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Anno 113 — N. IO
5 marzo 1976 — L. 150
Spedizione in abbonamento postale
I Gruppo /70
BIBLIOTECA VALDESE
10066 TOaHB PEUilCE
dette valli valdesi
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE VALDESI E METODISTE
DOMENICA DELLA GIOVENTÙ’
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Non siamo noi a rinunciare
ad un’alternativa evangelica
La ricerca che la FGEI propone vuole coinvolgere le comunità per riformare la Chiesa
A volte capiamo di più noi stessi se facciamo caso alle critiche che ci vengono rivolte. Vorrei tentare qualcosa di simile per
la FGEI, cercando di ascoltare alcune delle critiche più frequenti che ascoltiamo, per
vedere di capire meglio chi siamo.
Ma, per fare chiarezza, perché i fratelli
delle comunità evangeliche che da noi dissentono possano discutere con noi, criticarci, ammonirci, per quanto è possibile è
utile parlare sulla base di quello che la
FGEI intende essere, e non sulla base di
posizioni che noi non abbiamo e che ci
vengono attribuite per comodo.
Vorrei soffermarmi su alcune critiche in
modo particolare;
i giovani parlano, ma non si impegnano, non « fanno » ; i giovani a forza di mettere l’accento sulla politica finiscono per
accentuare troppo il valore delle « opere »,
finiscono per «cattolicizzarsi»; i giovani
non vanno più in Chiesa.
Cominciamo da quest’ultimo fatto. È vero, molti giovani della FGEI non frequentano più il culto, molti sono scomparsi dalle comunità, molti ancora, che vanno al
culto e sono impegnati nelle comunità, non
perdono occasione per criticare il « protestantesimo » italiano. Lo diciamo chiaramente: avremmo potuto rompere anche
questi ultimi fili che ci tengono legati alle
nostre chiese di origine, avremmo potuto
cercare strade completamente nuove, forse
siamo stati tentati a questa soluzione facile
davanti all’ostinata volontà di non accettarci, ai consigli che abbiamo ricevuto di abbandonare la Chiesa, al rifiuto a volte anche di discutere con noi o di cercare di capire dove stavamo andando.
Perché non abbiamo accettato questi
consigli che pur ci venivano dalla Chiesa?
Perché non siamo confluiti in ordine sparso
nei « Cristiani per il Socialismo » (che pure ci sono vicini per posizione politica e
con i quali ci sentiamo di collaborare) o
nelle comunità di base (con le quali stiamo
raggiungendo frequenti momenti di comunione nella' lettura biblica e nella preghiera)? Perché noi siamo dei cristiani riformati; e non solo vogliamo restare tali, ma tali
vogliamo diventare, perché la chiesa riformata deve sempre comunque riformarsi di
continuo, altrimenti muore, altrimenti il
candelabro che le è stato affidato le viene,
senza complimenti, sottratto.
Noi vogliamo continuare a vivere riformandoci, ma non in una posizione aristocratica, di élite che può vivere per conto
suo, nel suo ghetto, nel suo mondo minoritario, con buona coscienza e disprezzando
gli altri, o almeno continuando a considerarsi superiori.
Noi vogliamo che il criterio della Riforma sia vissuto da noi insieme con le nostre
comunità, con i suoi membri, con gli strumenti di lavoro e di evangelizzazione che
ci siamo dati, insieme a quelle comunità
che della Riforma conservano il nome e la
tradizione, ma spesso col rischio di non
comprendere più il senso e l’impostazione
riformata.
Essere riformati, sul serio, e non per una
tradizione a cui si è affezionati, significa
essenzialmente credere alla giustificazione
per grazia mediante la fede: significa credere e sperare che il Signore ci giustificherà per il semplice amore che ci porta e
non perché facciamo opere che gli siano
gradite. E questo significa certo che non
saremo giustificati per la scelta di sinistra
che faremo nella lotta di classe (che comunque non ci troverà estranei), ma non ci
giustificherà neanche perché manteniamo
« opere », stabili, istituzioni, tradizioni, collegi, confermazioni, facoltà, giornali, sinodi, e via dicendo.
È da queste nostre affermazioni che si
vorrebbe ricavare che i « giovani » fanno
tante parole ma non si impegnano, dicono
ma non fanno, fanno filosofia ma non
azione.
Diciamo invece che non vogliamo affatto « svendere » degli strumenti utili, che
credere alla giustificazione per grazia
significa accettare di metterci, come Chiesa,
in discussione, senza paura di perdere la
nostra vita (che spesso poi non è che il
nostro piccolo prestigio): perché sappiamo
che proprio questo è il modo migliore per
perdere, su tutta la linea. E questo metterci in discussione vale ai due livelli impor
Sergio Ribet
Segretario nazionale PGKI
{continua a pag. 8)
Come evangelizzare?
Due gruppi FGEI di recente formazione
dell’Abruzzo e del Molise propongono queste tesine alla discussione delle nostre comunità.
Queste tesine rispondono ad un’esigenza
di rilancio della nostra « evangelizzazione »
in paesi dove siamo fortemente isolati in
una diaspora lontana e priva di ogni sorta
di collegamento. Inoltre la presenza in alcune città di gruppi di Cristiani per il So
cialismo vede impegnati alcuni gruppi FGEI
nella discussione con giovani cattolici, ai
quali si vorrebbe portare un contributo di
riflessione sul tema « evangelo e chiesa »,
in un linguaggio che sia comprensibile a
loro o comunque ad un ambiente cattolico,
che a volte è politicizzato, ma molto impreparato a dare delle risposte al problema
della predicazione e della creazione di nuove comunità.
Di fronte a una chiesa
che è stata ed è un fattore tra i più reazionari della società e, di fatto, consapevolmente o no, interpreta e difende gli interessi della classe dominante,
si rende necessaria una
riappropriazione dell’evangeio da parte delie masse.
Attualmente la religione
è appannaggio del clero
che la capisce, la amministra, decide per gli altri le
cose in cui si deve credere e i modi di esprimere
la fede e la testimonianza
cristiana.
La gente è invitata a
« consumare » alcuni atti
liturgici (messe, sacramenti, matrimoni, funerali),
ma è esclusa di fatto dalla gestione della chiesa.
Il Concilio Vaticano II
ha ipotizzato un risveglio
della chiesa e una maggiore partecipazione dei laici,
ma adesso si cerca di imbrigliare la loro autonomia temendo che porti la
chiesa su posizioni politiche a lei pericolose (cioè
contrarie a quelle che la
chiesa ha già e vuole conservare); COSI si trasforma la giusta esigenza
espressa dal concilio in un
invito a una maggiore obbedienza ai dettami dei vescovi e ad un maggiore
consumo di quanto è offerto dalla tradizione, senza
possibilità che la chiesa
stessa diventi diversa dal
passato, lasciandosi giudicare dall’Evangelo.
Evangelo vuol dire « buona notizia » e tale è stato
per i lavoratori, le donne, i
malati, gli emarginati che
sono stati compagni di
Gesù. La vita, la morte e
la risurrezione di Gesù so
no una buona notizia, perché aprono la mente umana a una speranza che non
finisce mai e che trova la
forza di superare ogni
ostacolo per giungere alla
liberazione totale di ogni
essere. Questa buona notizia è rivolta in particolare a coloro che hanno più
duramente sofferto e pagato le ingiustizie della società. Per chi si è reso
complice del loro sfruttamento l’Evangelo rappresenta un grave giudizio,
che spesso la chiesa ha
trascurato di portare in
tutta la radicalità contenuta nella testimonianza
dei primi cristiani (il Nuovo Testamento).
È ora che le masse si
riappropriino dell’Evangelo
che è stato loro tolto di
mano e usato per tenerle
soggette.
Siamo contro la «delega » della religione alla
classe dirigente ; ciascuno
può imparare a conoscere
Gesù Cristo leggendo direttamente i Vangeli e la
Bibbia.
Vogliano costruire insieme un cristianesimo NON
autoritario.
Lo Spirito Santo si esprime attraverso tutti i credenti e non solo tramite
i funzionari (ministri) della chiesa, per questo affermiamo il sacerdozio universale e neghiamo quello
clericale ; affermiamo il
primato della Parola di
Dio e neghiamo quello del
papa e del Magistero della chiesa.
La chiesa è per noi comunione fraterna e storia
della testimonianza all’Evangelo di Gesù Cristo,
per la trasformazione della società umana nel senso dell’amore verso tutti
gli uomini. La chiesa non
è dunque fine a se stessa,
né rappresenta Dio in terra, ma è strumentale ai
credenti, è luogo di collegamento e di apprendimento reciproco all’esercizio dell’amore di Dio e del
prossimo.
Contro la chiesa di potere e contro il potere nella chiesa affermiamo che
come Gesù non ebbe « dove posare il capo », cosi la
chiesa non ha bisogno di
beni e di possedimenti, né
ha bisogno di appoggiarsi
a partiti o movimenti politici che ne assicurino il
prestigio; non ha bisogno
di concordati con gli Stati, né di sistemi di tassazione su tutti i cittadini.
La sua sopravvivenza deve essere il gioioso risultato della adesione libera dei
credenti.
La chiesa di potere esercita la sua influenza non
per il contenuto liberatorio della sua testimonianza, ma mediante alleanze
coi vari sistemi di governo, rapporti diplomatici
condizionanti, benedizioni
e sacralizzazioni di rapporti politici e sociali che
invece non sono né sacri
né eterni, ma sottoposti al
giudizio dell’Evangelo.
Contro la struttura di
potere nella chiesa affermiamo la necessità che la
sua organizzazione sia fraterna e non gerarchica, sia
discutibile e non infallibile, sia testimonianza della
valorizzazione degli «ultimi» che diventano «primi ».
La giustizia
di Dio
LUCA 18: 9-14.
Due uomini salgono al tempio per
pregare. Uno solo scenderà verso casa
giustificato. Cosa è successo nel tempio?
I due uomini che pregano non sono
due persone qualsiasi: uno è fariseo, l’altro esattore delle imposte per conto degli occupanti romani, un collaborazionista dunque, che può arricchirsi sulle
spalle del popolo finché la sua terra resterà sotto il dominio di Roma. La scelta di questi due personaggi non è casuale ma voluta; esprime una forte contrapposizione, sociale, politica, religiosa.
Contrapposizione che si esprime nella
preghiera dei due, che è come i binari
della ferrovia, uno accanto all’altro, ma
senza possibilità di incontro. Il tempio
da sé non crea relazione, rapporto, comunicazione fra la gente. A che serve
dunque il tempio? A nulla, se la gente
non entra in comunicazione; anche il
tempio riproduce (nel sacro) la stessa
distanza, il distacco, il disprezzo, l’odio
che esiste fra le due classi sociali rappresentate qui dal farieso e dall’esattore delle imposte (profano). Uomini divisi, nemici nella società, lo sono anche
nel tempio, nella preghiera.
Non basta perciò pregare, occorre essere critici anche nella preghiera, sapere ciò per cui si ringrazia e ciò che si
chiede. Anche il nostro pregare è parte
della nostra umanità, espressione del nostro peccato. È proprio nel colloquio con
Dio che si rischia di recitare dei monologhi, di parlare con sé stessi. Dio può
essere assente anche nella nostra preghiera; si corre sul filo del rasoio.
La presunzione del fariseo scaturisce
dalla certezza del suo obbedire alla legge, tutta la sua vita è impostata per essere più vicino a Dio; infatti egli si « separa » dal popolino trasgressore, è colui
che s’innalza. Crede di non avere alcu
In tutte le comunità battiste, metodiste e valdesi la domenica 7
marzo è dedicata alla gioventù.
Le colleUe raccolte ai culti sono dedicate al lavoro dei giovani.
na responsabilità per ciò che succede
nel paese, tanto meno si sente responsabile verso gente che ruba con l’autorizzazione di chi governa (quale attualità
con la nostra situazione, scandalo
Lockheed, ecc.l). Lui non c’entra. Si
sente a posto, la legge glielo conferma.
Ma la parabola dice diversamente;
nonostante tutto è il più « separato » da
Dio dei due; l’esattore delle imposte che
si trova a disagio nel tempio, che non
sa come esprimere la coscienza di vivere « separato » da Dio è quello che Dio
manda a casa perdonato, giustificato. È
la fine della logica dell’uomo che si crede giusto. È la giustificazione dell’empio, della pecora smarrita per cui Gesù
è venuto; per lui Gesù si è « abbassato », per lui Dio lo ha « innalzato »
(FU. 2: 5-11).
Scese a casa giustificato; nel tempio
era solo col suo peccato davanti a Dio,
non c’era possibilità di relazione con gli
altri. Vivere da perdonati è l’inizio della scoperta dell’altro, vita nuova (è
capitato a Zaccheo); la casa è il luogo
di rapporti sociali che segna l’inizio di
questa vita nuova, perdonata, come lo
è lo spazio tra la casa e il tempio, lì in
mezzo, nelle strade, nel paese, crescono
i segni della nuova vita.
Gruppo FGEI di
Lusema S. Giovanid
2
5 marzo 1976
a GoHoquio
con i lettori
Da Rho ci è giunta tempo fa una lettera che solleva una problematica non nuova sulle nostre colonne; non potendola
pubblicare nella sua integrità, data l’ampiezza, ne citiamo i passi più significativi;
La predicazione dell’Evangelo è oggi, sovente
lacunosa, vacua... Per tale motivo le nostre chiese
si svuotano.
Salvo eccezioni, i sigg. Pastori si dilettano a
compilare studi teofisici, tesi di laurea da facoltà
di teologia e nei sermoni della domenica, e negli
studi biblici settimanali, si dilettano ad illustrare tab loro approfondimenti culturali.
Oggi, piu che mai nei tempi, necessita rapportare la predicazione alla tragicità dei fatti che
funestano l’umanità, quell’umanità che duemila
anni fa portò al martirio Gesù Cristo, per la loro
sudditanza, la loro schiavità ai cleri dei potenti,
proprio come adesso.
Preciso : rapportare la predicazione dell’Evangelo, non in senso politico, ma in senso sociale,
umano... Io so di alcuni nostri simpatizzanti, persone colte, che si erano uniti a noi e sono rimasti disillusi. Non hanno trovato grandi differenze dai segni di croce e dalle litanie latinorum del
papismo...
Ma quando, 60-80 anni fa gli evangelisti parlavano nelle chiese e fuori dalle chiese, il Vangelo faceva proseliti, le nostre menti e i nostri
cuori erano ripieni di spiritualità evangelica.
Ed i miei nipoti e pronipoti? Ho provato a
portarli ad ascoltare il culto evangelico; con
quale risultato? disinteresse, freddezza.
Ed io non mi sento di farne degli ipocriti.
Oggi, più che mai, gli ascoltatori attendono
che la loro fede sia rafforzata, nel confronto delle pagine delle S. Scritture con la scienza e la
conoscenza di oggi.
Un egregio... signore al quale alcuni fratelli
parlavano di ciò, rispose ; ec Allora facciamo la
Scuola Domenicale » intendeva per bimbi.
Ebbene si, anche i culti, anche i canti, anche
le preghiere debbono essere una vera e propria
.scuola domenicale, una Scuola per il Signore una
scuola del Signore, anche per gli adulti, per tutti.
E evidente che dietro questo scritto si
cela una fede evangelica turbata, preoccupata, che si interroga sul presente,
guardando al tempo di ieri quando la testimonianza evangelica sembrava più viva e puntuale. Comprendiamo questo turbamento ma vogliamo cercare di scavare più in fondo? Perché i nipoti si disinteressano? B colpa delia ■predicazione
troppo dotta? Di una predicazione disincarnata? Di una mancanza di convinzione
e di vita nella comunità? Non credo ci
sia una causa, ma molte, concomitanti, e
tutti sono in ricerca oggi, anziani e giovani; non vi è dunque davvero alcun motivo per chiudere la lettera, come chiude il nostro lettore dicendo: « ed ora at
tendo la vostra scomunica ». Nessun motivo davvero, perché non abbiamo mai
scomunicato nessuno ed il nostro giornale non è davvero l’organo di un gruppo
di scomunicatori!
Il lettore di Angrogna pone una domanda a cui non siamo in grado di dare
risposta, qualcuno forse potrà illuminarci?
La sera del 18 febbraio, conversando con un
compagno di lavoro di Torre Pellice, reduce dal
pranzo del 17 febbraio, ha fatto delle affermazioni che mi hanno lasciato perplesso. Ecco i fatti:
questo membro di chiesa (si fa per dire, dato che
si vanta di non partecipare mai a nessuna funzione religiosa, culto, riunioni ecc., e di non contribuire per niente a nessuna contribuzione concernente la chiesa non avendo fiducia negli amministratori), si ritiene un buon valdese perché
partecipa regolarmente al pranzo del 17 febbraio.
Al mio dissenso completo sulle sue convinzioni, mi rispondeva che lui il pranzo l’aveva pagato regolarmente, al contrario delle autorità locali a cui veniva offerto gratis con (se ho interpretato giusto), i soldi dei contribuenti.
Desidererei sapere se risponde al vero.
CoissoN Leo
Nella rubrica Tribuna Libera accogliamo un intervento del pastore Gino Conte
che riprende un problema già da lui sollevato altre volte. Lasciamo ai lettori di
valutare sia la presentazione di Tullio Vinay che le riserve critiche di Gino Conte.
Accogliendo nel nostro giornale una nuova corrispondenza di Tullio Vinay non
pensiamo rinunciare ad una valutazione
critica dei fatti ma accogliere la testimonianza di un fratello impegnato su cui merita riflettere. La lettera di Gino Conte,
datata 20 febbraio ’76, ci è pervenuta prima del documento di Vinay e non è pertanto una polemica con questi articoli.
Il Direttore
ESEGESI BIBLICA
Maternità = salvezza?
In I Tim. 2: 15 si leggono queste parole: « Nondimeno, sarà salvata partorendo figliuoli se persevererà nella fede
ecc. ».
Che significato ha l’inciso « partorendo
figliuoli »? In italiano generalmente si dà
al gerundio un significato strumentale.
Facciamo due esempi banali; Risparmiando sulle sigarette mi sono comprato un
giradischi; oppure: Mangiando meno farinacei sono dimagrita. Il lettore, per
analogia con questo uso corrente del gerundio, è portato istintivamente a dare
un valore strumentale all’inciso « partorendo figliuoli » e a spiegare il testo così: Nondimeno, la donna sarà salvata per
mezzo della procreazione; oppure: sarà
salvata perché mette al mondo i suoi figli.
Questa interpretazione istintiva pare
confortata da altre traduzioni che dicono:
Cependant, elle sera sauvée en devenant
mère (Versión Synodale, e Segond è molto simile); Néanmoins elle sera sauvée en
devenant mère (Bible de Jérusalem); Mais
elles seront sauvées par la maternité (N.
T., Bibliothèque de la Plèiade). Ricalcano
tutte la Vulgata: Salvabitur per filiorum
generationem.
Quest’interpretazione presta il fianco a
gravi obiezioni:
a) È possibile che ci sia un mezzo di
salvezza che non è Gesù Cristo e la sua
opera redentrice?
b) perché alcune donne avrebbero un
mezzo di salvezza che è negato ad altre
TRIBUNA LIBERA
Un parere diverso sul Vietnam
Torino, 20 febbraio 1976
Caro direttore,
ho letto i vari interventi di Tullio Vinay prima
e dopo il suo recente viaggio nel Vietnam del
sud, ho seguito la trasmissione tv cc Protestantesimo w in cui egli ha riferito le sue recenti esperienze vietnamite (non ho invece potuto assistere alUanaloga trasmissione « G7 ») e ora leggo,
sul n° dì questa settimana, la recensione di quella puntata della rubrica. Mi dispiace di dover
dire che non ritengo conforme alla realtà il quadro in bianco e in nero che ci è stato tratteggiato. L’Occidente ha cattiva coscienza, circa il
Vietnam; e cerca modi diversi per esorcizzarla.
C’è chi ha sventolato ieri la minaccia del bagno
di sangue e calca oggi le tinte circa la cortina
di bambù. E c’è* chi, con accenti che ricordano
Protestantes»
Mo
Mai come questa settimana i quindici minuti
dedicati alla trasmissione « Protestantesimo » si
sono rivelati insufficienti ad esaurire convenientemente gli argomenti trattati, ognuno dei quali avrebbe richiesto la totalità del tempo a disposizione.
L’argomento iniziale è stato l’importante appuntamento autunnale di Bari, dove, dal 30 ottobre al 2 novembre, si svolgerà l’assemblea
della Federazione delle Chiese Evangeliche d’Italia. Con un congruo anticipo sulla data il Consiglio della Federazione ha proposto un’abbozzo di
studio sul futuro della federazione stessa, che
sarà sottoposta alle comunità locali affinché l’as.semblea di Bari possa rispecchiare il pensiero
dei fedeli. Il documento, dopo aver sostenuto
un così difficile esame, permetterà un lavoro costruttivo e non esclusivamente dialettico.
Il secondo argomento in programma, e cioè la
sopravvivenza dell’Ospedale di Lambarenè fondato da Albert Schweitzer, è anche quello che
più ha sofferto per la carenza di tempo. La crisi dell’ospedale, fondato nel 1913, è la più grave in cui la benefica istituzione si sia trovata,
perché non squisitamente economica (la ristrutturazione richiederebbe infatti una somma modesta), ma soprattutto politica. L’opera assistenziale del medico protestante alsaziano ha superato indenne due guerre mondiali e i molti problemi che le si sono parati dinanzi, ma, dopo la
morte del suo fondatore nel 1965, si è trovata
ncH’occhio del ciclone dei molti problemi della
nuova .àfrica.
Se il colonialismo si avvia ad essere un ricordo
del passato, non così lo schiavismo sociale e culturale a cui ancora oggi sono sottoposte le nuove nazioni africane. L’ospedale di Lambarenè si
è visto considerare, nonostante i suoi scopi chiaramente benefici, alla stregua di ogni opera dei
« bianchi » e guardato con sospetto. I risultati
immediati sono stati il congelamento di uno
stanziamento da parte del governo del Gabon e
del denaro raccolto dalla fondazione Schweitzer
in tutto il mondo e l’apertura di una inchiesta
ufficiale.
L’Ospedale, come si saprà era stato voluto da
Schweitzer come una appendice dei villaggi del
luogo; non quindi una clinica bianca e asettica,
ma un villaggio dove gli ammalati potevano vivere come a casa loro, vicino agli amici e ai parenti. I vantaggi sociali di tale organizzazione
superavano, a detta di Schweitzer, le maggiori
difficoltà mediche di una comunità cosi concepita.
Su questo punto i suoi successori si sono trovati però in profondo disaccordo, aggravando
così i problemi sulla risoluzione dei quali solo
il tempo potrà dare una risposta.
La carenza di .spazio ci consente soltanto un
cenno sull’ultimo argomento del programma : la
eelebrazione del 17 febbraio.
In studio il pastore Giovanni Scuderi ha chiarito il significato della celebrazione della ricorrenza del 17 febbraio 1848, giorno in cui Carlo
Alberto eoneesse, dopo secoli di persecuzioni,
la libertà di culto ai Valdesi. Un breve filmato
di repertorio ha illustrato a conclusione le suggestive cerimonie con cui le comunità delle valli del torinese .sono solite celebrare l’avvenimento. Paolo Andreotti
PROSSIMAMENTE
Nella trasmissione di giovedì 11 marzo (Il canale, ore 18.15) sarà affrontato il tema « Le
chiese del dissenso in Unione Sovietica ». In
studio, Cesare de Miehelis, docente di storia delta letteratura russa, ed il giornalista Libano
Frattini valuteranno le influenze che la coscienza
eristiana ha avuto sul sorgere del dissenso in
URSS e la situazione delle comunità protestanti
in quel paese.
« Cuore », si seioglie d’esaltazione ammirativa dinanzi al toeeante esempio di un popolo finalmente unito, libero di essere se stesso, compatto e
unanime nella volontà di rieostruzione. A rischio
di essere monotono (alcuni mesi fa mi hai pubblicato una lettera analoga), ma convinto dell’unilateralità dell’informazione presentata ai nostri
lettori, contesto la veridicità di questo quadro
idillico, come ho sempre contestato, da quando
abbiamo eominciato a parlare del napalm statunitense, la distinzione maniehea fra pretesi combattenti della libertà e pretesi agenti dell’oppressione totalitaria. Cosi oggi, negando in termini
teologici la visione in bianco e nero (<c non c’è
nessun giusto, neppure uno », per quanto sorridente, eandido e amabile appaia), ribadisco la mia
profonda tristezza perehé sono convinto che il
popolo sudvietnamita, dopo decenni di sofferenza
e per molti di lotta, non ha potuto essere se
stesso. Non c’era ormai, in termini storici, altra
possibilità di quella che si è imposta, armi in
pugno; e nella eostruzione di questa dura impossibilità la responsabilità maggiore va indubbiamente a forze occidentali tanto prepotenti quanto
ottuse. Ma dal riconoscere questa situazione, all’esaltarla in termini pindarici; dal prendere e
dare atto di quanto di positivo sta facendo il nuovo regime, al eonferirgli una patente globalmente positiva e luminosa — ci corre. E avrei voluto
che un cristiano sensibile come Tullio Vinay ci
facesse sentire in modo più evangelicamente dialettico il travaglio vietnamita. Egli non può ignorare che eosa ha significato, decenni fa, l’emigrazione massieeia di vietnamiti dal nord al sud;
che cosa ha significato, come progetto di vita, la
« terza forza » essenzialmente buddista. Questa
è ora accettata soltanto nella misura in cui accetta di « fiancheggiare » chi veramente ha il
potere : chi — come tutti i Poteri — ha assunto
d’autorità il compito di « esprimere » la volontà
popolare, decretando d’imperio una riunificazione che non credo maturata nella coscienza e volontà popolare; non nei termini in cui avviene.
Se veramente siamo sensibili ai vinti, agli emar,ginati, è giusto dimenticare queste istanze, ammirando solo il volto benigno dei vincitori? A questo riguardo, confesso che mi è parso al limite del
blasfemo l’analogia istituita da T. Vinay fra l’atteggiamento morbido dei nuovi governanti nei
confronti di chi era compromesso con il vecchio
regime (che non ci siano stati regolamenti di
conti, non lo pensa del resto nemmeno Vinay), e
l’atteggiamento del Dio biblico, che non vuole
la morte del peccatore, ma che questi si ravveda
e viva. Dunque, i pensieri e le vie dei gerarchi
di Hanoi possono essere accostati ai pensieri e
alle vie del Signore? L’abilità sagace di chi anziché liquidare fisicamente preferisce utilizzare, e
« rieducare » finché si sia utilizzabili, può essere
paragonata alla pazienza divina che rifulge nella
croce di Cristo?
Gino Conte
P.S. A titolo di completezza d’informazione,
ritengo utile ricordare che dàlia presa del potere
il nuovo regime ha negato alla Chiesa buddista
unificata la possibilità di continuare la sua opera
a favore di orfani sudvietnamiti, un’opera generosa a cui anche fra noi si cercava di dare un
modesto aiuto. Anche agli orfani, ormai, si può
e si deve dare aiuto solo attraverso il filtro del
regime.
(le nubili e quelle che pur essendo sposate non hanno figli) e agli uomini?
Andiamo dunque à vedere quello che
dice il testo greco del N.T.! « Partorendo
figliuoli » in greco è detto senza verbo,
con un’espressione simile a quella della
Vulgata e della Plèiade: dià tés teknogonìas. È la procreazione, la generazione di
bambini (tékna). Ma che rapporto ha la
procreazione con il verbo « sarà salvata »?
Il testo greco indica questo rapporto con
la preposizione dià. Effettivamente, dià
indica spesso il mezzo per fare qualcosa
(Matt. 1: 22 «detto dal Signore per mezzo del profeta »; Luca 8; 4 « Egli disse
per mezzo di una parabola »; Ef. 2; 8
« siete salvati mediante la fede ». Un altro esempio con il verbo « salvare »: I
Cor. 1: 21 « È piaciuto al Signore salvare i
credenti mediante la pazzia della predicazione »).
Tuttavia ci sono dei casi, nel N.T., in
cui dià non indica il mezzo, bensì la situazione, le circostanze in cui avviene
un’azione.
Così II Cor. 2: 4 « Vi scrissi con (greco
dià) molte lacrime » non vuol dire che
Paolo usò le lacrime come... inchiostro,
ma che scrisse piangendo; Rom. 4: 11
« ...affinché fosse il padre di tutti quelli
che credono essendo incirconcisi », (greco: dià akrobustìas). Anche qui, il significato non è « credono per mezzo deU’incirconcisione », ma è l’indicazione della
situazione o circostanza in cui si trovano
una parte di coloro che credono.
Questo potrebbe darci una soluzione al
problema delle donne e della maternità.
Nell’ambiente in cui sono sorte le epistole Pastorali, c’erano eretici che vietavano il matrimonio (I Tim. 4: 6). Era uno
degli aspetti dello gnosticismo. « Sposarsi e proceare sono cose che vengono da
Satana », dicevano gli gnostici (Saturnino) secondo Ireneo; e Tertulliano riferisce le stesse cose su Marcione e Apelle,
altri maestri di gnosi. Perciò le Pastorali
raccomandano di insegnare « alle giovani
ad amare i loro mariti e i loro figliuoli »
(Tito 2: 4). Nel nostro passo l’inciso « partorendo figliuoli » vuol semplicemente dire: nonostante ciò che insegnano gli eretici, la donna sarà sposa e madre e questa circostanza ñon le impedirà di essere
salvata (naturalmente, se persevererà nella fede ecc. ecc.)i.
B. Corsanì
' Alcuni scrittori cristiani antichi hanno visto in queste parole un’allusione alla nascita di Gesù: saranno salvate grazie
alla procreazione del Figlio, e ancora
qualche còmméntatore lo considera possibile (la New English Bible lo dà come
traduzione alternativa, in margine).
Altri interpretano « sarà salvata » in
senso fisico e propongono: « sarà salvata
dai rischi del parto », cioè passerà indenne attraverso il travaglio e i pericoli della procreazione (Moffatt, Phillips, Barrett,
N.E.B. come seconda traduzione alternativa).
libri - recensioni
M. DEIBREL, Provocazione marxista ad una voca>
zione per Dio; Cronache alla prova, Jaka Book.
J. VANIER, La comunità che accoglie i rifiutati, Cronache alia prova, Jaka Book.
V. H. ERNEST, Ho parlato con gli spiriti, Centro Biblico, L. 1.400.
L'opera, un centinaio di pagine, è dovuta alla
penna di un pastore americano passato attraverso
una lunga esperienza spiritista. La tesi è che scartata la massa di cialtronerie nel settore spiritista,
la realtà delle forze spirituali maligne esista, contro cui ha lottato e lotta l'Evangelo di Cristo in un
combattimento vittorioso.
Edizioni Coines, raccolta di studi sul problema
fede e politica nel mondo cattolico: Bruno Manghi,
fede e impegno di classe: un confronto con compagni non credenti ; Giuseppe Grampa, il credente
nella storia: politicità della fede e coscienza critica della storia; Giuseppe Angelini, chiesa e classe operaia ; Bruno Maggioni, parola di Dio e impegno polìtico; Mario Cuminelti, la «questione cattolica» e alcuni tentativi di soluzione; Gualberto
Gualerni, Emanuele Ranci Ortigosa, crisi della DC
e «questione cattolica; Ruggero Orfeì, l'interclassismo; marxista: i «cristiani per il socialismo».
Se non hai rinnovato per il 1976
...con dispiacere dovremo sospenderti rinvio del giornale. Quindi:
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> 5 marzo 19f76
/ bersagli alla moda ■ 11
■téi
Etica cristiana?
Abbiamo già osservato nel « bersaglio »
suH'Ecumenismo, come noi ci lasciamo
troppo spesso condizionare nei nostri atteggiamenti dalle iniziative della Chiesa
di Roma, e ci verrebbe voglia di ripetere
la stessa osservazione a proposito delle
discussioni avviate sul problema del sesso. Reagire è bene, anzi doveroso; ma agire sarebbe meglio se curassimo più in
profondità la nostra capacità di prendere
autonome posizioni su quanto avviene
nel mondo. Anche perché il limitarsi a
reagire comporta due pericoli che dovremmo cercare di evitare.
Il primo si è quello che, reagendo a prese di posizione altrui, rischiamo nello
slancio della polemica di rinunciare noi
stessi alla difesa di valori che, meglio
intesi e definiti, dovrebbe essere invece
nostro dovere difendere. Il secondo quello che accettando la discussione sul piano proposto da altri, si rischia inevitabilmente di uscire da quello che dovrebbe
essere il nostro piano di discussione. E
mi spiego.
La presa di posizione di Roma sui problemi sessuali non è così straordinaria, e
forse neppure così reazionaria, come sembra a prima vista. Non lo è se si considerano due fatti: il primo che la Chiesa
Romana è una chiesa autoritaria e gerarchica e come tale ha il dirittoMovere di
dire la sua su tutti i problemi che nel loro svolgersi ne minacciano la autorità o
la gerarchia. Spetta semmai ai suoi fedeli
accettare o rifiutare questa autorità e questa gerarchia; ma credere ohe sia possibile (come alcuni gruppi, fra di loro e fra
di noi, credono) trasformare la Chiesa di
Roma in una libera Chiesa di nuovo modello sernbra almeno intempestivo. Non
ha quindi molta importanza contrapporre ad una concezione « cattolica » del sesso una sua concezione « protestante »;
molto più importante sarebbe usare della
occasione solo per rinnovare la dichiarazione di libera responsabilità del credente
propria delle nostre concezioni, così sul
sesso come su molti altri problemi.
Il secondo si è che (almeno pare a me)
tutto questo strillare sulla « liberazione
totale » del sesso non pare abbia un profumo veramente cristiano.
E di moda andar dicendo che non esiste
una « etica » cristiana (forse c’è chi preferisce la « etichetta » cristiana da applicare a volontà ad un partito politico o a movimenti di opinione che tutto sono fuorché cristiani); e ciò è vero se ci si riferisce
a comportamenti precisi e, per così dire,
« tecnici ». Non mi sembra altrettanto vero se ci si riferisce ad un certo modo di
affrontare i problemi della testimonianza
(e cioè della vita individuale e collettiva)
che per noi non può non avere un senso
cristiano. Se così non fosse non si vedrebbe perché non ci limitiamo a pregare
nelle nostre chiesuole, restando del tutto
indifferenti ad una testimonianza attiva
verso i peccatori sociali e quelli individua
li. Nei Vangeli del resto gli ammonimenti
concreti si sprecano (vendi tutto ciò che
hai e dallo ai poveri — va e non peccar
più — ravvedetevi — e via dicendo), o
meglio si sprecherebbero se non li tenessimo come regola di vita. E allora, etica
o non etica, anche sul problema del sesso qualcosa possiamo dire. E cioè che in
questo campo, come in quello delle ricchezze, o quello del potere, o quello
dei nutrimenti il vero problema non è
quello di considerare peccato il Sesso, o
le ricchezze o il potere o l’uso di determinati cibi, bensì la avidità del sesso, la avidità del potere, la avidità delle ricchezze,
la avidità del cibo. Chi si ricorda più delle minuziose regole alimentari del Vecchio Testamento? Perfino la Chiesa di
Roma ha rinunciato al « magro » del venerdì. Ma ciò non può significare che sia
cristianamente lecito abboffarsi senza misura e che la libertà cristiana possa tramutarsi in schiavitù della gola.
Il sabato è fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato. Ma questo non toglie
che la libertà di cui noi testimoniamo non
è una libertà irresponsabile che si tramuta in schiavitù (del sesso, del potere, delle ricchezze), ma una libertà che ha un
senso solo se goduta in modo responsabile e non con quella « liberazione totale »
che rende alla fine l’uomo, e la donna,
schiavo di questo come di altri appetiti.
Niso De Michelis
A colloquio con A. Donini
Il gruppo M.C.S. di Roma ha incontrato il 20 febbraio lo storico comunista
Ambrogio Donini per discutere con lui
alcuni aspetti del primo volume delia sua
storia del Cristianesimo, recentemente
pubblicato.
Il gruppo aveva già letto e discusso alcuni capitoli del libro (quelli riguardanti
le origini del Cristianesimo e il mondo
del Nuovo Testamento) durante le sue
Dalle nostre comunità
BOLOGNA
Domenica, 8 febbraio, si è svolto a Bologna il previsto incontro sull’insegnamento religioso nella scuola e sul più
ampio problema del Concordato e della
necessità di abrogarlo.
Nonostante le comunità fossero state
tempestivamente avvisate, il numero dei
partecipanti è stato esiguo.
Ci sembra questo un indice di mancanza di sensibilità verso un problema che
— come evangelici — dovrebbe trovarci
in prima linea perché la laicità dello Stato sia salvaguardata e per smascherare
l’abuso mistificante che la chiesa cattolica fa dell’EVangelo.
Gli intervenuti all’incontro hanno dato vita ad una commissione di studio e
di lavoro, costituita da un’insegnante, un
genitore ed uno studente, incaricati di
approfondire il tema e di ricavarne materiale d’analisi per una serie di visite alle Chiese del Circuito, in vista di un nuovo incontro e soprattutto per promuovere una presa di posizione evangelicamente qualificata, sul problema dell’insegnamento religioso nella scuola e sul Concordato. (d. V.)
PACHINO
I festeggiamenti del 17 febbraio hanno
visto la partecipazione dei fratelli metodisti di Scicli. In tutto una sessantina di
persone che si sono unite nel canto del
’Giuro di Sibaud’ ed altri inni. Ospitati
presso il salone dell’Asilo valdese ’Il Redentore’, il pastore Bonnes ha ricordato
in una conversazione storica l’emancipazione concessa ai valdesi nel secolo
scorso.
guita con interesse da tanti fratelli metodisti e valdesi e da parecchi cattolici.
La stessa sera poi egli ha fatto la Stessa
conferenza a Mestre presso l’Istituto di
Cultura « Laurentianum », alla presenza
di numerosi amici cattolici ed evangelici
della « terraferma ».
Tutti gli siamo molto grati per le informazioni interessanti che ci ha dato sui
lavori di quell’assise ecumenica e per la
visita che ci ha fatto.
A. G.
S E S T R I
SAMPIERDARENA
Un po’ di ecumenismo. - Coi fratelli
Battisti di via Dattilo si è preso parte ad
un incontro coi salesiani di Sampierdarena con predicazione, letture bibliche,
preghiere spontanee e canto; molta gente del quartiere vi ha preso parte assieme a rappresentanze delle nostre comunità evangeliche..
Agape del XVII febbraio. - Quasi una
cinquantina di persone hanno preso parte all’agape del XVII, con un primo
piatto servito dalle sorelle e il resto al
sacco, secondo l’abitudine. Abbiamo ricordato i cinquant’anni di anzianato del
fratello Roberto Cavo (1926-1976); entrato nel consiglio al tempo del Pastore
G. D. Maurin, l’anziano Cavo ha collaborato con una dozzina e più di Pastori ed
è tuttora a pieno servizio; felice coincidenza: quest’anno i coniugi Cavo ricorderanno cinquant’anni di matrimonio (vedi nozze d’oro ) ; che il Signore li benedica nella loro vita di famiglia e nella
collaborazione alla chiesa.
MILANO
VENEZIA
Ci è stato dato il piacere di avere tra
noi, sia pure per poche ore, il pastore
Mario SbafH, vecchio e caro amico di
tanti veneziani, delegato della Chiesa
Evangelica Metodista d’Italia all’Assemblea di Nairobi e venuto a fare un giro
di conferenze e di incontri in diverse città di questa zona (Udine, Gorizia e Trieste).
Nel tardo pomeriggio di giovedì, 19 febbraio a Venezia egli ha fatto una conferenza presso l’Ateneo S. Basso sul tema :
« Nairobi 1975 : problemi e tensioni », se
« Valdesi di Milano : dove andiamo? »
questo il tema della prossima assemblea
di chiesa valdese che si terrà domenica
7 marzo nei locali di Via Pr. Sforza 12/a.
L’assemblea si riunirà per l’agape fraterna prima di riprendere in esame, nel pomeriggio, il tema dell’incontro.
Tullio Vinay parlerà sul Vietnam, dalla rovina alla rinascita, a Milano, mercoledì 10 marzo alle 21,15 nella Sala Valdese di Via Fr. Sforza 12/A; a Torino
sabato 6 marzo, alle ore 21, nella Sala
Valdese di Via Pio V, 15.
riunioni dei mesi scorsi. La lettura di
queste pagine aveva stimolato il gruppo
ad occuparsi di aspetti specifici come la
situazione delle classi sociaU ai tempi di
Gesù, la situazione politico-militare di
quegli anni, la formazione, l’ambiente e
la datazione degli scritti del N.T. la storia delle interpretazioni del N.T. dal 18°
secolo fino agli studi più recenti.
La discussione con il prof. Donini è
stata brevemente introdotta dal pastore
Girardet, che ha sintetizzato le osservazioni e le critiche che erano state fatte
in precedenza all’opera del Donini. Partendo dal riconoscimento dell’importanza del tentativo di valutare la storia del
Cristianesimo dal punto di vista dei rapporti di produzione e della lotta tra le
classi sociali, e lamentando anzi il fatto
che la letteratura su questi aspetti della
ricerca scientifica sul N.T. sia molto scarsa, il pastore Girardet ha espresso alcuni rilievi critici al lavoro di Donini.
Senza entrare nei dettagli, possiamo
riassumere queste obbiezioni approssimativamente (anche se questo non esaurisce tutti gli spunti della discussione)
nel fatto che egli non tiene sufficientemente conto dei risultati degli studi dell’esegesi recente. Questi studi, pur tenendo presente alcuni dati segnalati dal Donini (ma non da lui soltanto!), — per
esempio il fatto che gli scritti del N.T.
sono fonti secondarie per la ricostruzione della vita di Gesù e della storia delle
comunità primitive — permettono di ’avvicinarsi » di più alle origini del cristianesimo di quanto non faccia lo stesso
Donini, giustificando anche tutti quegli
elementi che appare forzato spiegare solo in termini di storia comparata delle
religioni. Donini ha risposto che l’esegesi
a cui ci si riferiva (si tratta soprattutto
degli studi di Bultmann, Cullmann e dei
vari studiosi di ’storia delle forme’ e ’storia della redazione’) non è che il tentativo di salvare a tutti i costi qualcosa per
la fede senza rinunciare alla pretesa di
uno studio scientifico, di risolvere il problema che assilla la critica biblica dal 18°
secolo in avanti.
Presto la discussione si è spostata dagli aspetti tecnici a temi più generali. Si
è chiesto a Donini quale fosse la collocazione del suo libro nell’attuale momento
politico, cioè il significato di una netta
presa di posizione critica nei confronti
della religione nel momento in cui il suo
partito si avvicina alle masse cattoliche.
Donini ha spiegato che il libro esce in
questo periodo perché solo ora, terminati l’insegnamento e l’attività parlamentare, ha avuto il tempo di terminarlo.
Si è anche parlato del tema, più generale, del rapporto fede - marxismo (la
presenza di Donini, « militante » di un
partito della classe operaia da molti anni
oltreché storico era di stimolo in questo
senso anche se questo non era il tema
della serata): l’autore ha espresso una
visione critica nei confronti di cristiani
per il Socialismo e del teologo F. Belo.
La posizione di Donini è chiara. È la
esclusione di qualsiasi trascendenza, a
suo avviso spiegabile come idea derivante dai reali conflitti umani (sofferenze,
lotte, rapporti economici e politici) a cui
soli ci si deve ricondurre.
Dopo queste ’diversioni’ e con un ritorno alle questioni storicho-esegetiche
si è conclusa l’interessante serata.
»
Ricordando
il pastore
Alessio
« Il sottoscritto studente in teologia domanda di poter lavorare per la missione
evangelica durante la prossima estate.
Dovendo per la prima volta assumersi il
delicato compito dell’evangelizzazione, domanda di iniziare il suo lavoro possibilmente sotto la guida di un pastore ».
Più di cinquant’anni sono trascorsi da
quando Alfonso Alessio Scriveva al Moderatore queste righe, che indicano quale fu, fin da allora, la passione di tutta la
sua vita: quella di evangelizzare.
Era nato in Basilicata, ad Acerenza, il
17 gennaio 1894 in una famiglia cattolica.
Diplomatosi nell’Istituto Magistrale, venne chiamato sotto le armi e per quattro
anni prestò servizio militare. Smobilitato,
si trasferì, a Palermo, impiegandosi in
una tipografia.
Fu in questo periodo che si trovò a
passare per caso vicino alla chiesa valdese; incuriosito volle entrarvi, ritornandovi sempre più frequentemente. Sotto
la guida del pastore Rinaldo Malan aprì
il suo cuore al lieto annunzio dell’Evangelo e nel 1923 iniziava gli studi di teologia a Roma.
A Felonica Po cominciò il suo ministero come aiuto dell’anziano evangelista
Benedetto Giudici, allora gravemente
ammalato. Poi venne inviato a Taranto,
con l’incarico del gruppo di Ginosa dove
constatò l’attività dei Pentecostali.
Da Taranto venne trasferito a Corato.
Nell’esercizio del suo ministero senti la
sua vocazione diventare sempre più sicura : « Nutro sempre viva riconoscenza al
Signore per il lume della fede che mi ha
dato, ed alla Chiesa Valdese per il privilegio di avermi accolto nel suo seno e di
avermi dato modo di rispondere alla mia
vocazione ».
Nel 1927 la sig.na Ofelia Cherubini venne a legare il suo destino a fianco di
Alessio, che tanto aiuto per quasi cinquant’anni riceverà dalla sua compagna,
arricchendo la sua famiglia di quattro
figli.
Nel 1930 venne consacrato al ministero.
Il prof. Ernesto Comba predicò sul testo: «Dici: Se puoi? Ogni cosa è possibile a chi crede».
Le tappe della vita pastorale lo portano a Cerignola dal 1931 al 1934, a Pachino per due anni, quattro anni a Forano.
A Sampierdarena trascorse, dal 1^0 al
1954, il periodo più lungo. L’alloggio pastorale e la chiesa erano nelle immediate
vicinanze del porto e la zona venne sottoposta a tremendi bombardamenti, costringendo chi non aveva potuto sfollare,
a passare lunghe ore nei rifugi, da cui
si usciva con l’ansia di vedere la propria
casa distrutta. Nel 1954 Alessio venne trasferito a Brescia, dove rimarrà fino alla
sua emeritazione nel 1965.
Ritiratosi a Verona, lo scorso mese di
novembre ci scriveva queste parole che
sono la sintesi del suo ministero: «Se
siamo convinti che invano si affaticano i
lavoratori, se l’Eterno non edifica la casa, il nostro lavoro si riduce a ben misera cosa. È lo Spirito Santo che conduce
le anime a Cristo, pertanto è meglio ripetere col Battista: Bisogna che Egli cresca e che noi diminuiamo ».
Questo messaggio che Egli rivolge alla
sua Chiesa ci aiuti a proseguire, come
lui, nelTumiltà e nella fedeltà a quel Signore, a cui solo siano onore e gloria.
Roberto Nisbet
4
5 marzo 1976
TULLIO VINAY DAL VIETNAM
UN POPOLO CHE RINASCE
Molti problemi restano però aperti nel campo dell’assistenza, dell’educazione, della
programmazione economica
Nel Nord come nel Sud si ha la sensazione di vivere in mezzo ad un
popolo che rinasce dopo la lunga, interminabile, bufera che lo ha travolto. La notte è passata viene un nuovo giorno! Fra tutti i numerosi quadri
di una mostra di pittori d'oggi, che ho visitata ad Hanoi, un solo quadro
rifletteva i ricordi di ieri, due donne con fucile, tutti gli altri erano un inno alla ricostruzione, alla pace, alla riconciliazione fra i popoli. Fra altri
c’era anche un quadro in cui sul Vietnam volavano colombe bianche da
ogni parte del mondo e sul petto delle colombe una piccola bandiera con la
nazione di provenienza. Gli artisti esprimevano non dottrine, ma vita, la
vita che il popolo vuole. E questa vita nuova è il fattore più rilevante della prossima riunificazione della nazione.
Le due parti del Vietnam si riflettono nelle loro due maggiori città:
Hanoi e Saigon.
Due città: Hanoi...
Ho osservato a lungo il popolo di Hanoi, specialmente nel tempo libero degli
ultimi giorni del mio soggiorno. È meraviglioso! La gente ha l’espressione gioviale
e serena. Sono volti seri, pensosi, sorridenti,
distratti, ma v’è in tutti qualcosa di diverso da noi, cioè dalle folle delle nostre città dov’è facile Tesibizionismo, il mettersi
in mostra e la violenza dell’aspetto. Innanzi
tutto non v’è chiasso. Lo stesso parlare
vietnamita melodioso è sempre pacato ed a
voce bassa. La fitta circolazione in bicicletta, ai due lati delle strade, scorre come su un tappeto mobile. L’andatura di
tutti è uguale. Nessuno sorpassa. Tu puoi
attraversare la strada, fra centinaia di biciclette, tranquillo perché l’andatura è tale che il ciclista ti evita passandoti dietro
0 davanti. Lo stesso avviene sui marciapiedi che son gremiti di passanti.
Modestia e austerità
Le donne e gli uomini sono ambedue
vestiti molto modestamente: austerità dovuta alla lunga guerra. Ci rammentano le
nostre città dopo la guerra mondiale, ma
qui con una guerra di trent’anni la povertà è ben più grande. Donne e uomini assai spesso in abiti militari, anche senza
esserlo, o comunque di stoffa grigiastra
dello stesso tipo. Le donne secondo la tradizione portano i pantaloni larghi, non attilati come le nostre ragazze. Raramente
vedi qualcuna con una camicetta o una
maglia a colore. Probahilmente è merce
recentemente arrivata dal sud. Tutte hanno i capelli neri, cioè nessuna se li tinge,
così il trucco non è usato.
Si direbbe che la semplicità e la naturalezza, siano il loro stile di vita. Vedi
delle vecchiette saltellare sotto il bilanciere al quale sono appese due ceste. Sembra
che corrano sotto la spinta del peso. Vedi
delle giovani madri col bimbo al braccio e
lo sposo accanto. Si darebbe loro 14 o 15
anni, ma i vietnamiti non dimostrano mai
l’età che hanno. In realtà si sposano verso
1 25 anni: questo anche a causa della situazione economica per cui prima del matrimonio devono pensare come mantenere
la famiglia. La semplicità e modestia non
nasconde la bellezza di questa gioventù
che non ha nulla di ricercato e meno ancora di sfacciato. Passano due ragazzone
europee (dell’est o dell’ovest, non è possibile dirlo) grosse, grasse, con la minigonna dalla quale escono le loro coscie enormi. Sono una stonatura in questo ambiente. Non è questione di morale, ma di cultura diversa, di senso diverso della vita.
Le due, secondo me, sfigurano in questo
ambiente e penso come anche la nostra società di consumi sia culturalmente povera
di fronte a onesta civiltà nuova che sta
sorgendo nel Vietnam. Nelle strade non ci
sono automobili .Le rare che passano sono
del corpo diplomatico o di qualche autorità. È evidente che l’economia della benzina è rigorosa. Si spende solo per quel che
è essenziale.
Ciò lo si vede anche nei volti delle persone. non sono denutriti, ma neanche floridi. È facile comprenderne la ragione dopo
tanti anni di guerra in cui questo popolo
ha impiegato tutte le sue risorse per resi
stere e, finalmente, vincere. Anche nei negozi la merce è scarsa. Nei Ragazzini dello Stato quqnte sono le vetrine vuote e
quante con poca merce. Gran massa di popolo va a visitarli, guarda e compra poco.
Rilevante è il fatto che accanto all’economia statale vi è anche quella privata che
si esplica nell’artigianato e nel piccolo commercio, sia ambulante sia in botteghe. Vi
sono sui bordi dei marciapiedi venditrici
ambulanti. Generalmente sono vecchie.
Probabilmente integrano col loro piccolo
commercio il bilancio familiare. Vi è persino un minuscolo mercato «nero », si
tratta della vendita di sigarette, che sono
razionate. Probabilmente chi non le fuma
le vende... ed anche questo è tollerato! Ho
interpretato il fatto come dimostrazione
dell’umanità di questa nazione, dove nulla
sembra essere duro e dove l’uomo ha priorità sulle dottrine.
Guardando la gente
La città ha due laghi. Lungo il lago maggiore ho visto dei piccoli orticelli, in cui
era piantata verdura varia. Non avevano
recinto ed erano sul suolo pubblico! Anche
questo parla da sé, sia per la comprensione delle autorità, sia per l’onestà della
gente che non approfitta del lavoro altrui.
L’ultimo pomeriggio passato ad Hanoi
ho voluto osservare la folla da vicino passando due ore seduto su una panchina. In
quelle due ore ho visto due giovani con
stampelle, ambedue avevano una gamba
sola, una donna con una gamba storpiata
pure con stampelle, un bimbo mutilato, un
cieco che si era seduto accanto a me. Due
ore non fanno statistiche, queste le si hanno altrove, però il pensiero che mi martellava la mente era un altro. Come mai gente lontana, da altri continenti, è venuta qui
a massacrare questo popolo buorto e tranquillo che si accontenta di quello che ha?
Quale spirito demoniaco può aver spinto
governi di altre nazioni ad entrare nella
vita di queste donne, di questi uomini, di
questi bambini per rovinarli distruggendo
e devastando tutto quel che avevano per
vivere, uccidendo e mutilando masse intere di gente? Sono secoli e secoli che si difendono cercando la loro indipendenza. La
loro storia è storia di lotta contro gli invasori... Cina, Giappone, Francia, Stati Uniti! La loro tenacia e la serietà che hanno
nel concepire è portare a compimento la
azione ha finito col prevalere. Hanno vinto. Ora sono liberi, ma quel che è veramente straordinario è che, dopo tante atrocità
sofferte, sono ancora loro, nella loro identità, mansueti, buoni, pacifici.
...Ho Chi Min - Ville
Saigon, ormai Ho Chi Minh-Ville, è molto diversa. Qui al centro la folla è colorata
ed elegante. Molte biciclette, ma anche auto, taxi, tricicli per il trasporto persone e
via dicendo. L’abito lungo sopra i pantaloni, bianco o di vari colori, dà alle donne
un’eleganza particolare. Colpisce molto la
differenza fra le due città. Bisogna però tener conto di quel che è avvenuto negli ultimi decenni. Mentre Hanoi ed il Nord dovevano impegnare tutte le loro risorse nella guerra ed alimentare anche quelli del
Sud che combattevano nella giungla, Saigon era « mantenuta », e mantenuta nel
deteriore senso della parola, dagli occupanti americani. Da ultimo il 90% del bilancio
era pagato da loro. L’oltre mezzo milione
di militari americani aveva poi portato non
solo la società di consumi ma anche una
estrema corruzione. Solo le prostitute erano 300.000. Così il volto di Saigon al centro era rimasto ricco, mentre lo squilibrio
nella distribuzione dei beni lo si vedeva
negli orribili « slums » che costituivano
grande parte della città. Una metropoli di
4 milioni di abitanti non la si cambia in
pochi mesi. È evidente che gran parte dell’apparente ricchezza è dovuta ai residuati
della precedente dominazione ed in parte
ad uno stile di vita non ancora totalmente
mutato.
Tuttavia Saigon è molto diversa da quella che avevo conosciuta nel 1973. Non ho
avuto molto tempo per visitarla, ma già
al primo colpo d’occhio era facile individuare il mutamento. Anche i volti non più
tesi del popolo lo diceva, come poi nelle
molte conversazioni l’entusiasmo per la vita nuova. Una delle prime cose notate era
il Palazzo dell’Indipendenza. Sotto Thieu
era un fortilizio. Tutta la zona intorno circondata da filo spinato, da sacchi di sabbia con mitragliatrici, dentro al parco carri
armati, elicotteri... Qra tutto è spazzato
via e la gente è libera di accedervi. Un’altra cosa che colpisce è la pulizia della cit
tà, sporchissima prima. Ma qui v’è un fatto curioso che vai la pena raccontare.
Nel mio primo viaggio avevo conosciuto
un prete operaio, padre Phan Khac Tu, che
si era fatto spazzino per condividere con
gli altri uno dei lavori più umili. Raccontava, allora, come nei primi tempi doveva
faticare molto senza esser ben ricevuto dagli altri. Gli spazzini lavoravano a cottimo ed a gruppo e se uno, nel gruppo, non
era svelto tutto il gruppo perdeva tempo.
A popO a poco si era, però, impratichito e
da quel momento nel gruppo lo apprezzavano molto. Phan Khac Tu è ora il capo
della nettezza urbana nella città! E la città è ben pulita! Si vede che la collaborazione coi suoi ex-compagni di lavoro c buona. In più è il vice-presidente dei sindacati del Sud Vietnam, cioè personalità di primo piano!
Non è altrettanto facile ristabilire una
pulizia morale. Si sà che dal giorno della
liberazione è stata abolita la prostituzione,
chiusi i night-clubs, eliminata la stampa
pornografica e via dicendo, ma non si cambia una situazione, radicata, in pochi mesi,
anche se il senso nuovo dell’esistenza che
pervade la maggioranza del popolo è la
miglior spinta verso il rinnovamento dei
costumi. Le premesse per una rinascita
completa sono abbondanti. Basta parlare
con i nuovi quadri, con quanti hanno soffertole si comprende che il loro umanesimo è congiunto con una volontà precisa
di creare una società assplutamente nuova.
Saigon che per l’emigrazione forzata era
passata dal milione di abitanti a ben quattro, la maggioranza dei quali costretti a vivere di mezzucci, ben spesso non puliti.
Nel contatto con le maestranze una volta
di più ho realizzato le qualità di questo
popolo. Se sarà aiutato internazionalmente
nella ripresa e nella ricostruzione non deluderà il mondo. Ne sono certo. Il mondo ha
molto da imparare dalla sua cultura, cioè
dal senso della vita che esso ha.
I problemi
del dopoguerra
I problemi del dopo-guerra si presentano
diversamente nelle due parti del Vietnam.
II Nord, malgrado gli spaventosi bombardamenti, è riuscito ad edificare una società socialista dando lavoro e l’indispensabile ad ognuno. In un ambiente sano senza
corruzione ha formato i quadri per l’avvenire, tecnici, professori, specialisti, non
chiudendo neppure nei momenti più critici le scuole; ha sviluppato le sue industrie,
ha realizzato una riforma agraria. Da questi
dati parte ora per un ulteriore sviluppo, limitato solo dalla mancanza di capitali.
Il Sud durante trent’anni è stato, da una
parte, diviso fra resistenti e sottomessi. I
resistenti hanno sostenuto una lotta improba nella giungla o nelle città pagandone
alto prezzo. I primi per il gran numero di
morti, i secondi per le torture ed il carcere. I sottomessi sono stati travolti da una
corruzione enorme o da una miseria estrema. La politica Thieu-americana del concentramento della popolazione nelle città o
nei campi rifugiati ha portato i frutti più
deleteri. Così al Sud convivono accanto forti quadri (combattenti ed ex-prigionieri politici) ed una popolazione che deve esser
rieducata e formata per i compiti futuri.
Quel che accomuna il Sud ed il Nord è
l’entusiasmo per la rinascita del paese ed
una tensione viva verso il futuro della nazione finalmente indipendente e libera, aspirazione radicata da secoli.
Esodo verso le campagne
Nel Sud ci sono due grossi problemi economici: la riattivazione ed espansione dell’agricoltura e la riconversione industriale.
Il Sud è prevalentemente agricolo, poiché
la sua grande ricchezza sta nella enorme
fertilità della sua terra. L’agricoltura ha
enormemente sofferto nell’ultimo trentennio. Le cause sono molteplici: la guerra
chimica, i milioni di crateri di bombe, le
centinaia di migliaia di tonnellate di bombe
inesplose, l’abbandono forzato dei campi.
La popolazione contadina è stata praticamente deportata e i campi abbandonati
devono ora esser riattivati, oltre alla necessità di dissodare altra terra. L’attuale governo favorisce il ritorno alla campagna.
C’è una propaganda che parla di esodo
forzato. Non è vero. Innanzitutto i rifugiati
nelle città o nei campi non avevano altro
desiderio che di ritornare ai loro villaggi.
E questo l’ho udito molte volte già nel mio
primo viaggio. Inoltre, il ritorno è volontario. Il governo aiuta chi si decide dando
cibo per sei mesi, strumenti di lavoro, terra e a volte le case. Se dopo sei mesi le famiglie non riescono ancora a mantenersi,
la promessa del governo è di aiutarle ulteriormente. Da Saigon son, così, partite dopo la liberazione dalle 350 alle 500 mila
persone. Ma questo riflusso alla terra deve
continuare perché a Saigon non c’è possibilità di lavoro per l’attuale popolazione.
Il grosso problema è quello dell’approvigionamento dei fertilizzanti, ma qui come
in altri settori è indispensabile l’aiuto internazionale.
Quasi tutte le industrie del Sud erano di
tipo coloniale cioè o atte all’ultima trasformazione della merce (ad esempio per lo
zucchero solo la raffineria) o fabbriche di
montaggio. Nel primo caso si tratta di produrre ora la materia prima: canna da zucchero, cellulosa per la carta, cotone per le
industrie tessili. Nel secondo caso arrivare
a produrre tutti i pezzi senza doverli importare.
Due fabbriche______________________
Abbiamo visitato due fabbriche una di
stato ed una privata.
I proprietari della prima erano fuggiti
al momento della liberazione e gli operai
avevano occupata la fabbrica. I proprietari della seconda erano rimasti ed hanno
continuato il loro lavoro. Nei due casi vi
è piena collaborazione fra direzione, sindacati e comitato della gioventù. Progettano
insieme, discutono, poi l’entusiasmo di tutti porta innanzi la produzione. Nell’una e
nell’altra in pochi mesi si è riusciti a produrre « in loco » il 90% dei pezzi. Generalmente manca ancora la produzione del motore Diesel. Sono fabbriche di macchine
agricole e pompe per acqua. Nella fabbrica privata il 25% del capitale è giapponese. Non si è contrari ad investimenti stra, nieri, purché questi non superino il 49%.
5
E' 5 marzo 1976
5
L’atteggiamento della chiesa
Nessuno può obbiettivamente negare che
la lunga trentennale, lotta contro l’imperialismo capitalista doveva portare come inevitabile conseguenza una scelta socialista,
sinonimo di indipendenza e di libertà. E
questa scelta non è di una elite o comunque di una minoranza che si impone ma
r- del popolo, della stragrande maggioranza
del popolo, parte del quale aveva combattuto nella giungla, altra parte clandestinamente nei territori controllati da Thieu o
aveva sofferto nelle innumerevoli carceri.
Solo una minoranza sotto Thieu non aveva avuto miseria e dolore. Lo avevo ben
•constatato nel mio primo viaggo, quando
fra altro avevo raccolto testimonianze di
rsoldati dell’esercito fantoccio che guarda■ vano con favore il FLN, contro il quale
erano costretti a combattere.
Scelta socialista: ciò porta ad un solo
. partito quello dei Lavoratori. In questo
' contesto si faranno le elezioni il 25-4-1976.
Ho a lungo discusso su queste questioni
■con padre Chan Tin che è membro della
“Commissione per l’unificazione, insieme ad
fJ un altro prete ed a due bonzi, e con padre
Minh lui pure inserito nel problema. Ambedue mi assicuravano che i candidati per
le elezioni saranno scelti dal popolo nei
suoi vari e naturali raggrupamenti: fabbriche, villaggi, università, chiese, pagode, e
via dicendo, perché si desidera la più ampia rappresentanza del popolo nelle sue varie tendenze. Ogni settore sceglierà chi meglio potrà rappresentarlo, poiché sarebbe
di poco vantaggio avere persone che non
sappiano dialogare nel nuovo contesto storico. Proprio per preparare la popolazione
alla nuova situazione sono stati istituiti i
centri di rieducazione. Non si tratta di lavaggio di cervelli; son proprio l’opposto.
Centri di rieducazione
Onesta Carpenè, una assistente sociale italiana, che ha chiesto di frequentarli
volontariamente, mi ha così riferito di essi: Il primo giorno si tiene una lezione di
storia del Vietnam. La storia dice molto
perché per millenni il Vietnam ha lottato
per la sua indipendenza e malgrado le varie dominazioni (la cinese per mille anni)
ha sempre mantenuto la sua identità. Il secondo giorno un’altra lezione sulle ragioni
della rivoluzione e della lotta contro l’imperialismo. Il terzo giorno l’ultima lezione
stilla situazione attuale che il popolo deve
affrontare. Dopo ogni lezione i partecipanti si dividono in gruppi di discussione nei
quali ognuno esprime liberamente il suo
pensiero, senza alcuna restrizione, e fà le
sue proposte. È chiaro che dopo decenni
di una propaganda menzognera sia necessario informare la gente sulla situazione reale. Padre Minh a questo proposito mi racconta un episodio. In una assemblea indetta dal FLN, una donna si alza e dice
« Vi ringraziamo, cari rivoluzionari di a-verci liberati, perché se prima di voi fossero venuti i Vietcong ci avrebbero trucidati
tutti »! Ora ognuno sa che la propaganda
Thieu-americana chiamava Vietcong, i rivoluzionari!
Per il popolo i corsi sono di tre giorni,
per gli alti quadri del precedente regime,
fortemente compromessi nella corruzione,
i corsi durano di più, alcuni mesi. Si tratta,
in questo caso, non solo di informarli ma
di reinserirli in una società diversa, ciò che
non è valido solo politicamente perché a
volte occorre ricostruire delle persone moralmente rovinate. Il generale Minh, col
quale nel precedente viaggio avevo passato una mattinata, e che allora era visceralmente anti-comunista ma persona onesta e
non corrotta, è stato esonerato, insieme ad
altri due alti ufficiali, dai corsi di rieducazione. Il generale Minh, mi diceva padre
Chan Tin, ora è libero e passeggia liberamente per la città intrattenendosi anche
con personalità del nuovo corso. Non ho
avuto il tempo di fargli visita, ma sarei
stato curioso di sapere se il suo amore per
il Vietnam, ora completamente libero dallo
straniero, non lo ha aiutato a vedere le
cose differentemente.
Alla mia domanda se non esiste un pericolo del risorgere di una opposizione di
destra, padre Chan Tin risponde deciso:
« No, perché non si torna indietro nella
storia. Ci sono e ci saranno dei malcontenti, ma dopo trent’anni di lotta, il Vietnam
ha scelto la via del socialismo e questa è
una scelta di popolo ».
Ritornare al passato
per trovare l’avvenire
In fondo, anche se il Vietnam non avrebbe mai potuto svilupparsi rimanendo nel
quadro dell’economia capitalista, penso che
la scelta socialista non è il problema vero.
Il problema vero è quale socialismo si sceglie. Ora tutte le persone interpellate hanno sempre voluto sottolineare che il loro
sarà un socialismo vietnamita e in nessun
modo copia di altri modelli. Una frase che
ritorna spesso è questa: « Ritorniamo al
passato e ritroveremo l’avvenire ». Son contento di aver visitato ad Hanoi il museo di
storia del Vietnam. Ciò aiuta a comprendere molte cose anche del presente. È un popolo che ha lottato per millenni per la sua
indipendenza e sempre con un senso di
eccezionale umanità. Il Dr. Nguyen Van
Thu, presidente della Croce Rossa ed amministratore militare della città, mi ricordava che nella storia del Vietnam ritornano
costantemente quattro concetti: umanità,
spiritualità, verità, fiducia. Queste parole
si trovano sia nel confucianesimo che nel
buddismo, ma hanno un senso particolare
vietnamita. Una caratteristica del suo popolo — mi spiegava il Dr. Thu, — è di valorizzare l’umanesimo e sviluppare l’amore
fra i popoli. Nel popolo ci sono sentimenti
buoni non alterati dalla dominazione straniera e dallo sfruttamento, ed ora vogliono
sforzarsi di realizzare un socialismo nuovo
in cui umanità, spiritualità, verità e fiducia
possano liberamente esprimersi.
Anche la considerazione che tutti hanno per Ho Chi Minh rispecchia questi orientamenti. A volte lo chiamano « il nostro
venerato presidente» ma molto più spesso
familiarmente « lo zio Ho ». Non vi è nulla del « culto della personalità », come altrove è avvenuto per dittatori. Chi lo ha
conosciuto dice « lo zio Ho » metteva subito a suo agio il visitatore, sia popolano
che autorità, aveva un grande senso umano
in tutti i suoi contatti colla gente ». Penso
che bisogna comprendere questo fatto sotto due punti di vista. II primo è dovuto
certamente alla cultura locale fortemente
influenzata dal buddismo una delle più marcate caratteristiche del quale è la venera
zione per gli antenati. Con questa venerazione si ricorda il loro contributo al progresso della famiglia e della società. Sono
venerati perché hanno contribuito al bene
del prossimo. Oltre a questo che nel caso
di Ho Chi Minh non è poco, vi è il fatto
che egli ha iniziato la rivoluzione e l’ha
condotta fino alla sua morte (1969) prevedendone l’esito.
Si vuol far credere che la 3“ Forza (cioè
quella componente politica che nei territori occupati da Thieu si opponeva al suo
regime) sia emarginata e che molti suoi affiliati siano in prigione. Non è vero. Nel
mio primo viaggio d’inchiesta sui prigionieri politici, al tempo dell’oppressione di
Thieu, ho avuto Contatti quasi esclusivamente con gente della Terza Forza.
La Terza Forza
Ritornando ne ho rivisti molti e tutti interamente impegnati nelle organizzazioni di
base. Ne cito alcuni: la giustista Dr. Ngo
Ba Than attualmente presiede l’Associazione delle Donne Liberate, l’ex-deputato Ho
Ngoc Nhuan che è co-direttore del Tin
Sang, di cui parlerò più oltre, il Sig. Bau
già del Asian Christian Service è anche al
Tin Sang, la Sig.na Vu Kim Lan, ausiliaria
cattolica, e sua sorella impegnate come
prima, lo scrittore Vu Hanh che non ha più
tempo di scrivere tanto è occupato alla ricostruzione, l’assistente sociale cattolica
Oon, che collabora col ministero della Sanità e della quale il Ministro mi ha decantato le qualità, i padri Chan Tin, Minh e
tant’altri. Dalla liberazione le carceri in
cui Thieu teneva nelle condizioni più inumane non meno di 200.000 prigionieri politici, ora sono vuote e nessuno vi è dentro per motivi di Opinione.
Un problema molto discusso in occidente
è quello delle sacche di resistenza: ci sono
o non ci sono? Ho parlato con diverse
persone su questo fatto e ne ho avuto il
necessario chiarimento. Ecco i fatti come
stanno. Innanzi tutto con la disfatta dell’esercito di Thieu un gran numero di armi non sono state restituite. In secondo
luogo, come dopo ogni guerra, ci sono delle bande armate. Chi da noi non ricorda
che dopo l’ultima guerra il passo del Bracco (per dare un solo esempio) non lo si poteva passare se non in autocolonna scortata dall’esercito. In terzo luogo ci sono alcuni gruppi, come i Caodai, che son sempre stati ribelli sotto qualsiasi governo e
che hanno una specie di loro nazionalismo.
Opposizione?
Non ci sono, dunque, reparti organizzati
che ancora combattono né vi è guerriglia.
Ci potrebbero essere in un futuro vicino o
lontano delle situazioni di rivolta. Per esempio potrebbe avvenire che in qualche
villaggio in cui maggiormente è stata fatta
una acritica propaganda anticomunista, si
arrivi ad organizzarsi contro il nuovo Stato. Questa però è soltanto un’ipotesi che
non ha riscontro nell’attuale situazione, e
che tutt’al più potrebbe verificarsi in qualche caso isolato. Ciò è quanto mi è stato
detto ma anche questo non può esser isolato dall’atmosfera di gioia e di entusiasmo
che caratterizza l’attuale periodo storico.
Non si può, infatti, dimenticare che i quadri non sono fatti da teorici e perciò dogmatici, ma da gente che ha vissuto e sofferto
per ima società nuova e libera, per decenni, sia nella giungla, sia nelle carceri, gente
cioè che sa che cos’è il dolore umano. Personalmente com’ero certo, dopo aver,conosciuto tanti resìstenti, che non ci sarebbe
stato un « bagno di sangue » dopò la vittòria, perché la loro stessa cùltUra, il loro
senso dell’umano glielo avrebbe impedito —
ed il bagno di sangue non ci è stato, anzi
quel perdono generale che ha stupito il
mondo — così ho piena fiducia che da questo popolo nascerà una società nuova, un
socialismo vietnamita, veramente vietnamita, che sarà di indicazione a tutto il
mondo sia nella giustizia che nella libertà
e nel rispetto della persona umana. Fin
d’ora si può dire che tutto quello che si
vede e sente ci indica che l’uomo ha il primo posto, non dottrine importate e astratte. Quando, prima di partire dissi all’ambasciatore del Vietnam a Roma la mia ammirazione per i vietnamiti che avevan saputo perdonare anche i loro torturatori, egli
mi rispose: « perché uccidere? Noi non vogliamo uccidere ma che la gente cambi di
mentalità e viva! ». Con questa premessa
il futuro è cominciato bene.
Guardare aH’awenire
Nessuno può onestamente dire che non
ci sia nel Vietnam d’oggi libertà religiosa.
La stessa « spiritualità » dell’ambiente sarebbe avversa a qualsiasi restrizione in materia. Anzi, mi sembra, che la nuova società offra un « humus » favorevole alla predicazione dell’evangelo.
Purtroppo la storia passata e recente ha
rivelato una chiesa nemica del popolo che
si è schierata con i colonizzatori francesi
prima e con gli americani poi. I dittatori
cattolici Diem e Thieu si sono fortemente
appoggiati alla chiesa come al più forte
baluardo del loro regime. Né si può dire
che il Vaticano abbia compreso le sofferenze di quel popolo. Parroci del Nord si erano messi alla testa di bande armate per
« la difesa del cristianesimo » contro i comunisti « atei ». Ed a loro non è mancata
la benedizione di Pio XII, né quella del
cardinale Spellmann. La chiesa è stata nutrita da una propaganda anticomunista intensa, a volte feroce. E ciò è durato fino
all’ultimo. Quattro giorni prima della liberazione era stato messo accanto all’arcivescovo Binh, di Saigon, come vescovo vicario con diritto di successione il vescovo
Thuan, il più acerrimo anticomunista. Anche dopo la liberazione questi si era dato
a girare per le parrocchie per istigarle contro il comunismo. I due padri cattolici Chan
Tin e Minh che mi narravano quest’ultimo
fatto, mi dicevano che il GRP era fin troppo generoso e paziente. Fu poi per una
insurrezione dei cattolici progressisti che
il vescovo Thuan fu rimandato nella sua
diocesi d’origine a Nhatrang. Lo stesso avvenne per il nunzio apostolico Le Maitre,
belga. Egli era legato a doppio filo con
Thieu e con l’ambasciatore americano Martin Graham, e tutta la sua azione era contro i patrioti che lottavano per l’indipendenza del loro paese. Anch’egli fu mandato via per insurrezione dei cattolici stessi.
Da quanto ho indagato nel mio primo viaggio non potrei dire che queste proteste fossero originate solo da un gruppetto di progressisti. Anche nei quartieri popolari avevo allora trovato dei cattolici insofferenti
della situazione, e per di più cattolici che
la falsa propaganda aveva costretto a fuggire dal Nord.
Missionari espulsi______________________
Si dice che i missionari sono stati mandati via. È vero ma bisognerebbe aggiungere che son stati mandati via non come
missionari, ma come stranieri. Gli stranieri sono stati invitati a partire. Si può ben
comprendere che, per un periodo almeno,
i Vietnamiti vogliono stare un poco da soli in casa loro per rimettere a posto le cose
e non aver più fra i piedi la CIA. D’altra
parte son convinto che quelli che avevano
lottato col popolo, ne conosco almeno due,
saranno ricevuti di nuovo. È una situazione transitoria.
Ciò che si chiede alla chiesa è soltanto
di non esser contro il popolo. E di essere
chiara. Ha irritato il Governo il fatto che
siano stati nominati sette vescovi « sotto
banco ». Perché? Non poteva la nomina
esser fatta alla luce del sole? Sarebbe triste che la chiesa volesse far la martire senza bisogno e considerarsi « chiesa del silenzio » quando nessuno le toglie la parola.
Vi è un mutamento nelle gerarchie cattoliche vietnamite? Lo vorrei sperare.
Il generale Minh due anni fà mi descriveva il vescovo Binh come « buono, ma
circondato da un mucchio di intriganti».
Era il tempo della famosa dichiarazione
scritta da un cappellano americano e da lui
firmata contro i prigionieri politici. Egli
cercò poi di riprendersi con un’omelia d’altro tono. Dopo la liberazione ha scritto due
lettere pastorali (ne conosco due, ma forse
son di più) in cui esorta a collaborare col
nuovo governo. Padre Chan Tin mi riferisce questa dichiarazione del vescovo: « Il
socialismo è una grazia di Dio». C’è da
sperare che l’opera di testimonianza della
Chiesa sia una grazia dì Dio fra il popolo
e che questo sia aiutato a vivere umanamente.
Fatto nuovo è stato l’invito della conferenza episcopale ai padri Chan Tin e Minh.
I due erano degli emarginati sotto il precedente regime. Minh ebbe a patire non
poco a causa del suo parroco, ora vescovo.
I due sono stati invitati per conoscere il
loro pensiero nei riguardi del nuovo corso.
Padre Minh mi ha riferito la sua dichiarazione: « Sotto Thieu mi ero schierato dalla parte degli oppressi, perché come cristiano non potevo fare differentemente, però non ero sicuro quale sarebbe stata la
situazione sotto il GRP. Qra che ho visto
come vanno le cose sono convinto della
bontà della loro causa ». E padre Chan
Tin: « Bisogna comunque fare una scelta,
la scelta per il socialismo è la migliore ».
In tutti i casi v’è da aggiungere che per
la loro stessa formazione ed educazione i
vescovi ed il clero sono ossequiosamente
sottomessi a Roma ed il loro atteggiamento nella nuova società dipenderà molto dalle autorità vaticane e, di conseguenza, dalla nomina del nuovo nunzio apostolico.
Per conto mio, e per quanto ne so, se
la Chiesa (cattolica o protestante che sia)
perirà non sarà mai per restrizioni imposte
dallo Stato Vietnamita. Perirà se non comprenderà il popolo. Questo infatti ha aperto gli occhi e non crede più ciecamente a
certe propagande. Vivrà invece se con amore e fedeltà saprà esercitare la sua vocazione cristiana in questa nazione, che ci
offre buone promesse per il suo futuro, ma
che come ogni nazione ha bisogno della
critica dell’evangelo di Cristo.
6
6
S I
1? í
alle valli oggi
Un^altro
giro di vite
Che oggi molti preti abbiano vita dura
in Italia è cosa nota; sospensioni, trasferimenti, intimidazioni, sono all’ordine del
giorno. Il giro di vite non s’arresta. Il caso
Barbero ci ricorda che anche la diocesi di
Pinerolo, per tanti versi più aggiornata e
progressista di altre, non fa eccezione. Dei
cattolici pinerolesi parlano di « golpe strisciante nella chiesa locale »; in effetti dopo
la partenza repentina del vescovo Giustetti
non sono pochi gli interrogativi.
Il 13 febbraio il vicario capitolare della
diocesi, il canonico Ferrerò, ha notificato a
don Barbero le sue preoccupazioni per la
eventualità di una sospensione a divinis
nel casó intendesse continuare il suo lavoro,come animatore di gruppi biblici e di
comunità di base militando allo stesso tempo in un’organizzazione comunista. In pratica un invito a rinunciare a predicare, celebrare l’eucarestia e confessare, a smetterla insomma di fare il prete. La comunità
di Corso Torino di. cui don Barbero è
membro, appena venuta a conoscenza del
fatto ha subito diffuso un volantino dicendo fra l’altro; « Papa e vescovi hanno ribadito l’incompatibilità tra marxismo e
cristianesimo, e ora i singoli vescovi stanno
procedendo all’attuazione pratica di questo
principio. Si è intensificata in tutta Italia
l’azione repressiva nei confronti di quei
preti che “non sono allineati” e credono
che la verifica della loro prassi religiosa si
faccia non solo con il vescovo, ma soprattutto all’interno delle proprie comunità. La
nostra comunità ha riconosciuto e riconosce il ministero di Franco, e per questo motivo ribadisce che la verifica della sua pratica ministeriale va fatta all’interno della
comunità stessa ».
Il 16 febbraio don Barbero si recava dal
vicario capitolare per far presente la volontà della comunità di Corso Torino. In giornata il vicario diffondeva una lettera che
smentiva il ciclostilato della comunità sostenendo tra l’altro di non aver notificato
« la volontà di arrivare alla sospensione a
divinis; perché, per quanto mi riguarda,
tale volontà non ho in modo alcuno ». La
comunità di Corso Torino ha preso nota
della lettera ritenendola espressione di un
tatticismo curiale ormai ben noto.
Il 17 febbraio le segreterie di Cristiani
per il socialismo e delle comunità di base
hanno discusso insieme una linea di azione comune, esprimendo la loro piena solidarietà con don Barbero.
La prima decisione è stata quella di inviare una lettera aperta ai vescovi del Piemonte che si sarebbero riuniti il 20.
« Con questa lettera vogliamo aprire un
confronto con voi su un argomento che
certamente non ignorate. Ci riferiamo ai diversi provvedimenti che, da un po’ di tempo, nelle varie diocesi del Piemonte, come
in tutta Italia, stanno colpendo i preti che
lavorano all’interno delle comunità di base ». Queste manovre della gerarchia sono
messe in relazione con il momento politico
particolare in cui si situano; « con le sue
iniziative ancora una volta la chiesa si è
schierata con i padroni, con i potenti. Come mai, infatti, tali provvedimenti vengono presi quasi sempre nei confronti dei sacerdoti schierati dalla parte del proletariato e dei movimenti politici della sinistra?
Ritroviamo in questi atti la prassi secolare di una gestione dall’alto che continua
a decidere, senza tener conto che nella
chiesa siamo fratelli nel Signore. Lo spirito dell’evangelo e le promesse del Concilio
Vaticano II ci paiono totalmente assenti in
questo stile ecclesiastico, ma non ecclesiale Sempre pronti ad un confronto evangelii.o, vi dichiariamo che in coscienza non
possiamo più accettare manovre o imposizioni unicamente verticistiche, che vogliono determinare con un provvedimento “disciplinare” chi può stare dentro e chi deve
essere allontanato dalla chiesa... Perciò nella eventualità che d. Franco venga sospeso
a divinis, non accetteremo il provvedimento
o altri simili, perché tali atti, oltre ad essere evangelicamente insostenibili, rapprerentano un chiaro attacco e una evidente
mancanza di considerazione verso tutto il
movimento delle comunità di base...».
E. Gente
ALLA TURATI DI LUSERNETTA
Alia scuola media
I licenziamenti dividono gli operai di Torre Pedice
Lunedi 1° marzo sera in una sala del
Comune di Lusernetta alcune operaie della Turati hanno discusso, per un paio
d’ore, 1 metodi di lotta per rispondere ai
recenti massicci licenziamenti della piccola industria tessile. Da 65 il numero
dei licenziamenti era sceso a 42, adesso
siamo a quota 34. Alla vigilia di una possibile occupazione della fabbrica, lo stillicidio di un lento riassorbimento di mano d’opera, divide il fronte di lotta perché i ’riassunti’ difficilmente sosterranno
quelli definitivamente licenziati. Giovedì
4 c. m., in un’assemblea di fabbrica si
deciderà definitivamente se difendere o
no il posto di lavóro con l’occupazione.
Purtroppo a questa assemblea si arriva
con l’acqua alla gola e con le idee confuse derivanti dalla manovra padronale
di dividere riassunti e licenziati e dalla
mancanza di un’unità di fronte a ciò che
si dovrebbe fare. Il sindacato ha spiegato, nella riunione di luned\ che l’occupazione (portando esempi di altre- fabbriche) a volte rimane l’ultima arma in mano all’operaio per difendersi dallo strapotere del padrone. Alcuni partecipanti
hanno appoggiato l’idea dell’occupa2ione
(in un primo momento è stata la proposta di un nucleo operaio della Turati);
hanno parlato Operai di altre fabbriche
offrendo la propria solidarietà in caso di
occupazione. Tutto sembrava andare per
il meglio; poi è insorto il dubbio, il senso d’inutilità di questa lotta, l’incapacità
di credere l’occupazione una mossa vincente.
A questo punto c’è da chiedersi: che
cosa ha fatto sino a ieri il consiglio di
fabbrica della Turati, quante assemblee
di fabbrica si son tenute, il sindacato
che tipo di lavoro politico ha svolto...? In
questi momenti, quando tutto precipita,
come sempre risorgono quelle forze politiche che vorrebbero gestire una lotta
che è imprecisa perché non s’innesta su
una coscienza politica che doveva precedere questi momenti.
Ma una coscienza nuova non è il frutto di im momento. Quel paziente e continuo sforzo di capire i meccanismi della
società che quando non servi più ti licenzia (altro che il lavoro come diritto!)
doveva essere una crescita comune con
le forze del movimento operaio tradizionali. Questa crescita, tutto sommato, alla
Turati non c’è stata e i risultati sì vedono adesso.
Ah no, una crescita c’è stata : quella del
patrimonio del sig. Turati!
Convegno FGEI
sui contratti
Nella situazione attualè di grave
'crisi nazionale e locale ( Gùtermann,
Turati, ecc.), di licenziamenti a catena, rinnovi di contratti, la PGEIValli ritiene importante avere un
incontro per fare il punto sulla situazione dei contratti. It’ipqpntro è
fissato per domenica 14 marzo alle
14,30, presso la ^ala Albarin di Lusema S. Giovanni. Alcuni operai
(Fiat, Beloit, Giitermann, Microtecnica) esporranno la situazione
concreta delle loro aziende, infine
un sindacalista illustrerà la situazione generale con particolare riferimento al pinerolese.
LUSERNA: CONSIGLIO COMUNALE
Decisioni notturne
Seduta del Consiglio comunale a Luserna, lunga ed agitata. Si sono affrontati
temi di importanza inerenti aUa approvazione del bilancio preventivo 1976, I numerosi punti all’Ordine del Giorno (ben
11) ed il necessario dibattito hanno condotto la seduta fin nella notte.
Il primo problema, che ha visto uno
scontro di posizioni, è stato quello della
raccolta dei rifiuti.
Alcuni consiglieri fanno notare come
l’estensione del servizio crei disagi nella
zona collinare; circa 80 famiglie hanno
firmato una lettera chiedendo la ristrutturazione del servizio in modo che i punti di raccolta siano più vicini alle abitazioni. Il pubblico presente, a cui viene
data la parola, ribadisce questi motivi di
disagio. Domenica 29 ha avuto luogo una
riunione pubblica alla scuola dei Peyrot,
per accogliere le istanze della popolazione. Qualcuno ha fatto notare che questo
incontro sarebbe stato più utile e fruttuoso prima dell’istituzione del servizio
stesso. L’Amministrazione ricorda che la
tassa è stata ridotta del 30% e ricomprende anche i sacchi per i rifiuti, ma il sindaco ha, ancora una volta, colto l’occasione per accusare i consiglieri di minoranza di strumentalizzare la protesta dei
contadini e vendere fumo : valutazioni
queste che non c’entrano con il problema.
L’approvazione del bilancio è oggetto
di forti discussioni; i consiglieri del PSI
e del PCI dichiarano di votare contro
per diversi motivi. L’impegno di 53 milioni per il servizio anziani non raccoglie
l’unanimità perché manca di una adeguata relazione sul tipo di interventi previsti; le dichiarazioni del sindaco, che
parla di interventi prioritari in campo sociale, sono generiche affermazioni quan
Comunità Montana
___________________________Val Pellico
In risposta alle richieste avanzate da diversi
agricoltori dei Comuni di Villar Pellice e Bobbio
Pellice, la Comunità Montana Val Pellice organizza un corso pratico di potatura delle piante da
frutto.
La prima lezione sarà tenuta a Villar Pellice
domenica 7 marzo, con ritrovo degli interessati
alle ore 9.30 in piazza Jervis.
Come accennato, il corso sarà essenzialmente a
carattere pratico, per cui sarà svolto direttamente nelle aziende agricole di coloro che ne faranno eventualmente richiesta.
Nonostante la zona non presenti caratteristiche di vera e propria vocazione frutticola, siamo
certi che l’iniziativa potrà contribuire a vivificare
la produzione di quelle varietà di frutta tipiche
della zona, che ancora molto hanno da dire in
fatto di bontà e genuinità.
do non si traducano in una chiara programmazione.
L’esperienza delle Scuole materne statali dimostra quanto sforzò sia necessario per giungere a qualche risultato mentre si continua a sovvenzionare le scuole private, ed altre iniziative private del
tipo la piscina 3S Libertas.
Il bilancio è approvato alle 3 del mattino con 11 voti a favore e 7 contrari. Ma
a questo punto restava ancora il progetto dell’ampliamento del municipio a cui
il PCI si era dichiarato contrario per
l’eccesso di spesa (10 milioni) anche se
gli attuali locali sono insufficienti. La
proposta di aggiornare la seduta è bocciata e si prosegue così fino alle 4 del
mattino quando anche il progetto municipale passa con una astensione.
Le sedute comunali sono pubbliche,
ma quanti cittadini del comune di Luserna S. Giovanni erano ancora in aula
alle 4 del mattino? Questo modo di gestire la cosa pubblica, riservandola ai diretti responsabili potrebbe anche essere
intenzionale ; se qualcuno lo pensasse
non sarebbe poi tanto strano.
Desidero dare con queste brevi note
qualche notizia sull’attività del Consiglio
di Istituto della Scuola Media Statale di
Torre Pellice dal suo insediamento ad
oggi.
Le deliberazioni più significative sono
state :
a) indicazioni sulle iniziative da attuare in occasione del trentennale della
Liberazione ;
b) organizzazione di corsi di recupero a settembre;
c) decisione che la Scuola debba rifiutarsi di aderire alle periodiche richieste di contributi da parte di associazioni
ed enti (Federazione antitubercolare.
Croce Rossa, Dante Alighieri, Assistenza
spastici, poliomielitici ecc...) questo non
perché si ritenga che i problemi evidenziati dall’esistenza di tali associazioni non
siano reali, ma perché si vuole affermare che essi devono trovare la loro soluzione nelle sedi politiche e grazie a mezzi che non vengano reperiti tramite vere
e proprie collette semi-obbligatorie su vasta scala nell’ambito scolastico;
d) approvazione dei criteri già in
passato adottati dalla Scuola per la formazione delle classi prime. Tali criteri
sono ispirati al principio che ogni sezione deve essere composta in misura equilibrata da elementi eterogenei, per provenienza (diversi paesi, diverse scuole),
per sesso, per religione, per rendimento
scolastico, per condizioni economiche sociali ecc... ;
e) stesura di un documento sulla selezione (e sulla valutazione) in cui una
commissione nominata dal Consiglio stesso analizza fra l’altro che cosa si debba
intendere per «scuola seria» (la scuola
che ha il coraggio di bocciare o la scuola che vuole « promuovere » e non solo
nel senso burocratico che si dà di solito
a questo termine?);
f) nomina di una seconda commissione attualmente al lavoro per l’individuazione dei contenuti e delle mete da
considerare e perseguire a livello della
scuola dell’obbligo. Questo studio è stato giudicato necessario come naturale seguito al precedente discorso sulla selezione e ci si propone di trarne una relazione da discutere con tutti i genitori della Scuola per chiarire con loro che cosa
ci si può e ci si deve attendere dai tre
anni della scuola media;
g) indicazioni per l’organizzazione di
visite ai locali del Municipio perché gli
alunni si rendano conto del funzionamento delle amministrazioni e capiscano (anche tramite successive conversazioni in
classe) la fondamentale differenza tra
Stato verticistico e Stato democratico e
anche tra democrazia formale e democrazia reale.
C’è infine da segnalare che è in atto
una vertenza giudiziaria tra il Consiglio
di Istituto e il Provveditorato agli Studi
in quanto lo stesso aveva invalidato le
deliberazioni di una seduta (più precisamente quella dove si era decisa la manifestazione per il trentennale della Resistenza) in quanto la stessa si era svolta
alla presenza di alcune persone interessate ai lavori.
Infatti nel regolamento che il Consiglio si è dato è prevista la presenza del
pubblico a tutte le riùnioni.
M.B.A.
S. SECONDO
E del 700? buttiamolo giù
Siamo un gruppo di cittadini di S. Secondo di Pinerolo giunti a conoscenza
che un palazzo settecentesco, l’unico di
valore monumentale e artistico del nostro centro, sta per essere demolito per
lasciar posto ad un condominio di circa
60 alloggi.
Poiché il nostro comune è stato oggetto nell’ultimo decennio di ampia e spregiudicata speculazione edilizia, favorita
dal fatto che il territorio è sito in zona
paesaggisticamente favorevole e dal fatto
che le Amministrazioni hanno sinora evitato di prendere in considerazione l’attuazione del Piano regolatore, tant’è che ancora oggi le licenze edilizie vengono concesse sulla base della legge ponte,
DENUNCIAMO
— L’inerzia deH’Amministrazione attuale
nel procedere alla realizzazione del Piano regolatore.
— Il depauperamento della nostra zona
dovuto unicamente agli interessi speculativi di alcune note agenzie immobiliari.
— Il danno al paesaggio, all’ambiente e
alle attività agricole conseguenti alla
speculazione selvaggia di cui è stato
oggetto il territorio del nostro comune.
— Il danno che ì cittadini hanno finora
dovuto sopportare per la carenza dei
servizi essenziali, per il razionamento
dell’acqua ad esempio, dovuto ad una
urbanizzazione non programmata.
CHIEDIAMO
alle Autorità preposte e agli Organi di
stampa di prendere posizione perché non
abbia a proseguire lo scempio del territorio dell’ambiente del nostro paese.
(seguono le firme)
Su questo problema è convocata una
assemblea pubblica sabato 6 marzo alle
ore 20,30 presso la sala valdese locale.
Comunicato Tavola Valdese
In seguito alla nomina del pastore Renato Coisson quale pastore titolare della
chiesa di Pomaretto, la Tavola proclama
la vacanza della Chiesa di Angrogna a
partire dal 1° marzo 1976. La designazione del nuovo pastore dovrà aver luogo
entro il 1” settembre 1976 in base agli
artt. 17, 18, 19, 20 dei RR.OO.
Aldo Sballi
Moderatore della Tavola Valdese
Torre Pellice, 1° marzo 1976.
7
delle valli
LUSERNA S. GIOVANNI
• Con lo studio della parabola del fariseo e del pubblicano si è concluso venerdì] 27 febbraio anche il 2° ciclo di studio biblico. Sullo stesso testo i giovani
della PGEI predicheranno domenica 7
marzo in occasione della domenica della
gioventù. Come ogni prima domenica del
mese il culto sarà con Santa Cena.
• Sabato 6 marzo alle ore 20,30 presso
i locali dell’Asilo, su invito del Concistoro, il prof. Varese parlerà sugli ultimi
sviluppi della situazione dell’ospedale di
Torre.
• All’età di 94 anni è deceduto il fratello
Paolo Benech dei Muston; ai familiari
vada ancora la nostra solidarietà cristiana.
PRAROSTINO
La sera di venerdì, 20 c. m. abbiamo
avuto il piacere di ricevere la visita del
Moderatore Pastore Aldo Sbaffl: la riunione ha avuto luogo nella cappella del
Boc per l’occasione molto affollata.
Si è trattato di un incontro abbastanza informale in cui sono stati toccati vari argomenti della vita della chiesa e della sua testimonianza nel nostro tempo.
Per l’occasione anche la maggioranza dell’Unione Giovanile era presente e ha intrattenuto il Moderatore anche dopo la
fine della riunione.
Le « mamme » e alcuni altri membri di
Chiesa hanno offerto un rinfresco. La comunità ringrazia sentitamente il Moderatore e la sua signora per la gradita visita,
augurandosi che simili occasioni si ripetano.
I nostri più cari auguri a Valter e Lilliana Long per la nascita della loro figliola Elisa.
Notizie da Torre Peliice
FRALI
Organizzato dall’Amministrazione comunale ha avuto luogo venerdì, 27 febbraio a Frali un amichevole incontro sui
problemi dell’agricoltura in montagna.
Erano stati invitati i professori Bruno
Passi e Bruno Peyronel dell’Università
di Torino.
Il prof. Peyronel, oriundo di Riclaretto, si è espresso in patois con vivo piacere dei presenti ed ha presentato e commentato una serie di diapositive di paesaggi e fiori di Frali.
Il prof. Passi, invece ha parlato della
crisi dell’agricoltura che, pur essendo un
problema mondiale, si riflette purtroppo
anche sulla nostra situazione valligiani
Porse ora, ha detto, dopo tanti anni di
soggezione all’industria, è venuto il momento di rivalutare l’agricoltura, se è vero, come pare, che il mondo è avviato
sulla strada della sottoproduzione alimentare.
Certamente per tutti, soprattutto in
montagna, la parola agricoltura vuol dire
basso reddito e condizioni di vita disagiate, ma questo è stato anche causato
da una politica completamente basata
sul profitto e perciò è possibile che in
futuro si aprano anche nelle nostre zone
delle prospettive migliori.
SERVIZIO MEDICO
festivo e notturno
Comuni dì ANGROGNA - TORRE PELLICE LUSERNA S. GIOV. - LUSERNETTA . RORA'
Dai 6 al 12 marzo 1976
Dott. ENRICO GARDIOL
Viale Trento, 12 - Torre Peliice
FARMACIE DI TURNO
TORRE PELLICE
Domenica 7 marzo 1976
FARMACIA INTERNAZIONALE (Dr. Imberti)
Via Arnaud, 5 - Tel. 91.374 - Torre Peliice
Martedì 9 marzo 1976
FARMACIA MUSTON ( Dr. Manassero)
Via della Repubblica, 25 - Tel. 91.328
LUSERNA SAN GIOVANNI
Domenica 7 marzo 1976
FARMACIA VASARIO (Dott. Gaietto)
Via Roma, 7 - Tel. 90.031
AUTOAMBULANZA
Torre Peliice; Tel. 90.118 e 91.273
VIGILI DEL FUOCO
Torre Peliice: Tel. 91.365 - 91.300
Luserna S. Giovanni ; Tel.90.084 - 90.205
L’Assemblea di Chiesa di domenica 25
gennaio eleggeva quali anziani i fratelli
Camillo Giazzi e Marco Gnone, i quali
già da tempo svolgevano il loro impegno
presso i quartieri dei Simound e di Santa Margherita.
La medesima Assemblea di Chiesa, dopo aver ascoltata e discussa la relazione
del prof. Ferruccio Corsani, decideva all’unanimità di procedere alla revisione
dell’organi. La Società di Cucito e la Corale hanno offerto il loro contributo e si
sono fatti promotori per la ricerca di
fondi. Il prof. P. Corsani ha assicurato
la sua opera per concerti. I lavori di revisione inizieranno subito dopo Pasqua.
Iniziative in vista del XVII febbraio
Molti fratelli di chiesa non sono in
grado di partecipare personalmente alle
attività mediante le quali si esprime la
gioia e la riconoscenza dei valdesi in occasione della loro festa. Perciò anche
quest’anno sono state organizzate varie
attività per portare anche a questi fratelli il segno della comunione con loro.
L’Unione Femminile si è recata all’Uliveto, intrattenendosi con i ragazzi e col
personale. Tale'visita non vuol rimanere
isolata, ma si propone di sensibilizzare
le giovani famiglie della Comunità e di
creare un legame attivo con l’Istituto in
modo tale che le famiglie dedichino del
tempo per ospitare i ragazzi e di portare
i loro figli a far visita ai loro compagni
nell’Istituto.
Le Scuole Domenicali e pre-catechismi
del Centro hanno fatto visita agli ospiti
dell’Asilo di S. Giovanni.
La Corale ha visitato i degenti dell’Ospedale e del Padiglione, portando la letizia del loro canto.
Celebrazioni del 17 febbraio
Il Culto con S. Cena ha aperto le celebrazioni, domenica 15 febbraio. Alla sera,
nei locali della Casa Unionista, il prof.
Augusto Armand Hugon — durante la
seduta pubblica della Soc. E. Arnaud —
ha parlato sul tema « Val Peliice 1926 ;
Come si perde la libertà», illustrando,
attraverso la lettura della stampa locale
dell’epoca, le vicende di quell’anno, durante il quale il fascismo demoliva il poco che era rimasto ancora della libertà.
Ne risultava un quadro impressionante,
che — se metteva in luce la lucida opposizione di molti — metteva anche a nudo
la facilità con la quale non pochi si erano lasciati trascinare dal vortice della
propaganda, fino a perdere la libertà con
tranquilla incoscienza.
Al Culto del 17 partecipava la Corale
ed erano presenti i ragazzi delle Scuole
Domenicali, dei precatechismi e del Ca
techismo. Predicando su Atti 11: 26 « per
la prima volta i discepoli furono chiamati cristiani », il pastore rilevava che, nel
periodo della evangelizzazione, non pochi
italiani avevano voluto chiamarsi « valdesi », perché avevano trovato nella comunione di fede con i valdesi il chiaro significato della loro vocazione cristiana.
Vale ancora la pena oggi di chiamarsi
valdesi? Ciò dipende in gran parte dai
valdesi stessi, se sanno cogliere e vivere
oggi il significato della loro vocazione,
non per isolarsi dagli altri, ma per compiere insieme a loro quella missione di
testimonianza all’Evangelo nella libertà,
nella responsabilità e della solidarietà
che ha caratterizzato il movimento valdese fin dai suoi inizi. Importante è, per
tutte le generazioni presenti, anzitutto
di conoscere come la volontà del Signore attraverso le varie testimonianze che
Egli suscita nella chiesa e di cui possiamo avere reciproca informazione dalla
nostra stampa, che dovrebbe essere presente in tutte le famiglie valdesi.
Al pranzo comunitario, presso la Seggiovia, parteciparono circa 300 persone.
Il Sindaco sig. Giovanni Stefanetto era
presente per portare il saluto e l’espressione della solidarietà della cittadinanza.
Il prof. A. Armand Hugon, prendendo lo
spunto dal 200° anniversario della proclamazione dell’indipendenza degli USA,
delineava brevemente la storia delle emigrazioni valdesi verso gli Stati Uniti e riferiva vive testimonianze di emigrati, da
lettere da loro scritte alle famiglie.
La serata, svoltasi neU’Aula Magna del
Collegio Valdese, vedeva presenti il Moderatore, past. Aldo Shaffi e la Signora.
Al canto della Corale si intercalavano
letture di poesie della Signora Edina Ribet, una delle quali era stata tradotta in
musica dal prof. F. Corsani ed eseguita
dalla Corale, con vivo gradimento dei
presenti. Particolare successo ha avuto il
mini-coretto degli studenti delle medie,
diretti dalla signorina Dorina Peyrot. Il
Moderatore esprimeva a tutti gli esecutori della serata il suo plauso e per tutta
la comunità l’augupio di una sempre più
viva solidarietà di fede e di azione.
Il Centro di Incontro informa la popolazione
locale che da lunedi 23 febbraio si è data apertura ai nuovi locali adibiti ad attività giovanili.
Tutti i giovani sono invitati a partecipare alle
attività che verranno via via programmate.
I locali sono siti in via Repubblica,? (2° piano),
e l’orario del Centro è il seguente :
Lunedì ore 16-18; martedì 16-19 - 21-23;
mercoledì 16-18 - 21-23; giovedì 20-23.30; venerdì 16-18; sabato 15-19.
VILLAR PEROSA
RORA’
Con imprevista mansuetudine, dopo
tre mesi di rinvi! più o meno motivati,
l’Amministrazione comunale di Villar Porosa si è arresa al tempo pieno. Nella seduta del Consiglio comunale di giovedì
26 febbraio, è stata approvata l’istituzione della refezione scolastica per 29 alunni su 62 frequentanti le classi a tempo
pieno.
La spesa prevista per l’anno scolastico
in corso e per il primo trimestre dell’anno prossimo è di 4.842.000 lire circa a carico del Comune. Alle famiglie sarà chiesto un contributo di 500 lire per pasto,
sulle 950 stabilite dal ristorante per il periodo dal 1° marzo al 16 giugno.
L’assessore alle finanze ha spiegato come ricavare dal bilancio la cifra necessaria, utilizzando anche l’indennità di carica del sindaco, che l’anno scorso era
stata destinata invece all’ospedale di Pomaretto.
La minoranza del Consiglio ha chiesto
che il contributo a carico delle famiglie
fosse di sole 400 lire, per incoraggiare la
partecipazione dei bambini alla refezione, ma la votazione segreta ha dato un
risultato già scontato con 10 voti contro
nove per le 500 lire.
Non è stato invece preso in esame (ma
si dovrà farlo prima o poi) il servizio di
refezione scolastica che è attualmente in
funzione per gli alunni delle classi normali che abitano lontano dalla scuola.
Questo servizio a molti appare discriminatorio, perché conserva il carattere assistenziale, con famiglie che pagano i pasti a tariffa intera, oltre a metà e altre
ancora che non pagano nulla.
AVVISI ECONOMICI
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Per informazioni rivolgersi al Direttore: Chiara Aldo - Via Plana, 105 - 15100 Alessandria
- tei. 0131/55995.
All’età di 69 anni è deceduto, quasi improvvisamente, all’Ospedale di Luserna
il nostro fratello Mourglia Alberto fu Alberto: alle sorelle e congiunti rinnoviamo l’espressione della nostra simpatia
cristiana.
A Dio piacendo, la domenica 14 corr.
avremo nel tempio l’Assemblea di Chiesa
presieduta dalla Commissione Distrettuale per la designazione del nuovo pastore titolare: tutti vi partecipino.
Doni « Eco-Luce »
Serre Samuele, Villar Perosa 500; Peyronel
Alessandro, Villar Perosa 1.000; Gay Lidia, Torre Peliice 1.000; Viani Cloe, Susa 1.000; Gaydou
Ada, Luserna S. Giovanni 1.000; Soulier Ilda
ved. Ruffino, Villar Perosa 1.000; Balmas Giulia,
Luserna S. Giovanni 1.000; Genre Enrico, Torre Peliice 2.000; Pascal Elena, Torino 5.000;
Acinelli Erica, Livorno 1.000.
Scaccioni Lìdia, Luserna S. Giovanni 2.000;
Peyronel Luigi, Luserna San Giovanni 2.000;
Malanot Cesare, Torre Peliice 1.000; Mussano
Irma Torino 5.000; Borione Eugenia, Torino
500; Rustighelli Francesca, Susa 1.000; Favout
Enrico, Luserna S. Giovanni 500; Bosio Ilda,
Pinerolo 1.000; Pons Attilio, Pomaretto 1.000;
Genre Aldo, Beìnasco 1.000.
Doni per l’Asilo
di Luserna San Govanni
Doni pervenuti nel mese di gennaio
Colletta alla riunione a Bobbio Peliice presieduta dall’anziano Dino Gardiol 9.500; N.N., in
mem. del Pastore Jahier 50.000; in mem. di Cesare Malanot, i cognati e i nipoti 20.000;
Deutsche Waldenservereinigung - Schoenberg Germania 536.090; Albarin Aurora, nel 3° anniversario morte della cara sorella Alma Bertin
10.000; Luciana e Fernando Paschetto, in mem.
dei genitori (T.P.) 10.000: Grill-Durand Carla
10.000; Alimonda Rita, fiori in mem. di Giulio
Falchi 200.000; Ricca Elsa (To) 20.000; Hans
Scbweigart per M. Horstel - Bucbsclag (Germania) 654.108.
Grazie!
Ospedale drXofìno
Offerte pervenute nell'anno 1975:
La Commissione Direttiva dell’Ospedale Evangelico Valdese di Tarino, nel ringraziare tatti
coloro che hanno voluto contribuire con la loro
generosa offerta all’opera di rinnovamento ed
aggiornamento delle attrezzature dell’Ospedale,
ricorda che le offerte possono essere versate
— sul c.c.p. n. 2/24322 intestato all’Ospedale
Evangelico Valdese di Torino;
— sul C/ di Tesoreria n. 555/70 intestato all’Ospedale Evangelico Valdese di Torino presso la Cassa di Risparmio di Torino, Dipendenza n. 1;
___ sul c.c.p. n. 2/12889 intestato alla Chiesa
Evangelica Valdese di Torino, con la preghiera di indicare la destinazione dell’offerta.
Balmas Beffa Rita L. 2.000; Benecchio Emilia
50.000; Bessone famiglia 5.000; Brusasco Teresio 40.000; Carrera Clara 50.000; Citernesi Paola 10.000; Contessa Giacomo 50.000; Cortelezzi
Giovanna 541.660; Cortelezzi Enrichetta 100.000;
Cortelezzi Giovanna 20.000; Dario famiglia 50
mila; Paga Bruno 30.000; Finino Battista e
Maria 5.000; A. G. 50.000; Jalla CaroUna 5.000;
Lapisa Giulio e Giovanna 10.000; Malan Elda
25.000; Martina Giacomo 50.000; Martinat Luigi e Maria 20.000; Marchese Codino Stefania
20.000; Merlo Ruffa Ernestina 10.000; Musso
Davide 15.000; Musso Danilo 5.000; N. N. 100
mila; N. N. 5.000; N. N. 50.00; N. N. 15.000;
N. N. 7.000; N. N. 50.000; N. N. 1.000.000; N.
N. 150.000; N. N. 50.600; Paggi Maria 2.000;
Paggi Maria 2.500; Peyronel Luigi e Sandra
50.000; Piccotti Prof. Franco 34.000; Ribet Liliana 25.000; Rosso Maria Luisa 5.000; .Santonastaso Coniugi 2.000; Santonastaso Coniugi 20
mila; Sappè Enrico 5.000; Torchio Giorgio 50
mila; Vigliano Giampiero 50.000.^ ,
Doni occasionali ■ i
In occasione del matrimonio deUa figlia Mirella, Joùve Silvia e Guido L. 10.000.
Doni in memoria
del papà Clemente e . della mamma Valeria :
Balmas Bruno ed Elvira Li 50.000; di R. Conrotto; Bertalot Basalinì G. 50.000; di Eugenia
Cornetti: Casabella Serra Silvia 200.000; di Federico Balmas: Feltrin Bella Luisa 10,000; del
Past. G. F. Peyronel: Greci Anna 20.000; della
madre nel 15° anniversario della morte: Lang
Giorgio 100.000; del papà: Paschetto Caterina 2.000; di Franco Frairia, Aldo Belliardi,
Luigia Tamis: Tamis Agilberto, 30.000.
In memoria del Dr. Italo Mathieu : Banfi Maria L. 20.000, Bounous Silvia e Renata .50.000,
Brun Geom. Cesare 138.000, Bruno Dott. Alberto 103.000, Coisson Mario, Annalisa, Renato
100.000, Coisson Mathieu Ida 100.000, Eynard
Mathieu Anita 100.000, Gobello Livio e Dina 30
mila, Ligiardi Emma 10.000, Martinat Luigi e
Maria 50.000, Mathieu Ersilia e Decostanzi Mathieu Elena 50.000, Mathieu Geraldo 100.000,
Mathieu Guido 150.000, Rivoira Alberto e Giuseppina 10.000.
RINGRAZIAMENTO
I familiari del compianto
Paolo Davide Benech
ringraziano sentitamente tutti coloro che hanno
preso parte al loro dolore. In particolar modo
ringraziano il dott. Scarognina, la sig.ra Geymonat per le amorevoli cure prestate, i pastori Rivoir e Taccia, VAssociazione Combattenti.
Luserna S. Giovanni, 25 febbraio 1976.
La famiglia Fornerone sentitamente ringrazia
tutti coloro che hanno partecipato al suo dolore
per la perdita del congiunto
Luigi Fornerone
Prarostino, 5 marzo 1976.
A funerali avvenuti, annunciano la serena partenza per la Patria migliore avvenuta il 28 febbraio di
Marianna Costantino Ved. Rivoir
nel SUO 102® anno di vita, i figli Giulia Ved. Malan; Ilda; Guido e Tea Ginoulhiac: Silvio e Olga
Giusti; Olga e Aldo Fuhrmann; Mario e Celestina Hugon, nipoti, pronipoti, cugini e parenti
tutti.
Un ringraziamento sentito a Rina per le preziose e contìnue cure, al Dr. Gardiol ai Pastori
Sonelli e Rivoira ed a quanti Le sono stati vicino.
Torre Peliice, 5 marzo 1976.
Il 21 febbraio il Signore ha chiamato nella Sua
pace
Alfonso Alessio
Pastore Valdese
Ne danno Tannuncio la moglie, ì figli, i nipoti
ed i parenti tutti.
« Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni
sino alla fine delVetà presente ».
(Matteo 28: 20).
I funerali hanno avuto luogo a Verona il 23
febbraio presieduti dal Vice Moderatore past.
Giorgio Bouchard ed i familiari riconoscenti ringraziano quanti hanno partecipato al loro dolore.
8
8
5 marzo 1976
lettera aperta a un nonviolento
Una lettera aperta a Beppe Marasso, leader torinese del movimento nonviolento, sulla recente
conferenza di Lonza del Vasto (vedi ”L’Eco-Luce” n. 9) ci offre lo spunto per riprendere questo argomento che andrebbe maggiormente dibattuto. La letttera aperta di Cesare Bianco non
è solo una ”precisazione” sulle posizioni nonviolente espresse da Lonza del Vasto ma un primo
stimolo cui affrontare questo problema.
(...) Giovedì 19 scorso, in un incontro pomeridiano con Lanza del Vasto, ho chiesto di poter
intervenire, come avevano ed avrebbero fatto dopo anehe altri. Il « discepolo di Gandhi » aveva
parlato per un’ora ripetendo, con varie sfumature, sempre lo stesso diseorso della non resistenza
a chi ti-colpisce, con toni Così plateali e provocatori che mi avevano non impressionato, ma irritato. Per questo ho iniziato l’intervento con un
tono volutamente provocatorio. Non intendevo
però offenderlo affermando che il suo discorso era « alienante e reazionario », ma solamente esprimere una mia precisa opinione. Il
modo ^ con cui egli ha reagito ha contraddetto
tutto il suo discorsi) precedente. È diventato rosso in viso ed ha detto, furente, di smettere di
usare il termine « alienazione », ottenendo l’applauso di una persona. Certo egli avrebbe preferito essere schiaffeggiato per poter dimostrare,
porgendo l’altra guancia, la sua coerenza, ma
non ha potuto sopportare che si criticasse il suo
pensiero e la sua esperienza. È non violenza non
lasciar "parlare chi ti interpella? A me sembra
saccenteria, culto del proprio io ed intolleranza.
(...) Perché ha rifiutato il dialogo? Avrebbe
avuto poi tutto il tempo per rispondermi, apportando chiarezza anche al pubblico presente. Devo forse desumere che il rifiuto dell’ascolto delle
opinioni altrui, se contrarie alle proprie, sia una
componente alle proprie, sia una componente
intrinseca a ciò che egli vive e predica? La sua
richiesta di fargU una domanda o di stare zitto,
fatta anche con tono alterato, non è propria di
chi crede di avere la verità in tasca da elargire
a richiesta? Che egli pensi di essere nell’assoluta verità, lo ha dimostrato chiaramente, ma ha
mostrato nondimeno la profonda contradditorietà, o,forse meglio, falsità di essa.
Mi scrivi che « ti ha tolto la parola, certo
valendosi della sua autorevolezza di antico profeta biblico ». Innanzitutto profeti biblici sono
quelli di cui parla la Bibbia e nessun altro. Non
ricordo inoltre di aver letto di un profeta che
abbia tolto la parola ad altri, ma di molti cui si
è cercato in ogni modo di togliere la parola.
Matteo (7 : ISs) parla anche di altri profeti :
« Guardatevi dai falsi profeti, i quali vengono a
voi sotto la spoglia di pecore; ma dentro sono lupi rapaci. Li riconoscerete dai loro frutti ». La
comunità cristiana ha il dovere non di giudicare, ma di discemere e lo può fare solamente
dalle opere ed anche dai risultati. Ora, dal momento che Lanza del Vasto è un discepolo di
Gandhi, dobbiamo chiederci se l’opera sua e del
maestro è ed è stata storicamente efficace. È, ad
esempio, più umana la situazione socio-economiea
e polìtica dell’India, dove l’abisso fra le caste è
immenso, e la miseria della popolazione non è
frutto del caso, ma ha delle precise ragioni storiche e sociali, o quella della Cina, dove la miseria è stata vinta ed il popolo parteeipa attivamente alla gestione delle comunità, od ancora
di Cuba, dove in pochi anni si è vinto l’analfabetismo e recentemente tutta la popolazione ha
partecipato zdla formulazione della Costituzione?
Gandhi, Mao Tse tung, Fidel Castro (i nomi significano programmi politici e metodi per realizzarli) sono profeti allo stesso modo? Non voglio dare risposte semplicistiche né elargire patenti di profetismo, ma proporre ai movimenti
nonviolenti di diseutere anche con chi non condivide le loro opinioni.
Mi sono soffermato su questo fatto perché gli
avvenimenti spesso dicono più delle parole.
Perché considero il discorso di Lanza del Vasto « alienante », « reazionario » ed, aggiungo
ora, non evangelico?
Cerco di spiegarlo brevemente. Questi miei
appunti riguardano la « non violenza » nel pensiero di Lanza del Vasto, tuttavia alcune osservazioni si possono estendere, penso, anche ad altri
movimenti.
Comitale di Redazione: Bruno Beliion, Valdo Benecchi, Gustavo Bouchard, Niso De
Michelis, Ermanno Genre, Roberto Peyrot,
Paolo Ricca, Giampaolo Ricco, Bruno Rostagno, Giorgio Tourn, Tullio Vioia.
Direttore: GIORGIO TOURN
Direttore responsabile: GINO CONTE
Amministrazione: Casa Valdese, 10066 Torre Pellice - c.c.p. 2/33094 intestato a l'Eco
delle Valli - La Luce - Torre Pellice
Abbonamenti : Italia annuo L. 5.000
semestrale L. 2.500
estero annuo L. 7.500
Una copia L. 150, arretrata L. 200
Cambio di indirizzo L. 100
Inserzioni : Prezzi per mm. di altezza, larghezza una col.: commerciali L. 100 - mortuari L. 150 - doni 50; economici L. 100
per parola.
Reg al Tribunale di Pinerolo N. 175
8 luglio 1960
Coop. Tipografica Subalpina - Torre Pellice
1) Alienante. Lanza del Vasto e la sua comunità mancano (né vogliono farla) di una analisi storica che permetta al loro movimento di
inserirsi positivamente, anche apportando elementi utopici, nella concreta dinamica sociale e politica. Essi non comprendono che bisogna andare
avanti, non tornare indietro. Il loro discorso più
che utopico mi sembra utopistico. È alienante,
quindi, perché porta più al disimpegno che all’impegno (...).
La sua « fuga mundi » con tendenze hippies
non è forse tipica di chi, come lui di nobili origini..., avverte una crisi profonda e rifiuta i ruoli imposti dalla sua classe, ma non riesce a superare le contraddizioni in modo positivo?
2) Reazionario. Ogni proposta di ritorno all’indietro non può che essere reazionaria. Cosi è
in Lanza del Vasto l’esperienza patriarcale ed il
rifiuto indiscriminato deU’industria e dei servizi per una economìa agrìcola che non considera
i progressi che anche in questo campo sono stati
fatti. Se poi il suo atteggiamento nei confronti
delle persone che vivono con lui è intollerante
ed autoritario come è stato con mte, mi chiedo
se la sua sia una comunità od un feudo.
Il suo discorso è conservatore perché non spinge alla lotta per la trasformazione della società,
facendo cosi gli interessi della classe dominante.
È interclassista perché non analizza i meccanismi e la dinamica dello sfruttamento e pone proletariato e classe dominante sullo stesso piano.
Durante l’incontro cui ho partecipato ha detto
infatti che operai e padroni sono egualmente responsabili dello sfruttamento. (..,).
3) Non evangelico. Non è corretto isolare una
pericope (quella della non resistenza ' al malvagio) per fondarvi un’etica cristiana, come mi
sembra facciano Lanza del Vasto e la gran parte
dei credenti aderenti ai movimenti non violenti.
Non intendo affermare che questa, come altre
pericopi del « discorso della montagna », debbano essere interpretate fino a svuotarle del loro
contenuto. Tutt’altro.
Esse significano la radicalità delle scelte che è
necessaria per seguire Gesù e queste non sono
una metafora, ma vita concreta. Ma se intendiamo letteralmente lo « schiaffo sulla guancia »
(Mt. 5: 39), perché non si deve fare altrettanto
della « spada » di cui parla Mt. 10: 34, o l’odio
verso i parenti di Le. 14: 26? A situazioni concrete diverse Cristo ci chiama a dare risposte diverse.
Vorrei concludere questa lettera, che per la
sua brevità e la complessità dei problemi non
vuol essere altro che una proposta di dibattito
agli amici non violenti, ricordando l’esempio di
Bonhoeffer. Egli, in Sequela, nel 1937, ci richiama alla radicalità del seguire Gesù, commentando alcune pericopi del « sermone sul monte »
con chiarì toni non violenti, nell’aprile 1945
viene impiccato in un campo dì sterminio per
aver partecipato ad un complotto per assassinare
Hitler. Per lui ciò che veramente contava non
era la fedeltà assoluta a delle norme, ma la radicalità dell’amore concreto del prossimo, che
ci porta spesso al di' là dei nostri principi.
Cesare Bianco
Un’altra lettera
NON-VIOLENZA
Quattro Movimenti Internazionali per
la Non-violenza (Movimento Internazionale lUconciliazione, Pax Christi, Movimento Cristiano per la Pace, Gruppo di
impegno per la nonviolenza) hanno indirizzato a Paolo VI una lettera (che non
è stata presa in considerazione dai mezzi
di informazione) in occasione del discorso pontificio del 31 ottobre ’75 per la
’giornata della pace’. Dalla lettera stralciamo un brano significativo: «Il richiamo alla pace, a nostro avviso, è troppo
spesso presentato in termini generali,
privo di indicazioni concrete, poco sostenuto da atteggiamenti significativi e coerenti: perciò esso rimane su un piano
ideale ma astratto e non riesce a mordere la realtà per modificarla (...).
Non c’è dubbio che un più fattivo apporto dei cristiani alla causa della pace darebbe anche ai movimenti nonviolenti
nuovo slancio e possibilità di più ampi
risultati ».
la settimana internazionale
a cura di tuli io viola
RITORNI ALL’ANTICO :
FANTASIE SUI CORSI E I RICORSI
Si può fantasticare di ritorni a secoli lontani, anzi lontanissimi: così come
fantastica Francesco Alberoni in un interessante articolo («Torna negli argini la
piena del ’68 ») su « La Repubblica » (del
21.2).
«Nel profondo dell’anima dei cattolici del dissenso c'era il sogno di rigenerare la Chiesa Universale, e nel fondo dell’animo dei più sparuti gruppi extraparlamentari c’era il sogno di rinnovare (se
non di assumere la leadership) della
Grande Organizzazione Leninista Rivoluzionaria. E un retaggio della nostra storia, dove manca l’esperienza delle sette
protestanti, capaci di sopravvivere proprio perché capaci di accettare il proprio
limite. Ma in Italia qualunque movimento, accecato dal successo iniziale dello
“stato nascente" (quando l’Istituzióne arretra) non ha questo senso del limite e
misura il suo successo, il suo diritto ad
esistere, solo in rapporto al suo reale
punto di riferimento, la Chiesa o il Partito Comunista. A questo punto è spacciato perché ogni verifica obiettiva, come
per es. le elezioni, gli dimostra la sua infinita piccolezza e questa piccolezza è vissuta come una definitiva sconfitta storica.
È in quel momento che le Grandi Istituzioni passano al contrattacco. In quel
momento esse hanno di fronte a sé individui e gruppi che si sentono sconfitti nel
loro disegno spropositato, pronti a credere che non vi è salvezza fuori della
Grande Istituzione, invincibile e perciò
stesso infallibile. (...) Così il PCI, in poco tempo, è riuscito a far votare per sé
la maggior parte dei militanti dei gruppi
extraparlamentari. (...)
Però nell’esperienza della Chiesa v’è anche un’altra modalità che acquista una
importanza considerevole nei momenti di
vera emergenza. Fu adottata nell’XI secolo, nella lotta mortale contro la feudalità ecclesiastica e il millenarismo popolare; fu adottata nel XIII sec. quando i
movimenti collettivi popolari e nazionali
minacciavano il papato, e fu adottata infine dopo la catastrofe della Riforma.
Il meccanismo è questo: fra le forze
collettive ribollenti ed anti-istituzionali,
tutte potenzialmente eretiche, essa ne
identifica una che non si è posta ancora
in rotta aperta con lei e ne riconosce i
valori, il metodo, l’autonomia e la regola
àd una sola condizione: la sua diretta dipendenza e lealtà al Papa. (...) “Comunione e Liberazione" è nata, come tanti al
tri gruppi del dissenso cattolico, da una
eeigenza di purificazione evangelica della
Chiesa ma, a differenza di tutti gli altri
gruppi che, dopo una certa fase, si sono
dissolti o si sono convertiti al marxismo,
questo invece (sotto la leadership carismatica di Don Giussani) non ha abbandonato il papato. La sua natura profonda è perciò quella stessa del “dissenso"
(e arriverei a dire di “lotta continua"),
però trasformàta in un ordine come quello di S. Francesco e di S. Domenico ».
Questa è fantasia politica italiana, ma
« sub specie Historiae Universalis » ( = vista nei suoi riferimenti alla Storia Universale). E la fantasia politica estera come
la mettiamo? La mettiamo in modo analogo. Così A. Cambino, nell’art. « Nasce a
Bonn l’Europa Carolingia» («L'Espresso » del 22.2), rievoca le fantasie di De
Canile ( « L'Europa delle patrie..., L’Europa dall’Atlantico agli Urali... »):
« Ma la sostanza delle cose è profondamente mutata dai giorni di De Gaulle.
Non è infatti più la Francia che promette di proteggere politicamente e moralmente una Germania, già potenzialmente
fortissima ma uscita mutilata e confusa
dal conflitto e, per di più, profondamente sbilanciata dalla sua ermetica chiusura verso Est. Capovolti in tutti i campi i
rapporti di forza, è ora Parigi che chiede
la benevola collaborazione tedesca, se non
altro per difendere la propria moneta, ormai (dopo la lira e la sterlina) direttamente minacciata. E il cancelliere tedesco Helmut Schmidt, lo si è visto la scorsa settimana nell’incontro di Nizza (con
Valéry Ciscard d'Staing), è disposto a fare questa concessione ».
UNA VISITA PRIVATA
Accolto a Pechino con incredibili
onori ( « peggio d’un sovrano », direbbe
Pascarella), si potrebbe supporre che
Nixon abbia sognato di rifarsi una certa
verginità di fronte ai suoi connazionali.
Ma non è certo così. Da un lato il partito repubblicano cui Nixon appartiene, sta
per lanciarsi in una battaglia elettorale
nella quale j problemi di politica estera
avranno ben poca importanza. (Le masse
popolari americane non hanno neppure
lontanamente la maturità sufficiente per
capirli, e Nixon lo sa); d’altro lato la visita è stata provocata, per ragioni a noi
oscure, proprio dalla Cina, che ha voluto
onorare l’ospite al punto di offrirgli il
viaggio andata e ritorno su aereo cinese
riservato.
dalla prima
tanti: tra noi, discutendo quali strumenti
sono utili e quali inutili e quali controproducenti alla nostra testimonianza, e davanti a Dio, discutendo con Lui, se ne siamo
ancora capaci, per capire che cosa ci è
realmente richiesto oggi per testimoniare di
Lui.
E allora discutere dì ogni cosa, non accontentarsi di nulla, rifare i conti con noi
stessi e con le nostre azioni di ieri e di oggi, non è accademia, non è per abbandonare tutto fino a che poi non resti più nulla
della fede, ma è cercare l’essenziale, per
non disperdere le nostre misere forze in
mille rìvoli, per concentrarci su quello che
solo può darci vita: che non è la nostra
scelta di sinistra, che non è la nostra tradizione ma è la Parola dell’amore di Dio.
Stranamente, ehi ci dice che facciamo
molte parole ma" non ci impegnamo nelle
opere tradizionali della Chiesa, sarebbe poi
ben poco disposta ad accettare un nostro
aiuto nella gestione di queste opere, perché
non daremmo affidamento di essere sufficientementè animati da una visione evangelica; a nostro parere è esattamente l’opposto; la visione riformata che proponiamo
spaventa, perché non crederemmo nelle opere in quanto opere, ma in quanto strumenti; non crederemmo abbastanza nelle
opere delle nostre mani, ma crederemmo
troppo alla giustificazione per fede.
E, ancora più stranamente, proprio questo atteggiamento ci fa sembrare ad alcuni
filocattolici.
Ma non è colpa nostra se qualcosa della
libertà dei figli di Dio si sta manifestando
oggi anche tra i cattolici; fosse pur dipeso
di più da noi questo movimento che oggi
esiste! . . i
Esiste una generazione di cattolici, che
cattolici sono sempre meno (nel senso spregiativo che per tanto tempo abbiamo dato
al termine), affamati di letture bibliche, di
orientamento teologico, di indicazioni teoriche e pensate razionalmente, che facciano
da supporto al loro disagio istintivo e alla
loro ribellione spontanea al magistero e alla gerarchia.
Solo un pensiero riformato, una chiesa
riformata, un’etica e uno stile di vita riformati potrebbero aiutare — nel rispetto ma
nella chiarezza — questi fratelli in ricerca,
creando luoghi e spazi di lettura biblica,
di studio della Scrittura,di teologia vissuta,
di vita comunitaria. Ma dove si trova oggi
una realtà veramente riformata? Che si sia
riformata nell’oggi, non nello ieri e nel
’500? Dove possiamo dire che c’è oggi uno
sforzo di fedeltà alla Scrittura e a quei momenti storici, umani ma ricchi, in cui la
Scrittura è stata di volta in volta riscoperta?
È fuori dal ghetto che siamo chiamati,
ora come nell’ottocento che molti di noi
rimpiangono ma tradiscono nello spirito!
« Guai a me se non evangelizzo », « o
sarete missionari o non sarete nulla », Paolo, Beckwith, la missione o l’evangelizzazione, nelle nostre chiese si dice spesso
non vi siano più. Ma forse, senza pretese
e con debolezza, resta qualcosa di questo
spirito nella FGEI più che nel buon ricordo di molti. La nostra proposta alla nostra
Chiesa è questa: teniamo alla continuità,
più di molti nostri critici; ma la continuità
cui teniamo è quella di rottura, quella dì
movimento, quella di riforma continua e
costante: e allora soldi, uomini, energie,
fatiche, non vanno sprecati sulla difensiva,
non vanno persi per conservare un po’ di
prestigio e potere rimasto.
Lo strumento non è una nuova Chiesa,
è che le nostre vecchie chiese si ravvedano — e noi con esse, dentro ad esse, — e
si mettano risolutamente sulla strada del
servizio.
Due gli obiettivi pratici; i fratelli che
hanno abbandonato non forse la Chiesa,
ma una Chiesa infedele, e i fratelli cattolici
che hanno bisogno di un’alternativa evangelica in Italia, per potercisi confrontare,
per opporsi o aderire a una alternativa riformata autentica e non ad una finta alternativa.
Abbiamo la tristezza addosso per i fratelli che abbiamo emarginato spingendoli
sempre più in fondo ai nostri templi e poi
fuori dagli stessi perché il linguaggio che
usavamo era quello borghese e difficile dei
loro padroni, per i fratelli che continuiamo a scoraggiare per l’incapacità di scelta
che dimostriamo, per l’assenza di testimonianza vigile e rispettosa nel mondo cattolico e tra i marxisti.
C’è ancora tempo, ma dobbiamo sbrigarci.