1
ANNO LXXVII
Torre Pellice, 28 Febbraio 1941-XlX
:b
■s
Qi
m
ffELLElALLI VALDESI
N.9
Riguardale alla roccia onde foste tagliati!
(Isaia LI, 1)
«l«ell«a. Chi
ABBONAMENTI
balia e Impero .... Anno L. 15 - Semestre L. 8
Parrocchie del Primo Distretto . » » 12 — » »7
Estero................• »25— » »15
Nulla sla più forte della vostra fede !
(Gianavelto)
Direllore: Prof. OINO COSTABEL
AMMINISTRAZIONE: Via Carlo Alberto, 1 bis - Torre Pellice
REDAZIONE: Via Arnaiid, 27 - Tokrk Pku.ice
Ogni cambiamento d’indirizzo costa una lira
Cent. 30 la copia
Lw
ra
la
la'
'■>
'S
tn
iS"
L’istituzione dei
Sacramenfo
« Poi avendo preso del
pane, rese grazie e lo ruppe
e lo diede loro, dicendo;
Questo è il mio corpo il quale è dato per voi... ».
(S. Luca 22: 19-20).
Fra i ricordi della vita di Gesù, affidati dagli Evangelisti alle sacre pagine,
non ve n’è alcuno così dettagliato e preciso come quello degli ultimi avvenimenti della sua vita terrena e questo
non è a caso, ma dipende dalla importanza centrale che essi hanno nell’opera
della Redenzione; il fatto della incarnazione ha, certo, una grandezza divina,
importantissimi sono i discorsi di Gesù
e l’esempio Ch’Egli ci ha dato costituisce per noi un ideale di vita, ma, quello
che salva il peccatore, è la morte di
Gesù sulla croce per cui egli « ha portato i nostri peccati, nel suo corpo, sul
legno» (1 Pietro 2: 24).
Questa considerazione non ha poca
importanza se si pensa che in ogni tempo vi furono degli eretici che cercarono di modificare la verità facendo
consistere l’opera del Redentore in
quella di un gran Maestro o di un esèmpio, soltanto. Sopratutto, questo
fatto è provvidenziale perchè, in ciò
che è più importante per noi, troviamo
anche tutte quelle spiegazioni, quei
chiarimenti,Njuei piccoli dettagli di cui
abbiamo bisogno per illuminare e rendere ben salda la nostra fede.
He *
Certo, abbiamo osservato, mai come
allora gli occhi dei discepoli seguirono
più avidamente ogni moto delle labbra
di Gesù. Pure, quantunque i testi non
lo dicano esplìcitamente, ci par di leggere nell’animo suo una preoccupazione
angosciosa: Fino a quando, questi uomini si ricorderanno di lui, delle sue
parole, del Nuovo Patto ch’egli è venuto a stringere con loro da parte di
Dio? Egli sa troppo bene quanto si possa contare sulla memoria e sulla fedeltà
deU’am,ore degli uomini! Non ne è
forse tutta la storia d’Israele una triste dimostrazione ?
Ricordati! aveva ordinato l’Eterno,
per bocca dei suoi profeti, fin dal giorno in cui era stato traversato il Mar
Rosso, quando aveva dato la legge ed in
altre innumerevoli circostanze. Ma i
Figliuoli d’Israele « dimenticarono l’Eterno » risponde e ripete, la Storia Sacra con un crescendo contìnuo che va
dai primi fino agli ultimi profeti e, da
questa loro smemoratezza, nascono tutte le disgrazie che li portano cosi lontano da ciò che Dio aveva promesso ad
Abramo.
La m,emoria è uno degli aspetti più
deboli ed instabili della personalità umana. Si sono scritte e si potrebbero
scrivere ancora, su questo argomento,
innumerevoli pagine grondanti lacrime
e sangue.
-— Ti sarò fedele sempre, il mio araore per te non verrà mai meno, morirò prima di dimenticarti... Così promisero uomini e donne dinanzi ad un
treno in partenza, sulla banchina d’un
porto, o accanto al letto d’un morente.
della fedellà
Poi, passarono i mesi e gli anni e il
tempo compì l’opera sua terribile: l’immagine della persona amata si fece
sempre più confusa e lontana, a poco a
poco sorsero nuovi affetti e nuove promesse e, degli antichi legami, non restò
più che poca cosa o nulla.
Come potranno ora, i discepoli di
Cristo, spezzare questa legge fatale per
ricordarsi del loro Salvatore? Son pieni
di buona volontà, ma son così deboli .e
umani anch’essi! Che cosa potrebbe lanciar Gesù che lo ricordi loro in maniera efficace?
Delle reliquie? 1 suoi vestiti, oppure,
dopo morto, il suo corpo terreno ? Gesù,
contrariamente a ciò che si fece in seguito con i santi, non lasciò nessuna reliquia. Egli non aveva fiducia in questo
mezzo.
Un monumento ? Per ricordare gli
uomini si fa così, ma ciò non impedisce
che sieno dimenticati lo stesso. D’altronde, Israele aveva l’arca ed il tempio eppure dimenticava sempre il suo
Dio.
Uno scritto, un testamento ? Si, certo,
ner mezzo -dei . suoi discepoli, Gesù lascierà il Nuovo Testamento grazie al
quale potranno conoscerlo anche le generazioni avvenire; ma, basterà questo
perchè sia ricordato? Bastaron forse la
legge, i profeti e gli altri scritti al popolo d’Israele? Uno scritto è intelligibile specialmente agli occhi della
mente, ma meno a quelli del cuore e a
quelli del corpo; epnoi non sempre e
non tutti potranno leggere!
Che cosa dare ai discepoli che lì aiuti
a ricordarsi di lui, sempre, anche a secoli e millenni di distanza ? )
* Ht ♦
Nell’ore grandi e solenni della vita,
quando sta per compiersi l’irreparabile,
o per effettuarsi una dolorosa separazione in una fam,iglia, il tempo prende
a fuggire con una rapidità vertiginosa:
le ore paion minuti. Così dovette giun-'
ger la sera in quel fatale giovedì della
prima Settimana Santa. La cena stessa
volpe ormai al suo termine. Fra pochi
istanti, nel Getsemani, .saranno separati
definitivamente e, prima che si rivedano, la morte passerà in mezzo a loro.
L’ora del commiato è giunta.
Gesù prende sul tavolo un po’ del
pane rim,asto, ne distribuisce un pezzo
ad ogni discepolo e stabilisce un paragone: Questo è il mio corpo il quale è
dato per voi. Come a dire: il mio corpo
è come questo pane cosi buono del Quale mangiate tutti i giorni e a tutti i pasti, senza mai stancarvi, perchè senza
di esso non potreste vivere. Così, per la
vita dell anima vostra, dovete cibarvi
di me, perchè « Io sono il pane vivente
che è disceso dal cielo; se uno mangia
dì questo pane vivrà in eterno: e il pane che darò è la mia carne, che darò
per la vita del mondo » (Giov. 6: 51).
Dovete ricordarvi sempre di quanto vi
ho detto, « fate questo in m,emorìa di
me ».
Pochi istanti più tardi, ecco Gesù con
il calice in mano: « Questo calice è il
nuovo patto nel mio sangue il quale è
f sparso per voi » : Il colore rosso del vino
è quello che maggiormente somiglia a
quello del sangue che, fin dalla più re, mota antichità, Dio ha posto come prezzo di riscatto per il peccato. Sotto l’antico Patto, era solo il sangue di un agnello, o di un altro olocausto, che veniva sparso per simboleggiare il riscatto
che il Salvatore avrebbe compiuto, un
giorno; ma ora il tempo è compiuto, s’inizia il Nuovo Patto ed è sparso proprio
il sangue deU’Agnello di Dio che toglie
il peccato dal mondo. Fate questa in
mem.oria di me !
Vi rammenti, questo pane, che in me
solo potete ottenere la vita per. le anime
vostre. Vi rammenti, questo calice, che
.'nel mio sangue soltanto potete ottenere
, la remissione dei vostri peccati.
* * H« ■
Sulla terra, anche in mezzo alle cose
più sacre e sublimi, non manca m,ai di
prpiettarsi l’ombra del Maligno: « Ecco,
soggiunge Gesù con profonda tristezza,
r ia mano di colui che mi tradisce è meco
a tavola ». Un po’ in disparte, seduto su
un banco, con l’occhio distratto a terra
- immagino - è Giuda. La sua presenza
i costituì certo, anche, una profezia, perchè molte volte, in seguito, tra i comunicanti, si trovarono di quelli che erano
In procinto di rinnegare il Maestro.
Alcuni anni più tardi. San Paolo,
scrivendo ai Corinzi, li rimprovera acerbamente perchè hanno trasformato
la Santa Cena in un banchetto dove i
ricchi approfittano di gozzovigliare e
ubriacarsi: « Quel che fate, non è m,angiar la cena del Signore... disprezzate
voi la chiesa di Dio?» (1 Cor. 11: 2022).
E San Paolo non conosce ancora il
triste spettacolo di assemblee nelle quali, solo la metà dei presenti, sì accostano
alla Sacra Mensa. Allora, chi era fratello prendeva la comunione e chi non
la prendeva non era fratello. Ma oggi?
Quanti inconvenienti e quante note
stonate attorno a questo simbolo d’amore e di fedeltà, istituito come estremo ricordo dal nostro Salvatore!
Ma che perciò? Dovremo forse apprezzare meno i doni eccellenti di Dio,
perchè Satana vi accumula attorno i segni della sua malvagità? Affatto! Come
la chiesa primitiva, che si riuniva spesso « rompendo il pane nelle case e prendendo il loro cibo assieme con letizia e
semplicità di cuore » (Atti 2: 46), così
anche noi, dobbiamo con grande letizia
e infinita riconoscenza, accostarci, ogni
volta che ci è possibile, a questo estremo ricordo che Gesù Cristo ci ha lasciato. Esso è quello che più di ogni altra
cosa sulla terra ci ricorda il nostro Signore:
li pane è il suo corpo che dà vita alle
anime nostre. Il vino è il suo sangue che
paga il prezzo dì riscatto dei nostri peccati. Alleluia!
Hi H( ♦
Fu senza dubbio per questo motivo,
che il sacramento della Comunione,
tenne un così gran posto nella storia
valdese e venne celebrato nelle ore più
solenni di essa: nel tragico aprile 1686,
alla vigilia della massima fra le persecuzioni; nel castello della Balsiglia fra
gli eroi di Arnaud ed in mille altre circostanze. Esso, ripeteva da un lato, ai
nostri Padri, la fedeltà dell’Eterno verso le sue creature e, dall’altro, era una
dimostrazione della propria fedeltà, che
i credenti offrivano a Dio.
L’ora che volge è pur essa solenne e
CÌ predica il gran bisogno che abbiamo
della fedeltà di Dio e il dovere nostro di
essergli fedeli. E’ l’ora, cioè, di stringerci compatti più che mai attorno a
questo sacramento, che è l’espressione
e lo strumento migliore, della fedeltà
di Dìo e della nostra fedeltà.
ENRICO GEYMET.
Bartolomeo Gardiol
Era nato il 3 gennaio 1848, a Prarostino. La sua giornata, lunga ed operosa,
si è chiusa a Luserna San Giovanni, il
19 febbraio. Giornata operosa di un fedele servitore del Signore, che, con umiltà serena, ha dato la sua testimonianza di semplice e profonda spiritualità.
Dopo aver compiuto i suoi studi medi
a Torre Pellice, e quelli di teologia a
Firenze, egli fu accanto ad Emilio
Comba, a Venezia, per il suo anno di
tiropiiiio, e fin d’allora diede prova del
suo zelo non risparmiandosi quando nel ’
1872 scoppiò in quella città un’epidemia dì vaiuolo. La sua salute ed il suo
fisico ne risentirono a tal punto, che,
come il nostro compianto e venerato
pastore amava ricordare, i Professori di
Teologia raccomandarono indulgenza al
Corpo Pastorale, perchè la sua carriera
era ormai breve !
Dopo la sua consacrazione, il giovane
pastore era mandato quale evangelista
a Guastalla, donde, dopo una breve permanenza di pochi mesi, era chiamato a
reggere la parrocchia di Rodoretto, dove egli rimase fino al 1875, anno in cui
veniva chiamato dalla parrocchia di
Bobbio Pellice; e di Bobbio Pellice, fu,
per 44 anni, il pastore. Era, a viste umane, una di quelle parrocchie che si
potevano, con linguaggio nrofano, chiamare una buona sede. Pensate: una popolazione omogenea, quasi totalmente
valdese, di 1560 anime, con una presenza, ai culti, che oscillava tra 400 e 500
persone; media che, nei giorni di celebrazione della Santa Cena, saliva a 700
e 800 persone ! Inoltre vi era un innegabile attaccamento alle tradizioni Vaidesi, per cui il canto dei Salmi, ad esempio, era tenuto in grande onore. Però Bartolomeo Gardiol doveva accorgersi ben presto quanto formalismo, e
presso alcuni, quanto farisaismo ci fosse, in questo rispetto del culto; e ben
presto doveva fare l’amara esperienza
di quanto vuoto spirituale fosse paravento l’attaccamento alla tradizione
Valdese!
Nel 1880 infatti bisognò accingersi a
radicali restauri del Tempio, ed è interessante il rileggere il racconto di tutte
le lotte che il pastore Gardiol dovette
combattere e vincere per fare del Tempio crollante una decorosa Casa di Adorazione, « per sostituire i vecchi banchi secolari, degni di un Museo d’antichità » sopprimendo vecchi privilegi, e
tradizioni, dal soldino gettato energica-
2
■■ ■-VW.V/.T*'iS■■■ „ ., •■
> vWí'
L’ECO DELLE VALLI VALDESI
mente^nel vassoip della colletta, ai banchi riservati!
« Prudenza in fatto di innovazioni nel
culto, nella liturgia, nel canto, financo
nella disposizione dei banchi, ecc. », cosi raccomandava agli studenti il professore di teologia pastorale G. P. Revel;
e prudenza e carità volle usare sempre
B. Gardiol, ben consapevole che la vera
battaglia è quella che si combatte sul
terreno dello spirito, quella che mira al
risveglio. E per 15 anni il pastore pregò,
lottò, ebbe sòddisfazionì, e provò l’amarezza di certe incomprensioni; finché la
Pentecoste fu anche per Bobbio Pellice'
le riunioni di quartiere diventano viventi: testimonianze di umili erodenti si
fanno udire; vite vengono trasformate.
Pastore di Bobbio Pellice durante 44
anni, Bartolomeo Gardiol, mirabilmente
coadiuvato nel suo ministero dalla sua
compagna d’opera e di vita, seppe volgere il suo sguardo oltre i limiti della
sua Parrocchia, stringendo amicizie preziose per la ivita della nostra Chiesa, con
spiriti evangelici che egli seppe interessare all’opera nostra.
Poi venne il riposo, nella Parrocchia
di S. Giovanni; riposo fatto di attività,
e lo ricordiamo per un periodo ancora a
capo di quella Chiesa stessa, poi anziano pronto, fino all’ultimo, a dare, dall’alto del pulpito, come nella feconda
visita pastorale, la sua testimonianza di
servitore dell’Eterno, di cui ci piace,
terminando queste modeste note, ricordare le parole con cui egli stesso terminava alcuni brevi cenni sul suo ministero e che, meglio di ogni nostro discorso, illuminano la veneranda, simpatica figura di Bartolomeo Gardiol (1):
Ed ora, aspettando la chiamata del
Maestro, non posso che ripeter la preghiera o piuttosto il grido dèi profeta Ezeehiele: Spirito Santo, soffia dai quattro venti del Cíelo, soffia su tutte le nostre Chiese. Soffia in tempesta, se così
bisogna, per umiliarci prima, poi per
ristorarci come quel vento dolce e sottile che Elia senti in Oreb. Vivifica quel
che è vivente, risuscita quel che è a metà o completamente morto. Soffia sul
nostro popolo, dissipa l’indifferenza - e
che una primavera spirituale venga a
mostrare che a Cristo appartiene il Regno e la dominazione in tutti i secoli.
Cosi sia ». Cl.
Venerdì pomeriggio 24 febbraio, davanti ad una folla commossa, dov’erano rappresentati tutti i ceti della popolazione, è stato celebrato nel Tempio
di San Giovanni il funerale del venerato pastore- emerito sig. Bartolomeo
Gardiol, richiamato alla casa del Pa
(1) Per non dimenticare (P. Bosio)
pag. 21.
£c Viccniie di Cuserna net padro. della Storia Valdese
LUSERNA E LE PASQUE PIEMONTESI.
Le giornate primaverili ed estive del 1655 furono per Luserna, ed in particolare pel convento di Sari Francesco, dense di
straordinari avvenimenti e di straordinarie emozioni.
Il 17 aprile, verso séra, arrivarono ad ondate, nel piano di
San Giovanni, le truppe del marchese di Pianezza, che dovevano
domare la pertinacia dèi Valdesi. Erano mercenari irlandesi e
francesi, volontari piemontesi, gente senza pietà, adusati all’uccisione ed al saccheggio. Dall’alto della via che ccareva sull’orlo
del bastione roccioso di Luserna, e da cui; come da magnifico
belvedere,-si abbracciava con lo sguardo lo svolgimento dell’ampia valle e dei poggi e dei monti che le fanno corona, fino al
maestoso Vandalino, si potevano scorgere nitidamente tutti i movimenti delle colonne dei soldati attraverso i campi, i prati, ie
vigne. Nei primi giorni esse si lanciarono all’assalto del borgo della
Torre, dell’imbocco d’Angrogna , del ripido pendio del Tagliaretto; i
e le sanguinose aggressioni furono stroncate daU’impetuoso contrattacco dèi Valdesi. Seguì una breve tregua. In seguito a trattative e ad assicurazioni sleali, le truppe poterono penetrare liberamente fino ai remoti villaggi delle alte valli, irretirne la popolazione fiduciosa.
La mattina del 24 aprile, sabato di Pasqua, scoppiò proditoriamente l’orribile strage. I valligiani inconsapevoli furono assaliti
all’improwiso nelle case, nelle strade, nei campi, violentemente
aggrediti, inseguiti come selvaggina attraverso le boscaglie ed i
pascoli, su pei pendìi e pei greppi scoscesi, ghermiti, colpiti, torturati, assassinati, dispersi. Circa duemila ne rimasero massacrati.
Un altro migliaio, nel terrore, avviliti dai tormenti, cedettero, gridarono la loro abiura ai persecutori, furono risparmiati. Gli altri riuscirono a scampare oltre il confine. Tutta la valle fu saccheggiata e desolata. Da Luserna si vedevano le fiamme ed il
fumo degli incendi, a segnare gl'itinerari della distruzione.
Cominciarono ad arrivare a Luserna le vittime sopravvissute,
i prigionieri stracciati, seminudi, sanguinanti, circondati e spinti
da soldati inferociti, che continuavano a tormentarli per vincere
la pertinace resistenza. Il Léger, che documenta il terribile dramma con testimonianze dirette, cita i nomi d’alcuni di loro, i fratelli
Giacomo e Davide Prin, Giovanni Planchón, Giacomo Ronc, Giuseppe Chauvie, Matteo Turin, Cipriano Bastìa. I miserandi cortei
urlanti percorrevano le vie del borgo. Alcuni cadevano a terra
sfiniti, spiravano sotto gli ultimi colpi. Altri erano gettati alla rinfusa nelle prigioni sotterranee del palazzo dei Luserna, ed abbandonati là feriti, malconci, abbattuti, senza cure, senza ristoro; dal
buio salivano, attraverso le finestruole a fior di terra, i lamenti, i
.singhiozzi, le. invocazioni; nel frastuono si spegnevano gemendo i
moriboqdì. ’ >
Altri ancora erano condotti al convento di San Francesco:
coloro che avevano ceduto ai tormenti, che, sopraffatti, avevano
dichiarato di voler abiurare. S’affollavano nel cortile erboso, si
raggruppavano intorno al pozzo, portendo sul corpo i segni sanguinosi delle violenze sofferte e nello sguardo il terrore del massacro. I frati li ricevevano, li ristoravano, li incoraggiavano, li consolavano.
Erano state giornate d’intenso lavoro pei cappuccini. Alcuni
di loro avevano accompagnate le truppe nella spedizione e se ne
erano giovati per raggiungere finalmente gli scopi della loro missione: distruggere i templi, spingere i Valdesi all’abiura. In piena
lotta avevano provocate ed incoraggiate e ricevute le conversioni,
avevano raggruppata la massa dei convertiti della valle al Villar,
li avevano iniziati alle nuove pratiche. Ora qui al convento accoglievano i più resistenti, i più martoriati, quelli ch’erano stati
trascinati dai soldati e solo aU’ultimo momento, vinti dal dolore,
avevano ceduto. Verso costoro essi avviavano l’opera di persuasione e d’istruzione cattolica, tanto più difficile, in quanto dovevano superare, nelle povere menti dei neofiti forzati, le ombre dei
m,artiri veduti e sofferti.
In quelle tragiche giornate sorse la prima notizia della
resistenza opposta ai persecutori dall’agricoltore valdese Giosuè
Gianavello. Costui era conosciuto a Luserna. Lo chiamavano «Giosuè delle Vigne », dal quartiere della sua abitazione, quasi alle
porte del borgo. L’avevano veduto il venerdì al mercato, a commerciare i suoi prodotti. Lo sapevano uomo vigoroso, agile, risoluto. Quando i Valdesi, all’inizio dell’anno, avevano dovuto abbandonare la regione delle Vigne, s’era ritirato con la famiglia a Rorà.
E là, il 24 aprile, allo scoppio della persecuzione, egli, accompagnato da un gruppo d’animosi amici, era riuscito a rigettare l’assalto degli aggressori. A due riprese li aveva sconfitti nei giorni
seguenti.
I] fatto sembrò straordinario: l’unica resistenza opposta in tutta
la valle. Per soffocarla fu organizzato a Luserna un assalto da tre
lati, con alcune migliaia d’uomini; v’erano fra loro parecchi lusernesi, arrolati nella milizia comunale agli ordini del loro signore
il conte Cristoforo Rorengo. Mentre salivano pel profondo vallone,
furono travolti dalle milizie di Bagnolo, che li avevano preceduti
e che Gianavello aveva sgominati e messi in disordinata fuga.
Ritornarono a precipizio, spaventati dalla furia del capitano valdese. Finalmente il marchese di Pianezza organizzò con diecimila
uomini una vera battuta, circondando e rinserrando da ogni parte
dre, dopo una breve malattia, nella |
tarda età di 94 anni.
Il pastore della parrocchia, che presiedeva la cerimonia, ha ricordato la
molteplice attività deU’Estinto, per oltre un ventennio, durante la sua emeritazione particolarmente operosa ed
attiva, poiché egli fu in questi ultimi
anni di relativo riposo, molto spesso
predicatore e sempre continuò a svolgere l’opera sua pastorale; visitando le
famiglie della parrocchia.
Non fu soltanto membro onorario
del Concistoro, bensì anziano attivo del
quartiere dei Bellonatti, membro della
Commissione delliA^ilo e Cappellano
del Rifugio Re Carlo Alberto. Il ricor
do della sua fedele testimonianza cristiana rimane in benedizione.
Il vice-moderatore, pastore sig. Luigi Marauda, portò quindi il saluto commosso e grato della Chiesa Valdese,
che ebbe il privilegio di avere nel defunto un operaio cosi fedele ed attivo.
Il pastore di Bobbio Pellice, dott. Alberto Ricca, ricordò a nome della sua
Chiesa - largamente rappresentata al
funerale - la varia opera svolta con fedele perseveranza dall’Estinto durante
i 44 anni ch’egli diresse quella parrocchia, inviando alla sua memoria il saluto mesto ma grato della sentita riconoscenza.
Alla famiglia in lutto, in modo spe
ciale a Colei che ebbe il privilegio di
curare ed assistere con devozione filiale il suo diletto padre, ai figli assenti
l’espressione sincera e sentita della nostra profonda simpatia. Aa.
La famiglia del pastore B. GARDIOL
commossa e riconoscente per le testimonianze di simpatia ricevute in occasione del lutto che l’ha colpita, sentitamente ringrazia tutti quanti si unirono
al suo dolore.
Un ringraziamento speciale ai fedeli
parrocchiani di Bobbio Pellice venuti in
cosi gran numero ai funerali di Colui
che per tanti anni fu il loro conduttore.
Valdese
Novella di I. LOMBARDINI.
fSeguito - Vedere numeri precedenti).
Una domenica si lasciò convìncere ad
andare al parco. Ci si stava bene: c’erano grandi alberi, e piante e fiori; Giulia
respirava felice, illudendosi quasi di essere in campagna. Avrebbe voluto sedersi su di una panchina e restarsene H
tranquilla, a bearsi gli occhi, a respirare l’aria buona, tanto diversa da quella polverosa deH’officina, forse a pensare; ma l’amica la trascinava per braccio, dandole delle gomitate per farle
ammirare le coppie che passavano tenendosi sotto braccio, e sussurrandole:
— Beati loro! Dì, vuoi che ci cerchiamo un compagno per passeggiare così?
Vuoi?
— No, no, taci! — sunnlicava Giulia,
rossa, confusa, con la vaga voglia di
tornarsene a casa, a pregare, forse a
piangere.
L’amica ad un tratto le sussurrò:
— Non fare la stupida, guarda. —
Dinanzi ad esse vi erano due giovanotti, tipi di operai, forse meccanici, vestiti a festa, sigaretta in bocca, ciuffo
sbarazzino uscente di sotto il cappello,
che guardavano le due ragazze, e sorridevano.
Giulia non comprendeva: a chi sorridevano?
A loro? E perchè anche l’amica sua
sorrideva?
Si conoscevano forse?
Si conoscevano: si fecero incontro e
salutarono.
L’altra ragazza rispose, franca, sorridendo, con un cenno d’intesa ai due
perchè anch’essi se la spassassero al vedere l’aria d’impacciata confusione chesi era dipìnta sulla faccia di Giulia.
Poi prese a braccetto uno dei due, dicendo a Giulia:
— E’ il mio fidanzato... o quasi... Ora
passeggeremo un po’, poi andremo al
cinematografo. Qui c’è un compagno per
te: divertiti! E se ne andò ridendo con il
compagno.
Giulia non sapeva che fare, che dire;
il giovanotto rimasto con lei vedendola
in quello stato si senti a sua volta im.pacciato.
Gli avevano detto, quegli altri due,
che gli sarebbe stata affidata una sciocchina da divertire e da svegliare un po’,
ma così, poi!...
Incominciò a parlarle; le disse del
tempo, che era ancora una stagione tiepida, come di primavera; le disse che
era bella, e poteva crederlo, che lui se
ne intendeva, le disse che non aveva
che da esprimere un desiderio, che lui
l’avrebbe appagato; le disse infine che
voleva esserle amico, come il suo compagno lo era dell’amica di lei, che non
domandava nulla in cambio, salvo che
di passare un po’ dì tem.po insieme, meglio che si poteva, perchè la vita era
bella, ed essi, che erano giovani, avevano il diritto di divertirsi. Ella lo lasciava dire, confusa, camminandogli al
fianco, in silenzio; non sapeva neppure
lei se le parole che udiva le facevano
piacere o la urtavano.
Ma quando, in un vialetto solitario ed
appartato, dove ella lo aveva seguito
quasi senza accorgersene, egli fece per
cìngerle la vita con un braccio, per attirarsela a sè, fu come se eUa si svegliasse improvvisamente.
Riacquistò di colpo la padronanza di
sè, comprese il pericolo che la minacciava; le balenò alla mente la storia confusa di altre ragazze dei monti che si
erano perdute e fuggì.
Quando rientrò in casa, fu accolta da
rimproveri, perchè aveva tardato.
— Non sai che dovevi accompagnmmi? — le disse stizzosamente la vecchia
signora.
Sì... avrebbe dovuto accompagnarla...
Allora la sua pazienza esplose.
— Sono stanca — ella urlò più che
non gemesse. — Sono stanca! Sono venuta qui per lavorare, per guadagnarmi il pane, e non per essere insidiata,
nella fede, nell’onore, in tutto!
Sono stanca! voglio tornarmene a casa! Voglio tornarmene a casa!
La padrona la guardava, sorpresa.
Come, tanto umile e modesta, osava
ora rispondere con quella voce? Che le
era successo? Ma certo, se osava assumere quel tono traviato ed addolorato,
sarebbe stato necessario licenziarla: la
signora non poteva permettere che le
fesse mancato di rispetto.
(Segue).
I. LOMBARDINI.
3
L’ECO DELLE VALLI VALDESI
m'
Tallo vallone. Tutto fu bruciato,, saccheggiato, travolto, distrutto.
Tra Í pochi prigionieri superstiti trascinati a Luserna vi furono la
moglie e le figlie di Gianavello. 11 valoroso capitano con alcuni
compagni sopravvissuti scomparve dalla valle.
Per una diecina di giorni Luserna rimase tranquilla. L’impresa sembrava compiuta: i Valdesi spazzati via dalla valle o convertiti; la loro fede soffocata. Le truppe in parte s’accasermavano
nel borgo e nel Forte, in parte stavano allontanandosi.
Ma ad un tratto la tranquillità fu bruscam.ente interrotta.
Bande di Valdesi armati cominciarono a batter la campagna, assalendo reparti di truppe, prendendo a forza bestiame e vettovaglie.
Erano valligiani, già sfuggiti alla strage, che tornavano a riconquistare i propri beni. S’erano annidati nel vallone d’Angrogna,
intorno al capitano Bartolomeo Jahier. Ed ecco, la sera del 21
maggio riapparve alle porte di Luserna, con duecento armati,
Giosuè Gianavello. S’era stabilito coi suoi compagni nell’alpeggio
della Pelà dei Geymet, posto sull’alto contrafforte tra Villar e
Rorà. Di là aveva fatto un’incursione su Bibiana. Avendovi trovata una grossa guarnigione d’irlandesi, ripiegava ora su Lusernetta.
Dal borgo quella turba d’armati fu vista con spavento, oltre
la Luserna, spargersi pei campi. Fu dato l’allarme. Le truppe uscirono, guidate dal marchese Amedeo Manfredi; si gettarono a
tagliar loro la strada. Segui un breve scontro. Gianavello fu ferito
ad una gamba. Ciò nonostante riusci a dileguarsi coi suoi verso i
monti.
Luserna fu presa dal terrore. Erano troppo fresche le ferite
inferte ai Valdesi, le ruberie, gl’incendi, i saccheggi, le torture, le
uccisioni, di cui essa era direttamente solidale. I Valdesi, noti
come combattenti e tiratori provetti, erano certamente furiosi pel
ricordo delle offese ricevute, pel desiderio della vendetta, per la
volontà di ricuperare i propri beni. Gianavello, capitano formidabile, sarebbe stato senza pietà.
Un curioso documento di questo terrore è la lettera scritta
proprio nel giorno seguente all’ihcursione dal marchese di Pianezza ad Amedeo Manfredi di Luserna. In essa, con un’allusione
a quel fatto d’armi, gli si attribuisce con insistenza «l’assonto della
diffesa di Lucerna», dandogli in proposito vari urgenti consigli per
rafforzarne le fortificazioni. Lo si consiglia poi caldamente a non
perdersi d’animo, ad incoraggiare i borghigiani, evidentemente avviliti; chè, si aggiunge, i Valdesi «finalmente non sono nè demoni
nè più che huomini, per non cedere al valore vostro ».
E contro questi pretesi demoni arrivarono nei giorni seguenti
truppe di rinforzo; si cominciò a riassettare febbrilmente le mura.
Lo stesso marchese di Pianezza giunse ad irrobustire personalmente la difesa.
Le incursioni, le scorrerie, le aggressioni dei Valdesi si ripeterono quasi ogni giorno. Gianavello e Jahier s’erano riuniti al
Vernò d’Angrogna: di là lanciavano i loro assalti. Li si vedevono
passare per la valle con la loro tattica caratteristica, rapidi e leggeri, in ordine sparso, a piccoli gruppi, approfittando di tutti gli
accorgimenti suggeriti dal terreno. Dalle borgate aggredite, la
Torre, Garzigliana, San Secondo, Bricherasio, Crissolo, giungevano
notizie paurose delle loro imprese: non solo riprendevano il materiale già derubato a loro stessi nei saccheggi della valle, ma asportavano bestiame e vettovaglie; rispettavano le donne, i bambini,
gl’inermi, ma imponevano pesanti taglie e tributi, sterminavano
gli armati, stroncavano ogni resistenza. Specialmente clamoroso
l’assalto a San Secondo, il 28 maggio, ove avevano messi a fil di
spada ottocento irlandesi, qualche centinaio di piemontesi, e dato
alle fiamme il paese.
Ed ecco, il 2 giugno, un primo impetuoso assalto contro Luserna, diretto da Jahier: dodici case vanno in fiamme. Nel borgq,
si trema di paura. Il 6 giugno, altro furibondo assalto condotto -da
Gianavello con trecento armati: la porta di Bibiana è superata, le
prime difese spezzate; giungono però in aiuto le forze inaspettate
d’un reggimento intero, comandato dal colonnello di Marolles;
Gianavello è obbligato ad una ritirata sanguinosamente combattuta.
Il marchese di Pianezza decide allora d’assalire i Valdesi nel
loro stesso rifugio, con tutte le forze della regione. Tra il 18 giugno
ed il 26 luglio, sono diecine di migliaia d’uomini che, convergendo
da più parti, cercano di schiacciarli nella valle d’Angrogna. Inutilmente. I Valdesi resistono, respingono, il nemico. Gianavello, il
18 giugno, è gravemente ferito; Jahier ucciso. Altri prendono il
loro posto. In una serie di com.battimenti accaniti, inseguirono, ricacciano gli aggressori. Le truppe ritornano nel borgo disordinate,
peste, avvilite. Narra il Leger che il podestà di Luserna, nel vedere
il miserando spettacolo, avrebbe esclamato: « Altre volte li lupi
mangiavano li barbetti; ma il tempo è venuto che li barbetti mangiano li lupi. »
Non fu possibile vincerli. Si dovette di nuovo venire a patti.
Il 24 luglio, il Duca consentì una tregua. Si aprì in Pinerolo una
conferenza per la pace, in cui i delegati dei Valdesi trattarono da
pari a pari coi rappresentanti del Sovrano, del re di Francia, degli
Stati Protestanti.
Con le Patenti di grazia del 18 agosto, essi furono
bensì esclusi definitivamente da Luserna, ma riacquistarono il diritto di ritornare alle loro dimore, di riprendere in pace la loro esistenza, di riaffermare liberamente i principi della loro vita spirituale. I prigionieri furono liberati. Coloro che avevano abiurato
per forza poterono tornare alla loro fede evangelica primitiva.
Nel convento di San Francesco l’opera di propaganda dovette essere ripresa da capo.
( Continua).
ATTILIO JALLA.
CRONflC/l V/1LE>ESE
ANGROGNA. La festa del 17 febbraio ha avuto nella nostra Chiesa due
celebrazioni. La mattina della domenica 16, malgrado il maltempo, un bel
gruppo di bambini e di adulti della nostra Comunità del Serre e di Cacet si
recava a San Lorenzo dove aveva luogo la celebrazione in comune tra le due
Chiese.
Il pomeriggio della stessa domenica
16 avevamo pure la celebrazione della
nostra festa a Pradeltorno. I bambini
svolsero il loro ricco programma di
canti e di recitazioni e ricevettero il
tradizionale regalo. A tutti quelli che,
sia a Pradeltorno che al Serre hanno
contribuito alla buona riuscita della
nostra celebrazione il nostro vivo ringraziamento.
Decessi. Il 13 febbraio decedeva alla
Croni il nostro fratello Giovanni Coisson, all’età di 65 anni. Da alcuni anni
egli era ammalato. Ultimamente le condizioni della sua salute sembravano
subire un leggero miglioramento; poi,
improvvisamente egli ci lasciava.
Il 17 febbraio decedeva pure improvvisamente agli Odins, il nostro
fratello Buffa Giovanni Paolo, all’età
<li 81 anno.
Il 23 febbraio, dopo alcuni giorni di
malattia, decedeva ai Chiot dì Pradeltorno, la nostra sorella Gaydou Jenny, all’età di 76 anni.
Invochiamo su coloro che piangono,
le consolazioni del Padre.
Giovanni Balmas, residente in San Michele di Bricherasio, colla sig.na Maria Burzio, residente in Torre Pellice.
Invochiamo la benedizione di Dìo su
questi sposi, in modo speciale sui mariti entrambi militari.
e. a.
LUSERNA SAN GIOVANNI. Sabato
22 febbraio è stato celebrato nel nostro tempio il matrimonio del sig. Oscar Gel^o, residente agli Airali, coUa
sig.na Maria Durand, residente a Rorà.
Domenica 23 è stato celebrato nel
nostro tempio il matrimonio del sig.
PRAMOLLO. Qualche giorno fa Pramollo ha ricevuto la visita dì alcune
centinaia di Alpini del Battaglione Pinerolo, in occasione del campo invernale. L’Unione Giovanile dì Pramollo
ha subito organizzato una simpatica festicciola alla quale sono stati invitati
gli alpini valdesi. Iniziata e terminata
con un piccolo culto, con un bel programma di canti, giochi, e con la consueta tazza di tè, quella serata ha lasciato in tutti coloro che vi hanno preso parte (una settantina di persone
circa) un dolce e gradito ricordo. Siccome fra gli alpini v’erano giovani di
quasi tutte le Unioni delle Valli, quella,
nostra serata è stato un piccolo, intimo
convegno fra Unionisti di altre Chiese,
attualmente in grìgio-verde e con la
penna, ed Unionisti di Pramollo che
con gioia li hanno ricevuti.
L’Unione delle Madri, d’accordo
con 1 Unione dei Giovani, ha preso la
bella e gentile iniziativa d’inviare ai
cari giovani militari della Parrocchia
dei pacchi con indumenti di lana (filati e lavorati direttamente dalle Madri), cioccolato, ecc. Sono già stati spediti 17 pacchi ai militari più lontani: ci
auguriamo di essere in grado di mandare altri pacchi, possibilmente a tutti
i 47 giovani della parrocchia, attualmente sotto le armi. Abbiamo già ricevuto da parecchi militari espressioni
di commossa riconoscenza per tutto
quello che la Chiesa fa per loro, sia a
mezzo di una fitta e regolare corrispondenza fatta dal Pastore a nome suo e
dell’Unione, e sia colla prova tangibile
che - appunto perchè lontani e spesso
esposti al pericolo - li ricordiamo in
viando loro doni da parte delle due Unioni (composta, l’una, dalle loro madri, e l’altra, dai loro amici).
— E’ stato presentato al S. Battesimo il piccolo Sergio Long di Edvico
e di Beux Elena, della Ruata. Che il
Signore assista questo bambino con la
Sua grazia onde, più tardi, con una vera fede personale, possa ratificare il
suo battesimo e divenire uno zelante
discepolo del grande Maestro.
— Il 20 corrente il Signore ha richiamato a Sè la nostra sorella Bertalot
Celestina nata Long, del villaggio degli
Allieri. Larga partecipazione di pubblico ai funerali ha testimoniato alla
famiglia afflitta la sua simpatia nell’ora del dolore. Domandiamo airiddio
della consolazione di asciugare le lacrime di coloro che piangono, secondo
la promessa dell’Evangelo.
PRAROSTINO. Il 6 febbraio, malgrado il tempo pessimo, molti bimbi
presero parte al culto in Chiesa. Essi
ci fecero udire i loro begli inni. Siamo
pure riconoscenti alla corale per la sua
apprezzata collaborazione. Eséa, oltre
ad un coro di circostanza, ci fece udire il « Giuro» che l’assemblea dei piccoli e dei grandi, con profondo raccoglimento, ha ascoltato in piedi.
Il 17 febbraio una numerosa assemblea si riuniva per un culto consacrato
al ricordo ed alla riconoscenza.
La sera stessa una simpatica serata
familiare attirava un pubblico numerosissimo.
La colletta, che ci ha fruttato una
bella somma ci permetterà di inviare
dei pacchi ai nostri militari dislocati in
zona di operazioni.
RORA’. Per la solennità Valdese del
17 febbraio, avevamo fatto molti preparativi e moltissimi progetti, ma... la
mattina alzandoci trovammo una sorpresa alla porta di casa: una nevicata
abbondante^ fìtta fitta, iinterminabile
come cade solo nelle circostanze straordinarie!
Ciò malgrado, il tempio accolse una
bella assemblea di bimbi e di adulti
Mancavano i fratelli e i bimbi delle località più lontane le cui strade non avevano ancora potuto essere tracciate.
Da jRumer, solo un robusto diacono,
riuscì a malapena, con i suoi sci, a superare il Bric.
Dopo il culto, nel quale la Corale
cantò un bel coro di circostanza, si
svolse la festa dei bimbi che, con numerose recite accuratamente preparate, interessarono a lungo i presenti. Esprìmiamo ancora alle insegnanti A.
Tourn ed E. Pons, che li prepararono,
la nostra riconoscenza.
La sera, al Circolo, commemorazione
storica. La rievocazione, preparata dall’Unione, è stata rimandata a domenica
prossima.
SAN GERMANO CHISONE. Nel cimitero d’inverso Porte è stata deposta
l’il c. m. la spoglia mortale della nostra sorella Bertalot Lidia nata Pascal,
chiamata dal Signore in età di anni 68.
Il 18 corrente è entrata nella pace
del Signore Fuhrmann Anna nata Michel, dell’Asilo dei Vecchi.
Alla famiglia Bertalot e al sig.
Fuhrmann rinnoviamo le nostre cristiane condoglianze.
— Celebrazioni del 17. Al culto commemorativo di domenica 16 mattina,
abbiamo avuto la gioia di ammettere
nella nostra chiesa una nuova sorella,
la sig.ra Maria Ficacci Avondet che,
dopo conveniente istruzione religiosa,
ha dato ferma testimonianza della sua
fede evangelica.
Il pomeri^o il tempio era gremito
per la Festa dei fanciulli con il consueto programma di recite e canti, e
distribuzione dì cose dolci. Applauditissima la fantasia valdese eseguita
dalla numerosa ed affiatata scolares.ca
del quartiere dei Martinat.
La sera del 16 e del 17, nella Sala
delle Attività, le famiglie sono state
convocate per una riimione di.carattere religioso nella quale sono stati rievocati episodi della storia valdese illustrati da poemi e da canti. La Corale
sotto la guida del maestro sig. Jahier
ha molto contribuito, insieme colla gioventù, al successo spirituale delle serate.
— Da dómenica 23 corrente il culto
domenicale ha nuovamente luogo alle
ore 10.30 e la Scuola domenicale alle
ore 9 meno dieci minuti,
TORRE PELLICE. Sabato scorso è
stato celebrato il matrimonio del sig.
Pons Silvio con la sig.na Travers Emilia - e quello del sig. Giordano Eli con
la sig.na Gnocchi Ines, Invochiamo ancora sui cari sposi le benedizioni divine.
— Il culto delle 10.30 dì domenica
prossima sarà presieduto dal pastore
R. Nisbet. Egli parlerà del problema
missionario - problema al quale ogni
. chiesa ed ogni cristiano devono interessarsi se vogliono essere fedeli alla
loro vocazione.
VILLAR PELLICE. 17 febbraio. La
festa dell’Emancipazione ha avuto
quest’anno, un carattere esclusivamente religioso, più in armonia con lo spirito dei tempi che viviamo e più in
armonia altresì con lo spirito dei tempi in cui vissero e soffrirono i padri.
Domenica 16, culto di commemorazione, la mattina nel tempio, con Tapprezzata partecipazione della nostra
Corale, diretta dal sig. Enrico Bouissa.
Nel pomeriggio, festa dei fanciulli
che, sotto la direzione delle loro insegnanti, hanno svolto un riuscitissimo programma di recite e canti preparati ed eseguiti con particolare cura ed
ispirati tutti ai due grandi motivi vaidesi: Dio e Patria.
Il pastore Nisbet che contava di partecipare in incognito alla nostra cele-
4
L'£(00 OSXjLìl V ÀXjJ-jX \ALi]uESI
brazione è stato costretto a contribuire
alla riuscita della festa e l’ha fatto con
grande interesse di tutti e specialmente dei piccoli. A lui, come alle signorine
Insegnanti, esprimiamo la nostra riconoscenza, per la loro preziosa collabo-’
razione.
Lunedì sera 17, si concludevano le
nostre celebrazioni della storica data,
con un’adunata generale delle nostre
forze giovanili nella sala delle attività.
Dopo la rievocazione della ispiratrice
figura di Enrico Arnaud, fatta dal Pastore, ed un impressivo appello alla fedeltà, da parte del sig. Umberto Pascal, si svolgeva un riuscito programma
di recite, dialoghi e canti.
Tutte queste manifestazioni sono state allietate dalla presenza di alcuni
giovani in grigio verde e dalla presenza
spirituale di tutti i nostri valorosi soldati, dai quali avevamo ricevuto alcuni
graditissimi messaggi e ai quali tutti,
abbiamo molto pensato.
Dipartenza. Un’altra caratteristica
figura del nostro piccolo mondo valdese, famigliare anche, proprio in questo
mese, agli amici del calendario « Valli
Nostre », si è dipartita da noi: la nostra sorella Maddalena Gönnet fu Paolo e fu Ayassot Margherita di Pourracira che ha serenamente risposto alla
suprema chiamata l’il febbraio, in età
di 80 anni.
Alle famiglie Gönnet e Planchon, e
ai parenti tutti, l’espressione della nostra fraterna simpatia.
Visita attesa. La nostra parrocchia avrà il piacere dì ricevere in questi giorni la sempre gradita visita del prof.
Attilio Jalla, che sarà fra noi, questa
volta, in qualità di delegato della Commissione Finanziaria della Chiesa, per
presiedere alcune riunioni di appello
alla solidarietà valdese. Lo udiremo Dio permettendo - domani sera, sabato
1 marzo, alle ore 20.30 al Teynaud; domenica mattina al culto, nel tempio;
domenica pomeriggio, alle ore 15 «Ha
Piantò e domenica sera, il nostro vecchio amico unionista si rivolgerà ai
giovani di tutte le nostre unioni, nella
sala delle attività al capoluogo, alle ore
20.30.
«In Memoria»
Qualche mese fa "decedeva ai Ribet
di Pramollo Enrichetta Long nata Plavan, lasciando nel cuore dei familiari
afflitti un soave ricordo di sposa e dì
madre esemplare, e lasciando tra i fratelli e sorelle di Chiesa e fra quanti ebbero occasione di conoscerla, il ricordo
della sua bontà, della sua profonda pietà religiosa, e della sua pazienza e rassegnazione di cui diede prova nella sofferenza.
I famigliari, per onorare la memoria
della loro Cara, hanno fatto pervenire
alla Chiesa una generosa offerta. y.
F. U. V.
Al MILITARI.
D’ora innanzi, in ogni numero dell’Eco, vi sarà, a Dio piacendo, una mezza colonna a voi dedicata.
I vostri Pastori a turno metteranno
per iscritto l’espressione dei loro pensieri e delle loro preghiere per i cari
giovani valdesi sotto le armi.
E voi, vedendo i brevi messaggi settimanali, firmati da questo o da quel
Pastore che avete avuto occasione di
conoscere o del vostro stesso Pastore,
udrete nel vostro spirito la sua voce, e
per un istante vi sentirete trasportati
alle Valli, seduti al vostro posto in
chiesa oppure fra ì giovani nella Sala
delle attività.
Per voi, cari soldati, sono le nostre
supplicazioni più ardenti, a voi vorremmo poter dire tutti i sentimenti che
si affollano nel nostro animo, sino a
voi vorremmo che giungesse lo squillo
della tromba divina che vi chiama al
buon combattimento della fede.
Soldati Valdesi, in alto i cuori!
Il Comitato del Gruppo Valli.
Prof. Grvo Costabel, direttore responsabile
ARTI GRAFICHE . L'ALPINA » - Torre Pellice
Cercasi marito e moglie per aiuto
negozio in Torre Pellice. - Alloggio,
luce, gaz, riscaldamento. — Rivolgersi
o scrivere al giornale.
CEROTTO
BERTELLI
JÌl¥TILIO l?IOlJRCLi;ik
ViDKsaati m Drap»m T«»1«b>S
m I an » Bm «e» «a fa» S I i
Canap»Ì€»n«9vS
«■ domicili«»
LtJSEIlN;^ SAN GIOVANNI CAi»«ili>
CCasa.
il cwilt«» di fainai^li»
(Meditazioni preparate sui testi del Calendario Biblico della Chiesa Morava)
Lunedi Lettura: Salmo 119: 73-96.
3 Marzo Vi esorto, come stranieri e
pellegrini, ad astenervi dalle carnali
concupiscenze che guerreggiano contro
l’anima. (1 Pietro 2: 11).
Lettore, parliamo dell’anima nostra,
dell’anima tua, se vuoi. Non so il tuo
nome, nè la tua storia; eppure so che
c’è lotta in te.
Tu vivi, e viviamo tutti, in un mondo
in cui la concupiscenza — ouella della
carne e quella degli occhi — insidia ad
ogni passo la tua vita morale e la vuol
far serva.
Se, da una parte, è il peccato che produce in te ogni concupiscenza (Rom. 7;
8), è vero altresì che questa-, a sua volta,
partorisce il peccato (Giac. 1: 15). Com,unque è una trista schiavitù che ti minaccia, una ben dura catena che ti si
vuol imporre!
Nell’intimo tuo, tu ammetti la necessità di opporti energicamente ad una
tale minaccia; vuoi lottare, sei pronto a
soffrire, ma lo fai con sufficiente perseveranza, e, specialmente, con l’aiuto di
Dio?
Ecco la questione!
Egli, ed egli solo, può « nettarti del
tuo peccato » e premunirti contro altre
vergognose cadute.
Ricordati: Il mondo passa con la sua
concupiscenza, ma chi fa la volontà di
Dio dimora in eterno.
Lettore mio, hai già resistito fino al
sangue in quella santa lotta che deve
condurti all’astensione dalle carnali concupiscenze e alla tua liberazione?
Martedì Lettura: Marco 10: 35-45
4 Marzo L’Iddio di ogni grazia... vi
perfezionerà Egli stesso, vi renderà saldi, vi fortificherà. 1 Pietro 5: 10.
Vi sono dei momenti nella nostra
vita in cui l’essere nostro è in preda a
sconvolgimenti particolarmente gravi,
— Un intenso dolore, una partenza improvvisa, un dubbio, un disinganno bastano a scuotere le nostre fondamenta
morali meglio poste.
E’ quella l’ora di Satana, l’ora del
vaglio: La pula è portata via, resta solo
il grano. Il giorno d’oggi è forse uno di
quei momenti, forse lo sarà domani.
Comunque, bisogna, senza tardare,
premunirsi, fortificarsi per rimanere
saldi: Tale è il dovere! Ma in questo
vortice sconvolgitore che è il mondo,
come fare? Ahimè quante canne rotte
esso ci offre per sorreggerci! che miseri rifugi per rifugiarci!
Sarà più savio cercare altrove!
Quando le forze verranno meno, tralasciamo i sostegni vacillanti e afferriamo, invece, la destra dì Dio. Quanto
più ci avvolgerà la tempesta, tanto più
addosseremo l’edificio delia nostra fede alla « forte rocca che è il nostro
Dio ! »
Allora, solo allora, potremo, come
Davide, in seno all’avversità gridare la
nostra fede trionfante: « Egli solo è la
mia rocca: io non sarò grandemente
smosso» (Salmo 62: 2).
Mercoledì Lettura Marco: 10: 45-53.
5 Marzo^ ]Von t’ho io detto che se
credi, tu''vedrai la gloria di Dio ?
Giov. 11: 40.
No, dinanzi al sepolcro, specie quando è ^ancora aperto, non v’è posto pel
ragionarnento. Marta, invece, vuol ragionare. Ha fede, sì, nella risurrezione
di suo fratello ma nell’ultimo giorno. E
quando il Maestro comanda di togliere
la pietra, ha delle esitazioni: « Signore,
egli puzza già!... Siamo al quarto giorno!» Marta evidentemente, non ha la fede che trasporta le montagne ed apre i
sepolcri. E’ fede, si, ma fede ragionatrice.
Onde Gesù: « Se credi, tu vedrai la
gloria di Dio » e la vedrai ora. Eccola
la fede necessaria, sufficiente, la visione cioè della potenza di Dio, in atto.
Quella fede, fratello mio, è la tua?
Tu credi al sole quando ti riscalda coi
suoi raggi, tu credi al rifugio quando
tu ti metti al riparo, tu credi aH’amìco
quando gli confidi le tue pene, con
maggior ragione e con più slancio, credi
in Dio, nelle sue promesse,, nella sua
potenza, dinanzi a tutti i tuoi sepolcri,
sieno essi ancora aperti o già ricoperti
di zolle fiorite.
Solo cosi vedrai la Sua gloria e la
tua pace. Credi!
Giovedì Lettura: Marco 11: 1-11.
6 Marzo Per me il vivere è Cristo, e
il morire guadagno. Filipp. 1: 21.
E’ risaputo: Le forti convinzioni sì
compiacciono nelle forti espressioni. I
tiepidi trovano, che queste sono delle
esagerazioni e, per farle accettare, le
vanno rimpicciolendo, attenuandole.
Per Paolo non c’è espressione sufficientemente forte per .dire quel che
Cristo è per lui. Egli si identifica talmente con Lui che può dire che il suo
amore è l’amore di Cristo (2 Cor. 5: 14),
le sue parole, quelle di Cristo (13: 3)
che l’imagine di Cristo in lui esala il
suo stesso profumo soave (2: 15).
E che dire quando, disimpegnato da
questo corpo mortale. Paolo potrà essere col suo Salvatore nella gloria del
cielo? Cosa sarà per lui la morte? Un
guadagno! Quello che, per altri, è un
punto oscuro, per lui è orizzonte luminoso.
Quello che è fine per molti, per* lui
è principio, trionfante principio.
Colla morte egli perde una cosa sola:
la mortalità. Tutto il resto è guadagno.
Ed è guadagno perchè, dopo la morte,
egli potrà godersi eternamente la nresenza del suo Salvatore.
Lettore mio, perchè la morte sia per
te un guadagno, bisogna che Cristo sia,
quaggiù, la tua vita.
Venerdì Lettura: Marco 11: 12-19.
7 Marzo Bisogna che Cristo regni
finché abbia messo i suoi nemici sotto i
suoi piedi. 1 Cor. 15: 25.
Ahimè! a vista umana, pare osteggiato molto lo stabilimento del regno di
Cristo sulla terra. Dal seno di questa
umanità ribelle, parmi udire il grido sempre lo stesso - che chiama alla rivolta: « Non vogliamo che costui regni
sopra di noi » (Le. 19: 14). Ma, in contrasto con esso, un’altra gran vmee sempre la stessa, pure - la voce della
coscienza e dell’esperienza universali,
si fa sentire: « Bisogna che Cristo regni!».
Sì, bisogna: perchè Egli è l’ultima e
la più grande speranza dell’umanità;
bisogna: perchè Egli è amore e non può
abbandonare la razza umana ai suoi
falsi pastori.
Bisogna che regni sulla famiglia; che
egli abbia in essa il suo posto d’onore,
che benedica l’amor coniugale, che educhi i giovani; in altre parole che accenda il focolare e che riscaldi la casa.
Bisogna che regni nella Chiesa e non
permetta che candeliere sia spento ed
asportato!
Bisogna che regni sul nostro popolo,
giacché è ormai risaputo che i popoli,
tutti i popoli, si afflosciano e periscono
nella misura in cui essi rigettano la sovranità spirituale di Cristo.
Aspettando; che i sudditi del Re veglino e preghino.
Sabato Lettura: Marco 11: 20-6.
8 Marzo ^ Colui che è potente da
preservarvi da ogni caduta e da farvi
comparire davanti alla sua gloria, irreprensibili e con giubilo... siano gloria,
maestà, forza e podestà.
(Giuda 24: 25).
I cieli narrano la tua gloria, o Dio;
tutto il creato, dal minimo fuscello di
erba alla quercia gigante, ti loda a suo
modo e canta inni alla tua maestà. Perchè l’uomo, il capolavoro della tua potenza creatrice è cosi tardo nel lodarti?
Eppure in lui risplende più vivida la
tua gloria, più possente il tuo amore.
II mondo giace nelle brutture del
peccato, e tu, dell’essere che si era imbrattato di esse e si è convertito, hai
fatto un essere irreprensibile, giustificato, per quella tua grazia che tutto
può.
Il mondo è triste, infinitamente triste: il suo passato lo morde e il suo avvenire lo minaccia: E tu, dell’uomo che
deve vivere in tanta tristezza, fai un
essere ripieno di giubilo, mettendogli
nel cuore la luce risplendente della tua
salvezza e illuminando la sua strada.
A te, 0 Dio, sia dunque la gloria e la
lode sopra tutto il creato da tutti i nostri cuori perdonati e giubilanti!
ENRICO TRON.
Domenica 9 Marzo
Leggere la meditazione in prima pagina