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Anno 115 - N. 2
12 gennaio 1979 - L. 200
Soedizione in abbonamento postale
Gruppo bis/70
ARCHIVIO TAVOLA VALDESE
10066 TORRE PELLICE
dette valli valdesi
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE VALDESI E METODISTE
DALLA PREDICAZIONE TENUTA AL TERMINE DEL CAMPO INVERNALE DI AGAPE
Un modello per il nostro
ripensamento critico
L’itinerario che va dallo scoraggiamento al ritorno alle
ascoltare nel presente la rivelazione della voce di Dio
origini per
I Re 19: 1-18
Dopo la sorprendente vittoria
di Elia sui profeti di Baal « che
mangiano alla mensa di Jézebel »
(18/19), nel momento stesso in
cui il profeta dovrebbe sentirsi
forte, pensare ad organizzare la
lotta, eccolo invece abbandonare il campo come uno sconfitto.
Profondamente scoraggiato, depresso, come uno che è arrivato
fin lì ma che non ne può più. Ma
che militante è mai questo Elia?
Come è possibile questo scoraggiamento, questa depressione
proprio nel momento in cui si è
vinto una battaglia in una guerra che continua? Come è possibile abbandonare il campo nel
momento in cui più necessaria
diventa l’organizzazione per portare a fondo l’attacco contro il
nemico? Cosa significa questa
fuga? In quest’ultimo interrogativo sta la chiave di lettura di
. questo sconvolgente racconto
sulla vita del profeta.
Noi traduciamo « fuga » con
ripensamento autocritico. Perché di questo si tratta. L’itinerario di cui qui si parla è un itinerario spirituale, di riflessione,
di chi, nel vivo della lotta è risucchiato nelle maglie della disperazione, in preda ad una crisi di nervi, di uno che sta per
perdere la bussola, per suicidarsi, ma che riesce, alla fine, a vedere chiaro davanti a sé, a riconoscere il cammino della sua vocazione, un cammino denso di
avvenimenti sconvolgenti.
Il viaggio di Elia nel deserto
altro non è se non un viaggio
che noi definiamo di introspezione, di ispezione generale sul
lo stato delle sue forze fisiche e
spirituali, sullo stato della sua
fede: ri definire la sua identità
di credente militante all’interno
di una lotta che sembra schiacciarlo da un momento all’aitro.
Insomma, un bilancio critico
della sua lotta per capire quali
prospettive gli si aprono davanti e per capire i suoi errori.
Ma questo non è tutto: i redattori di questo racconto ci
fanno leggere una critica all’atteggiamento del profeta. Critica
innanzitutto rivolta alla sua pretesa solitudine nella lotta: « son
rimasto io solo e cercano di togliermi la vita » (v. 10 e v. 14).
È a partire da questo errore di
valutazione infatti che nasce il
tentativo di suicidio del profeta.
Tentazione di suicidio
E qui sta evidentemente uno
degli elementi della forza di questo testo: nel mostrare il profeta come un uomo comune; Elia
non è un eroe che non ha problemi di coscienza, tutto azione
e niente ripensamento. In questa crisi di identità c’è anche la
questione della soddisfazioneinsoddisfazione della vita. Dio
c’entra col nostro essere soddisfatti o insoddisfatti. E non a
caso la depressione, lo scoraggiamento di Elia nascono in un
momento di successo, di vittoria.
Lo scoraggiamento di Elia non è
soltanto la conseguenza della disgregazione come diciamo noi
oggi. Nel testo è scritto: non basta vincere, ci sono dei problemi che affiorano alla superficie
anche nei momenti che, a vista
umana, sembrano il superamento degli ostacoli.
Problemi così grossi che possono portare ad un tentativo suicida: « non ne posso più, ora o
Signore, prendi la mia vita poiché non sono meglio dei miei
padri » (v. 4).
Che la Bibbia arrivi al punto
da lasciar dire questo ad un profeta, cioè ad un uomo che Dio
si è scelto per parlare ed agire
fra gli uomini, significa che dietro a questi testi c’è una fede
profonda e matura, una grande
coscienza teologica. Un profeta
che vuole suicidarsi, saltare oltre la vocazione che ha ricevuto
e di cui è ben cosciente! Elia
non è certo l’unica figura nell’Antico Testamento presa dalla
disperazione, dallo scoraggiamento: si pensi a Mosè, a Geremia, a Giona, a Giobbe... Anche
qui si è capaci di ridimensionare, addirittura di ridicolizzare i
profeti, mostrando le loro debolezze e le loro infedeltà. Anche
loro sono degli uomini.
« Non sono meglio dei miei
padri » dice Elia. Vuole forse
condannare il suo impegno rivoluzionario? Vuol dire che ciò
che ha fatto, la sua lotta contro
i profeti di Baal e contro il potere corrotto della monarchia è
una via sbagliata oppure una via
che si pone sullo stesso piano
di altre esperienze del passato?
Non è questo che vuol dire il testo, le sue preoccupazioni sono
di altro genere.
Ermanno Genre
{continua a pag. 8)
L’OFFENSIVA CATTOLICA CONTRO LA LEGGE 194
Aborto e compito profetico
Durante l’ultimo mese si è assistito ad una improvvisa quanto intensa offensiva cattolica
nei confronti della legge 194 sulla tutela della maternità e sulTinterruzione volontaria della
gravidanza. Soprattutto in questi ultimi tempi si può dire che
non sia passato giorno senza che
i giornali non abbiano dovuto
registrare una novità in questo
campo.
L’offensiva è iniziata a metà
dicembre con la scomunica ribadita ufficialmente dalla Conferenza Episcopale Italiana per
chiunque procuri l’aborto compresa la donna che iaterrompa
volontariamente la sua gravidanza. È seguito l’appello del
card. Benelli ad usare tutti i
possibili mezzi perché questa
legge, definita un « bubbone infetto », « sia tolta dalla nostra
legislazione ». Ha fatto eco la
« sincera ammirazione » che il
papa ha manifestato per gli operatori sanitari che avrebbero resistito in questi mesi a « lusinghe, pressioni, minacce e talvolta anche violenze fisiche » a causa della loro obiezione di coscienza. Di nuovo è intervenuto
il card. Benelli e si sono registrate le adesioni al suo appello
da parte di diversi vescovi. Poi
ancora papa Wojtyla, gli organi
ufficiali vaticani, in un’altalena
di prese di posizione dai toni di
volta in volta sfumati o recisi
che hanno provocato perfino denimce giudiziarie.
In questa ridda di interventi
non ci interessano tanto le possibili valutazioni della politica
vaticana, quanto i caratteri di
questa lotta condotta dalla Chiesa cattolica sul plano etico-so
Preciso subito che non saremo certo noi protestanti a negare la legittimità di una lotta
della chiesa nella società in cui
vive per indicare o rifiutare, sollecitare 0 denunciare una particolare linea etico-sociale o anche politica. Il compito « confessante » o « profetico » della chiesa, che può essere riassunto
neH’immagine della sentinella
usata dal profeta Ezechiele (capitolo 33) e che in campo riformato è stato delineato con grande chiarezza da Karl Barth (« Comunità cristiana e comimità
civile »), è funzione irrinunciabile che caratterizza la missione della chiesa e che se mai risulta carente nella storia della
chiesa, di ogni chiesa.
Più di 150 giovani hanno partecipato al campo invernale dal tema
« Bilancio teologico di una generazione » dal 26.12 al 1.1.
UN FIORE SULLA TOMBA DI JAN PALACH
La libertà
non ha prezzo
Sono invece alcuni caratteri
di questa lotta specifica condotta dalla Chiesa cattolica che mi
sembrano in contrasto con la
missione della chiesa stessa.
Verità
La funzione profetica della
chiesa non può mai prescindere
dalla verità. Ora l’uso dell’obiezione di coscienza garantita dall’art. 9 della legge e le parole
del papa durante l’udienza data
a membri dell’Associazione dei
medici cattolici, non mi sembrano rispondere limpidamente al
criterio della verità. Non mi riferisco tanto alle singolari denunce di minacce e talvolta violenze fisiche nei confronti di
obiettori di coscienza (Giovanni Spadolini sulla Stampa del 4.1
ha risposto con ironia che quanto a libertà religiosa il papa confonde ancora Roma con Cracovia). È l’incondizionata ammirazione del papa per gli operatori sanitari obiettori che stride con la verità. La verità è che
nella massa dei medici Obietto
Franco Giampiccoli
(continua a pag. 8)
Il 16 gennaio di dieci anni fa
sulla Piazza Venceslao, a Praga,
un giovane poco più che ventenne si suicidava dandosi fuoco.
Era Jan Palach, cittadino cecoslovacco, di fede evangelica. Sappiamo che il ricordarlo è provocazione politica e religiosa, oggi
come allora. Ma dobbiamo farlo,
adesso che il fuoco del suo corpo ridotto a torcia umana è un
bagliore nella notte, quando perfino attorno alla sua tomba s:
spia la libertà.
Voi ricordate i fatti. Nella notte tra il 20 e il 21 agosto 1968 le
truppe sovietiche, col corollario
di quelle del Patto di Varsavia,
invadevano la Repubblica socialista cecoslovacca. In risposta, il
22 agosto nella officina di Vysocany, a Praga, con l’appoggio decisivo degli operai era organizzato clandestinamente il XIV congresso del partito, che eleggeva
il nuovo Comitato centrale e confermava la lineà di un socialismo « dal volto umano ». Intanto la popolazione, tra lo sgomento e la speranza, cercava di stabilire un rapporto con i compagni invasori, li voleva convincere a non combattere come nemici. Ma tutto risultò vano: partirono le rappresentanze militari dei satelliti, restarono le trup;
pe sovietiche; ogni paese ha i
suoi Quisling, ed anche la Cecoslovacchia riconobbe i propri; la
«normalizzazione» segnò la fine
delTindipendenza e di ogni libertà per un piccolo popolo finito
sotto il tallone dell’imperialismo.
Allora — quando, caduta ogni
illusione, fu chiaro ohe Tasta della bandiera di quel socialismo
non era fatta col legno delTalbero della libertà — Jan Palach si
suicidò col fuoco, sulla piazza
del mondo. Fu la più grave vergognosa sconfitta delTArmata
Rossa, e non servì proibire di
portar fiori sul luogo del martirio, trasferire la tomba, inquisirne i visitatori. Ormai era un
segno, un simbolo. Quella giovane vita offerta come protesta
estrema non ci grida soltanto il
dolore dell’uomo stritolato dalla
macchina del potere di Erode,
impotente di fronte alla violenza, ignorato dal sistema di questo mondo che passa. Ci ricorda
ogni giorno che nulla — nessun
regime politico, nessuna prospet
tiva sociale — può valere quella
libertà che non ha prezzo, non
ha compensazione: certo, ha delle leggi, cioè dei limiti, ma vale
comunque quanto la vita. E’ la
libertà che il cristiano ha acquisito in Cristo, e che egli testimonia quale bene comune a tutto il
popolo, perché raggiunge e dà
umana dignità al pensiero ed alla azione. Per le stesse ragioni,
noi guardiamo alla Resistenza,
sofferta in gran parte da uomini che non avevano una ispirazione cristiana, come a una
grande pagina della nostra storia recente.
Ma Jan Palach, cristiano evangelico convinto, si è suicidato!
Certo, come a suo tempo Gesù
di Nazareth, se è vero che andò a Gerusalemme sapendo chiaramente ciò che lo aspettava. E
ditemi che non è vero. Vi sono
tante maniere per cui il seme
caduto in terra muore e porta
molto frutto. Una di queste è
quel suicidio per amore della
vita che scelse Jan Palach. Non
giudichiamo futile follìa la sua,
come non giudichiamo così quella di tanti uomini che hanno offerto la vita, un bene tanto prezioso, come pegno d’amore per
TUhianità, lasciandoci un messaggio che è un richiamo a combattere la nostra battaglia ideale
secondo la vocazione di Dio, con
sacrificio.
Non è per questa tragica parodia di libertà che conosciamo nel
nostro Occidente bolso e degradato che Palach ha dato la vita,
e qualunque tentativo di strumentalizzarlo contro altri sistemi politico-sociali farebbe vergogna. Il suo era « un sogno »
giovane, dove la giustizia, il lavoro e l’edificazione di un popolo senza emarginati si fondevano con la crescita in dignità di
ogni uomo, con la libertà creativa, con la fraternità di tutti gli
uomini amati da Dio. Ancora oggi è il nostro sogno — la r.ostra
utopia, dicono i portabagagli dell’intelligenza — ed un cristiano
avrà adempiuto la sua missione
nel mondo anche così: vivendo
gli anni della sua vita, trasmettendo nei modi che la situazione
e la fede diranno, questo impegno, questa speranza in un mondo diverso.
Luigi Santini
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12 gennaio 1979
BREVE, INTENSO E AFFOLLATO IL CAMPO INVERNALE DI AGAPE
Bilancio teologico
di una generazione
La FGEI valuta il primo decennio della sua vita e promuove
mento dei giovani che ne vivranno il secondo
orienta
Anche quest’anno, dal 26 di
cembre al 1° gennaio 1979 si è
svolto ad Agape il consueto
campo invernale di studi, sul
tema Bilancio teologico di una
generazione, in occasione dei
dieci anni di vita della Federazione Giovanile Evangelica Italiana, ed in preparazione del V
congresso nazionale che si terrà
m primavera a Santa Severa.
Circa 150 giovani e meno giovani si sono così trovati insieme
nel tentativo di fare il punto
della situazione e di porre le basi per il lavoro dei prossimi anni. Il tema affrontato dal campo è oggi particolarmente importante per la FGEI non solo per
la ricorrenza del suo primo decennio di vita, ma soprattutto
perché la nuova generazione dei
giovanissimi, quelli cioè che non
hanno più fatto l’esperienza del
'68, inizia ora a diventare attiva
e partecipe in prima persona alle scelte ed ai problemi - che la
FGEI si trova ad affrontare. Inoltre, la situazione ijolitica italiana è notevolmente mutata in questi ultimi anni, e diventa sempre
più urgente verificare, alla luce
di questi nuovi fatti, la linea e
le parole d’ordine su cui la FGEI
si è mossa in questi anni. Per
questo, sono state presentate al
campo le relazioni delle varie
commissioni di lavoro, che hanno costituito la base per la discussione pomeridiana nei gruppi di lavoro.
Vediamo di riassumere ora
brevemente i principali temi affrontati.
Bilancio teologico
{Commissione per la Riforma
della Chiesa, Commissione biblica, Studenti della Facoltà di
Teologia)
Fare il bilancio teologico di
10 anni è sempre un’impresa difficile, specialmente quando si
tratta del decennio ’68-’78. Per
questo le relazioni non si sono
mosse tanto con un criterio di
completezza, quanto nel tentativo di dare spunti di analisi, informazioni, proposte. « Dobbiamo cercare di dire con chiarezza che tipo di chiesa vogliamo
essere, perché, per che cosa, e
soprattutto per chi ». Questo è
l’interrogativo che sta alla base
della nostra rifiessione, alla luce del quale si è lavorato. È im
interrogativo che comprende in
sé molte domande: che cosa significa fare teologia, quale deve
essere il ruolo del pastore e
quello delle comunità ecc. Rispetto alla teologia, è stata messa in evidenza la necessità di
una rifondazione teologica, che
a partire dal testo biblico, tenga presente la situazione ed il
luogo in cui si svolge. « Solo nell’intreccio che si crea tra la Parola di Dio e la situazione, si
crea un tempo ed un luogo in
cui è possibile ascoltare la Parola, e quindi fare teologia ».
Per questo è stato proposto uno
schema che indica le varie strade che si possono seguire nella
ricerca di una « teologia latina »,
ed i rischi che si incontrano nel
seguirle. Sul ruolo del pastore, il
problema è stato quello di ricercare una nuova identità e delle
nuove forme di ministero pastorale e di testimonianza al di fuori di questo ruolo. Per far questo sono state analizzate le varie
proposte emerse in questi ultimi
anni (Agape, Riesi, Cinisello eccetera), ne sono stati evidenziati i limiti, e sono uscite alcune
proposte concrete, quali per esempio una rivalutazione del pastorato a mezzo tempo, e ima
ipotesi di lavoro collettivo. Più
concretamente, è stato proposto
un progetto di testimonianza di
un gruppo di fratelli che intendono iniziare un lavoro nel territorio siciliano. Ovviamente,
non si tratta di elaborare a tavolino un piano dettagliato di
intervento, che rischierebbe di
essere poi calato dall’alto in una
realtà affatto diversa da quella
ipotizzata, ma di inserirsi gradualmente nella realtà siciliana
e vedere Con la gente del posto
le possibili forme di inserimento sociale e di testimonianza
evangelica.
Situazione politica
(Commissione di informazione e
aggiornamento politico)
La funzione di questa relazione è stata quella di fornire alcuni elementi di discussione e
di informazione per il campo.
Un argomento, fra i tanti sollevati dalla relazione, è stato
particolarmente discusso nei
gruppi: quello della crisi della
militanza. Quale deve essere il
ruolo della FGEI in un momento in cui i partiti della nuova
sinistra attraversano una profonda crisi, dovuta alla messa
in discussione del « vecchio modo di fare politica », alla scoperta del « personale che è politico »?
La risposta proposta dal campo è di evitare senz’altro di fare
della FGEI un’organizzazione
alternativa ai partiti, in cui si
fa la militanza che non si riesce
più a fare fuori, ma si è ravvisata la necessità che la FGEI
sia uno spazio in cui si ricercano nuovi strumenti di analisi
della situazione attuale e si riceve uno stimolo all’impegno politico diretto dove è possibile
svolgerlo.
Formazione giovanile
(Centri giovanili. Gioventù Evangelica).
Il principale problema rilevato in questo settore è stato quello del cambiamento dei termini
del problema: fino a pochi anni
fa, si trattava di « mediare, consegnare alle giovani generazioni
delle informazioni, un patrimonio di elaborazioni ed esperienze, in certi casi una tradizione,
preparandole ad una certa attività, con finalità precise ». Oggi, in
vece, per la situazione generale
del settore giovanile, ci si trova in presenza di una « più marcata infiuenza tra chi possiede
un patrimonio di esperienze e di
elaborazioni proprie e chi non
ce l’ha », e di un « nuovo tipo
di divisione tra chi oggi ha la
possibilità di crearsi ed usare
nuovi strumenti di formazione
e chi questa possibilità non ce
l’ha ». I riflessi di questa situazione si vedono naturalmente anche nella FGEI, dove si può registrare una « difficoltà di incontro, di comprensione tra persone con esperienze diverse » ed
una « difficoltà di capire, di far
coesistere e di intrecciare insieme le diverse motivazioni delle
cose che si fanno ». In questa
situazione è importantissimo che
nella FGEI si crei un « rapporto
egualitario tra persone con esperienze e strumenti e persone senza » ed un « confronto in cui ci
si metta in discussione, in rapporto alla realtà che si vive »
In questa linea sono quindi emerse alcune indicazioni di metodo e di intervento in alcuni
settori, quali ad esempio Scuola Domenicale e Catechismo.
Donne e servizio
(Gruppo donne FGEI-VALLI)
Questo gruppo ha proposto al
campo, al seguito di una ampia
documentazione basata su un
lavoro di inchiesta, una serie
di interrogativi e di questioni
di fondamentale importanza su
cui il campo è stato chiamato
a riflettere e a pronunciarsi.
Ne riportiamo alcune.
— Il servizio presuppone uno
scambio ed una verifica tra l’individuo che lo attua e la comunità a cui appartiene. Ma oggi
viene riconosciuto come servizio solo quello svolto negli istituti o nelle istituzioni della chiesa. Perché? Non è forse lecito
che la comunità riconosca la
vocazione nelle vite e nella loro
impostazione?
— Che rapporto c’è tra fede e
servizio? fra servizio e testimonianza?
— In che rapporto sta il servizio con il volontariato? E che
senso ha proporre il volontariato in questo momento di disoccupazione e di sottoccupazione?
Dalla discussione di questi ed
altri punti sono emerse alcune
linee di intervento, la cui più
interessante mi sembra essere
l’indicazione di vedere il servizio
non più tanto come scelta indi
viduale ma piuttosto come progetto collettivo di un gruppo.
Cattolicesimo
(Gruppo romano al convegno
della FGEI-Lazio)
È emersa nel corso della discussione la necessità di allargare il settore di intervento da
quello troppo limitato del cattolicesimo di base (questa scelta
non va però rinnegata!) a quello più ampio del « cattolico medio italiano ». Per far questo sono necessarie però alcune condizioni, quali
— capire quello che sta succedendo nel mondo cattolico;
— uscire dal « ghetto EGEI »;
— non restringere il quadro all’Italia.
Per affrontare questi problemi
è stata proposta la formazione
di un gruppo di lavoro che risponda a tre esigenze:
1) garantire una mediazione ai
più giovani di alcuni contributi evangelici fondamentali
sul cattolicesimo (Subilia, M.
Miegge, Ricca);
2) studiare attentamente i più
importanti mezzi di informazione di massa del mondo
cattolico (riviste, radio e televisione);
3) estendere l’analisi del cattolicesimo dal livello delle posizioni teologiche ufficiali alle
prassi ed ideologie del cattolico medio.
Nel corso del campo si è tenuto anche uno studio biblico
con dibattito, durato una serata
intera, ed un culto con S. Cena.
Marco Davite
LE IMPRESSIONI DELL’ULTIMA SERA DEL CAMPO
Da una parte una montagna
di notizie e valutazioni relative
al decennio ’68-’78. Dall’altra una
massa di campisti in gran parte
al loro primo campo FGEI e in
maggioranza giovanissimi. Queste due realtà hanno rischiato
di scontrarsi lasciando disorientati diversi partecipanti. Gabriele e Bruna Primavesi sono un
caso un po’ particolare ma indicativo. Simpatizzanti della Chiesa valdese di Milano sono venuti al campo invernale con i loro
due bambini seguendo la loro
ricerca di una collocazione e di
un impegno. « Siamo un po’ delusi, non solo perché abbiamo
trovato il campo un po’ riservato agli addetti ai lavori, ma anche perché ci rendiamo conto
che nella FGEI stanno i giovani
al di sotto dei 25 anni (a parte
chi si è inserito diverso tempo
fa). Inserirsi al di sopra di quell’età è molto difficile. D’altra
parte la chiesa sembra fatta per
gente dai 40 anni in su... ».
Maurizio Abbà, 18 anni, era
ateo fino a qualche mese fa e
ora è arrivato alla fede evangelica tramite Com-Nuovi Tempi e
la FGEI a Torino. Anche per lui
l’impatto col campo è stato du
Parlano i campisti
Il DISTRETTO
La Commissione Esecutiva del
II distretto nella sua ultima riunione ha ripreso in esame la
questione degli abbinamenti delle chiese che per regolamento
hanno diritto di inviare un deputato al Sinodo solo ad anni
alterni. Tali abbinamenti sono
stati definiti per tutto il distretto, ma la CED ha sottoposto a
Tavola e Comitato permanente
la possibilità che queste deputazioni al Sinodo anziché essere
regolate da tali abbinamenti (di
chiese, per la maggior parte dei
casi, viciniori), siano elette nel
le Assemblee di circuito come
già accade per le chiese metodiste.
La CED ha preso atto che la
chiesa di Basilea ha raggiunto il
numero di membri che le consente di inviare al Sinodo una
deputazione annuale. Situazione
inversa invece per Mantova che
essendo scesa a partire dal 1976
al di sotto dei 40 membri di
chiesa, passerà da chiesa costituita a « chiesa in formazione »
a partire dal 1981.
Tra le altre cose la CED ha
stabilito di avere tre incontri zonali (Torino, Milano, Venezia)
con i cassieri delle chiese valdesi nel mese di febbraio.
ro. « La mia impressione è di
un linguaggio poco accessibile e
di una mancanza di strumenti
conoscitivi ». Tuttavia qui l’inserimento nel lavoro della FGEI è
già una realtà e le prospettive sono abbastanza precise: « Dalla
FGEI mi aspetto che ci dia strumenti conoscitivi per criticare la
realtà, anche politica, in uno
spirito di apertura e non di inquadramento. Mi aspetto anche
che sviluppi tematiche che possano aggregare anche chi non è
protestante, come l’antimilitarismo, la lotta alle centrali nucleari, la salute, la ricerca della qualità della vita ».
Martino Rostan, 15 anni, studente a Milano, non ha difficoltà
ad ammettere che solo in parte
il materiale è stato « digerito »
dal campo. È tuttavia ben inserito — anche se da poco — nel
gmppo FGEI di Milano e guarda avanti agli sviluppi che il lavoro potrà avere. « L'importante è avere a disposizione il materiale del campo che può ora
essere approfondilo e studiato.
Non tutto interessa in ugual modo noi giovanissimi. Ciò non toglie che questo campo sia stato
un punto di partenza per il futuro. Si tratta ora di vedere se
si riesce a trasportare il discorso del campo nelle sedi locali,
ciascuno nel suo gruppo ».
Nel complesso, l’impressione
che si respira l’ultima sera del
campo, dopo le conclusioni e prima della serata di fine d’anno, è
nettamente positiva. Mi rivolgo
a Franca Mazzarella di Roma,
insegnante, membro delle redazioni di Com-Nuovi Tempi e di
Gioventù Evangelica, che ha vissuto intensamente il decennio di
vita della FGEI. Secondo Franca una delle ragioni del successo del campo è l’impegno dei
partecipanti. « Forse all’inizio,
nei gruppi, i più giovani hanno
avuto un po’ di difficoltà a inserirsi e partecipare, ma mi ha
colpito la serietà con cui seguivano e studiavano .Se pensiamo
alla realtà delle scuole di oggi e
alla enorme fatica degli studenti di oggi ad affrontare lo studio... ».
Le chiedo un raffronto tra la
FGEI di oggi e quella degli anni
passati. « Da una parte non si
pone più per la FGEI la questione che qualche anno fa sembrava esigere una risposta univoca:
dentro o fuori delle chiese. Oggi
è chiaro che i diversi gruppi
FGEI, a seconda della realtà in
cui vivono, rispondono alla loro
vocazione impegnandosi così in
una chiesa valdese, metodista o
battista o in un’esperienza nella
realtà esterna là dove questa
presenza è possibile. Dall’altra
mi ha colpito il fatto che mentre rispetto al passato si è qra
accentuata la spaccatura all’interno della sinistra, questi ragazzi, preso atto di questa realtà anche con sofferenza, cercano
in un ambito come quello della
FGEI di potersi parlare e trovare un terreno comune di lavoro ».
Fin qui il campo e la realtà
presente. E il futuro? Ne parlo
con Paolo Naso, « generazione di
mezzo» della FGEI (22 anni), da
due anni membro del Consiglio
FGEI. « Questo campo ci ha fat
Vietnam
Sul prossimo numero
due pagine dedicate al
Vietnam. Sulla base di
documentazione e notizie dirette TULLIO
VINAY fa il punto sulla situazione interna, i
rapporti con la Cambogia, i profughi.
to capire che va rilanciata la
formazione delle giovani generazioni che fanno riferimento alle
chiese e alla FGEI. È necessario
un grosso impegno di formazione tanto su tematiche di tipo politico, storico, culturale, quanto
su tematiche di tipo teologico e
di ricerca biblica. Non a caso
uno dei momenti in cui tutto il
campo mi è parso più concentrato è stato il momento dello
studio biblico.
Un secondo filone su cui la
FGEI dovrà lavorare è quello
che definirei di ’orientamento’.
Viviamo in un momento di crisi
del politico e quindi di rilancio
del momento religioso inteso in
modo alienante e profondamente slegato dai processi di liberazione che si verificano in Italia come nel mondo. Non parlo
solo di forme di cattolicesimo
tradizionalista ma anche di ideologie di tipo mistico e settario,
tra cui le sette orientali e culti
di vario genere. Rispetto a questa domanda di religiosità c’è un
problema di orientamento che
secondo me, proprio per la ricerca teologica che la FGEI ha svolto in questi ultimi dieci anni,
deve essere sviluppato e mediato alle nuove generazioni.
In terzo luogo c’è un altro filone da riscoprire e cioè l’evangelizzazione, intesa come risposta non solo sul piano culturale
a questo falso bisogno del religioso, ma come predicazione
svolta da chi è radicato in un
contesto specifico: predicazione
dell’annuncio evangelico, con
tutte le conseguenze sul piano
etico che questo comporta rispetto, per esempio, alla concezione della vita. Tutti in questo
momento parlano di nuova qualità della vita: credo che evangelizzare in questo momento significhi definire in riferimento
alla Bibbia il senso che per noi
ha la vita »
Franco Giampiccoli
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12 gennaio 1979
SEI MESI NEL RIO DE LA PLATA
Incontro con Dono Ano
Una straordinaria figura di educatrice, una delle persone più rappresentative del Valdismo rioplatense di questo secolo
96 anni, uno sguardo pungente e benevolmente severo da cui
si indovina l’antica energia, vive con le due figlie Maria Emilia, professoressa, e Silvia, giornalista, nel centro di Montevideo. Una conversazione con lei
significa rivivere, guidati dalla
sua memoria prodigiosa, avvenimenti del principio del secolo
e quindi risalire per testimonianza diretta alla prima eroica fase
della colonizzazione valdese nel
Rio de la Piata.
Doña Ana Armand-Ugon de
Tron, che qui tutti chiamano
semplicemente Doña Ana, è la
persona più rispettata ed amata,
ed è stata una delle persone più
importanti nella vita del valdismo rioplatense. Il padre, il pastore Daniel Armand-Ugon, nella sua infaticabile attività, non
priva di battaglie e contrasti, è
stato colui che forse più di tutti
ha contribuito a dare alla comunità valdese la struttura che le
ha permesso di consolidarsi e
durare attraverso i decenni. Fu
lui a trattare col governo per
l’acquisto delle terre, a occupar
si personalmente della suddivisione tra i coloni, a dare impulso a una rete scolastica paragonabile a quella di Beckwith alle
valli, opera culminata nella fondazione del liceo di Colonia Vaidense.
L’opera di organizzazione fu
poi proseguita dal pastore Ernesto Tron, che Doña Ana sposò
nel 1918, anno che per lei significa l’inizio di un periodo attivissimo. Nel 1918 infatti apre a Vaidense la prima scuola uruguayana di economia domestica; nello
stesso anno assume la direzione
del liceo, che terrà fino al 1921.
Nel 1920 organizza il lavoro delle Scuole Domenicali, per le quali scrive lei stessa i libri di testo. Il metodo appare straordinariamente moderno: i manuali
di Doña Ana davano indicazioni su come coinvolgere i ragazzi, sui lavori e i giochi che si
potevano fare con loro per evitare che ascoltassero passivamente la lezione.
Ma non basta. Da donna estremamente pratica e attiva qual è
intuisce l’importanza dell’indu
stria alimentare per un paese
agricolo come l’Uruguay, e nel
1919 dà l’avvio a una piccola fabbrica per sfruttare l’abbondante produzione di latte della zona. Comincia così la produzione
industriale del « dulce de leche »,
la marmellata di latte, oggi uno
dei prodotti più diffusi dell’industria dolciaria locale.
Come giudica l’evoluzione attuale? Con distacco, naturalmente. È al corrente di tutto, ha
molto sofferto per le lacerazioni nella Chiesa negli anni recenti, considera un eccesso l’insistenza dei giovani sull’impegno politico. Ma il suo giudizio è partecipe, privo di amarezza, pieno
anche della speranza di chi ha
lottato e ha realizzato molto, e
ora' si aspetta che le nuove generazioni facciano altrettanto, pur
con la consapevolezza che le cose oggi son più diffìcili, e che
l’Uruguay in crisi non è più
quello degli anni venti.
(4 - continua)
Bruno Rostagno
Convegno giovanile organizzato dalla Federaz. Protestante Francese
Frontiere politiche
frontiere culturali
e
Dal 4 al 9 dicembre 1978 si è
tenuto a Melun vicino Parigi un
incontro internazionale organizzato dal Dipartimento per la
Gioventù della Federazione Protestante Francese sul tema
« Frontiere politiche e frontiere
culturali ». Al convegno hanno
partecipato i responsabili e gli
iscritti delle federazioni giovanili protestanti della Francia, delle due Germanie, dell’Italia, della Spagna e del Portogallo. Per
l’Italia sono intervenuti un gruppo di giovani della Fgei organizzati e raccolti dal pastore
Paolo Ribet.
Secondo il programma inviato ai partecipanti il tema dell’incontro avrebbe dovuto vertere sul problema del rapporto tra
il « politico » e il « culturale » e
su quanto il momento strettamente storico-politico possa influenzare il momento ideologicoculturale, su quanto viceversa
un comportamento o una scelta
politica possano essere influenzati chiaramente da una specifica e stabilita mentalità. I confini politici di ogni nazione europea sottintendono anche una
frontiera culturale? E la appartenenza ad una specifica area
culturale determina un atteggiamento sociale particolare? Queste le domande alle quali si doveva rispondere. Ma la ricerca
certamente interessante, se si
tiene conto del respiro internazionale di cui godeva, non ha
avuto per una serie di motivi il
giusto quanto sperato approfondimento e le domande sono così
rimaste senza risposta. Infatti le
differenze politiche e culturali
delle nazioni europee non sono
state valutate in un’analisi specifica che cercasse di stabilire
le cause storiche che le hanno determinate. Esse sono rirnaste soltanto implicite nei vari interventi dei partecipanti, per cui
non sono stati chiariti i motivi
per i quali per esempio un italiano e un tedesco affrontino in
maniera diversa gli stessi problemi.
Alla fine si sono cosi, affrontati argomenti anche interessanti ma che non hanno avuto col
tema un rapporto immediatamente diretto o un legame effettivo. I regali (cadeaux), che ciascuna nazione ha dato e ricevuto sotto forma di disegni o di
composizioni nei quali doveva
essere rappresentata un’immagine positiva e una negativa della
nazione stessa, hanno dato il via
al dibattito. Da un’occasione ba
nale (ma significativa per scoprire i luoghi comuni che ancora esistono riguardo a certi popoli e nazioni...) si è passati inevitabilmente ad affrontare problemi di attualità e spesso di
scottante attualità. Al centro del
dibattito generale e di quello dei
gruppi misti il problema della
crisi economica internazionale è
subito saltato in evidenza. Connesso ad esso il problema della
crisi politica con il riferimento
esplicito alla questione del terrorismo ha assunto una rilevanza immediata. Nel tentativo di analisi del terrorismo si
è rilevata da una parte l’erroneità politica della matrice
culturale di queste frange « rivoluzionarie » e dall’altra si è denunciata la storica involuzione
del sistema capitalista che, rallentando di fatto la dinamica politica in alcuni paesi (Italia, Germania Federale) ha relegato a
gruppi sempre più emarginati e
disperati il diritto ad una opposizione al sistema stesso.
La coscienza della crisi si è
accompagnata in molti alla coscienza del rapporto tra la crisi
e il sistema capitalistico. « Esiste un rapporto preciso — ha
detto una delegata francese —
tra questa crisi e il capitalismo
internazionale per cui oggi paghiamo le conseguenze di questa
perversa politica economica, che
basata sullo sfruttamento incondizionato dell’uomo sull’uomo e
dell’uomo sulla natura, ha concorso a determinare i mali e i
problemi che affliggono oggi la
umanità». Utili in questo senso
i dibattiti seguiti sui problemi
dei mass-media e sull’uso distorto che ne fa chi detiene il potere, e il dibattito sulla questione
delle risorse energetiche e sull’energia nucleare.
Il superamento di questa crisi, è stato chiaro per tutti, può
avvenire solamente con la trasformazione di questa società in
una lotta che possa prefigurare
la costruzione di una società
nuova e socialista. In questo
senso si è cercato di analizzare
la situazione dei vari « socialismi reali », con un particolare
riferimento alla DDR, per individuare quei ritardi che ancora
rallentano la lunga marcia verso il « regno delle libertà ».
Al termine si è analizzato il
ruolo e il compito storico delle
chiese in questa società e in
quella futura. Tutti si sono trovati concordi con l’affermazione
della ambasciatrice portoghese
COSA DICONO DI NOI I GIORNALI
Burgess: uno
che ha capito
tutto
presso rUnesco, che nel suo intervento sul ruolo dell’Europa
nel mondo, ha così concluso;
« Il nostro impegno di credenti
e il nostro annuncio di Cristo
devono concretizzarsi, nella storia, nella lotta per il cambiamento della società attuale e nella
lotta ulteriore per cambiare, una
volta cambiata la società, la società cambiata ».
La data e il luogo del prossimo convegno, che dovrebbe, su
proposta italiana, affrontare il
problema « dell’uomo nuovo »,
non sono stati fìssati. Auguriamoci anche che al prossimo incontro alla possibilità ricca e interessante di conoscere e di incontrare altri fratelli in fede e
in lotta possa aggiungersi la capacità di studio, di sintesi e di
indirizzo metodologico che in
questo sono probabilmente mancati. Luciano Cirica
Già ne « La Luce » del 17 novembre avevamo avuto occasione di interessarci allo scrittore
cattolico Burgess, per una intervista fattagli dall’« Espresso ».
Anche « Il Giorno » del 6 dicembre pubblica una intervista con
la stessa persona in occasione
del lancio in Italia di un suo libro (Christ thè tigger) in cui il
Burgess immagina e racconta un
Cristo che si sposa, che non muore né risuscita, ma svolge un’opera vivamente umana che lo
porta « nel pieno rifiuto della
politica e nel recupero - rifugio
dell’irrazionale ». Per capire cosa può intendere il Burgess per
« rifugio nell’irrazionale » è utile
ricordare che egli è l’autore del
romanzo da cui è stato tratto il
film « L’arancia meccanica ». Chi
lo ha visto, o ha letto il libro da
cui è tratto, sa come la tesi principale sia una esaltazione della
violenza fine a se stessa ed una
sua repressione resa odiosa dai
mezzi per essa adoperati. Se
questo è l’irrazionale in cui spera il Burgess, c’è da stare freschi. Come freschi c’è da stare
se si realizzasse quanto il Burgess auspica, quando dichiara
indispensabile per la Clhiesa di
Roma abbandonare « l’ecumenismo di papa Giovanni XXIII », in
quanto « in termini teologici » le
sue aperture verso il protestantesimo e il comunismo costituiscono « un movimento ispirato
dal demonio ». « Il protestante
simo è finito. La tragedia della
Guyana lo dimostra », assicura
il Burgess, che evidentemente ha
capito tutto. Il comunismo è
« quasi finito » e « la Chiesa deve liberarsi da ogni commistione » con forze che non sono le
sue. Ed ecco la Chiesa di Roma
unica speranza di salvezza per
l’umanità se riuscirà a liberarsi
da ogni tentazione ecumenica. Il
Burgess sarà più amico di Ceronetti o del Grande Inquisitore?
* * *
Nel suo numero datato 2 gennaio « Panorama ». dedica otto
pagine ad un articolo di Raffaello Baldini spila mariologia. È interessante notare come tutto
l’articolo oscilli tra due impostazioni: da un lato le difficoltà
teologiche dei mariologi dipendenti dalla pur contrastata decisione del Concilio Vaticano II
che ha riportato « al centro della Chiesa la figura di Cristo, unico mediatore tra Dio e gli uomini » tagliando così la strada
ai mariologi che volevano Maria
« mediatrice imiversale e corredentrice ». Dall’altro la religiosità popolare (pellegrinaggi, santuari, apparizioni) che preme per
un rilancio del culto mariano,
trovando appoggio in alcune affermazioni dell’attuale papa. Come si svilupperà questa situazione? Dice il Baldini che « all’orizzonte si annuncia più di una
apocalisse: ecologica, economica, demografica »; e che questa
situazione può spingere alla ricerca di « un rapporto materno
che è quello con la Madonna».
Paolo Ricca, interpellato dal
Baldini, riconferma che nel Vangelo Maria è « una figura di contorno, laterale » e così « protagonista di una storia più grande
di lei ». Corretta definizione della posizione di profondo rispetto, ma non di adorazione, del
protestantesimo. Rimane solo
come « punctum dolens » l’influenza che la innegabile ripresa
dei « mariologi » può avere sul
processo ecumenico; quello serio, si intende.
Niso De Michelis
STORIA DI UNA CONVERSIONE
Pietro il pantofolaio
Pietro il pantofolaio è un omino che non ti colpisce per la sua
persona; eppure non appena inizia a iiàrlare delle sue esperienze di credente immediatamente
una intensa luce spirituale si
sprigiona dal suo volto e i suoi
occhi si illuminano dietro i suoi
grandi, spessi occhiali.
Pietro ha fabbricato pantofole per quarant’anni in una delle
zone più povere della città di
Torino. Titolo di studio: terza
elementare. Nel tempo libero
frequenta la vicina bettola, ogni
giorno. Quando la consorte chiede al figlio; dov’è papà? la risposta è sempre uguale : « È nella bettola, nella sua chiesa».
Un giorno andò al cimitero ad
un servizio funebre d’un suo conoscente evangelico; il pastore
parlò di giudizio di Dio, della
promessa di salvezza e di beatitudine per la creatura che si
converte; Pietro fu sconvolto e
quella sera rimase a casa; i familiari pensarono che fosse malato ; dopo una notte come quella di Giacobbe a Peniel, all’alba
una nuova creatura emerse dalla lotta tremenda con Dio. In seguito venne a conoscenza di un
gruppo di evangelici pentecostali della zona. Ebbe così, inizio la
straordinaria esperienza d’una
vita nuova consacrata totalmente al Signore.
Quando Pietro si converte è
vicino alla cinquantina; non importa: l’ultima ora della chiamata vale più di tutte le altre
ore della vita, consumate lontano da Dio.
Due anni fa, ormai all’età della pensione egli ha lasciato il suo
desco di pantofolaio; ora può
servire il Signore a pieno tempo: malati negli ospedali, creature sole, situazioni familiari
spesso drammatiche sono l’oggetto della sua missione. Inoltre,
nella buona stagione, con una
vecchia lambretta percorre la
Lombardia, il Veneto e talvolta
s’avventura fino a Rimini per visitare gruppi, famìglie, giovani,
seminando sempre con lo zelo
del « nato di nuovo » la Parola.
Recentemente in occasione di
un viaggio verso Firenze ha incontrato nello scompartimento
una giovane insegnante in procinto di laurearsi. Non appena
la maestrina scopre che Pietro
è evangelico lo tempesta di do
mande sulla Bibbia perché la sua
tesi è su « Gesù Cristo ». All’improvviso il nostro chiede alTinsegnante: «lei crede in Gesù?».
La giovane candidamente risponde : « ma io sono atea » ! « Ma
allora — ribatte Pietro — come
fa a convincere i suoi professori della bontà della sua tesi se
non crede? Ci pensi signorina,
ed io pregherò per lei ». La maestrina interviene ancora ed esclama: « Ma mancemo solo venti
giorni per la discussione della
tesi ! » E Pietro di rimando ;
«Per dare il suo cuore a Gesù
ci vuole di meno; basta un momento, un istante perché lo Spirito compia il miracolo nella sua
vita ». La giovane insegnante è
commossa e gli occhi luccicano
al momento del congedo da Pietro.
Gustavo Bouchard
ERRATA CORRIGE
Negli articoli sulla nuova Costituzione spagnola di Giorgio Peyrot {n.
46, 48, 49/1978) si è fatto ripetutamente riferimento all’art. 15. Nella
stesura finale della Costituzione questo articolo è invece diventato l’art. 16.
4
12 gennaio 1979
testimoni protestanti
In q^uesta serie di ritratti compaiono personaggi noti e meno noti, di un passato recente
o più remoto. La loro caratteristica comune è di essere stati dei credenti protestanti. Che
cosa^ ha significato per loro essere protestanti e in che modo la fede ha inciso nella loro
Particolare attività è quanto intendiamo chiederci per poter ricevere la loro testimonianza.
JAMES KEm HARDIE
Fervente evangelico e predicatore laico, fu il fondatore del primo nucleo del Partito Laburista che oggi governa la Gran Bretagna
A dieci anni entrò a lavorare
in miniera. Era nato nel 1856 in
un villaggio del Lanarkshire, una
delle zone carbonifere della Scozia. Figlio di povera gente, aveva fatto ben poche scuole e diversi lavoretti saltuari e malpagati negli anni dell’infanzia. Una
volta minatore, riuscì a farsi anche una cultura, studiando alle
scuole serali evangeliche : un miracolo di intelligenza e di volontà, se si pensa agli orari massacranti di lavoro di quel tempo.
Era un cristiano fervente e divenne un predicatore laico. Ma
il peccato di cui parlava nelle
sue prediche non era un’astrazione qualsiasi; era il peccato
concreto di una società che abbrutiva e sfruttava le classi popolari. Il suo cristianesimo non
era un vago spiritualismo; era
un impegno di lotta per mettere
in pratica il Sermone sul Monte. Il padronato prese a noia questo predicatore, che guidava i
compagni di lavoro in miniera e
si adoperava ad organizzare fra
loro un sindacato. J. K. Hardie
fu cacciato sul lastrico, insieme
a due fratelli minori.
L’istruzione che si era procurata con tanto stento, gli permise di sopravvivere, scrivendo articoli sulla condizione operaia
per i giornali. E continuò infaticabilmente ad organizzare in sindacati i minatori della sua Sco
zia ; lavorando gratis, si intende,
o al massimo con quattro soldi
di rimborso spese. Ma nel 1888,
cominciò a trasferire la sua lotta dal terreno sindacale a quello politico. Allora gli operai britannici solevano votare per i
candidati del Partito Liberale,
che meglio si prestavano a dare
ascolto alle loro rivendicazioni.
Ma James Keir Hardie, anche
se aveva lasciato la miniera, si
sentiva operaio dalla testa ai
piedi; dunque, volle che gli operai stessi esprimessero dal seno
della loro classe la propria rappresentanza politica, anziché affidarla alla borghesia liberale.
Appunto nel 1888 si presentò alle elezioni come candidato operaio indipendente e fu sonoramente battuto. Non si scoraggiò,
riuscì a convincere altri sindacalisti della necessità che gli operai avessero un loro partito indipendente da quelli della borghesia progressista. Nel 1892 riuscì; finalmente eletto al Parlamento; l’anno dopo fondò il
Partito Operaio Indipendente
(Independent Labour Party),
cioè il primo nucleo di quello che
oggi è il Partito Laburista che
governa la Gran Bretagna.
È rimasta famosa la scenetta
dell’arrivo di J. Keir Hardie alla Camera dei Comuni; vestito
da operaio e con im berretto
scozzese in testa, invece del tu
bino e dell’abito nero di rito,
arrivò con una carrozza scoperta a più posti, zeppa di scaricatori del porto, uno dei quali suonava a perdifiato una trombetta,
con grande scandalo della gente
« rispettabile ». E tosto si guadagnò il nomignolo di « deputato dei disoccupati» per l’insistenza e il calore con cui parlava dei problemi di costoro.
Per tutta la vita, restò l’idolo
degli operai e lo scandalo della
gente bene. Maturò le sue idee
in senso sempre più decisamente socialista. Puntava politicamente sull’alleanza fra il sindacalismo operaio e le dottrine socialiste, di cui erano portatori —
a quel tempo — soprattutto intellettuali provenienti dal ceto
medio. Ma restò sempre irreducibilmente classista, opposto al
compromesso tra movimento
operaio e progressismo borghese, ed altrettanto irriducibilmente cristiano evangelico, con tutto l’austero moralismo della tradizione non-conformista. Dunque, strenuo anti-alcoolista e
strenuo assertore di una sostanziale unità tra messaggio cristiano di fraternità e lotta sociale,
con brusche impazienze — proprio da operaio davvero •— contro le ostentazioni di irreligiosità e di scapigliatura di più di
un socialista. Il che non gli impediva di studiare Marx e di ac
cettarne almeno in parte il pensiero.
Scandalizzò i patriottoni prendendo posizione contro la guerra anglo-boera e i tradizionalisti
schierandosi dalla parte delle
suffragette, che reclamavano il
voto alle donne ricorrendo anche a metodi non precisamente
«parlamentari». Scandalizzò gli
imperialisti, andandosene in India a vedere con i propri occhi
gli effetti del colonialismo e scrivendovi sopra un libro di dura
polemica. Non ebbe paura di intitolare uno dei suoi opuscoli più
battaglieri; Come si fa ad essere cristiani con una sterlina. alla
settimana?
Anche se inflessibile nella sua
moralità e ardente nel suo sdegno contro l’iniquità, non era un
musone. All’occasione sapeva essere allegro e scherzoso. Ma soprattutto, sapeva come nessuno
parlare con semplicità e chiarezza agli operai, senza tanti paroioni, e fare appello al loro
senso di giustizia e di solidarietà. Dal primo nucleo, costituito
dairindependent Labour Party,
con un pugno di deputati appena, fece sì che il movimento operaio britannico arrivasse nel 1906
ad un assai più forte e meglio
organizzato Labour Party. Naturalmente, lo elessero subito
presidente del Partito; ma non
gli andava gran che la parte dell’uomo importante e fu lieto di
lasciare presto quella carica ad
altri. Restava l’uomo semplice,
che era sempre stato; la voce e
la coscienza della classe operaia.
Nuvole nere di guerra cominciavano ad addensarsi sull’Europa. Tre grandi figure di socialisti si battevano per scongiurare
la tempesta; J. K. Hardie in Inghilterra, August Bebel in Germania, Jean Jaurès in Francia.
Hardie, in particolare, insisteva
perché gli operai di ogni paese
si preparassero a bloccare la
guerra imminente con uno sciopero generale internazionale. Alla vigilia della Guerra Mondiale, un collasso stroncò improvvisamente la vita di Bebel; nel
fatale luglio 1914, Jaurès fu assassinato da un fanatico nazionalista; quando la guerra dilagò
e lo sciopero generale si rivelò
un sogno generoso, Hardie non
resse al dolore. L’angoscia fu tale da distruggere la sua salute.
Aveva dato tutto se stesso per
i suoi fratelli; quando non potè
arrestarne il massacro, si consumò dentro di sè, tanto da morirne, ai primi del 1915. Cominciava per il mondo la nera notte dell’orrenda strage, cui presto sarebbe venuta dietro la corsa all’abisso dei fascismi.
Giorgio Spini
VIETNAM E LOTTA
PER L’UOMO NUOVO
Caro Direttore,
voglio prendere la parola, spinto a
questo dalle due lettere da te pubblicate sul numero scorso dell'Eco-Luce.
Lucio Malan e Aldo Rostain affrontano
— male, a mio avviso — un problema che è centrale oggi e che credo
ohe dovrebbe impegnare ogni , credente: che tipo di società vogliamo costruire? È possibile costruirne una?
Lucio Malan pare molto soddisfatto
della sua lettera, della sua così sottile
presa in giro; ma è possibile che non
capisca che siamo tutti, anche lui, degli sconfitti se il Vietnam non rispetta
le sue promesse? È possibile che si
sia già dimenticato che cos’era il
regime di Van Thieu e delle gabbie
di tigre? Che si sia già dimenticato
che cos'era l’imperialismo americano e
che cos'ha fatto per difendere i suoi
interessi in Indocina? Il pastore Vinay
aveva ragione, sissignoril, quando diceva ohe aveva visto uccidere un popolo ed aveva anche ragione di additarci come esempio i propositi di perdono all'indomani della liberazione. Se
poi quelle persone hanno gettato la
maschera mostrando un volto diverso
da quello che avevano mostrato in
precedenza, vuol dire che il popolo del
Vietnam è stato di nuovo sconfitto, e
con lui la nostra speranza. Ingenuo
chi ci ha creduto? Forse, ma triste
chi non ha più speranza che il nostro
mondo possa cambiare, da compatire
chi non sa più cercare nel mondo la
lotta per l’uomo nuovo.
Troppo comodo fare l'autocritica dopo — ci avverte Aldo Rostain —. Ha
ragione, ma pretende di averne troppa.
Si fa l'autocritica perché non ci si è
accorti che in quella lotta di liberazione c’erano i germi per un regime
totalitario: non si fa l'autocritica perché è stata portata fino in fondo la
lotta di liberazione. È come se Rostain
dicesse che non si doveva fare la
Resistenza in Italia, perché dopo sono
venuti i democristiani.
Concludendo, mi pare che da tutta
questa storia possano venire per noi
due insegnamenti: 1) Fuggire dal dogmatismo: 2) non cessare di portare avanti
la lotta per l'uomo nuovo, anche se gli
alleati e le guide di ieri diventano i
nemici di oggi. Ma una cosa non vorrei che accadesse: che la tragedia
dei popoli Vietnamita e Cambogiano
•diventasse per noi solo l’occasione
per delle dispute verbali e per delle
lettere al direttore. Tragedia è e tragedia rimane, anche per noi, anche per
il pastore Vinay che, detto fra noi,
spero vada dai rappresentanti del
governo vietnamita a riportare loro le
nostre preoccupazioni.
Paolo Ribet, Ferrerò
A DANNO DEL
POPOLO
O DEI PRIVILEGIATI?
Caro Direttore,
ho letto sul recente n. 51-52 dell'Eco due lettere sul Vietnam: la prima è indirizzata a Tullio Vinay e sarà sua cura decidere se rispondere,
malgrado il tono fortemente provocatorio della lettera.
Vorrei invece rispondere alla seconda lettera, quella di Aldo Rostain, sia
per le sue valutazioni politiche sulla
situazione attuale nel Vietnam, sia per
le generalizzazioni che in seguito ne
trae per un giudizio storico negativo
sulle rivoluzioni marxiste.
Ritengo intanto che una distinzione
vada fatta tra quanto è avvenuto nel
Vietnam durante la guerra di liberazione e quanto sta succedendo laggiù
nel dopoguerra. Per la liberazione del
paese dagli americani, la lotta non è
certo stata inutile, come invece pensa Rostain: in quei lunghi anni, in
tanti, giovani e meno giovani, abbiamo appassionatamente parteggiato per
quel piccolo popolo m lotta contro il
tracotante gigante invasore; la sua
vittoria finale è stata non solo una conferma politica, ma anche la dimostrazione che la immorale legge del più
forte non sempre ha successo. È lo
stesso convincimento col quale abbiamo seguito 0 preso parte alla guerra
partigiana in Italia o altrove. I contenuti ideali di queste lotte non si possono rinnegare o dimenticare, anche
perché le nazioni continuano a riconoscere nella forza della pressione economica e nella potenza degli armamenti il solo argomento di persuasione contro chi ostacola il cammino.
Durante e dopo la guerra, in Italia
come altrove, ci siamo resi conto che
nella lotta partigiana non tutto si era
svolto nei modo ideale desiderato o
vagheggiato; ma questo non basta, a
mio parere, a sminuire i contenuti ideali che questa lotta hanno promosso e
sostenuto.
Anche nella guerra di liberazione
del Vietnam non tutto era oro, e meglio di prima lo sappiamo adesso,
quando i più recenti avvenimenti ci rendono perplessi sulla evoluzione politica di quel paese. Ma anche qui ciò
non è sufficiente per cancellare dalla
nostra memoria quello che ha rappresentato per tanti di noi l'esempio della ribellione di questo popolo al sopruso altrui, della sua eroica difesa, della
sua compatta partecipazione alla lotta
pur essendo terribilmente provato da
una guerra crudelmente annientatrice.
Se poi la situazione attuale nel Vietnam suscita qualche perplessità sul
piano politico, il mio giudizio è ad
ogni modo assai lontano da quello di
Rostain; probabilmente anche perché
le fonti di informazione sono diverse.
Mi domando, per esempio, se tutti si
rendono conto in quali rovinose condizioni si trovi tuttora quel paese, dopo
la sistematica distruzione operata dall'esercito invasore. È una situazione di
" emergenza » (un po’ diversa da quella proclamata ormai na un anno dal
governo italiano) e non vi è troppo
da meravigliarsi se alcuni provvedimenti debbono avere un carattere drastico
e discutibile.
Un’ultima osservazione critica vorrei fare infine a Rostain: non è corretto prendere spunto da quanto avviene in Cambogia e nel Vietnam per
fare di ogni erba un fascio ed affermare che <1 tutte le rivoluzioni marxiste, vere o false che siano, si sono
sempre risolte a danno del popolo, da
quella russa in poi ». È un pesante
giudizio politico che, buttato come è
alla fine della lettera, risulta superficiale. Ritengo che le rivoluzioni marxiste si sono sempre mosse contro una
preesistente situazione di dittatura, di
oppressione, di privilegi. Di questi ultimi vi sono sempre i nostalgici che
sono al tempo stesso, come nel caso
dei fuoriusciti dal Vietnam, avversari
del nuovo regime.
Daniele Rochat, Torino
QUALCHE NEO
NEL CULTO RADIO
Sia concesso ad un ultratrentennale
ascoltatore del culto radio esporre alcune riflessioni, forse non del tutto
oziose.
1. - Ancora troppo spesso, da parte degli incaricati della meditazione del
giorno, si fa uso di un linguaggio accessibile solo agli « iniziati », Certe
allusioni inesplicate a parabole, episodi o altri passi biblici riescono oscure — talvolta addirittura ermetiche
— agli ascoltatori occasionali, e questo
non vale certo a invogliarli a sintonizzare i loro apparecchi sullo stesso
programma la domenica successiva. E
non si ribadirà mai abbastanza il chiodo dell'attualità del messaggio evangelico.
2. - Eccellente, in linea di principio, una certa varietà nello svolgimento dei brevi Istanti di raccoglimento
e di preghiera (quando c'è), ma per
non poche persone non sempre ■■ quadra » la sostituzione degli inni (dei
quali sarebbe tanto utile indicare il
numero che portano nell'Innario) con
cantatuzze affidate a voci o vocine singole. Almeno nelle grandi solennità,
sarebbe meglio evitare certune di queste innovazioni, come rimandare ad
altre date certi accompagnamenti con
chitarre di non si sa mai bene quale
arcipelago. D'accordo che c'è tempo,
ma speriamo non si verifichi l'ennesima defenestrazione pasquale di Haendel (Innario 228).
3. - « L’opinione di X. Y. » sembra
voler imitare, senza alcuna malizia.
> una quasi quotidiana rubrica televisiva.
Sarebbe il caso di studiare un'altra intestazione, <■ a cura di Y. Z. ».
Emanuele Tron, Genova
« L’OPINIONE DI... »
Caro Direttore,
su La Luce del 24 novembre il pastore A. Garufi fa alcune osservazioni sulla “ nota » di attualità che è
stata letta al termine di alcuni cultiradio.
Il Servizio Radio, in applicazione
delle decisioni del Comitato Generale
del Servizio stesso ha deciso di realizzare prima dell'Avvento una serie di
■■ note » di attualità, a titolo sperimentale, da trasmettere alla conclusione
del notiziario che segue il culto-radio,
affidandone la redazione a Aldo Comba
e a Roberto Sbaffi: un pastore e un
laico, tre note ciascuno, giusto di che
saggiare le reazioni degli ascoltatori e
valutare la validità della formula per
decidere sulla eventuale prosecuzione.
Per urgenti e Imprevisti Impegni di
lavoro R. Sbaffi non ha potuto preparare la serie che gli era stata affidata
e, per completare l'esperimento, si è
dovuto far ricorso ad altre soluzioni.
L'ipotesi di prosecuzione prevede che
vi siano d'ogni tanto delle serie di « note » affidate a un medesimo autore e
che durino per alcune domeniche: una
ragionevole rotazione, ma non una girandola.
Le note sono firmate appunto perché
si sappia che l'opinione espressa è
quella di una persona determinata,
che manifesta un punto di vista evangelico senza pretendere di rappresentare tutti gli evangelici. Il fatto che
una persona curi più note di seguito
non ha nulla di meno evangelico o
meno democratico che il fatto che su
questo giornale certe firme appaiano
per parecchi numeri di seguito.
Cordialmente
Servizio Stampa Radio e Televisione
della Federazione Chiese Evangeliche
L’opuscolo del 17 Febbraio
L’opuscolo del XVII febbraio di
penna del pastore UMBERTO BERT
testantesìmo a Trieste. Cenni storici
za della Riforma nel XVI secolo, e,
delle comunità evangeliche luterana,
todista, fino alla presenza valdese
sarà in breve disponibile presso le
chiese locali.
quest’anno è dovuto alla
ed è dedicato a « Il Pro». Vi si presenta l’influena partire dal ’700, la vita
svizzera, anglicana e medopo il 1918. L’opuscolo
Librerie Claudiana e le
5
12 gennaio 1979
E’ GIUSTA LA FORMA CHE E’ STATA DATA AL DIRITTO DI SOTTRARSI ALL’APPLICAZIONE DELLA LEGGE?
ABORTO
e obiezione di coscienza
La legge per l'interruzione della gravidanza è
forse quella che finora ha avuto la vita meno facile: continuamente sottoposta a rinvii, polemiche,
tentativi di insabbiamento, è stata approvata dal
Parlamento il 19 maggio 1978, appena in tempo per
evitare il referendum sulla legge precedente che
risaliva al periodo fascista. Il partito radicale, che
aveva organizzato la raccolta di firme in vista della
consultazione popolare, si rifiutava di votarla e cosi pure, anche se per motivi opposti, si comportava la Democrazia cristiana.
Contro la legge prendeva immediatamente posizione la gerarchia cattolica, lanciando un appello
ai medici e al personale ospedaliero perché si valessero della possibilità di obiettare e quindi di
non praticare interventi di questo tipo. In questo
modo tutti gli ospedali retti da enti religiosi e un
gran numero di medici e di infermieri operanti
negli ospedali civili si sono sottratti agli obblighi
della legge.
Un’indagine compiuta alla fine del mese di set
tembre rilevava la disponibilità a praticare l'aborto di metà soltanto degli ospedali pubblici italiani;
l'obiezione dei medici risultava molto elevata, soprattutto al sud.
All'opposto, un documento del Sinodo '78, rispondendo alla richiesta del Comitato di coordinamento tra gli ospedali evangelici, dichiarava « non
giustificabile una chiusura dei nostri ospedali all’attuazione della legge sull’interruzione volontaria
della gravidanza, perché ciò equivarrebbe ad un
sostituirsi autoritariamente alla decisione della
donna e della coppia che deve essere libera e responsabile ».
Considerando molto sospetta questa massiccia
adesione all’obiezione di coscienza della classe medica e desiderando denunciare alla pubblica opinione chi continua a procurare aborti clandestini,
i movimenti femministi hanno chiesto con insistenza che fossero conosciuti ì nomi degli obiettori. Ma
la pubblicazione delle liste è stata ritenuta « una
violazione del segreto d’ufficio ». L. V.
Quale coscienza?
Quando è stata approvata la
legge n. 194, che regola l'interruzione volontaria della gravidanza, molte donne hanno sperato
che sarebbe stato finalmente possibile parlare con maggiore serenità del problema dell’aborto
e della maternità. La legge non
avrebbe certo risolto in breve
tempo la piaga degli aborti clandestini (lo dimostra la situazione di altri paesi in oui leggi analoghe sono in vigore da anni); vi
era il problema della impreparazione dejle strutture sanitarie;
si conosceva la forza delle opposizioni e delle resistenze. La
legge pareva tuttavia indicare la
raggiunta consapevolezza della
corresponsabilità sociale di una
realtà che, prima di ogni altra
cosa, chiedeva di essere riconosciuta come tale e non ipocritamente negata, come avveniva in
passato.
Per di più, la legge riconosceva
alla donna, sia pure con alcune
cautele, la capacità di decidere
entro i primi 90 giorni della gravidanza, sulla propria maternità.
Questo riconoscimento, dopo secoli di coercizione e di attenzione unicamente punitiva, poteva
creare le premesse perché la
donna potesse riflettere in libertà suH’interrogativo postole da
una maternità inattesa, maturando la propria coscienza.
Poi è venuta la massiccia adesione dei medici (e del personale
sanitario e parasanitario) alla
clausola della obiezione di coscienza prevista dalla legge. Abbiamo così assistito nuovamente
allo spostarsi della attenzione
della « coscienza » della donna a
quella del medico. Nel rapporto
tra medico e nascituro, lei, la
donna, torna a essere vista come « contenitore » di vita; oggetto e non più soggetto di decisione.
L’obiezione di coscienza dei
medici si fonda sulla convinzione di poter separare la donna
dalla potenzialità di vita che
cresce nel suo grembo, ponendosi in un rapporto diretto con
l’embrione. Nel far questo, non
solo si tende a non tener conto
di come la donna vive nella realtà il rapporto tra sè e la sua potenziale maternità (l’esperienza
profonda della mutazione del suo
corpo, della sua psiche, della sua
stessa identità); ma di fatto ci
si sovrappone alla sua coscienza, come se fosse una coscienza
di seconda categoria.
Certo, si comprende bene la
difficoltà del medico a vedersi
come strumento della decisione
di un’altra coscienza. Ma è davvero troppo chiedergli questa
umiltà? Non è forse questa
— l’accettazione di condividere
il dramma ambiguo ma reale dell’aborto, non scaricandolo sulla
donna soltanto — la sola via per
giungere alla sua eliminazione?
Dicevo all’inizio che ci si au
Una obiezione "riciclata”
Quando, nell’ultimo Sinodo
1978, si discusse della posizione
che riguardo all’obiezione di coscienza avrebbero preso i medici operanti in ospedali evangelici, alcuni delegati — ed io fra
essi — insistettero sul fatto che
l’obiezione di coscienza, stimata
come una conquista protestante
— o più largamente laico-liberale —, veniva “riciclata” in campo cattolico per fini diversi dalla sua originaria destinazione.
Ma, a pensarci meglio, la questione si rivela assai più complicata. Come opposizione al
servizio militare, e in genere all’uso delle armi e in tempo di
guerra e in tempo di pace, è
evidente che essa si chiarisce come rifiuto di uccidere, e sorge
spontaneo il richiamo sia al sesto comandamento (Esodo 20;
13), sia al commento che ne fa
Gesù nel Sermone sul Monte
(Matteo 5; 21-26). Ma il concetto si amplia quando si estenda
l’obiezione di coscienza quale resistenza ad un comando dell’autorità pubblica riconosciuto come manifestamente ingiusto e
immorale, in difesa della giustizia e del bene comune. In altre
parole, l’obiezione si allarga a
contestazione politica, e rasenta quel che oggi si chiama opposizione al regime, libertarismo, anarchia ecc. Certo, distinguere tra bene e male, in senso
individuale e collettivo, è sempre cosa ardua, relativa, aleatoria; per esempio, qual è il confine tra guerra giusta e guerra
ingiusta?
Allorché l’apostolo Pietro pronunziò il celebre « Occorre ubbidire a Dio piuttosto che agli
uomini» (Atti 5; 29), la sua
obiezione, fatta propria nei secoli successivi specialmente da
taluni gruppi minoritari di cristiani definiti dalla Chiesa ufficiale come eretici, aveva un chiaro riferimento teocentrico. Uno
studioso cattolico, il gesuita
Pierre Lorson, stampando nel
lontano 1950 nelle Edizioni parigine del «Seuil» un volumetto dal titolo interrogativo Un
chrétien peut-il être objecteur
de conscience?, non poteva non
distinguere tra morale cristiana
e morale naturale, tra obiettori
protestanti e obiettori cattolici,
tra umanisti, socialisti, libertari
ecc. Certo, egli ha buon gioco
nel fare una cernita tra i teologi contrari e quelli favorevoli
gurava di poter riprendere con
maggiore serenità il discorso sulla maternità, su questa esperienza che da mirabile occasione di
ricchezza e di potenza umana di
vita viene degradata a funzione
passiva quando è concepita come un obbligo e imposta come
un gioco.
Non solo le donne, ma tutti,
uomini e donne, abbiamo bisogno di tornare a meditare sul significato che ha per noi oggi il
mistero della trasmissione della
vita che lega le une alle altre le
generazioni, in una catena ininterrotta, conservando la vita
umana sulla terra. Tutti dobbiamo anche chiederci, però, quale
spazio reale, positivo, la società
in cui viviamo deve dare ai figli,
in che modo deve preparare lo
spazio per le generazioni future,
mentre sembra già incapace di
trovare un posto ai giovani di
oggi e pare considerare più con
compassione che con gioia i
bambini che vengono al mondo.
In questa prospettiva, una
obiezione di coscienza che si traduca in un rifiuto di solidarietà
della società e delle sue strutture potrà soddisfare, forse, quando è autentica e non strumentale o strumentalizzata, la integrità morale e professionale del singolo; non mi pare, invece, possa
aiutare a far crescere la coscienza di tutti.
Maria Girardet-Sbaffl
Una donna che ha chiesto di abortire legge
con apprensione un comunicato affisso nell’atrio
dell’ospedale: poche sono le probabilità che la
sua domanda venga accolta data l’elevatissima
percentuale di medici obiettori. Al contrario di
altre, il prezzo dell’obiezione di coscienza contro l’aborto non è pagato da chi obietta, ma da
chi si trova in una condizione particolarmente
dolorosa e difficile.
Due pesi
e due misure
all’obiezione di coscienza, collezionando in pari tempo i pareri
contrastanti degli uomini di governo che nei vari Stati fecero
promulgare o meno statuti legali a tutela degli obiettori di
coscienza. Sennonché, sul problema dell’aborto, il problema è
ancora più controverso. Se è già
assai difficile distinguere tra
guerra giusta e guerra ingiusta,
che dire sul confine tra non vita
e vita? Teologi e scienziati, ognuno nel proprio campo, sono arroccati su barricate opposte !
Quando nasce la vita consapevole nell’embrione? Il Sinodo 1978
non ha certo voluto affrontare
questa tremenda questione. I
suoi reiterati richiami alla procreazione cosciente e responsabile, alla pianificazione familiare, alla nostra corresponsabilità
nel peccato di tutti e alla nostra
solidarietà nei confronti della
sofferenza umana non eliminano
il fatto fondamentale dell’obiezione di coscienza in sé e per
sé, ma lo situano in un contesto
nuovo, concretamente comunitario, quello del comandamento
del «portare i pesi gli uni degli
altri» (Galati 6; 2).
Giovanni Gönnet
L’obiezione di coscienza, in
senso stretto, consiste in un concreto comportamento di rifiuto
ad ottemperare ad un precetto
dello Stato, per motivi .— appunto — « di coscienza »: e poiché,
normalmente, il precetto è accompagnato da una sanzione, penale o disciplinare od amministrativa, l’obiettore di coscienza,
con il comportamento posto in
essere per essere coerente con la
propria « coscienza », affronta
consapevolmente le conseguenze
del rifiuto opposto, che sono sempre di natura afflittiva.
Allorché l’obiezione di coscienza venga riconosciuta, cioè ammessa dall’ordinamento giuridico, senza obblighi alternativi a
quello che non si è inteso adempiere, la stessa si svuota quasi
del tutto di contenuto e di quella carica contestatrice che le è
propria.
L’obiezione di coscienza è stata per la prima volta riconosciuta nel nostro ordinamento con la
legge n. 772/1973 nei confronti
degli obbligati alla leva « che dichiarino di essere contrari in
ogni circostanza all’uso personale delle armi per imprescindibili
motivi di coscienza ». Sono però,
previsti dalla legge:
1) la presentazione di una
domanda « motivata » da parte
dell’obiettore;
2) un controllo « circa la
fondatezza e la sincerità dei motivi addotti dal richiedente », effettuato da una commissione
consultiva, in base al parere della quale il Ministro per la difesa
decide sulla domanda caso per
caso;
3) una prestazione alternativa, consistente in un servizio militare non armato o in un servizio sostitutivo civile, per un tempo superiore di otto mesi alla
durata del servizio di leva cui
sarebbero tenuti gli obiettori.
Con la Legge n. 194/1978, intitolata « Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza », alTart. 9 viene riconosciuta l’obiezione di coscienza
per il personale sanitario ed
esercente le attività ausiliarie in
riferimento alle procedure ed
agli interventi concernenti l’interruzione volontaria della gravidanza, previsti dagli articoli 5 e
7 della legge. Un sia pure schematico raffronto con la disciplina prevista per l’obiezione di coscienza in materia di servizio
militare, consente di rilevare
che, a differenza di quest’ultima:
1) l’obiezione per gli operatori sanitari opera indipendentemente dalla « imprescindibilità »
dei motivi di coscienza;
2) non necessita di una domanda « motivata », ma di una
semplice « comunicazione » (tutelata dal segreto di ufficio), al
medico provinciale e al direttore sanitario nel caso di un ospedale o casa di cura;
3) non è sottoposta ad alcun
tipo di controllo « circa la fondatezza e la sincerità dei motivi
addotti ».
4) Non sono previste alcune
prestazioni alternative, né alcun
corollario di natura afflittiva assimilabile agli otto mesi in più
della durata del servizio di leva
previsti per gli obbligati alla leva.
Se è evidente che non nuò
pretendersi un trattamento identico per situazioni diverse, quali certamente sono quelle prese
in esame dalle due leggi in questione, appare tuttavia altrettanto evidente che il ricorso all’obiezione di coscienza prevista per
gli operatori sanitari si presenta,
sul piano personale degli obiettori, estremamente « facile »,
mentre tale non è quello previsto per gli obbligati alla leva;
fermo restando che « facile »
non è mai la scelta, che per il
singolo operatore responsabile
importa sempre, nell’intima solitudine della propria coscienza,
una decisione difficile!
Sembra opportuno, ancora,
riferire due osservazioni che tra
le molte, sono state avanzate
sull’argomento. La prima concerne il giudice tutelare, che nei
confronti della donna di età inferiore ai 18 anni o interdetta
per infermità di mente, in alcuni casi può autorizzare, con atto
non soggetto a reclamo, a decidere l’interruzione della gravidanza. Il provvedimento del giudice tutelare si configura, quindi,
come uno dei presupposti necessari per l’interruzione della gravidanza. Può il giudice tutelare
Aldo Ribet
(continua a pag. 7)
6
12 gennaio 1979
cronaca delle valli
^LLE VALLI OGGI
Salvare
il passato
Nella vita succedono sempre
cose strane; fra le tante che mi
è capitato di osservare c’è anche
questa: oggi ci sono mezzi di informazione e di comunicazione
molto più sviluppati di un tempo, si scrive e legge molto di
più, ci sono possibilità di avere
notizie ed informazioni che non
c’erano un tempo. La gente sembra interessarsi parecchio al
tempo passato, compra vecchiumi e ruba oggetti in disuso, raccoglie con fanatismo le cose più
inutili e mai come oggi si è appassionata alle vicende della storia e dell’archeologia.
Una condizione privilegiata
per quello che concerne la nostra storia recente sia la storia
civile che quella religiosa. In
realtà succede proprio il contrario.
Mai come oggi si è dispersa e
distrutta l’informazione storica,
mai come oggi si è fatta piazza
pulita della documentazione del
passato. Mi riferisco solo alla
storia religiosa, cioè alla storia
valdese, ma probabilmente le
stesse considerazioni valgono anche per altri settori.
Faccio un esempio concreto.
Oggi, dopo gli studi del prof. Pascal, editi dalla S.S.V., siamo in
grado di sapere quello che è accaduto nelle Valli tra il 1685 ed
il 1689, quasi giorno per giorno:
nel marzo del 1687 venivano comprate tante mucche, in dicembre
si pagavano tante tasse ecc.
Tutto questo 300 anni fa, non
ieri; ma se uno dovesse oggi raccontare la storia dell'Unione Giovanile di Frali o di Cucuruc non
trova niente. Vita che è stata
vissuta 50 anni fa, che alcuni ricordano ancora aver vissuto; attività, recite, incontri, discussioni, gite, campeggi tutto sparito
nel nulla, come se mai fosse esistito. Fra 300 anni si saprà al
massimo che fra il 1880 ed il
1950 ci furono nelle comunità
valdesi delle Valli dei gruppi di
giovani che si ritrovavano ogni
tanto, non si sa per fare cosa,
né come.
Certo non è sparito tutto, qualche quadernetto di verbali resta,
ma spesso sono quelli del 1880
non quelli del 1935, più le cose
sono vecchie più si conservavano, le recenti sono state buttate
via per colpa di segretari distratti e disinteressati o di archivisti veloci, di pastori impegnati e di presidenti arruffoni.
Fatto sta che si conosce oggi
molto meglio la vita dei valdesi
di 300 anni fa che quella di 50
anni fa.
Da rimediare ci sarà poco;
chissà dove è andata a finire
tanta roba, dove è stata buttata
a marcire, dove è stata bruciata
da buone donne in vena di far
pulizia e da giovani spose amanti del moderno, ma non solo dalle donne, anche da giovani e da
figli decisi a far pulizia a seppellire vecchiumi (véciarie). A noi
che dobbiamo custodire e tutelare l’animo della nostra gente
non resta che piangere su tanti
tesori dispersi.
E tesori si badi sono una cartolina, una lettera, il menù del
XVII febbraio, una circolare di
qualche associazione, un distintivo, una fattura, un giornale...
Ora che ci sono tanti musei
in giro e tante società interessate, che la nostra Società di Studi Valdesi sta per compiere cento anni questo non deve più succedere. Tutti devono sapere che
qualunque cosa abbiano da buttare, come libri o documenti,
che hanno interessato la vita del
passato fra noi possono portarla all'Archivio della nostra Chiesa a Torre Pellice o alla Società
di Studi Valdesi o semplicemente segnalarlo e concorreranno
così a salvare una piccola parte
della nostra storia, e cioè una
piccola parte di se stessi, per le
generazioni di domani. È molto
probabile infatti che le generazioni future abbiano bisogno di
ricordi più che di pane, di nostalgia più che di televisione, di
sentimenti più che di soldi. Più
che mettere soldi in banca faremmo perciò bene a custodire
esperienze e ricordi di ieri, per
il domani. Giorgio Toum
______________________________INTERVISTA AL DOTT. MICARI
Lo psicologo nei consultori familiari
La legge che istituisce i consultori familiari prevede che in
essi, accanto ai medici ed al personale sanitario, possa prestare
la sua opera anche uno psicologo.
Nel nostro paese l’attività dei consultori pubblici è appena agli inizi ed è quindi poco conosciuta; ancor meno conosciuto è il compito dello psicologo.
Il dott. Diego Micari, che fa parte dell'équipe del consultorio di Perosa Argentina, spiega in questa intervista le motivazioni di un intervento in campo psicologico e quali obiettivi
esso sì propone.
— I disturbi di tipo psicoiogico da cosa sono provocati?
— Per molto tempo la salute
somatica e la salute mentale o
benessere psicologico sono state
osservate, trattate, seguite separatamente.
Oggi, si sente l’esigenza di considerare parallelamente e spesso
contemporaneamente entrambi
gli aspetti che concorrono a rendere sana una persona.
Infatti gli stessi disturbi somatici possono trarre origine o
comunque essere collegati a fenomeni psicologici, a problemi
di relazione della persona con
la famiglia, con l’ambiente di lavoro, con se stessa.
Il tipo ed il ritmo di vita cui
si è sottoposti finiscono per incidere sulla calma, sulla serenità dei rapporti e questi a loro
volta vengono vissuti in forma
ansiosa, con dubbi, censure, paure, che lasciano strascico nella
persona e spesso portano ad
una esagerata immagine negativa di sé e degli altri.
Le tensioni che scaturiscono
dalle relazioni con gli altri o con
i fatti quotidiani, le interpretazioni e le conclusioni a cui si
tende spesso si pongono in rapporto con un preciso quadro di
disturbi somatici; forti cefalee,
asma, senso di soffocamento, tachicardia, senso di febbre, vertigini ecc... possono essere sin
tomi di disagi di tipo psicologico.
— Di fronte al problema della
tutela complessiva della salute
qual è il ruolo preciso dello psicologo?
— L’attività psicologica si
pone :
a) a livello di prevenzione
dei disturbi, attraverso l’informazione, il lavoro di gruppo, le
esperienze pratiche e teoriche
per un ricupero della realtà in
cui si vive, delle dinamiche nei
rapporti sociali e personali, delle risposte che le persone danno
e come le vivono rispetto agli
stimoli provenienti dall’ambiente.
b) a livello di cura attraverso l’attività terapeutica con le
persone che presentano alterazioni nei comportamenti o problemi di contatto con gli altri.
c) a livello di riabilitazione
attraverso l’aiuto dato a chi si
impegna e decide di ricuperare
le proprie esperienze, di esprimere i propri bisogni e scegliere nuove forme di contatto con
sè e con gli altri.
— All’interno del Consultorio
il lavoro dello psicologo fa parte integrante dell’intervento globale sulla salute dei singoli...
— Infatti la legge istitutiva dei
consultori prevede l’intervento
dello psicologo. Oggi, all’interno
della nostra società, il problema
della salute mentale e del benessere personale, la capacità e la
possibilità di vivere rapporti sani e sereni è un fatto sempre
più difficile sia per il singolo
che per il gruppo.
Le crisi che all’interno della
giornata di ognuno si riallacciano ai mutati valori morali e sociali e le ansie che provengono
dalla difficoltà o dalla incapacità dell’uorao a « guardarsi dentro » in modo responsabile ed
adulto generano disadattamento,
fuga, isolamento o aggressione.
Quando questi atteggiamenti
superano una certa soglia ledono l’integrità di una persona; la
resistenza viene meno.
I problemi di ordine psicologico ed i momenti di crisi di identità si sviluppano in qualsiasi
ambiente ed all’interno di tutte le classi sociali. Essi, infatti,
si esprimono non solo in rapporto ad ima educazione autoritaria o lassista, a condizioni di
iperprotezione o abbandono, ma
dipendono dal modo in cui il
soggetto vive tali situazioni, dalle ingiunzioni, dalle gratificazioni, dai permessi, o dai modelli
che le accompagnano e che confermano e mantengono decisioni, scelte di comportamento,
modi di esprimersi, operati prima in famiglia poi via via nelle
varie istituzioni e nei rapporti
sociali.
In certe sintomatologie somatiche, allora, le sole cure farmacologiche non soddisfano le richieste o danno solo un momentaneo e falso benessere. La pastiglia, lo sciroppo, le iniezioni
forse alleviano o forse diventano la fonte nuova di dipendenza, ma spesso resta la causa;
una tensione originaria nei rapporti non risolta.
L’ultimo consiglio, riunitosi
sotto Natale, ha deliberato o ratificato alcune decisioni di un
certo rilievo per la vallata. Anzitutto l'approvazione del progetto di elettrificazione del comune di Massello. L’opera si aggirerà sui 213 milioni di cui 170
a carico della Comunità Montana che usufruisce di contributi
CEE per le zone svantaggiate; 42
milioni a carico dell’ENEL; il
saldo dal comune interessato.
Entro pochi mesi si dovrebbe
giungere all’approvazione tecnica del progetto ed alla stipula
della convenzione in modo che
l’opera possa essere compiuta
entro l’estate.
Un’altra delibera riguarda gli interventi per le calamità naturali
dello scorso inverno. Sui consuntivi ’77-’78 verrà rimborsato ai
comuni il 10% delle spese sostenute per lo sgombero neve più
il 20% della differenza tra le
spese degli anni precedenti e
quelle deirinverno scorso per venire incontro all’eccezionaiità
della situazione.
Sempre sul tema del ripristino dopo le calamità naturali, è
stata data notizia dei vari lavori
di sistemazione del letto e degli
argini del torrente Chisone. Il
tratto più cospicuo è quello che
da Pinasca va a S. Germano, già
in stadio avanzato. Le spese sa
ranno coperte da contributi regionali oltre a quelli della FIAT,
direttamente interessata alle opere, che ha pure messo a disposizione le pale meccaniche.
E poi stato approvato il regolamento per il funzionamento
delle commissioni consultive della Comunità. Questo regolamento è importante per dare veste
legale alTallargamento della partecipazione della popolazione. Esso viene purtroppo approvato
con due anni di ritardo dalla sua
elaborazione, quando ormai buona parte delle commissioni nelr impossibilità di avere questa
veste ufficiale, di fatto non sono
più funzionanti.
È poi stato variato il bilancio
di previsione del ’78, adeguandolo ai finanziamenti provinciali
regionali e statali in seguito all’entrata in vigore di nuove leggi,
tra le quali la legge 382.
Le cifre maggiori stanziate sono state per il potenziamento del
parco macchine per lo sgombero
neve e in nuove voci come quella delle infrastrutture viarie con
le quali provvedere a dare assetto più stabile alla viabilità minore che è essenziale alla vita della montagna.
Infine è stata ratificata la nomina dell’operatore ai « Servizi
Generali » della Comunità Montana nella persona di Giorgio Ba
Tempo di abbonamenti
Rivolgiamo a tutti i lettori che ancora non fossero in regola con l’abbonamento un caldo invito a rinnovarlo al più
presto.
Non abbiamo milioni da sorteggiare tra chi ha rinnovato
il suo abbonamento ma confidiamo che tra di noi non vi sia
bisogno di questi incentivi!
Rivolgersi all’incaricato di ogni chiesa locale.
Per la Val Pellice è possibile versare l’abbonamento a
Torre Pellice:
— tutte le mattine alla Casa Valdese (Sig.na Monnet);
— Lunedi presso la Tipografia Subalpina, via Arnaud;
— Martedì e venerdì presso il Sig. Attilio Bounous, piazza Gianavello, 22.
In questa prospettiva si innesta il lavoro psicologico accanto a quello medico e a quello
sociale. Il discorso della salute
va anche ricercato nella « atmosfera » di vita della persona, del
suo modo di sentirsi in famiglia,
nella scuola, sul lavoro, per comprendere le reazioni dell’organismo ed i fatti che le accompagnano.
(a cura di G. Platone)
I DISTRETTO
INCONTRO PASTORALE
Il prossimo incontro pastorale del I distretto avrà
luogo ;
lunedì 15 gennaio
ore 9.15 (biblioteca valdese, Torre Pellice) : riflessione esegetico-teologica
su Osea 11: 7-9 (B. Rostagno).
Dibattito su « Essere cristiani» di H. Kung, sulla base dell’esposizione
critica di G. Platone svolta il mese scorso,
óre 12: pranzo a Villa
Olanda.
ore 13.30: matrimoni misti (relazione dei pastori del 1“ circuito); stampa e informazione ; comunicazioni della Tavola e della Commissione
distrettuale.
PINEROLO
_______COMUNITÀ’ MONTANA CHISONE E GERMANASCA
L’ENEL arriverà a Massello
ret, già dipendente della stessa.
A fine seduta Tassessore all’urbanistica, Bertalotti, ha relazionato sul lavoro fatto per la stesura del piano urbanistico di
valle e sui nuovi dati che verranno acquisiti tramite indagini.
I campi di ricerca sono i più
svariati, dalla situazione geologica della Val Germanasca, al censimento delle nuove costruzioni
sorte negli ultimi 10 anni; dal
censimento delle strutture e infrastrutture economiche - scolastiche-sociali, al pendolarismo.
A. L.
Com„ Montana Val Pellice
Prenotazione delle
patate da semina
Tutti gli agricoltori che sono interessati all’acquisto di patate da semina,
10 possono fare tramite questa Comunità Montana, la quale, come per gli
anni scorsi, provvederà alla prenotazione ed alla distribuzione del prodotto
I prezzi indicativi, derivanti dalla
migliore offerta avuta, IVA compresa,
sono i seguenti:
Bintje Olanda L. 17.500 al ql
Kennebec Canada L. 27,000 al ql.
Saskia Olanda L. 18.500 al ql.
Bea Olanda L. 18.500 al ql
Primura Olanda L. 31.500 al ql.
Sirtema Olanda L. 18.500 al ql.
Draga Olanda L. 31.500 al ql
Désirée Olanda L. 22.000 al ql.
Renova 01. (tipo Edzina) L. 27.500 al qi
A titolo di contributo la Comunità
Montana interviene mettendo a disposizione gratuitamente (un tanto per
quintale prenotato) alcune nuove varietà di patate da semina.
Le prenotazioni si raccolgono entro e
non oltre il 19 c.m. presso gli uffici ai
questa Comunità, tutti i giorni, tranne
11 sabato con il seguente orario: mattino dalle 9 alle 12; pomeriggio dalle
14.30 alle 17.30
Domenica 14, dopo il culto,
avrà luogo un’assemblea di chiesa in cui si dovrà procedere alla nomina di alcuni membri del
concistoro.
Il culto e l’assemblea sono inseriti in una « giornata comunitaria » durante la quale, dopo il
pranzo al sacco nei locali del
Tempio, i partecipanti potranno discutere familiarmente sul
tema dei ministeri e su un eventuale inserimento come evangelici in una televisione libera.
O Dopo le festività hanno ripreso regolarmente le attività
della scuola domenicale e del
catechismo (in cui si intraprenderà lo studio della storia valdese), come pure del gruppo
giovanile.
Ricordiamo ai catecumeni del
4° anno l’incontro di sabato 20
gennaio, per la preparazione del
culto da fare insieme a Coazze
nel mese di febbraio.
• Sabato 6 ha avuto luogo il
funerale del fratello Alberto
Pons: esprimiamo ancora alla
famiglia la nostra simpatia.
PROSEGUE IL CORSO
SULLA STORIA DELLA CHIESA
La comunità di base di Corso
Torino organizza per martedì
16 gennaio alle ore 21 nei locali
del Centro Sociale di Via Lequio il terzo incontro del corso
di Storia della Chiesa. La relazione sarà svolta dal professor
Grado Merlo dell’Università di
Torino sul tema: « Verso la monarchia papale ».
Gli incontri svoltisi fino ad
ora hanno suscitato molto interei^e e, anche per questo, la comunità di base intende proseguirli fino a giugno. A fine anno verranno messe a disposizione le relazioni ciclostilate.
Nel mese di febbraio la stessa comunità di base organizzerà alcuni dibattiti pubblici sui
temi del concordato e dell’assistenza. Ne daremo puntuale informazione.
ADELAIDE AGLIETTA
A PINEROLO
Lunedì 15 gennaio, alle ore 21,
verrà a Palazzo Vittone Adelaide
Aglietta, ex segretario del Partito Radicale, per parlare e discutere sul problema dell’energia
nucleare.
Vista l’importanza dell’argomento (di cui si è anche occupato il Sinodo del ’78), perché
chiama in causa le possibilità
di avere energia utile alla vita
di ogni giorno, ma anche un pericolo per tutti noi, si auspica
una buona partecipazione di pubblico.
7
12 gennaio 1979
CRONACA DELLE VALLI
PER IL COMUNE DI PRAROSTINO
Nuovo piaoo regolatore
S. GERMANO
Nell’ambito dell’attività dell’unione giovanile si è tenuto il
14 dicembre un incontro con la
commissione edilizia, sui problemi edilizi di Prarostino.
Nel corso di discussioni all’interno del gruppo si era sentita
la necessità di avere una idea
più chiara circa l’attività edilizia passata e futura sul nostro
territorio. Soprattutto si volevano avere maggiori conoscenze
circa gli strumenti di controllo
edilizi esistenti.
Prarostino, fino allo scorso dicembre era sfornito di qualsiasi
regolamentazione , pertanto la
materia è stata regolata nel passato dalla « legge ponte » del
1969.
In questa situazione l’unico
vincolo esistente, nella costruzione di nuove case, era dato dal
rapporto: superfìcie di terreno/
metri cubi di costruzione. Ha
avuto così inizio la spinta alla
fabbricazione di nuovi fabbricati (per lo più come seconda
casa) da parte di persone provenienti da fuori comune e, in
numero più ridotto da parte di
prarostinesi.
Contemporaneamente si è avuta, una maggiore predisposizione, da parte dei proprietari
a vendere i propri terreni, nori
più sufficientemente redditizi
per una economia solo agricola,
e considerati come fonte di un
certo capitale con la loro vendita.
Questo stato di cose ha permesso la costruzione di edifìci
senza che si ponessero dei vincoli di rispetto ambientale o sul
tipo e la forma di costruzione,
con conseguente alterazione dell’ambiente naturale.
Nel corso del 1978, in seguito
a una legge nazionale (gennaio
1977) ed una regionale (dicembre 1977) il comune di Prarostino si è dotato della perimetrazione dei centri abitati; della delibera programmatica, e nel mese di dicembre del progetto preliminare di piano regolatore.
La linea di fondo, del piano
regolatore, è quella di favorire
il ricupero del patrimonio edilizio esistente, di individuare due
piccole zone per nuovi insediamenti (di cui una destinata alla edilizia sovvenzionata e popolare) e di favorire su tutto il
territorio l’attività edilizia per la
ristrutturazione e l’ammodernamento delle aziende agricole.
A questo progetto preliminare
verranno apportate modifiche eventuali, sulla base dei suggerimenti, critiche e proposte che,
nell’arco di sessanta giorni la popolazione presenterà aH’amministrazione. Riteniamo, quindi come Unione giovanile di dover
sottolineare l’importanza di una
analisi diretta, da parte della
popolazione, del piano stesso, e
la partecipazione alla discussione che si terrà in assemblee
pubbliche di prossima convocazione.
Gruppo giovanile
di Prarostino
In questi ultimi tempi il Signore ha richiamato a sé il fratello Jean Durand (che da anni
risiedeva al Rifugio) e le sorelle Enrichetta Grill e Amelia Rostan. Che questi lutti non giungano ad offuscare la nostra fede
nel Signore « che non è l’Iddio
dei morti ma dei viventi ».
• Di tutte le attività natalizie
vogliamo sottolineare la festa di
Natale dell’Unione Femminile e
quella della Scuola domenicale.
In queste due occasioni gli intervenuti hanno, tra l’altro, potuto riunire una certa somma da
versare a favore di alcuni argentini dei quali cerca di aver
cura Amnesty International.
• I due concerti del Coretto e,
dopo Natale, delle due corali di
San Giovanni e di San Germano e del Coretto di San Giovanni sono stati una bella occasione
di incontro, in un’atmosfera serena e raccolta. Le collette hanno permesso di fare un passo
di più verso la costituzione del
fondo per coprire le spese di
restauro del nostro organo. Grazie a tutti coloro che hanno reso possibili queste due serate
musicali che sono state molto
apprezzate. Un particolare incoraggiamento ai cantori più giovani, perché perseverino nello
sforzo, ed al nostro flautista
Claudio Richiardone (che in una
occasione è stato accompagnato
anche da Paolo Pons e Renzo
Bounous).
• Stanno ancora giungendo alcune buste della contribuzione
annua. Speriamo di poter così,
al più presto, saldare i conti senza deficit. Ringraziamo sin d’ora
quanti vorranno ancora versare quanto hanno stabilito « per
il Signore».
• Il libro « Folklore delle Valli » è stato accolto bene: peccato che sia uscito tanto in ritardo, rispetto al periodo delle feste natalizie.
• Gli anziani hanno terminato
o stanno terminando il giro di
raccolta degli abbonamenti all’Eco. Chi desidera abbonarsi o
riabbonarsi è pregato di rivolgersi al più presto al proprio
anziano di quartiere.
• È stata esposta la lista dei
membri elettori. Chi desidera far
iscrivere o far cancellare il proprio nome è invitato a farlo sapere al più presto. Poi la lista
sarà quella definitiva fino alla
fine dell’anno.
PRAROSTINO
Lutto. Un grave lutto ha recentemente colpito la nostra comunità. Il 31 dicembre, allo spirare dell’anno vecchio, ha pure
terminato la sua corsa terrena
il nostro fratello Luigi Rostagno, mentre tornava dalla Svizzera ove si era recato alcuni
giorni prima, per festeggiare il
Natale col figlio e la sua famiglia. Colto da malore al suo arrivo alla stazione di Torino, è
stato subito trasportato all’ospedale Mauriziano ove è deceduto alcuni giorni dopo. Egli lascia un grande vuoto nella nostra comunità, ma anche il ricordo riconoscente per l’opera
svolta per vari anni come anziano del quartiere dei Gay, per
la sua presenza regolare ai culti
e alle riunioni anche dopo quando l’età e le forze non gli hanno più permesso di essere rieletto anziano, e soprattutto per
l’esempio di fede che egli ci lascia, per la sua bontà, la sua
premura, il suo impegno, la sua
generosità.
I funerali si sono svolti martedì 2 gennaio nel tempio di San
Bartolomeo che ha visto raccolto intorno alla sua bara per
ascoltare la Parola della vita
un grande numero di parenti,
amici e fratelli in fede. Alle famiglie in lutto rinnoviamo la
nostra simpatia cristiana.
Celebrazioni natalizie. Favorite da un tempo eccezionalmente
buono, le festività di Natale e
Capodanno, si sono svolte regolarmente. Abbiamo notato una
migliore partecipazione ai vari
culti e alla Festa dell’Albero
preparata con amore e zelo dalle
nostre solerti monitrici alle quali va la riconoscenza di tutta la
comunità. Particolarmente ben
riuscita e gradita è stata l’innovazione di un culto al 31 dicembre al Roc anzi che a San Bartolomeo. Ce lo ha dimostrato
la buona frequenza e l’alta percentuale di partecipazione alla
Santa Cena. La nostra corale ha
arricchito i culti di Natale e
Capodanno con alcuni inni di
circostanza.
La sera del 6 gennaio, im’agape fraterna preparata dal gruppo
di collaboratori, nella sala del
Presbiterio ha riunito oltre trenta commensali. Il Concistoro ha
così voluto dimostrare la sua
riconoscenza a quanti hanno lavorato per rinnovare i locali
delle attività della Chiesa. Peccato che l’influenza e altri impegni abbiano impedito a molti di
parteciparvi. Speriamo nelle
prossime occasioni.
TORRE PELLICE
Domenica 28 gennaio, ore 20.45
seduta della Enrico Amaud, a
cui sono invitati tutti i membri
di chiesa sul tema
IL PROBLEMA
DELL’INFORMAZIONE
Introdurrà il dibattito il past.
Giuseppe Platone della redazione
dell’Eco illustrando la situazione dei nostri giornali ed i loro
problemi.
• L’Unione Femminile ha avuto
domenica 7 la sua seduta mensile; la sig.ra M. Bein Buzzi ha
parlato sulle sue esperienze di
logopedista introducendo così il
programma scelto per l’anno ohe
sarà appunto « il bambino ed i
suoi problemi ».
L’Unione ha accolto il suggerimento dell’anno del fanciullo
proposto dall’UNESCO.
• Le riunioni di questa settimana saranno curate dal gruppo giovanile che presenterà i
suoi problemi ed il suo programma.
• Il Gruppo Giovanile organizza per la sera di
SABATO 27 GENNAIO
un dibattito a cui sono invitati
tutti i fratelli della comunità,
giovani ed anziani sul tema
PER UNA CHIESA
DEGLI ANNI 80
Il dibattito sarà introdotto da
una relazione sùll’inchiesta che
il gruppo sta facendo presso i
membri di chiesa confermati negli ultimi 10 anni, sulla base di
un questionario.
• Domenica 14 assemblea di
chiesa (culto alle ore 10) sul tema dell’Informazione proposto
dalla Conferenza Distrettuale;
seguirà una rélazione della Commissione Culto.
POMARETTO
Nel periodo natalizio, di cui
abbiamo dato cronaca sul numero scorso, abbiamo cercato di
concretizzare in diversi modi la
tensione che ci deve spingere
verso il prossimo: visita agli anziani, da parte dellTInione Femminile, presenza all’ospedale,
colletta dei bambini per i bambini del Libano, adesione a due
iniziative di Amnesty International: una raccolta di firme a
favore di prigionieri politici della Romania ed una colletta per
contribuire a pagare il «biglietto della libertà» per prigionieri
politici dell’Argentina che possono lasciare il carcere se hanno il visto di ingresso in un paese europeo ed il biglietto di viag
gio per raggiungerlo.
Abbiamo avuto anche alcune
« giornate dei catecumeni » ad
Agape. La concomitanza del campo invernale FGEI ci ha dato
modo di incontrare alcuni studenti della Facoltà di teologia
che ci hanno parlato della facoltà ed ai quali è stato chiesto
« perché volete fare i pastori? ».
È stato questo un primo approccio con la Facoltà che potremo
approfondire in occasione della
visita comunitaria che ci prepariamo a compiere alla fine
di aprile.
Tutto il teatro valdese a disposizione
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L’incontro di domenica 7 c.m.
con Laura Nisbet ci ha permesso di riflettere sull’impegno missionario della chiesa. A partire
da un interessante filmato sull’ultima esperienza della Nisbet nello Zambia, il discorso si è presto allargato alla comunità
evangelica d’azione apostolica
(CEvAA) e sul nuovo modo di
intendere e vivere la missione.
I partecipanti, in particolare
l’Unione Femminile che ha organizzato rincontro, hanno espresso il desiderio di rimanere in
contatto con la giovane missionaria che presto ripartirà per un
nuovo lavoro in Africa.
• Domenica 14, ore 10, Assemblea di Chiesa: elezione degli
anziani, esame consuntivo 1978,
conciliarità. Alle 16, del 14 c.m.,
riunione di preparazione dei monitori sulla figura di Elia. (Presbiterio).
O La signorina Ethel Bonnet
sta compiendo, con il pastore,
un « giro » quartierale per presentare gli appunti, anche fotografici, del suo recente viaggio in
Paraguay.
ASSEMBLEA DELLE CORALI
L’Assemblea delle Corali delle
Valli è convocata a Pinerolo nella sala della Chiesa valdese domenica 14 gennaio alle ore 15.
Le filodrammatiche della gioventù valdese, le quali ancora si
dilettino di rappresentare drammi, drammoni e drammetti di
storia Valdese (com’era in uso
nel primo quarto del secolo, e
forse in taluni luoghi ancora
adesso), si rivolgano al sottoscritto, il quale mette a loro disposizione la sua collezione completa di teatro valdese, da Felice
Govéan a Giorgio Spini; con il
solo imbarazzo della scelta.
Per evitare perdite di tempo,
nelle richieste indicare:
a) numero e qualità degli attori disponibili;
b) possibilità di messa in
scena;
c) se si preferiscono lavori
Due pesi
e due misure
(segue da pag. 5)
invocare l’obiezione di coscienza? La risposta non può ohe essere negativa, attesa la tassativa indicazione legislativa dei soggetti abilitati a sollevarla. Né
sembra possibile poter far rientrare il motivo di coscienza tra i
casi, pur essi tassativamente
previsti dalla legge, nei quali il
giudice può astenersi.
La seconda osservazione è la
seguente: riconosciuto alla donna il diritto, nei casi previsti dalla legge, di interrompere volontariamente la gravidanza, e de^
sígnate le istrutture alle quali
istituzionalmente è imposto il
dovere di attuare l’interyento,
appare in contrasto con l’obbligo assunto dallo Stato che il personale sanitario ed esercente le
attività ausiliarie, dipendente
dalle strutture suddette ed operanti aH’interno delle stesse, possa essere esonerato, attraverso
l’obiezione di coscienza, dall’adempimento di quei servizi
che per legge l’istituzione ospedaliera deve prestare.
Ho cercato di tratteggiare,
senza pretese di completezza,
uno degli aspetti della legge n.
194/78: legge che rivela, nella
sua imperfezione, i gravi compromessi che l’hanno condizicy
nata cosi come condizionata s
stata dalla fretta di evitare il
« referendum » sull’ aborto. Una
legge, tuttavia, che non merita
certo le pesanti censure proprio
di recente mossele, non fosse
altro che per lo sforzo, attraverso di essa attuato, di ridurre la
spaventosa cifra di 1.200.000
aborti clandestini che ogni anno
si verificano in Italia.
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L’UNIONE BIBLICA INTERNAHONALE si prefigge lo scopo di incoraggiare la lettura giornaliera della
Bibbia, e di servire da trait-d’union
fra tutti i credenti, unendoli attorno alle scritture. Da più di trenta
anni, l’Unione Biblica Italiana, pubblica il trimestrale « Per l’ora che
passa », meditazione per adulti, e
« Leggiamo insieme... la Bibbia »
meditazioni per ragazzi.
Verrà inviata una copia-saggio delle nostre pubblicazioni, facendone
richiesta a ! TJtiiotib Biblicü Italùnai
- Via Maruera, 6 - 15047 Spinetta
Marengo (Al).
semplici, di quanti atti, se in costume d’epoca o se moderni;
e) e quante altre informazioni si riterranno utili allo scopo.
Ad ogni lettera verrà risposto
nel più breve tempo possibile. I
copioni vengono ceduti gratuitamente, con le sole spese di riproduzione in fotocopia, e spese postali.
Consulenza teatrale può inoltre essere data, sempre gratuitamente, sulla produzione teatrale
per filodrammatiche di contenuto profano (ossia non valdese).
Scrivere al seguente indirizzo:
past. Teodoro Balma, Casa Nancy, Piancainara - 6951 Carnago di
Origlio (Svizzera, Ticino).
SAN SECONDO
Ci rallegriamo con Renzo Godino e Rita Previati (Ponte Gallea) per la nascita della loro primogenita Elena.
• L’Unione Femminile ha avuto il piacere di rivedere Adelisa
Genre che ha presentato il lavoro svolto da Amnesty International a favore dei perseguitati in
tutto il mondo ed in particolare
in Argentina. Nella stessa riunione Renzo Turineito ha guidato la riflessione sul libro di Ruth.
• Sabato 6 gennaio si sonosvolti i funerali del fratello Oreste Forneron di anni 66 abitante a Miradolo. Alla famiglia già
provata dalla lunga malattia di
questo fratello, la nostra viva
solidarietà.
• Ricordiamo ancora che dal
10 gennaio il numero di telefono della Chiesa Valdese è 11 seguente (0121) 500132.
LUSERNA
SAN GIOVANNI
• Nel corso del culto di domenica sono stati presentati al battesimo Stefano e Daniele Peyrot
di Franco e di Angela Longo. Il
Signore benedica questi bimbi e
11 confermi nel suo amore.
• Il pastore Antonio Adamo, inviato dalla Tavola Valdese quale secondo pastore della nostra
comunità, ha preso con la sua
Signora residenza stabile nel
nostro Comune.
Pertanto il suo nuovo indirizzo è il seguente: Luserna San
Giovanni, via 1° Maggio 137, telefono 90230.
RINGRAZIAMENTO
« L’Eterno è la mia rocca, la mia
fortezza, il mio liberatore »
(II Samuele 22: 2)
La moglie, i figli e i congiunti tutti di
Alberto Pons
di anni 76
commossi e riconoscenti per la dimostrazione di stima e di affetto tributata nella triste circostanza del decesso del loro caro, ringraziano tutti
coloro che si sono stretti intorno a loro in ogni modo, con fiori, scritti, partecipazione ai funerali.
Un ringraziamento sentilo ai Pastori Marco Ayassot di Pinerolo, Paolo Ribet di Ferrerò, ai Medici curanti
e Personale infermieristico tutto del
Reparto Medicina delTOspedale Civile
E. Agnelli, nonché al medico curante
Doti. Marciello e ai Condomini di
via Boselli 41-43 di Pinerolo.
Pinerolo, 5 gennaio 1979. _____
« Il Signore guarderà la tua usci
ta e la tua entrata »
(Salmo 121; 8)
Le famiglie Ruhoff e Malan-Nelson,
a crcmflzione avvenuta, annunciano
con profondo dolore il decesso dell’
Ing. Chim.
Ernesto Guglielmo Ruhoff
di anni 80
Ringraziano per il conforto i cari
amici Benedicenti, Paschetto, il Pastore Gay e tutti quelli che hanno
preso parte al loro cordoglio.
Le ceneri riposeranno nella tomba
di famiglia, a Zurigo.
Torre Pellice, 5 gennaio 1979
8
8
12 gennaio 1979
Un modello per il nostro
ripensamento critico
(segue da pag. 1)
Elia si sa inserito in una tradizione profetica che comincia
al tempo di Samuele, quando
cioè Israele decide di accettare
la monarchia come organizzazione di vita sociale e politica. Ma
Elia sa anche che è la sua generazione ad avere espresso la profezia rivoluzionaria, che interviene nella politica dello stato, che
partecipa alle lotte per le investiture dei re e per la loro destituzione. In questi avvenimenti violenti, di spargimento di
sangue, l’intervento di profeti
come Elia ed Eliseo non è riducibile a semplice intervento destabilizzante, nonostante il profetismo abbia, di fatto, contribuito in modo determinante alla caduta dei due regni di Israele e di Giuda. Nessuno pensi che
qui abbiamo a che fare con gente tipo Brigate rosse o prima linea. Anche se è difficile individuarlo, è evidente che questi
profeti lottano per uno stato diverso, per una società diversa,
in cui ci sia non un posticino per
Dio ma in cui Dio sia il Signore
della storia e degli uomini.
Dio non si confonde
con le azioni umane
Se Elia dice: « non sono meglio dei miei padri », questo significa che se la sua risposta, la
risposta alla vocazione che ha ricevuto, è una risposta rivoluzionaria, non per questo, cioè non
per il fatto di essere rivoluzionaria, è una risposta che davanti a Dio vale di più di altre risposte trovate nel passato. In altre parole Elia non dogmatizza
la rivoluzione, non la propone
come modello, come risposta
unica per ogni tempo; soprattutto, riconosce con lucidità che
Dio non si può confondere con
gli avvenimenti e le azioni umane. Il Dio di Elia non è un Dio
dentro le cose, prigioniero degli
intrighi di palazzo.
Se Elia riesce a fare quest’opera di introspezione spirituale
e risalire alla fonte della rivelazione, a ridefinire il concetto del
suo Dio (proprio lui, così sicuro
di sé nella lotta contro i profeti di Baal!), questo avviene unicamente per la grazia di Dio. La
focaccia calda e la Ijrocca d’acqua che si trova davanti e che
gli danno forza per non interrompere la « revisione critica »
del suo operato, che gli permettono di non fermarsi alla superficie ma di andare nel profondo,
che cosa sono se non la forza
della fede che Dio gli regala?
E di fronte a questa lettura
del passato e del presente in
chiave di fede tutti i tentativi di
autocoscienza, di psicoterapia
(per non parlare d’altro), con
tutte le pratiche che comportano, pur nella loro bontà ed utilità dimostrano al tempo stesso
la loro insufficienza e la loro vanità; non ce la fanno a restituì
Comitato di Redazione : Sergio
Aquilante, Dino Ciesch, Marco Davite, Nìso De Michelis, Giuliana
Gandolfo Pascal, Marcella Gay,
Ermanno Genre, Giuseppe Platone,
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La Luce ».
Redazione Valli: Via Arnaud, 25 •
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Moncallerì, 70 • 10133 Torino.
R-eg. Tribunale di Pinerolo N. 175,
8 luglio 1960.
Cooperativa Tipografica Subalpina
Torre Pellice (Torino)
re la nostra identità di uomini,
di donne e di credenti, se alla fine non ci permettono di udire
la parola che ci chiede conto della nostra vocazione: « che fai tu
qui Elia?» (19/9, 13).
In questo cammino autocritico guidato dalla fede il monte
Horeb è il simbolo del ritorno
alle origini, ma dire origini qui
vuol dire rivelazione, vuol dire
possibilità di ascoltare nel presente la voce di Dio.
Ritorno alle origini
Per dirla in termini popolari
e quasi proverbiali: per andare
avanti occorre ritornare profondamente indietro. Perché ci sia
progresso ci vuole la regressione. Ma badiamo bene: regressione qui non vuol dire calare le
brache, disgregarsi e lasciarsi
disgregare senza opporre resistenza. Regressione qui vuol dire: sii uomo, credente, e non
mollusco. Come qualcuno ha
scritto: il Dio biblico è la più
profonda regressione di cui noi
abbiamo bisogno e al tempo
stesso il processo di una crescente giustizia. Questa regressione dunque è una tappa obbligata della nostra fede, non è
uno stato, ma un momento, una
pausa necessaria per proseguire
con rinnovato coraggio su un
cammino che va percorso e non
abbandonato.
E bisogna ricordare che questo cammino introspettivo non
avviene nel vuoto, non è l’imprevisto, non è la notte buia in
cui non sai dove posi i piedi;
significa ripercorrere quello che
hai fatto, sei dentro la storia
passata e presente. La storia
passata va recuperata, è il terreno stesso che ti permette l’autocritica e che ti apre lo sbocco
perché tu non resti vittima del
circolo vizioso del tuo ripensamento, perché tu possa capire la
tua vocazione nella storia. Solo
così si può capire questa voce:
« che fai tu qui, dove ti trovi,
con chi, in vista di che cosa? ».
Sono interrogativi che possiamo leggere in questo racconto
non senza un forte rimprovero:
perché la regressione, questo
esodo percorso in senso inverso
è terribilmente pericoloso. Può
riportare alla schiavitù, puoi diventare prigioniero di te stesso,
dei tuoi sentimenti, delle tue
preoccupazioni, ti può portare
al suicidio, ti può portare a falsi complessi di inferiorità ( « non
sono meglio dei miei padri »).
Dalla regressione bisogna uscire.
E qui dobbiamo parlare più
diffusamente di questo Dio di
Elia. L’esegesi tradizionale ha
cercato in tutti i modi di far venir fuori l’immagine di un Dio
che condanna la rivoluzione. Si
è giocato sulla contrapposizione
tra il vento, il terremoto, il fuoco ( = rivoluzione e sangue) ed il
suono dolce e sommesso che
preannuncia il Dio che parla. Se
questa contrapposizione fosse
l’idea di fondo del testo evidentemente non avremmo il finale
che conosciamo: Elia che riceve
la vocazione di continuare la lotta. Se qui dobbiamo vedere una
critica dobbiamo capirla in senso più radicale: la riflessione
teologica che sta dietro intende
ricordare da una parte che Dio
non è prigioniero della logica
umana, delle follie degli avvenimenti che portano a versare
sangue fratricida. Dio è il Signore, così come non è dentro l’intimità rinunciataria di chi vorrebbe isolarsi dalla storia (Elia
non ha inventato l’ordine dei
carmelitani), così Dio non è il
garante delle lotte rivoluzionarie. In altre parole qui la questione non è di stabilire se si
debba o no condannare l’impegno rivoluzionario di Elia (che
l’esegesi si sia dannata su questo punto è altra cosa). Qui si
dice: Dio va cercato continuamente, non è prigioniero e garante delle nostre azioni così come non è l’oggetto della nostra
comprensione. E cercare Dio non
significa neppure passare la propria vita in una situazione di
ricerca inoperosa, astratta, significa cercarlo a partire dalla
nostra vocazione che non ci priva di indicazioni.
Il volto di questo Dio non ha
nulla da spartire con l’immagine del « Pantocrator » che domina dall’alto le chiese ortodosse
e che guarda sulla terra con atteggiamento distaccato, cinico.
Conclusione polemica
La conclusione del nostro testo è polemica. La riassumo così: critica verso chi esce da que
sto ripensamento autocritico e
rinuncia alla lotta e all’impegno,
verso chi preferisce adagiarsi e
rinunciare anziché impegnarsi
per ricostruire, riaggregare, iniziare con nuovo slancio la propria vita. Critica ai valori delrindividualismo e della solitudine, critica a chi ama atteggiarsi eroe solitario come se fosse
l’ultimo a non aver abbandonato il campo di battaglia. A chi si
considera il solitario della fede
in terra di Canaan la comprensione della propria vocazione
fa scoprire dei fratelli impegnati nella stessa lotta; gli apre
davanti la prospettiva dell’importanza di una comunità in cui
condividere le preoccupazioni, le
lotte e la speranza.
Ermanno Genre
Aborto e
compito profetico
(segue da pag. 1)
ri (quasi il 75% dei medici interessati alla legge), accanto a chi
obietta « seguendo il dettato della retta coscienza », c’è chi lo fa
per conformismo, per interesse,
per la difesa di una malintesa
libertà della professione; ma soprattutto c’è chi lo fa per motivi abbietti: per poter fare nella
clandestinità vilmente e a prezzi favolosi ciò che con la sua
obiezione nobilmente rifiuta di
adempiere come servizio predisposto dallo Stato. Come ignorare la complessità e il carattere
ambiguo di questa imponente
maggioranza di obiettori? Come
ignorare il vergognoso traffico
dei « cucchiai d’oro » su cui di
tanto in tanto si apre qualche
spiraglio (l’ultimo clamoroso è
quello dei due medici obiettori
di Bari, gestori di un ambulatorio abortista clandestino) che
lasciano intravvedere la vastità
di questa piaga? Come non avere per lo meno, accanto alle parole di « sincera ammirazione »
per chi obietta « per non macchiarsi di comportamenti in
r
LA SETTIMANA INTERNAZIONALE
a cura di Tullio Viola
Così finisce l’anno
della pace in Medio oriente
■A- Il 1978 è stato un anno deludente. Molti entusiasmi si sono raffreddati, sia in Italia che
in campo internazionale, né si
riesce a intravederne di nuovi:
da dove, perché, come, potrebbero questi risorgere? Non sembra ohe ciò possa più accadere
per via della politica. Questa infatti sembra giunta a un punto
di totale smarrimento, o di ristagno, o di « non ritorno », a meno
di novità del tutto imprevedibili: in ogni caso, ci vorrà del tempo!
Uno degli esempi più eloquenti di questa nostra valutazione,
ci sembra essere il ristagno delle
trattative di pace in M. Qriente.
Con lo stesso titolo di questo articolo (su « L’Esipresso » del 7
gennaio ’79), Antonio Cambino
presenta come segue i rapporti,
al 31.12.’78, fra Egitto e Israele.
« Anche chi è abituato a vedere i giornali confondere i problemi che invece dovrebbero cercar
di chiarire, non può non esser rimasto sorpreso davanti al modo
in cui molti osservatori, in altre
occasioni acuti e coraggiosi, hanno presentato, alla metà di dicembre, l'interruzione della missione del segretario di Stato
americano in M. Oriente. Pur
sottolineando che, al contrario
di quanto previsto, il trattato di
pace fra l'Egitto e Israele non
sarebbe stato firmato prima di
Natale, e pur mettendo in risalto che questa prima inadempienza del calendario, stabilito nella
conferenza di Camp David, potrebbe produrne molte altre,
quasi tutti i commenti hanno insistito sul carattere tecnico della rottura, ed hanno sostenuto
che era un vero peccato che, nonostante l'attiva mediazione di
Vance, Sadat e Begin avessero
smesso di negoziare, quando invece erano ormai d'accordo sul
99 per cento dei problemi di fondo. Una valutazione il cui solo
risultato era di richiamare alla
memoria la storiella della donna
che era "appena un poco incinta".
La realtà, ch'è stata chiara fin
dal momento della conclusione
(completamente deludente) del
viaggio di Sadat a Gerusalemme,
è che la trattativa fra l'Egitto e
Israele, trattativa che viene presentata come estremamente complessa e le cui pretese sottigliezze fanno versare, letteralmente,
fiumi d'inchiostro ai vari chiosatori ed esegeti, ha un contenuto molto semplice, anzi addirittura elementare. Che si può così riassumere: un'intesa è possibile solo se l'Egitto accetta di
sottoscrivere, non solo nella sostanza ma anche nella forma, un
accordo di pace separata; se invece Sadat pretende di rimanere
fedele, almeno per quanto riguarda le apparenze, al proprio
impegno di portare avanti una
trattativa globale, e quindi chiede che, sia pure nella forma più
indiretta ed edulcorata, l'accordo fra Egitto e Israele si presenti collegato con il diritto dei palestinesi, non diciamo di costituirsi in Stato nazionale, ma di
avviarsi verso forme di autonomia amministrativa, tutto il processo negoziale immediatamente
si arresta ».
Secondo l’articolista, la missione Vance delle prime due settimane di dicembre in M. Oriente
è stata una prova evidente di
quanto sopra affermato, non essendo il Vance riuscito a raggiungere il compromesso cercato, malgrado la buona volontà
dimostrata da Sadat. Ciò per un
motivo molto semplice: « che i
governi israeliani sono perfettamente consapevoli che, in qualsiasi modo i palestinesi vengano
chiamati ad esprimere la loro
opinione (sia pure nel quadro di
una consultazione puramente
amministrativa e nello sfondo di
un clima di prevaricazione e d'intimidazione di settimana in settimana sempre più pesante), il
risultato di queste votazioni sarebbe quello di rendere ancora
più evidente l'illegittimità della
pretesa sionista di controllare
( in nome dei "diritti biblici")
dei territori popolati da un'entità nazionale diversa. Un'iniziativa del genere dev'esser quindi
bloccata sul nascere, a tutti i costi. Meglio, se possibile, accusando i palestinesi, stessi di sabotarla. Ma, in mancanza di una
facile copertura di questo genere, rompendo il negoziato con
Sadat ».
L'articolista ci sembra semplificare un po’ troppo il problema,
che noi invece troviamo complicato. Pur condividendo, in grandi
linee, la sua valutazione (fin oui
riportata), noi pertanto non continuiamo a seguirlo nella previsione: quella di un ancor lungo
periodo di stallo. Diciamo di più:
allo stato attuale, in una questione di cosi grande segretezza, nessuno può seriamente fare previsioni, ad eccezione forse soltanto... di alcuni pochissimi dirigenti israeliani stessi!
Ripetiamo per il M. Qriente le
stesse perplessità che già più
volte abbiamo espresse a proposito del Vietnam odierno: troppo pochi sono i fatti, in merito,
che si conoscono, e troppi sono
quelli che non si conoscono, per
poter azzardare previsioni.
qualsiasi modo lesivi di quel bene sacro che è la vita umana »,
anche parole di ferma denuncia
nei confronti di chi invece ha
obiettato proprio per macchiarsi poi di quegli stessi comportamenti?
Un uso indiscriminato dell’obiezione di coscienza promosso
in modo volutamente acritico
potrà essere utile strumento contro una legge ritenuta un « bubbone infetto ». Ma è un uso che
rischia di mettere da parte il
criterio della verità.
Testimonianza
Un altro criterio a cui non
credo si possa rinunciare nell’esercizio della funzione profetica è quello della testimonianza. Questa parola evangelica, che
nell’originale greco ha lo stesso
suono di « martirio », indica un
annuncio che al limite subisce
violenza, è schiacciato da chi lo
rifiuta, ma mai costringe e reprime chi non lo accetta. La
scomunica — mezzo ritenuto
idoneo dalla GEI per portare
avanti la propria lotta antiabortista e non sconfessato dal papa — è invece la pretesa di imporre la testimonianza evangelica. Ma ima testimonianza imposta è un assurdo dal punto di
vista evangelico. Come è possibile riferirsi al Cristo — al Messia che è venuto a incarnare l’amore di Dio per gli uomini ma
non lo ha mai imposto loro, che
ha convinto gli uomini con la
forza di un Evangelo e non li ha
mai vinti con il potere di una
legge — e mantenere l’uso della
scomunica?
Di nuovo si tratterà di uno
strumento efficace per promuovere la lotta contro una legge
ritenuta lesiva del bene sacro
della vita umana. Ma è uno strumento che rischia di soffocare
il criterio della testimonianza.
Non è quindi il fine della lotta della Chiesa cattolica che è
contestabile: la lotta contro l’aborto è il fine che anche noi protestanti (e, non dimentichiamolo, la mai^ima parte dei
laici) ci prefiggiamo. Divergiamo
invece sulle modalità di questa
lotta. Per parte nostra non riteniamo utile lottare contro l’aborto legale quando questo significa aumento dell’aborto clandestino. Riteniamo necessario il
miglioramento di una legge inperfetta, la solidarietà fattiva con
chi soffre per situazioni e circostanze che richiedono comprensione anziché repressione, e
soprattutto un impegno costante e tenace per « la promozione
della procreazione cosciente e
responsabile e della pianificazione familiare, l’uso corretto dei
consultori previsti dalla legge,
l’educazione dell’uomo a un certo rapporto con la donna che
non si fondi mai sulla sopraffazione» (V/SC/78).
Siamo consapevoli che questa
linea e questo impegno incontrano grossi limiti di efficienza e di
incisività non solo per la nostra
pochezza numerica ma anche
per le nostre incoerenze. Ma vogliamo proseguire in questa linea e in questo impegno nella
ricerca della fedeltà evangelica
nel nostro tempo. Senza rinunziare alla verità e alla testimonianza quali caratteri distintivi
che le sono propri.
Franco Giampiccoli