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Anno 125 - n. 35
8 settembre 1989
Numero speciale - L. 1.200
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Gruppo 11/70
In caso di mancato recapito rispedire
a : casella postale - 10066 Torre Pellice
delle valli valdesi
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE VALDESI E METODISTE
LA VISITA DEL PRESIDENTE COSSIGA
Dialogo di libertà
Ore 10 di domenica 3 settembre. I televisori nelle case
e nelle chiese evangeliche in
Italia sono tutti accesi. Per
la prima volta la televisione
italiana trasmette ,in eurovisione tutto un culto protestante. A Torre Pellice il Presidente della Repubblica,
Francesco Cossiga, vi assiste
in forma privata. Il Presidente ha infatti deciso di accettare l’invito della Tavola valdese e di partecipare all’inaugurazione del Convegno storico sul «Glorioso Rimpatrio».
Ma, prima, il credente Cossiga ha deciso di partecipare
con la comunità di Torre al
suo culto.
Quando U past. Paolo Ricca, nell’introdurre il sermone, saluta .il Presidente., il vescovo ausiliare di Roma, Clemente Riva, e tutti gli altri
ospiti, gli occhi di molti evangelici si inumidiscono per
l’emozione. « Vi salutiamo non
tanto come ospiti graditi, ma
con il più bel nome e con la
più bella qualifica che possiamo dare nella nostra vita:
quella di fratelli in Cristo »,
dice il predicatore.
Nel tempio gremito, oltre a
Cossiga, seduto accanto al vicemoderatore Bruno Bellion,
vi sono il moderatore della
Mesa vaidense Hugo Malan,
il giudice Mauro Ferri della
Corte Costituzioinale, i rappresentanti del governo (Val
do Spini), della Camera (Die
go Novelli), del Senato (Eugenio Bozzello), il vescovo di
Pinerolo, Giachetti, Tullia Zevi in rappresentanza delle Comunità ebraiche italiane. Paolo Spanu, presidente dell’UCEBI, Emmanuel Miaglia
in rappresentanza deH’Eseroito della Salvezza e tanti altri
A tutti Paolo Ricca annuo
eia l’esigenza della conversio
ne: « Dio ci convoca nel futu
TO. Egli vuole radicare la no
stra identità nel futuro della
nostra conversione ».
Terminato il culto, il momento più spiritualmente alto
della visita del Presidente, ha
inizio la visita ufficiale. Dapprima il ricevimento alla Casa
valdese dove il Presidente è
accolto dalla Tavola. Poi di
corsa in macchina a San Germano dove iil Presidente è
accolto dal moderatore Giampiccoli che ricorda che il rapporto dei valdesi con le autorità è stato storicamente
duplice: « d’indiscusso e marcato lealismo », ma i valdesi
sono ■ anche « appassionatamente critici quando sentono
essere in gioco la coscienza e
la fede, come lo siamo stati
con l’obiezione di coscienza al
servizio militare... e (oggi)
nella lotta per la più piena
libertà nella questione del
l’insegnamento della religione a scuola ».
Poi il saluto del past. Paolo
Ribet, l’inaugurazione della,
nuova casa di riposo, il pranzo da Flipot a Torre, e l’inaugurazione del Convegno storico, con il saluto del presidente della Società di studi
valdesi, Giorgio Tourn, e la
prolusione del prof. Giorgio
Spini.
A tutti ha poi risposto il
Presidente della Repubblica
che ha messo in rilievo come
la festa del Glorioso Rimpatrio « riguarda l’intera comunità italiana, in quanto festa
di libertà e liberazione di una
sua componente ». E come
Capo di uno stato laico ha
osservato che « nella Repubblica vivono credenti e non
credenti. Credere o non credere non può essere una discriminante nella nostra vita democratica, né costituire
un privilegio per nessuno, né
per gli un,i né per gli altri ».
Si è detto e scritto che questa vi.sita è stata un riconoscimento, una legittimazione.
Invece si è trattato di un dialogo sincero tra uomini liberi
,in una Repubblica democratica. Di uomini e donne con
responsabilità diverse che
hanno in comune un bene
prezioso da difendere: la libertà di tutti.
Giorgio Gardiol
UNA VALUTAZIONE DELLA SESSIONE SINODALE EUROPEA
Essere e apparire
Sono mancati i « granidi temi », ma alcune decisioni prese impegneranno a fondo le nostre chiese - Uno specchio della nostra spiritualità
« Senza lode e senza infamia »...
non riesco a trovare altre parole
per tentare una sintetica valutazione del Sinodo ’89. Un sinodo senza eccessi, senza animosità, senza
tensioni, ma anche senza vette, un
sinodo con qualche occasione
mancata, con molte discussioni e
decisioni rinviate ad un altro sinodo, ma che ha comunque prodotto alcune buone discussioni e il
consueto numero di ordini del
giorno. Da un lato, l’andamento di
questo sinodo dimostra che, anche
in assenza di « grandi temi » e
senza troppo impegno, siamo in
grado di cavarcela dignitosamente,
di arrivare comunque ad un risultato discreto. Questo stesso dato
può però suonare come un campanello d’allarme: al sinodo, come
in molti campi della vita, non si
può vivere di rendita, E certamente ci vorranno impegno, fantasia e
rigore se vogliamo dei risultati
non mediocri. Ma su questo tornerò alla fine.
Ci sono state occasioni mancate. Ne menzionerei due. Innanzitutto la discussione sul « centenario ». A partire da una valutazione
delle celebrazioni, si sarebbe potuto riflettere sulla nostra identità
e sulla nostra vocazione, valutare
criticamente il già fatto e prospettare coraggiosamente quello che ci
è richiesto. Si è svolta invece una
lunga discussione sulla proposta,
avanzata da un membro delle nostre chiese e fatta propria dalla
commissione d’esame, di avere una
giornata di digiuno di tutta la
chiesa, riprendendo un elemento
della spiritualità riformata. Digiuno da proporre alle chiese o digiuno da effettuare al sinodo, come momento di riflessione e di
protesta per il razzismo. Digiuno
sì. digiuno no? Gli interventi si
sono susseguiti, il tempo è trascorso, nulla si è deciso. Un’ altra occasione mancata è la discussione sull’evangelizzazione, che ha
lasciato in molti l’impressione di
ricominciare ogni volta da capo,
con le questioni di base: che differenza c’è tra la predicazione nella comunità e l'evangelizzazione,
tra l’evangelizzazione e il proselitismo? C’è contraddizione tra
evangelizzazione ed ecumenismo?
A bilanciare le occasioni mancate, vi sono state occasioni inattese, felicemente colte dal sinodo.
E’ il caso del tema della povertà
del sud del mondo, risvolto strutturale del benessere del nord. Ne
lia parlato il past. Comba nel sermone di apertura; ne ha riparlato,
senza alcuna retorica, ma con l'autorevolezza del testimone, il Moderador Hugo Malan nel suo intervento. Una commissione ha raccolto questo problema ed ha elaborato un ordine del giorno, poi
approvato dal sinodo, senza grande discussione, nonostante si trat
ti di un testo radicale ed impegna
Jl
Come nel 1889, una foto ricordo dei membri del Sinodo di.quest’anno.
tivo. Certamente un testo di questa portata meritava più discussione, ma forse se lo avessimo discusso maggiormente Io avremmo annacquato. E invece sarà proprio la
spigolosità di questo testo a stimolare la discussione e l’approfondimento nelle comunità e a sfidarci
ad una revisione della nostra vita.
I giornalisti che hanno seguito
il sinodo per conto dei loro quotidiani dicevano scherzosamente
che non c’era materiale per loro,
nel senso che non si erano toccati
« grandi temi » di una certa risonanza. E, in effetti, nei loro articoli, hanno precorso il sinodo più
che riferirne!
Di per sé, il fatto che un sinodo
si concentri sulla vita delle chiese
non è negativo e quella della risonanza sui mass media rischia di
essere una tentazione a prediligere
la dichiarazione su grandi problemi piuttosto che la delibera
che ci impegna concretamente come comunità.
Un intervento di P. Consiglio,
deputato della chiesa di Taranto.
Non sono comunque mancate
prese di posizione su temi
non ecclesiastici: una dichiarazione sui palestinesi, con la
richiesta di abbandono da parte di Israele dei territori occupati e di una conferenza di
pace internazionale che sancisca
per Israele e palestinesi il diritto
all’indipendenza, alla sicurezza e
alla pace; una protesta per l’insediamento di un « Carmelo » nel
Lager di Auschwitz; una dichiarazione, seguita all’uccisione di un
rifugiato, contro il razzismo e per
la difesa dei diritti degli immigrati dal terzo mondo.
Quali aspetti della vita delle
chiese hanno avuto particolare rilievo al Sinodo ’89?
Menzionerei innanzitutto il campo di lavoro, cioè la distribuzione
delle forze pastorali e i problemi
ad essa connessi: autonomia delle
chiese, invio di pastori al sud, rapporto fra esigenze delle singole comunità e le necessità della chiesa
nel suo complesso. La commissione d’esame ha formulato una serie di ipotesi, il cui esame è stato
però demandato ad apposita commissione.
In secondo luogo, i finanziamenti pubblici. Se il sinodo dell’anno scorso aveva varato uno
studio di ampio respiro su tutte le
forme di finanziamento pubblico,
quest’anno si è posto un problema
molto specifico: quello dei finanziamenti regionali per gli edifici di
culto, acuito dal fatto che si sono
registrate divergenze di linea fra
vari organismi delle nostre chiese:
c’è chi li ritiene accettabili e chi
no, ritenendoli in contrasto con
quanto deciso nei Sinodi ’85 e ’88.
Il sinodo ha ritenuto di non potersi pronunciare prima di avere i
risultati dello studio di cui sopra,
da terminarsi in tempo utile per
la prossima sessione. 11 non aver
Daniele Garrone
(continua a pag. 6)
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visita del Presidente della Repubblica
8 settembre
Una festa di libertà e liberazione
Signor Presidente della
Società di Studi Valdesi,
Signor Moderatore,
Signore e Signori
e, permettetemi questa
parentesi privata, fratelli e
sorelle in Cristo della comunità valdese,
è con profondo rispetto
e con piena partecipazione che oggi rappresento
la comunità nazionale alle celebrazioni di un
momento particolarmente
alto e significativo nella
storia di questa comunità: il « Glorioso Rimpatrio » delle popolazioni di
fede valdese nelle loro terre di origine.
Sono anche particolarmente grato a tutti loro
per l’accoglienza che mi
è stata riservata in Torre
Pellice, ed in questo tempio, in occasione della mia
seconda visita qui, dopo
quella compiuta nel 1984,
quale Presidente del Senato.
Al termine della parentesi dolorosa dell’esilio e
facendo prova, per dirla
con le parole usate da Benedetto Croce per tratteggiare i caratteri distintivi
del movimento napoletano ai primi albori, « di
quella risolutezza che secerne i forti dai deboli, i
conseguenti dagli inconseguenti, i combattenti dagli accomodanti », si svolgeva trecent’anni or sono
quella coraggiosa impresa
che doveva consentire ai
valdesi di Arnaud di riconquistare i loro diritti
e di rioccupare le loro
valli.
Il vostro ritorno, coraggioso e sofferto, ha significato la vittoria dell’inestimabile diritto dell’uomo alla libertà religiosa,
del diritto di ciascuno, come individuo e come comunità, ad attuare, secondo i dettami della propria
coscienza, la propria essenziale relazione con Dio,
nel contesto stesso della
storia in cui Dio lo ha collocato: la sua terra, la sua
Patria, la sua famiglia, la
sua comunità.
Ma il significato più profondo del « Glorioso Rimpatrio » va ricercato anche al di là dell'intrinseca
testimonianza di audacia
e di determinazione nella
quale esso si tradusse nell’anno 1689.
Con la ricostruzione delle valli devastate e con
l’opera paziente ed illuminata degli anni successivi,
la vostra Chiesa riusciva
a conseguire, per mezzo
dell’Editto di reintegrazione, una vittoria che è
forse unica nella storia
del protestantesimo nei
paesi latini: la reintegrazione, appunto, nello
« statu quo ante », in virtù di una misura di legge
e quindi la realizzazione
di quell’obiettivo che, pur
se tenacemente anelato.
non riuscì mai a venir
conseguito da coloro che
in Francia avevano ideato
il « grand dessein » e che
veniva invece portato a
compimento proprio da
Arnaud e dai suoi umili
compagni.
Fu quella una vittoria
certo piccola, per chi la
storia umana riduce a numeri e spazi, poiché vittoria di una piccola comunità. Ma fu una vittoria luminosa e grande della causa della libertà contro il potere assoluto, di
signori locali e di oblique
alleanze di potenze, che
ponevano alla base del loro agire violento un intreccio oscuro e innaturale di
aberranti ragioni di stato
e, ahimè, di motivazioni
che di religioso avevano
solo la caduca dimensione
del tempo.
La ricorrenza odierna
assume quindi un rilievo
che vorrei definire universale e che riguarda l’intera comunità italiana, in
quanto festa di libertà e
di liberazione di una delle sue componenti.
La presenza del Capo
dello Stato vuole essere
riconoscimento di ciò ed
espressione di gratitudine
per il vostro apporto alla storia civile, culturale e
politica della nostra Patria.
Storia singolare quella
della comunità valdese, così intimamente e misteriosamente intrecciata alla
storia della libertà nel nostro Paese.
Nel ripercorrere le tappe del cammino doloroso
ed impervio ma anche luminoso, seguito dai tempi
dei « poveri di Lione » sino ai nostri giorni, dagli
albori del primitivo movimento valdese e dei nuclei originari insediatisi in
queste Alpi Cozie, sino alla recente regolamentazione dei rapporti fra lo
Stato italiano e le Chiese
rappresentate dalla Tavola, nel 1984, ritracciamo
idealmente il percorso di
quella causa indivisibile
della libertà che, nel grande fiusso della storia, tanto ha stentato ad affer
marsi.
Tre anni fa ebbi l’onore di rendere visita alle
chiese valdesi e metodiste
in Roma per celebrare,
nell'occasione del secondo anniversario della firma dell’intesa fra lo Stato italiano e le Chiese rappresentate dalla Tavola
valdese, la definitiva emancipazione dei valdesi
— propugnata tra gli altri da due alti spiriti religiosi, di altra Chiesa ma
egualmente amanti della
libertà: Vincenzo Giober
ti e Roberto D’Azeglio —
e accordata da Re Carlo
Alberto con l’editto del 17
febbraio 1848. In quella
circostanza notavo come
questo evento importante,
anche se non certo definitivo in termini di piena
libertà per i valdesi, venisse ad essere storicamente ed idealmente collegato alla adozione nel
Piemonte delle riforme costituzionali che costituiscono l’avvio del processo
che doveva portare alla
vittoria della causa nazionale italiana.
Può certo apparire singolare che il riconoscimento della libertà religiosa, in termini anche di
affrancamento da odiose
discriminazioni nel campo
dei diritti civili, di una
piccola comunità come
quella valdese venisse a
congiungersi infatti al
quasi contestuale riconoscimento di libertà civili
e politiche per tutti i cittadini.
Ma singolare non è, perché la storia, anche quella del nostro tempo, dimostra che né libertà civili né libertà politiche
hanno solide fondamenta
là ove non sia riconosciuta e ben fondata la libertà
religiosa e che, al contempo, non si ha presenza di
vera libertà religiosa al
di fuori di un quadro di
certe, piene e garantite libertà civili e politiche. E
quanto intrinsecamente
legate siano tali libertà,
conferma anche in tempi
più vicini a noi, un documento religioso di grande
importanza teorica e storica, la Dichiarazione « Dignitatis Humanae » sulla
libertà religiosa, quando
afferma: « Il potere civile
deve provvedere che l’eguaglianza giuridica dei
cittadini, che appartiene
essa pure al bene comune
della società, per motivi
nità, su basi di eguaglianza, come testimoniano gli
accordi concordatari con
la Chiesa cattolica, l’intesa con la Tavola delle vostre Chiese e quelle che
lo Stato ha già stipulato con le altre comunità religiose, fra cui primieramente quella israelitica.
religiosi non sarà mai lesa, apertamente o in forma occulta, e che non si
facciano fra essi discrimi
Nella Repubblica vivono credenti e non credenti. Credere o non credere
non può essere una discriminante nella nostra vita
democratica, né costituire
privilegio per nessuno, né
per gli uni né per gli altri.
Chi crede, trovi nella
sua fede religiosa l’ispirazione ad un costume morale severo di servizio alla comunità. Chi non crede trovi nella sua profonda eticità individuale la
capacità di attingere ispirazione di eguale valore al
servizio del bene comune.
nazioni ».
Né vi è contraddizione
fra la testimonianza che
oggi intendo rendere e la
circostanza di essere il Capo di uno Stato che si definisce e che si afferma
uno Stato laico. Nel momento, infatti, in cui si
convenne sulla necessità
che il nostro dovesse essere uno Stato laico, si intese affermare solennemente che tale Stato, e
cioè la comunità giuridica
organizzata, dovesse essere non competente a statuire in materia di verità
religiosa o di verità ideologica; ma si volle costituire nel contempo uno
Stato che tuttavia non disconoscesse, ma rispettasse il valore delle religioni
fra i più alti valori dello
spirito, ché altrimenti questo Stato laico non sarebbe uno Stato di libertà.
E questi valori, fortunatamente, li ritroviamo,
nella nostra storia passata ed in quella presente,
con eguale vigore nelle comunità religiose come in
tànte e forti correnti di
pensiero non religioso, che
hanno reso così ricche la
nostra cultura e la nostra
vita politica. Tutti questi
valori, qualunque ne sia
l’ispirazione ideologica,
morale o religiosa, sono e
debbono rimanere in pari misura e con eguale dignità, forza e valore dell’intero popolo italiano.
Lo sviluppo civile e culturale del Paese non deve
però indurci a facili ottimismi. La pace religiosa
è ormai consolidata. Il riconoscimento del sovrano
primato della coscienza e
della libertà di religione
consente effettivamente di
apprezzare la fede di ogni
credenza e di ogni comu
A questi valori siamo
tutti, nella comune opera
di edificazione di una civiltà sempre più avanzata, sempre più giusta, sempre più libera, chiamati a
far riferimento. Penso in
particolare alla esigenza,
oggi così acutamente sentita, di una più appropriata e moderna misura di
solidarietà, che consenta
di combattere, o quanto
meno di arginare, le tante, nuove, forme di marginalità sociale, che sono
andate purtroppo accompagnando la pur ricca e
fruttuosa fase di sviluppo
della società italiana: forme di marginalità che vanno da nuove e dolorose
espressioni della povertà
urbana, sino a preoccupanti ed aberranti forme
di emarginazione razziale
e sociale e che, appunto,
nell’insieme dei dettati etici che presiedono al concetto stesso della libertà
individuale e di quella religiosa, possono trovare
un sicuro e stimolante an
coraggio.
Lungo è stato il cammino verso la conquista della piena libertà religiosa,
da quelle giornate del glorioso ritorno fino alla traduzione dei principi contenuti nella Costituzione
della Repubblica nelle intese stipulate tra la Repubblica italiana e la Tavola valdese. Ma esso vale a dimostrare come la
fede negli alti valori della libertà può condurre
l’uomo ed il popolo a traguardi di civiltà, di libertà e di pace.
Sia questa una convinzione profonda di tutto il
popolo italiano e, anche
per il vostro esempio, un
suo fermo proponimento
nella sua vita civile e politica.
Francesco Cossiga
J
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8 settembre 1989
visita del Presidente della Repubblica
Torre Pellice,
settembre:
davanti
al Tempio
si aspetta
l’arrivo
del Presidente.
IL PRESIDENTE DELLA SSV
La nostra storia:
una lezione di vita
Signor Presidente, Signore e Signori,
in questa giornata ed in particolare nei momenti che ora trascorreremo in quest’aula si realizza la convergenza di due istanze: una affermata tradizione di
ricerca storica ed una commemorazione di particolare rilievo
per la comunità valdese.
Questo incontro costituisce infatti la ventinovesima edizione
di una iniziativa di studio e di
lavoro storico che risale al lontano 1957. In quella data la nostra Società di Studi Valdesi iniziava con il contributo di autorevoli studiosi un cammino di
ricerca sulla storia religiosa italiana che si prosegue tutt’oggi.
Alcuni di questi amici non sono
qui tra noi e rivolgiamo loro in
questo momento il nostro pensiero riconoscente; Delio Cantimori, Eugenio Dupré Theseider,
Luigi Firpo e il nostro presidente Augusto Armand Hugon.
Questo cammino è stato negli anni trascorsi percorso in
serene giornate di settembre da
laici e credenti, agnostici e religiosi, protestanti e cattolici in
uno spirito di fraternità e di
sereno confronto, cercando di dipanare il lungo cammino della
nostra coscienza religiosa nazionale; dalle lontane istanze di rinnovamento medievali, dalla grande passione religiosa degli Umiliati, Patarini, Arnaldisti, Valdesi, agli appassionati dibattiti religiosi del XVI secolo scatenati
dal vento di rinnovamento della Riforma che hanno acceso
l’animo dei grandi del tempo, da
Valdès a Ochino, da Vermigli a
Michelangelo e giù lungo i secoli
fino alle giornate del nostro Risorgimento animate anch’es.se
dall’afflato religioso, da Gioberti
ai predicatori evangelici, come ha
ampiamente dimostrato Giorgio
^pini nel suo volume « Protestanti e Risorgimento ».
TI patronato che Ella, Signor
Presidente, ha accettato di dare
al nostro Convegno e la Sua presenza in mezy.o a noi oggi, rappresentano non solo l’autorevole riconoscimento dcH’attività di
studio della nostra piccola soeietà storica, ma sottolineano altresì la validità e la fecondità
della nostra ipotesi, che riceve
aernpre maggiori consensi nel
eampo degli studi; la storia re
ligiosa, lungi dall’essere un fenomeno marginale, un epifenomeno della vicenda italiana e della
cultura del nostro paese ne è
una chiave interpretativa fondamentale.
Ma la Sua presenza, SignorPresidente, in mezzo a noi si ricollega altresì alla commemorazione che i valdesi e gli evangelici italiani fanno quest’anno di
un avvenimento particolare di
questa vicenda rehgiosa; il rientro nelle valli del Piemonte della minoranza valdese espulsa
dalla politica assolutista francese.
Vicenda locale nel Piemonte
sabaudo, storicamente marginale, che i nostri padri hanno letto però in chiave simbolica; come fondamento e garanzia della loro opera di predicazione in
Italia nel 1889, come legittimazione della loro appartenenza alla comunità nazionale, negli anni dillicili ed oscuri, nel 1939,
come lezione di vita nel presente assai più che memoria di passato, come indicazione di impegno vocazionale per l’Evangelo
assai più che come frammento
di storia locale. Tale permane
oggi anche la nostra lettura.
A far cornice al « Glorioso Rimpatrio » valdese sta infatti il Piemonte di Vittorio Amedeo II, la
Francia del Re Sole, l’Inghilterra della Glorious Revolution, i
Paesi Bassi di Guglielmo d’Orange, il Brandeburgo del Grande
Elettore ed a far cornice della
nostra giornata odierna sta l’Europa di domani, alla cui costmzionc spirituale e ideale ci chiama la nostra vocazione cristiana.
Che fu realmente il Glorioso
Rimpatrio dei valdesi? Calcolo,
passione politica, fede religiosa,
slancio di semplici o lucido programma di uomini nuovi, nostalgia di terre avite o programma
di rinnovamento?
Questo resterà un interrogativo per noi.
A! prof. Giorgio Spini abbiamo affidato il compito di aprire
con la sua relazione il nostro
Convegno. La sua relazione non
risponderà forse a tutti questi
interrogativi, ma ci aprirà la porta su quel secolo lontano pur
così vicino al nostro.
Giorgio Toiira
IL SALUTO DEL MODERATORE
Credenti impegnati
e critici
La rievocazione e le celebrazioni del « Glorioso Rimpatrio » si
configurano anche come un momento di apertura verso il paese
Signor Presidente,
ho il piacere e l’onore di salutarLa in mezzo a noi ringraziandoLa di aver accolto l’invito che la Tavola valdese e la
Società di Studi Valdesi Le hanno rivolto a compiere una visita alle Valli valdesi in occasione del 300° anniversario del
« Glorioso Rimpatrio ». Abbiamo desiderato che la rievocazione di questa pagina di storia
europea non fosse un evento
rinchiuso nel nostro ambito ma
fosse un momento di dialogo
aperto con il Paese di cui siamo parte. La Sua presenza oggi tra noi come primo cittadino
e massimo rappresentante del
popolo italiano ci dà in modo
pieno questa possibilità di dialogo e di questo Le siamo particolarmente grati.
E poiché nello stesso tempo
Lei è la più alta autorità dello
Stato che oggi, per la prima
volta nella storia della Repubblica, è tra noi — e in visita
ufficiale — vorrei qui ricordare
il rapporto che i valdesi hanno
avuto con l’autorità nella loro
lunga storia. Il loro rapporto
ha sempre oscillato tra due
estremi che possono essere
espressi da due parole del Nuovo Testamento; «Bisogna ubbidire a Dio anziché agli uomini » (Atti 5; 29); « Ogni
persona sia sottoposta alle autorità superiori perché non v’è
autorità se non da Dio, c le autorità che esistono sono ordinate da Dio » (Rom. 13; 1).
San Germano. Il moderatore Franco Giampiccoli rivolge il
silo messaggio ai convenuti all’inaugurazione della nuova Casa per l’anziano.
altri periodi i valdesi si sono
avvicinati all’altro estremo in
un atteggiamento di indiscusso
e marcato lealismo nei confronti dell’autorità costituita.
L’evento che ricordiamo quest’anno rappresenta uno dei
momenti di maggiore attrito tra
i valdesi e l’autorità costituita
di allora. 1 valdesi espressero
la loro persuasione che quando la coscienza e la fede subiscono la costrizione dell’autorità, è necessario « ubbidire a
Dio anziché agli uomini». In
Oggi? Grazie a Dio noi viviamo nella libertà e nella pace, ma pure viviamo con sfumature diverse questa tensione.
Siamo profondamente inseriti
nel nostro Paese e siamo convinti assertori della necessità
di onorare e difendere le istituzioni della Repubblica, per la
cui nascita nostri fratelli, insieme a tanti altri, hanno dato la
vita — lo dico in questo paese
che ha visto dei partigiani vaidesi uccisi dai tedeschi, confortati fino all’ultimo dal loro pastore. Il che non ci impedisce
di essere appassionatamente
critici laddove sentiamo essere
in gioco la coscienza e la fede;
come Io siamo stati con l’obiezione di coscienza al servizio
militare quando ancora non era
ammessa; come lo siamo in
massa valdesi, metodisti, insieme agli altri, evangelici, nella
lotta per la più piena libertà
nella questione dell’insegnamento della religione a scuola.
Credenti impegnati e critici:
questo desideriamo essere e in
questo riteniamo di poter dare
il nostro miglior contributo nella società di cui siarrio parte.
« Cercate il bene della città
in cui vi ho fatti condurre in
prigionia; e pregate il Signore
per essa » (Ger. 29: 7).
Se questa consegna espressa
dal profeta Geremia valeva per
il popolo d’Israele in esilio,
quanto più la sentiamo valida e
impegnativa per noi: noi cerchiamo il bene del Paese in cui
viviamo liberi e preghiamo il
Signore per esso.
In questo spirito. Signor Presidente, Le diamo il più cordiale benvenuto, ringraziamo Lei
ed i rappresentanti delle massime istituzioni dello Stato che
La accompagnano per questa
visita e Le auguriamo una giornata serena e ricca di contatti
in mezzo a noi.
Franco Giampiccoli
Torre Pellice, 3 settembre. Altri
due momenti della visita: il Presidente, con il vicemoderatore
Bellion e il vescovo Riva, si dirige verso la Casa valdese. A destra,
l'uscita dal Tempio dopo il culto.
là
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visita del Presidente della Repubblica
8 settembre 1989
TORRE RELUCE
CONVEGNO STORICO - LA PROLUSIONE DI GIORGIO SPINI
Accompagnando
il Presidente
Dalla visita al nuovo Museo alla partecipazione all’inaugurazione del Convegno storico
Bloc-notes alla mano ho seguito, passo passo, il piccolo corteo
che ha accompagnato il presidente Cossiga nella visita al nuovo
museo valdese, svoltasi nel pomeriggio di domenica 3 settembre
(una data ormai, per molti vaidesi, diventata storica).
Giorgio Tourn, scattante e pieno di brio, accompagna il piccolo
drappello; le sue spiegazioni si riducono all’essenziale, ma ogni parola è misurata. Non si può perdere neanche un minuto visto che
il cerimoniale prevede, per questa parte del programma, poco
più di mezz’ora.
Così il medioevo passa in fretta (peccato aver perso il parallelo tra Francesco e Valdo), Cossiga si sofferma qualche istante
sulla Riforma, su Chanforan 1532.
Sulla prima traduzione della
Bibbia dei valdesi c’è un breve
scambio di battute. Cossiga osserva che l’antico salterio ha un
suo ritmo e che le moderne traduzioni hanno spesso cadute di
tono. Nell’area del ’700 il presidente s’informa sulle colonie vaidesi nel Baden-Württemberg; intanto nel codazzo ci sono commenti sul fatto che Cossiga conosce bene il tedesco ( « Va spesso
in vacanza in Germania e non ha
bisogno di traduttori »).
Prima di entrare nella sezione
dell’800 Cossiga scambia con
Tourn alcune impressioni sul
Common Prayer Book degli anglicani. Più in là s’incrociano vari
accenni alla visita del re Umberto I e poi alle grandi emigrazioni nelle Americhe. Rimane ancora qualche minuto per soffermarsi sulla sezione della Resistenza. Il museo si chiude sull’avventura di Agape nel dopoguerra.
Cossiga osserva la foto di Tullio
Vinay che predica di fronte ad un
gruppo di persone; « Com’era
giovane il nostro Vinay! ».
Terminata la visita il corteo si
ferma nella sala della nuova biblioteca. Il pastore Tourn, presidente della Società di studi vaidesi, dona al presidente Cossiga
il volume di Henri Arnaud sulla
"Glorieuse Rentrée" e i tre volumi di Jean Gönnet II grano e le
zizzanie, che raccolgono numerosi saggi sulla storia valdese.
Tourn illustra a Cossiga il progetto del Centro culturale valdese;
futuro museo etnografico, biblioteca, centro audiovisivo, archivi.
«E un progetto — commenta
Cossiga — pieno di speranza. So
no persuaso che gli studiosi qui
potranno trovare più agevolmente i documenti e i libri per le loro
ricerche ».
Tourn conclude; « Facciamo
tutto questo soprattutto per le
giovani generazioni e speriamo di
realizzare questo nostro progetto in tempi ragionevolmente
brevi ».
Visibilmente soddisfatto della
visita Cossiga formula al seggio
della SSV i suoi migliori auguri.
Accanto a lui c’è il vescovo ausiliario di Roma, monsignor Clemente Riva. Gli chiedo quale Valutazione dia della giornata. « Il
fatto che un vescovo di Roma sia
qui, a Torre Pellice — dice Riva
— è eccezionale. Personalmente
ritengo che questa bella giornata
costituisca un serio contributo all’ecumenismo nel nostro Paese.
Il nuovo museo è ben fatto. La
storia è memoria, soprattutto per
non ripetere gli errori del passato ».
Rivolgo la stessa domanda a
Tullia Zevi, presidente dell’Unione delle comunità ebraiche in Italia. « Il museo — mi dice la
Zevi — è facilmente fruibile da
chiunque. Le minoranze devono
far conoscere la loro storia, e anche noi cerchiamo di documentare con criteri di modernità la nostra lunga vicenda. A giorni si
aprirà a New York la mostra su
2.000 anni di ebraismo in Italia e
per l’occasione vorremmo avere
tra noi anche il pastore valdese
locale ».
Il tempo è scaduto. Breve brindisi. Il corteo esce; applausi del
pubblico assiepato contro le transenne. Il presidente ascolta, nel
tempio gremito, la magistrale
conferenza storica del prof. Giorgio Spini. Poi parla lui e dopo gli
indirizzi di saluto aggiunge; « Cari fratelli e sorelle in Cristo della
comunità valdese... ».
Un’ondata d’emozione attraversa l’assemblea. Non si è trattato
di una visita di circostanza. Per
molti è stato rincontro con un
uomo di grande cultura giuridica
che conosce il valore della libertà religiosa. Speriamo che la libertà delle libertà possa attuarsi
pienamente in questo nostro Paese di cui Cossiga è l’esponente
più rappresentativo. Il giorno dopo « Il manifesto » commenta la
giornata del presidente a Torre
Pellice con questo titolo; « Cossiga benedice la Chiesa valdese ».
Giuseppe Platone
SUI GIORNALI ITALIANI
Echi della visita
L’incontro di Cossiga con la
comunità valdese e metodista
italiana è stato seguito da tutti
i principali quotidiani italiani,
compresi alcuni organi di partito come « La voce repubblicana », 1’« Avanti » e 1’« Unità ».
In genere tutti gli articoli erano ben documentati, salvo rari
svarioni. Per tutti valga l’esempio del «Corriere della sera», che
ha scritto di « clero protestante » e di « sacerdotesse ». Ma si
è trattato di un artificio letterario ner permettere nel corso
dell’articolo di spiegare che i
valdesi non hanno né clero né
tanto meno sacerdotesse.
All’indomani della visita del
Presidente della Repubblica nelle valli valdesi, il « pezzo » è
stato ospitato sulle prime pagine dei principali quotidiani.
« Stampa sera » e « La Stampa » hanno dedicato all’avvenimento anche un servizio fotografico, sottolineando soprattutto l’inaugurazione della nuova
Casa dell’aziano di S. Germano
Chisone, alla quale hanno partecipato anche i coniugi Agnelli. Per l’occasione l’ufficio stampa della Tavola valdese si è trasferito dalla sua abituale sede
presso la biblioteca della Casa
valdese alla Casa imionista di
fronte al tempio di Torre Pellice, dove sono state allestite
una decina di linee telefoniche
supplementari per permettere
ai vari giornalisti presenti di seguire la « storica visita », come
ha titolato « La Repubblica ».
Un altro momento di una visita dal denso programma.
Una marcia audacissima
Il Rimpatrio, pienamente inserito nel guarirò europeo (Jel tempo,
(diventa embrione (del pluralismo religioso e culturale italiano
Nel suo discorso inaugurale il
prof. Spini ha ricordato « la marcia audacissima, attraverso le cime delle Alpi, con cui un piccolo esercito, guidato dal pastore
Enrico Arnaud, improvvisatosi
condottiero militare, raggiunse
queste valli, da cui nel 1686 sembrava che i valdesi fossero stati sradicati per sempre da un
genocidio efferato ».
La « Glorieuse Rentrée » va letta nel quadro di riferimento storico-politico dell’Europa di allora e del ruolo giocato da Guglielmo III di Orange. Con essa
si chiuse per i valdesi un’età di
guerre di religione e di stragi,
inaugurata dalla Controriforma
con la campagna di Emanuele
Filiberto nel 1560 e con il massacro dei valdesi di Calabria del
1561.
La fase storica successiva, che
durerà fino al Risorgimento italiano, vide il popolo valdese chiuso nel ghetto delle sue montagne e assoggettato ad un regime di inferiorità giuridica in
rapporto ai cattolici, ma con libertà di coscienza e di culto nelle sue valli.
Per questo il centenario della
« Glorieuse Rentrée » riguarda
non solo i valdesi ma tutti gli italiani, come nascita di un primo
embrione di pluralismo religioso
e culturale, valore fondamentale
della democrazia.
Giorgio Spini prosegue evidenziando il significato di questo
terzo centenario sul piano della storia europea, con una riflessione sull’intreccio dei complessi rapporti internazionali in cui
si collocò il Rimpatrio.
La scelta rischiosa e drammatica fatta era tra la pace e la
guerra, tra una possibilità di sistemazione tranquilla in qualche
luogo dell’Europa protestante e
il rischio di essere coinvolti in
una guerra tra Olanda e Francia. Forse a questa scelta aveva
contribuito anche quel clima di
visioni apocalittiche di cui era
stato espressione VAccomplissement des prophéties di Pierre
Jurieu.
L’accordo con Guglielmo di
Orange, il principe sbarcato in
Inghilterra .sotto una bandiera
su cui stava scritto « pro religione protestante » ma anche
« pro libero parlamento », portò
i valdesi ad operare Una scelta
di campo tra VAncien Régime
dell’assolutismo per diritto divino e l’età nuova del nascente liberalismo.
A monte di questa scelta c’era
la decisione di vivere e morire
nella fede cristiana della Riforma e ciò li coinvolgeva nelle
sorti spirituali ed ideali del protestantesimo, prima ancora che
nelle sorti politico-militari della
lotta di Guglielmo III di Orango
contro il Re Sole.
Si trovarono perciò, per il fatto stesso di essere, come dice
il prof. Spini, « irriducibilmente
protestanti », immersi nelle profonde trasformazioni religiose,
culturali e storiche che stavano
avvenendo alla fine del Seicento
e agli inizi del Settecento L
« Crise de la conscience européenne » fu chiamato questo
grande trapasso storico da Paul
Hazard. Anche Arnaud e i suoi
valdesi furono entro certi limiti
parte attiva della « crisi europea »; la « Glorieuse Rentrée »
fu infatti una sconfitta secca delta Controriforma.
Questa riforma della Riforma
in cui si è individuata la caratteristica del protestantesimo tra
tardo Seicento e primo Settecento non fu « erosione della fede
o un sintomo di morte del protestantesimo, ma una lettura nuova dell’Evangelo ».
Il cristianesimo infatti fu ripensato coraggiosamente nei termini nuovi delle scienze sperimentali matematiche e fisiche.
Un discorso non dissimile può
essere fatto per certe aree dell'Europa cattolica
In Italia, in anni recentissimi,
si è assistito ad una fioritura
di studi storici sulla componente protestante della « crise de la
conscience européenne » e sulla
riforma della Riforma tra tardo
Seicento e primo Settecento L
Queste considerazioni possono
parere lontane dal discorso iniziale sui valdesi; in realtà, che
cosa è mai la storia valdese dal
Cinquecento ad oggi se non una
pagina di storia del protestantesimo?
1! reazionarismo dei Savoia
non poté impedire che la libertà
di coscienza e di culto conquistata dai valdesi a così caro prezzo avesse effetti culturali più
vasti. Le valli, che politicamente
facevano parte di uno stato assolutista come quello sabaudo,
erano ecclesiasticamente un isolotto repubblicano tendenzialmente democratico. Grazie alle
loro istituzioni ecclesiastiche (si
nodi, concistori e la Tavola)
mantenute con l’impegno protettivo dell’Inghilterra, le generazioni di valdesi costituirono una
lunga scuola di libertà e di cultura che portò i contadini delle valli ad una familiarità con
l’alfabeto ignota ai contadini piemontesi di allora, mentre i contatti con le progredite culture
della Svizzera, dell’Qlanda e dell’Inghilterra consentivano la formazione all’estero dei futuri pastori.
Poco si sa dei valdesi del Settecento, a parte le pagine di
Franco Venturi sui valdesi durante la guerra di successione
austriaca, se non che furono anni di relativa tranquillità. L’as•sorbimento entusiastico della
cultura illuministica portò il moderatore della Tavola valdese
Geymet a diventare presidente
del governo provvisorio giacobino del Piemonte.
La « Glorieuse Rentrée » non fu
dunque seguita da un attestamento conservatore sulle posizioni della vecchia ortodossia
calvinista, ma si aprirono nel
Settecento nuovi orizzonti in senso liberale'*.
Si può auspicare che lo sviluppo degli studi storici sulla « crise
de la conscience européenne » e
sulle sue componenti protestanti dia attenzione al cammino ideale che i valdesi intrapresero dopo quello drammatico della
« Glorieuse Rentrée ».
Giorgio Spini conclude dicendo che è importante ripensare
oggi al coraggio dei montanari
valdesi di trecento anni fa e da
esso trarre ispirazione nell’attuale « crisi della coscienza non
più soltanto europea ma addirittura a dimensione planetaria ».
E’ difficile andare incontro a
tempi nuovi e ignoti con il coraggio con cui i montanari vaidesi si imbarcarono a Prangins.
Lo sguardo affissato sulla vicenda
della « Glorieuse Rentrée » può
consentirci di imparare da quel
coraggio e di ritrovare la sua sorgente nella fede semplice e abissale dei vecchi valdesi.
Torre Pellice, 3 settembre. L’arrivo del Presidente e degli altri invitati alla Casa valdese.
' Si pensi a John Locke ed al suo trattato The Reasonableness of Christianity. a Robert Boyle e Isaac Newton,
eponimi del fecondo connubio tra scienza sperimentale e teologia protestante.
* SI pensi ai giansenisti, Fénelon e
Il quietismo, Magalotti e Muratori in
Italia, per esempio.
’ Si ricordano, tra gli altri, le opere
di Paolo Casini e di Vincenzo Ferrane
su Newton e il newtonianismo religio'
so, le pagine di Massimo Firpo sull’arminianismo di Locke, gii studi di
Roberto Osculati sul pietismo e di
Giorgio Vola sui quaccheri.
■' Di particolare interesse in questo
senso la stesura della Histoire de la
Glorieuse Rentrée affidata da Arnaud
'all’intellettuale ginevrino oriundo lucchese, Vincenzo Minutoli.
5
8 settembre 1989
SAN GERMANO: INAUGURATA LA CASA DELL’ANZIANO
visita del Presidente della Repubblica 5
IL DISCORSO DI PAOLO RIBET
Come a casa propria n lavoro comincia
Una giornata vissuta in comunità, fra autorità, discorsi, e tanto
spirito fraterno - Molto apprezzata la funzionalissima architettura
Poi, l’avvenimento più atteso.
L’inaugurazione della Casa. A tagliare il nastro non è un’« autorità », la casa è degli anziani ed
è Melanie Griglio, di Villasecca,
a tagliarlo. Un po’ frastornata
dai flash dei fotografi, Melanie,
88 anni, fiera del suo costume
valdese, stringe la mano del presidente e commenta: « Finalmente, una nuova casa per noi. Anche la vecchia casa andava bene. eravamo affezionati ad essa. Ora però si starà meglio e
sarà più facile riscaldarla ».
Poi la visita al nuovo edificio.
Ottimo, funzionale, senza barriere architettoniche, opera degli architetti Mesturino, Corino, Bo e
realizzato daH’impresario Bouchard. « Gli anziani devono vivere come a casa loro », questa la
concezione che ha guidato la progettazione e la realizzazione.
Intanto la gente è aumentata,
saranno 2.000. Il pranzo in comune, il bazar, la visita della
mostra d’arte organizzata dalla
prof.sa Tere Grindatto. E nel pomeriggio i discorsi degli assessori regionali Brizio (« la Regione apprezza il vostro sforzo e
assicura il sostegno nel lavoro »),
Maccari che parla da sangermanese e ricorda l’importanza dell’Asilo, del presidente della Comunità Montana, Sola, che ricorda la convenzione con l’USSL
per 40 posti e ringrazia perché
la Chiesa valdese ha messo a disposizione del servizio assistenziale pubblico questa Casa, del
sindaco, Roberto Bergeretti, che
parla dell’asilo come casa di tutti i sangermanesi.
.^lla fine, nel tardo pomeriggio,
tutti a casa. La bella giornata è
finita. Ma c’è la consapevolezza
che « il lavoro comincia domani ».
Giorgio Gardiol
Si è realizzato un sogno che è costato molto
impegno: adesso la parola passa alle persone
Melanie Griglio taglia il nastro, inaugurando la Casa.
San Germano, 3 settembre. La
pratico tendone, ascolta
folla numerosa, assiepata sotto il
attenta ì discorsi ufficiagli.
San Germano è in festa. Oggi,
3 settembre 1989, si inaugura la
nuova Casa dell’anziano. Tutto il
paese è imbandierato e ci si prepara ad accogliere il Presidente
della Repubblica.
Prima, secondo l’abitudine delle chiese valdesi, il pensiero di
ringraziamento va a Dio. Sotto
il tendone, montato davanti all’ingresso della nuova Casa, si
tiene il culto alla presenza di
almeno 600 persone. Presiede il
past. Paolo Ribet e predica il moderatore past. Franco Giampiccoli, sul testo di Ebrei 8: 9-12.
« Dio non dimentica il servizio
per i fratelli dice Giampiccoh
— e ci incita a mantenere lo
stesso zelo fino alla fine per giungere alla pienezza della speranza».
Non si tratta di congratularci
a vicenda per un lavoro compiuto ma di guardare avanti, al no
stro piccolo futuro. « Di fronte
alla diaconia, rappresentata dalla costruzione di questa Casa, il
pericolo è che noi diventiamo
indolenti, che ci accontentiamo
di quanto fatto finora — continua Giampiccoli —. L’alternativa invece è quello di perseverare nella fede, nella speranza del
futuro e nel consacrare la na
stra vita a colui che è e che viene, al Cristo che è il capostipite
di una nuova umanità. Ecco il
programma che sarà tutto da
vivere in questa nuova Casa ».
Poi, al termine del culto, i primi discorsi dei donatori. Parlano il past. Dietrich Gang, a nome delle chiese della Renania,
il past. Philippe Vouga, svizzero.
Costante Costantino che parla
dei donatori italiani e delle loro
grandi e piccole offerte per la
nuova Casa. Canta la corale, suonano i trombettieri di Treuttlingen. Arrivano i primi invitati e,
tra un battimani, il Presidente
della Repubblica con il suo seguito di membri del governo,
della Camera e del Senato, il
presidente del Consiglio regionale, della Giunta regionale, as.sessori regionali, provinciali, sindaci e amministratori delle valli, il presidente della Comunità
Montana, il sindaco di San Germano con la fascia, il Prefetto
di Tarino, il giudice della Corte
costituzionale, il vescovo ausiliare di Roma, Riva e tanti, tantissimi altri.
Il moderatore saluta il presidente e lo stesso fa il past. P.
Ribet a nome del comitato della
Casa.
Signor Presidente, fratelli e sorelle,
è con grande gioia e con un senso di riconoscenza al Signore che
noi oggi ci accingiamo ad inaugurare la nuova Casa per l’anziano
di San Germano Chisone.
La gioia ci è data dal fatto che
vediamo realizzarsi quello che è
stato il sogno e l’impegno di questi
anni. Non era certo facile né « ragionevole » per la Tavola valdese
e per il Comitato di gestione, che
insieme hanno portato avanti l’opera, affrontare una ristrutturazione di questa portata. Molti erano gli ostacoli da superare, le persone da convincere, le fatiche da
sostenere. Vedere oggi edificata la
casa ci fa percepire il senso pieno
di ciò che abbiamo vissuto.
CHI HA PAGATO
ALL’INAUGURAZIONE
L’ospite inatteso
Tra i graditi ospiti aH’inaugul’azione della nuova Casa per
' anziano di San Germano è giuninaspettato, anche l’avvocato
Gianni Agnelli . Di casa a Villar
rerosa, a pochi km. dalla Casa,
*1 presidente della Fiat ha voluto
accompagnare la moglie, Marel'a, all’incontro.
Arrivato alcuni minuti prima
^cl presidente Cossiga, Agnelli c
la moglie si sono intrattenuti con
il moderatore Franco Giampiccoli (nella loto).
Agnelli si è detto impressionato
per la grande partecipazione popolare alle spese di costruzione
della nuova Casa e anche della
realizzazione architettonica ed ha
voluto conoscere gli architetti e
l’impresario.
4.000 donazioni
Anche per il prinno Asilo vi fu una cospicua
raccolta di fondi - Offerte grandi e piccole
La nuova Casa per l’cmziano
di San Germano è costata 5 miliardi e mezzo, ne sono stati raccolti 4 miliardi ed 800 milioni,
ne mancano dunque 700. Ma il
comitato è fiducioso che anche
questi arriveranno presto.
Del resto è un po’ la storia
della casa; anche quando, un secolo fa, il past. Carlo Alberto
Tron decise una raccolta di fondi per la costruzione dell’« Asilo
per vecchi » ci si era affidati alla
« banca di Dio », alla generosità
e alla solidarietà dei donatori e
i doni erano giunti un po’ da
ogni parte del mondo, dall’America all’Europa.
Quando si è trattato di ricostruire secondo una concezione
più moderna si è ripetuta la stessa cosa, con la differenza che è
stata la gente stessa di San Germano, della Val Chisone e Germanasca, a rendersi protagonista di questo gesto di solidarietà. .Sono state oltre 4.200 le donazioni che sono arrivate allo
scopo della ristrutturazione, di
CU! 1.500 da San Gennano e Pramollo, i paesi che ospitano la
Casa. Ed altrettanto dagli altri
comuni e chiese delle valli Chisone e Germanasca.
Offerte grandi e piccole che
testimoniano la sensibilità popolare per la condizione dell’anziano. Due miliardi sono arriva
Costante Costantino interviene a
nome dei donatori.
ti dalle chiese della Germania,
700 milioni dalle chiese svizzere
e, complessivamente, un centinaio di milioni dalle chiese olandesi, francesi, canadesi, inglesi
e statunitensi. E gli enti pubblici’: in tutto per ora 159 milioni, neanche il 3% del costo.
E’ anche fonte di gioia, però, il
fatto che in questo cammino afidi viaggio: compagni discreti che
biamo incontrato molti compagni
ci hanno sostenuto con il loro
aiuto finanziario e morale, senza
chiedere garanzie di alcun tipo,
ma donandoci la piena fiducia,
fondata sulla comune volontà di
testimonianza dell’evangelo di Cristo. Noi oggi possiamo dire a questi fratelli ed amici che la loro fiducia non era mal riposta e che
di fronte a loro oggi si apre un
rinnovato strumento di servizio
nei confronti di quegli anziani che
troppo spesso vengono considerati un peso per la società.
Ma oltre al ringraziamento verso chi ci ha sostenuto, noi vogliamo esprimere la nostra riconoscenza al Signore, che ci ha sostenuti
ed aiutati nella nostra opera. 11
Comitato ha sempre iniziato le sue
riunioni con un momento di preghiera: non si è mai trattato di
un atto di puro formalismo religioso, ma di un colloquio, talora sofferto, col Signore e che partiva
dalla constatazione della nostra
inadeguatezza al compito che ci
era stato affidato.
Ed ora il lavoro comincia. Può
sembrare strana un’affermazione
del genere, pronunciata proprio
■3ggi
Ma non è così. Costruendo questa casa, noi non abbiamo terminato il nostro compito: ci siamo
semplicemente dotati di uno strumento adeguato per poter operare.
Non dovremo mai dimenticare
che la Casa non è composta dai
muri o dalle cose, ma dalle persone, nei confronti delle quali noi
siamo chiamati a portare la nostra azione.
La Casa non ò pensata solo per
qualcuno, non è stato costruito
per i membri di una sola Chiesa
(anche se è espressione di una
Chiesa): il servizio nei confronti del prossimo, come Gesù Cristo ci ha insegnato, non può
operare delle selezioni, ma si rivolge a tutte le persone che ne
hanno bisogno, a tutta la popolazione.
Per questo accogliamo con gratitudine fra noi i massimi rappresentanti del popolo italiano e li
ringraziamo per esser voluti intervenire. Non siamo soli nel nostro
impegno c non vogliamo lavorare
da soli, ma, insieme con l’Ente
pubblico, vogliamo tentare di dare
un presente ed un futuro a coloro
che troppo spesso pensano di avere solo un passato.
Paolo Ribet
6
sinodo valdese e metodista
8 settembre 1989
IL DISCORSO DEL MODERATORE
Alla ricerca
di un nuovo espatrio
L’importanza della comunione fraterna nel rispondere alla vocazione - Andiamo con fede per il cammino che Dio ci indica
Cari fratelli e sorelle,
in febbraio ho trascorso un
mese di nuove esperienze di intensa comunione fraterna visitando le chiese valdesi del Rio
de La Piata e imparando a conoscerne le luci e le ombre. Un
mese dopo mi scriveva un carissimo amico e collega, il pastore Carlos Delmonte, dicendo: « Avrai ora una visione più
completa dei nostri problemi,
delle nostre speranze e frustrazioni. Ti sarai reso conto che
amiamo la nostra gente come
il tesoro più prezioso, eppure
a volte ci vien voglia di abbandonare tutto, di dire che gli
altri sono tarati, che non vale
la pena di continuare. Ma allora uno sperimenta nella propria carne ciò che Dio dice di
fronte al peccato di Israele:
"Come farei a lasciarti, Efraim?” (Osea 11). £ uno si copre di vergogna perché è normale che Dio si senta offeso
davanti alla ripulsa di coloro
che ama, ma uno non ha diritto di reclamare lo stesso atteggiamento per sé, perché la
nostra infedeltà sta davanti a
noi. Per questo uno ama questa chiesa, ma a volte questo
amore si raffredda e allora è
necessaria la presenza di altri
fratelli che vengano a ravvivare questo amore e ad accendere la fiamma della vocazione
comune. Credo che un poco
— o molto — di questo è accaduto con la tua visita ».
Anche noi, quest’anno, abbiamo ricevuto e stiamo ricevendo
molte visite di fratelli e sorelle
nella nostra situazione, che è
ugualmente un misto di problemi, speranze e frustrazioni, di
amore intenso per la nostra
gente e delusioni che raffreddano il nostro amore. E anche noi
abbiamo sperimentato e sperimentiamo che la presenza dei
fratelli e sorelle viene a ravvivare il nostro amore e a riaccendere la fiamma della vocazione comune. Penso al gruppo dei sudamericani e al moderador Hugo Malan che sono
venuti tra noi; ai tanti che abbiamo incontrato al XV agosto: alla giornata indimenticabile di Nyon; ai tanti fratelli e
sorelle italiani e stranieri che
Presso la sede della vecchia biblioteca, il moderatore Giampic- ^ |
coli a colloquio con i giornalisti in una conferenza stampa. J (
sono venuti per il Sinodo. A
quelli che ancora incontreremo.
Davvero la comunione fraterna è un tesoro straordinario
di cui il Signore si serve per
ravvivare il nostro amore e per
riaccendere la fiamma della vocazione comune.
Per questo rendiamo grazie
a Dio perché questo è stato uno
dei maggiori doni che abbiamo
ricevuto da Lui in questo anno
di celebrazione del Glorioso
Rimpatrio.
Pur tra dissensi, rinvii, preoccupazioni, paure, ancora una
volta si è riaccesa in noi la
fiamma della vocazione comune. Vorrei esprimerla in questo modo. Ora che abbiamo ricordato, ancor più, rivissuto il
Rimpatrio, sappiamo che dobbiamo vivere un nuovo espatrio.
A credenti quali siamo questa immagine non può non evocare la figura di Abramo così
come è sintetizzata nella lettera agli Ebrei: « Per fede Àbramo... partì senza sapere dove
andava» (Ebrei 11: 8).
Mai come in questo Sinodo,
io credo, abbiamo sentito la
necessità di una nuova partenza e insieme l’insicurezza del
non sapere dove andremo. Vorrei esprimere la speranza che
noi riconosciamo la normalità
biblica di questa situazione e
che noi non pretendiamo di sapere esattamente dove andremo come condizione per muoverci, per partire.
Come chiesa, nella sua dimensione globale e nella sua
dimensione locale, abbiamo bisogno di espatriare, di uscire
dalle nostre strutture mentali e
dal nostro quadro di lavoro
collaudato, dalla difesa costituita dai nostri regolamenti, intesi talvolta come limite prefissato di ciò che può accadere
nelle nostre chiese, di partire
senza sapere bene dove andiamo. rispondendo a chiamate,
riconoscendo opportunità, rischiando vie sconosciute.
Come membri di chiesa abbiamo bisogno di uscire dai calcoli basati sul nostro interesse
e dalle garanzie con cui proteggiamo la nostra esistenza accettando vocazioni, accogliendo chiamate nella vasta gamma
di ministeri ed incarichi, dal
livello locale a quello generale,
che rappresenta la ricchezza
della nostra realtà ecclesiale.
Come pastori abbiamo bisogno di saper uscire dal quadro
di un ministero locale ben noto e costruito nel lavoro spesso
di molti anni, per trasferici in
un altro, quando le necessità
del campo di lavoro lo richiedono. anche nei casi in cui i
tasselli del mosaico familiare
— la scuola dei figli, il lavoro
del coniuge, l’abitazione, ecc.
— non vanno a ricomporsi immediatamente tutti nel nuovo
quadro.
Sono solo accenni, esempi.
Ma in tutto quanto può esprimere il « partire senza sapere
dove si va ». essenziale è la
premessa, la molla, la condizione indispensabile: per fede
Abramo partì senza sapere dove andava.
E’ questo un richiamo e un
appello all’aspetto più semplice e più bello della fede: la fiducia in Dio. E’ la fiducia con cui un bambino si
abbandona sul seno materno.
E’ la fiducia del figlio che sa di
poter tornare al padre malgrado la più grande lontananza. E'
la fiducia di chi sa di essere
membro del popolo di Dio che
dal suo Signore ha ricevuto sovrabbondanza di benedizioni e
liberazioni.
Abbiamo ricordato quest’anno con commozione e con nutrimento per la nostra fede un
esempio così impressivo delle
benedizioni e delle liberazioni
di Dio per tutto il popolo evangelico in Italia.
Dalla rievocazione del Rimpatrio ripartiamo, fratelli e sorelle, con fede rinnovata, con
piena fiducia che se a Lui ci
affidiamo — come singoli, come famiglie, come chiesa —
Egli ci conduce nel suo cammino anche quando non sappiamo ancora dove ci porterà.
Franco Giampiccoli
LA SESSIONE SINODALE EUROPEA
e apparire
Un intervallo dei lavori. Il Sinodo è anche un appuntamento per
ritrovare vecchie conoscenze, scambiarsi opinioni e progetti in un
ambiente fraterno.
(segue da pag. 1)
ripreso quest’anno la discussione
generale è, a mio avviso, una decisione saggia e responsabile.
Alle chiese toccherà pronunciarsi su un tema piuttosto importante: il riconoscimento del ministero diaconale e la forma che esso dovrà avere (presentazione e
intercessione nella comunità? consacrazione come quella dei pastori?). Si tratta di un tema piuttosto serio, anche perché porta con
sé una riflessione sui ministeri, sul
rapporto fra predicazione e diaconia, fra il servizio cui è chiamato
ogni credente e la diaconia « specializzata ».
a spiegare le difficoltà che incontriamo. Provo a sottolineare tre
aspetti, per avviare una riflessione.
1. La discussione sinodale riflette il livello « normale » della
nostra spiritualità e della nostra
riflessione: siamo poco rigorosi,
poco appassionati, spesso retorici,
passiamo di riunione in riunione,
ma non sappiamo valorizzare
appieno la discussione comunitaria. Il problema del sinodo sta
dunque a monte del sinodo stesso: si tratta di recuperare spessore,
spiritualità biblica, capacità di riflettere teologicamente sulla nostra
vita.
Il Sinodo ’89 non era solo il sinodo del tricentenario, ma anche
quello del decennale della compiuta integrazione fra valdesi e
metodisti. Lo ha ricordato un bell’ordine del giorno che, ravvisando in questi dieci anni un processo
di reciproca compenetrazione
che ha valorizzato le rispettive
identità, conferma solennemente
il patto. I 10 anni di integrazione
comportano anche problemi « giuridici » e amministrativi: un’apposita commissione ne riferirà al
prossimo sinodo.
Tra i momenti alti del sinodo,
mi sembra sia da menzionare la
serata con gli ospiti stranieri, quest’anno particolarmente curata:
l’alternarsi di messaggi e musica
ha alleggerito la serata, la qualità dei discorsi ne ha fatto un
appuntamento non formale e anche edificante, come quando la
moderatrice della Chiesa presbiteriana USA ha guidato tutti i presenti nel canto di spirituals.
Purtroppo, ad un sinodo possono succedere cose molto meno edificanti. Alla votazione delrOPCEMI ci sono state 15 schede nulle, e annullate nello stesso
modo: un grave scadimento dallo
stile che un sinodo richiede, un
gesto goliardico a esser teneri.
3. Un ultimo rilievo riguarda
la generazione dei trenta-quarantenni, meno attiva in sinodo di
quella dei cinquanta-sessantenni.
Forse siamo in una fase di transizione, in cui la seconda è molto
presente perché impegnata a gestire i progetti e le linee che ha
maturato da 10 o 20 anni, e la
prima è ancora alla ricerca del
suo ruolo, ma certo urge un maggiore « protagonismo », in vista
delle responsabilità che sempre
più investiranno le generazioni più
giovani.
Forse questa panoramica potrà
apparire troppo severa, ma credo
sia più urgente per noi capire che
cosa dobbiamo imparare a fare
che accontentarci di quello che
sappiamo fare discretamente.
Daniele Garrone
Questo è senz’altro un episodio
marginale. Di che cosa ha dunque
sofferto questo sinodo? Di che cosa soffre il sinodo, dato che alcuni
problemi si avvertono da tempo?
L’andamento di un sinodo è certo influenzato da motivi contingenti (i temi che si impongono per attualità, gravità, urgenza; refficienza del seggio o della commissione
d’esame, l’incisività di una controrelazione) e strutturali (le questioni amministrative occupano
gran parte del tempo a disposizione ed impongono un taglio molto
« tecnico »). Ma non basta questo
2. Spesso perdiamo quello
che chiamerei « lo specifico sino- '
dale », cioè la discussione si svolge come ad un convegno e si raccontano esperienze e si scambiano
opinioni più che cercare insieme
una linea e tradurla in decisioni.
Settimio Monteverdc, uno degù
interpreti che hanno tradotto t
testi per gli ospiti stranieri.
7
8 settembre 1989
sinodo valdese e metodista
LA QUESTIONE PALESTINESE
Solidarietà
e mobilitazione
La solidarietà per i due popoli non ci consente di restare silenziosi di fronte alle sofferenze quotidiane - Un impegno per i governi
Uno stesso grado di simpatia
e di solidarietà per due popoli
che siano in conflitto non implica l’equidistanza e il neutralismo ma, al contrario, esige che
si prenda posizione a favore di
chi non ha diritti. Attorno a questo concetto, esposto dal pastore Aldo Comba in riferimento
ad alcune prese di posizione del
Consiglio ecumenico delle chiese a proposito' della questione
mediorientale, è ruotata la serata sulla Palestina e si è imperniato l'ordine del giorno approvato dal Sinodo.
La sessione deH’anno scorso
aveva approvato un altro atto
in riferimento alle celebrazioni
del Tricentenario, allora in fase
di organizzazione. « Nel ricordo
dei valdesi che nel '600 soffrirono, combatterono e pregarono
per poter fare ritorno alla loro
terra d’origine — diceva Todg —
il Sinodo ritiene che l’identità
di un popolo sia essenzialmente
legata al diritto alla terra ed alla libertà; auspica che il III Cen
•^■ome ogni anno l’Ufficio stampa provvede a segnalare gli articoli
che i giornali itcìliani dedicano al Sinodo, che sono subito' letti con
interesse dai deputati e dal pubblico.
La mostra allestita nel giardino
della Casa valdese.
AUSCHWITZ
Allontanare
il Carmelo
Il Sinodo si è pronunciato anche sulla vicenda del « Carmelo »
di Auschwitz, dichiarandosi solidale con chi ha considerato
questa presenza irrispettosa del
ricordo silenzioso delle vittime.
Tullia Zevi, presidente dell’Unione delle comunità ebraiche in
Italia, ha manifestato il suo apprezzamento.
29 - Solidarietà
Il Sinodo, ravvisando nella realizzazione di un « Carmelo » all'internO' del Lager di Auschwitz un grave
segno di integrismo, di miopia spirituaie e di mancanza di rispetto
nei confronti degli ebrei, esprime
la sua protesta per la violazione,
da parte cattolica, degli accordi firmati a Ginevra il 22.2.1987; manifesta solidarietà con le voci ebraiche di protesta e con le comunità
ebraiche italiane e simpatia nei
confronti di quei cattolici che hanno dissentito nei confronti del « Carmelo »; invita le chiese a vigilare e
a impegnarsi contro il risorgere,
anche in ambito cristiano, di posizioni e stereotipi anti-ebraici.
tenario del "ritorno” dei valdesi
possa essere per Vintero protestantesimo italiano occasione di
un rinnovato impegno di solidarietà internazionale ».
Così, già nel corso di altri momenti deH’estate la questione pale.stinese, che insieme a quella
sudafricana era stata citata come esemplificativa di questo impegno, si è affacciata in tutta
la sua drammaticità; il XV agosto, alla Balziglia, un gruppo di
persone, di cui alcune avevano
sottoscritto un appello rivolto
alTassemblea ecumenica di Basilea, diffondeva un dossier che
raccoglieva alcuni documenti formulati dalle chiese sul Medio
Oriente. Nel giardino della Casa
valdese veniva poi allestita una
mostra, e nel corso del Sinodo
la Commissione BMV per il processo conciliare « Giustizia, pace
e salvaguardia del creato » organizzava una serata pubblica a
cui prendeva parte, oltre a Comba, anche Wassim Damash, dell’ufficio di Roma dell’OLP.
Ventun mesi di lotta hanno
prodotto più di 700 morti, il 30%
dei quali ha meno di 14 anni.
Basterebbero queste cifre fornite da Damash per avere un’idea
della gravità della situazione.
Eppure la questione è più complessa, e tale si è rivelata nella
serata presso il Comune di Torre Pellice come nell’Aula sinodale, e mette in causa molti fattori: un certo modo di sentire
che avvicina la storia valdese e
Israele, un comune passato di
impegno antifascista, l’attuale
impegno comune per la laicità,
la faciloneria con cui a volte la
stampa propone gli avvenimenti
mediorientali, i rigurgiti di antisemitismo... Si potrebbe continuare con la difficoltà, che a volte pare insormontabile, di leggere attraverso modi diversi, a
volte lontanissimi, di fare e interpretare la storia, in particolare la successione di colpe e
responsabilità, dal 1948 ai ragazzi deirintifada.
Tuttavia credo che per questa
come per altre tragedie in cui
sembra che chi paga (e in troppi pagano, anche con la vita)
sconti colpe altrui, valsa proprio
il discorso esposto all’inizio. La
nostra solidarietà verso palestinesi e israeliani non ci esime
dal prendere una posizione di
ch'ara denuncia dell’attuale politica israeliana. Così l’odg approvato (cd è importante, anche se ovviamente molte altre
sono le situazioni di crisi e di
conflitto nel mondo) dal Sinodo
del Centenario si richiama alle
prese di posizione del Comitato
centrale del CEC (Mosca, 16-27
luglio), che, riconosciuta alTIntifada « l’espressione autentica
delle aspiraz.ioni nazionali del
popolo palestinese », rinnovando
la richiesta di una conferenza
di pace (unica via per la salvezza dei due popoli), chiede fra
Taltro la fine della politica degli insediamenti di coloni nei
Territori occupati.
Alberto Corsani
33 - Per la pace
Il Sinodo, richiamandosi all'atto
sinodale dello scorso anno (3S/SI/
88), con il quale si auspicava che
il terzo centenario del ritorno dei
valdesi nelle loro terre fosse anche occasione di rinnovato impegno di solidarietà internazionale,
con specifico riferimento, tra l'altro,
alla questione palestinese, sensibile ai drammatici appelli delie
chiese cristiane di Gerusalemme;
consapevole delle responsabilità di
tutti i cristiani per il perdurare di
una politica del silenzio che minaccia di sanzionare la fine di un
popolo;
prende atto con fraterna attenzione delle dichiarazioni del recente
Comitato centrale del Consiglio
Ecumenico deile Chiese (16-27 luglio 1989), e con esso ringrazia le
chiese di Gerusaiemme per l'azione svolta in momenti di grande
dolore e difficoltà e per il rispetto,
in spirito di pace, deila vocazione
di tutti;
si associa al sostegno che esse
danno alla lotta del loro popolo;
riafferma che il « riconoscimento
reciproco di israeliani e palestinesi, su basi di eguaglianza, è la
sola garanzia di pace per la Terra
Santa dell'Intera regione »;
rinnova in maniera pressante la
richiesta di una Conferenza internazionale di pace che sancisca il diritto di israeliani e palestinesi all'indipendenza, a uno Stato sovrano, alla sicurezza;
si appella al Governo italiano
perché chieda al Governo dello
Stato di Israele la fine della politica
degli insediamenti nei territori occupati;
dà mandato al Seggio di far pervenire con urgenza alle massime
autorità politiche del nostro Paese questo atto e le citate dichiarazioni del Comitato centrale del
Consiglio Ecumenico delle Chiese.
ALL’ATTENZIONE DELLE CHIESE
Contro il razzismo
e la povertà
Cosa può fare un Sinodo
contro il razzismo crescente
in molte parti del mondo ed
in Italia in particolare? Cosa
si può fare per aiutare i popoli che soffrono la fame a
causa di meccanismi economici perversi? Cosa fare per
alleviare la povertà a cui sono costretti miliardi di persone?
Queste domande, che erano
al centro della predicazione
del past. Aldo Comba al culto di apertura, sono rimbalzate nel Sinodo il lunedì mattina nell’intervento del past.
Hugo Malan, moderatore della Mesa vaidense. « La democrazia non è tutto — ci ha
ricordato Malan —. Il problema è coniugare democrazia
e giustizia sociale ». Giustizia
nei rapporti tra le persone
alTinterno degli stati, dove
troppi Sono costretti a vendere la loro forza di lavoro
a beneficio di pochi. In Argentina, per esempio, sono 3
milioni le persone che per sopravvivere devono ricorrere
all’assistenza di chiese, organizzazioni caritatevoli, dello
stato. Giustizia nei rapporti
internazionali, dove il debito
costringe i popoli a lavorare
per pagare spese militari non
sicuramente decise dai popoli
C’è poi il razzismo montante contro coloro che per
fame sono costretti a cercare un posto di lavoro nel nord
del mondo.
L’accoglienza e
la legislazione
«Non è solo una questione di accoglienza — ha sostenuto il past. Bruno Tron
— ma di legislazione. Noi in
Italia non dobbiamo soltanto
accogliere tra noi l’emigrato,
ma dobbiamo avere leggi che
ne rispettino i diritti alla vita ».
I credenti hanno poco peso politico per ottenere la giustizia, però possono avere
molto peso se diventano capaci di testimoniare l’agape
di Dio che cambia i rapporti
tra gli uomini. Per questo il
Sinodo, con un dettagliato
odg, ha proposto ai singoli e
alle chiese alcune iniziative
per cambiare, nella vita di
tutti i giorni, i nostri rapporti con il prossimo.
Una scelta, quella di questo
Sinodo, che ha preferito l’impegno che coinvolge i credenti a quello, pur indispensabile, della denuncia di una situazione, come era avvenuto
negli anni scorsi. Dalle parole ai fatti.
G. G.
34 - Per i diritti umani
II Sinodo, in seguito all’uccisione
del rifugiato J. E. Massio a Villa
Literno (ultima di una lista che si
allunga), respinge ogni spiegazione
tendente a minimizzare il carattere
di grave manifestazione di razzismo di questo e di altri episodi simili; invita le chiese a fare della
lotta ad ogni forma di razzismo
oggetto della propria riflessione
teologica e di concrete azioni di
testimonianza; dà mandato al Seggio di scrivere una lettera al Presidente del Consiglio dei Ministri
e ai Presidenti dei due rami del
Parlamento per chiedere che contro
la scelta della chiusura delle frontiere si attui una politica fondata
sul principio della difesa del diritti umani del migranti.
31 - Impegno concreto
Consapevole del continuo aumento della povertà nel mondo con
gravissime conseguenze per i popoli del Sud, che hanno visto il
loro reddito pro capite calare dal
10 al 50% negli anni ottanta e
fra i quali la miseria colpisce i più
deboli (in merica Latina 40 mila
bambini muoiono ogni giorno d'inedia e nel solo Brasile 30 milioni
di bambini sono abbandonati a se
stessi nelle strade);
consapevole del fatto che i paesi ricchi, fra cui ci collochiamo,
vivono a spese dei poveri ai quali
rapiniamo quattro volte più ric
chezza di quella che inviamo loro
sotto ogni forma, compresi gli aiuti militari;
consapevole del fatto che tutto il
messaggio biblico condanna l’op
pressione e lo sfruttamento e chiama alla condivisione e alla solidarietà;
consapevole del fatto che, come
dice il teologo peruviano Gustavo
Gutiérrez, « i poveri ci evangelizzano » perché ci sfidano a vivere
la nostra fede in modo nuovo e
diverso;
il Sinodo sollecita le chiese ad
avere costantemente presente nella propria riflessione, intercessione
e azione la questione della povertà e della giustizia.
Molte linee di azione, impegnative o simboliche, sono possibili.
Per esempio:
— Il ritorno al pacifismo totale
dei valdesi medievali (con tutte le
implicazioni e le conseguenze che
comporta nel campo dell'obiezione
di coscienza al servizio militare e/o
fiscale).
— il digiuno in cui regolarmente
si rinuncia a un pasto in segno di
solidarietà con chi ha fame e si
usa il denaro cosi risparmiato per
un programma specifico.
— Il boicottaggio sia dei prodotti di determinati paesi (es. Sud
Africa) che di grandi multinazionali
conniventi con regimi oppressivi
(come ia Shell, che fornisce benzina alla polizia e all'esercito sudafricano, o la Olivetti, che fornisce alio stesso paese tecnologia
elettronica).
— La denuncia delle imprese
italiane notoriamente impegnate nello sfruttamento di paesi del Terzo
Mondo o nella vendita di armi (come la Ferruzzi, corresponsabile della distruzione della foresta dell’Amazzonia).
— L'acquisto e la diffusione di
prodotti agricoli e artigianali comprati direttamente ai produttori (in
Italia lo fanno le COAP).
— La risposta generosa e rapida agli appelli del Consiglio Ecumenico delle Chiese in situazioni di
emergenza, quando catastrofi naturali o guerre colpiscono duramente
popolazioni già stremate.
Pertanto il Sinodo esorta la Tavola a promuovere con urgenza e
con tutti i mezzi a sua disposizione (commissioni, mass media, ecc.)
un dibattito a livello delle chiese,
dei Circuiti, dei Distretti che permetta di giungere rapidamente a
un impegno concreto e solidale,
che non si accontenti di azioni limitate, pur necessarie per lenire
le sofferenze immediate, ma che
da un lato ci obblighi a mettere
in questione radicalmente il nostro modello di vita, i nostri consumi, le nostre esigenze, i nostri
sprechi e dall'altro cerchi di Incidere sui meccanismi economici e
politici che concorrono a mantenere e aggravare lo sfruttamento del
Sud da parte dei popoli del Nord.
Il Sinodo invita il settimanale
« L’Eco delle Valli Valdesi-La Luce »
a pubblicare periodicamente una
rubrica di informazioni specifiche e
proposte di azioni praticabili da parte dei singoli e delle chiese.
8
^ sinodo valdese e metodista
8 settembre 1989
EVANGELIZZAZIONE
PAVIA
Il problema rimane
La « pura dottrina » e l’aggregazione: un dilemma su cui si riflette
da anni e che richiede, per essere superato, una nuova spiritualità
Una nuova chiesa
Liia visione d’insieme dell'assemblea sinodale e delle gallerie, da
dove il pubblico può seguire i lavori.
In un articolo dedicato al tema della predicazione che ho
letto recentemente, l’autore, per
evidenziare il dilemma in cui
si dibatte la chiesa, riporta queste parole di un pastore, esponente della teologia liberale, in
un dialogo con alcuni colleghi
della chiesa confessante: « E’
vero, voi oggi avete la pura dottrina, ma noi avevamo le chiese piene »!
Anche la nostra discussione
in tema di « evangelizzazione »
è da parecchi anni sotto il segno di questo dilemma; di fronte ad un progressivo, anche se
contenuto assottigliamento delle
nostre file, il successo costante
degli « evangelical » e della setta
in generale. Ci si interroga, di
conseguenza, sul significato della « pura dottrina » e del suo
rapporto con la non capacità di
aggregazione comunitaria: diverse chiese locali sono impegnate
sione di un interesse esclusivamente culturale (o assistenziale), una fede profondamente
ancorata alla dimensione di liberazione dell’evangelo?
Nel futuro i nostri sforzi di
evangelizzazione si troveranno
sempre più confrontati con il
mondo degli « evangelica! » e
con la dimensione settaria che
spesso essi incarnano. Ed il confronto non potrà che essere conflittuale perché si incontrano
non soltanto sensibilità diverse
ma mondi diversi; in ogni caso
si tratta di un confronto che deve essere assunto con grande attenzione proprio per quella ricerca di spiritualità e di fraternità così carente nelle nostre
chiese.
Il dibattito sinodale 1989 non
ha fornito indicazioni che già le
chiese non conoscano; la tendenza a ritornare sugli stessi
temi e sulle stesse indicazioni
è il segno eloquente di una difficoltà che le chiese locali hanno nel dare la loro testimonianza. Se così è, non servono proclami ma il rinvio al proprio essere chiesa, a riscoprire il senso semplice e profondo della
propria vocazione evangelica nella memoria sporica in cui si
situano e neH’attualità che li
sfida quotidianamente.
Evangelizzare in una realtà
di diaspora, di grande dispersione in cui vivono le nostre
chiese comporta, oltre alle difficoltà che nascono dalla fragilità della nostra fede e della nostra lunanità, enormi difficoltà
di tipo organizzativo. Per questo
guardiamo tutti con grande speranza all’incontro delle nostre
chiese con i battisti italiani: come non situare i diversi riconoscimenti di cui dovremo discutere questo prossimo armo in
una prospettiva di evangelizzazione?
Ermanno Genre
Seguendo tutto l’iter che passa dalla discussione in assemblea di chiesa alla conferenza
distrettuale, è approdata in Sinodo la richiesta della chiesa
di Pavia di entrare a far parte
deirUnicne delle chiese valdesi
e metodiste.
La chiesa di Pavia, secondo
accordi dei primi anni ’60, è
stata per oltre 20 anni curata
da tre pastori battisti succedutisi nel periodo ’64-’85, nel pieno rispetto delle rispettive denominazioni d’origine (valdesi,
in maggioranza, metodisti e battisti); successivamente la cura
pastorale è stata assunta dai
pastori valdesi e metodisti di
Milano, fimo al 1988, quando
l’UCEBI presentava per Pavia
il pastore Bruno Colombu.
ito
La lettura di una relazione.
Pochi giorni dopo però l’assemblea di chiesa votava l’adesione alla chiesa valdese e la
richiesta, presentata successivamente in conferenza del secondo
distretto, veniva accolta, fatto
salvo il parere del Sinodo.
Il breve dibattito è stato introdotto dalla lettura dell’ordine del giorno predisposto dalla
C.d.E., che intendeva cogliere
questo episodio come occasione
di rafforzamento di un lavoro interdenominazionale avviato da
tempo.
Eppure il testo, poi approvato
con 5 astensioni, faceva registrare alcune perplessità da parte del presidente deU’UCEBI,
past. Spanu, che chiedeva fosse tolta dall’o.d.g. l’espressione
« con gioia » a proposito dell’accoglimento della « nuova » chiesa. Con alcune precisazioni tendenti a sottolineare come la
decisione della chiesa locale si
inserisca in un precesso in atto
da tempo e non si tratti dunque di una decisione frutto di
improvvisa inversione di rotta,
veniva infine approvato l’o.d.g.
che qui viene riportato.
12 - Benvenuta!
Il Sinodo, udita la richiesta delia
Chiesa Evangelica di Pavia di entrare a far parte della Chiesa
Evangelica Valdese, Unione delie
Chiese Valdesi e Metodiste, quale
chiesa locale valdese, preso atto
del parere favorevole espresso da
14/CD 11/1989, la accoglie con
gioia nella speranza che il grosso
patrimonio di lavoro interdenominazionale non andrà disperso, ma si
rafforzerà ulteriormente.
I MINISTERI NELLA CHIESA
Diacono, diacono, quasi pastore
L'intervento di un deputato, munito del cartellino i cui diversi
colori indicano i membri deliberativi e quelli consultivi.
nella ricerca di nuove relazioni
con la realtà culturale e sociale in cui vivono, la passione per
l’evangelizzazione non è spenta.
Si troverà — e vi è urgenza —
la forza per recuperare una
spiritualità che si traduca in
nuova comunicazione, nuove relazioni interne ed esterne? Come far passare l’idea di una fede che necessita di cultura, che
non può essere a-culturale o anti-culturale, e che al tempo stesso non si esaurisca nella dimen
E’ stato detto, a torto o a ragione, che in questo Sinodo mancavano tematiche di ampio respiro. In realtà, a mio modesto
parere, la tematica c’era, ed era
quella della diaconia. Una questione che potrebbe apparire, a
tutta prima, come squisitamente interna (trovare una collocazione adeguata ai « laici » impegnati nelle varie « opere diaconali » della chiesa), ma che in realtà attiene alla grossa questione
dell’essere e dell’apparire della
chiesa nel mondo di oggi. Non è
un caso se le radici di questa
problematica partono da lontano, dato che le prime mosse in
questo senso si rintracciano nella
riflessione iniziata ad Agape negli
anni ’60, sotto la spinta di un ripensamento della chiesa sviluppato negli ambienti ecumenici di
allora.
E non è neppure un caso se
la questione oggi, oltre al livello locale e amministrativo contingente, finisce inevitabilmente per coinvolgere il modello di
chiesa nel quale vogliamo riconoscerci. Il ministero, e il ministero ordinato, è oggi uno dei
grossi temi di confronto e scontro con le altre chiese, come ben
sanno tutti coloro che si sono occupati in questi anni del « BEM »
(battesimo, eucarestia, ministero), il documento sul quale si
cerca di raggiungere un consenso
tra tutte le chiese.
La discussione è stata introdotta da un documento (tra i più
belli prodotti in questi ultimi anni) predisposto da una commissione ad hoc, nominata nel Sinodo ’88, presieduta dal prof. Sergio Rostagno. « Teologicamente
parlando — nota la relazione —
la diaconia viene definita in pa
rallelo con la predicazione: annuncio evangelico mediante la
parola l’una, concretizzazione
della parola stessa evangelica
mediante la prassi, l’altra.
Questo schematismo aiuta
immediatamente a comprendere
di che si tratta. Presso molte
altre chiese cristiane questa per
noi limpida schematizzazione sarebbe guardata con sospetto, non
perché non si concordi con essa,
ma perché si preferirebbe, forse,
ordinare il tutto ad una terza dimen.sione di livello più essenziale
ancora, quella sacramentale. Tuttavia nel battesimo e nella cena
non si tratta di realtà più profonda di quella dell’annuncio evangelico, ma della stessa enunciazione in forma diversa ». E poco più
oltre aggiunge : « Sul battesimo
si fonda il ministero di ogni credente, quindi la sua etica. La cena del Signore comporta un’esortazione alla pratica della condivisione del nutrimento e contiene
dunque un appello alla diaconia ».
Sul piano concreto la commissione proponeva al Sinodo due
soluzioni : « Il ministero dei diaconi rientra nel sacerdozio universale del credenti. Perciò ad essi si applicano né più né meno
quei principi che sono validi per
tutto il popolo eristiano »; oppure il loro ministero « viene esplicitamente riconosciuto e riceve
uno status pari a quello dei pastori ».
Il Sinodo ha discusso a lungo ;
s’è anche udita la voce dei diaconi (Franco Taglierò) che ha espresso il disagio di quanti si
trovano a metà strada tra diaconato e pastorato : « Ancora oggi
— egli ha detto — la gente non
capisce bene che cosa sono, anche perché recentemente mi sono capitate un paio di sostitu
Torre Pellice, Casa valdese. Per tutto il mese d’agosto la Commissione d’esame si riunisce per stendere la propria relazione.
zioni pastorali annuali ».
Insomma, chi è e che cos’è il
diacono? Quale deve essere, se
ci deve essere, il riconoscimento
della chiesa? Sarà una « consacrazione » tipo quella pastorale?
E in tal caso dovrà essere locale,
a cura di circuiti e distretti, oppure sinodale? E quale sarà la
collocazione del « diacono » all’interno della chiesa? Avrà posto,
come i pastori, in Sinodo, oppure no?
Nonostante sia ormai un certo tempo che queste domande
rimbalzano in aula sinodale, non
si è stati ancora in grado di dare una risposta. Il Sinodo ha rinviato la discussione alle chiese.
Secondo me non è un male, anche se mi rendo conto che i diaconi hanno diritto ad una rispo
sta, perché in questa risposta e
implicita la nostra concezione di
cosa ha da essere la chiesa oggiLuciano Deodato
19 - Rinvio alle chiese
Il Sinodo, dopo aver preso visione
della relazione della commissione
ad referendum sui ministeri nella
chiesa (13/SI/88), prende atto del
fatto che al suo interno esistono
doni e specializzazioni diversi e
che vi sono persone che consacrano la loro vita al servizio nella
chiesa (art. 37 RO 3); ritiene che
a tali persone vada riconosciuto un
ministero particolare e chiede alla
Commissione diaK:onia di radcogliere i pareri delle chiese e riferire al prossimo Sinodo.
9
8 settembre 1989
sínodo valdese e metodista
FEDERAZIONE DELLE CHIESE EVANGELICHE IN ITALIA
MATRIMONI INTERCONFESSIONALI
Sorvizio por lo chioso n dialogo si è aperto
Gli impegni per quest’anno: aiuti aH’Armenia terremotata, migranti,
decennio di solidarietà con le donne, la nuova rivista ’’Confronti”
Proseguirà il lavoro delle commissioni: una
ricerca in comune per un dialogo costruttivo
Ogni anno il Sinodo dedica un
po’ di tempo alla discussione sulla Federazione delle Chiese evangeliche in Italia. Oggi il presidente della Federazione è il past.
Giorgio Bouchard, che ha introdotto l’argomento: « Quattro iniziative sono emerse nel corso dell’anno: la colletta a favore dei
terremotati dell'Armenia, a cui le
chiese hanno risposto raggiungendo 120 milioni; la nuova rivista
"Confronti" per la quale la FCEI
si impegna nel sostegno per tre
anni; il decennio di solidarietà
delle chiese con le donne; l’assistenza del Servizio migranti ai
rifugiati e agli immigrati ».
Tutto questo senza dimenticare i tradizionali servizi che la Federazione offre alle chiese. Il Servizio istruzione ed educazione
(SIE) che offre il materiale per le
scuole domenicali e per il catechismo. Il Servizio Stampa RAI
TV che gestisce le trasmissioni di
Protestantesimo, del Culto radio,
e l’agenzia Nev. Il Servizio di
azione sociale che continua l’opera sociale nelle zone del terremoto dell’Irpinia con qualche successo, per esempio a Monteforte, dove la composizione sociale
degli ospiti del villaggio è completamente cambiata ed oggi ci si
Una veduta
dall’alto dell’Aula
nel corso dei
lavori sinodali.
A. /. è presente al Sinodo: una
consonanza con alcuni impegni
delle nostre chiese.
confronta con i problemi dei devianti (ex carcerati, tossicodipendenti, malati di Aids).
La Federazione si è inoltre qualificata come un luogo di dibattito tra le chiese e il mondo politico, come è successo per il convegno sui diritti dei migranti.
La Commissione delle chiese
evangeliche per i rapporti con lo
stato, che raduna anche chiese
non facenti parte della FCEI,
quali quelle pentecostali e avventiste, si appoggia per le sue iniziative contro Tire sulle strutture
operative della Federazione.
Insomma la FCEI è un organismo di servizio per le chiese.
Tra i programmi futuri della
FCEI vi è quello di un convegno
di approfondimento sull’« idea federativa», cioè sul come costruire
in Italia un fronte protestante
che sia capace di organizzare il
lavoro comune di tutte le chiese
evangeliche italiane su determinati argomenti.
« L’attività che compiamo nella
Federazione — ha osservato il
past. Paolo Spanu, presidente dell’Unione delle Chiese battiste —
non è in contrasto con la nostra
idea di una maggior collaborazione con le chiese valdesi e metodiste. La collaborazione con queste
chiese è in vista di un progetto
di evangelizzazione in comune,
non solo quello di avere servizi in
comune ».
È proprio l’esperienza fatta nella FCEI che spinge le chiese verso una maggiore collaborazione.
E questo non è l’ultimo dei meriti di una struttura federativa.
Ci sono anche dei punti di crisi: le federazioni regionali, che
dovrebbero essere momenti qualificanti del confronto a livello locale, stentano a decollare.
In ogni caso i servizi della
FCEI sono molto apprezzati da
tutti, anche alTesterno delle chiese evangeliche.
G. G.
Per la prima volta nella storia
delle nostre chiese, il Sinodo dello scorso anno ha deciso di aprire un dialogo ufficiale diretto con
i rappresentanti della Chiesa
cattolica; e di aprirlo su un tema che tocca da vicino la vita
di fede di molti membri di chiesa: il tema dei matrimoni interconfessionali. Non è naturalmente un inizio in senso assoluto,
perché in molti luoghi il dialogo
è da anni avviato; basti pensare che, nel primo Distretto (valli e Pinerolo), fin dai primi anni 70 si tengono regolarmente
incontri a cui partecipano coppie interconfessionali, pastori,
sacerdoti. Ma il fatto che il dialogo si svolga ora anche a livello ufficiale fa sperare che il problema riceva uguale attenzione
e uguali soluzioni in tutta Italia.
A questa apertura si può certo opporre il pericolo che ci lasciamo assorbire dal cattolicesimo; il pastore Arnaldo Genre,
in un intervento a tinte accese,
che il pubblico ha ascoltato in
modo troppo divertito, ha voluto mettere in guardia contro
quelle che per lui sono le mire
di un cattolicesimo che, oggi come ieri, vorrebbe eliminare i
valdesi. Si deve però capire nel
giusto modo la preoccupazione
del pastore Genre: oggi non c’è
più nessuno che, con la forza,
costringa i valdesi a farsi assorbire; i valdesi possono essere assorbiti soltanto se lo vogliono.
Bisogna vegliare perché la celebrazione dei matrimoni interconfessionali non diventi una soluzione comoda, tale da favorire
l’errata impressione che « ormai
è la stessa cosa ».
Ma il dialogo serve appunto
per mettere in chiaro i punti di
divergenza e per cercare una linea di azione che sia ecumenica senza essere equivoca. Il dialogo ufficiale procede mediante
incontri tra due commissioni. La
nostra commissione è nominata
dal Sinodo ed è presieduta da
Maria Sbaffi Girardet; ne fanno
parte Franco Becchino, Gianni
Long, Paolo Ricca, Giovanni Scuderi, Alfredo Sonelli. La commissione cattolica è nominata
dalla Conferenza episcopale italiana; è presieduta dal vescovo
Filippo Giannini e ne fanno parte i vescovi Pietro Giachetti e
Clemente Riva, il teologo Emilio
Landini e i canonisti Giorgio Feliciani e Velasio De Paolis.
Le due commissioni hanno finora avuto tre incontri. Questi
i temi in discussione: la manifestazione e la documentazione
della volontà dei contraenti circa i fini e le proprietà essenziali del matrimonio; l’atteggiamento che gli sposi, in accordo con
i richiami e le direttive delle rispettive comunità, dovrebbero
assumere nei confronti della educazione religiosa dei figli; la
questione della dispensa dalla
forma canonica prescritta dal diritto generale della Chiesa cattolica per i Suoi membri; la celebrazione dei matrimoni interconfessionali.
Nei prossimi incontri si comincerà a lavorare a un documento comune che riassuma
convergenze e divergenze.
Bruno Rostagno
27 - Approvazione
dell’operato
Il Sinodo, udita la relazione della Commissione per il dialogo con
il cattolicesimo sui matrimoni Interconfessionali (27/SI/88), ne approva l’operato; invita il Seggio a
rinnovarle il mandato, adeguandone il numero dei membri a quello
dei membri della commissione cattolica.
28 - Nomina della
Commissione
Il Seggio (...) rinnova il mandato
alla Commissione per il dialogo
con il cattolicesimo sui matrimoni interconfessionali nelle persone di: Maria Sbaffi Girardet, relatrice; Franco Becchino, Gianni
Long, Paolo Ricca, Giovanni Scuderi, Alfredo Sonelli.
Un gruppo di delegati esteri nel
giardino della Casa valdese.
« La nozione di evangelismo
italiano è poco più che una locuzione di comodo ». E’ così che
ha esordito il pastore Paolo Spanu, presidente delTUCEBI, il primo dei relatori che hanno partecipato al dibattito sulle prospettive delTevangelismo italiano, organizzato domenica 27 agosto nel tempio di Torre Pellice.
L’affermazione, apparsa subito
provocatoria, ha avviato un vivace dibattito sulla storia, le prospettive, i limiti e le difficoltà di
una presenza evangelica che, sotto il comune denominatore del
riferimento unico alla Scrittura,
vicomprende un tessuto variegato di realtà ecclesiastiche, di aggregazioni e di movimenti, il cui
limite costitutivo sembia essere
la framrnentazione c la difficoltà a restituire un’immagine unitaria. Pur nella pluralità delle
espressioni c delle manifestazioni, esiste un comune consenso
che definisca l'identità evangelica a livello teologico, organizzativo, di strategia e di presenza
m Italia? E’ questo Tinterrogativo al quale i diversi relatori
hanno cercato di rispondere.
« Una comune coscienza protestante in Italia » — ha proseguito Paolo Spanu — « esiste di più
come affermazione al negativo,
come coscienza di diversità e vo
UNA SERATA DEL SINODO
Dove va l’evangelismo italiano?
lontà di contrapporsi ai valori
culturali e religiosi dominanti (il
cattolicesimo, la sua dottrina del
magistero, la corruzione dilagante nella società), che come volontà di costruire in positivo una
comune identità evangelica ».
Gli sforzi che pure sono stati
tentati — dal Congresso del ’6.S
all’attuale commissione delle
Chiese evangeliche per i rapporti con lo Stato, « piattaforma
autorevole e del tutto unica in
Italia », è stato detto — rappresentano esperienze importanti
ma solo parzialmente riuscite o
comunque limitate al coinvolgimento dei soli esecutivi c alTunioo tema dei rapporti con lo Stato. Le diverse iniziative, « le polarità » di aggregazione pur esistenti, denunziano di più una
sorta di « nostalgia » di unità
che una consapevole volontà di
costruire l’identità delTevangelismo italiano.
1 toni critici e autocritici non
Sono stati smessi neanche nelle
relazioni successive, pur in un
quadro che gradatamente si è
fatto più ottimistico rispetto alle prospettive e alle possibilità
di esprimere una comune progettualità.
La bella relazione del pastore
Toppi sulle Assemblee di Dio in
Italia è stata uno schizzo avvincente e problematico, che ha ripercorso la storia travagliata di
questo movimento di risveglio,
profondamente radicato nel tessuto popolare della società italiana, che ha vissuto un momento drammatico di persecuzione
e di « confessione » negli anni
bui del fascismo (la Circolare
Buffarini-Guidi del ’35 è una tappa infame di vergognosa intolleranza), che finalmente ha ottenuto un riconoscimento giuridico con la recente firma dell’Intesa nel 1986.
Tra i rischi a cui risulta esposto un movimento come quello
pentecostale, il pastore Toppi segnala significativamente l’imborghesimento, il tradimento delle
•originarie radici proletarie, e la
minaccia della cosiddetta chiesa
elettronica, che rischia di snaturare il carattere stesso dell’annunzio evangelico.
La particolare fisionomia ecclesiologica ed organizzativa delle Assemblee di Dio le rende
disponibili a tutte quelle iniziative che, senza minare l’autonomia e la peculiarità della testimonianza evangelica così come
esse la intendono, mirino a creare un fronte comune soprattutto
su temi che, come la libertà religiosa, investono gli interessi e
la coscienza collettiva del paese.
La relazione del prof. Maselli,
il terzo oratore, conteneva tra
l’altro un invito a superare lo
stereotipo di un’immagine del
protestantesimo italiano diviso
tra diver.se anime (le chiese storiche, rappresentate nel BMV, e
le chiese delTevangelizzazione,
assemblee dei Fratelli, pentecostali carismatici). I confini tra
queste aree diverse vanno ridisegnati: da una parte la consapevolezza teologica, l’attenzione
e la sensibilità ai problemi politici sono patrimonio non solo
delle prime, ma delle une e delle
altre; allo stesso modo, lo slancio e la passione evangelistica
caratterizzano oggi tutta l’area
delle chiese cosiddette storiche.
Un incontro tra i protestanti
italiani è dunque possibile ed
auspicabile sia sul terreno della
comune espressione della fede,
sia su quello pratico dei diversi
settori di intervento e di testimonianza nel paese.
In presenza di un evangelismo
italiano dinamico e complessivamente in crescita — come ha
sottolineato G. Bouchard — è
forse necessario domandarsi perché si stenta a trovare momenti
di incontro, appuntamenti significativi, e non solo sulle battaglie
di laicità e di libertà religiosa,
che, per quanto importanti, non
esprimono l’essenziale dell’annunzio evangelico.
Forse, per i protestanti, si è
detto, l’accento teologico cade di
più sulla fede in Dio che sulla
fede nella chiesa (P. Ricca); ma
non c’è dubbio che la fede in
Dio « prende corpo» nella comunione dei credenti, ed è necessario che i credenti « facciano corpo » in vista della comune
testimonianza.
Rosanna Nitti
Ék..
10
10 sinodo valdese e metodista
«IL FRUTTO DELLO SPIRITO E’ AMORE, ¡L
_ :l o: i_ j-i ■ I- ■ I II. . 1 .. . . .. .... I
La necessità, per il Sinodo del Centenario, di aprirsi al mondo di oggi ponendo attenzione ai grandi temi delia pace eia g>'
popoli più deboli e sofferenti - La tradizione pacifista dei primi valdesi - La fedeltà alla Scrittura come elemento di^tinui
Cari fratelli e sorelle,
il testo della nostra meditazione di oggi si trova nella
lettera dell’apostolo Paolo ai
Calati, cap. 5' « Il frutto dello Spirito è amore, allegrezza, pace, longanimità, benignità, bontà, fedeltà, dolcezza, temperanza ».
Tutti i grandi raduni ecumenici di quest'ultimo decennio hanno dato grande importanza al tema della pace.
In particolare la recentissima Assemblea di Basilea che
ha visto per la prima volta
riuniti, dopo secoli, su un
piano di parità, protestanti,
cattolici e ortodossi.
Da parte sua il Consiglio
ecumenico delle chiese prepara da tempo la sua Assemblea a Canberra, Australia,
per il 1991 sul tema dello Spirito Santo.
Il nostro testo, che è un
te.sto di pace e un testo centrato sullo Spirito Santo, ci
permetterà, lo spero, in quest’anno del 300° anniversario
del Glorioso Rimpatrio dei
valdesi, di non concentrarci
eccessivamente su un episodio del passato, ma di aprirci all’ecumene e al mondo
di oggi.
Il frutto delio Spirito
naie si vedono qua e là dei
meli i cui rami si piegano sotto il peso di una bella produzione; a volte addirittura
si spezzano; guardandoli capiamo che cosa voglia dire
« portar frutto »; vuol dire
impegnarsi totalmente, senza riserva... a costo di rimanerne spezzati.
Questo testo, che a prima
vista può sembrare « blan
razionalità, competitività.
ecc.
Se oggi consideriamo i risultati di queste qualità « aggressive » c’è da rimanerne
spaventati. Abbiamo sfruttato, aggredito la natura fino
a renderla malata, gravemente malata. Stiamo cioè segando il ramo su cui eravamo seduti.
Abbiamo aggredito mili
All’uscita dall'Aula sinodale verso il tempio: Aldo Comba e i candidati Ruggero .^iarchetti, Gregorio Plescan, Fulvio Ferrano, Massimo
Aquilante.
Ho letto il testo della predicazione nella versione della Riveduta.
Le parole « benignità » e
« longanimità » sono forse
un po’ antiquate, ma il vecchio testo ha un pregio. La
traduzione in lingua corrente dice: « Lo Spirito produce amore, gioia, ecc. », la Riveduta dice: « Il frutto dello
Spirito è amore, allegrezza,
ecc. ».
Questo « fruito dello Spirito » è una bellissima espressione non perché è più letterale, ma perché ci permette di ricollegarci ad altre espressioni del Nuovo Testamento. « Se l’albero è buono fa frutti buoni », dice Gesù; aggiunge: « Si può forse
raccogliere uva dalle spine
o fichi da un cespuglio? ».
Soprattutto, quest’espressione « frutto dello Spirito »
ci permette di ricollegarci al
paragone della vite e dei tralci.
Gesù è molto chiaro: il ramo separato dal tronco si
secca; il credente separato
da Cristo e non vivificato dal
suo Spirito è morto. Ma al
tempo stesso ogni singolo ramo porta il proprio frutto.
Il frutto è suo, è lui (o lei)
che lo porta, anche se lo porta solo in quanto unito al
tronco. I frutti li portiamo
noi, ma è Lui che con la linfa vitale dello Spirito li produce in noi.
do », è in realtà uno dei più
esigenti del Nuovo Testamento.
Vorrei ora toccare i seguenti punti:
— prima di tutto esaminare un po’ più da vicino il
testo;
— poi vedere che cosa esso ha da dirci su alcune questioni: la povertà, i rapporti
ecumenici, la vita spirituale;
— infine dire una parola
personale ai candidati.
tarmente ed economicamente i popoli più deboli e più
poveri distmggendo la popolazione di interi continenti,
come gli « indios » d’America o gli aborigeni australiani. E nel 1992 ci prepariamo
a celebrare il 500° anniversario della conquista delle
Americhe, cioè di un genocidio che dura tuttora.
Che cos’è questo « frutto
dello Spirito » che siamo
chiamati a portare? Rileggiamo il testo: « ...amore, allegrezza, pace, longanimità,
benignità, bontà, fedeltà, dolcezza, temperanza ». E’ evidente che si tratta di qualità miti, mansuete, pacifiche,
qualità di fratellanza-sorellanza. Non vi si trova nulla
di aggressivo. Il che del resto è naturale. Queste parole dell’apostolo Paolo non
fanno che rispecchiare le
beatitudini di Gesù: beati i
mansueti, beati quelli che si
adoperano alla pace, beati
gli assetati di giustizia, beati i misericordiosi...
Qggi l’aggressione è prevalentemente economica, ma
non cessa di generare miseria, povertà estrema, ribellione e odio tra decine di
milioni di persone.
Quelle qualità di mitezza,
che la nostra cultura nel suo
maschilismo ha altezzosamente squalificato come « roba da donnicciole », sono
quelle che oggi possono dare all’umanità una via di uscita dai più gravi problemi
attuali.
Criteri maschili
e femminili?
In questa stagione autun
Seguendo i criteri prevalenti nella nostra società e
nella nostra cultura, dovremmo dire che queste sono qualità « femminili », mentre le
virtù di cui la nostra .società si vanta sono quelle che
gli uomini si sono attribuite:
forza, coraggio, aggressività.
vescovo metodista argentino
Federico Pagura. Con accenti commossi ha descritto la
miseria del mondo, la miseria che ci'esce rapidamente
nel mondo. Ha parlato tra
l’altro della colossale discarica di immondizia di Città
del Messico (23 milioni di abi tanti) in cui decine di migliaia di poveri si nutrono
dei rifiuti e cercano di vivere riciclando quello che trovano, sotto l’occhio rapace
di capataz mafiosi che estorcono loro enormi balzelli.
Questa miseria si diffonde in America latina e nel
mondo: potremmo passare
un’ora a darne degli esempi.
Dopo l’appassionato, drammatico discorso di Pagura,
che invocava solidarietà con
i nuovi poveri del Terzo Mondo, il Comitato centrale del
Consiglio ecumenico ha ascoltato la lezione fredda,
obiettiva, scientifica di un
economista olandese.
L’attuale sistema economico-finanziario liberale mondiale pompa fuori dal Terzo
Mondo circa quattro volte
più ricchezza di quanta gliene mandi sotto qualsiasi forma, compresi gli aiuti militari.
In questo sistema, ci diceva ancora l’economista olandese al Comitato centrale del
Consiglio ecumenico a Mosca, le spese per gli armamenti hanno una parte importante. Anch’esse sono, in
sostanza, pagate dai poveri
del Terzo Mondo. E’ stato
calcolato che una determinata riduzione delle spese per
armamenti, adoperata per ridurre il debito del Terzo
Mondo, produrrebbe immediatamente un aumento del
50% e in certi casi del 130%
dei beni di consumo dei paesi più poveri, ossia essenzialmente dei viveri disponibili.
Tornare al pacifismo
integrale
Dopo quella mattina a Mosca con il Comitato centrale del Consiglio ecumenico
mi è venuta prima di tutto
la solita frustrazione: di
fronte a questi problemi
mondiali, che cosa possiamo
mai fare noi, piccole chiese
valdesi e metodiste?
I poveri
ci mantengono
In chiare parole ciò vuol
dire che sono i poveri che
ci mantengono. Anche noi.
Al 200° anniversario della Rivoluzione francese, tra i sette paesi più ricchi del mondo c’eravamo anche noi: fanalino di coda, forse, ma
c eravamo.
L’elevarsi del nostro standard di vita è pagato da chi
vive mangiando immondizie
nel Terzo Mondo.
Ogni nostro « progresso »
è pagato da un corrispondente « regresso » (relativo o assoluto) dei poveri. Così funziona il sistema economico
attuale.
Prima di rassegnarmi mi
son detto che forse dovremmo compiere un atto che sia
simbolico e impegnativo al
tempo stesso.
Se le spese per l’armamento hanno davvero quell’importanza nell’impoverire i
poveri, perché non agire su
quel terreno? Da anni le nostre chiese sostengono gli
obiettori di coscienza, ma oggi potremmo fare un passo
avanti: tornare al pacifismo
integrale dei valdesi primitivi; unirci al grunpo piccolo,
ma non insignificante delle
« chiese storiche della pace »,
tra cui quaccheri e mennoniti. E ciò non per delle
preoccupazioni di etica individuale, ma per puro e semplice amore del prossimo.
Contribuire con una specie
di « atto profetico », nello
stile dell’Antico Testamento,
a lottare contro questo mec
Ma, fatto per noi più importante, quelle qualità di
mansuetudine e bontà costituiscono precisamente il
frutto che Gesù vuole creare in noi, uomini e donne,
mediante il suo Spirito, chiamandoci tutti ad esserne i
portatori nel mondo.
Vorrei ora vedere che cosa vuol dire portare il frutto dello Spirito in alcuni casi concreti.
Uno dei momenti più alti
del Comitato centrale del
Consiglio ecumenico delle
chiese svoltosi a Mo.sca in
luglio è stato la mattinata
dedicata alla povertà nel
mondo.
Due gli oratori: prima il
Il pastore Comba
tiene la predicazione
al culto inaugurale.
11
sinodo valdese e metodista 11
LA PREDICAZIONE DEL CULTO INAUGURALE
, i^LEGREZZA, PACE...
»
)ace eia giustizia - Secondo i criteri più violenti che dominano la nostra società, abbiamo aggredito anche la natura oltre ai
nto dijtinuità dal Medioevo alla tradizione riformata - I molti problemi dell’ecumenismo - Vivere con la gioia della resurrezione
licelandel
Momaim, in
veri
tato
inaper
r ri:rzo
medel
i0%
^ae
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bili.
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^ogisso
imo
nitiolo,
Ielle
:e »,
molelle
ndi;emmo.
ecie
elio
nto,
nec
canismo di ingiustizia, di fame, di morte.
Faccio questa proposta a
ragion veduta nell’anno del
300" anniversario del Glorioso Rimpatrio. E la faccio non
in polemica, ma in profonda
sintonia con Arnaud e con i
suoi. 1 valdesi medioevali
erano radicalmente pacifisti.
E' stata la persecuzione che
li ha obbligati a prendere le
armi. Bruna Peyrot ci ha raccontato molto bene la storia
della « beidana », di quella
specie di roncola o falcetto
adatto ai lavori agricoli e che
in epoca di persecuzioni si
trasformò di necessità in arma di difesa e di liberazione.
Ma oggi non siamo più in
epoca di persecuzioni; non
dobbiamo più difendere la
nostra vita; dobbiamo difenderci dall'essere resi partecipi di un meccanismo economico che uccìde i poveri del
mondo. Compiere oggi un gesto significativo e impegnativo è forse davvero un frutto dello Spirito.
Mi sono chiesto se il nostro testo abbia qualche cosa
da dirci a proposito della situazione ecumenica. « Il frutto dello Spirito è amore, allegrezza, pace, benignità... fedeltà ». E’ questa la parola
che può guidarci nei nostri
rapporti ecumenici. L’apostolo Paolo qui la usa non nel
senso di fedeltà a Dio, ma nel
senso di fedeltà reciproca dei
membri della comunità.
Fedeltà a noi stessi, alla
comunità valdese - metodista,
che pur avendo radici teologiche distinte è accomunata
dallo stesso amore, dalla stessa appassionata fedeltà alla
Sacra Scrittura. La fedeltà
alla Scrittura è del resto l'unico elemento di continuità tra i valdesi medioevali e la chiesa riformata
di dopo Chanforan. La Scrittura, presa non come semplice libro di devozione ma come punto di riferimento e
somma autorità, è in questo
senso pure l’elemento fondamentale di unità di tutto l’evangelismo italiano. Nella fedeltà di lutti alla Scrittura si
esprime la nostra fedeltà reciproca e la nostra fondamentale identità.
La religione
nella scuola
Che cosa dire dei nostri
rapporti con i cattolici italiani? Sono sempre rimasto
sconcertato dall’atteggiamento di molti cattolici, vescovi
compresi, sulla questione
dell’ora di religione. Lascio
da parte gli aspetti strettamente giuridici della questio
ne per fermarmi a quelli più
culturali e spirituali.
In quest’anno di rievocazioni storiche mi è tornato in
mente il 1560-61. Il conte Costa della Trinità era venuto
da queste parti con dei soldati per distruggere i valdesi,
ma ne era stato respinto. Si
venne allora all’.accordo di
Cavour del 1561, in cui il duca di Savoia dà un limitato
riconoscimento al culto riformato, ma solo nell’ambito
delle Valli, vietando ogni
propaganda al di fuori e condannando alla sparizione i
numerosi altri gruppi riformati che esistevano in Piemonte. Le Valli diventano
così un « ghetto alpino ». Volete la libertà? Va bene, ma
solo all’interno del ghetto.
Mi sembra di ritrovare un atteggiamento simile: volete la
libertà dall’ora di religione
cattolica? Va bene, ma solo
nel ghetto dell’ora alternativa o dei corridoi scolastici.
Come se si volesse, in passato come oggi, penalizzare in
qualche modo chi non sceglie
il cattolicesimo.
Un atteggiamento
contraddittorio
Questo atteggiamento, mi
pare, è un residuo di Controriforma. Tra esso e l’ecumenismo c’è contraddizione.
L’ecumenismo è reciprocità,
è uguale riconoscimento e rispetto delle opinioni di ciascuno, è rinuncia a rivendicare per sé un ruolo centrale,
satellizzando o ghettizzando
gli altri. E’ rinuncia a voler
essere primi o superiori.
Queste cose vanno dette.
Ma supponiamo che i cattolici si liberino di certi residui controriformistici, e che
noi ci liberiamo da reazioni
di minoranza che ci rendono
talvolta polemici e spigolosi:
dove ci troveremmo?
Ci troveremmo precisamente dove ci troviamo adesso: tra Basilea e Seoul. Mi
spiego: alTAssemblea ecumenica europea di Basilea,
nel maggio scorso, cattolici,
protestanti e ortodossi si sono ritrovati su un piede di
sostanziale parità... a livello
europeo. E’ stata una bellissima Assemblea, vi si è avuta l’impressione di un passo
avanti nell’ecumenismo, di
una più reale fraternità.
E d’altra parte la prossima
Assemblea di Seoul su « Giustizia, pace e integrità del
creato », della quale il Vaticano ha rifiutato di farsi
co-invitante con il Consiglio
ecumenico sul piano mondiale. Il pontefice non si mette su un piano di parità con
nessuno.
Ne risulta quasi visibil
La consacrazione
dei candidati
al ministero pastorale.
I
mente illustrata la diversità,
Tinconciliabilità tra la Chiesa
intesa come comunità e la
Chiesa intesa come gerarchia.
Quel limite
invalicabile
Questo è oggi il limite invalicabile dell’ ecumenismo
con i cattolici. « Amore, bontà, fedeltà... », per riprendere
le parole del nostro testo,
esigono di prendere l’altro
sul serio per quello che è e
per quello che vuol essere. La
Chiesa cattolica è gerarchica,
noi no. Potremo avere un
dialogo ecumenico con un interlocutore, ma non una unità di fede e di chiesa. Se si è
al chiaro su questo punto, il
dialogo può essere sincero e
fecondo. E mi auguro che lo
sia.
Abbiamo parlato di povertà, abbiamo parlato di ecumenismo, diamo ora qualche
minuto di attenzione alla vita
spirituale.
« Il frutto dello Spirito è
amore, allegrezza, pace... »;
qui il termine che meglio può
guidarci è il secondo: allegrezza, o gioia.
« Ti rallegrerai
davanti al Signore.
»
E’ il sentimento proprio
dell’ora del culto. L’Antico
Testamento è pieno di testi
che, riferendosi al sacrificio,
cioè all’atto centrale del culto dell’antico Israele, dicono:
« Porterai la tua offerta... e ti
rallegrerai davanti al Signore, al tuo Dio... ».
Nell’Evangelo di Giovanni,
al cap. 16, trovo un testo che
mi pare bellissimo. Gesù
vuol preparare i discepoli al
la sua morte. L’ora della prova viene. L’ora tremenda in
cui il pastore sarà colpito e
le pecore saranno disperse.
L’ora in cui la fede dei discepoli e la vita della comunità
sono in gioco...
Gesù fa un paragone. E’
come la donna che sta per
partorire. (Non pensiamo alle cliniche moderne, pensiamo alla Palestina del tempo
di Gesù in cui si partoriva in
casa, nella stalla o magari da
sola nei campi, se le doglie
coglievano la donna quando
era lontana, al lavoro). La
sua ora è venuta, ora di dolore, di angoscia, di rischio. Ma
quando la creatura è nata lei
dimentica Tangoscia per la
gioia della nuova vita che è
sbocciata. All’angoscia di
morte è subentrata la gioia
per Taffermazione della vita.
Così il nostro culto, che è
essenzialmente un ricordo
della risurrezione di Gesù, è,
appunto per ciò, un’affermazione della vita e un’occasione di gioia. Quando le Epistole del Nuovo Testamento
ci esortano ad essere « sempre allegri » vogliono dire
appunto che siamo chiamati
a vivere nella luce della risurrezione.
Vorrei che la nostra vita
interiore e tutta la nostra vita di culto fossero animate
da quella gioia di risurrezione che è frutto dello Spirito.
Vorrei che questo culto di
oggi e i culti mattutini del
nostro Sinodo fossero tutti
momenti di intensa gioia nello Spirito per la presenza del
Signore risorto.
Una parola
ai candidati
Ed ora, per terminare, una
parola ai candidati.
Cari candidati, tra i vari
termini che l’apostolo Paolo
usa per definire il frutto dello Spirito, quello che mi pare
riferirsi più direttamente al
ministero pastorale è la bontà.
Lo so, nel nostro mondo
aggressivo dire che uno è
buono significa dire che è
sciocco. Ma vorrei che pensaste piuttosto all’episodio
biblico del giovane ricco che
va a Gesù dicendo: « Maestro
buono... » e Gesù lo ferma:
« Perché mi chiami buono?
Uno solo è buono: Dio ».
Dicendo che il vostro ministero dovrebbe in primo
luogo esprimere la bontà non
vi sto indicando i modelli
melensi di bontà che i teleschermi alternano ogni tanto
alle scene di violenza. Sto dicendovi invece di essere, se
possibile, imitatori di Dio...
Non è blasfemo; Paolo dice: « Siate miei imitatori come io lo sono di Cristo». Imitatori di Dio... Ci vuole un’intensa vita di preghiera, di meditazione, anche di studio, e
di partecipazione comunitaria per comprendere la bontà
di Dio.
Una via che richiede
coraggio e umiltà
Ci vuole coraggio e al tempo stesso umiltà per cimentarsi in questa via. Ci vuole
sensibilità e intelligenza per
tradurre quel tanto della
bontà divina che abbiamo
potuto comprendere in atti
che non ne siano una caricatura, né nel senso della condiscendenza né in quello del
paternalismo, ma ne siano un
riflesso, pallido certo, per la
nostra debolezza umana, ma
autentico.
Dicevano: «< Guardate
come si amano »
Nel ferreo impero romano
i più intelligenti pagani avevano capito che tra i credenti c’era qualche cosa di diverso: « Guardate come si
amano! », dicevano.
Se con il vostro aiuto le comunità che curerete riusciranno a diventare, nel mondo
violento ed aggressivo d’oggi, dei focolai di bontà — nel
senso in cui Dio è buono ■—
forse non cambierete il corso della storia, ma potrete
dai'e un aiuto, una speranza,
un conforto, una reale fratellanza ai piccoli, ai marginali,
oggi in particolare alle vittime del razzismo, ai calpestati, alle persone che stavano
specialmente a cuore a Gesù.
In quanto suoi discepoli
potreste mai nutrire una diversa ambizione?
Aldo Comba
12
12 sínodo valdese e metodista
8 settembre 1989
INTEGRAZIONE
OPCEMI
Dieci anni dopo
La riconoscenza per il cammino comune fin qui percorso e la riconferma del Patto - Alcuni possibili ritocchi e problemi sul tappeto
Dei due ordini del giorno sul
patto d’integrazione, il primo,
quello cioè che parla della riconoscenza al Signore per il cammino percorso e riconferma
« solennemente il Patto » che lega le due chiese, è passato senza discussione, con un ampio,
convinto consenso dei membri
del Sinodo.
Ma il fatto di aver riconosciuto la piena validità del patto
d’integrazione non toglie che
esso, nei dettagli, può essere
perfezionato.
Sono stati questi dieci armi
che ci stanno alle spalle come
un banco di prova. Abbiamo capito che la via deU’integrazione
è giusta, che la testimonianza
delle chiese ne esce rafforzata,
che è possibile collaborare realmente senza prevaricare; però
rimangono dei problemi.
Nel dibattito sinodale è emerso per esempio il problema della « provvista pastorale »; i trasferimenti andrebbero concordati tra Tavola ed Opcemi. Ed è
anche emerso il fatto che il nome « metodista » rischia di spa
22 - Conferma del Patto
A dieci anni dalia compiuta integrazione, le chiese valdesi e metodiste raccolte nel loro Sinodo riconoscono di essere state guidate
dal Signore al di sopra dei loro
pensieri e dei loro disegni ed al
di là dei loro errori e dei loro
peccati; prendono atto con aperta
riconoscenza che il cammino di integrazione si è risolto in un processo di crescente compenetrazione
delle due componenti e che tale
processo, lungi dal fare impallidire
le rispettive identità, le ha più chiaramente valorizzate e messe in luce
ai fini di una efficace e fedele testimonianza nel Paese; perciò confermano solennemente il Patto che le
unisce e si impegnano ad approfondirne i contenuti nel pieno rispetto dei capisaldi della teologia
della Riforma e dell'apporto missionario del Risveglio; esortano i credenti ad affrontare nuovi problemi
che si pongono alla società italiana
mettendo in valore tutti i doni che
lo Spirito largisce alle nostre chiese, e ad impegnarsi nella ricerca di
una spiritualità biblica capace di
rispondere alla inespressa ricerca
di Dio che attraversa drammaticamente il mondo contemporaneo.
20 - Eventuali modifiche
Il Sinodo, dopo aver discusso sui
problemi sorti in merito all'Integrazione (in particolare: l'appartenenza denominazionale dei pastori,
votazioni separate per componente
su argomenti riguardanti rapporti
ecumenici e finanze, autonomia
amministrativa deli'OPCEMI nei confronti dello Stato, composizione del
Comitato permanente deirOPCEMI
e durata in carica del presidente,
interpretazione ampia dell'art. 40
del Petto di integrazione), dà mandato al Seggio di nominare una
commissione che, sentiti Tavola,
Comitato Permanente deli'OPCEMI
e Commissione per le discipline,
previo approfondimento delle predette tematiche, predisponga le modifiche regolamentari eventualmente necessarie e riferisca ai prossimo Sinodo.
21 - Commissione
Il Seggio (...) nomina la Commissione integrazione nelle persone di Guido Colucci, coordinatore;
Franco Becchino, Piero Trotta, Sergio Aquilani;^ Giorgio Bouchard,
Marco Borno.
rire, troppo ricompreso in quello valdese. Ma, passando a questioni più sostanziali, ci si è
posti il problema della rappresentanza deU’Opcemi nei confronti dello Stato, delegata, in
un certo senso, alla Tavola. Un
problema nuovo, dunque, che si
è aperto con la ñrma dell’Intesa dell’84.
Claudio Martelli ha usato
l’immagine di un « matrimonio
felice» tra valdesi e metodisti;
ma, ha osservato giustamente
Paolo Gay, i « convertiti di oggi
sono i ffgli del matrimonio dell’integrazione e i genitori non
possono imporre loro l’identità
di uno solo di loro due ».
E’ dunque pensando al domani che si guarda criticamente
al percorso compiuto. Da qui
l’incarico ad una commissione
ristretta che consideri attentamente il problema, per riferire
al prossimo Sinodo.
Claudio H. Martelli, pastore del
la Chiesa metodista di Trieste,
è stato eletto per la seconda volta presidente deli’OPCEMI.
METODISTI E VALDESI
Un matrimonio
da rilanciare
Vorrei parlare dell’Integrazione
tra valdesi e metodisti alla luce
dell’ordine del giorno approvato
dal Sinodo che mi pare abbia saputo cogliere molto bene lo spirito con il quale la componente metodista ha avviato, nel corso di
quest’anno, una riflessione su questa problematica.
Ritengo che l’Integrazione sia
un fatto estremamente importante
e significativo — per certi aspetti
decisivo — che ha segnato e segnerà in futuro ancora di più non
solo il nostro rapporto come denominazioni con l’esterno, ma anche il nostro rapporto reciproco.
E’ chiaro che sarebbe superficiale abbandonarsi a scontati cliché
e che la nostra diversità sia oggi
un fatto che ci caratterizza al di là
delle nostre origini rispettive, ma,
pur tuttavia, mi pare che qualcosa
che ci viene dall’eredità di coloro
che ci hanno preceduto finiamo
per portarcelo dietro così come,
inevitabilmente, ci portiamo dietro le caratteristiche somatiche dei
nostri genitori o nonni.
Nel corso del dibattito sinodale
sull'Integrazione ho presentato il
nostro essere assieme prendendo a
prestito l’immagine del matrimonio. Un matrimonio che ha oggi
dieci anni (se non contiamo il tempo di un fidanzamento quasi altrettanto lungo) e che, come tutti i
matrimoni che non finiscono in
un’avvilente routine, richiede perciò di essere in qualche misura ripensato, rilanciato, meditato. Credo sinceramente che nessuno dei
due coniugi — o partners, se preferite — si sogni di mettere in discussione un'unione che continua
a convincerci e che sentiamo viva,
ma mi pare sia giunto il momento nel quale, passata forse la stagione della « passione », si possa
prendere atto di come i sentimenti
si trasformano, in parte si razionalizzano, creando un’unione stabile, sicura, forte, in vista degli anni che ci stanno davanti.
Come nel matrimonio, io credo
che ognuno dei due coniugi debba
sentirsi pienamente libero e realizzato nella sua personalità, nelle cose piccole e in quelle grandi. Debba veder riconosciuto il suo ruolo
che può essere diverso, ma che è
sempre essenziale. Debba poter
contare sull’altro, debba sentirsi
parte responsabile nel processo di
realizzazione della vita in comune.
E... i figli? Già, perché in ogni
idea di matrimonio i figli sperati o
progettati dovrebbero trovare un
posto. Ecco, mi pare importante
che l’Integrazione porti dei frutti,
dei figli.
E’ una nostra responsabilità
pensare all’Integrazione come a
qualcosa che deve produrre dei risultati che vadano sperabilmente
oltre noi stessi, le nostre rispettive
storie e famiglie di provenienza,
le nostre idee, magari oltre le nostre stesse speranze.
L’Integrazione dovrebbe far nascere un frutto che possa contribuire a spianare il cammino ad un
processo di maggior unità del protestantesimo italiano nelle cose
che contano, e soprattutto nella
cosa più importante; l’annuncio di
Gesù Cristo come Salvatore e Signore ancora e sempre, nei tempi
che si evolvono, nella società che
affronta anche nel nostro Paese
nuovi e sempre più complessi problemi.
A dieci anni dal giorno con il
quale abbiamo sancito il nostro
voler « essere uno » sappiamo che
alcune cose, non molte, debbono
essere messe a punto per non lasciare, magari nel coniuge che appare essere quello che si sente
meno tutelato, l’ombra che l'altro
viva e ragioni troppo solo in funzione di se stesso.
Insomma, per parafrasare parte
del discorso fatto dal moderatore
all’inaugurazione del nuovo Museo e Centro culturale valdese di
Torre Pellice, a noi metodisti piace essere parte di questa Chiesa
valdese non « malgrado », ma proprio « perché » metodisti.
Claudio H. Martelli
La riscoperta della
identità metodista
Un nuovo spirito di collaborazione - L’apprezzato volume di Carile sul metodismo inglese
Il dibattito suirOPCEMI in Sinodo, quest’anno, è stato positivo
e lo stesso giudizio della CdE sull’operato del CP è stato pacato
e equilibrato. Secondo più di un
delegato è rinato uno spirito di
collaborazione tra comunità locali metodiste e CP. L’attuale
presidente del CP, Claudio Martelli, non ha minimizzato le difficoltà economiche ma ha affermato con forza che la via al risanamento economico passa attraverso una valorizzazione maggiore del patrimonio storico metodista (pastori e predicatori locali) e una rinnovata spinta evangelistica, intesa come aggregazione di nuovi membri di chiesa. Intanto, è stata indetta una
sottoscrizione straordinaria per
eliminare il deficit accumulato
negli anni passati, la quale sottoscrizione è stata caldeggiata ai
l’unanimità dal Sinodo.
Sergio Aquilante ha sottolineato l’attuale riscoperta dell’identità metodista nel mondo metodista italiano. Molto apprezzato, da
parte valdese e non solo metodista, l’ultimo libro di Sergio Carile sul metodismo ai tempi della rivoluzione industriale in Inghilterra. Dall’altra parte, la
Claudiana è stata incoraggiata
a prestare più attenzione alla
produzione teologica, senza dubbio molto ricca, della famiglia
metodista mondiale.
Per quanto riguarda i rapporti mternazionali, è stato segnalato l’apporto importante dell’AWAS in questo senso e il contributo della EGEI al livello giovanile.
John Hobbins
54 - Sottoscrizione
Il Sinodo, preso atto delia sottoscrizione straordinaria indetta dal
Comitato Permanente neH’ambito
delle Chiese metodiste, invita le
chiese ad aderirvi in spirito di resposabilità e cooperazione chiedendo al Comitato Permanente di fornire il necessario supporto di informazione e di presenza.
55 - Approvazione
Il Sinodo approva l’operato del
Comitato Permanente deli’OPCEMI
e lo ringrazia.
AGAPE
Un lavoro di frontiera
Ribadita nonostante i problemi reali la funzione di riflessione e formazione sin qui svolta
Nella relazione presentata da
Agape al Sinodo veniva messa
in evidenza tutta una serie di
problemi che pesano sulla vita
e sull’attività di questo centro
giovanile.
.Si parlava cosi di crisi del volontariato e del senso comunitario, che rende problematico il
ricambio nel gruppo residente;
di crisi della struttura, vecchia
ormai di quarant’anni e soggetta a tutta una serie di adeguamenti richiesti dalle nuove
norme di sicurezza; di crisi economica, un problema sempre risorgente ma aggravato dalla forzata diminuzione dei posti letto
(50 in meno); di crisi di identità, centro di formazione alla frontiera della nostra chiesa esposto
a realtà sempre nuove e spesso
sollecitato a fungere anche da
centro di accoglienza di casi critici; e in ultimo di crisi della direzione, per il peso di tutti i problemi amministrativi e di gestione che cadono sulle spalle di
un direttore scelto soprattutto
in funzione dell’organizzazione
dei campi e della formazione.
Nella controrelazione e nella
discussione è stato subito chiarito che l’aver individuato così
chiaramente questi problemi è
la premessa indispensabile per
il loro superamento.
Foto ’’Sinodo 1989”
La • foto del centenario » in prima pagina è del fotografo Guido
Girardon. Chi la desidera può averne una copia (in bianco e nero
formato 18 x 24; a colori formato
20 x 25). ordinandola a:
Studio fotografico Girardon
via Tegas 43/3
10062 Luserna San Giovanni (To)
Tel. 0121/90,94.28
Per molti problemi non si vede una risposta immediata, ma
nella precisa diagnosi fatta si
intravvedono già le piste da seguire.
Appare oggi indispensabile affiancare il direttore con qualcuno che possa farsi carico di tutta la gestione materiale del centro (un vicedirettore a tempo
pieno) e rivedere l’impostazione
del gruppo dei residenti, puntando ad una presenza più lunga nel tempo. Per venire incontro ai problemi finanziari sarebbe auspicabile allungare i tempi di utilizzo di Agape oltre i
mesi estivi.
E’ stato infine ribadito che la
funzione primaria di Agape rirnane la riflessione e la formazione, in quella apertura verso
realtà esterne alle nostre chiese
da cui deriva uno stimolo essenziale )jer la vita delle nostre comunità. Rimane dunque da escludere un impegno di accoglienza di casi critici per cui il
centro non è attrezzato.
La discussione, pur nella sua
brevità, ha messo in risalto l’interesse e l’amore con cui la chiesa guarda ad Agape e ne segue
l’attività.
Renato Coisson
46 - Un ruolo importante
Il Sinodo, dopo aver discusso
sull’operato del Centro ecumenico
di Agape, lo approva.
Grato per II lavoro di frontiera
che viene in esso svolto, incoraggia il direttore, il gruppo residente
e i comitati a proseguire su questa
linea.
Invita le chiese a seguire e sostenere questo lavoro, anche sollecitando del giovani a offrire il loro servizio.
13
8 settembre 1989
sinodo valdese e metodista 13
FACOLTA’ TEOLOGICA: STRUMENTO DI RICERCA E FORMAZIONE
Quale Facoltà
per quale chiesa?
Un’attività legata alle chiese che però hanno difficoltà a suggerire
indirizzi programmatici - Il confronto fra diverse realtà evangeliche
Una cinquantina di studenti
iscritti al corso di laurea (quello,
per intenderci, che abilita all’esercizio del ministero pastorale);
un’altra cinquantina iscritti al
corso di diploma, un po’ meno
impegnativo del primo, ma non
per questo meno rigoroso; cinque
cattedre (Antico Testamento,
Nuovo Testamento, storia della
chiesa, sistematica, teologia pratica); un numero variabile, ma
comunque sempre considerevole,
di professori ospiti, sia stranieri
che italiani, docenti di varie discipline, pastori ed altri, che danno il contributo del loro pensiero e delle loro ricerche: questa,
in sintesi, la Facoltà di teologia.
Un profilo sommario che non
rende conto né del multiforme
lavoro di ricerca e studio che vi
si compie, né dell’ampio arco di
risposte che la Facoltà offre a
quanti sono interessati ad un confronto con la teologia protestante. Da scuola di teologia, concepita per la preparazione di pastori
necessari al lavoro delle chiese,
avamposto in terra cattolica della cultura teologica protestante
mitteleuropea, essa oggi si presenta con un corpo accademico
di tutto rispetto, come istituto di
ricerca ed elaborazione qualitativamente al pari di altre università estere.
Eppure, diversamente dalle consorelle estere, per le particolari
vicende del nostro paese, si trova ad essere strettamente collegata alle nostre chiese. E’ questo
un pregio ed un limite nello stesso tempo. Ciò significa infatti che
la ricerca scientifica, per quanto
libera, non può essere autonoma
e che sono le chiese, riunite nel
Sinodo, a dover dare alla Facoltà
le indicazioni su ciò che la Facoltà stessa ha da essere. Da tempo,
infatti, i professori chiedono che
sia loro detto che tipo di Facoltà
le chiese vogliano. Ma la risposta
tarda a venire.
Anche quest’anno il dibattito in
Sinodo non è riuscito a dare una
risposta soddisfacente. La domanda è stata esplicitamente rivolta
dal prof. Giorgio Girardet, che
con quest’anno lascia la cattedra
di teologia pratica (e il Sinodo
gli ha espresso la riconoscenza di
tutte le chiese), ed è stata in parte ripresa dal prof. Giorgio Rochat; ma dal dibattito non è
emersa alcuna indicazione. Eppure la domanda di Girardet non
era affatto da trascurare: «Aspettiamo — egli ha detto — indicazioni programmatiche in merito
ai corsi » (nell’anno passato egli
si è occupato, fra l’altro, della cura pastorale di fronte alla sofferenza e alla morte, della predicazione per mezzo della televisione
e, nell’ambito della sua cattedra,
il prof. E. Ponzo ha tenuto un
corso dal titolo « Il bambino fra
mito, realtà e utopia »). Come uomo di frontiera, Girardet ha anche chiesto al Sinodo: « La Facoltà deve essere una realtà culturale europea, volta verso il continente, o altrove? ». Due domande
fondamentali, rimaste purtroppo
inevase.
Il dibattito, invece, s’è accentrato Su un altro problema, quello del «Convitto». Come si sa,
neH’edificio della Facoltà esiste
anche questa struttura, che ha
reso sempre un ottimo servizio
per studenti che, inevitabilmente, devono abitare a Roma per
studiare teologia. La convivenza
ha sempre creato dei problemi:
vuoi perché gli spazi sono ristretti, vuoi perché ci si trova
con persone culturalmente e linguisticamente diverse (molti sono gli studenti stranieri che vengono a Roma) e vuoi perché, infine uno studente non è costretto a uscire di casa per frequentare i corsi, per cui rischia di
isolarsi completamente dal mondo! Che fare dunque? Un Convitto è necessario, ma è anche
necessario uscire e conoscere il
mondo, destinatario, dopo tutto,
dell’Evangelo. Quanto questo sia
necessario, lo ha ben messo in
evidenza Hugo Malan, una voce
sudamericana, che ha raccontato
delle soluzioni inventate alriSEDET, la Facoltà teologica
protestante di Buenos Aires. Ma
è poi toccato a Jürg Kleemann,
pastore luterano a Firenze, mettere in evidenza il centro del
problema. « Un istituto di teologia classica —egli ha notato acutamente — si preoccupa del testo, dei testi, e produce a sua
volta degli altri testi. Non si
preoccupa, invece, dei problemi
del singolo, dei suoi drammi,
della sua sofferenza. Ma questo
deve essere il compito della teologia pratica! ». Non si abbia
dunque paura della psicologia.
In questo modo egli ha fornito
al nuovo professore di teologia
pratica, Ermanno Genre, che si
appresta a subentrare a Girardet, una linea di ricerca.
In un’altra linea, ma sempre
nel tema « quale Facoltà per quale chiesa? », s’è mosso l’intervento di Paolo Spanu, che ha posto
il problema di una preparazione
comune dei pastori. Egli pensa
evidentemente ad una Facoltà
strumento di ricerca e preparazione non riservato soltanto a
valdesi e metodisti (sebbene già
da tempo essa sia frequentata
da studenti appartenenti ad altre denominazioni evangeliche).
Può essere interessante a tal
proposito segnalare che nel II
semestre del prossimo anno accademico il prof. D. Maselli terrà un corso su « L'evoluzione
del movimento battista in Italia
fino alla T guerra mondiale »,
e il pastore F. Toppi un altro
corso su « Il movimento pentecostale in Italia: profilo storico
e dottrinale ».
Ed infine una nota incoraggiante: le chiese hanno cominciato a rispondere all'invito di
mettere nel proprio bilancio una
voce fissa per la Facoltà di teologia. Già da quest'anno si è
potuto notare un incremento del
gettito finanziario per la Facoltà. E' un segnale positivo di una
sensibilità in crescita tra le chiese nei confronti della Facoltà,
un apprezzamento del lavoro che
essa svolge, un incoraggiamento
per professori, studenti, personale a continuare nel cammino intrapreso.
Gli ordini del giorno
56 58
li Sinodo ringrazia il prof. Giorgio il Sinodo si rallegra con quelle
Girardet per il servizio reso in chiese che hanno inserito nei loro
molti settori della vita della chiesa preventivi una percentuale da dee gli rivolge un saluto affettuoso volvere per la Facoltà di Teologia,
nel momento della sua emerita- in ottemperanza a 66/SI/88, ed inzione. vita tutte le chiese a proseguire
57 con regolarità nel sostegno di que- sto fondamentale istituto.
Il Sinodo, informato della deci-
sione di costituire un « fondo IV 59
cattedra », approva tale decisione
ed invita il Consiglio di Facoltà a Il Sinodo approva l'operato del
presentarla ad amici e chiese per- Consiglio della Facoltà e lo rinche la sostengano. grazia.
I programmi per
l'anno accademico 1989-90
CATTEDRA DI ANTICO TESTAMENTO (Prof. Daniele Garrone)
Introduzione all’A.T.: Pentateuco e Profeti anteriori; Profeti po
Luciano Deodato
steriori e Scritti.
Esegesi; Dalla servitù al servizio; brani scelti dal libro dell’Esodo.
Teologia: La teologia del patto.
AVVICENDAMENTO - LA RICONOSCENZA DEL SINODO CATTEDRA DI NUOVO TESTAMENTO (Prof. Bruno Corsani)
Grazie Girardet!
Con un lungo, cordiale applauso il Sinodo ha voluto esprimere al prof. Girardet un sincero
ringraziamento per l’opera svolta come professore di teologia
pratica. L’ordine del giorno relativo, pur nel suo stile burocra
tico, non ha potuto fare a meno
di menzionare le « varie attività » nelle quali Girardet si è impegnato.
Nato a Madrid nel 1919, compie gli studi teologici a Roma,
dove consegue contemporaneamente anche la laurea in lettere.
Il periodo della guerra è molto
travagliato; come altri giovani
della sua età, compie la dura esperienza della prigionia. Perfeziona i suoi studi a Zurigo e poi
a Bossey, dove si trova nel ’46.
Sono anni molto intensi di rapporti ecumenici. Consacrato nel
’47 svolge il .suo ministero pastorale a Coazzc, San Giacomo
e poi a Trieste (’48-60), dove
compie una vasta opera di evangelizzazione attraverso la radio.
Dal ’60 al ’66 è ad Agape come
direttore. Dal ’66 è a Roma, dapprima come direttore di « Nuovi
Tempi », poi nella redazione di
« Com-Nuovi Tempi » c direttore
del « NEV ». Dall’84 è titolare della cattedra di teologia pratica; da
quest’anno gli subentra E. Cìenre.
Buon lavoro,
Ermanno!
Introduzione al N.T.: Metodologia. Il testo del N.T. Storia della
ricerca. Vangeli e Atti.
Esegesi: Passi scelti dal quarto vangelo.
Teologia: Il mondo ambiente del N.T.; La passione di Gesù nel
quarto vangelo.
CATTEDRA DI STORIA DELLA CHIESA (Prof. Paolo Ricca)
Il protestantesimo moderno; il cattolicesimo moderno.
Past. Giorgio Toum: Il Seicento valdese. Chiesa, fede, teologia.
Prof. Domenico Maselli; L’evoluzione del movimento battista in
Italia fino alla prima guerra mondiale.
Past. Francesco Toppi: Il movimento pentecostale in Italia: profilo
storico e dottrinale.
CATTEDRA DI TEOLOGIA SISTEMATICA (Prof. Sergio Rostagno)
Dogmatica: Cristologia. Il rapporto tra la dottrina calcedonese e la
teologia della croce.
Etica: Fondamenti per un’etica evangelica.
Simbolica (Prof. Paolo Ricca); Il protestantesimo: identità e vocazione.
Ermanno Gcnrc è nato nel ’43,
ha compiuto gli studi teologici
a Roma, Zurigo, Montpellier, dove ha conseguito il dottorato.
Ha e.sercitato il ministero pastorale a Torre Pellice, Rorà,
Catania. E’ stato per 3 anni segretario della FGEI c per 5 direttore di Agape. Di tutto cuore
un augurio di buon lavoro!
CATTEDRA DI TEOLOGIA PRATICA (Prof. Ermanno Genre)
Introduzione alla teologia pratica.
Introduzione all’omiletica.
CORSI PARTICOLARI
Past. Giuseppe La Torre: Introduzione all’Islam e al dialogo islamo-cristiano.
Prof. Fuad Khaled Allam: Il dialogo islamo-cristiano visto da un
musulmano.
Prof. Sergio Bianconi; L’ordinamento giuridico valdese.
Mi
14
sinodo valdese e metodista
8 settembre 1989
RAPPORTI CON LO STATO
Continua l’impegno
per la libertà di tutti
Dall insegnamento della religione cattolica al finanziamento pubblico: la denuncia e la consapevolezza di dover approfondire l’argomento
Giovanni Anziani, vicepresidente, e Aldo Comba (sullo sfondo), presidente, hanno guidato con efficacia i lavori del Sinodo.
Il capitolo « rapporti con io
Stato » ha interessato il Sinodo
di quest’anno per alcuni argomenti molto diversi tra loro.
11 problema dell’insegnamento
della religione cattolica-romana
(IRC) nella scuola ha richiesto
un rapido esame, senza quasi discussione, perché su questo tema la sentenza della Corte costituzionale n. 203 dell’ll aprile
1989 ha chiaramente avallato la
posizione che le chiese evangeliche sostengono già da tempo
allorché, a proposito dell’ora alternativa a quella di insegnamento della religione cattolica,
ha sancito che « la previsione
come obbligatoria di altra materia per i non avvalentisi (delriRC) sarebbe patente discriminazione a loro danno. (...) solo l’esercizio del diritto di avvalersene (deiriRC) crea l'obbligo
scolastico di frequentarlo (l’IRC).
Per quanti decidono di non avvalersene l’alternativa è uno stato di non obbligo ».
Riordino e
classificazione
Una sentenza
sconfessata
Il Sinodo non ha potuto però
sottacere la sostanziale sconfessione della Corte costituzionale
operata dalla Camera dei deputati nel maggio scorso, allorché
una « eterogenea maggioranza
parlamentare » (DC-PSI-PSDIUDS-MSI) votò una risoluzione
impegnativa per il Governo gravemente lesiva dei diritti di libertà garantiti dalla Costituzione.
In questo senso il Sinodo ha
approvato un articolo di sostegno all’azione della Tavola valdese per vedere affermati i principi di libertà in materia di religione in Italia, contro i tentativi politici di far passare posizioni di integrismo e confessionalismo cattolico-romano, mascherati da circolari ministeriali.
Il Sinodo 1988, con l’art. 37, decise di non addivenire ad una
trattativa con lo Stato sulla materia del finanziamento pubblico alle chiese valdesi e metodiste in forme analoghe a quelle
previste dalla legge concordataria n. 222/’85 (il ben noto « 8 per
mille »), reputando però che ci
si potesse « avvalere delle opportunità di finanziamento offerte
da leggi e convenzioni nell’ambito del diritto comune », pur
con molte cautele, ed invitando
quindi la Tavola ad « elaborare
Un progetto dei rapporti finanziari Stato-Chiesa, riguardante
Quest’anno il Sinodo ha incoraggiato il lavoro che una commissione nominata dalla Tavola
sta conducendo per operare una
classificazione ed un riordino delle posizioni giuridica, amministrativa e fiscale degli istituti ed
opere delle nostre chiese; questo lavoro è presupposto necessario per meglio capire la loro
natura giuridica, i loro obblighi
e diritti di fronte allo Stato, e
quindi per poter sempre meglio
rendere il servizio che ciascun
istituto od opera si propone di
offrire.
In particolare, sempre più i direttori ed i responsabili degli
istituti si sentono chiamati a risolvere problemi di natura fiscale, già di per sé non di facile
soluzione, problemi che posizioni non chiare di fronte all’ordi
namento statale complicano ulteriormente.
La Tavola è stata impegnata
dal Sinodo a fornire un servizio
di consulenza in materia fiscale,
istituendo anche un ufficio tecnico al riguardo.
La non perfetta chiarezza di
idee in materia di enti ecclesiastici, le incertezze di qualificazione di talune opere nell’ambito
dell’ordinamento statale, fanno
anche sì che non è chiaro se sia
possibile usufruire di finanziamenti che leggi, per lo più regionali, accordano per la ristrutturazione, l'ammodernamento, la
manutenzione di opere ritenute
di interesse pubblico, o che rivestono un particolare interesse
(storico, culturale, architettonico), o che comunque sia sono
volte a soddisfare bisogni della
popolazione.
Quando si possono prendere,
0 addirittura sollecitare, finanziamenti pubblici per le nostre
■opere, nel rispetto della regola
per cui le nostre chiese si reggono da sé, anche dal punto di
vista finanziario, « senza oneri
per lo Stato », come più volte
affermato solennemente in articoli sinodali, e anche neH’Intesa
del 21 febbraio 1984?
Quando un edificio può dirsi
essere « di culto » c quindi, per
1 noti principi, a totale carico
Problema giuridico,
problema teologico
anche un’ipotesi di deducibilità
delle erogazioni liberali a favore delle nostre chiese », il tutto
in vista della revisione dell’Intesa con lo Stato prevista per
il 1994.
Per cercare una soluzione a
tali e simili quesiti, occorre fare chiarezza su molte questioni
di carattere giuridico, ecclesiologico, e forse perfino teologico.
.'3nche per questo il Sinodo ha
invitato la Tavola a proseguire
lo studio già intrapreso, per fornire alle chiese ed al Sinodo
prossimo gli elementi necessari
per poter prendere una posizione in merito.
Infine, per ciò che riguarda le
indicazioni relative alla destinazione di quell’« 8 per mille » dell’imposta sui redditi che i cittadini, per la legge n, 222/’85 di
attuazione del Concordato, dovranno dare allorché nel maggio prossimo presenteranno le
dichiarazioni dei redditi, il Sinodo ha ritenuto di non esprimersi, essendo questione rimessa alla coscienza dei singoli: si è però auspicato, in alcuni interventi, che il nostro giornale apra
un dibattito sull’argomento.
Paolo Gay
38 - Edifici di culto
Il Sinodo, sulla base del dibattito
concernente ('utilizzo di leggi riguardanti il finanziamento degli edifici di culto, ritiene di non potersi
esprimere senza quell'inquadramento generale dei rapporti finanziari
Stato-Chiesa previsto dal 37/SI/88.
Per questo motivo chiede alla Tavola di presentare i risultati del
lavoro della sottocommissione
nominata appositamente, in tempo
per il Sinodo 1990.
50 - Rilevamento
Il Sinodo, dopo aver dibattuto il
tema del riordino fiscale delle opere, concordando con le linee operative proposte dalla Tavola, dà
mandato alla Tavola
— di continuare e concludere il
rilevamento della situazione amministrativa e fiscale delle opere;
— di proseguire nello studio del
riordino fiscale delle opere secondo
le linee indicate nella relazione
della Tavola, tenendo conto del dibattito sinodale:
— di curare l'esame degli Statuti delle opere in vista delle necessarie modifiche;
— di riferire al prossimo Sinodo.
51 - Ufficio fiscale
Il Sinodo, dopo aver dibattuto il
tema del riordino fiscale delle opere. dà mandato alla Tavola
— di fornire alle opere le linee
direttive e una consulenza stanile
in campo fiscale;
— di ripartire tra le opere, in
modo proporzionale al bilancio di
ciascuna, i costi di un ufficio fiscale da istituire, presso la Tavola, appoggiato ad una valida consulenza esterna.
delle chiese, e quando no?
Se una Regione stanzia una
somma per la ristrutturazione
di beni di alto valore architettonico o storico, o perché siano
eliminate barriere architettoniche da edifici di interesse pubblico, possono i valdesi e i metodisti partecipare alla divisione
della torta?
PRESA DI POSIZIONE DEL SINODO
Sulla religione a scuola
L’avvocato Piero Trotta, metodista di Palermo, illustra l'ordine del giorno sull'IRC.
39 - Deplorazione
Il Sinodo esprime alla Tavola un
pieno consenso per l'azione condotta a tutti i livelli affinché le modalità organizzative dell'insegnamento della religione cattolica nella
scuola pubblica non producano discriminazione per coloro che non
se ne avvalgono.
Si rallegra che la Corte Costituzionale con la recentissima sentenza n. 203 deH'11.4.1989, abbia ribadito l'incompatibilità con i principi di libertà sanciti dalla Costituzione di ogni forma di obbligo a
carico di chi non richiede l'insegnamento confessionale.
Deplora che una eterogenea maggioranza parlamentare, formatasi
nell'ottica di uno scambio politico
deteriore e chiaramente inammis
sibile, specie in materie nelle quali
vengono in questione fondamentali diritti garantiti dalla Costituzione,
abbia sostanzialmente ignorato le
inequivocabili indicazioni della Corte Costituzionale.
Con riferimento al ricorso avverso le ultime circolari del Ministro
della Pubblica Istruzione in materia, proposto contestualmente dalla
Tavola Valdese, dalle Assemblee di
Dio, dall'Unione delle Chiese Avventiste e dall'Unione delle Comunità Ebraiche in Italia, con l'appoggio della Federazione delle Chiese
Evangeliche in Italia, tuttora pendente davanti al TAR Lazio, incoraggia la Tavola a proseguire nella
battaglia affinché i principi di lioertà e di non discriminazione in
materia, fin qui violati a livello politico, trovino adeguata tutela.
TORINO
Autonomia per
l'ospedale evangelico
L’anno prossimo avremo un
rapporto in più nel volume che
viene distribuito a tutti i membri del Sinodo: quello dell’Qspedale evangelico di Torino.
Infatti il Sinodo, accogliendo la
proposta del Concistoro di Torino, ha deciso di rendere « autonomo » nell’ambito dell’ordinamento valdese l’ospedale. Fondato dal
past. Amedeo Bert nel 1843, l’ospedale è stato ampliato nel 1905,
1910 e 1913, nel 1946-48 dopo i
bombardamenti del ’42, ed infine
nel 1961. Attualmente è pienamente inserito nel Servizio sanitario pubblico ed eroga l’assistenza sanitaria in convenzione con la
USSL 8 di Torino. Qltre il reparto di medicina generale e i servizi
diagnostici specialistici, l’ospedale dispone anche di un reparto di
chirurgia. La gestione di un ospedale di questo tipo è cosa complessa e negli ultimi anni il Concistoro aveva affidato questo
compito ad una Commissione di
gestione. Qpgi — anche nell’imminenza della nuova Intesa per
l’assistenza ospedaliera degli ospedali valdesi nella Regione Piemonte — è apparso opportuno
dotare l'Qspcdale evangelico di
un nuovo statuto e renderlo
autonomo nell’ambito dell’ordinamento valdese. Non sempre infatti i nostri interlocutori pubblici sanno cos’è un Concistoro.
49 - Approvato lo statuto
Il Sinodo, visti;
— la delibera della Commissione
Direttiva deH'Ospedale Evangelico
Valdese di Torino in data 11.5.1989
con la quale si chiede alla Tavola
di predisporre quanto necessario ai
fini di riconoscere all'O.E.V. la piena capacità giuridica nell’ambito
dell'ordinamento valdese ai sensi
deH'art. 24 RO. 8/1979;
— la documentazione allegata
alla domanda o già in possesso
della Tavola, e costituita da;
— testo di nuovo statuto;
— parere dell'Assemblea della
Chiesa di Torino;
— convenzione stipulata in data
16.4.1986 con l'USL 1 - 23 di Torino, in conformità a quanto previsto dal Protocollo d'Intesa tra la
Regione Piemonte e la Tavola Valdese dell'8.10.1984;
— stato patrimoniale e inventario;
— bilanci annuali;
— la relazione della Tavola sull'istruttoria operata in merito;
udito
— il parere favorevole della Commissione d'esame;
verificato
— che la conduzione dell'O.E.V.
è stata regolare e continua così
come appare dalle risultanze amministrative fornite dall'O.E.V. medesimo ed esaminate ogni anno
dalla Tavola e dalla Commissione
d'esame;
— che il finanziamento dell'Istituto è garantito dalla convenzione
con l’ente pubblico di cui sopra,
nonché dal reddito del patrimonio
mobiliare e immobiliare di cui l'Istituto stesso è dotato e dai la
sciti e doni che al medesimo regolarmente pervengono;
— la rispondenza dell'O.E.V. ai
requisiti indicati all’art. 23 RO. 8
DELIBERA
ai sensi del vigente regolamento
sull'amministrazione ecclesiastica di
riconoscere l'O.E.V. di Torino quale
Istituto autonomo e ne approva lo
Statuto nel testo allegato.
l
15
R53
8 settembre 1989
sinodo valdese e metodista 15
CORPO PASTORALE
Due domande interessanti e
impegnative quelle che il Corpo
pastorale del 30 agosto doveva
inquadrare teologicamente perché il Sinodo desse poi adeguate
risposte.
La prima era l’esame di una
bozza di risposta al documento
dei « Colloqui di Leuenberg » su
Dottrina e prassi del battesimo
oggi. Due le alternative possibili: rispondere negativamente al
documento perché giudicato da
molti troppo aperto all’accoglienza di istanze di tipo sacramentale e di tipo fondamentalista come quando, ad esempio, sembra
fare risalire semplicisticamente
il battesimo ad un comandamento di Gesù sulla sola base del
problematico testo di Matteo 28:
19, largamente messa in discussione dalla storia della formazione e della redazione del Nuo
vo Testamento.
La seconda alternativa, quella
che ha prevalso, è stata di non
rompere la comunione fraterna
che grazie ai colloqui di Leuenberg \ regna oggi — anche a
livello ufficiale — molto più di
un tempo, nelTambito protestante, fra chiese luterane e riformate.
Interessante osservare che si
è giunti a questa conclusione
con Un dibattito aperto e ampio,
sereno e costruttivo, malgrado
l’ora tarda della notte. Esso ha
Il battesimo discusso
.suadere chi fa onesta domanda
a ritirarla, non discostandosi
quindi né dalla lettera né dallo
spirito delle nostre discipline
ecclesiastiche.
Tiepida accoglienza del «documento di Leuenberg», accordo raggiunto tra luterani e riformati sulla questione del battesimo
sottolineato come di fatto, nelle
varie chiese, esistano interpretazioni dei battesimo assai divergenti. C’è chi accentua l’annunzio della misericordia di Dio che
precede ogni decisione umana,
e per questo sostiene il pedobattismo, e chi insiste invece sulla
decisione umana di accetttizione
dell’annunzio della grazia e rifiuta quindi il battesimo dei fanciulli. .-^Itri hanno posizioni più
sfumate e pensano che vi sia una
dialettica necessaria tra queste
due forme di annuncio che esp ri mono due realtà di vita e
di prassi ecclesiale, e quindi non
si formalizzano né si pi'onunziano chiaramente per l’una o per
l’altra prassi, magari pensando,
con il teologo Theo Preiss, che
entrambe siano teologicamente
utili in una stessa comunità, lasciando alle famiglie la libera
scelta delTuna o dell’altra.
E ancora c'è chi definisce il
battesimo come un chiaro « atto ecumenico », nel senso che
accentua la grazia di Dio che, in
Cristo e con Cristo, chiama Tessere umano alla salvezza, e di
questo fatto il battesimo è annuncio, certificazione e promessa! Esiste però anche chi dice
esattamente il contrario: « Il battesimo è un’espressione di settarismo » perché a causa di certe
storture clericali diventa segno
di presa di possesso di una chiesa su un fanciullo per inserirlo
con un atto di violenza nella
propria comunità.
Non esiste insomma « il battesimo puro », non inquinato da
pesanti forzature clericali o libero da eteree interpretazioni
spirituali!
Per il Corpo pastorale (e poi
per il Sinodo, come risulterà evidente) quello che in ultima analisi — o, forse meglio,
in nrima istanza — conta, non
è Tatto del battesimo, che può
certo assumere un gran valore
di annuncio e di promessa di
salvezza, ma tutto quanto ha
preceduto e dato un senso anche al battesimo: la vita, la morte, la resurrezione di Gesù Cristo.
lo siamo — libera anche ogni
credente da un sempre latente
e potenziale soggettivismo. Basta ricordare il « baptizatus
sum » di Lutero che aiutò questo Riformatore e lo sorresse
in gravi momenti di angoscia e
di dubbio.
Così è parso bene al Corpo
pastorale, e al Sinodo poi, di non
doversi lasciar condizionare da
alcune accentuazioni sacramentali di un documento, che vanno certo rilevate e criticate ma
non esagerate e polemicamente
accentuate. L’accettazione del
documento stesso è quindi avvenuta serenamente, mantenendo la comunione fraterna tra le
chiese.
‘ Leuenberg è la località dove si
riuniscono i delegati delle Chiese
luterane e riformate per elaborare
quei documenti che, riflettendo una
comune teologia di base di entrambe le
confessioni, permettono di intensificare la comunione fraterna di fatto già
esistente fra di loro.
La « Concordia di Leuenberg » è il
più famoso documento uscito da questi incontri e accettato dalle varie
chiese del protestantesimo storico
che l'hanno sottoscritta.
Bruno Costabel
Ribattesimo?
Un intervento di Bruno Tron. pastore a Pinerolo e segretario del Servizio migranti della FCEI.
Queste, non il battesimo in primo luogo, sono le realtà che uniscono i credenti nella ricerca
della verità e di una vita ad essa coerente. Ci sentiamo alquanto lontani da quei credenti che
accentuano più l’importanza dell’atto battesimale che ciò a cui
il battesimo rimanda. La formula trinitaria del battesimo ricorda dunque l’annuncio e la promessa di incorporazione nella
Chiesa di Cristo e non in questa
o quella particolare chiesa.
Riformati e luterani non si sono lasciati separare dal corpo
di Cristo e il loro non ribattezzare chi da una confessione di
fede passa ad un’altra ha conferito al battesimo un significato ecumenico che accentuando
l’annunzio della misericordia di
Dio per il peccatore — e tutti
Le conclusioni a cui si era
giunti per la prima risposta hanno costituito in un certo senso
la base teologica per la risposta
data alla seconda domanda posta al Corpo pastorale: è lecito
ribattezzare qualcuno « che non
ritiene valido » il battesimo amministratogli da bambino? Domande di ribattesimo sono talvolta poste ai Consigli di chiesa, soprattutto da persone provenienti dal cattolicesimo, ma
anche in alcuni, rari casi da
adulti battezzati da bambini nelTambito delle chiese protestanti.
Rispondere burocraticamente che
le nostre discipline ecclesiastiche alTart. 18 del RO. 2/1977 rifiutano il ribattesimo significa
non prendere in considerazione
il travaglio di chi è tormentato
da questo problema. E’ chiaro
che la prassi è quella di non ribattezzare. A nessun cattolico divenuto protestante viene richiesto di ribattezzarsi e non risulta
che preti o frati divenuti poi pastori lo abbiano mai richiesto.
Una catechesi approfondita dovrebbe essere in grado di per
18 - Linea di condotta
Il Sinodo fa proprio il seguente
atto del Corpo pastorale:
Il Corpo pastorale ha dibattuto
ii problema posto dali’art. 17/S1/
87 riguardante il « fatto che alcuni
Concistori e Consigli di chiesa
hanno proceduto ad amministrare il
battesimo a frateiii o sorelle che
10 hanno richiesto al momento della professione di fede non ritenendo, in coscienza, di poter considerare tale l'atto ricevuto da fanciulli » e che invitava alla « elaborazione di un'organica linea di condotta relativa a questi casi comprendente anche l'eventuale riformulazione dell'art. 18 del regolamento sulle persone nella chiesa ».
Il Corpo pastorale ritiene che la
linea di condotta della nostra chiesa deboa seguire l'art. 18 del RO.
2/1977 nella sua attuale formulazione, in coerenza anche con la
prassi delle chiese della famiglia riformata.
Rendendosi conto che ci possono
essere casi in cui il battesimo ricevuto sia considerato incerto e problematico o non considerato tale
da parte della coscienza di fede
di qualche credente, il Corpo pastorale ritiene che si debba:
a) invitare le chiese e i pastori a sottolineare sempre la serietà del battesimo ricevuto;
b) invitare la Commissione per
11 culto e la liturgia a proporre un
testo per la liturgia della confermazione e delTammissione di persone adulte in cui sia adeguatamente sottolineato il rapporto di
questi atti con il battesimo ricevuto precedentemente.
RISPOSTA AL DOCUMENTO DI LEUENBERG
Dottrina e prassi del battesimo oggi
26 -Un utile stimolo
Il Sinodo fa propria la risposta
del corpo pastorale al Documento
dei «Colloqui di Leuenberg » su
« Dottrina e prassi del battesimo
oggi »:
L'attento studio del Documento
di Leuenberg ci porta alle seguenti considerazioni:
1) Esso si pone nel contesto
della fede comune delle chiese
sorte dalla Riforma del XVI secolo, nel riconoscimento del dono gratuito della giustificazione, sul fondamento della morte e resurrezione di Gesù Cristo. Là è stato compiuto una volta per sempre l'evento salvifico di Dio, che lo Spirito
Santo, mediante la Parola, attualizza nella storia.
2) Le nostre chiese professano
unanimemente che l'annuncio della
salvezza ci è attestato attraverso
la « parola dei profeti e degli apostoli nella Sacra Scrittura dell'Antico e del Nuovo Testamento. La
Chiesa ha il compito di continuare a trasmettere questo Evangelo
attraverso la parola orale della
predicazione, attraverso il messaggio rivolto al singolo e attraverso
il battesimo e la cena del Signore.
Nella predicazione, nel battesimo e
nella santa cena Cesù Cristo è presente mediante lo Spirito Santo »
CLK, 13). Esse affermano la priorità
della Parola predicata, dalla quale
deriva il carattere di « predicazione significata » proprio del battesimo e della cena del Signore.
3) Il fine del Documento è insieme di attestare la fede comune
delle nostre chiese e di richiamare ad una genuina prassi del battesimo nella situazione critica del
cristianesimo occidentale. Pertanto
noi intendiamo che il Documento
vada letto come un richiamo a collocare il battesimo nel contesto
dell'Evangelo della salvezza operata da Cristo e dell'azione libera
dello Spirito nel singolo credente,
nella Chiesa e nei mondo.
4) Questa nostra lettura del Documento, tuttavia, suggerisce alcune messe a punto:
4.1. L'intera « questione sacramentale » è oggi un problema aperto di cui non ci pare di trovare traccia nel Documento. Riteniamo che vada tenuto presente il carattere proolematico che il battesimo ha assunto in molta ricerca
esegetica e riflessione teologica contemporanea. Mentre è ormai largamente riconosciuto il carattere tuttora oscuro della prassi
battesimale nella comunità primitiva, non ci sembra pacifico oggi
far risalire ii battesimo ad un co
mandamento di Gesù sul solo fondamento di un testo problematico
quale Matteo 28: 19, anche se la
prassi battesimale nella comunità
apostolica ci è attestata dal Nuovo Testamento e il suo significato ci è ben indicato da Paolo (Romani 6: 3 sgg.).
4.2. Consideriamo importante e
fondamentale il riferimento all'opera
dello Spirito Santo costantemente
presente nel Documento che — nella nostra lettura — deve evitare un
« automatismo sacramentale » nel
battesimo. Ciò che vi è di veramente oggettivo è la redenzione in
Cristo e la libera azione dello Spirito: la Pasqua e la Pentecoste.
Perciò riteniamo che ii Documento
vada letto con la chiara distinzione
fra « battesimo dello Spirito » e
« battesimo d'acqua »; fra grazia in
Cristo e ubbidienza della fede, sla
della Chiesa che battezza con acqua invocando lo Spirito, sia di chi
è battezzato. Il richiamo all'atmosfera di secolarizzazione (II, secondo capoverso) e soprattutto all'ottica e prospettiva missionaria
(II, quarto capoverso) in cui il battesimo va sempre vissuto nelle nostre chiese, oggi è molto importante e richiederebbe una energica sottolineatura. Cosi pure sarebbe stato necessario esprimere con maggior forza l'inquietudine.
l'umiliazione, la sofferenza di fronte alla grave perdita di significato
del battesimo, per cui nelle nostre chiese viene sovente trascurato come irrilevante oppure praticato come anagrafe ecclesiastica.
Tutto questo emerge dall'insieme
del Documento, ma poteva essere
espresso più energicamente.
4.3. Sono presenti nel Documento le due teologie che sottostanno
alla prassi del pedobattismo e del
battesimo dei credenti. Tuttavia
nel Documento non viene sempre
chiaramente distinto ciò che si riferisce all'una o all'altra. Sarebbe
stata necessaria maggiore chiarezza nelle formulazioni.
4.4. il rapporto fra promessa di
Dio e libertà delio Spirito Santo va
vissuto come atto di ubbidiente attesa del Signore che viene incontro alle richieste della nostra umanità e si serve di strumenti a noi
confacenti per attestarci, mediante lo Spirito, la sua libera grazia.
Avendoci fatto rinascere nello Spirito mediante la Parola, ce ne dà
conferma mediante il segno. Da
ciò deriva l'esigenza di una prassi
battesimale consapevole nella fede e libera da ogni venatura magico-sacramentale.
4.5. Nella tensione fra Tatto
della Chiesa che battezza e l’azione dello Spirito che essa invoca,
è necessario tenere presente che,
se l'attenzione del Documento è rivolta in particolare al momento
battesimale, la prassi battesimale
corretta avviene nel contesto della
vita di fede di colui che è battezzato (se adulto), della famiglia che
presenta il proprio figlio al battesimo (nei pedobattismo) e delia
Chiesa che battezza. Ci sembra che
il Documento intenda questo, in particolare quando richiede che il battesimo venga celebrato nel quadro
di un culto comunitario, anche se
le motivazioni espresse ci sembrano riduttive (IV, 2).
Concludendo, richiamiamo le riserve del nostro Sinodo (atto 63/
SI/72) su talune espressioni della
stessa Concordia di Leuenberg (per
es. sulTart. 14/a relativo al battesimo); sottolineiamo la nostra preoccupazione per il crescente sacramentalismo presente in questo come in altri documenti ecumenici, e
nel dare con queste precisazioni
la nostra adesione al Documento, ci
auguriamo che sia un utile stimolo
per un approfondimento della dottrina evangelica del battesimo, per
una catechesi che richiami al reale
fondamento della fede, per una
prassi battesimale evangelicamente
consapevole e responsabile.
ÉL
16
sínodo valdese e metodista
8 settembre 1989
AREA RIOPLATENSE PACE, GIUSTIZIA, INTEGRITÀ’ DEL CREATO
Aprirsi ai dialogo
Dalla parte delle
Un rapporto fraterno, fra membri di una stessa chiesa, concretizza- vittime
tosi nella visita di una delegazione sudamericana alle valli valdesi
Incontriamo il Moderador della Mesa vaidense del Rio de la
Piata, pastore Hugo Malan, al
termine del nostro Sinodo che
ha regolarmente seguito e nel
corso del quale, più di una volta, ha preso la parola. Come valuti quest’ultima sessione sinodale?
«Mi sembra che ci troviamo
di fronte ad un Sinodo che non
ha avuto forti approfondimenti
su punti specifici, ma che ha saputo mettere in luce una serie di
problemi importanti per la vita
delle nostre chiese. E' stato anche Un Sinodo condizionato dalle celebrazioni del Rimpatrio e
sinceramente proteso a trovare
Oggi vie nuove e coerenti di presenza e di testimonianza in Italia ».
Un Sinodo diverso da come si
sarebbe ipoteticamente svolto
nel Rio de la Piata?
« St, diverso nella sua metodologia di lavoro. Infatti da noi,
da qualche anno e con crescen
te successo, si lavora suddivisi
in quattro commissioni su tematiche diverse che coprono vari
aspetti della vita ecclesiastica.
Questo permette una più vasta
partecipazione diretta all’elaborazione teorica e ai vari approfondimenti. Ma a parte il metodo di lavoro, tutto il resto è
estremamente simile, compresa
l'atmosfera di fraternità. Il rincontrarsi cioè dopo un anno di
dispersione come una grande famiglia che sa mettere con sincerità e fiducia sul tavolo i vari
problemi per affrontarli e possibilmente risolverli. Anche noi
diamo molta importanza all'analisi che propone la Commissione
d’esame in apertura del Sinodo.
Hai confronto tra quest'ultima
relazione e quella della Mesa vaidense scaturiscono i grandi interrogativi del dibattito sinodale ».
Da noi i giornali e in genere
i mass media, da qualche anno,
dedicano un certo spazio alla riflessione del Sinodo valdese. Succede lo stesso in Uruguay?
« Non ancora. Il Sinodo valdese nel Rio de la Piata non fa notizia e, a parte alcuni organi regionali, il suo dibattito non rimbalza sulle colonne dei giornali.
La nostra chiesa al momento non
è interessata ad avere una grande pubblicità attraverso i mass
media. In futuro credo che questa tendenza in parte cambierà.
Ritengo infatti, con molti altri,
che sia importante far conoscere a tutti ciò che diciamo e facciamo. Noi usciamo anche da un
periodo difficile e il rapporto
con il mondo dei mass media
è molto diverso che da voi ».
Le manifestazioni sul Glorioso
Rimpatrio sono terminate. Quale valutazione ne dai?
« Mi pare che si sia evitata
l’autoglorifìcazione e tutto si sia
svolto con molta sobrietà ed efficienza. Penso al XV agosto alla
Balziglia, una giornata veramente indimenticabile; oppure all’incontro di Nvon e a rutti gli appuntamenti di Torre Pellice e di
Bobbio Pellice. Si è trattato di
un grande sforzo organizzativo,
ricco di contenuti e di significato. Anche la visita del vostro presidente Cossiga ripropone in positivo un tentativo di dialogo
con il popolo italiano sul difficile tema della libertà religiosa.
Non dobbiamo rinchiuderci — e
questa è la nostra perenne tentazione — nella torre d’avorio
della nostra sufficienza protestante. Occorre invece aprirci, senza
paura, al dialogo .sia col potere
politico, sia con la chiesa cattolica. Ho chiacchierato un bel
po’ con il vescovo Clemente Riva che era al seguito del presidente Cossiga e ho visto in lui
un uomo appassionato alla causa di Cristo. Ovviamente abbia
G? V,) •
CZLl 'DO!-.:- V':, ’,vRìAN?
L'VN!r-:s'E
.L'VLTìMA'GCCC.v-^
. 1
Un intervento di Hugo Malan, moderador della Mesa vaidense.
mo posizioni diverse, ma Cristo
mette in crisi lui e mette in crisi me. Insamma, nessuna confessione ha la verità in tasca. Ed
è bello scoprire che Cristo va al
di là delle nostre divisioni confessionali o delle nostre opzioni
politiche ».
In agosto abbiamo avuto ospite nelle nostre comunità ed in
particolare a Luserna San Giovanni un gruppo di uruguaiani
accompagnato dal pastore Perrachon. Le relazioni tra le nostre
due chiese stanno aumentando?
« Il nostro non è un rapporto
ecumenico ma è il rapporto che
esiste all’interno di una stessa
chiesa che vive in due paesi diversi e lontani tra loro; abbiamo un rapporto di piena uguaglianza e fraternità. Noi rappresentiamo voi in America Latina
e voi rappresentate noi in Europa; la strada per maggiori
scambi di pastori o studenti o
gruppi di credenti è sempre aperta. Sta a noi di percorrerla
più o meno frequentemente. Ovvùimente c’è anche un problema
economico... ».
In Unjguay, io sappiamo, la
situazione economica è piuttosto
disastrata rispetto all’Italia.
«Viviamo decorosamente.
Quello che voi fate con tanta na
turalezz.a (prendere l’auto e par
tire per un lungo viaggio, opnu
re acquistare tre o quattro libri
in un colpo, oppure avere una
casa confortevole ben dotata di
elettrodomestici...) per noi è quasi impensabile. Stiamo bene ma
non possiamo uscire da un certo livello. Tutti i nostri pastori,
comunque, lavorano a tempo pieno per la chiesa e se qualcuno
svolge, a tratti, incarichi diversi
(traduzioni di libri, conferenze,
lezioni...} versa il di più che rice
ve da altri enti nella cassa comune ».
Oggi noi qui viviamo in una
inquieta stabilità ecclesiastica.
Non cresciamo e non diminuiamo. E’ lo stesso per voi?
« Sì. Dobbiamo trovare anche
noi forme nuove di vivere l’Evangelo in una società secolariz.zato, attraversata da crisi di valori. Ciò che sino a vent’anni fa
andava bene oggi va ripensato,
ridetto e rivissuto in modo fresco, attuale, diverso. Evangelizzare vuol appunto dire riscoprire l’Evangelo tra di noi e annunciarlo in modo nuovo nella situazione sociale e politica in cui
siamo chiamati a vivere. Come
vedi, la sfida che viviamo nel
Rio de la Piata è la stessa che è
di fronte alle chiese In Italia. In
questo senso è molto importante .scambiarci informazioni ed
esperienze perché il compito no
stro è identico, malgrado l’oceano di mezzo ».
Giuseppe Platone
16 - Rapporti più intensi
Il Sinodo saluta con fraternità il
Moderador della Mesa Vaidense,
past. Hugo Malan, lo ringrazia per
le sue parole di incoraggiamento e
di fede e lo invita a portare ai fratelli e sorelle del Rio de La Piata
l'espressione della simpatia e della
solidarietà delle Chiese valdesi e
metodiste dell’area europea.
Raccomanda a tutte le chiese in
Italia di approfondire le conoscenze e i rapporti con il ramo sudamericano della nostra chiesa nel difficile momento storico che sta vivendo, nella consapevolezza che
queste due realtà formano un unico
corpo nella fede, nella storia e nella testimonianza comuni.
Non c’è stato molto tempo da
dedicare ad una valutazione dell’incontro ecumenico di Basilea
(15-21 maggio ’89), e neppure a
quello, ormai prossimo, di Seoul
(marzo ’90), dove le chiese si confronteranno sulle tre gravi tematiche « Giustizia, pace, salvaguardia del creato ».
D’altra parte nelle chiese v’è
una tiasta sensibilizzazione su
queste tematiche e v’è sempre di
più la consapevolezza della necessità che esse vogliano e sappiano prendere posizione con coraggio e con chiarezza sui grossi
nodi del nostro tempo. Anzitutto
quello della giustizia, che riguarda l’impoverimento sempre più
massiccio dei paesi del terzo
mondo. Non si può costruire la
pace se prima non si realizza la
giustizia, in tutte le sue implicazioni (debito dei paesi poveri,
sfruttamento delle materie prime, sistema monetario eccetera).
Ma poi bisogna anche che le chiese sappiano e vogliano fare una
reale confessione di peccato per
i troppi silenzi complici e le connivenze con vari poteri.
L’odg non si dilunga molto:
non era il caso di fare un proclama, ma esprime un sincero e
sofferto auspicio che dall’assemblea di Seoul scaturisca una parola chiara ed autentica.
30 - Contro il debito
Il Sinodo dà mandato al delegato
delle Chiese BMV italiane all’assemblea su « Pace, giustizia e integrità del creato », organizzata a
Seoul dal Consglo Ecumenco delle
le Chiese in marzo 1990, di sostenere le iniziative volte a impegnare
le chiese nella lotta contro il debito internazionale dei paesi del
Terzo Mondo.
24 - Responsabilità
Il Sinodo si rallegra per l’avvenuto svolgimento deH’Assemblea
ecumenica europea di Basilea, che
ha rappresentato un'importante occasione di incontro e conoscenza
reciproca tra le chiese europee;
raccomanda alle chiese di leggere,
discutere e diffondere il messaggio e il documento finale approvati
dall’Assemblea, prendendo in seria
considerazione le implicazioni pratiche che vi sono contenute; auspica che la Consultazione su giustizia, pace e salvaguardia del creato, che si terrà a Seoul nel 1990,
prenda posizione in modo netto sui
problemi del mondo attuale, senza
timore di schierarsi daila parte deiie vittime, e riconosca le responsabilità delie chiese, resistendo alla
tentazione di mettersi in cattedra
per giudicare e istruire il mondo.
TORRE PELLICE
Via libera al
Centro culturale
17 • Contributo
Il Sinodo, venuto a conoscenza
della situazione di crisi finanziaria
in cui versa la Chiesa Valdese del
Rio de La Piata, tenuto conto di
40, 41, 42/SR/89, udita la proposta
della Tavola, in accordo con il CP/
OPCEMI di raccogliere presso le
chiese valdesi e metodiste italiane
la somma di lire 30.000.000 in tre
anni (1989-91), con modalità e fonti
indipendenti dai finanziamenti correnti, per contribuire al ripianamento del deficit, approva tale
proposta e invita le chiese a rispondere con generosità alla richiesta.
Da alcuni anni se ne discute
al Sinodo e quest’anno il Centro
culturale di 'Torre Pellice è stato inaugurato il 3 settembre,
con grande concorso di folla
e autorità. E’ collocato nei locali
dell’ex Convitto ed ospita una
biblioteca, un archivio storico, il
museo valdese.
Un patrimonio che la chiesa
ha deciso di gestire in collaborazione con la Società di studi
valdesi. Ma quale forma dare a
questa collaborazione? Per la Tavola si tratta di costituire una
fondazione, ritenuta il miglior
istituto giuridico per l’attività
che si intende fare. Ma la Socie
DISCUSSIONE MANCATA
Stampa: tutto bene
Chi si aspettava un grosso dibattito in Sinodo sulla stampa
evangelica è rimasto deluso.
Sulla Claudiana si son dette poche cose: che bisogna migliorare la distribuzione libraria, che
bisogna accelerare il processo
di traduzione dei testi stranieri
e che bisogna potenziare i depositi libri presso le comunità
insieme alle presentazioni dei
nuovi testi pubblicati.
La Claudiana — come è stato
sottolineato nel breve dibattito
— ha ormai raggiunto un livello di grande serietà grazie al
lavoro di tutti gli addetti, che
si traduce nel proporre continui
strumenti di formazione per le
nostre comunità. Ci sono ancora molti spazi da esplorare per
far conoscere la produzione
Claudiana.
Sull’Eco/Luce si è detto che il
giornale non riesce sempre a
pubblicare tutti gli articoli che
giungono alla redazione. Occorre inoltre formare dei nuovi
corrispondenti ed individuare
persone che nelle diverse comunità s’incarichino, con molta cura, di raccogliere gli abbonamenti.
Un dato confortante: negli ul
timi tre anni il deficit è stato
ridotto da 46 a 26 milioni. Per
eliminare del tutto il deficit occorre aumentare il numero degli
abbonamenti e valorizzare le
sottoscrizioni.
Infine tutta la questione riguardante il fatto di conservare
la testata storica dell’« Eco delle
valli valdesi » nel prossimo prevedibile giornale unico per battisti, metodisti e valdesi non è
stata afl'rontata.
G. P.
tà nella sua assemblea, tenuta
pochi giorni prima, aveva chiesto
tempo per decidere, così il Sinodo ha deciso di rinviare la sua
decisione all’anno prossimo. La
Tavola è però invitata ad appoggiarne da ora le iniziative.
35 ■ Augurio
il Sinodo, informato deH'inaugurazione del Centro Culturale Valdese, si rallegra per l’apertura di questo importante luogo di irradiamento della riflessione storica e culturale sulla presenza protestante in
'talia, dà atto alla Tavola degli sforzi compiuti per la sua realizzazione
e ringrazia quanti vi hanno collaborato. Raccomanda ai responsa
bili del Centro Culturale Valdese di
operare in modo che ie sue potenzialità e le sue capacità di elaborazione vengano sviluppate avendo
come interlocutore il variegato panorama deli’evangelismo italiano.
36 - Assetto istituzionale
il Sinodo, in relazione all’assetto
istituzionale da dare al Centro Culturale Valdese, ritiene di non poter
esprimere ancora un orientamento
definitivo in merito; autorizza la Tavola a nominare congiuntamente con
ia SSV un comitato che assicuri
la gestione del Centro Culturale
Valdese per Tanno 1989-90; dà mandato alla Tavola di preparare, in
accordo con detto comitato e la
Società di Studi Valdesi, una proposta per l’assetto definitivo del
Centro Culturale Valdese da presen
tare al prossimo Sinodo.
37 - Collaborazione
Il Sinodo invita le chiese a riconoscere nel Centro Culturale Valdese uno strumento che viene loro offerto in vista della loro azione.
Le esorta a collaborare con esso fornendogli gli strumenti necessari per operare.
17
8 settembre 1989
sinodo valdese e metodista 17
L’ORGANIZZAZIONE DELLE CHIESE
NEL 1990
L,: ■’’wL i '4 i M
P fiK,. t' -- ‘‘i '• '
bife- ^ ' '■ • r» ^ « , « hi-
Dirigismo
o decentramento?
Una commissione lavorerà sulle cinque ipotesi presentate nella controrelazione, ascoltando le chiese, per riferirne il prossimo anno
Il problema di fondo che la
C.d.E. ha individuato e sottoposto al Sinodo, per quanto concerne la sistemazione del campo di lavoro, è racchiuso nel
seguente interrogativo : « Bisogna avviarsi verso l’accentramento (dirigismo della Tavola) o
verso il decentramento (consultazioni stabili della Tavola con
gli organismi intermedi)? ».
La Tavola, lo scorso anno, nella relazione al Sinodo, aveva
indicato tre direttrici per una
adeguata sistemazione del campo di lavoro: equilibrio tra le
varie zone, stabilità, con ministeri pastorali medio-lunghi, e sviluppo di alcune situazioni particolari.
In questa ottica, sulla base
dell’Atto ll/SI/75 che invita « le
chiese a valersi in modo non
individualistico della loro autonomia », inserendo il problema
della designazione dei pastori
« nel contesto delle esigenze generali dell’opera», ha predisposto un piano di trasferimenti
« pilotati » di pastori in scadenza di nove chiese autonome. Le
difficoltà incontrate (tre Assemblee di chiesa hanno deciso di
non rinunciare alla loro autonomia per quanto riguarda la scelta, la nomina e la conferma del
pastore), hanno indotto la Tavola a chiedere al Sinodo precise norme operative.
La C.d.E., nel suo lavoro istruttorio, ha individuato cinque ipotesi nell’ambito di un decentramento responsabile che coinvolga la Tavola Valdese, che ha comunque la responsabilità primaria nel campo di lavoro, le comunità locali, i Circuiti e i Distretti.
Tali ipotesi, che presentiamo
di seguito, sono allo studio di
un’apposita Commissione ad referendum, nominata dal seggio
su mandato del Sinodo, che riferirà alla prossima sessione sinodale.
A) Le comunità autonome
perdono la propria autonomia; i
Circuiti non esprimono pareri;
la Tavola procede alla sistemazione del campo di lavoro senza alcun vincolo.
B) Le comunità autonome
mantengono le loro prerogative,
ma secondo ll/SI/75 cercano
un’intesa o si rimettono alla Tavola; il parere dei Circuiti viene richiesto quando possibile ed
è comunque sufficiente quello
del Consiglio; si cerca di informare le altre comunità.
C) Le comunitài autonome
mantengono le loro prerogative;
le Assemblee di Circuito esprimono il proprio parere obbligatorio ma non vincolante; le altre comunità valdesi sono ascoltate, seppure informalmente.
D) Le comunità autonome
mantengono le loro prerogative,
ma inserendosi in un piano di
lavoro concordato con il Circuito; tale piano generale viene
presentato alla Tavola; per la
provvista pastorale delle comunità valdesi non autonome si
segue lo stesso criterio delle comunità metodiste (parere obbligatorio ma non vincolante dell’Assemblea di Circuito).
E) Tutte le comunità sono autonome e la provvista pastorale
dipende da un triplice assenso:
della comunità, del pastore interessato, della Tavola (per cui in
mancanza di uno dei tre « sì »
ogni proposta non ha seguito).
Il tutto potrebbe anche essere
concordato su un piano circuitale.
Nel dibattito, appassionato anche se talora ripetitivo, sono
emerse le questioni « calde »,
periodicamente all’ordine del
giorno delle nostre Assemblee.
Per Gustavo Bouchard, ad esempio, bisogna chiedersi come
mai in dieci anni si è registrata
una perdita di circa 1.400 membri di chiesa. Nel secolo scorso
l’azione educativa del Risveglio
(cfr. le scuole Beckwith) ha
prodotto intrepidi maestri, evangelisti e pastori. La crisi numerica delle nostre chiese richiede
innanzitutto cura d’anime e spiritualità interiore, prioritarie
per Bouchard rispetto a qualsiasi strategia. Le difficoltà oggettive e soggettive del nostro
Mezzogiorno sono state ben illustrate da Pasquale Consiglio
che ha rilevato la scarsa disponibilità pastorale per il IV Distretto, individuando in ciò un
problema di autentica vocazione
dei ministri della Parola.
Di diverso avviso, per bocca
del moderatore, è la Tavola che
esorta le comunità del Mezzogiorno a non lamentarsi, perché
in questi anni sono state fornite
di giovani e validi pastori. Inoltre, sollecitata da un Atto sinodale dello scorso anno, la Tavola ha comunicato al Sinodo che
sta provvedendo ad un pastore
presbiteriano afroamericano per
gli africani di lingua inglese —
oltre 500, ha ricordato Giuseppe
La Torre — di Palermo.
Alla fine del dibattito, pur con
qualche autorevole dissenso
(Franco Becchino si è dichiarato preoccupato per il rinvio allo studio di una apposita Commissione di problematiche che
richiedono solo pratiche attuazioni), il Sinodo ha votato la
proposta di una Commissione
ad referendum in argomento,
sollecitando il parere delle nostre comunità.
Eugenio Stretti
13 - Provvista pastorale
Il Sinodo, consapevole della necessità che la provvista dei pastori alle chiese avvenga secondo pro>cedure che tengano più conto possibile delle esigenze generali dell'opera e della fraternità che legà
tutte le chiese, invita il Seggio a
nominare una commissione ad referendum sul tema che riprenda le
ipotesi della relazione della Commissione d'esame, sollecitando e
sentendo il parere delle chiese, e
che riferisca ai prossimo Sinodo.
14 - Commissione
Il Seggio (...) nomina la Commissione campo di lavoro nelle persone di Ermanno Genre, coordinatore; Aurelio Sbaffi, Maria Bonafede.
41 - Esecutivi
Il Sinodo, sentita la relazione
della Commissione ad referendum
sul funzionamento degli organismi
esecutivi della chiesa (45-46/SI/88),
invita il Seggio a nominare un'apposita Commissione che, tenendo conto del dibattito sinodale e delia relazione della ommissione d’esame, verifichi con gli organismi
coinvolti (Tavola, OPCEMI, OlOV,
CED, DDD, Consigli di Circuito)
le varie proposte emerse.
42 - Nomina
li Seggio (...) nomina la Commissione funzionamento esecutivi
nelle persone di: Giulio Maisano,
relatore; Franco Sommani, Marco
Jourdan, Gianni Long.
44 - Esame delle opere
il Sinodo, per dare migliore attuazione al 28/SI/87 e in analogia
con la norma interpretativa approvata con il 51/SI/80 riguardante
l'esame delle finanze Tavola/OPCEMi, decide che l’esame dell’opera
scelta annualmente dalla Commissione d’esame possa essere anticipato a partire dal mese di maggio di ogni anno anche presso la
sede dell’opera stessa.
Comunicato
La Tavola, considerata la prossima scadenza del ministero pastorale nelle chiese autonome di Angrogna, Bobbio, Pinerolo, Riclaretto-Villasecca, Firenze, Roma P.za Cavour, in
base all'art. 17 R04 proclama la vacanza delle predette chiese a partire dal 1" ottobre 1989. La designazione dovrà essere
fatta in conformità agli articoli 12, 13, 14, 15 R04 entro il
21.12.'89.
Franco Giampiccoli
Moderatore della Tavola Valdese
Torre Pellice, 1° settembre 1989
Verso l’assemblea
con i battisti
Quattro gruppi lavorano ai documenti preparatori in vista di questa importante scadenza
Come noto, il prossimo anno
vedrà da un lato il Sinodo delle Chiese valdesi e metodiste e,
dall’altro, l’Assemblea battista,
impegnati ad esaminare ed a
discutere i problemi relativi ad
una più stretta ed organica collaborazione fra le rispettive
chiese, in vista della successiva
Assemblea-Sinodo di Roma.
A tal proposito, quattro gruppi di lavoro preparatorio hanno
stilato i documenti che verranno
inviati entro ottobre alle chiese, che a loro volta dovranno
fornire le loro risposte entro il
marzo 1990. Dopo la loro successiva elaborazione e coordinazione da parte degli anzidetti
gruppi, le relazioni conclusive
verranno inviate al Sinodo ed
all’Assemblea.
L’intervento in Sinodo del presidente delTUnione delle (Thiese
evangeliche battiste in Italia
(UCEBI), pastore Paolo Spanu,
ha illustrato il senso di quanto
viene proposto alle chiese nell’intento di un reciproco riconoscimento (non si tratta infatti
di un processo di integrazione,
come è avvenuto fra le chiese
metodiste e valdesi) e di una
maggiore efficacia di azione nei
confronti dell’evangelizzazione.
Secondo il pastore Spanu, questo è il punto fondamentale, se
si vuol fare dell’evangelizzazione
non solo per annunciare la Parola, ma per sollecitare una decisione di vita fondamentale.
Il programma di collaborazione fra le chiese si articola su
quattro punti che si possono
così sintetizzare:
— il reciproco riconoscimento;
— l’evangelizzazione;
— la collaborazione territoriale;
— la creazione di un giornale
unico.
Le difficoltà certamente non
mancano — e se ne è avuta
qualche eco in Sinodo — ma
dalla successiva discussione è
nettamente emersa la volontà
di proseguire (sia attraverso
contatti interpersonali, sia mediante il rilancio dei temi comuni) al fine di arrivare a questa auspicata collaborazione interdenominazionale. Collaborazione che — al di fuori delle
differenze teologiche e strutturali, al di là delle diverse concezioni ecclesiastiche — conduca ad un ulteriore rafforzamento delTecumene protestante.
Il caloroso, fraterno applauso
che ha sottolineato l’intervento
del pastore Spanu possa costituire l’anticipazione di questo
nuovo impegno, che dovrà basarsi su un lavoro paziefite e
capillare ma, allo stesso tempo, convinto e fattivo.
Roberto Peyrot
23 - Preparare il 1990
fi Sinodo si rallegra del lavoro
preparatorio predisposto dagli esecutivi BMV per l’Assemblea-Sinodo 1990 e dei vari aspetti di collaborazione già avviata e programmata.
Raccomanda alle chiese valdesi e
metodiste, anche a livello di Circuito, di dedicare ampio spazio nella riflessione locale per prepararsi all'importante scadenza 1990 nella preghiera, nell’incontro con i battisti nelle situazioni che vedono
presenti membri delle diverse denominazioni, nello studio dei documenti preparatori e nella risposta
alle questioni che essi propongono
alle chiese.
Chiede ai Distretti di seguire con
attenzione questa fase preparatoria.
RICORSO
Il Sinodo si è pronunciato
Forse non tutti lo sanno. Il Sinodo ha anche una funzione giurisdizionale. Deve cioè dirimere le
eventuali controversie che sorgono tra i membri delle nostre
chiese e l'amministrazione. Così è
finita davanti al Sinodo la controversia che opponeva il pastore
Luciano Deodato e l’Assemblea di
chiesa di Torino.
Il pastore Deodato lamentava infatti che la decisione di vendere lo « chalet Ferrerò » di Villar Pellice, che la chiesa aveva
ereditato, non corrispondeva alla volontà del prof. Mario Ferrerò che lo aveva donato per scopi ben precisi.
Un primo ricorso era stato fatto davanti alla Commissione esecutiva del II Distretto che aveva
respinto il ricorso. Il pastore
Deodato si era quindi appellato
al Sinodo '88 che aveva rinviato
la discussione del ricorso al Sinodo di quest’anno. Nel frattempo
però TAssemblea di chiesa aveva
deciso di « soprassedere per il
momento » alla vendita ed aveva
deciso di finanziare diversamente
i restauri del tempio e la ristrutturazione del teatro che dovevano essere finanziati coi proventi
della vendita.
Il Sinodo ha ascoltato prima il
ricorrente, poi l’opinione del Concistoro di Torino, rappresentato
dal past. Eugenio Rivoir, e dopo
una breve discussione ha deciso
di cassare la parte della decisio
ne dell’Assemblea laddove si indicavano le opere da effettuarsi
con i proventi della vendita.
Non si è trattato qui di una decisione giuridica (non è stata
messa in discussione l’autorità
della Chiesa di Torino di alienare una sua « proprietà »), quanto
di un invito a prendere decisioni
meglio motivate e nel rispetto
del volere del donatore.
69 - Per un utilizzo
rispettoso
il Sinodo, udita la relazione della Commissione d'esame in merito
al ricorso del pastora Luciano Deodato avverso la delibera n. 5 delia
Assemblea della Chiesa di Torino
del 18 aprile 1988 con la quale veniva decisa la vendita di un immobile ricompreso nell'eredità Ferrerò, sentito il pastore Luciano Deodato e il pastore Eugenio Rivoir
quale presidente del Concistoro di
Torino, in parziale riforma della delibera della Commissione Esecutiva Distrettuale in data 21 maggio
1988
decide
1) di cassare la deliberazione
deU'Assemblea di Chiesa di Torino del 18 aprile 1988 nella parte
in cui indica una destinazione del
ricavato della vendita;
2) di indicare aH'Assemblea di
Chiesa di Torino di utilizzare II
ricavato della vendita per fini rispettosi della volontà testamentaria di Mario Ferrerò.
18
18 sinodo valdese e metodista
8 settembre 1989
LA DISCUSSIONE SULL’OPERATO DELLA CIOV
Al servizio del pubblico
La strada deirinserimento a pieno titolo e pari dignità nel sistema
sanitario - L’assistenza come problema che riguarda tutte le chiese
E’ giovedì e sono le ore 15.
La campanella suona e chiama a
raccolta, ma i membri del Sinodo non sembrano affrettarsi. Il
sole è caldo e un velo sottile
intorbida l’aria. Avrei voglia di
indugiare tra i tavoli ricoperti
dalle tovaglie a quadretti e scambiare parole e vaghi pensieri
con chi, apparentemente libero,
rifiuta di obbedire al richiamo
tintinnante. Entro in aula. Il
vicepresidente del Seggio è al
suo posto; un po’ più avanti c’è
il relatore della commissione
d’esame sull’operato della CIOV.
I banchi tardano ad accogliere
i tradizionali occupanti e la giovane assessore vaga un po’ smarrita nel tentativo di distribuire
le 15 fitte pagine della relazione.
Giorgio Gardiol inizia la lettura ed annoto mentalmente la
distratta confusione, il sordo
brusio che fa da sottofondo.
Guardo in galleria: il pubblico
non è numeroso. Penso con soddisfazione che non ci devono essere grossi problemi! Certo vorrei un po’ di silenzio, dato che
il relatore ha deciso di leggere
in fretta, con tono sempre monotonamente uguale.
La premessa rimanda al quadro normativo sia ecclesiastico
che civile, ricordando opportunamente al Sinodo i compiti affidati alla CIOV e subito emerge
la prima valutazione positiva:
« Tale strutturazione organizzativa si è dimostrata nel breve
tempo del suo funzionamento
abbastanza funzionale ».
Bene! la prima impressione
comincia ad essere suffragata:
non ci sono grossi problemi. Il
brusio cala, la galleria si va riempiendo.
Segue una spiegazione sull’inserimento degli ospedali nell’assistenza sanitaria pubblica e il
loro finanziamento; si dice che
l’Intesa con la Regione Piemonte
è ormai scaduta da due anni ed
e stata prorogata sino al 30 p.v.
L’Intesa con la
Regione Piemonte
La nuova Intesa per gli ospedali di Torre Pellice e di Pomaretto da chi sarà stipulata? Sarà direttamente la CIOV o ancora la Tavola?
« Si è iniziata recentemente
un’iniziativa per il rinnovo dell’Intesa che ha visto coinvolte la
Tavola Valdese, la CIOV e la
Regione, ma a parere della CdE
difficilmente la trattativa potrà
essere conclusa positivamente
entro il termine del 30 settembre. L’azione della CIOV si è
mossa correttamente secondo
quanto indicato da 56/SI/88 nella difesa della pari dignità degli ospedali valdesi rispetto alle strutture pubbliche ».
La CdE prosegue la sua analisi affrontando il problema dei
« finanziamenti degli investimenti in conto capitale », la questione cioè del finanziamento regionale per i progetti di ampliamento e di ristrutturazione degli ospedali di Pomaretto e di Torre
Pellice. « Con atto 57/SI/87 il Sinodo aveva autorizzato l’eventuale esecuzione di queste opere mediante un finanziamento tramite
mutui assistiti da garanzie fideiussorie regionali. L’Intesa tra
la Tavola Valdese e la Regione attualmente in vigore prevede l’assunzione degli oneri di ammortamento di tali mutui a carico del
bilancio regionale. (...) A parere della CdE non si tratta di un
atto di semplice competenza
della Giunta regionale, ma è richiesta l’approvazione di una
legge ad hoc. Di qui la difficoltà
di realizzare i progetti previsti
in tempi brevi ».
Il giardino della Casa valdese, con il consueto servizio di buffet organizzato durante il Sinodo.
La CdE, prima di imboccare
la strada dell’Intesa regionale
propone, in alternativa, « la ricerca di mutui con enti previdenziali che prevedono ferme di
garanzia minori di quelle richieste dagli enti bancari ordinari »
e, in tal senso, si è pronunciato
il Sinodo con apposito atto.
Siamo a metà relazione e
l’aula è sufficientemente affollata; la lettura è sempre monotona e veloce e le parole rimbalzano e si rincorrono: im plauso per la CIOV che « in quest’anno ha fatto molto per approfondire l’aspetto teorico del servizio » e un rimbrotto alle chiese
che « non rispondono agli stimoli proposti » poiché « la tentazione alla delega è spesso troppo
forte ».
Nasce la proposta alle chiese
di costituire delle commissioni
per la diaconia, che il Sinodo accoglierà con apposito atto.
Il Rifugio
« Re Cario Alberto »
Viene ora il turno del Rifugio
« Re Carlo Alberto » e il clima
cambia. Una parola, sempre la
stessa, intesse la parte di relazione che riguarda quest’opera:
deficit! Deficit pregresso legato
alla ristrutturazione, deficit gestionale degli ultimi anni, anche
di questo... « Sono cifre enormi,
spaventose, a fronte della modesta realtà delle nostre comrmità,
cifre che a nostro avviso non
creano sufficiente inquietudine
nei membri della nostra chiesa ».
Che via imboccare? Oltre al
problema del ripianamento del
deficit consolidato c’è quello della gestione, dato dalla differenza
media passiva prò capite tra
retta pagata e costo, una forbice che non si chiude e che, a
fine di ogni anno, porta inevitabilmente al deficit.
Ci si guarda incerti, perplessi.
Il servizio è importante! Dobbiamo forse rinunciare ad assistere i più bisognosi, coloro cioè
che non arrivano a pagare, neppure con la quota sanitaria, l’intera retta? O sono sempre e di
nuovo le chiese a dover intervenire? C’è una chiesa pronta ad
« adottare » questo istituto?
Le domande si affollano nella mente mentre la lettura procede veloce, inesorabile: di nuovo parole di apprezzamento per
il lavoro degli e negli ospedali,
unitamente ai rilievi emersi nei
contatti tra CdE e rappresentanze del personale. Il problema
del carico di lavoro nell’ospedale di Torre per « l’accettazione indiscriminata di utenti provenienti da zone al di fuori del
naturale bacino di utenza dell’ospedale » e « la carenza di in
formazione a livello di rapporti
sindacali » per l’ospedale di Pomaretto.
La lettura è finita. Poso lo
sguardo prima sui componenti
della Commissione lOV: tutto
tranquillo! e poi sull’orologio:
solo le 15 e 45.
Penso per un attimo a soporiferi interventi e mi accingo a
riportarli sul taccuino. Il primo,
infatti, è in linea: parole di apprezzamento verso l’ospedale di
Torre, auspicio che la CIOV
si faccia progressivamente carico di tutto il settore della diaconia assistenziale.
Il secondo è simile allo schiocco di un fulmine che improvviso
deflagra spezzando l’azzurra armonia. La relazione della CdE
deve venire accolta come una
robusta strigliata che mette in
discussione la nostra conclamata solidarietà coi poveri. A ruota due interventi ricordano il
problema dell’assistenza ospedaliera nei confronti degli immigrati africani ed asiatici e, segnatamente, di quelli clandestini. Viene avanzata la richiesta
che i nostri ospedali sappiano
guardare al di là degli angusti
limiti imposti dai problemi amministrativi per spaziare verso
gli ampi orizzonti dell’accoglienza e della solidarietà.
Gli ulteriori interventi (5) tendono a rispondere im po’ ai
problemi sollevati dalla relazione della CdE (particolarmente
il Rifugio) e un po’ alle domande emerse col secondo intervento.
Campanello
d’allarme
Dopo la pacata replica del
presidente della CIOV, quando
pareva che oramai ci si avviasse tranquilli a votare gli odg
proposti dalla CdE, è giunto il
perentorio invito: « Vorremmo
che la gente uscisse da questo
luogo un po’ allarmata! », riportando con un appassionato intervento l’attenzione sul problema del deficit del Rifugio Carlo
Alberto.
Ascoltata con attenzione la
reprimenda, l’assemblea sinodale
s’è disposta a votare gli odg qui
accanto allegati comprese, dopo l’intervallo, le modifiche agli
artt. 2, 4, 5, 10 dello Statuto del
Rifugio « Re Carlo Alberto ».
Arrigo Bonnes
68 - Approvazione
■ •- >
li Sinodo, udita ed esaminata la
relazione della CIOV, ne approva
l'operato e ringrazia i suoi componenti per l’attività svolta con
tanto impegno e spirito di servizio.
OSPEDALI - RIFUGIO
Le decisioni prese
60 - Intesa
Il Sinodo, richiamato l’atto 56/SI/
88, presó atto che sono state avviate le trattative con la Regione
Piemonte per il rinnovo dell'Intesa
finalizzata alla definizione delle modalità di inserimento degli ospedali
valdesi di Torre Pellice, Pomaretto, Torino nel Servizio Sanitario
Regionale, riafferma l'impegno delle
Chiese valdesi e metodiste a mantenere tali ospedali come strumenti
del servizio evangelico ai malati; dà
mandato alla Tavola e alla CIOV di
salvaguardare nel testo delle nuove
Intese i seguenti principi:
— libera applicazione del carattere evangelico del servizio;
— pari dignità degli ospedali vaidesi rispetto alle strutture pubbliche;
— mantenimento delia equiparazione giuridico-amministrativa del
personale degli ospedali a quella degli altri presidi sanitari pubblici,
compreso, il diritto a partecipare ai
programmi formativi regionali;
— attivazione di una commissione politica tra Regione-USSL-ospedali per la soluzione dei problemi
che dovessero verificarsi nell’applicazione dell'Intesa e per le verifiche giuridiche.
61 - Mutui diretti
Il Sinodo invita la CIOV a studiare la possibilità di contrarre mutui diretti con Istituti bancari o
enti previdenziali, per assicurare
il finanziamento delle ristrutturazioni e deU'ampliamento degli ospedali di Torre Pellice e Pomaretto.
62 - Pubblicizzazione
Il Sinodo invita la CIOV a valorizzare adeguatamente attraverso pubblicazioni, convegni l’esperienza gestionale e l’elaborazione culturale
e teologica realizzate in questi anni, nonché degli studi redatti dal
personale sui moduli organizzativi
degli ospedali e sullo stato di salute della popolazione.
63 - Dcfìcit
Il Sinodo, richiamandosi all'art.
61/SI/88, ribadisce la propria vivissima preoccupazione per quanto riguarda il deficit accumulato dal
Rifugio Re Carlo Alberto negli ultimi anni.
Invitai il CdG del Rifugio e la
CIOV a lavorare d’intesa con' la
Tavola per trovare nel più breve
tempo possibile i mezzi per ripianare la pesante situazione deficitaria.
Per quanto riguarda il deficit ordinario invita le chiese e la CED,
anzitutto del I Distretto, a prendere
in seria considerazione le difficoltà finanziarie in cui versa il Rifugio Re Carlo Alberto anche per
quanto riguarda la gestione ordinaria, difficoltà legate all'ospitalità
di fratelli e sorelle non sempre in
grado di pagare l'intera retta, e
ad impegnarsi a fondo affinché il
servizio che il Rifugio offre nei
confronti degli anziani possa continuare con maggiore serenità.
64 - Chiese e opere
Il Sinodo, dopo aver discusso
quanto espresso dalla relazione della Commissione d'esame/CIOV sul
rapporto tra le opere e le chiese
locali, invita la chiesa a <• promuovere la formazione di Commissioni diaconali con lo scopo di facilitare lo scambio tra vita della chiesa e vita delle opere », come già
espresso nel 36/CDI/89.
65 - Statuto
Il Sinodo approva modifiche allo
StcTtuto del Rifugio Re Carlo Alberto:
— gli artt. 2, 4 e 5 sono così
modificati:
Art. 2: Il patrimonio del Rifugio è
costituito, oltre che dai beni mobili
e immobili di sua proprietà, da
quei beni di proprietà della CIOV
di cui questa ritenga di dotarlo.
Art. 4: La gestione del Rifugio
è affidata a un Comitato di gestione (CdG) nominato dalla CIOV,
costituito da almeno tre membri che
eleggono al loro interno il presidente e il vicepresidente.
Fanno parte del CdG, con voce
consultiva e con funzione di controllo, un membro della CIOV e un
delegato della Commissione Esecutiva Distrettuale (CED), e, con
sola voce consultiva, il direttore
dell’Istituto.
La nomina a membro del CdG è
annuale e non può essere rinnovata oltre sei volte consecutive.
H CdG risponde del suo operato
alla Conferenza Distrettuale.
Art. 5: E' compito del CdG:
a) gestire l'Istituto nel rispetto
dei suoi fini istituzionali e secondo gli indirizzi delia CIOV;
b) decidere l’ammissione degli
ospiti a seguito dì accertamenti
sanitari, dando la preferenza a chi
versa in più gravi necessità;
c) coordinare le azioni relative
al loro trattamento assistenziale e
alle cure necessarie in vista del
recupero psicofisico;
d) definire le rette;
e) assumere il personale. La nomina del direttore del Rifugio spetta
alla CIOV d’intesa con il CdG;
f) coordinare la gestione del
personale, i rapporti con le rappresentanze interne e le organizzazioni
sindacali, nell’applicazione del contratto e del regolamento;
g) provvedere all'economato, alla
manutenzione degli immobili e delle attrezzature;
h) sottoporre all’approvazione
della CIOV gli atti concernenti la
straordinaria amministrazione del
patrimonio;
i) deliberare il preventivo di
spesa e il conto consuntivo, corredato dalla situazione patrimoniale,
da sottoporre all'approvazione della CIOV, salvo quanto previsto dall’art. 13 RO. 8, ultimo comma;
j) condurre le trattative relative
ai contratti di lavoro e alle convenzioni con gli Enti pubblici d'intesa con la CIOV;
k) curare i rapporti con le chiese locali e gli organismi ecclesiastici territoriali in cui l'opera è collocata;
l) provvedere, d'intesa con la
CIOV, ad indire collette e raccolta di doni.
— E' aggiunto l’art. 10 con il seguente testo:
Art. 10; In caso di estinzione
dell'istituto si applicano le norme
di cui agli artìcoli 15 Statuto CIOV.
22 e 25 RO. 8, nonché l'art. 12
comma 6 dell’Intesa approvata con
legge n. 449/1984.
66 - Grazie!
Il Sinodo, preso atto con soddisfazione della collaborazione fornita
dai membri dei comitati di gestione e dal personale tutto degli istituti amministrati dalla CIOV, esprime li suo apprezzamento e ringraziamento per l'attività svolta e per
il determinante contributo dagli
stessi portato ai fini della realizzazione degli obiettivi.
67 - Preventivo ’90
Il Sinodo, preso atto di quanto riferito dalla Commissione d’esame
circa il preventivo di spesa per la
gestione ordinaria 1990 della CIOV,
esprime la sua approvazione.
19
r
8 settembre 1989
sinodo valdese e metodista
ELEZIONI
Gli incarichi '89 ■ 90
La procedura seguita è stata ancora una volta quella della votazione « non-stop » a partire dalla seconda metà della mattina
La giornata del venerdì è
per larga parte dedicata alle
elezioni delle varie commissioni e della Tavola valdese.
La Commissione proposte riceve le designazioni da parte
dei membri del Sinodo. Le
verifica con gli interessati e
se questi accettano la candidatura, i loro nomi vengono
posti su un tabellone per Tinformazione dei membri del
Sinodo.
Quest’anno un piccolo segnale di difficoltà. Non si è
trovato nessun laico che fosse disponibile ad accettare la
candidatura per la Tavola.
L’incarico non solo è delicato
per il ruolo che si assume,
ma anche pesante per l’impegno che comporta.
Alla fine però la tenacia della Commissione proposte è
premiata e vengono fuori due
candidature: Fabrizio Malan
fe Maddalena Giovenale Costabel. La spunterà Maddalena Costabel.
TAVOLA VALDESE
li Sinodo procede con votazione
a scrutinio segreto alle elezioni
dei membri della Tavola. Risultano
eletti: Franco Giampiccoli, Moderatore; Bruno Bellion, Vicemoderatore; Valdo Benecchi, Maddalena
Giovenale Costabel, Antonio Giovanni Pciolo Ricco, Marco Rostan, Giovanna Sciclone, membri.
OPCEMI
il Sinodo procede con votazione
a scrutino segreto alle elezioni del
membri del Comitato Permanente
deirOPCEMI. Risultano eletti: Claudio Martelli, Presidente; Bruno Loraschi, Mirella Scorsonelli, Luca
Zarotti, membri.
FACOLTA'
Il Sinodo procede con votazione
a scrutinio segreto all’elezione del
Consiglio della Facoltà di Teologia. Risultano eletti: Paolo Ricca,
Decano; Sergio De Ambrosi, Eugenio Rivoir, Silvana Nini, Franca
Cellitti, membri.
CULTO Di APERTURA '90
Il Seggio designa come predicatore d’ufficio per il culto di apertura del prossimo Sinodo il prof.
Sergio Rostagno. Supplente il past.
Giovanna Pons.
CIOV
Il Sinodo procede con votazione
a scrutinio segreto all’elezione della Commissione iOV. Risultano
eletti; Alberto Taccia, Presidente;
Valdo Fornerone, Franco Rivoira,
Paolo Ribet, Arturo Bouchard, Giovanni Ghelli, Ulrico Scroppo membri.
COMITATO COLLEGIO VALDESE
il Sinodo procede con votazione
a scrutinio segreto all’elezione del
Comitato del Collegio Valdese. Risultano eletti: Giorgio Tourn, Lucetta Geymonat, Giancarlo Griot, Fabrizio Malan, Elena Pontet, Alberto Peyrot, Giorgio Mathieu.
COMMISSIONE D’ESAME
Il Sinodo procede con votazione
a scrutinio segreto all’eiezione della Commissione d’esame sull’operato della Tavola, deU’OPCEMI e
del Consiglio della Facoltà di Teologia. Risultano eletti: Eugenio Bernardini, relatore; Francesco Carri,
Rosanna Ciappa Nitti, Franca Coìsson. Membri supplenti: Beniamino
Lami, Jean Louis Sappé, Giovanni Cartari, Thomas Soggin.
COMMISSIONE D’ESAME CIOV
il Sinodo procede con votazione
a scrutinio segreto all’elezione della Commissione d’esame sull’operato della CIOV. Risultano eletti: Mario Campagnolo, relatore; Claudio
Pasquet, Vito GardioI, Paolo Corsani. Membri supplenti: Gianfranco Mathieu, Claudio Cervi, Gianni
Gente, Lucilla Peyrot.
SINODO ’90
Il Sinodo designa, con votazione
a scrutinio segreto, il presidente
per la prossima sessione sinodale
nella persona di Gianni Rostan.
A norma di regolamento la prossima sessione sinodale italiana si
aprirà, a Dio piacendo, domenica
26 agosto 1990 in Torre Pellice.
Maddalena Costabel, neoeletta nella Tavola valdese.
PERCORSI DI DONNA
Dalla parità alia differenza
Oriana Bert ha lasciato quest'anno il suo incarico di membro della Tavola.
Ho vi.ssuto, fin dall’inizio, l’esperienza del far parte della Tavola valdese in due suoi aspetti
che talvolta confliggono.
Da un lato, questo servizio è
una grossa esperienza promozionale che fa conoscere malte realtà, molti problemi, molte p^ersone e sviluppa capacità di lavoro;
nel lavoro vissuto in comune, si
crea fraternità, sororità e solidarietà: le pause delle riunioni, sotto il sole e le mimose di Ecume
ne, vicino agli alberi secolari della casa valdese di Torre Pellice
o in altre sedi, sono molto piacevoli.
Si sperimenta l’oggettiva dimensione manageriale che consiste anche in quattro giorni consecutivi di riunioni non stop, dalle nove del mattino alle ventitré,
ed è da vedere se ci si sente più o
meno sintonizzati su questi ritmi, specie all’inizio: il ruolo dirigente è esigente e richiede un’alta quota di disponibilità, che
compensa con l’esercizio del potere, per chi lo sa esercitare e
se ne sente gratificato. Ci si inoltra nella cultura della programmazione e della decisionalità,
sempre molto difficile, sofferta e
ambigua, tanto più in un contesto di fraternità ecclesiale, quando occorre decidere su aspetti
deH’esistenza altrui. E' reale la
difficoltà di far accordare le esigenze « aziendali » della sistemazione del campo di lavoro e le
esigenze delle persone, con le loro reti di relazioni.
D’altro lato, pur non essendo
a tempo pieno e quindi svolgendo soltanto una piccolissima parte del lavoro globale, ti ritrovi
a suddividere il tempo libero fra
riunioni, comitati, voluminoso
materiale preparatorio da leggere, verbali da redigere e adempimenti conseguenti alle riunioni,
e hai spesso la sensazione di essere espropriata e eterodiretta.
Perché, per la chiesa, è lavoro
Vna pratica ricorrente nel giorno delle elezioni: si consultano sul
tabellone le candidature per le varie cariche.
FINANZE
L'offerta per la chiesa;
un impegno di tutti
a tutti gli effetti; per le persone,
sono impegni da collocare nel
tempo libero, e quando ti piomba addosso una valanga di sei
riunioni in pochi giorni, e questo
si somma al lavoro abituale della vita, avverti lo stress e perdi
disponibilità.
A meno di considerare esauriente questo tipo di vita, e allora .sei contenta. Dopo aver retto
con molte inadempienze questo
impegno per cinque anni, mi sto
rendendo conto che si può anche vivere solo in funzione di
questa dimensione, tagliando su
tutto il resto, ma non mi sento
abbastanza coinvolta per continuare oltre, forse perché sono
stata da .sempre coinvolta nella
chiesa.
La chiesa si regge infatti sul
tempo libero delle persone, ma
il rischio è che diventi un tempo totalizzante. Chissà, se molti
non si allontanassero, ma conservassero un legame e un impegno, se si potrebbero risuddividei'e i carichi; oppure se sono le leggi intrinseche dell’organizzazione, della selezione e del
servizio/potere a non consentirlo. E’ una riorganizzazione da
pensare, o forse da attuare tramite persone che lo facciano a
tempo pieno, prima che l’espandersl della mole di lavoro amministrativo e diaconale, inserito
nell’odiema società complessa,
fagociti gli addetti.
Oriana Bert
« Le 3 P avanzano » — questa la convinzione del moderatore Franco Giampiccoli —. « L’idea
di una contribuzione periodica,
personale e proporzionale (le tre
P) è passata dal livello dei responsabili alle comunità e ci sono segni incoraggianti ». fi problema delle finanze della chiesa
è un impegno di tutti. Oggi i preventivi della Tavola sono coperti a! 99%, e le somme vengono
versate regolarmente. Ciò è molto positivo. Ma il bilancio della
Tavola è molto stretto, non ci
sono margini per nuovi progetti. Ogni progetto comunque, prima di partire, dovrà avere la
necessaria copertura, sia che si
tratti di nuovi cantieri, sia di
nuove iniziative in campo evangelistico o culturale.
Ma se possiamo guardare al
bilancio Tavola con ottimismo,
non è così per le opere: il prezzo della diaconia è alto e le nostre opere non possono vivere
senza doni.
40 - Adeguamento
Il Sinodo, informato del fatto che
gli impegni deiie chiese per ii 1989
sono inferiori aile richieste delia
Tavoia, invita le chiese che non
l’abbiano fatto ad adeguarsi a dette
richieste, al fine di evitare il deficit previsto. In modo particolare, invita le chiese a considerare la necessità di stimolare delle contribuzioni finalizzate al Fondo di riconoscenza.
15 • Contribuzioni
Il Sinodo fa proprio l’atto 30/CD
1/1989 e io invia alle chiese: « La
Conferenza distrettuale, ricordando alle chiese l’atto 43/SI/88 nel
quale venivano invitate ad aumentare le contribuzioni in vista di:
a) migliorare il trattamento economico degli iscritti a ruolo;
b) coprire le spese dell’amministrazione ordinarla;
c) investire nel campo della formazione, dell’evangelizzazione e
dei mass media;
raccomanda ai Concistori di affrontare il problema delle finanze
nella chiesa secondo le seguenti linee operative:
1) Invitare coloro che hanno a
cuore la vita della chiesa a farsi
parte attiva nella sensibilizzazione
di tutti i membri delle comunità circa il problema delle finanze,
2) Varare al più presto un sistema contributivo che sia basato sull’impegno personale che ogni membro di chiesa prende prima dell’Inizio dell’anno finanziario.
3) Impegnarsi nell’informazione
affinché si comprenda che l’importante è la proporzionalità delle
contribuzioni, il 3% non è che una
indicazione per l’applicazione di gue
sto criterio e non va inteso come
una imposizione.
4) Vigilare, partendo dagli stessi
membri dei Concistori, affinché la
contribuzione alla chiesa cessi di
essere considerata come "spesa tra
il dovuto e il superfluo” e diventi
parte effettiva del bilancio di ogni
credente, secondo criteri di proporzionalità e periodicità.
5) Fare ogni sforzo di informazione nei confronti dei membri di
chiesa circa la destinazione delle
somme raccolte dalle chiese tramite le contribuzioni.
Riconoscente per il grande lavoro
fin qui svolto dai Concistori e nella
certezza che questo impegno coerenza distrettuale li invita ad Ini*
tinuerà anche in futuro, la Confeziare il suddetto lavoro di sensibilizzazione delle comunità con spirito di servizio e di perseveranza,
nella consapevolezza che si tratterà
di un lungo cammino, li invita altresì a non disperare per il tempo
che inevitabilmente trascorrerà prima che tutti giungano alla auspicata mentalità contributiva ».
52 - Riconoscenza
Il Sinodo, informato del fatto che
due importanti opere diaconali, quali la Casa di Riposo del Gignoro a
Firenze e l’Asilo di San Germano,
hanno concluso ì loro lavori di ristrutturazione, esprime la sua riconoscenza al Signore per averci
fin qui sostenuto; ringrazia le persone e gli enti che con I loro doni hanno contribuito alla realizzazio^
ne di tali iniziative; invita tutte le
comunità a partecipare alla copertura totale della spesa e le sollecita a ravvisare in queste opere una
occasione di servizio a favore delle
persone anziane.
L’Eco delle valli valdesi
Via Pio V, 15 - 10125 Torino
Tel. 011/655278 - 0121/932166
Redazione: Alberto Corsani, Luciano
Deodato, Giorgio GardioI (direttore), Adriano Longo, Giuseppe Platone (vicedirettore), Piervaldo Rostan.
ABBONAMENTI 1990
Italia; annuo 42.000 - costo reale
65.000 - sostenitore 80,000.
Estero; annuo 75.000, via aerea
110.000 - sostenitore 130.000. Da
versare sul ccp n. 20936100 intestato a A.I.P., via Pio V, 15 - 10125
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Registrazione: Tribunale di Pinerolo
n. 175 (resp. F. Giampiccoli).
Stampa; Coop. Tipografica Subalpina - Torre Pellice.
Le fotografie di questo numero sono di Stello Armand-Hugon, Luciano Deodato, Giorgio GardioI, Guido
Ghardon, Giuseppe Platone.
20
20 sínodo valdese e metodista
8 settembre 1989
GLI OSPITI STRANIERI
Impressioni dalUnternazionale protestante
I messaggi intercalati a momenti musicali hanno evidenziato l’amicizia e la fraternità che lega le nostre chiese
a e altre realta europee e non - La storia degli uomini e la valorizzazione che essa riceve dall’azione di Dio
La lista degli invitati al Sinodo
1989 sfiorava le cinquanta persone. La serata dedicata agli ospiti
stranieri, tradizionalmente convocata nel salone della Foresteria
valdese, quest’anno si è tenuta lunedì 28 nel tempio di Torre Pellice ed è stata animata dal prof.
Paolo Ricca. Tra i vari messaggi
dei rappresentanti stranieri si è inserito il canto delle corali di San
Secondo e Prarostino, che hanno
presentato inni ispirati a salmi
musicati dallo statunitense John
Bertalot. Per comprensibili motivi
di tempo non tutti gli ospiti hanno
potuto prendere la parola nel corso della lunga serata.
Tra i messaggi più significativi
ricordiamo quello del pastore donna }oan Salmon Campbell, moderatore della chiesa presbiteriana
statunitense, che ha cantato alcuni brani « negro-spiritual » incoraggiando l’assemblea a « consacrare la propria vita alla testimonianza delTEvangelo riscoprendo
Joan Salmon Campbell, moderatore della Chiesa presbiteriana
statunitense, canta « Go down,
Moses » durante il culto inaugurale.
così la forza della preghiera e la
gioia della comunione fraterna ».
Poi con le mani alzate verso l’alto,
al ritmo dello spiritual Kumbaya,
l’assemblea ha vissuto istanti d’intensa spiritualità. Ancora dagli
USA Doreen Tilghmann, della
chiesa metodista, ci ha ricordato
di « non parlare di razzismo soltanto fra noi, ma discuterne soprattutto con chi ne è costantemente vittima ». Un lungo applauso ha salutato il professore Ame
Jeaii Fischer (a sin.), segretario della KEK, e il post. Paolo Spanti,
presidente deU’VCEBI.
deo Molnàr, della Facoltà teologica
Comenius di Praga, che ha parlato
degli antichi legami che uniscono
il mondo valdese a quello dei fratelli boemi, sottolineando il senso
della preghiera d’intercessione tra
le nostre due chiese.
Nutrita è stata anche la schiera
degli ospiti provenienti dalla Germania Occidentale. Heinz foachim
Held, presidente della chiesa evangelica tedesca (EKD) e del comitato del Consiglio ecumenieo delle chiese (CEO, ha dichiarato di
essere rimasto particolarmente impressionato dal culto di apertura
del Sinodo (« fortemente protestante ») ed ha invitato tutte le
chiese d’Europa a « dire un sì pieno di fiducia riguardo ai compiti
dell’evangelizzazione ». Held, che
nei giorni seguenti ha accettato di
farsi intervistare dal nostro giornale, ha aggiunto di aver colto
durante i lavori del Sinodo « un
autentico spirito democratico », è
rimasto colpito dall'alto numero
di donne partecipanti all’assemblea sinodale ed ha infine apprezzato il modo sobrio ed approfondito con cui si è voluto ricordare
il Rimpatrio dei valdesi nelle loro
terre.
Anche Karl Christoph Epting,
presidente della chiesa evangelica
del Baden, ci ha volentieri rilasciato le sue impressioni: « Questo Sinodo non ha avuto un grande tema centrale, ma molti temi diversi che sono stati solo parzialmente approfonditi. Tra tutti, il
tema per me più interessante —
continua Epting — è quello del
diaconato, il suo riconoscimento
nella chiesa e il modo con cui si
intende preparare i diaconi. Ma
il tema più attuale rimane senz’altro quello dell’evangelizzazione
sul quale occorrerebbe un maggiore scambio d’informazione tra
le chiese. E’ singolare notare come
voi e noi dibattiamo le stesse problematiche ».
Tra gli ospiti inglesi abbiamo
raccolto una interessante conversazione di Hazel Forecast, pasto^
re donna metodista che attualmente lavora in una grande comunità
Felix Canal (a sin.), da Indianapolis, e il past. Alfred Janavel di
New York.
Il prof. Amedeo Molnàr della facoltà « Comenius » di Praga.
nei pressi di Londra. La Forecast
osserva che sarebbe bello se nelle
chiese protestanti europee le minoranze asiatiche e africane fossero
degnamente rappresentate anche a
livello di pastori. L’integrazione
tra valdesi e metodisti — conclud’:
il pastore Forecast — ha un valore enorme proprio per la diversità delle due identità, soprattutto a
livello storico prima ancora che
teologico, ma « per continuare a
crescere bene insieme occorre anche molta sensibilità c continua
rielaborazione teologica ».
fean Fischer, segretario generale della Conferenza delle chiese
europee (KEK). chiede ai valdesi,
ieri vittime deH’intolleranza. di
diventare oggi i difensori dei diritti di quelle minoranze i cui diritti continuano ad essere calpestati. Fischer, che ha apprezzato il
contributo della delegazione italiana all’ultima assemblea ecumeni
ca di Basilea, ha invitato il Sinodo
ad offrire al presidente della Repubblica Cossiga il documento finale di Basilea. Sinora questo importante documento è stato donato
soltanto al segretario generale del
partito comunista sovietico Michail Gorbaciov.
Dalla Francia ci ha raggiunto il
saluto, ricco di humour, del pastore Jacques Terme della Federazione protestante. Egli ha osservato
come noi spesso siamo portati ad
opporre il presente al passato, ma
sarebbe meglio — dice Terme —
« esaminare il presente e il passato alla luce della croce di Cristo
per custodire ciò che è veramente
Parola di Dio vivente. E quindi
utile per noi ».
Théophil Schubert, presidente
del Consiglio della chiesa di Basilea-città, al di là del saluto ufficiale (« com’è difficile essere cristiani coerenti in un paese ricco
come il nostro! »), ci ha rilasciato
alcune rapide battute: « Credo
che i valdesi possano dare un
grande contributo sul piano della
cooperazione ecumenica. Se vogliamo essere fedeli alla nostra vocazione cristiana, dobbiamo tornare all’essenziale delTEvangelo che
viene prima delle nostre differenziazioni confessionali ». 11 presidente della Gustav Adolf Werk,
l’associazione evangelica tedesca
che sostiene, con molta generosità,
numerose opere sociali in ogni
parte del mondo. Dietrich Gang,
ha visto nel ponte, simbolo del tricentenario del Rimpatrio valdese,
il luogo ideale in cui s’incontrano
le diverse specificità del cristianesimo, in uno spirito di riconoscenza per ciò che il valdismo e il metodismo sanno
esprimere a vantaggio dell’intera testimonianza del protestantesimo europeo. Consensi alle varie manifestazioni sono giunti anche dal rappresentante olandese, il pastore Philippe Fromonl.
Ancora una voce dagli Stati
Uniti, quella del pastore Sylvio
Scorza, di lontane origini italiane, presidente della « Reformed
Church in America » che, pur su
una sedia a rotelle, ha voluto partecipare al nostro Sinodo. Egli ci
ha detto come la sua chiesa sia oggi alle prese con l’organizzazione
del diaconato. « Ma il problema
più importante — ha aggiunto
Scorza — è la coerenza tra il dire
e il fare. Se le nostre azioni non
sono realmente espressione della
nostra fede ci agiteremo invano e
la nostra testimonianza, anche se
apparentemente ha successo, non
durerà nel tempo. Comunque i vostri primi 800 anni di storia dimostrano che i sacrifici di ieri sono
stati valorizzati da Dio stesso...».
Ma accanto a queste presenze,
diciamo così, occasionali, il Sino
Heinz Joachim Held, presidente
della EKD e del Comitato centrale del CEC.
do è anche il momento nel quale
si rinsaldano antichi legami con
quanti seguono il lavoro delle nostre chiese con affetto, partecipazione e costanza.
E’ così che con piacere si rivedono i coniugi Cohwig, della United Reformed Church inglese, con
la quale esistono legami di fraternità che hanno dato luogo a scambi di visite. Dal Baselland (Svizzera) anche quest'anno è venuta il
pastore Hanny Wartenweiler. che
dà certe volte l’impressione di conoscere la realtà delle nostre chiese meglio di tanti pastori. Sempre
dalla Svizzera nnsgar Kuhnrich.
del Comitato di Berna, pastore ad
Einingen, attento osservatore di
tutto quanto avviene in Sinodo. A
metà strada tra indigeni e stranieri il pastore Alfredo janavel e il
fratello Felix Canal, rappresentanti di quel gruppo di valdesi emigrati in America del Nord. A tutti
un grazie per essere venuti e un
arrivederci pieno di speranza!
Giuseppe Platone
Nel gruppo di lingua tedesca è presente il pastore della chiesa del
Baden, Karl Cristoph Epting.