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Anno 128 - n. 18
1“ maggio 1992
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delle valli valdesi
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE VALDESI E METODISTE
PENA DI MORTE
IL 23 APRILE SI E’ APERTA LA XI LEGISLATURA
Al posto di Dio... Protestanti in Parlamento
Un clima di dibattito sofferto e angosciato, ^^idesi, Rosario Olivo e Valdo Spini, un metodista, Gianni De
alcuni elementi di riflessione per i credenti (p3|) g Lj^g Debenetti, della Chiesa di Cristo (verde)
Pena di morte. La vicenda di
Robert Alton Harris, conclusasi
con la camera a gas pochi giorni dopo Pasqua, ha riaperto la
discussione sul tema.
Per le civiltà cristiane e postcristiane, un test delia distanza
che separa la liturgia dalla realtà; si è appena conclusa la settimana santa, si è rievocato il
sacrificio di Cristo, il processo,
la condanna a morte. Ma l’esecuzione in diretta è un’altra cosa: ha un’attrazione sinistra, alla quale non ci si è potuti sottrarre. La società cristiana si è
tirata fuori dalla logica della pena di morte a fatica, perfino lo
stato della Chiesa cattolica, perfino i regni cristianissimi; anzi,
la società cristiana non si è ancora tirata fuori, a ben guardare, da questa logica.
Probabilmente siamo scissi in
una logica religiosa, che dovrebbe respingere la morte, e in una
logica di « legge ed ordine », che
sembra prendere altri sentieri.
Un conto è la fede, un altro proteggersi dal delitto, dal male.
Di fronte al delitto il nostro
universo mentale sembra ruotare su due, tre criteri che si intrecciano senza riuscire a convincere. Un criterio: il delitto
merita un castigo. Secondo questo criterio la posizione della
legge del taglione pone un limite etico fondamentale (ma spesso disatteso!): la pena deve essere eommensurata al delitto.
Un secondo criterio è quello
che vede la pena come potenzialmente redentiva. Si spera che anche Ü malvagio più malvagio
possa pentirsi, riabilitarsi. Teoricamente molti ordinamenti moderni insistono su questa via; basta aver visto anche di scorcio
un carcere per dubitare della
coerenza tra teoria e pratica.
Un terzo criterio, più neutro,
pone l’accento sulla necessità
della salvagfuardia dei terzi, della società, rispetto alla minaccia
del delitto: nessun senso punitivo contro il reo, ma la volontà
di salvaguardare la società dagli
atti delittuosi.
Nella realtà la situazione è
complicata da molti altri fattori; un fattore emotivo, primordiale, entra sempre pesantemente in campo. Di fronte a delitti
particolarmente odiosi ricompare sempre ancora la richiesta:
« pena di morte »; quando questa pena viene amministrata (e
conosciuta, e esibita... di quante condanne a morte non si sa,
o si sa poco?), un brivido ci
percorre e il no alla pena di
morte si alza più forte.
Credo che si sia detto tutto
quello ehe c’era da dire, e tutto quello che mai avrebbe dovuto essere detto, in proposito.
Vorrei tuttavia accennare ad alcuni criteri, che potrebbero essere di qualche peso per una riflessione tra credenti.
Un criterio, un concetto chiave, lo troviamo, per esemplo, in
Romani 2: 1: « Tu, che giudichi,
fai le medesime cose ». Lo sdegno, lo stupore, l’orrore che i
delitti più atroci ci suscitano denunciano anche una nostra attrazione, una nostra inclinazione
al male (quante volte abbiamo
pregato, con Teodoro di Boza,
«inclini al male, incapaci di per
noi stessi di fare il bene»?). Le
pagine di cronaca nera, il crocchio che si forma ad ogni incidente, il gusto per il circo massimo, per Io stadio, per la corrida e per il sangue lo dimostrano.
Un secondo spunto di riflessione: in ogni « giudizio », sia esso secondo la legge del taglione,
o in vista della riabilitazione o
a salvaguardia della società,
quanto c’è di titanico, di orgoglio (ybris, per i greci), di volontà di sostituirsi a Dio (proprio nella giustizia, nella retribuzione, nella redenzione, nella
salvezza del popolo)?
Infine, un limite che ci viene
ricordato, fin dalla pena, data da
Dio stesso, a Caino, primo assassino e fratricida: «L’Eterno
mise un segno su Caino, affinché
nessuno, trovandolo, l’uccidesse»
(Gen. 4: 15). Non è solo a difesa di Caino, ma di colui che
malauguratamente volesse vendicarsi su Caino: « Chiunque ucciderà Caino, sarà punito sette volte più di lui ».
La spirale della vendetta, sterile per il singoio, diventa meno sterile se la fa propria la
società?
Sergio Ribet
Le elezioni del 5 e 6 aprile hanno rinnovato profondamente il
nostro Parlamento e molte sono
le facce nuove che frequenteranno le aule di Montecitorio e di
Palazzo Madama. Tra questi alcuni sono protestanti: Rosario
Olivo e Valdo Spini, valdesi eletti
nelle liste socialiste rispettivamente in Calabria e Toscana, Lino Debenetti, della Chiesa di
Cristo ed eletto nelle liste verdi
in Liguria. Inoltre di famiglia
metodista è il ministro degli Esteri, Gianni De Michelis, eletto nelle liste socialiste in Veneto. De
Michelis e Spini sono « veterani »
del Parlamento essendo stati parlamentari per alcune legislature,
mentre Olivo e Debenetti sono
alla loro prima legislatura.
I protestanti italiani — è noto
— sono pluralisti in politica e
non hanno partiti che li rappresentino in quanto tali; a queste
elezioni ci sono stati protestanti
candidati in quasi tutti i partiti:
nel PLI, nel PSI, nel PDS, nel
FRI, nella Rete, nei Verdi, in Rifondazione comunista, nel MSI e
alcuni di essi sono stati eletti.
Sono lo 0,4 o/g del Parlamento.
Ma cosa significa essere « parlamentari protestanti »? L'agenzia Nev (notizie evangeliche) lo
ha chiesto a due di loro.
« Essere parlamentari prote
Valdo Spini.
stanti — ha dichiarato Valdo Spini, sottosegretario agli Interni —
significa portare in politica dei
valori particolarmente vissuti di
solidarietà verso i più deboli,
verso chi soffre nonché di responsabilità verso la collettività. Starei per dire anche di senso dello
stato, nell’accezione di Piero
Gobetti, cioè della mancata riforma protestante come una delle
componenti della fragilità del tessuto democratico del nostro paese. Insomma, un insieme di valori che identifico nel socialismo li
IMMORTALITA’ O RESURREZIONE?
Il progetto di Dio per noi
« ...chi è mai l’uomo perché ti ricordi di lui?
Chi è mai, che tu ne abbia cura?» (Salmo 8; 5).
In questo periodo alcuni fratelli delle nostre
chiese si stanno ponendo il problema del rapporto
che c’è tra risurrezione e immortalità dell’anima.
Hanno letto un articolo di un anziano ed esperto
pastore che sostiene che la Bibbia non parla di
immortalità ma solo di risurrezione di coloro che
sono morti, e questo li ha un po’ messi in crisi.
Io condivido l’opinione del mio anziano collega: la Bibbia non parla mai di immortalità dell’anima. L’uomo, nella concezione e nella cultura di
Israele, è « mortale » nel senso più pieno del termine. Quando cioè esala l’ultimo respiro, finisce
completamente e nulla di lui sopravvive. Ma Dio
ha il potere e la volontà di richiamarlo in essere.
Colui che ci ha creati una prima volta mettendoci
al mondo, può e vuole « ricrearci », richiamarci ad
una nuova vita per farci vivere con lui in una comunione di amore che non avrà mai fine.
Non è il caso allora di spaventarsi troppo. Anche se la Bibbia non parla di immortalità, pure
la nostra speranza nella vita eterna rimane immutata, salda e forte sul fondamento della promessa di Dio garantita e suggellata dalla risurrezione di Gesù, suo figlio e nostro fratello.
Se la nostra speranza nella vita eterna non si
fonda più su una nostra qualità innata di esseri
forniti di un’anima spirituale che non può mai
morire, ma si fonda invece solo sulla volontà di
salvezza di Dio per noi, siamo allora in pieno nell’insegnamento che è venuto a noi dal Salmo S:
« Cosa è l’uomo perché tu abbia cura di lui? ». Una
povera creatura mortale come tutte le altre. Co- '
me dice VEcclesiaste: « La sorte degli uomini è
la stessa che quella degli animali: come muoiono
questi, così muoiono quelli. Gli uni, e gli altri hanno uno stesso soffio vitale, senza che l’uomo abbia
nulla in più rispetto all’animale: gli uni e gli altri
sono vento vano » (3: 19).
Ma, su questa nostra miserabile condizione di
« animali tra gli animali », fa irruzione la potenza
di Dio. E noi siamo afferrati, ridesti, vivificati. Come dice Isaia: « I tuoi morti rivivranno, i loro
cadaveri risorgeranno, si risveglieranno ed esulteranno quelli che giacciono nella polvere... » (26: 19).
E così, noi possiamo veramente cantare col salmista: « Eppure ci hai fatti di poco inferiori ai
celesti, di gloria e di onore ci hai circondati » {Salmo 8: 6),
Ecco. Tutto ciò che siamo, tutto quello per il
quale possiamo gioire e nel quale ci è lecito sperare, non è qualcosa di nostro ma viene a noi come un dono meraviglioso e del tutto immeritato
della grazia benevola di Dio!
E così, se la nostra speranza riguardo ad un’altra vita non cambia, cambia però — deve cambiare! — il nostro modo di guardare alla nostra vita
qui su questa terra.
Noi siamo dei « beneficati ». E siamo chiamati
allora a vivere la nostra esistenza nella riconoscenza e nell'autenticità. Riconoscenza per colui dal
quale ci viene ogni cosa e autenticità nell’obbedienza gioiosa alla sua volontà.
L’autenticità, ci dice infatti oggi il Salmo 8, consiste nel cercare di conformarci non a quello che
noi ci sentiamo di fare, ma a quello che Dio vuole
che noi facciamo. E questo perché il nostro "io”
più vero e più profondo, la nostra dignità di uomini e di donne, non ci vengono da noi stessi, ma
sono un suo dono. E il vero progetto sulla nostra
vita non siamo noi a formularlo, ma lui lo ha già
formulato per noi. Questo progetto, venendo dal
Signore che ci ama, non può essere che un progetto d’amore: tutto è imperfetto e destinato a
scomparire, rimarranno solo queste tre cose:
« la fede, la speranza e l’amore; ma la più grande
di esse è l’amore» (1 Cor. 13: 13).
Ruggero Marchetti
berale di Carlo Rosselli, cioè un
socialismo di forti radici etiche.
Significa altresì contribuire a
quel pluralismo non soltanto politico e culturale, ma anche religioso, per portare in Europa
un’Italia capace di conoscere
l’ampia e articolata varietà delle
confessioni del mondo cristiano
e di inserirsi appieno nella costruzione unitaria del nostro continente ».
« Significa — ha concluso Spini — portare nella nostra attività
non tanto e non solo una questione morale, quanto l’esigenza
di una riforma della politica, cioè
di una maggiore efficienza nel
rapporto cittadini-stato. Quello
che i cittadini non vogliono sono
i politici disonesti e chiacchieroni. Vogliono politici onesti ed efficienti, cioè capaci di fatti concreti ».
« Premetto — ha affermato
Lino Debenetti, direttore della
casa editrice La Lanterna di Genova e teologo della Chiesa di
Cristo — che conosco a riconosco
che la fede evangelica non offre
ai credenti alcun ombrello per le
scelte politiche, che invece cadono sotto la responsabilità personale di chi le compie. In quanto
deputato al Parlamento, dunque,
il mio impegno politico non può
che essere all’interno delle iniziative a favore del pieno rispetto
del diritto alla convivenza, della
solidarietà e della partecipazione
di tutti alla res publica con il
metodo della nonviolenza ».
« L’Italia dovrà assumere — ha
concluso Debenetti — un ruolo
positivo nella comunità intemazionale già a partire dalla prossima Conferenza mondiale su ambiente e sviluppo promossa dall’QNU a Rio de Janeiro per il
giorno di Pentecoste.
I Verdi chiedono una svolta per
la conversione ecologica dell’economia, della politica e della società. Sono infine lieto di essere
disponibile al servizio per le cause delle mie sorelle e fratelli protestanti italiani ».
Riforma della politica, etica
sociale, etica ecologica, passione
per la libertà e la giustizia, europeismo saranno i tratti caratterizzanti la presenza dei protestanti in questa XI legislatura del
nostro Parlamento, che si preannuncia particolarmente importante per le questioni che dovrà
affrontare. L’elezione del Presidente della Repubblica, le riforme istituzionali, il risanamento
del deficit pubblico, la difesa ambientale, la lotta contro la criminalità organizzata, la difesa della
occupazione e la promozione del
lavoro; e le riforme attese da
quella della scuola a quella dell’assistenza, la promozione dei diritti dei più deboli.
II nostro augurio ai parlamentari protestanti (ma anche a
tutti gli altri) è che il loro lavoro
serva per costruire delle istituzioni giuste. L’istituzione — come
ha più volte osservato il grande
filosofo protestante Paul Ricoeur
— non è un qualcosa di artificiale, ma è una delle condizioni delTumanità.
Giorgio Gardiol
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fede e cnltnra
1“ maggio 1992
NOVITÀ’ CLAUDIANA
UN LIBRO SU EINSTEIN
La tradizione vivente
delia Riforma in Italia
Il volume di Salvatore Caponetto ci rimette in contatto con il passato in modo dinamico: uno strumento importante per gli evangelici
Secondo Paul Ricoeur, chi intende stabilire un reale contatto con il passato deve lottare
contro la tendenza a considerarlo
« unicamente nella prospettiva
del compiuto, del non mutabile,
del trascorso ». Bisogna riaprirlo, « ravvivare in lui le potenzialità incompiute, impedite, massacrate. Insamma, contrariamente all’adagio che vuole che l’avvenire sia sotto ogni aspetto aperto e contingente, ed il passato
univocamente chiuso e necessario, occorre rendere le nostre attese più determinate e la nostra
esperienza più indeterminata
Solo le attese determinate
possono avere sul passato l’effetto retroattivo di rivelarlo come tradizione vivente ».
Sarebbe difficile trovare commento più appropriato e pertinente al volume di Salvatore
Caponetto su La Riforma protestante nell’Italia del Cinquecento K Siamo di fronte non solo ad
un serio lavoro scientifico, ma
ad una rivisitazione di un'epoca
che un’opinione oggi abbastanza
diffusa tenderebbe a considerare
ormai chiusa e superata.
La Riforma infatti, in questi
ultimi anni, è stata oggetto di
sottile quanto insidioso ridimensionamento sia da parte protestante che cattolica. Per alcuni,
essa sarebbe soltanto una pagina
trascurabile, e comimque datata,
della storia della chiesa universale; per altri, dovrebbe venir
letta unicamente o prevalentemente in chiave di instabilità,
divisione, soggettivismo esasperato, insomma nel quadro di modalità contrarie all'ordine, all’unità
e alla conciliazione ecumenica.
Per ciò, poi, che concerne l’Italia, la Riforma dovrebbe considerarsi corpo estraneo, puro prodotto di importazione: e per
questo non avrebbe avuto seguito, si sarebbe spenta da sé per
morte naturale. Su tutt’altro versante, invece, gli studi di orientamento laico, impegnati a rivalutare questo movimento, sottolineandone l’attualità in quanto
prima vera proposta di ’’differenze” nella monilitica struttura del
declinante Medioevo cattolico.
Salvatore Caponetto, col suo saggio, si colloca in quest’ultima
linea di tendenza.
Non è vero intanto — e ciò
risulta chiaramente dalle sue ricerche — che la Riforma in Italia non abbia avuto eco in quanto corpo estraneo: al contrario,
essa ebbe vasta forza di penetrazione in tutta la penisola e
nelle isole, dal Veneto alla Sicilia, dal Piemonte alla Lombardia,
dalla Toscana alla Sardegna; se
non riuscì ad attecchire, fu per
la violenza di sistematiche persecuzioni che culminarono nel
« sacro macello della Valtellina »
(p. 463), epilogo programmato
di uno sradicamento deciso a
tagliare fuori il nostro paese da
ogni contatto con l’Europa riformata: « Nella Valtellina, primo
l’eco
dtUc vani valdesi
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rifugio degli esuli italiani, fu distrutto il grande laboratorio di
organizzazione di una chiesa riformata in ambiente di lingua
e di cultura italiana. Quella porta, per la quale tanta parte della
propaganda evangelica di uomini e di libri era passata, si chiuse per sempre» (p. 465).
Chiese storiche
e movimenti
Ma non solo questo vuol dimostrare lo studio di Caponetto:
gli wangelici italiani furono i
primi a insistere sulla tolleranza e il rispetto della ’’differenza"- Troppo comodo ridurre la
Riforma alle sole ’’chiese storiche , togliendo spazio e significato alla pluralità di movimenti
che sorsero dal suo seno. Troppo facile liquidare la resistenza
eroica di tanta gente, riducendola a semplice esperienza di soggettivismo esasperato: fu invece^^ proprio quel "soggettivismo” a consentire ai Socini
(p. 443) la comprensione della tolleranza e a farsene propagandisti in Europa. Fu un evangelico — l’Acconicio (p. 444) —ad
insistere sulla necessità di optare
per l’indifferenza dogmatica, come via alla coesistenza.
Ancor più attento a questo problema fu un altro "protestante”.
Mino Gelsi di Siena (p. 444): nel
suo De haereticis coercendis ebbe a confutare « con asprezza
le tesi (...) sulla liceità della punizione dell’eretico ». Ed ecumenici ante litteram furono « il
mercante milanese Antonio Besozzi (...), il romano Francesco
Betti (...) e il nobile pugliese Bernardino Bonifazio, marchese
d’Oria »: tutti e tre uniti dalla
stessa « fede protestante senza
chiusure confessionali, crearono
' SALVATORE CAPONETTO, La Riforma protestante nell'Italia del Cinquecento, Torino, Claudiana, 1992, pp.
525, L. 54.000.
‘ Per le citazioni da Paul Ricoeur,
cfr. E. GENRE, Nuovi itinerari di teologia pratica, Torino, Claudiana, 1991,
p. 32.
Venerdì 8 maggio — CINiSELLO
BALSAMO: Presso Villa Ghirlanda (via
Frova 10), alle ore 21, per l’organizzazione del centro • Lombardini », si
tiene una serata di riflessione sul tema: Dove va la democrazia? - Dall'Illuminismo alle rivendicazioni etniche.
Partecipa il prof. Domenico Losurdo
(università di Urbino).
Venerdì 8 maggio — FIRENZE: Presso il Gignoro (via del Gignoro 40)
alle ore 21, il corso sui problemi dell'anziano prosegue sul tema: Le principali patologie dell'anziano.
Sabato 9 maggio — VASTO: Presso
l’Auditorium del Centro servizi culturali della Regione Abruzzo (via Michetti 63, g. c.) il prof. Paolo Ricca parla
Sottile è il Signore,
ma non malizioso
Il libro di un collega esamina la vita e l’itinerario dello studioso ma anche deH’uomo
una rete di solidarietà fra gli
esuli di Chiavenna, di Basilea e
di Zurigo, sostenendoli moralmente ed economicamente » (pp.
444445).
Le divisioni, insomma, anche
se settarie, furono in realtà il
banco di prova su cui ebbe a
confrontarsi e a nascere un nuovo modo di intendere il rapporto con gli altri: « Gli eretici non
si possono né torturare né bruciare, non si deve costringere
alcuno ad abbracciare la fede »,
sostennero davanti all’Inqu’sizione Ottaviano e Barbara Giglioli nel 1564 (p. 3). Furono dunque
gli evangelici italiani a porre le
premesse per una società basata sulla libertà di coscienza; e
fu la presenza costante della minoranza valdese — quando ogni
altra voce fu messa a tacere dai
roghi deirinquisizione — a mantenere vivo il segno della "differenza” come condizione per il
riconoscimento del pluralismo
religioso: attraverso il "glorioso
rimpatrio” del 1689, essi, recuperando il diritto alla loro terra,
si imposero come realtà "di fatto”, condizione e premessa per
il riconoscimento ”di diritto” de!
17 febbraio 1848. « Un compito
immane si aprì dinanzi all’unica
comunità evangelica italiana dt
confessione riformata: (...) dare
ai connazionali ragione della propria fede e diffondere nei vari
staterelli italiani, le cui popolazioni cominciavano a sognare libertà e indipendenza, la Sacra
Scrittura e il suo messaggio di
libertà per l’uomo nel significato profondo del Vangelo di Giovanni: ”La verità vi farà liberi”
(8:33J » (p. 469).
« Sperando contro speranza »
si intitola l’ultimo paragrafo del
volume, che si occupa appunto
del profondo significato di quel
filo rosso che, attraverso la "grigia” storia religiosa del nostro
paese, resta come guida per la
costruzione di un moderno senso delTetica, laico e pluralista.
Gli evangelici italiani — e i vaidesi prima di tutti — sapranno
apprezzare questo bel libro nel
suo significato più autentico, che
va oltre la semplice ricerca documentaristica, ponendosi come
proposta e apertura verso un
futuro "già determinato” dalle
scelte e dai sacrifici di coloro
che ci hanno preceduto; dalla
nostra "tradizione vivente”, insomma
Paolo T. Angeleri
sul tema: Incontro tra cristianesimo e
IsIam. Inizio ore 17.
Domenica 10 maggio — ROMA: Il
SAE organizza in via Giusti 12, alle
ore 16, un incontro sul tema: Testimonianza comune e impegno per la
pace, la giustizia, la salvaguardia dei
creato. Partecipano Renzo Bertalot e
il teologo Giovanni Cerati.
5-8 giugno — AMBURGO; Le « giornate internazionali dei giovani » affrontano quest'anno il tema: Lo spirito di Dio non conosce confini, e seguiranno come traccia la storia della
costruzione della torre di Babele (Genesi 11). Per informazioni: Rossella
Casonato, Oelmühie 2, D-2000 Hamburg
36. Tel. 0049/40/4395231.
Chi era il signor Albert Einstein? Ma soprattutto: secondo
quali linee si è sviluppato il suo
pensiero?
Sono le domande cui ha cercato di rispondere il fisico
Abraham Pais, che a Princeton
fu collega e amico di Einstein
dal 1946 fino alla morte di quest’ultimo, avvenuta nel 1955. Il
risultato è « Sottile è il Sig;nore... ». La scienza e la vita di Albert Einstein, un’opera imponente, molto documentata e ricca
di spunti, ma anche abbastanza
complessa, ripubblicata nel 1991
nella collana « Gli archi » dell’editrice Bollati-Boringhieri,
mentre la prima edizione inglese è del 1982 ‘.
A. Einstein era sicuramente
un uomo fuori del comime, e
non solo da un punto di vista
scientifico. Per confermare questa osservazione, Pais si dedica
soprattutto allo studio dello sviluppo del pensiero einsteiniano,
pur non tralasciando di dare numerose informazioni biografiche,
anche se in modo un po’ sparso e frammentario. In realtà,
Pais sembra v-oler considerare la
vita quotidiana del grande fisico tedesco erme una semplice
cornice, a volte soffocante, a
volte piacevole, che ne circonda
la ben più importante vita di
ricercatore e pensatore, sulla
quale si sofferma a lungo.
Documenti e
testimonianze
E’ qui che l’acutezza dell’analisi e la ricchezza dei documenti esaminati, ma anche delle testimonianze raccolte in modo diretto o indiretto, contribuiscono
a fare del libro di Pais l’opera
forse più completa nell’esaminare i percorsi seguiti dalla vicenda scientifica di Einstein: scienziato geniale, ma tendenzialmente solitario in un’epoca che vede il progressivo affermarsi dei
grandi gruppi di ricerca; personalità sempre più insofferente
per ogni autoritarismo ed ogni
bellicismo, ha dovuto vedere due
guerre mondiali e il sorgere di
governi autoritari e tirannidi;
pensatore sempre più convinto
dell’esistenza di una « realtà oggettiva » sottostante ad ogni
realtà visibile, fu anche uno di
coloro che più contribuirono alla nascita della fisica quantistica, che sconvolge l’idea dell’esistenza di una « realtà oggettiva » e della causalità rigorosa.
Soprattutto negli anni della
gioventù, Einstein si è dedicato
alla ricerca con un atteggiamento aperto, senza particolare soggezione, alla ricerca delle domande più sensate (e, secondo Pais
la genialità di Einstein consistè
quasi sempre nell’aver scelto le
domande migliori, quelle di maggior fecondità), accettando le risposte più coerenti.
All’affetto per Einstein, molto
visibile nelle parti dedicate alla descrizione delle vicende umane, Pais sostituisce un atteggiamento ammirato, ma insieme lucido e razionale, molto attento
ai dettagli, quando ne analizza i
lavori scientifici. E’ intorno a
tale analisi che tutta l’opera ruota: l’ambizioso programma di
Pais è proprio quello di seguire
10 sviluppo di un pensiero che
è prima di tutto e soprattutto
fisico, di tracciare un itinerario
intellettuale che ha nella scienza, e nella fisica in particolare,
11 suo punto di riferimento e le
sue motivazioni.
E’ questa la parte più complicata ma più ricca del libro, per
ché l’autore tenta una ricostruzione del pensiero einsteiniano
basandosi col maggior rigore
possibile sulla realtà dei documenti direttamente o indiretta
mente collegabili ad Einstein, integrati con testimonianze ed altri elementi rilevanti, come ad
esempio lo stato della ricerca
fisica di una certa epoca o di
un certo ambiente con cui Einstein era venuto in contatto.
Un’opera
di ricostruzione
Perciò, ad esempio nella ricostruzione della genesi della teoria della « relatività ristretta »,
Pais riesamina i lavori di Einstein, ma anche le lettere, le osservazioni, i contatti con altri
fisici, a partire dai primi interessi adolescenziali per le scienze e la fisica in particolare fino alla pubblicazione nel 1905
della famosa « memoria sull’elettrodinamica dei corpi in moto »,
che contiene la teoria nella sua
formulazione definitiva. 'Vengono
ripercorsi gli errori e le intuizioni rivoluzionarie, rimanendo
saldamente ancorati al loro contesto, ai problemi della scienza
da cui nascevano, ricordando
quali fossero le posizioni di altri grandi fisici dell’epoca. Il paziente lavoro di ricostruzione documentale, cronologica, psicologica risulta sicuramente di grande interesse, e viene pienamente
apprezzato soprattutto da chi,
fornito di competenze specifiche,
sia interessato alla storia delle
principali idee fisiche.
Però, anche se del libro di Pais
si leggono solo le note biografiche e i capitoli che raccordano tali note con l’analisi dettagliata dei vari documenti, memorie, articoli scientifici, sorvolando sulle implicazioni tecniche, si riesce comunque a ricostruire un ritratto di Einstein
che presenta alcune originalità.
La caratteristica che forse colpisce di più Pais nel grande fisico è il suo « profondo bisogno
emotivo (...) di impedire che alcunché potesse interferire con il
suo pensiero (...). "Veramente notevole era il dono che aveva di
ritornare [al mondo delle idee]
senza alcun sforzo emotivo. Non
aveva alcun bisogno di allontanare da sé il mondo del quotidiano; piuttosto ne poteva uscire ogniqualvolta lo desiderasse »
(p. 25). A questa capacità di concentrarsi anche emotivamente
solo su quello che lo interessava, Einstein appare comunque
unire un grande rispetto per la
natura, per gli altri e per il Signore, al quale ha probabilmente continuato a rivolgersi, soprattutto a partire dal suo lavoro, lungo tutto l’arco della vita. Pais ci ricorda che l’origine
ebraica di Einstein influì certamente sulla sua formazione giovanile ed in seguito, malgrado
un certo raffreddamento, non
venne mai dimenticata, né rinnegata. Porse si trasformò in
una sorta di deismo, che si unì
ad una filosofia del « realismo
oggettivo » rafforzatasi con l’andar degli anni. Deismo e realismo oggettivo cui si possono poi
attribuire i famosi detti einsteiniani, uno dei quali dà il titolo al libro: « Sottile è il Signore, ma non malizioso ». Egli sembra ingannare i fisici (il riferimento era ad esperimenti del
1921 che sembravano riportare
in auge quelTetere di cui Einstein si era con successo sbarazzato nelle sue teorie della relatività), ma solo perché ha dato alla natura una regola sublime ed infinitamente complessa,
che non ci si stanca mai di indagare.
Alberto Bragaglia
' ABRAHAM PAIS, « Sottile è il Signore... ». La scienza e la vita di Albert
Einstein, Torino, Bollati Boringhieri,
1991, pp. 676.
3
1“ maggio 1992
Tita delle chiese
IL CASO TORINO ESAMINATO IN UN CONVEGNO
Diaconia nella città
CRONACA DELLE CHIESE DELLE VALLI
Assemblee di chiesa
I problemi specifici di un’area industriale e le nuove « emergenze »
sociali - L’attenzione della Chiesa valdese dal 1843 fino ad oggi
Come ormai è consuetudine,
la Commissione di studio per la
diaconia organizza ogni primavera un convegno che ha l’obiettivo di portare a conoscenza i
diversi aspetti della nostra diaconia evangelica. Questo tipo di
iniziative è volto a favorire una
formazione permanente effettuata sul campo e aperta a tutti
coloro che, sia aH’interno delle
opere sia nelle nostre comunità,
si occupano di problemi di diaconia. Quest’anno, dal 27 al 29
marzo, l’attenzione è stata puntata sulla situazione di una città industriale, Torino, cercando
di analizzare l’esperienza di una
comunità evangelica plurisede
che con le sue varie espressioni
di predicazione e di diaconia
vuole essere presente in quella
città.
Il programma si è articolato
in una prima giornata di studio
con l’apertura della sociologa
Adriana Luciano Girolami che
ha presentato le varie fotografie delle trasformazioni del tessuto sociale avvenute in seguito
alle crisi industriali degli anni
’80 e ’90. Queste crisi, nel settore deH’auto e recentemente nel
settore informatico, hanno portato grosse ristrutturazioni e innovazioni tecnologiche con drastici tagli all’occupazione. E’ così calata enormemente la richiesta di lavori di bassa specializzazione, settore rifugio per immigrati e giovani con scarso livello di scolarità.
Ha proseguito poi. il pastore
Alberto Taccia tracciando un
profilo dell’attenzione portata
dalla comunità valdese ai problemi sociali e morali della città sin dal 1843, quando il pastore Amedeo Bert realizzava 4 posti letto in casa sua a disposizione di emarginati bisognosi di
cure. L’impegno della comunità
locale ha, nel corso di più di
un secolo, abbracciato i settori
più diversi: dagli Artigianelli alle case di accoglienza per giovanette, dai bagni di mare all’ospedale, mettendo a disposizione
una serie di iniziative sino agli
attuali 8 posti letto di prima accoglienza per immigrati, recentemente realizzati nello stabile di
corso Oddone.
Mentre il pastore Taccia concludeva interrogandosi sul ruolo che la comunità deve nuova^
mente riscoprire in quanto testimone di una speranza di fronte ad una sempre più massiccia
spinta a portare gli interventi
a livello degli addetti ai lavori,
con conseguente emarginazione
delle espressioni di solidarietà,
Elena Vigliano, diacona presso
la comunità stessa, ha intrattenuto gli intervenuti spiegando i
meccanismi che ingenerano situazioni di solitudine in una
grande città e quale risposta si
è tentato di dare a questo problema.
La seconda giornata è stata
invece dedicata alla visita ed al
confronto nella città, comincian
Riunione dei
collaboratori
POMARETTO — Alle ore 20,45, presso l’Eicolo Grando, si incontrano I collaboratori dell'Eco delle Valli per la
programmazione dei prossimi numeri
del giornale.
AVVISO
La Casa valdese di Vallecrosia cerca monitori e monitrici per il campo cadetti 1992,
che avrà luogo dal 6 al 21 luglio. Per avere informazioni,
potete telefonare allo 0184/
295551 o scrivere a Casa valdese, C. P. 45 - 18019 Vallecrosia (IM).
do dai locali di corso Oddone
dove, oltre alla visita del centro di accoglienza, si è avuto un
interessantissimo confronto con
Maurizio Pia, dell’ufiìcio migranti del Comune. Pia, oltre a dare
una panoramica di come, a partire dagli anni ’80, sia cresciuto e si sia articolato il problema degli emigrati, ha risposto
alle molte domande tendenti a
chiarire quali siano oggi le possibili vie di intervento. Nel pomeriggio, ancora visita guidata
all’ospedale valdese, all’ostello
femminile, terminando poi con
una tazza di tè al bazar della
comunità.
Un’iniziativa quindi che ha colto nel segno, per la qualità de
gli interventi e delle analisi presentate, ma con il limite di rimanere tendenzialmente ristretta a coloro che già da tempo si
incontrano a Casa Cares (luogo
abituale dell’incontro autunnale)
e che quindi hanno occasione di
usufruire di una formazione poiivalente. Un’iniziativa di tal genere non dovrebbe solo essere
appannaggio dei diaconi ufficialmente iscritti nei ruoli e degli
studenti del centro di formazione diaconale ma, proprio per il
grosso contributo formativo, potrebbe coinvolgere tutti coloro
che si occupano di diaconia nelle nostre comunità.
Adriano Longo
CORRISPONDENZE
Incontro ecumenico
TERNI — La comunità metodista ha voluto dare un contributo al movimento ecumenico. Dopo aver partecipato compatta ad una preghiera in comune in un tempio cattolico durante la celebrazione della Settimana per l’unità dei cristiani, il pomeriggio del giorno 8 aprile alle ore 19 ha organizzato, in accordo con la commissione diocesana per l’ecumenismo presieduta da don Fabio Leonardis, un
incontro con i credenti cattolici nel tempio metodista di Terni.
Dopo l’invocazione e la preghiera il pastore Pino si è richiamato a Matteo 22: 37-40 per
la confessione di peccato. E’ stata poi letta la preghiera con responsorio: « Signore, abbi pietà
di noi » a cui è seguita la lettura delTannuncìo del perdono.
Sono quindi intervenuti direttamente i nostri ospiti: la
prof.sa Bovelli ha letto alcuni
versetti di Isaia 10, mentre don
Fabio si è soffermato su uno
scritto di Enzo Bianchi della comunità dì Bose che pone in rilievo come, nel mondo, molti attendono ancora di poter apprezzare i benefici del sacrificio della croce, con un invito a riconoscersi esclusivamente in Cristo. Il pastore Pino ha invece
svolto una breve meditazione
sulla parabola del fariseo e del
pubblicano (Luca 18).
Ci siamo lasciati con la promessa di incontrarci ancora e
con la certezza che, se riuscirerno a mantenere gli orientamenti che sono stati alla base di
questo incontro, orientamenti
che si traducono nell’invito ad
ognuno a riflettere e meditare sui
propri torti piuttosto che rimproverare quelli altrui, sembra
meno lontano ed impossibile un
ecumenismo che auspichi soprattutto un sincero, entusiasmante,
ritorno di tutti a Cristo.
Lettura di Marco
ROMA — Due ore e venti minuti: tanto è durata la lettura
completa dell’Evangelo di Marco
e la gente, tanta, che si è ritrovata nella chiesa di piazza Ca
vour per ascoltare l’attore Franco Giacobini non si è distratta
un attimo, coinvolta dal racconto antico e sempre nuovo della
vita straordinaria di Gesù di Nazareth. Con questa serata si è
conclusa sabato 11 aprile la settimana dedicata dalla comunità
all’annuncio dell’evangelo, con
brevi momenti giornalieri di predicazione della Parola, un concerto della corale giovanile di
Essen (Colonia) e l’apertura pomeridiana del tempio che ha
permesso incontri e colloqui con
persone disparate.
La domenica mattina, mentre
era ancora viva l’emozione per
la lettura teatrale della sera precedente, la comunità ha riascoltato durante il culto il versetto
di Marco 13: « Il cielo e la terra passeranno, ma non le mie
parole »; ha poi ricevuto la confessione di fede del fratello Giacobini, accogliendolo come nuovo membro di chiesa.
Un affollato pranzo comunitario ha segnato con un momento
conviviale l’inizio della settimana di Pasqua.
Battesimo
PADOVA — Domenica 12 aprile Cristina Forma, dì famiglia
evangelica, da poco a Padova
per una serie di impegni sportivi, ha ricevuto il battesimo nella nostra chiesa di corso Milano
6, inserendosi così pienamente
nelle comunità protestanti che
avrà modo di frequentare nel
corso dei continui spostamenti
dovuti a motivi professionali. Un
fraterno benvenuto alla nuova
sorella.
• Continuano i nostri studi
biblici di casa in casa. L’argomento di quest’anno è « Geremia: una protesta contro la sofferenza » (di Henri Mottu). Relatori negli ultimi incontri l’ing.
Salvatore Guargena e il prof.
Renato Pescara.
• Il gruppo di attività femminile si riunisce regolarmente
ogni quindici giorni. Maddalena
Costabel ha tenuto alcune conversazioni sulla donna nell’Antico e nel Nuovo Testamento.
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TORRE PELLICE — Domeni
ca 26 aprile l’assemblea ha tenuto due sedute, una mattutina,
durante il culto, e una pomeridiana. Nella seduta del mattino
sono stati eletti come anziani
Nora Costabel Bernardini, Lillo
Gisletti, Cristina Pretto Paone.
Sono stati rieletti Silvio Avondetto, Ferruccio Bellion, Guido
Malan.
L’assemblea ha anche deciso
di mettere allo studio la proposta di avere un anziano con l’incarico specifico di seguire la situazione giovanile.
Nella seduta pomeridiana l’assemblea ha esaminato la situazione degli stabili in vista di
una loro valorizzazione e al fine di rendere più funzionale
l’edificio della Casa unionista, sede di buona parte delle attività
comunitarie.
• Mercoledì 6 maggio alle ore
20,30 avrà luogo presso i locali
della Comunità alloggio agli Appiotti il quinto dei sei studi biblici che il pastore Marchetti dedica alla lettera ai Calati.
ANGROGNA — Domenica 3
maggio con inizio alle ore 10
avrà luogo nel tempio del capoluogo un’assemblea di chiesa
per esaminare i seguenti punti
all’ordine del giorno: relazione
morale sulla vita della chiesa
nell’anno 1991-92; relazioni sulle
attività delle strutture ricettive,
a cura dei Comitati del Bagnòou
e de La Rocciaglia; presentazione di un nuovo tipo di bilancio
economico.
Concistoro
LUSERNA SAN GIOVANNI —
Andrea RoUier e Marcella Stalè
Charbonnier sono i due nuovi
membri del concistoro eletti domenica scorsa dall’assemblea di
chiesa, riunita durante il culto
nella sala Beckwith.
Li ringraziamo per la loro disponibilità con i migliori auguri per il nuovo lavoro che li attende al servizio della chiesa.
• Il culto ai dalla che avrà
luogo domenica prossima 3 maggio, alle ore 18, sarà presieduto
dal pastore Giorgio Tourn al
quale diciamo il nostro grazie
per la collaborazione.
Affetto fraterno
VILLASECCA — Il periodo pasquale è stato caratterizzato da
noi come altrove dalla gioia di
ammettere come membro di
chiesa il catecumeno Tiziano
Poet. Purtroppo lo stesso giorno della sua confermazione, domenica delle Palme, abbiamo
avuto il dolore di accompagnare alla sua ultima dimora la nostra sorella Evangelina Ferrerò,
deceduta ai Chiotti, all’età di 78
anni. Siamo vicini, nella gioia
come nel dolore, alle famiglie
con l’affetto fraterno che nasce
dalla comunione di fede.
• Ringraziamo il pastore Paolo Ribet e il professore Sergio
Rostagno che hanno presieduto
i nostri culti rispettivamente del
5 aprile e del giorno di Pasqua.
PROTESTANTESIMO
IN TV
DOMENICA 3 MAGGIO
ore 23,30 circa - RAIDUE
Replica
LUNEDI’ 11 MAGGIO
ore 10 - RAIDUE
EVANGELICI DI FRONTE
ALL’EUROPA
In studio: Marc Lenders
(Comunità ecumenica europea per chiesa e società),
François Rochteau (CIMADE
responsabile per la regione
mediterranea). Paolo Ricca
(Facoltà valdese di teologia).
I loro messaggi sono stati di
grande arricchimento per noi.
• Un gruppo di volontari ha
ripreso nelle ultime settimane i
lavori di restauro del piccolo
tempio di quartiere di Combagarino. Si tratta dell’unico edificio di questo genere rimasto
in vai Germanasca, perciò la
sua conservazione ha un grande significato e ci ricorda che
la chiesa non è rappresentata
da cattedrali ma da ogni piccolo gruppo che si riunisce nel
home del Signore. Ringraziamo
tutti coloro che hanno partecipato o parteciperanno in futuro ai lavori.
Benvenuti!
VILLAR PEROSA — Domenica delle Palme abbiamo ricevuto come membri comunicanti
nella chiesa Alessandro DevaUe,
Debora Gallian, Cristina Ghigo,
Paola Malatesta, Paolo Prono e
Natascia Tron che già la domenica precedente, nel presiedere
il culto, avevano fatto la loro
confessione di fede davanti alla comunità.
® Abbiamo avuto ospiti al
Convitto una settantina di extracomunitari cristiani venuti per
celebrare la Pasqua.
® Il culto di venerdì santo è
stato presieduto dallo studente
in teologia Eric Noffke.
• Domenica prossima, 3 maggio, avremo al Convitto l’assemblea di chiesa per eleggere
i deputati alla Conferenza distrettuale e al Sinodo e per discutere la relazione annua e il
documento sul rapporto fra chiese riformate e il cattolicesimo
romano.
• Domenica, 10 maggio, è organizzata una gita a Genova per
la Pesta di canto. Ci sono ancora dei posti disponibili per chi
vuole aggregarsi.
Ammissioni
POMARETTO — Nove giovani
hanno terminato il loro corso di
catechismo ed hanno chiesto di
entrare a far parte della chiesa
mediante il battesimo o la confermazione; si tratta di Federico Coucourde, Patrick Giai Checco, Stefania Togliatto, Sabina
Breuza, Claudia Ferrerò, Tiziana
Giacomino, Sabina Lurgo, Maura
Pegoraro e Andrea Tron; che lo
Spirito del Signore sia costante
guida nella vita di questi giovani.
• Durante il culto di Pasqua
è stato presentato alla comunità il piccolo Erik di Bario ed
Odetta Giai Checco.
• Gli auguri della comunità
vanno alla neonata Sabrina di
Paolo ed Anna Giaiero.
• Durante l’assemblea di chiesa sono stati eletti quali deputati alla Conferenza distrettuale
Viola Rostan, Paola ReveI e Andrea Coucourde (supplenti Viima Pastre e Rita Tamburrelli)
ed al Sinodo: Milena Martinat e
Flavio Micol (supplenti Paola
Revel e Silvano Bertalot).
• E’ stato infine insediato il
nuovo anziano Otto Peyronel
eletto in sostituzione di Elsa Lageard che aveva ultimato il suo
periodo, per la zona dei Pons;
la comunità rinnova il suo ringraziamento all’anziana uscente
ed augura un lavoro benedetto
dal Signore al nuovo membro
del concistoro.
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4
4 prospettive bibliche
1° maggio 1992
ALL’ASCOLTO DELLA PAROLA
La Grazia, speranza per il mondo
Per prima cosa, l’avventura di Riesi mostra che la Grazia di Dio diventa speranza
per il mondo quando trasforma la comunità cristiana in comunità di servizio. Vivere
la Grazia significa servire. La Grazia diventa speranza per gli altri quando diventa
servizio per noi. La Grazia data gratuitamente non è a buon mercato perché trasforma il graziato in servitore; servitore libero,
come precisa Lutero, ma servitore. Se la
Grazia non è servizio, diventa privilegio e
umilia la speranza. Bisognerebbe andare a
fondo della nozione di servizio, del verbo
servire. E’ del tutto centrale, non solo per
la rivelazione cristiana, ma anche per la
rivelazione del Cristo stesso ehe ha scelto
il verbo servire e la nozione servizio per
rivelare il segreto della sua personalità e la
vera natura della sua missione: sono venuto per'servire. Mi è stato ehiesto di non
fare un discorso « dogmatico » e io voglio
obbedire, ma preferirei disobbedire perché
in effetti bisognerebbe fare un discorso
« dogmatico », nel senso che qui parliamo
di quello che si potrebbe definire « il dogma di Gesù »; si è parlato della fede di Gesù, e proprio in questa fede e’è un dogma,
una certezza che non è possibile dimostrare, la si può solamente confessare e
vivere, e questo « dogma », questa certezza, è quella di essere venuti per
servire. La chiesa ha sviluppato il dogma
della trinità e quello cristologico e noi ne
beneficiamo. Sarebbe stato un bene se avesse aggiunto, in modo semplice ed univoco:
venuto per servire. Bisognerebbe andare a
fondo, ma non posso che evocare ed enunciare. La Grazia, la speranza per il mondo,
con il servizio di coloro che hanno ricevuto
la Grazia. Sta qui il primo fascio di luce
che l’avventura di Riesi (o la Grazia, l’agape, l’amore libero e gratuito di Dio che non
solo fa dono, ma dà se stesso come un dono, che ha preso forma nella comunità di
servizio) proietta su questo tema.
Ma ne esiste un secondo. Abbiamo festeggiato i trent’anni di « speranza per Riesi ».
Trent’anni di speranza sono tanti. Di solito
le nostre speranze sono per un periodo più
corto. Trent’anni sono tanti e nello stesso
tempo pochi se si tratta di trasformare la
speranza per Riesi in speranza di Riesi. Dopo trent’anni di Servizio cristiano Riesi non
è ancora quella che Tullio Vinay sperava
diventasse, e cioè una città abitata dalla
speranza. Si può dire la stessa cosa del cristianesimo in generale: duemila anni sono
tanti, ma sono pochi se bisogna trasformare la speranza per il mondo in speranza
del mondo. Perché è così? Per una ragione
molto semplice: la trasformazione della
Riprendiamo dall’ultimo bollettino delle « Notizie da Riesi » uno
studio che il prof. Paolo Ricca ha presentato in occasione del trentennale del Servizio Cristiano, lo scorso ottobre. La stessa riflessione è stata
presentata anche all’Assemblea annua della Federazione protestante di
Francia, svoltasi a Lille all’inizio di novembre sul tema « Grazia senza
frontiere ». Il tema della Grazia è stato anche al centro della recente
Assemblea protestante europea di Budapest. Non a caso: è infatti al cuore stesso del messaggio pasquale. (Red.)
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speranza per il mondo in speranza del mondo non può aver luogo se non tramite la fede. La Grazia non agisce automaticamente,
non c’è automatismo della Grazia, né nei
sacramenti, né nelle opere! La speranza per
il mondo non diverrà speranza del mondo
per mezzo delle opere, ma solamente per
mezzo della fede. Pertanto dobbiamo invitare gli uomini a credere, dobbiamo predicare la fede perché è vero quanto si dice:
il vero peccato è la miscredenza; e forse
bisognerebbe aggiungere: il vero peccato
della chiesa è la miscredenza mentre il vero peccato del mondo è l’idolatria.
L’opera rende visibile la Grazia, è una
parola visibile, ma bisogna invitare gli uomini a credere non in quello che vedono,
ma in Dio, l’invisibile.
Ecco dunque il secondo fascio di luce
che l’avventura di Riesi proietta su questo
tema: la Grazia, la speranza per il mondo
diventa speranza del mondo per fede. E’ la
fede che riceve la Grazia, è lei che nutre la
speranza, che le impedisce di rinunciare nel
momento della crisi. Questa viene definita
nel Nuovo Testamento come pazienza, cioè
la resistenza della fede quando la speranza vacilla.
Vivere la Grazia come la speranza per il
mondo significa attaccarsi alla pazienza perseverante della fede. Come diceva Kierkegaard, in quanto credenti « non flirtiamo
con i risultati ».
Ed ora giungo al nostro tema « La Grazia, speranza per il mondo », già un po’
chiarito dal richiamo all’esperienza di
Riesi. Lo presenterò in tre brevi punti,
ognuno dei quali sarà corredato da un
esempio di attualità.
La speranza e la legge
« Grazia, speranza per il mondo » significa tra l’altro che il mondo ha il diritto di
sperare, perché su di lui e per lui c’è una
Grazia. La Grazia crea un diritto alla speranza senza limiti in quanto speriamo nella resurrezione dei morti, dal momento che,
come Abramo, crediamo al Dio d’Israele,
« il Dio che fa rivivere i morti e chiama
le cose che non sono come se fossero »
(Rom. 4: 17). Noi speriamo nell’impossibile: ecco la speranza che proviene dalla
Grazia. La Grazia produce delle speranze
audaci che creano il disordine rispetto all’ordine della legge. La Grazia mette a
soqquadro l’ordine stabilito e regolato dalle leggi. La Grazia genera una speranza
che trabocca e spezza il quadro della legge.
E’ a questo punto che si pone la domanda:
cosa bisogna fare? Applicare la legge e di
conseguenza soffocare la speranza o fare
valere la speranza e infrangere la legge?
La scorsa estate abbiamo vissuto il dramma che ha dimostrato come la legge soffochi la speranza, mentre la Grazia le permetterà di fiorire ed avverarsi. Il dramma
di cui parlo è l’immigrazione selvaggia degli albanesi, quei boat people europei ehe
non avremmo mai pensato di vedere costeggiare le nostre spiagge e entrare nei nostri porti. Sappiamo cosa è successo: le prime ondate d’immigrati sono state bene o
male accolte ed alloggiate, le altre sono state ammassate nello stadio di Bari come del
bestiame e in seguito riportate nel loro paese facendo loro credere il contrario. Una vera vergogna sotto tutti i punti di vista!
Ora, dal punto di vista delle leggi e dell’ordine, un paese non è tenuto ad accogliere chiunque si presenti alla sua porta. Si
conosce la distinzione tra i rifugiati politiei
e quelli che non lo sono: è una distinzione
ricorrente, in sé legittima, anche se a volte
arbitraria e vagamente farisaica. Ma dal
punto di vista della speranza, questa distinzione non regge. Sul piano della speranza
tutti i rifugiati sono uguali, e anehe se la
legge fa la distinzione e prevede un trattamento diverso che privilegia quelli politici,
la Grazia mette tutti i rifugiati sullo stesso
piano. Se la speranza deve sopravvivere nel
mondo e in mezzo agli uomini, se non
deve essere calpestata, è neeessario che la
Grazia ci dia il coraggio di passare oltre il
quadro della legge, o ancora di riformare la
legge in modo ehe essa si conformi alla
speranza di coloro che non hanno alcuni
diritti.
La Grazia è al di là della legge e in questo quadro diventa una forza di mobilitazione per raggiungere un livello di giustizia
superiore, una legislazione più umana. La
Grazia è forza di umanizzazione del diritto. La Grazia sveglia le nostre eoscienze
per far sì che numerosi diritti dell’uomo
non ancora riconosciuti e dunque non ancora stabiliti lo diventino. L’Italia ha dato
un cattivo esempio: ha applicato la legge
e ignorato la Grazia, ealpestando così la
speranza dei boat people albanesi.
La Grazia, la speranza del mondo significano inoltre che le speranze dei boat people del mondo, cioè le speranze che nessuna legge attuale autorizza, non siano più
schernite ma possano avverarsi. Un esempio positivo di questo quadro è dato dal
Sactuary Movement negli Stati Uniti dove
le chiese offrivano ospitalità agli immigrati
illegali provenienti dalle dittature dell’America Latina, assumendo un ruolo d’illegalità
cosciente per contestare la legge esistente.
Questo è il mio commento al nostro tema: la Grazia genera delle speranze ardite
e obbliga a superare la legge per fare posto
a nuovi diritti dell’uomo, quelli che non sono ancora riconosciuti ma che la Grazia
stabilisee.
La speranza e le
aspettative tradite
Non si può dimenticare, dal momento
che parliamo di Grazia come speranza per
il mondo, che in questi ultimi due anni siamo stati testimoni del crollo del sistema,
di un ordine, di un’organizzazione della società che pretendevano essere la realizzazione di una speranza ehe, da un secolo e
mezzo, è stata senza dubbio la più forte,
grandiosa speranza che abbia abitato e mobilitato l’umanità, soprattutto gli strati sociali più poveri. La speranza comunista o
socialista. Milioni di persone, donne e uomini, colti o illetterati, sono stati portatori
in tutti i eontinenti di questa speranza,
l’hanno scritta nella carne della storia dell’umanità, hanno lottato per lei e ne hanno
pagato il prezzo, che è stato troppo alto:
numerosi sono i martiri di questa causa.
Era veramente una speranza per il mondo.
Ora, il fallimento dei regimi comunisti è totale e, sembra, senza appello. Ma il fallimento del regime, e dunque del progetto
della società, dei suoi presupposti e dei
suoi metodi, questo fallimento che, ripeto,
è totale e senza appello, non dovrebbe
comportare la negazione della speranza.
Quello che mi è spiaciuto e anche scandalizzato dell’ultima enciclica di papa Giovanni Paolo II, la « Centesimus annus », è
che il papa squalifichi il socialismo come
portatore e interprete di una grande speranza che il comunismo stesso ha tradito
(sta qui la tragicità di tutta questa storia:
quello che si proponeva essere portatore e
realizzatore della speranza socialista l’ha
tradita più degli altri!), speranza che nel
secolo scorso aveva preso corpo nel movimento operaio e nelle organizzazioni socialiste. Qual è questa speranza? E’ la speranza di costruire una società solidale, che
sappia coordinare le libertà individuali con
la liberazione del corpo sociale da tutte le
forme di sfruttamento. E’ la speranza di
combattere ed eliminare il più possibile gli
aspetti strutturali dell’ingiustizia sociale. In
breve è la speranza di creare non solo una
democrazia politica, ma anche una democrazia sociale ed economica.
Questa speranza oggi rischia di rimanere
sepolta sotto le macerie dei regimi comunisti rovesciati o crollati. La caduta del comunismo rischia di causare l’esaurimento e
la negazione della speranza che l’ha accompagnato e generato e che possiamo chiamare speranza socialista o speranza di una
democrazia dell’economia e di una umanizzazione dei rapporti sociali.
La speranza cristiana è un’altra cosa. Essa non può lasciare morire o diventare
« becchino » della speranza socialista, che
era quella delle vittime dell’industrializzazione selvaggia del secolo scorso e di una
certa dittatura del capitale. Non è compito
nostro essere i becchini delle speranze tradite. Ce ne sono a tutti i livelli: nella
grande storia eollettiva e nella piccola storia di ognuno di noi. Se la Grazia vuole tra
l’altro dire che nessuna situazione è disperata, che si può ricominciare, che è possibile un nuovo inizio, allora diventa speranza per il mondo anche nel senso di rialzare e rianimare le speranze ferite, sia nella
vita degli individui che dei popoli, speranze
ferite che meritano di essere riprese e rilanciate. La Grazia, speranza per le speranze
del mondo, quelle che hanno portato alla
giustizia, alla libertà, all’amicizia, alla coesistenza pacifica e al dialogo. La Grazia,
speranza delle speranze!
La speranza e la
disperazione
Lo scopo della Grazia è quello di cambiare o almeno migliorare il mondo (diceva
Lutero), la Grazia, speranza per il mondo,
significa «speranza di un mondo nuovo», di
un mondo diverso e migliore di quello attuale. Ma per modificare il mondo bisogna
fare come Dio, e cioè scendere nelle profondità della sua miseria e della sua disperazione. Ci sono soprattutto una miseria ed
una disperazione più tragiche delle altre,
quelle dei bambini che muoiono di fame
ogni giorno a migliaia; questi bambini non
hanno neanche il tempo di essere disperati
perché muoiono prima.
Muoiono prima della speranza e della disperazione. Affinché la Grazia sia o diventi
speranza per il mondo è necessario che essa si inserisca nella disperazione più profonda e urlante, in quella dei bambini.
Ora, se la comunità cristiana riuscisse a
salvare questi bambini, a moltiplicare il suo
pane quotidiano e a nutrirli, la Grazia, speranza per il mondo, significherebbe prendere Matteo 25 come programma per la chiesa in modo più radicale e sistematico di
quanto non si faccia già. La Grazia, speranza per il mondo, significherebbe allora
sperare la speranza dei poveri del mondo,
sognare i loro sogni, assumersi i loro progetti.
Un primo passo in questa direzione potrebbe essere la proposta fatta da Michel
Bouttier, e cioè che il 1992 sia l’anno di un
giubileo, della remissione dei debiti che i
paesi poveri hanno verso quelli ricchi e che
soffocano le loro magre economie. Le chiese potrebbero impegnarsi a convertire il debito in Grazia.
Concludo. Se la Grazia è la speranza
per il mondo, questo significa che la speranza non è un’illusione, non è un sogno di
quelli che non diventano mai realtà, ma è
l’anticipazione di quello che in Cristo è già
una realtà. Non abbiamo dunque solo il
diritto di sperare tutto, ma riceviamo la
Grazia di sperare in tutto.
Paolo Ricca
5
obiettivo aperto 5
1° maggio 1992
LE LOTTE DEI NERI NELLE VITE DI MARTIN LUTHER KING E MALCOM X
America: sogno o incubo?
I due leader fecero scelte diverse; la strada della nonviolenza per I eguaglianza di King era opposta alla rivendicazione della "negritudine” e alla via ’’musulmana” di Malcom - Fra loro ci fu un avvicinamento negli ultimi anni
Ad Harlem, il quartiere nero
di New York, c'è un punto dove
si incrociano due strade, una dedicata a Martin Luther King e
l’altra a Malcom X, due personaggi che hanno dato un significato importante alle lotte dei
neri in America. La cosa mi
ha incuriosito, trattandosi di due
persone che, sia per ispirazione
religiosa che per strategia politica, hanno incarnato anime molto diverse, non di radO' contrapposte degli afroamericani. In
altri posti ho trovato T-shirts,
bottoni, poster in cui i due leader
erano ritratti l’uno di fianco all’altro, accorciando così con un artificio la distanza fisica e ideologica che li ha tenuti separati
durante la loro vita.
Martin Luther King è molto
popolare e famoso in tutti gli
States, ma di recente è fortemente in crescita anche la popolarità di Malcom X, del quale Spike
Lee ha appena finito di girare
un film che ne racconta la vita.
In una libreria ho trovato un bellissimo testo scritto da uno dei
più famosi teologi afroamericani, J. Cone, professore nella
prestigiosa università teologica
Union Theologicàl Seminary
di New York. Il libro (Martin
and Malcom, N. Y., Orbis Books,
1991) racconta la vita dei due
leader con particolare attenzione all’evoluzione del loro pensiero e delle loro scelte politiche.
La sua lettura mi ha condotto
a fare scoperte estremamente
interessanti, utili senz’altro anche per capire la situazione attuale del razzismo verso i neri
neeli USA.
Il sogno di
Martin Luther King
La vita di Martin Luther King,
tragicamente interrotta il 4
aprile del 1968, giorno in cui
fu vilmente assassinato, potrebbe essere riassunta nelle famose parole che lo stesso King pronunciò durante il discorso tenuto a Washington, nell’agosto del
1963, a conclusione della «marcia dei duecentomila » in favore
dei diritti civili quando di.sse tra
l’altro:
« Io ho un sogno: che un giorno questa nazione raggiungerà
il vero significato del suo credo.
Noi sosteniamo che questa verità sia evidente a tutti, e cioè
che tutti gli uomini sono creati
eguali. Io ho un sogno: che un
giorno... i figli degli ex_ schiavi
e i figli degli ex proprietari di
schiavi saranno capaci di sedere assieme al tavolo della fraternità... Questa è la nostra speranza... Con questa fede noi lavoreremo insieme, pregheremo
insieme, lotteremo insieme, andremo in prigione insieme, difenderemo la libertà insieme,
certi che un giorno saremo Uberi... Questo sarà il giorno in cui
tutti i figli di Dio potranno cantare con nuovo significato "Terra mia, dolce terra di libertà, di
te io canto" ».
Il sogno di Martin Luther
King era il sogno di un’America
in cui lo Scandalo del razzismo
sarebbe stato rimosso. L’America,
nella sua matrice di autentico
paese democratico, doveva farla
finita con le leggi segreganti di
.firn Crow. E Martin Luther
King era convinto che i bianchi
’’liberal”, specie nel Nord, sarebbero stati disponibili ad aiutarlo a Sradicare questa macroscopica contraddizione americana.
Tanto più che egli faceva appello alle coscienze dei bianchi,
richiamandoli alla loro responsabilità di cristiani e facendo ricorso a forme di lotta rigorosamente nonvioicnte.
11 suo sogno quindi sembrava
tutt’altro che irrealizzabile. Se
i neri americani avessero preso
coscienza della loro forza e
l’avessero seguito, dopo il successo del boicottaggio degli autobus di Montgomery, la vittoria
definitiva non si sarebbe fatta
attendere. E in parte fu così:
molti bianchi appoggiarono il
movimento del pastore battista
del Sud. E le chiese nere furono fin dall’inizio il luogo in cui
si affermavano le ragioni spirituali e si elaboravano le strategie politiche per dare concretezza alle azioni nonviolente, organizzate dal movimento.
Il suo ottimismo, oltre che
avere sicuramente nella speranza cristiana il suo riferimento
principale, era anche dovuto alla sua vita, «e è vero che fin
da piccolo dovette misurarsi col
problema del razzismo. A questo
proposito Martin Luther King
ricordava spesso l'episodio in cui
tornò a casa piangendo perché
il padre di un suo amichetto
bianco gli impedì di continuare
a giocare con lui perché "negro”.
Martin, appartenendo ad una
famiglia economicamente agiata
e culturalmente affermata, ebbe
l’opportunità di studiare nelle
migliori università conseguendo
il dottorato in, teologia con bri!
lanti risultati. Sapeva di essere
per molti aspetti un privilegiato,
ma era fiducioso che pian piano,
con la lotta, le pressioni politiche e la forza morale, tutti i
neri d’America si sarebbero
emancipati.
Dal 1955, anno delTinizio del
boicottaggio degli autobus a
Montgomery, in Alabama, la popolarità di Martin Luther King
crebbe a dismisura. Anche giornali importanti come il "Times”,
riportavano le sue imprese e i
suoi discorsi, senza nascondergli
le proprie simpatie. Il fenomeno
Martin Luther King divenne perciò nazionale; molti bianchi
’’liberal” ritenevano che il suo
ruolo, nelTevitare che le lotte
dei neri degenerassero nella violenza e nel caos, fosse strategico.
D’altra parte Martin Luther
King era convinto assertore che
la strategia nonviolenta fosse
l’unica capace di far fronte
al potere bianco, che aveva i mezzi per reprimere ogni
sommossa in un bagno di sangue; essendo il suo sogno quello di un’America integrata, riconciliata, era necessario non accrescere ancora l’astio, e spesso
l’odio, che i neri covavano per
i bianchi.
Solo chi non conosce la storia
del commercio degli schiavi dall’Africa all’America, dei milioni
di morti nelle stive delle navi,
dei bambini mai nati perché affogati nell’oceano assieme alle
loro madri, solo chi non sa o fa
finta di non sapere tutto ciò non
capisce l’importanza del ruolo
assunto da Martin Luther King.
Ben diversq è la storia di
Malcom X. La sua vita potrebbe
essere riassunta in un’affermazione, molto diversa da quella
di M. L. King:
« No, io non sono un americano. Io sono uno dei 22 milioni
di neri vittime dell’americanismo. Una delle vittime della democrazia americana, che non è
nient'altro che una deprecabile
ipocrisia. E quindi io non sto
qui a parlarvi come un americano, come un patriota, o come
uno che onora e saluta la bandiera. No, non io!
Io vi parlo piuttosto come una
vittima del sistema americano.
Io vedo questa nazione con gli
occhi della vittima. Io non vedo
nessun sogno americano; io vedo
solo un incubo americano! ».
Se Martin Luther King fu allevato nella media borghesia del
Sud, Malcom nacque in una po
vera famiglia in Nebraska, e
crebbe nel Michigan; suo padre,
come il papà di King, era im
predicatore battista ma apparteneva ad un rango culturale
decisamente inferiore. Perso il
padre, che fu investito da una
auto quando era ancora molto
giovane, Malcom cominciò a fare lavori assai umili sia a
Boston che a New York, finché
finì in carcere a Charlestown,
per furto e rapina, a 21 anni; vi
rimase sei anni. Una volta, parlando del suo curriculum vitae,
disse pubblicamente: « Carissimi, io ho fatto le scuole primarie a Mason, Michigan; gli studi
liceali nel ghetto nero di
Roxbury, Massachusetts; l’università l’ho fatta nelle strade di
Più tardi Malcom X si recò a
New York dove fu leader religioso del Tempio numero 7, che
conobbe sotto la sua conduzione una forte crescita.
Come Martin, anche Malcom
fu fondamentalmente religioso;
nondimeno le convinzioni politiche dei due divergevano nettamente. Malcom non aveva alcuna fiducia nella "conversione”
dei bianchi: protestava la sua
identità africana e riteneva che
non ci potesse essere nessun futuro per i neri in America se
non nella "separazione” dalla
malvagia razza bianca, né poteva essere d’accordo con il movimento dei diritti civili e con
Martin Luther King che propugnavano una strategia nonvio
IdentUà etnica, religione, razzismo e questione sociale furono i
fulcri dell’attività di King e Malcom X fra i neri d’America.
Harlem e il dottorato l’ho preso in prigione! ».
La povertà e la violenza dei
ghetti delle grandi città del
Nord condizionarono non poco
anche le sue riflessioni politiche;
fu durante gli anni di carcere che
la sua vita ebbe una svolta. Conobbe infatti Elia Muhammad, *
un leader musulmano nero; si
trattava di una figura carismatica che aveva fondato un movimento islamico, chiamato "Nazione dell’Islam”, un movimento
che si caratterizzava per essere
anti-bianco e anti-cristiano. Elia
Muhammad era un nazionalista:
era convinto che i bianchi, che
identificava col cristianesimo,
fossero in realtà una razza demonica, e le vicende della schiavitù dei neri d’America dimostravano storicamente questa sua
vinzione religiosa.
La conversione
di Malcom X
Nel 1948, in carcere, Malcom
si convertì a questo movimento
ed al suo originale leader nero;
questa conversione gli consentì
di riguadagnare il pieno rispetto di se stesso: trovò nell’esigente etica musulmana la possibilità di un orientamento morale
alla sua vita, e in quel movimento trovò le coordinate politiche
per indirizzare il suo rancore
verso i hianchi e per orientare la
sua azione politica.
Uscito dal carcere nel 1952, dopo aver divorato decine di libri
ed essere divenuto presto un applaudito leader dei neri dei ghetti Malcom, ora divenuto Malcom
X, per sottolineare polemicamente la sua origine negata dalla
violenza bianca, divenne un appassionato missionario del movimento islamico. Ben presto
Elia Muhammad seppe di lui e
lo volle al suo fianco a Chicago.
lenta. La nonviolenza gli sembrava una maniera per disarmare solo i neri e togliere loro l’orgoglio di lottare e morire per
ottenere la libertà.
Malcom era tutt’altro che un
profeta solitario. Anche se la
stampa e la televisione americana non gli davano spazio, se
non per sottolineare i suoi appelli alla "violenza”, in realtà tra
i neri dei ghetti delle grandi città del Nord era molto influente
e conosciuto. Se Martin si rivolgeva essenzialmente ai bianchi nei suoi discorsi, Malcom aveva il suo destinatario privilegiato nei neri dei ghetti. Li esortava a ribellarsi al « lavaggio del
cervello » che avevano loro fatto
i bianchi, e a recuperare la loro
negritudine, separandosi dai
bianchi. Per lui i bianchi "liberal”
del Nord erano delle volpi, e
quelli razzisti del Sud dei lupi.
Non di rado confessò di preferire i secondi ai primi perché
riteneva che questi fossero più
onesti nei loro dichiarati intenti razzisti.
I bianchi del Nord, a suo avviso, accordando qualche concessione, volevano solamente perpetuare la situazione di subalternità dei neri d'America. « Avere
il permesso di andare nelle stesse toilettes dei hianchi non mi
pare che sia tanto rivoluzionario! » soleva dire. Sia dunque i
suoi obiettivi politici che la strategia per raggiungerli erano del
tutto diversi dal movimento di
King.
Tuttavia entrambi, influenzati
dalle loro successive esperienze,
fecero dei passi di avvicinamento l’uno verso l’altro.
Martin, durante la guerra del
Vietnam, divenne molto meno
ottimista sul sogno americano.
Mentre l’America era impegnata
in una assurda, dispendiosa e ingiusta guerra, Martin si indignava per le condizioni di povertà
e di ingiustizia economica in cui
versavano gran parte dei neri del
Suo paese: « Se nel paese più ricco del mondo ci sono 40 milioni
di poveri, per lo più neri, e se
il nostro governo continua a
spendere cifre astronomiche per
una guerra ingiusta, allora c’è
qualcosa che non quadra in questo paese ». Più Martin acuiva la
sua polemica col governo, più
si alienava le amicizie dei bianchi "liberal” che lo avevano appoggiato; ma questo non lo fece
indietreggiare. Piuttosto si rese
conto che il problema del razzismo e delTingiustizia era ben
più radicato di quanto lui non
credesse all’inizio. Era un problema strutturale oltre che culturale e religioso; aveva a che
fare con l’economia almeno quanto aveva a che fare con la storia americana.
Anche Malcom, prima di essere ucciso, già dal 1963, ebbe i
suoi ripensamenti. Nei suoi numerosi viaggi all’estero, compreso un pellegrinaggio alla^ Mecca, scoprì ad esempio che l’Islani
non era poi la panacea di tutti
i mali, come Elia Muhammad gli
aveva fatto credere. E scoprì
anche che molti bianchi, in Africa e in Sudamerica, erano in prima linea coinvolti in movimenti
rivoluzionari intesi a dare più
dignità e giustizia agli oppressi.
Elia Muhammad, poi, gli appariva
sempre più autoritario; col tempo aveva scoperto anche le sue
numerose contraddizioni morali.
La ricerca
deirunità
Nel prendere le distanze dalla
"Nazione dell’Islam” Malcom incominciò, più o meno consapevolmente, un cammino di avvicinamento a Martin Luther King e
al suo movimento. Abbandonò
le convinzioni religiose sulla diabolicità dei bianchi e, pur rimanendo Un "Separatista”, andò accantonando sia l’idea di un ritorno dei neri americani in Africa, sia il progetto di una nazione indipendente in America.
Si andava insomma rendendo
sempre più conto della necessità
che i neri americani rimanessero uniti nella lotta al razzismo.
La sua presa di distanza dal movimento islamico nero, però, gli
fu letale. Il 21 febbraio 1965 rimase vittima di un oscuro complotto durante un comizio ad Harlem.
Martin e Malcom sono, perciò,
molto meno lontani di quel che
comunemente non si creda. Oggi i neri americani riconoscono
in entrambi un pezzo della loro
storia di dolore e di lotta contro l’oppressione nella "civile
America”, sempre pronta ad intervenire in ogni angolo del pianeta per difendere i diritti umani e il diritto internazionale.
Negli USA i ghetti ci sono ancora, c’è ancora il razzismo e c’è
una spaventosa povertà che riguarda milioni di persone. Certo ci sono molti neri che hanno
fatto strada. Esiste una borghesia nera, una intellighenzia nera
che ha un peso politico di non
poco conto. Non c’è che da rallegrarsi di tutto ciò, ma l’America
resta ancora divisa dalle differenze etniche e dai suoi pregiudizi
razziali. La tensione tra "separazione” e "integrazione” è tutt’altro che risolta.
Gli States restano dunque, per
molti aspetti, il paese del "sogno” di Martin Luther King e
dell’ "incubo” di Malcom X anche per i milioni di neri, i "nuovi poveri” creati dalla politica
di Reagan e di Bush, che si
vanno ad aggiungere alle masse
povere di sempre.
Massimo Aprile
6
valli valdesi
1" maggio 1992
XXV
aprile
Cos'è il XXV aprile? Se lo si
chiede ai più giovani, nel migliore dei casi la risposta è: « La liberazione », Da cosa? Già è più
difficile dirlo e il fascismo spunta
con un po’ di titubanza. Così è
successo anche agli intervistatori di Radio Becwith, a caccia
di consapevolezze storiche. Questa mancanza di chiarezza, questa difficoltà a ricordare non va
giudicata né colpevolizzata, bensì capita e, a mio avviso, pone il
grosso ed irrisolto problema del
rapporto fra i giovani e la storia,
in particolare rispetto a tre domande: cosa trasmettere, dove
realizzare questa trasmissione e
perché preoccuparsene. Cosa trasmettere da una generazione all’altra? La storia insegna che i
libri riportano soltanto le mosse
e le opere dei vincitori, mentre
le esperienze di minoranza vengono un poco alla volta dimenticate e tutt’al più restano oggetto
di trasmissione orale finché vive
qualche loro discendente. La
memoria insegna invece che nel
ricordare si selezionano via via
i fatti e gli avvenimenti non più
utili al presente. Sia la storia sia
la memoria, in ogni caso, non
sono questioni private; esse interessano la nostra vita collettiva
e in ognuna di loro si svolge, proprio come nel quotidiano, un
conflitto di potere, sovente inconscio, fra i simboli storici da ricordare. La Resistenza è uno di
questi. E’ diventata sinonimo di
liberazione, è vero, ma non è
entrata nel corpo civile della nostra Repubblica come « microcosmo di democrazia diretta »
(Guazza).
Dove attuare la trasmissione
della storia? Sempre gli storici
insegnano che la storia non è un
pacco dono da passare di mano
in mano dal più vecchio al più
giovane, ma che esistono mille
modi di vedere e raccontare il
passato. La storia non è un elenco di fatti, ma la costruzione di
percorsi di conoscenza per arrivare là dove noi non c’eravamo.
Tuttavia non dobbiamo dimenticare che alcuni avvenimenti fondano l’identità di un popolo, di
una nazione, di un gruppo sociale. Così fu per l’Italia l’avvio
della Repubblica « nata dalla Resistenza ». Da costruire sulla Costituzione. La scuola avrebbe dovuto far crescere questa consapevolezza e curare questa educazione civica. Così non è stato ed
oggi la celebrazione del XXV
aprile è soltanto una giornata di
vacanza in più per studenti e scolari.
Ma perché preoccuparsene? E’
vero, i giovani sono stanchi della
retorica celebrativa (anche gli
adulti); tutti dimenticano però
che la retorica nasce quando non
si vuol dare polpa alla realtà,
quando i cittadini, giovani e vecchi, si autoconvincono che la politica è cosa altra da sé, quando
si ragiona solo sui propri diritti
e mai sui propri doveri, quando
si ha paura di discutere perché
si perde tempo. Così facendo si
perde il senso di che cosa ci unisce come popolo italiano e non
sappiamo più dirlo ai giovani che
restano senza memoria e senza
storia. La Costituzione era un
punto di partenza, ma non è mai
partita. Era una « carta » di lavoro, fra forze politiche, fra popolo e suoi rappresentanti, una
regola per vivere insieme. E proprio questa Costituzione faremmo bene a rileggere oggi, perché
non è un documento desueto, essa non intendeva rappresentare lo
stato centralizzatore, ma la volontà di una nazione.
Bruna Peyrot
INCONTRO A TORRE RELUCE
Economia c<d’Oc»
Operatori turistici, di industria e artigianato: quali linee comuni nell’area occitana?
CENTRO CULTURALE VALDESE
Seconda "semaine
du français"
Una dozzina di operatori turistici, dell’artigianato e deH’agricoltura della vai Pellice sono intervenuti ad un incontro svoltosi
a Torre Pellice con i responsabili
della Chambra d’Oc, un’organizzazione nata sul finire del 1990
per « valorizzare e sviluppare
tutte le ricchezze economiche,
produttive, professionali e culturali delle valli eccitane ».
Un territorio, è bene ricordarlo, che sul versante italiano si
estende su 120 comuni, 14 valli,
11 comunità montane, circa
180.000 abitanti. Valli con problemi simili, situazioni comuni, una
certa omogeneità culturale.
E’ possibile raggruppare produttori caratterizzati dalla qualità del prodotto e dal legame col
territorio? E’ possibile che determinate produzioni, in particolare
agricole, si possano realizzare
proprio in virtù di un isolamento che, in termini positivi, ha
fatto sì che queste valli sul piano
deH’inquinamento o della compromissione del territorio abbiano mantenuto condizioni accettabili?
Gli esponenti della Chambra
d’Oc, illustrando le ragioni della
nascita dell’associazione, hanno
individuato alcune possibili linee
di intervento.
Un marchio comune per i prodotti dell’area può certamente
contribuire a migliorare le condizioni della commercializzazione. Soprattutto im marchio (quello attuale dell’associazione è costituito dalla croce occitana contornata da 12 stelle a simboleggiare i dodici stati della comunità economica europea), oltre a
far richiamare un certo tipo di
prodotto, può diventare il simbolo sotto cui sorgano centri di
vendita, ma anche punti di informazione al servizio dei turisti,
con il massimo di notizie sulle
valli, sulle attività che vi si trovano, sulle iniziative esistenti,
sui punti di ristoro.
Su queste proposte si è svolta
questa prima riunione a Torre
Pellice ed anche se solo im 10%
delle aziende invitate ha partecipato, da parte dei promotori c’è
la volontà di proseguire su questo cammino non facile, ma che
potrebbe veder effettivamente
concretizzarsi dei progetti per la
’’rinascita” delle valli delle Alpi
occidentali. PVR
Organizzata in collaborazione
con il Centre culturel français
di Torino, il Comune di Torre
Pellice, la Società di studi vaidesi e le direzioni didattiche di
Luserna San Giovanni e Torre
Pellice, si tiene dal 4 al 9 maggio la seconda Semaine du
français, il cui programma prevede: Lunedi 4, ore 14, scuole
elem. di Rorà: L’heure du chant,
con Jean-Louis Sappé. Ore 16,30,
scuole elem. di Villar Pellice e
di Luserna-Air ali: L’heure de
l’exposition (lavori degli alunni).
Alle 17 cartoni animati in lingua.
Martedì 5, ore 16,30-17,30, scuole di Villar e Airali: L’heure de
l’exposition. Mercoledì 6, ore 9,
scuola elem. degli Airali: L’heure du chant. Giovedì 7, ore 16,30,
biblioteca valdese di Torre Pellice: L’heure de l’exposition (lavori realizzati dagli alunni di Villar e Airali). Alla stessa ora,
presso la direzione didattica di
Torre, L’heure de la conférence:
incontro degli insegnanti dei due
circoli didattici con M. F. Cardelli, animatrice di « L’heure du
conte », e alle 17,30, presso la
biblioteca valdese. L’eure du
conte, con M. F. Cardelli, per
gli alunni della scuola elementare. Venerdì 8, Torre Pellice, biblioteca valdese, ore 8,30: proie
PINEROLO: UN CENTRO D’INCONTRO PER ADULTI E MINORI
Crescere insieme
Nei problemi educativi e relazionali con i bambini e i ragazzi spesso non si sa « che pesci
pigliare » e non si è mai sicuri
di essere dei buoni educatori o
dei buoni genitori. Del resto meglio essere insicuri che avere false certezze. A volte in famiglia
fra genitori e figli nascono disaccordi e incomprensioni. Pensiamo ad esempio alle famiglie
con ragazzi adolescenti dove i
confiitti sono all’ordine del giorno; oppure pensiamo ai genitori che scaricano sui figli le tensioni derivanti da una giornata
lavorativa troppo stressante, dai
problemi della coppia, dalle difficoltà economiche o di lavoro.
A Pinerolo (e a Moncalieri) è
stato attivato il 5 marzo « Crescere », un centro di ascolto e
di incontro rivolto a tutti gli
adulti e i minori in difficoltà nell’area del Piemonte. L’orario di
apertura è, a Pinerolo, il giovedì dalle 14,30 alle 18 (telefono
0121/39.85.85). Promosso dal Centro studi Hansel e Gretel e dall’Associazione piemontese per la
tutela dell’infanzia, « Crescere »
non è un nuovo telefono a cui
delegare il problema della sofferenza minorile e da cui aspettarsi soluzioni magiche e consolatorie. « Crescere » è invece uno
strumento per impegnarsi in prima persona, per riflettere e per
fare qualcosa di utile per ì bambini, per i ragazzi e per se stessi come genitori e come educatori.
I servizi offerti sono: 1) informazioni sulle risorse, sia pubbliche che private, esistenti nel territorio di Torino e provincia in
relazione ai bisogni dei minori,
dei genitori e degli operatori minorili; 2) ascolto; saper ascoltare e trovare un luogo in cui poter essere ascoltati sono elementi preziosi in una relazione di
aiuto, spesso sottovalutati da
molti adulti che, oberati dì lavoro, non riescono a trovare il
tempo per « ascoltare »; per imparare ad ascoltare gli allievi, i
figli, gli utenti minorenni, occorre prima trovare il tempo e la
forza di farsi ascoltare e di
ascoltarsi come adulti in difficoltà; 3) consulenze: ad alcuni
utenti portatori di particolari
problemi possono essere offerte
consulenze gratuite presso le nostre sedi operative; 4) partecipazione a gruppi: genitori, insegnanti, operatori minorili e adolescenti possono partecipare a
dei gruppi di incontro o di discussione centrati sulle varie
problematiche della relazione educativa.
Possono naturalmente telefonare a « Crescere » anche i minori in difficoltà o che subiscono abusi fisici, sessuali e psicologici.
« Crescere » ricorre in modo sistematico a professionalità qualificate, ma è una struttura che
non ha scopi di lucro ed è basata infatti in gran parte sull’impegno volontario degli operatori
e di tutti coloro che vi lavorano.
E. A.
zione del film L’avare, da Molière, per gli studenti delle superiori. Alle 17, presso il Centro
culturale, proiezione di cartoni
animati. Sabato 9: alle ore 21,
presso la Sala consiliare
di Torre Pellice, tavola rotonda sul tema Escartons et
vallées vaudoises: prospettive
turistico-culturali. Partecipano:
Jan Cowburn, direttore del « Service culture! » di L’ArgentièreLa Bessée; Erminio Ribet, presidente della Comunità montana
valli Chisone e Germanasca;
Giorgio Tourn, direttore del Centro culturale valdese. Presiede
Marco Armand-Hugon, sindaco
di Torre Pellice.
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TORINO — Lo CSEA, in collaborazione con l’Ente di sviluppo agricolo del Piemonte (ESAP),
organizza nell’ambito del Fondo
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agroalimentare.
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1“ maggio 1992
v^aili valdesi
TORRE PELLICE E LUSERNA: DOPO GLI STUDI
La sorte professionale
I possibili sbocchi lavorativi per ragionieri e segretari d’azienda - Il bacino d’utenza delle scuole è esteso anche ad altri comuni
Nel corso del corrente anno
scolastico, due docenti dell’Istituto tecnico di Lusema e dell’Istituto professionale per segretari
aziendali di Torre Pellice hanno
coordinato gli studenti delle classi 2“ A segretari e 3“ e
4“ B ragionieri in una ricerca su
gli sbocchi occupazionali dei diplomati ragionieri e dei qualificati segretari d’azienda negli anni 1989 e 1990. L’indagine, che
non ha preso in considerazione
l’anno 1991 perché non ancora
in grado di fornire dati significativi, aveva l’obiettivo di verificare quale sia stata la « sorte
professionale » dei ragionieri e
dei segretari d’azienda usciti dai
due istituti nei due anni presi
in esame.
Per la raccolta dei dati è stato predisposto un questionario,
articolato in diversi punti: scheda personale; situazione occupazionale; eventuale iprosecuzione
degli studi ecc., con domande
dettagliate. Il questionario ha
permesso così di raccogliere ed
elaborare informazioni interessanti non solo sulle possibilità
di lavoro e sui modi per trovarlo,
ma anche sulla provenienza degli studenti, sui risultati deil’esame finale, suH’eventuale prosecuzione degli studi, sull’utilità
della preparazione scolastica e
del titolo finale per la professione o per l’università.
Gli intervistati, in larghissima
maggioranza ragazze, specchio
della composizione media delle
classi, sono stati complessivamente 96, 67 ragionieri e 29 segretari, pari a circa r80% del
totale degli interessati all’indagine e costituiscono quindi tm campione significativo.
Per quanto riguarda, in primo
luogo, il bacino di utenza delle
due scuole, oltre ad una ovvia
prevalenza dei due comuni sede.
Torre Pellice per l’Istituto professionale e Luserna per l’Istituto tecnico, gli altri principali comuni di provenienza sono risultati Bibiana, Bricherasio, in parte
Bagnolo per i ragionieri, e di
nuovo Lusema per i segretari.
Nel campo degli sbocchi occupazionali, nucleo della ricerca, sono emersi alcuni aspetti abba
SITUAZIONE OCCUPAZIONALE
( DIVISIONE PER ANNO DI OUALIFICA )
ANNO 1989 ANNO 1990
( DATI IN PERCENTUALE )
OCCUPATI
DISOCCUPATI
STUDENTI
I dati relativi ai segretari d’azienda.
stanza positivi ed imprevisti. In
primo luogo, soprattutto per i
ragionieri, la situazione sembra
ancora abbastanza buona. Come
appare anche dai grafici riportati, la percentuale degli occupati, compresi gli studenti lavoratóri, raggiunge in media il 74o/q
dei diplomati ed è costante nei
due anni. La buona valutazione
neH’esame finale di ragioneria
rimane una carta in più per la
ricerca del lavoro: mentre oltre
l’80o/o di coloro che hanno conseguito il diploma con votazioni^ medioalte risulta occupato
i ’’non occupati” raggiimgono il
46% di quelli che hanno avuto
voti finali bassi.
La situazione è meno positiva
per i qualificati dell’Istituto professionale. Qui solo il 52o/q degli
studenti usciti ha trovato un’occupazione. Pur tenendo conto di
coloro che hanno deciso di ^proseguire gli studi rimane un 300/q
di disoccupati.
Il tempo medio impiegato per
trovare un impiego è stato di
circa 7-8 mesi. I più importanti
canali di contatto con il datqre
di lavoro sono stati, in ordine
decrescente, per i ragionieri: domanda all’azienda (30,6«/o); conoscenze (20,4%); offerta diretta
dell’azienda (18,3o/o); concorso
SITUAZIONE OCCUPAZIONALE
(DIVISIONE PER ANNO)
1989
1990
SITUAZIONE DEI DIPLOMATI RAGIONIERI
OCCUPATI ■■ STUD.LAV. È555S STUDENTI fffffl DISOCC.
ANTICHITÀ’ - RESTAURO
Salvai Carlo
compravendita mobili ed oggetti usati
via del Pino, 41 - tei. 0121 /3965G8 - Pinerolo
Concerti
(16,3o/o). Per i segretari: conoscenze (53o/g); domanda all’azjenda (270/0); offerta deH’azienda
(23o/g). Non compare nell’elenco
l’Ufficio di collocamento, molti
hanno anzi dichiarato di non avere neppure cercato di utilizzare
questo strumento di possibile
assunzione. Il rapporto di lavoro
dipendente è la situazione più
comune, in media oltre il 90o/o;
soltanto alcuni ragionieri hanno
dichiarato di esercitare un’attività di lavoro autonomo. Il pre^
cariato non è però trascurabile
(30o/q), né mancano i casi in
cui non vi è alcuna copertura
contrattuale.
Il datore di lavoro medio risulta essere una piccola-media
impresa, operante perlopiù nel
terziario, collocata in zona. I più
sensibili scostamenti da questo
profilo riguardano un maggiore
impiego di segretari nell’industria (dove però è forse provalente lo svolgimento di un lavoro non qualificato), ed un buon
quinto di ragionieri che, per
scelta o per necessità, si devono
spostare per lavoro fino a Torino o nei comuni limitrofi.
Nella parte dedicata al giudizio sull’utilità delle materie scolastiche ai fini del successivo lavoro, insieme ad un prevedibile
richiamo alle discipline ’’tecniche” (ragioneria, tecnica, ecc.),
si dichiara, in prospettiva, l’auspicio di un perfezionamento
ed ampliamento deH’informatica.
Non a caso la mag^or parte dei
corsi postscolastici seguiti, sia
per iniziativa personale (la maggior parte) che a cura dei datori di lavoro orbitavano nel campo dei computer.
Dalle scelte di coloro che hanno deciso di proseguire gli studi, circa il 2O0/0 del totale, accanto ad uno stretto collegamento
tra il corso di qualifica per segretari d’azienda ed il corso di
ragioneria (4/5 dei segretari ha
optato per questa strada), si scopre che la facoltà di Economia
e Commercio non è più l'esclusivo punto di approdo; anche
scienze politiche, e giurisprudenza hanno un buon successo. A
commento complessivo dei risultati della ricerca, il prof. Luigino Bianchi, uño dei due coordinatori del progetto, ha osservato: «Il primo aspetto notevole
che abbiamo potuto rilevare è
dato dalle buone prospettive di
lavoro ancora offerte dalla zona
per questi titoli di studio; in un
analogo sondaggio condotto alcuni anni or sono a Rivoli avevamo ottenuto valori di disoccupazione molto più preoccupanti.
Un secondo dato che mi ha in
parte sorpreso, visto che ci si
trova in un contesto di piccoli
centri, è costituito dal ruolo relativamente marginale del canale delle conoscenze personali nel
conseguimento dell’impiego ».
Danilo Massel
TORRE PELLICE — Presso il Centro
« F. Malan » dell’Esercito della Salvezza (corso Gramsci 18) avrà luogo,
il 10 maggio alle ore 16, in occasione della festa della mamma, un concerto di musiche per pianoforte, viola
e soprano. Esecutori: al pianoforte L.
D. Brunetta, docente al Conservatorio
di Torino, alla viola M. V. Venturino,
dell'orchestra sinfonica della RAI di
Torino, e il soprano S. Dardo, apprezzata concertista. Verranno eseguite
musiche di Haendel, Pergolesi, Mozart,
Bruch, Rachmaninoff, Brahms, Rossini.
PERRERO — Il concerto del quartetto vocale « Nugae » non avrà luogo sabato 2 maggio come precedentemente annunciato, bensì sabato 23
maggio alle ore 21 nel tempio valdese.
TORRE PELLICE — E' in corso di
svolgimento l’undicesima edizione del
concorso pianistico « Czerny » organizzata dalla Pro Loco; domenica 3 maggio, alle ore 15,30, nel tempio valdese, concerto dei vincitori nelle varie
categorie.
Amnesty International
TORRE PELLICE — Giovedì 30 aprile
(anziché venerdì 1° maggio), alle ore
17, avrà luogo a Torre Pellice presso
la sede in via Repubblica 3, secondo
piano, la consueta riunione quindicinaie di Amnesty International. La sede resterà inoltre aperta mercoledì 6
maggio dalle ore 20,30 alle ore 22,20.
Cinema
TORRE PELLICE — Il cinema Trento
ha in programma: giovedì 30, ore 21,
« Un week-end sur deux » (in francese); venerdì 1° maggio, ore 20 e 22,10,
« Billy Bathgate »; sabato 2, ore 20 e
22,10 e lunedì 4, ore 21,15, « Delicatessen»; domenica 3, ore 20 e 22,10,
<f Mato grosso ».
PINEROLO — L’Hollywood ha in programma, fino al 5 maggio, « St. Tropez, St. Tropez »; feriali ore 20,15 e
22.30, festivi ore 16,15, 18,15, 20,15,
22.30,
Al Ritz, fino al 4 maggio « Mediterraneo »; feriali ore 20,15 e 22,15; festivi ore 16,15, 18,15, 20,15, 22,15. Martedì 5 e mercoledì 6: « Rapsodia in
agosto », ore 19,45 e 22,15.
Al cinema Italia continua la visione
di « Beethoven »; orari: feriali ore 20,30
e 22,20; giovedì e sabato ore 20,30 e
22.30, venerdì e domenica ore 14,30,
16.30, 18,30, 20,30, 22,20.
Incontri
TORRE PELLICE — Mercoledì 6 maggio, alle ore 20,30, presso il Centro
d’incontro di via Repubblica, avrà luogo una riunione del gruppo vai Pellice del Di.A.PSI.GRA., aperta a tutt
i familiari di malati psichici o a quan
ti vogliono affrontare questo problema
PINEROLO — L’AVASS, in collabo
razione con l'USSL 44 organizza quat
tro incontri formativi su « Il fenomeno migratorio terzomondiale in Piemonte »; detti incontri si terranno alle ore 20,45 presso il centro sociale
di via Lequio nelle serate di venerdì
8 maggio, mercoledì 13, venerdì 22,
e venerdì 29 maggio. Il tema del primo incontro riguarda le « Ragioni economiche, sociali e psicologiche; le difficoltà deH’inserimento ».
TORRE PELLICE — Organizzato dall’Associazione pace vai Pellice si svolgerà, giovedì 7 maggio, alle ore 16,45,
presso la sala unionista valdese, un
incontro con Marcella Ciari, operatrice del Centro d’informazione e documentazione inserimento scolastico
stranieri. Si tratta del primo appunta
mento di un ciclo di quattro incontri
sull’educazione interculturale.
TORRE PELLICE — Giovedì 14 maggio, alle ore 16,45, si svolgerà il secondo incontro di un ciclo organizzato dall’associazione pace vai Pellice sull’educazione interculturale; alla
Foresteria valdese interverrà Marilena
Cardone del Centro di educazione alla
pace e allo sviluppo di Torino.
TORRE PELLICE — Sabato 9 maggio, alle ore 17, presso la sala consiliare, promosso da ANPl e FIAP, incontro con il prof. Giorgio Vaccarino
che presenta il libro » Ferruccio Parri: l’avventura umana, militare e politica di "Maurizio” » di Aldo Aniasi.
___________Cantavalli_____________
PRAMOLLO — Sabato 2 maggio, alle ore 21, nella sala valdese dì Ruata,
nell’ambito del « Cantavalli ’92 » il duo
Tesi-Vaillant presenterà « Veranda »
nuova musica acustica per organetto e
mandolino. __________
RINGRAZIAMENTO
« Vegliate e pregate perché non
sapete né il giorno, né l’ora che
il Signore verrà »
(Mt. 25: 13)
I familiari della cara
Ida Ciunina Martinat
in Genre
di anni 85
commossi e riconoscenti per la dimostrazione di stima e di afFetto tributate
alla loro cara, ringraziano tutti coloro
che in ogni modo hanno voluto essere
vicini nella triste circostanza.
Un grazie particolare al pastore Gregorio Plescan, al prof. Claudio Tron, al
dr. Meli, airinfermiera Giovanna ed
alla cognata Ivonne.
Frali, 24 marzo 1992.
RINGRAZIAMENTO
« Fattosi sera, Gesù disse loro:
passiamo alValtra riva »
(Marco 4: 35)
La moglie ed i figli del caro
Giovanni Ribet
esprìmono la loro gratitudine a tutti
coloro ohe con presenza, scritti e parole di conforto hanno preso parte al
loro dolore.
Un ringraziamento particolare al
personale medico e paramedico dell’Ospedale valdese di Pomaretto, al
medico curante dottor Rol, al pastore
Lucilla Peyrot.
Maniglia, 16 aprile 1992.
RINGRAZIAMENTO
« Quand’anche camminassi nella valle dell’ombra della morte,
io non temerei male alcuno, perché tu sei meco »
(Salmo 23: 4)
La moglie ed i familiari del caro
Oreste Ribet
sentitamente commossi per la dimostrazione di stima e di affetto tributata
ringraziano di vivo cuore tutte le gentili persone che con fiori, scritti, parole di conforto e presenza ai funeraR
hanno preso parte al loro dolore.
Un grazie particolare al medico curante dr. Broue, al pastore Ribet, all’amministrazione e dipendenti del Comune di S. Germano Chisone, all’unione sportiva Sangermanese, al Gruppo
ANA e all’Associazione marinai l’Italia intervenuti con bandiere.
S. Germano Chisone, 23 aprile 1992.
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8
8 villaggio globale
1° maggio 1992
DOPO IL CROLLO DEI REGIMI DELL’EST
RIESl
Cuba: un anno decisivo Una boccata
di laicità
Un’economia disastrata alimenta l’insoddisfazione popolare - L’esigenza irrinunciabile e improcrastinabile dell’apertura al pluralismo
Nella marea di notizie che quotidianamente ci raggiunge dal
« villaggio globale » è difficile
trovare qualcosa che riguardi la
CuJja di Fidel Castro, quest’isola
di « socialismo reale » rimasta
dopo i rivolgimenti politici avvenuti nell’ex Urss e nell’Europa
dell’Est.
A rompere questo silenzio è apparso nei quotidiani, nei giorni
scorsi, im trafiletto per informare che — a completamento del
distacco della Russia da Cuba —
il contingente militare di stanza
dal 1963 lascerà definitivamente
l’isola.
Una critica
dalTinterno
Ma, a parte questo dettaglio,
peraltro atteso, che cosa sta succedendo in questo paese? Un lungo e circostanziato articolo su
« Le Monde Diplomatique » di
aprile ci aggiorna sulla situazione. Anzitutto, occorre sottolineare che autore dello scritto non è
un dissidente, ma il vicepresidente dell’Unione degli scrittori ed
artisti cubani Lisandro Otero,
che ha rappresentato il suo paese come diplomatico in Europa
ed in Sudamerica.
Otero non ha diificoltà ad ammettere che l’economia cubana è
sempre più in crisi e che parecchi suoi settori sono paralizzati.
Le restrizioni alimentari sono pesanti; parecchie fabbriche ed uffici sono stati costretti alla chiusura; l’elettricità è razionata; tutti i trasporti {urbani, interregionali, aerei) sono diminuiti; i medicinali sono strettamente controllati; molta gente abitante in
città è stata inviata a coltivare i
campi. Tutto questo comporta
un abbassamento della produzione in genere, l’apatia e l’irresponsabilità dei funzionari, una crescente insoddisfazione nei giovani, una più grande coscienza critica da parte degli intellettuali
ed un numero sempre più elevato di espatri.
Di fronte ad una tale situazione si manifesta — prosegue Otero — la necessità di superare un
sistema politico che si rivela
sempre più inefficace, che mortifica lo spirito creativo, ritardando il ritmo evolutivo del corpo
sociale.
Cuba si trova in un’area strategica decisiva.
L’autore dello scritto ricorda
poi come la rivoluzione castrista,
vittoriosa sulla feroce e corrotta
dittatura militare di Batista, abbia realizzato grandi riforme economiche e sociali. I suoi punti
qualificanti si erano basati sulla
riforma agraria contro il latifondo e contro l’analfabetismo con
l’istituzione di scuole primarie,
secondarie e superiori.
Il primo grosso scacco avvenne nel 1970 con la fallita « raccolta dei dieci milioni » di tonnellate di canna da zucchero. Da allora inizia quello che Otero definisce il « ripiegamento » sul sistema gestionale dell’Unione Sovietica (quello politico era già avvenuto in precedenza. Basterà ricordare la drammatica crisi dei
missili sovietici inviati a Cuba da
Krusciov nel 1962, capaci di colpire le principali città degli Stati Uniti, e che portò il mondo sull’orlo di un nuovo spaventoso
conflitto).
Pluralismo
e pluripartitismo
Nell’accettare quel socialismo
convenzionale — prosegue l’autore — Cuba ne ha anche assunto
le deficienze: autoritarismo, potere dilatato della burocrazia,
privilegi alla classe dirigente, negazione di una reale partecipazione popolare alla cosa pubblica.
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In un ambiente permeato di confessionalismo
occorre rispettare la libertà delle coscienze
Come già si è accennato, Otero
parla dal di dentro del partito
unico e, nell’auspicare riforme
che portino ad un pluralismo di
idee ed alla nascita di forze autonome che propongano vie alternative « per il perfezionamento
della società », tiene a precisare
che « pluralismo non significa necessariamente pluripartitismo ».
Queste aperture dovrebbero comunque comprendere un massiccio rinnovamento della direzione
politica dello stato, al potere da
oltre trent’anni.
Per quanto concerne la pubblica opinione locale, essa si presenta decisamente divisa. Da un
lato i pessimisti che, attendendosi un sanguinoso rovesciamento del regime sotto i colpi dell’indignazione popolare, preconizzano gravi danni dovuti agli eccessi di una controrivoluzione. Gli
ottimisti, per contro, pensano
che il paese potrà gradatamente
inserirsi nel contesto economico
latinoamericano.
Tre economie
Il problema più drammatico
ed urgente resta quello dell’economia, che è di tre tipi. Il primo, quello ufficiale, è la causa
della penuria di tutti i generi, aggravata dal ferreo blocco economico imposto dagli Stati Uniti.
Il secondo è quello delle zone
privilegiate: turismo, negozi ed
alberghi per stranieri con un intenso mercato nero e traffico di
valuta. Il terzo infine è un tipo
di economia sotterranea, quotidianamente soggetta alle leggi
dell’offerta e della richiesta.
Nel concludere la sua esposizione, Otero afferma: « // governo tende ad accomunare tanto i
critici quanto gli oppositori totali. Se il malcontento aumenterà ancora, sarà necessario modificare quest’atteggiamento, che si
rivela una cattiva tattica (...). E’
necessario porre in atto dei cambiamenti molto seri. In mancanza di questi, vedremo il perpetuarsi di metodi superati, col rischio di .subire un ulteriore,
drammatico regresso. Sapremo,
nel 1992, se il regime resisterà
a questa difficile prova. Il tem
po stringe; i cambiamenti diventano urgenti. Quest’anno sarà decisivo ».
Parole abbastanza chiare. Tutto sta nel vedere se si tratta di
una concertata, abile politica trasformista (in Italia ne sappiamo
qualche cosa, no?) intesa a salvaguardare, con gattopardesche
riforme, un regime che, nato come movimento popolare di liberazione dall’oppressione e di
indubbio progresso sociale, permane ora come un simbolo di
conservazione e di autoritarismo.
Roberto Peyrot
Una trentina di persone, la cui
maggioranza appartiene alla comunità di lavoro del Servizio cristiano, ha partecipato recentemente ad un’ampia riflessione comune su « Laicità a scuola ».
Complice la presenza a Riesi, per
alcuni giorni, di Marco Armand
Hugon, direttore didattico a Luserna S. Giovanni, si è colta l’occasione per fare il punto sulla situazione non solo della scuola
materna ed elementare del Servizio cristiano ma anche delle
realtà scolastiche di Riesi, Sommatine, Butera, Gela.
A quest’ultimo proposito, fondamentale è stato l’apporto degli
insegnanti evangelici che lavorano nelle scuole di stato. Per tutti
citiamo il giovane professore di
latino e storia che scopre come
nel suo liceo non si sia mai parlato né di Riforma né di protestantesimo in Italia. Significativo e preoccupante anche l’episodio citato da Gino L’Abbate, presidente del distretto scolastico di
Riesi, della volontà espressa dalla forte comunità salesiana locale d’intitolare il secondo circolo
didattico, ancora senza nome, a
don Bosco.
Marco Armand Hugon ci ha
aiutato a ripercorrere il tema
della laicità anche nella sua valenza storica ; laicità nel senso
del concetto di autonomia rispetto all’autorità ecclesiastica.
Armand Hugon ha ricordato
che una scuola è confessionale
nella misura in cui impone un
proprio credo. Occorre invece saper organizzare una scuola che
sappia valorizzare il confronto e
lo spirito critico. Dunque non la
strada facile delle verità assolute
rna la strada tortuosa di una continua ricerca che sappia mettere
in discussione il proprio modo
di essere e così crescere insieme
(adulti e bambini).
Nel dibattito, con una certa
ironia, si è commentato il fax
prepasquale del ministro Misasi
che ricordava ai provveditori di
vigilare affinché non si svolgano
riti religiosi delle scuole statali.
In effetti, a detta di tutti, la Chiesa cattolica, sotto il pontificato di
Wojtyla, ha ringalluzzito i toni e
la sua presenza, spesso invadente, nelle scuole di stato dove gli
insegnanti di religione ricevono,
com’è noto, l’approvazione dal
vescovo, la nomina dal provveditore e i soldi dallo stato. Anche
qui il giudizio è unanime: l’ora
di religione è un catechismo romano camuffato.
Ma si può rimuovere totalmente il fatto religioso dalle aule?
Specie se la scuola è quella parificata valdese di Riesi? In un
certo senso lo si è sempre fatto.
Ora, da un anno, l’insegnamento
della « storia del Servizio cristiano » tende a fornire alcuni elementi di informazione sulla vicenda valdese locale. Si tratta di
un confessionalismo di segno di
verso? No, perché ci si muove
nell’ottica del « non avvalersi »•
ed il fatto religioso viene affrontato nel quadro delle materie
storiche, se è il caso anche leggendo la Bibbia.
Il discorso su come vivere la
responsabilità di gestire una
scuola di 180 bambini senza usarla per plasmare le coscienze sinora lo abbiamo vissuto con contraddizioni ma sempre nel rispetto del 99% di chi la frequenta
(cattolici « non avvalentisi »).
Nel corso del convegno è stata
condotta, da Monica Natali e Daniela Ferrare, coordinatrice delle
scuole, un’inchiesta tra i partecipanti con alcune schede anonime. Dai risultati emerge che la
maggioranza per educazione religiosa intende la lettura del testo
sacro; sempre una larga maggioranza è contraria a qualsiasi educazione religiosa nelle scuole del
Monte degli Ulivi perché « la
scuola deve essere indipendente
da qualsiasi impostazione religiosa ». Ma ci sono altri pareri,
più sfumati, che vanno nella direzione di sviluppare ima storia
delle religioni.
L’incontro appassionante sulla
laicità è stato un primo passo
verso una riflessione più ampia
che conduce ai grandi temi dell’interculturalità. Una delegazione da Riesi andrà al prossimo
convegno di insegnanti evangelici
a fine luglio a Siena.
Chiudere tutto e consegnarsi
al pubblico è una possibilità in
cui molti hanno creduto nel recente passato. Mantenere in vita
una scuola laica, caratterizzata
da uno stile di vita protestante è
una sfida enorme. Non solo: ma
che ricaduta ha avuto questa
scuola? Ne vale la pena? E’ giusto che continuiamo in questo
tentativo di scuola diversa, è possibile sviluppare una pedagogia
dell’agape, della nonviolenza, dell’etica protestante?
Rispetto alla scuola statale i
margini di libertà, di possibilità,
di programmazione possono essere molto più ampi. Certo, dipende da chi ci lavora e soprattutto da quale progetto si ha in
mente. Nel contesto siciliano una
scuola protestante che non fa
religione in classe, ma l’esprime
in scelte che vanno dall’educazione sentimentale alla musica, dall’alimentazione alle assemblee di
classe può rappresentare qualcosa di nuovo e di diverso. Non risolve nulla ma una boccata di
laicità nell’inquinamento clericale in cui viviamo riossigena il
sangue.
Intanto, a seguito di questo
convegno, è nata l’idea di costituire un gruppo di studio formato da insegnanti che continui a
riflettere sul tema della laicità
raccogliendo dati e denunciando
situazioni limite che qui non
mancano.
Giuseppe Platone
1992, anno deH’integrazione
Il « Villaggio della gioventù » e il Centro evangelico di
cultura di Roma organizzano per i giorni 22-23-24 maggio il
quarto Convegno del Villaggio sul tema 1992, anno dell’integrazione europea.
L’apertura è per le ore 15 di venerdì 22, con una relazione del prof. Paolo Ricca su: Protestantesimo ed integrazione europea. Altre comunicazioni saranno tenute da Antonio Moscato, Elmar Salmann, Pier Francesco Zarcone, e dall’imam Abdul Ahmed Haddarab.
L’incontro terminerà alle ore 12 della domenica. Costo
di partecipazione L. 60.000. Il telefono del Villaggio è 0766/
740055.