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Anno 120 - n. 40
19 ottobre 1984
L. 500
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a: casella postale - 10066 Torre Pellice.
Sig. FEI.LFORÍÍM Elio
Via cateti L-ibarta’ 3
10066 TOHEE PELLICE
delle valli valdesi
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGEUCHE VALDESI E METODISTE
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Punti
di vista
3-8 OTTOBRE: Ili INCONTRO ECUMENICO EUROPEO
Walter Mondale che solleva
esultante un paio di guantoni
da boxe dopo che pubblico e
mass media gU hanno attribuito
il successo nel confronto televisivo con Reagan è il simbolo di
un modo di fare politica che ci
lascia sempre un po’ sconcertati e infastiditi.
Realtà e speranza
dell’ecumenismo di oggi
Nell’attuale stasi deirecumenismo, quello di Riva del Garda è stato
certamente un momento felice che ci si augura non resti isolato
La politica-spettacolo degli
americani ci sembra esasperare
l’importanza dell’elemento personale dell’uomo politico distogliendo l’attenzione dai problemi e dai programmi politici. E’
perciò possibUe, per i maestri
del marketing, costruire l’immagine di successo mettendo
insieme i vari ingredienti che la
possono comporre e cercare in
seguito la persona più adatta a
impersonare quelTimmagine. E’
a questo tipo di procedimento
che sembra sia da attribuire il
folgorante successo, peraltro
presto tramontato, del giovane,
neo-kennedyano, orientato verso
il futuro, Gary Hart. Ed è significativo che in questo contesto ad impersonare una politica
di demagogia conservatrice militar-religiosa sia stato chiama'
to 4 anni fa un vecchio attore
di Hollywood.
Così, preparandoci ad assistere al grande show del 6 novembre, immensa liturgia che
celebra il rito del successo sull’altare del prestigio personale,
fa rabbia che Mondale, quello
che maggiormente ha testa, cuore e programma, abbia poche
possibilità perché ha « poca immagine ».
Il III incontro ecumenico europeo ha avuto luogo a Riva del
Garda dal 3 alT8 ottobre. Tema
generale dell’incontro; « Confessare insieme la nostra fede: fonte di speranza ». Hanno partecipato circa un centodieci rappresentanti delle chiese cattolica, ortodosse e protestanti provenienti da tutte le nazioni d’Europa, dell’Est e dell’Ovest.
Il momento culminante ha
avuto luogo il pomeriggio di domenica, con un « incontro ecumenico di preghiera » nella Basilica di s. Vigilio a Trento, con
la lettura del « Messaggio ai cristiani d’Europa », il cui testo è
riprodotto a pagina 8.
Non è facile riferire ai lettori
in modo succinto e nondimeno
esauriente, su di un incontro come questo, durato praticamente
cinque giorni; preparato accuratamente da più di due anni dalle due componenti: la « Conferenza delle chiese europee »
(KEK), con sede a Ginevra e il
« Consiglio delle conferenze episcopali d’Europa », cattolico e
preparato in ispirito di preghiera dalla diocesi di Trento nelle
parrocchie cattoliche in maniera d’informare e coinvolgere la
popolazione locale.
Cercherò perciò di riferire su
alcuni punti precisi;
1) il contesto e i lavori del
III incontro ecumenico europeo;
2) manifestazioni ed incontri con la popolazione a cui i
partecipanti hanno preso parte;
3) rincontro di preghiera
nella Cattedrale di Trento.
Contesto e lavori
I primi due incontri di protestanti, anglicani, ortodossi e cattolici hanno avuto luogo rispettivamente a Chantilly, vicino a
Parigi nel 1978, sul tema: « Essere uniti affinché il mondo creda » e a Logumkloster in Danimarca nel 1981, sul tema: « Chiamati ad un’unica speranza ». Il
desiderio di fare un passo ulteriore sul cammino che porta a
confessare insieme la nostra fe
de ha condotto il comitato preparatorio a lavorare intorno ad
un documento che cerca di capire e attualizzare l'antica confessione di fede detta « Simbolo
Niceno-Costaptinopolitano » dell’anno 381 d.C. in cui si confessa la fede nell’Iddio trinitario,
testo riconosciuto appunto dalle Chiese protestanti, anglicane,
ortodosse e cattoliche.
Buona parte delle discussioni
dell’incontro sono state assorbite dalla preparazione di questo documento che era già arrivato a Riva del Garda alla sua
ottava riformulazione! Esso sarà reso pubblico fra non molto.
Un secondo documento a cui
si sono dedicate due sessioni
(circa tre ore) si chiama « Testimonianza comune ». E’ stato
prodotto da un gruppo misto
della Chiesa cattolica e del Consiglio ecumenico di Ginevra: esso è stato presentato dal past.
Emilio Castro (metodista dell’Uruguay) che dal prossimo gennaio assumerà la responsabilità
di Segretario generale del Con
NUMERI 1: 2-3
Certo non può stupire che a
noi italiani dia fastidio il rifiettore che la politica-spettacolo
accende sulle singole persone:
noi siamo abituati ad una politica-commercio che si fa molto
più proficuamente neU’ombra,
nella discrezione^lial coperto dagli occhi indiscréti (fisco incluso), senza eccessive smanie di
autopubblicità, rastrellando con
il clientelismo — quando non
è peggio — quello che altrove sì
porta a casa con l’immagine.
Uappello a farsi avanti
« Fate la somma di tutta la raunanza de’ figliuoli d’Israele secondo le loro famiglie, secondo le case dei loro padri, contando i
nomi di tutti i maschi, uno per uno, dall’età di venti anni in su,
tutti quelli che in Israele possono andare alla guerra ».
Se quindi non abbiamo le carte in regola per insegnare agli
altri il modo migliore di far politica, cerchiamo di imparare
qualcosa, anche da chi pratica la
politica-spettacolo. Il giorno dopo « rincontro » Mondale-Reagan gli americani hanno potuto
rivedere alla moviola i momenti
critici dell’incontro — proprio
come il montante destro o il
gancio del k.o. — che ha ingigantito le magagne di un vecchio
approssimativo e distratto, sordo e suonato. E questo senza
che qualcuno avesse qualcosa
da ridire e senza che l’interessato, l’uomo che nel suo paese
detiene il massimo potere istituzionale, avesse alcuna possibilità di impedirlo.
Da noi si censura preventivamente un dossier televisivo sulla mafia. Ve la immaginate una
libertà televisiva che ci dia per
la nostra politica-commercio lo
equivalente di quello che hanno gli americani per la loro politica-spettacolo?
Franco , Giampìccoli
Ogni anno ai membri del Sinodo viene distribuito un fascicolo che assieme alla relazione
della Tavola e alle relazioni dei
Distretti e dei vari organismi
della Chiesa, contiene, in appendice, una lunga serie di tabelle statistiche: un vero e proprio censimento che ogni anno
anche noi valdesi e metodisti
facciamo contandoci é tirando
una serie di somme: quanti siamo, qual è la frequenza media
ai culti, quanto diamo del nostro denaro per l'opera della
Chiesa, quanti sono i nuovi
membri che vengono a rimpiazzare chi è chiamato alla casa
del Padre e si allontana e così
via. Sarebbe assai interessante
trovare il tempo di riflettere su
queste cifre che invece il più
delle volte sono lette da pochi
perché, si sa, le tabelle statistiche sono noiose. Esse forse molto di più e molto meglio di tanti bei discorsi, ci darebbero la
opportunità di tastare il polso
della situazione, di verificare i
nostri programmi, di prendere
atto dei nostri errori, di impostare le linee ver le nostre testimonianze. Qualunque studioso di statistica potrebbe così
dirci che i nostri conti sono in
rosso, che le nostre tabelle indicano con assoluta ed inequivocabile chiarezza che non solo
abbiamo raggiunto il livello di
crescita zero, ma, in molti casi,
siamo arrivati ad un saldo negativo. Nella mappa delle nostre
Chiese alcuni nomi sono stati
cancellati, altri cominciano a
farsi sbiaditi e si fa fatica a leggerli. Nell’ottica di mantenimento che abbiamo escogitato ricorriamo ad eufemismi sul tipo
« Chiese in formazione » per designare la realtà di Chiese in
estinzione. Il Moderatore, in una
recente intervista a La Luce, afferma che questo calo è preoccupante anche se non allarmante. 238 membri sono stati cancellati in un anno. Su oltre 22.000
certo non rappresentano che la
perdita di poco più dell’uno per
cento ma bisogna leggere queste
cifre nella giusta ottica immaginando di quanto potrà salire
la percentuale se rapportata all’età media degli attuali membri di chiesa e all'andamento generale comunità per comunità.
Solo 31 comunità su 131 presentano una crescita numerica, e
238 membri in meno significano,
per fare un esempio comprensibile a tutti, qualcosa come la
chiusura della Chiesa di Genova q di Firenze. Certo noi non
vogliamo essere come quegli operatori dei mass media ( radio.
Tv, giornali) i quali ritengono
che solo le cattive notizie fanno
notizia, anzi il nostro essere credenti ci deve far uscire dalla cri
sigilo ecumenico delle chiese di
Ginevra.
Infine si è lavorato tm bel po’
intorno al già citato « Messaggio ai cristiani d’Europa» che
doveva essere il frutto del lavoro intorno ai due documenti precedenti.
Le giornate erano scandite da
momenti di lettura biblica, canto e preghiera nella bella sala
dei congressi di Riva. Questi momenti mi sono parsi molto ben
preparati e sentiti da tutti i presenti. Va sottolineato che un
pubblico attento tra i trenta ed
i settanta partecipanti ha seguito regolarmente i lavori.
Una forte presenza della popolazione locale si è avuta durante i tre servizi religiosi tenuti nella grande chiesa principale
di Riva (Nostra Signora dell’assunzione), sia al culto riformato
con predicazione e Cena del
Signore, sia alla Messa cattolica
che a quella ortodossa. Diversi
dei partecipanti hanno avuto però l’impressione, a mio avviso
giustificata, che questi tre momenti di culto, pur essendo fatti
insieme, non erano tanto una
confessione comune della_ nostra
fede, quanto una esposizione —
non sempre molto felice — delle
rispettive tradizioni liturgiche,
spesso molto difficili ed ardue
da seguire per chi non vi era
ben addentro. Diversi si sono
perciò chiesti se questi tre rnomenti di culto pubblico non sia:
no stati un’occasione sprecata
per testimoniare insieme delTEvangelo.
Manifestazioni
e incontri
si, metter fine al pessimismo, liberare dalla paura. Ma sia chiaro, la speranza nell’ottica evangelica non può renderci incerti,
rassegnati e confusi. La speranza non è un sentimento astratto
e impotente se è generato dalla
fede nella Parola e nell'opera di
Dio; essa è azione operante nel
mentre trascorrano i tempi dell’attesa della piena manifestazione della creazione nuova iniziata con la resurrezione di Gesù il Signore.
Ecco perché diventa per noi
attuale una parola molto antica
contenuta nella Scrittura. Una
parola poco letta, una parola
che ci interessa poco come quell'antico censimento degli israeliti fatto nel deserto il secondo
anno dalla liberazione dell’Esodo, una parola che pensiamo
poco o nulla abbia a che fare
con lo Spirito di Dio e che rtguardi le vicende umane, storiche,^ del popolo dei nostri antenati. Ma non è così semplice
stabilire come e dove lo Spirito
di Dio agisce attraverso la Scrittura. Uno Spirito così creativo
è capace di rendere attualissimi
per noi anche i dati di un censimento di oltre trenta secoli fa
e. di renderli significanti rispetto ai nostri censimenti di oggi.
La parola di Dio rivolta a Mosè nel deserto contiene un ordine: fate la somma, cioè contatevi. Dio non ha certo bisogno
di una dozzina di funzionari per
Claudio H. Martelli
{continua a pag: %)
Qui la simpatica organizzazione promossa dall’Arcivescovo
Gottardi di Trento, ci ha reso
possibile di prendere contatto e
di partecipare ad una serie di
manifestazioni pubbliche preparate appositamente per l’incontro ecumenico europeo.
La prima sera, dopo essere
stati ricevuti dalle autorità cittadine alla Rocca, il castello di
Riva, siamo stati accompagnati
dai pullman alla grande chiesa
di S. Giuseppe, modernissimo
edificio pluriuso. Qui i partecipanti sono stati ricevuti dall’applauso scrosciante di almeno un
migliaio di persone, tutte convenute anche per ascoltare il coro della SAT.
La seconda sera i pullman hanno condotto i partecipanti dell'incontro ecumenico alla città
di Rovereto per una fiaccolata
per la pace. Dopo i discorsi di
prammatica delle autorità, il
past. G. G. Williams — Segretario generale della KEK — ha
dato in perfetto italiano una teThomas Soggin
(continua a pag. 8)
SOMMARIO
□ La feda più forte del
mito, di G. Platone, p. 2
□ La giustizia di Dio, di
D. Gcnrrone, p. 3
nH Soggiorno a Pachino, di
A. Comba, p. 5
□ Il « Servizio cristiano »
tra passato e futuro, di
J.J. Peyronel, pp. 6-7
n II mondo sommerso degli immigrati, di P. Fiorio, p. 12
2
2 fede e cultura
19 ottobre 1984
NEL CENTENARIO DELLA NASCITA DI RUDOLF BULTMANN
La fede più forte del mito
Un itinerario scientifico e teologico che ha scosso le fondamenta della
chiesa facendole conoscere una nuova lettura del messaggio di Cristo
Forse nessun teologo del nostro secolo è stato tanto al centro di dibattiti e ricerche quanto Rudolf Bultmann (B). « Bultmanniano » per molti sino agli
anni '60 era utilizzato come epit^o dispregiativo nei confronti
di ohi nutriva simpatie verso il
teologo di Marburgo — di cui
ricorre quest’anno il centenario
della nascita — che con le sue
intuizioni e il suo metodo di ricerca aveva disgregato molte,
troppe, certezze della teologia
occidentale.
Anche il Sinodo generale della
chiesa imita evangelico-luterana,
nel 1952, condannò ajjertamente
la sua teologia.
Ma, bisogna pur dire, che negli
anni della sua vecchiaia B. ricevette riconoscimenti importanti:
dal ministro deirAssia per la cultura sino a cicli interi di lezioni
sulle sue opere svolti nelle più
prestigiose facoltà teologiche tedesche.
Ma in sostanza che cosa ha
V
detto B.? La battaglia teologica
di B. inizia negli apni '20, quando a 36 anni entra come docente
nella facoltà di Marburgo. Sono
anni in cui B. matura, con altri,
un progressivo distacco dalla
teologia bberalé”di niTse'^viSgnamo7~p5T una "breve stagione, fu
un esponente brillante.
Nel liberalismo teologico tutto
gravita intorno all’ esperienza
soggettiva. Gesù è il « tipo ideaie » cne il protestantesimo pone
come il più grande esempio di
umanità. Si tenta così di costringere la Rivelazione nelle esigenze
culturali del tempo. Con Karl
Barth e Friederich Gogarten inizia un nuovo modo di affrontare
i problemi; prima ancora di dire,
e lo dirà Barth, che Dio è il
« Tutt’Altro », bisognava fosse
chiaro che l’uomo incontra Dio
solo se si annulla con tutte le
sue possibili taralo se si sgombra Ù campo da tutte le false sicurezze. La forza demistificante
redentrice <tell’Evangelo non
sostanza che cosa ha . e redentrice dell’Evangel
a mu^'^ r~r c iJU-a
RICORDI DEL TEMPO DI GUERRA
Il sottufficiale
con l’armonica
Si chiamava John Banks, era
• nato e risiedeva a Ayr (Scozia),
dove era anziano di una Chiesa
Battista e si occupava particolarmente della gioventù.
Lo incontrai per la prima volta a Napoli, una domenica mattina al culto, pochi giorni dopo
l’occupazione da parte delle
truppe americane ed inglesi. Era
sottufficiale di una squadriglia
di aviazione. Mi parlò del suo
problema. La guerra lo aveva
sbalestrato dalla lontana Scozia, prima in Africa, poi in Sicilia, poi nelle Puglie a Bari e
a Poggia, ed ecco ora era a Napoli. La sua grande preoccupazione in quel tempo di guerra
era per i giovani della sua squadriglia, quasi dei ragazzi, che
egli temeva potessero allontanarsi dalla fede, abbandonandosi, come tanti in quel tempo,
alle turpitudini e alle nefandezze delle truppe di occupazione.
Per questo, dallo sbarco in Sicilia in poi, egli aveva cercato e
trovato ospitalità nelle Chiese
Valdesi per poter riimire ogni
mercoledì sera venticinque-trenta ragazzi della sua squadriglia
per un breve studio biblico, accompagnato da inni e da preghiere spontanee. Chiedeva se
avrebbe potuto trovare anche a
Napoli ospitalità nella nostra
Chiesa di Via dei Cimbri.
Potete immaginare con quale
gioia, l’anziano Mario Corsani
ed io, tutti e due con la famiglia lontana, lo accogliemmo.
Già la nostra Chiesa ospitava
ogni domenica per il culto tre
gruppi americani ed inglesi che
si succedevano, ma in settimana i nostri locali erano ancora
liberi. Ed ecco il mercoledì sera
giungere il simpatico Johnny
Banks con i suoi ragazzi, quasi
tutti della Scozia, ma di varie
denominazioni. Cominciava con
la lettura di un passo e preghiera, poi leggeva le parole di un
inno e le spiegava accuratamente con i richiami biblici da cui
quelle parole erano ispirate, e
finalmente suonava l’inno con la
sua piccola armonica a bocca,
finché tutti lo avessero imparato. Era una cosa straordinaria,
perché suonava con una parte
può essere ridotta in schemi
umani, ma essa si pone come
giudizio (Krisis, nel termine greco) suU’uomo. Al centro dunque
Dio, la sua Rivelazione e non più
l’uomo : i fondamenti della teologa dialettica, o teologia della
crisi, erano posti. Iiràmontava~il
sole anche sul romanticismo teo;
logico di Sohleieñmacfter e sulia
teologia dell’esperienza di Herrmann. Ma la cosa interessante
di questo capovolgimento è ohe
nei vari sviluppi della teologia
dialettica B. non si appiattì sulle
posizioni di Barth o di altri, bensì sviluppò un preciso metodo
d’indagine e una sua peculiare
teologia.
Il pezzo più forte di questo
suo inconfondibile stile teologico fu la conferenza del 1941 su
«.Nuovo Testamento e Mitolo-,
già » cKe~scateno crìtiche mà^nche approvazioni (non ultima
cipazione così intensa, che tutta
la sua persona ne era come trasfigurata. A Mario Corsani ed
a me spiaceva moltissimo che,
per via del coprifuoco, nessuno
dei nostri membri di Chiesa potesse partecipare. Ne sarebbero
stati, come noi due molto edificati! Erano delle riunioni bellissime e presto ebbimo la soddisfazione di vedere altri soldati inglesi e americani unirsi al
gruppo ogni mercoledì sera, talché la nostra saletta al piano
terra si riempì completamente.
La sera di Natale ci riunimmo
tutti a casa mia per il culto, seguito da una cenetta con quello
che ciascuno aveva portato e
continuando con canti e fraternizzando col pensiero rivolto
ai nostri cari lontani.
Terminata la guerra, il contatto epistolare con Johnny
Banks continuò regolarmente, e
alcuni forse ricorderanno una
visita che egli fece a Torre Pellice con un gruppo dei giovanissimi della sua Chiesa di Ayr,
che per l’occasione, non essendoci ancora la Foresteria, furono ospitati nell’allora Scuola di
Agricoltura. Johnny Banks continuò, anno dopo anno, a indire
un incontro con gli uomini della sua squadriglia, ma rincontro più commovente e significativo fu quando una quindicina di loro, con mogli e figli, furono ospiti della Foresteria di
Torre Pellice per dieci giorni,
visitando con un tempo splendido queste nostre Valli delle
quali avevano tanto udito parlare.
Colpito dalla malattia subì vari interventi chirurgici, finché il
male lo vinse. La notizia della
sua morte, avvenuta il 27 agosto scorso mi fu data da uno
dei suoi figli per incarico della
moglie Irene alla quale esprimiamo tutta la nostra profonda
simpatia.
Fra tanti che ho conosciuto
durante la guerra, Johnny Banks
fu l’unico col quale potei mantenere un contatto epistolare
che solo la morte ha ora interrotto. Il suo ricordo è caro a
quanti lo hanno conosciuto.
quella dello stesso BonhoefEer).
Il lavoro di B. andava nel senso di una ripulitura storica e filologica del Nuovo Testamento
applicando con radicalità il metodo storico-critico per cogliere
« cosa ha realmente detto Gesù ». Nel suo « Jesus » del 1926 B.
non mette in dubbio 1’esistenza
storica di Gesù: « E’ del tutto
evidente che egli è all’origine di
quel movimento storico, di cui
il primo stadio tangibile è rappresentato dalla comunità cristiana primitiva palestinese. Ma
è un'altra questione Quella di sapere fino a qual punto la comunità ha conservato in maniera
oggettivarrlente fedele l’immagine di lui e della sua predicazione ». Per B. ciò che conta è la
dottrina di Gesù, il suo appello
all’uomo di ogai e la conseguente risposta. Tutto quello che gli
sta intorno, o quasi, è yisione
mitologica del passato: il Figlio
dell'uomo che”Viene sulle nuvole,
l’ascensione al cielo, le catastro
distruggerlo ma ricondurlo alla
sua originale purezza. Sullo sfondo della grande distinzione tra
.Religione e fede B. Inten3esepa~
raré^il messaggio dell’Evangelo
dalle sue incrostazioni mitologiche; il suo bisturi recide le false
sicurezze, l’autosufficienza dell’uomo per lasciare intatta l’alterità di Dio. Ma in quest’operazione B. si rivela discepolo di
Heidegger. Sovente questa sua
3ipendenza gli è stata rimproverata poiché anche la filosofia esisten^gialista heideggeriana può essere d’inciampo alla decisione
della fede, all’incontro con il
Cristo.
Su questo punto dissente Sergio Rostagno della Facoltà Valdese: « Si è molto condannato e
non a torto il cosiddetto qsistenzialismo di B. Forse è il momento~3i
trebbe estendersi a tutti i suoi
scritti. Proiettato in avanti nel
tentativo di parlare di Dio alTuomo moderno B., da buon luterano, era profondaméñte’'’aív'
corato al sola fide della Riforma
del XVI secolo. E nella teologia
di B. ritorna, in termini nuovi, il
motivo più profondo di tutta la
Riforma: la giustificazione,.^:^
Grazi^^ediante“lanfede^ fede 'critìcà ohe “intènde nutrirsi
rigorosamente ed esclusivamente della Parola di Dio. In questo
senso B. ha voluto servire la
chiesa del suo tempo facendole
riascoltare la voce autentica di
Colui che solo chiama alla fede.
Nel Í95F, qúañffó "Brffi"'rtiílrá
era per molti sinonimo di dissacratore del messaggio di Cristo,
Giovanni Miegge scrisse « L’Evangelo e il mito nel pensiero di
Rudolf Bultmann » presentando
così, con grande preveggenza, al
pubblico italiano uno dei tre
grandi teologi tedeàcRi 3aT nO' ' ” Barai é“Tîîtîcb.
sffò secòlQ~còn _____ __________
~DggT^. "e"TmaÌmehtè''ìCccèÌta^
" rendSici conto che proprio la concezione della fede di
B. e la contrapposizione radicale.
di fede ^ mito garantiscono l’efféttìvartmicEà dell’esistenza del
credente e la sua presenza al
mondo ».
« Credere e comprendere » è il
titolò di una tàrnosaopKra teologica di B. in 4 volumi che po
to? Il cardinale Ratzinger tra le
recenti accuse mosse ai teologi
della liberazione enumera anche
quella secondo cui la troppa libertà nel leggere e interpretare
la Bibbia dei teologi latinoamericani è da attribuire a B. Nelle
facoltà teologiche protestanti B.
non fa più scandalo. E’ stato digerito. « Gli studenti imparano a
conoscere B. soprattutto •— dice
Rostagno, teologo sistematico alla Facoltà Valdese di Roma ■—
nei corsi di esegesi neotestamentaria. Ovviamente B. è stato un
teologo fondamentale, anche ner
il suo importante contributo
scientifico, della nostra enoca.
Ma ammirarlo non significa accettarlo acriticamente. B. va discusso. Guai se non fosse così.
Neppure lui ne sarebbe contento! ».
Giuseppe Platone
J^censione_atcie^, le catastroficosmìèBS'.T'dèmoni e gli angeli-sono una visione mitica^ delju
jeallà. che a “pugni ^coiìT’era
dei jet e del nucleare.
Non si tratta per B. di gettare tutto a mare, semmai di interpretare criticamente il mito
(frutto deH’antica concezione jdePrnmìdol e di léggerl5~ur~^nso
esistenziale. Demitologizzare ■—
ecco il verbo che ha fatto rizzare i capelli a tanti studenti in
teologia — il mito non significa
Cosa sappiamo del futuro?
Sul tema dell’esclusiva fiducia in Dio e dell’allontanamento delle faIse_jllusorie_sÌ5^ anche e soprattutto di
fronte alla paura della mOrt^è interessante questo accenno
di Bultmann iiM&marburger Predigten del 1956.
« Conosciamo una vita più alta? Sappiamo qualcosa del
futuro e dell’aldilà? Se vogliamo essere onesti, dobbiamo
certo arnmettèreche non la conosciamo, che non sapviamo.
y nulla^ Ciò che conosciamo e sappiamo, è sempre solo quésta
nostra vita abituale, immanente, la vita dei nostri piani e dei
nostri progetti. Ma proprio questo significa contare sull'eternità: vedere questa nostra vita, che conosciamo, come una
vita provvisoria, incompleta ed incompletabile, nella disponibilità ad una vita futura, ad una vita completa ed autentica, che Dio ci vuote dare. Se ci volessimo raffigurare il futuro, costruiremmo soltanto una scenografia dei nostri desideri e dei nostri sogni. Ma sono proprio queste raffigurazioni, che dobbiamo abbandonare. Essere aperti al_ futuro di
Qio, significa camminare serenamente e con disponilfiltta
verso l’oscuro, pronti per ciò che Dio ci ha riservato nel futuro
TRESANTI
Achille Deodato
Assemblee di circuito sono segnalate per domenica 21 ottobre:
ROMA, in via Firenze 38, inizio o-re
15 per l'ir circuito Lazio, predicazione iniziale del past. G. M. Grimaldi.
PARMA, Borgo Riccio 13, inizio ore
10.30 per l'8° circuito Emilia Romagna,
predicazione iniziale del past. G.
Leibbrand.
S. FEDELE ÌNTELVI (Como) — 2728 ott. convegno sul tema « Davanti
aiia morte; ia sopravvivenza artificiaie e i suoi costi », introduzione a cura dei proff. A. Mauri Paoiini e U.
Gastaldi.
VENEZIA — A palazzo Cavagnis
sabato e domenica 27-28 ottobre, inizio ore 16.30, Convegno di animazione
biblica coordinato da Claudio Pasquet,
organizzato dalla FGEI Triveneto. Sabato: Introduzione, definizione e pratica dell’animazione biblica. Domenica: partecipazione alla « domenica delia riforma » della Chiesa di Venezia,
àgape e ripresa dei lavori.
PADOVA — Giovedì 1" novembre
per il collettivo assistenza pastorale
omosessuali e transessuali, Alfredo
Beriendis e. Daniele Busetto presentano il Documento di studio sulla sessualità. Ore 9.30 Chiesa metodista di
via Milano 4.
Ospitalità agli invalidi
Succede spesso che per motivi
indipendenti dalla volontà degli
organizzatori responsabili, per la
particolare ubicazione dei locali,
ostacoli diversi, barriere architettoniche, ecc., in alcune strutture di case per vacanze, alberghi, non sia possibile ospitare
gli handicappati gravi in carrozzina.
Con un pizzico di fantasia e di
buona volontà, presso la Casa
Comunitaria di ’Tresanti è stato
possibile accogliere — dal 27 settembre al 3 ottobre — otto giovani invalidi in carrozzina accompagnati da dieci assistenti
volontari.
Alcuni docenti, assistenti sociali e loro amici della « Scuola
di Lavoro Sociale » di Berna, a
proprie spese e con un piccolo
contributo di anonimo donatore,
hanno raccolto i giovani invalidi
da diverse località della Confederazione e, con pulmini appositamente attrezzati, li hanno
portati in vacanza a Tresanti e
a Follonica presso un albergo
con adeguate attrezzature.
Questi giovani giornalmente
sono stati portati in visita nei
più interessanti luoghi turistici
e storici del sud della Toscana.
I locali della ex casa colonica di Tresanti, con qualche piccolo accorgimento, sono risultati idonei a questo esperimento,
molto importante per i giovani
interessati e per gli operatori
della Casa Comunitaria.
Ma ciò che più ha confortato è
stato il clima di gioiosa speranza vissuto assieme tra ospiti e
residenti, e la testimonianza
d’amore fraterno di giovani sani
e forti verso giovani invalidi, deboli e indifesi, lln piccolo esempio di solidarietà che ci piace segnalare senza altro intento che
quello di trasmettere un'esperienza di pochi giorni, modesta,
ma significativa in un mondo largamente egoista e distratto.
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19 ottobre 1984
prospettive bibliche 3
».
L’appello a farsi avanti
(segue da pag. 1)
sapere che gli israeliti atti alle
armi sono 603.550. E se confrontiamo i vari censimenti e i momenti di conta del popolo di
Israele nel corso della sua storia dobbiamo essere assai cauti
nel liquidare i brani della Bibbia che ce li riportano come elementi di sovrastruttura rispetto
all’economia della storia della
salvezza. Sono, a mio parere,
sempre momenti di grande importanza, decisivi. Contarsi è
sempre fare anche i conti con
la realtà: è considerare come la
potenza di Dio sia inversamente proporzionale alla nostra pochezza. Cosa sono i 600 mila
ebrei davanti ai molti e potenti
popoli che hanno incontrato nella loro esaltante avventura? Cosa sono i 12 discepoli e i pochi
altri davanti a tutto un mondo
che non conosce l’Evangelo?
Gli ebrei vengono contati il
primo giorno del secondo mese
del secondo anno dall’inizio della loro storia nazionale non solo
però per lasciare ai posteri dei
dati numerici sui quali riflettere ma soprattutto in funzione
di qualcosa che devono compiere. Allora si trattò di una lunga
serie di guerre, di una dura preparazione per la conquista di
una terra. E noi per qual motivo ci contiamo? Che senso ha
il nostro far di conto anno dopo
anno? Non certo per dire siamo
pochi di più o pochi di meno. Io
credo che anche a noi sia affidato un compito preciso in questo nostro paese. Anche per noi
devono valere le promesse di
Dio che ci invitano a confidare
in Lui e non sulla nostra forza.
Una logica che dovrebbe appartenere alla nostra comune coscienza ma che spesso, al contrario, si traduce solo nell’autogratificante slogan della minoranza qualificante e qualificata.
Si è sale solo se si sala, altrimenti si è poca polvere bianca che
non serve a nulla. Se perdiamo
di vista queste verità allora i
nostri conti saranno amari, se
mettiamo invece la nostra attenzione operosa sul fatto che il
Signore ci ha affidato un com
pito e un ruolo allora la nostra
speranza rifiorisce in una visione più chiara del nostro futuro
e non ci sarà mai posto per il
pessimismo.
Ma come ci si conta, come
vennero contati in quel giorno
lontano gli ebrei? Uno per uno,
ci dice il testo, nome per nome,
tribù per tribù. Dunque ognuno è importante. Nella logica di
Dio non c’è nessuna massificazione, ognuno di noi ha la sua
funzione da svolgere, il suo cotnpito da portare avanti, proprio
lui e lui solo e non altri al suo^
posto. Non solo alcuni, ma tutti
e tutti assieme e tutti in ordine
uno per uno, tribù per tribù.
Nessuno è meno di un altro.
Il testo è chiaro: non viene chiesto ai capitani di andare alla
tenda di Mose per riferire il totale degli uomini di ogni tribù
e basta. C’è una solenne adunanza, uno schieramento dove
ognuno viene chiamato a farsi
avanti a dire il suo nome con
voce forte e chiara in modo che
. sia possibile registrarlo nel censimento, in modo che gli altri
sentano. Al Signore non interessa dunque sapere quanti sono
gli ebrei e quanti siamo noi, ma
chi siamo, quanti « ognuno di
noi » rispondono a quest’appello, quanti si fanno avanti per
essere pronti ad assolvere al proprio compito. Un’opportunità
che ci viene offerta di essere figli di Dio.
Dunque una chiamata ed una
risposta. E non è sempre^ stato
così? Non è stato così sin dal
principio, da Abramo a Mosè a
Matteo, a Pietro? Non c’è sempre stata una parola del Signore che dice: tu seguimi, e una
risposta data da ognuno di coloro che hanno deciso di seguirlo? Nulla è imposto ma tutto è
proposto affinché nella _ nostra
libertà decidiamo se farci avanti
o stare in silenzio nelle file di
fondo per non assumerci responsabilità.
Ma non si può essere membri
di chiesa e non assumersi le proprie responsabilità: è una contraddizione che la Bibbia liquida con chiarezza. La storia del
popolo di Israele si caratterizza dal fatto che ogni generazione deve comprendere ed accogliere la promessa di Dio, riappropriarsi dei termini del Patto
dell’Alleanza. La costante del
rapporto fra Dio e Israele è questo riproporre ad ogni generazione il ricordo delle grandi liberazioni del passato in attesa delle liberazioni per il presente e
per il futuro messe in atto da
Dio per un popolo che desidera
accogliere la sua parola come
parola di verità nella storia e
nella vita di ogni giorno, che
altro non è se non la molecola
della storia di tutti. Le grandi
promesse dell’A.T. che Israele
pronuncia, l’invito dell’Eterno
in Deuteronomio 30: 19 affinché
scegliamo la vita non riguardano un tempo, un popolo, una
generazione, ma tutti i credenti
di ogni tempo e in ogni situazione. Contarsi, prendere la propria responsabilità, stupirsi dell’amore e della potenza di Dio
malgrado la nostra pochezza e
i nostri tanti errori, in vista della scelta fondamentale verso la_
pienezza di vita per noi, per i
nostri figli, per quanti potremo
avvicinare e ai quali potremo
annunciare questa straordinaria
notizia. Un compito per ognuno
di noi, al quale ognuno di noi
può in piena libertà aderire o
sottrarsi.
Claudio H. Martelli
« Non sei tu che porti la radice
ma è la radice che porta te » - III
LA GIUSTIZIA DI DIO E’
FARSI TROVARE
DA CHI NON LO CERCA
(ROMANI 9: 30 - 10: 21)
30 Che diremo dunque? Diremo che i pagani,
i quaii non ricercavano la giustizia, hanno conse-.
güito la giustizia, però la giustizia che deriva
dalla fede;
31 mentre Israele, che ricercava una legge di
giustizia, non ha raggiunto questa legge.
32 Perché? Perché l’ha ricercata non per fede
ma per opere. Essi hanno urtato nella pietra di
inciampo,
33 come è scritto:
Ecco, io metto in Sion una pietra d'inciampo e
una roccia di scandalo; ma chi crede in lui non
sarà confuso.
A Fratelli, il desiderio del mio cuore e la
1 V mia preghiera a Dio per loro è che siano
salvati.
2 lo rendo loro testimonianza infatti che hanno zelo per le cose di Dio, ma zelo senza conoscenza.
3 Perché, ignorando la giustizia di Dio e cercando di stabiiire la propria, non si sono sottomessi
alla giustizia di Dio;
4 poiché Cristo è il termine della legge, per la
giustificazione di tutti coloro che credono.
5 Infatti Mosè descrive cosi la giustizia che vie.
ne dalla legge: L'uomo che farà quelle cose, vivrà per esse.
6 Invece la giustizia che viene dalla fede dice
così: Non dire in cuor tuo: Chi salirà in cielo?
(questo è farne scendere Cristo) né:
7 Chi scenderà neH'abisso? (questo è far risalire Cristo dai morti).
8 Che cosa dice invece? La parola è vicino a te,
nella tua bocca e nel tuo cuore: questa è la parola della fede che noi predichiamo;
9 perché, se con la bocca avrai confessato Gesù
come Signore e avrai creduto col cuore che Dìo
10 ha risuscitato dai morti, sarai salvato;
10 infatti col cuore si crede per ottenere la
giustizia e con la bocca si fa confessione per
essere salvati.
11 Difattì la Scrittura dice:
Chiunque crede in lui, non sarà confuso.
12 Poiché non c’è distinzione tra Giudeo e Gre.
co, essendo egli lo stesso Signore di tutti, ricco
verso tutti quelli che lo invocano.
13 Infatti chiunque avrà invocato il nome del Signore sarà salvato.
14 Ora, come invocheranno colui nel quale non
hanno creduto? E come crederanno in colui del
quale non hanno sentito parlare? E come potranno sentirne parlare, se non c’è chi predichi?
15 E come predicheranno se non sono mandati? Come è scritto:
Quanto sono belli i piedi di quelli che annunciano buone notizie!
16 Ma non tutti hanno ubbidito alla buona notizia; Isaia infatti dice: Signore, chi ha creduto
alla nostra predicazione?
17 Così la fede viene dalla predicazione, e la
predicazione avviene per mezzo delia parola di
Cristo.
18 Ma io dico: Forse non hanno udito? Anzi,
la loro voce è andata per tutta la terra e le loro
parole fino agli estremi confini del mondo.
19 Allora, io dico: Forse Israele non ha compreso? Mosè per primo dice: io vi renderò gelosi
dì una nazione che non è nazione;
contro una nazione senza intelligenza provocherò
il vostro sdegno.
a cura di Gino Conte
20 Isaia poi non esita ad affermare; Sono stato
trovato da quelli che non mi cercavano; mi sono
manifestato a quelli che non chiedevano di me.
21 Ma riguardo a Israele dice:
Tutto il giorno ho teso le mani verso un popolo
disobbediente e ribelle.
Questa sezione è spesso intitolata « la
colpa d’Israele ». E in effetti è la parte
più polemica, ma si tratta di un titolo
equivoco e pericoloso: Paolo qui non fornisce capi d’accusa contro gli ebrei, ma
impugna, dal punto di vista della sua
esperienza di fariseo che incontra Cristo,
la visione della giustizia di Dio come remunerazione, per cui la nostra giustizia
dipenderebbe dalla misura della nostra
fedeltà alla volontà di Dio, dalla nostra
prassi. Paolo discute vigorosamente di
teologia, diremmo in termini moderni,
con l’ebraismo del suo tempo. Nói abbiamo dell’ebraismo del tempo di Gesù e
Paolo una conoscenza limitata, polemica,
basata non su un rapporto diretto (come l’aveva Paolo!) ma che spesso prende per descrizioni quelli che sono giudizi o affermazioni polemiche del Nuovo
Testamento. Uno dei traguardi del rinnovato dialogo ebraico-cristiano sarà certo quello di portarci alla reciproca conoscenza, di chiarire i termini esatti delle
rispettive posizioni. Nel frattempo ci si
avvicina con una certa titubanza al cuore della polemica di Paolo con l’ebraismo
del suo tempo.
Al cuore della polemica
Paolo inizia il suo ragionamento (9:
30-33) constatando un fatto paradossale.
I pagani, che non cercavano di essere
giusti davanti a Dio (neppure sapevano
chi era il Dio vivente e vero!) hanno attraverso Cristo conseguito la giustizia.
Israele, che cercava una legge che rendesse giusti compiendola, ha mancato il bersaglio, In altre parole. Cristo, manifestazione di una giustizia di Dio che non è
riconoscimento divino della fedeltà alla
legge, ma dono della sua grazia, è per
Israele una pietra d’inciampo. Israele ha
« zelo », cioè passione, amore profondo
per Dio (la passione per Dio e per la sua
volontà caratterizza il movimento farisaico, Paolo lo sa) ma uno zelo « senza
conoscenza » (10: 2). In termini moderni
diremmo forse pietà genuina, ma teologia errata. Per Paolo, Terrore di questa
teologia sta nelTintendere la giustizia di
Dio come ricompensa della « propria
giustizia» cioè della propria vita integra.
Paolo impugna qui la lettura della Torah
(la volontà di Dio consegnata nel Pentateuco e interpretata e attualizzata dalla
tradizione orale) operata al suo tempo,
dal movimento farisaico.
Qui si colloca la famosa affermazione
del V. 4, in cui Paolo parla di «Cristo fine della legge ». Come intenderla? Cristo
« termine, fine, punto di arrivo » o « compimento, scopo, ricapitolazione, senso »
della legge? Cristo pone fine alla legge
o la legge aveva di mira, tendeva a Cri
sto? La discussione è molto complessa.
Citiamo due posizioni, a me’ di esempio.
Per Kasemann, Cristo, rivelando una giustizia di Dio senza legge (Romani 3: 21)
pone fine alla legge. Mi sembra che questa
linea vada accolta, come polemica di
Paolo con quel che per «Torah», per
legge intendevano i farisei con cui egli
polemizza, come contestazione della teologia farisaica, non però come liquidazione del Pentateuco. In questo giudizio
non è in gioco il valore del Pentateuco,
ma l’interpretazione della giustizia cü
Dio. Cristo rivelando una giustizia da ricevere come dono, pone fine alla (possibilità di intendere la) Torah come strumento per « stabilire la propria giustizia »
(V. 3). Il problema del valore dei comandamenti, nelTambito della grazia, va
posto a parte.
K. Barth va piuttosto nell’altra linea.
La legge tende a Cristo, che in qualche
modo la riassume. « E’ di lui e solo di
lui che si tratta nella legge, nella misura in cui essa regola la vita sotto la promessa. E’ lui che spiega la legge, Tosserva e la compie: è lui il garante della sua
validità. Vivere in obbedienza alla legge
significa vivere credendo in lui. Rifiutando di far questo, Israele trasgredisce e
viola la sua propria legge » (Dogmatica,
II/2, p. 249 ed. fr.).
Lungo tutto il capitolo Paolo sviluppa
la sua critica ad Israele e alla teologia
della legge, usando una serie di citazioni
bibliche in modo molto spavaldo, cioè
senza curarsi del significato letterale originario. E’ un tipo di esegesi diffuso al
suo tempo: leggere i testi biblici a partire da una chiave che dischiuda significati quasi « sotterranei ». Per Paolo è la
venuta di Cristo il fatto che illumina a
ritroso la Scrittura.
Cristo luce della Scrittura
Le prime due citazioni sono tratte entrambe dalla Torah, dal Pentateuco, che
cosi si trova messa contro se stessa. Lev.
18: 5 « chi fa queste cose vivrà per esse » è da Paolo preso come motto della
giustizia che viene dalla legge, a cui
Paolo contrappone (Deut. 30: 11 ss) il
motto della giustizia che viene dalla fede, « la parola vicina ». Originariamente,
in Deut. 30: 11 ss questa « parola vicina »
sono i comandamenti che Dio, nella sua
grazia, ha dato al popolo. Non sono lontani, non c’è bisogno di salire in cielo
0 scendere negli abissi per sapere qual è
la volontà di Dio. Egli la rivela, la rende
accessibile all’uomo. Questa parola è
molto vicina, è nel cuore e sulla bocca
« perché tu la metta in pratica ». Paolo
cassa dalla citazione queste ultime parole e reinterpreta la « parola vicina »:
si tratta della « parola della fede », delTEvangelo, cioè l’annuncio di ciò che
Dio ha fatto che ci raggiunge, che si fa
prossimo a noi perché lo accogliamo con
riconoscenza, con fede. La parola vicina
è l’annuncio di salvezza per tutti. Ebrei
e pagani. Questa « parola vicina » è quel
la che riempie la predicazione di Paolo,
che annuncia a tutti un Dio ricco di misericordia.
Ed è alla predicazione che sono dedicati i vv. 14-17. Si tratta di una serie
di domande retoriche, volta — come poi
anche i vv. 18-19 — a dimostrare che
Israele non può dire di non essere stato
raggiunto da questa « parola vicina ». E’
qui descritta una vera e propria catena.
Dio invia dei messaggeri, essi annunziano
un messaggio che viene ascoltato e dall’ascolto nasce la fede. La parola di Cristo si rende vicina nella predicazione e
dalla predicazione nasce la fede. Paolo
rimprovera ad Israele di non dare ascolto ad una voce che è andata fino alle
estremità del mondo (richiamo del Sai.
19) e di non essersi neppure fatto ingelosire dalla fede dei pagani! Israele è
per Paolo « disobbediente ».
Questa parte si chiude con la citazione di due versi di Isaia 65: 1 e 2. Vale
la pena di soffermarvicisi. Al v. 20 Paolo
riferisce Is. 65: 1 ai pagani e fa di questo
versetto una espressione della bontà di
Dio che compie il miracolo di farsi trovare da chi non lo cercava, di essere il
Dio dei senza Dio. Al v. 21 applica Is. 65:
2 ad Israele, e fa eli questo versetto una
accusa contro Israele, ribelle ad un Dio
misericordioso. Ma in Is. 65: 1-7 questi
due versetti si riferiscono entrambi ad
Israele ed hanno, come i tre che seguono, alTincirca lo stesso significato. Dio
sottolinea la sua pazienza, la sua bontà, la sua gratuità per poi sfociare nell’invettiva dei vv. 6-7. Si tratta insomma
di un’invettiva profetica rivolta ad Israele. Dunque Paolo usa le parole di Is. 65:
1-2 piegandole alla sua tesi.
Fuori delia comunione
Il V. 21 è scritto su un cartello, in
ebraico e latino, affisso sulla porta della
chiesetta che si trova a Roma sul lungotevere, proprio all’ingresso del Ghetto.
Paolo ha maneggiato con disinvoltura
Isaia, ma certo questo avviene nel contesto di un dialogo alTinterno di una
comunione profonda, quale quella che
lui aveva con Israele. La generazione
dopo di lui ha già perso questa comunione, come abbiamo già detto, e la frattura si è via via acuita. E all’ebreo che
ogni giorno passava di lì (crudele la
scrittura ebraica!), quella citazione di
Isaia diceva certo due cose: tu non sei
più il popolo di Dio, 0 meglio tu sei da
sempre e per sempre il popolo ribelle e
impenitente; il popolo di Dio è ora la
chiesa e a te la chiesa non ha altro da
fare che ricordarti la tua tragica realtà;
e in secondo luogo, questo ghetto è la
punizione per la tua ribellione e la tua
caparbietà.
Tra Paolo, pur con tutta la sua polemica e la sua disinvoltura esegetica, e
la sicurezza della chiesa cristiana occidentale che è certa sempre e comunque
di essere il « verus Israel » c’è un fossato
da saltare e non una linea continua. Si
potrebbe obiettare, come in effetti qualcuno fa che questa sia una pia frottola
difensiva. Ma il capitolo seguente non
lascia dubbi: il discorso di Paolo non « liquida» Israele per garantire la chiesa.
« Dio ha rinchiuso tutti nella disubbidienza per far misericordia a tutti » (11:
32). Daniele Garrone
ir
4
4 vita delle chiese
19 ottobre 1984
i.'t
{• r^
5
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I
CONVEGNO AL CASTAGNETO DI VILLAR
Voglia di teologia
Il «Collettivo Bonhoeffer»
agli inizi degli anni ’70 rappresentò, per alcuni evangelici in
ricerca, un importante lui^cHiì
formazione teologica e di scambio. A poco più di dieci anni di
distanza Qi8JgÌQ„T9Ji3? ^8' ripercorso, dmnraic^^, di fronti a
più di cinquanlapèrsoneattente,
la storia di questa "avventura
teologica” sostenuta, in quegli
anni, da Paolo Ricca, Franco
Giampiccoli, lo stesso Tourn e
pochi altri. Mentre la iriemoria
storica proiettava le immagini di
questa appassionante vicenda
sorgevano molte domande: cosa spingeva quella gente da
Milano, da Torino a raggiungere la stanzetta in legno di Villar Porosa per discutere di teologia? qual era il clima teologico
degli anni ’70?
Ma, in fondo, la domanda più
importante era un’altra: è possibile oggi rilanciare un nuovo
collettivo teologico? La parola
"collettivo” , retaggio di un linguaggio sessantottesco, non piace più. Si è parlato di « nuovo
gruppo di studio », di « foro aperto » in cui fare libera ricerca
teologica senza essere oppressi
da scadenze immediate. Insomma, non «collettivo» ma «cooperativa» teologica in cui tutti, a
livelli diversi, portano il loro
contributo. Ma questo incontro,
chiamiamolo come vogliamo, dovrà essere un momento di riflessione Analizzato alla nredica^one? Dovrà ésier&’un'luògò^i
lonnazione teologica soprattutto per i laici o un appimtamento
libero cui concorrere a seconda
che l’argomento trattato quella
volta interessi? Con grande libertà, sul tavolo, sono state poste diverse ipotesi di lavoro, tutte caratterizzate da un solo motivo di fondo: la voglia sincera di
riprendere a fare teologia non
più in vista dell’azione immediata (come forse fu il caso del
"Bcnhoefler” di dieci anni fa)
ma per comprendere la propria
'~'yi clima rispetto a ieri è cambiato. Gli interessi dei più giovani, come abbiamo sentito, vanno nel senso di ’’leggexe’’_ teologicamente il privator5''ìirriìTét.tere sfllP^ìeiìsÌo^a, o sulla ritqaJità. della religione. "Sarà pos^
sibile riméttere in piedi, in questi anni diflìcili, una stanza teologica in cui dibattere liberamente e riconquistare i riferimenti essenziali della teologia
prot^tante? A guardare la partecipazione all’incontro di domenica scorsa, organizzato nel quadro del convegno pastorale di
ottobre, pare proprio di sì. «Stiamo assistendo anche noi al
"boom” teologico del laicato —
commenta Giorgio Tourn, che
ha animato la riunione — la
La Casa di Riposo
«VILLA GRAZI ALMA»
di Avigliana,
appartenente all’ Unione
Cristiana Evangelica
Battista d’Italia,
offre in vendita una
casa sita in Meana
di Susa
così composta: due corpi
comprendenti due cantine, cucina, due camere,
due fienili , W,C. esterno.
Per informazioni rivolgersi a Elio Canale, tei.
011/9586208, ore ufficio.
gente si aspetta che da qualche
parte gli si fornisca gli strumenti teologici adatti per capire quello che si sta facendo ».
Dopo anni di incertezze e qualche sbandamento e negli anni in
cui si fa sempre meno teologia
alla periferia e sempre più al
centro (in fondo il grande teologo degli anni ’80 è il Sinodo)
siamo entrati, pare, nella fase
in cui molti, e non solo gli addetti ai lavori, vogliono riconquistare gli strumenti della teologia.
Sono emerse, in questi anni,
nuove esigenze e nuove frontiere teologiche: la teologia della
pace, Ig, teologia dèI"s~éi%zio~^a^
cDiiMe, iafi5Ì^iadér~^personale”, la teologia del femminile... Muoversi senza avere maturato un minimo di consapevolezza teologica non soddisfa più
nessuno. Da qui la necessità
urgente di ritornare a far teologia per afferrare il senso della
vita e della testimonianza. Un
pomeriggio al mese non potrà
certo risolvere tutto. Ma intanto è un inizio. Così domenica
25 novembre,^ a San SgcOTÌ5b. il
uìscorsb liiiziàto Contìnua
G. P.
CONVEGNO FCEI
Evangelici di fronte
all'ora di religione
“rinnovata
II
Ecumene, 2-4 novembre
Programma
Venerdì 2 novembre: ore 19, arrivo dei partecipanti e sistemazione.
Sabato 3 novembre : ore 9 - Gianni Long : « Novità rispetto
aU’insegnamento religioso nella scuola: il punto sul dibattito parlamentare»; ore 15.30 - Interventi vari;
«.^cune proposte per le linee di azione degli evangelici »; ore 17 - Discussione in gruppi.
Domenica 4 novembre: ore 9 - Culto; ore 10
Partenza dei partecipanti dopo il pranzo.
Conclusioni.
Per iscriversi: rivolgersi alla Segreteria FCEI, via Firenze
38 - 00184 Roma - Tel. 06/4754811.
Costo dell’incontro; Lire 35.000 (sono disponibili limitate
borse campo e viaggio: fare richiesta al momento dell’iscrizione).
L’incontro è diretto da Franca Long Mazzarella.
CRONACA DELLE CHIESE DELLE VALLI
Nuovo Consiglio doi 3° Circuito
Ha iniziato la sua attività il
nuovo Consiglio del terzo Circuito, composto, per la prima
volta, da soli laici. L’ultima assemblea ha salutato il sovrintendente uscente, Faolo Ribet, trasferitosi a S. Germano e lo ha
sostituito con Claudio Tron; insieme con lui sono stati rieletti
Elda Grill e Elvio Peyronel ed
eletti ex-novo Paola Revel e Sandra Barai.
Il terzo Circuito ha ora un
nuovo campo di attività con l’inizio del lavoro di animazione
giovanile condotto da Dario
Tron, il quale ha lasciato Frali
per stabilirsi a Perosa. L’assemblea ha però sottolineato la
necessità che questo lavoro, ancora tutto da inventare, non sia
semplicemente la delega a un
esperto, ma una collaborazione
globale ed efficiente.
tuale.
• Sabato 6 ottobre si sono
svolti i funerali del fratello Eli
Long, degli Ervur, spentosi all’età di 71 anni presso l’Ospedale di Pomaretto dove era stato ricoverato ultimamente, ma
già sofferente da tempo. A tutti
i familiari ed alla moglie in particolare esprimiamo le condoglianzé e la solidarietà cristiana di tutta la comunità, nella
certezza che Dio li consolerà.
ti gli altri familiari. Ricordiamo anche i fratelli e le sorelle
che ci hanno lasciato nel corso
dell’estate : Maria Maddalena
Ghigo ved. Peyronel, Carlo Coucourde, Enrichetta Bosio ved.
Beux; da ultimo. Germano Bleynat, che ricordiamo attivo Ano
all’ultimo istante nel suo bel lavoro di artigiano del rame con
cui aveva vittoriosamente affrontato il male che lo aveva
colpito da alcuni anni.
Inizio attività
Prossimi
appuntamenti
PRAMOLLO — Nel corso dell’assemblea di chiesa di domenica 14 ottobre, dopo aver chiarito che alle monitrici si richiede un impegno non indifferente,
oltre ad una preparazione spirituale e didattica e all’amore
per i bambini, ed aver sottolineato la necessità di una collaborazione vera da parte delle famiglie, le quali saranno sempre
informate dettagliatamente del
programma che si intende svolgere per mezzo di un ciclostilato che , verrà distribuito alTinizio dell’attività, si è deciso che
anche quest’anno la scuola domenicale avrà luogo il sabato
pomeriggio alle ore 15. Il primo
incontro è pertanto fissato per
sabato 20. Auguriamo un buon
lavoro alle monitrici, ai bambini ed ai loro genitori.
• Il catechismo inizierà giovedì 18 alle ore 15.30 per i ragazzi del primo anno; sabato
20 alle 15 per quelli del secondo
anno e domenica 21 subito dopo il culto per i ragazzi del terzo e quarto anno. Per dar loro
più tempo si è deciso di anticipare il culto di ogni domenica
alle ore 10.
TORRE PELLICE — Domenica 21 ottobre si terrà il culto
di inizio delle attività, con la
partecipazione dei bambini delle scuole domenicali e dei catecumeni. Alle 12 alla F^Dresteria
la comunità si ritroverà per il
pranzo comunitario.
• Si sono svolti i funerali delle sorelle Anita Chauvie, Petronilla Gaydou e Rachele Rivoira.
Le famiglie ricevano la solidarietà fraterna della comunità.
'• E’ stato battezzato Luca
Matteo Pilone di Sergio e Paola
Maria Bosio. Auguri, al bimbo
ed ai suoi genitori, di una vita
benedetta dal Signore.
Arrivi e partenze
FERRERÒ — Nel culto di inizio delle attività invernali, che
ha avuto luogo il 7 ottobre, il
sovrintendente del Circuito Claudio Tron ha insediato Lucilla
IPeyrot Meytre come candidata
incaricata della chiesa di Perrero-Maniglia e di Massello.
Ricordiamo l’assemblea di
chiesa di domenica 21 ottobre,
con inizio alle ore 10 e rincontro del pomeriggio, dalle ore 15
in poi, per im saluto alla famiglia del pastore Paolo Ribet.
Attività catechetiche
Relazione sinodale
• Domenica 11 novembre si
terrà l’assemblea di chiesa con
la relazione dei delegati al Sinodo ed alla Conferenza Distret
VILLAR PEROSA — L’assemblea di chiesa che ha avuto luogo domenica 14.10 ha ascoltato
un’ottima relazione sui lavori
del Sinodo, fatta dalla deputata
Gerrnana Costantin. Dalla discussione sono emersi gli argomenti di cui la comunità dovrà
occuparsi nel corso dell’anno:
il significato dell’autonomia di
una chiesa, il problema della
sessualità, la situazione dei lavoratori immigrati dal terzo
inondo, il problema della diaconia, con particolare riferimento alla ristrutturazione della Casa di Riposo di San Germano.
Naturalmente si dovrà continuare a interessarsi dei due problemi indicati fin dall’anno scorso dalla Conferenza Distrettuale all’attenzione delle chiese; la
pace e il lavoro.
• Il 2 ottobre è stato celebrato il funerale della sorella Elsa
Rochon; il nostro pensiero va
alla figlia e alla sorella che le
era molto unita, oltre che a tut
SAN SECONDO — Con il culto della ripresa domenica 14 ottobre abbiamo iniziato questo
nuovo anno chiedendo al Signore di guidarci con la Sua Parola.
Vogliamo ricordare:
La Scuola Domenicale inizia le
sue lezioni domenica 21 ottobre
alle ore 9.
Catechismo: IV anno inizia giovedì 18 ottobre, ore 19.30; I anno
inizia venerdì 19 ottobre, ore
14.30; III anno inizia sabato 20
ottobre, ore 14.30; II anno inizia sabato 20 ottobre, ore 15.30.
Dipartita
ANGROGNA — Profonda
commozione ha destato la scomparsa di Ida Monnet di Saudanè
deceduta, dopo forti sofferenze,
all’età di 69 anni. Impegnata nell’Unione Femminile ha vissuto
con disponibilità e fedeltà la sua
fede in Colui che ci chiama alla vita eterna. Al marito, ai familiari tutti la nostra solidarietà di credenti.
Venerdì 19 ottobre
Sabato 20 ottobre
n ’’OMOSESSUALITÀ: UN
PROBLEMA APERTO”
Il Concistoro della Chiesa valdese
di Pinerolo, la Federazione giovanile
evangelica, Il Centro sociale protestante, Agape, la Federazione donne
evangeliche, la Federazione femminile
valdese-metodista del Piemonte e la
Comunità cristiana di base di Pinerolo organizzano presso il Centro Sociale di S. Lazzaro alle ore 20.30 una
conferenza-dibattito sul tema « Omosessualità: un problema aperto ».
Programma delle serate:
Venerdì 19: Relazioni introduttive su
« La condizione omosessuale: una realtà da capire » a cura di Piero Balestro,
antropologo e della dott. Laura Piperno, psicoanalista; segue il dibattito.
Moderatore: dott. Paolo Ribet.
Sabato 20t Relazione introduttiva
del pastore Alfredo Berlendis su « Omosessualltà e fede cristiana: una ricerca per i credenti d'oggi »; segue
il dibattito. Moderatore: il pastore Bruno Rostagno.
Domenica 21 ottobre
□ INCONTRO MATRIMONI
INTERCONFESSIONALI
PINEROLO — Alle ore 15, presso il
Seminario, via Trieste 44, si tiene l'incontro dei matrimoni interconfessionali che affronterà il tema: « Che cosa le coppie interconfessionali si attendono... che cosa domandano alle
comunità, ai preti, ai pastori? ».
Introducono la ricerca alcune coppie del pinerolese.
Giovedì 25 ottobre
□ COLLETTIVO BIBLICO
ECUMENICO
TORRE PELLICE — Alle ore 20.45
presso il Centro di Incontro si tiene il
collettivo biblico ecumenico. Verrà fatta una presentazione generale del libro
degli Atti degli Apostoli.
Inoltre verrà fatta l'esegesi e la discussione sul primo capitolo e verranno anche presentate una suddivisione
dei capitoli ed una bibliografia di commentari da utilizzare per lo studio
biblico di quest'anno.
Sabato 27 ottobre
□ L’ATTUALITA’ DI
ZWINGLI
PINEROLO — Alle ore 20.45 presso
l'Auditorium Comunale di via Piave il
prof. Paolo Ricca terrà una conferenza pubblica sul tema « L'attualità di
Zwingli a 500: anni dalla sua nascita ».
Domenica 28 ottobre
n CONVEGNO DEI
CONCISTORI
S. GERMANO — Alle ore 14.30 nella sala valdese si tiene il Convegno
dei Concistori delle Valli sul tema
« Ciò che è essenziale nella vita della
chiesa ». Introduce il prof. Paolo Ric
□ ASSEMBLEA TEV
TORRE PELLICE — Alle ore 14.30
presso la Casa Unionista si tiene l'assemblea del movimento di Testimonianza Evangelica Valdese (TEV).
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19 ottobre 1984
Vita delle dliese 5
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ESTATE SETTEMBRINA ALL’ESTREMO SUD
4® CIRCUITO PIEMONTE VAL D’AOSTA
Soggiorno a Pachino
A qualcun altro è venuta l’idea
di passare delle vacanze balneari in settembre a Pachino? Se sì,
può attestare che l’idea è ottima: il sole è estivo ma il clima è
temperato; sulle belle spiagge di
Marzamemi e di Morghella c’è
poca gente; la vendemmia è in
pieno svolgimento, i motocarri
arrancano carichi di bigonce piene d’uva; le tiepide serate invogliano a stare a chiacchierare
nella grande piazza al centro e al
sommo di quel paesone simpatico e un po’ assurdo, fra centinaia di persone: solo uomini gli
adulti, ma fra i giovani ci sono
anche ragazze.
Gentilmente e comodamente
ospitati nell’ ottima foresteria
valdese, facevamo salutarmente a piedi i 4 chilometri per andare al mare, ma al ritorno utilizzavamo o un vecchio autobus,
o talvolta passaggi su grosse auto private. In questo caso, quando la città era vicina, dichiaravamo la nostra mèta, la foresteria valdese: allora c’era una pausa nella conversazione; talvolta
essa riprendeva con espressioni
di stima per qualche personalità
valdese.
La pausa era evidentemente
l’effetto di im’antica e radicata
diffidenza creata da decenni di
propaganda contro i valdesi. E
certe riflessioni su Pachino come caso concreto della nostra
« evangelizzazione », su cui discutono gli storici del valdismo
dal 1848 a oggi, scaturivano da
questa e altre circostanze.
Sono andato per esempio alla
riunione dei genitori per avviare
l’anno scolastico dell’asilo « Il
Redentore ». Il numero dei genitori e Quindi dei fanciulli iscritti, l’evidente serietà organizzativa, indicano la buona salute di
questa istituzione, fiore all’ocohiello sin dagli inizi del secolo
della comunità di Pachino; la
quale ora si giova della efficace
presenza sul posto, ininterrotta
da dieci anni, di un valido conduttore come il pastc»re Bonnes.
Lo stesso pastore mi ha fatto
vedere i libri di memorie pachinesi di due parroci successivamente titolari della « cattedrale » della città: uno di loro spiega come aH’inizio del secolo, per
contrastare il successo dell’asilo valdese, chiamò a Pachino le
suore per creare anche basilo
cattolico; l’altro come, in anni
recenti, perché la sua chiesa non
fosse da meno di quella valdese,
ottenne infine, con i dollari degli
emigrati a Toronto, di metterci
delle belle porte di bronzo.
Bella è, invero, anche la nostra
chiesetta, rifatta col relativo stabile un 15 anni fa. Al culto della
domenica sera, dopo una efficace predicazione dell’anziano di
chiesa fratello Catania sulla parabola del figliol prodigo, il pastore Bonnes, di ritorno quel
giorno da un viaggio in cui aveva riaccompagnato al paese un
«figliol prodigo», un giovane reduce da una cura di disintossicazione, invitava gli uditori a prendere coscienza del problema della droga, non ancora presente
alla coscienza dei pachinesi, bea
ti loro, ma indubbiamente imminente. E certo, un’altra presa di
coscienza cui i valdesi invitano
in quel sito i conterranei è quella che fa riferimento ai missili
di Comiso.
Non c’è ancora la storia della
comunità di Pachino (ma c’è già
quella, assai utile, sebbene modestamente ciclostilata, dell’asilo, scritta dall’insegnante Maria
Giardina ved. Calogero). Quando ci sarà, si vedrà, penso, che
in larga parte la Chiesa cattolica
si è « riformata », a Pachino,
nella misura in cui è stata stimolata dall’ « evangelizzazione »
valdese; una vicenda che ancora continua.
La quale « evangelizzazione »
valdese è venuta incontro a richieste spontanee, o talvolta stimolate da altre iniziative protestanti, raccogliendo e cercando
di stabilizzare formazioni spesso
effimere di piccoli gruppi. Proprio nel corso del nostro soggiorno c’è stato il funerale di rm
anziano signore, transitato per
altre comunità, che conclusivamente aveva per sé predisposto
un funerale « valdese » con la
partecipazione canora di alcuni
« fratelli ». Essendo « cavaliere
di Vittorio Veneto », aveva anche
voluto al funerale la banda di
Pachino: così, dietro la banda, il
feretro, il pastore e i fedeli delle
due comunità, siamo sfilati, su
tre lati della gran piazza, in jim
corteo funebre a suon di musica,
come da alquanto tempo non ci
era più capitato.
Augusto Cùmba
Lavorare
duro ma
insieme:
necessario
L’assemblea del IV circuito e
i rappresentanti delTassociazione delle chiese battiste in Piemonte si sono incontrati sabato
6 ottobre a Torino. Si trattava
quest’anno del secondo incontro
di questo genere: visto il gran
numero di iniziative comuni, soprattutto a Torino, ma anche in
alcuni altri comuni del Piemonte, Tanno scorso era stata presa
l’iniziativa di organizzare nella
stessa giornata Tassemblea di
circuito e Tassemblea delTassociazione delle chiese battiste. Il
primo incontro, a dire il vero,
aveva lasciato buon numero di
noi un po’ delusi perché era sembrato che molte iniziative fossero soltanto sulla carta (o nella
testa di poche persone); si era
comunque deciso di continuare
anche quest’anno l’esperimento.
Quest’anno l’esperimento è fallito. Intendiamoci: la riunione
c’è stata, ma le due assemblee,
nonostante gli impegni presi Tanno scorso, avevano deciso quest’anno di scegliere giorni separati per discutere i loro progetti
di lavoro — e quindi all’incontro
comune ci si è trovati in pochi.
Amarezza di molti, constatazione
di un minifallimento: la strada
del lavoro comune è ancora lunghissima.
La riunione congiunta non ha
potuto che decidere di non riconvocarsi Vanno prossimo. Questa è la realtà del nostro camminare, e dobbiamo prenderne
CORRISPONDENZE
Bisaccia: un segno di speranza
Appena terminati i suoi studi
al Seminario di Rueschlikon, in
Svizzera, Claudio Musto è stato
inviato quest’estate per sei settimane a dare una mano al pastore emerito Donato Castelluccio nella Chiesa battista di Bisaccia, Puglie, un piccolo gruppo
ridotto ai minimi termini dalla
emigrazione.
« Sono stato accolto nelle case
dei membri di questa chiesa con
grande calore », riferisce Claudio
Musto in una corrispondenza diffusa dalTEuropean Baptist Press
Service. E narra dell’incontro
con Antonietta Trivelli e Antonio
Gervasio. Antonietta, analfabeta,
nel suo lavoro di assistenza ad
Antonio paralizzato anni fa in
seguito ad un incidente sul lavoro, gli ha testimoniato delTEvangelo dicendogli alcuni dei versetti biblici che aveva imparato
a memoria. Toccato da queste
parole di speranza, Antonio ha
cominciato a leggere la Bibbia
non solo per sé ma anche per
Antonietta. Prima si era ribellato a Dio a causa della sua disgrazia, ma ora esprimeva il
suo desiderio di conoscere di
più a proposito di Cristo. Così
sono iniziati degli studi biblici
in casa sua che ad un certo
punto non è più stata sufficiente a contenere il numero dei
partecipanti.
Fu durante il suo soggiorno
a Bisaccia, racconta Claudio
Musto, che Antonio espresse il
desiderio di essere battezzato
per ubbidire a questo importante comandamento e per dare
pubblica testimonianza della
sua fede. Ma come fare, data
la sua condizione che gli impediva di essere immerso nell’acqua? Dopo averne parlato, fu
deciso che sarebbe stato battezzato mediante Timmersione delle mani, perché con le mani
volta le pagine della sua Bibbia, mangia e guida il suo trici
clo a motore.
Così T8 luglio Antonio ha
confessato la sua fede e questo,
dopo anni di lotte è stato per
la chiesa e per il paese un segno di speranza. C’è però una
sfida ancor più grande, nota
Musto concludendo: Antonio ha
compreso TEvangelo cristiano
come una liberazione spirituale
e sociale. Dobbiamo pregare che
molte persone accettino Cristo,
ma lavorare nello stesso tempo
per una soluzione che tragga
questa gente dalla sua miseria.
(Nella foto il battesimo di Antonio, con Donato Castelluccio e
Claudio Musto).
Per la pace
INTRA ■ VERBANIA — Tra
le numerose iniziative del locale Comitato per la pace c’è attualmente anche quella di promuovere ima petizione popolare
rivolta alTAmministrazione comunale tesa a far dichiarare da
questa « zona denuclearizzata »
il territorio del Comune di Ver
bania, come già hanno fatto tanti altri Comuni d’Italia. La nostra comunità di Intra, che fa
parte attiva di questo Comitato nelle persone di alcuni suoi
membri, sta dando la sua collaborazione nel portare avanti
quest’iniziativa, raccogliendo firme non solo tra i suoi stessi
membri, ma anche fra amici e
conoscenti della città.
In questo quadro di azioni significative con cui si vuole sensibilizzare l’opinione pubblica
nei riguardi dei problemi nucleari e della pace, la nostra comunità, nella sua Assemblea di
Chiesa di domenica 23 settembre U.S., ha deliberato di dichiarare « denuclearizzati » i suoi
locali siti nel corso principale
della città e quanto prima saranno esposti gli appositi cartelli.
Inoltre la stessa Assemblea di
Chiesa ha accolto l’invito del
Sinodo per gemellarsi con una
chiesa americana, secondo la
proposta della chiesa di Riverside Drive di New York, e di
stabilire dei rapporti bilaterali
di pace con qualche chiesa dell’Est e del Sud, sulla base della
proposta della FGEI.
Infine, nel contesto di una serie di trasmissioni settimanali
fatte da una radio privata, programmate dal locale Comitato
per la pace, anche la nostra chiesa di Intra ha dato il suo contributo in una trasmissione, della durata di circa un’ora, fatta
martedì pomeriggio 26 settembre U.S., in cui le sorelle Olga
ed Elena Fuhrmann ed il pastore, dopo aver detto le ragioni del nostro impegno come evangelici per la pace, hanno dato numerose notizie su prese
posizione e azioni varie che in
campo evangelico sono state fatte e si fanno per il disarmo e
la pace nel mondo.
Giornata
comunitaria
TORINO — Parallelamente all’inizio del lavoro con i più giovani, scuola domenicale e catechismo, a Corso Oddone è stata organizzata il 7.10 una giornata comunitaria. Dopo il culto
i presenti hanno potuto compiere un « giro di ispezione » sui
lavori fatti Tanno scorso, hanno partecipato ad un’àgape fraterna, hanno ascoltato una presentazione del programma di
quest’anno fatta dal presidente
del concistoro. Bruno Mathieu,
e infine hanno potuto ascoltare
un concerto di organo (Ferruccio Corsani), flauto (Paolo Doglictti), e coro (corale diretta
da Eugenio Tron). Una giornata ben riuscita, che ci ha permesso tra l’altro di notare le
possibilità del nuovo organo elettronico. Abbiamo anche rivisto con gioia i coniugi Peyronel,
tornati per un giorno con noi
a Torino dopo i lunghi anni di
servizio come custodi di Corso
Oddone.
atto. C’è comunque la possibilità
di una collaborazione per una
presenza evangelica nella zona,
di Collegno/Cascine Vica (e gli
atti della riunione congiunta ci
dicono che « ci si rallegra di
questo possibile lavoro comune
e si incarica il consiglio di circuito e il consiglio deU’associazione di seguirlo e sostenerlo in
tutti i modi possibili »). Si è parlato inoltre, sulla base di unq
esauriente informazione da parte di un giovane torinese, del
«progetto Torino»', si tratta di
un programma di lavoro preparato e organizzato dai giovani
delle varie chiese torinesi e incoraggiato dalla EGEI e dalla
conferenza distrettuale per dare
un senso e una direzione di marcia all’impegno dei giovani evangelici di Torino e dintorni. La
riunione congiunta ha deciso di
appoggiare con forza questo progetto, perché sia un progetto di
tutta la chiesa e non solo di alcuni giovani. Il terzo problema ohe
ci troviamo a dover affrontare è
quello degli immigrati. A questo
proposito si è approvato questo
ordine del giorno:
Gli immigrati
« La riunione congiunta, discusso il problema degli immigrati africani ed asiatici,^ esprime le seguenti considerazioni;
a) 11 problema deve essere
visto nel contesto più vasto della situazione degli immigrati del
terzo mondo come si configura
a livello politico, sociale ed economico oltre che umano e come
è trattato dalla Associazione
Africana in Piemonte e da altri
organismi che si occupano del
problema. E’ necessario inoltre
mantenere uno stretto contatto
con il Servizio migranti della Federazione.
b) L’attività di tipo assistenziale deve essere proseguita,
nel limite delle nostre possibilità ma sviluppando l’esigènza della reciproca informazione, al fine
di evitare di incoraggiare ogru
forma di abuso o involontarie discriminazioni.
c) E’ necessario non dimenticare le ragioni negative che
emergono dagli ambienti degli
« emarginati » italiani nei _ confronti di attività assistenziali e
di collocamento lavorativo svolte
a favore di elementi del terzo
mondo, viste come indebita azione concorrenziale.
d) E’ necessario inoltre non
dimenticare le delicate situazioni in cui alcuni di questi fratelli africani o .asiatici si trovano
in relazione a particolari e pericolosi coinvolgimenti politici.
Questo implica da parte nostra
atteggiamenti di prudenza e discrezione onde non nuocere sia
pur involontariamente ».
L’assemblea del IV circuito,
riunitasi in seguito nel pomeriggio, ha discusso a lungo sulla si- '
tuazione delle chiese della nostra
zona e sull’organizzazione della
predicazione, prendendo alcfine
decisioni concrete e impegnando
in particolare i pastori di Torino ad una collaborazione a Biella, a Chivasso ed a Cuneo; inoltre ha deciso di organizzare nella prossima primavera un convegno sul tema della sessualità,
tenendo conto della discussione
avvenuta nelle chiese a partire
dal documento sinodale su questo argomento. Abbiamo inoltre
dato il benvenuto a Mathias
Grube, candidato al ministero
giunto da pochi giorni fra noi,
e ad Elena Vigliano che quest’inverno inizierà la sua collaborazione come diacono a pieno tempo nella chiesa di Torino.
Eugenio Rivoir
6
6 obiettivo aperto
28-30 SETTEMBRE ■ ASSEMBLEA DEGLI AMICI DI RIESI
I «Servizio Cristiano»
:ro passato e futuro
e azione in un progetto di trasformazioe di una citta del Sud rimane la ragion d’essere del Servizio Cristiano
Una trentina di amici dall’Italia e dall'estero si
no ritrovati nei giorni 28-30 settembre per i’anale Assemblea degli Amici di Riesi. Nell’attuale
se di transizione un posto centrale ha occupato
^relazione di Jean-JacQues Peyronel^ che ha dato
j ampia base per la discussione.
L’assemblea ha sottolineato quest’anno il suo
.rattere di esame della situazione sfociando in una
Jmata di studio sulla Sicilia in cui l’assemblea.
con la partecnpazione di diversi altri convenuti ha
dibattuto insieme ad esperti invitati a tal fine il fe^ììia^^° ma^a e la situazione politica della Si
Nel quadro dell’impegno su Meridione e presenza evangelica riteniamo utile dare ai nostri lettori
il testo integrale della relazione di J. J. Peyronel.
(Foto F. Berutti)
Sta per avviarsi una nuova fadei Servizio Cristiano che imcherà cambiamenti per almeno
! ragioni: 1) il ricambio totale
il gruppo comunitario; 2) una
ova generazione di persone che
ranno idee e stile di lavoro dirsi; 3) l’intero progetto andrà
saminato e rilanciato a partire
■un’analisi aggiornata dei nuovi
■mini della questione meridionale
lel quadro di un Mezzogiorno in
isformazione a vari livelli.
3iò che non cambierà, che non
ò cambiare, è la ragione stessa
essere del Servizio Cristiano,
è il tentativo di legare predicane e azione in un progetto gioie di trasformazione di una citdepressa del Sud. Oggi ancora
: tratta di incarnare l’agape di
.sto « nel mondo », nel vivo della
storia concreta di un’umanità concreta. In altre parole, il Servizio
Cristiano non è né una semplice
opera di evangelizzazione né ima
semplice opera sociale. Teologicamente parlando è il tentativo di
vivere « l’uomo nuovo » di cui ci
parla l’Evangelo, predicando e cercando di tradurre in atti l’agape di
Dio.
Per questo è stato scelto non il
cuore (o il centro) del paese (o del
sistema), come erano Torino, Milano o Genova, bensì la periferia,
non solo geografica, ma sociale,
economica, culturale. Per di più si
è scelto la periferia della periferia,
cioè una città dell’entroterra -centromeridionale siciliano, una delle zone più arretrate, -più dimenticate,
quasi fuori della storia.
di una scelta
ìuesta scelta, criticata a suo
npo da chi intendeva agire nel
>re delle contraddizioni, aveva
sé una motivazione prettamente
mgelica, nel senso che TEvangestesso è nato così, in una terra
iza importanza — la Palestina —
all’interno di questa terra, in
ghi del tutto periferici — la Gaa.
Ina scelta quindi che, all’inizio
;li anni ’60, in pieno boom econico, poteva sembrare di tipo
¡zomondista (e probabilmente
era in diversi suoi aspetti), era
la sostanza frutto di una profonintuizione teologica, ma anche
itica in quanto poneva al centro
questione meridionale come care della questione nazionale, e al
là ancora, poneva già il probleI dei rapporti Nord/Sud, que)ne centrale in questi anni ’80
l’era post-industriale,
y stata scelta Riesi. Avrebbe po0 essere una qualunque altra
à di una zona depressa del Meione, ma dal momento in cui la
Ita è caduta su Riesi, tutto rimano del gruppo comunitario si
cava prioritariamente lì, con se;à, dedizione, fede e speranza.
Juesto impegno prioritario, anché non esclusivo, per Riesi ha
:h'esso — credo — una valenza
logica. Il paragone forse non
jitra ma lo possiamo prendere
he paradigma: per manifestare
iuo amore e la sua benedizione
versali, Dio ha scelto un popolo
ignificante (anzi, più che un poo, un agglomerato di tribù nodi cacciate via dai vari centri
potere dell’epoca), e attraverso
!Sto popolo ha fatto conoscere il
t nome e la sua parola. Questo
dire che se questa è stata la
scelta da Dio nella sua infinita
srtà, a maggior ragione — al
itro livello di creature umane
ogni impegno che voglia avere
he un valore universale deve nesariamente passare attraverso
azione concreta, riferita ad una
(I determinata realtà umana, asaendo tutte le contraddizioni ineti a tale realtà.
icelta l’area, scelto il luogo all’inlo di quest’area, si trattava poi
individuare i bisogni reali della
popolazione di Riesi, quindi di apprestare modalità concrete di intervento per cercare di rispondere a
questi bisogni. Così sono nati, poco alla volta, i vari settori di attività i quali hanno cercato di rispondere in modo globale alle varie esigenze della popolazione. Non ci si
è limitati, dunque, ad un settore
d’intervento ritenuto prioritario o
essenziale (come poteva essere quello dell’istruzione, o dell’azione socio-politica). Si è invece deciso di
intervenire in tutte le sfere che
concorrono a determinare la vita
reale della popolazione, cioè nell’istruzione-educazione, nell’economia, nei servizi socio-assistenziali
e sanitari, nel culturale, nel politico, ecc. Quest’intervento globale,
articolato a vari livelli, era il modo
più opportuno per entrare in contatto e in dialogo con tutte le componenti della società riesina, ed è
certamente vero quanto sostiene il
gruppo attuale che, attraverso le
sue varie attività, il Servizio Cristiano ha un contatto quotidiano
con almeno 1/3 della popolazione.
Pertanto si può ben dire che i settori di attività costituiscono l’ossatura del lavoro del Servizio Cristiano, così come i campi sono l’ossatura del lavoro di Agape, o le
« équipes » sono l’ossatura del lavoro della Cimade in Francia. Certo si possono e si devono ipotizzare altri settori o modalità d’intervento, ma sarebbe un grave errore abbandonare attività che, oltretutto, garantiscono l’inserimento del gruppo nella realtà economica, sociale, culturale, politica del
paese.
va decisamente verso un nuovo individualismo e una rivalutazione
della famiglia monocellulare; b) la
necessità della lettura e dell’approfondimento della Bibbia è stata
spesso affermata a parole, specie
nell’ambito della EGEI, un po’ meno praticata — mi sembra — in
modo sistematico, per cui soffriamo tuttora di « sottosviluppo biblico » (l’espressione è di Sergio
Ribet, ex-segretario nazionale della IGEI), e non abbiamo una teologia chiara; c) veniamo da una
lunga stagione di crisi della militanza da un lato e di atteggiamento
molto critico nei confronti delle
opere della chiesa dall’altro lato.
Per cui l’impegno concreto e gratuito in attività specifiche non è
così scontato.
Per questo l’eredità del Servizio
Cristiano costituisce per noi una
sfida. Questa sfida, che per un tempo è stata quasi ignorata, va oggi
raccolta, in un tempo in cui sembra che stiamo uscendo dal riflusso, in cui viene riscoperto e rivalutato il volontariato, in cui c’è di
nuovo voglia di impegnarsi e di
dare un senso alla propria vita, in
cui — di fronte alla sfida Est/Ovest
e alla grande contraddizione Nord/
Sud col suo corollario di riarmo
nucleare e convenzionale — vi è
l’esigenza in molti di noi di prendere sul serio e di cercare di attuare le indicazioni programmatiche del Sermone sul Monte.
non certo nel senso monacale e mistico del termine. La vita comunitaria qui non ha nulla a che vedere con un’ascesi verso una pretesa
perfezione cristiana. La comunità
non è un fine, è semplicemente un
mezzo per portare avanti insieme
un progetto comune. Ma è anche, implicitamente, un modo di vita alternativo che quindi si pone come
contestazione dell’ordinamento sociale esistente basato sul modello
familiare unicellulare, suH’individualismo, sulla scompartimentazione e frammentazione sociali,
suH’isolamento. 'Vivere insieme vuol
dire risparmiare, imparare a rispettarsi gli uni gli altri, vuol dire confrontarsi e affrontare insieme i
problemi, vuol dire solidarizzare
con l’altro nelle gioie e nelle pene,
vuol dire anche rompere i ruoli sociali stabiliti, in particolare quelli
tra uomini e donne. Qualcuno ha
sostenuto che la vita comunitaria
è fatta per i forti, non per i deboli. E’ vero, in pratica, in quanto il
vivere insieme non risolve di per
sé i problemi personali irrisolti.
Caso mai li acuisce. Per questo è
bene che la vita comunitaria non
sia di tipo totalitario, negando la
individualità e quindi l’identità di
ognuno, e sacrificando ogni spazio
personale. Per poter durare nel
tempo, è necessario garantire questi spazi e salvaguardare la necessaria privacy.
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La vita comunitaria
E’ uno dei tre fattori qualificanti deiresperienza del Servizio Cristiano. E’ anche il più originale. E’
superfluo sottolinearne il carattere
prettamente evangelico. E’ il modo
di vita cristiana per eccellenza, ma
Eppure, se la comunità è una comunità cristiana, dovrà essere necessariamente formata di forti e
di deboli, una comunità cioè in cui
gli uni non possono fare a meno
degli altri. Diversamente per riprendere i termini di Bonhoeffer
ne « La vita comune », sarebbe una
comunità psichica e non pneumatica.
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Il contesto attuale
Riesi, una cerniera
tra Nord e Sud
Il Servizio Cristiano
Se il Servizio Cristiano, dopo
quasi 1/4 di secolo, resiste, a differenza di tante altre esperienze
tentate in Sicilia, ciò è dovuto a tre
fattori strettamente collegati tra
di loro: 1) fi riferimento costante
alla Parola; 2) la vita comunitaria;
3) i settori di attività rispondenti
ai bisogni concreti della gente. Torno a sottolineare con forza l’importanza dei settori di attività, non
solo perché permettono un aggancio reale con la popolazione ma
anche perché costituiscono il metro, la misura delle possibilità reali di trasformazione del paese, nei
suoi vari aspetti.
portatore di una speranza che non
può venirgli che da Cristo, per cui
il confronto continuo con la Parola del Signore è la condizione sine
qua non del senso di tutto il lavoro del Servizio Cristiano; ne è
anche il criterio di giudizio ultimo,
al di là delle valutazioni — positive
o negative — che si possono fare
secondo altri criteri.
Questi tre fattori (vita comuni
L’abbiamo già detto, Riesi si trova alla periferia della periferia, intendendo per periferia l’intero Mezzogiorno. Sud del Sud dunque, ma
anche estremo Sud dell’Europa, a
due passi dal Terzo Mondo. E ciò,
in questi anni ’80, nati all’insegna
del problema storico decisivo dei
rapporti tra Nord e Sud del mondo, dà all’esperienza del Servizio
Cristiano un ruolo di primo piano, non solo nell’ambito della lotta per la trasformazione del Mezzogiorno, ma anche come punto di
riferimento particolarmente interessante per tutti quei gruppi, partiti, chiese che, in Europa e altrove, lottano per una soluzione del
divario Nord/Sud. Riesi infatti,
trovandosi all’estremo Sud dell’Europa, è una città europea, ameriCanizzatà 'anzi sotto certi aspetti,
come tutte le città europee, specie
a livello di consumi e di cultura
tativo di predicazione incarnata
attuato dal Servizio Cristiano abbia una rilevanza che va ben al di
là di Riesi stessa. Una predicazione
incarnata in un progetto globale
di sviluppo nel quale la ricerca di
un’economia politica nuova è strettamente connessa con la promessa
del Regno, del nuovo mondo di Dio
iniziato in Cristo.
Il Servizio Cristiano
un’avventura della fede
Il riferimento
alla Parola
E’ questo, e soltanto questo, che
fonda la comunità, la cimenta, e
le dà la possibilità di reggere. Dev’essere, però, un riferimento reale
e non ideale, costante e non sporadico, autentico e non pretestuoso. Solo lasciandoci interpellare
quotidianamente dalla Parola, possiamo essere autentici, liberi, in
pace con Dio e con noi stessi e
quindi con gli altri, e pertanto disponibili al servizio quotidiano che
è la ragione di essere della comunità. Per questo, anche se, visti
dall’esterno, i momenti quotidiani
di culto e di preghiera possono sembrare rituali e eccessivamente conventuali, essi sono invece essenziali
e indispensabili alla vita e alla
crescita spirituale e umana della
comunità. Non solo ma la presenza stessa del gruppo a Riesi ha
senso solo in quanto segno di testimonianza a Cristo, e in quanto
taria, riferimento alla Parola, settori di attività) che costituiscono
. la vocazione stessa del Servizio Cristiano non andavano da sé al principio degli anni ’60 (anni del boom
economico e della società dei consumi), non vanno da sé a metà
degli anni ’80. Infatti: a) il boom
delle comuni post-sessantottesche è
ormai finito da un pezzo e la tendenza delle società post-industriali'
di massa. D’altra parte coesistono
aspetti tipici del Terzo Mondo, a
livello dell’economia, dell’igiene, dell’analfabetismo, dei rapporti sociali, ecc. Riesi è una tipica città del
Sud in cui coesistono elementi di
modernità e di arretratezza, di sviluppo e di sottosviluppo. In questo
senso Riesi costituisce una cerniera
tra Europa e Terzo Mondo, tra
Nord e Sud, e ciò fa sì che il ten-,
Per questo il Servizio Cristiano
è stato e dovrà continuare ad essere un « laboratorio », un luogo
cioè dove si sperimentano nuove
vie: nell’economia (agricola e industriale), nella educazione, nella
sanità, nel socio-culturale e nel politico, ma anche, anzi prima di tutto, nello spirituale, sul piano della
vocazione e dell’impegno della chiesa per gli altri. A Riesi si tenta di
vivere con coerenza « l’economia
del dono » che è stata quella di
Gesù e che si vive nel profano,
nel cuore delle contraddizioni umane, e che è contrapposta all’economia del sacro, del puro e dell’impuro. Per questo il Servizio Cristiano è un laboratorio, c se volete una parabola, anche per la Chiesa, specie per le grandi chiese di
massa, secolarizzate, delle società
sviluppate, che hanno perso il senso della loro vocazione.
Se confrontata alla dimensione
planetaria dei problemi del sottosviluppo, al «realismo » dell’economia politica tradizionale, alla prudenza delle chiese, l’esperienza del
Servizio Cristiano può apparire una
follìa, un’utopia, una generosa illusione. Si tratta infatti di una follìa, ma di quella di cui parla l’Evangelo, contrapposta alla saggezza
di questo mondo. E’ la follìa della
croce a cui è legata la speranza
della risurrezione. Per questo il
Servizio Cristiano è e rimane una
avventura della fede, una frontiera
dove si cerca di vivere il nuovo di
Dio al quale slamo chiamati, dove
si sceglie la vita e non la morte, la
speranza e non la rassegnazione, e
ciò in un contesto sociale e culturale fortemente segnato dalla morte e dalla rassegnazione.
Di conseguenza, il Servizio Cristiano è inevitabilmente, naturai-
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portato a lottare, insieme
altri, contro tutto ciò che è vecto e che sa di morte e di fatali
mafia, il clientelismo, la
eruzione, i missili e la militarizjgdone del territorio siciliano, Tcpfesione e ringiustizia.
I movimenti emergenti
mesta lotta non può essere soI fatto di un gruppo isolato. Va
portata avanti insieme ad altri,
(¿a, a questo riguardo, la realtà
attuale della Sicilia è molto diversa da quella di 25 anni fa: alla fine
degli anni ’50 e aH’inizio degli anM ;B0, dopo la sconfìtta storica del
movimento contadino e la successiva ondata di emigrazione, a lottare furono pochi e isolati pionieri, « profeti » nel deserto potremmo
dire: Danilo Dolci, Lorenzo Barbeichele Pantaleone, Tullio Vinay
Servizio Cristiano, Pietro Val
!lo Panascia. Quest’epoca è ormai
hiusa. Oggi la realtà è più artìco
Ita: esistono diversi movimenti
ter la pace e il disarmo, antimafia,
udentesco, femminista, ecologico,
ittolici progressisti), operano
ftuppi, associazioni, cooperative
iovanili; sono nate nuove riviste
il Siciliani, Catania - Papir, Palerai- Sud/Sud, Reggio Calabria),
^Sri di documentazione (pace, Catania - mafia, Palermo), e l’installaàone dei missili Omise a Comiso
ta provocato un notevole movimento dì incontri, convegni, campi,
scambi a livello internazionale
(Ihiropa, Stati Uniti) e ultimamente
I livello dei paesi del Mediterra8eo (Medio Oriente, Nord Africa).
Ìuesta rete di iniziative diffuse in
prie parti della Sicilia costituirà
mhito nel quale il Servizio CriJ|mio non solo dovrà inserirsi atS^ente ma, grazie al suo patrlponio di esperienze e alla sua spelea impostazione, dovrà essere
^ punto di riferimento per queste
ftove realtà e un centro promotore
» iniziative. Questo, lo dovrà fare
*ton in modo volontaristico ma a
#*rtire dalla sua specifica pratica,
tei vari settori di attività. E lo doW fare non più nell’ottica tradifonale della questione meridionale
Iratezza, sottosviluppo, ritardo
®òmico e culturale), né nell’otclassica della sinistra (Salvel^-Gramsci) dell’alleanza rivoinaria tra proletariato induiale del Nord e contadini del
, bensì partendo dall’analisi più
tornata della questione meridioche vede il problema del Mezomo prima di tutto come di*Menza economico-culturale dal
¡ntro-Nord del paese, il quale è
sua volta dipendente dal Centro^rd dell’Europa, la quale è a sua
dipendente da Stati Uniti,
'Ppone, e società transnazionali.
contraddizioni dello
viluppo economico
^er la Sicilia e il Sud, ciò vuol
l'S che anche là dove ci sono inistrie (e ce ne sono), anche là
ci sono aziende agricole mced efflcienti (e ce ne sono),
‘SP^ri decisionali e gestionali di
•«stè unità produttive non sono
Sud ma al Nord, per cui i prcÌ e l’accumulazione di capitale
Usuino al Nord e non nel Sud. Per' rimane uno sviluppo a macchie
leopardo anziché a macchie d’ocioè uno sviluppo che non proaltro sviluppo (per esempio
indotto, industrie di trasformazione e di commercializzazione dei
prodotti, ecc.). Manca cioè nel,Sud
una borghesia imprenditrice, o meglio questa funzione sociale ed economica è stata assunta storicamente dalla mafia in chiave parassitaria. Le altre fonti di reddito sono
le rimesse degli emigrati (che per
10 più ritornano al Nord tramite i
consumi) e i contributi straordinari statali di tipo essenzialmente
assistenziale. Tutto ciò fa sì che la
società meridionale è una società
sostanzialmente assistita e che
11 deficit economico rispetto alle
altre regioni italiane non cessa di
aumentare. Ciò non vuol dire però
che sia una società statica, amorfa,
improduttiva. L’economia sommersa — che secondo l’ex-Canceliiere
Schmidt rappresénterebbe il 25%
del Prodotto Nazionale Lordo italiane — vi è fiorente. Alcune industrie di punta tecnologicamente avanzate (telecomunicazioni, ricerca spaziale, informatica) sono localizzate al Sud ed hanno i loro
centri decisionali nel Sud.
Tutto ciò è una realtà che sta a
dimostrare che la società meridionale non è fatta solo di pensionati
e di disoccupati manuali ed intellettuali. E’ una società che, al di là
delle apparenze e dei pregiudizi, è
mutata e sta mutando. Il che non
significa che il mutamento sia di
per sé di segno solo positivo. Anzi,
al livello politico-istituzionale ed economico, la situazione è certamente
peggiorata rispetto agli anni ’60. La
politica industrialistica dei « poli
di sviluppo » (le famose « cattedrali nel deserto »), voluta dai governi
di centro-sinistra degli anni ’60, ha
ampiamente dimostrato il proprio
fallimento. Non ha prodotto il « decollo » economico che si prospettava. Non poteva andare diversamente in quanto erano appunto
complessi industriali acefali, diretti
dal Nord. Per di più si trattava
di aziende ad altissima composizione organica di capitale, vale a dire
con alta tecnologia e poca mano
d’opera. Infine erano industrie che
non lavoravano su materie'«prime
locali né realizzavano prodótti finiti. Se poi si considera che la maggior parte dei tecnici erano mandati dal Nord, si capisce perché
questo tipo di industrializzazione
imposta e pilotata non ha avuto effetti moltiplicatori a livello economico né ha prodotto trasformazioni
sociali rilevanti se non in senso decisamente deteriore (vedi Gela). In
compenso questa politica ha favorito ulteriormente i fenomeni di
mediazione clientelare-assistenziale, irrobustendo e modernizzando
il sistema di potere politico-economico della mafia, tramite i suoi collegamenti funzionali col potere politico ufiìciale. Non è un caso che
il sacco edilizio di Palermo e Agrigento avvenga proprio in quegli
anni, attorno all’asse politico tristemente famoso Lima-Gioia-Ciancimino. Sono passati 20 anni: uno è
morto dopo essere stato ministro
del governo italiano, gli altri due
sono tuttora i padroni-padrini assoluti della politica palermitana.
Sul piano politico-istituzionale,
infatti, si assiste ad uno svuotamento preoccupante delle specifiche funzioni democratiche degli organismi politici ed amministrativi,
sia perché le lobbies maliose sono
ormai direttamente rappresentate
a livello politico, sia perché le scelte politiche ed economiche vengono
prese altrove (l’esempio più lampante in ordine di tempo è quello
deH’installazìone dei missili a Comiso).
La questione
meridionale oggi
Il problema del Sud, però, non
è solo o prevalentemente economico, è politico e culturale. Politicamente, si sconta tuttora il problema storico della non avvenuta unificazione politica dell’Italia e del
Risorgimento come rivoluzione borghese mancata nei confronti dell’ex-Regno di Napoli: il problema
del rapporto tra Stato unitario e
masse meridionali rimane ancora
intero. Intanto il movimento dì
ciasse (contadino) è stato sconfitto più veite dalle forze conservatrici alleate alla mafia. L’emigrazione massiccia ha fatto il resto.
Culturalmente, ha vinto la cultura
egemone (nordica) veicolata dai
mass media i quali hanno importato ed imposto modelii consumistici che vengono assunti passivamente, uccidendo lentamente capa
cità di analisi critica, spirito d’iniziativa, volontà politica, tanto più
che remigrazione ha significato «fuga dei cervelli >> óltre che fuga
delle braccia ».
Eppure, i movimenti emergenti
di cui abbiamo parlato prima, ed
i nuovi soggetti sociali che essi esprimono: donne, giovani, studenti, intellettuali, i nuovi valori per i
quali lottano (pace, disarmo, difesa
dell’ambiente, nuova coscienza collettiva antimafia, ecc.) sono segni
portatori di speranza. Certo sono
fermenti ancora embrionali, ben
lungi dall’essere in grado di scalfire il radicatissimo sistema di potere mafioso-clientelare che soffoca
la vita politica, economica e civile
dell’isola. Ciò non toglie che ogni
vera ipotesi di trasformazione della
Sicilia (e del Mezzogiorno in generale) passa obbligatoriamente attraverso un nuovo protagonismo
sociale e politico di base, partendo
dalla realtà specifica delTisola, e
non importando modelli culturali
o piani di sviluppo elaborati a tavolino altrove.
Ipotesi a medio termine
Se questo è, a grandi linee, il
quadro attuale della realtà meridionale, come si può collocare la
continuazione e/o il rilancio del lavoro del Servizio Cristiano? Una
delle maggiori — e forse più fondate — critiche espresse negli anni passati nei confronti del Servizio
Cristiano è stata quella di aver sviluppato una mega-opera, bella, efficiente, ma in qualche modo finalizzata a se stessa, che non ha saputo cioè aggregare attorno a sé
forze sociali e politiche capaci di
imprimere una trasformazione complessiva e sostanziale della realtà
circostante. Il Servizio Cristiano
cioè avrebbe seguito, inconsapevolmente, la stessa logica dei famosi «poli di sviluppo », rimasti
« cattedrali nel deserto ». Gli si è
rimproverato inoltre la sua « apoliticità », ciÒè la sua riluttai^a di
principio ad impostare il suo intervento a partire da un’analisi politica di classe della realtà, che puntasse programmaticamente su determinate figure sociali e forze politiche. Lo si è accusato di fare un
discorso generale e astorico sull’uomo, anziché un discorso politico
sugli uomini divisi dalla letta di
classe. Sarebbe opportuno riaprire il dibattito su queste ed altre
critiche negative espresse in questi
20 anni, non certo per il piacere
di dare ragione agli uni o agli altri, ma per avere ben chiara la
via da seguire in questa nuova fase del lavoro. Del resto, una tale
valutazione critica non solo è necessaria ma viene imposta dal fatte stesso che sta per subentrare
un nuovo gruppo, più giovane, che
certamente avrà formazione, idee e
impostazioni diverse. D’altronde,
in questa fase di ricerca di nuove
persone per il gruppo, la domanda
spontanea è proprio questa: cosa
si vuole? Portare avanti l’esistente
con la stessa impostazione, o rilanciare il progetto su nuove iDasi, con
nuove ipotesi? Mi sembra ovvio
che rimpostazione del lavoro va discussa e costruita insieme, comunitariamente, a cominciare da quelli
che si sentono di tentare questa avventura, ma non solo, anche con
altri fratelli e sorelle, in Italia e
aH’estero, che hanno a cuore quest’opera, e anche con le forze so
ciali, politiche e cùlturali impegnate nella trasformazione del Mezzogiorno.
Linee programmatiche
Non possiamo però fare a meno
di proporre fin d’ora alcune ipotesi
orientative, da discutere e da verificare. Intanto ritengo che, aH’inizio di una nuova fase del lavoro,
sarebbe necessario e opportuno
compiere un’approfondita indagine
sociologica della città, onde avere
un’idea precisa sulla realtà attuale,
a livello di economia, di redditi, di
rapporti di produzione, di rapporti sociali, di forza-lavoro occupata e disoccupata, di livello culturale, ecc. Un anno di lavoro per un
sociologo. I dati dell’inchiesta andrebbero poi coiifrcntati con altri
a livello provinciale e regionale.
Sarebbe questo il modo migliore
per valutare la validità o meno
delle attività attuali del Servizio
Cristiano e per individuare con
precisione i nuovi bisogni della città e del territorio.
Detto questo, penso che si possa
realisticamente ipotizzare un programma a medio/lungo termine articolato sui seguenti punti:
1) Assicurare la continuità dei
settori di attività attualmente esistenti in quanto ne riconosciamo
sia la non esaurita validità sia la
necessità per conservare un aggancio reale con la gente. Tutti questi
settori dovranno mantenere e potenziare il loro carattere sperimentale, di laboratorio, cioè costituire,
oltre ad un effettivo servizio reso
alla popolazione, punti di riferimento significativi e stimolanti per
altre forze fuòri di Riesi.
2) Puntare contemporaneamente e programmaticamente verso la massima socializzazione del
progetto. Infatti, sarebbe sicuramente Un segno di fallimento se
fra 15 o 20 anni le attività del Servizio Cristiano fossero ancora etero-dirette da persone estranee all’ambiente. Evangelicamente parlando, vorrebbe dire che il sale non
si è sciolto. Tutto ciò che ha fatto,
fa e farà il Servizio Cristiano ha
senso se diventa — senza aspettare
le calende greche — patrimonio
della popolazione locale e regionale. Nel medio termine, ciò vuol
dire creare le condizioni per andare
verso un’autogestione delle scuole,
della fabbrica, del centro agricolo,
del consultorio, eoe. così come, del
resto, è avvenuto con la cantina
sociale. Essendo il Servizio Cristiano un’opera che ha come motivazione e fine ultimo la testimonianza evangelica, sarà opportimo coinvolgere prima di tutto la comunità
valdese locale, a livello dei suoi
membri impegnati e dei giovani.
3) Una delle condizioni per giungere a questo è di inserire nel
gruppo, fin dall’inizio, persone di
Riesi o comunque meridionali. Ciò
anche per ridurre il più possibile
la distanza che è sempre esistita
tra Riesi e il gruppo.
4) Inserirsi attivamente nella
strategia delle chiese valdesi e metodiste per una presenza evangelica significativa nella trasformazione del Mezzogiorno. Data la realtà
frammentata e non comunicante
delle opere e delle chiese della Sicilia, il Servizio Cristiano potrebbe giocare — data anche la sua posizione geografica centrale — un
ruolo di stimolo, di collegamento,
di proposte, di iniziative di tipo
teologico, evangelistico, culturale, ecc.
5) Rilanciare l’azione socio-politica e culturale, con animazione
socio-culturale a livello giovanile,
organizzazione di dibattiti, conferenze, seminari, partecipazione critica alla vita politica del paese, iniziative per la pace e il disarmo,
contro la mafia, ecc.
6) iJollegérsi ih modo organico
con i nuovi movimenti esistenti in
Sicilia (comitati per la pace, cooperative giovanili, centri di documentazione, movimento delle donne, comunità di base e cattolici progressisti, Comune di Catania, Adelfia, Comiso) e ogni altra realtà significativa.
7) Sviluppare i contatti intemazionali esistenti, instaurarne dei
nuovi, specie con i movimenti impegnati nella lotta per la pace e il
disarmo, neH’ecologia, nei rapporti Nord/Sud. Tentare di avere contatti con gruppi e movimenti nell’area mediterranea (Medio Oriente
e Nord Africa), onde approfondire
una delle potenzialità naturali della
Sicilia, dal punto di vista economico e culturale.
8) Prendere in considerazione
il suggerimento di utilizzare il Servizio Cristiano come scuola teorica/pratica per diaconi della Chiesa
Valdese.
Comunità di credenti
al servizio degii altri
Perché questi orientamenti generali possano diventare programma
a medio termine, è necessario giimgere alla costituzione di un gruppo comunitario fortemente moti
vato e sufficientemente numeroso
(da 15 a 20-25 persene). Dovrà essere un gruppo di credenti militanti
Jean-Jacques Peyronel
{continua a pag. 12)
8
8
lenìsnio
Realtà e speranza
(segue da pag. 1)
stimonianza evangelica sul significato di questa marcia per
la pace. Si è quindi saliti, ciascuno munito di fiaccola, fimo alla
« campana dei caduti » fatta
fondere 60 anni fa, da un prete
di Rovereto, Don Antonio Rossaro, con i cannoni della 1* guerra mondiale. Tutto il luogo dove
® posta questa immensa campana dal suono impressionante, è
intriso di significati simbolici:
la campana rifusa tre volte! La
pace è fragile e va costruita ogni
giorno! I simboli delle nazioni
di tutto il mondo vi sono rappresentati e dopo una preghiera
m varie lingue la campana è
avviata, per i suoi consueti
100 rintocchi di pace.
Infine venti delegazioni di almeno quattro partecipanti ciascuna, si _ sono recati domenica
mattina ai culti o alle messe delle singole chiese cattoliche o
evangeliche più vicine. Anche qui
1 entusiasmo e la gioia della popolazione si è manifestata nei
modi più svariati e simpatici.
peccato fatta a turno da un rappresentante cattolico, ortodosso
e_ evangelico, la confessione insieme della fede e l’abbraccio
di pace, non sono state delle pure forme liturgiche, ma uno di
quei momenti « forti » della vita
che diffìcilmente potrò dimenticare.
La giornata e rincontro ecumenico europeo si sono conclusi
con un ricevimento, da parte delle autorità cittadine e della Regione, al castello del Buonconsiglio, splendido edificio dove,
finp alla venuta di Napoleone,
risiedette il Vescovo-Conte di
Trento!
Concludendo
L’incontro a Trento
E’ stato il punto culminante
dell’incontro. Nella cattedrale di
Trento che vide le ultime sessioni del Concilio cattolico del
XVI secolo, i partecipanti si sono seduti nella navata centrale
in un ampio rettangolo circondati da una folla festante che
riempiva ogni angolo della basilica. Personalmente non sono
un entusiasta per questo tipo
di manifestazioni, ma posso dire che Tatmosfera di gioia autentica e il contenuto delle preghiere e della confessione di
Questo tipo di incontri ha un
valore notevole per le conoscenze, gli scambi di informazioni
reciproche di prima mano, che
si possono fare. Ma la mia impressione, condivisa da altri, è
che a Riva del Garda è accaduto qualcosa di nuovo. E se è opera dello Spirito Santo, un incontro come questo non potrà non
portare dei successivi frutti positivi.
L’impressione generale è che
sempre più credenti si rallegrano quando si manifesta un segno di pace e riconciliazione in
Cristo nelle chiese e sempre di
più aumenta la tristezza e lo sgomento quando si erigono barriere che non si capiscono e che
sembrano senza via d’uscita. Ritengo che nell'attuale stasi dell’ecumenismo, questo di Riva
del Garda sia stato un momento
felice che mi auguro non resti
isolato.
Thomas Soggin
SEGRETARIATO ATTIVITÀ’ ECUMENICHE
Mozioni del S.A.E.
Terminiamo la pubblicazione delle mozioni della XXII sessione del SAE (vedi numero scorso) con due documenti sul BEM, il
primo votato dai circa 450 partecipanti con 4 voti contrari e 9
astenuti, il secondo all'unanimità.
I partecipanti al Gruppo di
studio su « L’Eucaristia nel
B.E.M. » hanno ancora una volta
avvertito con angoscia l’assurdità della non condivisione della
comunione eucaristica tra cristiani di diverse confessioni, in
un momento in cui si è realizzata una convergenza, sul piano
della fede, sufficiente per l’ospitalità eucaristica reciproca.
II Gruppo, nei due giorni di
confronto, si è sostanzialmente
ritrovato nel testo di Lima, ed è
concorde con l’affermazione al
n. 26: « Poiché diventa un solo
popolo, partecipando alla mensa
dell’unico Signore, l’assemblea
eucaristica deve necessariamente
preoccuparsi di raccogliere anche coloro che oggi si trovano
al di fuori dei suoi confini visibili, perché Cristo ha invitato al
suo banchetto tutti coloro per i
qt^li è morto. Il fatto che i cristiani non possano riunirsi in
piena comunione intorno alla
medesima mensa per mangiare il
medesimo pane e bere al medesimo calice, indebolisce la loro
testimonianza missionaria, sia a
livello individuale, sia come comunità ».
me, tanto più acuta in situazioni di leale ricerca ecumenica e
di incontro fraterno, e al tempo
stesso teologicamente serio, quale è quello delle sessioni del
SAE.
I partecipanti alla XXII Sessione di formazione ecumenica
del SAE (Segretariato Attività
Ecumeniche) sul tema « La credibilità ecumenica delle Chiese e
il B.E.M. »
— resisi conto tffterioimente,
e per esperienza sofferta, di
quanto sia decisiva la tappa attuale del cammino ecumenico,
che sollecita le chiese a prendere posizione nei confronti del
B.E.M.
Pertanto, considerando l’Eucarestia non solo come espressione
di un’unità già raggiunta, ma anche come stimolo e causa di
un’unità verso cui camnìinare, e
in coerenza con lo sforzo di recezione del B.E.M. proposto a
tutte le chiese, i corsisti chiedono alle chiese stesse che, attraverso i propri organi consultivi
e decisionali, prendano in considerazione e accolgano questa
aspirazione comune alla condivisione dell’Eucaristia, tenendo anche presente la sofferenza del popolo di Dio che in essa si espri
— esprimono viva preoccupazione perché non solo è ancora
troppo scarsa la partecipazione
del popolo di Dio al movimento
ecumenico, ma anche e soprattutto perché una inadeguata preparazione porta inevitabilmente
al rischio che le chiese si disimpegnino, di fronte alla provocazione delle quattro domande che
il CEC (Consiglio Ecumenico
delle Chiese) ha loro rivolto per
la recezione del B.E.M., con delle risposte prevalentemente confessionali, o tali che coinvolgano
il minimo possibile la reale riforma della Chiesa;
— si fanno perciò carico di incoraggiare e sostenere in pieno
la fatica che stanno compiendo
i due Gruppi misti del SAE
(quello teologico e quello della
catechesi) nel loro impegno di
approntare a servizio delle chiese in Italia una loro chiara presa di posizione sul B.E.M. che
rappresenti im orientamento di
recezione ispirata ai principi di
un autentico ecumenismo.
Messaggio ai cristiani d’Europa
Terzo Convegno Ecumenico Europeo della Conferenza delle Chiese Europee e del Consiglio delle
Conferenze Episcopali d’Europa
Confessare insieme la nostra fede? Quale speranza
per l’Europa? E’ con questa
duplice preoccupazione che
noi, rappresentanti delle Chiese d’Europa, ci siamo riuniti
dal 3 all’8 ottobre 1984, a Riva del Garda, Italia. Nei nostri lavori siamo stati incoraggiati dall’interesse manifestato dalle comunità locali,
dall’accoglienza che ci hanno
riservato e dalla preghiera
con cui ci hanno sostenuto.
impegna ognuno a porre gesti di speranza. Se noi non lo
ascoltassimo ci renderemmo
colpevoli davanti a Dio e davanti agli uomini. Anche la
rottura della nostra unità attorno alla Tavola del Signore è una delle conseguenze
delle nostre mancanze. Dobbiamo perciò impegnarci in
ogni modo per ritrovare la
piena comunione eucaristica
ed ecclesiale.
senziali del Simbolo di NiceaCostantinopoli, rincontro fraterno e la preghiera hanno
rafforzato la certezza che anche noi siamo in gran parte
responsabili dell’unità dei
Cristiani come dell’avvenire
dell’Europa. La nostra comune confessione della fede ci
Confessare
insieme la fede
Quale speranza
per l’Europa?
Tutte le Chiese di Europa
hanno in comune il Simbolo
di Nicea-Costantinopoli, redatto nel IV secolo dopo Cristo. Esso fa parte della liturgia delle Chiese Ortodosse,
della Chiesa Cattolica Romana, della Chiesa Anglicana e
delle Chiese della Riforma. Il
Simbolo costituisce dunque
un legame prezioso che unisce queste Chiese separate e
noi abbiamo visto in esso
una grazia di Dio.
Nonostante le divergenze
che tuttora sussistono nella
sua interpretazione, abbiamo
cercato di approfondire questo Simbolo e di applicarlo
ai nostri tempi. Confidando
nell’aiuto dello Spirito Santo
noi lo abbiamo recitato per
confessare la nostra fede, assieme alla comunità, riuniti
nella Cattedrale di Trento, la
domenica 7 ottobre 1984.
Per quanto questo luogo ci
ricordi le divisioni che tuttora sussistono, questa comune
confessione di fede, espressa
oggi e qui, traduce la nostra
speranza ih quella piena riconciliazione delle nostre
Chiese verso cui lo Spirito
Santo ci sospinge.
Il nostro Credo sostiene
dunque la nostra speranza, e
in un modo del tutto particolare. Esso infatti rende testimonianza al Dio Trinità
che dona a tutti futuro e speranza, e nello stesso tempo
Questa comune proclamazione della nostra fede non
vuole certamente essere la risposta immediata alle tante
domande ed a tutti i problemi che oggi gravano sull’Europa divisa.
La nostra fede ci ricorda
però l’amore di Dio per tutti
gli uomini e ci incoraggia ad
andare avanti insieme sulla
via che condurrà l’Europa e
il mondo alla riconciliazione
e alla pace.
Anche la nostra commovente visita a Rovereto, al Memoriale dei Caduti di due
guerre mondiali, e il richiamo della Campana della Pace ci hanno invitato a fare
ogni sforzo affinché Tumanità sia preservata dalla guerra atomica, e a chiedere con
energia un vero disarmo nel
mondo.
Non dimentichiamo inoltre
che parlare di riconciliazione
e di pace nel mondo significa
altresì parlare di riconciliazione e di pace fra le Chiese.
E’ in gioco infatti la nostra
credibilità. Presenti in tutta
l’Europa i Cristiani dunque
possono e vogliono essere
strumenti di riconciliazione e
di pace nella giustizia.
impegna perciò a cercare nuove vie per rispondere insieme
ai problemi che il mondo
moderno ci pone e per offrire agli uomini, assieme al nostro doveroso servizio di aiuto, quella partecipazione che
Cristo stesso ci comanda. Pace, disarmo, diritti dell’uomo,
il ruolo della donna nella
Chiesa e nella società, la disoccupazione, la miseria e la
ecologia: ecco alcuni dei difficili problemi per cui come
Cristiani, assieme agli altri
uomini, dobbiamo cercare soluzioni.
E’ questa la sfida che la
nostra comune confessione
di fede ci pone, ed è la sfida
che noi dobbiamo condividere con voi, fratelli e sorelle
in Cristo. Noi vi invitiamo
perciò a dire insieme il Simbolo di Nicea-Costantinopoli
sia nella nostra vita di Chiesa che negli incontri ecumenici, a valorizzare il Simbolo
come sostegno della vostra
fede, ad approfondire ognuna delle sue grandi affermazioni ed a scoprire nella sua
luce le attuali applicazioni
pratiché da realizzare in comunione con tutte le Chiese.
Agire insieme
Ma il confessare insieme
la nostra fede significa anche
proclamare la lode di Dio, e
offrire a Lui noi stessi. Significa inoltre pregare questo Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo, affinché ci faccia
il dono dell’unità fra i Cri:
stiani e della pace nel mondo.
E’ a questa preghiera, a
questa professione della nostra fede, a questa lode di
Dio che noi siamo tutti chiamati oggi.
L’esperienza che abbiamo
vissuto a Riva del Garda, nello studio degli elementi es
Riva del Garda,/Trento
7 ottobre 1984
a cura di Sergio Ribet
Quale pace?
Da «Idea«, servizio informazioni della Alleanza Evangelica
Italiana, anno IX n. 2 (marzo-aprile 1984), riportiamo un Manifesto
per la Pace, redatto dalla « Chiesa dei Fratelli » di S. Lazzaro di
Savena (Emilia), su sollecitazione del Comitato Autonomo per la
Pace della stessa cittadina.
5. Nell’annunciare l’Evangelo,
nel testimoniare la nostra fede,
nel pregare il nostro Dio, noi
crediamo di compiere un reale
servizio agli uomini in favore
della pace. Questa è la fiducia e
la speranza che ci sostiene come figli e discepoli del « Signore Iddio Onnipotente che era,
che è e che viene! ».
« Colui che prende le armi non
si vanti come colui che le depone! ».
(dalla Bibbia)
Noi Cristiani evangelici di
S. Lazzaro, coscienti della necessità di confessare, in un momento di così grave tensione, il pensiero che si fonda nella nostra
fede, desideriamo esprimere alcune convinzioni sul tema della
pace. Non avendo alcun proposito di tipo politico ci esprimiamo unicamente come testimoni
di Cristo Gesù.
1. Noi Evangelici siamo uomini di pace in quanto discepoli
di Gesù Cristo, il Principe ed il
donatore di quella pace autentica che il nostro mondo è incapace di offrire. Ci adoperiamo
perciò nei modi e con i mezzi
che Dio ci indica per il raggiungimento di ima pace reale per
tutti gli uomini.
2. Il nostro impegno per la
pace, secolare patrimonio di
ogni vero evangelico, non nasce
daH'odierna ed universale paura
del nucleare, ma dall’amore per
il nostro prossimo. Quell’amore
cioè che Dio ci ha donato e che
ci rende capaci di amare ogni
uomo senza distinzione di razza
o condizione.
3. Noi crediamo che la pace
autentica sia in primo luogo una
realtà interiore prodotta nel
cuore dell’uomo dalla fede nell’annuncio dell’Evangelo. E’ cosi che la pace ci ha raggiunto
ed è in questo modo che noi desideriamo trasmetterla ad altri.
4. Poiché crediamo nella forza e nella potenza della preghiera, noi invochiamo il nostro Signore affinché i governanti di
tutta la terra sentano la responsabilità, affidata loro da Dio, di
agire per il raggiungimento di
una pace stabile e duratura.
La Chiesa Evangelica
di S. Lazzaro
SAE Triveneto
Domenica 28 ottobre avrà luogo a Mestre, nella Casa card.
Urbani in via Castellana 16/A il
XXI Convegno dei Gruppi ecumenici del Triveneto. Il Conve-'
gno, che si aprirà alle ore 9.30
con una meditazione biblica di
Emidio Sfredda, sarà dedicato
al tema « Riconciliazione cristiana e comunità degli uomini »,
con lo studio del documento della CEI in previsione del Convegno del prossimo aprile. Il documento sarà presentato da Luigi Sartori per parte cattolica e
da Teodoro Fanlo y Cortes per
parte valdese.
ñ
0
9
19 ottobre 1984
crooàca delleValli 9
RAPPORTI CHIESA VALDESE-REGIONE PIEMONTE
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ft
Un contributo di iaicità e partecipazione
Pubblichiamo qui sotto il discorso che il moderatore della
Tavola Valdese ha tenuto lunedì
S ottobre in occasione della firma
del protocollo integrativo dell’Intesa tra la Tavola Valdese e
la Regione Piemonte in ordine
alla assistenza sanitaria negli
ospedali valdesi in Piemonte.
Nel prossimo numero pubblicheremo parti dei discorsi del presidente Aldo Viglione e dell’assessore Sante Bajardi.
Signor Presidente, sig. Assessore, signori,
è la seconda volta in quest'anno che mi accade di apporre una firma a un documento
ufficiale con delle autorità della
Repubblica Italiana, ma mi sia
consentito di parlare oltre che
come valdese, come piemontese.
De^ o dire che in questa mattina
— in quest'ora — mi vibrano nel
cuore dei sentimenti diversi e
più profondi di quelli che ho
pro\ato personalmente a febbraio quando è stata firmata
l’Intesa tra la Repubblica Italiana e le chiese valdesi e metodiste. Questi sentimenti che vibrano nel mio cuore sono resi più
profondi da un certo senso di
riconoscimento verso le autorità democratiche regionali perché esse hanno accettato volentieri che questa firma avvenisse
qui a Torre Pel lice. Due anni fa
venni a Torino, nella sede delramorità democratica regionale,
ma mi fa piacere che questa
volta accada qui nell’aula sinodale che è il cuore della democrazia delle chiese valdesi e metodiste in Piemonte e in Italia.
Con questo piccolo gesto simbolico di venire a Torre e con
il grosso lavoro che sta dietro i
documenti che stiamo per firmare direi che la Regione Piemonte ha dimostrato di essere all’altezza della sua migliore tradì/ione. Senza sciovinismi regionaii siamo fieri di vivere nella
regione di Cavour, nella regione
di Gobetti e nella regione in cui
Antonio Gramsci ha realizzato
la parte più significativa della
sua opera. Non ho alcun dubbio come \aldese e come cittadino italiano che il Piemonte sia
staio nelTepoca liberale e sia
oggi nell'epoca democratica della nostra società un laboratorio
straordinario sotto il profilo economico, culturale, politico, religioso e sociale.
Se Dio ci dà vita, varrà la pena qualche volta insieme — credenti e non credenti, protestanti c cattolici — di rivalutare un
po' la storia di questo laboratorio che è il Piemonte. Pensiamo
30 anni fa quante volte ce Tha
detto Filippo Burzio nei suoi
scritti, Tl quale ci ricordava come sia nei tempi illuminati che
nei tempi bui, il Piemonte fosse
stato e fosse un laboratorio
straordinario e ricco di dialettica. Forze diverse, ipotesi diverse si sono confrontate vitalmente, creativamente in questa
regione. Noi valdesi riteniamo di
far parte di queste forze che si
confrontano e costruiscono qualcosa in questo Piemonte.
Molti anni fa Guido Piovene
nel descrivere le regioni d’iialia, ha reso omaggio a questo
pluralismo della vita pierpontesc raccontando la storia industriale. In modo un po’ giornalisticro per la verità, diceva: « Piemonte contro Piemonte » alludendo alla dialettica tra Pella e
Valletta. Ma si può immaginare
anche questo: gruppi, tradizioni, iniziative diversificate non
antagoniste che costruiscono
questa regione neH’ambito del
paese, nell’ambito dell'Europa.
Il Piemonte storico, quello dei
Savoia, ha talvolta mancato di
decentramento e perciò a noi
valdesi che patimmo sotto i Sa\'oia interessa questa Regione
Piemonte che dimostra con lungimiranza di sapere rispettare
le autonomie storiche e istituzionali di questa regione. Storiche per noi che siamo stati emar
ginati per tanto tempo e « benevolmente tollerati » per troppo
tempo; a noi fa piacere che il
contenuto positivo della nostra
tradizione valdese sia invece stato e sia riconosciuto. E ci fa anche piacere che due armi fa^'Ii^
tesa regionale abbia anticipato
Tpitesa naz:ìoimlè. Il past. Taccia”—-’^érTaTavola — firmò a
Torino con l’allora presidente
della regione l'Intesa sui nostri
ospedali un anno prima dell’Intesa nazionale e questo quando
la Regione, la Provincia, il Comune ci avevano appog^ati a
fondo nella nostra battaglia delle intese nazionali, battaglia che
allora sembrava perdente e che
invece poi si è proprio sostanziata di questi contenuti democratici.
Perciò siamo grati di questa
giornata e intendiamo dire con
tutta chiarezza che desideriamo
essere attivi in questo rapporto
con la Regione. Forse con un
po’ di presunzione vorrei dire:
noi pensiamo — per noi intendo i credenti delle nostre chiese, laici anzitutto e poi i pastori— di dare un contristo di laici^_e un
fazione.
~Ìòntributo di laicità: noi sappiamo che la società moderna
cambia, che non si regredisce
verso il passato e noi vogliamo
esprimere il nostro desiderio di
servizio, di servizio cristiano, in
un contesto di laicità senza mai
nascondere le motivazioni della
nostra fede. Le proclamiamo in
parola (chi viene al nostro Sinodo, chi viene al culto di apertura del nostro Sinodo può vedere mille persone che proclamano con semplicità la loro fede) e soprattutto intendiamo
praticarle: siamo disposti a fare dei sacrifici e anche li facciamo. Per gli ospedali di cui
tratta questo protocollo, come
per le nostre altre opere sociali,
noi chiediamo ai credenti, ai
militanti delle nostre chiese sol
Ho parlato prima di servizio,
è molto chiaro che in questo
lavoro i credenti che fanno parte del mondo valdese entrano
con tutta la loro fede, ma non
è la fede del soldato o dell’ufficiale che vive in un fortilizio
assediato e che conduce una
guerra di logoramento per far
tornare indietro altri su temi di
vita privata, o di vita pubblica. In
questo campo la nostra fede può
forse essere espressa da tm detto del Vecchio Testamento; nel
libro deU’Ecclesiaste che dice:
« Getta il tuo pane sulle acque
e un giorno lontano tu lo rit^
verai ». Cioè opera con fiducia,
fa, costruisci, opera, discuti, non
temere; i risultati verranno. _ E'
in questo senso che noi vi ric^
viamo e anche mettiamo a disposizione degli enti democratici le nostre istituzioni in questa
fiducia assoluta. Getta il tuo pane sulle acque e un giorno lontano lo ritroverai.
Giorgio Bouchard
(trascrizione non rivista
dall’autore)
Il dr. S. Bajardi, l’avv. A. Viglione, if past. G. Bouchard.
di e soldati. Chiediamo alle famiglte'^'di'^are i loro figli migliori, chiediamo alle persone
di fare certi sacrifici perché esiste un’interprelazigie nostra dd
volontàriafp cEé"c[ésl3enaìÌìo
mantenere^ e sottolineare.
Dall’altra parte noi riteniamo
di poter dare un contributo di
partecipazione. Nel protocollo
che andiamo a firmare mi è piaciuto molto Tart. 10 in cui c’è
l’impegno a riesaminare tutto
quanto in futuro, sulla base dell’Intesa nazionale, giustamente.
Perché come la vita del Piemonte cresce e si sviluppa, così
noi non vogliamo rinserrare i
nostri fortilizi ecclesiastici p>er
avere un maggiore potere contrattuale mentre partecipiamo
allo sviluppo della gente e anche delle istituzioni democratiche. Certo in un senso l’Intesa
nazionale è più ampia di quella
regionale ma in realtà l’Intesa
regionale dà sostanza e contenuti reali all’Intesa nazionale.
La mia emozione, la nostra
gioia non impedisce di prevedere in futuro dibattiti e, perché
no, qualche conflitto. Noi viviamo in una democrazia conflittuale e chi di voT^nbscèTàT^iIèsa I?aldese sa che la chiesa v^dese è uno degli eseiSyl^nigu^
il
■Sin5Ho”ni"'TljB''éséniporrnostri comitati, i nostri concistori
lo sono e riteniamo la nostra
chiesa sia in questo senso ima
falestra di democrazia. Nell’amifo democratico generale i conflitti accadono, noi siamo però
profondamente convinti che una
democrazia conflittuale gestita
con onestà, con apertura, con
capacità di ascolto possa elevare i contenuti di democrazia ma
anche di giustizia. Perché là dove vi sono molte voci, là dove
vi è dibattito è molto più facile
che i lavoratori, i poveri, i malati, abbiano uno spazio di
espressione molto più che in società, magari organizzate apparentemente meglio, ma dure e
spietate.
CIRCUITO VAL PELLICE
Si ristruttura l’Ospedale
Partecipazione e vivo interesse ha destato l’incontro di lunedì 8 scorso a Torre Pellice
promosso dalla Commissione
Distrettuale, dal I Circuito e
dalla CIOV sui problemi della
ristrutturazione dell’Ospedale
Valdese di Torre Pellice. Il pastore Taccia, presidente della
CIOV, ha presentato il problema
nelle sue linee generali rallegrandosi tra l’altro dei contatti,
ultimamente intensificatisi, tra
opere assistenziali o sanitarie e
comunità di fede. Dopo gli anni
del disinteresse («quando si parlava di CIOV il Sinodo prendeva il caffè in giardino ») sono
subentrati gli anni del dibattito radicale: bisogna disfarci delle opere, dicevano gli uni, oppure, dicevano gli altri, facciamo
strutture assolutamente private,
ce le paghiamo noi e nessuno ci
controlla. Tra i due estremi è
finita col prevalere Tipotesi intermedia che prevede, giustamente,
la messa a disposizione dell’ente
pubblico delle nostre strutture
assistenziali.
Anche il recente protocollo firmato a Torre Pellice tra Tavola
Valdese e Regione Piemonte va
in quest’ultimo senso, permettendoci tra l’altro di essere reali
interlocutori sia nei confronti
della Regione, sia delle locali
USSL. Ormai è chiaro per tutti
che in questo campo la chiesa
valdese non chiude nulla, anzi
si utilizza tutto l’utilizzabile
purché risponda a reali esigenze
e purché ogni struttura risponda alle norme attualmente vigenti.
Applicando il discorso all’Ospedale Valdese di Torre Pellice
risulta chiaro che una struttura,
rimaneggiata e pur arricchita
a più riprese, risalente al 1823
vada oggi radicalmente migliorata. E su questo punto l’architetto Decker, autore del progetto di ricostruzione — oggi all’esame dell’apposita commissione al Comune di Torre Pellice
— ha illustrato ai presenti gli
adattamenti e le nuove soluzioni
studiate: un grande corpo interamente nuovo dovrebbe sostituire l’attuale palazzina dove sodo ricoverati gli psichici (i quali verrebbero trasferiti negli ambienti di Villa Olanda a Luserna San Giovanni), mentre la
parte vecchia, collegata con la
nuova, verrebbe interamente
rinnovata al suo interno. I costi di questa operazione superano il miliardo e mezzo. Anche
questa volta parte della somma
sarà, almeno si spera, reperita
presso amici protestanti stranieri. Ma è fuori discussione che
una buona fetta grava anche
sulle nostre spalle. In attesa che
questo giornale torni sull’argomento con maggior ampiezza e
precisione segnaliamo, in questa
cronaca, l’impegno che l’assemblea (cui erano presenti membri
di tutti i Concistori della Val
Penice) ha lanciato ai Valdesi
della Val Pellice: cinquantamila lire a testa! Sono quasi 7.000
i Valdesi regolarmente iscritti
nei registri delle chiese valdesi
della Val Pellice, se ognuno fa
questo minimo sforzo aiuta
enormemente la soluzione del
problema.
Il primario Mathieu ha paragonato l’attuale Ospedale ad una
« cinquecento » che, con dieci
persone dentro, è lanciata ai
cento all’ora. Fuor di metafora,
Mathieu ha chiaramente indicato i limiti di una struttura ormai
logora che attende un radicale
rinnovamento per poter andare
avanti.
Sicché anche da parte sanitaria è giunta una voce competente e convincente nel premere per
accelerare l’inizio della ristrutturazione, a tutto vantaggio dei
pazienti (quelli di oggi vivono
in cameroni di 12 letti e a volte
ci sono brandine sparse) e del
personale che vi lavora. Qualcuno, a proposito della ristrutturazione, ha osservato che i Vaidesi non daranno offerte significative fin quando non vedranno l’inizio vero e proprio dei lavori. I lavori comunque inizieranno presto anche se, già in
partenza, non c’è assolutamente
la copertura necessaria per garantire l’intera esecuzione. Insomma una scommessa. L’Associazione degli Amici dell’Ospedale (1 cui membri a turni volontari assistono gli ammalati
più bisognosi e soli) ritiene che
se ci sarà una corretta informazione nelle comunità si dovrebbe
raggiungere la copertura necessaria. Si è infatti in attesa di
un audiovisuale e di un opuscolo illustrativo, con cedole da
sottoscrivere, in modo da far
circolare al massimo l’informazione sul nuovo progetto.
Giuseppe Platone
Furto
VILLASECCA — Una famiglia
di Villasecca superióre è stata
derubata di una somma di denaro che teneva ben nascosta
in casa per le spese correnti.
Il furto è stato commesso in
pieno giorno, mentre gli abitanti
della casa si trovavano a poca
distanza occupati nei lavori agricoli. Questo fatto e la sicurezza con la quale sono state
trovate le chiavi e la scatola
contenente il denaro faimo supporre che non si tratti di estranei. Quindi, per i proprietari, al
daimo subito si aggiunge Tamara constatazione che molto probabilmente delle persone da loro considerate di fiducia non ne
erano affatto meritevoli e questo
causerà per l’avvenire una maggiore diffidenza tra gli abitanti
dello stesso villaggio.
Attenzione ai tassi!
Non soltanto i cinghiali sono
causa di danni per gli abitanti
della vai Germanasca. Un minatore che rientrava a casa in automobile dopo il turno serale
ha urtato contro un parapetto
per colpa di un tasso che attraversava nel buio la strada provinciale.
Il minatore ha raccolto l’animale, che non era morto ma
soltanto stordito, ed è andato
ad esporre l’accaduto alla guardia forestale di Ferrerò chiedendo il risarcimento dei darmi.
Il tasso, che nel frattempo protestava energicamente a modo
suo contro la cattura, è stato
rimesso in libertà, ma alla richiesta di risarcimento è stato
risposto che non c’erano disposizioni in materia.
Se è incontestabile il diritto
degli animali selvatici a vivere
una pacifica esistenza ai margini della vita civile, sarebbe altrettanto ragionevole che i danni da essi causati venissero rimborsati dagli enti che si assumono per legge la tutela del
territorio e della fauna locale.
Dibattito
PINEROLO -- Il P.C.I. della
zona di Pinerolo organizza per
lunedì 22 ottobre alle ore 20.45,
presso i locali del Centro Sociale di via Clemente Lequio un dibattito su: « Problemi giuridici,
politici ed etici dopo gli anni di
piombo in Italia ».
Partecipano: Rinaldo Buontempi (Capogruppo PCI alla
Regione), Amos Pigna teli! (Magistrato, di Magistratura Democratica), Bruno Rostagno
(Pastore della Comunità Valdese di Villar Perosa), Ermls Segatto (Sacerdote, docente alla
Facoltà Teologica di Torino).
10
10 cronaca delle^^lli
19 ottobre 1984
TORRE PELLICE
COMUNITÀ’ MONTANA VAL PELLICE
L’YWCA-UCDG a congresso
Discussione sulla
Nei giorni 5-6-7 ottobre si
è tenuto a Torre Pellice il XVIII
Congresso dell’YWCA-UCDG (la
vecchia, e ben nota nelle Valli,
« Unione cristiana delle giovani »). Tema conduttore: « La
donna in una società che cambia ».
Le sedute hanno avuto luogo
nella funzionale sala dei congressi del complesso alberghiero
Gilly, che l’YWCA-UCDG ringrazia pubblicamente per la generosa concessione del locale.
All’inizio di questo sommario
resoconto è forse necessario ricordare che TUCDG, fin dal 1894
— anno della sua fondazione —
-si è occupata in Italia, sul piano pratico e teorico, dei problemi connessi alla condizione femminile ed ha costituito xm luogo
d’incontro e di dibattito per donne Unite dalla comxme fede nel
Cristo, provenienti da diverse
confessioni religiose (anticipando così i grandi temi connessi
al femminismo e all’ecumenismo
che matureranno ben più tardi
a livello di coscienza comune).
Non va inoltre sottovalutata la
importanza della sua appartenenza all’Alleanza mondiale delle YWCA che — sulla base degli
stessi principi — è presente in
ben ottantatre paesi del mondo.
L’YWCA infatti prende parte attiva alle Conferenze indette dalle Nazioni Unite sullo status della donna e sui temi degli anni
intemazionali, ha un’osservatrice al Consiglio d’Europa, è tma
delle poche associazioni organizzate anche a livello europeo,
promuove congressi giovanili e
altri su vari temi (tra cui quello recente a Potsdam sul tema
« Vivere la pace »).
Sul piano nazionale l’attività
dell’associazione si esplica attualmente in queste direzioni:
— gestione di « foyers » a Torre Pellice e in alcune grandi città, ogmmo dei quali risponde a
particolari specifiche esigenze;
— interventi significativi, anche se lirnitati, in campo sociale: a Torino un appoggio concreto ad alcune iniziative a favore degli handicappati; a Torre Pellice promozione dell’attività dell’Avo (Associazione volontari ospedalieri) ed aiuto a
persone anziane e sole; ad Alessandria assistenza ai carcerati,
ecc.;
— presenza dell’UCDG nelle
Consulte femminili regionali,
provinciali e comunali, nei CAF
(Comitati Associazioni femminili), partecipazione al SAE (Segretariato attività ecumeniche),
adesione di alcune sezioni a Movimenti come il MIR (Movimento internazionale di riconcilia
zione), l’MCP (Movimento cristiano per la pace), la LOC (Lega obiettori di coscienza).
(La collaborazione maggiore è
però con il CNDI — Consiglio
nazionale donne italiane — a cui
l’associazione è affiliata e con
cui è stata presente ad esempio
alla Commissione Parlamentare
di inchiesta sulla condizione della donna a Bruxelles nel giugno
del, 1983);
— pubblicazione della Rivista
« Impegno » che non è solo la
voce dell’Associazione ma si rivolge a tutte le donne che intendono impegnarsi nella società, e che, per vie diverse, « ricercano valori essenziali »;
— organizzazione di cicli di
conferenze e simili (v. Torre
Pellice sulle religioni antiche,
Torino ecc.).
Nei pochi giorni di intenso lavoro, il Congresso ha studiato
l’argomento centrale proposto e
si è interrogato sull’identità della Associazione e sulle sue possibilità di incidenza e di azione
di fronte ai problemi incalzanti
della società di oggi. Le meditazioni approfondite e stimolanti delle socie Elena Ravazzini
(sull’urgenza di guardare all’esterno, sul pericolo di ridursi a
cerchia chiusa di persone che si
capiscono e si gratificano a vicenda) e Laura Trossarelli (sulla liberazione della donna ad
opera del Cristo) ci hanno aiutato a situare nella giusta luce
le tematiche da affrontare nel
corso delle giornate.
Le difficoltà che oggi l’Associazione incontra sono state individuate in ragioni di ordine
finanziario (affitti proibitivi che
si prospettano per i « foyers »,
spese per l’adeguamento alle
norme di sicurezza, costi connessi alla pubblicazione della
rivista, compensi al personale,
ecc.) ed anche, anzi soprattutto,
nella carenza di nuove iscrizioni ed adesioni per la ben nota
crisi a livello esistenziale, occupazionale ecc. che travaglia il
mondo giovanile. Tuttavia la sua
funzione non può ritenersi esaurita in una società come quella
odierna.
Citiamo dalla relazione presentata dalla Commissione esecutiva nazionale: « In una realtà che si fa sempre più pesante
e impegnativa non possiamo indugiare su questioni di ordinaria amministrazione e non prendere posizione attivamente sui
problemi che oggi creano tensione, insicurezza ed ansia nella
vita collettiva ».
Il contenuto delle mozioni approvate in chiusura e che costituiscono la sintesi dei dibattiti
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congressuali riguardano i seguenti temi:
— Invito al Comitato Nazionale ad accogliere la proposta
della Alleanza mondiale di dar
vita ad un programma di aiuto
a favore delle lavoratrici « migranti » nel nostro paese (a tal
fine l’Alleanza mondiale si impegna a sostenere l’iniziativa
per tre anni). Il Congresso ha
consigliato di prendere contatto
a questo scopo con il « servizio
migranti » che fa capo alla
FCEI.
raccolta rifiuti
— Auspicio perché nel dibattito in atto alla Camera sulla
proposta di legge relativa alla
violenza sulla donna si affermi
il principio che con tale violenza si offende la donna come persona e non la moralità in astratto. (Questa mozione verrà presentata in seno alle Consulte).
— Sollecitazione a collegarsi
sempre meglio con le altre Associazioni femminili al fine di
creare le condizioni perché la
donna sia sempre più preparata ad affrontare le trasformazioni sociali in atto.
L’ultimo giorno si è proceduto anche alla elezione dei 7 membri che, unitamente ad altri che
ne faranno parte a diverso titolo, costituiranno il Comitato
nazionale a cui è demandata la
responsabilità dell’Associazione
e del suo funzionamento per i
prossimi quattro anni. Sono risultate elette socie valdesi, metodiste, battiste e cattoliche
(Liana Berg - Dina Broli - Tina
Lunati - Frida Malan - Mirella
Bein - Flora Manfren). Tra di
esse è stato più tardi designato
l’ufficio di presidenza nelle persone di Liana Berg, Dina Broli,
Frida Malan. La responsabile
della rivista sociale, Elena Pontet, è tra le socie che faranno
parte di diritto del Comitato Nazionale. La Presidente uscente
Gabriella Titta a cui va la riconoscenza dell’Associazione per il
prezioso lavoro svolto, continuerà a seguire il lavoro del Nuovo Comitato per due anni.
Nel pomeriggio di sabato aveva avuto luogo la preannunciata
conferenza pubblica della prof.
Luisa La Malfa sull’argomento
conduttore del Congresso « La
donna in una società che cambia», conferenza che non esitiamo a definire di alto livello, seguita da due intendenti qualificati di Liana Berg, come socia
dell’YWCA e di Liliana Richetta come membro del CNDI.
Il 5 ottobre il Consiglio ha
preso importanti decisioni di
carattere pubblico. Gli interventi sono ormai interdipendenti
sia che si voglia salvaguardare
il territorio da calamità naturali sia che si intenda promuovere iniziative di sviluppo che
non possono sottrarsi a una
pianificazione.
Due di questi provvedimenti
riguardano appunto la sistemazione idrogeologica del bacino
del torrente Luserna nei Comuni di Rorà e Luserna S. G. e la
progettazione, con relativa direzione dei lavori, di sistemazione
idraulica del torrente Rio Secco
in Comune di Bibiana.
Il terzo concerne l’acquisto di
un compattatore e di un autocompattatore per raccolta rifiuti solidi urbani. Il piano per il
trasporto dei rifiuti alla discarica controllata A.M.G.A.S. di
Pinerolo è stato ammesso a contributo della Regione e ad esso
hanno aderito i Comuni della
valle: Bobbio, Villar e Bibiana
richiedendo in consegna l’attrezzatura, invece la Giunta di
Bricherasio, pur favorevole al
piano per il trasporto dei rifiuti, ha demandato al Consiglio
comunale le decisioni finali.
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(di fronte Caserma Alpini « Berardi »)
lidi nei Comuni dell’alta valle;
il 2° delegando la Giunta della
C.M. all’acquisto dell’autocompattatore per i Comuni di Bricherasio e Bibiana previa verifica, con gli amministratori dei
due Comuni, delle caratteristiche tecniche dell’attrezzatura. II
Sindaco di Bibiana ha votato
per questa decisione.
Il Consigliere Fornero invece
ha votato contro il rinvio dell’acquisto ritenendo che il voto
favorevole espresso anche dal
suo Sindaco con la minoranza
era in contraddizione con la deliberazione della Giunta di Bibiana la quale aderendo al piano di trasporto dei rifiuti aveva
già richiesto in consegna l’attrezzatura.
A. K.
TORRE PELLICE
Ciclo
di conferenze
C’è stato sconcerto alla comunicazione che i « cassoni »
per rifiuti in uso nel Comune
di Bricherasio, compresi gli ultimi di recente acquisto, non sono adattabili all’autocompattatore prescelto per cui il rappresentante di Bricherasio nella Comunità Montana, quale consigliere di minoranza, ha espresso la sua perplessità di approvare tout court la deliberazione
dell’acquisto non ritenendo che
abbia le caratteristiche per l’aggancio dei cassoni in dotazione
al suo Comune.
Il Presidente alquanto sbigottito ha rimarcato che il Sindaco
di Bricherasio mai aveva sollevato, negli incontri e confronti
susseguitisi da tempo, incertezza alcuna nemmeno in forma
cautelativa sul tipo di macchina
da richiedere.
Il Consiglio infine, su proposta del Consigliere di minoranza Bonansea, ha approvato la
deliberazione suddividendo il relativo dispositivo in due punti:
il 1” riguardante l’immediato acquisto del compattatore stazionario nel Comune di Villar Pellice per la raccolta dei rifiuti so
TORRE PELLICE — « Dove andremo a finire? ». E' la domanda che tutti si pongono davanti ai gravi problemi moderni e a cui il libro dell'Apocalisse dà una risposta.
Una serie di 10 conferenze sarà tenuta su questo scottante tema a Torre Pellice da venerdì 19 ottobre a domenica 28 ottobre ogni sera alle ore
20 nella sala del Mutuo Soccorso, in
via Roma 7.
Il conferenziere, Domenico Visigalli
ritorna per l’occasione nelle nostre
valli dopo 15 anni. Nel '69 Infatti tenne,,
nella stessa sala, una serie di conferenze largamente seguite.
Ecco i temi delle 10 conferenze:
1) Venerdì 19 ottobre, ore 20: L'Apocalisse: perché?
2) Sabato 20 ottobre, ore 20: La chiesa ieri.
3) Domenica 21 ottobre, ore 20: La
chiesa oggi.
4) Lunedì 22 ottobre, ore 20: Miracolismo e seduzione.
5) Martedì 23 ottobre, ore 20: Ha;ma
ghedon: cos'è?
6) Mercoledì 24 ottobre, ore 20: Harmaghedon: quando?
7) Giovedì 25 ottobre, ore 20: La settima tromba.
8) Venerdì 26 ottobre, ore 20: Cristo
ritorna!
9) Sabato 27 ottobre, ore 20: Resurrezione!
10) Domenica 28 ottobre, ore 20: Il
nuovo ordine sociale.
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cronaca delleYaUi íl
Torre Pellice; Gerire Emanuele e Margherita, Pomarettó; Tron Alma Pascal,
in memoria dei miei cari, Pomaretto;
Ferrerò Carlo e Enrichetta, Pomaretto;
Melchiori Eugenia ved. Peyronel, S.
Germano.
L. 10.000: Franco Monaco, S. Salvo; Graziella Bertalot, ricordando Elvina, S. Germano.
Totale al 30 settembre L.17.026.700
Totale precedente L. 64.771.090
TEMPO
DI CACCIA
Chi ama percorrere, per amore di
conoscenza ed interesse verso la natura. le strade di campagna, non può
rimanere indifferente osservando quello che ci circonda: un contorno costituito dalla fauna minore tuttora esistente, ma per quanto tempo ancora?
Gli uccelli durante il periodo non venatorio sembrano sprigionare allegria,
saltellando di ramo in ramo, dando
l’impressione di essere addomesticati
tanta è la loro quasi confidenza con
l'uomo. Raramente ci è data la possibilità di vedere altre specie di animali, se non qualche marmotta in alta montagna intenta a fare la propria
pulizia, qualche esemplare di pernice
che si avvicina incuriosita alla gente
seduta a consumare un pic-nic nei
prati.
Non mi è mai capitato di incontrare
un cacciatore con una macchina fotografica a cogliere qualche scorcio
di panorama, immortalando un esemplare di fiore raro, ma sempre e soltann rivolto ad usare violenza su anim.el: di tutte le, specie indifesi ed innoc-ii, responsabili di essere viventi.
Facile, quindi, avere contro la caccia un concetto ostile, una sensazione di disagio, una reazione all'idea di
■questo sterminio (necessario solo in
casi eccezionali).
Sono pochi che ne ricavano un tornac-cnto, includendo gli interessati, e
poca; altri, ma combinazione tutte le
associazioni dei cacciatori sono dirette da esponenti politici, tutto serve come serbatoio elettorale! (Tranne
per talune persone politiche, per le
quell la caccia ha sempre costituito
una forte passione).
Violti cacciatori si giustificano affermando che questo è sport, che
son'p vicini e sensibili ai problemi
ec'logici. Ma che dire sull’abbattimento di uccelli microscopici o su quello
di .animali protetti, sugli appostamenti
aniisportivi, sulla crudeltà nei metodi
di uccisione?
Occorre avere il coraggio di ridurre
tale attività o dire basta in un modo
pacato ma chiaro, ad uno sport eticamente ed ecologicamente deleterio.
Per correttezza, devo altresì aggiungere che non si può fare di ogni
erba un fascio, quindi se in parte taluni cacciatori hanno delle responsabilità dovute al loro comportamento, d'altro canto non si può non rendersi conto deH’esistenza del bracconaggio indiscriminato, dei prodotti utilizzati nell'ag-icoltura quali diserbanti, anticrittogamici ed altri veleni, che praticamente limitano se non rendono impossibile più della caccia la vita di tante
specie di fauna minore.
Luciano Pons, Torre Pellice
li
liare dovette fare il boscaiolo ed il
muratore.
Eli degli « Arvuar » era una persona
semplice: i suoi studi si erano fermati alle scuole elementari ma la
sua intelligenza e la sua bontà d animo lo portarono a farsi stimare da
quanti lo conoscevano. Una eloquente
dimostrazione l'hanno data i numerosissimi partecipanti al funerale svoltosi il 6 ottobre 84.
Cari « Susanic », Livio e Fiorella, vi
esorto ad essere fieri dell'eredità morale lasciatavi dal vostro caro Eli.
lo, personalmente, ho perso un amico sincero e generoso in ogni circostanza.
Purtroppo i nostri montanari valdesi se ne vanno e molto difficilmente
vengono sostituiti da giovani ormai avviati nel campo industriale che offre
una vita più agiata.
Scompaiono delle simpatiche figure
di Valdesi, pacifisti nel vero senso
della parola, tuttavia sempre fieri del
loro cappello alpino portato in liete
e, purtroppo, tristi circostanze.
Alberto Long, Pinerolo
FONDO RISTRUTTURAZIONE
Totale
L. 81.797.790
« E oTa Signore, che aspetto?
La mia speranza è in Te. Liberami da tutte le mie trasgressioni » (Salmo 39: 7)
Il marito Sergio e i figli Davide e
Lucidla annunciano ohe
Asilo dei Vecchi
di San Germano Ghisone
ELI LONG
E' mancato Eli Long da molti conosciuto come Eli degli « Arvuar ».
Eli ha lasciato questo mondo dopo
atroci sofferenze sopportate con cristiana rassegnazione. Lascia I affezionata moglie Susanna Long, « Susanic »
per gli amici; i figli Livio e Fiorella,
la sorella Elsa con le rispettive fami
glie.
Ed ecco un altro agricoltore valdese
che ci lascia, difficilmente sostituibile.
L'attaccamento alla sua casa, ai suoi
campi ed alla sua Chiesa di Pramollo
hanno sempre convinto Eli che la
fabbrica non era fatta per lui, anche
se per fare quadrare il bilancio fami
Perverruti nel mese di settembre;
FONDO DI SOLIDARIETÀ’
L. 234.700: Gruppo Svizzero di Riehn.
L. 148.800: Unione Valdese, Parigi.
L. 100.000: Figli e familiari in memoria della cara Pons Emma v. Costamagna, Pomaretto; Silvio Coucourde
e fam., in memoria del 1° anno dalla
morte di Coucourde Vittorio, Pomaretto; Olga Rivoira, in memoria della
mamma. Torre Pellice; Gaydou Luigi,
Villar Perosa.
L. 70.000: Titolari e dipendenti della
ditta Martin, Porte.
L. 60.000: Rossi Primo, Parma.
L. 50.000: Marchetti Anita, Pomaretto; la moglie, in memoria di Grill
Onorato, Pomaretto; Paimira Bounous
Revel, in memoria dei miei cari, Pomaretto; Reynoud Giuliana, in metnoria della mamma Blanc Giuliana; Chiesa dei Fratelli, Collegno; Lageard
Bleynat Martina, Pomaretto; Somma
Gilda, in memoria della figlia Somma Ornella in Malan, Torino; Godino
Guido, in memoria di Godino Forneron Silvia, Prarostino; Sara e Sauro
Gottardi, in memoria della mamma.
Albisola; Famiglia Giorgiolé, Livorno;
N. N.; Sorella, cognato e figlioccio, in
memoria di Bounous Eraldo, nel 1° anno
della morte, S. Germano; La moglie e
il figlio, in memoria di Enrico Beux,
S. Germano.
L. 30.600: Hedwig Taxis, Gaildorf.
iL. 30.000; Godino Vanda, Pinerolo;
Costantino Evelina, in memoria dei
genitori, S. Secondo; la sorella Emma col marito e il figlio, in memoria del fratello Rivoira Fiorentino, S.
Germano.
L. 28.350: Sergio Gottardi, Toronto,
Canada.
L. 21.700; N. N.
L. 20.000: Alice Reynaud, Pomaretto; N. N.; la moglie e il figlio di Enrico Beux, ricordando il nipote Eraldo
Bounous, S. Germano.
i. 15.000: Ada-dei Ciampas, un fiore per ricordare la cara Elvina, San
Germano.
L. 10.000: Franca e Marco Eynard,
(I nominativi con l'asterisco (*)
hanno assunto l’impegno per 1 milione).
L. 2.000.000: Grill Giovanni! Pomaretto.
L. 1.230.000: Thomas e Ulla Elser,
Pomaretto.
L. 1524.000: Gruppo Gustav Adolf
Werke, Gaildorf.
L. 1.000.000: Elisa e Irma Genre-Bert
in memoria dei genitori e delia sorella Alice, Pomaretto; Fiorella. Roberto, Elena Comba, Torre Pellice;
Giacone Aldo e Adele, S. Germano;
L. e M. con Siria e Guido, Pinerolo;
Costabel Enrico e Elvira, in memoria
di tutti i suoi cari, S. Germano; Tron
Claudio, Perrero; Elsa, in memoria del
suoi cari, Pinerolo; Beri Luigia, S.
Germano.
L. 600.000: Giacone Roberto e Elske,
Torre Pellice.
L. 500.000: Refourn Giovanni e famiglia (’), Pomaretto; -Rostaing Rachele, Villasecca; Rostan Enrichetta ved.
Bounous, Pomaretto.
1. 482.000: Asilo Valdese di Luserna S. Giovanni.
L. 350.000: Ribet Federico e Anita (*), S. Germano.
L. 300.000: 1 nipoti Genre-Bert e
Pastre, in rhemoria della zia Marianna
Gaydou, Pomaretto; Viola e Lamy
Coìsson, Pomaretto.
L. 200.000: Menusan Enrichetta (*),
Riclaretto.
L. 175.000; La sorella e il fratello
con le famiglie, la nipote Enrica e la
cugina Letizia con le famiglie, in memoria di Germano Bleynat, Villar Perosa.
L. 168.000: I compagni di lavoro di
Franco, in memoria della mamma, Villar Perosa.
L. 162.000: Gli abitanti del Villaggio Agnelli di Villar Perosa, in memoria di Germano Bleynat.
L. 150.000: N. N., S. Secondo,
i. 100.000: Ciafrei Erina e Milena,
Lucca; I.E.C., in memoria di Long Attilio, Ribetti; I.E.C., in memoria di
Giacomo Buffa, Pramollo; Fornerone
Laurenzia e Jolanda, Prarostino; Moglie e figli, in memoria di Beux Aldo,
S. Germano.
L. 74.700: Sigg. Imer, in memoria
di Germano Bleynat, Lausanne.
L. 70.000: Gruppo Anziani RIV-SKF,
un fiore in memoria di Griglio Ernesto, Villar Perosa.
i. 66.000: I compagni di lavoro di
Meytre Walter, in memoria della mamma.
L. 50.000: N. N., in memoria di
Griglio Aldo, S. Secondo; Rivoira Adolfo e Liliana, ricordando i nostri cari,
S. Secondo; Long Luigia ved. Peyronel,
Pramollo; Roberto, Gina, Gustavo
Bleynat. ricordando la zia Elvina e
Ivonne Micol, S. Germano; Avondet
Irene, ricordando i miei cari, S. Germano.
L. 25.000: Mimi Matthieu, in memoria di Marianna Gaydou; Mimi Matthieu, in memoria di Ivonne Micol in
Meytre, Pomaretto.
L. 20.000: Bleynat Igino e Ines, ricordando la cara Elvina, S. Germano;
Ivette e Enrico Long, un flore per Elvina Bleynat, S. Germ.; Luigi Melchiori,
in memoria di Elvina, S. Germano;
Guido, Evelina, in memoria della cugina Elvina, S. Germano; Federica, Nella
e Gianni, un fiore per Elvina, S. Germano; Nino e Vilma, ricordando la
cara Elvina, S. Germano; Tron Olimpia, un flore per la signora Meytre,
S. Germano.
L. 15.000: Patrizia, Marco e Simone,
ricordando zia Elvina e zio Attilio,
S. Germano.
Per altri impegni sottoscritti ma non
ancora versati L. 21.722.500.
Elenco degli impegni sottoscritti;
■L. 1.500.000: Peyronel Levy, -Pomaretto.
L. 1.000.000: da S. Germano; Costantin Emilio; Giordano -Emilio e llda; da
Pramollo: Chiesa Valdese di Pramollo; Long Dante e Elda; Long Violetta;
da Pomaretto: Tron Anita; Famiglia
Marchetti Tron; Calvetti Franco; da
Torre Pellice: Longo Adriano e Carla;
Ida Coisson-Mathieu; Coi'sson Annalisa;
da Alessandria: Elsa Jouve e Susanna Ghigo; da Luserna S. G.; Velia Bosco in Paschetto; da S. Giovanni di
Bellagio; Lina Giampiccoli.
L. 722.500: Giovanna Pons, Zurigo.
L. 500.000: Giorgio e Odette Ollea
ro, Ivrea.
L. 250.000: Caniglia Simone, Genova.
L. 100.000: Anna e -Remo Long;
Bouchard Edmondo e Albertina da
Pinerolo.
Alda De Ambrosi
Quaranta Vogjiotti
non è più e la ricordano a tutti coloro
che l’hanno conosciuta.
Milano, 10 ottobre 198-i ____
RINGRAZIAIMENTO
<n Io dico alVEtemo: Tu sei il
mio rifugio e la mie fortezza, il
mio Dio in cui confido ».
(Salmo 91: 2)
Il marito ed i familiari della com
pianta
Elvira Albertina Rostagnol
nata Meynier
Nella pubblicazione dei doni pervenuti nel mese di luglio è stata dimenticata la dedica dell'offerta di lire
1.000.000 di Carmen e Fernando di Pomaretto in memoria della mamma. Ci
scusiamo dell'errore.
riconoscenti e commossi, ringraziano
tutti coloro che, con -scritti, parole di
conforto e presenza ai funerali, si sono uniti ai loro dolore.
Un -grazie particolare ai medici ed
al -personale deLTOspedale Valdese di
Torre Pollice, al pastore BcUion ed
alla signora Bianca Peyrot per l’amorevole assistenza.
Luserna S. Giovanni, 13 ottobre 1984
RINGRAZIAIdENTO
Pro Ospedale Valdese
di Pomaretto
« Il dono di Dio e la vita eterna in Cristo »
(Epistola ai Romani 6: 22)
I familiari deHa compianta
Pervenuti nei mesi di aprile-maggio 84
Anita Chauvie
L. 10.000.000: Pina Cobianchi Canobbio, Firenze, in memoria del fratello Umberto Canobbio e dei loro genitori .
L. 800.000: N. N.
L. 200.000; Michele Lasino, Pinerolo.
L. 100.000; Pomo Alfredo e A. Maria,
Prali, in mem. mamma Giacomino Rosa;
Unione Femminile Valdese di Vallecrosia-Bordighera.
L. 80.000: Coliet Elena, Inverso Pinasca.
• L. 50.000: Micol Ernesto, Massello;
Tron Alberto, Massello.
L. 40.000: I compagni di lavoro di
Renato, in mem. di Sappè Carlo, Pramollo: Maria Martinat Bertalot, Torino, in mem. del marito.
L. 30.000: Guglielmet Caterina, Chiotti di Riclaretto.
L. 25.000: Raima Alma, Pomaretto.
L. 21.000: I compagni di lavoro di
Riceli Aldo, Pomaretto.
L. 20.000: Tessore Teresa, Perrero.
nell’ìmpossibi-Mtà di farlo singolarmente, ringraziano tu-tti colorò che hanno
preso parte al loro dolore ed in par.ticolare i pastori sigg. Tourn e Zolla,
il sig. Livio Gobello, la d.ssa Peyrot
ed il personale tutto deR’Asilo 'Valdese di Luserna S. Giovanni per le cure
e l’assistenza affettuosamente prestate
nonché tutte -le persone che in modo
diverso l’hanno assistita durante la
sua lunga malattia.
Torre Pellice, 19 ottobre 1984
AVVISI ECONOMICI
Pro Istituti Ospitalieri
Valdesi
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Pervenuti nei mesi di aprile-maggio 84
L. 50.000: Fam. Azzone, Aosta, in
mem. Sig.a Leda Telloli Vercellone.
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Pro Rifugio Re Carlo Alberto
Pervenuti nei mesi di aprile»maggio 84
L. 40.000: Maria Martinat Bertalot,
Torino, in mem. del marito.
L. 30.000: Libera Lavatelli, Torino,
In mem. di mamma e sorella Rita.
L. 25.000-: Micol Ernesto, Pomaretto.
i. 10.000: Elena Cerbi Godino, Collegno.
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Pro Ospedale Valdese
di Torre Pellice
Pervenuti nei mesi di aprile-maggio 84
L. 150.000: In memoria di Gonin Elio,
la Società Acquedotto Rurale « Combai Nora », Torre Pellice.
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Croce Verde Porte: tei. 201454
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( Distretto di Pinerolo )
Guardia Medica :
Notturna, prefestiva, festiva; telefono 74464 (Ospedale Civile).
Ambulanza :
Croce Verde Pinerolo; 22664.
USSL 43 - VAL PELLICE
Guardia Medica :
Notturna: tei. 932433 (Ospedale Valdese).
Prefestiva-festiva; tei. 90884 (Ospedale Mauriziano).
Guardia Farmaceutica:
DOMENICA 21 OTTOBRE 1984
Luserna S. Giovanni: FARMACIA
SAVELLONI - Via F. Blando 4 - Lu
sema Alta - Tel. 90223
Ambulanza :
Croce Rossa Torre Pellice: telefono 91.996.
12
12 uomo 6 società
Vivono in mezzo a noi, spesso
soffrendo nel modo più acuto i
problemi e le ingiustizie di questa società, li incontriamo ogni
giorno per strada, nell’autobus,
nei più svariati luoghi di lavoro, ma di loro non sappiamo
quasi nulla. Non sappiamo quanti siano, assai poco conosciamo
la loro storia. Anzi: le loro storie, che sono numerose e diverse quasi quanto i loro paesi di
origine.
In ritardo come un po’ tutti
in Italia, dai partiti ai sindacati
allo Stato, le chiese evangeliche
si sono messe al lavoro sul tema dell’immigrazione in Italia
dai paesi del Terzo Mondo. A
questo proposito, il Servizio Migranti della Federazione delle
Chiese Evangeliche in Italia
(FCEI) ha tenuto a Roma il 2930 settembre scorso una « consultazione » alla quale hanno
partecipato esponenti delle forze politiche e sociali e rappresentanti delle varie comunità di
lavoratori stranieri, dai filippini
agli eritrei ai capoverdiani e così via. La « consultazione » è stata un incontro del tutto informale, tanto che si è chiusa senza l’approvazione di alcun documento.
Più che per lanciare messaggi, però — lo ha detto introducendo i lavori il pastore Bruno
Tron — questa era un’occasione
per ascoltare. Sono infatti stati
ascoltati numerosi contributi all’analisi del fenomeno-immigrazione (importanti quelli di Giancarla Codrignani, deputato della
Sinistra Indipendente, e di Giorgio puelmani, studente di economia), un posto preminente
hanno naturalmente avuto i rapporti dei rappresentanti degli
immigrati, sui quali questo giornale tornerà in modo più ampio nei prossimi numeri. E’ rimasto in seconda linea il problema del « che fare? », ma lo
scopo dell’incontro era essenzialmente quello di migliorare
il livello di conoscenza: e questo è stato ottenuto, fra l’altro
con l’acquisizione di nozioni
spesse volte in contrasto con gli
schemi tradizionali.
Una realtà
del tutto nuova
Per esempio, è caduta l’idea
che ci troviamo di fronte a una
riedizione del fenomeno che negli anni ’50 e ’60 fu l’emigrazione dal Mezzogiorno d’Italia verso il Nord Europa; e il suo corollario, per il quale a noi oggi
basterebbe far tesoro delle esperienze e degli errori di quei paesi. Al contrario — ha argomentato Guelmani — quel quadro
(lavoratori immigrati soprattutto
nelle grandi fabbriche, sindacalizzati e assunti con contratti regolari) da noi praticamente non
esiste. Qualcosa che vagamente
lo ricorda si è realizzato nelle
piccole _ e medie aziende metalmeccaniche emiliane, ma si tratta di un aspetto minoritario. Il
settore dove maggiormente si
concentra la forza-lavoro straniera è infatti 1’« economia sommersa ». Piccolissime fabbrichette, botteghe artigiane, lavoro
stagionale nell’agricoltura, al Sud
spesso anche edilizia abusiva sono molto spesso anche per gli
italiani luogo di lavoro nero, di
supersfruttamento e di assoluta
precarietà: e per gli immigrati,
nell’assenza totale di leggi che
definiscano la loro posizione e
i loro diritti (l’unica norma in
vigore a tale proposito è il regolamento di polizia del 1930!),
la situazione è, come si può ben
intendere, ancora peggiore.
La verità è che allo stesso Stato italiano pare che piaccia l’idea
di restare « sommerso ». « Per
la legge, in Italia esistono praticamente solo due categorie di
stranieri — ha detto Giancarla
Codrignani — i turisti e i clandestini, che possono essere rimpatriati in qualsiasi momento
col semplice prov\'Cdimento di
una questura ». Tanto per cominciare, l’Italia riconosce lo
status di rifugiato solo a particolari categorie di persone: profughi dell’Est em'opeo, cileni,
« boat-people » vietnamiti. Tutti
gli altri — iraniani, palestinesi,
eritrei, latinoamericani, ecc. —
ufficialmente « non esistono ».
Gli stessi studenti stranieri, che
vengono in Italia per vie regolari, entrano nella clandestinità
non appena iniziano a svolgere
una qualsiasi attività lavorativa, che infatti non è autorizzata dal loro permesso di soggiorno. Ben poco importa tale limitazione agli studenti europei e
nordamericani (i quali ultimi
per lo più vengono perché studiare qui gli costa meno che negli Stati Uniti, figuriamoci), ma
essa crea spesso drammatici
problemi agli studenti del Terzo
Mondo, che vengono presi fra
l’incudine delle loro famiglie non
in grado di mantenerli e il martello della minaccia di espulsione. La figura di colui che viene
in Italia a cercare lavoro, infine,
eccezion fatta per i cittadini della CEE e per calciatori e simili,
per la legge semplicemente non
esiste.
ranza appare orientata in senso
decisamente repressivo. Prova
ne sia il disegno di legge presentato il 12 luglio dell’anno scorso
dal capogruppo socialista alla
Camera Labriola ( « un progetto che fa rizzare i capelli » lo ha
definito il pastore Tron). Tale
proposta, la cui relazione di accompagnamento si apre paradossalmente col riconoscimento
delTesigenza di « riportare nei
giusti limiti i poteri sin qui attribuiti all’esecutivo », finisce in
realtà per trasformare in legge,
semmai inasprendolo, il vecchio
regolamento di polizia. Dopo essersi sbizzarrito a elencare una
vasta serie di circostanze in cui,
a discrezione delTautorità di polizia, il lavoratore straniero può
essere espulso, Labriola conclude la sua casistica con questa
« perla »: « Lo straniero... può
essere espulso dal territorio nazionale quando la sua presenza
sia suscettibile di dare luogo a
gravi turbamenti dell’ordine pubblico ».
In altre parole, se si verificassero contro un lavoratore straniero manifestazioni di razzismo
(non è solo un’ipotesi: è già successo) capaci di « turbare l’ordine pubblico », e se anche solo
la presenza di questo lavoratore
fosse « suscettibile » di causarle,
egli dovrebbe essere prontamente rimpatriato!
E il governo?
E’ difficile fare
una buona legge
E il governo? « Il governo tace, ma se parlasse ci sarebbe da
averne paura », ha detto la Codrignani. In effetti, la maggio
E’ evidente che la linea di demarcazione passa fra chi concepisce la questione dei lavoratori immigrati essenzialmente
AUDIOVISIVI SULLA PACE
«Non c’è
sul fronte
pace
Sud»
Un’introduzione sulla militarizzazione del Mediterraneo e
Medio Oriente.
« Non c’è pace sul fronte Sud»
illustra al pubblico europeo e
americano tre importanti aspetti delle relazioni tra i blocchi militari e il mondo arabe:
— il mondo arabo come un importante interlocutore economico per investimenti di capitali stranieri;
—• il mondo arabo come principale acquirente dell’industria
esportatrice di armi;
— il mondo arabe come punto
focale nella pianificazione
militare e lo sviluppo di nuove strategie di (rapido) intervento.
«Non c’è pace sul fronte Sud»
è una coproduzione di:
CEDIP, via Cantarella 6, 95125
Catania, tei. 095/446885;
Centro « Giuseppe Impastato »,
via Agrigento 5, 90141 Palermo, tei. 091/298649 (h. 16-19).
Il CEDIP è un centro di documentazione ed iniziative per la
pace e il disarmo.
Il Centro «Impastato » è un
centro di studi e ricerca sulla
mafia e i problemi connessi alla
attuale militarizzazione dell’Italia meridionale.
* 25 minuti;
* 112 diapositive;
* cassetta registrata.
Prezzo; L. 150.000.
Affitto: (prima settimana) L. 50
mila.
Italia :
l'avventura
del riarmo
La C.A.N.S. (Cooperativa Audiovisivi New Sound) presenta
un nuovo audiovisivo, dal titolo
« Italia: l’avventura del riarmo »,
intieramente dedicato al complesso militare-industriale nazionale: nell’audiovisivo, composto
da 33 diapositive, una cassetta
registrata della durata di circa
20 minuti e da un testo dattiloscritto, viene esaminata la situazione dell’industria bellica italiana, con particolare riguardo
alle esportazioni di sistemi d’arma nei paesi del Terzo Mondo.
Una completa panoramica degli
arsenali « Made in Italy » e degli
spacciatori di morte. Il costo
dell’audiovisivo è di L. 40.000
più spese postali. La C.A.N.S.
ricorda che sono ancora disponibili i primi due audiovisivi
della Cooperativa: « The Day
Before » (la guerra atomica ed il
movimento per la pace, 63 diapositive, L. 50.000) ed « Obiezione di coscienza alle spese militari » (30 diapositive, L. 30.000).
Per ricevere il catalogo, ordinazioni, informazioni, contattare:
C.A.NJS., via Ffiippini, 25/a,
37121 Verona - tei. (045) 49197.
Servizio
Cristiano
(segue da pag. 7)
disposti a giocare una parte della loro vita in un’esperienza che,
da un lato, ha le caratteristiche
di un’avventura della fede, dall’altra quelle di un impegno politico nell’ambito della lotta per
la trasformazione del -Mezzogiorno. Questo vuol dire che,
oltre ad una buona preparazione
professionale per seguire con
competenza i vari settori di attività, occorrerà disponibilità a
entrare in contatto e a dialogare con la gente, interesse per
le questioni socio-politiche, voglia di imparare e di informarsi, ma prima di tutto e oltre
tutto accettazione dei confronto permanente con la Parola di
Dio, onde non scordare mai che
si è qui per servire e per testimoniare.
Il Servizio Cristiano, proprio
per le caratteristiche che è riuscito a mantenere in tutti questi
anni, non è né dovrà diventare
un’istituzione. E’ stato e dovrà
restare un movimento, un’avventura, una frontiera della fede e
della testimonianza evangelica.
Queste caratteristiche sono: a)
rapporto tra predicazione e azione; b) vita comunitaria; c)
impegno vocazionale e spirito
del volontariato; d) apertura
internazionale e spirito ecumenico. Tutti questi aspetti vanno salvaguardati per evitare appunto il rischio dell’istituzionalizzazione.
In un tempo come il nostro,
segnato da un lato dalla crisi
economica e esistenziale, dalla
disoccupazione, dalla perdita
dei valori, dal non senso o mancanza di senso dell’esistenza, e
dall’altro lato dalla voglia di
contare, di dare un senso alla
propria vita, da una riscoperta
del volontariato e da forme nuove e inedite di impegno sociale
e politico, il Servizio Cristiano
può essere senz’altro un luogo
dove sperimentare pienamente il
dare e il ricevere, la gioia del
servizio, la passione della lotta,
il dono della comunione fraterna
e — perché no? — la realizzazione di sé nel servizio e nell’impegnp per e con gli altri.
Jean-Jacques Peyronel
19 ottobre 1984
29-30 SETTEMBRE: CONSULTAZIONE ORGANIZZATA DALLA FEDERAZIONE
Il mondo sommerso degrimmigrati
Un incontro informale ha permesso al Servizio Migranti di arricchire la propria preparazione
" Ma quali segni di fraternità e di speranza sapremo dare ai nostri fratelli del terzo mondo?
come un problema di ordine
pubblico e chi invece ne coglie i
risvolti umani e sociali. Su questo versante tendono per esempio a, collocarsi altre due proposte di legge presentate nel corso della legislatura, una del PCI
e una di DP. Va detto comunque che fare una buona legge
si presenta come un problema
non semplice. Innanzitutto, si
dovrà dare risposta a esigenze
diverse fra loro come quelle dei
lavoratori, degli studenti e dei
rifugiati; c’è, poi, lo spinoso problema dei « ricongiungimenti »
degli stranieri in Italia con le
loro famiglie. Tutti i disegni di
legge finora presentati lo ammettono a condizione che siano
disponibili « reddito sufficiente e
alloggio adeguato ». Sorge il dubbio: chi deciderà cosa è « sufficiente e adeguato »? In che modo tutelare gli immigrati da possibili arbitri!, anche in questo
campo, di poliziotti, burocrati e
sindaci? Infine, e lo si è visto
anche alla « consultazione » nel
vivace botta-e-risposta fra alcuni africani e Franceschini, del
l’ufficio internazionale della
CGIL, esistono oggettive contraddizioni, almeno nell’immediato, fra immigrati e sindacato.
Ai primi, interessati soprattutto
di allontanare lo spettro della
espulsione, non piace troppo che
il secondo intervenga per far
applicare anche a loro le stesse
condizioni di lavoro dei lavoratori italiani, perché hanno paura che ciò si risolva in minori
possibilità di assunzione per gli
stranieri. Il sindacato, dal canto suo, è preoccupato che i datori di lavoro riescano in questo modo a mettere gli uni contro gli altri italiani e immigrati.
Questi sono, appena tratteggiati, i problemi. Sulla nostra
capacità di dare, di fronte a una
tale complessità,, dei segni di
fraternità e di speranza si gioca la sfida che i fratelli del Terzo Mondo pongono oggi alle chiese evangeliche.
Paolo Fiorio
Craxi
querelato
Sette pacifisti di diverse città
italiane — informa ADISTA —
si sono sentiti diffamati dalle
dichiarazioni del presidente del
consiglio Craxi sulle implicazioni tra pacifismo e terrorismo e
lo hanno querelate. Dire che i
movimenti pacifisti « rischiano di
diventare facile, sia pure inconsapevole, veicolo di una strategia forse incruenta, ma altrettanto pericolosa, perché diretta pur
sempre a scopi di eversione» —
hanno affermato — significa ledere gravemente l’immagine e distoreere la realtà di movimenti
che da decenni promuovono una
cultura della nonviolenza. Se
fosse vero quanto affermato,
proseguono i querelanti, i servizi segreti potrebbero essere
riconosciuti, unitamente al Presidente del Consiglio, come fiancheggiatori di personaggi eversivi perché pur conoscendone l’attività li lascerebbero agire limitandosi a indicarne la presenza.
« L'Eco delle Valli Valdesi »: Rea.
Tribunale di Pinerolo N. 175.
Comitato di Redazione: Valdo Benecchi, Mario F. Berutti, Franco Carri,
Giorgio GardioI, Marcella Gay, Adriano Longo, Claudio H. Martelli,
Jean-Jacques Peyronel, Roberto Peyrot, Giuseppe Platone, Marco Rostan, Mirella Scorsonelli, Liliana Vi.
glieimo.
Direttore Respònsabile:
FRANCO GIAMPICCOLI
Redazione e Amministrazione: Via
Pio V, 15 - 10125 Torino - tei. 011,
655.278.
Redazione l'Eco delle Valli Valdesi:
Via Arnaud, 23 - 10066 Torre Pellice.
Editore: AIP, Associazione Inlormazione Protestante - Via Pio V, 15
■ 10125 Torino.
Regist'n nazionale della Stampa n.
00961 voi. 10 foglio 481.
Abbonamenti 1985; Annuo L. 24.000;
Semestrale 13.000; Estero 50.000 (posta aerea 74.000); Sostenit. 50.000.
Decorrenza 1“ genn. e 1“ luglio (semestrale) da versare esclusivamente sul c.c.p. 327106 intestato « L'Eco
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Fondo di solidarietà c.c.p. 11234101
ntestato a < Li Luce: fondo di solidarietà », Via Pio V. 15 - Torino.
Stampa; Cooperativa Tipogratica
Subalpina • Torre Pellice (Torinoi
m
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