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DELLE YAUl VALDESI
BIBLIOTECA VALDESE
1U066 TORRE PEIL ICE
Settimanale
della Chiesa Valdese
Anno 111 - Nom. 1
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TORRE PELLICE 4 Gennaio 1974
Amm.: Via Cavour, 1 bis - 10066 Torre Pellice - c.c.p. 2/33094
CAPODANNO 1974
Amnistia per gli arrestati
Speranza contro speranza presbiteriani del Mozambico?
Sulla soglia del 1974 la domanda rituale è; Che cosa ci porterà il nuovo
anno? Ma qualcuno ha osservato che
c’è una domanda più seria da porre:
questa: Che cosa porteremo noi nel
nuovo anno? Il tempo, in sé, non porta
niente. Sono gli uomini, o Dio, che
portano. Il 1974, come gli altri anni passati o futuri, ci si dischiude dinanzi come uno spazio vuoto offerto alla nostra responsabilità. Cosa ne faremo?
Ne faremo un tempo di fedeltà o di
tradimenti? Di perseveranza o di rinuncia? Di obbedienza o di compromesso? Di fede o di dubbio? Di amore
o di indifferenza? Di speranza o di
scetticismo? Si dice che il futuro è
un’incognita, ma forse la vera incognita siamo noi; siamo noi il grande
punto interrogativo attraverso il tempo. Che cosa porteremo noi, come credenti, come discepoli di Gesù, nel 1974?
«Tu, dunque, torna al tuo Dio, pratica la misericordia e la giustizia, e spera sempre nel tuo Dio » — questa è
Tindicazione del profeta Osea (12, 7),
sono le cose che, come popolo di Dio
(« tu... »), possiamo portare nel 1974.
« Tu, dunque, torna al tuo Dio ». Se
devi tornare a Dio, è perché ne sei lontano. Secondo la Bibbia non è mai Dio
lontano dalTuomo, è sempre Tuomo
lontano da Dio. « Torna... ». Non dice:
« Va » ma « torna ». Tornare vuol dire
rifare il cammino alTindietro. Quando?
Quando ci si accorge non solo che si
va nella direzione sbagliata ma si va
nella direzione opposta a quella in cui
si dovrebbe andare. Il fatto che nella
Bibbia si dice di tornare a Dio più che
d. andare a lui significa che si tratta
non solo di cambiare strada ma di
invertire la marcia. Il profeta chiede
dunque al popolo di più che una semplice svolta: le svolte, sovente, sono
solo delle varianti. II cammino dell’umanità (e della chiesa) è pieno di
varianti, ma le inversioni di marcia, i
veri ritorni a Dio, sono rari, proprio
perché tornare a Dio significa prendere la strada opposta a quella che si sta
facendo. Ma chi ne ha il coraggio? Chi
ha il coraggio di intraprendere non
solo un cammino diverso (già questo
è difficile) ma il cammino opposto a
quello che sta percorrendo?
« Torna al tuo Dio ». Non basta tornare in se stessi? Sarebbe già bello se
almeno questo accadesse. Una pausa
di riflessione, un momento di ripensamento... Ma tornare in sé è un esercizio al quale l'uomo volentieri si sottrae.
Che dire, allora, del tornare a Dio?
Tornare in se non è la stessa cosa che
tornare a Dio ma è tornando a Dio che
si ritorna in sé, perché Talienazione
da se stessi è frutto dell’alienazione
da Dio.
Ma cosa comporta questo ritorno a
Dio? II profeta lo precisa subito: « pratica la misericordia e la giustizia ».
Cioè: il ritorno a Dio si esprime, concretamente, nella pratica della misericordia e della giustizia. Se ne possono
trarre almeno due conseguenze. La prima è che tornare a Dio non significa
fuggire dal mondo. Molti cristiani pensano che quanto più ci si vuole avvicinare a Dio tanto più ci si deve al
lontanare dal mondo. Qsea ci insegna chiesa ha diviso quello che Dio aveva
invece che la via del ritorno a Dio non
passa lontano dal mondo ma attraverso il mondo; non è una via senza uomini ma in mezzo agli uomini.
La seconda conseguenza è che la misura dèlTaHontanamento di un popolo, o di uno Stato, da Dio non è l’assenza di religione ma l’assenza di misericordia e di giustizia. È questo il metro
adottato dal profeta. Ai suoi tempi la
religione prosperava, eppure il popolo
era lontano da Dio pur continuando a
praticare la religione. Oggi, nei nostri
paesi, la religione è sempre meno praticata, ma non è questo il segno che
siamo lontani da Dio. Lo saremmo
ugualmente anche se la religione fosse
molto praticata. Non la pratica della
religione ma la pratica della misericordia e della giustizia è il segno autentico
del ritorno a Dio.
« Pratica la misericordia e la giustizia »: sono la realtà fondamentali, di
cui abbiamo bisogno quanto del pane
quotidiano. Non abbiamo bisogno di
più progresso (semmai ci occorre un
progresso diverso)', non abbiamo bisogno di più scienza (semmai ci occorre
un diverso uso della scienza); non abbiamo bisogno di più sviluppo (semmai ci occorre un altro sviluppo). Abbiamo bisogno di misericordia e di giustizia come dell’ossigeno. Senza loro
non si vive: il mondo diventa una
giungla. Dove non c’è misericordia non
c’è umanità e dove non c’è giustizia
non c’è pace. Nulla manca tanto al nostro mondo quanto la misericordia e
la giustizia. Tutti le reclamano, giustamente. Il profeta dice anche di praticarle: cioè di volerle non solo per sé
ma per gli .altri.
« Misericordia e giustizia »: singolare abbinamento, tipicamente biblico.
Nella nostra esperienza quotidiana misericordia e giustizia sono spesso separate. È la chiesa che le ha separate,
riservando a sé la pratica della misericordia e lasciando alla comunità civile la questione della giustizia. Così la
unito, con gravi conseguenze: la misericordia disgiunta'dalla giustizia diventa beneficenza e la giustizia disgiunta dalla misericordia diventa formale,
legale, al limite appcirente. Non si offra dunque misericordia -a chi chiede
giustizia! Ma non si dimentichi la misericordia là dove si fa giustiziai Dobbiamo ancora imparare che misericordia e giustizia sono sorelle, e non si
escludono, al contrario si implicano e
integrano a vicenda.'
« E spera sempre nel tuo Dio ». Di
nuovo Dio, il tuo Dio, ripetuto per la
seconda volta. Non un dio straniero o
un dio sconosciuto, q un dio nuovo —
ce ne sono tanti! Ma il tuo Dio, quello
che già hai conosciùto, che ti ha liberato e chiamato. Spera sempre nel tuo
Dio. Non è casuale questo invito alla
speranza. Se uno davvero si accinge a
« praticare la misericordia e la giustizia » in questo mondo senza misericordia e senza giustizia, conoscerà non
poche delusioni, sia nel lavoro politico
che nei rapporti personali. Queste delusioni si possono superare solo con
una grande speranza. Ma le nostre
speranze sono piccole. Perché? Perché
speriamo in noi stessi e per noi stessi.
Impariamo a sperare non in noi ma
in Dio, non per noi ma per gli altri.
Allora la speranza diventa grande. Allora diventa.una speranza permanente:
spera sempre nel tuo Dio. Nelle tue
forze, nella tua chiesa, nel tuo partito,
nel tuo prossimo non puoi sperare
sempre; nel tuo Dio, sì. In Dio, non
nell’ uomo. « Non nell’ uomo ma per
l’uomo »! (H. Gollwitzer).
Sulla soglia del 1974, con tutte le ombre che si addensano all’orizzonte, sperare... È la cosa più(ij}iflìcjle. Ma anche
la più necessaria. Sii Osea ci invita a
sperare sempre nel nostro Dio, questo
« sempre » comprende anche il 1974.
Sarà certamente una speranza contro
speranza (Romani 4, 18). Ma sarà speranza, non disperazione.
Paolo Ricca
(spr) — « Partecipo con vivissima
emozione alla sessione del Sinodo della Chiesa presbiteriana nel Mozambico.
Gli avvenimenti degli ultimi mesi hanno tessuto fra noi vincoli che nulla potrà spezzare. L’intensa comunione fraterna in cui abbiamo vissuto e viviamo
tuttora resta un segno tangibile della
nostra vocazione comune ». Così il pastore E. Perret, segretario generale dell’Alleanza Riformata Mondiale
(ARM) si rivolgeva ai membri del Sinodo della Chiesa presbiteriana nel
Mozambico (IPM) riunito a Lourengo
Marques dall’S al 10 novembre scorso.
Questa visita voleva esprimere concretamente l’interesse fraterno manifestato da tutte le Chiese dell’ARM nei
confronti dell’IPM. Il past. Ewin Pons,
segretario generale della Chiesa presbiteriana nelTAfrica australe ha portato,
a sua volta, la testimonianza d’amicizia delie Chiese vicine della Repubblica sudafricana. Entrambi hanno potuto partecipare, nella prigione di Machava, nei pressi di Lourenqo Marques,
a un culto di santa cena che riuniva i
19 membri dell’IPM allora ancora detenuti.
I pastori Perret e Pons hanno potuto visitare numerose stazioni dell’IPM.
A Chicumbane, dove ha predicato, E.
Perret ha ringraziato i membri di quella chiesa per la parte avuta da loro nella sua vocazione pastorale: fu infatti
udendo parlare, adolescente, dell’opera
missionaria a Chicumbane, che quella
vocazione nacque.
In seguito, il Dipartimento missionario delle Chiese protestanti della Svizzera romanda ha annunciato la liberazione dei 19 presbiteriani ancora detenuti: « Siamo stati informati che il
nuovo governo del prof. Marcelo Caetaño aveva proclamato il 13 novembre
una amnistia riguardante soprattutto
le persone arrestate nel Mozambico nel
giugno 1972. Per la Chiesa del Mozambico ciò vuol dire: 1) che i 19 membri
dell’IPM ancora incarcerati sono stati
liberati; 2) che i 37 membri rilasciati
nel dicembre 1972, ma che dallo scorso
agosto erano stati accusati dalla polizia politica, sono stati informati che la
procedura a loro carico è stata archiviata. Non abbiamo, però, ancora ricevuto conferma di questa notizia e attendiamo chiarimenti sul significato dì
questa amnistia. Ricordiamo che nel
corso di questo lungo incarceramento
4 membri della Chiesa presbiteriana,
fra i quali il suo presidente, il pastore Zedequias Manganhela, sono morti
in circostanze rimaste oscure ».
Dono del governo olandese
al programma antirazzista del CEC
Ginevra (soepi) - Il governo olandese
ha fatto sapere al Consiglio ecumenico
delle Chiese di aver deciso di devolvere
una somma pari a oltre cento milioni
di lire per il suo fondo speciale di lotta al razzismo.
Il ministro olandese per lo Sviluppo
ha precisato al CEC che quest’offerta
andava di pari passo « col nostro scopo che è quello di permettere lo sviluppo e di portare un aiuto umanitario
Una testimonianza di Jiri Pelikan, profugo politico, cinque anni dopo la primavera di Praga
Una speranza emigrata
« Una delle lezioni di quel periodo è che la libertà è una e indivisibile e ogni forma di repressione finisce per
ritorcersi contro quanti l'hanno accettata come un mezzo per risolvere le contraddizioni politiche e ideologiche »
Iscritto al partito comunista cecoslovacco dal 1939, Jiri Pelikan partecipò alla resistenza antinazista e fu con
i suoi parenti arrestato dalla Gestapo: la madre morì assassinata dai nazisti. Deputato dal 1948 fu allontanato
dalla vita politica nel 1961 per aver
chiesto la riabilitazione delle vittime
del processo Slansky. Fu successivamente direttore della televisione cecoslovacca e rieletto deputato nel 1964.
Assunta nel 1968 la presidenza della
commissione per gli affari esteri del
A TREMT’ANNI DALLA « CARTA DI CHIVASSO »
Autonomismo valdese
È caduto alla fine del 1973 il trentesimo anniversario della Dichiarazione dei
Rappresentanti delle Popolazioni Alpine, nota come Dichiarazione o Manifesto o pili impropriamente Carta di Chivasso. E a Chivasso il Consiglio Regionale Piemontese con Vamministrazione
Comunale e d’accordo con la Regione
Autonoma Valle d’Aosta ha voluto ricordarlo il 1" dicembre con lo scoprimento di una lapide e una tavola rotonda, presieduta dal Presidente Gianni
Oberlo, cui parteciparono, oltre al sindaco, al prof. Mario Viora del CLN locale, e ai valdostani César Diijany, Presidente della Regione Autonoma, prof.
Alessandro Passerin d’Entrèves e On.
Emilio Chanoùx jr., tre fra gli autori
della Dichiaraz.ione: Mario Alberto Rollier, Gustavo Malan e Osvaldo Coisson.
Nel giorno anniversario, il 19 dicembre, il Presidente Giulio Dolchi in una
seduta speciale del Consiglio Regionale Valdostano ha ricordato e prospettato l’importanza che hanno avuto allora,
poi per la Costituente, e che hanno per
il giorno d’oggi la riunione o Convegno
e la Dichiarazione di Chivasso, parlando a nome di tutti i gruppi Consigliari,
che si sono poi espressi in un’altra ta
vola rotonda, cui parteciparono di nuovo Coisson e Malan, e inaugurando il
ciclo delle manifestazioni in Valle d’Aosta per il trentennale della Resistenza
e della Lotta di Liberaz.ione.
Molti lettori si domanderanno: ma
che fu questo Convegno di Chivasso celebrato adesso con tanta ufficialità? Il
19 dicembre 1943 scesero lì, a metà
strada, due valdostani, Emilio Chanoux, poi caduto nella Lotta di Liberazione, ed Ernesto Page, poi senatore
della Repubblica e anch’esso deceduto,
mancava Lino Binel, che era in prigione, tutti della Jeune Vallèe d'Aoste;
per le Valli Valdesi vennero come cittadini, e non come valdesi, membri
della Chiesa Valdese, Osvaldo Coisson,
che aveva avanzato o ripreso l’idea di
una struttura statale per le Valli, Gustavo Malan, che l’aveva configurata
come autonomia e collocata nel contesto internazionale, Mario Alberto Rollier, che l’aveva collocata nella prospettiva della Federazione Europea e aveva
cominciato a tessere i contatti politici,
Giorgio Peyronel, che aveva insistito
G. M.
(continua a pag. 6)
l’assemblea nazionale, fu tra i dirigenti
più attivi della « primavera » di Praga. Eletto membro del comitato centrale nel 14" congresso del PCC che si
tenne nelle officine OKD alla periferia
di Praga, venne, dopo il « diktat » di
Mosca, rimosso dalle sue cariche e
inviato a Roma come consigliere culturale. Essendosi pubblicamente dissociato nel 1969 dalle decisioni del
PCC che approvavano l’intervento sovietico e liquidavano definitivamente
il nuovo corso, venne espulso dal partito e nel febbraio 1970 privato della
cittadinanza cecoslovacca.
Nel suo libro «Qui Praga» (Edizioni Coinés, 1973) Pelikan cerca di ricostruire e di analizzare nelle loro cause
remote e recenti gli avvenimenti che
hanno portato al « nuovo corso » del
1968 e poi, dopo l’invasione sovietica,
alla dura repressione che seguì, negli
anni ’70, sotto il governo Husak. Quasi
tre quarti del libro sono costituiti da
documenti ufficiali o clandestini relativi a tale periodo.
Nel periodo staliniano, sotto le direzioni di Gottwald, Zapotocky e Novotny, il PCC si trasforma in un docile strumento del PCUS e della politica dell’Unione Sovietica, sicché dal
febbraio 1948 in poi nessuna azione
è più possibile al di fuori del partito.
Decine di migliaia di persone vengono
gettate nelle prigioni o nei campi di
lavoro forzato.
« Non si può tacere — dice Pelikan
— la responsabilità dei comunisti cecoslovacchi, tra i quali l’autore di queste righe, che hanno capito troppo tardi 1 ampiezza e la pericolosità di questa tragedia, cioè solo quando l’apparato repressivo si diresse contro di
loro» nei famosi processi politici degli anni 1949-1954, tra cui il processo
Slansky, drammaticamente descritto
da uno dei suoi protagonisti (Artur
London, « La Confessione », Garzanti,
1969), fu uno dei più spaventosi.
« Una delle lezioni di quel periodo
— dice ancora Pelikan — è che la libertà è una e indivisibile e ogni forma di repressione finisce con il ritor
cersi contro quanti l’hanno accettata
come un mezzo per risolvere le contraddizioni politiche e ideologiche».
Lo schema repressivo degli anni ’50
è identico a quello usato da Stalin negli anni ’30 contro la vecchia guardia
bolscevica (Robert Conquest, «Il
grande terrore», Mondadori, 1970) e
viene da Pelikan così, lapidariamente
e analiticamente descritto (p. 85) :
« 1. Il gruppo dirigente indica il tipo di "deviazioni” qualificate antipartito e che devono essere combattute: revisionismo, sionismo, nazionalismo, socialdemocrazia, trotzkismo e
adesso maoismo.
2. Si scatena una campagna su tutti
i fronti contro queste “deviazioni” e
si scovano i loro rappresentanti o portavoce, che vengono attaccati dalla
stampa, dalla radio ecc., senza avere
la minima possibilità di difendersi.
3. Si chiede loro di fare 1’« autocritica», dopo di che vengono privati delle loro funzioni, espulsi dal partito e
spesso licenziati dal posto di lavoro.
4. Li si accusa , sulla base deir‘‘autocritica” o di "rivelazioni”, di nuocere alla società, di fare il gioco dell’avversario, di voler abbattere il socialismo sostituendogli il capitalismo.
5. L’affare esce dal campo politico e
ideologico diventando semplicemente
un affare della polizia e della magistratura, le quali non possono tollerare questi ’’attacchi alla sicurezza dello Stato” né queste "cospirazioni con
lo straniero".
6. I portayoce del "deviazionismo”
sono arrestati e "confessano” i loro
"crimini” di cui si pentono, e chiedono di venire severamente puniti.
7. La polizia prepara la "sceneggiatura" del processo, che deve contribuire all’educazione dei quadri e della popolazione; la direzione del partito dà il suo beneplacito decidendo le
parti da affidare agli imputati e le pene da infliggere a ognuno di loro.
8. Nel frattempo provvede a creare
Giorgio Peyronel
(continua a pag. 6)
alle popolazioni delle zone liberate dell’Africa australe ».
Il direttore del programma antirazzista del CEC, B. Sjollema, nelTesprimere la sua soddisfazione, ha dichiarato: « Si tratta di un ottimo debutto per
iniziare il "Decennio della lotta contro
il razzismo e la discriminazione razziale” approvata il 10 dicembre dall’Assemblea generale delle Nazioni unite.
Mi auguro che questo dono sarà seguito da numerosi altri ».
Questo dono verrà incluso nella quarta ripartizione di sovvenzioni accordate dal Fondo speciale a vari movimenti,
dopo gli accordi col Comitato esecutivo, che si riunirà nel prossimo febbraio.
Non è la prima volta che un governo
contribuisce al Programma contro il
razzismo del CEC: la Svezia si è impegnata a versare nel 1972 e nel 1973 un
ammontare eguale a quello raccolto
dalle Chiese svedesi. Nel 1972 detto
ammontare è stato di 100 mila corone.
Il Fondo speciale ha già devoluto
600 mila dollari, di cui il 60 per cento
volto a sostenere i programmi sanitari, educativi e sociali dei movimenti di
liberazione dell’Africa australe. Sono
stati inoltre dati aiuti alla minoranza
coreana in Giappone, agii aborigeni australiani, agli indigeni della Colombia,
del Canadá e degli Stati Uniti e ad alcuni gruppi europei che lottano contro
l’apartheid.
A Utrecht, il comitato centrale del
CEC aveva deciso di portare il Fondo
speciale di lotta al razzismo a 1 milione di dollari. Qccorrono ancora 200 mila dollari per raggiungere detta cifra.
Sjollema ha precisato che il dono del
governo olandese non servirà a raggiungere quella somma. « Sono le Chie,se che debbono farlo » ha aggiunto.
(N.d.r. ricordiamo ai lettori che il
’’Fondo di solidarietà” di questo settimanale è in parte destinato a questo
scopo [unitamente agli aiuti per i rifugiati cileni ed alla salvaguardia dei diritti dell’uomo in Cile'}. Chi desidera
contribuire a queste iniziative può inviare le proprie offerte al conto corr.
postale n. 2/39878 intestato a Roberto
Peyrot, corso Moncalieri 70, Torino,
indicando la causale del versamento).
La Spagna paladina
della libertà religiosa? I
"Impegno sorprendente"
del Governo spagnolo
Marcelino Cabanas, delegato spagnolo alI’Q.N.U., davanti al comitato sociale umanitario e culturale dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha
espresso l’opinione che la Spagna è disposta a sostenere una dichiarazione
dell’O.N.U. tendente ad eliminare tutte
le forme d’intolleranza reUgiosa nel
mondo; tale dichiarazione — egli ha
aggiunto — sarebbe molto indicata durante l’anno nel quale si celebra il 25°
(continua a pag. 6)
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pag. 2
N. 1 — 4 gennaio 1974
IN MARGINE ALLE CELEBRAZIONI DELL’8» CENTENARIO DEL MOVIMENTO VALDESE
Olire a Lione 1173 e a Chanforan 1532
c'è stata un'altra tappa fondamentale
L’imminenza delle celebrazioni sta
suscitando sulla nostra stampa im rinnovo ^’interesse per la storia dei nostri antenati. Teologi, pastori, studiosi
e membri delle nostre comunità prendono la penna per tentare di mettere
in evidenza, com’è di moda in ogni
centenario, quel ch’è vivo e quel ch’è
morto nei fatti o personaggi celebrati.
Se vedo bene, due sono finora i temi
che hanno maggiormente attirato l’attenzione dei nostri scrittori: il primo
sul cosidetto pauperismo di Valdesio
e dei suoi primi discepoli, un problema
oggi evidenziato dalle note prese di posizione del dissenso cattolico per cui
ci si è giustamente domandato quali
sono le reciproche affinità o differenze
(cf. gli articoli di Paolo Ricca e di Augusto Armand Hugon sull’« Eco-Luce »
del 16-2, 23-2 e 2-3-73); l’altro sulla reale
portata dell’adesione dei Valdesi alla
Riforma nel 1532 (cf. gli articoli di Bruno Bellion e di Carlo Gay sull’« EcoLuce » del 2-3, 7-9 e 26-10-73), con un
addentellato significativo sulla teologia
dei valdesi medioevali centrato sul
problema del rapporto tra fede e opere (cf. relazione di Gino Conte sulle
attività del Centro evangelico « P. Andreetti » di S. Fedele Intelvi, « EcoLuce » del 16-3-73); il tutto preceduto
dal contributo-sveglia di Giorgio Bouchard, Il centenario: occasione o tentazione? («Eco-Luce» del 16-2-73). Come riferimento generale indicherei l’ottima sintesi di Amedeo Molnàr sulle
caratteristiche della protesta valdese
alle origini, pubblicata in « Nuovi Tempi » (18-3-73) col titolo Predicare al popolo per rinnovare la chiesa, nonché
più recentemente il ripensamento in
chiave teologica datoci da Vittorio Subilia sulle tre tappe 1174 (riscoperta
del Sermone sul Monte), 1532 (riscoperta del messaggio paolinico) e 1973
(predominio di una teologia della liberazione sociale sfociante in una specie
di ecumenismo sociologico), apparso
sull’« Eco-Luce » del 23-11-73.
A Chanforan i Valdesi rinnegano
del loro passato, solo quel « qualche
poco di farina papale » superstite
Ecco il « dossier » sul quale vorrei
brevemente fermarmi, non per correggere o controbattere giudizi — ognuno
è libero di dire la sua — ma solo per
chiarire meglio alcune situazioni alla
luce delle più recenti ricerche. A proposito di documentazione, darei un
piccolo consiglio a chi vuol essere aggiornato, sempreché lo desideri o non
abbia im sistema migliore: ritagliare
gli articoli che interessano, raccogliere
tali ritagli in cartelle diverse secondo
i temi, leggerli e rileggerli nei momenti di sosta dal lavoro quotidiano, e soprattutto cercare di capirli anche quando non sono « stati ripensati (e scritti) a un livello tale da essere compresi
con chiarezza e facilità dalle chiese »
{sic, cf. Bellion), in modo da non cadere sotto l’accusa che « le comunità stesse — cioè praticamente tutti noi, mea
culpa... — non hanno fatto praticamente nessuno sforzo per comprendere il
loro passato e la loro origine » (ivi).
Di Giorgio Bouchard rilevo solo due
proposizioni, che mi sembrano senz’altro azzeccate: 1) che Valdesio, vero testimone di Cristo, pur non avendo capito la giustificazione per grazia, l’ha
però vissuta; 2) che a Chanforan un
pugno di contadinacci delle montagne
del Pellice e del Chisone « prende in
mano il suo destino e assume in prima
persona la responsabilità della predicazione ».
Certo, le situazioni sono diverse, come diversi i tempi: a Lione, nella seconda metà del secolo XII, Valdesio si
fa povero per essere veramente libero
di predicare; a Chanforan, tre secoli e
Aggiungendo altri apporti al dossier che da un anno
sta apparendo anche sulle nostre colonne, Giovanni
Gönnet sottolinea che fra Lione, origine del movimento, e Chanforan, grande ’’svolta” riformata, c’è stato
l’incontro fecondo con l’ussitismo e il taboritismo, il
quale diede al movimento valdese una nuova fisionomia anche sociale. E’ questa la tesi caratteristica di
Amedeo Molnàr
mezzo dopo, i Valdesi, pur allineandosi
sulle posizioni dei riformatori svizzeri
e strasburghesi e in particolare su
quelle di Farei e Saunier, rinnegano
del loro passato, con esemplare autocritica, solo quelle dottrine o pratiche
in cui c’era ancora — per dirla col Miolo — « qualche poco di farina papale »,
come la celebrazione dei sacramenti
lasciata in mano ai sacerdoti cattolici,
un certo pelagianesimo, il nicodemismo ecc.
L'incontro con l'ussitismo ravviva
la diaspora valdese semiagonizzante
Ma quel che si dimentica generalmente è l’apporto che il valdismo medievale ricevette ad un certo momento dal suo incontro con l'ussitismo. Le
approfondite ricerche di Amedeo Molnàr sono al riguardo assai persuasive:
quando, agli inizi del secolo XV, la diaspora valdese era quasi agonizzante un
po’ dappertutto, salvo forse nel suo rifugio alpino, lo scoppiare in Boemia di
una profonda riforma religiosa, che diventò presto rivoluzione di un intero
popolo, diede ai Valdesi dispersi una
nuova dimensione insieme teologica e
sociale, come si può agevolmente riscontrare dalla diffusione nelle loro file di trattati ussiti, e poi taboriti, tradotti in valdese e persino in italiano.
Basta confrontare il Tresor e lume de
fé, di chiara fattura taborita, con le
prime confessioni di fede valdesi per
notare il passo fatto avanti verso posizioni più radicali, culminanti nel rigetto senza compromessi dello statuto
costantiniano della chiesa che rasenta
le future prese di posizione anabattiste!
Anche il lievito valdese, però,
fece sentire il suo influsso
Certo fu un do ut des, sia pure involontario. Il lievito valdese, sparso un
po’ dappertutto nelle regioni del centro-nord Europa, dall’Alsazia alla Svizzera, alla Baviera, alTAustria, alla Boemia fino in Polonia e nelle Marche di
Brandenburgo e Pomerania, facilitò
grandemente il formarsi di quell’internazionale taborito-valdese che era nei
propositi del vicliffito-ussita Payne, del
taborita Procopio e del valdese Friedrich Reiser, diventato poi ussita e taborita, il più attivo dei predicatori itineranti che abbia mai avuto il valdismo nella sua secolare storia.
Tre correnti
Così, facendo tesoro delle ultime ricerche dovute specialmente ad Amedeo
Molnàr e a Valdo Vinay, si può congetturare che a Chanforan, nel 1532, ci
fu rincontro non di due posizioni individuate grosso modo dal loro aggancio
o al messaggio di Gesù o a quello di
Paolo, bensì di tre correnti ben determinate di pensiero e d’azione dogmatico-ecclesiologici: un’ala destra conservatrice, opposta a qualsiasi aggiornamento e perciò fedele al programma
taborito-valdese ancorato soprattutto
all’itinerantismo dei « barbi »; un centro rappresentato da Morel e desideroso di conciliare l’antica tradizione
Leggendo
L’Evangelo
di Giovanni
Contro la paralisi
Un altro disgraziato ci presenta l'evangelo di Giovanni nel
suo quinto capitolo. E un paralitico, che da molto tempo giace
sotto il portico della vasca di Betesda, presso il Tempio, a Gerusalemme. Si diceva (non stava scritto in nessun posto, ma « si
diceva », era una tradizione): che per essere guariti bisognasse
entrare nell'acqua della vasca « quando era mossa », cioè quando
era cambiata.
Ma quel pover'uomo non aveva nessuno che lo mettesse nella vasca, e da sé non poteva entrarci, perché era paralitico.
La sua malattia, che durava da 38 anni, non aveva dunque
possibilità di finire. Avrebbe dunque dovuto il pover’uomo, restare tutta la vita sdraiato presso la salute, senza poterla ottenere?
Ma un giorno passò Gesù, e si offerse di guarirlo. Il paralitico rispose con gli argomenti della sapienza umana; « Devo entrare nella vasca quando l'acqua si muove... ma non ho nessuno
che mi aiuti... da solo non posso». Il Signore sdegna gli,argomenti umani, e risponde con le parole decisive: « Levati, prendi
il tuo lettuccio e cammina ». E l’uomo fu guarito senza bisogno
d’altro.
Cari amici, noi siamo anche quel paralitico. L’umanità è
tutta paralitica, e si sforza di camminare con l’intelletto, con la
scienza e con le macchine. E non sa che il Signore Gesù Cristo è
venuto in mezzo ad essa per farla camminare con la forza che
egli solo può dare. Quando crederemo, come il paralitico di Betesda, che egli vuole e può fare in modo che noi, finalmente, camminiamo come si deve? Lino De Nicola
valdese con il nuovo orientamento delle chiese riformate di Svizzera e d’Alsazia; infine un’ala sinistra che fece sue
senza riserve le tesi del Farei, che risultò il vero dominatore del Sinodo.
In questo contesto, è sì utile fermarsi, come fa Paolo Ricca, sulle analogie
e differenze tra l’antico valdismo e l’odierno dissenso cattolico, ma non mi
pare che la distinzione finale intravista
dal Ricca tra dissenso cattolico=movimento di liberazione, e dissenso valdese = movimento di predicazione, sia del
tutto felice, anche se ammette senz’altro che liberazione e predicazione siano destinati ad integrarsi a vicenda
perché compresi entrambi nel medesimo Evangelo. La povertà c’entra in
tutt’e due, ma anche qui non mi spingerei, per amore della formula, fino a
distinguere tra dissenso cattolico =
scelta di povertà in senso più politico
che economico in vista della liberazione, e dissenso valdese = scelta dei poveri in senso più economico che politico in vista della predicazione.
Le ricchezze e le Scritture
In quanto ad Augusto Armand Hugon, egli insiste nel dire — basandosi
su una nota tesi del Selge che io non
condivido perché non abbastanza suffragata dalle fonti a nostra disposizione — che il primo momento dell’iniziativa di Valdesio non fu la privazione delle sue ricchezze, bensì il suo interesse per le Sacre Scritture da lui
fatte in parte tradurre — insieme con
sentenze dei Padri della Chiesa — per
poterle leggere e meditare; solo alla loro luce avrebbe capito il vero significato della sequela di Cristo, che si risolse non solo nella privazione dei beni ma anche nello scioglimento dei legami con la famiglia, in modo da essere totalmente libero per la predicazione. Non è questa la sede per discutere se la diretta ' lettura delle Sacre
Scritture fece nascere in Valdesio il
desiderio di imitare gli apostoli o se
la sua conversione fu causata essenzialmente dal noto incontro col chierico lionese che gli rivelò tutta la portata del precetto di Gesù in Matteo
19/21: « Se vuoi essere perfetto, va,
vendi ciò che hai e dallo ai poveri, ed
avrai un tesoro nei cieli; poi, vieni e
seguimi », la cui migliore esegesi segue
immediatamente nel v. 29 (non però citato dalle fonti sulla conversione di
Valdesio): « Chiunque avrà lasciato case, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre, o figliuoli, o campi per amor del
mio nome, ne riceverà cento volte tanti, ed erederà la vita eterna ».
L'istanza potente
della vita apostolica
Per me, il cosidetto pauperismo di
Valdesio non è un problema. Insisterei
piuttosto sul fatto che l’istanza della
vita apostolica, precedente o seguente
quella della libera predicazione poco
importa, ò per così dire la molla del
movimento valdese nelle sue varie fasi
d’espansione e di dispersione: essa infatti comporta non solo l’esigenza della libera predicazione, ma anche — soprattutto quando la diaspora fu costretta a ripiegarsi su se stessa causa
le persecuzioni — quella di un minimo
d’organizzazione comunitaria, dove il
lavoro producente ricchezza veniva
esercitato dai fratelli e sorelle in fede
per mantenersi e mantenere anche i
propri ministri. Perciò, come dice bene
Amedeo Molnàr di cui riassumo le più
recenti ricerche, se la povertà fu all’origine scelta volontaria per essere
più disponibili in vista dell’evangelizzazione itinerante, in seguito diventò
opzione per essere solidali con i poveri
in generale; e tale opzione implicò ben
presto non solo il rifiuto dello statuto
costantiniano della chiesa, ma anche
quello categorico di concedere o di lasciare alla chiesa, qualunque essa fosse, il compito di organizzare o di dirigere il mondo imponendogli dei programmi socio-politici: dunque una posizione solo in parte simile, mutatis
mutandis, all’odierno dissenso cattolico, ma con Tawertenza che i noti postulati valdesi del pauperismo, della
non-violenza, del rifiuto di giurare e
di mentire non si sono mai identificati
con determinate rivendicazioni delle
popolazioni o delle città o delle campagne, anche se in certe occasioni i
Valdesi si trovarono a far fronte comune con esse oppure a difendersi persino con le armi in pugno, e tenendo
presente che il solo fatto di rifiutare
il giuramento, per esempio, li escludeva automaticamente da ogni velleità di
prendere parte attiva al governo dei
comuni ed alla loro vita economica e
politica.
Concludendo questo già troppo lungo discorso, potremmo dire che alTini
rio i Poveri di Lione si danno alla predicazione per rimediare alle lacune dei
cleri locali e, di fronte alle gerarchie
ricche e potenti, mantengono la pratica della povertà per ragioni, diremmo
oggi, di « credibilità »; ma tale predicazione, più vissuta che parlata, si rivolge a tutti, ricchi e poveri, dotti e
analfabeti, preti e laici: essa, pur ispirandosi specialmente al Sermone sul
Monte con un letteralismo che oggi fa
sorridere molti, ebbe subito le sue incidenze dirette nella vita di ogni giorno, non solo individuale o familiare,
ma anche sociale e. politica. Se il messaggio evangelico è rivolto a tutti, sono
però i poveri, gli sfruttati, i minimi a
riceverli con maggiore prontezza ed
entusiasmo, come già ai tempi di Gesù: una sconcertante condizione di privilegio rispetto ai ricchi e ai potenti,
sanzionata non solo da Matteo 11: 5
(« TEvangelo è annunziato ai poveri»)
e da Luca 6: 20 (« Beati voi che siete
poveri », senza raggiunta di « in spirito » di Matteo 5; 3), ma anche da Matteo 19: 23-24 (« Un ricco malagevolmente entrerà nel regno dei cieli », anzi « è
più facile ad un cammello passare per
la cruna di un ago che ad un ricco entrare nel regno di Dio»!).
Un contesto assai differenziato
Dopo quanto detto fin qui, le perplessità di Bruno Bellion sulla reale
portata dell’adesione dei Valdesi alla
Riforma, e l’apodittica affermazione di
Carlo Gay che « la ricerca del senso
della protesta valdese medioevale non
potrà saltare Chanforan », vanno inserite e interpretate in un contesto molto più differenziato, nel quale si tenga
debito conto, come detto prima, che
prima del 1532 c’era stato un incontro
altrettanto significativo e ricco di prospettive, quello con l’ussitismo e il taboritismo, che portò ì Valdesi su posizioni molto simili a quelle che saranno poi quelle di Müntzer, tant’è vero
che si è tentato e si tenta tuttora di
vedere in costui un cripto-valdese! Del
Bellion, tuttavia, è validissima l’osservazione che una delle lezioni positive
di Chanforan è l’invito a saper sempre relativizzare persino le nostre
strutture ecclesiastiche per restare fedeli in ogni modo alTEvangelo, mentre, per quanto scrive Carlo Gay, direi
che dei tre punti da lui messi in evidenza, due almeno erano ovvii; infatti,
da secoli, i Valdesi, vuoi soli vuoi in
unione sempre più stretta con l’ala sinistra dell’ussitismo, volevano la riforma della chiesa, dando il primato
non solo alla Parola di Dio ma anche
a Cristo su ogni altra autorità ecclesiastica.
Rabat, 12 dicembre 1973.
Giovanni Gönnet
Un dizionario dei
simboii cristiani
Il pastore svizzero Edouard Urech, che svolge il suo ministero nel cantone di Neuchâtel,
autore di una pregevole biografia del riformatore Farei, ha curato l’edizione di un Dizionario dei simboli cristiani che desideriamo
presentare brevemente ai lettori.
« Da sempre, afferma l’Autore, l’immagine
è stata un utile mezzo per trasmettere un pensiero. Oggi essa si introduce sempre più nelle nostre abitudini. Sulla strada, vieta certi
atti, intima degli ordini o comunica delle infirrmazioni. A scuola, fa parte dell’insegnamento moderno. La pubblicità, è tanto più
insistente quanto più fa appello all’aiuto delTinunagine (...) Interessarsi alle immagini
cristiane e studiarne il loro significato ed il
loro passato, significa penetrare nel giardino
sempre un po’ segreto della fede (...) significa
anche notare che la loro evoluzione mostra
quella dello stesso cristianesimo » ed aiutare
coloro che cercano di esprimere la loro fede
in modo artistico.
Il pastore Urech ricorda che non basta più,
oggi, chiarire il significato di questo o quel
simbolo cristiano. « Bisogna spiegare perché ha
tale significato e come si è giunti ad esso; è
necessario descriverne le trasformazioni, forse
anche le deviazioni e naturalmente la sua portata attuale. In una civilizzazione che si ricrea,
i cristiani devono parlare in modo accurato dei
loro simboli. Ciò va fatto nel quadro di una
fedeltà al cristianesimo più autentico, quello
che fa riferimento alla Bibbia. Questo pernietterà di riconoscere ciò che è cristiano, rendendo alle leggende, alla poesia o ad altre
religioni ciò che loro appartiene ».
Siamo dunque invitati á compiere « una
meravigliosa passeggiata in mezzo ai simboli
che hanno parlato del cristianesimo ». Il libro
ha preso la forma di un dizionario per facilitare la consultazione a lettori non specialisti.
Da quando e perché si designa Cristo con
l’immagine di un pesce? Da dove provengono gli emblemi che designano i quattro Evangeli? Quale significato hanno le varie croci
cristiane? Perché certi simboli cristiani hanno avuto una voga straordinaria per venire
abbandonati in un secondo tempo? Ecco alcuni degli interrogativi ai quali l’Autore vuol
rispondere.
A mo’ d’esempio ecco la spiegazione del
significato della curiosa croce ortodossa a
tre braccia, di cui la terza è obliqua. Questa
croce, afferma il nostro, « si riferisce a racconti tardivi che affermano che Gesù sarebbe salito lui stesso sulla croce grazie ad una scala,
che è spesso rappresentata fra gli strumenti
della Passione. Si sarebbe allora girato, allargando braccia per mettersi a disposizione
dei suoi carnefici; avrebbe posato il piede
di una traversa inferiore che avrebbe c.
sotto il suo peso... il che voleva sotteV.,
Timportanza ed il valore di colui che S‘,ava per
venir suppliziato ».
Interessanti le informazioni sui numerosi
simboli attribuiti a Cristo, sul significato della
distinzione tra croce e crocifisso.
Insomma, un’opera interessante ed anche
vivace, utile da consultarsi ed arricchita da
ben 150 disegni dell’Autore, che ringraziamo
per la sua fatica.
Giovanni Conte
^ Edouard Urech, Dictionnaire des symboles Chrétiens, Delachaux et Niestlé, 1972.
IA BIBBIA NEI MBNBO
a cura di Edina Ribet
il Nuovo Testamento
Illustrato
In francese corrente
Le Società bibliche di lingua francese hanno stampato, ormai da due
anni, un libretto intitolato : « Buone
notizie oggi, il Nuovo Testamento in
francese corrente », nella traduzione
del Pastore Jean Claude Margot e con
illustrazioni di Annie Vallotton.
Uno scopo chiaro. Lo scopo di questa nuova traduzione è di presentare il
Nuovo Testamento, che era stato scritto nella lingua greca corrente dell’epoca, in una equivalente lingua francese
parlata e compresa da tutti al giorno
d’oggi. Perciò sono state evitate con
cura qualsiasi circonlocuzione di stile,
e il vocabolario del francese classico
ed accademico, per far posto ad espressioni usuali e a parole che si adoperano comunemente. Naturalmente i termini tecnici inevitabili come: diacono,
messia, farisei, sadducei, profeta, regno di Dio, tabernacolo ecc., sono spiegati efficacemente in un glossario. Non
è stato facile assolvere convenientemente il compito di una simile traduzione, perché mentre occorreva sbarazzarsi del linguaggio religioso, ignoto all’uomo della strada, era necessario rimanere fedeli al testo biblico, non tradirlo o edulcorarlo. Nell’insieme il Nuovo Testamento presentato dalle Società bibliche francesi è una pubblicazione soddisfacente; la lettura ne è grandemente facilitata, anche se, qua e là,
alcune espressioni non corrispondono
pienamente alla vigoria del testo biblico; essa si rivela un mezzo eccellente
per far comprendere la Buona Novella
all’uomo del nostro tempo. Le illustrazioni di Annie Vallotton sono sobrie
viventi parlanti, e contribuiscono al
valore del volumetto, che deve essere
largamente conosciuto e distribuito a
tutti coloro che sono convinti che TEvangelo è oggi ancora la sola e verace
Buona Novella per il nostro mondo
turbato.
Una particolarità. È necessario segnalare una particolarità di questa edizione: sessanta pagine, alla fine del volum.e, ci offrono introduzioni e piani
di tutti i libri del Nu-ovo Testamento;
con molta semplicità e chiarezza, m un
linguaggio semplice, ci sono presentati
i dati principali intorno ah’origine, alla
redazione, agli autori e alla data di
ciascun libro. Per ognuno dei 4 Evangeli yl è un piano dettagliato e una serie di paragrafi sulle comunità da cui
provengono i 4 evangelisti, la situazione geografica dell’epoca, e l’aspetto
della figura di Gesù che l’evangelista
intende sottolineare. Cosi pure vi è
un’introduzione appropriata per le epistole dell’apostolo Paolo e le altre; in
quanto agli Atti degli Apostoli vengono definiti come il giornale della chiesa dei primi tempi, nel quale si delineano i vari centri cristiani, dove verranno man mano scritti gli Evangeli e
le Epistole.
Una discussione possibile. Si potrebbero discutere alcuni punti di questi
commentari al Nuovo Testamento; ma
si tratta qui piuttosto di problemi per
gli specialisti, mentre il lettore comune trova nelle pagine spiegative un eccellente filo conduttore per meglio leggere e capire i libri del Nuovo Testamento.
L’autore delle sessanta pagine che
completano in modo così, opportuno
questa nuova edizione è l’abate Etienne Charpentier: ecco dunque un’edizione protestante che potrà essere acquistata dai lettori cattolici, senza riserve.
Siamo lieti di segnalare al primo posto tra i libri da regalare a Natale questo Nuovo Testamento in francese corrente: sarà un regalo prezioso (il prezzo è modesto), soprattutto sarà la testimonianza viva che la Buona Novella di Gesù non è né usata né invecchiata, ma rimane sempre il fermento di
una vita nuova, auspicata da molti.
(Da « Le christianisme au
XX<^ siede »)
3
í
4 gennaio 1974 — N. 1
T,A CHTRSA E LA SUA MISSIONE NEL MONDO
pag. 3
Dopo secoli di dominazione cinese, specie manciù, i coreani si sforzavano di
riacquistare una loro indipendenza quando, nel 1895, intervennero i ^apponesi. La vittoria del Giappone sulla Russia (1905, battaglia navaie di Tsushima) consolidò il suo controllo sulla Corea, anzi lo estese a nord, in Mamauria. Alla resa del Giappone, nel 1945, le forze americane occuparono ia Corea dei
Sud, queiie sovietiche quelia del Nord (l’URSS aveva dichiarato la guerra al
Giappone una settimana prima delia resa). La duplice occupazione doveva essere transitoria, preludendo alla costituzione di uno Stato coreano imitano, democratico, libero. In termini molto diversi, lo stesso problema deUe due Germanie, dei due Vietnam: popoli non lasciati, per ragioni politiche, liberi di esercitare l’autodeterminazione. Il regime comunista instaurato a nord restò impermeabile agli appelli e ai tentativi di penetrazione di una missione di controllo
deU’ONU (una ONU nella quale, per altro, il peso degli USA era ancora nettamente preponderante). Nel 1948 sotto gU auspici deU’ONU furono indette le
elezioni solo nel Sud, ove vivono due terzi
dei Coreani. Quindi le truppe americane e
queUe sovietiche si ritirarono, lasciando i
due governi guardarsi in cagnesco. Fu del
-esto un ritiro per modo di dire. Nei giugno
1950 l’esercito nordcoreano, dotato di carri
armati sovietici, superò ii 38" parailelo.^ li
Consiglio di sicurezza deU’ONU chiese l’immediato ritiro, ma le forze comuniste sbaragiiarono il debole esercito sudcoreano occupando in poco tempo buona parte del
territorio a sud. Appoggiati poiiticamente da
48 nazioni e militarmente da 16 (fra cui i
paesi delia SFATO, oggi in smobUitazione),
gli USA intervennero e a fine settembre Tarmata nordcoreana era ricacciata a nord del
38" parallelo; le forze aUeate (si può dire
le forze deU’ONU?) occuparono la capitale
nordista Pyongyang e si avvicinarono aUa
frontiera cinese. Allora la Cina inviò una
grossa armata, le forze aUeate furono ricacciate a sud e Seul fu nuovamente conquistata dai comunisti. Nel giugno 1951 gU alieati riuscirono a raggiungere nuovamente U
38" parallelo. La Cina era pronta a trattare, .... j- + .
non così i nordcoreani, che esigevano preventivamente la restituzione di tutti i
prigionieri latti daUe forze aUeate, inclusi quelli che non intendevano tornare
sotto il governo comunista. A Panmunjom, sul 38” parallelo, si sono trascinati
senza convinzione, a molte riprese, tentativi di trattative ; poco più di un ujuio
fa pareva che, sotto gli auspici della Croce Rossa, vi fossero nuove e itógliori,
prospettive; ma la scorsa estate le trattative erano di nuovo interrotte, con
nulla di latto; pare debbano riprendere a metà gennaio. Intanto, analogamente
a ciò che è avvenuto nel Vietnam del Sud (senza che però si segnali un movi-,
mento analogo a queUo vietcong), sotto la duplice pressione deU’intervento comunista (con conseguenti fenomeni di anticomunismo) e della perdurante presenza politico-militare statunitense, la Corea del Sud non riuscì ad esprimere una
vita politica e un governo veramente autonomi, democratici, anzi si è assistito a
una progressiva degradazione del clima: il regime, retto prima da_ Syngman
Rhee (per trent’anni era stato il capo della resistenza coreana antigiapponese)
con pugno sempre più ferreo, con Park Chung Hee è andato scivolando ^mpre
più nella dittatura di tipo militare, e oggi cresce, anche e sopratutto nelle Chiese,
il numero di coloro che, come nel Vietnam del Sud, protestano contro la violazione massiccia di diritti umani. Ne abbiamo più volte riferito, negli mtimi mesi (ad es. n. 36, 14.9.73; n. 41, 19.10.73). La « questione coreana » ha poi un altro
aspetto ; la presenza in Giappone, dovuta in buona parte a deportazioni forzate
risalenti all’epoca dell’occupazione nipponica, di una numerosa coloma coreana,
cui ragioni economiche, politiche, per la seconda generazione anche bnguistiche
impediscono il ritorno in patria ; e questa colonia è anch’essa politicamente divisa come la madrepatria, con tensioni talvolta fortissime fra i due gruppi.
Anche questo secondo aspetto ha riflessi nella vita delle Chiese astiane in
Gianpone. Le notizie e le interviste che pubblichiamo in questa pagina illunu
In via di superamento
la divisione teoiogica e politica
che da anni incera ia KYODAN?
Dopo tre anni la Chiesa unita del Cristo in
Giappone è riuscita a tenere la sua 17® Assemblea generale, ma i contrasti sono lungi
dall’essere cessati
nano vari aspetti delia partecipazione cristiana a questa tormentata situazione.
La Chiesa di Corea chiamata
a iettare aer i diritti deii’uomo
Seul (soepi) - I trenta Coreani firmatari di una dichiarazione pubblicata
al termine del colloquio sui diritti dell'uomo organizzato dal Consiglio nazionale delle Chiese di Corea, hanno rico;
nosciuto che la questione dei diritti
dell’uomo doveva avere « carattere prioritario fra i compiti della Chiesa ».
Fra i firmatari vi sono il cardinale
Sou Hwan, arcivescovo di Seul, la signorina Kim Ok Gill, presidente della
Università Ewha, il past. Kim Chae
Joon, ex decano del Seminario teologico di Hankuk, Chun Kwan Woo, ex
capo-redattore del giornale Dong-A, e
ia signora Lee Tae Young, nota giurista.
La dichiarazione indica che^ « dal punto di vista politico il popolo è stato privato dei suoi diritti sovrani e che non
esiste che una parvenza di democrazia,
mentre la libertà è negata alla popolazione. Oggi, mentre sta per essere soppressa la libertà religiosa, la Chiesa deve sinceramente pentirsi di essere rimasta semplice spettatrice. Ha il dovere
d^ lottare perché i diritti dell tiorno^ siano rispettati », soprattutto i diritti d^
«li studenti, delle donne, dei lavoratori,
come pure il diritto alla liberta di
stampa. „ . . ,
Per i firmatari della dichiarazione la
Chiesa ha tre compiti cui assolvere: anzitutto, una Chiesa che proclama lo
Evangelo che porta la liberta all oppresso, ha il dovere di lavorare al proprio rinnovamento interno. Quindi, non
metterà solo l’accento sulla salvezza
dell’individuo, ma rivolgerà pure i suoi
sforzi alla salvezza della società, inhne, lotterà perché i diritti dell uomo
siano applicati.
VÌZ.ÌO centrale d’informazioni e l’incommensurabile corruzione della classe privilegiata ». I firmatari del documento
hanno pure rilevato il deteriorarsi della posizione della Corea nel concerto
delle nazioni; « Il regime attuale, moltiplicando gli errori politici, ha calpestato la dignità nazionale e ha isolato
la Corea dalla scena internazionale
Hakone (spr/soepi) - Con un ritardo
di tre anni, dovuto a dissensi politici
e teologici, la Chiesa unita di Cristo
in Giappone (KYODAN) è riuscita a
tenere la sua 17* Assemblea generale
a Hakone, dal 20 al 23 novembre, con
11 partecipazione di 400 delegati, dei
quali solo 250 aventi diritto di voto.
(Siccome tre Distretti importanti —
Tokio, Osaka e Higogo — non erano
riusciti a indire una riunione per eleggere i propri delegati, il Comitato esecutivo della KYODAN li ha nominati
d’ufficio, ma questo ha dato un carattere provvisorio all’assemblea).
Come ha spiegato il past. Isuke loda, presidente del Comitato preparatorio, quest’assemblea aveva soprattutto lo scopo di permettere ai delegati « di discutere francamente tutti i
temi importanti, per arrivare non a
una unanimità di opinioni, rna a una
comprensione reciproca; e di nominare un nuovo ufficio in sostituzione dei
membri il cui mandato era scaduto
da tempo, affinché la KYODAN possa
tenere una prossima assemblea statutaria ».
Fra le cause principali della divisione nella Chiesa vanno ricordate la
controversia del 1969 sulla partecipazione della KYODAN al padiglione cristiano dell’EXPO 70 di Osaka, e le manifestazioni studentesche al Seminario teologico unito di Tokio, che ebbero come conseguenza l’intervento del11 polizia sul campus, su domanda
della facoltà, per domare la rivolta.
Una proposta che chiedeva di riconoscere pubblicamente che la 15“ Assemblea generale (1968) aveva commesso un errore dando il suo appoggio
a; Padiglione cristiano dell’EXPO di
Osaka, ha provocato un vivace dibattito; una mozione, che chiedeva il rinvio della decisione alla prossinia Assemblea, è passata con 115 voti contro 105. Un’altra proposta, che chiedeva al Tokio Union Theological Seminary di ritirare la sua denuncia contro
due studenti accusati di violazione di
proprietà, è stata votata a schiacciante maggioranza.
Il past. Toda è stdto eletto moderato
Un osservatore, presente all’assemblea, ha poi dato questo commento:
re e il past. Ichiro Ono vicemoderatore, ma i delegati non sono stati in grado di eleggere un nuovo comitato esecutivo.
« La mia reazione rispetto all’Assem
blea è simile a quella di Samuel .tohnson, che vedendo un cane danzare
esclamò: “Non si può dire che sia fatto
bene, ma perbacco, dopo tutti lo strano
è che si faccia!“».
I CRISTIANI GIAPPONESI DICONO:
“Missionari, rimanete fra noi!”
È noto che alcune Chiese del Terzo Mondo, o piuttosto in varie Chiese del Terzo
Mondo certe voci hanno chiesto ai missionari occidentali di tornarsene a casa,
almeno per un certo tempo. Si tratta tuttavia di un parere che non e affatto
condiviso da tutti. Ecco ciò che il segretario generale ad interim del Consiglio di
Cooperazione della KYODAN — la Chiesa unita di Cristo in Giappone — ha detto al past. Fred Kaan, redattore del « Service de presse réforme », in occasione
della visita che quest'ultimo ha fatto recentemente alle Chiese-membro dell Alleanza Riformata Mondiale nel Giappone.
Redattore Kaan — Mi consta, pastore Saeki, che voi della Chiesa Unita di
Cristo in Giappone non condividete
l’opinione che i missionari devono ritornare nella loro patria: quale ne è
il motivo?
Pastore Saeki — Prima di tutto perché in Giappone ci sono pochissimi
cristiani — meno dell’1% della popolazione — quindi abbiamo urgente bisogno di collaboratori cristiani all’opera
nei settori dell’evangelizzazione, della
educazione e del lavoro sociale. In secondo luogo noi crediamo al piano
escatologico di Dio, che vuole che nella comunità umana non vi siano barriere nazionali razziali linguistiche; così nella vita della chiesa noi ci proponiamo questo tipo di comunità e di
collaborazione fra cristiani provenienti
da paesi diversi.
— Però i missionari che operano da
voi provengono tutti dall’America del
Nord: come intravedete d’intemazionalizzare la missione nel vostro paese
secondo l’ottica escatologica di cui parlate?
— È vero, attualmente quasi tutti i
nostri missionari provengono dall’America del Nord. Ma in questi ultimi
La Chiesa minoritaria
Questo documento, dai termini taglien- coreùna in Giappone
Arresto
di responsabili
cristiani...
Seul (spr) - Nove intellettuali eminenti, fra i quali due presbiteriani, sono stati arrestati il 5 novembre scorso
ir, seguito a una conferenza stampa
nel ■ corso della quale avevano denunciato « il governo dittatoriale e la politica di terrore del regime attuale». La
loro dichiarazione, nota come « Dichiarazione della cafeteria » (dal l'istorante
dell’UCDG nel quale si è tenuta la conferenza stampa), chiede al regime « dt
ritornare immediatamente a un ordine
democratico » e lancia un appello ai
cittadini coreani affinché non restino
impassibili « vedendo il nostro popolo
avviato verso una catastrofe totale ».
Questa dichiarazione mette sotto accusa, fra l’altro, «la soppressione dei
principi politici da parte delle autorità, il terribile clima di paura e di sospetto generato dalle attività del Ser
fa appello a ogni cittadino « affinché
partecipi alla reinstaurazione di una
vera democrazia ».
Fra le persone arrestate vi sono il
prof. Chai Choon Kim, decano onorario del Seminario teologico di Hankuk,
p il past. Hiang Rock Cho, entrambi
membri della Chiesa presbiteriana nella Repubblica di Corea.
La pressione esercitata sulle autorità
dai più importanti dirigenti ecclesiastici del paese ha avuto come conseguenz' la liberazione, entro 13 ore dall’arresto, dei prigionieri. Osservatori in loco
hanno definito « incoraggiante » il fatto che per la prima volta, in casi simili,
U resoconto della conferenza stampa e
dell’arresto è stato pubblicato dai giornali coreani.
...e di leaders
studenteschi
Seul (spr) - Otto studenti saranno
processati prossimamente per aver partecipato a manifestazioni contro il governo coreano. Fra loro, Hwabg In Sun,
presidente del Corpo dei Volontari per
lo Sviluppo sociale, Na Piung Sik e
Kang lung Won, membri della Chiesa
presbiteriana nella Repubblica di Corea e della Federazione coreana di
studenti cristiani.
La manifestazione studentesca in
questione aveva questi scopi; 1) abolire il sistema politico attuale che poggia sulla soppressione dei diritti fondamentali dell’uomo, 2) instaurare un
regime democratico che garantisca tali diritti, 3) smantellare il Servizio centrale d’informazione.
La Federazione coreana di studenti
cristiani ha lanciato una campagna
per raccogliere fondi per fornire cibo
e abiti caldi e assistenza giuridica agli
studenti incarcerati.
iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiMiiiiiHiiiiiiiimiiiiiiiiiini
A La S. Sede ha espresso parere negativo alla proposta della Conferenza Episcopale
dell’India di convocare nel 1974 un Concilio
pastorale nazionale. La Congregazione vaticana dei vescovi ha invitato la Conferenza episcopale dell’India a sospendere i preparativi in
Vive in Giappone una minoranza coreana, e fra questa una piccola Chiesa minoritaria presbiteriana. Qualche aspetto della sua vita e alcuni problemi risultano dall’intervista che il redattore del « Service de presse réformé », Fred Kaan,
ha avuto con il pastore Sam Choi, segretario generale della Chiesa cristiana
coreana in Giappone.
• Nell’Africa australe anglofona — Repubblica sudafricana, Namibia e Rhodesia —
vivono tredici Chiese luterane nere, con oltre
800.000 membri, e quattro Chiese luterane
bianche, con 45.000 membri.
Redattore Kaan — Qual’è l’entità
della vostra chiesa?
Pastore Choi — La nostra chiesa è
molto piccola: 3.000 membri; contando i bambini della scuola domenicale
e i giovani circa 6.000 membri, mentre
tutta la comunità coreana in Giappone
è di eOO.CHX) persone.
— Perché tanti coreani sono venuti
in Giappone?
— Durante l’imperialismo giapponese, quando la Corea fu annessa al
Giappone, numerosi coreani furono costretti a venire a lavorare in Giappone; nella II guerra mondiale il loro
numero era di circa 2 milioni e mezzo. Dopo la guerra 2 milioni ritornarono in Corea; i rimanenti non vi ritornarono, perché temevano di non
trovarvi i mezzi d’esistenza.
— È difficile per voi coreani vivere
in Giappone?
— S„ è molto difficile : siamo in preda alla discriminazione da parte del
governo e della società. Il governo
giapponese ha lasciato chiaramente intendere che i diritti dell’uomo, garantiti dalla Costituzione, non si applicavano ai coreani, né ad altri gruppi stabiliti in Giappone. La legge ci impone
limiti in materia finanziaria, in materia d’alloggio, d’impiego, di educazione
e di protezione sociale; per questa ragione il 60% dei coreani in Giappone
sono manovali con salari molto bassi,
circa la metà di quelli giapponesi.
— La vostra chiesa viene in aiuto a
queste persone?
— Cerchiamo di procurare loro uri
lavoro e facciamo continue pressioiii
presso il governo giapponese per migliorare la loro situazione.
— Può darmi aicune informazioni
suil’iniziativa presa dalia vostra chiesa
per il maggio prossimo di preparare
un convegno sul problema delle difficoltà che incontrate come gruppo minoritario?
— Organizzando questo convegno
sui problemi delle minoranze ci pro
poniamo tre obbiettivi; 1) suscitare solidarietà internazionale fra i popoli, soprattutto fra le minoranze; 2) determinare il ruolo positivo di queste minoranze, non solo per il Giappone, ma
per il mondo intero; 3) ricercare, in
collaborazione con altri cristiani, nuove possibilità missionarie. Diverse organizzazioni ecumeniche dimostrano il
loro interesse per questo convegno.
— Vi parteciperanno anche organizzazioni non-cristiane?
— S’„ due organismi che rappresentano gli interessi di due altri gruppi
minoritari del Giappone; gli Ainu che
risiedono nell’isola di Hokkaido, e un
gruppo fuori casta, i Burakumin.
— A parte questo convegno, come
vedete ia re^onsabiiità permanente
delta vostra chiesa in seno ad una minoranza?
— La nostra chiesa ha tre compiti
essenziali da adempiere; l’evangelizzazione, l’educazione e l’azione sociale.
Partecipiamo a diversi tipi di evangelizzazione, anche di casa in casa; nel
campo dell’educazione cerchiamo di
fare delle nostre chiese centri di educazione permanente, di preparazione
alla vita; nel lavoro sociale miriamo
soprattutto ad instaurare diritti umani per i coreani in Giappone e a migliorare le loro tristi condizioni di vita; inoltre ci sforziamo di compiere
un ministero di riconciliazione fra Coreani e Giapponesi e fra Coreani del
Nord e del Sud. La nostra missione come chiesa non potrebbe sussistere nella sua pienezza senza un’azione di giustizia sociale e d’amore verso gli oppressi.
lllllilllllllllllllllllllllllllllllHIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIMIIIIIII
9 In occasione del 25" anniversario del suo
ministero a Zwolle, nell'Olanda orientale,
la chiesa riformata locale voleva festeggiare il
pastore Bobeldijk. Questi ha rifiutato e ha
chiesto che eventuali offerte raccolte a tale
scopo fossero devolute a Amnesty Internationale per la sua opera a favore dei detenuti
politici; sono stati raccolti e inviati all’organizzazione oltre duemila fiorini, quasi mezzo
milione di lire.
tempi è stato deciso che le nostre chiese parteciperanno finanziariamente all’attività missionaria nel nostro paese.
Siamo dunque ad una svolta nelle relazioni con le chiese estere: finora abbiamo sempre ricevuto fondi in denaro e personale dall’estero, senz’alcuna
spesa per noi; ora invece divideremo
l’onere finanziario; in tal modo, spero,
in avvenire potremo ricevere personale, a nostre spese, anche da altre parti del mondo, e non più soltanto dall’America del Nord.
— Credete che una simile svolta finanziaria si reaiizzerà in breve tempo?
— Non posso dire quando questo
cambiamento avrà luogo ; però, per cominciare, possiamo invitare personale
da altri paesi, e spero che questo sia
possibile presto.
— Datocché desiderate che i nfissionari rimangano in Giappone, può dirmi, signor Pastore, la sua personale
definizione del missionario e in che
cosa consiste ii suo compito?
— I missionari sono lavoratori cristiani inviati da due chiese, cioè da
quella estera che li manda a noi, e dalla nostra che li destina nei nostri vari
campi di missione giapponese; di conseguenza la chiesa giapponese è anch’essa responsabile, inviandoli. Inoltre i missionari sono lavoratori cristiani che dovrebbero integrarsi interamente nel lavoro della chiesa che li riceve, piuttosto che comportarsi come
stranieri, cercando di staccarsi gradualmente dall’opera.
luiiiiiiiifiiiiiiiiiiiiiiiiiiiniiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiimiiiiiiiiiimiiii
SUDAFRICA:
ancora persecuzioni
contro pastori
(soepi) - Il pastore Beyers Naude,
direttore dell’Istituto cristiano dell’Africa australe è stato accusato di aver
pubblicato una dichiarazione fatta da
una persona « assegnata a residenza ».
Già al principio dello scorso novembre Naude era stato condannato per
« rifiuto di testimonianza » a 50 rand
di ammenda e a tre mesi di carcere
colla condizionale. L’attuale accusa si
riferisce alla pubblicazione, da parte
sua, di una dichiarazione fatta da P.
Pretorios, ex dirigente deH’unione nazionale degli studenti sudafricani, e
condannato nello scorso .aprile.
Si apprende ora che, in relazione alla legge sudafricana sulla « soppressione del comunismo» (n.d.r.: per "comunisti” si intendono tutti coloro che si
oppongono o criticano la politica governativa) il pastore Manas Buthelezi,
uno dei più noti teologi luterani d’Africa, si è visto interdire ogni attività pubblica per la durata di cinque anni. Buthelezi, che ha 38 anni, dirige l’Istituto
cristiano di Natal. Egli non potrà partecipare ad alcuna attività di carattere
sociale o educativo, come pure a degli
incontri con più di due persone.
Il pastore Buthelezi gode di fama internazionale negli ambienti luterani ed
ecumenici. Durante quest’anno egli ha
partecipato successivamente alla Conferenza di Bangkok « La salvezza oggi »
organizzata dal CEC, a una consultazione luterana in Africa orientale e ad
un incontro negli Stati Uniti sulla «Missione nei sei continenti ».
La federazione luterana mondiale, il
Comitato esecutivo del Consiglio delle
chiese del Sudafrica, vari membri della
Federazione delle chiese luterane dell’Africa australe hanno vigorosamente
protestato contro la decisione del governo sudafricano.
iiiiiiiiiiiiiiiiinimiiiiiiiiimiiiimiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiimiiiim
Alla redazione di questo numero
hanno collaborato Umberto Beri,
Augusto Armand Hugon, Gustavo
Malan, Roberto Peyrot, Edina Ribet, Giorgio Tourn, Claudio Tron,
Elsa e Speranza Tron.
4
pag. 4
N. 1 __4 gennaio 1974
L’ipotetica, probabiie ricostruzione delia vita di tre miliardi di anni fa
L’evoluzione:
NOTE DI LETTURA
Con un processo analogo a quello con cui i nostri antenati di tre secoli fa dovettero affrontare la sconvolgente
scoperta copernicana, assistiamo oggi a un'altra rivoluzione scientifica, con inevitabili e profondi contraccolpi spirituali: il grande sviluppo della biologia molecolare, che
interpreta il fenomeno della vita nei suoi meccanismi fondamentali e mostra la continuità fra "mondo materiale"
e "mondo vivente". Questa rivoluzione — come la precedente — non sovverte la fede nella sovranità creatrice
I primi pSSSi !q scuola P
di Dio, ma le pone problemi che devono essere seria- f g ■
mente affrontati, se vogliamo non solo credere, ma testi- . ,
moniare rettamente oggi. Pietro Comba ha iniziato nel Anche DÌO è StatO prOClamatO mOrtO QUalche annO fa
serie di articoli sul problema deii'ori- ^a forsG era Una falsa nòtìzla...
numero scorso una sene
gine della vita ; affronta oggi quello dell'evoluzione, nei
suoi primi passi, e tratterà poi della posizione dell'uomo
nella natura. Il nostro collaboratore sollecita giustamente
una riflessione comunitaria su tutta q:jesta problematica,
alla luce della Parola di Dio.
Non fu facile la vita per i primi che
raffrontarono, nelle acque del mare
antico, tre miliardi di anni fa; possiamo immaginarli come lieviti, che per
vivere hanno bisogno di grosse molecole da spezzettare per servirsi dell’energia che esse racchiudono. Le grosse
molecole si formavano nell’atmosfera,
e la pioggia le portava al mare. Al momento di formarsi, esse assorbivano
l’energia delle scariche elettriche e dei
raggi del sole, e la trattenevano sotto
forma di legami chimici che univano i
vari atomi interessati. Nell’acqua, una
cellula doveva continuamente « inghiottire » le molecole in questione e, nel
romperle, liberare quell’energia che le
permetteva di realizzare le sue « personali » reazioni; per esempio, sintetizzare nuove proteine, raddoppiare il suo
DNA. dividersi a metà per diventare
due cellule.
La riproduzione delle cellule, il loro
diventare 2, 4, 8... e così via voleva dire
che il progetto originario, che descriveva la prima, veniva ricopiato molte
volte e avviava la costruzione di nuove cellule tutte uguali; in altre parole,
un certo ordine molecolare era riproposto numerose volte.
Succedeva proprio quello che capita
oggi nelle tipografie; un certo testo
viene stampato in molte copie, e poi
diffuso. Le copie sono uguali, ma c’è
sempre l’eventualità di un errore di
stampa, che può non voler dire niente,
oppure cambiare il senso di una parola. Se il tipografo è distratto da una
voce o da una interruzione, può anche
saltare una parola, o scriverla due volte. E cos', avviene nel delicato momento in cui il DNA di una cellula si duplica. La copia può essere leggermente diversa dalToriginale ; in termini
molecolari, l’acido nucleico può presentare un trattino in più, o in meno,
o chimicamente diverso dal previsto,
la cellula figlia può differire dalla madre per avere im nucleo che prevede
uno sviluppo leggermente, o molto, diverso.
Un evento di questo tipo si chiama
una mutazione, e può essere dovuta a
parecchie ragioni; per esempio che,
mentre il DNA si duplica, viene colpito da radiazicttù che provocano la rottura di qualche legame fra atomi. Nel
linguaggio della cellula, portarsi addosso una mutazione vuol dire costruire
proteine diverse da quelle che venivano prodotte nelle generazioni precedenti; infatti le informazioni contenute
nel DNA riguardano la sintesi delle
proteine per la costituzione e le attività della cellula.
È importante notare che le mutazioni non sono orientate in nessi>n
senso, cioè colpiscono a caso l’acido
nucleico producendo delle alterazioni
il cui significato si vedrà solo quando
il nuovo DNA lo rènderà chiaro sintetizzando proteine diverse. Tornando al
paragone di prima, se io scrivendo a
macchina sbaglio qualche tasto, come
in effetti succede in ogni pagina, generalmente ho parole prive di senso;
ma succede anche che una lettera diversa, o doppia, o mancante, dia alla
frase un senso nuovo. Per esempio
« mille lire in mano » sono meglio di
« mille lire in meno ». Ed ecco che
queste improvvise modifiche del senso
delle frasi, per rare che siano in un
solo paragrafo, sono praticamente sicure se si scrivono cento pagine. E cosi pure le mutazioni, rare in un individuo singolo, sono la regola nelle popolazioni numerose. Quando pure la
maggior parte delle mutazioni si rivelino prive di senso, cioè non compatibili con la vita, ce ne saranno pur
sempre di favorevoli, ed esse verranno
inserite nel nuovo DNA e regolarmente trasmesse nelle generazioni seguenti
Per essere favorevoli, le mutazioni
devono permettere alla cellula interessata di conciliare bene le sue vecchie
strutture, già collaudate, con i nuovi
suggerimenti. Ossia, le proteine nuove
devono avere un’attività che possa essere coordinata con quella preesistente nella cellula. In secondo luogo, questa attività deve presentare dei vantaggi ; per esempio, poter digerire una sostanza che prima era tossica, o poter
sopportare temperature più variate, o,
in parole povere, accrescere le probabilità di sopravvivere e riprodursi.
Grande successo, nella storia dei viventi, ebbero quelle mutazioni che resero poco a poco le cellule capaci di
utilizzare direttamente l’energia dei
raggi del sole, senza dover più dipendere dal fiusso di grosse molecole che
piovevano nell’oceano, come avevamo
visto prima. L’energia solare non è un
finire continuo, ma un susseguirsi di
particelle ad ognuna delle quali è associata un’« onda », e dove quest’ultima
è più intensa, c’è la massima probabilità di trovare la particella. Le innumerevoli, piccolissime particelle che
formano un raggio di luce — in altre
parole — non possono essere compietamente identificate, ma piuttosto se ne
può prevedere la presenza con una
buona approssimazione. Si dà loro il
nome di fotoni, e si studia ciò che avviene al momento di un loro urto con
la materia, tenendo conto che sia la luce, sia la materia vera e propria hanno
una duplice natura, di corpo « tangibile » e di energia che vibra, e che la vibrazione più o meno ampia rappresenta la possibilità grandé o piccola che
un dato punto sia occupato da una
particella.
I fotoni di un raggio dì sole possono
avviare certe trasformazioni chimiche
se trovano sulla loro via le sostanze
adatte. In particolare, le cellule viventi
hanno sviluppato la capacità di usare
una sostanza per « intrappolare » il fotone, e altre per trasmetterne lo stimolo energetico, ed altre ancora, infine,
per utilizzarlo nella costruzione di molecole utili. La sostanza che intercetta
i fotoni è quasi sempre la clorofilla, e
la reazione che avviene (grazie a questa fornitura di energia dall’esterno)
è l’unione di molecole d’acqua e di anidride carbonica per formare gli zuccheri, fenomeno chiamato fotosintesi. Si
ha dunque energia immagazzinata, messa da parte in queste molecole, che hanno spesso la forma di catene dritte o
contorte. Al momento opportimo, re
luEBETT Reimeb, La scuola è morta, Ed. Armando, 1973, pp. 215.
La tesi dell autore si può riassumere cosi ;
11 scuola e ingiusta, poiché è nata come strumento di discriminazione e di strumentalizzazione dell’uomo. E poiché essa è una sottostruttura della società, la critica alla scuola è
critica alle istituzioni sociali. Inoltre la scuola è un fallimento dal punto di vista dell’istruzione poiché uno studente potrebbe benissimo
imparare in due anni per conto suo quello
che gli si insegna in dodici; ed è fallimento
dal punto di vista educativo, poiché inizia i
ragazzi al conformismo e aH’accettazione passiva anziché allo spirito critico; ed è ancora
fallimento sotto 1 aspetto finanziario, poiché
i suoi costi sono assolutamente sproporzionati alla resa.
Occorre quindi riformare la società, ma
poiché la scuola è elemento basilare dell’attuale società, bisogna cominciare con la distruzione della scuola stessa.
Ci troviamo di fronte ad uno dei tanti discorsi sulla descolarizzazione, ben noti ai pe*i^gvglsti attuali : un discorso peraltro, quelli del Reimer, molto più politico che pedagogico, molto più velleitario che solidamente
critico, e condotto con americana semplicità :
non vi si trova un’alternativa né valida né possibile, e quindi, come tutti i propositi eversivi, rimane assai poco convincente nella sua
provoca torietà.
Del resto lo stesso Valitutli, direttore della
collezione cui appartiene il testo, osserva in
primo luogo che « la scuola non è morta e
non sta per entrare in fase agonica », e in un
scersi e propagarsi. L’acqua infatti c’è che « gli integralisti
e l’anidrfde'^ca'rbonica, aUe“sebbene’ fiato“;“»''
non sappiamo esattamente quando e ■ u •
come essa sia comparsa. ^ermazmne che CI sentiamo di condivide
E mentre le cellule evolvono, OgM una domandl^che è a"nct ^^pTob^el";?:;
loro fotosintesi produce l’ossigeno li- co-sociologico: come mai quesr scuola cosi
bere, che prima non esisteva. Ora inve- contestata e discussa, con tutto fi s^ asservL
ce esso viene preso dall’acqua e dalla mento ai poteri e conformista ha sempre prm
anidride carbonica, in parte trasferito dotto i rivoluzionari, i critici, i fermanti so® rilasciato qua- ciali, la spinta al progresso?
Meglio una scuola di questo genere, con
tuttti i suoi difetti, o una non scuola che lasci il posto alla tribuna dei demagoghi e al1 azione dei capi-popolo e dei dittatori?
Il problema non è forse cosi semplice o cosi
utopistico come ce lo ha presentato il richiamo di un titolo quale « La scuola è morta ».
Anche Dio è stato proclamato morto, qualche
anno fa : ma era forse una falsa notizia...
H.
spirazione, accrescimento della cellula,
sua divisione in due, si recupera l’energia di cui si ha bisogno, spezzando i
legami fra gli atomi degli zuccheri;
l’energia è convogliata ai vari usi, e le
piccole molecole d’acqua e anidride
carbonica sono di nuovo diffuse nell’ambiente da cui erano state prese.
Ecco allora che nella vita delle cellule si delineano bene i due momenti
fondamentali, e cioè l’impiego dell’energia della luce per la costruzione
di materiale, e l’uso di quest’ultimo
per realizzare nuova sostanza vivente
e avviare gli opportuni processi chimici. Le cellule che hanno imparato a
fare queste cose sono le prime piante
verdi; il verde infatti è il colore della
clorofilla, che si trova a livelli diversi
nel mondo vegetale. Per ora, comunque, si tratta di vedere come questa
capacità nuova influenzi le cellule che
l’hanno appresa, e le loro discendenti.
La conseguenza della fotosintesi è in
primo luogo maggiore disponibilità di
energia, e quindi indipendenza (relativa) daU’esterno. Ormai, per la vita,
scio la scomparsa del sole sarebbe cruciale, mentre, finché esso brilla, c’è la
possibilità di utilizzare una piccola frazione delle sue radiazioni per accre
dele conquiste coloniaU, illustrando il loro
costo umano e politico ».
L’autore afferma di non aver voluto fare
una storia imparziale, che il più delle volte,
col pretesto dell’obiettività rischia di coprire
una mistificazione ideologica. E prosegue:
« Non presentiamo questo volume come un
prodotto preconfezionato che il lettore debba
solo accettare o digerire passivamente, ma
come uno stimolo polemico alla riconsiderazione di un passato che ancora oggi pesa
sulla vita dei molti popoli menzionati, non
ultimo il nostro. Più che convincere il lettore,
vorremmo spingerlo a un ripensamento personale della storia di ieri, che contribuisca ad
una presa di posizione nella storia di oggi ».
R. P.
Uriche
SI come un prodotto di scarto. L’accumularsi progressivo di questo ossigeno,
che dalle acque veniva liberato nell’atmosfera, a lungo andare ha creato uno
strato protettivo tutt’intorno alla Terra, capace di schermare quella parte di
radiazione solare — l’ultravioletto —
che non favorisce i processi della vita,
ma li inibisce, perché apporta energia
con intensità superiore a quella tollerabile da molte importanti molecole
che compaiono nelle cellule.
La comparsa dell’ossigeno, avvenuta fra i due e i tre miliardi di anni fa,
ha posto le premesse perché la vita
uscisse dall’acqua dov’era iniziata (in
quanto l’utravioletto lì non penetrava)
e si diffondesse sulle terre emerse. Nello stesso tempo, l’accresciutà libertà
d’azione delle cellule ha permesso loro
nuove ambiziose esperienze, come per
esempio unirsi fra loro a formare organizzazioni superiori.
Pietro Comba
I lettori ci scrivono
Genova, 12 dicembre 1973
Signor direttore,
sul settimanale da Lei diretto "La Luce” del
30 novembre u.s. n. 47, nella rubrica « 1 lettori ci scrivono » si legge una lettera dal titolo: « Cile Rosso” a Perosa » nella quale un
lettore chiedeva direttamente a Lei, fra le altre cose, f< perché la Chiesa Valdese concede
i suoi locali ad
organizzazioni i cui programmi
nord-sud-estovest
H II problema petrolifero ha un grave
aspetto quantitativo, ma un altrettanto
grave aspetto economico : il prezzo del greggio va infatti erescendo rapidamente. Prima
della crisi il prezzo medio di un barile di
greggio, sul Golfo Persico, era di 3 dollari:
*^"gi varia intorno ai 10 dollari, mentre ’quello
nigeriano ha raggiunto i 16,84 dollari; l'Iran
ha annuncialo di aver venduto ultimamente
dodici milioni di tonnellate a 17,4 dollari i]
barile; analoghi aumenti sono da attendersi
per il petrolio venezuelano: il neoeletto presidente Carlos Andres Perez ha subito dichiarato che di questa ricchezza nazionale il paese doveva valersi meglio per il proprio svilunpo.
B Secondo fonti cilene i governi degli Stati
socialisti, fra i quali quello di Cuba, non
solo hanno rifiutalo di offrire asilo politico ai
profughi cileni, ma non hanno neppure risposto all invito deirONU di costituire centri di
smistamento e <li raccolta.
B Ricorre il secondo anniversario dell'indipendenza del Bangla Desh : ricorrenza
malinconica, non solo per il costo delPindipendenza, ma perché il paese continua a vivere in
condizioni difficili, se non drammatiche, e dipende tuttora in misura considerevole dall'aiulo di organizzazioni internazionali, fra cui soprattutto la FAO, rUNESCO e la Caritas.
politici, non sono certo quelli di “lottare con
cristo"? » (Testuale).
La domanda meritava una risposta responsabile, anche perché il silenzio può provocare
dubbi e perplessità.
Preciso subito: non mi piacciono le dittature di nessun tipo; sono però deH'avviso che
ogni popolo è libero di scegliersi il regime che
vuole, senza consentire agli altri d’interferire
nei propri affari interni.
I fatti del Cile interessano esclusivamente
ai cileni, come le questioni greche ai greci,
e non possono essere motivo per organizzare
gazzarre e ipocrite indignazioni, ad opera di
una ben qualificata parte politica che, per
quanto non rappresenti la maggioranza del
popolo italiano, imperversa nel nostro paese
sotto Io sguardo tollerante e l)enevolo di tutte
le autorità costituite.
Rammenta, signor direttore, la prepotente
presenza dei carri armati russi a Praga? E
dire che in quel caso le proteste delle nazioni
libere e democratiche potevano essere più
che legittime trattandosi di un’invasione straniera, Mi vuole elencare cortesemente quali c
quanti comitati furono allora costituiti per
fermare Tarmala rossa? Quante cappelle vaidesi furono messe a disposizione per soccorrere la Cecoslovacchia la cui voce fu soffocala
nel sangue.'' Quanti scioperi di protesta furono
organizzati.'' Per non parlare delI’Unglieria c
dei paesi baltici, come la Lituania, la Lettonia
e I Estonia, questi ultimi tre definitivamente
scomparsi dalla geografia politica europea e
dissolte come libere nazioni?
Non voglio scivolare in una polemica facile. né fare delTanticomuni.smo vi.sceralc; mi
.sono limitalo a sottolineare soltanto alcuni ira
i falli più clamorosi avvenuti negli ultimi
trentanni sulla scena politica mondiale.
La violenza, con etichetta e no, motivala o
immotivata, resta .sempre in pieno contrasto
con lo spirito del Vangelo. Cedere una cappella, luogo di cullo, per raccogliere fondi de
stinali all’acquisto di armi per alimentare la
guerra civile in Cile, non mi sembra che ciò
risponda alTinsegnamento di Gesù : « Beati i
mansueti perché essi crederanno la terra »
(Matteo 5: 5).
Perciò, signor direttore, una risposta a
quella lettera poteva darla. Poteva bonariamente spiegare, alTautore della missiva, come
stanno realmente le cose in alcuni settori delI evangelismo italiano, in cui Cristo serve si,
ma come schermo per tenere in piedi qualche
comunità che aiuta gli sforzi del comunismo di
ca.sa nostra, e di alcuni gruppi extraparlamentari di sinistra, apparentemente ostili alla linea ufficiale del P.C.I., ma concordi nel disorganizzare lo Stato e l’ordine costituito, per
imporre con la violenza un nuovo corso alla
politica italiana. NelTippodromo polìtico italiano è di moda puntare sul cavallo rosso.
Non sono forse questi i motivi per cui alcuni pastori, nei loro sermoni, presentano ai
credenti un Cristo nuovo, diverso, impegnato
e barricadiero? Non è forse vero che propongono la riletlura delle Sacre Scritture in chiave marxista e invocano « loto corde » una
nuova teologia?
Probabilmente l'autore della succitata lettera non ha compreso Tarla che lira. E forse
nemmeno Lei è a conoscenza di un fatto neon
certantc; Testale scorsa, a S. Severa, ha avu
lo luogo un convegno di studi biblici. E sul
1 edifìcio, dove tali corsi si svolgevano, garri
va al vento una bandiera con falce e martello
Ira la generale indifferenza degli intervenuti
(Documento fotografico a disposizione).
II hrav’iiomo interpellante crede ancora
che il Vangelo sia l’unico e insostituibile Pane dello Spirito e certamente ignora che si
tenta di puntellarlo e svilirlo, con l’ausilio di
falsi dottori e di furbastri parolai, attraverso
una teologia dialettica che trova la sua ragion d'essere nelle teorie del signor Carlo
Marx.
E siccome di questo Marx se ne parla <Ia
lutti i piil])iii. o quasi, cattolici compresi, non
sarà lontano il tempo in cui gli scritti di costui, nelle prossime edizioni della Bibbia, con
imprimatur c no, saranno collocali accanto
alle lettere paoline per essere letti e meditali
durante i culli domenicali.
Anche questo, forse, sarà un segno dei
tempi.
Cordiali saluti dal fratello in Cristo
Salvatore Giuliano
Il colonialismo
italiano
Giorgio Rochat, Il colonialismo italiano. Ed.
Loescher, Firenze 1973, pag. 224, L. 1.800
II volume, che costituisce anche il primo
numero della collana <c Documenti della storia », tratta di alcune fasi fondamentali dell’avventura colonialista italiana e particolarmente: la prima guerra d’Africa, la guerra di
Libia e la sua riconquista, la guerra d’Etiopia
c Timpero.
Come vien detto nella prefazione, il volume
non affronta lo studio del colonialismo e del1 imperialismo italiano nel suo complesso, ma
no studia le manifestazioni più importanti.
Viene anche ricordato che lo studio del colonialismo italiano non è facile perché è trascurato a tutti i livelli, senza poi tener conto
della sua trattazione nel tempo del fascismo,
che ne dà una interpretazione agiografica e
razzista. Il libro si propone di « mettere in
luce i limiti dell’interpretazione tradizionale
e di ricordare anche gli aspetti dimenticati
Alfredo Aigotti, Gli estremi delVarco, 1973.
Si tratta di una raccolta di liriche, che
sono nate dalla felice ispirazione del prof.
Aigotti, insegnante di storia e filosofia al Liceo di Torre Pellice. La vena è essenzialmente melanconica, per non dire pessimistica :
i temi delle delusioni, della sommarietà della
vita umana, della morte, del mistero, hanno
trovato peraltro una temperata dolcezza
espressiva in queste pagine. Ma anche il
senso del religioso si esprime in sentimenti
mistici, come in questa « Preghiera » : Solo
per poter conoscere/tutta Pamarezza/del nostro morire/solo per vedere/questa fragile sete di luce/spezzarsi sul ruvido/legno della
croce,/Tu hai voluto vestire/le sembianze dell’uomo./Ma io ti amo,/perché il corpo tuo
divino/ha pianto,/neU’agonia della carne,/il
sangue dolorante deH’uomo.
P.S. Alcuni esemplari sono a disposizione
di chi lo desidera, presso la segreteria del
Collegio Valdese, mediante libera offerta per
il Collegio stesso.
Illlllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllll
Doni prò Eco-Luce
Daniele Charbonnier, Bobbio Pellice lire
1.000; Hilda Paschetto, Torre Pellice 1.000;
Paolo Antonietti, Torre Pellice 500; Alessandro Forneron, Villar Perosa 500; Mario Corsani, Torre Pellice 500; Nora Sibille May, San
Remo 500; Ruggero Henking, Torre Pellice
1.000; Alberto Selti, Torino 500; L. C., Torino 2.000; Alice Berutti, Torino 1.000: Franecsco Toma, Sansevero 1.000; Carlo Alberto
Lena, La Maddalena 1.000; Piero Peloso. Ao- i
sta 1.000; Arrigo Beltrami, Reggio Emilia *
1.000; Frida Jalla, Ventimiglia 1.000: Arturo Bogo, Venezia 2.000; Alice Bogo, VeneziaMestre 1.000; Eros Lala, Roma 1.000; Claiidino Paolucci, Roma 1.000; Franco Menusan,
Perrero 500; Giovanna Giordan, Angrogr.a
1.000; Lino De Nicola, Sanremo 1.000; Èva
Frache, Torre Pellice 500; Paolo Montaldo.
Riva di Pinerolo 1.000; Sorelle Prochet, Torre Pellice 2.000; Franco Bonnet, Luserna S.
Giovanni 1.000; Roberto Coisson, Torre Peliice 1.000; Emanuele Borno, Pinerolo 300;
Paolo Zaghet, Fiaschetti 1.000; Matilde Sibille, Torre Pellice 1.000; Giulia Tron. Torino 300; Ersilia Mathicu, Torre Pellice
1.000; Enrico Gardiol, Torre Pellice 1.000:
Bruno Paschetto, Torre Pellice 500; Famiglia
Martinat, Luserna S. Giovanni 500; Luciano
Long, Pinerolo 1.000; Elisa Beux Soulier, Inverso Pinasca 500; Rosa Giuliani, Roma 2
mila; Enrico Martinat, Pomaretto 500; Desiderata Clot, Perrero 500; Elisa Micol, Massello 500; Francesco Mendola, Roma 1.000.
Grazie! (continua)
Il nuovo primo ministro danese
è un pastore luterano, dlscreio e tenace
Solo un quarto di secolo fa, chi avrebbe
immaginato che questo pastore luterano, discreto e affabile, tutto teso ad adempiere, con
zelo scrupoloso, i suoi doveri di cappellano di
un ospedale di diaconesse, diventerebbe un
giorno, giunto alla sessantina, il capo del governo del suo paese?
Certo, Poni Härtling era cresciuto in una
famiglia nella quale per tradizione si militava nel partito Venstre (liberale agrario): il
padre, ispettore scolastico, era anche stato
ministro dell’educazione nazionale, fra il 1945
c il 1947. Ma nulla, nel carattere modesto e
nei modi di quest’uomo esemplare, dal volto
jioco espressivo, dallo sguardo leggermente velato dietro occhiali alla Schubert, che dedicava il suo raro tempo libero al violino (in que-sto campo è più che un amatore) e alla redazione di un Manuale di direttive religiose peile infermiere cristiane, sembrava veramente
predisporlo alle agitazioni dell’arena parlamentare.
Eppure, sotto l’apparenza tranquilla, Poul
Lfartling nascondeva un segreto desiderio di
azione e un’incontestabile abilità nel compiere
una serie d! svolte, la cui importanza è sfuggita, di regola, almeno agli inizi, ai suoi amici come ai suoi avversari più lucidi.
Così, nel 1950 — prima tappa — lascia la
sua attività pastorale per dirigere una .scuola
n.agistrale (laica). Preoccupato di partecipare
direttamente alla ristrutturazione dell'insegnainenlo pubblico, presenta la candidatura per
un posto al Folketing (il parlamento danese),
e vi entra nel 1957. a quarantatre anni.
Lavoratore accanito, dotato di nervi d’acciaio. dimostrando a tutti, senza distinzioni,
un’amabilità e un’urbanità che nulla disarma,
eccelle nel ruolo del coneilialore.
Nel 1965 succede, alla testa del partito liberale (agrario) al padre della Costituzione
del 1953, Tex-primo ministro Erik Eriksen.
Sarà il primo presidente del partito non uscito da ambiente contadino, in un’epoca nella
quale le campagne si spopolano sempre più
e la Venstre è in calo. P. Härtling ha un’idea
geniale: il 4 agosto 1965 lancia una pubblica
oiferta di collaborazione al partito radicale che
dalla sua creazione, alla vigilia della guerra
del 1914, non aveva mai collaborato con i
socialdemocratici. Questa manovra doveva permettere ai tre grandi partiti non socialisti (il
terzo è quello conservatore) di preparare iin
programma comune. Le elezioni del 1968 dettero ai tre alleati una maggioranza abbastanza solida da permetter loro di costituire iin
gabinetto di coalizione. E già i commcntalori
attribuivano a Härtling il portafoglio dei cult;
o dell educazione nazionale! Ma egli chiese gli
affari esteri, L idea che questo teologo, che
fino allora non aveva mai varcato le frontiere
scandinave, si disponeva a dirigere la dijiloinazia del regno, cominciò col far sorridere.
Ma P. Härtling doveva rapidamente dimostrare le sue doti di negoziatore, immergendosi
nello studio di dossiers, occupando le vacanze
estive nel perfezionare, a Parigi, il suo francese. Conduce con abilità una parte delle trallative per Pingresso del suo paese nella CEE.
Le elezioni del 1971 lo riportano all’opposizicne. Due anni più tardi accetta la sfida di dirigere un governo più che minoritario.
I Danesi, che auspicano una profonda riforma del sistema, sembrano piuttosto rassicurali
di potersi rimettere a un uomo a che ispira ß(lucia ». Q
(da « Le Monde » del 20.12.’73).
5
4 gennaio 1974 — N. 1
Vita, problemi, prospettive delle chiese valdesi
pag. 5
A TRIESTE
La conferenza del doli. Paolo Ricca su « la
riforma della chiesa, oggi » tenuta a S. Silveslro il 31 ottobre, ha raggruppato una settantina di persone ed è stata vivamente apprezzata. Era presente anche un gruppo di cattolici
che si interessano ai problemi della chiesa del
nostro tempo.
Malgrado la bora ed il freddo intenso il pomeriggio comunitario del 2 dicembre ha registrato un’affluenza eccezionale di partecipanti.
Ottimo il provento del « bazar » che ha permesso di superare il risultato dell’anno scorso Ringraziamo vivamente tutti i donatori e
il gruppo di signore che così bene ha saputo
organizzare ogni cosa nella nuova sede comunitaria.
I nostri cc dopo culto » dell’ultima domenica del mese sono ben frequentati e rendono
possibile una maggiore presa di contatto gli
uni con gli altri. In novembre la sig.na Orietta Cassano, delegata all’Assemblea della Federazione, ci ha presentato i problemi discussi a
Bologna.
Gli studi settimanali, a carattere interdenominazionale, sul cristianesimo antico e la Riforma sono stati ben seguiti. Ringraziamo le
signore Illy e Bert per la loro collaborazione.
Segue, in gennaio, una riunione sul tema
<( protestantesimo e musica ». Subito dopo queste riunioni, studio biblico comunitario: in
gennaio esamineremo alcuni testi degli Evangeli sulla base della nuova traduzione edita da
Mondadori.
II 23 dicembre i bambini della Scuola Do
inenicale e i catecumeni hanno dato la loro
attiva collaborazione al culto prenatalizio.
Nella basilica di S. Silvestro rinnovata è
felicemente iniziata una serie di concerti d’organo; il 21 dicembre è stato fra noi il prof.
F. Corsani, e l’il gennaio sarà al nostro organo il prof. M. Puxeddu.
Preparandosi alle celebrazioni deU’8° centenario valdese, il Consiglio di chiesa mette a
disposizione di quanti le desiderano copie de
« La Luce » recanti l’inserto mensile dedicato
a questa tematica.
La comunità elvetica, per mezzo del suo
Curatore, è stata sensibile all’esigenza dell’aggiornamento e deU’informazione per essere
meglio inseriti nella realtà odierna e prendere
coscienza della nostra vocazione di credenti :
a tale scopo è in allestimento, al pianterreno
del nuovo stabile, una sala di lettura; vorremmo pure istituire una piccola biblioteca circolante.
All’inizio di ottobre abbiamo avuto una seduta congiunta del Consiglio della chiesa valdese e metodista nel corso della quale è stata
concordata l’attività da svolgere in comune.
Ci rallegriamo per il fatto che le comunità
metodiste della Regione hanno nuovamente
un pastore e porgiamo al collega Alfredo Scorsonelli un saluto ed un augurio cordiale.
La comurttià metodista festeggia, in questi
giorni, il 75“ anniversario della sua fondazione. Nel ricordo di questo lungo periodo di testimonianza evangelica a Trieste, desideriamo
far giungere a tutti questi nostri fratelli l’augurio di poter continuare ad essere le sentinelle di cui parla il profeta Ezechiele.
Studiando la storia e i problemi della missione cristiana, un
gruppo di studenti del Collegio Valdese ha condotto una ricerca su
DAVID LIVIN6STDNE
Come i lettori senza dubbio ricordano, il nostro giornale
ha ricordato il primo centenario della morte di Davide Livingstone, in occasione delle manifestazioni che hanno avuto
luogo nello Zambia e nel corso delle quali il presidente Kenneth Kaunda ha ricordato che lo scopo della vita di Livingstone è stato “di alleviare la sofferenza umana e di farlo quale servitore dell’Africa e quale strumento di Dio".
D'altra parte, non molto tempo fa, la televisione italiana
aveva messo in programma un interessante ciclo di emissioni su quel periodo entusiasmante dell’esplorazione dell’Africa che è coinciso con la ricerca appassionata delle sorgenti
del Nilo. A questa ricerca, che è anche stata l’unico grosso
errore « geografico » di Livingstone, il nostro dedicò molte
energie. Nel corso di quelle emissioni si è però potuto in
travedere lo scopo più vero del suo instancabile peregrinare
in terra africana: quello di annunciare l’Evangelo di Cristo,
che chiama ogni creatura umana alla libertà vera.
Gli studenti della prima liceo del Collegio Valdese di
Torre Pellice, che quest’anno si interessano alla storta ed
ai problemi della missione della Chiesa, hanno voluto, tra
l'altro, esaminare un po’ più a fondo la figura di Livingstone.
Abbiamo pensato che valeva la pena, di far partecipi t lettori degli aspetti principali della vita e della personalità
così viva del grande missionario scozzese, che essi hanno
così messo in luce. Ringraziamo questi giovarti che hanno
voluto riassumere per noi le loro impressioni.
Giovanni Conte
In occasione del 1° centenario della
morte di Livingstone ci sembra opportuno ricordarlo per l'imponente opera
svolta e per l’esempio datoci, nel campo della missione della Chiesa. Per meglio conoscere rimportanza della sua
missione sono necessarie alcune notizie sulla sua vita.
Nasce a Blanthyre (Scozia) il 19 aprile 1813 da una famiglia di umili origini.
Con sacrifici personali riesce a conseguire la laurea in medicina, studiando
parallelamente teologia e latino. Nel
frattempo lavora in una filatura di co
tone, ma la sua vocazione religiosa lo segretario della Missione dell miversinissionario. Così, tà nell’Africa centrale: « Solo 1 Ev^ge
Cronaca delle
La Comunità Montana delle valli
discute il suo statuto
Valli
Cliisooe
e Germanasca
Una trentina di persone ha partecipato all'assemblea pubblica indetta a
Perosa il 29 dicembre per discutere la
bozza di statuto presentata dalla Giunta della Comunità Montana delle Valli
Chisone e Germanasca.
Il Presidente della Comunità, dott.
Eugenio Maccari, introducendo il dibattito ha chiarito che non sempre la
Comunità Montana appare rispondente alle aspettative. Questo Ente, di tipo
assolutamente nuovo, si trova collocato tra il Comune e la Regione in modo
abbastanza vago e impreciso. Se, tuttavia, si riuscirà a farlo funzionare,
questo servirà di base per altre associazioni di tipo comprensoriale anche
al di fuori del territorio montano.
Ha preso quindi la parola il sindaco
Guigas di Fenestrelle, che si è detto
molto insoddisfatto, non tanto dello
statuto, quanto della configurazione
geografica dell’Ente che, a parer suo,
unisce Comuni con interessi troppo
divergenti se non addirittura contrastanti.
Il sindaco di Porte, Bontempi, ha
dichiarato che lo statuto gli pareva
molto positivo, ma che avrebbe dovuto
precisare meglio gli interventi della
Comunità, obbligatori quando si tratti di questioni riguardanti tutto il_ territorio (servizi sociali, viabilità, insediamenti industriali). Per l’immediato
futuro, ha proposto un convegno sui
trasporti, allargato a tutto il Pinerolese, e un esame della situazione di disagio causata dal divieto di circolazione domenicale.
Il Sindaco di Pinasca, Richiardone,
ha risposto al collega Guigas che le
difficoltà territoriali non sono insormontabili se si riesce a superare il ben
noto campanilismo comunale.
L’insegnante Gianni Jahier ha espresso il parere di un gruppo di persone,
riunitesi a Chiotti per esaminare la
bozza di statuto, sulla possibilità di
partecipazione diretta della popolazione alle decisioni della Comunità.
Cecilia Proti, rappresentante del
P.C.I., pur apprezzando lo statuto, ha
elencato una serie di problemi urgenti che vanno dal disagio derivato dall'aumento dei prezzi alla scarsa occupazione nei settori del commercio, artigianato e turismo. Ha chiesto di organizzare un incontro per discutere il
piano di commercio e rivedere l’organizzazione delle cooperative.
Bouchard, sindaco di S. Germano,
ha espresso il suo parere sull’agricoltura montana, di cui nessuno si occupa e ha chiesto di incoraggiare le forme associative degli operatori agricoli.
Il rappresentante della D.C., Priolo,
si è dichiarato scettico sul capitolo dei
finanziamenti, a parer suo insufficienti,
e sulle possibilità effettive per la Comunità di espropriare e gestire vaste
zone montane.
Morero, rappresentante della Camera del Lavoro di Pinerolo, ha attirato l’attenzione dell’assemblea sui
problemi connessi con gli insediamenti industriali che ha definito insufficienti sul territorio della Comunità.
Ha pure indicato le lacune del servizio
sanitario e della programmazione edilizia che non tiene conto delle necessità dei lavoratori.
Esauriti gli interventi, il presidente
ha risposto ai vari interrogativi, dichiarando che sarà fatto il possibile
per far pubblicità alle iniziative degli
operatori turistici e che si chiederà il
passaggio dal divieto di circolazione al
tesseramento. Per quanto riguarda la
partecipazione popolare, il Consiglio
si propone di consultare tutte le persone che saranno di volta in volta interessate ai vari problemi in esame.
Molto curata sarà anche l’informazione, a tutti i livelli.
L’agricoltura non è dimenticata, ma
compresa nel piano zonale di sviluppo;
anche se la Comunità Montana troverà difficile la politica del territorio, potrà sempre migliorare le zone montane dal punto di vista silvo-pastorale,
dandole poi in gestione a privati. Il
presidente ha ancora ricordato che lo
statuto della Comunità ricalca in molti punti gli ordinamenti comunali, già
collaudati dall’uso: molte iniziative,
invece, saranno nuove, mai sperimentate fino ad ora. Infine, si è rivolto ai
rappresentanti dei partiti e delle organizzazioni sindacali, invitandoli a considerare la Comùmtà Montana come
un organismo che vuole essere dalla
parte dei lavoratori, ma che per funzionare ha bisogno dell’aiuto e della
collaborazione di. tutti.
Liliana Viglielmo
Val Germanasca
Primo distretto
Colloquio pastorale
Il prossimo colloquio pastorale delle Valli avrà luogo lunedì 7 gennaio
presso la Foresteria Valdese A TORRE
PELLICE. Il programma già predisposto è il seguente :
9,30 - culto
ore
ore
10
ore
ore
12.30
14.30
discussione sulla terza
parte del volume « Una
chiesa in analisi », introdotta dai colleghi Carlo
Gay e Giorgio Bouchard
pranzo
esame della situazione
del Distretto e del lavoro delle Commissioni.
I membri della Tavola Valdese già
presenti a Torre Pellice, neirimminenza delle periodiche sedute, parteciperanno al colloquio.
La Commissione Distrettuale
Statuto della Comunità montana
Un gruppo di persone che si interessano ai problemi della Valle pur non
avendo responsabilità dirette nelle amministrazioni comunali si sono riunite
un paio di volte ai Chiotti in queste
ultime settimane per discutere sulle
possibilità di un’azione popolare che
affianchi quella delle amministrazioni
stesse o, se necessario, le discuta, per
far valere a livello più alto i diritti delle popolazioni di montagna.
Una prima discussione a questo scopo si è avuta giovedì 27 dicembre per
studiare lo statuto della Comunità
montana. È anche stata proposta la
costituzione di un’associazione di pressione presso gli uomini politici, di denuncia all’opinione pubblica o, in casi
di reati commessi dai politici a scapito della montagna come storno di
fondi, interesse in atti d’ufficio ecc., di
denuncia alla magistratura, quando Fazione degli organi di governo provinciale, regionale o nazionale ignora i
diritti della montagna.
La sola ipotesi di una simile associazione è un indice del malcontento
a cui sta giungendo la popolazione della valle; malcontento del quale la non
ancora risolta questione dei trasporti
degli alunni ha fatto traboccare il vaso o quasi. Ma si sono aggiunti in
queste due settimane altri due fatti
che sono un indice della situazione.
« Aiuti » per i danni delle nevicate
Sono arrivate le promesse formali
di aiuti per i danni delle nevicate di
due anni fa. Tutti speravano in aiuti,
magari modesti, ma dati a fondo perso e si preparavano a ricostruire o avevano già ricostruito una parte dei caseggiati danneggiati a economia, e pensavano che gli aiuti sarebbero stati, in
questo caso, un risarcimento delle
spese sostenute. Invece gli aiuti sembrano arrivare s'i, ma sottoforma di
prestito agevolato. Le somme disponibili per questi prestiti sono di gran
lunga superiori ai danni subiti ma anche, soprattutto, alle possibilità di rendita delle piccole aziende dei singoli
danneggiati. Quindi il meccanismo che
sembra mettersi in moto è il seguente : tizio prende in prestito, naettiamo,
quattro milioni; deve restituirli entro
cinque anni; se li spende per aggiu
stare la casa, tra cinque anni non avrà
di che restituirli; quindi li mette in
banca: paga l’interesse deH’1% e prende dalla banca intorno al 5%, perciò
ha il 4% di buono. Però la banca investe la somma come sa fare lei, guadagnandoci ben. di più di quello che
ha subito i danni della neve. Ecco a
chi va a finire il denaro pubblico; ecco come le nevicate e le altre calamità
naturali servono come pretesto per la
speculazione privata.
Nevicate e servizio energia elettrica
Delle nevicate, naturalmente, il governo non è responsabile. Quelle del
periodo di Natale sono state viste arrivare con terrore perché era corsa
voce che la Provincia non avesse pagato neanche i responsabili dello sgombero della neve e che, quindi, si preparassero a non riprendere questo
servizio. Non sappiamo come, invece,
questo è ripreso. Va segnalato il modo
impeccabile con cui il nostro fratello
Bruno Gelato pulisce la strada di Massello e di Maniglia, raschiando praticamente fino all’asfalto, in modo tale
che queste due strade si distinguono
sempre, salvo slavine, per la loro pulizia fatta veramente a fondo.
C’è, però, un altro problema che si
accompagna regolarmente alle nevicate ed è quello della fornitura di energia elettrica. Non possono soffiare due
raffiche d’aria e non possono cadere
due fiocchi di nevé senza che il servizio dell’ENEL subisca interruzioni
più o meno lunghe non solo nell’alta
Valle e nelle frazioni ma persino al
centro di Perrero. Il numero e la durata delle interruzioni, tenendo conto
delle non eccezionali nevicate, sembra
quest’anno aver raggiunto un record.
Possibile che non se ne possa fare a
meno?
L’ENEL non solo non assicura l’energia elettrica a tutta la Valle, dove
ci sono ancora alcune aziende private, ben intenzionate, ma ormai insufficienti a soddisfare i loro vecchi clienti, soprattutto nei periodi di punta, le
quali non sono state nazionalizzate
perché non redditizie; ma l’ENEL soddisfa sempre meno anche i suoi clienti. Sarebbe interessante venire al chiaro delle responsabilità di questa situazione.
c. t.
porta all’apostolato missionario,
nel dicembre 1840, viene inviato dalla
Società di Missione di Londra, nell’Africa meridionale. In alcuni viaggi
che lo portano a conoscere per primo
il deserto del Calahari e alla scoperta
del lago Ngami, egli ha avuto per
compagnia la moglie Maria Moffat, figlia del missionario dal quale Livingstone ha appreso i primi rudimenti della lingua e dei costumi locali. Mediante
altre spedizioni, contribuì grandemente alla stesura della carta geografica di
quei luoghi, cosa fino ad allora impossibile, essendo quei territori del tutto
inesplorati. Malgrado si interessasse
vivamente di botanica, zoologia, geografia, egli non trasformò mai il suo
viaggio in una semplice esplorazione,
ma continuò a diffondere il messaggio
evangelico, come si era proposto alla
partenza da Londra.
Dato per disperso in una spedizione
organizzata per scoprire se il Nilo nasceva dal Lago Tanganica, fu raggiunto
dal giornalista americano Stanley, il
quale, dopo aver aiutato finanziariamente Livingstone, lo lascia ai suoi
viaggi, tornandosene in patria.
Livingstone ritorna sul lago Tanganica, ma deve lasciare definitivamente
li sua opera essendo gravemente ammalato.
Nel 1873, il 1° maggio, mori e fu sepolto a Westminster.
Uno degli spettacoli più commoventi
che possiamo vedere in Africa è la statua di Livingstone sul lago Vittoria, il
monumento che manterrà perenne il
ricordo deH’incontro di Livingstone con
l’Africa; esso infatti è qualcosa di più
di un semplice monumento, è la rappresentazione vivente dell’esempio dato da Livingstone. Egli si sentiva in
realtà personalmente responsabile del
continente nero, responsabilità che surclassava nettamente la sua attività di
esploratore, si sentiva responsabile
della vita degli indigeni e della loro
evoluzione: « L’evoluzione di questo
mondo è terribile, ha trascurato l’Africa con un vigore implacabile da tempi
immemoràbili. La sorte delTAfricano,
quando avrà conosciuto questa lezione
certamente dura, è nelle mani della
Provvidenza. Quando colui che è ài disopra di tutti, compirà i suoi disegni,
questo paese sarà splendente ». Livingstone aveva fiducia negli abitanti dell’Africa, li credeva capaci di grandi
cose. A meno di un mese dalla sua
morte, veniva intrapresa un’azione per
fermare definitivamente il grande mercato di schiavi di Zanzibar.
Nel 1875 il Sultano di Zanzibar, dietro consiglio di J. Kirk, vietava tutti
i trasporti di schiavi per via di terra
ed in qualsiasi condizione. La lotta che
Livingstone aveva intrapreso contro lo
schiavismo, veniva realizzata meno di
due anni dopo la sua morte. Scrive il
iiiiiiiiiniiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimi
San Germano
Chisone
Il tempo veramente cattivo del giorno di
Natale non ci ha impedito di avere una buona
assemblea al culto. La Corale ha cantato un
coro di circostanza e, grazie all’allentarsi momentaneo dell’austerità in fatto di circolazione festiva, abbiamo potuto avere in mezzo a
noi anche alcuni amici venuti da lontano.
— La festa di Natale ha avuto luogo
il 26 dicembre, con una partecipazione veramente rallegrante di genitori e di giovani,
oltre che, naturalmente, di ragazzi.
Due recite sono state dedicate al tema di
« Natale in tempo di persecuzione », per far
riflettere i ragazzi al significato del nostro passato-presente valdese. Poi è stato presentato
« Il mantello di Hermon ». Ben preparati i
numerosi canti, uno anche preparato « a sorpresa » dai più piccoli. I presenti hanno mostrato di apprezzare il lavoro compiuto dalle
nostre monitrici, alle quali va il nostro sincero grazie. La colletta è stata devoluta ai nostri Istituti di Istruzione.
— Il culto di fine d’anno, con Santa Cena,
è stato presieduto, oltre che dal pastore, da
quattro giovani e giovanissimi, seguendo una
liturgia appositamente preparata e ciclostilata
per tutti i presenti.
— Ricordiamo che, salvo casi di forza
maggiore d’ora innanzi l’ordine del culto, un
breve sunto della predicazione e i principali
annunzi, verranno ciclostilati ogni domenica.
Domandiamo a quanti partecipano al culto
di ritirare il foglio che sarà messo sui due
primi banchi del tempio, entrando. Chiunque
desidera dare dei suggerimenti per l’utilizzazione sempre migliore di questo modesto ma
utile mezzo di assicurare una migliore partecipazione dei fedeli al culto è cordialmente
invitato a farlo.
— Il pastore e la sua famiglia desiderano
rinnovare da queste colonne a tutti i sangermanesi i più affettuosi auguri di Buon Anno
e ringraziare tutti coloro che hanno fatto loro
sentire il proprio affetto in modo particolare
in occasione di questo periodo festivo.
Giovanni Conte
lo e la grazia di Dio possono salvare
l’Africa. Livingstone chiedeva che si salvasse l’Africa dallo schiavismo. In un
certo senso questo scopo è »tato raggiunto, ma per altro verso ci si è appena
incamminati ». Durante la sua vita Livingstone fu l’unico protagonista della
tragedia che si stava svolgendo in Africa, dramma che, per la sua stessa natura, ingrandisce ancora la nobiltà di
quest'uomo, perché fu essenzialinente
un uomo cristiano dove la vita finì per
trionfare sulla morte.
In quel senso la vita di Livingstone
fu una vittoria. Oggi egli chiederebbe
un accordo fra tutte le razze umane,
vorrebbe che fondassero i loro rapporti sulla riconoscenza delTuguaglianza e il rispetto delTuomo. Pieno di
senso pratico, Livingstone desidererebbe che questa associazione si manifestasse in tutti i campi: nella politica,
nella istruzione, nella vita sociale. Il
principio fondamentale di Livingstone,
nei suoi rapporti umani, è il rispetto
dell’uomo, sia esso pagano o credente.
Non dubitò mai che l’Africa potesse
diventare un continente importante, a
patto che questo principio fosse rispettato; da qui la sua endemica ribellione
contro ogni forma di sopruso, di cui
era esempio macroscopico lo schiavismo.
Livingstone ci dà un grande esempio
di tenacia e di fermezza nella fede in
Cristo, quali al giorno d’oggi è difficile
riscontrare negli uoinini.
Concludendo, la questione essenziale che si pone neH’Africa centrale è
questa: le popolazioni che l’abitano,
credono abbastanza? questa fede di Livingstone rappresenta una realtà ancora vivente nel cuore del continente al
quale egli aveva dedicato tutta la sua
vita?
Un gruppo di studenti
della I Liceo
del Collegio Valdese
iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiMiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimniiiiiiiiiiiiii
Personalia
A Torino si sono sposati Daniela Bandiziol
e Renato Raima, direttore amministrativo dell’Ospedale Valdese di Torino. Partecipiamo
alla loro gioia, con l’augurio migliore per la
loro vita in comune.
Presso la Facoltà di Filosofia dell’Università di Genova si è laureato, a pieni voti,
lode e medaglia d’argento, Giorgio Tron, discutendo una tesi su « Il concetto di chiesa
in Friedrich Schleiermacher ». I nostri più
vivi rallegramenti e un cordiale augurio per
la sua futura attività professionale.
Ci rallegriamo pure vivamente con Gabriele
Natali, della nostra chiesa di Felónica Po,
che si è laureato a pieni voti e lode in filosofia, presso l’Università di Firenze discutendo
una tesi su « Le logiche temporali ». E a lui
pure il nostro augurio cordiale per la sua futura attività.
Sandro Dell’Aquila, della nostra chiesa veneziana, dopo anni di studio nelle poche ore
libere dal lavoro, ha conseguito il diploma di
ragioniere : ci congratuliamo fraternamente
con lui per il successo della sua duplice fatica.
RINGRAZIAMENTO
Il marito Davide Sappé, con la famiglia, colpiti dal lutto per la dipartenza della loro cara •
Lidia Long
sinceramente riconoscenti ringraziano
tutti coloro che hanno preso parte al
loro dolore con scritti o con la loro
presenza. Ringraziano il Sig. Bertolino
per le cure prestate; il Sig. pastore
Pons e Signora per le parole di conforto. Un grazie speciale alla Direzione
dell’ospedale di Pomaretto, Professore,
Dottori, Direttrice, infermiere e tutte
le persone che si sono dedicate con
tanta pazienza e amore verso la cara
defunta.
Pramollo, 19 dicembre 1973.
RINGRAZIAMENTO
I familiari, commossi per la grande
dimostrazione di affetto tributata al
loro caro Congiunto
Adolfo Mourglia
ringraziano riconoscenti tutti coloro
che con fiori, con scritti e di presenza
hanno preso parte al loro dolore.
In modo particolare ringraziano i
Pastori Bcrtinat e Taccia per le loro
parole di conforto, la Sezione ANA di
Pinerolo; i vari Gruppi ANA della zona, il Comandante il Battaglione « Susa », la Direzione del CRAL Vasario,
le famiglie Bima e Fornero ed i vicini
di casa.
Luserna S. Giovanni, 29 dicembre 1973.
6
pag. 6
I NOSTRI GIORNI
I püdroni del petrolio
N. 1 — 4 gennaio 1974
Il Medio Oriente, e più precisamente 1 paesi rivieraschi del Golfo Persico
racchiudono nel loro sottosuolo terrestre e marino oltre la metà (il 60%,
pare) delle riserve di petrolio oggi acceriate nel mondo; tale accertamento
SI va estendendo in molti punti del
globo, ma anche nella regione mediorientale, conservandosi così, grosso
modo, la proporzione suddetta. Da questa regione viene oggi, data la concentrazione degli impianti e il costo relativamente basso della manodopera
circa un quarto del petrolio utilizzato
nel mondo.
Il piccolo sceiccato del Kuwait, dove si cominciò l’estrazione solo nel
1945, è diventato il maggiore produttore della regione (il quarto in assoluto, dopo USA, Venezuela e URSS) e detiene le maggiori (in assoluto) riserve
accertate. VArabia Saudita, dove lo
sfruttamento petrolifero ebbe inizio
nel 1939, occupa ora il secondo posto
(il quinto in assoluto) e incassa da sola 14 miliardi di lire al giorno. I produttori più antichi. Viran (dove il prirno giacimento fu scoperto nel 1908) c
VIrak occupano rispettivamente il terzo e il quarto posto (il sesto e il settimo m assoluto, seguiti da Canada, Algeria, Indonesia etc.). Seguono altri
produttori minori — per modo di dire —, federati nell’unione degli emirati
arabi, fra cui il Dubai (il primo impianto di sfruttamento e serbatoio sottomarino del mondo, capace di 95 milioni di litri di greggio), Abu Dhabi, il
Qatar, l’isola di Bahrein.
Alcuni di questi Stati investono forti somme negli armamenti, soprattutto
l’Arabia Saudita e l’Iran (il 28% del bilancio nazionale), altri, anche a causa
dell’esiguità del territorio e della popolazione, costruiscono infrastrutture e
servizi sociali. Ad esempio, i sessantamila sudditi (tali sono) dello sceicco
di Abu Dhabi non pagano tasse di alcun genere e fruiscono di scuole e di
assistenza sanitaria gratuite. Si tratta,
per altro, di una ricchezza malsana: il
paese vive totalmente del petrolio (per
quanto tempo?) e non pare profilarsi
alcuna altra prospettiva di sviluppo; la
popolazione, anche quando è gratificata di facilitazioni economiche e sociali, è pur sempre mantenuta in una situazione di dipendenza semi-feudale.
La prima battaglia per la nazionalizzazione degli impianti si combattè nell’Iran: neU1951 il governo di Mossadeq espropriò la compagnia inglese,
l’Anglo-Iranian e si impadronì degli impianti di estrazione e della grande raffineria di Abadan, sul Golfo Persico;
produzione ed esportazione caddero
vertiginosamente con conseguente disoccup^ione; nel 1953 un colpo di Stato eliminò Mossadeq e, senza recedere
formalmente dalla nazionalizzazione,
riaperse le porte alle compagnie straniere; ¡I ^ consorzio attuale comprende
Capitale Inglese, americano, olandese e
francese. Seguì più tardi, e assai più
drastica, la nazionalizzazione da parte
deirirak, dov’erano rappresentati gli
stessi gruppi finanziari occidentali. Nel
Kuwait la concessione è per metà inglese e per metà americana, interamente americana nell’Arabia Saudita,
rnista negli sceiccati. Nel 1950 la divisione dei profitti era stata fissata secondo la formula del fifty-fifty, il 50%
alle compagnie e il 50% al governo locale, ma successivamente i governi locali hanno premuto per ottenere e ottenuto maggiori royalties, specie dopo
il primo congresso arabo sul petrolio,
nel 1959, e via via che cresceva la forza contrattuale dei paesi riuniti nelrOPEP (Organizzazione dei paesi esportatori di petrolio).
Circa due terzi del petrolio mediorientale viene esportato via mare, dai
porti sul Golfo Persico; la chiusura del
Canale di Suez, nel 1956, ha allungato
parecchie rotte, portando fra l’altro
alla progettazione e costruzione delle
superpetroliere giganti. Tanto maggiore importanza hanno acquistato i due
oleodotti che portano al Mediterraneo
parte del petrolio della regione; quello che dall’alto Irak (regione di Mossul
e Kirkuk) porta allo sbocco siriano di
Banias (così battuto dall’aviazione
israeliana nell’ultimo conflitto, e gravemente danneggiato) e a quello libanese di Tripoli; e l’oleodotto che dalle
coste del Golfo Persico, attraverso l’Arabia Saudita, la Giordania e la Siria
porta al porto libanese di Saida (Sidone). Un altro, antico sbocco, a Haifa, è
stato interrotto nel 1948 durante la lotta araba contro Israele e ovviamente
mai più riattivato.
Il grosso della produzione petrolifera mediorientale approvvigiona il Giappone e l’Europa occidentale, che nc dipendono il primo quasi totalmente,
iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimimiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiin
l’altra in grande misura. Su un’esportazione annua di 495,1 milioni di tonnellate di greggio (così composti: 115 6
Arabia Saudita, 81,8 Kuwait, 60,7 Iran
1 emirati arabi, 2,8 Oman'
1,8 Bahrein, oltre a 114,7 Libia e 29 9
Algeria) diretta all'Europa, ecco le pek
cerituali indicanti in qual misura i nostri paesi dipendono dal petrolio mediorientale: Irlanda 95%, Svizzera 93%
Portogallo 91%, Spagna’ e Italia 86%’,
Germania federale e Francia 82%, Gran
Bietagna e Olanda 80%, Belgio e Lussemburgo 72%, Austria 60%, Scandinavia 51%. Questo spiega, ma non giustihca la resa vergognosa degli Europei
(e dei Giapponesi) di fronte al ricatto
sola, bella eccezione del
1 Olanda.
I II Giappone cerca di inteu-sificare. i rap^ paesi arabi: con il 1974 stancò- in Giordania e ad Abu
Dhabi; in gennaio il ministro del commercio
estero nipponico visiterà l’Irak (e l’Iran): alordine del giorno l’aiuto economico del Giappone a questi paesi e le forniture petrolifere.
H II Governo bulgaro ha razionato la benZina: 45 litri al mese per auto privata;
già erano stale decise limitazioni del 10% al
consumo dell’energia elettrica. La Bulgaria,
che come tutti gli Stati comunisti (salvo la
Komania) ha rotto le relazioni diplomatiche
con Israele fin dal novembre 1967, importa
I ‘ntnlità deip rodotti petroliferi non
(lai Medio Oriente ma dall’URSS.
H L AGIP, operatrice di un gruppo costituito dalPENI, dalla Montedison, dalla
Fma-Apit, dalla Francarep e dalla Texaco, ha
u imato con esito positivo il pozzo esplorativo
" Anemone uno », a 19 km. al largo di Rimmi; es.so e risultato mineralizzato a gas.
I gas scoperto è per legge destinato al fabbisogno energetico italiano.
Una speranza emigrata
•< A quale "classe" — scrisse J. Pelikan ari Armala n • - • i
la aente «ia arra«,»,« Angela Davis — può servire che
genie sta arrestata senza processo i sindarati «lana ,
d^scussiona encara.-^ u • • ' s'^oacati siano asserviti, ogni libera
o ’d
. ' revisionismo, e che un oaese ne oecutti un altmO Ca
S! pensa che ciò possa servire alla classe
operaia cecoslovacca, essa ha fatto
operaio ». Bisogna dirlo, anche rischiando di
f segue da pag. 1 )
Autonomismo valdese
(segue da pag. l)
sui rapporti con lo Stato italiano e con
altre regioni arrivando ad organizzare
appunto questo convegno in casa d'un
suo parente, il geometra Edoardo Pons.
Lo storico valdostano Federico Chabod
aveva mandato il suo contributo con
uno scritto. Il documento uscito da
questo incontro riguarda le autonomie
politiche amministrative, culturali scolastiche, economiche. Fu stampato dalla Tipografia Alpina di Torre Pellice,
poi ripreso nell’opuscolo Federalismo
ed autonomia di Emilio Chanoux, pubblicato clandestino nei « Quaderni delti talia Libera», e poi ristampato più
volte, ultimamente a cura della Regione Valdostana. °
Mentre per la Valle d’Aosta, e non
riunione e Dichiarazione
at Chivasso, ma non esse soltanto, ebbero le conseguenze che ben si conoscono, lo stesso non successe per le Valli
Valdesi, malgrado la singolarità della
storia di queste valli e la loro persisterite originalità e il contributo portato in quel momento. Gli ostacoli principali vennero probabilmente dal fenotneiw popolo-chiesa, dal timore che
Chiesa e valdesi venissero considerati
stranieri, estranei, dall’Italia, dalla
borghesia valdese italianizzata. Qra
le cose si prospettano diversamente.
Le Comunità Montane, che forse possono essere messe nella scia di quella
Dichiarazione, possono contribuire a
un discorso diverso, che però non può
fermarsi ad esse.
La prima tavola rotonda, a Chivasso
ha trattato soprattutto i fatti storici, e
la loro attualità. La seconda, ad Aosta,
ha portato ad una maggiore inserzione
nella stona delle autonomie, dei movimenti, delle aspirazioni e delle realizzazioni e all auspicio — con la coscienza della sua necessità — di un rinnocircoscritto, fattivo impegno di
solidarietà fra le autonomie: il tempo
sembra maturo, a chi non pensi che
sia troppo tardi. Giorgio Peyronel ha
contribuito con una lettera, letta dal
Presidente Dolchi, che propone un convegno di studi precisi sulle Alpi Occidentali.
Probabilmente la storia non sarebbe
stata molto diversa anche senza il Convegno di Chivasso, e la Dichiarazione,
come ogni compromesso che vien scritto in un momento della .storia, sarebbe
oggi redatta diversamente, ed è difficile
almeno per chi scrive — valutare
quanto essi abbiano pesato e peseranno
sulla Costituzione della Repubblica Italiana, sull’ordinamento regionale, sullo
sviluppo delle autonomie, eccetera, passando anche oltre le attuali frontiere.
Ma sta di fatto che si passò di lì.
L operazione ruotò allora intorno al
Partito d’Azione. Il riconoscimento è
venuto ora da un presidente democristiano e da un presidente comunista,
ma l’azione deve venire da una base
autonomista. jvj
una psicosi collettiva che possa convincere 1 opinione pubblica della "colpevolezza" degli accusati, in modo che
sia la base stessa a chiedere le pene
più severe.
9. Il tribunale, basandosi sulla "collera popolare”, condanna gli imputati,
che accettano la pena, ritenendola’
"giusta e meritata” ».
Una prassi analoga viene usata oggi ma con la dififerenza che, dopo la
«primavera» gli imputati sono veri
oppositori del regime, non più disposti a « confessare » crimini che non
hanno commesso e fare la propria autocritica (salvo i casi Jakir), ma si difendono. Di qui la impossibilità di
montare un processo-spettacolo come
negli anni ’50 e la necessità di organizzarlo a porte chiuse. Le stesse pene non possono più essere capitali date le mutate situazioni interna ed internazionale.
Il persistere, dopo oltre mezzo secolo, del dorninio incontrastato dello
stalinismo nei paesi dell’est europeo
pone — secondo Pelikan — questo dilemma : « O si riesce a dimostrare che
potrebbe veramente esistere un modello di socialismo diverso da quello
sovietico autoritario e burocratico,
dandone la prova con la pratica e con
l’esempio, oppure bisogna sottoporre
a una nuova analisi tutta la teoria e
la pratica del socialismo, rivalutarla
e trarne le dovute conseguenze ».
Egli esclude che nei paesi dell’est sia
possibile «un ritorno alla proprietà
capitalistica privata dei mezzi di produzione, delle fabbriche, delle miniere, delle banche, delle campagne collettivizzate » in quanto « tutti si sono
adattati alla proprietà collettiva, sia
pure esprimendo riserve su alcune sue
carenze, si sono abituati a una certa
uguaglianza sociale, facendo astrazione dai privilegi dei dirigenti. Obbiettivamente, del resto, questa economia
è talmente in cattivo stato che nessun
capitalista accetterebbe di prenderne
la. responsabilità ».
« La sola prospettiva valida, quindi,
per la Cecoslovacchia e per gli aitri
SOCIALDEMOCRAZIE AL
TRAMONTO?
ir « Le recenti
elezioni politiche
danesi hanno suscitato grande interes
Echi della settimana
a cura di Tullio Viola
se per la novità dei loro risultati. Non
solo, infatti, si è assistito ad una grossa sconfitta dei socialdemocratici al potere, ma specialmente si è visto il moltiplicarsi dei raggruppamenti presenti
in Parlamento, con il balzo in primo
piano di un partito “del progresso" di
ispirazione apertamente qualunquista.
D altra parte il fenomeno danese non
è isolato. Anche in Svezia e in Norvegia, sia pure in maniera molto meno
macroscopica, si è profilata, negli ultimi anni, una tendenza allo sgretolamento del tradizionale assetto politico,
e l’apparizione di sintomi evidenti d’incertezza e di confusione.
Non è questo lo spettacolo a cui i
paesi scandinavi ci avevano abituati.
Per molti decenni, infatti, anche mentre le altre nazioni europee passavano
attraverso crisi profonde, questi Stati
hanno offerto un quadro notevole di
stabilità politica e di ininterrotto sviluppo sociale ».
Con queste valutazioni inizia una sua
critica penetrante Antonio Gambino su
« L Espresso » (del 23.12 73). Sappiamo
che i danesi hanno affidato la guida del
nuovo governo ad un uomo veramente
nuovo, l’ex-pastore luterano Paul Harlling^ c sembra che una trasformazione
prtjfonda delle strutture sociali, non solo in Danimarca ma anche in Svezia e
in Norvegia, si profili all’orizzonte. Naturalmente nessuno al mondo è oggi
in grado di dire quale sarà la trasforrnazione, né quanti anni essa impiegherà a realizzarsi. Il Gambijw, proseguendo il suo articolo, fa intanto il seguente quadro della situazione sociale che
ancor oggi regola la vita dei paesi scandinavi.
ARGENTINA: scoperto
un giacimento di uranio
Tecnici della commissione nazionale argentina dell energia atomica hanno annunciato
che nella provincia di Mendoza — nella zona
della Cordigliera delle Ande a 1.200 chilometri a nord-ovest di Buenos Aires — è .stato
scoperto uno dei giacimenti di uranio più
grandi del mondo. Sono state effettuate perforazioni esplorative ehe hanno permesso di arrivare .a (juesta conclusione. Il giacimento di
« Sierra Pirtada », date le sue caratteristiche,
è un « deposito madre ». Nella zona vi sono
altri piccoli giacimenti.
B 'L'ondata di freddo che da una ventina
di giorni imperversa nell’India settentrionale ha già causato oltre duecento morti.
«Molte circostanze aiutavano quei
paesi a raggiungere i suddetti risultati: le loro modeste dimensioni, il loro
forte senso di unità nazionale, infine
(e specialmente) il fatto che, per motivi complessi (collegati anche a precisi
dati ambientali: il freddo, l’isolamento, la necessità di lottare contro una
natura particolarmente avversa ecc.),
il senso della comunità, per l’assoluta
maggioranza degli scandinavi, è stato
sempre più forte di quello della loro
stessa individualità. La socialità è stata
quindi un’estensione di un antico e
primordiale istinto di solidarietà.
Si può sostenere (ed in effetti si sostiene da molti) che quanto questi paesi hanno cominciato a costruire dagli
anni Trenta (dal momento in cui, cioè,
i partiti socialdemocratici hanno assunto, da soli o alla testa di coalizioni,
posizioni di potere) non è mai stato
' V. a pag. 4 una breve presentazione biografica, tratta da « Le Monde ».
socialismo. È una discussione che ha
come presupposto una definizione precisa di questo termine, la quale invece
sembra diventare di anno in anno più
incerta. Quello che in tutti i casi è sicurq è che, alla base della dialettica
politica in ciascuno di questi tre paesi, si era da tempo formato un triangolo quasi perfetto di potere, che vedeva ad un vertice un’organizzazione
sindacale compatta e fortissima, ad un
altro l’industria privata assolutamente Ubera, e al terzo lo Stato.
Era in realtà lo Stato il cardine di
tutta questa costruzione. Perché mentre i sindacati, rinunciando ad ogni
proposito di cambiare il sistema e cercando solo di ottenere continui aumenti salariali,, (in misura maggiore dello
stesso prevedibile aumento della produttività), svolgevano nei confronti
dell’organizzazione industriale una costante azione di stimolo verso un ammodernamento tecnologico, mentre gli
imprenditori rispondevano sviluppando
l automaz.ione ed estendendo le concentrazioni (due processi che i sindacati, d’altra parte, favorivano), era la
macchina dello Stato che, con la sua
forza, la sua indipendenza, la sua mancanza di corruzione, era in grado, noti
.solo d’intervenire nei momenti cruciali delle trattative tra datori di lavoro e
dipendenti, ma anche di usare lo strumento di una tassazione fortemente
progressiva per conseguire una serie
di obiettivi di natura chiaramente sociale: eliminazione della disoccupazione, attraverso la presa a carico dei sen
lavoro da parte di scuole di “retraining” (== riaddestramento; procedimento che da un lato aumentava la
forza contrattuale dei sindacati e dall’altro annullava la loro paura delle
innovazioni tecnologiche destinate a ridurre la necessità di mano d’opera),
sviluppo straordinario di tutti i servizi assistenziali e .sociali, ecc.
Quello che in tal modo si è realizzato per molti anni è stato, insomma, un
esempio quasi perfetto di regime socialdemocratico. I cui due connotati distintivi (ed, in un certo senso, i cui
presupposti) sono:
1) resistenza d’una società che,
avendo risolti i suoi contrasti interni
più macroscopici e più aberranti (come quelli che invece esistono ancora
oggi in Italia, tra Nord e Sud, tra chi
paga ogni forma di tasse e chi non ne
paga nessuna, ecc.), ha acquistato un
minimo d’omogeneità, ed è quindi in
grado di porsi obiettivi relativamente
comuni;
2) la presenza d’un governo centrale forte, rispettato, e specialmente indipendente dai grandi centri del potere
economico, e pertanto in grado d’intervenire in continuazione, e con equità, per riequilibrare, nell’interesse
di tutti (e in primo
luogo dei più deboli
e tradizionalmente sfruttati), gli scompensi sociali che inevitabilmente tendono in continuazione a ricrearsi ».
Questo sistema sembra dunque ora
entrare in crisi.
LA SPINA NEL FIANCO...
tk ...è Van Thieu, capo del governo
sud-vietnamita, coadiuvato dall’oligarchia dei delinquenti che continuano a
martoriare il corpo straziato del popolo vietnamita. Leggiamo sul « Foglio »
(n. 27 del dicembre ’73):
« Un discorso molto chiaro sulla situazione del Vietnam hanno fatto i cristiani riuniti a Torino per la 3“ Assemblea mondiale dei cristiani solidali con
i popoli dell’Indocina K La pace non si
realizza in Vietnam (ed anzi le molte
azioni militari minacciano di trasformarsi di nuovo in guerra estesa) perché Saigon rifiuta di riconoscere la
Terza componente e di liberare i 200
mila prigionieri politici. Van Thieu, sostenuto dagli USA, impedisce così la
formazione del consiglio di riconciliazione e concordia, com’è stato previsto
dagli accordi di Parigi. Egli, per coprire il vuoto politico su cui poggia il suo
potere dispotico e corrotto, nega semplicemente l’esistenza di avversari suoi
che non siano comunisti, incarcerandoli nei modi più atroci e uccidendoli.
Unica sua politica è Vanticomunismo,
e chi non è con lui è comunista. A questa esasperata semplificazione dà purtroppo ancora appoggio un episcopato
vietnamita^ che ribadisce il divieto di
collaborazione coi comunisti, cioè con
coloro che hanno assicurato l’essenziale del movimento dì liberazione nazionale e sociale.
Nata coloniale e francese, la chiesa
in Vietnam ha in passato creato una
opposizione di coscienza tra fede e
aspirazione d'indipendenza. Solo una
parte dei cattolici l’ha superata dando
prova di maturità umana e cristiana,
come abbiamo sentito da testimonianze
dirette di vietnamiti presenti a Torino: “Abbiamo legato l’obbedienza alla
coscienza, e siamo rimasti col popolo”,
ha detto il vecchio prete Pham Quang
Nghiem, ricordando quando i vescovi
(francesi) e il nunzio apostolico (francese) ordinavano ai preti e ai fedeli di
abbandonare le zone liberate da Ho
Chi Min, e molti lo fecero ».
L’articolo riferisce, con molti particolari, di gravi fatti di qualunquismo,
o di collusione, sempre (la parte della
chiesa cattolica, col governo di Saigon.
^ Se n’è a suo tempo parlato su queste colonne (n. 42, del 26.10.”73 e n. 44, del 9.11,
con resoconto di E. Tomassone).
li « fare il gioco del nemico ».
paesi socialisti deli’Eiiropa dell’Est, è
la democrazia socialista » che prenda
in considerazione la realtà propria di
questi paesi, la loro profonda aspirazione alla libertà, alla partecipazione
alla vita pubblica e all’indipedenza nazionale, con rapporti di uguaglianza e
di fraternità con le altre nazioni. « La
condizione necessaria per questi cambiamenti resta però resistenza di una
opposizione politica socialice a intesa
come forza organizzata, dotata di un
propamma di alternativa socialista,
qualunque sia la forma organizzativa
che abbia assunto ».
Quanto all’atteggiamento dei comunisti e degli altri militanti occidentali
di sinistra, Pelikan riconosce che esso
è « meno euforico e più critico di un
tempo nei riguardi dell’Unione Sovietica, ma siamo ancora ben lontani da
un analisi approfondita. Si tende ancora a criticare i dettagli invece dei
principi e dell’essenziale, specie quando si tratta dell’URSS. Ogni critica
più radicale viene considerata espressione antisovietica, tale da fare il « gioco dell’avversario », ed è proprio da
questo concetto che scaturisce la repressione in atto nei paesi socialisti ».
« Quando racconto — dice Pelikan
in una lettera a Angela Davis — qui
ai miei amici occidentali i fatti di Praga del 1972 (l’abolizione del diritto di
sciopero, del diritto ad avere sindacati autonomi, a condurre lotte rivendicative, a manifestare, a protestare
contro i licenziamenti di compagni,
contro i regolamenti o le cattive condizioni di lavoro, il fatto che i consigli
operai creati nel 1968 e sciolti nel 1969
sono giudicati dalla direzione del partito come "strumenti della controrivoluzione”, e ciò in uno stato che si
proclama “operaio”) mi sento rispondere spesso che ciò è molto doloroso,
ma che non bisogna dirlo apertamente per non fare "il gioco dei nemici”
del socialismo, e che bisogna considerare tutto a partire da una “posizione di classe”. Ma a quale "classe"
può servire che la gente sia arrestata
senza processo, i sindacati siano asserviti, ogni libera discussione soppressa, e che i paesi socialisti si accusino a vicenda di imperialismo, di tradimento, di revisionismo, e che un
paese ne occupi un altro? Se si pensa
che ciò possa servire alla classe operaia cecoslovacca, essa ha fatto capire
chiaramente che non considera questo
regime né “socialista” né “operaio” »,
Perciiò egli invita Angela Davis, o
con lei tutti coloro che credono in una
sipeietà socialista più giusta, che dia
più libertà ai cittadini, a « non tacere
di fronte alla violazione dei diritti delFuomep nei paesi che si dichiarano "socialisti” e che con le loro pratiche screditano il socialismo più di tutta la propaganda reazionaria I Questa schizofrenia demoralizza il movimento progressista e può portarlo alla totale disintegrazione ». E aggiunge :
« Ho letto con piacere che dopo la
tua liberazione ti sei dichiarata pronta a lottare per la liberazione dei prigionieri politici di tutto il mondo. Mi
auguro di vederti impegnata a favore
dei prigionieri politici di Grecia, Spa
gna, Portogallo, Iran, Brasile e altri
ancora, dei paesi capitalisti ma anche
dei paesi dell’Europa orientale, in particolare della Cecoslovacchia e del. l’URSS ! ».
Molti altri, come Solgenitsin e Sakarov, pensano allo stesso modo.
Giorgio Peyronel
« Impegno sorprendente »
del Governo spagnolo
(segue da pag. 1 )
anniversario della Dichiarazione universale dei Diritti dell’uomo. Secondo
M. Cabanas i princìpi della libertà religiosa sono incorporati nella legislazione spagnola, e il tribunale prende tempestiyamente provvedimenti contro
qualsiasi violazione di questi princìpi.
Le parole del sig. Cabanas sono state dichiarate « sorprendenti» dal presidente della Chiesa evangelica spagnola,
pastore Daniel Vidal, il quale afferma
che è impensabile che la Spagna possa sostenere una dichiarazione intorno
alla libertà religiosa su scala mondiale,
quando non ha la volontà di accordare
nel suo stesso paese una maggiore libertà religiosa al popolo spagnolo. Il
pastore Vidal sottolinea il fatto che i
protestanti spagnoli hanno vissuto per
più di 4 anni sotto la legge sulla libertà religiosa del 1969, senza aver riscontrato il minimo miglioramento nella
loro situazione, in particolare nel campo deH’informazione, del diritto di riunione, dell’espressione dell’opinione
pubblica. Il presidente della Chiesa
evangelica spagnola ha inoltre dichia
rato che la sua Chiesa non può accettare il contenuto attuale della legge, perché è discriminatoria e si sforza di
mantenere Io statu quo nel paese.
(S.P.R.)
Direttore responsabile: Gino Conte
Reg. al Tribunale di Pinerolo
N. 175 - 8/7/1960
Coop. Tip. Subalpina - Torre Pellice (Torino)