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DELLE VALU VALDESI della Chiesa Valdese
Anno 111 - Num. 5
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ALL’INIZIO DEL « FEBBRAIO VALDESE », RIASCOLTIAMO UNA PAGINA DI KARL BARTH
Capita, con la libertà come con la
fede o con l'amore, con la pace o con la gioia ; c'è libertà solo dove
la si vive. Allora essa viene, con l'irresistibilità del'aurora ; ma solo allora. Certo, se ne può parlare, ma a rigore soltanto quando essa stessa parl.a di sé il linguaggio inconfondibile
di pensieri liberi, parole libere, atti
liberi di uomini liberi. Certo, la si può
annunciare ed esaltare, si può affermare che essa dev'essere raggiunta,
conservata e difesa. E si può cercare
di farlo in buona coscienza. Ma a che
servirebbe se essa non fosse presente
in ciò che pensano, dicono e fanno
uomini liberi, per annunciare, esaltare,
affermare e imporre, conservare e difendere se stessa? La libertà si realizza nell'esistenza di uomini di questo
tipo. Se non ce ne sono, di uomini di
questo tipo, allora non c'è neppure libertà — o tutt'al più è presente come
un "ideale ", cioè una parola grande
ma vuota, di cui si può usare e abusare ma che non ha forza per nessuno,
non illumina nessuno, non aiuta nessuno. Questo vale per la libertà politica, per la libertà di scienza e di
stampa, di fede e di coscienza : per
tutte le libertà in cui si può credere,
che si possono proclamare e alle quali ci si può richiamare. Quando non è
usata, attuata e resa operante da uomini che vivono liberi, quando non si
realizza nella loro persona, non e altro
che eco e fumo. Se ciò che oggi si
chiama "il mondo libero" fosse una
realtà, dovrebbe essere, per lo meno
nella sua maggioranza decisiva e anche nei suoi vertici, un mondo di uomini che vivono questa libertà.
La libertà è spesso intesa e descritta
come indipendenza da questa o
quella costrizione esteriore: indipendenza da poteri che esercitano una
tutela, dirigisti, autoritari, dittatoriali,
dalle strutture di antiche tradizioni e
costumanze, dalla magia di personalità dominanti, dalla pressione delle
circostanze e delle situazioni. Qui, però, c'è qualcosa che non torna. È vero
che un uomo libero, se la cosa ha
senso ed è possibile, anelerà all'indipendenza da ogni costrizione e si
sforzerà di raggiungerla. Tuttavia l'uomo libero non è un teddy boy, non è
affatto costretto a volersi liberare da
ogni costrizione esteriore. Egli può accettare anche una quantità di disciplina indesiderata. Anche a scuola, anche in un letto d'ospedale, anche in
carcere, anche in caserma, anche nel
mondo popolato di padroni e di
leggi può essere un uomo indipendente interiormente e senza dubbio
pur6, in una csrta misura^ ©steriormente. Come all'opposto l'uomo che
ancora non è libero, quand anche goda pienamente di ogni possibile indipendenza esteriore è e rimane un
uomo non libero, e forse proprio nel
Seguendo il pendolo
Come altri aspetti della fede cristiana, la libertà ha subito forti oscillazioni nella coscienza e nella esperienza
dei cristiani, e così dei valdesi, anche
solo a partire dal 1848.
I nostri storici ce lo ricordano, all’origine il « 11 febbraio » è stata una
festa civile e politica. Certo, fino allora nelle Valli Valdesi il « ghetto » aveva ribadito l’intreccio fra chiesa e popolo sì che era probabilmente più difficile di oggi distinguere l’aspetto ecclesiastico e quello civile. Resta comunque il fatto che si trattò di una
liberazione civile e politica e come tate fu avvertita, celebrata e vissuta.
Ma l’eredità lasciata dall’ondata del
Risveglio e la pressione del lucido attivismo anglosassone (Beckwith: «Dora in poi, o sarete missionari o non sarete nulla » ) determinarono quella che
potremmo chiamare in qualche modo
una “riflessione teologica su quel momento di storia, e per molti valdesi
l’Italia, via via unificata, non si apri
soltanto al libero impegno civile, ma
alla libera predicazione di un Evangelo
troppo taciuto (e ignorato) o troppo
deformato.
In un primo periodo, prolungato, si
conservò un certo equilibrio fra la
realtà civile e la vocazione evangelica. In particolare, gli evangelizzatori
— come contemporaneamente t missionari in terra pagana e spesso sottosviluppata — avevano chiaro che lo
Evangelo era una potenza affrancatrice in ogni senso, di tutto l’uomo. E furono spesso, talvolta volendolo, talvolta involontariamente, anche figure politiche, per quanto modeste, qua e la
per l’Italia. « Libertade bandite agli
schiavi... », risuonava un nostro cantico, tutto un programma.
Con l’andar del tempo, tuttavia, la
struttura riformata troppo debole della nostra teologia, della nostra predicazione, della nostra catechesi, ma
SchCTCLtCl ì'ì'ld flOH SdYldtU ddll CJjCTVC
sccnzd visvcglidtd c ddll dttivisì'Tio ccclesiastico, sono riaffiorate; e con il
calare della tensione e passione evangelistica, si fece vicino il rischio di
chiudersi, da un lato, in una liberta
più soddisfatta che appassionatamem
te inquieta e 'generosa, e dall’altro di
spiritualizzare questa libertà, riducendola a esperienza interiore. Naturalmente il fascismo non era fatto per
contrastare questa linea di movimento, e furono pochi coloro che videro
chiaro nei due sensi — teologico e politico — e cercarono di vivere un rinnovato impegno vocazionale nel vivo
della vicenda storica e delle responsabilità che imponeva.
Come relativamente pochi furono i
« resistenti » teologicamente e politica
mente coscienti, così fu sostanzialmen
te effimero lo scossone della «liberazione». La situazione è oggi assai confusa e multiforme, ma fra i molti
aspetti ci troviamo di fronte a questo
paradosso: gli eredi di quanti hanno
sempre visto nel « 17 febbraio » un fatto essenzialmente civile e politico sollecitano spesso (non tutti) la chiesa
(quale? da chi rappresentata?) a insistere sulla dimensione interiore e spirituale della libertà, mentre coloro che
respingono come fatale eresia, per un
cristiano e per una chiesa, questa
“scissione" fra interiorità e vita, sono
spesso proprio coloro che affermano
che il « 17 febbraio », se ha ancora un
senso, ne può avere unicamente uno
evangelico, diciamo pure ecclesiastico,
sia pure in senso ampio e non parrocchiale.
La situazione è ulteriormente complicata dall’incidenza che hanno avuto
e hanno anche fra noi, nelle nostre
chiese, le ondate successive della teologia politica", della "teologia della liberazione", “della rivoluzione
movimenti di dimensioni mondiali,
ecumeniche. Per ciò che riguarda, in
particolare, la questione della liberta,
si insiste fortemente, da questa^ parte,
sulla concretezza, sulla storicità della
rivelazione e quindi della liberazione
in Cristo. Si privilegiano tutta una serie di passi, soprattutto dell’Antico Testamento (anche qui il pendolo della
storia ecclesiastica, nel giro di pochi
decenni, e passato da un estremo^—il
rifiuto prima razionalistico e poi "orlano" dell’Antico Testamento — all altro), e se ne trascurano altri. Si da
una’lettura di classe dell’Evangelo anche in riferimento alla questione della
libertà Una parte della chiesa reagisce più con asprezza politica che con
sereno rigore teologico. Mentre per
gli uni il pendolo si attarda in un individualismo interioristico che riduce
gravemente la portata e la forza della
libertà evangelica, per gli altri si slancia in un impegno storico che ne compromette spesso la genuinità e la diluisce con gli apporti di altre fonti.
Eppure si tratta di un problema reale, nessuna squalifica "fraterna", in un
senso o nell’altro, potrà eliminarlo. Ma
perché mancano o sono così scarsi, ogni interventi, voci che abbiano la limpidézza cristallina della Chiesa Confessante degli anni ’30-40?
Comunque, il testo di una conversazione radiotrasmessa di Karl Barin
(I960), mi pare offra a tutti noi, nella
sua semplicità, materia di nflessione
in questo “febbraio valdese ; e lo si
riporta in questa pagina.
Gino Conte
l'eccitazione con cui vuole strappare
e conservare quest'indipendenza, tradirà il fatto di non essere ancora libero.
Ci si avvicina alla verità dicendo
che la libertà è la superiorità
dell'uomo, la sua capacità di dominare tutto ciò che dal sbo interno lo vincola o vuol vincolarlo e condizionarlo.
Pensieri, parole e atti dell'uomo libero lo danno a conoscere come uno che
comunque controlla la considerazione
dell'importanza della propria persona, la paura delle Sue inferiorità, la
rigidezza nel rispettare i principi, una
volta accettati, e nel perseguire certe
mete, una volta scelte, la preoccupazione per il suo futuro, per l'inrpressione e il successo che suscita all'esterno, per il suo buon nome: per quanto
intensamente tutto questo possa agitarsi e rumoreggiare in lui, l'uomo libero lo controlla. Si riconosce un uomo libero da un altro che ancora non
no è, dal fatto che il primo è costantemente impegnato in un dialogo critico con se stesso e dal fatto che non di
rado lo si sente ridere di cuore di se
stesso. Quelli che, quando parlano, di
preferenza o magari esclusivamente
contraddicono altri, e che, se pur ridono, ridono solo alle spalle di altri, possono anche essere persone in gamba,
ma non sono uomirji liberi e quindi
non sono neppure uomini utilizzabili
per un'azione liberatrice. Quanto ci
guadagnerebbe, la libertà, se ci fossero più uomini che hanno in primo
luogo e in sommo grado un senso di
superiorità nei confronti di se stessi !
Un ultimo passo ancora : non è cosa che vada da se, che vi siano
uomini liberi e che nella loro esistenza vi sia una vera, invincibile libertà.
Nessuno può da se decidere e riuscire
ad essere un uomo libero che pensa
pensieri liberi, dice parole libere, compie atti liberi. Nessuno può da se decidere e riuscire a vivere in quel servizio responsabile nei confronti di coloro che ancora non solo liberi, in
quell'ubbidienza e dunque in quel
vincolo. Nessuno può quindi garantire
per la propria libertà, né questa può
essere garantita da altri. Non cè tecnica che assicuri il conseguimento né
la conservazione e la difesa della libertà. La libertà viene dalla libera elezione, è libero dono. L'Iddio libero, di
fronte al quale tutti gli uomini devono
sempre riconoscersi e confessarsi nonliberi, ma che proprio i non-liberi vuole prendersi a cuore, anzi si è da tempo preso a cuore, quell'iddio libero è
l'origine, la fonte della libertà. In ogni
età egli ha creato e continua a creare
uomini liberi, liberi in quel vincolo
con lui e quindi utilizzabile per liberarne altri. E la manifestazione veramente decisiva della loro libertà consisterà ogni mattina nell'invocazione
rinnovata : « Signore, rendici liberi ! ».
Mi avrà capito rettamente chi avrà
capito che non solo con queste
mie ultime parole, ma con tutto ciò
che ho detto finora ho inteso parlare
della libertà cristiana, la libertà che si
realizza, "avviene" sotto questa norma fondamentale; dov'è lo Spirito del
Signore, là è libertà ; là soltanto, ma
là senza dubbio.
Karl Barth
Ph. Potter a Torre Pollice
per il Geoteoarlo valdese
Il pastore Philip Potter, segretario
generale del Consiglio ecumenico delle Chiese, parteciperà alle celebrazioni dell’ottavo centenario del movimento valdese. Egli ha accolto l’invito rivoltogli dalla Tavola Valdese, e sara
a Torre Pedice, a Dio piacendo, per
l’apertura della sessione sinodale di
agosto : come è noto, si tratterà di una
sessione congiunta del Sinodo Vald^e
(area europea) e della Conferenza Metodista d’Italia, e sarà tanto P}« «■
gnificativa la partecipazione di Ph.
Potter, che è un pastore metodista. La
sera del lunedì, nella settimana sinodale, egU terrà una conferenza, U cm
tema sarà precisato prossimamente
A Torino: confermate
le atrocità in Mozambico
I massacri di villaggi inermi, i campi di
concentramento, gli aiuti internazionali al regime del portoghese Gaetano, le armi più moderne a disposizione delle truppe di Lisbona:
queste le ulteriori gravi testimonianze e denuncie avutesi le sera del 25 gennaio presso la
Galleria d’arte moderna di Torino in occasione della manifestazione in ricordo di .Amilcar Cabrai, il dirigente del FRELIMO proditoriamente ucciso un anno fa.
La conferenza, seguita da un dibattito, era
stata organizzata dal Movimento « sviluppo e
pace ». Ha introdotto il dibattito p. Cesare Bertulli, missionario cacciato dal Mozambico per
le sue denuncie. Tn/rn
Ha poi parlato il partigiano del FRELIMU
(il Movimento della liberazione del Mozambico) Amandio Chongo, rimasto ferito in combattimento ed ora privo di una gamba. Fra
l’altro egli ha detto : « Siamo oppressi da 500
anni: il mio popolo vive tuttora a livelli animali. Chi si ribella diventa automaticamente
’’comunista” e come tale trattato. Noi vogliamo solo diventare padroni della nostra terra
e amministrare da soli le nostre ricchezze ».
Anch’egli ha sottolineato come il capitale
straniero internazionale cerchi di puntellare
in tutti i modi il fascismo portoghese nelle colonie, ritardando, ma certo non impedendo,
la vittoria finale delle popolazioni locali.
(Si legga pure a pag. 6)
Ma dobbiamo andare oltre: la libertà quale alleviamento di
ogni genere di costrizione esteriore e
interiore non è che I avvio alla vera
libertà. Questa è infatti libertà da questa e da quella costrizione esteriore e
interiore, perché — e nella misura in
cui — è libertà per un ben preciso
pensare, parlare, agire. La negazione
della non-libertà, anche nelle sue forme migliori, più necessarie e più nobili, può solo essere un accessorio,
una preparazione alla libertà. Gli uomini liberi sono uomini che pensano,
parlano e agiscono in modo positivo.
Essi vogliono e praticano la loro indipendenza e la loro superiorità non
per adornarsene, per goderne e compiacersene ; perciò, anche quando devono lottare per’raggiungerla e difenderla, non sono mai duri, ma sempre
fondamentalmente pacifici. Essi usano
la propria forza per il servizio nel quale sono impegnati: quello di aiutare
coloro che ancora non sono liberi a
diventare anch'essi liberi ; ogni uomo
libero è un segno di speranza, di conforto, di incoraggiamento e di stimolo
per molti che ancora non sono liberi.
Essi insomma usano la libertà proprio
a favore di coloro che ancora non sono liberi. E come li potrebbero aiutare se non fossero anch'essi uomini
indipendenti in ogni genere di dipendenza esteriore, uomini superiori in
ogni genere di limitatezza e meschinità interiore? E come li potrebbero
aiutare, anzi come verrebbe anche solo loro in mente di farlo, se essi volessero tenere per se, come una coroncina personale, la loro indipendenza e
la loro superiorità? Può sembrare strano, ma è libertà di uomini liberi soltanto nel servizio affidato e comandato loro nei confronti di coloro che ancora non sono liberi. Sono liberi soltanto quando sono ubbidienti in questo loro servizio, soltanto in questo
essere vincolati. Ma in questo vincolo
essi sono veramente e invincibilmente
liberi.
LUTERANI E RIFORMATI D’EUROPA
VERSO L’UNITA’
Il 1° ottobre 1974 sarà annunciata,
a Dio piacendo, l’unità tra molte chiese luterane e riformate d’Europa.
Dopo alcuni anni di colloqui teologici si era potuto stilare, nel setteinbre 1971, un documento unitario; la
«Concordia» detta «di I^uenherg»,
dalla località, vicino a Basilea, dove e
stata redatta. Questo testo fu sottoposto all’esame di ben 88 chiese interessate, che hanno comunicato le loro osservazioni e le loro proposte di modifica, sulla cui base si è giunti alla stesura del testo definitivo, avvenuta nel
marzo 1973.
L’intera operazione e stata patrocinata dalla commissione « Fede e Cm
stituzione » del Consiglio
delle chiese e vi ha concorso, direttamente o indirettamente, gran
delle chiese luterane e riformate d^
ropa. Particolare impegno vi hanno
posto, com’è comprensibile, chiese
tedesche, mentre altre chiese ( ad esempio quella riformata di Francia) si sono tenute piuttosto in disparte, mani
testando un interesse limitato.
Ora comunque le chiese si trovano
di fronte alla Concordia. Quelle che
Nella rubrica televisiva
«PROTESTANTESIMO»
Protestanti latinoamericani
Come già annunciato, la rubrica tv
« Protestantesimo » presenterà, giovedì 31 gennaio (ore 18.15, II canale),
una panoramica delle situazioni e dei
problemi dei protestanti latino-americani- ad alcune sequenze filmate si alternerà un’intervista al pastore uruBuavano Emilio Castro, ora direttore
della Divisione della Missione e dell’Evangelizzazione del CEC.
A servizio degli anziani
Il numero di giovedì 7 febbraio sarà
invece dedicato al servizio agli anziani considerando il problema nelle sue
arnpie dimensioni ed esemplificando
con il lavoro in atto a Luserna S. Giovanni. Saranno in studio Alberto Taccia e Fiammetta Gullo.
Faccettano entrano in piena comunione tra loro. Le organizzazioni ecclesiastiche rimangono naturalmente distinte (un’unificazione organizzativa non è
stata neppure ventilata: oltreché estremamente complicata, è un’operazione
di cui non si vede l’utilità e neppure
la necessità, né storica né, soprattutto, biblica); luterani e riformati entrano però in comunione sul piano della fede e della testimonianza, cioè sul
piano della comprensione dell’Evangelo, della sua predicazione (reciproco
riconoscimento dei ministeri), del significato della S. Cena e del battesimo, della missione e del servizio della
chiesa nel mondo. Distinte sul piano
istituzionale, le chiese saranno unite
sul piano sostanziale ; il loro « accordo sull’essenziale» riguarda in effetti
i contenuti della fede e le linee di una
vita cristiana oggi. La loro comunione
può dunque essere reale.
Comunione, si sa, non significa umformità. L’identità confessionale di
ciascuna chiesa non è cancellata o
mortificata ma è finalmente liberata
dal settarismo e dal farisaismo. Non
vogliamo essere protestanti ciascuno
r>er conto proprio. Le nostre radici
sono comuni, e comuni sono i fondamenti della fede; perché non dovrebbero esserlo anche le sue espressioni?
Luterani e riformati possono vivere e
crescere insieme: è il loro isolamento
più o meno farisaico che dovrà finire.
Certo, tra loro sussistono oggi ancora
reali differenze ma è anche possibile
una reale comunione. Non sarà una
comunione senza tensioni, tanto più
che agli antichi motivi di dissenso, ora
in parte superati, possono sostituirsene o sovrapporsene di nuovi, ad esempio sul piano ecumenico (in particolare per quanto concerne i rapporti
con Roma), o sul piano etico (in particolare per la questione politica), o
ancora sul piano teologico (in particolare per la comprensione dei ministeri). L’unità della chiesa non è mai fatta ma sempre da fare, anche tra chiese sorelle come lo sono (e in fondo,
malgrado le reciproche scomuniche, lo
sono sempre state) le chiese luterane
e riformate. L’unità intesa come effetPaolo Ricca
(continua a pag. 2)
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pag. 2
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N 5 — 1“ febbraio 1974
L’EVOLUZIONE DEL CREATO - 3
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NOVITÀ’
Homo sapiens
Nel ricostruire le grandi tappe dell’evoluzione del creato, secondo le ipotesi più attendibili allo stato
attuale della ricerca scientifica, Pietro Comba ci porta alle soglie dell’apparire dell’uomo ’ Il messaggio
della creazione, l’annuncio del Dio creatore e Signore non ha da competere con l’analisi sperimentale
e i risultati della ricerca scientifica, non spiega quando e come è sorta la vita e come si è sviluppata,
quando e come è apparso l’uomo e come è evoluto; esso interpreta questa vita, dà un senso, un orientamento a quest’uomo, gli dice da Chi viene e a Chi va - Ma, senza dubbio, i problemi di questa
fede nel Dìo creatore in termini così nuovi, sono molti: chi li vorrà affrontare con noi e per noi?
Ci sono tre libri che possiamo leggere, pur non conoscendone ancora a
fondo la lingua, e che ci raccontano
il cammino che è stato percorso da
quando le cellule impararano a raggrupparsi, fino alla comparsa e all’evoluzione della nostra si>ecie. Il primo
libro è lo studio comparato degli organismi viventi, dai più semplici ai
più complicati; il secondo è la ricerca
dei resti fossili di forme di vita scomparse, il terzo è l’esame dello sviluppo
degli embrioni, i quali appunto, nel
tempo della propria realizzazione, ripercorrono la via battuta nei milioni
di anni dai loro antenati.
C’è una cosa da tenere presente nell’interpretare questi fatti, ed è che è
molto difficile vedere la direzione dell’evoluzione, capire quali sono le sue
conquiste e quali le sue disfatte, e lo
scoglio principale è che ci tocca studiare noi stessi mediante il nostro
proprio cervello, strumento di indagine e al tempo stesso oggetto della ricerca.
Ma, riusciti a varcare questo Rubicone, abbiamo davanti a noi un quadro storico di ampio respiro, di grande portata.
Le generazioni si succedono,
gli organismi mutano
Vediamo in primo luogo le generazioni che si succedono : e se occorrono
solo venti minuti a un batterio per diventare due batteri, mentre im uomo
ha bisogno di venti o trent’anni per
essere padre, questo ha un sigmflcato
relativo. La vita pulsa da più di due
miliardi di anni, e continuamente da
allora sono emerse e sparite, accavallandosi, le ondate successive degli organismi.
Essi, pur essendo — presi imo a
imo — fedeli copie dei genitori e nonni, se considerati a livello di popolazioni presentano sempre qualche cosa
di nuovo: magari uno su diecimila, o
uno su un milione nascono con un carattere « mutato ».
Il loro DNA, cioè, per fatti del tutto
casuali capitati ai genitori, come l’mfiuenza di radiazioni e sostanze chimiche particolari, porta l’informazione per la costruzione di rma o più
proteine diverse da quelle degli antenati. Queste innovazioni, o meglio, queste mutazioni sararmo trasmesse ai figli se porteraimo qualche vantaggio;
se no, il portatore della mutazione
non sarà lui stesso in grado di sopravvivere e riprodursi. È dunque da fuori, dall’ambiente, che viene il giudizio
inesorabile che accetta o scarta le nuove proposte di cui gli organismi « mutanti» sono portatori. Ma mentre la
mutazione è avvenuta casualmente, il
giudizio che seleziona le novità coniparse è chiaramente « orientato », attivamente incoraggia certe mutazioni,
ostinatamente ne respinge altre, e un
po’ alla volta, col passare dei millenni, l’organismo diventa più adatto al
mondo in cui si trova. Si può dire che
un organismo evoluto può « rifiatare »,
mentre i suoi lontani antenati erano
inchiodati in ogni istante a una più
aspra lotta per resistenza, e il mondo
esterno pareva loro più ostile.
L'influenza dell'anibiente
Se cambiano le risorse disponibili,
il clima o qualsiasi aitro fattore, la
pressione seiettiva si orienta in dire
zioni nuove, e siccome ia storia deila
Terra è ricca di questi cambiamenti,
improvvisi o graduaii, anche ia storia
dei viventi non è rettilinea. È piuttosto
un grande aibero genealogico, con radici lontanissime, antichi rami disseccati, altri rami fiorenti, e ad ogni stagione nuovi germogU mai visti prima.
Siamo infatti tutti imparentati, perché
comune è l’origine remota, medesimi moiti costituenti delle cellule, uguali per tutti gii eiementi costitutivi
del DNA.
Premessa l’unità fondamentale del
mondo biologico, acquista un senso
studiarne le differenze e la loro sto
F.F.V.
La F.F.V. programma, per la
metà di febbraio, due doppie
pagine dedicate aii’apporto delle
donne attraverso gli otto secoli
della storia valdese. Questo lavoro, pensato in origine come
materiate di studio da diffondere neile Unioni femminili, è poi
parso di interesse per una più
larga cerchia di lettori e sarà
pubblicato, in due settimane successive, su questo settimanale.
La F.F.V. auspica però vivamente che ie U.F. usino questo materiale per il loro lavoro; a tale scopo si sollecita la prenotazione immediata (L. lOO la copia) dei numero di copie eventualmente desiderate, presso
Marie-France Coisson, Chiesa
Valdese, 10060 Angrogna, telef.
0121/91444.
ria. Si vede aiiora una prima grande
« vittoria », che è l’unione di cellule
isolate a formare organismi pluricellulari. Prima si tratta di colonie, i cui
componenti sono tutti uguali, poi avviene la divisione del lavoro, per cui
le cellule si specializzano: ognuna avrà un ruolo, e tanto più avanzato e
perfezionato esso sarà, tanto più ia
celiula in questione dipenderà dalle altre per tutto il resto.
E ritornando all’esempio iniziale dei
tre libri, ecco che la lettura del primo
di essi si traduce nella semplice osservazione delle cellule che tuttora vivono indipendenti le une dalle altre, « ancora» capaci di fare tutto: mangiare,
essere eccitate, muoversi, riprodursi.
Alcune di esse sanno unirsi, per fusione, ad esempio, o per mancata separazione dei due « figli » di uno stesso
« genitore » divisosi a metà. Possono
essere equivaienti, s’è detto: e, come
nelle forme più semplici di associazione ceiiulare, anche gli embrioni
umani nei primissimi momenti sono
due, quattro celiule uguali, che possono a volte staccarsi e dare vita ognuna ad un gemelio.
Dal concepimento alla nascita
noi riviviamo la storia
di milioni di anni
Che cosa significa questo? Che dal
concepimento alia nascita noi riviviamo la storia di centinaia di milioni di
anni: siamo una sola cellula, all’inizio,
poi poche ceilule uguali, ognima delle
quali potrebbe dare un individuo.
E poi la nuova conquista : il dlfferen
S., «ita pmnta per noi
Dopo averci mostrato la morte dell uomo, dell uomo naturale di tutti noi, l’evangelo di Giovanni, come gli altri evangeli, ci
mostra la morte dell’Uomo con l'U maiuscola, dell’Uomo che
riunisce in sé e rappresenta tutta l’umanità, il Signore Gesù Cristo. Questa morte sostituisce ormai quella di tutti gli uomini; m
virtù di essa gli uomini non muoiono più.
Infatti se la morte è la conseguenza del peccato, quando
sta conseguenza è portata all’estremo per mezzo della morte delrUomo che rappresenta tutti gli altri, il peccato ha raggiunto il
suo fine ultimo, ed è finito, soppresso, distrutto: « uno solo mori
per tutti, quindi tutti morirono », argomenta 1 apostolo Paolo
(2 Corinzi 5: 14). E poiché quell’Uno è poi risuscitato, come afferma in seguito questo evangelo e come ripetono gli altri, anche
quelli che per fede lo hanno seguito nella morte, lo seguono anche nella resurrezione per vivere in eterno.
L’evangelo di Giovanni ci racconta che quando un soldato,
dopo la morte di Gesù, « gli forò il costato con una lancia,
bito ne uscì sangue ed acqua » (Giovanni 19: 34). Subito, pei che
non c'era altro da aspettare — il sacrificio era perfetto , si mostrò al mondo, e per tutti i secoli, il sangue, cioè il mezzo dell offerta, e l’acqua, cioè la vita che quell offerta produce.
Beviamo tutti di quest’acqua e di questo sangue, credendo
che tutte queste cose sono vere; cessiamo di volgerci disperatamente a destra e a sinistra per cercare la vita che desideriamo,
questa vita è pronta per noi, da 19 secoli, nel corpo del Signore
Gesù Cristo.
Lino de Nicola
Arnaldo Mesti
“Gesù socialista”
Una tradizione popolare italiana
ciau
1 dia
Y na
ziamento dei tessuti e degli organi, i
quali acquistano una forma e una funzione propria, tutti necessari, nessuno
autosufficiente. L’organismo ha cos’i
degli interessi che la singola cellula
non poteva conoscere, come la cellula
realizzava dei traguardi che le molecole una a una non potévano concretizzare: una molecola non reagisce agli
stimoli esterni, una cellula si; una cellula non ha memoria e linguaggio, un
organismo superiore si.
Eppure nulla vi è nella cellula, che
le sue molecole non giustifichino con
le loro proprietà, e nessun aspetto
della vita degli organismi è tale da non
essere spiegabile in base alle proprietà delle cellule stesse. Si tratta di integrare il lavoro di tutte le componenti, di tener conto di tutti gli effetti, di
sommarli, di vedere l’andamento delle reazioni chimiche in corso, conoscere le condizioni esterne, la luce, il
calore e così via. Si vedrà allora che
gli organismi sono efficienti, anzi sono
le più efficienti fra lè macchine, le sole
capaci di replicarsi e diffondersi.
La chiave del differenziamento è da
cercarsi nel cuore di ogni cellula, in
quella regione detta nucleo, dove si
trova il DNA, che come abbiamo visto è il dettagliato progetto dell’organismo. Se ogni individuo, per complesso che sia, deriva da una sola cellula,
come in effetti avviene, dobbiamo
dedurre che un progetto uguale a quello della cellula di partenza si troverà
in ogni cellula di ogni organo di quel
corpo.
Come mai, allora, l’una diventa nervo, l’altra osso e l’altra ancora sangue? La ragione è che in ogni tipo di
tessuto, in ogni organo, la particolare
sintesi delle proteine è retta solo da
un tratto di DNA, non da tutto. Uguale per tutte le cellule di uno stesso
corpo è il corredo genetico, cioè l’eredità ricevuta dal padre e dalla madre,
il nucleo della prima cellula dell’embrione. Esso, replicatosi numerosissime volte, è lo stesso in tutto il corpo,
ma in ogni cellula ne funziona solo
una parte. Così, il colore dei miei occhi sta scritto in tutte le mie cellule,
ma solo quelle dell’iride devono tradurre quest’istruzione in determinati
pigmenti.
Il « progetto »
che guida il differenziamento
Si lavora molto per chiarire i complessi meccanismi per i quali il nucleo guida tipi diversi di sintesi proteiche, e qui si può dire, a scopo dimostrativo, che un batterio ha un nastro di DNA lungo un mUlimetro e
molto sottile, al punto da essere arrotolato entro il batterio stesso che è
largo la millesima parte di un millimetro. Nelle nostre cellule, ben più
complesse, ma sempre piccole (i globuli bianchi del sangue, per esempio)
c’è un sottile filo di DNA, lungo però
ben due metri, se si potesse srotolarlo e stenderlo. In realtà esso è arrotolato su se stesso e, nei momenti in
cui, raddoppiatosi, si ripartisce fra
due cellule figlie, lo si vede al microscopio sotto forma di un certo numero di bastoncelli. Questi sono chiamati cromosomi, e il loro numero e la
loro forma rimangono le stesse in una
medesima specie. Cos’i un certo moscerino ne ha quattro paia, un determinato crostaceo ne ha otto paia, e
l’uomo ventitré paia. Di regola i cromosomi sono costanti, ma nell’evoluzione è successo molte volte che abbiano indentalmente subito alterazioni di forma e numero, muta,zioni rilevanti che possono avere introdotto
molti caratteri nuovi. La ragione per
cui i cromosomi sono a paia è che, alla prima cellula dell’embrione, ne arrivano metà dal padre e metà dalla
madre : hanno pertanto, se presi a due
a due, aspetto simile e controllo degli stessi caratteri.
Dalla genetica alla storia
Tornando ora dalla genetica alla
storia, vediamo che la comparsa dei
pluricellulari avviene circa seicento
milioni di anni fa, e si assiste in quel
periodo a un’esplosione di forme nuove: alghe, spugne, coralli, molluschi
riempiono i mari e alcune alghe, dopo
ripetuti tentativi, escono dall’acqua e
si aggrappano agli scogli, si arrampicano sulle spiagge, muoiono in gran
numero bruciate dal sole, ma alcune
resistono, e nel frattempo altre forme di vita si impiantano tenacemente
sul tappeto di sostanze organiche formato dalle prime colonizzatrici. Le alghe producono più ossigeno di quanto sia respirato, e così modificano l’atmosfera, che diventa più accogliente,
più simile a quella di oggi.
Verso i quattro-cinquecento milioni
di anni fa le forme più evolute erano
però ancora nell’acqua: gli antenati
dei i>esci d’oggi avevano già un buon
sistema nervoso grazie al quale si
muovevano in modo equilibrato, ci vedevano, e in poche parole avevano notevoli capacità di sentire vari stimoli
(« Nostro tempo » 14, pp. 242, 12 ili., L. 2.900)
Un libro che è una scoperta. La prima indagine sociologica su un aspetto ignorato della
cultura delle classi subalterne in Italia: la religiosità non ecclesiastica dell'anticlericalismo
socialista e anarchico dal 1880 al fascismo. Con ampia documentazione e testi inediti.
Un ibro che si inserisce in modo determinante nell'attuale dibattito sul socialismo, la
questione cattolica e su! rapporto fra avanguardia e masse.
EDITRICE CLAUDIANA - Via Principe Tommaso, 1 - c.e.p. 2/21641
10125 TORINO
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e reagire loro. L’avventura di quelli
fra loro che uscirono dal mare e si
trasformarono un po’ alla volta in anfìbi e rettili è riassunta nello sviluppo individuale di ogni girino che diventa rana: impara a respirare l’aria
e a muoversi sulle zampe, e si adatta
alla sua nuova condizione con numerosi meccanismi coordinati. I rettili,
e dopo loro i mammiferi e gli uccelli,
sono rami di questo stesso tronco. Noi
stessi portiamo in noi il mare che abbiamo lasciato : Tembrione umano vive nell’amnios, un sacco pieno d’acqua, e nel corso del suo sviluppo c’è
un periodo in cui si formano le arcate e le tasche branchiali, che poi, tranne in casi di malattie, si risolvono in
altri organi come le tonsille, per esempio, o la tromba di Eustachio fra la
bocca e l’orecchio.
Un albero genealogico
delle specie viventi
Sono quindi anatomia comparata e
embriologia a mostrarci le analogie e
le differenze con le altre specie a noi
vicine o lontane. Ma il lavoro può anche esser fatto su altre basi, per esempio considerando una proteina che
prende parte alla respirazione in organismi assai diversi e che ha una sequenza di un centinaio di aminoacidi.
Aicuni di essi sono gli stessi in tutte
le specie considerate, altri variano. Tenendo presente che più due specie sono vicine nella scala evolutiva, meno
differenze ci saranno fra le loro sequenze di aminoacidi, si è costruito al
calcolatore un vero e proprio albero
genealogico delle specie viventi, ed esso è risultato analogo a quello costruito coi dati dell’anatomia.
Quanto alla paleontologia, cioè lo
studio delle forme scomparse, in base
ai loro resti fossili, è stata lei a dare
una dimensione storica alla biologia,
che fino al Settecento aveva di regola
guardato alla natura come a una realtà stabile e non capace di evoluzione.
Abbiamo detto che inizialmente furono i rettili a dominare la scena, e
che da loro si differenziarono, su vie
diverse, i mammiferi e gli uccelli già
verso i duecento milioni di anni fa.
Solo negli ultimi settantacinque milioni, però, gli uccelli e i mammiferi
si svilupparono pienamente e, soprattutto, solo da un milione di anni esiste l’uomo. La data in sé, chiaramente, non va presa alla lettera: quello
che si può dire è che intorno a quell’epoca i nostri progenitori erano impegnati in un processo di particolare
sviluppo, e di differenziazione netta
da quanto s’era visto fino ad allora, o
meglio, a partire da quell’età uomini
e scimmie sono cugini che percorrono
vie separate. Nell’età subito precedente, il periodo di transizione fra scimmia e uomo, c’erano dei generici bipedi che non amavano la foresta né il
deserto, ma preferivano le steppe, do
ve sviluppavano il senso della vista e
la percezione accurata delle tre dimensioni, e nello stesso tempo «imparavano» a impugnare gli oggetti. In
seguito, fu soprattutto il cervello a
svilupparsi, non solo nella sua anatomia, ma anche nella sua architettura
cellulare, cioè nei tipi di cellule nervose presenti, nel loro numero, e nei
loro rapporti reciproci. Ed infatti, sia
i molti « tipi » umani estinti, di cui
non abbiamo purtroppo molti fossili,
sia il gruppo « praesapiens » da cui deriva Homo sapiens (cioè noi) non sono descrivibili in base alla loro sola
forma esteriore, ma sempre di più dal
loro nascente mondo culturale.
Negli ultimi centomila anni
il nostro cervello non ha più
conosciuto vere mutazioni biologiche :
le trasformazioni sono state culturali
L’occhio vede, la mano afferra; uno
indica la preda, gli altri capiscono ; per
generazioni hanno paura dei lampi,
poi imparano a accendere il fuoco...
In effetti non ci sono più stati veri e
propri cambiamenti nel cervello durante gli ultimi centomila anni, e il
discorso « strettamente » biologico va
integrato con un discorso culturale
più ampio. Si può parlare di eredità
culturale, cioè un patrimonio di esperienze e idee che le generazioni si sono trasmesse mediante vari tipi di apprendimento, cosicché ogni generazione ha costruito, su una base già esistente, il suo particolare contributo.
La difficoltà di un simile studio sta
nel discernere nei fenomeni psichici la
loro base materiale (funzionamento di
-articolari cellule guidato dal corredo
genetico), e le loro strutture «esterne », cioè l’influenza dell’ambiente e
delle esperienze registrate dal soggetto in questione.
* ^
Data la grande portata di questi problemi che coinvolgono in un’appassionante discussione la cultura in generale e la scienza in particolare, non è
pensabile di arrivare a conclusioni definitive e spicciole, per cui il discorso
resta aperto a tutti i contributi.
In ogni caso, sembra giusto trarre
un’indicazione, e cioè che l’approccio
sperimentale è destinato a chiarire
sempre meglio il complesso funzionamento della nostra mente e del nostro corpo. Ho usato appunto la parola funzionamento perché penso che
a questa analisi debba affiancarsi una
interpretazione della nostra vita, individuale e collettiva, il cui senso profondo credo giusto individuare nel
messaggio cristiano. Non dunque una
fede per spiegare chi siamo, o per farci una ragione della realtà storica o
delle incognite della natura, ma una
fede, come diceva l’apostolo Giovanni, per un Dio che vuole essere adorato in spirito e verità.
Pietro Comba
VERSO L'UNITA'
/segue da pag. 1 )
tiva comunione di fede e di testimonianza è un cammino da percorrere,
non un traguardo già raggiunto, è un
progetto da tradurre in realtà, una vita in comune da impostare e costruire. La sottoscrizione della Concordia
non crea automaticamente la comunione : ne pone la premessa, ne indica il fondamento, ne sollecita l’attuazione. La comunione è offerta e promessa: è un dono, e quindi anche un
compito.
Sottoscrivendo la Concordia le chiese si impegnano perciò a partecipare
alle future conversazioni e consultazioni a carattere continuativo che luterani e riformati d’Europa attueranno tra loro. Verranno cioè istituite forme permanenti di dialogo e di confronto, attraverso le quali la comunione istituita verrà di volta in volta incrementata e verificata. Il « Comitato
di continuatione » eletto daH’ultima
assemblea di Leuenberg, riunitosi a
Cartigny (Ginevra) il 26 e 27 gennaio
u. s., si è occupato in particolare di
questa fase dei futuri rapporti tra luterani e riformati, indicando come
possibili temi delle conversazioni sia
questioni dottrinali ancora controverse sia (e soprattutto) problemi attuali di natura etica, politica e teologica,
sia infine la questione dell’unità cristiana oltre le frontiere della comunione luterano-riformata.
La chiesa valdese ha partecipato fin
dall’inizio ai colloqui teologici poi sfociati nella Concordia di Leuenberg,
che il nostro Sinodo ha già approvato,
in linea di massima, nella sua prima
stesura. Il Sinodo del prossimo agosto
dovrà pronunciarsi sul testo definitivo. Finora una ventina di chiese hanno già dato la loro approvazione. La
data entro cui esse sono invitate a far
pervenire a Ginevra la loro decisione
è il 30 settembre prossimo. Si sa già
che alcune chiese non potranno, per
mancanza di tempo, pronunciarsi in
maniera definitiva entro quella data:
così, ad esempio, le chiese luterane
scandinave e la chiesa presbiteriana
di Scozia. Vi saranno quindi adesioni
anche dopo il 30 settembre: la Concordia di Leuenberg mette in atto un
processo, che comincia dal 1° ottobre
1974 e si prolunga nel futuro. La comunione tra luterani e riformati è destinata ad approfondirsi ma anche ad
allargarsi. E l’accettazione della Concordia da parte di una chiesa più che
un atto conclusivo è un atto ianugurale: si comincia una nuova tappa del
nostro cammino di chiese evangeliche,
e si decide di percorrerla insieme.
Naturalmente, il testo della Concordia è, appunto, concordato e si presta
a interpretazioni differenziate. Unità
non significa unanimità. Alcune formulazioni, specialmente sul battesimo
e sulla S. Cena, possono lasciare perplesso un credente riformato. Ma soprattutto l’intero discorso teologico si
muove ancora all’interno di preoccupazioni dottrinali-confessionali che,
certo, non sono quelle che più urgono
nel nostro tempo. Si tratta in effetti
di questioni minori, non di questioni
decisive. Anch’esse però devono essere affrontate e risolte. Ignorarle non
è una soluzione. Secondo l’Evangelo è
dalla fedeltà nelle piccole cose che si
misura la fedeltà nelle grandi, e non
viceversa !
A nostro avviso, la Concordia di
Leuenberg come contenuto appartiene
più al passato che al futuro ma come
fatto appartiene più al futuro che al
passato. Perciò speriamo che il Sinodo la sottoscriverà.
Paolo Ricca
3
X- febbraio 1974 — N. 5
NELLA GERMANIA OCCIDENTALE
T,A CHIESA V. T,A SUA MISSIONE NEL MONDO
pag. 3
Una risoluzione della Commissione delie Chiese
presso le Comunità Europee, a Bruxelles
Questioni scolastico-confessionaii ¡ lavoratori stranieri, oggi
_ - • t« !• + i KÍ11 Éir'o n TMll TìPT'O TlPllil f OT*lTlS _ __ . _ ... _j.j. D84*A»«a aTia 1«
La Chiesa cattolica rifiuta lezioni
di religione comuni progettate
nella Bassa Sassonia
A causa del rifiuto della Chiesa cattolica romana, è fallito il progetto di
istituire lezioni di religione comuni
per diverse confessioni, nel Land della Bassa Sassonia. La Chiesa cattolica
romana ha respinto un paragrafo della nuova legge scolastica della Bassa
Sassonia, in base al quale, in caso di
accettazione da parte delle autorità
ecclesiastiche competenti, sarebbero
stati possibili corsi di religione comuni. I rappresentanti della Chiesa {Landes Kirche) evangelica hanno espresso
il rincrescimento per questa decisione,
dichiarando testualmente: « Non si è
riusciti a far sì che ciò che fiorisce in
segreto, sia pure garantito giuridicamente ».
(N.d.r.: ci è difficile pronunciarci
recisamente, non conoscendo quali sarebbero i programmi di questi corsi
di religione comuni; confessiamo però
che comprendiamo meglio la posizione dei cattolici che quella dei nostri
fratelli protestanti).
Breve culto scolastico permesso
nella Renania-Westlalia
In base a una decisione della Corte
amministrativa federale, a Berlino, nelle scuole comunali del Land della Renania settentrionale-Westfalia, è ammesso nel quadro deH’orario normale
un breve culto scolastico interconfessionale, anche al di fuori dell’ora di
religione. .
La libertà di fede e di coscienza dei
singoli alunni non viene ferita, a con
dizione che il diritto di non partecipare a questa manifestazionne scolastica sia effettivamente riconosciuto
in modo pieno. I genitori devono quindi essere informati circa questo breve
culto, affinché, se lo desiderano, possano inviare il figlio a scuola solo dopo di esso.
Scuole per alunni di ogni confessione
Nella bozza della nuova legge scolastica della Bassa Sassonia è stata ripresa l’antica formula secondo cui la
scuola pubblica si rivolge agli « alunni di ogni confessione ». In un’altra
proposta di legge si parlava soltanto
del « dovuto rispetto per coloro che
hanno convinzioni diverse. Ora, come
prima, è garantita la « libertà di confessare » (la propria fede o convinzione). In un altro paragrafo si afferma
che gli alunni devono essere educati
« sulla base del cristianesimo, dell’umanesimo europeo e della tradizione
democratica ». {N.d.r.: un mazzo di
fiori — non senza spine — ricchi di incroci, ma eterogenei...).
A Norimberga, 39 classi senza lezioni
di religione
In una trentina di classi scolastiche
di Norimberga durante il corrente anno scolastico non si tengono lezioni di
religione. Il motivo è la mancanza di
insegnanti. Per ovviare a tale carenza,
si stanno formando uomini e donne
in un « corso catechetico di base », corso bisettimanale iniziato lo scorso ottobre e che durerà fino al giugno 1974,
con lo scopo appunto di formare insegnanti di religione.
Per la prima volta i protestanti tedeschi occidentali
sono meno della metà della popolazione
L’ufficio statistico federale, a Wiesbaden, sulla base del censimento 1970
ha calcolato che la percentuale dei
protestanti, sulla popolazione del territorio federale e di Berlino Ovest,
non raggiunge, per la prima volta, il
50%. Se nel 1960 i protestanti erano
ancora il 51,1% (29,7 milioni), sono
scesi ora al 49% (28,7 milioni). Nello
stesso decennio la percentuale della
popolazione cattolico-romana è salita
di 2,26 milioni, giungendo a un totale di 27 milioni, cioè dal 41,1 al 44,6%.
Il 6,4% della popolazione (3,8 milioni)
non è né protestante, né cattolica, né
israelita; dieci anni fa questo gruppo
rappresentava il 4,7% (2,6 milioni). Oggi ancora il 93,6% dei cittadini federali si dichiarano aderenti a una delle
grandi Chiese cristiane. A parte il gruppo citato di coloro che si dichiarano
senza confessione, è aumentata in percentuale anche la popolazione di confessione ebraica; è cresciuta in dieci
anni del 40%, passando da 23.000 a
32.000.
continueranno più, però, nella forma
avuta finora, marcatamente liturgica;
la formula si è usata — si dice nel
gruppo — e negli ultimi mesi il pubblico è stato largamente assente. Non
interessano più le grandi marce; ora
si mira piuttosto alla « informazione,
discussione a gruppi e meditazione »,
con « poche persone, ma impegnate ».
li vescovo Class mette
in guardia contro...
...Slogans omicidi
Il vescovo evangelico del Württemberg Helmut Class, di Stoccarda, ha
messo in guardia da uno spirito partigiano, che ragiona in termini di amico-nemico, e che minaccia pure i cristiani spingendoli a etichettarsi di « sinistra » e « destra », « modernisti » e
«pietisti». Questi ' giudizi globali possono diventare « slogans omicidi ». Se
degli individui o dei gruppi, nell’ambito della Chiesa, presentano e sostengono le loro posizioni e i loro programmi come degli assoluti e ne fanno così delle ideologie, pericolo in vista. Chi parla di altri ironizzando, riducendo, dicendo mezze verità o ferendo infrange il comandamento:
« Non dir falsa testimonianza contro
il tuo prossimo ».
...una « fredda neutralità »
nei confronti di Israele
Ai cristiani non è lecito considerare
con distacco il destino di Israele. Restando indiscussi i diritti vitali degli
Arabi, i cristiani non possono ritirarsi
in una « fredda neutralità », ritiene il
vescovo Class, che si è rifatto a una
dichiarazione del cancelliere federale
Brandt, il quale ha detto che in questa questione non c’è neutralità di
cuore e di coscienza.
...l’abbandono della comunità locale
Secondo il vescovo Class la comunità locale non ha perso il suo valore:
essa è attuale oggi come ieri, anzi si
impone più che mai in un mondo nel
quale l’estraniamento — nei grandi
complessi d’abitazione e urbani — dev’essere addolcito e combattuto. Perciò è oggi necessario costituire nuove
’parrocchie’ e centri di servizio pastorale nei grandi settori di svilupno urbano, e al riguardo si fa sentire con
acuità particolare la carenza di vocazioni e forze pastorali.
Bruxelles (bip) — La Commissione
delle Chiese presso le Comunità Europee, composta da rappresentanti delle
Chiese protestanti del Belgio, Francia,
Germania federale, Italia, Olanda e
delle Chiese anglicana e protestanti
della Gran Bretagna, hanno votato la
seguente risoluzione relativa ai lavoratori stranieri migranti in Europa;
« La Commissione delle Chiese presso le Comunità Europee ha esaminato, in occasione di una sessione tenuta a Bruxelies il 14 e il 15 dicembre,
la politica della Comunità nei confronti dei lavoratori stranieri.
La Commissione delle Chiese esprime la preoccupazione per la sorte dei
lavoratori stranieri conseguente alla
attuale crisi energetica. Ritiene che la
esigenza deila giustizia sociale è incompatibile con misure di licenziamento che colpirebbero in primo luogo i lavoratori stranieri.
La Commissione chiede ai governi
nazionali, agli organismi imprenditoriali e operai di condividere il peso
della situazione odierna in modo che
i più deboli non ne subiscano il peso
maggiore.
Tutti i responsabili devono essere,
coscienti del fatto che l’angoscia g^
nerata dalla minaccia di perdere il
lavoro costituisce di per sé un peso assai duro. La Commissione ritiene che
le Chiese devono, nella crisi attuale,
dar prova di solidarietà con i lavoratori stranieri e i lavoratori autoctoni ».
Il rinnovamento
secondo alcuni
delle Chiese airicane
educatori cristiani
Solo per « persone impegnate »,
i «< culti politici » di Colonia
« Cristiani per il socialismo » si chiama, da qualche tempo, il gruppo che
da cinque anni con il suo « culto serale politico» {politisches Nachtgebet),
a Colonia, guidato dalla teologa Dorothee Solle e poi dall’ex-benedettino Edmund Steffensky (ora docente all’Istituto superiore sociopedagogico di Co
lonia, predicatore luterano, e marito
della Scile stessa) ha suscitato vivo
interesse e discussione ben oltre i confini della Germania federale. Sotto la
nuova denominazione sarà continuata
la lotta a favore di coloro « che sono
frodati della soddisfazione di esigenze
fondamentali ». I « Nachtgebete » non
0 I laici cattolici della Repubblica federale tedesca potranno, a certe condizioni,
predicare: lo ha deciso la Congregazione del
clero, comunicando l’autorizzazione, valida
per quattro anni a titolo sperimentale, alla
quarta assemblea plenaria del Sinodo di tutte
le diocesi della Germania occidentale, riunita
a Wiirzburg, in Baviera.
NELLA GERMANIA ORIENTALE
Panorama delle Chiese
evangeliche nel 1973
Non è possibile definire con un’unica formula — a proposito della politica ecclesiastica cioè del rapporto fra
Stato, società e Chiesa nella Repubblica Democratica Tedesca (RDT) —
tutti gli avvenimenti e tutte le tendenze del’anno appena concluso.
È continuato, con pari intensità, il
conflitto scolastico. Lo si può dedurre
dallo sproporzionato diradarsi dei partecipanti ai corsi biblici e catechetici.
Il sinodo federale e i sinodi regionali
hanno constatato pubblicamente che
fra i genitori cristiani vi è una paura
latente che la partecipazione dei loro
figli alla vita ecclesiastica debba esser
pagata con la rinuncia a successi a
scuola e negli studi, nella formazione
professionale e nella vita sociale nel
.suo complesso. Con insistenza crescente ci si appella agli organi statali, affinché riconoscano l’esigenza della tolleranza. Salvo eccezioni, non si registrano successi in questa lotta.
Successo si è avuto invece in un altro settore: a metà anno la dirigenza
della RDT, dopo trattative con la Federazione delle Chiese evangeliche, ha
riveduto la sua interpretazione restrittiva delle leggi sulle manifestazioni,
per ciò che riguarda l’esercizio della
religione. Da quel momento sono diminuiti, di numero e d’intensità i conflitti sul diritto ecclesiastico, ad esempio quello di invitare alunni e giovani
a campi di vacanza, di formazione biblica. Pare che sia le chiese e gli organizzatori ecclesiastici, sia le autorità statali abbiano fatto, nella seconda
metà dell’anno, esperienze non negative circa il fatto nuovo che la polizia
non deve ora più occuparsi (nemmeno per registrarlo) di ogni incontro
ecclesiastico che non sia tipicamente
cultuale.
Questo fatto è naturalmente collega
to alla questione, tuttora irrisolta, di
quale ruolo sociale possa (di diritto
e di fatto) e debba avere nel socialismo della RDT. La Federazione delle
Chiese evangeliche nella RDT non ha
portato avanti gli sforzi dei suoi sinodi affrontando in modo sistematico la
questione, dopo il rumore suscitato
nel Sinodo 1972 dalla relazione sinodale di Heino Falche sul tema « Cristo
libera, perciò : la Chiesa per gli altri ».
Invece nella prima metà del 1973 la
Unione democristiana (CDU) orientale, la Conferenza cristiana della pace e
altri gruppi analoghi hanno proseguito
la loro attività nel presentare quale
esempio il « cittadino socialista di fede
cristiana ».
Nell’autunno 1973 quest’azione si è
un po’ ridotta; e al suo posto si è potuto registrare che centri politici della
RDT si presentavano un po’ più aperti
all’idea che non solo i singoli cittadini
cristiani, ma anche le loro organizzazioni di base, le Chiese hanno un preciso peso politico nel socialismo. La
Federazione delle Chiese evangeliche
nella RDT si è decisa, per la prima
volta, a inviare rappresentanti ufficiali
e responsabili a un congresso politico,
il « Congresso mondiale delle forze
della pace » riunito a Mosca a fine ottobre.
Ha destato attenzione due discorsi
del vescovo di Görlitz, Hans Joachim
Pränkel, in primavera e in autunno,
nei quali ha pubblicamente trattato
dal suo punto di vista la questione della responsabilità politica della Chiesa,
esprimendosi assai chiaramente e criticamente in merito al problema della tolleranza e della validità incondizionata dei diritti dell’uomo nella
prassi della Repubblica Democratica
Tedesca.
Reinhard Henkys
0 In un articolo pubblicato su « Inter nos »,
periodico della Conferenza episcopale cattolica dell’Africa meridionale, il p. Michelson
scrive : « Fra cinque anni cinque Chiese dell’Africa del Sud si saranno forse unite sotto
la denominazione ’’Chiesa unita dell Africa
del Sud”: la Chiesa della Provincia (anglicana) la Chiesa metodista. l’Unione congregazionalista, la Chiesa presbiteriana dell’Africa
del Sud e le Chiese presbiteriane bantii e
tsonga ». Il p.. Michelson è uno degli osservatori cattolici nel Comitato per l’unità della
Chiesa costituito nel 1968 dalle sei Chiese
suddette, per studiare a fondo le possibilità di
unificazione.
Oaborone, Botswana {soepi) — Nell’Africa di oggi, la « questione bruciante » per la Chiesa è quella della direzione africana e della partecipazione
delle donne e dei giovani. Secondo un
comunicato indirizzato alle Chiese ed
ai Consigli Cristiani del Botswana,
della Rodesia, dell’Africa del Sud e
dello Swaziland e redatto da 33 educatori originari di tali paesi, tutta la
struttura della Chiesa ha bisogno di
« essere urgentemente riveduta ».
Tale comunicato pubblicato al termine di un recente colloquio organizzato dal Dipartimento dell’educazione
del CEC e dalla Conferenza delle Chiese Africane (CETA) dichiara in particolare che « la Chiesa è strutturata in
modo tale che l’africano è relegato in
posti subalterni nella direzione della
Chiesa, mentre la maggioranza dei
suoi membri è composta da africani
oppressi... ». In tale comunicato si afferma inoltre che « è l’ora di avere
una direzione veramente africana, non
già quella di tipo europeo che serva a
mantenere lo statu quo sostenendo i
governi che opprimono gli africani ».
In seguito a rapporti rodesiani e
sud africani sugli effetti dell’apartheid
nel campo dell’istruzione, il colloquio
ha dichiarato: « Il razzismo è un peccato. La Chiesa deve combatterlo. Delle disposizioni discriminatorie disumanizzano l’uomo, alterano l’istruzione e
sono destinate a perpetuare l’oppressione di una razza da parte di un’altra ».
Il comunicato cita più precisamente ciò che, nei sistemi di apartheid, va
contro gli interessi degli africani: « Si
insegna ai bambini a credere che la
razza al potere ha una cultura superiore... nella letteratura, nei libri, nei programmi scolastici, nei giochi, nei mezzi di comunicazione di massa e in modo particolare nei libri di storia in cui
si dà un’immagine deformata della
razza oppressa nei confronti di quella
che è al potere ».
Il risultato è un « potere distruttore sui fanciulli » conclude il rapporto.
I partecipanti hanno anche criticato
la « mancanza di impegno della Chiesa, la sua indifferenza e la sua scarsa
partecipazione allo sviluppo nazionale ». La Chiesa non fa udire la sua voce quando la legislazione vigente tocca i suoi interessi, come nel caso di
scuole o fattorie dipendenti dalle missioni.
Secondo i partecipanti al colloquio.
Philip Potter invitato alla prossima terza Assemblea
delia Conferenza delle Chiese di tetta l'Africa
Lusaka (bip) — Da fonte protestante
si conferma a Lusaka la partecipazione
del pastore Philip Potter, segretario generale del CEC, alla terza Assemblea
della Conferenza delle Chiese di tutta
l’Africa (CCTA), in programma dall’ll
al 24 maggio prossimi a Lusaka, capitale dello Zambia.
Il segretario generale del CEC, si
precisa, presiederà una grande riunione di massa all’aperto, nel corso di
quest’assemblea che avrà come tema
generale « Non vivere più per noi stessi, ma per il Cristo ».
« La presenza del segretario generale
del Consiglio ecumenico alla terza assemblea della CCTA offrirà un’occasione particolare per manifestare Vumversalità della Chiesa » — ha dichiarato il
pastore Richard Andriamanjato, sindaco di Tananarive (Madagascar) e
presidente del Comitato esecutivo della
CCTA.
Gli studenti cristiani zambiani
vogliono partecipare attivamente
alla terza assemblea della CCTA
Lusaka (bip) — Gli studenti cristiani dello Zambia esprimono il desiderio di essere
strettamente associati alla preparazione locale
della 3“ assemblea della CCTA.
Ne ha preso atto il comitato locale di preparazione e d’accoglienza. Nella sua recente
riunione ha udito le relazioni delle sottocom
missioni stampa, culti e accoglienza ai delegati, e ha approvato le proposte relative alla
partecipazione studentesca alla preparazione
della prossima assemblea. Data l’importanza
deU’avveniraenlo e il privilegio per la Chiesa
Unita e per il Consiglio Cristiano dello Zambia di ricevere circa settecento delegati ufficiali, invitati, consultori, osservatori e giornalisti provenienti dall’Africa, dall Europa,
dagli Stati Uniti e dall’Asia, il comitato esecutivo nazionale dell’associazione cristiana
studenti nello Zambia ha deciso di nominare
suoi rappresentanti in ciascuna sottocommissione del comitato locale che affianca il segretario incaricato dell’organizzazione e che è al
lavoro a Lusaka dallo scorso ottobre.
Oltre alla partecipazione alle attività del comitato locale, gli studenti zambiani daranno
vita a una serata culturale all'aperto e presenteranno un pezzo teatrale nel corso dell’assemblea. « La Chiesa al cuore del problema »,
questo il titolo del pezzo che sarà presentato
conformemente alla decisione del Comitato
generale della CCTA, che ha voluto che i temi
delle rappresentazioni drammatiche in vista
dell’assemblea siano centrati sulla lotta per
la liberazione in Africa, sul conflitto fra la
fede cristiana e la fedeltà all’eredità africana
tradizionale.
Al termine della riunione un portavoce del
comitato locale ha lasciato capire che il discorso d’orientamento generale della terza assemblea della CCTA potrebbe essere pronunciato dal dr. Kenneth Kaunda, presidente
dello Zambia, in occasione dell’inaugurazione
del Padiglione Mulungushi, a Lusaka.
ricostruire il cristianesimo in Africa
richiede uno sforzo da parte dei giovani cristiani africani. Tuttavia, i giovani africani non vedono ancora quale ruolo potrebbero svolgere nella
Chiesa quale è oggi. Essi vogliono partecipare attivamente, e non soltanto
essere abbeverati di buone parole.
Gli educatori hanno indicato un certo numero di priorità: la formazione
degli adulti, la gioventù e la vita di
famiglia.
I partecipanti hanno domandato alla CETA ed al CEC di favorire l’organizzazione di seminari sulla formazione degli adulti e sull’alfabetizzazione.
Se le Chiese dessero l’avvio a sistemi
di formazione nelle zone rurali in cui
vivono la maggior parte degli africani
accelererebbero il processo di indipendenza della Chiesa africana, materialmente e spiritualinente. « È in questo campo che la Chiesa dovrà operare un rinnovamento ».
Per ciò che concerne la vita di famiglia, i partecipanti al colloquio hanno espressamente raccomandato alle
Chiese di convalidare le forme indigene del matrimonio africano.
Molto tempo è stato consacrato ai
problemi causati dall’urbanizzazione.
Delle condizioni ambientali inappropriate, soprattutto per le famiglie, obbligano le donne e i bambini a resta;
re in campagna. « La mancanza di
tempo libero e di svaghi per i lavoratori africani, così come il loro sfruttamento, devono spingere la Chiesa a
cercare il modo di far pressione sui
governi perché essi modifichino uno
stato di cose che costituisce una dura
prova per la maggioranza degli africani ».
E stato menzionato in mòdo parti;
colare il Sud Africa dove gli africani
sono costretti a vivere in riserve e
non sono autorizzati a far venire la
loro famiglia nelle città. Inoltre è vietato agli africani di svolgere un commercio qualsiasi nelle zone industriali e nei quartieri d’affari... « ciò garantisce il mercato al commercio bianco
ed europeo ».
Per ciò che riguarda l’istruzÌ9ne religiosa, i partecipanti al colloquio hanno domandato alla Chiesa di mettere
in luce la storia religiosa africana come mezzo per rendere coscienti della
propria personalità ». Un insegnamento così come un sermone che siano
avulsi dalla realtà vissuta rischiano di
uccidere la Chiesa. Essa deve por fine
a tutte le forme di discriminazione
esistenti nel suo seno se vuole rimanere credibile quando critica le pratiche discriminatorie dei governi ».
Insistendo sul fatto che gli africani
devono controllare le Chiese, il colloquio ha indicato che bisogna dare la
preferenza all’aiuto che dà agli africani la possibilità di aiutarsi da se
stessi ».
Al LETTORI
Ricordiamo ai lettori che, come già
annunciato, saremo costretti a sospendere, con il 15 febbraio, l’invio del settimanale ai lettori che non ci avranno
a quella data fatto pervenire il rinnovo del canone d’abbonamento. Sappiamo — per esperienza pluriennale —che molti di loro... rientreranno nei
ranghi! Non sarebbe più semplice per
tutti evitare di uscirne? Ricordiamo;
1) il canone, per il 1974, è di lire
4.000 per l’Italia e lire 5.000 per l’estero. Con gli aumenti dei costi tipografici in corso, si tratta di un canone al
di sotto del costo reale: a tutti coloro
che vorranno tenerne conto, aggiungendo un’offerta, saremo particolarmente grati di questo segno di solidarietà ;
2) inviare il versamento tramite il
c.c.p. 2/33094 intestato all’amministrazione del settimanale. Via Cavour 1
bis, 10066 Torre Pellice (To.); preghiamo di scrivere nitidamente e di non
dimenticare di indicare il proprio codice di avviamento postale. Grazie!
L’ECO-LUCE
4
pag. 4
N 5 — 1° febbraio 1974
IL CEC E LA LOTTA AL RAZZISMO BIANCO
UNITA’ A TRENTO?
Misure concrete contro l’emigrazione fallBliniaiin t COntTOliflNIia
verso l’Africa australe
Con la mano d’opera bianca i paesi dell’Africa del sud rafforzano la
loro politica dell’apartheid
Ginevra (soepi) — « L’emigrazione
bianca verso l’Africa australe fa parte
integrante di una strategia concertata, mirante a mantenere e a consolidare i regimi razzisti. Questo afflusso
di emigranti bianchi priva gli operai
africani dei diritti umani elementari e
in modo particolare di quello di poter migliorare il proprio stato ». Questo è quanto hanno affermato i tredici esperti in emigrazioni, riuniti dietro invito della sezione « Giustizia e
servizio » de! Consiglio ecumenico delle Chiese.
La consultazione aveva lo scopo di
vedere come le chiese-membro del
CEC potessero metter meglio in pratica la decisione presa dal comitato
centrale del CEC a Utrecht nel 1972,
colla quale è stato chiesto « a tutte le
chiese-membro e a tutti i collaboratori
di “Giustizia e servizio" di organizzare delle campagne allo scopo di scoraggiare l’emigrazione bianca verso il
Sudafrica, la Namibia, lo Zimbabwe,
VAngola, il Mozambico e la Guinea Bissao, emigrazione che perpetua e aggrava la discriminazione razziale nel
campo del lavoro ».
Le conclusioni, rese pubbliche solo
ora, cui sono giunti i partecipanti a
questa consultazione sottolineano che
l'emigrazione bianca è strettamente
legata agli investimenti stranieri in
Sudafrica e che ogni campagna mirante a scoraggiare questa emigrazione deve essere vista nel contesto più
vasto della campagna contro questi investimenti e dell’appoggio dato ai movimenti di liberazione, in favore dei
diritti dell’uomo e della sua libertà.
« Ecco perché è essenziale che la campagna contro l’emigrazione in Affrica
australe sia strettamente collegata nel
più ampio contesto del lavoro del CEC
nel suo Programma di lotta al razzismo (PLR) ».
L’imrnigrazione di mano d’opera
bianca è un fattore vitale per l’economia dei paesi dell’Africa australe. Secondo l’abbondante documentazione a
disposizione dei partecipanti, si deduce per esempio che fra il 1961 e il 1970
la repubblica del Sudafrica ha reclutato essa sola circa 375 mila immigrati
giunti dalla Gran Bretagna, dal Portogallo, dalla Repubblica federale tedesca, dalla Grecia e dai Paesi Bassi. Con
questo sistema, i paesi deH’Africa australe si assicurano una mano d’opera qualificata e allo stesso tempo rafforzano la loro politica dell’apartheid
(che gli immigrati sanzionano nello
stesso momento in cui arrivano).
I partecipanti alla consultazione
hanno raccomandato a « Giustizia e
servizio » un certo numero di misure
e di azioni da intraprendere. Si dovrà
intanto dare notizia alle chiese-membro di tutte le informazioni possibili
sull’emigrazione bianca, inoltre, si dovranno sostenere le proposte fatte sia
dalle Nazioni unite che dall’OUA (Organizzazione Unità Africana) che chiedono, fra le altre agli Stati di « interdire alle organizzazioni specializzate
nel reclutamento di mano d’opera per
l’Africa australe, di operare nei propri
paesi ». Inoltre « Giustizia e servizio »
è stata inviata a vedere, assieme al
BIT (Organizzazione internazionale del
lavoro) la possibilità di una convenzione internazionale contro l’emigrazione di mano d’opera bianca in Africa del sud e di esaminare inoltre i
mezzi migliori per por fine a questa
emigrazione con una politica comune
degli Stati-membro della Comunità europea.
Le chiese del CEC sono inviate a organizzare consultazioni sull’emigrazione bianca su scala nazionale; si tratterebbe poi di trovare metodi adeguati
per far cessare il reclutamento rivolto alTAfrica australe esercitando pressioni sui rispettivi governi perché non
sovvenzionino più tali emigranti.
Le chiese devono anche attirare l’attenzione sulla funzione del Comitato
intergovernativo per l’emigrazione europea (CIME) che, malgrado i suoi
scopi puramente umanitari, facilita
l’emigrazione bianca in Africa australe. Bisognerà chiedere al CIME di
« cessare questa collaborazione che sostiene l’apartheid e depennare la Repubblica del Sudafrica dalla lista degli
Stati-membro », hanno chiesto i partecipanti alla consultazione.
Le chiese-membro del CEC devono
sforzarsi di cooperare più strettamente coi gruppi d’azione e con quegli altri inovimenti che- hanno per scopo la
abolizione dell’emigrazione bianca nell’Africa del sud. Le loro reazioni a
queste raccomandazioni, come pure i
risultati delle loro iniziative verranno
presentate al comitato centrale del
CEC che si riunirà la prossima estate
a Berlino.
Il quotidiano La Stampa di Torino
del 26.1.74 riportava la_ notizia seguente che trascriviamo integralmente:
Trento, 25 gennaio
Incóntro storico, questa sera, tra
cattolici e protestanti nella stessa cattedrale che, quattro secoli fa, ospitò
il famoso Concilio di Trento. La tappa per l’avvicinamento tra le due “visioni religiose", è importante, non tanto per il valore intrinseco che racchiude la preghiera ecumenica quanto per
il luogo dove essa è avvenuta. È significativo infatti che il duomo di Trento, che fu testimone del distacco dei
luterani dai cattolici, sia stato scelto
quale punto d’incontro tra le due confessioni.
Diciotto pastori protestanti e alcuni
teologi provenienti dalla Germania,
dalla Svizzera, dall’Austria e da varie
città italiane si sono riuniti all’arcivescovado; poi, alle 18,30, si sono recati
in duomo, dove si è svolta la “cerimonia ecumenica".
Non avendo potuto sinora raccogliere maggiori informazioni circa il contenuto della cerimonia « ecumenica »
avvenuta nel duomo di Trento, evitiafare sul prossimo numero, dopo esserci documentati, se possibile, sul carat
mo i commenti, sperando di poterli
tere dell’« incontro storico » e sul tenore dei discorsi e delle liturgie. Certo, nessun protestante ignora che è
proprio in quel duomo che il protestantesimo fu sistematicamente anatomizzato e condannato come eresia; è
in quel duomo che il cattolicesimo divenne antiprotestante e invece di attuare la riforma attuò la Controriforma, cioè il suo contrario. Sta dunque
avvenendo un assurdo connubio tra
ecumenismo e Controriforma? È ancora possibile sperare il contrario?
P. R.
UN CONVEGNO INDETTO DAL CEC A GINEVRA
Llnterpretazione della Bibbia può influire
sulle pnsiziuni cristiane circa la situazinne
mediurientaie ?
Cartigny (Ginevra) — Il Consiglio
Ecumenico delle Chiese ha indetto un
convegno sul tema « L’interpretazione
della Bibbia e la sua influenza sugli
atteggiamenti cristiani riguardo alla
situazione nel Medio Oriente», convegno tenutosi a Cartigny dal 21 al
25 gennaio scorsi. Circa trenta partecipanti, provenienti da paesi del Medio Oriente, Europa, Asia e Stati Uniti, hanno passato cinque giorni insieme discutendo in un’atmosfera talvolta tesa ma sempre piena di franchezza.
Nel corso della riunione si è discusso come i vari modi di leggere la Bibbia possano influenzare o stimolare le
varie posizioni politiche. Se si è rivelato impossibile concordare su di un
unico modo di valersi delle Scritture,
si è constatato un accordo notevole
sul fatto che le prospettive bibliche
sia nelTAntico sia nel Nuovo Testamento danno un posto centrale al desiderio di giustizia, eguaglianza, pace
ed amore.
La giustizia riguarda tutti i popoli,
indipendentemente dalla religione, dalla razza o dalla cultura. Nel Medio
Oriente ciò implica che vi dovrebbero
essere uguali diritti ed una stessa giustizia per i popoli di Palestina, Mussulmani, Israeliti e Cristiani. Tuttavia
il riconoscimento effettivo dei diritti
dei Palestinesi e dei diritti della popolazione ebraica di Israele non do
vrebbero condurre ad un’ulteriore ingiustizia nei confronti di altri popoli.
Per cominciare a raddrizzare le ingiustizie sofferte dai Palestinesi, il minimo assolutamente indispensabile sarebbe di garantire ufficialmente ai Palestinesi delle opportunità di esprimere e di far valere la propria identità
a tutti i livelli, in termini di autodeterminazione politica.
Era la prima volta che il CEC invitava un numero così grande di cristiani di tradizioni teologiche diverse e
aventi posizioni così diverse sul conflitto del Medio Oriente, a riunirsi per
esaminare le possibilità di promuovere il mutuo riconoscimento, l’eguaglianza e la pace unitamente alla giustizia nel Medio Oriente. Questa consultazione può essere considerata come un promettente, anche se talvolta
difficile, esercizio in tema di comunicazione tra cristiani.
Si è sentito che questo dialogo deve
proseguire in termini di ulteriore riflessione biblica sul tema della giustizia e di ulteriore chiarificazione sui
vari modi in cui ci si accosta al mes
saggio biblico. Tali studi e conversazioni devono anche prevedere la partecipazione del nostro prossimo israelita e mussulmano.
Doni prò Eco-Luce
Ernesto Di Francesco, Torre Pellice 2.000;
Ferdinando Gìrardon, Luserna S. Giov. 500;
Elda Revel Scagliola, Calosso d’Asli 1.000;
fam. Bellion-Jalla, Torre Pellice 400; Norberto Ferrerò, Villar Porosa 1.000; Lina Bertoque, Torre Pellice 500; Alberto Clot, Riclaretto 1.000; Anna Vallone, Latina 1.000; IIda Vinçon-Tron, Pomaretto 100; Rino Tron,
Porosa Argentina 500; Giovanni Laetsch, Pomaretto 1.000; Bartolomeo Volat, Porosa Argentina 300; Paolina Ribet Coucourde, Pomaretto 500; Laura Micol, Porosa Argentina
500; Noémie Micol, Pomaretto 1.000; Giosuè
Ribet (anziano), Pomaretto 500; Enrico Peyrot, Pomaretto 500; Mimma Pecoraro, Torino 1.000; Nella Reymond Pons, Svizzera
1.000; Edvy e Wanda Gaydou, Luserna S.
Giovanni 500; Paolina Giaiero ved. Chiabrando, Torre Pellice 500; Carlo Alberto Balmas,
Luserna S. Giovanni 1.000; fam. Megazzini.
Scandicci 1.000; Remigio Pons, S. Secondo
1.000; Adolfo Rivoiro, S. Secondo 1.000;
Efisia Martini, Torino 500; Alberto Cane, Bologna 500; Albertina Baret Peyrot, Pomaretto
1.000; William Genre, Inverso Rinasca 1.000;
Enrico Gay, Luserna S. Giovanni 1.000; Luciano Ribet, Pomaretto 1.000; Ilario Coucourde, Inverso Rinasca 1.000; Liana Fontanini, Udine 1.000; Elvina Pognani, Mantova
1.000; Franco Michelangeli, Roma 6.000;
Grazie ! (continua)
I lettori ci scrivono
Frasi fatte a doppio binario
Sul numero 4 del 25 gennaio scorso è
apparso in prima pagina un articoletto
dal titolo « Le frasi fatte ». Per il lettore che non lo avesse presente, ricorderò che si tratta di parte di un documento (tratto dal settimanale L’Espresso) diffuso clandestinamente in
Unione Sovietica ed in cui l’autore, il
dissidente sovietico M. S. Agursky, accusa la gente della sinistra europea di
cadere sotto l’effetto delle frasi fatte e
di identificare il socialismo col capitalismo di Stato.
Il lettore — a sigla G.P. — che ha inviato detto estratto al nostro settimanale, approfitta per ammonire sulla
« tragica realtà delle frasi fatte » e degli slogans propagandistici politici. Non
si può che essere d’accordo su questa
osservazione (a meno di essere « irreggimentati »), osservazione che in sostanza ci ricorda, specie alla luce della
fede, la nostra libertà di cristiani e
quindi ci invita a ragionare colla nostra testa, e non con quella degli altri.
Ci sarebbe peraltro da rilevare che
non tutta la sinistra europea (anche se
si tratta di una minoranza) accetta il
capitalismo di Stato al posto di quello
privato, dato che i problemi sociali
connessi non mutano molto, in definitiva. Infatti, contro la prassi della « nazionalizzazione » v’è chi oppone quella
della « socializzazione » della proprietà
privata dei mezzi di produzione, o
« l’autogestione », per cui ogni persona
che lavori in una data azienda si senta
veramente compartecipe c corresponsabile, nell’interesse della comunità
tutta.
Ma non divaghiamo: non è questo il
punto che mi interessa qui sottolineare. Quello che mi ha colpito è che
Agursky cade nello stesso errore delle
« frasi fatte » ed il lettore G.P. pare non
accorgersene. Il dissidente sovietico
— riferendosi al golpe cileno che ha
portato i militari al potere dopo l’esperimento socialista di Allende — dice
che « gli uomini di sinistra cileni pensavano che la nazionalizzazione del
l’industria pesante li avrebbe automaticamente portati al socialismo, mentre in effetti essa ha portato al crollo,
prima economico e poi politico, del
paese ».
Ora, il sig. Agursky non è informato
su quel che è successo in Cile (e la cosa
pare assai dubbiosa), oppure si vale
anche lui di « frasi fatte » della propaganda occidentale. Dire infatti che la
nazionalizzazione ■— ad esempio, delle
miniere di rame — ha portato il paese
al disastro è veramente una « frase di
comodo » che ignora totalmente le cause prime della tragica crisi cilena, e
delle sue spaventose conseguenze, sia
sotto il profilo politico che sotto quello
umano: questo è uno slogan che può
andar bene per i conservatori, per la
destra politica.
È infatti ben noto (ed a questo proposito tutta la stampa mondiale ha ammesso o dimostrato la cosa) che le misure economico-politiche prese da tempo da parte degli Stati Uniti contro il
governo Allende (chiusure di prestiti,
collusioni fra CIA e militari cileni,
l’azione della I.T.T., la « multinazionale » delle telecomunicazioni, il dimezzamento del prezzo del rame sul mercato mondiale e la stessa preparazione
del golpe sin dalla metà del 1972), sono
state le cause determinanti della caduta del regime democratico di Allende.
Tutti sanno che, subito dopo l’avvento
dei militari al potere, il prezzo del rame è subito di nuovo raddoppiato, ma
malgrado questo la situazione economica è peggiore che mai e la disoccupazione ha raggiunto la sua punta più
elevata dalla crisi del 1929.
E evidente che nessun sistema e nessun governo sono perfetti, ma questo
ostinarsi a cercare — nel caso in oggetto — quali sono gli « errori » che
hanno fatto cadere Allende senza invece voler ammettere la provata responsabilità degli Stati Uniti in questa
drammatica situazione, è veramente
voler usare « frasi fatte ».
Roberto Peyrot
Quaccheri a Mifano
Si è recentemente costituito a Milano un
Gruppo quacchero e un Gruppo Amici dei
Quaccheri (Friends of Friends).
Tutti coloro che intendessero approfondire
la conoscenza della Fede quacchera possono
trovare nelle seguentìp ubblicazioni ampio
materiale per un’attenta meditazione :
— il « Giornale » di George Fox - traduz.
del Prof. Giovanni Pioli - Roma, Religioni
Oggi, 1969 (L. 4.000).
— John Sykes, Storia dei Quaccheri - Firenze, Sansoni E., 1966 (L. 1.600).
— Angiolo Marcos Dell’Oro, Giorgio Fox
e i Quaccheri - Casa Ed. Esperienze, Possano, 1972 (L. 3.500).
Il Culto quacchero ha luogo il 1° e il 3"
sabato di ogni mese nella saletta della Casa
Valdese sita al 1® piano in Via Francesco
Sforza, 12/A (gentilmente concessa) dalle ore
17,30 alle 19. Tutti coloro che intendessero
conoscere i Quaccheri c la loro fede sono cordialmente invitati.
Tutti gli altri che non intendano aderire
religiosamente alla fede quacchera possono
iscriversi all’Associazione amici dei Quaccheri (Friends of Friends) aiutando i Quaccheri
nel loro lavoro sociale di promozione e di soccorso del prossimo a tutti i livelli.
Per ogni altra informazione scrivere: Lino
Rizzo - Viale Giustiniano. 8 - 20129 Milano.
liiiiiiiitiniiiiiiiiiiiiitiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiuiiiiiiiiiiiiiiii
Sono settantamila
gli obiettori europei
(« Liberazione ») — Sono 70 mila, attualmente, gli obiettori di coscienza nei paesi occidentali. Erano meno di 10 mila dieci anni fa.
Le loro motivazioni sono prevalentemente
di tipo radicale, non-violenlo, libertario, cristiano.
Il 9 e 10 marzo prossimi si riuniranno
a Milano, su invito del partito radicale e della
Lega obiezione di coscienza, le organizzazioni
antimilitariste internazionali per la creazione
di una lega europea degli obiettori, la preparazione di due progetti di legge di disarmo
unilaterale c di conversione delle strutture
militari e di riconoscimento della obiezione
di coscienza, che costituiranno la base per
una lotta politica comune, e che saranno presentate nei vari parlamenti oltre che nelle
istituzioni comunitarie.
Sono queste le informazioni e le decisioni
prese alla riunione della W.R.I. (resistenti
internazionali alla guerra) a Bruxelles, nei
giorni scorsi. Per iTtalia ha partecipato
l’obiettore Alberto Gardin.
I lettori ci scrivono meno?
Milano, 17 gennaio 1974
Signor direttore,
dal n. 47 del 7 dicembre (...che mi è arrivato in questi giorni!) trascrivo: «...sappiamo tutti che la musica pop non è la musica
di Bach; ma dal punto di vista dell’uso nei
luoghi ecclesiastici, perché la Passione secondo S. Matteo, che narra le afflizioni di oltre
duecento anni fa, e che viene correntemente
cantata nelle chiese, sarebbe da preferire ad
una comunicazione musicale pop sulle afflizioni attuali dei prigionieri politici in Cile?
Gli strumenti che suonavano nel tempio
d’Israele o nella chiesa primitiva erano certo
più simili a quelli di un complesso giovanile
odierno che all’organo settecentesco di Bach »
D’accordo. Ma Sergio Rostagno si è forse scor
dato del fatto che mentre Bach la musica la
scriveva solo « a gloria di Dio )>, le « ispira'
zioni », i compositori pop, le cercano altrove
Tutto qui.
Un’altra cosa, veramente, mi premeva di
dire oggi. Questa : constato, con grande ram
marico, che i lettori scrivono sempre meno ai
nostri giornali. Forse perché sono troppo poco ascoltati? 0 perché pretendono di esserlo
troppo? Non so; Luna ipotesi, peraltro, non
esclude l’altra. Certo non si sbaglia se, a
queste, si aggiunge quel senso di sfiducia e di
pigrizia dilagante ovunque e che investe anche coloro che si sentono — pur senza essere
ancorati a posizioni specifiche — « impegnati ». E non è a dire che nell’animo loro motivi di consenso — e non — difettino. Ma
ogni commento non va oltre a un rapido
« scambio di vedute »... fra persone che la
pensano nella stessa maniera. E qui sta il
punto : non sarebbe preferìbile che ci si scoprisse un po’ di più dinanzi a tutti? Forse a
trattenerci dal prendere in mano una penna,
gioca anche il timore di non saperlo fare come si vorrebbe; ma è un timore, a parer mio.
che dovremmo cercare di reprimere. Perché
è vero che gli « addetti ai lavori » sanno esprimersi più compiutamente di noi, ma si deve
tenere sempre presente che i problemi che
loro « studiano », a « viverli » — spesso più
intensamente — siamo noi. Ragion per cui
una nostra parola, anche mal detta, potrebbe
essere meno lontana dal vero del più acuto
e dotto saggio a cui, per avventura, capitasse accanto...
Con fraterni saluti Ezio Pinardi
Non vogliamo forzare nessuno
Roma, 24 gennaio 1974
Signor direttore.
Mi consenta di elevare la più sdegnosa protesta nei riguardi dell’articolo « Nove referendum » firmato da un Malan di cui non
ricordo il nome, apparso in prima pagina nel
n. 3 gennaio, gentilmente inviatomi per il
pregevole inserto suH’8” Centenario del Movimento Valdese.
In detto artìcolo, in realtà, si opera una
subdola quanto illecita pressione sulle coscienze dei membri dì Chiesa perché votino
a favore della Legge Fortuna. Infatti, più o
meno, è dello : « Se si amano la civiltà e il
diritto, bisogna volare NO » (alFabrogazione),
mentre bisognerebbe votare « sì » agli altri
otto referendum indetti, ancora in data da
destinarsi, da un partitucolo di moda, che non
è riuscito a mandare un solo deputato alla Camera, e ora sta mendicando adesioni in massa
tra gli evangelici più giovani e sprovveduti.
Ora io, evangelica e perciò assolutamente
antidivorzista, secondo le inequivocabili parole del nostro Redentore e dei Suoi Apostoli,
non posso concepire alcuna coartazione né in
un senso né nell’altro, in un momento così
delicato in cui un credente sì trova solo, nel
segreto della cabina, di fronte a Dio e a sé
stesso. Se ciò, in senso opposto, forse stato
scritto in un giornale cattolico, gli strilli
avrebbero perforato la volta del firmamento: e
sarebbe stato più che giusto.
Quanto alla civiltà e alla giustizia di questa legge, si sappia (o si ricordi) ch’essa prevede il ripudio automatico soprattutto di donne anziane, incolpevoli, e non consenzienti.
che dopo aver per tutta la vita atteso il ravvedimento del marito, si vedono buttar via
d’ufficio con conseguente perdita di ogni diritto, dal nome all’assistenza sanitaria, e, al
massimo, con un irrisorio sussidio-elemosina,
mentre l’uomo, dopo averle criminosamente
abbandonate e averne fatte di tutti i colori,
passa a nuove adultere nozze (lo dice Gesù!)
con la prima farfalletta che gli capita a tiro.
Quanto agli altri otto referendum, non conoscendone il contenuto, non posso ancora
decidere la mia personale linea dì condotta.
Solo ricordo, a chi non lo sappia, che il partitucolo in questione ha in cantiere la liberalizzazione dell’aborto, della droga, della pornografia e deU’omosessualìtà. E al vedere che
la Sposa dì Cristo sì prostituisce ai demoni
immondi di simili prosseneti della lussuria,
altro non mi resta che pregar Dio che al più
presto mi liberi da questo corpo di morte, già
da molli anni tormentato da inguaribile infermità, e mi accolga presso di sé.
Già da molli anni non son più abbonata
alla « Luce », di cui non condivìdevo le tendenze nettamente politiche. Ora non mi
resta che perseverar nella fede che tutto questo, prima o poi, abbia un termine nel giorno fissato da Dio.
Con fraterni saluti Augusta Merolli
Non bisogna confondere le cose. Siamo convinti, con molti, che la Legge Fortuna-Baslini
abbia bisogno di opportune revisioni: questo è
stato chiaramente offerto, ma gli antidivorzisti hanno tentato di trasformare la revisione
di alcuni punti in una castrazione della legge,
tentanto di snaturarla e svuotarla, rilanciando
fra Valtro il doppio regime matrimoniale, cioè
affiancando alla pari la legge statale a quella
ecclesiastica, un passo indietro persino rispetto al Concordalo. A questo noi diciamo
« no », e chi ci legge continua a pensare con
la sua testa: non siamo dei persuasori occulti.
Permettendomi di rinviarLa anche al mio breve scritto della scorsa settimana, fraternamente
Giino Conte
« Sia che viviamo o che moriamo,
noi siamo del Signore »
(Romani 14: 8).
Il giorno 18 gennaio, in Ferrara, lasciava questa terra per la casa del
Padre
Bianca Barazzuoli
di anni 88.
Il figlio Martino con la moglie Rina,
la ricordano a quanti la conobbero e
ramarono.
La famiglia Barazzuoli desidera ringraziare di tutto cuore i Pastori Domenico Tomasetto della Comunità
B.attista di Ferrara e Giulio Vicentini
della Comunità Valdese di Livorno,
per il conforto recato e per il fraterno
e totale aiuto prestato, in questo momento di particolari afflizioni.
5
1“ iebbraio 1974 — N. 5
Vita, problemi, prospettive delle chiese valdesi
pag. 5
Alle Valli ieri
Scuola e religione, Dalia vai Germanasca
centenario di un problema centenario
L’insegnamento religioso nella scuola elementare, cento anni fa
Perrero
Nel n. 48 (venerdì 23 ottobre 1874) E.
Malati direttore dell'Echo des Vallées
fa il punto provvisoriamente finale di
una discussione che si è straccamente
trascinata durante due anni, figlia nata
male da un deliberato sinodale del
1871 e da una aspirazione libertaria
equivoca e timida.
* * *
Nell’anno di grazia 1874, il governo
italiano intende affrontare una riforma della scuola italiana, con particolare riguardo alla scuola elementare e
all'insegnamento religioso. La riforma
Casati (1859) (Vedi articolo di Armand
Hugon nella lettera-circolare natalizia
1973 alle comunità delle Valli) è un
fatto compiuto, ma il problema della
« religione » rimane aperto.
Pel 1867 il ministro dell’istruzione
pubblica Capponi, in una relazione
presentata al re, scrive che l’evoluzione ed il progresso dei principi ispiratori dell’organizzazione e dello sviluppo della società e della vita politica
nazionale prospettano l’insegnamento
religioso in una luce del tutto nuova.
I principi fondamentali della vita religiosa, secondo il Capponi, sono ora
di competenza della società stessa, che
per altro non è competente nell’insegnamento della religione. È il mito
dell’Italia nuova, de! progresso laico
morale e sociale che vuol rompere le
catene dell’oscurantismo clericale, le
pastoie dei dogmi ecclesiastici.
Nel dibattito in Parlamento interviene l’on. Scialoia il quale sostiene la
necessità di insegnare nella Scuola
elementare, unitamente alle prime nozioni delle istituzioni fondamentali
dello Stato, anche i principi di giustizia e di morale sociale su cui quegli
istituti stessi si fondano. A questo fine l’on. Scialoia propone la redazione
di un manuale, approvato dal governo,
sentito il parere del Consiglio superiore della istruzione, il cui studio dovrebbe esser obbligatorio e sostituire
la religione nella sua funzione di morale politico-sociale.
Nel dibattito interviene un altro dei
sacri mostri della mitologia risorgimentale, l’on. Cairoli con tutte le sue
illusioni. Egli propone un emendamento radicale: libertà ai comuni di mantenere o sopprimere l’insegnamento
religioso; il catechismo in Chiesa e
nella famiglia; di fronte allo Stato libero e sovrano non stanno dei credenti, ma dei cittadini.
Sul piano politico il problema è presto risolto, il progetto di riforma Scialoia è respinto dai deputati con 140
voli contro 107; colla riforma è anche
respinto raumcnto degli stipendi e il
nostro Echo osserva; « Encore un dé
tail qui, à lui seul, expliquera bien
des choses. Notre ministre de l'instruction publique a dépensé, en 1872,
17.398.301 francs et 69 centimes. Son
collègue, le ministre de la guerre, a
dépensé cette même année, 161.662.637
francs et 30 centimes. La guerre nous
coûte dix fois plus que l'instruction.
On dit que c'est nécessaire ». [Per evitare equivoci ricordiamo che allora
«franc» equivaleva a «lira»].
* * *
Se la riforma è così sepolta, il problema rimane aperto; e il funerale
parlamentare ha il merito di chiarire
le posizioni, anche alle Valli dove nessuno sembra voler parlare apertamente in questi due anni di discussione.
Il nostro Echo denunzia apertamente
certe persone che si servirebbero « Volontiers de leur influence, grande ou
petite, pour que l'on pût remplacer
la Bible par le Galateo de Casa ou de
Gioia... ». Queste certe persone già sono state denunziate nelle Conferenze
pedagogiche che si sono riunite a La
Tour (agosto 1874). Il « régent » Jourdan di Pinerolo in una scorribanda
teologica attraverso la Svizzera, la
Germania, l’Olanda addita nei « radicaux et les soit-disants libéraux rationalistes » la causa della crisi che investe l’insegnamento religioso.
Per gli insegnanti Valdesi riuniti a
La Tour il fine dell’insediamento nella Scuola elementare è di « contribuer
à édifier une maison agréable au Seigneur ». E questa è la posizione più o
meno ufficiale della Chiesa. E. Malan
la fa sua, pur ammettendo che il tempo lavora a favore di una scuola statale elementare laica. Ma di fronte a
questa realtà del possibile che gli sembra tuttavia remota, egli ritiene di dover fissare un punto fermo: la scuola
è educazione, non solo istruzione; e
questo è tanto vero che il ministro
propone la redazione di un manuale
di « morale sociale » per i bambini.
Ma cos’è questa « morale sociale? »
E. Malan non vorrebbe esser incaricato di preparare questo manualetto!
«Morale pour tous ou morale de tous?»
•k 'k
Educare — in francese: élever. Il
nostro Echo sul duplice significato
della parola costruisce il suo edificio
pedagogico; il fine della scuola elementare è di « relever l'humanité »;
ma nessuna « morale sociale » potrà
mai sostituire la Bibbia; e se, per avventura, quel giorno dovesse venii-e,
e le scuole Valdesi divenute statali diventassero scuole laiche senza la Bibbia, la Chiesa dovrebbe avere il coraggio di trovare i mezzi e gli uomini
Alle Valli oggi
Il Concistoro di Viiiar Porosa e il posto
di prestito librario aporto nel suo Convitto
Il Concistoro di Villar Perosa e il
suo presidente preferirebbero non rispondere all’articolo apparso su questo argomento. L’amor fraterno rifugge dallo sciorinare al vento certi retroscena e dal denunciare inesattezze
gravi. Una parola di chiarimento, però, è dovuta ai lettori e cerchiamo di
darla con la preghiera a tutti e particolarmente ai responsabili di non permettere che questa polemica prosegua
In alcun modo.
Sappia il lettore che tutto è nato da
un malinteso sul fatto di uso occasionale del Convitto oppure definitivo:
piccola cosa, che solo influenze esterne hanno trasformato in un casus
belli.
La cosidetta Unione Giovanile di
“Villar Perosa non esiste, per quanto
risulta al Concistoro, che come un
gruppetto filodrammatico che ha recitato alcune volte con valentia, specialmente lavori umoristico-brillanti.
Trattasi in generale di buoni giovani, tra cui qualche giovanotta è stata
assai attiva nella chiesa e speriamo lo
sarà ancora in avvenire. Anche fra gli
ottimi, però, una crisi si può sempre
verificare.
Il Concistoro ha studiato a lungo
l’argomento e, udito anche il parere
della comunità, ha votato il seguente
ordine del giorno:
Il Concistoro Valdese di Villar Perosa, preso atto della polemica destata daH’esperimento di apertura di una
biblioteca nel Convitto Valdese,
considerato che altre biblioteche
meglio fornite si trovano in paese e
che le attività che aspettano la gioventù impegnata sono numerose nella chiesa,
delibera di rinunciare alla attività
della biblioteca predetta, eecezion fatta per i libri della Claudiana.
per il Concistoro,
Enrico Geymet, pastore
A TORRE RELUCE
Domenica 27 una delegazione della
Commissione Distrettuale ha presieduto a Torre Pellice una assemblea
di chiesa per la riconferma del pastore titolare. Dopo un breve culto presieduto dal sig. Fortunato Galliani ha
avuto luogo, regolarmente ed in modo ordinatissimo, la preannunziata assemblea. Malgrado il numero notevolmente alto di elettori iscritti nelle liste (il problema che si discute ormai
da anni!) e la mancanza di automezzi,
i presenti hanno superato il numero
prescritto dai Regolamenti, anche se
di poco. Il pastore attuale, Alfredo Sonelli, è stato riconfermato nella sua
qualità di pastore di Torre Pellice dalla quasi unanimità dei presenti. Egli
potrà svolgere il suo ministerio in
questa comunità per un massimo di
tre anni avendo già trascorso in pre
per avere le sue scuole con la sua
Bibbia.
if * ir
Discussione equivoca e confusa, non
sappiamo quanto volutamente, in cui
il pastore A. Bert ha le idee chiare e
getto lo scampiglio nelle file avversarie, senza poi osare di insistere nell’attacco. Facendosi l’eco di alcune persone « pieuses et éclairées » egli afferma che lo Stato non può e non deve
nelle scuole sue (da lui finanziate) permettere « qu'il soit enseigné ou le cathéchisme catholique, ou la bible protestante, ou le Talmud, ou le Coran»;
insegnare i dogmi o praticare i riti di
una Chiesa significa mettersi « en dehors du droit de la liberté et du progrès ». Se le Chiese vogliono « la religion », hanno le loro scuole; se non
le hanno, le aprano; è il loro diritto e
dovere.
* * *
Reazione furibonda e indignata;
l’Echo cerca per conto suo di esser
moderato, ma non può ammettere il
ragionamento di A. Bert per quanto
concerne la scuola elementare, perché
« l'école sans Dieu nous donnera une
génération athée et immorale ». D. Gay
dall’alto dei monti della Val Germanasca denunzia l’insidia « de ceux qui
veulent mettre en pratique les théories extrêmes du communisme... » e
parla di vigliaccheria e tradimento;
per fortuna le idee di Bert sono pure
elucubrazioni; quello che conta sono
le circolari del Provveditore e i registri, i quali impongono i « punti meritati in Catechismo e Storia Sacra »,
nonché il rispetto « des vacances en
l'honneur des saints fêtés par l'Eglise
romaine » che non risultano contestate da A. Bert né dagli insegnanti (siamo sempre nel 1874).
Questo per quanto si riferisce all’Eco. Per La Luce (Eco della Verità)
ne riparleremo ancora, se il direttore
dell’Eco-Luce lo riterrà opportuno.
L. A. Vaimal
Riconferma del pasL Sonelli
cedenza altri quattro anni in qualità
di secondo pastore. Formuliamo per
lui ed i suoi il nostro augurio di un
nuovo periodo di attività benedetto in
Torre Pellice, rallegrandoci della sua
presenza e della sua collaborazione alle Valli.
La Commissione
del I Distretto
Colloquio pastorale
Il Colloquio pastorale del mese di
febbraio è fissato per lunedì 4 a Pinerolo col seguente O.d.G.:
ore 9.30: Culto;
ore 10-12: Discussione sul problema
della gioventù;
ore 14-15: Problemi del Distretto, finanze, Commissioni.
Giovedì 24 gennaio, nella sede del
CAI-Val Germanasca, il dott. Teodoro
Peyrot di Pomaretto ha proiettato un
suo documentario, girato durante una
spedizione alpinistica nel Nepal.
La proiezione ha entusiasmato i presenti che difficilmente potranno dimenticare le scene pittoresche della vita
a Katmandu, la valle dei rododendri
giganti con le antichissime pietre incise, le cime dell’Himalaia contro il
cielo di un azzurro luminoso e, purtroppo, anche i rifiuti del campo Atonzino, italianamente abbtindonati lungo
la strada.
È peccato che documentari come
questo, di un interesse non strettamente riservato agli specialisti, non
possano essere proiettati anche ai
bambini delle scuole: sarebbero certa
mente più efficaci, per conoscere il
mondo, di molte lezioni di geografia!
Frali
I soliti ignoti hanno visitato nella
notte tra il 24 e il 25 gennaio il Municipio di Prali, lasciando evidenti tracce del loro passaggio.
I visitatori notturni sono entrati negli uffici del Comune, nell’ufficio postale e nella sede dello Sci Club, dopo
aver scassinato le serrature delle porte
chiuse a chiave.
La cassaforte dell’ufficio postale che
conteneva una grossa somma di denaro non è stata toccata, invece dai cassetti dell’ufficio comunale è sparita
una somma di denaro poco rilevante,
ma molto più facile da prendere.
I carabinieri di Ferrerò hanno iniziato le indagini. L. V.
S’ode a destra uno squillo di tromba,
da sinistra risponde uno squiilo
San Germano
Chisone
—Il nostro fratello Giovanni Soulier ci ha
lasciati, all’età di 69 anni. Egli aveva trascorso gli ultimi tempi all’Asilo di San Giovanni. Siamo riconoscenti al pastore Bertinat
che ha potuto circoiidarlo durante la sua
malattia e rivolgiamo una parola di incoraggiamento fraterno alla sorella ed ai nipoti. La
salma è stata deposta nel cimitero delle Murise.
— Anche Marta Boudrandi, della comunità
di Pramollo,è deceduta a 78 anni alle Gorge.
Il pastore Pons ha annunziato in questa occasione l’evangelo della resurrezione nel nostro
tempio. Pensiamo con affetto alle famiglie
Bounous e Playan che sono state colpite da
questa lutto.
— L'Unione Femminile, nella sua ultima
seduta quindicinale, ha riflettuto sul significato della Santa Cena. Le sorelle hanno realizzato in modo del tutto particolare quanto
l’aspetto comunitario di questo atto cultuale
ci chiami a vivere veramente insieme la certezza che il nostro Signore è vivente in mezzo
a noi e che « viene presto ». Cercheremo di
riflettere ulteriormente al modo migliore per
esprimere questo, riunendoci attorno alla tavola del Signore.
— I catecumeni stanno attivamente preparando, sotto la guida della Sig.na Nelly Rostan, un canto per il culto del XVII febbraio.
Chiediamo al Signore che il loro « eccomi
manda me » possa sgorgare da una fede sincera e corrispondente all’impegno di tutta la
comunità.
— Ci permettiamo di ricordare che disponiamo ancora di alcune copie del libretto
L’Alba, scritto dalla Signora Edina Ribet per
aiutarci a rivivere alcune tappe della nostra
storia. Invitiamo tutti coloro che non se lo
sono ancora procuralo a non mancare questa
occasione. D’altra parte sono ancora disponibili due copie de « La pietra e la voce », album
fotografico sulla Val Pellice, con pregevoli
note storiche, edito in bella veste tipografica.
Bicordiamo che la campagna del libro terminerà il XVII febbraio e che vai la pena di approfittare dei larghi sconti che siamo in grado di accordare in quest’occasione.
— La campagna di abbonamenti per l’Amico dei fanciulli ci ha permesso di inviare i nominativi di trenta giovani abbonati vecchi e
nuovi alla direzione del giornalino. Ringraziamo i parenti che hanno voluto collaborare
a questa iniziativa e... speriamo di fare ancor
meglio l’anno prossimo. Tuttavia alcuni non
si sono riabbonati. Semplice dimenticanza?
__La Commissione missiotiaria si è riunita
a San Germano per mettere a punto le modalità della domenica delle missioni, che avrà
luogo il 3 marzo.
—Domenica 27 gennaio ha avuto luogo la
riunione ai Martinat. Il pastore è stato accompagnato dall’anziano Enzo Tron e dai catecumeni Roberto Meynier e Marco Bounous,
ai quali esprime la sua riconoscenza per aver
reso cosi assai più gradevole la camminata
non indifferente che implica tale spostamento
domenicale. Lassù, siamo stati accolti dal
quartiere quasi al completo e, dopo il culto,
Marco Bounous ha presentato agli intervenuti
alcune notizie missionarie, inaugurando cosi
il suo nuovo incarico. Erano presenti anche
alcuni adulti e ragazzi « oriundi » dei Martinat. Dopo aver fatto simpaticamente tappa dagli amici Robert, che ringraziamo per la loro
accoglienza, siamo ridiscesi a valle percorrendo il sentiero ancora in parte ghiacciato.
Giovanni Conte
In questi ultimi giorni sono stato
chiamato in causa, in modo diretto o
indiretto, in occasione di vari interventi sull'« Eco del Chisone », sul « Giornale di Pinerolo e Valli » e sull’« EcoLuce ».
Non mi interessa tanto di « difendermi » quanto di precisare i motivi
che mi hanno spinto a scrivere e ad
agire nel modo in cui l’ho fatto ultimamente. È infatti necessario di ridimensionare certe valutazioni espresse da
più parti. Il lettore abbia la pazienza
di leggermi fino in fondo per farsi
un’idea più esatta su alcune affermazioni che mi concernono e che suonano
un po’ come opposti squilli di tromba
in un torneo.
UN ENNESIMO “GRIDO DI DOLORE"
(ma gli schiaffi non ci sono stati)
Franco Trombotto, scrivendo sull’Eco del Chisone del 24 gennaio ha tacciato il mio articoletto Amenità del
centenario («Eco-Luce» del 18 gennaio)
di « Schiaffi poco evangelici ». A questo
proposito vai la pena di precisare alcune cose.
Innanzitutto, sul piano locale non ho
mai inteso dare uno schiaffo, anche
metaforico, a chicchessia, men che
meno a don Allaix sacerdote a San Germano, né mettere in dubbio la sua buona fede. Né ho mai bandito né intendo
bandire una crociata contro i cattolici
san germanesi, come non l’ho mai bandita in nessun luogo. La buona armonia che regna tra i sangermanesi non
sarà certo minata da me. Non c'era
per questo bisogno che Franco Trombotto si scomodasse a scrivere un articolo. D’altra parte non ho affatto considerato l’articolo apparso su la « Buona Parola » a proposito di Valdo come
uno « schiaffo » rivolto a me o a chiimque altro. Tutto il discorso di Trombotto sul « porgere l’altra guancia »
non ha dunque nessun senso.
Quello che rimane è che si possa
presentare, anche con intento amichevole, la personalità di Valdo e in generale tutta la posizione del protestantesimo, nel modo con cui lo si è fatto in
quell’occasione ma anche in tante altre
su « La Buona Parola », sull’« Eco del
Chisone » e su fogli cattolici del pinerolese e non. Era di questo che ho inteso occuparmi e, con buona pace dell’articolista dell'« Eco del Chisone »,
continuo ad esser convinto che si tratta di una presentazione « caricaturale »
di Valdo e del protestantesimo e che è
necessario rilevarlo. Caricaturali si può
essere anche involontariamente, ogni
qualvolta si presenta una visione distorta di un avvenimento o di una persona.
Quanto all’« Eco del Chisone » coglie
questa occasione per lanciare un ennesimo « grido di dolore », come fa ogni
qualvolta un articolo od un’affermazione da parte protestante pronuncia un
giudizio o esprime una posizione che
non possa venire utilizzata nel quadro
della linea « ecumenica » seguita dal
cattolicesimo pinerolese. Vedi per questo le reazioni alla ferma prpa di posizione della comunità di Pinerolo in
materia di matrimoni misti o all’articolo di Paolo Ricca La sindone in Tv.
Quando tuttavia Io stesso Ricca scrive
Unità nella diversità allora Franco
Trombotto parla di « un grosso e splendido articolo (...) che stimola a un genuino impegno ecumenico ». Non è un
po’ troppo comodo ascoltare soltanto
una parte di quello che Ricca ha dà
dire?
UNA LANTERNA
ESAMINATA COL LANTERNINO
« La Lanterna », il nuovo settimanale
del pinerolese recentemente messo in
vendita nelle edicole di giornali, ha suscitato le prevedibili reazioni degli altri giornali locali. In particolare quella
del « Giornale di Pinerolo e Valli », che
dedica quasi tutta la prima pagina ad
un attacco, velenosetto anziché no, al
Sig. Calieri ed al giornale che, secondo
gli scriventi, ne è un’emanazione destinata a tutto corrompere. Lascerò, se
permettete, al sig. Calieri il compito di
difendersi, se come e quando lo riterrà
opportuno, perché è abbastanza grande per farlo da solo. Desidero soltanto
precisare perché ed in che modo collaboro a « La Lanterna », producendo
una parte di quel « ciarpame da bollettino parrocchiale e da maggioranza
silenziosa » cui allude il « Giornale di
Pinerolo ». Ciò facendo, risponderò anché in parte a quanto scrive in proposito Ermanno Genre sull’« Eco-Luce »
del 25 gennaio; « un po’ di luce sulla
’’Lanterna” ».
Tutto è cominciato con una richiesta
di collaborare, rivoltami da un amico
valdese di Pinerolo. In seguito, lo stesso direttore del giornale, Sig. Mario
Carlo Giordano, ha avuto la gentilezza
di venirmi a trovare per domandarmi
di scrivere qualchearticolo capace di
rispecchiare una posizione evangelica.
A questa richiesta ho risposto affermativamente, parendomi utile di sfruttare
questa possibilità di « predicazione »
che mi veniva offerta. Ho tuttavia
detto molto chiaramente al direttore
che mi era assolutamente necessario di
poter parlare liberamente dei problemi
che mi stavano a cuore, anche se il mio
modo di presentarli non dovesse sempre corrispondere esattamente alla « linea » del giornale. Tale condizione è
stata accettata, con l’intesa che qualora
« La Lanterna » dovesse assumere delle
posizioni di fondo che non mi sentirei
di condividere, cesserei semplicemente
la collaborazione e « amici come prima ». Mi domando quale altro giornale
del pinerolese avrebbe accettato simili
condizioni. Si tratterà ora di vedere
quale sarà la funzione che assumerà
effettivamente il nuovo settimanale.
Diamogli almeno il tempo di « rodarsi ». Comunque, non si pensi che considero il mio piccolo contributo giornalistico come determinante per un
giornale che, secondo Ermanno Genre,
ha tanti soldi da buttar via. A questo
proposito mi permetto di dirgli che
egli ha fatto un’affermazione gratuita,
prendendo per buona un’altra affermazione del « Giornale di Pinerolo », secondo la quale direttore, redattori e
corrispondenti sono tutti stipendiati.
A me risulta che i collaboratori (per il
direttore non so e non mi riguarda)
non ricevono una lira. Quanto a me
non mi sono mai messo in vendita e
nessuno ha cercato di comprarmi in
questa occasione. Mi si rimprovererà,
in un tempo in cui si parla tanto della
necessità di uscire dall’ambito ristretto
delle « parrocchie », di cercare di dire
la mia modesta parola anche « fuori »?
Vi è nel pinerolese una sola posizione
giornalistica « laica » che non si presti
ad eventuali, pesanti, equivoci?
Se « La Lanterna » potrà fare un po’
di sana concorrenza all’« Eco del Chisone » sarà tanto di guadagnato per
tutti. Se poi non è piaciuto lo « squallido attacco alla comunità ecumenica
di Agape » — come scrive il « Giornale
di Pinerolo » — vi dirò, con tristezza,
che non è piaciuto neanche a me: perché rispecchia largamente la realtà dei
fatti, a mio avviso.
Non dimentichiamo che 1’« Eco-Luce » rimane a mio avviso un utilissimo
« correttóre » di fronte a tutte le posizioni spesso partigiane che ci sono offerte dalla stampa pinerolese, altro che
essere tagliato fuori. Basta che gli diamo uno sviluppo sempre più grande,
che la popolazione valdese eserciti la
sua funzione critica in ogni ramo della
vita sociale, che faccia, insomma, sentire, nel senso buono, il suo peso, in modo che tutti prendano atto della realtà
rappresentata dal protestantesimo. Il
nostro giornale è forse uno dei^ pochi
che non dipenda, nel modo più lampante da finanziamenti più o meno occulti e che sia veramente sostenuto
« dalla base »... senza essere in deficit,
grazie anche alla mole significativa dei
doni. Giovanni Conte
ultiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiMiiiiiiiiiiiiiimimiiit
A TORINO
Incontri sul Concordato
Sabato 9 febbraio alle ore 14,30, nel
Salone S. Donato di Via Saccarelli 10
avrà luogo un incontro dei gruppi e
comunità ecclesiali di base. Sono previste delle relazioni su: la scuola di
religione, i cappellani militari, famiglia e divorzio, rifiuto della congrua,
situazione delle confessioni non cattoliche nei confronti dello stato. La relazione generale sul Concordato sarà
tenuta da Pierangelo Gramaglia.
Fra gli organizzatori, le comunità di
base del Piemonte, la segreteria piemontese dei cristiani per il socialismo, la FGEI di Torino, le AGLI e numerosi altri gruppi.
6
pag. 6
I NOSTRI GIORNI
N 5 — 1" febbraio 1974
La lotta di liberarne e di indipendenza
delle colonie portoghesi
È importante che sia dedicata una
serata pubblica alla discussione di un
problema così attuale ed importante,
quale quello della lotta delle colonie
portoghesi per la libertà e l’indipendenza. Infatti assume particolare importanza, soprattutto in questi ultimi
anni che vedono una costante provocazione del fascismo nei confronti delle libertà più elementari, conoscere la
situazione di popolazioni che da 500
anni vivono un’esperienza colonialista
in un clima di repressione e terrore.
A tutti saranno note le stragi denunciate dai ’padri bianchi’ espulsi
dal Mozambico nell’estate del 1973; esse furono in sostanza le risposte al
tentativo di liberazione portato avanti
dai guerriglieri costretti ad una lotta
senza quartiere dopo che la richiesta
legale di indipendenza era stata respinta. Questa lotta è portata avanti
dal FRELIMO, che oltre alla rivolta
armata porta avanti una serie di contatti con l’estero volti a dare un’informazione alternativa a quella portoghese. Chongo Amandio, intervenuto
al dibattito, è un partigiano di questa
organizzazione che egli stesso definisce di impostazione marxista. Contro
il FRELIMO vengono usati gli stessi
metodi che gli Americani usano in
Vietnam contro il Governo Rivoluzionario Provvisorio: retate, bombardamenti sulle zone liberate, irrorazioni
di diserbanti, torture, esecuzioni sommarie.
Il Mozambico, l’Angola e la GuineaBissau da 500 anni a questa parte si
vedono portare via le risorse naturali
e gli uomini da parte di uno Stato militarista e fascista che portando in
Africa la sua cultura “superiore” ha
distrutto la cultura indigena. La polìtica del Portogallo è apparentemente una politica di integrazione razziale, sulla carta i neri hanno gli stessi
diritti dei bianchi, ma guadagnano
dalle sette alle ottomila lire al mese,
mentre la vita ha tm costo per nulla
inferiore al nostro. Il clima in cui queste nazioni vivono è molto teso; non
c’è libertà di stampa, praticamente
tutti gli organi di informazione sono
sotto controllo. Le prigioni sono molto simili a quelle del Vietnam del Sud
(in esse sono morti anche due pastori
protestanti). I civili che abitano le
campagne si trovano in grande pericolo.
Tutto questo discorso era corredato da una serie di diapositive portate
da p. Bertulli (uno degli espulsi che
avevano protestato contro i massacri
presso le autorità), che ha dato una
immagine del Mozambico dal punto di
vista del missionario. Ha illustrato il
lavoro delle missioni che appoggiano
la guerriglia e le posizioni del clero.
Come si può facilmente prevedere, il
clero portoghese è del tutto integrato,
ma congregazioni come quella dei Padri Bianchi hanno già mostrato un coraggio singolare nella denuncia degli
episodi di sangue e nell’aiuto ai guerriglieri. Anche l’opera di questi padri
ha evidentemente un limite, in quanto
nelle missioni si riceve una formazione di tipo occidentale e spesso la concezione di civiltà innata nell’uomo
bianco fa si che, pur essendo pieni di
buoni propositi, anch’essi alla fin fine
contribuiscono alla perdita dell’identità di questi popoli africani.
La situazione di queste popolazioni
non può lasciarci insensibili non solo
per motivi umanitari, ma anche per
motivi politici. Tutti sappiamo che il
Portogallo è retto da un governo “d’ordine”, molti inviti delle Nazioni Unite
sono stati lasciati cadere nel nulla da
questo governo, nulla sembra servire
contro le forze del suo esercito.
Per ciò che riguarda il nostro paese,
non possiamo ignorare la posizione di
opportunismo della delegazione italiana airONU nei confronti delle mozioni delle colonie portoghesi, denunciata a più riprese. Non dobbiamo neppure dimenticare che è l’Aeritalia, industria italiana del gruppo FIA'T, che
fornisce alla NATO gli aerei (Fiat G91)
che, venduti al Portogallo, serviranno
per bombardare i villaggi della Guinea
libera (testimonianza di Amilcar Cabrai).
Bisogna pure sottolineare che la scelta di venerdì 25 come data dell’incontro alla Galleria d’arte moderna non
è stata fortuita: proprio in quei giorni
si ricordava il primo anniversario dell’assassinio di Amilcar Cabrai, la cui
figura è stata ricordata dalla prof. Passerini. Egli era il dirigente della lotta
anticolonialista in Guinea-Bissau e Ca
poverde. L’analisi della società era da
lui condotta sulla base di quella marxista, organizzando un partito che nel
1963 passava alla lotta armata. Egli
girando in varie città europee fece conoscere l’indipendenza cui le colonie
miravano e cioè una liberazione totale basata sulla autodeterminazione
delle masse. Da qui la necessità di far
superare alla popolazione i legami tribali ed educarla dandole una coscienza nazionale, un’istruzione autonoma
ed una economia autosufficiente.
A noi si chiede una presa di coscienza nei confronti di queste situazioni
oltre che SOLIDARIETÀ’ anche se questa si dovesse risolvere in un contributo critico.
Erika Tomassone
A PROPOSITO DI UN PROCESSO
Bambini spastici e bambini narmaii
REPRESSIONE E PROPAGANDA PORTOGHESE
Dio e resercHo non vooliono
la ouorra... di liborazione
Il numero 1/1974 di « Idoc Internazionale » documenta un rincrudimento
della respressione, in Portogallo, nei
mesi di novembre e dicembre scorsi.
Gli arresti, che hanno colpito vari
membri della LUAR (la più antica delle
organizzazioni rivoluzionarie portoghesi, che ha scelto la via della lo'tta armata insieme alle Brigadas Revolucionaries legate al Fronte di liberazione
nazionale) e dell’ARA (braccio armato
del partito comunista portoghese), fanno parte di una campagna che va coinvolgendo anche persone non direttamente legate alla lotta rivoluzionaria
ma scomode per il regime e per la facciata democratica che esso cerca di
darsi. Fra questi ultimi, sono stati arrestati vari membri (alcuni, cattolici
convinti) del Comitato nazionale di soccorso per i prigionieri politici.
L’offensiva psicologica è largamente
condotta anche nelle colonie africane.
Ai documenti riportati da Daniele Garstante » (Claudiana, Torino 1973, p. 52,
rone nell’opuscolo di « Attualità proteL. 300. Mozambico, trincea del colonialismo, aggiungiamo il testo di un volantino, diffuso dall’esercito portoghese
nell’Angola e riportato dal citato fascicolo di « Idoc intemazionale » con questo commento: « Dopo i massacri, ecco
ora i tentativi di corruzione, in nome
di un Dio che, come l’esercito portoghese, non vuole la guerra... di liberazione »:
« Dio non vuole la guerra. Dio castigherà coloro che combattono. Dio
castiga. Tu sai che molte persone
morranno. È Dio che castiga. Tu
puoi aiutare a metter fine alla guerra. Vieni a parlare con l’esercito.
Vieni a conoscere la verità. L’esercito non fa del male a quelli che vengono per conoscere la verità. Vieni
di giorno. Mettiti le mani sul capo,
affinché l’esercito sappia che tu vuoi
parlare con lui. L’esercito ha l’ordine di non fare del male a quelli che
mettono le mani sul capo.
L’esercito dà soldi. Per ogni mortaio che porterai all’esercito guadagnerai 1000 scudi. Per ogni bazoka
guadagnerai 800 scudi. Per ogni mitragliatrice 500 scudi. Per ogni arma leggera o granata guadagnerai
100 scudi. Dio è contento di te perché aiuti a far finire la guerra. Anche l’esercito è contento di te e ti
dà dei soldi perché tu possa comprare vestiti, sale e avere una moglie.
Vieni all’ esercito. L’esercito dà
soldi ».
La legge del marzo 1971 sulle nuove
norme in favore dei minorati ed invalidi civili dispone che: « l’istruzione dell’obbligo deve avvenire nelle classi normali della scuola pubblica, salvo i casi
in cui i soggetti siano affetti da gravi
deficenze intellettive o da menomazioni fisiche di tale gravità da impedire
o rendere molto difficoltoso l’apprendimento o rinserimento nelle predette
classi normali ».
Contrariamente alle disposizioni di
questa legge, e cioè in modo autoritario
e del tutto abusivo, la Preside della
scuola media statale Baldassare Longhena di Lido Ca’ Bianca (VE) prof.
Amedea Velli Puia ha rifiutato a tre
bambini spastici l’iscrizione nella sua
scuola, motivando il rifiuto con questa
dichiarazione: « non voglio nella mia
scuola ragazzi inefficienti o deficienti;
io devo tutelare tutti gli altri ragazzi ».
La Preside non ha neppure voluto vedere i bambini che ha respinto: si è limitata a leggerne le cartelle cliniche e
ad ascoltare le voci correnti, secondo
le quali erano « brutti e ripugnanti ».
I bambini estromessi con questo atto
di autoritarismo dalla scuola statale
normale sono tre:
1) Neri De Rossi: ha la deambulazione impedita, soffre di un tremito alle mani con conseguente tremolìo della
scrittura, ma nei riguardi della scuola
questa è l’unica sua difficoltà, perché,
come dicono le sue cartelle cliniche:
« il suo eloquio è bene intellegibile, l’intelligenza è normale, è stato promosso
alla terza media normale, ha ottime
qualità di volontà costanza ed applicazione, per cui è assolutamente auspicabile per lui la prosecuzione degli studi».
2) Italo Ferrino, descritto falsamente da una collega della prof. Puia
« di aspetto ripugnante », fatto smentito da tutti i testimoni e dalla documentazione fotografica, è stato dapprima
accettato alla scuola media Longhena
e poi allontanato; è deceduto nel novembre scorso per la distrofia da cui
era affetto.
3) Guido Penzo, dichiarato idoneo
alla frequenza delle scuole medie inferiori, è stato rifiutato dalla scuola Longhena. Quest’ultimo caso non è chiaro,
perché in un secondo tempo il padre
di Guido Penzo scrisse una lettera all’Assistenza spastici dichiarando che
non aveva motivo di dolersi del comportamento della Preside Puia, e, a differenza dei genitori degli altri due alun
A CINQUANTA
ANNI DALLA
MORTE
DI LENIN
Echi della settimana
La donna e il lavoro
Quali sono gli ostacoli che impediscono la diffusione del lavoro della
donna?
L’UNESCQ ha disposto che si svolga una indagine sulle possibilità, per
le donne, di adire all’istruzione e all’impiego, in cinque paesi: Argentina,
Costa d’Àvorio, Libano, Sierra Leone
e Sri Lanka ((ieylon).
Si stanno compilando dei rapporti
sugli impieghi ai quali è loro negato
l’accesso, quelli nei quali le donne sono tenute in posti di livello inferiore
alla loro qualificazione professionale e
in genere sulle restrizioni che limitano la partecipazione delle donne a corsi di aggiornamento e di perfezionamento.
Le indagini verteranno anche sulle
possibilità, per le donne dai 15 ai 24
anni, di ricevere l’istruzione secondaria e superiore, nonché sull’atteggiamento di uomini e donne rispetto alla
istruzione femminile.
Direttore responsabile; Gino Conte
Reg. al Tribunale di Pinerolo
N. 175 - 8/7/1960
Coop. Tip. Subalpina - Torre Pellice (Torino)
In tale ricorren
za, innumerevoli articoli sono stati pubblicati con le critiche più varie. Á noi interessano fra
tutte, per evidenti ragioni, le critiche
di autori marxisti e perciò vogliamo
qui riportare parte d’un articolo di
(Charles Bettelheim apparso sul « Manifesto » del 20.1.’74.
« Perché il partito bolscevico sceglie
la strada del capitalismo di Stato? La
domanda è legittima, perché soltanto
nel 1917 la scelta sembra ovvia. Nessuna analisi anteriore del partito bolscevico, o dei fondatori del materialismo
storico, dava indicazioni in questo
senso. (...)
Lenin sostiene che l’apparato “economico” di Stato, formatosi nella tappa monopolistica del capitale, dev’essere conservato. Scriveva: "Oltre l’apparato repressivo... esiste nello Stato
contemporaneo un apparato intimamente legato alle banche e ai trust
(= associazioni a scopo di monopolio),
che compie un vasto lavoro di statistica e registrazione... Esso non può né
deve essere spezzato. Bisogna strapparlo al capitalismo e sottometterlo ai soviet proletari, allargarlo, estenderlo a
tutti i settori, a tutto il paese. E si può
farlo solo appoggiandosi sulle conquiste realizzate dal grande capitalismo,
perché soltanto così la rivoluzione proletaria potrà raggiungere il suo obiettivo" (“I bolscevichi conserveranno il
potere?’’). (...)
È lecito naturalmente chiedersi se,
decidendo (per un complesso di ragioni) un sistema di “capitalismo di Stato
sotto la dittatura proletaria”, Lenin e il
partito bolscevico non abbiano contribuito a limitare la capacità della base
operaia, la sua fiducia nelle proprie forze, e a spingerla verso una passività
difficilmente compatibile con il suo
ruolo di classe dirigente. È una domanda legittima, cui però non è possibile
rispondere. Come infatti sapere se la
disgregazione dell’industria sovietica,
per la mancanza di una disciplina nell’azienda e di un coordinamento fra
aziende, non sarebbe stata tale che la
a cura di Tullio Viola
' Illustre economista francese di scuola marxista, professore (dal 1948) alla « École pratique des haules études » ed all'« École nationationale d'administratioii » di Parigi. Autore
di opere importanti tradotte in molte lingue.
L'articolo porta il titolo « Lenin e le prime
scelte di organizzazione sociale dopo l Ottobre: controllo operaio e consigli, potere in
fabbrica e priorità statali », e quanto qui trascriviamo è estratto dal paragrafo finale (.sottotitolo : « Il ’capitalismo di Stato sotto la
dittatura proletaria” »). L'articolo è parte d un
libro che sarà pubblicato prossimamente, in
Francia (Edit. Maspérs e Senil).
borghesia avrebbe potuto riprendere
rapidamente il potere, qualora lo Stato
Sovietico non avesse preso le misure
che ha preso? Tuttavia si può pensare
che, malgrado le condizioni nelle quali
il potere sovietico era stato proclamato (...), non mancavano le basi, organizzative e ideologiche, perché le masse con l’aiuto del partito, potessero
trovare in un tempo relativamente breve, forme di organizzazione adeguata a
garantire la propria iniziativa, l’autodisciplina e un’effettiva direzione coordinata dell’industria. Il fatto è che il partito bolscevico mancava d’una tradizione che lo spingesse a orientare su larga
scala un processo di "autoeducazione”
delle masse: la concezione che tradizionalmente esso si faceva della penetrazione delle idee proletarie, era piuttosto quella di un “insegnamento” che
di un’“autoeducazione".
Così stando le cose, quel che sappiamo con certezza è:
1) che la scelta del “capitalismo di
Stato” ha permesso un riassestamento
parziale dell’apparato industriale, in
modo che questo ha potuto sostenere
lo sforzo di guerra al quale l’VRSS è
stata costretta fin dal maggio 1918;
2) ma anche che la perietrazione
massiccia di capitalisti, tecnici e ingegneri borghesi nell’apparato economico, ha portato ad un rafforzamento
della disciplina del lavoro in senso borghese; e che costoro hanno ottenuto un
certo numero di privilegi, soprattutto
sotto forma di accrescimento delle ineguaglianze salariali;
3) quanto all’“apprendimento dei
metodi di gestione da parte della massa operaia”, questo non s’è realizzato,
a meno di ridurre il concetto alla formazione d’un ristretto numero di operai, partecipanti alle istanze di gestione centrali e regionali, e divenuti poi
dirigenti d’azienda;
4) la coscienza proletaria degli operai sovietici è cresciuta nella lotta armata contro la borghesia e l’imperialismo, non si è manifestata sotto forma
d'un’autodisciplina di fabbrica né di
un reale controllo dell’economia, capace di far predominare gl’interessi complessivi del proletariato su interessi
particolari. Le masse operaie non sono
state effettivamente chiamate ad esercitare questo controllo, rimasto nelle
mani di organismi specializzati e altamente centralizzati ”.
ATTENDENDO
L’ORA DEL POPOLO
Nel n. precedente di questo settimanale (art. «Perché Papadopulos perse il potere ») abbiamo riportato il pa
rere di Alessandro
Panagulis sul periodo di dittatura della « Giunta dei Colonnelli » dal 21.4-’67
al 25.11.’73. In .al__________________tri punti del suo articolo (pubblicato
su «L’Astrolabio» del 31.11.’73), il Panagulis scrive:
« Papadopulos era un traditore del
popolo, ed anche un traditore del suo
'giuramento. Pesano molti delitti su di
lui e lo sappiamo. Ma di ciò ch’è successo il 16.11.’73 e i giorni seguenti, non
ha colpa Papadopulos, bensì quelli che
ora hanno preso il suo posto. Il 16.11,
infatti, i carri armati non sono usciti
dalle caserme per ordine di Papadopulos. Né Papadopulos né il capo delle
forze armate, generale Zagorghiannakos, né Marchezinis sapevano nulla di
quei carri armati. Essi sono stati le vittime del colpo di Stato che li avrebbe
rovesciati dieci giorno dopo. Nel tentativo di mantenere la sua autorità, inoltre travolto dalla paura, Papadopulos
cercò di mascherare la verità diffondendo via radio un messaggio. S’illuse
anche, con quel messaggio, di prender
tempo e poter affrontare i golpisti. Ma
la sua sorte era segnata e il suo atteggiamento servì solo a rinviare la conclusione del colpo di Stato. Conclusione
che avvenne il 25.11.
Chi è l’autore di questo colpo di Stato dentro il colpo di Stato? È il brigadiere Dimitris Joannidis che ha un potere personale nell’esercito. Insieme a
Joannidis, molti ufficiali legati ai militari che Papadopulos aveva allontanati
dal governo. Capo della polizia militare fin dal 1968, Joannidis è sempre stato noto come un soldato duro, un .soldato che crede nella forza d’un regime
puramente militare. Vuole un regime
come quello della Turchia. Ed è l’unico che Papadopulos non riuscì mai ad
esautorare o ad allontanare. (...)
Altri colpi di Stato aspettano la Grecia, non solo quello dei generali che
hanno perduto anche stavolta coi colonnelli. Preparano un colpo di Stato, .sicuramente, gli amici di Papadopulos.
Prepara un colpo di Stato, sicuramente, la CIA. Preparano un colpo di Stato
quelli della Marina e dell’Aviazione,
dove l’ottanta per cento degli ufficiali
sono contro la dittatura. E costoro potrebbero addirittura tentarlo insieme
agli ufficiali dell’ esercito, che sono
sempre stati contro Papadopulos ed
ora sono contro Joannidis. Se il loro
colpo di Stato riuscisse, attraverso di
loro si potrebbe arrivare a un regime
democratico in Grecia. Ci aspetta insomma una catena di colpi di Stato, e
il prossimo non è lontano. Per questo
l’unità delle forze impegnate^ nella Resistenza è oggi così necessaria. L’“ORA
DEL POPOLO ” può venire soltanto il
giorno in cui esso potrà opporsi in modo dinamico, cioè attraverso una Resistenza armata ».
ni, non si costituì parte civile nel processo intentato alla Preside. Bisogna
notate che egli ha un’altra figlia che
frequenta la stessa scuola media, per
cui, probabilmente, si è lasciato convincere dalla Preside a non insistere
della domanda per una misura di prudenza nei confronti della figlia.
* * *
Il Presidente dell’AIAS (Associazione
italiana assistenza spastici), 'Vincenzo
D’Agostino ha sporto denuncia a nome
dell’A.I.A.S. contro la Preside Velli
Amedea in Puia, intendendo il rifuto
dell’iscrizione dei ragazzi in contrasto
con la legge sopra citata del marzo
1971, e i padri dei due minorati, .Neri
De Rossi e Italo Ferrino, si sono costituiti parte civile. Nel fare questa denuncia il Presidente dell’A.I.A.S. ha dichiarato che quello che gli sta più a
cuore è che il processo possa acquistare « un effettivo valore emblematico
per la definitiva risoluzione del problema di un vero inserimento nella scuola
pubblica normale, e poi nella società,
degli handicappati ».
Il padre del De Rossi scrisse al Provveditore degli studi di Venezia, esponendogli il caso del figlio, e pregandolo
di interessarsi affinché la resistenza della Preside fosse superata, ma la lettera
non ebbe risposta. Il Presidente dell’Associazione spastici scrisse egli pure
una lettera raccomandata alla Preside,
con invito a comunicare d’urgenza una
motivazione del rifiuto all’iscrizione
dei ragazzi, ma neppure lui ottenne risposta. Il D’Agostino dichiara che, anche ammettendo per ipotesi, che la Preside potesse avere dubbi sulla difficoltà
d’apprendimento dei ragazzi, non poteva pretendere dai genitori alcuna certificazione medica, perché gli alunni
sono affidati al personale medico dei
servizi di medicina scolastica, e sono
questi che devono dare un responso; né
tanto meno essa poteva allontanare i
ragazzi dalla scuola, finché questa indagine medica scolastica fosse stata
esperita. Quindi la Preside ha compiuto un abuso nei loro confronti, che il
D’Agostino non si perita di definire ispirato « a vero razzismo, dimostrando di
dividere i ragazzi in due categorie,
quella dei normali che meritano ogni
tutela, e quella dei minorati che con
la loro presenza non devono turbare gli
eletti. Il razzismo, purtroppo, continua
ad allignare nella nostra vita sociale
— egli scrive — nonostante le categori
•« 3[nuoTzntpsoo njjco nj
-pu otnuatuoo ‘nuosjod rugo ip n[3jnt ip
raopnuijsjjn oqotjogotnò btuntscuóu
** * *
L’A.I.A.S. persegue da alcuni anni,
con studi e convegni appositi ■— un
Convegno è stato organizzato a Cosenza nel 1971 sull’inserimento dei bambini spastici nella scuola pubblica, con
l’intervento di studiosi di pedagogia, di
neuropsichiatria, di specialisti di educazione motoria, ecc. — persegue, dicevamo, il fine di una società più umana
in cui le difficoltà di ordine fisico e
psichico, non siano guardate come
un’anomalia da isolare, ma semplicemente come una differenza da riconoscere ed accettare con atteggiamenti
positivi: « le esperienze di inserimento
dei bambini minorati nella scuola normale effettuate all’estero e in diverse
parti d’Italia si sono rivelate molto positive — scrive la relazione dell’A.I.A.S.
— sia per i minorati che per i bambini
normali, che hanno imparato a conoscere realtà diverse e ad accettarle ».
Una scuola che accoglie i bambini intelligenti e i meno intelligenti, i normali e i minorati (senza gravi menomazioni), una scuola cioè veramente uguale per tutti, potrà sola aiutare gli allievi tutti e i genitori dei minorati, e
attenuare le disuguaglianze che si operano nella società.
* * *
La speranza del Presidente dell’A.I.A.S. D’Agostino che questo processo potesse servire d’esempio e d’incoraggiamento per aprire le porte della scuola normale anche a migliaia di
bambini colpiti dalla sventura, e metterli a contatto con gli altri bambini,
invece di rinchiuderli in istituzioni apposite, come indesiderati ed emarginati, è stata delusa: la Preside Puia è stata assolta per insufficienza di prove.
« Nel nostro paese — scrive ancora il
D’Agostino, quasi a conclusione della
causa da lui intentata e come se ne
prevedesse l’esito negativo — perdura
il malcostume difensore di tante ingiustizie e di altrettanti privilegi; dietro
la maschera della benevolenza pacioccona, si riscontra una crudele indifferenza per l’infanzia costretta a vegetare in internati ospizi cottolenghi; migliaia di bambini sono tuttora privati
dei loro diritti fondamentali di dignità e libertà di vivere con i loro simili,
nel contesto urbano e sociale abituale ».
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L’assistente sociale signora Jalla-Silenzi, che lavora nella Sezione di Torino dell’A.I.A.S., da noi interrogata in
merito a tutta questa questione, ha
espresso il parere che, essendo i due
ragazzi rifiutati dalla Preside Puia arrivati ormai alla scuola media, ciò significava che le loro condizioni intellettive erano buone, e quindi a questo
punto non aveva senso negare loro l’ingresso nella scuola normale. La signora
falla ci ha anche informati che parecchi alunni spastici della Sezione in cui
essa lavora sono stati ammessi, dopo
le due prime classi elementari differenziali, nella scuola pubblica normale.
Edina Ribet