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Anno 119 - n. 10 '
11 marzo 1983
L. 500
bped. abbonamento postale
I gruppo bis/70
vElI.^GnUn Elio
Vii Caiuti -.3
1CCG3 FLLblGt;
delle vallì valdesi
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGEUCHE VALDESI E METODISTE
LE CHIESE E LA CORSA AGLI ARMAMENTI
Netta vittoria democristiana
(49%) nelle elezioni politiche in
Germania, netta rimonta della
destra (51%) al primo turno delle elezioni comunali in Francia:
nel momento stesso in cui si conclude il Congresso del PCI all’insegna deU’alternativa, questi risultati, in parte prevedibili, in
parte sorprendenti, nei due maggiori paesi deil’Europa occidentale destano non poca preoccupazione per le conseguenze che non
mancheranno di avere a vari livelli.
Per quanto riguarda la Germania, malgrado la bella affermazione dei « Verdi » che per la
prima volta entrano nel Bundestag, la secca sconfìtta dei socialdemocratici dimostra che anche
in Germania, così come in Francia, sono stati i problemi economici e sociali a pesare maggiormente sul giudìzio degli eiettori.
Con oltre 2,5 milioni di disoccupati, dopo 13 anni di governo
social-liberale, la « locomotiva »
industrìaie tedesca si è inceppata, rimettendo in forse le conquiste del Welfare State. La conferma della fiducia a Kohi da parte
degli elettori tedeschi va nel senso della restaurazione di un tipo
di sviluppo economico capitalistico tradizionale (maggiori spazi lasciati alla libera iniziativa,
appoggio esplicito agli imprenditori), simile a quello imposto da
Reagan negli Stati Uniti. A fame
le spese saranno, come sempre,
le classi meno abbienti.
Ma ciò che più preoccupa, sul
piano internazionale, è il ribadito ancoraggio deila Repubblica
Federale nell’Alleanza atlantica,
in posizione subaiterna agli Stati Uniti. Non per nulla la vittoria
di Kohl è stata salutata con euforia da Washington che vede
cosi scongiurati i pericoli di una
possibile tendenza neutralista
della Germania federale. Questo
però vuol dire che sono ormai
aperte le porte all’installazione
dei Pershing II sul suolo tedesco
(e quindi dei Cruise su quello
italiano). È una dura sconfìtta
per il movimento pacifista europeo che sarà chiamato ad una
decisa mobilitazione anche per le
inevitabili ripercussioni che il voto tedesco avrà sugli orientamenti strategici dell’URSS.
La vittoria della destra in Francia va purtroppo nella stessa direzione e dimostra come anche li
la maggioranza del corpo elettorale sia restio a capire o ad accettare profondi cambiamenti
strutturali in vista di una maggiore giustizia economica e sociale. Il voto francese come quello tedesco sembrano indicare il
bisogno di sicurezza conservatrice del cèti medi, inàgK'ionlari nei
Jne pàéSi posiùndustriali già entrati nell’era della rivoluzione informatica.
Se questo è vero, non possiamo
non sentirci interpellati in quanto cristiani, chiamati ad annunciare e a sperimentare il « nuovo » nella via che ci ha aperto
Cristo. Di fronte a questo riflusso nei vecchi schemi e nelle vecchie sicurezze, la nostra responsabilità dì credenti liberi ci porta a proseguire con fiducia la
nostra lotta per « una società più
giusta, partecipata e vivibile».
Jean-Jacques Peyronel
Scegliamo Taltra America
Esiste negli U.S.A. uno schieramento, che considera la politica di forza portatrice non di equilibrio ma di squilibrio - Condividere, in Europa, questa tesi non significa essere antiamericani
Ho^letto recentemente tre critiche alla attuale politica del governo USA, particolarmente in
materia di rapporti Est-Ovest e
di corsa agli armamenti, che mi
sembrano, nella loro diversità,
emblematici di un largo schieramento « politico-religioso » che
negli Stati Uniti esprime oggi
una notevole resistenza nei confronti della politica del presidente Reagan.
appare, il governo Reagan crede
che, in conseguenza della natura
del sistema sovietico, la politica
estera dell’URSS non può essere
modificata nella direzione di un
modo di coesistenza con l'Occidente, allora la politica estera
americana non è altro che uno
strumento per creare le migliori
condizioni possibili per una inevitabile guerra tra l'Est e
l’Ovest ».
..............’ skf
«Noi vi seppelliremo» compiti
La prima è di carattere puramente politico e proviene dall’autorevole rivista « Foreign Affairs » molto seguita dal mondo politico statunitense. Ne riferisce Claude Julien in un ampio
articolo intitolato La pace secondo Reagan comparso su «Le Monde diplomatique » di febbraio
che ne cita le conclusioni:
« Dichiarare ai sovietici ’’noi vi
seppelliremo”, come in realtà fa
il governo, produrrà tra i dirigenti, l’élite e il pubblico sovietico la stessa reazione che provocò tra gli Americani la famosa
frase di Krusciov (l’affermazione
accompagnata dal colpo di scarpa sui banchi dell’ONU, n.d.r.)...
Così com’è attualmente formulata, la politica di Reagan non
offre ai nuovi dirigenti sovietici
che la scelta tra lo scontro e la
capitolazione. Se, come talvolta
La seconda proviene da ima
eminente personalità americana
e congiunge la competenza politica e la coscienza cristiana.
George F. Kennan, ex ambasciatore statunitense in Unione Sovietica e Jugoslavia e evangelico
professante, ha tenuto recentemente una conferenza al Seminario teologico di Princeton,
New Jersey, sul tèma Un punto
di vista cristiano sulla corsa agli
armamenti. Dopo aver messo in
questione tanto l’uso quanto la
minaccia dell’uso .della bomba
dal punto di vista dell’etica e della fede, Kennan ha indicato tre
compiti per i cristiani americani: combattere la sensazione dell’inevitabilità della guerra; contrastare le rappresentazioni del
quadro politico che pongono tutto il bene da una parte e tutto il
male daH’altra; mantenere aper
Con la vittoria della Democrazia
si fa più cupa l’ombra
ta la comunicazione con l’Unione
Sovietica a diversi livelli. Ora è
proprio su 'questi punti che gli
Americani sono carenti secondo
Kennan: Vestablishment politico
e i mezzi di comunicazione di
massa incoraggiano la persuasione che la guerra è imminente,
promuovono im’immagine distorta delle due superpotenze e impediscono la comunicazione diretta che minimizzerebbe le incomprensioni. In tale situazione
il dovere dei cristiani è di « aiutare il nostro governo a metter
da parte l’idea stessa di usare
Cristiana in (Germania Federale
dei missili sull’Europa.
armi nucleari... e ad evitare la
guerra che potrebbe indurci nella tentazione di usarle r>.
IN MARGINE ALLA PARABOLA DI LUCA 10: 25-37
Sono il prossimo del mio fratello
« Sono forse io il guardiano
di mio fratello? » risponde Caino
al Signore, dopo aver ucciso Abele suo fratello.
« Chi è il mio prossimo? » chiede a Gesù il maestro della legge.
« Tu sei il prossimo di chi incontri » gli risponde Gesù.
Nella risposta di Caino troviamo l’esemplificazione più drammatica della tragedia della storia dell’umanità: la pretesa dell’uomo singolo di essere il centro
del mondo; in altre parole, l’egoismo o egocentrismo.
Caino vede tutta la realtà del
mondo e della vita a partire da
Caino stesso. La presenza di Abele sulla sua strada è un’interferenza da cui deve difender si..
quindi Abele deve essere tolto di
mezzo.
La storia dell’umanità si è sviluppata sulla falsariga della storia di Caino, caratterizzando oggi ancora i motivi portanti dell’economia (sistema di produzione - multinazionali - concorrenza e, più grave, sfruttamento dei
paesi poveri da parte dei paesi
ricchi) della politica (blocchi
contrapposti - corsa agli armamenti - follia nucleare) e spesso
anche della cultura (assorbimento delle minoranze). Io con
tro il prossimo.
La domanda del maestro della legge vuole essere un passo
avanti rispetto a Caino.
Il maestro della legge accetta
di non essere più rinchiuso nel
cerchio del suo egoismo, apre
questo cerchio ed accetta il fatto di avere un prossimo, per il
quale fare qualche cosa.
E in effetti c’è nella sua ricerca un notevole salto di qualità,
con dei risvolti pratici dà non
sottovalutare. Se egli accetta di
« fare qualche cosa » per il suo
prossimo, questi riceverà qualche cosa. Un po’ di beneficenza
per aiutare il « povero ed il misero » che al tempo stesso gli
permetterà di essere ricordato
come un benefattore e gli darà
nell’intimo della sua coscienza la
certezza di essersi acquistato la
vita eterna!
Il prossimo rimane però ancora sempre subordinato al proprio
« io. »: Io e il prossimo.
La risposta di Gesù vuole invece essere un superamento radicale di questa situazione.
C'è una realtà di uomini e donne con i loro drammi ,i loro problemi, le loro miserie morali e
materiali. C’ è oggi gente che
muore di fame, gente che grida
disperata per la solitudine, gente che si uccide perché non ha
una speranza ecc. e noi siamo
immersi in questa realtà, ne facciamo parte fino al collo, e quella fede e quella speranza che il
Signore ci dà, ci spingono verso
il nostro fratello per essere con
lui, per essere il suo prossimo.
E’ quanto Gesù ha fatto venendo
a vivere in mezzo a noi e dando
la sua vita fino alla morte sulla
croce del Golgota.
Noi non siamo più staccati dai
nostri fratelli, siamo loro prossimo legati a loro dallo stesso
dramma del peccato e dalla stessa speranza della grazia di Dio in
Cristo.
Io-sono il prossimo del mio
fratello.
In questa affermazione di Gesù c’è una carica di rinnovamento del rapporto fra gli uomini
che porterebbe ad un superamento automatico di tutti i drammi
del mondo di oggi.
Non accontentiamoci perciò di
essere nella posizione piena di
buona volontà del maestro della
legge, ma lasciamoci portare da
Gesù a fare il passo decisivo ed
accettiamo di essere il pros.simo
del nostro fratellò;
Renato Coìsson
Pressione
delle chiese
La terza si riferisce alla fortissima pressione che diversi ambienti ecclesiastici statunitensi
hanno esercitato nei confronti
del Congresso in occasione del dibattito di alcuni mesi fa sui fondi per la produzione dei missili
MX, contribuendo a rallentarne
il programma mediante un rilevante taglio dei fondi destinati
a questo scopo. Ne scrive William Bole, del « Religious News
Service » in un articolo intitolato Le chiese degli Stati Uniti e il
nucleare riportato dal numero
di febbraio del bollettino « nev »
della Federazione Chiese Evangeliche in Italia. Durante questo
dibattito, afferma Bole, « le chiese hanno attuato quella che probabilmente è la più vasta e compatta campagna contro un singolo sistema di armamenti che
sia stata mai realizzata, dall’inizio dell’era nucleare, nell’ambito delle chiese ».
Anche noi
Come dicevo, non si tratta che
di esempi del vasto schieramento che si oppone alla politica reaganiana che si va dimostrando
sempre più pericolosa. La scommessa sulla debolezza economica
di un’URSS che non reggerebbe
alla « spallata » di un poderoso
riarmo statunitense è contraddetta oggi dai rapporti della
stessa CIA; l’aver puntato tutto
sull’elemento militare del confronto con l’URSS mette ofa con
le spalle al muro l’economia reaganiana che ha sacrificato alle
armi la sicurezza sociale e l’occupazione, con un Congresso
sempre meno disposto a concedere ulteriori aumenti del bilancio militare; i calcoli più o
rneno scoperti sulle possibilità
di una guerra nucleare limitata
Franco Giampiccoli
(continua a pag. 2)
2
2 fede e cultura
Il marzo 1983
____UN LIBRO DI MARIO MIEGGE SU LUTERO E LA RIFORMA
Il passato nel presente
A .colloquio con i lettori
Se qualcuno non avesse mai
letto nulla o quasi sulla Riforma
— e probabilmente non siamo in
pochi — farebbe veramente una
buona scelta se cominciasse con
il Martin Lutero di Mario Miegge, uscito da poco nella bella serie dei libri di base degli Editori
Riuniti, una collana che riesce a
presentare ad un pubblico assai
vasto autori e argomenti di vario interesse in modo semplice e
chiaro i.
Il libro di Miegge si inserisce
perfettamente in questo intento.
Al di là del richiamo di copertina ai cinquecento anni trascorsi
dalla nàscita di Lutero, il tema
del libro è quello del sottotitolo:
la Riforma protestante e la nascita delle società moderne. Proprio la necessità di rivolgersi ad
un pubblico in genere non informato sull’argomento e non protestante ha fatto sì che questo
sia certamente nn libretto quanto a formato e munero dèlie pagine, ma, nella sostanza, un librone.
Chi ha fatto il liceo qualche
decina di anni fa si ricorda che,
se andava bene, la Riforma era
un capitolo del libro di storia
piuttosto mal connesso con gli
altri; nei testi in uso oggi alla
media e alle superiori — spesso
ben fatti — le cose sono un po’
migliorate, ma comunque la Riforma resta un argomento a sé,
nei casi peggiori associata alla
Controriforma: insomma una vifcenda religiosa che piove ad un
certo punto in Europa.
D’altro canto non mancano i
libri specializzati, scritti da protestanti o da altri: ma qui la
mole delle pagine e le conoscenze storiche che si presuppongono nel lettore fanno sì che, ad un
ceffo punto, si perde il filo del
discorso che va dagli inizi del
’500 alla fine del ’600.
Mi pare che Mario Miegge ab
bia invece scritto una cosa che
non c’era. Sullo sfondo sempre
ben presente di quel colossale
mutamento che è stato il passaggio dal Medio Evo al Rinascimento e al mondo moderno, dal
caos feudale all’ordine borghese, acquistano rilievo — nel libro — i personaeai individuali e
collettivi della Riforma, i grandi pensatori e i numerosi predicatori, i dirigenti e i movimenti radicali, connessi fra di loro
nel grande dibattito religiosa e
politico — e nei conflitti a volte
drammatici — che ha infiammato l’Europa per due secoli.
Così la Riforma cessa di essere l’appendice religiosa di un’altra storia, ma al tempo stesso
non diventa l’unico elemento attraverso il quale capire tutto il
resto: rischio, quest’ultimo, sempre ricorrente, in chi pensi di
sconfessare la rivoluzione culturale fatta da Lutero e la sua modernità solo in base alla sua repressione dei contadini, o in chi,
come Max Weber, voglia legare
in modo meccanico lo ’’spirito”
del capitalismo e l’etica protestante.
In una presentazione come questa non «’è spazio per un riassunto. Ricordo semplicemente che il
libro è articolato in 4 capitoli: il
primo ci immerge nella realtà
deH’ordine e della chiesa medioevale, il secondo è dedicato a
Lutero, il terzo — particolarmente appassionante — affronta
le grosse questioni su cui si gioca la Riforma in Germania, in
Svizzera, in Inghilterra, l’ultimo
affronta alcuni aspetti dell’etica
protestante.
Spesso le grandi sintesi contengono il rischio dell’appiattimento: questi capitoli hanno invece in comune il gusto per la
storia e per la dialettica — cioè
i conflitti, le contraddizioni, le
domande non risolte — che la
Scegliamo l'altra America
(segue da pag. 1 )
al teatro europeo e sulle possibilità di un "first strike" nucleare, si scontrano con una fortissima opposizione morale da parte
di larghi settori dell’opinione
pubblica che si esprimono anche in prese di posizione delle
maggiori chiese.
Di questo schieramento di opposizione, nel più ampio contesto occidentale, facciamo parte
anche noi, anche quanti in . Europa sono convinti che la politica
di forza non porterà mai all’equilibrio bensì al rilancio di
un ulteriore squilibrio in una
spirale di follia. Ora valutare, come talvolta alcuni fanno, questa
opposizione in termini di filosovietismo e antiamericanismo significa precludersi la possibilità
di comprendere la storia die
stiamo vivendo. Significherebbe
infatti considerare antiamericani e filosovietici uomini come
George F. Kennan, i politici della rivista Foreign Affairs, i leaders e i milioni di membri di
chiese e organizzazioni religiose
che sempre più chiaramente ritengono non sia moralmente giustificabile il possesso di armi che
possono provocare una distruzione di massa.
Nello schierarci con questa opposizione statunitense, per una
politica del dialogo in vista del
disarmo, del primo passo in vista di un allentamento della tensione, penso al contrario che noi
ci dimostriamo più che mai filoamericani, ma amici della più
autentica tradizione americana
di fede, di libertà e di giustizia
che oggi è contraddetta dalla
svolta reaganiana.
Le due Americhe
Non sono nostre fantasticherie.
Sono cose che ci hanno insegnato i nostri fratelli in fede statunitensi quando ci hanno chiaramente delineato due visioni
deH’America, l’una rapace e
sfruttatrice, in cui « nella lotta
di ognuno contro tutti la pietà è
una debolezza e la carità è la
scelta volontaria del singolo » e
in cui « il governo nel caso migliore è un male necessario che
deve essere abbastanza forte per
difendere il privilegio ma che deve essere mantenuto abbastanza
debole affinché non imponga agli
interessi privati una responsabilità pubblica »; l’altra ideale e
programmatica, « profondamente
radicata nella fede religiosa e
nelle immagini bibliche che parlano del piano divino e delle
possibilità dell'uomo », in cui « si
prospettava un governo che
avrebbe promosso il bene di tutti assicurando a tutti la benedizione della libertà ». Riconoscendo nel programma reaganiano
una involuzione verso la prima di
queste due visioni, essi hanno affermato chiaramente: « siamo
convinti che la visione dell’America che ci viene ora proposta
non corrisponde agli interessi comuni degli americani e del mondo » (Dichiarazione del Consiglio
Nazionale delle Chiese Cristiane,
pubblicata sull’Eco-Luce del 2
ottobre 1981).
Non si tratta, per noi in Occidente, di essere prò o contro
l’America, ma di schierarci con
Luna o con l’altra America. Ognuno dunque faccia le sue scelte.
Franco GiampiccoU
storia contiene quando la si voglia studiare non in modo preconcetto. E qui sta l’attualità del
libro: scritto non per commemorare, ma per riflettere sull’oggi.
Perché è ancora oggi, per fare
un esempio, che ci sentiamo molto vicini e in sintonia con la demolizione del potere sacerdotale
fatta da Lutero e con la sua polemica contro gli anabattisti (come non pensare alla nostra polemica contro certa teologia della rivoluzione cara al dissenso
cattolico negli anni ’70?), ma è
anche oggi che assistiamo a conclusioni sconcertanti come quella
di Lutero di fronte a Müntzer:
Dio, quel Dio che — aveva detto
pochi anni prima — si rivela nella sconfitta della croce, sta dalla
parte degli eserciti vincitori. E
a quanti popoli, ancora oggi, come agli anabattisti che avrebbero voluto tentare una vita evangelica e laica, senza una forma
di organizzazione politica, non è
data di fatto la possibilità di riflettere, ma si impone loro con
la forza o di rinnegare o di pagare con la morte? Analogamente viene fatto di leggere le pagine su Calvino, il legislatore di
Ginevra, avendo in mente i nostri problemi di testimonianza
nelle città di oggi. I conflitti che
accompagnano il passaggio di
quella città da comune medioevale ancora dominato dai vincoli
di parentela ad una repubblica
in cui i cittadini sono tali per
scelta non sono così lontani dalle nostre discussioni sulla « questione morale », sugli enti locali,
sul rapporto fra le chiese e lo
stato. E riflessioni simili si potrebbero fare sulla straordinaria
vicenda dei puritani di Cromwell,
sulla rivoluzione inglese, sulle
minoranze dissenzienti (dai quaccheri, ai battisti, ai mennoniti)
spesso represse quando la fase
rivoluzionaria della Riforma si
trasformava in momento di gestione del potere: non ci sono
qui altrettanti elementi di riflessione sulla storia passata e presente del movimento operaio?
La lotta tra
il vecchio e il nuovo
Il passato nel presente, dunque, come giustamente si intitola l’epilogo del libro. Non il passato suggerito dalle varie mode
di oggi che vagheggiano ritorni
al Medio Evo o giù di lì per sfuggire alle contraddizioni della nostra società e alla necessità di
adoperarsi per la sua trasformazione. Né un passato come soluzione della crisi, come sembrano suggerire altolocati inviti verso le « eterne certezze» o gli immutabili « valori cristiani ». Ma
un passato nel presente come ricchezza e drammaticità della storia che ci precede, come invito
a vedere nel continuo conflitto
fra liberazione e oppressione dell’uomo il fatto che non esiste
una legge necessaria della storia,
non esiste una direzione che va
dal negativo verso il positivo,
non esiste una chiesa o un partito o un paese che può garantire
questa direzione. I conflitti, le
grandi illuminazioni e i profondi dubbi religiosi degli uomini
della Riforma ci aiutano a comprendere che anche oggi Dio è all’opera nella storia, che la storia,
per questo, ha un senso; ma anche che « le più gravi insidie alla
liberazione e alla sopravvivenza
della specie umana si manifestano proprio nelle sedi più avanzate del progresso economico e civile ». E dunque che, come diceva il presidente Mao, la lotta
tra il vecchio e il nuovo non
avrà mai fine.
Marco Rostan
' M. Miecce. Martin Lutero 14831545 - Libri di bnse. Editori Riuniti
1983. L. 3.000.
ANCORA MISKITOS
Caro direttore.
il contributo del pastore Bernardini
rende indispensabili alcuni chiarimenti.
Gli indiani poterono far sentire la loro
voce a Managua sino al febbraio 1981,
poi i loro delegati furono arrestati ed
il MISURASATA (organizzazione di base dei Miskito, Sumo e Rama sandlnlsti) fu esautorato a favore dell'iNNICA
(istituto-Ministero Naz. Nic. per la Costa Atlantica). La questione della lingua per la campagna di alfabetizzazione
fu proprio una delle più gravi ragioni
del dissidio: fu fatta anche in Miskito,
ma contro Managua, ed in particolare
contro l’isterica opposizione dell'ANDE
(Ass. Nic. degli Educatori) diretta da
un professore ex-somozista fervente;
e grazie all’organizza'zione del MISURASAIA, finanziariamente sostenuta dal
Cultural Survivance di Boston, ed al
furor di popolo che cacciò dai villaggi
i ladinos dell'ANDE che pretendevano
di alfabetizzare soltanto in Castigliano.
Vi furono anche scontri: a Prinzapolka il
22 febbraio 1981 caddero quattro alfabetizzatori Miskito e quattro poliziotti.
È vero: molti Pastori che avevano cura dei villaggi (almeno 60) sulle rive
del Rio Coco, da cui la popolazione è
stata deportata, e dove nel 1982 sono
state interamente date alle fiamme capanne, scuole e chiese dei Fratelli Moravi, hanno seguito i loro parrocchiani
fuggiti nella macchia; sono soprattutto
i Pastori giovani ed indigeni che hanno
fatto questa scelta contro le disposizioni della loro gerarchia di Puerto Cabezas sempre molto prudente col potere (somozista prima, sandinista poi).
Nel 1977, al Palazzo delle Nazioni di
Ginevra il delegato miskito Amstrong
Wiggins, al congresso delle « Organizzazioni Non Governative » dell'UNESCO
(ONG), denunciò le rapine di Somoza &
C. al patrimonio forestale e minerario
della Moskitia; la rivista dei pellirosse
Mohawks, Akewesasne Notes, se ne fece portavoce ed è la stessa che coerentemente, anche oggi, sostiene la
causa degli Indiani della Costa Atlantica.
Gli USA strumentalizzano la resistenza indiana; ciò non toglie che questa
abbia le sue ragioni; così come, da
noi dopo l'Unità, Borboni e clericali
usavano per fini reazionari la giustificata rabbia delle plebi meridionali per il
colonialismo « piemontese ».
Infine, non parlerei impropriamente di
>. Nazione » a proposito del Nicaragua
(né degli altri Stati americani), ma di
Stato plurinazionale »: altrimenti saremmo ingiusti con le residuali minoranze autoctone, e cioè con quanto ancora rimane dopo quattro secoli di
spietata colonizzazione (genocidio).
Non sarebbe il caso di invitare il
padre trappista Ernesto Cardenal, ministro della cultura integralista di Managua ed ottimo poeta iadino, a meditare
su Matteo 21: 31-32? È questo il modo
di essere testimoni di giustizia con i
diversi e gli emarginati?
lavo Burat, Biella
UNA VISITA
Egregio direttore.
Vorrei aggiungere qualcosa all’articolo di lavo Burat « La resistenza dei
Miskitos ».
Voglio cioè .riferire sul viaggio ' compiuto nel mese di dicembre in Nicaragua da una delegazione di indiani nordamericani guidata da Vernon Bellacourt
e da Francis Downwind, rappresentanti del Consiglio Centrale del Movimento
indio degli Stati Uniti e del Congresso
Internazionale delle tribù indie.
Hanno visitato gli insediamenti di miskitos e sumos di Tasba Pri, Sasha e altri ^
È da ricordare infatti che, a seguito
delle continue infiltrazioni di gruppi di
controrivoluzionari nei villaggi miskitos
sulla frontiera con l'Honduras con ostacoli della navigazione sul rio Coco, occupazioni di centri abitati con morti,
feriti e saccheggi, con lo scopo di organizzare un'ampia ribellione e di creare una situazione di separazione della
regione dal resto del Nicaragua, il governo rivoluzionario è stato costretto
a trasferire, improvvisamente, faticosamente e con dolore data la mancanza
di strade, quasi 9000 pèrsone in zone
più sicure e meno esposte alle azioni
violente della controrivoluzione, il
dramma di questi trasferimenti ha comunque evitato una tragedia maggiore.
Scopo del viaggio era quindi di controllare come effettivamente stavano
vivendo gli indios miskitos e sumos.
<■ Qui in Nicaragua si sistemano gli
indigeni in insediamenti provvisori, ma
si tratta di evacuazioni per ragioni di
sicurezza personale, perché le persone
non siano assassinate senza necessità.
Sebbene anche questo comporti un certo disagio, gli indigeni statunitensi esprimono la loro fiducia nel fatto che I
miskitos e i sumos possano tornare
alle loro terre, alle loro case lungo il
rio Coco, quando la minaccia di aggressione venga meno; questa garanzia esiste » — affermò Downwind. Il Nicaragua, continua Downwind » deve confrontarsi con questi problemi, ma noi confidiamo nel suo popolo e nel suo governo. Riconosciamo la rivoluzione sandinista come un evento storico in Centro America, dove per la prima volta
una rivoluzione trionfante ha l'opportunità di sviluppare nuove e onorevoli
relazioni con la sua popolazione indigena ».
Interessanti sono state le considerazioni fatte dalla delegazione sui rapporti
tra il governo nordamericano e gli indios: « Negli Stati Uniti si è usata la
educazione per separare le popolazioni
indigene dalla loro cultura, identità e
tradizioni... Le nazioni indigene nordamericane hanno firmato 371 trattati con
il governo centrale che sono stati costantemente violati. Si mettono gli indigeni nelle riserve e quando il governo
si interessa alle risorse minerarie e
naturali di queste terre, in qualche modo li espelle ».
I due esponenti si sono anche rammaricati della manipolazione che la controrivoluzione, sostenuta dal governo
nordamericano, fa dei Miskitos. nello
stesso modo che in passato anche oggi i governanti nordamericani fanno con
le popolazioni indigene abitanti negli
Stati Uniti. « Non è molto sorprendente
— continua Bellacourt — che il governo
nordamericano sia capace di andare a
fare in Honduras esattamente le stesse
cose con i Miskitos: spingerli a lottare
contro i loro fratelli per raggiungere
un obiettivo che soddisfi le sue ambizioni politiche »,
Downwind e Bellacourt concludono
il loro breve resoconto anche con considerazioni personali sulla bellezza di
camminare in tranquillità per le strade
in Nicaragua, sulla libertà di sorridere
ad un poliziotto sandinista senza paura, come invece succede nélle terre
indios negli Stati Uniti.
Con queste brevi note ho voluto aggiungere altre considerazioni a ciò
che era stato scritto nell'articolo di
lavo Burat.
Francesco Fassanelli, Padova
' Barricada International del 27.12.82.
^ Per la storia, geografia e etnologia
sono importanti e fondamentali, per una
buona conoscenza delle popolazioni indie della costa atlantica del Centro
America gli studi di Massajoli e De
Stefano pubblicati sulla rivista « L’Unìverso-IGM » n. 4/1968, 5/1971, 1/1981,
2/1981.
PRECISAZIONI
SulV intervista al pastore Sonelli
(Eco-Luce 4-83) abbiamo ricevuto due
precisazioni.
Mario Affuso scrive che non solo
le Chiese battista metodista e valdese
in occasione dei culti interdenominazionali hanno sospeso il proprio cuiio,
ma anche la Chiesa apostolica di Firenze/Prato ha partecipato in modo totale.
Essa (c è stata a suo tempo la proponente di un culto siffatto con relativa
chiusura delle proprie sale e dei propri templi, ed è stata tenace sostenitrice deirinizialiva quando questa fu
con pari vigore proposta dal pastore
Kleemann della Chiesa Luterana w.
Eugenio Stretti precisa che per la
recente attività della FGEI Toscana
non si deve parlare di rr creazione »
ma di <r riorganizzazione » in quanto
durante gli anni ^70 pur non essendoci
una segreteria regionale i gruppi locali toscani^ insieme a quello di La
Spezia, (c continuarono ad avere attività locali in stretto collegamento con
la FGEI nazionale ».
3
11 marzo 1983
fede e cultura 3
Nel precedente articolo si era
posta la premessa di un nesso
tra il progressivo aumento della
popolazione malata rispetto a
quella sana ed il volto nuovo che
dolore, sofferenza, malattia e
morte stanno assumendo nel nostro tempo. Che l’aumento della
popolazione malata sia strettamente legato ai progressi diagnostici e terapeutici della medicina di questo secolo è provato da
queste possibilità oggi realizzabili:
1) l’asportazione di parti malate di visceri ed organi interni
che lasciati nelle loro sedi conducono a morte l’individuo (esempio tipico il processo necrotico
del verme appendicolare o della
cistifellea);
2) la cura chirurgica, fisica,
chimica di processi tumorali con
larghi margini di sopravvivenza
definitiva o limitata nel tempo;
3) la correzione farmacologica di gravi deficit metabolici
(esempio classico il diabete) incompatibili con la vita;
4) il blocco e superamento
di avvenimenti morbosi acuti tipici della vecchiaia che ne determinavano la fine (esempio: infezioni broncopolmonari, urinarie, ipertrofia prostatica);
5) la riparazione e correzione di alterazioni e vizi congeniti
che prima erano causa di morte
dell’individuo neonato;
6) il mantenere in vita con
mezzi artificiali (rianimazione)
soggetti comatosi per cause le
più diverse, sino alla loro totale
MALATTIA E MORTE - 3
La fuga a Calcutta
o parziale ripresa di coscienza
(in un solo anno sono passati nei
reparti di rianimazione del nostro paese ben oltre 100 mila persone in stato di coma più o meno
grave!);
7) la sostituzione, con protesi o trapianti di tessuti ed organi, di parti malate e non più funzionanti dell’organismo (rene,
cuore, fegato, pancreas).
Perdita di autonomia
Questa elencazione, per quanto
sommaria ed incompleta, delle
possibilità terapeutiche della medicina attuale è sufficiente a farci immaginare quante persone
oggi possano sopravvivere — ed
ancor più potranno sopravvivere domani — a lesioni ieri considerate mortali, ma non deve nasconderci che questa sopravvivenza si ottiene con riparazioni
e mutilazioni i cui esiti possono
andare dalla completa restitutio
ad integrum (guarigione completa) sino alla perdita totale dell’autonomia e dello stato di coscienza deU’individuo, attraverso
una molteplicità di stadi inter
VERCELLI
Uomo di confine
« Lutero: uomo di confine, nodo nella Chiesa e nella storia ».
Con questa affermazione, il pastore G. Gandolfo ha concluso
venerdì scorso al Centro d’incontro Evangelico la sua conferenza
sul tema « Il cammino spirituale
di Lutero ».
Dopo l’impostazione storica sugli inizi della Riforma tenuta dal
prof. Avonto, è stata la volta del
pastore valdese di Torino, che,
seguendo passo passo il travaglio di Lutero, ne ha illustrato le
ragioni profonde di studio, ricerca e fede ed ha evidenziato la
complessità dell’uomo che, ancora legato per certi aspetti alla
mentalità medievale, nondimeno
alla fine, costretto dalTatteggiamento ostile della gerarchia romana, ruppe col passato per dare vita ad una religione che è ora
parte integrante della nostra civiltà.
La relatrice ha inoltre approfondito il concetto di giustizia e
di uomo « sempre peccatore,
sempre penitente, sempre giusto », rilevando come in essi sia
presente Lutero monaco e professore, non ancora il riformatore.
Nella lettura di alcune tesi (la
42, 44, 46, 53) ha posto l’accento
sulla fiducia di Lutero nel papa,
sul suo bisogno profondo di coerenza e fedeltà al Vangelo e sulla sua volontà di richiamare l’attenzione del mondo universitario
sulla realtà delle indulgenze, per
cui bisognerà attendere quasi un
anno daH’aflìssione delle tesi, per
trovare per la prima volta pre
sente nei suoi scritti l’idea di
Riforma.
Sarà infatti proprio nel commento alla tesi 58 che Lutero
parlerà chiaramente di Riforma, intendendo però con questo
termine non l’opera di un uomo
solo, ma quella di Dio che sceglierà quando vorrà il tempo per
la sua realizzazione.
E sarà dunque solo con la scomunica personale del 1521 che
Lutero assumerà gesti di ribellione, perché avrà capito che la
Chiesa ufficiale è ben diversa da
quella voluta dal Vangelo.
Interessante è stato anche il dibattito, che ha affrontato tra gli
altri aspetti il rapporto Lutero/
Principi tedeschi in relazione alla guerra dei contadini. Accanto
alle ragioni storiche che hanno
spinto Lutero a parteggiare per
chi gli aveva salvato la vita e nel
contempo aveva difeso la Riforma, è emersa anche la ragione
teologica tipicamente medievale:
l’interpretazione del concetto di
autorità, per cui i Principi possono essere violenti contro i sudditi che si ribellano, perché devono tutelare la Parola « con la
spada ».
La relatrice in questo caso ha
perciò parlati di un Lutero conservatore e riformista, ma ha subito aggiunto che « in lui era presente una forza rivoluzionaria »
che lo rendeva « uomo di confine,
nodo nella Chiesa e nella storia,
grande scopritore del Vangelo,
uomo di grande fede ».
L. C.
IL CENTRO FILADELFIA
organizza un corso intensivo di lingua inglese
dal 2 al 30 agosto 1983
L’iniziativa è specificainente per candidati studenti in
teologia, ma la partecipazione è allargata ad un numero limitato di altre persone, interessate al perfezionamento dell’inglese. Per informazioni sulle caratteristiche, i costi e le modalità di partecipazione, scrivere a: ~
Paolo Spanu - Via L. Colla, 20 - 10098 Rivoli (To)
medi di impedimenti, malessere
cronico e disfunzioni che anche
il profano può facilmente intuire.
Questa dolente realtà può essere ricostruita anche sulla scorta di certi dati statistici che stanno a significare quanto essa incida sempre più largamente sulla totalità dei problemi societari.
Per esempio, il numero degli
italiani ricoverati annualmente
nelle sole strutture ospedaliere
supera ormai i sette milioni ed
il numero dei dipendenti della
sanità pubblica è giunto a 630.000
ai quali si debbono aggiungere
quelli del settore privato (forse
un quarto), deH’industria farmaceutica, dell’industria delle apparecchiature medicali, delTeditoria medica: entità numeriche che
danno di per se stesse un’idea
approssimativa deU’impegno sociale e finanziario che ruota ormai attorno al problema della
salute. Sembra quasi di poter
dire che l’attuale società stia costruendo sulla malattia qualcosa
di simile, per impegno socio-economico, a quanto la civiltà egizia
aveva costruito sulla morte (imbalsamazione - tombe).
Questa nostra crescente popolazione malata ed invalida ha ormai una tale consistenza da aver
generato persino il fenomeno
delle associazioni di malati e parenti di malati per ogni tipo dì
malattia e lesione. Abbiamo così,
sembra incredibile, associazioni
di spastici, paraplegici, handicappati psichici, laringectomizzati,
diabetici, asmatici, emopatici,
cardiopatici, e di quanti in numero crescente sono in attesa di
trapianti di rene, di fegato, di
pancreas, di cuore, ed altre numerose associazioni ancora che
renderebbero interminabile l’elencazione. Ed è paradossale che
questa inquietante ed onerosa
realtà sia diretta conseguenza
non di insuccessi della medicina,
ma bensì dei suoi crescenti successi.
Una parabola indiana
Quello che sino a qui è stato
descritto è l’aspetto scientifico e
sociale del fenomeno, entro il
quale si colloca col suo dinamismo la psicologia dell’individuo
di oggi, in particolare del cittadino di questa nostra società che
vive nel clima culturale di crescenti promesse ed attese, alimentate dagli indubbi progressi
della scienza e della tecnologia.
E’ sempre più lontana la disperazione rassegnata dell’uomo di altre epoche: le speranze messianiche di ieri gli si presentano come concrete possibilità di realizzazione, inducendolo non solo a
respingere la prospettiva di una
esistenza stroncata anzitempo,
ma a perseguire anche l’obiettivo di allontanare il più possibile il momento deirinevitabile incontro con la morte, anche quando questa si presenta a tarda
sera.
In un recente congresso medico-sociale organizzato da protestanti francesi, il dr. Dominique
Bonnet fotografava ciò che la
medicina è riuscita a dare aU’upmo di oggi in questa esemplare
storia indiana: Un giorno un
giardiniere corre spaventato dal
suo padrone e gli dice: “Ho visto
la Morte che passeggiava nel
giardino, dammi il cavallo per
nascondermi a Calcutta". Il padrone gli dà il suo cavallo e voi
va nel giardino e dice alla Morte:
"Perché hai spaventato il mio
giardiniere?". E la Morte in risposta: "Sono stata io la prima
ad essere molto sorpresa ad incontrarlo qui, perché avevo stabilito rincontro con lui solamente per stasera a Calcutta". In
breve, la medicina è il cavallo
che con la sua corsa consente di
spostare in avanti l’ora di morire.
Quanto della problematica che
abbiamo tracciata nasce proprio
dalla fisionomia che può assumere questa fuga a cavallo davanti alla morte! Una fuga che
sembra saggio concepire e tentare ma che non regala sempre
l’attesa soddisfazione, anzi qualche volta può diventare motivo
di rimpianto di non essersi lasciati cogliere nel giardino. Qui
sta una delle contraddizioni del
nostro tempo, che apre quesiti
ed interrogativi inquietanti sullo
stesso procedere culturale dell’uomo, della stessa natura forse
di quelli che si sono aperti con
l’uso ed abuso delle risorse della
terra, la crescita della produttività e del benessere, gli squilibri
mortali degli ecosistemi.
Aspetti psicologici
E’ dentro questa più ampia
cornice che occorre guardare anche la problematica della malattia e della morte.
Se l’esperienza professionale
vissuta può suggerire qualcosa,
essa testimonia della quasi generale volontaria accettazione,
da parte dell’individuo malato, di
qualsiasi mutilazione del suo organismo, anche la più avvilente
ed invalidante, pur di sopravvivere; come pure della estrema
facilità con cui il malato può essere . pietosamente ingannato,
quasi l’inganno fosse atteso e desiderato. Questi ■ due aspetti psicologici deU’individuo malato,
unitamente allo sgomento che lo
coglie quando ha la sensazione
« che non gli si faccia più niente », mentre il suo malessere continua e peggiora, dovrebbero
consigliare cautela nel procedere
con nuove strategie studiate a
tavolino su di un terreno di battaglia in cui combattono e cadono non degli « eroi » ma delle povere creature umane piagate e
non sempre rassegnate al loro
destino, cui il più delle volte la
Provvidenza (o un medico pietoso) viene loro incontro con un
benefico stato di incoscienza.
TRIVENETO
Predicazione
« La predicazione » è stato il
tema sul quale si è tenuto un incontro del Collettivo teologico
organizzato dalla Federazione
delle Chiese Evangeliche del Triveneto a Venezia il 5 e 6 febbraio u.s.
L’incontro ha avuto esito positivo dovuto all’apporto dei due
relatori: i pastori Gianmaria Grimaldi e Jurg Kleemann.
In modo particolare è stata
posta l’attenzione sul rapporto
che deve esistere fra il predicatore e colui che ascolta: deve esserci fra i due una sorta di alleanza.
Di che cosa dobbiamo essere
capaci per seguire la predicazione? Quali sono gli elementi, le
azioni e le cose che costituiscono
il gioco linguistico? Quando mi
sento deluso, che cosa mi ha disturbato? Queste le domande
che hanno dato luogo a una serie di riflessioni su come dobbiamo disnorci per ascoltare la
predica e su che cosa ci aspettiamo dalla predicazione stessa.
Unica nota negativa: mentre vi
è stata una buona partecipazione della Comunità di Venezia, si
è purtroppo constatata l’esigua
rappresentanza delle altre Comunità del Triveneto. Ci auguriamo
che questo sia stato un caso isolato e che i prossimi incontri,
che verranno organizzati nell’ambito della Federazione, siano più
frequentati.
' P. G.
Questo mi è sembrato essere
l’atteggiamento largamente prevalente che l’uomo assume davanti ad eventi che sono tra i più
seri ed impegnativi della vita,
anche se l’ésperienza professionale mi ha offerto — ma raramente, debbo dirlo — esempi di
consapevolezza, serenità e dominio degli eventi che lasciano una
traccia luminosa per l’intera vita
di chi ne è stato testimone!
Contrasta con l’atteggiamento
prevalente dell’individuo malato
quello che in genere si riscontra
neH’individuo sano, che di solito
sostiene, con sincerità, di preferire la morte ad una sopravvivenza che costi gravi mutilazioni
ed invalidità, ed una morte rapida e magari improvvisa piuttosto
che quella che giunge dopo provocate lunghe agonie.
E’ su questa umana contraddizione che si muove la decisione
della cavalcata a Calcutta, soprattutto quando per l’incertezza
degli esiti ci sarebbero elementi
sufficienti per dubitare della saggezza della decisione.
Il medioevo cristiano vedeva
nella sofferenza — specie in quella degli ultimi monienti — possibilità meritorie e salvifiche e
perciò un dono di Dio stesso:
una concezione che oggi forse si
sta stemperando nella convinzione della funzione educativa e formativa del dolore. Se l’accettazione della sofferenza poteva avere questa motivazione per l’uomo
che credeva in Dio, un Dio invero un poco sadico, per l’uomo incredulo del nostro tempo una
sua giustificazione non può venire che dal convincimento e
dalla speranza che il continuo
progresso tecnico-scientifico potrà realizzare domani il miracolo
oggi solo intravisto: ner cui ogni
giorno di vita guadagnato è considerato una probabilità in più
di potere usufruire dì un nuovo
successo della scienza nella lotta
senza quartiere contro la malattia e la morte. E non si può dire
che la cultura specialistica e
quella dei mass media abbiano
la mano leggera in fatto di informazione sensazionale sui miracoli della medicina.
Aureli» Mauri Paolini
LOSANNA — Il 12-13 marzo l’Unione
Biblica organizza un fine settimana a
Losanna per giovani dai 16 anni su « Dio
c'insegna ad ascoltare ia sua voce ».
Informazioni presso S. Rasteilo, telef.
010/218458.
PALERMO — Mercoledì 16 marzo ore
18.30 presso il Goethe Institut, via
Vaccarini 1 inizia un ciclo di studi su
Lutero con « Un'introduzione alia celebrazione del 5° centenario della nascita
di Lutero » a cura del past. A. Bertolino. Seguiranno conferenze del proff. A.
Bondolfi (18.3), M. Ganci (21.3) e P.
Ricca (7 e 8.4).
VERONA — L'Istituto di studi ecumenici S. Bernardino organizza per il 17
marzo (inizio ore 9, stradone Antonio
Provolo 28) un convegno di studio su
« L’antropologia di Lutero ». 0-atori
Mons. L. Sartori e i proff. H. M. Barth,
K. V. Selge, M. Cassese, P. T. Valdman.
SANREMO — Due conferenze del
past. Gino Conte alle ore 17 di sabato
19 marzo e sabato 9 aprile nella sala
valdese di via Roma 14 sulla vita e
l'opera di Lutero e sulla giustificazione
nel pensiero di Lutero.
MILANO — Dal 16 al 18 marzo avrà
luogo presso il palazzo ex Stelline, C.so
Magenta 61 un Convegno internazionale
su Lutero promosso dall’ Università
degli Studi e dal Goethe Institut. Oratori I proff. M. Greschat, E. Baimas, R.
Stupperich, A. Agnoletto, R. Osculati,
J. Wallmann, U. Gastaldi, D. Maselli,
H;M. Stamma, E. Iserloh, G. Alberigo.
MONTEFORTE IRPINO — Il XIII circuito (Campania) organizza presso il
Villaggio evangelico dom. ' 20 marzo
(ore 10-17) un convegno in preparazione
dell'Assemblea di Vancouver con il
confronto dei risultati degli studi biblici preparatori.
4
4 vita delle chiese
Il marzo 1983
ALLE VALLI VALDESI
Visita dei catecumeni all’Uliveto
FOMARETTO — Il 13 febbraio, il gruppo dei catecumeni
del IV anno ha passato una giornata airuiiveto, centro per handicappati di Luserna San Giovanni.
Appena arrivati abbiamo avuto un colloquio con la direttrice
del Centro, Franca Recchia, che
ci ha illustrato i problemi del
Centro e l’importanza dell’istituto per tutti i bambini e i ragazzi che non sono autosufficienti. I problemi sono molti tra cui
un’intera ristrutturazione, ma
mancano i fondi necessari. Come ci ha spiepto la direttrice è
da molti mesi che sono in attesa del permesso per la costruzione dell’ascensore, che è la cosa principale che manca in questo istituto.
Il bisogno di strutture per
questo centro è il bisogno più
impellente perché con le strutture si agevola il lavoro del personale, che essendo limitato fatica
il doppio.
Inoltre la direttrice ci ha illustrato alcune malattie che colpiscono questi ragazzi, fra cui la
epilessia. Questa malattia si divide in due tipi: piccolo male e
grande male.
Piccolo male: si hanno fenomeni di svenimento, vuoti di memoria.
Grande male; si hanno fenomeni più gravi, tra cui svenimenti con convulsioni, bava alla bocca e vuoti di memoria.
L’epilessia deriva da vari fattori: parti difficili, febbri alte
durante i primi anni di vita, che
possono causare la morte di alcune cellule cerebrali. La gravità della malattia dipende dalla
quantità delle cellule che vengono lese e non più riprodotte: la
parte colpita del cervello rimane perciò inattiva per sempre.
Al primo contatto con questi
ragazzi, siamo rimasti tutti impressionati e abbiamo provato
tanta pena. Pian piano ci siamo
poi inseriti nel gruppo e abbiamo cominciato a comunicare con
loro. Ogni ragazzo ha i suoi gravissimi problemi: c’è chi per tutto il giorno fa lo stesso movimento, c’è chi si picchia, c’è chi
non può camminare e ci sono
poi le varie deformazioni mentali.
Questi ragazzi trascorrono nella sofferenza ogni giorno della
loro vita per cui la nostra visita,
i giochi e i colloqui li hanno resi più sereni, per loro è stato un
giorno di festa in cui hanno rotto la monotonia di sempre.
Le persone che lavorano con
questi ragazzi devono farlo con
tanto amore e tanta pazienza
perché si tratta di un lavoro diffìcile e pesante sia fisicamente,
che psicologicamente.
In questo istituto ci sono circa 18 ragazzi dall’età che varia
dai 5 ai 20 anni; r80% di questi
ragazzi non è autosufficiente (in
grado di lavarsi, vestirsi, mangiare, ecc.) e quindi sono necessarie molte persone che si prendano cura di loro; attualmente
l’istituto ne ha a disposizione 22,
ma ce ne vorrebbero molte di
più. La metà di questi ragazzi
per il fine settimana se ne va a
casa; gli altri rimangono al centro. Quelli che rimangono di solito non hanno una famiglia oppure la loro famiglia non li accetta.
Questo forse è l’aspetto più
terrificante perché ci pare impossibile che questi ragazzi non
vengano accettati proprio quando hanno un bisogno immenso
dell’amore e dell’affetto della famiglia. La nostra giornata si
conclude con queste riflessioni
che non dovrebbero finire uscendo da queste mura, ma durare
per tutta la vita, perché dobbiamo pensare a quelle persone meno fortunate di noi e cercare di
aiutarle.
Vivere questa giornata in mezzo a questi ragazzi avrebbe do
vuto aiutarci a capire l’importanza della nostra vita e che la
cosa più importante della vita
è la salute, hen certo ii benessere economico, perché con i soldi non si può cambiare la vita
ad un ragazzo handicappato ;
speriamo che ognuno abbia pensato veramente cosi.
• Sono stati battezzati: Manuel e Pablo Gìraud di Giancarlo e Gönnet Mara di Pomaretto.
Che lo Spirito del Signore vegli ed accompagni sempre questi piccoli, li guidi e li protegga.
La comunità si rallegra e prega
afiSnché essi possano crescere
sotto la guida del Signore.
• Due lutti hanno funestato e
recato dolore a due famiglie della nostra comunità: domenica 13
u. s. ha avuto luogo il fimerale
del nostro fratello Bertolin Giacomo della Paiola (Inverso Pinasca). Sabato 19 u. s. ha avuto
luogo il funerale del nostro fratello Ribet Gustavo dei Masselli.
Ai familiari in lutto la simpatia cristiana della comunità
tutta.
Solidarietà
nella prova
SAN SECONDO — La comunità esprime il suo affetto solidale alle famiglie di Bruno Monnet e dei suoi fratelli per la perdita del padre Giovanni Pietro
Monnet avvenuta all’età di 95
anni, domenica 6 marzo all’Asilo dei Vecchi di San Germano
di cui era ospite.
Attività dei cadetti
PINERO'LO — Noi « cadetti »
di Pinerolo siamo un gruppo di
ragazzi che frequenta la scuola
media e ci troviamo settimanalmente per parlare di vari argomenti e p»fer giocare. Ogni mese
abbiamo una giornata diversa
nella quale andiamo a visitare
dei luoghi storici, organizziamo
giochi... In dicembre siamo andati al Convitto di Pomaretto
dove abbiamo conosciuto i ragazzi della Comunità alloggio.
Abbiamo cenato con loro e fatto
dei giochi, è stata una simpatica
serata in cui abbiamo fraternizzato con loro.
Poiché l’esperienza è stata positiva abbiamo nensato di ripeterla invitando a Pinerolo i ragazzi di Pomaretto. Sabato 26
febbraio ci siamo trovati in una
trentina attorno a un tavolo per
una cena comunitaria! Dopo cena abbiamo eseguito un gioco
proposto dai nostri ospiti e poi
siamo passati a uno organizzato
da noi. Quando ci si diverte il
tempo vola e così ci siamo accorti che era ormai tardi; ci siamo salutati e siamo andati a dormire.
Sottoscrizione
del 17 febbraio
alla RIV-SKF
La sottoscrizione a favore degli Istituti Assistenziali Valdesi ha fruttato la
somma di L. 2.632.000. di cui:
Direzione RIV-SKF L. 250.000; Maestranze Stabilimento 2.356.000; Ditta
Pellegrini 26.000.
Devolute a: Rifugio Carlo Alberto di
Luserna S. G. L. 400.000; Asilo dei Vecchi S. Germano Ch. 982.000; Asilo dei
Vecchi Luserna S. G. 410.000; Convitto
Valdese Torre Pellice 410.000; Convitto
Valdese Pomaretto 430.000 - Totale L.
2.632.000.
Gli Istituti Assistenziali Valdesi esprimono la loro commossa riconoscenza
per le generose offerte ricevute e ringraziano di cuore tutti i donatori e collaboratori che si sono prodigati per il
buon esito della sottoscrizione.
Attività della
Scuola domenicale
PERRERO-MANIGLIA — Nel
mese di marzo, su invito del Concistoro, le riunioni quartierali
saranno tenute dalla Scuola domenicale. Venerdì 4, si è tenuto
il primo incontro nel quartiere
delle Fontane.
Fontane, che appartiene alla
chiesa di Rodoretto, nonostante
d’inverno veda partire quasi tutti i suoi abitanti, ha ancora una
piccola scuola domenicale che
conta 7 bambini. E’ stato allora
simpatico per i bambini di Perrero e Maniglia incontrarsi con
quelli di Fontane, passare alcuni momenti insieme ed insieme
cantare alcuni inni.
Parte della serata è stata dedicata ad una illustrazione del
lavoro della Missione contro la
lebbra, a cui è stata anche dedicata la colletta.
I prossimi incontri saranno;
giovedì 10, Forengo; venerdì 18,
Baissa; venerdì 25, Perrero; giovedì 31, Bessé.
Alle Grangette l’appuntamento è per venerdì 15 aprile.
Riunioni
quartierali
ANGROGNA — Nelle prossime riunioni quartierali (OdinBertot, Baussan, Jourdan, Cacet. Buonanotte) verranno presentati i temi di Vancouver. In
assenza del pastore in viaggio in
Israele funge da sostituto il
cand. Mauro Pons reperibile al
Presbiterio ogni mattina.
• Mercoledì scorso, nel quadro della riunione quartierale
del Prassuit-Verné, è stato battezzato il piccolo Gianni Rivoira
di Claudio e Iolanda. Tutto il
quartiere si è unito alla gioia della famiglia.
• Con una imponente partecipazione di persone si è svolto
martedì 1" c. m. il funerale di
Sergio Pons (Martel) deceduto
a 60 anni a Villar Porosa dove
da tempo viveva. I pastori di
Angrogna e Villar Porosa hanno
annunciato l’Evangelo della risurrezione nella solidarietà umana che si è stretta intorno ai familiari.
Incontro coi
confermandi
TORRE PELLICE — Sabato
12 alla Casa Unionista i catecumeni che hanno chiesto l’ammissione in chiesa avranno un incontro con il Concistoro. Inizio
alle ore 20,45.
Culto presieduto
dai giovani
PRAROSTINO — Il culto di
domenica 6 marzo è stato interamente presieduto dai giovani
dell’Unione Giovanile sul tema
della libertà: li ringraziamo del
loro apprezzato messaggio.
• È deceduto all’Asilo dei Vecchi di S. Germano Chisone il nostro fratello Monnet Giovanni
Pietro, il decano di Prarostino,
padre del vicesindaco, alla bella
età di 95 anni. Il funerale ha avuto luogo a Prarostino lunedì
7 marzo con grande concorso di
parenti ed amici. Esprimiamo
ancora la nostra simpatia cristiana alla numerosa famiglia in lutto: Iddio consoli i cuori affranti
con le sue luminose promesse.
Esprimiamo pure la nostra
simpatia cristiana alle famiglie
Long del Collaretto per il lutto
che le ha colpite con la dipartenza della signora Paschetto Ada in
Tourn di Rorà.
Domenica della FGEI
SAN GERMANO — Il culto di
domenica 6 marzo è stato presieduto da un gruppo di giovani
in occasione della domenica della
FGEI. Il testo scelto era quello
della parabola dei lavoratori delle diverse ore, di Matteo 20. Ringraziamo i giovani per il messaggio che hanno rivolto alla comunità, facendolo seguire da una
UNA BELLA FIGURA DI CREDENTE
Barba Alexis
PRAMOLLO — Penso che sia
giusto ricordare sulle pagine del
nostro giornale la figura di un
credente che ci ha lasciato domenica 13 febbraio. Si tratta di
Alessio Sappé di Pramollo, Barba Alexis, come lo si chiamava
abitualmente, uno di quei valdesi solidi che lasciano dietro di
loro un esempio di fede ed una
lezione di vita.
Partito giovane alpino durante
la prima guerra mondiale (di cui
amava rievocare episodi e figure), dopo alcuni anni di lavoro
in Francia era tornato alla sua
nativa Pramollo e lì trascorse
tutta la vita mettendo a disposizione di quella comunità di montagna i doni che Iddio gli aveva
concesso: una intelligenza viva,
una comunicazione aperta, una
fede chiara.
Per quasi 40 anni, membro
del Concistoro come anziano prima del quartiere dei Pellenchi e
poi di quello della Ruata, seppe
essere l’amico dei pastori che
giungevano nella parrocchia, il
loro consigliere, anche critico
quando occorreva, sempre sincero e pronto a collaborare.
Seguendo il suo feretro nella
calma e nel silenzio dell’ampio
vallone di Pramollo mi ritorna
vano in mente le parole del Salmo 1 nel quale si dice che « l’uomo il cui diletto è nella legge
dell’Eterno sarà come un albero
piantato presso a rivi d’acqua,
il quale dà il suo frutto nella
sua stagione e la cui fronda non
appassisce ». La vita di Barba
Alexis è stata proprio come quella di un albero la cui fronda non
appassisce: anche negli ultimi
anni della sua lunga vita, anni in
cui egli così attivo, ha dovuto
accettare l’inoperosità e la malattia, la sua fronda non è appassita.
La conversazione con lui aveva
sempre un sapore; egli non si
disinteressava delle cose del
mondo (aveva sempre il suo giornale e la sua radio vicino al letto) ma sapeva anche che solo
il timore dell’Eterno è quello che
rimette al loro giusto posto le
cose di questo mondo.
Non voglio fare il suo elogio
(non ne sarebbe contento) vorrei solo dire che tutti quelli che
lo hanno conosciuto, giovani, anziani, bambini hanno imparato
da lui qualche cosa di essenziale.
Il suo ricordo ci accompagni
nel cammino della vita e ci aiuti
a percorrerlo con fede nel nostro comune Signore.
riflessione sulla situazione attuale del lavoro e dei lavoratori.
• Ricordiamo con un senso di
profonda riconoscenza per quello che è stata in mezzo a noi la
maestra Ilda Rivoir, recentemente deceduta all’Asilo di S. Giovanni.
• Domenica 6 marzo ha avuto
luogo il funerale del fratello Edmondo Long, di 69 ànni, dèceduto dopo breve malattia. Ai suoi
cari giunga l’espressione della
nostra fraterna partecipazione al
dolore ed alla speranza cristiana.
• La Signora Mathilde Emery,
madre della signora Conte, è deceduta a Nyon (Svizzera) dopo
alcune settimane di degenza all’ospedale. Il pastore e la sua famiglia ringraziano tutti per l’affetto di cui si sono sentiti circondati in questa circostanza.
• Sabato 12 marzo alle ore 21
avrà luogo nella Sala Valdese la
recita: « Gli dei della mente »,
presentata da un gruppo filodrammatico di S. Giovanni. Invitiamo tutti a partecipare a questa serata.
• Domenica 13 marzo giornata
per i catecumeni di IV anno, ad
Agape.
• Il culto a Porte sarà sabato
19, ore 20.
• Due gruppi di sorelle hanno
partecipato alla giornata di preghiera delle donne ad Ivrea ed a
S. Secondo.
• Secondo un suggerimento dei
catecumeni confermandi avremo
una cena comunitaria con loro e
con le loro famiglie sabato 26
marzo, ore 19. Avremo così l’occasione di trascorrere insieme
alcuni momenti sereni in preparazione della giornata delie Palme.
• Ricordiamo sin d’ora che il
bazar organizzato dali’Unione
Femminiie di San Germano avrà
luogo il 1" maggio.
Calendario
In questa rubrica pubblichiamo le
scadenze che interessano più chiese
valdesi delle valli. Gli avvisi vanno fatti
pervenire entro le ore 9 del lunedì
precedente la data di pubblicazione
del giornale
_______Sabato 12 marzo
□ TELEPINEROLO
CANALE 56 - 36
Alle ore 19 va in onda la trasmissione « Confrontiamoci con l'Evangelo •
(a cura di Marco Ayassot, Attilio Fornerone e Paolo Ribet).
Domenica 13 marzo ~
□ RADIO KOALA
FM 96.700 ■ 90300 - 93700
Alle ore 12.30 (circa): Culto Evangelico a cura delle Chiese Valdesi del II
Circuito.
□ INCONTRO DEI
CONFERMANDI
Tutti i catecumeni di IV anno del
I Distretto sono invitati a partecipare
all’incontro che avrà luogo ad Agape
domenica 13 marzo. Scopo: avere un
momento di incontro e di conoscenza
reciproca.
— ore 10: culto con la comunità di
Frali;
— ore 11.30: incontro con il gruppo
residente di Agape;
— Pranzo ad Agape;
— Pomeriggio di informazione e incontro.
□ INCONTRO
ECUMENICO
TORRE PELLICE — Alle ore 15 presso
il salone parrocchiale della chiesa cattolica avrà luogo il secondo incontro
pubblico organizzato dalle comunità
valdese e cattolica di Torre Pellice.
Candido Bona e Giorgio Tourn parleranno su « Valdesi e cattolici di fronte
a Lutero ». L'incontro precedente si era
svolto alla Casa Unionista sul tema dei
ministeri nella chiesa.
5
11 marzo 1983
vita delle chiese 5
REGIONE RIOPLATENSE
TOSCANA
I problemi concreti e ■ giovani e le chiese
la speranza dello Spirito
Quale prospettiva presenta il
lavoro sociale? Ognuna delle opere sociali ha le sue priorità. Alcune veramente urgenti. La « Casa per anziani » di Vaidense desidera curare in forma più efficace
gli anziani incapaci. Un progetto
di sala per anziani non più autosufficienti dovrà essere studiato
e approvato dal Sinodo. La casa
per minori « Nimmo » di Colonia,
sente l’urgenza di allargare il
suo campo di lavoro per gli adolescenti, creando una nuova casa.
Il Centro per handicappati « E1
Sarandi’ » deve essere al servizio
di tutti, visto che è un’opera della chiesa e una delle poche all’interno del paese. Il « Pastoreo »
vuole sviluppare la sua attività
nella gestione di « asili nido » e
attività per l’infanzia collegando
il quartiere dove è situato, con la
città di Rosario. La scelta tra tutte queste priorità è urgente, ma
dire che non possiamo più sviluppare la nostra opera sociale, a
causa dei limitati mezzi economici, è una realtà o è dovuto
piuttosto alla tipica « mentalità
borghese », che ci porta a ragionare in termini egoistici?
Commissioni
Il Sinodo è posto di fronte al
progetto di una « Commissione
coordinatrice dei mezzi di comunicazione » che raccolga e sviluppi il lavoro di tre commissioni
già esistenti; quella del Centro
Audiovisivo Valdese, quella della Libreria di Vaidense (Morel)
e quella relativa alle Pubblicazioni. Sono aree di ricerca, che congiuntamente potranno lavorare
meglio; il nostro problema è che
l’attuale materiale che si crea o
si pubblica non è economicamente produttivo, inoltre abbiamo
bisogno di un numero più grande di scrittori per la produzione
di messaggi alla radio, « quaderni valdesi » e altre attività connesse con i « mass-media ». Tutto
questo lavoro troverà una soluzione adeguata nell’erigenda « Casa Valdese ».
Altro aspetto, molto importante del nostro lavoro, è lo sviluppo dello studio della Storia Valdese, che continui e arricchisca
di contributi l’attuale « Bollettino di Studio della Storia Valdese », la continuazione del programma storico che mandiamo
in onda il lunedi mattina e che
incoraggi la ricerca storica. Altre
commissioni di lavoro importanti sono: quella dei Regolamenti,
Ministeri e la Amministrativa.
Quest’ultima è chiamata ancora una volta, in una situazione
economica sempre più pesante, a
responsabilizzare i deputati sinodali e attraverso questi le rispettive chiese, sulla necessità di un
maggior impegno contributivo.
Altre commissioni hanno un compito specifico, concreto: quella
del Canto e Musica apporterà
nuovo materiale per cori e per il
canto di tutta la comunità; la
commissione di Promozione Agraria, fondamentale in paesi ricchi di risorse naturali; significativo a questo proposito il recente accordo tra la «Comunità Economica Europea » e gli stati di
Brasile, Argentina, Uruguay e
Paraguay, sulla esportazione in
Europa di carne; chi trae profitto da questo negoziato? Non certo i contadini sempre più poveri (quanti valdesi uruguayani e
argentini hanno dovuto vendere i
loro appezzamenti di terreno!);
per questo la Chiesa valdese deve appoggiare la costituzione di
cooperative, difendendo così i
piccoli produttori da una crisi
economica paurosa (Argentina,
tasso annuale di inflazione: 180%,
Uruguay 100%).
Le Commissioni Sinodali Amministrative del Parco 17 Febbraio (luogo di campeggio vicino
a Vaidense, sul Rio de La Piata),
della Casa dello Studente di Montevideo e il Servizio Istruzione e
Educazione, completano il numero delle opere che il Sinodo
deve valutare e orientare.
Il Sinodo deve essere la « vita » di queste varie commissioni.
Perché il pericolo di un certo
« vuoto » e quindi di spinte individualistiche è sempre presente. Pensiamo a un Sinodo che è
un foro, il cervello che dirige le
comunità e le orienta, e allo stesso tempo le stimola attraverso
i suoi strumenti specifici, le Commissioni Sinodali Amministrative
e le distinte commissioni di lavoro e ricerca. La nostra speranza
è che il nostro Sinodo sia consapevole della necessità di essere
diretto dallo Spirito del Signore
della Chiesa e che è necessario
attuare i mandati sinodali aiutandoci gli uni gli altri in una
indispensabile e pon sempre
evidente unità interna.
Le donne e la
vita della chiesa
La « Federazione Femminile
Valdese rioplatense » è costituita
da 35 Leghe femminili (24 in Uruguay e 11 in Argentina). La Federazione ha 48 anni di vita e una
delle fondatrici è la figlia del pastore Daniel Armand Ugon, sposa del pastore Ernesto Tron, signora Anna Armand Ugon in
Tron, che si avvia felicemente
verso i 101 anni...
Come si sviluppa il lavoro della donna in una comunità locale? La Lega femminile si riunisce due volte al mese, la prima
riunione è di carattere ammini
strativo, la seconda affronta temi biblico-teologici. Quasi tutte
le unioni lavorano in sotto-commissioni. Una per le visite, una
per la riparazione e vendita di
roba usata, e altre che curano i
differenti aspetti del lavoro locale. La Federazione tiene la sua
Assemblea annuale, nomina una
Commissione Esecutiva che a sua
volta è diretta da un triumvirato
presidenziale; il quale mantiene
i contatti con i gruppi locali, con
la Federazione Femminile Valdese e Metodista italiana e altri
organismi similari a livello ecumenico. Ma il lavoro della donna
nella chiesa non si esprime solo
a livello di unione femminile: alri.S.E.D.E.T. di Buenos Aires ci
sono attualmente tre studentesse
valdesi, una sorella è candidata
al ministerio e una è da alcuni
anni pastore. Inoltre le sorelle
partecipano attivamente come
diaconesse e anziani (ad es. a
Vaidense su 33 diaconi e anziani, 15 sono sorelle).
Benché l’età media delle partecipanti alle attività delle varie
Leghe sia piuttosto alta, le sorelle più giovani trovano tuttavia in
esse stimoli per un più facile inserimento nella vita della chiesa.
In definitiva il problema dell’inserimento della donna nella vita
della chiesa, ci sembra essere
più Un problema da « paese ricco ».
Significativo il fatto che il culto di apertura del Sinodo è presieduto dal pastore Gladys Bertinat de Jourdan e in quella occasione ha luogo la consacrazione al ministerio pastorale del
Candidato Ariel Charbonnier.
Con voi fratelli italiani, possiamo dire, che il « Signore non
guarda al sesso, ma considera i
doni » che ciascuno di noi deve
impiegare nella chiesa, per la
comune edificazione.
(fine)
Carlos Delmonte
Esiste uno specifico vocazionale dei giovani, che non sia il
semplice « tappare i buchi » delle attività delle comunità? Come ■
reagire alla chiusura delle nostre chiese in Toscana e alla perdita di molti giovani e membri
della comunità? Queste, fra le
altre, le domande a cui il convegno del 29-30 gennaio a Livorno,
organizzato dalla FGEI Toscana e dal gruppo di Livorno, ha
cercato di rispondere.
All’incontro hanno preso parte una cinquantina di persone,
di cui una quindicina rappresentanti le comunità evangeliche di
Firenze (B-M-V), Prato (Apostolici), Pistoia (Battista), Pisa
(Valdese), Livorno (Valdese e
Battista), Grosseto (Battista).
Ogni Consiglio di Chiesa e
ogni gruppo FGEI hanno fatto
una relazione; ampio è stato anche il dibattito perché ampio il
ventaglio di esperienze, che va
dal completa inserimento del
gruppo FGEI nella comunità, alle chiese in cui invece ciò è più
difficile. Questo convegno ha da
un lato visto superare molte diffidenze e un certo paternalismo
verso le attività giovanili, dall’altro ha sancito una decisa ripresa d’interesse dei giovani per
le comunità, e soprattutto , per
le cose concrete.
L’essere presenti nei momenti
di incontro della chiesa non vuol
dire perdere il diritto al dissenso, ma anzi esplicitare al massimo i momenti di conoscenza e
di discussione, in una visione di
chiesa non gerarchica (ekklesia=
assemblea), e che realizzi il sacerdozio universale.
Si è parlato molto di interdenominazionalità, soprattutto nella situazione fiorentina. Da un
lato si diceva che erano meglio
10 giovani in un gruppo interdenominazionale che non 3 o 4 che
vivacchiano nella singola denominazione, in una prospettiva di
largo respiro che è un po’ il cavallo di battaglia della FGEI Toscana. Dall’altro si diceva che il
lavoro minuto in una comunità,
anche se meno appariscente, e
forse meno gratificante, ti dà
maggiori possibilità. La critica
era in questo capo a non considerare i credenti come delle pedine da muovere qua e là, ma a
privilegiare l’aspetto umano e
personale, allo scopo di eliminare incornprensioni e litigi. Su
questi punti, e sul significato di
essere comunità e chiesa locale
avremo probabilmente il nostro
prossimo incontro. »•
Proposte concrete ; maggiore
presenza della FGEI nei catechismi e nelle scuole domenicali come supporto aggregativo ai catechisti, coordinamento delle iniziative, ‘ad esempio per l’anno di
Lutero, più presenza a culti e
studi biblici, meglio se decentrati. E’ emersa anche la necessità
di fare più visite ai 25-40enni che
sono spariti e uno studio della
FGEI in Toscana, estintasi una
decina di anni fa, per capire che
hapno fatto i nostri fratelli maggiori, e dove sono finiti. Per chi
era ad Agape all’ultimo campo,
si è citata più volte la relazione
di Marco Rostan, e la sua analisi delle nostre comunità come
momenti di interconnessione delle esperienze e dei singoli credenti. Si è cercato di « calare »
quest’analisi nella realtà toscana, per capire che tipo di testimonianza dare in uno dei centri vitali del nostro paese, in cui
non ci sono solo le valli o il sud.
Sotto questo aspetto è emersa
la necessità di una Federazione
delle Chiese Evangeliche in Toscana, sull’esempio di altre regioni e sullo stimolo del collegamento a livello giovanile. La
proposta, a detta di molti, è da
studiare meglio e da realizzare
per gradi. •
Una critica infine al convegno ;
quella di essere stato un po’ tradizionale: vanno studiate forme
nuove (audiovisivi etc.) per i
convegni e per presentarsi all’esterno perché si rischia di essere poco incisivi. Verrà elaborato inoltre un documento di
lavoro che sarà presentato ai
Consigli di Chiesa e ai gruppi
FGEI per continuare la discussione in sede locale.
Simone Cerrina
CORRISPONDENZE
Vicino agli emarginati
FERENTINO — Anche quest’anno la Comunità valdese si
è riunita per ricordare « il 17 febbraio 1848 ». L’incontro si è avuto, come lo scorso anno, a Forma Coperta, ed erano presenti
circa 60 membri provenienti dalle varie località della diaspora.
In tale occasione, la Comunità
ha affrontato problemi attuali
ponendosi degli obiettivi per il
presente e per il futuro. Non rievocazione del « passato » e di
tutti quegli avvenimenti storici
che hanno caratterizzato la vita
delle nostre comunità, ma impegno per il presente. E’ stata una
vera assemblea di chiesa in cui
si è affrontato il tema dell’evangelizzazione. Dalle discussioni
sono emerse delle proposte per
un’evangelizzazione concreta nel
nostro paese. Tutti i fratelli si
sono trovati d’accordo heU’affermare che l’evangelo è vita e, come tale, non può estraniarsi dai
problemi della vita di ogni
giorno.
Un’evangelizzazione quindi più
concreta e più vicina ai sofferenti, ai bisognosi e agli emarginati. Pertanto all’interno della Comunità si è costituito un comitato che intende lavorare sul
problema della droga. Da alcuni dati statistici risulta che Ferentino conta un elevato numero di tossicodipendenti e non
esistono strutture atte a recuperarli e a reinserirli nella so
cietà. Il pastore Odoardo Lupi
attualmente sta affrontando il
problema seguendo un corso di
studi nella città di Frosinone organizzato dal Centro di Salute
Mentale. Inoltre si è deciso, nell’ambito dell’assemblea, di organizzare un primo incontro nel
nostro paese sul tema della droga con la volontà di coinvolgere
tutti gli Enti assistenziali - Sanitari - USL di Ferentino. La Comunità è sensibile a tale iniziativa e s’impegna a lavorare per
un tentativo di risposta.
Dopo un’agape fraterna, la Comunità si è raccolta attorno ad
un grande falò cantando inni di
lode e di ringraziamento al Signore anche per la bella serata.
Conferenza e àgape
COLLEFERRO — L’attività di
conferenze pubbliche avviata lo
scorso dicembre con un dibattito
su Valdesio di Lione e Francesco
d’Assisi e proseguita in gennaio
con la presentazione del libro
di B. Hasler suH’infallibilità papale (dott. Cesare Milaneschi) è
proseguita nel corso della « settimana della libertà » con un’altra conferenza del prof. Giovanni Gönnet che ha tentato di
chiarire ciò che significa essere
oggi eredi del dissenso medioevale, centrato sull’osservanza
letterale dei consigli e precetti
evangelici, e della protesta luterana basata sulla priorità assoluta della Sacra Scrittura. Nell’ampio e fraterno dibattito è
stato possibile chiarire anche le
linee che come protestanti intendiamo seguire nel dialogo ecumenico ribadendo le tesi del documento sinodale. Anche questa
serata si è conclusa con un’àgape fraterna a cui hanno partecipato anche laici e cattolici.
Audiovisivo
TORINO — A conclusione di
una intensa settimana di incontri, domenica 20 u. s. la Chiesa
valdese si è riunita, dopo i culti
nelle 4 zone, per l’agape, alla
quale ha partecipato un centinaio di persone, e l’assemblea di
chiesa. Nel corso di questa. Cesar Rodriguez, direttore dell’istituto ecumenico di Montevideo,
ha illustrato l’essere valdesi nell’America latina, con tutte le tensioni che ne derivano e con la
ricerca di superamento delle difficoltà all’interno della stessa
chiesa.
Carlo Papini ha presentato
una notevole serie di diapositive su Lutero e sulla Riforma del
XVI secolo che fra poco la Claudiana metterà a disposizione di
tutte le chiese valdesi in Italia.
L’assemblea ha inoltre ringraziar
to tutti i membri del concistoro
che hanno terminato il loro mandato (Lévy Peyronel, Emanuele
Bottazzi, Luigina Aprile, Oriana
Bert) e ha eletto 7 membri:
Giorgio Crespi, Mario Desana,
Franco Ramella (rieletti). Laura Bounous, Marco Onnis, Lorenza Operti e Guido Peyrot.
A cura di un gruppo incaricato dalle Chiese valdese e battiste è iniziata la trasmissione
evangelica « Una pausa per pensare » ( Radio Torino Popolare,
F.M. 96.600) ogni mercoledì e
venerdì, ore 7.15. Lo stesso programma, martedì, e giovedì è trasmesso a cura di un gruppo di
cattolici legati alla rivista « il
foglio ».
Verso l’esterno
CANELLI — In occasione del
500° anniversario della nascita di
Martin Lutero, 46 persone provenienti dalle varie comunità
evangeliche della zona e una piccola rappresentanza cattolica del
Gruppo Famiglie Cristiane di
Canelli si sono riuniti nel salone
gentilmente offerto dal municipio e dalla Cassa di Risparmio
di Asti per ascoltare il fratello
Renato di Lorenzo che ha parlato sul tema ; « Lutero e la riscoperta della misericordia di
Dio » suscitando una eco profonda nelTanimo di molti intervenuti.
La comunità di S. Marzano Intende quanto prima organizzare un’altra riunione con la proiezione dell’audiovisivo su Lutero.
6
6 pn>spett¡ve bibliche
1
Il marzo 1983
Riteniamo che non sarebbe giusto affermare che sono di fronte
da una parte una fede e una teologia evangelica, dall’altra un razionalismo con i suoi pregiudizi
contro il soprannaturale, che esclude per la parola biblica ogni
dimensione trascendente. Sono di
fronte due posizioni di fede, collegate a premesse che conducono
a intendere diversamente il modo con cui ci è pervenuta la testimonianza dell’azione di Dio e
del fatto di Cristo. La distinzione tra Parola di Dio e Scrittura
non risale aH’Illuminismo del
XVIII secolo. Nel De servo arbitrio Lutero afferma con chiarezza lapidaria; « Duae res sunt
Deus et scriptura Dei, non minus quam duae res sunt Creator
et creatura Dei » [due cose sono
Dio e la scrittura di Dio, non
meno di quanto siano due cose il
Creatore e la creatura di Dio].
Non per nulla si è potuto dire
che Lutero « è il primo rappresentante di una fede biblica che
è compatibile con una indagine
critica della Bibbia e che perciò
è fondamentalmente diversa dalla comprensione biblica tradizionale, formale e autoritaria, che
culmina nella dottrina della ispirazione verbale » (E. Brunner).
Sarebbe interessante stabilire
se l’origine prima dell’idea della
ispirazione verbale debba esser
fatta risalire a quelle notazioni
del libro dell’Esodo (24: 12; 31:
18; 32: 16), in cui è detto che le
due tavole della Legge « erano
opera di Dio e la scrittura era
scrittura di Dio, incisa sulle tavole ». Per questo vennero custodite nell’Arca del Patto, posta nel
Luogo Santissimo del Tempio di
Salomone (960-587 a.C.). Ma l’avvenimento di Gesù non prende
il posto del Tempio (Giov. 2: 1822) e quindi anche delle due tavole della Legge, superando le sacralizzazioni degli strumenti della testimonianza? Noi confessiamo Gesù come la Parola che Dio
COME CONFESSIAMO LA SANTITÀ’ DELLA PAROLA DI DIO
Due letture della Bibbia
scoperta continuo, che non permette mai di adagiarsi su posizioni acquisite, sull’illusione di
disporre infallibilmente della verità.
Nel mondo evangelico, due letture della Bibbia
sono a confronto; grazie a Dio questo confronto
qua e là si fa anche di persona; a Roma, nel gennaio e nell’ottobre 1982 su iniziativa dei « giovani
pr^gelici romani » si sono avuti due incontri su
questo tema. Pubblicando sul n. 3/1982 della rivista
«Protestantesimo» le relazioni tenute dal prof.'P.
Bolognesi e dal prof. B. Corsani al primo degli incontri, presso la Facoltà Valdese di Teologia, il direttore della rivista premetteva una nota introduttiva che ci sembra utile riportare in relazione al
dibattito sui vangeli dell’infanzia (vedi n. 9).
ci ha mandato per farsi conoscere da noi, liberandoci dalle no-,,
stre idolatrie, che, anche nelle
loro forme più moderne, non sono che proiezioni dei nostri elementi umani sul piano dell’assoluto, come diceva Feuerbach.
I documenti biblici testimoniano dell’avvenimento di questa Parola nel quadro della storia; la
loro funzione è uno strumento
nelle mani di Dio per trasmettere a noi la conoscenza di questo
avvenimento irripetibile e non
conoscibile per altre vie, diverse
dalla testimonianza dei testimoni
oculari che ne riferiscono. Ma
questi testimoni sono uomini del
loro tempo, inquadrati nelle categorie culturali, sociali, psicologiche della loro epoca e del loro
ambiente. Solo lo Spirito ci permette di intendere la loro testimonianza umana come testimonianza resa alla Parola di Dio,
ma senza che questo significhi
trasformare la loro testimonianza in parola non umana, in « un
libro soprannaturale, che contiene la divina, infallibile verità senza errori né nel contenuto né
nelle espressioni, non solo sulle
questioni religiose, ma anche storiche, fin nei minimi particolari », che rappresenti « il miracolo di un sacro codice direttamente garantito come divino » (P.
Althaus). Non ci è lecito trasmettere l’assoluto dell’oggetto della
testimonianza agli strumenti usati per esprimerla, così da operare una transustanziazione libresca invece che sacramentale. Bisogna mantenere allo strumento
la sua limitata funzione di strumento, da inquàdrare criticamente nei quadri culturali e religiosi
dell’epoca, senza assolutizzazioni
né tanto meno divinizzazioni, eppure con la fede fermissima che
Dio si serve di strumenti storicamente relativi — ma insostituibili data l’irripetibilità dell’avvenimento testimoniato — per trasmetterci ciò che non è relativo
né umano.
Questp non significa relativizzare la Parola di Dio, significa
confessare la sua « santità ». Tanto meno significa cercare al di
fuori della Scrittura un criterio
per la lettura e l’interpretazione;
se questo fosse il caso naturalmente si sarebbe esposti a qualunque arbitrio e a scelte non
fondate, così da sostituire in definitiva il contenuto deH’Evangelo con altri contenuti, il fenomeno è avvenuto nel passato e si
ripete oggi, aH’insegna dei miti
dell’epoca.
È la Scrittura stessa nel suo
messaggio centrale che deve for
nire il criterio e l’orientamento
per la lettura; se alla luce di questo criterio e di questo orientamento s’incontrano testi — isolati e marginali — che portano a
posizioni che contrastano col
messaggio centrale della Scrittura e finiscono per confondere
l’Evangelo che è stato annunciato
con un « vangelo diverso » (Gal.
1: 8-9), non è consentito attenersi formalisticamente a un tota
Scriptura, che è contraddetto
dalla critica più elementare e
continuare a essere succubi esegetici o ecumenici dell’utopia antistorica dell’unità della chiesa
primitiva.
Si tratta di un continuo sforzo
critico che è richiesto al credente singolo e alla comunità dei
credenti: senza il suo esercizio la
lettura della Bibbia rischia di
non essere conforme alle grandi
linee del messaggio per attenersi formalmente a elementi che lo
deformano. Il centro della testimonianza biblica è Colui a cui è
resa testimonianza: « Christus
dominus Scripturae » [Cristo è
il Signore della Scrittura], diceva
Lutero, precisando che la costante pietra di paragone di tutti i
libri e i passi della Scrittura è
« se essi portano Cristo oppure
no ». La lettura biblica esige un
lavorio di vigilanza, di ricerca, di
C’è un certo tipo di infallibilità
non cattolica che è discutibile
quanto quella cattolica. La fede
non può e non deve trasformarsi in sicurezza, perché sicurezza
si può solo avere davanti all’evidenza (anzi, le scienze fisiche e
psicologiche moderne coq,testanp
giustamente anche questo). L’azione che Dio compie, la parola
che Dio pronuncia si attuano
sempre nella contraddizione, mai
nell’evidenza: quando i credenti
le trasformano in evidenza, è segno che non sono più davanti al
mistero delTIddio vivente, ma a
un oggetto di cui dispongono nelle loro sacre manipolazioni. Dio
non si lascia incapsulare in sacre
evidenze. Confessare che « la Parola è stata fatta carne » (Giov.
1: 14) significa rendersi conto che
siamo di fronte a una testimonianza niente affatto dotata di divine e gloriose evidenze, ma storica, discutibile, che può essere
contrastata e contraddetta, che
solo nel dono e nella decisione e
nel rischio della fede può essere
confessata non come parola di
uomini, ma come Parola che proviene da Dio. Le Scritture non si
sottraggono alle categorie della
’’teologia della croce”, del sub
contraria specie [sotto apparenza contraria, contraddittoria]: e
Colui a cui rendono testimonianza non appare con caratteri magnifici, sublimi, maestosi, che dimostrino in maniera potente e
incontrastata la sua natura a chi
è convinto e a chi non lo è, ma
con caratteri inevidenti, come il
Signore sopraffatto e crocifisso,
riconoscibile soltanto dal discernimento della fede illuminata
dallo Spirito.
Vittorio Subilia
IL REGNO,
FINE DEL TEMPIO
Ma perché è lecito, anzi doveroso trasgredire la legge, il comandamento del sabíate, il più santo di tutti i santi comandamenti? Era la quintessenza di tutta la
religione ebraica. Chi attentava al comandamento del sabato, attentava al sacerdozio, al sacrificio, al tempio, alPkitera religione giudaica. E perché, ora, è possibile
farlo, è perfino comandato di farlo? È necessario saperlo, perché la trasgressione
di una legge non può mai essere un atto
arbitrario, ma dev’essere un gesto motivato.
Ed ecco che il comandamento del sabato dev’essere trasgredito e il tempio dev’essere colpito, perché « qui c’è qualcosa
di più grande del tempio ». Perciò la trasgressione della legge, praticamente l’abolizione del tempio è comandata, e non soltanto possibile.
a cura di Gino Conte
Studiando il testo di Matteo 12: 1-8, in una serie di studi biblici per l’assemblea
annuale dell’Evangelischer 'Bund centrata sul tema « Essere cristiani oggi: che vuol
dire essere protestanti », il prof. Paolo Ricca metteva in luce che fame, pane e
libertà sono realtà inestricabilmente congiunte, che la libertà è accesso al pane e
viceversa, e che per consegpiire per sé e per altri questa libertà il cristiano può anche dover trasgredire la legge. Continuiamo a pubblicare la traduzione di questo studio biblico.
non avvengono più lì. Il regno è in mezzo
a voi, dice Gesù, senza la mediazione del
tempio, perché il regno di Dio, che è qui,
rappresenta qualcosa di più grande.
Ma ecco che invece, il tempio c’è ancora, c’è di nuovo, è ritornato ad essere
grande.
Dio è più grande
del tempio!
Il fascino dei tempio
Che cosa c’è di più grande del tempio?
Dio è più grande del tempio! Usando il
linguaggio di Gesù diremo: il regno di
Dio è più grande del tempio! Qui, nel regno, dice Gesù, c’è qualcosa di più grande,
non là, nel tempio! Naturalmente, ma sono d’accordo tutti che in cielo Dio è più
grande. Gesù però dice che qui sulla terra Dio, il suo regno è più grande.
Se il regno di Dio non si fosse avvicinato, il tempio sarebbe tuttora la cosa più
grande. Ma la buona Notizia è proprio che
il regno si è avvicinato e che perciò il
tempio è diventato più piccolo, ha perso
valore. Al centro non c’è più il tempio.
Ecco che vuol dire essere evangelici, protestanti. Dio ha istituito sulla terra qualcosa di più grande del tempio: il suo regno. I limiti del tempio sono troppo angusti per abbracciare tutta la grandezza
del regno.
Il tempio e il regno di Dio non coincidono più. Il tempio è diventato troppo piccolo, per Dio. Dio lo ha abbandonato e ha
cominciato qualcosa di più grande. In tal
modo si è verificata una grande svolta
nella storia di Dio con l’uomo, il regno
di Dio deve crescere, il tempio deve diminuire. C’è ancora, il tempio, ma come
una realtà penultima, che passa. Quel che
accade là, nel tempio, non è più la cosa
decisiva. Gli incontri fra Dio e l’uomo
Non era affatto facile, al tempo di Gesù, sottrarsi al fascino del tempio. E non
è affatto facile, oggi, sottrarsi al fascino
del tempio attuale. Non è facile superare
il tempio e non metter più questo al centro, bensì il regno di Dio. Il tempio è
grande, bello, lo si vede, ed esercita il suo
fascino. Dev’essere lì, Dio, dove ci sono
tutti quei sacerdoti, tutti quei colori, tutte quelle preghiere e quelle offerte: sì, è
lì che dev’essere Dio! Com’è bello, questo
tempio, insostituibile!
E il regno? Beh, non è altrettanto attraente. A prima vista non lo si nota affatto. Il regno è nascosto. Non si odono
canti, forse soltanto grida. Il regno è nascosto in seno alla storia. È piccolo.
È come il seme di senape, il più piccolo
seme della terra.
Il tempio non è soltanto grande, è anche potente. Quale potenza possiede! Un
potere spirituale e politico al tempo stesso (c’è persino una polizia del tempio!).
Chi può resistergli, alla lunga?
Invece il regno di Dio non è potente:
il suo re è stato crocifisso.
Ci sarebbe da proseguire questa riflessione, ma dobbiamo riassumere.
punti di vista, la storia della ricostruzione del tempio? Naturalmente non del tempio quale edificio, ma del concetto di tempio, dell’istituto del tempio. Davvero ci si
può domandare seriamente se il tempio
non sia ritornato al centro della visione
di fede di molti cristiani.
Ciò vale naturalmente per il cattolicesimo romano, che ha intrapreso in modo
per così dire programmatico la ricostruzione del tempio; lì la chiesa — il tempio
— è al tempo stesso l’incarnazione del
regno.
Ma ciò vale anche per molte chiese evangeliche, protestanti, che non vogliono occuparsi del regno, che non ne vogliono
sapere. Pure fra noi si parla tanto della
chiesa, e così poco del regno di Dio. Questo non è certamente protestante.
Non potrebbe essere questo il modo di
proseguire la Riforma: mettere di nuovo
il regno di Dio al centro della coscienza
e dell’azione dei cristiani?
Possiamo anche domandarci se lo stesso movimento ecumenico mira al regno
di Dio, oppure alla costruzione di un grande tempio interconfessionale.
Insomma, la tensione fra il tempio e il
regno, che Gesù espone qui con tanta chiarezza, deve rimanere ben desta nella nostra coscienza cristiana e nel nostro agire
ecclesiastico. Questo vuol dire essere protestanti!
(continua) Paolo Ricca
Storia di una ricostruzione
Mi domando perciò; la storia del cristianesimo non è forse stata, da molti
Questo motivo della fine del tempio, di
una teologia, di una ecclesiologia del tempio, anche nel movimento e nel confronto ecumenico, affiora nel « Documento sull’ecumenismo » approvato dal Sinodo delle chiese valdesi e metodiste nell’agosto
1982, anche se forse non in modo sufficientemente netto ed esplicito.
lÈ Un motivo che, sulla scorta di Karl
Barth, da molti anni è stato studiato e
fatto riecheggiare fra noi da Vittorio Subilia, da quando valutava criticamente le
costituzioni e i decreti del Vaticano II;
ne La nuova cattolicità del cattolicesimo
(Claudiana, Torino 1967) dedicava in particolare uno dei capitoli iniziali proprio a
«La teologia del tempio» (p. 79 ss.):
« Senza contestazione siamo qui di fronte
al punto decisivo di discriminazione tra
la Riforma e il Cattolicesimo ». Il motivo
è riaffiorato poi con forza in tutta una serie di suoi libri e articoli successivi, fino
all’ultimo (per ora) saggio su II protestantesimo moderno (Claudiana, Torino
1981). Qui, nel capitolo sui suoi valori
e disvalori, sottolinea fra i valori il suo
senso della laicità e nota che tutte le correnti del protestantesimo moderno, da
Schleiermacher a Barth (alle quali per altro non risparmia critiche), sono « percorse da una unanime allergia verso tutto ciò
che sa di sacrale, di sacramentale, di rituale, nella lucida consapevolezza che non
solo il protestantesimo, ma il cristianesimo stesso segna il tramonto del tempio e
del suo sacerdozio e l’avvento del popolo
di Dio» (p. 107).
In un’opera precedente. Presenza e assenza di Dio nella coscienza moderna
(Claudiana, Torino 1976), Subilia, riferendo uno degli excursus biblici di Barth,
condensa così l’atteggiamento di Gesù nei
confronti del tempio (p. 86); «Gesù frequenta ogni giorno il tempio, esercita il
suo insegnamento nei suoi cortili (Mt. 11:
11, 27; 14: 49), lo considera la casa di Dio
e si preoccupa perciò di purificarlo (Mt.‘
11: 15-18) e ammonisce di presentare le
offerte con animo puro da risentimenti
(Mt. 5; 23), versa con i sqoi discepoli la
contribuzione prescritta (Mt. 17: 24; Me.
12: 41-44), si conforma agli usi cultuali
delle sinagoghe e dà il suo contributo alla loro attività (Le. 4; 16 ss.).
« D’altra parte annuncia che è apparso
’’qualcosa di più grande del tempio”, (Mt.
12; 6), proclama che non rimarrà pietra
sopra pietra deH’ediflcio del tempio (Me.
13: 1 s.), manifesta nei confronti di una
delle massime istituzioni religiose del giudaismo, il sabato, una libertà che, insieme alla parola sul tempio, sarà contata
fra gli elementi determinanti della sua
condanna. Il quarto Evangelo vedrà nella
presenza di Gesù il nuovo tempio, cioè la
realizzazione nuova, escatologica, della
presenza di Dio e della sua gloria in mezzo agli uomini (Gv. 1: 14; 2: 18-22; 4: 2024; 14; 9) ».
g. c.
i
7
11 marzo 1983
obiettivo aperto 7
IL TORMENTATO CENTRO AMERICA
È!
Haiti, un paese alia deriva
« Voglio presentarmi dinanzi
al tribunale della Storia come colui che ha instaurato in modo irreversibile la democrazia ad Haiti ». Così proclamava, al termine
di un suo discorso di fronte alFAssemblea Nazionale, il 22 aprile 1982, il « presidente a vita »
della Repubblica di Haiti, JeanClaude Duvalier.
Come non inorridire a queste
parole quando si sa qual è invece
la realtà economica, sociale e politica di Haiti oggi? Posta nel
cuore dei Caraibi, prima repubblica nera del mondo tha btteffiito la Ircra-inaìpendenza nel 1804)
Haiti è un paese che sta affondando sotto il peso dell’ingiustizia di una delle più cieche e feroci dittature del Centro America. Dopo la cacciata di Spmoza
dal Nicaragua ad opera dii Sañdinisti, Duvalier è infatti, insieme a StfSéssñer (recentemente
rieletto perTiTsesta volta consecutiva presidente-dittatore del
Paraguay) l’ultimo dei dittatori
personali dell’America Latina.
Giunto al potere nell’aprile 1971,
alla morte del padre François,
detto « Pa,pa Doc », Jean-Claude
Duvalier, áííóra' diciannovenne,
si è autoproclamato anche lui
« presidente a vita » della Repubblica di Haiti. Fedele erede del
padre, considerando il paese come sua proprietà personale, « Baby Doc » tiene in pugno i suoi
5.400.000 sudditi con la frusta dei
suoi 40.000 « tontons macoutes »,
la famigerata milizia duvalierista
che imperversa, fuori da ogni legalità democratica, contro qualsiasi tentativo di ribellione dei
« non aventi diritto ». I « non aventi diritto » sono i contadini
(80% della popolazione) e gli operai e artigiani (7%) che popolano i ghetti della capitale Portau-Prince. Gli « aventi diritto"»
irîv?cë~St)no le 4.000 famiglie che
dispongono di un reddito annuo
di 90.000 dollari, la nuova borghesia haitiana che di fatto ha sostituito i vecchi coloni (francesi e
americani) di un tempo. Per
dare un’idea dell’enorme disuguaglianza sociale, basta confrontare il reddito di questi nuovi
ricchi con quello medio pro-capite del 61% della popolazione: 60
dollari all’anno!
In tale situazione, Haiti è attualmente il paese più povero
del Centro America; 25 anni di
regime-rapina duvalierista lo
hanno ridotto allo stremo, con
un’economia allo sfascio tenuta
in piedi artificialmente dal Pondo Monetario Internazionale, dal
.. la Banca Mondiale e da alcune
multinazionali americane. La « rivoluzione economica » decretata
nel, ’71 da Jean-Claude Duvalier
si è rivelata un gigantesco fiasco.
Tale « rivoluzione » si basava su
tre priorità: 1) rilanciare il turismo; 2) aprire il paese alle piccole imprese subappaltatrici americane; 3) fare appello agli
aiuti esteri. Quali i risultati? Il
turismo si è effettivamente sviluppato, passando da 87.438 visitatori nel ’71 al doppio nel ’77,
ma si tratta di un turismo di lusso che favorisce essenzialmente
alcuni gruppi speculatori multinazionali. In quanto alle imprese subappaltatrici americane, 300
si sono installate nei dintorni di
Port-au-Prince, dando lavoro a
39.000 persone. Ma sono tutte industrie la cui produzione non ha
alcun rapporto con i bisogni reali del paese: non utilizzano materie prime locali, non reinvestono nel paese; prodotti e benefici
vengono esportati.
In quanto ai contadini, spogliati dei frutti del loro lavoro, sottoposti alla repressione banditesca dei « tontonS macoutes » (i
quali, non essendo stipendiati
dallo Stato provvedono a rimunerarsi col furto sistematico ai
loro danni), benché siano di fatto la principale forza economica
del paese, sono i grandi esclusi
del sistema di potere duvalierista. Quest’ultimo infatti si regge
sulle classi medie e sulla piccola
borghesia statale, legate a doppio
filo alla famiglia Duvalier la quale possiede o controlla la quasi
totalità dei settori produttivi e
commerciali del paese (simile
dunque al clan Somoza nel Nicaragua pre-ààfidinistS'). Conseguenza di tale sistema: il 60%
della popolazione di Port-au-Prince, l’83% di quella delle città di
provincia, e il 94% della popolazione rurale vivono al di sotto
della soglia della povertà assoluta, facendo solo tre pasti alla settimana; tutte quéste persone sono ai limite della sopravviV.enza
fisiologica (dà un rapporto della
Banca Mondiale pubblicato nel
novembre ’78).
Accettare
o fuggire
In queste condizioni, l’alternativa lasciata alla stragrande maggioranza del popolo haitiano è
una sola; accettare l’ordine duvalierista o fuggire. Molti hanno
scelto e scelgono questa seconda
Un po' di storia
1659: Installazione dei coloni francesi nella parte occidentale dell'isola di Santo Domingo per sviluppare
lo sfruttamento zuccheriero.
1697: Trattato di Ryswick: riconoscimento internazionale dell'installazione dei coloni francesi e avvio di
un'amministrazione francese: Santo Domingo viene tagliata in due.
1722: Prime rivolte di schiavi.
1763: Creazione di quattro governi generali nelle Antille francesi
(Santo Domingo, Martinica. Guadalupa e Guyana).
1790: Decreto del 28 marzo che
concede i diritti politici ai Neri.
1791-94: Rivolta dei Neri sotto il
comando di Toussaint (ouverture il
quale fa fronte ad un importante esercito inglese mandato dalla Giamaica per solidarietà con i Bianchi.
1795: Toussaint (ouverture controlla l'insieme dell'isola di Santo
Domingo di cui gli Spagnoli hanno
appena ceduto la parte orientale ai
Francesi (Trattato di Basilea).
1802: Sbarco del generale (edere
alla testa di un esercito di 20.000
uomini: cattura Toussaint (ouverture
e lo deporta in Francia.
1803-1805: Jean-Jacques Dessalines prosegue la lotta di Toussaint
(ouverture, proclama l'indipendenza
di Haiti il r gennaio 1804 e prende
il titolo di imperatore col nome di
Giacomo I.
1806-1820: Assassinio di Dessalines. Henri Christophe diventa Enrico I (1811-1820) e instaura la monarchia.
1818-1843: Opposizione del mulatto Pétion il quale crea una Repubblica, poi di Boyer che occupa l'intera isola (1822).
1844: (a parte orientale dell'isola
ottiene la sua indipendenza e diventa la Repubblica Dominicana.
1915-1934: Occupazione di Haiti da
parte degli Stati Uniti.
1957: Arrivo al potere di François
Duvalier, - Papa Doc ».
1964: François Duvalier si proclama « presidente a vita ».
1971: Alla morte del padre François, Jean-Claude Duvalier diventa,
, a 19 anni, «presidente a vita» di
Haiti.
(Scheda tratta da « (e Monde Diplomatique » . agosto 1982).
strada, la più rischiosa, pur di
salvare, oltreché la pelle, la loro
dignità umana. La prima via dell’emigrazione-fuga è quella verso
la limitrofa Repubblica Dominicana dove i « braceros » haitiani
vengono impiegati — al posto dei
Dominicani che non vogliono fare questi lavori — nella raccolta
della canna da zucchero, del riso, del cacao, del caffè, del tabacco, ecc. In realtà, si tratta di
una vera e propria vendita schiavista dei lavoratori haitiani a favore del governo e della borghesia haitiana (nella raccolta ’80’81, il governo dominicano ha
versato 2.900.000 dollari a quello
haitiano per il contratto di 16.000
« braceros »).
/
Ma l’esodo più massiccio e più
tragico è raporesentato dai «bjjgf
Mople » haitiani, forma moderna,
dr « marronnagè » (i « marrons »
nel Settecento erano gli schiavi
che prendevano la macchia per
fuggire all’oppressione dei coloni bianchi)'. Imbarcati a prezzo
d’oro (1.500 o 2.000 dollari) su
fragili battelli, cercano di raggiungere le altre isole caraibiche
e soprattutto la mitica Florida.
Molti non arrivano mai a destinazione: muoiono in mare annegati e divorati dagli squali. I
fortunati che riescono ad approdare sulle coste statunitensi vedono subito infranto il loro so
gno. Ad accoglierli è la polizia
americana che li rinchiude in
campi profughi circondati dai fili spinati! Il più importante di
questi campi si trova a Miami,
a Fort Krome. Ma nell’agosto
’81 un secondo campo è stato aperto, non più in Florida (forse
per allontanare i giudizi di una
opinione pubblica americana
sempre più scandalizzata) ma a
Porto Rico, in una vecchia base
militare, a Fort Alien: si tratta
di un vero e proprio campo di
concentramento dove sono rinchiusi 800 Haitiani. Nessuna spe
(continua a pag. 12)
L’INTERESSANTE LAVORO DELLA CHIESA METODISTA
Nella giungla religiosa
E’ noto che la religione tradizionale di Haiti è il Vaudou, un
culto originale, direttamente importato daU’Africa, in cui tuttora il popolo haitiano riconosce la propria identità (vaudouisti erano i primi « marrons »,
vaudouisti sono gli odierni
« marrons », i « boat people »,
gli opponenti al regime). Durante l’occupazione americana (dal
1915 al 1934) la classe dominante
haitiana, già prevenuta contro
il Vaudou, ha nella sua maggioranza appoggiato l’occupante e
quindi la sua religione. Una minoranza invece ha violentemente reagito a questo annullamento
dell'uomo haitiano, ricercando
negli antichi valori del Vaudou
un mezzo di contestazione.
Oggi il Cristianesimo convive
accanto, o meglio sovrapposto,
alle tradizioni Vaudou. Cattolicesimo e Protestantesimo rappresentano rispettivamente 4/5
e 1/5 della popolazione. Entrambe le confessioni hanno i loro
torti e i loro meriti. Da parte
cattolica, l’arcivescovo di Portau-Prince, Monsignor Ligondé
( che si appresta a ricevere il papa, il 9 marzo p. v., in mezzo a
molte contestazioni da parte del
clero ) si comporta più o meno
* come il portavoce del governo,
ma accanto a questo, la Conferenza haitiana dei religiosi cattolici ha preso l’anno scorso una
posizione molto chiara e coraggiosa in questi termini; « La società haitiana deve scegliere tra
un certo materialismo delle sue
élites che l’ha portata alla dipendenza e al precipizio, e la ferma
volontà di costruire il proprio
futuro con la partecipazione delle masse. Deve scegliere tra continuare ad essere il paese di una
minoranza detentrice di tutti i
’poteri, di tutti i diritti e di tutti
i beni, o diventare il paese di un
intero popolo che condivide nell’equità e nella giustizia le risorse che esso produce ».
Da parte protestante, ci sono
da un lato i pastori americani
delle 250 sette evangeliche che,
dal 1976, girano per le campagne
haitiane diffondendo un discorso « spirituale » che mira alla
rassegnazione e all’accettazione
dello status quo (fenomeno, questo, che si riscontra non solo in
tutto il Centro America ma nella
maggior parte dei paesi del Terzo Mondo e che non manca di
presentare aspetti preoccupanti
quando non sono addirittura tragici: vedi Rios Montt in Guatemala).
La chiesa
metodista
Dall’altro lato c’è il lavoro, serio e coerente, della Chiesa metodista in particolare la quale
sta puntando molto sui centri di
educazione popolare, abbinati a
iniziative di promozione socioeconomica in zone rurali. La
priorità data all’educazione (anche da parté cattolica) non è casuale: è che la situazione scolastica di Haiti specie nelle campagne, è drammatica. Secondo le
statistiche del 1979, soltanto il
16% dei bambini frequentano la
scuola e solo il 2% ottiene la licenza elementare. Circa il 90%
degli Haitiani sono analfabeti.
Niente da stupirsi se si tiene
conto che ad Haiti esiste una
scuola per 35 carceri, e un maestro per 189 militari!
Ma alla Chiesa si è posto subito un problema: che senso ha
fare scuola a bambini con la
pancia vuota (« Sac vide pa campé » = « Un sacco vuoto non sta
in piedi », dice il detto popolare)
e inoltre insegnare in una lingua
(il francese) diversa da quella
materna (il creolo)? Perciò, nel
suo progetto di Gébeau, nel Sud
di Haiti, la Chiesa metodista ha
impostato un lavoro — originale e pionieristico — di svilup
po comunitario complessivo
comprendente: sviluppo rurale; miglioramenti agricoli, quindi alimentari, e centri di educazione popolare per i bambini e i
giovani. I maestri vengono scelti
dalla stessa comunità. L’insegnamento si fa in lingua creola, il
che favorisce un apprendimento
più naturale e più rapido.
L’obiettivo di questi centri è di
formare giovani contadini indipendenti, padroni del proprio
sviluppo e di quello della loro
comunità.
Inoltre le Chiese hanno dato
vita a due giornali, uno protestante « Timoun » ( = « bambi
no », in creolo), l’altro cattolico,
« Bon Nouvél ». Molto diffusi,
costituiscono mezzi non solo di
informazione ma di comimicazione, di dibattito, di denuncia,
di maturazione collettiva. Insomma, compito della Chiesa non è
solo di assistere materialmente
bensì di coscientizzare la gente,
renderla partecipe e decisa a esigere le necessarie riforme sociali,
anche a costo di essere presi di
mira dal governo. Del resto la situazione dei contadini è così
drammatica che non c’è altra
scelta. Profondamente impegnata nella lotta per l’applicazione
dei diritti fondamentali dell’uomo, la Chiesa metodista di Haiti
si è così espressa in una Dichiarazione del Sinodo 1979; « La
Chiesa metodista di Haiti dichiara la sua fede nella volontà di
Dio di liberare l’uomo haitiano
dagli ostacoli che gli impediscono di realizzare tutte le sue potenzialità di figlio di Dio... La partecipazione della Chiesa allo sviluppo si situa per noi non specificamente al livello delle "tecniche” ma più fondamentalmente
al livello della coscienza dell’uomo, della sua motivazione e della
sua partecipazione allo sviluppo ».
Pagina a cura di
Jean-Jacques Peyronel
8
8 ecumenismo
Il marzo 1983
Credo che sarà sempre più difficile sostenere che il dogma del
papato, così com’è stato definito
nel Concilio Vaticano I, sia « ricavabile » dal N. Testamento.
Non attribuisco alcuna infallibilità al libro di Hasler, ma penso
che egli non sia lontano dal vero . quando sostiene che « oggi
quasi tutti i teologi e la massa
dei credenti lo negano ». Il Blank'
mi sembra persin troppo perentorio: « A partire dai pionieristici lavori di A. Vogtle (1958), nessun esegeta cattolico degno di
questo nome dovrebbe più ammettere che nel Nuovo Testamento si possa rinvenire la chiara asserzione del primato papale
e deH’infallibilità. La prova scritturistica, sujla quale allora si sosteneva il dogma, oggi non tiene
più. Lo stesso vale per la prova
tratta dalla tradizione dei padri » (Concilium 8/1981). Se, come scrive il teologo cattolico H.
Urs von Balthasar, la decisione
del 1870 è stata im « gigantesco
incidente », si tratta davvero, come da molte parti è stato proposto, di riprendere l’intera questione e dibatterne in tutta libertà
nella chiesa cattolica e a livello
ecumenico.
Strutture
relativizzate
Non penso che si possa ricavare da Gesù una precisa strutturazione della chiesa. Da lui ricaviamo, come normativo, lo spirito profondo che deve permeare
anche le strutture: servizio e fraternità. Tanto più che l’ipotesi
che i brani matteani e giovannei
più ’’discussi” riproducano le
« stessissime » parole di Gesù (e
non siano piuttosto redazionali),
non trova quasi più credito (Pa
UN’OPINIONE DAL CATTOLICESIMO DI BASE
Dal papato infallibile
al ministero di Pietro
« O Dio, tu solo sei' la Verità che in Gesù Cristo si è manifestata
a noi che siamo e restiamo, tutti e sempre, ampiamente fallibili »
bris, Barbaglio, Schillebeeckx,
Brown e moltissimi altri). Se è
vero che con le sue parole e la
sua azione Gesù, nel corso della
sua vita, pose « i fondamenti per
la nascita di una chiesa postpasquale » (H. Kung), risulta
però semprè più evidente che,
nella sua forma concreta e storica, la chiesa si rifà alla decisione degli apostoli, illuminati dallo
Spirito Santo (L. Boll). L’idea
che Gesù abbia fondato, nella
previsione di un lungo futuro,
una chiesa con ben precise strutture, con un magistero dottrinale, con un determinato numero di
sacramenti, « traviserebbe la storia. Invece ci si deve chiedere e
si deve tentare di descrivere come dalla comunità dei discepoli
di Gesù sia nata la chiesa » (K.H.
Schelkle). Sostenere che un determinato assetto istituzionale e
strutturale discenda direttamente dalla volontà « costituente e
fondatrice » di Gesù e presentarlo conseguentemente come volontà di Dio, significa mettere tra
parentesi tutto un cammino storico ormai ampiamente documentato. Ecco perché è possibi
le leggere i testi biblici in questione (tra gli altri Matteo 16: 1819 e Giovanni 21) non come l’eco delle precise parole di Gesù
’’costituenti” un modello canonico di chiesa, quanto come una
decisione post-pasquale dei discepoli, i quali crearono e assunsero quelle forme istituzionali che,
lungi dall’essere sacre ed immutabili, erano ai loro occhi il tentativo di tradurre, nelle comunità di allora, anche a livello strutturale, l’istanza normativa del
servizio ricevuta da Gesù. Ma è
innegabile che già nel N. Testamento noi troviamo diverse esperienze ecclesiali e diverse ecclesiologie, per cui il richiamo al
N. Testamento può certamente
legittimare forme anche molto
diverse di strutturazione ecclesiale. L’assetto istituzionale della
chiesa è e deve rimanere opera
delle nostre mani, soggetta ai
processi evolutivi di ogni strutturazione « sociale », tanto più
che revangelo di Gesù è forza
critico-creatrice di conversione
anche strutturale.
Se relativizziamo il discorso
sulle strutture per ricentrare tut
*4“ Echi dal mondo
cristiano
a cura di Renato Ooisson
Centro privato di
ricerca sulla pace
(SPP) — Dopo il centro Gipri
creato due anni fa a Ginevra, un
nuovo centro privato di ricerca
sulla pace verrà creato nella
Svizzera Tedesca. A Zurigo il
« Poro per una ricerca della pratica della Pace » si propone di
aprire un centro di documentazione e di stimolare dei gruppi
di lavoro su diversi temi specifici. Questo centro conta già
sull’appoggio delle chiese e di
altre organizzazioni private. Fra
i temi allo studio: i movimenti
della pace e la democrazia diretta, le donne ed il militarismo, la
conversione delle industrie degli
armamenti, un servizio di salute
coordinato, gli schemi di ostilità
e l’educazione alla pace.
La chiesa e la bomba
(BIP) — Un gruppo di lavoro
della Commissione sulle Responsabilità sociali della Chiesa anglicana inglese ha pubblicato in
edizione tascabile un libretto intitolato «La Chiesa e la bomba » che contiene le conclusioni,
cui è giunto il gruppo, sulla questione del come allontanare lo
spauracchio di una guerra atomica.
L’opera si compone di 6 capitoli. Il primo parla delle varie
armi nucleari, il secondo della
strategia nucleare dei diversi
paesi, il terzo è « la spirale dell’equilibrio nucleare» (le armi devono continuamente essere modernizzate: i tecnici che mettono a pimto un’arma studiano
nello stesso momento come ripararsi dall’arma nemica che sarà fatta per contrastare la loro).
H quarto analizza il contesto politico, il quinto le implicazioni
morali e legali (in caso di conflitto nucleare non si può più
parlare di guerra giusta). L’ultimo capitolo presenta il contesto
teologico ricordando i valori
fondamentali dell’Evangelo.
Nelle conclusioni si tenta di
rispondere alla domanda « quali
scelte per una politica di pace? ».
Di fronte alle quattro possibilità: negoziare a partire da una
posizione di forza; ridurre progressivamente gli armamenti nucleari; disarmo multilaterale e
disarmo unilaterale, il gruppo di
studio suggerisce che il disarmo
unilaterale della Gran Bretagna
potrebbe essere un utile contributo alla pace.
Certamente i russi potrebbero
sfruttare politicamente questa
scelta. Rimane comunque una
sfida ragionevole, perché un disarmo unilaterale della Gran
Bretagna più che la costruzione
di nuovi missili da parte degli
Stati Uniti, può convincere i sovietici che l’Occidente non vuole
la guerra e di conseguenza portarli a ridurre progressivamente i loro armamenti.
Il gruppo di lavoro in partenza era composto da partigiani ed
avversari della politica di dissuasione nucleare. Nel corso dei
dibattiti tutti si sono trovati
unanimi nelle conclusioni.
No al "primo colpo”
(Nev) — Analizzando gli articoli, e soprattutto i titoli, con
cui i giornali italiani hanno riferito sul dibattito svoltosi nel
Sinodo della Chiesa anglicana su
armamenti nucleari e disarmo,
l’agenzia della Federazione Chiese Evangeliche in Italia ha notato una vistosa distorsione della
informazione che raggiunge il
suo massimo nel titolo del Cor
riere della sera: La Chiesa vuole la bomba.
In realtà ciò che il Sinodo anglicano ha respinto (di stretta
misura e non a larga maggioranza come riferisce il quotidiano
milanese) è la proposta di disarmo unilaterale; ma ciò che ha
approvato con un margine maggiore di voti è l’emendamento
proposto dal vescovo di Birmingham Hugh Montefiore che chiede al governo inglese di impegnarsi a non usare mai per primo l’arma nucleare. Il no al
« first use », al primo colpo va
nettamente contro la strategia
NATO e i desideri espliciti del
premier Margaret Thatcher.
Proibite riunioni
in Sud Africa
(SOEPI) — Ecunews, il servizio informazioni del Consiglio
sudafricano delle Chiese, comunica che pressioni sono state
esercitate dal governo per impedire che i locali ecclesiastici delle zone riservate aH’abitazione
della popolazione nera siano utilizzati per riunioni « politiche ».
Secondo Ecunews quest’azione
si iscrive in una « strategia totale condotta dal governo per impedire le attività politiche dei
neri a livello di base e per ostacolare l’opposizione politica al
regime dell’apartheid ».
Malgrado questo, gli edifici ecclesiastici sono sempre disponibili per diversi tipi di riunioni
civili o comunitarie. A quanto
riferisce il bollettino sudafricano, secondo la legge anti-sommosse tutte le riunioni pubbliche, in luogo aperto, senza autorizzazione governativa, sono
proibite. Aggiunge che « la maggioranza delle riunioni di natura
politica o comunitaria si tengono in locali ecclesiastici a causa
della mancanza di attrezzature
adeguate nelle zone della popolazione nera ».
« Non è perché le cose sono
diificili che non osiamo; è perché •
non osiamo che le cose ci paiono
difficili ». ^
(un insegnante evangelico
del Benin)
ta la nostra ricerca comunitaria
e personale sull’evento Gesù, saremo forse più disponibili alla
testimonianza e alla predicazione
dell’evangelo del Regno: l’unica
cosa costitutiva per la nostra fede, oggi così sfidata e così stupenda. Purtroppo, ripercorrendo
la storia del Pontificato Romano
da questo punto di vista, si deve dolorosamente constatare che
esso è più parente delle dinastie
faraoniche che non vicino allo
spirito del servizio fraterno insegnatoci da Gesù. Certo, non si
può semplificare e non giova demonizzare, ma il papato è stato
in larga misura prigioniero del
potere, della diplomazia, dell’arroganza di una struttura che ha
sacralizzato se stessa. Le carezze
di Satana e le prostituzioni del
potere spesso lo hanno sedotto.
Tutti fallibili
« A mio avviso la ammissione
della storicità del dogma contiene in sé la ammissione della
possibilità d’errore nelle decisioni di fede. Ed è immediatamente
evidente che, se si è verificato un
errore, non ci si dovrebbe liberare della questione con una nuova interpretazione, ma si dovrebbe parlare onestamente di revisione » (teologo cattolico G.
Denzler).
A me pare che un articolo di
fede che dovrebbe accomunare
tutte le chiese cristiane, tutte le
assemblee, i sinodi e i concili e
tutti i ministeri potrebbe suonare così: « O Dio, noi crediamo
in te. Tu solo ^ei la Verità che
in Gesù si è manifestata a noi
che siamo e restiamo, tutti e
sempre, ampiamente fallibili ».
Tutti, nessuno escluso.
Mi sembra urgente e possibile
passare dal papato-primato-infallibilità ad un ministero di Pietro,
inteso come servizio di unità e
di fraternità. Un ministero di
Pietro che si proponesse all’ecumene cristiana, senza imporsi, lasciando cadere il primato di giurisdizione e l’infallibilità, non
potrebbe rappresentare un bene
ecumenicamente prezioso per le
chiese cristiane che, eventualmente a rotazione e ad tempus,
potrebbero eleggere a tale servizio uomini e donne di diverse
confessioni? In tal caso credo
che raccoglieremmo una esperienza presente nel N. Testamento (accanto a tante altre) e non
ci scosteremmo dallo spirito del
servizio essenziale all’evangelo
di Gesù.
Mi rendo benissimo conto che
anche il Concilio Vaticano II su
questo terreno non è andato oltre
un forse necessario equilibrio
delle posizioni. Le diverse ecclesiologie presenti nei documenti
conciliari hanno dato vita ad un
’’compromesso delle formule”
che « consiste nel trovare una
formulazione che soddisfi tutte le
richieste in contrasto tra loro e
che lasci irrisolti i veri e propri
motivi di confiitto mediante una
formulazione polivalente» (C.
Schmidt). La patata bollente è
stata, dunque, lasciata a noi, ma
dentro il concilio esiste una tensione salutare e profonda che ha
lasciato tracce ben visibili nella
ambiguità e ambivalenza delle
formulazioni conciliari: è il problema della collegialità e della sinodalità. Oggi « la chiesa cattolica si regge nel quadro di un sistema autoritario » (L. Boff) e
ciò in riferimento alla sua struttura, anche in presenza di pastori
dallo stile giovanneo. Voglio dire
che occorre arrivare ad un tipo
di struttura in cui tutti possano
concorrere alla formazione delle
decisioni o, almeno, il maggior
numero possibile. Molti chiamano questa partecipazione, reale
alle decisioni rilevanti della chiesa la sinodalità, la pratica sinodale. Finché il sinodo dei vescovi
vivrà in rapporto di eterna dipendenza, come scrive Tillard,
dal papa, noi avremo una comunione ’’parziale” ed una sinodalità zoppicante. « Ora, la tendenza dominante dei regolamenti sinodali post-conciliari è quella di
riservare al vescovo il potere deliberativo e di ridurre gli altri
partecipanti a un ruolo puramente consultivo ». (J. M. Tillard).
A livello del rapporto tra papa e
vescovi e a livello diocesano il
primo passo mi sembra proprio
qui: costruire dei sinodi deliberanti che superino le assemblee
consultive. Mi rendo benissimo
conto di toccare un tasto delicato, ma le formule organizzative
sono tutte modificabili perché
non sono di diritto divino.
Maria e Pietro
Il passaggio dal papato infallibile al ministero di Pietro non favorirebbe anche un approccio alla figura di Pietro discepolo così
come, con le sue luci e le sue
ombre, ci viene proposta nell’evangelo? Mi pare che, specialmente noi cattolici, siamo colpevoli e recidivi in modo particolare nei confronti di Maria e di
Pietro di un reato di violenza
teologica continuata perpetrato
ad uso ecclesiastico e devozionalistico. Abbiamo violentato Maria, quella ragazza di Nazareth,
schiacciandola sotto una montagna di dogmi e di privilegi, tanto
che abbiamo corso il rischio di
negarla come donna e di sottovalutarla come credente. Poi l’abbiamo trasportata in cielo, quasi
a servizio dei nostri castelli dogmatici. Ora ci accorgiamo che
questa lunga serie di « dogmi
che non è possibile giustificare
in modo universalmente persuasivo né con la Scrittura, né con
la tradizione, né con postulati
teologici » (H. Kùng) comincia
a pesare come un fardello ingombrante. Occorre restituire
Maria a se stessa e alla sobrietà
esemplare dei dati dell’evangelo
liberandola dai troppi lacci dogmatici. Così la sua fede tornerà
a parlare a tutti noi! La grandezza di Maria è tutta in Colui che
l’ha ricolmata di grazia. Così per
Pietro. Perchè strumentalizzarlo
ad uso e consumo di una ecclesiologia piramidale, giuridica e
marcata dal virus dell’onnipotenza? Torniamo al Pietro deH’evangelo, sabbia friabile che Dio ha
trasformato in roccia e abilitato
ad un servizio di edificazione nella chiesa-comunità delle origini.
Guardiamo a lui come discepolo
e... come non essere affascinati
dalla sua testimonianza di fede
per l’azione di Dio nella sua vita? Solo a colpi d’evangelo possiamo convertirci dalla manìa
violentatrice alla quale accennavo prima. Si tratta di ricuperare
la genuinità e i lineamenti di un
servizio aH’interno della loro vita
di fede.
Forse il tempo degli infallibili
è finito ovunque: al Cremlino, alla Casa Bianca, e anche in Vaticano. In questa ottica le formulazioni dogmatiche del passato
potranno svolgere l’insostituibile
servizio dei cartelli indicatori,
di frecce stradali verso la verità,
di luoghi di confronto storicamente datati e leggibili e documenteranno anche parzialità e
incidenti di percorso. Non si tratta di compiere sommarie liquidazioni, ma di non sclerotizzare
delle formule come se fossero
delle ideologie rigide che ostentano la pretesa di fotografare la
verità. Solo l’evangelo è la parola che resta in eterno. A noi, a
rne per primo, conceda il Signore
di saperci sempre correggere nei
nostri errori, fraternamente. Senza avere paura o dover nascondere le nostre diversità.
Franco Barbero
9
11 marzo 1983
cronaca delle Yallì 9
GRUPPO FGEI ANGROGNA
Mentalità cooperativistica
il costo
dei
rifiuti
Vicino ad una strada di grande traffico, nel Comune di Pinerolo, c’è un deposito di rottami
e di spazzature assortite: si va
dai mobili ai soliti sacelli di plastica, ai frantumi di muratura.
La discarica è con molta probabilità abusiva, ma molto ben frequentata da chi ammucchia i
rifiuti, ma anche da gente che se
li porta via. Un giorno si può
vedere una coppia di anziani pensionati alla ricerca di qualche
pezzo utile, un’altra volta è un
camioncino che staziona lì vicino
carico di ogni specie di oggetti
fuori uso.
E’ colpa del consumismo, della
produzione in serie, della plastica non riciclabile, della scomparsa di tutti i mestieri legati alle
aggiustature degli oggetti di uso
comune? Sta di fatto che nelle
discariche vanno a finire tantissime cosa ancora in buono stato,
di cui ci si disfa a volte soltanto per la totale impossibilità di
trovar loro una diversa utilizzazione. E, al contrario, c’è anche
chi raccoglie e fa sparire.
Le discariche a cielo aperto,
tuttavia, sono destinate ad essere eliminate. Sono veramente
dei luoghi indecenti, allevamenti
di topi grassi, fonti di inquinamento per l’aria e per l’acqua,
quando si dà fuoco alla massa in
putrefazione.
La Comunità Montana Valli
Chisone e Germanasca ha elaborato un piano che risolve (o
meglio, si propone di risolvere)
il problema, trasportando altrove i rifiuti adeguatamente schiacciati dai compattatori.
Quando il piano è stato presentato lo scorso anno in Consiglio, una delle prime domande è
stata: « Sarà possibile la raccolta differenziata? » E’ facile capire
che la risposta è stata negativa: il servizio prevede già una
spesa maggiore, sia per i cittadini che per gli enti locali; aggiungere contenitori specifici per
i diversi materiali oppure lavoro
in più agli addetti sembra impossibile.
Eppure la raccolta differenziata si fa già da tempo in valle:^
scuole, parrocchie, gruppi vari
alla perenne ricerca di soldi,
hanno scoperto che la carta e il
vetro si possono vendere con discreto profitto. Le ditte caricano, te famiglie si prestano volentieri a conservare i giornali e le
bottiglie vuote, i ragazzini corrono di qua e di là col carrettino
a mano. E, oltre all’evidente scopo di lucro, non si può trascurare l’aspetto educativo dell’iniziativa: non distruggere materiale
riciclabile, che il nostro paese
acquista a caro prezzo all'estero.
Per queste moderne tribù di
raccoglitori, esiste tuttavia un
problema: se la carta più o meno si può impilare in qualche
angolo, i cocci di vetro devono
essere raccolti in luoghi sicuri.
Le ditte non .sono propense a sistemare contenitori propri per
piccole quantità di materiale,
per cui molti sono costretti a
rinunziare alla raccolta.
Certo, nessuno si illude che
queste piccole iniziative locali
riescano a risolvere il problema
molto complesso della riutilizzazione dei rifiuti. .
Ma lo si risolve forse con la distruzione indiscriminata?
Liliana Viglielmo
Il gruppo giovanile FGEI del
Prassuit-Vemé si è recentemente incontrato con alcuni membri
della Cooperativa Terranova che
opera nella nostra zona, in particolare la sua sede è a Luserna
San Giovanni. Un incontro molto interessante anche perché dietro alla serata c’era il problema
della disoccupazione giovanile e
quindi l’interesse di vedere come altri hanno risolto questo
problema. Bisogna subito dire
che il nostro gruppo è composto
prevalentemente da lavoratori (ci
si riunisce ogni mercoledì nella
scuoletta del quartiere) si preferisce esaminare i problemi senza
grandi intellettualismi ma, quando è possibile, partendo da esperienze concrete. Perciò abbiamo
ascoltato con grande interesse
come è nata questa cooperativa
di giovani ad indirizzo agricolo
(benché nessuno dei soci sia
agricoltore di tradizione).
La prima scelta della cooperativa è stata quella di fare tutte
le cose insieme discutendo anche i particolari minimi e il secondo punto è stato quello di rivolgersi alla coltivazione dei piccoli frutti (lamponi, ribes, more) escludendo completamente
l’uso di sostanze chimiche sia per
la coltivazione che per la conservazione del prodotto finito.
La difficoltà che i membri della « Terranova » hanno incontrato, a parte la diffidenza generale che ha accompagnato la nascita di questa iniziativa, è stato il reperimento dei terreni e
di locali adatti per la lavorazione del prodotto. Superato questo
ostacolo se ne è subito presentato un altro: arrivare direttamente al consumatore evitando
il passaggio dei grossisti. Anche
questa difficoltà è stata superata
e oggi la « Terranova » arriva direttamente al consumatore evitando inutili passaggi e mantenendo caratteristiche naturali
del prodotto anche se costerebbe
meno usare prodotti chimici.
Dunque una scelta fatta a favore della salute da un gruppo
di giovani che ha sfidato la paura della disoccupazione proponendo qualcosa di interessante.
Ci siamo chiesti: non sarebbe
possibile fare qualcosa di simile,
anche qui in Val d’Angrogna, nel
campo della zootecnia? Se si riuscisse a formare una piccola
azienda di almeno 5 persone il
lavoro con il bestiame risulterebbe snellito, si potrebbero fare dei turni (quindi anche l’agricoltore potrebbe godere delle ferie come l’operaio), si potrebbe
comperare una serie di macchinari... Abbiamo già una cooperativa per la raccolta e la vendita
del latte. Ma si potrebbe fare di
più applicando il concetto di cooperativa aU’allevamento del bestiame da parte di quei giovani
che non vogliono abbandonare la
montagna per la fabbrica (che
poi vediamo essere sovente in
crisi peggio della campagna).
La coltivazione dei piccoli frutti è stata una scelta della « Terranova » che non si può ripetere
infinite volte. Invece il problema
dell’allevamento del bestiame è
molto più grosso e meriterebbe
non solo una risposta individuale
(il padroncino che si fa la sua
stalla e tutte le cose da solo) ma
cooperativistica. Però per arrivare a questo ci vuole una nuova mentalità che non abbiamo
ancora.
Discutendo con la «Terranova»
abbiamo visto che dopo le difficoltà iniziali se si ha voglia di la
Ringraziamento
POMARETTO — Le famiglie
Rostan e Laetsch ringraziano di
cuore i Vigili del Fuoco, l’Amministrazione Comunale di Pomaretto e tutti coloro che si sono prodigati, in un modo o nell’altro, per spegnere l’incendio
che mercoledì 23 febbraio scorso ha distrutto la loro casa.
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vorare, se c’è fiducia dei membri
tra loro, se la scelta è stata giusta alla fine anche la cooperativa è remunerativa e si può vivere benissimo con uno stipendio medio. Senza ammazzarsi sul
lavoro (come sovente succede
quando si è e si vuole restare
soli) ma vivendo con gli altri i
problemi e le speranze del lavoro. Una cooperativa può essere
una risposta all’abbandono delle
montagne e al bisógno di lavoro
che richiedono i giovani. Forse i
nostri padri non sarebbero d’accordo nel sentirci parlare così
ma l’importante è che la montagna viva oggi come ieri per il
bene di tutti.
Albino Bertin
Oggi
e domani
Teatro
PRAROSTINO — Domenica 13 marzo, ore 20.30 a San Bartolomeo di Prarostino, la Filodrammatica di Villar Pellice presenta la recita; « Felicità proibita » di Bruno Carbocci.
PiNEROLO — Al teatro Primavera verrà rappresentato venerdì 18 marzo alle
ore 21 il lavoro teatrale <■ Teresa Raquin » di Emile Zola con la compagnia
della Società Teatrale L’Albero.
Cinema
TORRE PELLICE — Questo il programma del Cineforum organizzato dall'ARCI e che si tiene presso il salone
della Casa Unionista, via Beckwith, alle
ore 21:
4° ciclo: i grandi registi: Luis Bunuel
Venerdì 11 marzo: La via lattea
Venerdì 18 marzo: Il fascino discreto
della borghesia
Venerdì 25 marzo: Il fantasma della
libertà
Un film per discutere:
Venerdì 1" aprile: Oltre il giardino
5° ciclo: I grandi registi: John Cassavetes
Venerdì 8 aprile: Una moglie
Venerdì 15 aprile: Mariti
Venerdì 29 aprile: La sera della prima
Concerti
TORRE PELLICE — Nell'ambito della
Università della Terza Età, giovedì 17
marzo ore 16 all'Hótel du Pare: incontro musicale con Willy Merz e M. Piacentini.
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Premiata la II A
della scuola media
di Perrero
PERRERO — Abbiamo dato
notizia a suo tempo del concorso vinto da una classe della
scuola media statale, premiata
con un viaggio in Tunisia, effettuato lo scorso novembre. Un
ulteriore premio, dato in omaggio alla sede scolastica, è stato
consegnato venerdì scorso da un
rappresentante della Casa Editrice Garzanti: si tratta della
poderosa e pregevole Enciclopedia Europea edita da questa casa, che promuove il concorso
ogni anno, in collaborazione con
l’organizzazione Intercultura. Anche quest’ultima era rappresentata al momento della consegna
del premio dalla sua rappresentante torinese Sig.a Ghigo, accompagnata da un’ospite americana presente a Torino nel quadro degli scambi,culturali promossi dall’organizzazione.
Dopo alcuni brevi discorsi i
proff. Deuseblo e Giaime, che
hanno guidato lo scorso anno lo
svolgimento del lavoro premiato, hanno proiettato le diapositive scattate durante il viaggio
in Tunisia, che restano un prezioso documento della memorabile settimana vissuta dai ragazzi di Perrero, Frali e Massello.
Anche in un altro campo gli
alunni della Scuola Media di Perosa. Perrero e Fenestrelle si sono distinti riportando brillanti
risultati : si tratta delle manifestazioni provinciali dei giochi invernali della Gioventù: a Beaulard dove si sono svolte le gare
di sci sono risultati primi per
i maschi Luca Baud di Frali e
per le femmine Cristina Ressent
di Fenestrelle.
Consiglio Comunale
PERRERO — Nella sua ultima seduta, il Consiglio comunale di Perrero ha approvato velocemente alcune decisioni della
giunta relative ad opere pubbliche: in particolare la costruzione di un nuovo acquedotto
per le borgate di Chiabrano, Forango, Saretti e Ribatti. Con il
finanziamento di 180 milioni si
pensava di far fronte anche alla
situazione della borgata di Chiotti superiori, che scarseggia da
tempo di acqua potabile, ma
un più attento esame delle possibilità finanziarie ha escluso
per il momento la realizzazione
di quest’opera.
A Chiotti si faranno invece, le
fognature, con un contributo di
100 milioni. Il progetto presenta comunque alcune ■ difficoltà
tecniche che renderanno necessaria un’ulteriore richiesta di finanziamenti.
Un taglio di 120 piante resinose per un valore presunto di 7
milioni è invece destinato alla
costruzione del tetto della pista
coperta del capoluogo.
Il problema di più diffìcile soluzione per un comune formato
di tante borgate sparse, come è
Perrero, rimane l’adeguamento
alle norme di legge delle varie
fognature; e, purtroppo, i con1 tributi che a prima vista possono sembrare cospicui, all’atto
I pratico si rivelano poi assoluta' mente inadeguati.
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10
10 cronaca delle Valli
Il marzo 1983
UNA LEGGE DELLA REGIONE PIEMONTE
Per il lavoro
disoccupati
e cassaintegrati
Il 18 febbraio il Consiglio regionale del Piemonte ha appro»vato una legge per favorire lo
sviluDDO dell’attività cooperativistica di Rovani disoccupati e di
lavoratori in cassa integrazione.
Il testo legislativo posto in
vot^ione era il risultato di due
distinte proposte (una formulata
dai Consiglieri regionali Montefalchesi e Reburdo ed una avanzata dalla Giimta) ed è stato approvato a maggioranza con la
sola astensione del gruppo DC.
Il gruppo democristiano, che pure ha visto accolti i propri emendamenti e si è dichiarato d’accordo coUe finalità della legge,
ha infatti ritenuto di non poter
sciogliere alcime riserve rispetto
« a una scarsa chiarezza delle
procedure» previste per la sua
attuazione.
Ma vediamo in sintesi cosa
prevede il provvedimento.
In 15 articoli la legge si propone di affrontare tre dei problemi-cWave dell’attività cooperativistica. In primo luogo agevolare la fase di avvio, in secondo luogo creare una rete di sostegno che rafforzi il sistema cooperativistico. E terzo obiettivo,
stimolare una risposta verso la
cooperazione da parte dei giovani.
L’art. 1 « riconosce alla cooperazione un ruolo fondamentale
per lo sviluppo economico del
Piemonte » per cui la Regione
favorisce l’inserimento « di giovani disoccupati, in particolare
doime, e di soggetti aventi minori opportunità sul mercato del
lavoro in cooperative ».
I benefici di questa legge (art.
2) sono destinati pertanto a cooperative formate per almeno « il
60% da giovani tra 'i 18 ed i 29
anni », da lavoratori provenienti
da. aziende in cassa integrazione
speciale o disoccupazione speciale.
Anche le cooperative che prevedono l’inserimento di giovani
o cassaintegrati in misura « non
inferiore al 50% dei nuovi occupati » beneficeranno della legge.
Le cooperative avranno un contributo se presenteranno un progetto di sviluppo triennale, o
biennale, nel caso che vengano
previsti investimenti inferiori ai
50 milioni.
I progetti dovranno contenere:
Revisione
delle auto
Le vetture immatricolate fino al 31
dicembre 1972 o che abbiano fatto un
collaudo 0 una revisione fino al 31.12
1972 devono fare la revisione entro il
31.12.83 con il seguente calendario:
— targhe terminanti coi numeri 1
2/3 entro il 31 maggio;
— targhe terminanti coi numeri 4/5/6
entro il 31 agosto 1983:
— targhe terminanti coi numeri 7/8/9
entro il 30 novembre 1983;
— targhe terminanti con 0 entro il
31 dicembre 1983.
Nel frattempo devono continuare a
fare la revisione coloro che o sono
stati rimandati (senza prenotazione) o
coloro che pur essendo obbligati a
farla nel 1982 non l'avevano fatta, e
quelli con prenotazione, come gli autocarri e rimorchi. Per tutti questi occorre fare la prenotazione che le agenzie
di pratiche automobilistiche di solito si
incaricano di fare.
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PICCOLE STORIE
Convivere con la malattia
gli obiettivi produttivi ed occupazionali in sintonia con la programmazione regionale; un piano finan2dario ed in caso di ricapitalizzazione l’apporto diretto
dei soci nella misura del 30 per
cento (art. 3).
In questi casi scatterà il contributo regionale per le spese generali di avviamento e di funzionamento nella misura del 50%
(art. 4 e 5).
L’art. 6 prevede la costituzione
di tm fondo di garanzia tramite
la partecipazione della Finpiemonte. L’articolo 7 prevede la costituzione di servizi di assistenza tecnico-gestionale, per l’analisi
di mercato e l’innovazione tecnologica oltre alla formazione professionale e manageriale dei soci.
L’art. 9 prevede la costituzione
deU’Anagrafe delle cooperative.
Gli articoli 12, 13 e 14 riguardano la copertura finanziaria che è
complessivamente di un miliardo
e mezzo.
Il diabete è una malattia del
ricambio ; l’organismo del diabetico non possiede più la capacità di utilizzare gli idrati di carbonio (o «zuccheri») introdotti
nel sangue attraverso il cibo ;
tale fenomeno è dovuto alla carenza di insulina, un ormone
prodotto dal pancreas che ha
un ruolo fondamentale nel ricambio. Questa malattia è in aumento e colpisce gente di ogni
età, senza distinzioni di sorta,
creando notevoli disagi.
La signora che ho intervistato si chiama Bianca, ha 34 anni
ed è diabetica da 6; è sposata,
casalinga, madre di due bambini in età scolare.
— Ci sono altri casi di diabete
nella tua famiglia?
— Credo proprio di no: nessuno dei miei parenti ne soffre
e anche i miei figli per ora non
hanno nessun disturbo, fortunatamente. Per me è stata una
brutta sorpresa : ero robusta, sana, lavoravo in xm ufficio, badavo alla casa e ai piccoli, sempre
attiva e di buon umore, mai im
momento di stanchezza. La mia
vita era piena, soddisfacente. All’improvviso ho cominciato a
sentirmi debole, intorpidita, bevevo in continuazione e avevo
perso l’appetito: era settembre,
durante le ferie avevamo fatto
un bel viaggio nel Sud, ho dato
la colpa al caldo di laggiù, al vitto diverso, piccante, allo strapazzo, poi ho dovuto arrendermi alla realtà.
— La tua vita è molto cambiata?
— Sì,, ho perso la mia sicurezza, la « grinta », la voglia di
scherzare. Ho dovuto entrare all’ospedale (il primo ricovero della mia vita, se escludiamo i
due parti), e a quella degenza ne
sono seguite altre, per analisi, accertamenti : ogni volta uno scompiglio, i bambini erano ancora
piccoli, bisognava sistemarli fino al mio ritorno, e così via. Mi
demoralizzavo e non riuscivo
più a badare alla casa come prima; dopo im po’ ho abbandonato l’impiego, ero pendolare, il
viaggio mi stancava e col principale erano grane continue per
via delle mie assenze, anche se
molti colleghi «sani» si assentavano dal lavoro per motivi ben
più futili. Adesso mi rincresce
un po’ di essermi licenziata ;
avrei dovuto lottare per far valere i miei diritti e conservare
il posto, coi tempi che corrono
ne sento la mancanza anche finanziariamente .
— Come va in casa, in paese?
— Così, così: se hai qualcosa
che non va, se sei diversa, te lo
fanno sentire, magari senza volerlo. Devo attenermi a una dieta molto severa e monotona,
iniettarmi l’insulina due volte al
giorno, sono fattori che non puoi
ignorare, sei condizionata negli
spostamenti, nei lavori, nello svago. In casa ne parlo poco, mio
marito evita l’argomento e i
bambini non hanno ancora fatto
domande precise: li incuriosisce
il fatto che mi preparo dei cibi
a parte, ma non chiedono nuila.
Aspetto con paura il momento
in cui vorranno sapere: gli dispiacerà scoprire che la mamma
In un mare di verde, in un'oasi di pace
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TORRE PELLICE
è un po’ ’speciale’? Mi guarderanno con compatimento? Si vergogneranno?
— Con tuo marito non affrontate mai la questione?
— No, lui mi accompagna in
ospedale quando è necessario,
parcheggia i figli dai nonni, in
silenzio ; ho l’impressione che
mi consideri un’altra, che viva il
mio problema come una specie
di tradimento.
— Molti diabetici conducono
un’esistenza normalissima...
— Lo so, dipende dal carattere: qui però il paese è piccolo,
non ci sono altri coi miei disturbi, è difficile uscire allo scoperto, farsi accettare, temi il rifiuto,
il pettegolezzo. Voglio cominciare a frequentare l’APID di Pinerolo, trovarmi con altri diabetici forse mi sarà utile, stringerò
delle amicizie, potrò parlare liberamente delle mie esperienze.
— Sei valdese. La fede è importante per te, ora?
— Certo: chiedo a Dio di aiutarmi a crescere i bambini; so
che il diabete può portare delle
complicazioni e desidero tanto
vederli alti. Mi fanno rabbia le
persone sane che si rovinano la
salute apposta: col fumo, con la
droga, andando alla ricerca di
guai che potrebbero evitare ;
hanno la fortuna di star bene
e non sanno valutarla, goderne.
Tornando al discorso della fede:
chiedo a Dio anche che i miei figli non ereditino la mia disfunzione, sono certa che mi ascolta.
— Che speranze hai per il futuro?
— Mi auguro di affrontare la
mia malattia con sempre maggiore disinvoltura: ultimamente
ho ripreso a guidare l’automobile, nonostante le proteste familiari... Spero poi che cambi anche la mentalità corrente : sarebbe bello che chi soffre di qualche handicap fosse accettato dalla comunità con comprensione,
con chiarezza e amore, senza
pietismo e mezze frasi. Porse ho
sbagliato rintanandomi nel mio
guscio invece di fare il possibile
per modificare certi atteggiamenti che mi infastidivano. Ti assicuro comunque che è stato deprimente vedere come mutava
l’atteggiamento della mia stessa
famiglia quando non sono più
stata efficiente e « produttiva »,
nei primi tempi, mentre attraversavo periodi snervanti, cupi...
L’unico conforto in quei momenti erano i bambini, il desiderio
di aiutarli a crescere, di star loro vicina, mi ha spronata, dandomi più volte una spinta salutare.
a cura di Edì Morirli
EDUCARE ALLA PACE
No alle armi giocattolo
La sera della vigilia ài Natale
ho potuto seguire sul secondo
canale televisivo la popolare trasmissione di Portobello curata
da Enzo Tortora. Considerando i
tempi nei quali viviamo, sono rimasto piacevolmente sorpreso
da una scenetta inserita nel programma, nella quale si poteva
osservare, da una parte una
esposizione di giocattoli ritenuti
pacifisti e inoffensivi, quali bamboline, trenini, piccole autoambulanze ecc. mentre a lato era
allestito un grande falò. A questo punto il presentatore invitava
tutti i bambini presenti (e speriamo indirettamente anche quelli assenti) in possesso di armi
giocattolo, di volerle consegnare
per essere buttate nel rogo e distrutte. In compenso, avrebbero
potuto scegliere il giocattolo preferito dalla esposizione suddetta.
Questo episodio ha suscitato' in
me ricordi e riflessioni! Parecchi
anni fa, durante una riunione comunitaria al convitto di Villar Penosa, presieduta dal compianto
Pastore Geymet, un membro del
Consiglio di chiesa proponeva ai
genitori presenti di non regalare
ai propri figli armi giocattolo, in
occasione delTimminente Natale,
spiegandone anche le motivazioni! Purtroppo il suggerimento
trovò scarsa adesione, in quanto, se è vero che le guerre sono
una triste realtà, quel giocattoli
erano in fondo talmente inoffensivi... e, se mai, potevano solo
servire ai bambini quale naturale sfogo a quella aggressività
congenita esistente nella umana
natura.
A parte il fatto che, non di rado, una pistola giocattolo è servita per compiere furti-rapina
o peggio ancora, quello che più
preoccupa è il simbolo della
violenza che l’arma giocattolo
rappresenta!
Certo, a seconda dell'età e delle informazioni grafiche e televisive ecc. recepite dal bambino,
possono sussistere alcune difficoltà nella scelta del giocattolo
preferito; è chiaro però che i giocattoli sostitutivi di quelli da
noi deprecati potranno diffondersi sempre più, soltanto se i
genitori per primi avranno capito che la violenza trova nei giocattoli-arma il terreno più propizio alla sua diffusione.
Tutti dobbiamo renderci conto
che le guerre sono crudeli, inutili, creano soltanto miseria e lutti, salvo le ricorrenti modificazioni alla geografia politica; non
risolvono, ma aggravano sempre
più i problemi che si pongono a
tutti; esse sono non solo causa
di infinite sofferenze, ma distruggono enormi risorse economiche
che dovrebbero servire a eliminare la fame nel mondo, a costruire case, ospedali ecc., chi
mai può ancora pensare che le
guerre abbiano arricchito o in
qualche modo favorito quanti,
alzandosi di buon mattino, si recano al lavoro, onde guadagnarsi
onestamente il pane quotidiano?
Coloro che ancora credono nella
fatalità della guerra sono, a mio
avviso, totalmente fuori della
realtà!
Ricordando quella riunione comunitaria di tanti anni fa, vorrei
con tutta umiltà e rispetto rinnovare l’invito ai genitori del nostro tempo affinché si convincano tutti, e in primo luogo i credenti, che il non ripudiare la violenza e le armi e la guerra, significa purtroppo non essere in grado di recepire e di raggiungere il
primo traguardo che la parola di
Dio esige da noi nei nostri rapporti con il prossimo (non fare
agli altri, quello che non vorresti
fosse fatto a te); è in questa prospettiva che seguo e condivido
pienamente tutte le iniziative che
possono contribuire alla pace nel
mondo. Emilio Travers
# Hanno collaborato a questo
numero: Luisa Carrara, Catecumeni di Pomaretto, Giovanni
Conte, Franco Davite, Pina Garufi,
Franco Girardet, Gruppo Cadetti
di Pinerolo, Luigi Marchetti, Cesarina Picchi, Paolo Rihet, Eugenio Rivoir, Elsa Rostan, Eugenio
Stretti, Ugo Tomassone, Cipriano
Tourn, Claudio Tran.
11
¥
Il marzo 1983
cronaca delle Valli 11
UNA RICERCA DEL GRUPPO GIOVANILE DI POMARETTO
La droga... e noi?
f •
3:
Il gruppo giovanile di Pomaretto ha studiato la complessa
problematica della droga innanzitutto per chiarirsi le idee e poi
per verificare quali possibilità
concrete di intervento ci fossero
per un gruppo giovanile.
Infatti oggi si parla molto di
« droga e drogati » e quasi sempre si diffondono notizie allarmistiche, le più drammatiche,
senza fornire informazioni adeguate sul fenomeno. Gli stessi
termini di « droga, drogato, tossicodipendente » vengono usati
LE DIVERSE
DROGHE
a] droghe psicodepressive:
— narcotici analgesici oppiacei:
Morfina
Eroina
Laudano
Codeina
— narcotici analgesici sintetici:
Metadone
Pentazocina (taiwin)
— Alcool etilico
— Inalanti, solventi
— Sedativi ipnotici
— tranquillanti minori
b] droghe psicostimolanti:
— Cocaina
— Anfetamine
— Antidepressivi
— Caffeina
— Nicotina
c] droghe psicodislettiche (o psicoalteranti)
— Allucinogeni:
LSD
Mescalina
Psilocibina
PCP
Scopolamina
— derivati dalla Canapa Indiana:
marihuana
hashish
olio di hashish.
con significati diversi e ciò provoca maggiore confusione.
Il lavoro principale del gruppo è stato quello di raccogliere
le informazioni ed elaborare una
informazione che è stata diffusa
attraverso un ciclostilato* con
lo scopo di aiutare chi eventualmente si trovasse nella cosiddetta «area di rischio». Non si tratta
però di una informazione per
drogati, ma di una informazione
per tutti, perché tutti siamo toccati dal problema sia che viviamo in montagna che in città, in
provincia o nelle metropoli.
Una informazione che perciò
non è una condanna o una denuncia ma un tentativo di capire la droga e il drogato, senza
dover per forza cercare di convincere chi si droga della giustezza delle nostre posizioni e
dei nostri ideali, ma per confrontarsi con lui su questo problema.
Un tentativo cioè di rompere
quel muro di pregiudizi e di omertà che si è costruito attorno
al problema, nella speranza che
per la discussione «non sia troppo tardi ».
Dicono infatti alcuni genitori
di tossicodipendenti ; « Pino che
non è stato troppo tardi avevamo la sensazione che qualcosa
non andasse, che qualcosa non
funzionasse, ma, o per troppo
amore o per paura, abbiamo rifiutato l’idea della droga. Abbiamo rimandato il problema continuamente pensando ’non può succedere a mio figlio!’. Così abbiamo fatto più male a lui per evitarne a noi ».
La droga tra noi
La diffusione della droga non
avviene solo a Torino, a Milano
e nelle altre grandi città, ma anche nelle nostre valli. Ad esem
pio per quanto riguarda le valli
del Chisone e della Germanasca
e l’USSL 44 di Pinerolo si sono
dichiarati tossicodipendenti, rivolgendosi al centro di cure, ben
84 persone nel 1981. E questa è
solo la punta dell’iceberg. Molti
infatti si rivolgono o a centri di
Torino o altrove, e la grande
maggioranza non viene in contatto con le strùtture « ufficiali »
per la disintossicazione.
Il fenomeno è destinato a crescere. Nota infatti la relazione
dell’équipe per la cura delle tossicodipendenze neirUSSL 42 ;
« ...segnaliamo l’esistenza di alcuni piccoli gruppi che usano
abitualmente eroina, nei due comuni più grandi... ».
Oltre queste considerazioni ufficiali, il fenomeno è sotto gli
occhi di tutti e chi vuol vedere.
Si accorge che il ricorso alla droga nelle postre valli è in continua ascesa.
Se esaminiamo i dati relativi
ai tossicodipendenti nella nostra
zona (nel 1981: nelTUSSL 42 n. 5
e neU’USSL 44 n. 79) sulla base
delle informazioni scientifiche in
materia, secondo cui su 100 persone che entrano in contatto con
sostanze in grado di provocare
tossicodipendenza, 1 diventerà
tossicodipendente, 9 si troveranno nella cosiddetta zona di rischio ritenendo l’effetto della
droga come positivo per risolvere particolari situazioni e 10 continuano in tempi ad assumere
droghe ma più per stimoli ambientali che per convinzioni personali, ci possiamo rendere conto come il fenomeno sia potenzialmente diffuso.
a cura di
Simonetta Colucci Ribet
(continua)
Droga e drogati
L’uso di sostanze psicotrope o
psicoattive, come aspetto del
comportamento umano, presenta un’ampia variabilità di significati e motivazioni, determinata
soprattutto dalla interazione dinamica fra tre fattori fondamentali:
— la sostanza usata e le modalità di assunzione;
— le condizioni psico-fisiche dell'individuo che la usa;
— l’ambiente socio-culturale.
Le definizioni in un campo così complesso e vasto spesso sono
carenti ed inappropriate, altre
volte pretendono di fissare una
realtà di per sé obbligatoriamen;
te dinamica, ma seppure con i
limiti e la cautela necessaria è
importante conoscere alcune
formulazioni che sono generalmente utilizzate.
Farmaco: ogni sostanza che
agisce sull’organismo in senso terapeutico.
Droga: ogni sostanza psicotropa o psicoattiva, di origine naturale o sintetica, utilizzata non a
fine terapeutico e che può divenire, a seconda dei suoi effetti,
della via di somministrazione,
del dosaggio, della frequenza di
assunzione, delle finalità del soggetto assuntore, fattore tossico
nocivo all’individuo, alla società
o ad entrambi.
Tali sostanze possono presentare caratteristiche fondamentali che provocano:
Tolleranza: diminuita sensibilità dell’organismo agli effetti di
Un farmaco, così da richiedere
incrementi di dosi al fine di ottenere l’intensità dell’effetto iniziale.
Dipendenza fisica: stato patologico conseguente alla somministrazione ripetuta di un farmaco che si manifesta con un gruppo specifico e caratteristico di
sintomi (crisi astinenziale) qualora la somministrazione del farmaco venga sospesa o significativamente ridotta.
Dipendenza psichica: compulsione che richiede la somministrazione periodica o continuativa di un farmaco per ottenere
piacere o evitare sconforto. Gli
utilizzatori di queste sostanze
vengono generalmente chiamati:
a) sperimentatore: colui che
ha avuto contatti sporadici con
la droga, o per curiosità o per
pressione del gruppo di appartenenza;
b) consumatore occasionale:
colui che ha esperienza saltuaria
con la droga, per lo più sotto
forma di consumo sperimentale
e sociale ricreativo, con la possibilità di interrompere l’uso
quando ciò è ritenuto utile o necessario, non alterando la struttura psichica ed i rapporti sociali;
c) consumatore regolare: colui che, pur avendo desiderio di
assumere droga, pur manifestando un certo grado di dipendenza
psichica e/o fisica, riesce a mantenere interessi validi e buoni
rapporti interpersonali, in modo
tale da condurre una vita pressoché normale nel proprio contesto ambientale; secondo la
* Il ciclostilato può essere richiesto a: Chiesa Valdese - 10060
Pomaretto.
SCHEDA
quantità di droga consumata si
distingue in lieve, medio e forte;
d) tossicodipendente o addict:
colui che prova un desiderio irresistibile, compulsivo o impulsivo, di assumere la sostanza
procurandosela con tutti i mezzi ed a tutti i costi; presenta forte dipendenza psichica e generalmente fisica e manifesta notevole indebolimento di legami ed interessi con la realtà che lo circonda, con effetti lesivi individuali e sociali.
Nel 1964 rOMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) ha raccomandato di non usare più il
termine di « tossicomania », sostituendolo con quello di Farmacodipendenza (Drug-Dependance): uno stato psichico e talvolta anche fisico risultante dall’interazione tra un organismo vivente ed un farmaco, caratterizzato dalla risposta comportamentale e da alti'e risposte, che include sempre una compulsione a
prendere il farmaco su una base periodica o continuativa per
sperimentarne gli effetti psichici
e talvolta per evitare lo sconforto della sua assenza.
E’ chiaro che uno stesso individuo può dipendere da più farmaci e che è necessario accompagnare il termine dipendenza
con la denominazione del farmaco/! che la provoca. In tale
definizione dell’OMS viene messo in luce un aspetto fondamentale dal punto di vista farmacologico: la necessità di una assunzione periodica o continua per
fare di un consumatore un drogato.
Pro Ospedale Valdese
dì Pomaretto
Doni di gennaio 1983
L. 250.000: Guido Mathieu, Lucilla e
Laura in memoria della Sig.ra Berta
Dolfi Mathieu.
L. 150.000: in suffragio del compianto Giovanni Stocco e per Sua volontà,
le sorelle, cognato e nipoti; Costantino
Livia, Villar Perosa; Calzavaro Adolfina,
Villar Perosa.
L. 140.000; Sig.ne Montaldo, Ossining
(U.S.A.),
L. 100.000: Donazione dell'Unione
Femminile di Vallecrosia e Bordighera,
in ,memoria della Sig.ra Berta Mathieu.
L. 50.000; Alimonda Rita, Genova: Pascal Amandina, Pomaretto: Sappè Elvira, Pramollo; Fam. Breuza Silvio, Pomaretto, In memoria del figlio Renzo;
Guiot Bourg Silvio, Traverse di Pramollo; In memoria di Barus Alberto, le
sorelle, fratello e nipoti, Rinasca; Francesco Reynaud, Perosa Argentina.
L. 30.000; Lucca Carmela, Pomaretto;
Ada e Aldo Griot, S. Germano, Grazie
Dio per averci aiutati, rimani sempre
con noi; Mirella Mourglia; Bleynat Ida,
Pomaretto.
L. 25.000: Biglione Eunice, Genova.
L. 20.000: Evelina e Guido Robert, S.
Germano, ricordando la sorella Fanny;
Gaydou Albertina, S. Germano, in memoria dei suoi cari; Tron Giulio, Frali;
Giordana Alessandrina, Villar Perosa.
L. 10.000: Baret Emilio e Signora, S.
Germano; Falchi Velia, Genova; In ricordo di Giovanni §tocco, la zia Giulia, Villar Perosa; Malacrida Lilia, Como; Baret Enrico, Pomaretto: Marcella
Pons, in memoria dei miei cari.
L. 40.000: In memoria di Peyronel
Maddalena Caterina v. Bounous.i figli.
L. 10.000: Costamagna Maurino.
L. 5.000: Barai Margherita, Vanda e
Mafalda.
L. 10.000: Mauro Maurino.
L. 5.000: Baroelli Alina v. Canonico.
L. 20.000: Chentre Assely.
L. 5.000; Gardiol Lidia, Emilio e Ida;
Long Elio e Iris.
L. 10.000: Long Melania.
L. 5.000: Ribet Alberto e Edera.
L. 15.0CO: Travers Pugliese Esterina e
Enrico.
L. 10.000: Baret Federico.
L. 20.000: Griglio Gustavo.
L. 10.000: Grill Ines e Ebe, in memoria di Grill Onorato.
L. 2.000: Giraud Elio.
L. 5.000: Gardiol Costabello: Tron Alma V. Pascal, in memoria miei cari.
L. 10.000: Pons Enrico;Collet Edoardo,
in memoria del papà.
L. 2.000: Tron Eli.
L. 30.000: Fam. Bernard, Pomaretto.
L. 3.000; Pons Elsa v. Gardiol.
L. 5.000: Gardiol Eugenia e Dante.
L. 10.000; Micol Elda, in memoria dei
genitori.
L. 15.000: Baret Luigia v. Charrier.
L. 25.000: Peyran Clorinda Bernard, in
memoria miei cari.
L. 20.000; Canale Elisabetta, riconoscente.
L. 50.000: Vannucci . Emanuela, llda
ed Edmondo.
L. 20.000: Alice Reynaud.
L. 15.000: Baret Clementina v. Bertolin.
L. 50.000; Volat Bartolomeo e Evelina.
L. 5.000: Vinçon Luigi e Emma.
L. 10.000; Baret Giulio.
L. 8.000; Pons Adelina e Elsa.
L. 50.000: Volat Bartolomeo e Evelina.
- L. 5.000: Graverò Paolina Bertalmio.
L. 50.000: Long Edmondo e Letizia.
L. 10.000: Clara Pascal.
L. 5.000: Botto.
L. 20.000; Adelina e Giovanni Prandini, in memoria di Berta Mathieu.
L. 50.000: I nonni Calvetti, per conf.
di Elena ed in memoria di Vanna; Baret
Cesare, in memoria della cara moglie.
L. 5.000: Scoccimarro Letizia.
L. 20.000; Micol Flavio e Anita.
L. 10.000: Bertocchio Alberto.
L. 20.000: Alice Pastre.
L. 25.0001: Maurice Lageard, souvenir
de Lieu Ribet.
L. 10.000; Ribet Giosuè e Alina, in
memoria loro cari; Ribet Rosa.
L. 30.0Ô0; Bertolin Aldo.
L. 50.000: Fam. Baret Guido, in memoria di Umberto Mourglia.
L. 5.000: Long Ester v. Clot.
L. 10.000: Ribet Giosuè, Susanna e
Pierino; Peyronel Ferruccio e Elena; Peyrdnel Cesare e Elvina.
L. 50.000: Livia e Gustavo Griglio, in
memoria di Berta Mathieu.
L. 10.000; Pastre Elvio e Maria, in
memoria della mamma; Pastre Giovanni Augusto, in memoria della moglie. ,
L. 50.000: Bleynat Giovanni e Santina,in ricorrenza 1” anniversario morte fratello e cognato.
L. 20.000: Comba Baret Elda, in memoria miei cari.
L. 5.000; Scoccimarro Letizia.
L. 15.000; Giaiero Ernesto e Celina.
L. 10.000: Fam. Tron Silvio; Pons Marcella in memoria miei cari; Rostagno Arturo.
L. 15.000: Rostagno Arturo, in mem.
di irma Rostan Rostagno.
AVVISI ECONOMICI
TRASLOCHI e trasporti per qualsiasi
destinazione, preventivi a richiesta :
Sala Giulio, via Belfiore 83 - Nichelino - tei. (Oli) 6270463 - 6272322.
VENDONSI due locali, servizi, balcone, cantina in Torre Pellice. Telefonare ore ser^i 0121/91529.
USL 42 - VALLI
GHIS0NE-GERMANA8CA
Guardia Medica:
Notturna, prefestiva, festiva: telefono 81000 (Croce Verde).
Guardia Farmaceutica:
DOMENICA 13 MARZO 1983
Perosa Argentina: FARMACIA Dott.
BAGLIANI - Piazza Marconi 6 Tel. 81261.
Ambulanza:
Croce Verde Perosa; tei. 81.000
Croce Verde Porte: tei. 201454
USL 44- PINEROLE8E
(Distretto di Pinerolo)
Guardia Medica:
Notturna, prefestiva, festiva; telefono 74464 (Ospedale Civile).
Ambulanza:
Croce Verde Pinerolo: 22664.
USL 43- VAL PELLIGE
Guardia Medica:
Notturna: tei. 932433 (Ospedale Valdese). .
Prefestiva-festiva: tei. 90884 (Ospedale Mauriziano).
Guardia Farmaceutica:
DOMENICA 13 MARZO 1983
Torre Pellice: FARMACIA INTERNAZIONALE - Via Arnaud, 8 - Telefono
91.374.
Ambulanza:
Croce Rossa Torre Pedice: telefono 91.288.
12
12 uomo e società
Il marzo 1983
/
IL CONVEGNO DI ’’TESTIMONIANZE” A FIRENZE
TORINO
"Se vuoi la pace...
Il
Nei giorni 12 e 13 febbraio
scorsi si è tenuto a Firenze — organizzato dalla rivista « Testimonianze » — xm convegno sul tema: Se vuoi la pace, prepara la
pace. Nord/Sud: armi/fame. Ne
dà notizia l’agenzia Adista, dal
cui bollettino riprendiamo sinteticamente qui appresso gli interventi più significativi.
Non meno di tremila persone
hanno partecipato a questo appuntamento per discutere di
Haiti,
un paese
alla deriva
(segue da pag. 1)
ranza di ottenere asilo politico
negli USA; ogni domanda viene
sistematicamente respinta. Eppure queste fughe disperate sono
Tunica forma di protesta antiduvalierista che hanno i contadini e i sotto-proletari di Haiti. Le
chièse USA si sono fermameniS”
iTHyeglUtt! 'affinché le autorità
americane rispettino la Convenzione di Ginevra del 1951 e cessino di rinchiudere in campi di
concentramento coloro che chiedono asilo.
Malgrado questa tragica realtà, l’esodo dei contadini haitiani
continua e di per sé costituisce
un tremendo giudizio sul regime
totalitario di Duvalier. Oltre ai
400.000 che vivono stabilmente a
Santo Domingo, sono 25.000 alle
Bahamas, 70.000 a Miami, 200.000
a New York e alcune diecine di
migliaia a Montreal. Complessivamente. oltre un milione di Haitiani vivono fuori del proprio
paese, fra cui la maggior parte
dei quadri intellettuali e dei professionisti.
Durante la presidenza Carter,
la politica dei diritti umani si
era tradotta ad Haiti in una relativa liberalizzazione del sistema che aveva favorito una certa
indipendenza di alcuni settori
dell’informazione e della cultura. Ma era solo una breve e illusoria parentesi. La situazione
è nettamente peggiorata alTindomani della vittoria di Reagan: il
28 novembre 1980, il regime duvalierista ha proceduto a massicci arresti di tutti gli « indipendenti », tacciati di « sovversivi » e
di « comunisti ». Lì, si tocca il
nodo del problema haitiano, specie se lo si inquadra nell’intero
panorama geo-politico del Centro America. Come lo era Somoza in Nicaragua, Duvalier rappresenta una garanzia politica
per gii^sfaÌTunitiio per altri
paesi' Ifà "0111 Ca5a4.a, Israele
Taiwan e Giappone), anche se lo
sfascio socio-economico della gestione di « Baby Doc » comincia
a spaventarli. Perciù hanno cercato di ridare una facciata di
credibilità imponendo un ministro delle finanze nella persona
di Marc Bazin, ex alto funzionario del Fondo Monetario Internazionale. Ma anche quest’ultimo è stato destituito il 12 luglio
scorso per aver detto che Haiti
era il « paese più mal gestito della zona » e aver accusato il presidente e i suoi di accaparrarsi
il 36% dei redditi dello Stato.
All’inizio di gennaio si è verificata una netta quanto improvvisa radicalizzazione della situazione; una serie di attentati antiDuvalier ha fatto tremare il regime. Preludio a ulteriori sviluppi? Per ora Jean-Claude Duvalier
sopravvive sullo sfruttamento e
la miseria del suo popolo, accumulando ricchezze stimate (secondo la stampa americana) a
300 milioni di dollari depositati
in banche straniere.
guerra, di pace, di armi, di fame,
ma soprattutto per indicare progetti e per aprirsi spazi di partecipazione alla grande lotta contro le armi e le guerre.
In -apertura Lodovico Grassi,
direttore di « Testimonianze » ha
detto: « La lotta contro il possibile olocausto nucleare non esonera il movimento per la pace
da una presa di coscienza e da
un’azione altrettanto decise nei
confronti della guerra già in atto che mette nel suo bilancio
ogni anno milioni di morti per fame e prolunga' indefinitamente
la sottoalimentazione di decine di
milioni di esseri umani; fame e
corsa agli armamenti sono strette da un vincolo che occorre
spezzare al più presto
Un’intemazionale
della pace ^
Nella sua relazione, padre Balducci ha tentato di definire la
« cosa » il « totem » dell’era moderna, la bomba atomica capace di distruggere in pochi secondi l’umanità intera. Per effetto
della ’’cosa’’ sono caduti tutti gli
schemi ideologici e da parte dei
due blocchi; abbiamo ormai « la
militarizzazione della politica,
Tasservimento della scienza, lo
svuotamento sostanziale della.
democrazia, l’onnipotenza della
burocrazia, la volontà di asservire a sé ogni angolo del pianeta ». Nell’età del genocidio atomico — ha proseguito Balducci — la guerra ha mutato senso
e con essa, l’intero apparato
produttivo della società. In pratica, ad Est come ad Ovest, e
comunque a Nord ormai la produzione di armi è Tasse portante delTeconomia. E’ in questa situazione che deve agire il movimento per la pace, arricchendosi
di quella qualità che fu già della
classe operaia: Tintemazionalismo. Un’internazionale della pace quindi che prenda in eredità
l’obiettivo della fine dejl’economia dello sfruttamento il cui fulcro è oggi nella produzione delle armi, sostituendo al conflitto
Est/Ovest il conflitto Nord/Sud.
Egli ha poi ricordato due grosse contraddizioni del nostro tempo: all’interno del mondo comunista c’è chi segue ancora la versione sovietica del socialismo e
c’è chi ha compreso che la rivoluzione passa attraverso il disarmo; nel mondo cattolico c’è chi
non riesce a staccarsi dalla fedeltà a Costantino e chi, come i
vescovi degli Stati Uniti, dice
che non è possibile professarsi
cristiani senza condannare alla
radice l'etica della guerra. Il movimento della pace — ha concluso Balduccl — può diventare il
movimento rivoluzionario per
impedire la fine dell’umanità.
P. Davide Turoldo ha dichiarato: « oggi la disobbedienza è
un dovere ». L’armamento atomico — ha detto — è sicuramente
un crimine e una follìa. Chi dà
ai politici il diritto di proseguire queste politiche di morte?
Cos’è più pericoloso: l’uomo inerme che predica la pace o il politico che accumula gli armamenti?
Istigazione
aH’obiezione fiscale
Secondo don Enrico Chiavacci la logica delle spese militar! si basa su una morale perversa ed ha affermato: « nel pieno delle mie facoltà mentali, vi
istigo alla obiezione fiscale ». A
causa di questa politica il Sud è
costantemente ricattato e lascia
milioni di cadaveri sul campo: i
morti per fame. « Se Hitler è responsabile della morte di sei milioni di ebrei, il Nord è oggi responsabile dei morti per fame
che superano di 6-7 volte il numero delle vittime di Hitler ».
Dinanzi a tale dramma — ha
concluso il teologo fiorentino —
occorre un soprassalto morale.
Nella famiglia umana ci sono le
condizioni perché ciò avvenga
perché il popolo, presa coscienza della sua responsabilità per
il bene comune dell’umanità, rifiuti la cultura e la logica che generano la guerra del Nord contro il Sud, ed esiga dai governi
di porre fine a tale guerra.
Aborto
e contraccezione
Il gruppo FGEI di Torino ha
organizzato lo scorso novembre
quattro dibattiti sul problema
aborto e contraccezione.
Potremmo essere accusati di
parlare sempre delle stesse cose,
ma a quattro anni dall’approvazione della legge 194 ci sembrava
importante ritentare un’analisi
senza l’assillo di una scadenza
immediata quale un referendum.
Sono intervenuti come relatori
a questi incontri: una ginecologa, una ostetrica, una psicoioga,
la coordinatrice dei servizi consultoriali de] comune di Torino,
una studentessa di teologia.
La ginecologa ha descritto la
situazione che si è creata dopo
la legge 194: i pochi medici non
obiettori devono praticare fino a
6 aborti al giorno. Viene così a
mancare il tempo per illustrare
i metodi anticoncezionali e per
far capire alla donna l’utilità dei
consultori. La psicoioga ha evidenziato quanto sia importante
il periodo infantile per un bambino; infatti se i primi anni di vita non sono vissuti serenamente
l’individuo potrà riportare traumi; un figlio indesiderato sente
di essere tale, quindi la coppia
deve scegliere liberamente se e
quando avere figli. La studentessa di teologia ha spiegato ' come
la donna, di fronte alla scelta di
abortire, si trova in una situazione critica verso se stessa, il partner, la famiglia e la società. In
questo momento possiamo aiutarla non colpevolizzandola o banalizzando il suo problema per
paura di non saper che cosa dire, ma affrontando il suo caso
particolare, diverso da ogni altro, aiutandola ad avere fiducia
in se stessa. La coordinatrice dei
servizi consultoriali ha spiegato
a grandi linee la situazione torinese dalla nascita dei primi consultori privati dove andavano
donne che si erano rese conto
della propria condizione di emarginazione, fino alla formazione
dei 19 consultori esistenti oggi in
Torino, che coinvolgono tutti gli
strati sociali. Inoltre ha sottolineato l’importanza di un’infor
Doni Eco ^ Luce
DONI DI L. 2.000
Pomaretto: Pascal Aldo, Griglio Alessandro. Pascal llda, Pastre Filiberto.
Meytre Maria, Paschetto Una, Berger
Giovanna — Angrogna: Chauvie Orlìna,
Ricca Silvio, Benech Renzo, Bertin Adriana — Firenze: Rossi Roberto, Santini
Marco — Dubbione: Pascal Ortensia —
Inverso Pinasca; Baret Alberto, Barai
Albino, Bertetto Irene, Giaiero Emma,
Long Ernesto, Peyronel Ferruccio, Chambon Aldo, Travers Ettore, Coucourde
Luigi — Bobbio Pellice: Baridon Favat
Margherita, Sappè Ermanno, Catalin Davide Augusto, Lausarot Davide, Charbonnier Giovanni, Mondon Evelina —
San Germano Chisone; Baret Albertina,
Bouchard Alberto, Tron Anna, Bertalmio
Alberto, Bertalot Alberto, Beux Mario,
Balmas Sergio, Beux Enrico, Coucourde
Emanuele, Sappei Bruno, Jahier Davide
— Perosa Argentina: Micol Pietro, Bertalmio Graverò Paolina — Massello:
Gayd'ou Enrico, Micol Elisa, Giraud Silvio — Prali: Richard Dario — Collegno:
Magnano Mario, Maccarino Gioele, Aprà Armando — Pietra Ligure: Gaydou
Maria Adelaide — San Remo: Filice
Fausto — Prarostino: Codino Adelmo
— Torre Pellice: Fam. Bellion-Jalla, Bounous Ugo, Cesan Ranieri, Borno Renata, Jahier Mary, Michelin Salomon Daniele, Goss Ester, Benigno Giorgio, Battaglia Emilia, Puy Romano — Luserna
S. Giovanni: Albarin Aurora, Pons Bruna, Pons Livia, Malan Rosetta, Cendola
Comba Elsa. Gaydou Laura, Bonino Vera, Long Eugenio, Cessina Orazio, Charbonnier Luisa, ReveI Cesare, Tarditi
Mario, Pons Francesco, Favatier Paolo,
Gaydou Remo — S. Donato Milanese:
Romano Goffredo — Napoli: Pane Raffaele — Bergamo: Fasulo Alfonso —
Orsara di Puglia: Di Giorgio Daniele —
Trieste: Bonnes Arrigo — Frattamaggiore: Marchesa Rossi Ugo — Casarano:
Torsello Antoinette — Siena: Pagliai Gloria — Pordenone: Goral Ada — Imperia: Tomassone Ugo — Soriano nel Cimino: Beux Vittorio — Cavour: Masera
Giocondina — Livorno: Barontlni Adriana — Monticelli Brusati: Zauli Guido.
Fondo di solidarietà
L’appello che abbiamo lanciato nel n. del 18 febbraio scorso a
favore dei milioni di lavoratori
cacciati colla forza dalla Nigeria
a causa della crisi petrolifera, ed
in gran maggioranza del Ghana,
.comincia a dare i primi risultati: ricordiamo ancora a tutti i
lettori questa iniziativa. Come
era prevedibile, il Consiglio ecumenico delle Chiese nel frattempo ha lanciato un appello alle
Chiese-membro per un milione
di dollari allo scopo di aiutare
le Chiese interessate, per poter
fronteggiare il problema degli
espulsi. Mentre giungono i primi
aiuti sotto forma di cibo, medicinali, abbigliamento e denaro con
molte difficoltà a causa della penuria di mezzi di trasporto, di
strade, di carburante, ecc. il governo del Ghana ha fatto presente anche l’urgenza di poter ricevere al più presto macchine
agricole, sementi e concimi per
poter sopperire al previsto de
ficit di 200 mila tonnellate di cereali entro i prossimi sei mesi.
Inoltre, come è immaginabile, il
problema della disoccupazione è
molto grave.
Oltre alla Nigeria, anche il Togo ed il Benin devono affrontare
analoghi problemi, sia pure in
misura minore, per il rientro forzato dei profughi.
Una équipe ecumenica che si
è recata sul posto, ha sottolineato l’urgenza di aiuti materiali
immediati ed ha anche precisato
(sottolineando così la gravità
della situazione) che l’appello del
CEC di un milione di dollari,
dovrà essere rivisto in funzione
della valutazione dei bisogni immediati.
Attendiamo nuiperosi e generosi doni e ricordiamo che essi
vanno inviati al conto corr. postale n. 11234101 intestato a La
Luce, fondo di solidarietà, via
Pio V, 15 . TORINO.
mazione quantitativa basata su
dati precisi che non travisi il
quadro della società attuale.
Dalle nostre riflessioni relative a questo problema ci siamo
rese conto: quanto sia importante avere una corretta informazione che indichi una possibile via
per migliorare un’opera di trasformazione e di educazione. La
coordinatrice ha rilevato che
tutti abbiamo subito e dato una
informazione ’’qualunquista” che
non ha permesso di aiutare la
donna a crescere e maturare. La
televisione e la radio dicevano;
« tutte le donne sono scese in
piazza ed hanno manifestato »,
senza però tenere conto di quelle rimaste chiuse nelle case, perché non capivano quanto fosse
importante raggiungere una propria identità.
Queste donne dovevano e dobbiamo aiutare attraverso un’informazione corretta. Informazione intesa come educazione sessuale, che a nostro avviso deve
essere fatta fin dalle scuole primarie, cercando così di responsabilizzare anche l’uomo; se questa educazione sessuale è mancata deve avvenire almeno dopo
l’aborto senza paura di colpevolizzare la donna.
Ancora oggi ci sono donne che
abortiscono tre o quattro volte;
questo ci deve far riflettere su
come andare avanti dopo la vittoria del referendum sulla 194.
Come è possibile che donne abortiscano tre, quattro volte? Forse
non è soltanto ignoranza, ma è
un modo di gridare aiuto per liberarsi dall’oppressione del partner, per cercare di coinvolgerlo
nei problemi della coppia o forse
è la sfiducia e la non conoscenza di se stesse.
I] nostro compito è di aiutarle
crescendo insieme a loro per far
loro capire di essere diverse psicologicamente dall’uomo, ma fiere comunque di questa diversità,
ed esprimere insieme ad esse la
nostra identità, la nostra autonomia. Solo così saremo in grado
di vincere i pregiudizi che da secoli ci portiamo dietro in quanto donne.
Nora Papìni
Stefania Crespi
Anna Ghelli
« L’Eco delle Valli Valdesi Reg.
Tribunale di Pinerolo N. 175,
Comitato di Rodaztone: Franco
Becchino, Mario F. BeruttI, Franco
Carri, Dino Ciesch, Niso De Michelis, Giorgio GardioI, Marcella Gay,
Adriano Longo, Aurelio Penna, JeanJacques Peyronel, Roberto Peyrot.
Giuseppe Platone, Marco Rostan.
Mirella Soorsonelli, Liliana Viglielmo.
Editore: AlP, Associazione Informazione Protestante - Via Pio V, 15
- 10125 Torino.
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FRANCO GiAMPiCCOLi
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• L’Eco delie Valli - La Luce ».
Abbonamenti '83: Annuo L. 18.000,
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luglio (semestrale).
Redazione Valli: Via Arnaud, 25 10066 Torre Pellice.
Pubblicità: prezzo a modulo (mm
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Inserzioni: prezzi per mm. di altezza. larghezza 1 colonna: mortuari
/ 280 - sottoscrizioni 150 - economici
200 e partecipazioni personali 300
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Fondo di solidarietà c.c.p. 11234101
Intestato a « La Luce: fondo di solidarietà », Via Pio V. 15 - Torino.
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