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Anno VII — N. 10. II SERIE 31 Maggio 1858.
LAififoNA NOVELLA
>MÈCW«E DELLA EVANGELIZZA5ÌI0NE ITALIANA
" Seguendo la verità nella carità. — Efes. VI. 15.
PREZZO DI ASSOCIAZIONE Ì LE ASSOCIAZIONI SI RICEVONO
Per lo Stato [franco a destinazione]____ £. 3 00 ^ In Toeino aH’Uffizìo del Giornale, via del Principe
Per la Svizzera e Francia, id........... „ 4 23 > Tommaso dietro il Tempio Valdeae.
Per r Inghilterra, id..................... 5 50 ^ Nelle Provincib presso tutti gli UÌBzj postali per
Per la Germania id............»...... „ 5 50 ^ mezzo dì Viglia, che dovranno essere inviati
Non si ricevwao associazioni per meno di un anno. , franco al Direttore della Buona Noveli^a.
AU’estero, a’ seguenti indirizzi : Parigi, dalla libreria C. Meynieis, rue Rivoli ;
Ginevra, dal signor E. Beroud libraio ; Inghilterra per mezzo di franco-bolli
inglesi spediti franco al Direttore della Buona Novella.
SOMMARIO
Sitjodo della Chieia Valdese I. — Cristo davanti a noi, Cristo in noi, e Cristo per noi. —
Risposta aìVApolofftiin del 6 maggio. — Cronaca della quindicina.
SINODO .
DELLA CHIESA VALDESE
I.
L’annuo Sinodo della Chiesa evangelica valdese, apertosi a Torre
il martedì 18 di maggio, alle ore 10 ant., colKsolita funzione religiös^
cui presiedette, in modo distinto e da tutti gradito, il pastore del Villar,
sig. fJay F., terminò nella notte del venerdì al «abato, verso le quattro
di mattina, dopo 45 ore circa di seduta, durante le quali un pubblico
niuneroso non cessò quasi mai d’affluire nei posti statigli riserbati.
Sessanfatre erano i componenti l’Assemblea, fi-a cui 30 ministrie
33 rappresentanti laici. La discussione, fatta un’unica eccezione di
iwco rilievo, procedette,’ nello stesSO tempo che con molta animazione, con quella dignità e ponderatezza che si addice ai rappresentanti tli una Chiesa evangelica; e se le deliberazioni prese non
sono tuite di uguale importanza, se nella discussione dei rapporti
•specialmente si perdette im tempo preziaso, che avrebbe potuto
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spendersi in modo assai più utile, ciò non toglie che nou si possano
dire eccellenti, nel complesso, i risultamenti anche di questa sessione.
Ma, meglio delle nostre parole, varrà ciò a dimostrare un breve
sunto delle operazioni deU’Assemblea nell’ordine in cui si succedettero ;
1“ Seduta del 18 maggio 1858.
Dopo i soliti preliminari, costittiito l’ufficio definitivo nella persona dei signori ; Meille G. P. presidente, Pilatte L. vice-residente, Muston D. segretario, Chambeaud Gr. e Cardon F. assessori,
fu successivamente presentato aU’Assemblea e quindi discusso, il
doppio rapporto della V. Tavola suUa propria amministrazione, e
della Commissione incombenzata di sindacarla.
Sul § 1° relativo alla Vita religiosa, il 8inodo — dolente di scorgere in mezzo ad alcune manifestazioni incoraggianti, sintomi numerosi i quali tutti accusano un grande indebolimento nella vita
spirituale della popolazione valdese — dopo prolungata discussione,
in cui da varj oratori vengono profferite calde parole di esortazione,
adotta a grande maggioranza la proposta “ d’invitare nel modo piiì
istante e pastori e fedeli a rivolgere la loro attenzione ai mezzi piiì
acconci a promuovere in seno alle nostre chiese un risveglio della
vita cristiana, segnatamente col moltiplicare le Scuole della Domenica e le adunanze di preghiera specialmente destinate ad impetrare
l’effusione dello Spirito di Dio e sui pastori e sulle greggie
Il § 2° che tratta Istruzione pubblica in seno alla Chiesa,
chiama successivamente l’attenzione deU'Assemblea sul Collegio
che comprende: la Scuola di Teologia, il Collegio superiore ed inferiore, la Scuola normale pei maestri ; suH’Istituto delle damigelle e sulle Scuole elementari sì parrocchiali che di distretto o
quartiere.
M^Cenio e sei erano, sul principio dell’anno scolastico gli allie\ù raccolti nel primo di questi stabilimenti, dei quali sei appartenevano alla
Teologia, sette alla Scuola normale, settanta al Collegio inferiore, ed il
rimanente alle classi di Kettorica e di Filosofia. Gli esami fatti in
giugno scorso sono stati soddisfacentissimi, poiché piiì d’un terzo
degli allievi vennero promossi o con distinzione o con intiera soddisfazione.
Sul proposito della Scuola di Teologia, avendo la Commissione
esaminatrice fatto segno a qualche critica — 1° le trattative intavolate dalla V. Tavola con S. M. il Ee di Prussia, allo scopo d^’indurre
la prefata Maestà a permettere che i due posti gratuiti che’ fino ad
ora per effetto della R. sua Munificenza venivano concessi, per cin-
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que anni, a due studenti valdesi i>er la Teologia, neU’Università di
Berlino, lo fossero d’ora in avanti, per un’anno od un’anno e mezzo,
a quegli studenti valdesi indistintamente, che, avendo compiuti i
loro studj nel nostro Collegio, intendessero di perfezionarli nella
suddetta Università ;
2° Il modo, secondo essa, alquanto arbitrario, con cui, per parte
deH’Amrainistrazione, venivano assegnati i jwsfi gratuiti, agli studenti per la Teologia nel nostro Collegio;
L’Assemblea, prèndendo atto, in quanto al primo punto, della dichiarazione della V. Tavola, che gli aventi diritto ad un tal beneücio
non sarebbero, all’infuori dei candidati al S. Ministerio, che gli aspiranti ad una delle cattedre del nostro superiore insegnamento, dà
la sua sanzione all’operato della V. Tavola ; ed in quanto al secondo,
si fa presentare da un’apposita commissione un regolamento destinato a servire di norma fissa all’Aumrinistrazione su tale materia,
regolamento che, per dirlo fin da ora, venne discusso ed approvato in
uua susseguente seduta. Dopo altre deliberazioni di poco momento,
la seduta vien chiusjx colla preghiera.
Seduta del li) detto.
Apertasi la seduta alle 7 ^ ant. colla lettura della Parola di Dio
e colla preghiera, si riprende la discussione dei rapporti. La Commissione avea esternato il suo dispiacere che uno studente in Teologia non avesse potuto ottenere l’esenzione dalla leva, dando di ciò
colpa tìH’Amministrazione, per non essersi da quest’ultima fatti, in
tempo utile, i passi a tal fine necessarj. La V. Tavola cercò di mòstrare che non essa, ma sibbene lo studente in quistione doveasi incolpare del ritardo che si lamentava. Il Sinodo, ritenendo semplicemente il fatto che i passi eseguiti allo scopo di esentare questo giovane dalla leva erano rimasti infruttuosi, lo raccomanda caldamente
alla sollecitudine dell’Amministrazione, acciò non si trovi nella necessità di sospendere i suoi studj.
La discussione sul Collegio propriamente detto, portando su punti
di secondaria importanza la passeremo sotto silenzio. Non così della
Scuola normale pei maestri, la di cui precaria condizione richiama in
modo singolare la sollecitudine dell’Assemblea, la quale, dopo lunghi
dibattimenti, adotta sul proposito la seguente risoluzione: “ Il Sinodo
vivamente preoccupato dell’imporfcmza in seno alla cliiesa’di una
Scuola normale per i maestri, e dello stato d’inferiorità in cui trovasi
la scuola attuale, invita l’Amministrazione a prendere al più presto
tutte quelle misure che stimerà più opportune alla sempre maggiore
prosperità di un tale stabilimento ”.
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Nulla di notevole viene osservato sulla Scuola media del Pomareto,
l)er la quale soltanto fu chiesto ed ottenuto in una susseguente seduta
lattuazione, in via provvisoria, di un progetto di regolamento.
Ulstituto delle damigelle seguita a prosperare sotto l’abile e cristiana direzione della signorina Appia. Il munero delle allieve era,
sul principio dell’anno scolastico, di 74; e si fa sentire vieppiù urgente
la necessità di un locale meglio dell’attuale adatto allo scopo cui
mira quest’ottima istituzione.
Le Scuole elementari, sì parrocchiali che di "distretto, sono state
frequentate, nell’anno scolastico 18.56-1857, da 4859 bambini. AI
sig. Malan è stato sostituito dal Grovérno, come Ispettore delle medesime, il sig. RoUier professore di Scienze esatte al collegio di Torre.
Fra gli ostacoli che maggiormente si frappongono ai progressi deU’istruzione elementare, i seguenti sono più specialmente accennati;
1°. difetto di buoni maestri, sovratutto nelle scuole di distretto,
e ciò in gran parte per mancaza di stipendj sufficienti ;
2° difetto di buoni libri di lettui’a e di armonia nei metodi
usati dagl’insegnanti. A questo secondo inconveniente il Sinodo cerca
di rimediare incombenzando alcuni fra i suoi membri di compilare
al più presto libri elementari di lettura per le nostre scuole. In
quanto al primo assai più gi’ave l’Assemblea non potè far altro, per
ora, che di sottoporre un tal argomento allo studio di una apposita
commissione.
Esaurito del Rapporto quanto riferivasi all’istruzione pubbKca si
passa al § Opere di beneficenza, sotto la quale denominazione si
comprendono: a) \e Diaconie, di cui una per ciascuna parrocchia; 6).
gli Ospedali di Ton'e e di Pomareto, c) YOrfanotrofio.
DeUe prime noteremo soltanto che hanno distribuito • nello spazio
di un’anno £. 5730 circa a sollievo di 757 famiglie, non compresi
però i soccorsi straordinarj sollecitati e raccolti a pro’ di Prarostino, e
ghe furono, per parte delle sole parrocchie valdesi, di oltre 3,000 fr.
Gli Ospedali di Torre e di Pomareto hanno curato dal 1° gennajo
1856 al 31 di dicembre 1857, 252 ammalati, fra cui quindici sono
morti. L’assemblea fatta avvertita degl’inconvenienti derivati per
quest’ultimo dalla prolungata indisposizione del medico che vi attende, raccomanda aH’Amministrazione di provvedere acciò quel rispettabile dottore, inveccliiato al servizio della cliiesa, venga sollevato nell’adempimento delle sue funzioni, senza che, per via delle
disposizioni che saranno prese a tale scopo, egli abbia da scapitare
soverchiamente nei suoi interessi. Il Sinodo esprime altresì all’egregio
direttore dello stabilimento di S.|Lupo, il reverendo pastore Germond,
la sua sentita gratitudine per i servigi segnalati che, per opera delle
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sue diaconesse, egli ha resi e rende tuttora alla nostra chiesa. Inoltiv
avendo la V. Tavola parteeiiiato all’Assemblea la ferma determinazione del Groverno che i suddetti ospedali, che da più anni erano, con
grandísimo vantaggio amministrati dalla Tavola medesima, lo fossero, *me tutte le opere pie dello Stato, per mezzo di una speciale
Commissione, fu giocoforza l’aderire a tal volere, e far compilare,
jierchè servisse di norma a questa Commissione, un apposito regolamento, che venne in una susseguente seduta discusso ed adottato.
Orfanotrofio ha ricoverato durante l’anno 18.57, ‘27 orfanelle, il
di cui mantenimento costfc la sjìesa di .'Í374 fr. 02 ossia fr. 199,07
per ciascheduna; ma essendosi fatti dalle stesse per fr. 1639. 75 di
lavori che furono venduti, ogni allieva non ha più costato allo stabilimento che fr. 138, 34. Questo pio istituto, posto sotto la sorveglianza di lui Comitato di Signore che disimpegnano il loro ufficio
con zelo ed amore, e protetto da una associazione di cgi'egie signore
della Gran-Bretagna, è in via di sempre crescente prosperità e potrà,
ora che la fabbrica destinata a riceverlo è qua.si compiuta e pagata,
portare il numero delle sue allieve a cinquanta.
Come appendice al § Opere di beneficenza il rapporto della Tavola
rende una ben legitthna testimonianza alla Scuola delle ragazze povere, fondata dal caro nostro fratello il sig. Appia—presentemente a
Parigi, ma che fra pocoavTemo il bene di veder tornato fra di noi—
e retta, con divozione e zelo affatto esemplari, da un’ottima sorella, la signora d’Espine, venuta a noi dalla chiesa romana. Sessantaragazze all’ incirca \i vengono prow'edute d’alloggio, di vitto e di
vestimenta, e quello che j^iù monta, educate nello stesso tempo che
nei sani principii deU’Evangelo, a quei varj lavori donneschi che le
renderanno atte a diventare buone fantesche in famiglie rispettabili.
Fra i più zelanti benefattori di quest’opera il rapporto accenna ad
un vecchio venerando di cui godiamo alla nostra volta ripetere quivi
il nome, il sig. dottore d’Espine padre di GinevTa. —
Si passa quindi al § Evangelizzazione.
“ Noi consideriamo dice il rapporto della Tavola, l’Evangelizza“ zionc d’Italia come un dovere calzante della nostra chiesa, dovere
“ al quale non potrebbe sottrarsi senza diventare infedele alla sua
“ missione e compromettere la propria esistenza. L’Apostolo dice: Io
“ho creduto e p)erciò ho parlato; se la nostra chiesa crede,convien che
“ parli; se è in possesso della Parola di verità, conviene che la faccia
“ conoscere attorno di se ”. Difficoltà di genere assai diverso si frappongono a quest’opera: a) difficoltà pecimiarie; un deficit di oltre
80,000 fr. grava tutt’ora le varie costruzioni compiute o da compiersi
a Pinerolo, Torino, Genova e NÌ7j:a, senza pailare della sonmia piut-
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tosto vistosa che richiede annualmente la nuda evangelizzazione ; ò)
difficoltà che nascono dall’opposizione in certi luoghi accanitissima
promossa dal clero romano c) difficoltà infine che provengono dalla
mancanza di opera] in mmiero sufficiente. Tuttavia e malgrado queste
difficoltà ed altre ancora, l’opera va avanti sotto lo sguardo^! Dio,
e non solo sussistono le prime fondazioni, ma parecchie altre vi si
sono aggiunte, in quest’anno, allo scopo di far fronte a nuovi bisogni
che si erano manifestati. Inquanto allo spirito in cui una tale opera
viene proseguita egli è ad un tempo, spirito di rispnnsahilità propria
e di cattolicità.'Dmtxo il primo di questi principj noi abbiamo ricusato,
quando occorse di farlo, ajuti che l’avrebbero compromesso; e dietro il
secondo, ci siamo vieppiìi adoprati acciò fosse V Evangelizzazione
ognor piiì spoglia di qualunque spirito di partito e di setta.
Sul § Corrispondenza noteremo due soli punti 1°. La sanzione
data dal Sinodo alla linea di condotta tenuta dall’Amm ini strazione
della chiesa nei suoi rapporti col Comitato italiano di Nizza; 2°. il
rincrescimento dal medesimo esternato che non abbia la Tavola risposto nè con una deputazione nè con una lettera ufficiale all’invito
statole indirizzato dalla Chiesa libera del cantone di Vaud di farsi
rappresentare nella sua generale Assemblea, e l’incarico dato al suo
Ufficio di esternare a detta Chiesa il cristiano affetto che risente per
essa la Chiesa delle Valli, e la speranza che poti’à una deputazione
del nostro Sinodo intervenire alla prossima sua Assemblea generale.
Il § Contabilità porge al Sinodo motivo d’elogiare laTavola non che
per la precisione ed esattezza con cui essa contabilità venne tenuta,
per il miglioramento notevole che seppe introdiuvi. All’accusa indiretta mossa dalla Commissione esaminatrice all’Amministrazione di
non aver fatto quanto per parte sua si sarebbe dovuto, onde procacciare alle varie opere intraprese quei mezzi materiali di cui abbisognavano, il Moderatore risponde allegando a giustificazione sua e
dei suoi colleghi; in primo luogo, le difficoltà sorte dalla crisi finanziaria da cui Europa ed America sono state in quest’anno travagliate; in secondo luogo, la condizione eccezionale di un’Amministrazione nuova agli affari e che ancora non ha avuto campo di
acquistarsi la fiducia, specialmente dei forestieri; finalmente ei dà
lettura allAssemblea di un rapporto sul viaggici da lui testé compiuto in Inghilterra e dal quale spera, per le varie nostre imprese
religiose, ottimi risultamenti; e l’Assemblea convinta da quanto ha
sentito che la Tavola ha fatto ogni sforzo di cui era capace, all’effetto di procacciare alle varie opere della chiesa i mezzi occorrenti, e
pienamente soddisfatta per lo zelo e l’attività dalla medesima spiegatsi
nel disimiìegno delle sue funzioni, le vota perciò dei ringraziamenti.
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Eiugrazlainenti non meno sentiti vengono votati al sig. banchiere
Malan, per i servigi diversi e preziosi ch’egli non ha cessato di rendere, sia come cassiere disinteressato della Tavola, sia come direttore
dei lavori intrapresi per conto della Chiesa a Pinerolo, Torino e
Genova.
Seduta del 21 detto.
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Apertasi la seduta alla stessa ora e nello stesso moio che il giorno
innanzi, e compiuta la discussione dei rapporti in quella guisa che,
})er non interrompere la nan-azione, abbiamo indicàta al termine del
reso conto dell’antecedente tornata, si fissò un’ora per dare il ben
venuto ai deputati delle Chiese estere, che in quest’anno ancora ci
vollero onorare di loro presenza. Erano questi i Rev. Dottore Stewart,
Kay e Burn-Murdock, tutti e tre incaricati di rappresentare nel
nostro Sinodo la Chiesa libera di Scozia, e mimiti a tale scopo di
ima lettera del Comitato Coloniale della medesima, in cui venivano
rinnovate, nel modo più commovente, le assicuranze di affetto e di
efficace simpatia a cui da più anni questa cara chiesa ci ha avvezzati. Primo a portar la parola fu il Rev. Burn-Murdock. Egli disse
l’interesse grandissimo che fin dall’infanzia viene destato nei suoi connazionali nel leggere la storia della nostra Chiesa, e la giqja singolare
ch’egli ha provata e prova tutt’ora nel trovarsi per la prima volta in
seno a quelle chiese di cui fino da bambino la sua mente ed il suo
cuore erano stati preocupati. Un tale interesse, prosegue egli, non è
soltanto rivolto al passato come accade quando trattasi della Grecia
0 di Roma, ma egli lo è all’avvenire, per mezzo dell’opera che Iddio
concede che facciate, in vista, della diffusione ognor crescente dell’Evangelo. Il Rev. Murdock rende, come testimone oculare, ottima testimonianza all’opera di Nizza, che è stata ed è tuttora, egli dice, di
gran benedizione ad un gran numero di persone di ogni ceto e di
ogni nazionalità, e conchiude esortandoci a perseverare nell’intrapreso cammino, e implorando dall’alto sulla chiesa delle Valli le più
preziose benedizioni.
Al Rev. Murdock tien tien dietro il Rev. Steward, il vecchio e costante amico della nostra Chiesa. S’io prendo la parola, egli dice, non
è già per esternarvi sentimenti che conoscete da molto temj)0, ma
solo per ringraziarci con tutto cuore di aver mandato l’anno scorso
uua deputazione del vostro Sinodo alla nostra Generale Assemblea, e
per accertarvi che questo ha fatto un gran bene, coH’aver stretto vie
più potentemente i vincoli di fratellanza cristiana che già gli uni agli
altri ci univano.
Il Rev. Fitz-Gerald-Day della Chiesa episcopale d’Irlanda esterna
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alla sua volta, come individuo, ma pure a nome anche della Chiesa
di cui è ministro, la gioia ch’ei prova di trovarsi in mezzo di noi in
una circostanza come questa. Dodici anni fa egli aveva una prima
volta visitato la. nostra Chiesa, e non può che rallegrarsi vedendo i
progressi notevoli che d’allora in poi si sono operati nel di lei seno.
Egli forma i voti mighori per il prospero andamento dell’opera nostra, e li compendia tutti in im detto del suo paese: “ centomila henedizioni veìigano sopra di voi'”.
In risposta a queste calde testimonianze di cristiana simpatia, il
Vice-Presidente,* a nome dell’Assemhlea, indirizza a questi onorevoli
fratelli parole impronte di quella gi'atitudine e di quell’aiFetto di cui
la Chiesa Valdese deve essere giustamente penetrata, a cagione di
tanto bene che, per mezzo di coloro che simpatizzano con essa. Iddio
si compiace di farle. Egli li incarica in modo singolare di dire alle
Chiese di cui sono i rappresentanti, quanto ci sia stata preziosa l’accoglienza cordiale che dalle stesse venne fatta alla nostra deputazione, il desiderio sìncero che nutriamo di mostrarci sempre piii degni della loro beniv^olenza, e termina, esternando nel modo piiì commovente, il profondo dolore che desta nel cuore di tutti il posto lasciato vacante in seno alla deputazione, colla morte prematura del
Rev. Hanna di Firenze, nella persona del quale la Chiesa Valdese
perde uno dei suoi più fedeli e zelanti amici.
Continua.
CRISTO DAVANTI A NOI
CRISTO IN NOI E CRISTO PER NOI
Parigi aprile 1858.
Caro amico,
Non senza rincrescimento ho atteso sino ad oggi per darvi alcuni ragguagli su quanto osservo intorno a me ; durante queste belle feste sopratutto
avrei voluto potervi stringere la mano in tutt'altra maniera che col pensiero,
e parlare a quelli che Dio vi ha confidato per pascerli, delle grandi rimembranze che ei empivano i cuori; ma la bella epoca dalla quale usciamo, moltiplicando le occasioni di predicare la croce e la risurrezione del nostro glorioso Redentore, raddoppia e triplica i doveri del Pastore. Oggi non è mio
intendimento di rammentarvi ciò che abbiamo qui fatto nelle nostre chiese
evangeliche ; canti solenni, fanciulle bianco vestite che si sono accostate per
la prima volta alla sacra mensa, predicazione della croce, del sepolcro e poi
* Per circostanze indipendenti della nostra volontà, è stata ritardata di molto la
pubblicazione di questo articolo. Sed
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della Pasqua; i nostri fratelli del Piemonte hanno a^'uto tutto eiù come noi;
oggi voglio invece condurvi a Nostra Donna, chiesa metropolitana della Diocesi. Venite: è domenica dopo mezzogiorno; vedete quei piccoli gi'uppi di
uomini che passano già i ponti di Nostra Donna e di S. Michele? ^’^edete
quei splendidi equipaggi che aspettano davanti la casa di Dio come nei
giorni di grande solennità? Ciò è perchè il Padre Felice, della compagnia
di Gesù, predica o tiene la sua prima conferenza innanzi al cardinale arcivescovo ed un uditorio folto di 4 a 5 mila persone quasi tutti uomini. Lo
vòlte secolari in cui avvennero tante scene memorabili, dalle crociate alle
ultime revoluzioni; dove figurarono tanti uomini, da S. Luigi a Robespierre;
l'architettura maestosa dell'antica cattedrale disgraziatamente alquanto sfigurata, l’attenzione di quest’imponente uditorio, la gravità del fine per cui
si riunisce, tutto desta un grande interesse.
Più d'una volta prima della quaresima la curiosità ed il desiderio d'istruirmi intorno a ciò che si fa nella chiesa romana ha diretto i miei passi
verso le chiese cattoliche, dove ho visto, quasi dovunque, uditori attenti e
raccolti, che fanno strano contrasto con quelli che ho potuto osservare nelle
chiese romane del Piemonte. Per parlarvi della mia impressione sommaria
vi dirò che essa fu piuttosto buona e seria. Invece di udire delle miserabili
cappuccinate, o violenti diatribe contro i cristiani evangelici, ho trovato in
queste chiese alcune traccie dello gi-andi tradizioni del cattolicismo francese.
Mio caro amico, il bene non appartiene al nostro Padre? E non dobbiamo
noi rallegrarci di vederlo in qualunque luogo e sotto qualunque nome ci si
appresenti? Non devo benedire Iddio quando veggo come la chiesa romana,
in mezzo agli orrori che la disonorano, trovi modo di far sentire a quelli che
la compongono un po’ d’influenza del gran nome di Gesù Cristo che essa
invoca? Io dunque voglio esser indulgente quest’oggi anche verso le forme
esterne del culto che tanto indispongono un evangelico e sopratutto un
valdese, allorquando egli entra in una chiesa cattolica. Non istarò a parlarvi
nè dell’altare della Vergine, nè del costume rosso del Cardinale arcivescovo;
ma vo’ sedermi con voi più vicino che mi sia possibile al pulpito del Padre
Felice per non perder nulla del suo sermone.
Passiamo sotto silenzio il preambolo che è diretto alla “ Eminenza ”
presente, cui dà incenso a piene mani, invocandone la benedizione, e veniamo al fondo. In una serie di conferenze sul Progresso, il predicatore aveva
l’anno scorso, mostrato il gi-an male che incaglia il morale sviluppo dei nostri giorni, cioè: la concupiscenza. H male richiede uu rimedio; è mestieri
d un argine abbastanza potente per arrestare lo straripamento del torrente
impuro della cupidigia. E qui, o signori, dice il predicatore, io mi sento felice di pronunziare innanzi a voi quel nome che è il più dolce alle mie labbra, il più caro al mio cuore: Gesù Cristo! Io bramo d'appoggiare in Gesù
Cristo tutto l’edifizio del progresso. Come uomo son convinto, e come cristiano ho fede che chiunque voglia stabilire il progresso dell’umanità sopra
altro fondamento gli scava invece 1 abi.sso.
In questa prima conferenza ho notato degli slanci veramente sei-j e bolli:
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la santità ideale, la vita intima, la storia del cristianesimo, ecco i tre
pensieri principali. Qual’è l’ideale della santità? E’ la santità in persona, è
riiomo-Dio, Gesù Cristo nostro Signore. I maestri dipingono quest’ideale
sulla tela, lo scolpiscono sul marmo, lo incidono nella parola, ma senza poter giammai esprimere la perfezione che presentano. 0 bellezze dell’uomoDio, chi è stato capace di rivelarvi a me in una imagine in cui l’anima mia
potesse riconoscervi ed esclamare: è Lui! è l’imagine di collii che amo, è il
ritratto di Gesù Cristo! Ebbene, ciò che il pittore non può mostrare sulla
tela, nè lo scultore sul marmo, nè il poeta nei suoi canti, il cristiano ha la
vocazione di mostrarlo nei suoi atti.
I razionalisti parlan pure nel XIX secolo d'un ideale che bisogna seguire,
d’un Cristo che bisogna imitare, ma qual Cristo e qual ideale? Un Cristo
astratto come un’idea, freddo come un’ombra,' un vero simulacro. — Amate
voi il bello? pare che dicano. E’ lo stesso che amare il Cristo. — Adorate r ideale ed il bello ? Voi adorate il Cristo. — Lasciate che il cristiano del passato ne adori i simboli. Voi cristiani dell’avvenire adoratelo
nella verità. — Secondo questa strana teoria, tutti i nostri poeti sono santi,
10 sono gli artisti, lo sono gli autori di romanzi e di appendici, poiché, in
fin dei conti, il bello non è Cristo? ITn Cristo piacevole, il quale non domanda ai suoi adoratori che i fiori della letteratura, i profumi della poesia
ed i puri incensi delle belle arti. Dove avete mai veduto una casa, un
padre, una madre, un fanciullo, non dico già santificati, ma pur moralizzati
dall’imitazione di questo Cristo metafisico? Ah! l’ideale davvero possente,
efficace, fecondo per creare le virtù e dare dei santi, è soltanto quello determinato, personale, vivente, chc il cristianesimo offre da 18 secoli agli
sguardi dell’umanità.
Or ditemi, l’avete voi mirato, nella sua splendida aureola, questa grande
figura del Cristo? Eccola nel mezzo dei secoli e nel centro della storia; da
ogni parte le generazioni la scoprono, e scoprendola si rizzano per meglio
vederla come l’astro che monta all’orizzonte dei popoli. Oh! come è bella
questa figura dell’uomo-Dio; com’ essa è grande! come è attrattiva que.sta
figura dell’uomo-Dio! com’è radiante il suo sguardo! com’è dolce il suo
raggio ! come è vivificante e fecondo il calore che viene a noi colla sua luce !
Imitando G. Cristo, i cristiani si fanno santi secondo la misura di questa
medesima imitazione; più un uomo l’imita, e più egli è cristiano: il cristiahesimo è l’imitazione di G. Cristo. Voi comprendete bene, amico mio, che in
queste parole vi è una nozione grande ed elevata dell'ideale cristiano, e vi
è pure un sentimento morale, serio e per.sonale, che bene spesso si avvicina
molto alla coscienza, come quando egli il predicatore dice : “ Signori, voi
domandate — Ove sono i santi? ed aggiungete: io non ho mai incontrato
dei santi? Può darsi; è questa la sventura della vostra vita. Voi dunque non
avete incontrato dei santi? In qual via siete andato a cercarli voi? Voi percorrete il sentiero che conduce alla gloria, alle ricchezze, ai piaceri, e forse
11 sentiero che conduce alla scostumatezza; e poi dite che non avete mai incontrato dei .santi! Ah! lo comprendo, la via dei santi è ben divers«. Per-
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correte invece tutte le vie che conducono alla virtù, all'abnegazione, al sacrifizio ; entrate infine nella via della croce, e là troverete i santi che camminano sulle traccie del Crocifisso
Volesse Dio che un gran numero di preti romani predicassero con tanta
energia la necessità di imitare il Cristo, di rinunziare al mondo, di sacrificarsi per Lui ; volesse Dio che noi, i quali abbiamo la fortuna di non essere
preti romani, sapessimo toccar sempre e così energicamente la corda dell’ammirazione e dell’imitazione di Gesù Cristo!
Lo stesso sentimento animava l’ultima predica del padre Felice, che udii
il sabato sera, vigilia della Pasqua. Dopo d’aver tratteggiato durante la settimana santa, in una serie di discorsi, “ il figliuol prodigo ”, davanti un immenso uditorio, che accorreva ogni sera con insolita attenzione, egli ¡)rovò
sopratutto ai giovani, che il solo oggetto capace di dare ai loro cuori la pace,
perchè il solo degno di esser l'oggetto supremo del nostro amore, è Gesù
Cristo — Gesù Cristo ed il suo amore umano, divino e sofferente. Tutto
ciò è bello ed istruisce e potrebbe riassumersi così : Cristo davanti a noi.
Cristo modello, Cristo santificante. Ah ! non dimentichiamo questo modello,
questo ideale, questo sole che solo può illuminarci nel sentiero della santificazione; ma nou è tutto; Cristo modello ideale, ammirato, ed imitato ancora non basta. Udite il padre Felice, egli andrà più oltre. Dopo d'averci
presentato nella prima parte .Cristo davanti a noi, nella seconda parte dei
suoi ragionamenti ci presenterà Cristo in noi.
Li che consiste la natura intima, la sostanza propria del cristianesimo?
Che cosa costituisce nel cristiano il mistero della vita cristiana? Qual’è l’essenza, quale il sugo di questa vita soprannaturale, per cui l’uomo diventa
più che uomo ed assume il nome glorioso di cristiano? Tutto si riassume in
questa formola semplicissima: Gesù Cristo vivente nell’uomo. Qui il naturalismo scrollando il capo mette un sorriso dicendo: Che è mai questo mistero che io non comprendo? questa sostanza soprapposta alla vita puramente
umana non è che un sogno mistico, uon è che un pio incantesimo, un religioso miragio che fa vedere al cristiano come vivente in lui medesimo il
Dio che adora. Dinanzi alla pura fiaccola del razionalismo moderno questi
sogni incominciano a svanire, lo mi contento quest’oggi di opporre a questa
negazione razionalista, l’affermazione cristiana. Or questa affermazione sovrana che afferma sopra tutto? Afferma, siccome domma fondamentale del
cristianesimo; Gesù Cristo vivente nel cristiano. Gesù Cristo che si offre al
cristiano come modello di perfezione è l’ideale del cristianesimo; ma Gesù
Cristo vivente in noi, nel centro della nostra vita, è la sostanza, la vita intima del cristianesimo. _ *
Sì, io lo credo, al di sopra di questa vita per la quale io posso dire ; io sono
un uomo, è in me un’altra vita per cui posso dire : io sono cristiano. Questa
vita è Gesù Cristo vivente in me; sono io vivente della vita di Gesù Cri.sto;
e come il grande Apostolo, commosso al contatto di questa vita divina,
sento il bisogno di esclamare innanzi a voi: La mia vita è Cristo: mila vivere Christìis est. O Paolo! o adoratore! o amante appassionato di Gesù
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Cristo! io credo al grido che metteva l’anima tua quando sentiva in essa la
vita di Gesù Cristo; credo all’affermazione, e dovTci dire piuttosto aU’entusiasmo dei miei fratelli, i santi; credo alla testimonianza dell’anima mia che
si ravviva per affermare dinnanzi a voi il mistero della propria vita; credo
al gricciolo delle mie labbra che vibrano^in pronunziando queste parole; al
soffio stesso di Gesù Cristo, e finalmente aU’assentimento unanime e simpatico di tutti i cuori, che mi vengono all’incontro e par vogliano dirmi, riconoscendo in questa parola il grido uscito da loro stessi; sì, la vita del
Cristo è in noi ; e la nostra felicità, la nostra gioia è dì sentirci con voi nell'unità di questa vita fraterna.
Fratelli, voi avete ragione, sì, la vita del Cristo è in voi; e la vostra vita
e la sua vita non sono due vite, ma una vita sola; Christus vita vestra. Noi
siamo qui molti, eppure non siamo che un solo; inulti unum sumus', ed il
legame divino di questa unità è Cristo: multi sumus in Christo. Ecco il mio
cristianesimo; chiunque ne predichi un altro non è cristiano.
Il sermone è finito, usciamo amico mio, or qui si cantano le litanie; all'occorrenza le canterei anch'io, ma si tratta di latino, ed io amo meglio di
pregare in francese, e voi in italiano; gli equipaggi partono e conducono al
sobborgo di S. Germain il fiore dell'aristocrazia francese e, diciamolo, più
d’un'anima profondamente religiosa e pia; i giovani criticano e discutono il
sermone e poi vanno a passeggiare nei campi Elisi, ed ahi! forse la sera
al teatro, per commoversi al veder la signora Ristori nella Medea, come
furono commossi dal sermone del padre Felice. Ma gli è questo il loro
abito, nè io ne darò colpa al predicatore; no, nel suo sermone v’è argomento da scaldar più cuori e da rendere anche serie più coscienze rette ;
non voglio neppure notarne la declamazione ed il gesto, che certamente
non ha la dignità dell'oratore cristiano; credo che si potrebbe esigere di
più, maggiore intimità, più unzione, più “ pectus ”, ciò che fa l’oratore.
Dopo quanto abbiamo udito, io non oso metter in dubbio che il predicatore sia un uomo convinto e pio e conosca qualche cosa della vita che 6 in
Gesù Cristo. Può darsi pure che molti cristiani non domandassero nulla
di più, e stupissero aU’udire un sermone così serio e così puro di dottrina
dalla bocca d’un Gesuita. Dio sia benedetto! il Vangelo ha le braccia lunghe e la mano forte, e può strappare molte anime alla morte, fin dalla gola
del leone e persino dai denti di Behemoth; lasciamo dunque al predicatore
ciò che Dio gli ha dato, e domandiamo ; “ Cristo davanti a noi come modello;
Cristo in noi come emozione e principio di vita, è tutto ciò che ci abbisogna?”
_^No, no, ci abbisogna ancora un’altra cosa; e lo stimabile Gesuita, che io
amerei salutare col nome di Padre, non ce l’ha dato integralmente; ma ce
lo dà un altro frate, e questo frate che fa una mortai paura a quello di cui
sinora abbiamo parlato, è il dottore Martino Lutero; udiamo ciò che egli ci
dice a questo proposito, e noi troveremo ciò che ci manca presso il Gesuita.
“ Amico mio, bisogna considerare Cristo, la sua Parola, la sua opera e la
sua passione sotto due punti di vista; dapprima come un esempio lasciatoci
perchè venga imitato, come dice S. Pietro, 1 epist. n, 21 “ Cristo ha patito
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per noi, lasciandoci un esempio affinchò noi seguissimo lo sue pedate. ”
Allorché dunque egli prega, fa del bene agli infelici, mostra agli uomini
la sua carità, anche tu devi farlo ed agire nel modo stesso verso te medesimo e verso i tuoi fratelli. Ma ciò è pure la minima parte del Vangelo, e se non vi fosse altro, non meriterebbe il nome di Vangelo, poiché in ciò Cristo non ti è molto più utile che un santo qualunque. La sua
vita rimane in lui e non può servire a salvarti. E per dirla in una parpla,
quella predica non fa dei cristiani, ma dei giusti secondo l'uomo. Ma gli é
mestieri che tu jriunga a levarti più alto; abbenchè per lungo tempo consistesse in quello la predica più edificante che si udiva. L’articolo principale,
il centro, la base del Vangelo, si è che prima di ricevere il Cristo siccome
un modello, lo accetti come un dono, come un regalo che ti vien da Dio, e
che ti appartiene. In guisa che allorquando tu lo vedi e senti che opera e
soffro, non ne dubiti punto, e vi confidi come se l’avessi fatto tu medesimo,
come se tu stesso fossi il Cristo. Ecco ciò che chiamasi Vangelo, come bisogna intenderlo ; sta qui la sovrabbondante misericordia di Dio, che nessun
profeta, nessim apostolo, nessun angelo ha potuto esaltare abbastanza, che
nessun cuore potrebbe abbastanza ammirare e comprendere. ÌJcco il gran
fuoco dell’amore divino verso di noi; sta qui appunto ciò chb rende la coscienza ed il cuore giulivi, sicuri e tranquilli; ecco ciò che cliiamasi predicare la fede cristiana; ecco in che modo si annuncia il Vangelo, ossia la
buona, la consolante, la lieta novella, il messaggio di cui i dodici apostoli
sono apportatori. Già I.saia predicava questa grande novella dicendo: “ Il
pargolo ci è nato, il figlio ci è dato ”. Se dunque ci è dato, bisogna dire chc
è nostro, e convien che noi l’accettiamo come nostra proprietà. E chc? c
non ci ha egli dato ogni cosa col suo Figlio? (Rom. viii. 22). Ciò posto, amico
mio, se tu accetti il Cristo siccome un dono che ti vien fatto, e che ti appartiene; e se non ne dubiti punto, allora sei un cristiano; questa fede ti riscatta
dal peccato, dalla morto e dall’inferno, e ti farà sormontare ogni ostacolo.
“ Ah! chi potrebbe ripetere ciò abbastanza? Il rincrescimento e l’amar
cordoglio che prova il cristiano è che una predica di tal genere si ode assai
poco, malgrado che dappertutto si vanti il Vangelo. Quando tu avrai accettato così il Cristo, come fondamento e bene supremo della tua felicità, allora seguirà il secondo punto, cioè lo riceverai come modello, e ti dedicherai
al servizio del prossimo, come Egli ha fatto. Così la carità si imisce alla
fede così la legge di Dio si compie, c l’uomo lieto e fermo e senza timore
può fare e soffrire tutto quanto vuole Dio. Bada bene adunque che Cristo,
come dono, alimenti la tua fede, e come modello eserciti le tue opere
E qui, amico, mio, pongo fine; così intendo io il Vangelo, e voglia Dio che
così l’accettino i nostri amici del Piemonte, cioè in modo semplice e senza
aureola d’entusiasmo. Cristo davanti a me è il mio modello; ma s»non è
altro, egli mi condanna; Cristo in me è la mia felicità; ma non mi guarentisce
la salute ; ciò che sopratutto mi abbisogna, è Cristo per me, mio Salvatore,
mio avvocato, mio mallevadore. Ah! riceviamolo così, e poi tonghiamolo
sempre davanti e viviamo come lui di abnegazione e di carità. G. A.
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RISPOSTA
ALL’ APOLOGISTA DEL 5 MAGGIO
Non ci bisogneranno soverchie parole per ribattere i pretesi argomenti
àeWApnhfjista contro i nostri, addotti in buon numero, e tolti dai più celebri
Padri, onde noi dimostriamo erroneo il culto e l’invocazione dei Santi. Si vedrà qual conto si debba fare della gran scienza patristica dei romani teologi.
Per confutarci, si ha ricorso al Padre, ben noto anche fra i romanisti, per la
debolezza del suo cervello, per le enormità che i di lui scritti contengono,
vogliam dire S. Bfrem Siro, che giunse a noi, come si sa, sfigurato da falsificazioni non poche e delle più grossolane; eppure il cardinale Veisman si
è prevalso di lui come di un gran testimonio! Vien citato anche Ambrogio,
ma i critici non sono però sicuri che gli si debba attribuire l’opuscolo de
Viduis, perchè privo dell'impronta speciale di quel Padre. Bisognava almeno
indicarci con esattezza in qual parte di tale opuscolo contengasi la citazione.
Ma piace più il vago e l’incerto, che l’esatto ed il preciso, affinché le verificazioni siano difficilissime od impossibili. Così pur diciamo di quel modo
tanto spedito di recar prove, molto concludenti in vero, come per esempio
queste parole: “ le preghiere di S. Agostino sono note Non a torto noi
sospettiamo queste forme di dh-e che cercano imporne, qiiasicchè asserzioni
gratuite si debbano prendere per oracoli. Perciò cominciamo noi dall’aft’ermare che la citazione di S. Efrem, quella che fa più sfoggio nell'articolo,
come se bastasse a ridurre a nulla le nostre prove certo numerose e di peso,
contenute in sette od otto colonne, e tratta da un libro, de laudibus Virginis,
che appunto non e’ di lui. Ne fa piena fede uno dei più gravi storici ecclesiastici romani: vedi Tillemont Mémoires ecclésiastiqwes tom. 3 pag. 757,
nota 16 sopra S. Efrem. Anche Oudinds riconosce che quel discorso fu fabbricato molti secoli dopo. Oddinus de seriptor. ecclesiasticis tom. 1. coll. 605.
Ecco dunque una delle più vantate autorità andarsi in fumo. Le due altre
Ambrogio ed Agostino, per le ragioni già addotte, benché ostentate come
“ due palpabili prove ” svaporano come la prima. Che rimane dunque che
distrugga quella serie di testimonj dei Padri greci e latini, non pochi ma
molti, da noi citati, i quali certamente di proposito deliberato, a lungo, con
somma chiarezza insegnano una teoria sopra il culto e l’invocazione dei
Santi che è l’antitesi la più forte che dar si possa di quella di Roma? Ma
ecco come VApologista, che sul bel principio cercò a dar ad intendere ai
lettori (1 quali non leggeranno che lui solo) che abbiam fatto grandi promesse , ma senza potere adempierne una sola, ecco come conchiude :
“ per ora non confuteremo le vostre falsità, così confessa non aver prodotto contro di noi alcun serio argomento. E infatti non è possibile. Riuscì
forse al cardinale Veisman di confutare l’opera dottissima del sig. Endell
Tyler sul culto di Maria, di non meno che di 300 a 400 pagine? Riferisco
questo brano di lui, pag. 390, che ben prova il vero stato della questione, e
come Roma sola sia sempre forzata a ricorrere a falsificazioni ed apocrifi, affinchè sembri agl'ignoranti che essa sostenga sul serio la controversia.
“ Abbiamo esaminato, dice quel dotto scrittore, per quanto si potè da noi,
“ gli scritti deU’antichità cristiana, quelli in ispecie che (nel 492) ricevet“ toro l’approvazione del Papa e del Concilio tenuto in Roma; abbiamo
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“ del pari investigato a fondo i primi Concilj, ed abbiam trovato che tutte
“ le non sospette e genuine opere, come con voce unanime, attestano che
*• sia quegli scrittori quanto i loro contemporanei, niuna credenza professa“ vano sull’attuale potere della Vergine o patrocinio di lei presso Dio, che
“ nessuna pratica in pubblico ed in privato esisteva con preci a Dio jndiriz“ zatc per mezzo della di lei mediazione, e che iu niun modo era essa invo“ cata per ottencneme l’intercessione e la mediazione, che nissuna offerta di
“ grazia e di lode, o attribuzione d’onori religiosi al di lei nome riconosce“ vasi; ma che piuttosto nel corso di questi secoli tutti gli scrittori tcstifi“ cano che per i cristiani primitivi l’unico oggetto di preghiera era Iddio,
“ e Cri.sto il solo mediatore celeste ed intercessore in cui essi mettevano la
“ loro fiducia
Nelle opere di S. Efrem medesimo, riconosciute per vere dai critici, nmi
si riscontra sillaba che giustifichi il culto ed invocazione di Maria, non nelle
opere di S. Gerolamo ed in tant’altre dei Padri dei primi cinque secoli.
Ma chi non sa? chi non lesse nei più zelanti scrittori romani stessi, che si attribuì quasi ad ogni Padre qualche opera spuria composta assai tardi, od
anche che le vere furono grandemente corrotte? E’ questo un canone posto
in dubbio da nessuno, e noi fondandoci sopra di lui, conchiuderemo queste
pagine con un dilemma che volgerà in nostro favore per poco si voglia far
uso del buon senso e del più volgare criterio. Ilo provato con moltiplicità
di passi tutti desunti da S. Agostino stesso, da 8. Atanasio, da Grisostomo,
da Gerolamo e da una folla d’altri che tutti, con pieno accordo, argomentavano contro gli Ariani in questo senso: se Cristo è puro uomo niun culto
gli è dovTito, non possiamo nè dobbiamo invocarlo e pregarlo, poiché nongli appartiene l’onniveggenza e l’onnipotenza; l’invocazione, la preghiera
ed il culto appartengono a Dio solo ; niun essere creato, nemmeno gli Angeli, possono accettarli e n’hanno anzi orrore. Ecco la teoria patristica che
ha per appoggio centinaia e centinaia di passi estratti dalle opere di questi
antichi dottori. Ora si vanno a noi opponendo, tolti dagli stessi Padri, alcuni
passi che giustificherebbero l’invocazione, il culto e la preghiera dei Santi.
La contraddizione è insieme evidente e mostruosa, ed a buon diritto l’autorità di questi Padri debbe cadere in dispregio. A che partito appigliarci?
Che pensare? La sana critica ci costringo a credere, che non già nei secoli
posteriori potè introdursi il lingiraggio come (¿nello tenuto agli Ariani, ma
bensì il linguaggio opposto, affine di autorizzare, sotto il nome di quei Padri,
la mediazione ed il culto dei Santi che durante la barbarie fecero sì gran
progressi. Ecco il dilemma, noi ripetiamo, e per volgerlo contro di noi bisogna sacrificar ogni logica, abbracciar l’assurdo c pcccarc colla mala fede
la più insigne, il che è poi sempre l’ultimo rifugio dei nostri a\'versarj. Teofosfilo secondo questi “ povero novizio che non conosce nè i nostri controversisti nè i suoi ” così risponde ai soli pienamente dotti e competenti iu
ogni cosa. Teofosfilo
CRONACA DELLA QUINDICINA
I ghiottoni di miracoli e di apparizioni sovrannaturali sentiranno con sommo
rammarico la sorte testé toccata in Francia, nel dipartimento degl'Alti Pirenei, ad un'impostura di questa fatta, che era in buon cammino di eguagliare
se non di superare l’aurifera invenzione di Nostra Donna della Salette. Una
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ragazza di teuera età, la quale, come dice il Biècle, “ avea per specialità di veder comparire la Vergine con veste bianca, cintura azzurra e scarpe gialle ”,
era riuscita, colle pretese sue rivelazioni, a destare nella popolazione dei
dintorni di Lourdes un tale fanatismo, che non solo una cappella ricca di
doni stava per innalzarsi sul luogo delle apparizioni, ma che il numero
delle visionarie andava crescendo a tal segno che non si sa come la cosa
sarebbe andata a finire, se non si fosse trovato chi energicamente ponesse
riparo a tali esorbitanze. Il prefetto degli Alti Pirenei signor Barone di
Marny, capitando in quei dintorni, e venuto in chiaro delle cose come stavano, rivolse ai signori Maires del Distretto un’allocuzione, nella quale gli
informò che “ avea dato ordine al commissario di polizia di trasportare alla
casa comunale, dove sarebbero posti a disposizione degli oblatori, tutti gli
oggetti regalati alla grotta; che inoltre aveva dato ordine di arrestare e di
trasportare all’ospedale di Tarbes, per esservi curati come ammalati, a spese
del dipartimento, quelle persone che pretenderebbero aver visioni, e che di
più inseguirebbe come propagatori di false notizie tutti quanti sarebber
concorsi a diffondere le voci che andavano in giro su tal argomento ”. Quest’ordine, eseguito senza opposizione di sorta, pai'e sia bastato a far cessare
ogni estasi, ed in ogni caso avTà chiuso, appena era stata aperta, una nuova
fonte di scandali e d’impostm-e, di cui i clericali volevano regalare la Francia.
In Austria, mentre il Governo niega il diritto di esistere ai Fratelli di
S. Oiovanni, che paiono, dalle loro idee, come una specie di Darbismo in
seno al Romanesimo, egli trova nell’attuazione di quel concordato che dovea
esser la gloria del giovine imperatore, difficoltà ognor crescenti e che provengono, parte dall'ingordigia dell’alto clero cui sembra non gli si conceda
mai abbastanza, parte dall’opposizione del clero inferiore, il quale, passato
il primo trasporto, rimpiange i tempi andati e vorrebbe tornarvi. Aggiungi
a (juesto le conversioni dalla Chiesa romana alla Evangelica, e che (in
buona parte a cagione di quel concordato medesimo) si fanno ognor più
numerose negli stati della monarchia e segnatamente in Boemia.
Nel nostro Piemonte, sono all'ordine del giorno le mene ohre ogni dire
scandalose coUe quali i clericali hanno cercato, in certi collegj segnatamente, di mandare al Parlamento, in occasione delle ultime elezioni, uomini del loro partito. I rapporti deUa Commissione d'itichiesta hanno rivelato su tal proposito, ed a carico non solo di semplici preti, ma anche di
certi mitrati, cose che non si sarebbero mai credute, e tali da togliere alla
religione che questi rappresentano ogni influenza, togliendole ogni credito
presso la popolazione. In mezzo a questi scandali, e forse in parte in grazia
di essi, l’Evangelo si diffonde, la Parola di Dio viene ognor più ricercata e
letta, ed il tempo, lo speriamo, si avvicina in cui la semenza da più anni
gittata su varj punti del nostro paese germoglierà e diventerà una messe
abbondante, che rallegrerà il cuore di coloro cui sarà dato di contemplarla.
Domenico GroBso gerente.
TORINO — Tipografia CLAUDIANA, diretu da K, Tromlicttó.