Pollice, per saggi « Eco », 1320
Prof. Dr. Franco Operti
Libero Docente
in Clinica Ortopedica
Speciaiista in Ortopedia
Traumatologia e Chirurgia Plastica
Visite presso Ospedale Valdese di
Torino: Lunedì e Venerdì ore 16,30
Grazie!
[continua)
L'ordinamento distrettuale è buono
(segue da pagina 1)
da quando, come membro laico della
Tavola, ho il privilegio di poter vedere da vicino l’attività dei Sovrintendenti. Orbene, il primo argomento
che in ogni sessione della Tavola vie
ne preso in esame è quello della « situazione dei distretti ».
Attraverso l’esposizione di questa
situazione, si ha la visione d’insieme
della vita delle Comunità, considerate
singolarmente e nel loro complesso,
elemento insostituibile per procedere
all’esame dei vari problemi della vita
della Chiesa, i quali possono essere
prevalentemente d’ordine amministrativo oppure prevalentemente d’ordine spirituale, ma hanno sempre
caratteristiche ed elementi in comu
ne; possono interessare più da vicino l’uno o l’altro distretto, ma trovano anche il loro posto nel più completo quadro della vita della Chiesa
Se i Pastori membri della Tavola
non fossero contemporaneamente an
che Sovraintendenti, non potrebbero
avere una visione completa e sopratutto personalmente vissuta dei problemi dei Distretti. Le relazioni delle
varie Comunità sono certo utili, ma
non sono sufficienti per una effettiva
conoscenza dei problemi.
Viceversa il sovraintendente che
non fosse anche membro della Tavola, difficilmente riuscirebbe a inserire
efficacemente i problemi del suo Distretto in quelli più generali della
Chiesa nel suo complesso.
Si verrebbe in definitiva a creare
una frattura tra la vita delle Comunità e la Tavola, la quale non potrebbe svolgere completamente la sua
opera; opera che non si limHa affatto ai soli problemi amministrativi e
finanziari, ma deve rivolgersi a tutti
''H aspetti della vita della Chiesa, fra
un Sinodo e 1 altro, pur nel più asso
'uto rispetto delle prerogative e autonomie delle singole Comunità.
La Tavola, non avendo più il contatto diretto con le Comunità — con*^atto che le relazioni, anche se ottimamente compilate, delle commissioni distrettuali non potrebbero sostituire — si ridurrebbe ad essere un
consiglio di amministrazione nel senso più ristretto della parola, annul
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landosi così quella utilissima, insostituibile visione unitaria di tutti gli
aspetti della vita delle Comunità singole e della Chiesa nel suo insieme.
Forse taluno mi accuserà di essere
paladino di un eccessivo accentramento, fautore di un prepotere da
parte del Sinodo e . di riflesso della
Tavola. Ma crtóo che questa accusa
non sarebbe fondata perché personalmente sono un convinto assertore
delle autonorriie e delle prerogative
delle singole comunità e dei Distrett:
ciascuno nella loro sfera d’azione. Ma
sono anche convinto che è pur 'necessaria la unità nella Chiesa; in
questo senso mi sembra che i nostri
ordinamenti sono particolarmente
apprezzabili; per l’equilibrio in essi
raggiunto tra la vita e le esigenze della congregazione-comunità e quelle
dell’ente ecclesiastico unitario; per il
rispetto delle prerogative delle comunità singole, che non portano però
allo spezzettamento delle Comunità
stesse, in quanto sono contemperate
dalla azione unitaria del Sinodo e
della Tavola, nello spirito dell’articolo primo della Costituzione della no
stra Chiesa Valdese.
Alcuni suggerimenti
Comunque, il problema del potenziamento della attività distrettuale
esiste. Non ho certo la pretesa di avere pronta una soluzione che elimini
gli inconvenienti rilevati da Shahor,
da L. C. e da ai tri ; mi permetto soltanto di segnalare alcuni suggerimenti che, opportunamente adattati, potrebbero forse essere utili, senza che
sia richiesta alcuna modifica agli attuali ordinamenti :
1) Aumentare il numero dei membri delle commissioni distrettuali là
dove è necessario. Che io sappia, non
esiste alcun impedimento nella nostra regolamentazione a questo riguardo. Suddividendo opportunamente i compiti tra membri della Commissione, specialmente in quei Distretti i quali hanno una notevole estensione territoriale, le comunità potrebbero essere meglio seguite.
2) Migliorare la collaborazione dei
concistori o consigli di Chiesa verso
la Commissione Distrettuale.
3) Mettere a disposizione delle Commissioni Distrettuali — provvedimento già attuato dal Sinodo 1958 — determinate somme per scopi particolari, nell’ambito del Distretto.
4) Alleggerire per quanto possibile
i Sovrintendenti - membri della Tavola da incarichi vari, quali membri di
commissioni, ecc.
5) Aumentare a favore delle Commissioni Distrettuali la collaborazione da parte di uffici specializzati della Amministrazione Centrale.
Questo è già stato fatto in notevole
misura negli ultimi anni. Infatti i Sovrintendenti hanno potuto valersi
della collaborazione deU’Uffìcio Tecnico e deirufficio Legale che hanno
dato un prezioso contributo anche
nell’ambito dei singoli distretti, sollevando i Sovrintendenti da molti impegni di carattere tecnico. Qualche
cosa già è stato fatto, e più ancora
potrà essere fatto ih avvenire per procurare alle Commissioni Distrettuali
materiali, notizie, ecc. per compiti
particolari quali l’azione evangelistica, per esempio.
Non so se questi suggerimenti potranno avere pratica applicazione ; altri ne potranno certo essere dati. Ma
mi sia consentito di rifarmi ancora,
terminando, alle parole di Jean Pierre Metile. L’ordinamento della nostra
Chiesa Valdese è buono; ci è invidiato per la sua chiarezza, per la sua
semplicità da molti oragnismi ecclesiastici del protestantesimo mondiale, e perchè assicura in equilibrata armonia i due elementi che il Melile
giudicava essenziali: la libertà delle
Comunità singole, l’ordine nella unità della Chiesa Valdese nel suo insieme. Le cose talvolta non vanno come
dovrebbero ; prima di colpire il « sistema » vediamo di migliorare la maniera con cui è applicato.
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Pubblicaz. autorizzata dal Tribunale
di Pinerolo con decreto del 1-1-195.5
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