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ECO
DELLE VALLI VALDESI
Sig. FEYROT Arturo
Via C. Cabella 22/5
16122 GENOVA
Settimanale
della Chiesa Valdese
Anno Ì07 - Niim.
Una copia Lire 70
ABBONAMENTI / P"
I L. 3.500 per 1 eMero
Sped. in abb. postale - I Gruppo bis/70
Camnio di indirizzo Lire 5U
lUKKE PELLICE - 8 Maggio 1970
Amm. : Via Cavour 1 - 10066 Torre Pellice - c.c.p. 2/33094
Asceso in cielo
Alcuni anni or sono, poco dopo la
messa in orbita dei primi due satelliti
artificiali — i celebri Sputnik — ebbe
notevole diffusione uno scritto di polemica anti-cristiana dal titolo eloquente: Lo Sputnik e il buon Dio, in
cui tra l’altro si leggeva: « I due
Sputnik che oggi girano sopra le nostre teste, e i razzi lunari che forse
già domani saranno lanciati, non riguardano solo il cervello deH’uomo ma
penetrano nei luoghi profondi del suo
spirito e lo sconvolgono. Oggi per la
prima volta lo shock copernicano diventa un fenomeno di massa. L’uomo
non può più guardare con fiducia verso l’alto, perché lassù girano opere
fatte da mano d’uomo. L’Aldilà si è
trasferito: l’uomo deve guardare dentro di sé e aver fiducia nel proprio
10 ».
Sembra che la nostra generazione
sia più incline a celebrare l’ascensione dell’uomo piuttosto che l’ascensione di Gesù, e ragioni come se la prima
avesse ormai scavalcato e di fatto assorbito la seconda.
In realtà l’ascensione dell’uomo e
quella di Gesù sono fenomeni che,
malgrado certe analogie esteriori che
11 rendono apparentemente simili, sono completamente diversi e nulla hanno in comune. Perché il cielo nel quale Gesù è salito non è il cielo nel quale salgono gli astronauti: si tratta di
cieli diversi. Il cielo a cui diamo la
scalata è sempre « il vecchio cielo sopra la vecchia terra » (Gollwitzer):
nuovo per noi, ma vecchio per Dio.
Tra questo cielo, ora solcato dalle
astronavi, e la nostra terra, non c’è
nessuna sostanziale differenza perché
sia l’uno che l’altra appartengono alla
prima creazione di Dio che la Bibbia
stessa considera già vecchia. Ha perciò ragione il Galileo di Brecht quando dice al suo amico Sagredo: « Quello che stai vedendo è che non esiste
differenza tra il cielo e la terra. Oggi,
10 gennaio 1610, l’umanità scrive nel
suo diario: abolito il cièlo! ».
Non è nel vecchio cielo, ormai « abolito » che sta sopra la nostra testa che
Gesù è entrato: per andare in quel
cielo, tanto valeva restare sulla terra!
Gesù non è asceso nel cielo astronomico e quindi non è lì — tra le nuvole o
oltre le nuvole — che lo si può trovare, non è lì che bisogna cercarlo. Questo è il senso della domanda-rimprovero che due angeli rivolgono ai discepoli subito dopo l’ascensione: « Perché state a guardare verso il cielo? »
(Atti 1: 11). Gesù è asceso non nel cielo fisico che essi stanno guardando
ma in un altro cielo, nuovo, diverso da
quello visibile, che non può essere
esplorato e che comunque non c’è bisogno di conquistare perché è già
« aperto » — come dice la Bibbia —
non però dal solco delle astronavi ma
dalla grazia di Dio.
Tra l’ascensione dell’uomo e quella
di Gesù non c’è dunque proprio nulla
in comune: l’ascensione dell’uomo è il
passaggio dalla vecchia terra al vecchio cielo; l’ascensione di Gesù è il
passaggio da « questo mondo » (terra
e cielo insieme) al Padre.
Con questo passaggio, Gesù diventa
invisibile: « una nuvola, accogliendolo, lo tolse dinnanzi agli occhi loro »
(Atti 1: 9). Finisce il tempo della visione, comincia quello della fede. Gesù
aveva detto: Beati quelli che non han
veduto, e hanno creduto! Ma ogni uomo è un San Tommaso che vuole vedere per credere. E siccome non vede,
non crede.
La fede cristiana crede in un Dio
che non vede e guai a lei se cerca di
renderlo visibile (per renderlo credibile), perché allora non è Dio che appare ma un vitello/d’oro — un idolo. Il
credente deve imparare a vivere con
un Dio invisibile, rinunciando a ogni
appoggio umano, a ogni appiglio razionale, a ogni evidenza: dall Ascensione in poi la fede può vivere unicamente della Parola, non ha altra risorsa.
L’incredulità, ora, ha buon gioco: è
facile contestare un Dio che non si vede. L’incredulità dirà che Dio non si
vede perché non c’è; dirà che Dio è
« l’assenza dolorosa di tutto, Colui che
si ascolta quando nessuno parla, Colui
che si vede quando non si vede più
nulla» (Sartre). La fede invece resiste
« come vedendo Colui che è invisibile » (Ebrei 11: 27).
Ma ora che Gesù è invisibile, qual’è
11 suo rapporto con i discepoli? La risposta è nota: « Ecco, io sono con voi
fino alla fine dell’età presente ». Per
cui Lutero ha potuto dire del Signor
Gesù Cristo: « Quand’era vicino a noi
[perché era in terra], era lontano da
noi; ora che è lontano da noi [perché
è in cielo], ci è vicino ». Una migliore
illustrazione dell’Evangelo dell’ascensione non la conosciamo.
Paolo Ricca
Lo spirilo della conlroriforma è penelralo come un cavallo di Troia nelle Chiese della Bibbia
La vita della Chiesa è nella Parala di Din
Si sa che per quattro secoli Cattolici e Protestanti si sono violentemente condannati a vicenda a proposito del rapporto Scrittura-Tradizione. Il Concilio di Trento dichiarò infatti di accettarle entrambe
« con pari pietà ed affetto », ed è
proprio quest’espressione che ha
avuto, e certamente ancora ha, il potere di far sorgere spontanea e immediata la protesta degli evangelici.
NO! Non possumus!
Con il Concilio Vaticano II la prospettiva è cambiata. Anche Carlo
Barth lo ha rilevato con soddisfazione nonostante alcune riserve. Si sente ora parlare di una chiesa di Roma sotto la Parola per servirla e di
una sola fonte di rivelazione anziché due. D’altra parte Carlo Barth
ha fatto notare, in uno dei suoi ultimi scritti, che v’è pure stato un magistero protestante, formato da personalità, non certo gerarchizzato e
strutturato come quello di Roma,
ma non per questo meno duro ed
esigente. (Queste brevi osservazioni
lasciano intendere l’ampiezza della
discussione e della ricerca ecumenica su temi che hanno alimentato il
dissenso dal XVI secolo in poi.
Da tutte le parti s’invoca una rinnovata ubbidienza alla Parola. E
questo appello, fin che c’è fede e
c’è un cristiano degno di questo nome, non dovrebbe venir meno.
Di qui qualche interrogativo per
il Protestantesimo.
Siamo coscienti che il nostro modo d’interpretare la Scrittura, il no
II Direttore della Società Biblica lancia un grave richiamo alle nostre Chiese
protestanti che p«r secoli hanno voluto essere « il popolo della Bibbia » e hanno polemizzato contro la teologia cattolica che abbina Scrittura e Tradizione
quali fonti della rivelazione: siamo davvero immuni da questo spirito della
Controriforma? Anche fra noi il commento non diviene sempre più amato e
diffuso del testo? E l’azione sociale, che quella Parola vorrebbe esprimere, non
diviene anch’essa sempre più importante, fino a coprirla? Quando il commento o l’azione non rimandano con forza al testo scritturale, quando non ne
suscitano fame e sete, vuol dire che sono diventati autonomi, atei, ci distolgeno dall’incontro con Dio, che solo nella sua Parola può avvenire.
stro commento al testo biblico, formano la nostra tradizione? S amo
veramente sicuri di accogliere il testo e la tradizione con pietà ed affetto diversi? Siamo immuni dallo
spirito della Controriforma? Abbiamo generalmeote a die fare con di;e
tipi di commento alla Bibbia; uno
teologico ed uno pratico; c’è dii
contribuisce con il pensiero e dii
contribuisce ctm l’azione.
❖ ❖
Le nostre pubblicazioni protestanti, siano esse tii carattere dogmatico
o esegetico o pastorale, non vogliono e non possono essere altro che
un commento ilei testo biblico. Lo
stesso dobbiamo affermare per i nostri giornali e per le nostre riviste.
Ebbene non è difficile notare die
oggi il commento è amato e diffuso
molto più del testo, a cui si riferisce. La Bibbia nei è più letta e non
è più messa in circolazione dalle
chiese. Eppure Tessere della Chiesa
è nella Parola di Dio, che la crea.
Ogni altra preoccupazione è collate
rale e, per quanto stimata, appartiene solo al benessere della comunità. Ora se noi confrontiamo il modo di spendere il denaro di una comunità evangelica vediamo che v’è
una sproporzione enorme tra quanto è destinato al benessere, nel senso ora indicato, e quanto è inve-;:e
destinato all’essere. Cosi quando noi
guardiamo al nostro modo di spendere il tempo che Dio ci dà ancora,
rileviamo la stessa sproporzione.
L’amore per questo tipo di benessere della chiesa deve farci molta piìi
paura di qualsiasi altra minaccia del
benessere di cui si jiarla spesso nei
nostri giorni. È impressionante notare quanto po-:‘o tempo e denaro
dedichiamo alla stampa, alla traduzione, alla diffusione e alla prom izione della lettura della Bibbia.
Molte vetrine evangeliche non
espongono più le Scritture, ma solo
i commenti e non solo i commenti !
trinando i nostri commenti non
creano più l’esigenza di un esamr^,
scritturale, quando non costituiscono più un rinvio al testo, allora vuol
..............................................................................................................................limimi.......
iiimiiiiiiimiuiimiiiimmiiiiiimimiimmim
Lnintf rvista con Norberto Berton, pastore valdese in Uruguay
Dove comincia U "Terzo mondo
Il compito della chiesa in una situazione precaria qual è, in particolare, quella
latino-americana: riscoprire il valore profondo dell’immagine biblico della tenda
ed adeguarvisi Fiduciosamente nella propria vita e nella propria testimonianza
III
Il pastore Norberto Berton, che ha attualmente la
cura della comunità valdese di Tarariras, in Uruguay, è stato di passaggio a Roma, dopo avere partecipato, a Nairobi (Kenia), a una sessione della
sottocommissione per l’unità delle Chiese, dipendente dalla Commissione “Fede e Costituzione’’ del CEC;
il pastore Berton nato nel 1925, ne è membro quale
delegato rioplatense. Approfittando del suo breve
soggiorno romano, Afa Soggin gli ha posto alcune
domande; lo ringraziamo per le sue risposte e il nostro augurio fraterno lo accompagria nel suo ritorno
in patria, con un saluto ai fratelli d oltre oceano, uniti a noi in una vocazione comune, anche se deve esplicarsi in situazioni storiche e ambientali assai diverse.
Fino a che punto l’Argentina e
l’Uruguay formano parte del cosidetto « Terzo Mondo » e possono
considerarsi paesi tipici dell’America Latina?
Le due denominazioni possono essere uno strumento utile di lavoro; ma
se le prendiamo in senso assoluto, possono condurci a notevoli equivoci. Personalmente mi sembra molto problematico concepire un « Terzo Mondo »
come un’unità più o meno monolitica,
poiché credo che questa non esista. Sacche di « Terzo Mondo » esistono per es.
negli Stati Uniti ed in parecchi paesi
più o meno sviluppati d’Europa. Altro
esempio: venendo dal Kenia, che evidentemente fa parte del « Terzo Mondo », trovo che le differenze nei confronti dell’Argentina e dell’Uruguay sono enormi, specialmente sul piano storico, culturale e sociale. Se invece intendiamo « Terzo Mondo » in senso lato, indicativo cioè per quei paesi rimasti fuori dalle grandi concentrazioni
mondiali della ricerca scientifica, della tecnologia, delle possibilità finanziarie, con una dipendenza unilaterale dai
mercati dei paesi « sviluppati », potrebbe anche essere che l’Argentina e l’Uruguay si lascino classificare, almeno in
forma relativa, sullo stesso livello del
Kenia. , .
Per quello che riguarda i rapporti
dell’Argentina e dell’Uruguay con gli
altri paesi deH’America Latina, bisogna
ammettere che è molto difficile riscontrare un’unità di tipo politico, culturale, economico e perfino sociale tra
rÁrgentina e TUruguay da un lato, il
Perù o il Guatemala, per esempio, dall’altro. Esistono differenze molto accentuate persino nella stessa lingua parlata (a parte il portoghese del Brasile,
naturalmente), che costituisce altrimenti l’elemento principale di unione.
Per ritornare alla situazione economica notiamo che si accelera il processo di dipendenza nei confronti degli
Stati Uniti. Le condizioni di questa dipendenza non sono però le stesse da un
paese alTaltro e pertanto i rimedi da
applicare non possono essere gli stessi,
poiché il confronto con la realtà rischierebbe di far saltare tutti i nostri schemi precostituiti.
Parlando di situazione economica e di dipendenza, ci potrebbe dare qualche spiegazione di dettaglio?
Per amore di brevità posso affermare
che sul terreno economico si percepisce un continuo deterioramento della
situazione. La spiegazione di questo
fatto è relativamente semplice: anche
quando gli scambi commerciali con
l’estero e le espiortazioni (specialmente
di materie prime) riescono a mantenersi quantitativamente costanti, i prezzi pagati, fissati non dai paesi produttori, ma da quelli acquirenti, tendono a
diminuire; mentre nei paesi acquirenti i prezzi della produzione industriale
tendono ad aumentare.
Sul piano sociale ciò significa un peggioramento delle condizioni di vita per
le classi medie ed umili e, d’altra parte,
l’emigrazione della mano d’opera specializzata e dei tecnici verso paesi a
più alto livello salariale. Invece vi è
una minoranza molto ridotta che non
solo riduce i propri guadagni, ma specula sul deterioramento del livello di
vita altrui: per esempio invece di investire i propri redditi nel proprio paese,
preferisce investirli all’estero. Si tratta della medesima minoranza che controlla in forma diretta o indiretta la vita politica, sia come gruppo dirigente
politico associato ai partiti (Uruguay)
ovvero come gruppo di pressione nei
confronti del potere militare (Argentina).
Si parla spesso di « rivoluzione »
a proposito delTAmerica Latina,
anzi vi è una tendenza fra noi a
considerare TAmerica Latina il
continente tipico delle rivoluzioni.
Pure è certo che il termine rivoluzione significa da alcuni anni a
questa parte qualcosa ci sostanzialmente diverso. Che ne pensa?
Attenti a non confondere il nuovo
concetto di rivoluzione con i tradizionali colpi di stato, anche se questi continuano ad essere all’ordine del giorno
in molte nazioni latino-americane. Ma
anche se per rivoluzione intendiamo un
tentativo di mutare radicalmente le
strutture politiche ed economiche di
una nazione allo scopo di produrre lo
sviluppo della maggior parte della po
(continua a pag. 6)
(lire che sono diventati autonomi,
die ci distolgono dall’incontro con
Dio (lo Spirito Santo ci incontra infatti solo nella Scrittura) e che non
sono più un pane che nutre. Allora
il commento ha fagocitato il testo in
importanza, dignità e funzione educativa. Oggi questo accade nel Protestantesimo e ciò è un segno evidente che siamo ormai andati ben
al di là del « pari pietà ed affetto »
condannato aspramente dalle nostre polemiche tradizionali.
L’altro tipo di commento sul quale oggi s’insiste con particolare sottolineatura è quello pratico. Stanchi
delle troppe parole della nostra epoca, si vuol tradurre, interpretare e
commentare TEvangelo mediante
l’impegno assistenziale, sociale e politico. Certi settori del Protestantesimo sono particolarmente sen.s!bili
a quest’imperativo. Non si può dire
die questo secondo tipo di commento sia meno imporlante del pr ino.
Nella storia delia chiesa è facile veder oscillare le scelte e i favor- ora
in un senso ed ora nelll’altro. Ma
anche sotto questo secondo aspetto
si tratta solo di un commento e
quando questo non stimola la sete di
verifica e il rinvio alla lettura del
testo, allora lo usurpa e svia Patienzior.e, il tempo e il denaro del popolo di Dio. Gli istituti di ass slenza, gli ospedali, le scuole, i gruppi
di lavoro si squalificano quando non
lasciano dietro di sé l’amore per il
testo, la necessità di una verifica biblica. Anche in questo caso si può
dire di noi e non solo degli altri che
il trono ha preso il posto dell’altare. E’ di più di un connubio. K’ un
altro aspetto della teologia del benessere. Certo la pietà e Vaffetto
non sono pari e se lo fossero saremmo appena al livello della teologia
della Controriforma.
i¡;
Di Ogni commento, di ogni interpretazione, di ogni tradizione bisogna poter dire con la Samaritana :
cc Non è più a motivo di quello che
ci hai detto che crediamo; perché
abbiamo udito da noi, e sappiamo
che questi è veramente il Salvatore
del mondo » (Giov. 4: 42).
Quando la chiesa sorge, per grazia di Dio, dal disordine degli uomini, è possibile notare un grande
amore per la lettura biblica. Ricordiamo la comunità di Berea, i Barbi valdesi, la stampa della Bibbia
con la Riforma e, infine, la formazione delle giovani chiese del Terzo Mondo. Oggi in Eurojia, all’interno delle nostre chiese, siamo animati da un amore diverso ; non per
il testo, ma per il commento. Non
c’è da meravigliarsi quindi se il tempo delle nostre Chiese è mi tempo
di crisi.
Pensiamo alle Bibbie famose che
si trovano nelle nostre case : quelle
che fanno bella figura di sé e quelle
che non devono essere toccate e sciupate, perché rappresentano dei ricordi di famiglia. A volte non ci accorgiamo di esserci avvicinati a quei
temi cari alla polemica tradizionale
qpiando si occupava del culto delle
reliquie. Le società bibliche tedesche hanno persino avviato una cam]iagna per liberare le nostre case da
questi « ricordi di famiglia ». Come
trasmetteremo Cristo se non dando
una Bibbia da leggere? V’è forse
un altro luogo dove Dio abbia stabilito di incontrarci in Cristo?
E possibile che lo spirito della Controriforma sia penetrato al di là delle nostre resistenze, come un nuovo
cavallo di Troia?
Renzo Bertalot
2
N. 19 — 8 maggio 1970
iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiniimiiiiiimiiiiiiiiiiiiimiiMiimiiiMiiiiiiiiiiiiiimiiiim SIAMO ALLA CHIUSURA DEI BILANCI ECCLESIASTICI
i PENTECOSTE 1970
Sapere
e stipendi aumentano, ma ...
e non sapere
E Cile cosa accadrà domani? Nessuno lo sa. Non sappiamo che cosa =
= capiterà a ciascuno di noi nelle ore e nei giorni che verranno. Non =
E conosciamo il peso che le scoperte di domani faranno gravare su noi =
E tutti. Non sappiamo se il potere che hanno gli scienziati di preve- =
= dere e di controllare l’avvenire ci renderà più felici o se, al contra- =
= rio, aumenterà il nostro sentimento di frustrazione. Non sappiamo se =
E il nostro scacco nel combattere la fame, l’ingiustizia e la miseria con- E
= durrà ad una violenza che nessuno potrà più controllare oppure se i =
= nostri sforzi in questo campo permetteranno un pacifico progresso E
E verso un mondo più giusto. Parecchi uomini, donne e bambini non E
= sanno se avranno a sufficienza forze, pane e speranza per l’indomani. =
E Per noi che siamo cristiani, non sappiamo che ne sarà della nostra E
E fede né che cosa accadrà alla Chiesa. La nostra incertezza genera il e
= timore. =
= Abbiamo ragione di ammettere la nostra ignoranza. Noi siamo E
E liberi di sfidare i nostri timori. Soprattutto in questo tempo di Pente- E
= coste. Perché sappiamo che lo Spirito di colui che ha risuscitato Ge- =
= sù Cristo dai morti (Rom. 8: 11) dimora in coloro che seguono il Cri- E
E sto. È lo Spirito del Dio vivente la cui vita è amore e la cui potenza E
È è sovente nascosta, giammai vinta. Vi è li una certezza per noi che =
= abbiamo conosciuto la sua vita ed il suo amore, la sua potenza e la E
E sua vittoria in Gesù Cristo nostro Signore. La potenza e la presenza =
g di Gesù Cristo non sono altro che la potenza e la presenza di Dio. E
= È così che vi furono dei miracoli, che il male e la malattia vennero E
E sconfitti, che gli uomini riconobbero la sua autorità e che alcuni di =
E essi cominciarono a credere. Eppure, Gesù fu abbandonato, impo- E
= teme, nelle mani di coloro che detenevano il potere, e pati la morte. E
E Fu poi dato ai suoi discepoli — come a noi — di sapere che Dio lo =
E risuscitò dai morti. La sua vita è quella che Dio vive nel mondo per E
= noi e per la nostra salvezza. Questa conoscenza della potenza e della E
E presenza di Dio rivelata nedla resurrezione di Gesù Cristo è sigillata =
E dal dono dello Spirito Santo. È per questo che sappiamo, nella no- E
i stra ignoranza, di non essere abbandonati a noi stessi nei nostri timo- =
= ri, di non essere soli nella nostra debolezza: no, non siamo abban- =
E donati. E
= Noi abbiamo ragione di ammettere la nostra ignoranza. Siamo E
E liberi di sfidare i nostri timori. In quanto cristiani e in quanto Chiese =
E siamo anche liberi di confessare la nostra infedeltà nei riguardi di ciò =
i che Dio ci ha donato. Perché è Dio che dona, è Gesù Cristo che sof- E
E fre e risuscita, è lo Spirito che opera, soffia e ci rinnova. É
E In questi giorni di Pentecoste affrontiamo insieme la nostra =
E ignoranza, i nostri timori ed i nostri scacchi e rallegriamoci. Perché =
= nelle domande alle quali non possiamo rispondere, nei fatti che ge- E
E nerano la paura, nelle sconfitte che oscurano la nostra testimonianza E
E è lo Spirito Santo del Dio vivente, autentica vita e presenza di Gesù =
= Cristo, realtà di Dio fatta carne per essere con noi e rispondere di •=
E noi. È lo Spirito Santo che dona la forza di fare opere nuove, di sco- E
E prire nuove speranze e che ci incita a cercare la giustizia, la pace e =
= la pienezza della vita. Forti di questa fiducia vi ricordiamo le parole =
E apostoliche: « Siate rinnovati nello spirito della vostra mente e rive- E
E stite l’uomo nuovo creato ad immagine di Dio in una giustizia ed in E
= una santità che procedono dalla verità » (Ff. 4: 23). E
E II presidente onorario del Cec, pastore W. A. Visser ’t Hnoft, =
= Svizzera. =
= I presidenti: E
= patriarca Germano di Serbia, Jugoslavia =
= vescovo Hans LUje, Germania E
E pastore D. T. Niles, Ceylon =
E pastore Ernest A. Payne, Gran Bretagna E
= pastore John C. Smith, Stati Uniti E
E vescovo A. H. Ziilii, Sudafrica. È
tiiiiiiiiiiiiiiiiiMiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiMiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiii
Nella sua ultima circolare (21-3-1970)
i' moderatore ha tracciato ■— come
d'uso — anche il « quadro finanziario »
della Chiesa valdese, riepilogando i dati
relativi alla situazione alla data del 28
febbraio.
Tutte le « voci » del quadro registra
no una loro influenza negativa, citiamo ancora:
a) la disorganizzazione cronica —
1 I materia finanziaria — delle singole
comunità. Ben poche chiese, infatti,
usano tracciare, all’inizio dell’« anno ecclesiastico » un preciso quadro preven
fi 1*1 o "71 r» ^ t
no, come sempre purtroppo!, un forte tivo di carattere finaziario, quasi che
disavanzo fra entrate e uscite, non solo, s trattasse di materia contaminante...
ma anche un .sensibile peggioramento ------ ...............................
(fatta eccezione per « Villa Olanda ») rispetto alla situazione dello scorso anno, che pura non era affatto allegrai
Non starò a riportare qui le cifre
(invero deprimenti) indicate nella circolare, anche perché ogni membro di
chiesa che desiderasse precisi ragguagli in materia può ottenerli rivolgendosi al pastore od agli anziani e diaconi
della sua comunità.
Un interrogativo, però, s’impone:
come mai siamo a questo punto? Stipendi, salari, pensioni aumentano... ma
le contribuzioni alla nostra Chiesa diminuiscono. Quali sono — in questa
« società del benes.sere » — le cause di
questo allarmante fenomeno? E che
cosa possiamo fare per ottenere una
« inversione di marcia »?
Una sia pure sommaria analisi del
problema rivela, a mio avviso, l’esistenza di parecchi fattori che, in misura
più o meno sensibile, hanno certamente una qualche « incidenza » sul fenomeno stesso.
Il primo e più importante di questi
fattori negativi, consiste nell’erroweo
concetto sul va'.ort intrinseco delia contribuzione.
L’offerta viene, in genere, considerata alla stregue di un, sia pure piccolo, infimo, sacrifico (nel senso corrente del termine) per la Chiesa, strumento — fallibile ed imperfetto, ovviamente — della nostra religione (la « religione » valdese). Se, invece, considerassimo, in primo luogo, le offerte come segno della nostra riconoscenza al Signore e come necessaria manifestazione
(niente affatto meritoria!) della nostra
fede personale e della nostra ubbidienza al Signore... certamente le cose
cambierebbero radicalmente.
Se io do il mio denaro alla Chiesa
semplicemente perché questa possa
« pagare i pastori » e sostenere le altre
spese di « normale e ordinaria amministrazione », è chiaro che il mio apporto sarà in qualche modo condizionato, limitato, sia nel suo significato,
sia nella sua portata pratica. Sarà, cioè
semplicemente una piccola tassa che
volontariamente m’impongo per mantenere in piedi una « struttura » amministrativa e nient’altro.
Ma se io offro AL SIGNORE il mio ini ü * '
contributo, quale segno del mio amore Quarantamila chiamate telewnicne in un anno attestane che
per Lui e della ineffabile Speranza che ■ i t- ■ j nr f
la Sua Grazia ha posto nel mio cuore... il servizio reso dai dieci centri elvetici de La mano tesa ,
non potrò certo pesare la mia offerta
col... « bilancino » del farmacista, ma
darò, con animo lieto e grato, tutto ciò
che posso nella piena fiducia che i fratelli sui quali pesa i.a grave responsabilità della amministrazione della
chiesa, non solo ne faranno l’uso migliore, ma se ne serviranno soprattutto
come strumenti (uno fra i tanti) per
potenziare e vivificare l'opera della predicazione e della diffusione dell’Evange1(.. (che non si fa solo dai pulpiti...) e
per incrementare e sviluppare ogni altra iniziativa di carattere sociale, edu
per la « santità » della Chiesa! A mio
parere, invece, occorre fare un quadro
preciso, dopo aver chie.sto a ciascun
membro di chiesa un impegno scritto
(con valore morale, s’intende!) circa la
somma ch’egli intende versare mensilmente alla Chiesa, come sua offerta minima, per l’anno finanziario in corso.
b) Il sistema — ormai non più rispondente alla realtà economica — dei
due-tre versamenti periodici annuali.
Questo sistema poteva andar bene alle
« Valli » mezzo secolo fa, quando i
Valdesi, tutti o quasi semplici contadini, potevano disporre di qualche — magra — risorsa solo in occasione della
vendita del vitello ingrassato (primavera) o delle patate (autunno). Ma ora
che quasi ogni famiglia dispone di una
c più buste-paga mensili, esso non è più
ammissibile ed anzi, controproducente.
c) L’indicazione della cifra-media
prò capite che ogni membro di Chiesa
dovrebbe versare, costituisce un altro
errore — tanto sul piano psicologico
che su quello teologico, per le ragioni
indicate in precedenza.
Ne deriva, spesso, che i membri di
chiesa considerino soddisfacente il loro
apporto, quando abbiano raggiunto tale livello medio, che è ■— al contrario ■—
un traguardo minimo rispetto alle possibilità economiche della maggioranza,
e che moltissimi posson e debbono
abbondantemente superare, triplicare,
o addirittura decuplicare, senza peraltro esporsi a nessun fallimento!
Vi sono, infine, i refrattari agli appelli ed alle esortazioni per i motivi più
strani e più disparati. Vi è chi, non
condividendo la « impostazione teologica » della predicazione pastorale, o dissentendo dalla « linea politico-ecclesiastica » della Chiesa (giornali compresi)
ovvero criticando le « attuali strutture » di essa, ecc., (tutti atteggiamenti di
per sé legittimi, anche se discutibili) si
avvale poi di siffatti « dissensi » per
giustificare il proprio rifiuto a dare alla
Chiesa cui appartiene il contributo che
potrebbe e dovrebbe dare.
Non di rado, cioè, si coglie il pretesto di errori (veri o presunti) di singole persone particolarmente responsabili nella Chiesa per far mancare a
questa il contributo che le è necessario per bene assolvere il proprio mandato. E, quel che è peggio, si tratta
spesso di una ricerca di un « alibi »
(di fronte a se stessi, ma NON di front,; a Dio) per mascherare la propria
avarizia, il proprio invincibile egoismo.
Né si tratta di « atteggiamenti » negativi che si possano attribuire a questa o queiraltra « categoria » di persone (ricchi-poveri; progressisti-conservatori; giovani-vecchi; borghesi-proletari).
Tra l’altro la «distinzione», come sopra esemplificata, è, a mio avviso, impossibile ed anticristiana. Che differenza c’è, sul piano economico (oltre che
sotto la specie... teologica) tra un operaio specializzato-proletario (?!) — e
un impiegato, un maestro, un negoziante — borghesi (?!)?
TUTTI possono e debbono rendere
grazie al Signore esprimendo, manifestando questo loro « grazie » in maniera concreta, con generosa liberalità e
con allegrezza di cuore per il dono immenso che, in Cristo Salvatore e Signore, hanno ricevuto.
Nella circolare del moderatore c'è
una parola che suona come grave mònito per ognuno di noi. « Qccorre —
dice — che le chiese mantengano gl’impegni assunti, AD OGNI COSTO... « Che
aspettiamo, dunque, fratelli Valdesi, a
dare un robusto scrollone agli innumerevoli « idoli » piccoli e grandi dell’« uomo vecchio » che ci teniamo appiccicati
addosso come mignatte e che ci inducono del continuo a « recalcitrare » allo
stimolo dello Spirito Santo? E ben vero che, anche se dessimo tutti i nostri
beni ai poveri ed il nostro stesso corpo
per essere arso... non per questo avanzeremmo di un solo passo, di un solo
millimetro, sulla via della salvezza
(«ciò nulla mi giova» dice l’Apostolo
Paolo)... ma quel che conta è la Cai'ità
(l’Agape di Dio) che trasforma i cuori.
Lasciamo dunque che la Carità di Cristo operi in noi il miracolo!
Aldo Long
Cura d’anime moderna
rispondono a un’esigenza profonda e diffusa
cativo, ecc., ritenuta necessar
Fra le ragioni concomitant
miiiiiimiiiiiiiimiiiiniiiMiiiiniiiiiiiitmiimiiiiMiKi
iiiiiiiliiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii
a.
che han
niiniiiiimminiiiiiiiiiiiiiii
CONTRO LE “TENTAZIONI CATTOLICHE,,
Le proposte dei Concistori delle Valli
Un richiamo alla coerenza evangelica
Nello scorso dicembre la Conferenza straordinaria del primo Distretto
aveva discusso il problema delle « tentazioni cattoliche nella Chiesa Valdese »
ed era stata d'accordo nel constatare
un « crescente diffondersi nelle comunità valdesi delle valli di abitudini e usi
non conformi a una fede evangelica riformata (in occasione di battesimi, matrimoni, funerali e delle varie festività) ». Aveva dunque invitato le Comunità a « farne oggetto di un esame approfondito, con riferimento alle situazioni locali, tenendo presente l’esigenza fondamentale dell’Evangelo, che le
manifestazioni esteriori, a tutti i livelli, siano testimonianza della fede e non
la contraddicano ».
Nel corso dell'anno questo studio è
stato fatto, o perlomeno avviato. Del
problema della « cattolicizzazione » ( in
senso deteriore) si è parlato nei Concistori, nelle Assemblee, sui giornali.
L’Eco-Luce ha pubblicato su questo
argomento una serie di articoli di Giorgio Tonni. Era dunque giusto pensare
di arrivare alla prossima conferenza
distrettuale con alcune proposte concrete. Questo era lo scopo della riunione dei Concistori delle valli, tenutasi a
San Secondo la domenica 3 maggio,
con la partecipazione dei deputati alla
conferenza.
La riunione era stata preparata in tre
riunioni di zona, in Val Pellice, Val elusone e Val Germanasca; la prima si è
occupata in particolare dei matrimoni,
la seconda del battesimo, catechismo e
confermazione, la terza dei funerali. A
San Secondo sono state approvate le
proposte elaborate nelle tre riunioni di
zona; non si tratta di deliberazioni, ma
soltanto di proposte, che la conferenza
distrettuale dovrà discutere e poi eventualmente approvare. Il senso delle proposte non è di imporre alle comunità
una nuova legge, per mezzo di editti o
di « gride » da affiggere sulle piazze,
con pene pecuniarie per i trasgressori;
è soprattutto di richiamare tutti alla
loro responsabilità evangelica: non possiamo illuderci che le nostre comunità
continuino a lungo a essere delle comunità evangeliche, se continuiamo a
tollerare il diffondersi di una mentalità
più sensibile alle convenienze sociali e
alle forme esteriori che alla liberazione
operata da Cristo.
Riassumiamo ora le proposte.
BATTESIMO. Le famiglie che vogliono far battezzare un bambino, faranno
la richiesta almeno un mese prima, in
modo che il pastore e l’anziano ablaiano il tempo di visitarle e aiutarle a
comprendere ciò che è veramente importante nel battesimo. Il battesimo,
tranne casi eccezionali, sarà fatto entro i primi due anni; oppure si lascierà
che il figlio ne faccia egli stesso richiesta quando sarà giunto all’età adulta.
CATECHISMO. Dovrà consistere in
un biennio di preparazione biblica. Nei
due ultimi anni, il catecumeno si inserirà in un gruppo comunitario di studio
biblico, dove chiarirà la propria fede
e approfondirà le proprie conoscenze
bibliche, insieme agÜ altri membri della
comunità (compresi i genitori!).
MATRIMONIO. In un tempo in cui
il concordato sta rivelando tutti i suoi
tristi equivoci, si rinuncerà alla concessione dello Stato, per cui il pastore è
delegato a celebrare in chiesa valdese
un matrimonio valido agli effetti civili. Il matrimonio civile avrà luogo nella sua sede propria, cioè davanti all’Ufficiale di Sfato Civile; dopo di che, gli
sposi che intendono vivere di matrimonio nella fede in Cristo, prenderanno
questo impegno in un culto, davanti alla comunità.
FUNERALI. 1) La liturgia dovrà essere centrata unicamente sull’annuncio
biblico che la morte è la conseguenza
del nostro peccato e sull’annuncio della resurrezione in Cristo, nostra speranza, fatto alla comunità riunita.
2) Per questo dietro all’uso delle corone e altre forme che molti funerali,
come anche altri atti liturgici,^ hanno
assunto attualmente, si rileva l’espressione di una fede non conforme all’in.segnamento evangelico. 3) Le comunità
sono quindi invitate a riflettere su questi fatti e a studiare in che modo un
funerale possa essere una testimonianza evangelica. 4) Si chiede alle comunità di considerare la solidarietà verso
la famiglia afflitta, non soltanto nel momento del funerale, ma specialmente
nel periodo doloroso e difficile che segue. 5) Si chiede alle comunità di mantenere il funerale nella sua semplicità
evangelica, evitando, per quanto possibile, di portare corone, labari e bandiere.
b. r.
Chexbres (epd) - Le dieci sedi di cura
d’anime telefonica nella Svizzera hanno
ricevuto 40.000 chiamate, lo scorso anno, dimostrando che questo tipo moderno di cura d’anime risponde a un
bisogno profondo e diffuso. La fiducia
di coloro che cercano aiuto viene assai
stimolata dalla facilità del contatto come pure dalla possibilità di un anonimato assoluto.
Queste le constatazioni dell’Associazione elvetica « La mano tesa », nel corso della sua sessione annua a Chexbres
(Vaud). Il past. E. Schyn, di Biel, al
momento di passare il compito a mani
più giovani, ha tracciato un quadro dei
dieci anni d’attività di questa istituzione, dal quale è risultata la serietà e'la
coscienza di responsabilità con cui viene condotta questa attività ricca di benedizione.
Ne! corso del decennio trascorso sono sorti numerosi punti di chiamata
per qLiesta cura d’anime telefonica; alcuni, che avevano iniziato l’opera ricchi di promesse, non hanno poi potuto
continuare, mentre se ne sono dovuti
costituire altri nuovi, altrove. Oggi essi
coprono così la Svizzera: Zurigo, Berna, S. Gallo, Winterthur, Aarau, Biel,
Losanna, Ginevra, Lucerna e Seewis
(Grigioni).
L’assemblea generale dell’associazione era abbinata a una sessione di studio, nella quale l’abate Mens di Anversa ha riferito sull’attività parallela belge e il vescovo anglicano di Buckingham ha parlato sui problemi di fondo
posti da questo tipo moderno di cura
d’anime.
Da colloqui con i singoli collaboratori di quest’iniziativa è risultato che tre
quarti di coloro che chiamano « La
mano tesa » non hanno alcun contatto
con la loro Chiesa d’origine, sicché non
sarebbe loro neppure venuto in mente
di rivolgersi a un pastore. Assai più
della metà delle chiamate concerne problemi apparentemente senza uscita della vita coniugale e famigliare. Al massimo un terzo di coloro che chiamano desiderano un contatto personale, uscendo dall’anonimato. Invece la rnaggior
parte di loro è riconoscente di pvoter
esporre le proprie difficoltà e preoccupazioni in ulteriori conversazioni telefoniche.
L’elemento di maggior valore, per coloro che cercano aiuto, è dato al fatto
che le persone che assumono questo
compito di cura d’anime non sono specialisti, cioè né psichiatri né assistenti
sociali. Essi offrono con affetto comprensione c amicizia e, se richiesti, aiuto con il consiglio e con l’azione. Qui sta
il segreto del grande successo de « La
mano tesa », che ha saputo istituire un
colloquio effettivo con il mondo delle
necessità e delle angosce nascoste.
UN ESEMPIO DI DIACONIA
Per persone anziane e sole
il telefono non è un lusso
Stuttgart (epd) - L'Opera diaconale della
Chiesa evangelica in Germania e PAssociazio"
ne evangelica di aiuto alle persone anziane si
impegnano affinché i relativi uffici sociali forniscano il telefono a persone anziane, oltre i
65 anni, viventi sole e ne paghino i canoni
mensili. In una conferenza stampa è stato dichiarato che si è constatato che le persone
anziane hanno bisogno di mantenere, almeno
telefonicamente, i contatti con parenti e amici.
In tal caso il telefono è un mezzo di comrunicazione importante, non un lusso né un segno
di elevato livello di vita. Questa forma di assistenza alle persone anziane, già praticato da
anni in Svezia con grande, .successo, potrebbe
contribuire in modo decisivo a vincere il rischio di i.«o!amento e di solitudine cui sono
esposte le persone anziane.
Segnalazioni
Il Centro di Documentazione di Pistoia
ha pubblicato due interessanti volumetti. Crediamo <li fare co.sa gradita ai lettori segnalandoli :
Doposcuola di classe (L. 200). È una documentazione sul doposcuola e sul comitato genitori di Calenzano (Fi). Una’ esperienza che
c' sembra importante iliffondere in un momento in cui i doposcuola nascono numerosi
ma .senza una chiara impostazione. Un contributo concreto alla creazione di un controscuola, un punto di partenza per una discussione sulla validità dei doposcuola c per un
discorso più ampio sulla scuola.
Roma: il problema dei baraccati (L. 300).
Sono documenti importanti, alcuni inediti,
raccolti per jiresenfare la situazione drammatica delle baracche romane.
Delle pubblicazioni precedenti del Centro
di Documentazione di Pistoia è ancora disponibile la conferenza di J. Moi tmann su Dio
nella rivoluzione (L. 150), Le altre .sono esaurite.
Queste pubblicazioni possono essere richieste direttamente a: Centro di Documentazione
- cas. post. 53. 51100 Pistoia (c/c po.stale
n. 5/27769).
3
pag. 3
8 maggio 1970 — N. 19
La proposta avanzata da Lukas Vischer, riprendendo un suggerimento dell Assemblea di Uppsala
Un concilio veramente universale ?
Dal 12 al 23 agosto 1969 si era tenuta, '
sessione del Comitato centrale del Consiglio e^menico deU^
Chiese. Nella ’ordinaria amministrazione soffio vieo
regnare in riunioni sfida un Rapporto
roso di aria — dal pastore Lukas Vischer,
presentato - “ ^»‘"‘“jXn^Fede e CosDtuzione’ del CEC. Ridirettore della Commissione rcuc c /i„«„,y,pntn ricil’As
facendosi a una proposta accennata in un documento dell As
sSea di Uppsala, Lukas Vischer chiedeva apertamente alle
Sse se non era giunto il momento di impegnarsi nella prebarione e lÌ^Ha convocazione di «un concilio autenticamente
universale» (l’espressione è del documento di Uppsala). Il
^Tnórffi Vischer’ aveva fatto rumore, era stato fortemente discu^L nella stessa sessione del Comitato centrale, ma non era
stato conosciuto che parzialmente neUe Chiese (in Italia, « Nuovi Tempi » ne aveva pubbUcato tempestivamente «egli estratti
nel suo n 36 del ^ settembre 1969). Esso è stato ora pubblicato
fntegLlmente sul n.» di aprile 1970 .di «The Ecumemcal Review» la rivista del CEC; e, fatto significativo e interessante,
è seguito da due ’pareri’ sul rapporto Vischer e sulla sua proposti centrale: l’uno di un ortodosso, l’altro di un riformato
più critico il primo, sostanzialmente e cordialmente^ positivo U
Lcondc. Si ricordi che la Conferenza (anghcana) di Lambeth
del 1968, tenutasi poco dopo l’Assemblea di Uppsala, aveva
chiaramente appoggiato la speranza espressa a Uppsala che «i
membri del CEC, in un impegno comune, lavorino per il tempo nel quale un concilio autenticamente universale possa nuovamente parlare a nome di tutti i cristiani ». Ora il direttore
dì ’Fede e Costituzione’ domanda alle Chiese di pronunciarsi al
riguardo anche tramite le loro famiglie confessionali. Nei prossimi mesi fra l’altro, tre di queste famiglie confessionali appartenenti al CEC terranno le loro assemblee generali: i luterani
in luglio i riformati e i congregazionalisti in agosto, i ’Discepoli di Cristo’ in ottobre; saranno ottime occasioni per prendere in seria considerazione questa proposta. E perché le Chiese evangeliche italiane membri del CEC — quella metodista e
quella valdese — non lo farebbero intanto al loro livello, cominciando a riflettere sulla cosa? A primo ascolto, infatti, come non sentire un soffio di aria pura già neUa sola idea di un
concUio, o sinodo, che raduni veramente «tutti quelli che m
ogni luogo invocano U nome del nostro Signore Gesù Cristo »,
per usare un’espressione dell’apcstolo Paolo (1 Corinzi 1, 2) alla
quale Oscar Cullmann ha dato rilievo particolare applicandola
alla situazione ecumenica contemporanea? Come non pensare
con gioia fresca alla prospettiva della possibilità che un simile
sinodo veramente ecumenico si raduni? Ma come, anche, non
considerare la gravità di questioni che non possono essere eluse la somma di problemi — falsi o secondari gli uni, fonda
mentali gli altri — che una simile prospettiva solleva per tutti.
Che cosa, in questo ’sogno’, è secondo la carne, e che cosa secondo lo Spirito? E così pure, nelle riserve che esso può destare in molti, qual parte ha la carne che recalcitra agh stimoli dello Spirito, e quale il discernimento degli spinti, per vedere se son da Dio o dall’ucmo? (Oggi nel mondo vi sono indubbiamente tracce di una tendenza unitaria dell’umanità, dove pure è arduo dlscernere in che misura si tratti di una tendenza evangelicamente positiva ovvero della riedizione odierna
della preoccupazione per cui Fumanità si accinse alla costruzione habelica: «affinché non siamo dispersi sulla, faccia di
tutta la terra»). In ogni caso la questione è troppo viva, la proposta troppo stimolante perché possa essere accantonata. Allo
scopo di presentarla — in quella prospettiva dialettica che « The
Ecumenica! Review » ha voluto sottolineare pubblichiamo
qui la parte essenziale del ’rapporto Vischer’ — quella in cui
egli presenta le condizioni fondamentali perche una simile assemblea possa, a suo avviso, essere convocata — nonché dei
’pareri’ menzionati, nella viva speranza che questi documenti
abbiano un’eco fra noi. È evidente che i problemi essenaali
sono, appunto, le condizioni alle quali questo «concilio autenticamente universale » sarebbe convocato, e i contenuti che gh
Lukas Vischer:
Le condizioni essenziali
« Il termine "dialogo” è ancora
adatto a descrivere le relazioni fra
le Chiese divise? ». No, afferma L.
Vischer. Se ieri esso ha rappresentato un benefico elemento di rottura dell’isolamento delle Chiese, autosufficienti, polemiche o ignorantesi a vicenda, va crescendo la
preoccupazione che le conversazioni sempre più numerose — nel
prolificare delle commissioni e nella messa a punto di tecniche sempre più perfezionate per i lavori
di conferenza — finiscano per diventare, volutamente o no, « un
mezzo per conservare le Chiese
nella loro situazione attuale e preservarle da una comunione piena».
Ma non è forse questa piena comunione il vero, ultimo scopo del movimento ecumenico? « E può essere giunto, per la Chiesa, il tempo
di considerare insieme tale scopo
in modo più esplicito e più concreto di quanto abbiano fatto finora.
I loro sforzi in vista dell’unità della Chiesa non devono essere determinati anzitutto dal passato, devono essere un movimento verso
il futuro. Le conversazioni fra le
Chiese si orientano fatalmente sul
passato, sulle differenze che le
hanno divise nel corso dei secoli.
Anche quando le conversazioni
non vertono su queste differenze
ma su qualche fatto contemporaneo, aH’improvviso i presupposti
confessionali riappaiono. E in tal
modo il dialogo diventa molto facilmente un’imxpresa conservatrice,
se non addirittura reazionaria.
« Se esso deve procedere, deve
trovare il proprio orientamento in
sprimeva « la necessità di preparare la via, di creare le condizioni
necessarie per un simile concilio »,
cioè tendere realmente alla piena
comunione. La proposta era stata
accettata dalla Conferenza anglicana di Lambeth, già nel 1968, e L.
Vischer chiede che anche le altre
Chiese, tramite le loro alleanze
confessionali, si esprimano in proposito. A titolo personale, rifacendosi pure agli elementi forniti dalla precedente Assemblea di Nuova
Delhi nella Dichiarazione "sull’unità che ricerchiamo”, L. Vischer
presenta alcune fra le più vitali
condizioni perché sia possibile un
concilio veramente universale.
1.
« La comunione capace di riunire un concilio presuppone che le
Chiese siano esplicitamente e tangibilmente riconciliate fra loro.
Una comunione dominata da una
fiducia degna di Cristo può nascere soltanto quando le divisioni e le
condanne del passato sono sostituite da un impegno di reciproca
responsabilità. Molti vivono nell’errata convinzione che le Chiese
vivono ormai al di là delle loro separazioni, le abrogano de facto
considerandole con un sorriso tollerante quando si viene a discuterne. Ma anche se “eresia” e "scisma” sono diventate parole dalle
quali si rifugge, continuano a esistere a livello inconscio e possono
l'iaffiorare improvvisamente in momenti di crisi. La comunione non
può svilupparsi in modo pieno su
di una base tanto insicura. È quin
spetto delle decisioni o delle raccomandazioni delle loro Chiese.
Tale movimento è discutibile da
molti punti di vista e non è affatto
sicuro che esso giovi alla causa di
una comunione piena, a lunga scadenza. Vi sono buone ragioni ecumeniche per opporsi a questa intercomunione affrettata. Ma per
quanto discutibili possano essere
alcuni di questi tentativi di soluzione, essi provano tuttavia una
cosa; che settori sempre più vasti
non sono disposti ad accontentarsi
di una comunione ecumenica che
non si radichi nell’eucaristia;e da
questo punto di vista l’esperimento più discuilode si giustifica più
che il rimanere attaccati senza fantasia allo statLi quo. Questa sfida
dev’essere ascoltata dalle Chiese.
E se non lo fanno con serietà, potrà diventare troppo tardi. La
quarta Assemlr ;a ha incaricato la
Commissione "Fede e Costituzione” di studiare imovamente la questione. Si sopo già mossi i primi
passi ed è possibile che un rapporto concordato possa essere presentato alla prossima sessione della
Commissione (1971) ».
3.
« Una comunione capace di sostenere un concilio presuppone poi
un senso preciso di solidarietà universale ». Un senso tutt’altro che
diffuso fra le Chiese, sia a livello
istituzionale, per il perdurare di
gelosi particolarismi confessionali,
nazionali e d’altro genere, sia nell’orientamento generale della generazione più giovane, più sensibile alla rottura che alla comunione
universale, e relativamente ostile
alle strutture attuali. Ora, queste
sono indubbiamente « segnate da
un’eredità di centralismo, di autoritarismo, da una tendenza aH’uni
si proporrebbero.
formità » che le rendono così inefficaci da « generare quasi inevitabilmente l’opposizione. Resta però aperto il problema se tale opposizione non getti via il bambino
con l’acqua del bagno ». In ogni
caso « tutto indica che per essere
vitale ed effettiva una comunione
universale non ha bisogno né di
autorità centralizzata né di uniformità. È vero, occorre sviluppare
nuove strutture; ma vi sono ragioni bibliche e sociologiche a favore
di una comunione in Cristo che sia
caratterizzata da una spontaneità,
da una partecipazione e da una varietà assai maggiori di quanto le
Chiese siano state finora inclini
ad accettare ».
4.
« Infine, un concilio presuppone
che le Chiese manifestino in modo
più schietto la loro comunione in
Cristo, cioè che esse spezzino le
barriere che dividono gli uomini
fra loro nella vita quotidiana a
ogni livello e che impediscono loro
di costituire una famiglia universale. Un concilio è un’iniziativa che
ha senso soltanto se non rappresenta semplicemente lo stato attuale delle Chiese, ma incontra anche gli uomini come un segno che
attesta che in Cristo gli uomini sono uno. L’unità della Chiesa non
dipende puramente dal superamento di differenze confessionali;
è altrettanto importante che, senza
che i gruppi umani perdano la loro identità, possano essere superate le barriere che li dividono.
L’unità fra i sessi, fra le razze, fra
le nazioni ecc. sono fra i problemi
più urgenti dell’ unità ecclesiastica. Non ci troviamo quindi di
fronte a una evasione dal proprio
mandato, se la Commissione "Fede e Costituzione” propone che
l’anno prossimo, nel corso della
Settimana di preghiera per l’unità
cristiana, l’intercessione non verta soltanto sull’unità fra le Chiese,
ma anche sull’unità nelle relazioni
umane. In avvenire, la disponibilità delle Chiese per questo secondo tipo di unità sarà forse decisiva nel mostrare se esse vogliono
veramente portare il nome di Chiesa. Due anni fa la Commissione
“Fede e Costituzione” ha scelto
quale suo tema principale di studio « L’unità della Chiesa e l’unità
deH’umanità ». Lo studio di questo tema può contribuire a chiarificare il complesso di questioni di
cui stiamo parlando ».
Lukas Vischer
Un parere riformato:
Non un fine; nn mezzn in prospettiva missinnorio
Il prof. Roger Mehl inizia ricordando lo <1 stupore generale » con cui fu
accolto l’inatteso rapporto Vischer, a
Canterbury. Pur ribadendo trattarsi di
un parere personale del direttore di
'Fede e Costituzione', R. Mehl difende
però il valore di questo intervento e
protesta contro il rischio che le commissioni del C.E.C. si riducano a puri
organi amministrativi che si limitino
^ J. • U1 urici UaOL. LCAX11.V./ W.. j—
ne il proprio orientamento m importante che il dialogo fra le TJj, ortodoSSO’
uno scopo avvenire. Sia concessa fornisca semplicemen- Un pareremoriOUOSb^
a uno Svizzero un immagine alpi- i.i . _;_______i„ n;,
nistica: scalando una difficile pa
te un alibi per ignorare le divisio
rete di roccia, può capitare di giungere a un punto nel quale la via
dalla quale si è giunti scompare
dal campo visuale e non ci si può
più appigliane a ciò che ci si è lasciati alle spalle: in quei momenti
ci si sente così insicuri che non si
può più retrocedere né avanzare;
ma se di colpo la vetta si profila,
l’escursione può essere ripresa: si
scorgono gli appigli immediati per
la mano e per il piede, per quanto
distante possa apparire la mèta.
Mi pare che abbiamo raggiunto un
momento come questo. Al posto
della via che abbiamo percorso, la
via che si profila davanti a noi deve fornirci rorientamento. Per il
movimento "Fede e Costituzione
il pericolo attuale è di lasciarsi demoralizzare a mezza strada, in
qualche crepaccio insormontabile ».
La necessità assoluta di uno scopo risulta pure dalla coscienza di
« una certa inconsistenza » nelle
attuali conversazioni. Ora, questo
scopo era stato indicato dalla
quarta Assemblea del CEC, a
Uppsala, la quale aveva fatto una
proposta affermando che il movimento ecumenico doveva « lavorare per il tempo nel quale un concilio autenticamente universale » potesse parlare a nome di tutti i cristiani. In modo molto sobrio e
modesto, dunque, l’Assemblea e
ni, ma porti anche ad autentici gesti di riconciliazione, che varieranno naturalmente da chiesa a chiesa
a seconda della storia delle divisioni. L’abrogazione della scomunica fra la chiesa di Costantinopoli e la chiesa di Roma non è che un
esempio. Altri gesti come questo
devono essere compiuti, e ciascuno
di essi dovrebbe essere concepito
e inteso come un elemento costitutivo della comunione che un giorno unirà tutte le chiese ».
2.
« Una seconda condizione è la
comunione nell’eucaristia. Benché
un concilio non presupponga assolutamente una unità su tutti i punti, è essenziale che esso sia in grado di celebrare insieme l’eucaristia. Il punto di maggior debolezza delle Assemblee del CEC sta
forse in questo: i partecipanti
non possono celebrare questa comunione. Ed è forse uno degli elementi di maggiore importanza nell’attuale situazione ecumenica, il
fatto che questo problema si ripresenti con urgenza rinnovata. Alcune Chiese, ad es. la Comunione anglicana, hanno introdotto alcuni
mutamenti con decisioni più o meno ufficiali. Tuttavia la pressione
più forte si fa sentire dai settori
non ufficiali. In numero crescente
gruppi di Cattolici e di Protestanti
celebrano insieme l’eucaristia a di
Il Sinodo presuppone la Chiesa Una
Noto che il signfioato che in questo
rapporto si dà al tèrmine "Concilio” è il
medesimo dato al termine "Sinodo”
com’è inteso nella storia della antica
Chiesa dei Sinodi Ecumenici.
Noi ortodossi crediamo e pensiamo
che il Sinodo Ecumenico è l’espressione
vera e autentica dell’organo supremo
della Chiesa, il quale riflette la fede e
la prassi della Chiesa Una, Santa, Cattolica e Apostolica. Per l’Ortodossia il
Sinodo presuppone la Chiesa Una. E
impossibile, per un ortodosso, riconoscere il carattere sinodale di un incontro cui partecipano chiese-membri che
non sono ancora unite.
Secondo la prospettiva ortodossa lo
scopo del Consiglio ecumenico delle
Chiese è sempre stato quello di promuovere le relazioni fra le Chiese in
vista dell’umtà. Questo è lo scopo che
dev’essere raggiunto dal Consiglio ecumenico delle Chiese: l’ortodossia desidera che tutti gli sforzi che esso compie
conducano all’unità. Per questa ragione particolare l’Ortodossia ha un interesse speciale per il segretariato della
Commissione su Fede e Costituzione, e
la voce dei delegati ortodossi si fa udire ogni volta che si discutono questioni dogmatiche.
Un « concilio autenticamente universale » è uno scopo del C.E.C.? Questa
proposizione è ripetutamente risuonata nel corso della sessione di Canterbury, fino a diventare uno slogan. Molti oratori si sono serviti di questa
espressione, e la si è udita pure nel
corso delle sessioni del Comitato responsabile della riorganizzazione del
C.E.C. È veramente necessario che questa espressione venga discussa dal
C.E.C. nel suo stadio attuale?
La quarta Assemblea ha affermato: il
movimento ecumenico deve lavorare
per il tempo in cui un concilio veramente universale potrà parlare a nome
di tutti i cristiani.
Io penso che ora dobbiamo lottare
per la Chiesa Una. Preghiamo perché
possa venire. La preghiera di ogni ort(>
dosso è che l’unità venga. Com’è possibile parlare di un concilio veramente
universale se manca l’unità delle
Chiese"^
E mia convinzione che quando il dottor Vischer parla di un concilio autenticamente universale, pensa al concilio
di una Chiesa di cristiani non più divisi ma uniti. Allora, sicuramente, l’ortodosso si dichiarerà d’accordo perché,
10 ripeto, lo scopo del C.E.C. è l’unità
delle Chiese quale si esprime nel Concilio autenticamente universale. E allora, naturalmente, l’ortodosso potrà
seguire il pensiero del dott. Vischer e
concordare con una parte degli elementi che egli dichiara indispensabili perchè tale Concilio possa riunirsi, in
quanto quegli elementi sono essenziali per l’unità delle Chiese.
Ma è possibile che lo scopo del C.E.C.
sia un concilio autenticamente universale, se prima non si è raggiunta la
Chiesa una, la riunione delle Chiese?
Non lo credo. E non credo, oggi, che
11 C.E.C. sia il concilio autenticamente
universale. Credo quindi che soltanto
la Chiesa una può convocare e tenere
un Concilio autenticamente universale.
CoiNiDis Parthenios-Aris
CoiNiDis Parthenios-Aris è vescovo grecoortodosso, metropolita di Cartagine, residente
a Tripoli di Libia, dipendente dal patriarcato
di Alessandria d’Egitto.
a dare una continuità istituzionale ai
rapporti ecumenici: « non deve invece
(il C..E.C.) stimolare le Chiese a muoversi, a procedere, non deve presentare loro nuovi obiettivi, insistere con
forza sull’impossibilità dello status
quo attuale? » Se si è convinti di questo, il rapporto Vischer dev’essere considerato « non soltanto utile, ma giustificato e necessario » e « non è unicamente espressione di vedute personali,
per quanto interessanti ». Il prof. Mehl
raccoglie così le sue osservazioni:
1.
« Vissute per secoli nell’isolamento,
le Chiese tornano a riunirsi; sono entrate in un’èra di dialogo e di collaborazione e all’interno del C.E.C. hanno
raggiuto anche una certa forma di comunione. Il pericolo è che si accontentino di questo dialogo e non si domandino più dove le conduce. Un dialogo
che non persegue alcuno scopo preciso
rischia di diventare accademico, di ridursi a parole. Non siamo ancora a
questo punto, ma il pericolo c’è e risulterà sempre più evidente in quanto
le Chiese proclamano di vivere una
koinonia in conformità all’Evangelo,
mentre al tempo stesso rifiutano il fondamento che appunto l’Evangelo dà
alla koinonia, cioè l’eucaristia, la comune partecipazione al corpo di Cristo nella cena del Signore.
« Vi è già, è vero, una reale comunione nella preghiera e nella Parola;
ma separando la Parola e il sacramento l’una e l’altro risultano squilibrati.
Non è possibile ostacolare questo movimento dalla Parola al sacramento
senza far sì che la prima perda il suo
valore dinamico. Molte Chiese sembrano accarezzare l’illusione che e
possibile mantenere la comunione fra
l’una e l’altra unicamente sulla base
della Parola. All’interno del movimento ecumenico stiamo facendo 1 esperienza di questa situazione paradossale; meditiamo insieme sulla Parola, la
proclamiamo insieme, ci raduniamo
intorno ad essa affinché essa ci insegni il vero significato dell’eucaristia
alla quale ci prepariamo, e poi ci separiamo per celebrare questa eucaristia della quale abbiamo conqsauto
insieme il significato e la necessità. Se
questa situazione paradossale si prolunga, ci condurrà in un vicolo cieco.
E come un fidanzamento che non giunge mai al matrimonio. Parliamo a no
(continua a pag. 6)
4
pag. 4
N. 19 — 8 maggio 1970
Les racines anciennes de in fraternité
rêfnrniee qni nnit Waltnns et Vaudeis
Une solidarité fraternelle qui a toujours été très sensible à
l’exigence de soutenir l’effort culturel aux Vallées Vaudoises
Un brillant et enthousiaste historien Vau(lois, Jaques Brez^ qui fut pendant environ
deux années pasteur adjoint dans l’église Wallonne de Middelbourg, nous raconte, dans son
Histoire des Vaiidois publiée à Lausanne en
1796, que: «il est certain que c’est de nos
Vallées que sont sortis les Vaudois de la Provence, du Languedoc, du Dauphiné. Ces Vaudois... devinrent les objects de la haine de
l’archevêque de Lyon qui les persécuta vers
l’an 1180. Ils se retirèrent en Picardie sous
h conduite de Pierre Valdo... Ces Picards,
ainsi que les Vaudois de Lyon, forcés de quitter leur seconde patrie, se réfugièrent en grande partie dans ces PROVINCES... on sait
même que ce fut parmi ces réfugiés Vaudois,
qui prirent dans les Pays-Bas le nom de WALLONS, qu'a été dressée la premiere ’’Confession de foi” qui ait jamais paru... ».
En repensant à l’origine Apostolique que
Brez réserve « aux habitants des Vallées occidentales du Piémont, qui ont conservé le christianisme dans toute sa pureté... depuis le
commencement de son existence jusque à nos
jours... » nous restons certainement un peu
douteux sur 1 assertion de l'origine purement
Vaudoise des Egbses Wallonnes. Il est pourtant
indéniable que le mouvement réformateur
évangélique qui, depuis la prédication de Valdo se répandit au 13.me siècle depuis le sud
vers le nord de la France, n’ait pas préparé
les âmes et les esprits de ces populations à
recevoir, dès son apparition, le mouvement
réformateur qui éclata vers le 1517 à Wittemberg avec l’aifiction des faumeuses 95 propositions de Luther et la grande « Protestation »
de Spire en 1529. Dans les Flandres, comme
partout ailleurs, les gens étaient conscients
non seulement d’un retour pur et complet
au simple (ivangile, mais aussi de ce que cela
aurait signifié comme conséquences pendant
que les armées fanatiques et excitées recevaient
de leurs Empéreurs l’ordre de s’opposer à
tout éloignement de la Sainte Eglise Romaine.
Pourtant, le désir et la nécessité de cette Réforme religieuse, trouva une réponse immédiate et profonde non seulement en Hollande,
mais aussi dans les provinces méridionales
des Flandres, chez les populations Wallonnes:
voilà donc surgir les Eglises réformées Fiai
mandes proprement dites vers le nord, et les
Eglises Réformées Wallonnes dans les régions
placées au sud de la ligne réunissant Lille
a Liège et comprenant : l'Artois, le Hainaut.
h: Brabant et le sud Limbourg (c’est encore
aujourd’hui environ la même ligne qui, déplacée de quelques vingt kilomètres vers le
nord, sépare le peuple Belge de langue française de celui de langue flamande).
C’est donc environ à la même époque, vers
1 année 1532, où le grand Réformateur Guillaume Farei s'établissait à Genève, où les Vaudois se réunissaient au Synode de Chanforan
pour décider de leur avenir, que l’on peut placer la date de naissance de l’église Réformée
Wallonne. Mais la Protestation de Luther accueillie avec enthousiasme en Hollande et
dans tout le nord de l'Europe, se heurait avec
l’esprit latin de ces populations qui cherchaient
encore la voie vers la liberté de conscience;
c est alors, vers l’année 1544 qu’ils entendirent la voix du prédicateur Pierre Brully,
provenant de Strasbourg où le Calvinisme s'était répandu plus fougueusement que le Luthéranisme dans le nord. Ce pasteur calviniste
réveilla donc un écho plus profond dans l’esprit de ces gens, qui reconnurent cette forme
de protestantisme plus répondant à leurs idées
et à leur esprit. Le martyre du prédicateur
Brully, exécuté le 15 Février 1545 à Tournay, finit par enflammer définitivement la
population Wallonne, qui se voua complètement au Calvinisme. C’est cette décision qui
confirma leurs habitudes françaises dans leurs
moeurs et surtout dans leur langue qui les
distingua depuis lors des autres populations
du nord, lesquelles confirmèrent au contraire
leur attachement à la langue flamande. Comme dans toutes les autres nations, où les lumières de l’évangile poussaient les populations
h célébrer un culte indépendant et contrastant
avec l’enseignement de Rome, et fondé directement sur la lecture de la Bible, les persécutions commencèrent. Le Grand Empereur
d’Allemagne et Roi d’Espagne Charles-Quint
se vantait d’avoir écrasé la Réforme dans les
Flandres en égorgeant environ 50.000 personnes, entre hommes, femmes et enfants.
Il légua, en 1556, à son fils Philippe II
le Règne d’Espagne et des Pays-Bas, en lui léguant en même temps aussi son exécuteur des
hautes oeuvres, Général Fernand de Tolède,
tristement connu sous le nom de Duc d’Albe;
quoique nommé Gouverneur et vice-roi des
Pays-Bas. il démontra une telle cruauté dans
ses actions de guerre, que son Roi jugea bien
dv. le rappeler en Espagne, afin d’éviter de
plus graves révoltes dans les Pays-Bas
En 1561 une : ’’Confession de foy, faicte d’un
commun accord par les fidèles...” peut être
considérée comme l'Acte officiel de l’Union des
Eglises Vallonnés; c’est la fameuse '’Confessio
Belgica*' de Guy de Brés. La néce.ssité de se
défendre contre un ennemi commun, porta les
Eglises du Nord, soit Wallonnes que Flamandes, à s’unir par une organisation commune,
mais dans un Synode Wallon tenu à Dordrecht en 1577 : « ...la Compagnie trouve bon
que les Ministres Wallons assemblent leurs
classes entre eux, et les dits Frères des Eglise? Flamandes aussi entre eux... ». Pendant
ces années, après les atrocités commises par
Lî Duc d’Albe. plusieures Provinces se soulevèrent contre les Espagnols et le Prince d'Orange se mit à la tête de son Pays. Malheureusement Philippe 11 avait trouvé un digne
successeur au Duc d'Albe dans le Prince Alexandre Farnèse. le maudit Duc de Parme,
sous lequel succombèrent peu à la fois les
Provinces méridionales avec la complète destruction de ces églises: Tournay, Valenciennes, Ypres, Bruges et enfin Anvers en 1585.
C'est ainsi que les premières Eglises Wallonnes
du commencement du XVP siècle, qui étaient
environ quatrevingts, se dispersèrent dans tout
id Nord de l’Europe, pour se réunir finalement denouveau dans une vingtaine d’églises
seulement, mais beaucoup plus fortes, actives
et florissantes, qui aujourd’hui encore sont
une bénédiction dans le monde protestant par
leur bien connue activité et sollicitude envers
leurs soeurs plus malheureuses et persécutées.
Les premiers contacts directs entre les Vaudois et la Hollande commencèrent en 1655 lors
des Pâques Piémontaises, quand, par la suite
des cruelles persécutions, Jean Léger, pasteur
et historien, fit une rapide tournée en Suisse,
Pays-Bas et Angleterre en sollicitant des secours pour les malheureuses Vallées. En Hollande les Etats Généraux promûrent une collecte nationale et en plus l’Eglise Wallonne de
Amsterdam « collecta par moyen de Messieurs
les Anciens de celte Eglise » la somme de
9.225 florins. Mais les démarches faites directement par les Etats Généraux auprès du Duc
de Savoie en faveur des Vaudois, irritèrent
fortement ce Souverain, qui condamna Légér
à mort; il s’enfuit par miracle, mais sa maison, la vieille fèrme des Appia à St. Jean, fut
rasée au sol et lui même pendu et brûlé en
effigie. 11 se retira en Hollande et devint pasteur de l’église Wallonne de Leyde, ce qui
consolida les rapports initiés en 1655. Pendant ce temps, la victoire avait commencé à
sourire au Prince d’Orange, Frédéric-Henri
qui, en 1629 avait repris aux Espagnols la
ville de Bois-le-Duc, et puis les années suivantes, Maastricht, Limbourg l'Outre Meuse,
et peu à peu à délivrer toute la nation.
Mais voilà arriver une nouvelle époque :
w qui eut un douloureux retentissement dans
le monde entier, et qui commence une ère
nouvelle dans l’histoire des Eglises Wallonnes.
Si jusque à présent nous avons vu ces églises
s’élever lentement l'une après l’autre, se composer d’éléments à peu près homogènes... tout
à coup nous voyons arriver en grand nombre
des éléments nouveaux qui s’unissent aux premiers, en modifient le caractère, et communiquet aux églises Wallonnes, dont elles doublent presque le nombre des membres, une
sève et une vie nouvelle » (Relation du Pasteur F. H. Gagnebin de l’Eglise Wallonne
d'Amsterdam 1885). C’est le tragique dénouement de l’abrogation de l’Edit de Nantes décrétée par le grand Roi très chrétien Louis XIV
au mois d'Octobre 1685. Et ce ne furent pas
seulement les quelques cents mille protestants
qui se sauvèrent de France pour jouir du généreux refuge accordé par la Hollande, se fui
toute une horde de malheureux qui s’ajoutèrent à eux provenant d’autres régions d'Europe, et aussi les malheureux Vaudois eurent
leur place dans cette débâcle et dans ce généreux refuge. Ceci naturellement resserra les
liens entre les églises des Alpes et celles des
Flandres. L’oeuvre commencée par Léger continua par Henri Arnaud et par les centaines
de proscrits qui, fuyant aux Pays-Bas, trouvèrent, en plus d'une hospitalité et d'une aide,
aussi la possibilité de s’exprimer dans leur
langue habituelle; et voilà encore des liens
avec l’Eglise Wallonne se resserrer toujours
davantage. Nous savons du reste, grâce aux récentes recherches de M.lle Mia van Oostveen,
combien le grand Arnaud et surtout son petit
fils Jaques, pasteur à Kämpen, contribuèrent
à améliorer ces rapports.
C’est pourtant seulement vers le 1700 que
nous trouvons, rapporté par notre historien
Antoine Monastier, dans son « Histoire de
l'Eglise Vaudoise » la note suivante (Monaslier, p. II, p. 171): «Les Etats Généraux
de Hollande employaient les revenus d’un
Conds... au payement des honoraires des maîtres d’école, à des gratifications, ... comme
aussi à l’entretien d’une école latine ». Nous
ne savons d’où le Monastier eut cette information; dans les Actes des Eglises Wallonnes
c'est seulement en 1733 que parait pour la
première fois une vraie organisation destinée
à subvenir aux nécessités matérielles et .surtout culturelles du peuple Vaudois. Il est
spécialement intéressant de remarquer que ce
qui frappa toujours l’attention des étrangers
qui, pour une question ou pour l’autre, eurent
(les contacts fraternels avec ces rudes montagnards, ce fut justement la relative supériorité des connaissances religieuses et surtout
de la culture générale, qui les plaçait à un
niveau nettement supérieur non seulement
vis-à-vis des populations des autres vallées piémontaises, mais aussi de celles de la plaine,
et même de celles des grandes villes où le
nombre des illettrés était de beaucoup plus
élevé que dans ces \'allées; tous les Vaudois
avaient connaissance des Saintes Ecritures et
en récitaient des chapitres appris par coeur;
presque tous les lisaient couramment et plusieurs pouvaient eu transcrire des copies pour
qui en avait besoin; la Bible portait à nos
montagnards, depuis tous les temps non seulement son soutien spirituel, mais encore cette
littérature et cette ]>oésie qui était inconnue
aux autres populations. Cette constatation
frappa si souvent ces étrangers, qu’ils comprirent de suite rulilité de valoriser cette
richesse spirituelle pour le bien même des
Vaudois en créant un foyer évangélique de
base pour le mouvement protestant italien.
Au début du XVIII' siècle le fameux Maîtres
de? Postes de Leyde, F. Clignet, qui avait
tant fait pour permettre aux Vaudois leur
Glorieuse Rentrée, dopna, au Synode Wallon
d’Amsterdam, d’amj>les informations sur les
tristes conditions de ctii églises en tâchant de
pousser les Etats Generaux à tenter nouvellement la voie diplomatique pour aider officiellement les Vaudois. En plus le Sieur Basnage,
pasteur à Amsterdam, tâcha d’intéresser au
problème, aussi la Cour d’Angleterre. D’autre
part, il était important que les fruits de ces
efforts fussent reçus directement par la Table
Vaudoise et non j-lns. comme au-paravant,
par le Conseil des Pasteurs de Genève, ce qui
portait toujours des longueurs et des retards
dans les contacts souvent si urgents. Plu.sieurs
problèmes surgirent alors entre les administrations des différentes églises, qui voulaient
distribuer elles-mêmes les fonds recueillis, et
d. la façon qui leur semblait la meilleure; en
outre les requêtes A audoises n’étaient pas
toujours bien justifiées et quelques fois aussi
les rapports de la 'fable ne furent pas aussi
sereins qu'ils auraient dû l’être. Il s'en suivit
une période plutôt bourrasqueuse, qui ne pouvait ne se résoudre que d’une seule façon ;
réglementer tous les secours dans un unique
Conseil, et les diriger, d'un commun accord,
entre ce Conseil et les nécessités bien documentées par la Table \ audoise. Les quatre
Eglises dûment reconnues et mandatées par
lî Synode Wallon furent; Amsterdam (Past.
Châtelain), Delft (Past. Maillard), la Haye
(Past. Chion) et Rotterd,Lii (Past. Dumont).
« Ces églises, qui gèrent déjà les fonds de
charité destinés aux Galériens, seront chargées de gérer collectivement aussi les fonds
collectés pour les Vaudois. elles sont à portée
de se consulter les unes n“s autres, et feront
les envois avec plus de favdlité que les églises plus éloignées, et l'admÎMistration des fonds
leur demeurant affectée les inconvénients
précédents seront entièrement éliminés ».
Ceci en résumé le résultat des décisions
des Synodes de la Haye, de Deventer et de
Sehiedam, les années 1713-34 et 35. La première séance de ces Eglises conjointes fut tenue à Amsterdam le 9 Septembre 1735. C est
une date que les Vaudois dt^vraient graver sur
les roches de leurs montagnes. Le « Comité
pour les Affaires des Eglises Vaudoises » était
né. Ce Comité est, depuis lors, plus simplement connu en Hollande, comme: «Comité
Vaudois » et aux Vallées Vaudoises, comme
« Comité Wallon ».
(à suivre)
Enrico Peyrot
IN VâL PE LU CE
Ripresa della crociata
Ancora tre appuntamento in questo mese al
Cinema Trento di Torre per la Croeiata della
Val Pcllice: ITI, il 18 e il 25 corrente, alle
20,30. A incoraggiamento di quanti hanno
preso parte alla prima serie di adunanze ci
sarà, Dio volendo, questa ripresa alla quale
chi è già venuto è invitalo a tornare e per
chi non è ancora venuto sarà una buona occasione. In queste riunioni ognuno può trovare quanto personalmente gli abbisogna, per
non tornare a casa solo con un impressione
superficiale ma con un’esperienza nuova. La
Crociata vede « realtà concrete » quali miserie, sofferenza, solitudine, noia, rivalità: realtà che coinvolgono noi lutti. Non cre<liamo che
in tutti questi mali Uno solo può veramente
qualcosa (li sostanziale e quest’Uno è Dio. Egli
può farci vedere tutto in una prospettiva nuova, può produrre in noi queirautentica rivo
Offerte in memoria
deU’avv. Cesare Gay
in favore dettli Istituti Ospitalieri
Valdesi :
Fratelli Ispodamia, Venezia L. 10.000
in favore dell’Asilo Vecchi S. Germano Chlsone:
Luigi e Itala Serafino, Pinerolo L. 2.000
UNA VISITA ML PROF. VALDO Vmy NELLE VALLI
L’azione di Dio nella storia secondo
il pensiero di Martin Lutero
Una conferenza nel ciclo organizzato dai Comitato del
Collegio Valdese, incontri con i professori e le comunità
Il prof. Valdo Vinay, docente della
Facoltà Valdese di Teologia, ha trascorso alle Valli le giornate di sabato
e domenica, 25 e 26 aprile, dedicandole al Collegio. È certo stato per lui
«un tour de force»!
Il pomeriggio del 25 ha preso parte
alla consueta riunione del Comitato,
entrando nel vivo dei problemi, in modo particolare dal punto di vista organizzativo e di fondo. Fra l’altro è stato esaminato l’argomento delle borse
di studio.
La domenica mattina il prof. Vinav
ha predicato a Pinerolo e il pomeriggio ha presieduto un incontro con alcuni professori del Collegio, quindi ha
tenuto la magistrale conferenza pubblica alla Foresteria Torre Pel lice.
Pensiamo che rincontro con i professori lascerà certamente un’impronta deterininante. La semplicità della
conversazione e le chiare esemplificazioni, l’impostazione della breve discussione seguita portavano il segno
vibrante della missione pastorale e
della appassionata convinzione che
ogni azione, e in particolare quella
dell’insegnamento, deve essere ricondotta e ricollegata con la Parola e diventare predicazione. Con estrema
chiarezza di pensiero egli ha pure messo in luce che questa azione non deve
in nessun modo assumere le forme di
un integralismo deteriore. Questo incontro è stato per i professori presenti e per i membri del comitato una
« ricarica spirituale » veramente di
prim'ordine e di questo dobbiamo essere profondamente riconoscenti.
Alle ore 16, davanti ad un pubblico
di circa 200 persone, attento e partecipe, il prof. Vinay ha 'svolto Tannunciata conferenza su « Dio e la r.toria
dell’umanità nel pensiero di Martin
Lutero ».
Riassumere questa conferenza in poche parole è praticamente impossibile.
Si può tuttavia affermare che i concetti del Dio nascosto, presente ma inconoscibile, autore di tutta la creazione il quale si manifesta come Dio iiivelato solamente in Cristo; della sua aziciie,
che potremmo dire globale, nella vita
del credente, così come è espressa nel
« credo » di Lutero, hanno certo costituito per gli uditori oggetto di meditazione ^proficua.
Da questi presupposti concettuali di
base, il prof. Vinay ha quindi esposto
il pensiero di Lutero sull’azione di Dio
nella storia di cui Egli è il Signore,
con esemplificazioni storiche e con numerose citazioni di testi di Lutero stesso, i quali portano l’inconfondibile impronta del vigoroso pensiero del Riformatore e nel contempo della sua
sensibilità artistica.
Nell’esposizione del prof. Vinay si è
potuto apprezzare, oltre alla profonda
cultura, il vibrante entusiasmo e la
viva partecipazione intellettuale e di
fede ai pensieri esposti.
Alcune brevi richieste di spiegazioni
hanno chiuso la riunione. AH’inizio si
è letto il Salmo 90.
Presenti nel pubblico molti cari amici del Collegio; fra gli altri il prof.
Giorgio Peyronel, mem.'bro del'a 'Tavola, venuto appositamente da Milano.
Il Collegio Valdese desidera ringraziare il prof. Vinay per le giornate che
ha voluto dare all’Istituto e per la determinante collaborazione sia in Italia
che all’estero.
Il Comitato del C. V.
luzione che staljilendo il rapporto con Lui
determini anche quello con il no.stro prossimo.
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Doni:
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N. N. - Berlino
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10.000
50.000
45.000
16.475
1.716
4.290
3.432
858
3.423
1.716
5.150
2.575
5.150
1.716
8.581
5.148
1.030
1.716
34.32U
8.580
429Ü
3.433
3.433
8.580
8.580
3.433
17.160
17.162
34.324
Totale del presente elenco 1.752.873
Totale elenchi precedentemente
pubblicati .26.608.655
Totale dei doni pervenuti al Comitato Collegio Valdese a tutto il
20 aprile 1970 28.361.528
Si ricorda che i doni e le offerte a favore
del Collegio Valdese possono essere versati al
Comitato Collegio Valdese di Torre Pellice Via Beckwith,n. 1 - Torre Pellice - sia sul
conto corrente postale n. 2/32709, sia sul conto corrente bancario n. 56760 pre.sso l'Istituto
Bancario Italiano - Torre Pellice.
ERRATA CORRIGE
Nella pubblicazione dei Doni ricevuti dal
Comitato Collegio V ddese dì Torre PeiiicL; .9® Elenco - (Vedi « Eco-Luce » n. 16 del 17
aprile 1970), siamo incorsi in alcuni errori di
stampa che provvediamo a rettificare.
Chiesa Valdese di Napoli-Cimbri (1® versamento) L. 100.000 c non 10.000; Cogno Rinaldo - Torre Pellice - L. 5.000 e non 2.000:
Gasparotlo Giu.seppe - Torre Pellice e non
Roma: Ponzo Prof. Enzo - Roma e non Ponzo
Prof. Ezio - Roma.
Ci scusiamo per le... sviste!
INVITO
Per informazioni e prenotazioni, .scrivere con
sollecitudine al Direttore :
GIUSEPPE ANZIANI, Piazza Bini, 4
15100 ALESSANDRIA
Telefono (0131) 52.378
Doni pervenuti al Comitato
a tutto il 20 aprile 1970
(10“ Elenco)
DA CHIESE VALDESI:
Luserna S. Giovanni (2“ versam.) 250.000
Lu.serna S. Giovanni - Colletta al
pranzo del 17 febbraio 6.600
Rimini (6“ versamento) 10.000
Torino (10° versamento) 75.000
Torino (11° versamento) 30.000
DA CHIESE SORELLE (Germania) :
Comunità di Bielefeld - Westfalia 12.540
Común, di Schnathorst - Westfalia 29.290
Común, di Guetersloch - Westfalia 35.883
Unione delle Madri - Guetersloch
- Westfalia 16.560
Comunità di Detinold - Westfalia 44.867
Comunità di Rahen - Westfalia 44.500
Comunità di Lemgo - Westfalia 67.920
(Le somme raccolte in Westfalia,
di cui al j)resente elenco sono
state collcttate dalla Prolissa
Amalia Geymet - Villar Perosa,
durante un suo recente ciclo di
conferenze in Germania).
DA PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI:
Comune di Torre Pellice (2° vers.) 300.000
Comune di Luserna S. Giovanni 150.000
DA AMICI (Italia):
« in memoria del Pastore Elio Eynard » :
Benedetti Delfina - Torino 10.000
Pons Lucia in Coucourde - Torino 5.000
K in memoria del Pastore Alberto
Ricca » :
1 familiari, nel ricordo di Alberto
Ricca 350.000
Il nostro Bazar avrà luogo Domenica 10 maggio 1970 alle ore 15.
Invitiamo cordialmente i membri
di Chiesa e gli amici.
RINGRAZIAMENTO
I familiari, profondamente cot;’mossi, esprimono la loro riconoscenza
a tutti coloro che hanno partecipato
al loro dolore per la dipartita del
loro caro
Giovanni Emilio
Bouchard
Un particolare ringraziamento ai
Pastori Jalla, Pons e Bertinatti e alla
locale Associazione Combattenti.
Pramollo (Cesai), 14 aprile 1970.
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al giornale.
5
s ma'ïgio 1970 — N. 19
pag. 5
II rinnovamento deve impegnare tutti
(dome un anziano di chiesa vive e sokre la situazione delle Comunità Valdesi delle Valli)
Uno Stand della Claudiana
a Tinerolo Primavera”
Rileggendo la Storia dei Valdesi di E.
Comba, troviamo descritti dei pensieri
e dei fatti che hanno una sorprendente
analogia con il nostro tempo. Consideriamo la situazione spirituale alle Valli
nella prima metà del secolo scorso (pp.
283 e segg.): « Alcuni amici ginevrini
erano venuti osservando che la fede
VI si era intorbidita », ricorda l’autore,
c ne denuncia la causa: « La tradizione,
sia pure ortodossa quanto si voglia, non
infonde il segreto delle riforme ». tossiamo anche ricordare alcuni giudizi di
Felix Neef, l’evangelizzatore delle .Alpi;
di un sermone del moderatore Bert
scrisse: « Il faudrait passer à l’alambic
des centaines de sermons de cette sorte
pour en faire un qui fût capable de réveiller les âmes »; di un pastore disse
che « era più intento ad abbozzare
schizzi delle belle vedute della sua parrocchia che non a condurre anime alle
fonti della vita »; un altro ha, secondo
lui, « un’idea assai insufficiente dello
stato di morte del suo gregge ». Diceva
ancora ad un altro pastore che alle
Valli « non aveva potuto comunicare
con alcuno che avesse gustata e conosci-’ta la salute e la pace che si trovano
in Gesù Cristo »; la cosa sorprese e punse fortemente il pastore valdese, « ma
come più gliene discorrevo apertamente più mi apparivano chiare la sua presunzione e la sua avversione ». Con il
pastore Mondon, che gli « esaltava i
valdesi di fronte alle genti cattoliche »,
i'. Nell sostenne invece « la necessità
per i valdesi di rinascere a nuova vita ».
Egli dice di aver espresso queste impressioni, perché « mi fecero assai interrogazioni su quel ch’io pensassi dei
Valdesi in generale ». Aveva cioè fatto
l’opposto di certi « flatteurs », e fu perciò accompagnato al confine dall’ultimo
pastore valdese visitato e congedato col
freddo invito a « pensare al proprio
gregge ».
11 risveglio ebbe però il sopravvento
c penetrò nelle comunità come un’ondata impetuosa e portatrice di benediz oni spirituali, preparando così i vaidesi per la campagna evangelizzatrice
nella penisola, dal ’48 all’inizio della
prima guerra mondiale.
La svolta attuale
L’analisi fatta dai « giovani pastori »,
venuti alle Valli dopo la seconda guerra
mondiale, è stata espressa in modo meno rude di quella di Felix Neff, ma la
verità sul grado di vita spirituale è
stata detta e scritta fraternamente, in
modo schietto, e il conseguente richiamo, negli anni che seguirono, è stato,
come ancora lo è oggi, pieno di profondo amore e di zelo, pressante, scongiurante.
Purtror"o una gran parte dei membri di chiesa si è dimostrata indiffe1 ente al richiamo della Parola, non sentendo il desiderio di « cibo » e di « bevanda » per la vita dello Spirito; l’invito
a scoprire ognuno la propria vocazione
i: seno alla comunità dei fratelli, è stat ' poco ascoltato. A fatica si riesce a
formare dei gruppi di collaboratori,
data la pressoché completa assenza di
preparazione e la scarsa conoscenza biblica. Infatti il concetto tradizionale di
Chiesa accentra sul pastore tutto quello che fa parte della « religione », anziché valorizzare i molteplici doni in bas : al concetto biclico di sacerdozio universale. I Concistori svolgono per lo
più il ruolo di consigli di amministrazione; nelle assemblee genera scandalo
il fatto di esprimersi su questioni sociali o politiche, considerate incompatibili con la vita comunitaria e con la
fede.
Tutto oiò si spiega pensando che nella predicazione tradizionale l’Evangelo
era spesso usato per consolare, acquetare gli animi, tranquillizzare le coscienze, invitando alla sottomissione ed alla
accettazione del « metodo » imposto
dalla società.
Ci sembra che la situazione nella
quale i giovani pastori hanno dovuto
iniziare il loro ministero nelle comunità
delle Valli, sia stata e piermança tuttora
simile negli aspetti principali a quella
del periodo di decadenza spirituale trovato da Felix Neff. Essi si sono chiesti
e si chiedono dove andrà a finire la comunità dei credenti in queste condizioni; la loro missione consiste dunque in
un tentativo di rinnovamento. In vista
di trasformare le comunità ed avviarle
ad una testimonianza e ad una azione
evangelistica verso il mondo esterno,
che costituisce la loro vera ragione di
vita, si formano dei gruppi di credenti
che approfondiscano i problerni della
vita dello Spirito mediante studi e corsi
biblici e teologici; si riorganizza l’istruzione catechetica, istituendo corsi interparrocchiali per monitori; dove possibile, si costituiscono dei presbiteri,
incrementando e preparando la collaborazione laica per la predicazione. Alquanto saggia è pure l’istituzione di
corsi periodici di aggiornamento teologico per pastori presso la Facoltà di
Roma, affinché tutte le comunità possano rinnovarsi di pari passo ed il Corpo
Pastorale sia « di pari consentimento »
nella predicazione e nell’insegnamento.
Ma la nuova linea teologica ed il suo
messaggio biblico, in quanto risottopone tutto quello che costituiva la base
interpretativa tradizionale ad un confronto critico con l’Evangelo, non è
bene accolta. Era da prevedere che,
sussistendo alle Valli un’ala pietisticoliberale, contornata da una larga frangia che non partecipa alla vita della co
munità, il « nuovo », come ai tempi di
Feli;i Neff, avrebbe contrastato col
> . ecchio ». La nuova predicazione è
venuta per molti a turbare l’andazzo
spirituale tradizionale; essa ci ha posti
d) fronte alla scelta di prestare più attentamente l’orecchio a « ciò che lo Spirito dice oggi alle Chiese », destarci dal
sonno spirituale e passare all’azione.
Ma questo vuole significare un addio
ai dolci sermoni del passato, che, pur
nella loro autenticità evangelica, si limitavano alla cura della pietà personale, mancando della seconda parte
che mette ogni volta il credente davanti all’ esigenza di concretizzare il
messaggio con l’azione immediata.
Il messaggio della salvezza, come atto dell’amore di Dio in Cristo, dev’essere portato ai fratelli sconosciuti, insieme a mille atti d’amore, e al tempo
stesso in atteggiamento di ferma opposizione ai favoritismi, alle glorificazioni, alle discriminazioni, alle oppressioni. E’ questa seconda parte del messaggio che è accolta da molti con disappunto; essa viene a turbare non poco
la tranquillità di molte persone di chiesa, alle quali la predicazione pietista
aveva preparato una comoda nicchia,
dove i loro problemi spirituali parevano essere definitivamente risolti.
Predicazione
e rinnovamento
Ci sembra infatti molto chiaro che
il Regno di Dio non si può annunciare
senza opporsi all’ingiustizia che la nostra società presenta, nell’aspetto razziale, nei rapporti tra le grandi ricchezz - e chi muore di fame, là dove si approfitta dell’onesto lavoro per accumulare enormi capitali, nel grande squilibrio tra potere e privilegi smisurati e
il mondo del sottosviluppo.
Ne consegue, per un credente che
passa all’azione, che, mentre annuncia
la salvezza in Cristo come dono gratuito
di Dio, deve denunciare l’ingiustizia causata dal mancato progresso sociale rispetto a quello scientifico, dalla situazione di arricchimento sempre crescente di alcuni pochi a scapito della staticità economica delle masse, affinché il
mondo accetti il buon annunzio vedendo le buone opere. Occorre cioè immergersi nei problemi del mondo del lavoro, nei problemi del mondo del vizio,
della sneculazione a basso e ad alto
livello, anche a costo di perdere quella
presunta dignità generalmente male
ostentata.
. Questa - predicazione annuncia che
TEvangelo di Gesù contesta la società,
così come gli uomini scaltri l’hanno fatta. Non sempre i mezzi adoperati per
la carriera e per la possibilità di nuovi
successi sono onesti; il credente deve
rifiutare l’offerta degli accorgimenti
che questa società legalizza, credendo
così di riuscire a tranquillizzare le coscienze. L’attività del credente non si
deve limitare alla difesa ad oltranza
delle vecchie strutture e alla beneficenza, che mira soltanto a contenere l’indigenza, senza prendere in esame le situazioni che la determinano; è necessaria una partecipazione fattiva e una solidarietà nell’azione, per eliminare le
cause di molte sofferenze, ingiustizie e
sfruttamenti.
In conclusione, il messaggio che è
sempre nuovo, è l’invito ad abbattere
la facciata che nasconde spesso il buio
cuanto a conoscenza e il vuoto quanto
a fede, e lasciarci raggiungere dal potente faro della verità e della giustizia
di Dio, che mette a nudo la coscienza
di tutti per un esame generale; l’invito
dello Spirito Santo ci faccia trovare
una base solida su cui costruire la nostra vita, e ci dia di scoprire ognuno
la propria vocazione in vista della manifestazione concreta della fede. Convertirsi e « rinascere a nuova vita » significa questo, e insieme dobbiamo riconoscerne la necessità,
a porsi umilmente all’ascolto comunitario della Parola, con spirito di ricerca e volontà tenace, affinché il’opera
Una preparazione
indispensabile
È l’invito di Gesù a Nicodemo; lo
spirito con cui gli apostoli ubbidirono
ai loro niandato, con cui Valdo e i riformatori tentarono nuove vie, con cui
Carlo Barth scrisse la sua Dogmatica.
Credo fermamente che con lo stesso
spirito, seguendo l’impulso di voci profetiche come quelle di Carlo Lupo, Giovanni Miegge e molti altri, sono state
realizzate numerose iniziative per il
rinnovamento delle comunità: il Centro comunitario di Agape e la sua stampa, la collaborazione con la Chiesa Metodista, la Federazione delle Chiese
Evangeliche, il periodico Nuovi Tempi,
l'aggiornamento della stampa evangelica mediante il potenziamento della
Claudiana, di cui ricordiamo soltanto
una delle pubblicazioni più utili: il
Nuovo Testamento Annotato.
Di fronte a queste iniziative e a quelle che sono sorte più recentemente nelle comunità, come à corsi menzionati
più sopra, ci dobbiamo convincere tutti
che la loro effioacia dipende dalla nostra volontà di servircene. Il rinnovamento ci deve coinvolgere e interessare
tutti; non possiamo più accontentarci,
con una certa compiacenza, di essere
gli eredi del Popolo della Bibbia; que;-to equivarrebbe a camminare girando
in un cerchio chiuso, anziché in una
\ia di novità evangelica.
Deve rinascere in tutti noi il desiderio di vivere insieme, di discutere quali
devono essere i nostri imp>egni e le nostre scelte, cercando di vedere le cose
con la « mente di Cristo », prendendo
le nostre decisioni nel raccoglimento
e nella preghiera comunitaria.
Dobbiamo scoprire insieme il messaggio che ci trasforma in testimoni
dell’Evangelo; per questo è indispensabile imparare a scavar profondo nella
Parola, con una preparazione biblica
approfondita e comunitaria. È indispensabile sia per gli appartenenti ai gruppi attivi già esistenti o coloro che intendono crearne dei nuovi, sia per la
parte che frequenta soltanto i culti e
le riunioni, qualunque sia l’attività che
svolge in seno o fuori della comunità,
per modesta che sia; e anche per chi
è uso farsi una cultura personale solitaria, che non può giovare a tutti i fratelli se viene comunicata soltanto in alcune rare occasioni.
Anche se vi è un’analogia fra la nostra situazione e quella di altri periodi
storici, non dobbiamo dunque rinchiuderci nelle constatazioni negative: anche a noi può giungere rondata benedetta di un rinnovamento spirituale,
non soltanto come ai tempi di Felix
Neff, ma anche pitt grande e adatto ai
tempi nostri. Questo non è opera dell’uomo, ma dello .Spirito Santo di Dio,
che regna sul mondo col Cristo risorto
e che con la SLia potenza può trasformare gli uomini e ; loro sistemi ingiusti.
Ci sia data la grazia di poter afferrare questa possi bili là che il Signore ci
ha mandato, con la carità che si conviene in Gesù Cri->io.
i UBERTO RoVARA
Il ìziano della chiesa
rii Luserna S. Giovanni
In occasione delle annuali manifestazioni di
« Pinerolo Primavera » (24 aprile - 10 maggio)
uno stand della Claudiana è stalo allestito dai
nostri giovani, i quali si sono impegnati a
trascorrervi alcune ore per la vendita dei libri. Finora lo stand è stalo visitato da molti
valdesi e non (per chi non Favesse ancora
fatto ricordiamo che rimane aperto dalle ore
17 alle 24 nei giorni feriali, e dalle 9 alle 24
in quelli festivi). Le vendite sono soddisfacenti.
* 4: *
11 culto dì domenica 26 aprile è stato presieduto dal prof. Valdo Vinay della Facoltà
Valdese di Teologia. Lo ringraziamo di tutto
cuore per la sua visita e il suo messaggio. La
colletta è stata a favore della Facoltà di Teologia. Nel corso delTassemò/ca di chiesa, svoltasi dopo il culto, è stato rieletto membro del
Concistoro, e prescelto quale deputato al Sinodo, il nostro fratello Valdo Fonierone: Luciano Rivoira, Mario Gardiol e Silvio Revel
sono stati nominati quali delegati alla Conferenza Distrettuale.
Sabato sera 9 maggio, nella nostra sala, il
dr. prof. Dario Varese parlerà sul seguente argomento. vitale per l’avvenire dei nostri ospedali : Vi Gli Ospedali Valdesi e Vattuale riforma sanitaria ».
11 culto della domenica 10 maggio sarà consacrato alla famiglia cristiana. Dopo il culto
le famiglie della nostra comunità sono invitate a partecipare ad un’agape fraterna alla Foresleria di Torre Pellice.
Personalia
Rita Gay, della comunità bergamasca, ha
conseguito brillantemente la specializzazione
in psicologia presso la Scuola di Specializzazione deirUniversità di Torino, discutendo
una tesi su « La motivazione umana nei suoi
aspetti essenziali ». Ci rallegriamo fraternamente con lei, sapendo che intende vivere co
me servizio questa ^ja nuova possibilità di
azione.
* ♦ ::
Carlo Beux. della com ..lità torinese, si è
laureato in economia e commercio. Ci congratuliamo cordialmente con lui, con i migliori
auguri per la sua attività professionale.
doDvitto Maschile Valdese
10066 Torre Pellice (To)
VACANZE ORGANIZZATE
dal 29 giugno al 31 agosto
Si accettano ragazzi dai 7 ai 14 anni.
Piscina coperta. Possibilità di lezioni
di nuoto.
Per informazioni e prosptetti telefonare
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NOVITÀ’:
Giovanni Miegge
Il sermone sul monte
Commentario esegetico.
Revisione, note e bibliografia
a cura di Bruno Corsani.
(«Collana della Facoltà valdese di Teologia » - 10).
Un volume di pp. 286 - L. 2.900.
Una delle ultime fatiche di
Giovanni Miegge finalmente accessibile ad ogni lettore della
Bibbia.
EDITRICE CLAUDIANA
Via S. Pio V, 18 bis
10125 Torino
conto corr. postale n. 2/21641
LE NOSTRE COMUNITÀ
Il Gruppo del Vangelo frequentato da 2025 persone, ha svolto il suo lavoro di ricerca
e di studio su vari argomenti. La discussione
sul libro di Gollwitzer ti I. ricchi cristiani e
il povero Lazzaro » e stata particolarmente
lunga (4 riunioni) ed animata. Anche se non
è stato possil)ile prendere delle decisioni concrete, pure siamo certi che un libro così stimolante non può essere studialo senza conseguenze.
La discussione su « Agape e Santa Cena »,
preceduta da una scrupolosa indagine biblica,
ha dimostrato come sia ovvio che i fratelli
che consumano il pasto comunitario lo con
eludano con la celebrazione della S. Cena.
Il libro di M. Miegge « Jl Protestante nel
la storia » ha provocato varie perplessità; non
tanto sul criterio di indagine che l’autore con
duce con pregevole rigore, quanto sulle con
clusioni e sulle proposte.
Utili ed illuminanti sono state le conversazioni sul (( Cattolicesimo del dissenso » ai fini
dei nostri atteggiamenti, giudizi, possibilità
.di collaborazione con particolari gruppi di
cattolici che, sganciandosi dalle linee del cattolicesimo ufficiale, orientano la loro ricerca
su una base esclusivamente biblica.
È allo studio, attualmente, il documento sinodale 1969 sulle linee di fondo della testimonianza della nostra chiesa, oggi.
Un problema di fondo che nel corso del1 anno è stato tenuto sempre presente è quello
di rendere veramente « comunità » la nostra
comunità. Si tratta di un lavoro lento, paziente, fatto di tante piccole cose: ma dobbiamo
dire che qualche frutto raccolto ci assicura
che siamo sulla buona strada.
♦ * *
Tra le attività non propriamente ecclesiastiche ricordiamo la conferenza che il pastore è
stato chiamato a fare in un circolo dì cultura
di Missaglia. L esito ha superato le previsioni,
trattandosi di un piccolo comune di poche
migliaia di abitanti legali a pregiudizi e a
tradizioni. 11 dibattito che è stato costruttivo, è
continuato ancora subito dopo in pìccoli gruppi dove parecchi membri della comunità di
Como hanno dato il loro valido contributo.
Su invito del Liceo Scìenliiico di Como il
pastore ha tenuto nella nuova .sede della biblioteca comunale della città una conferenza
sul protestantesimo di ieri e di oggi. Duecento
studenti liceali erano presenti e molti dì essi
hanno posto disparati quesiti. Il vivo interesse suscitalo e l’applauso ci fanno pensare che
l’opportunità offertaci è stata preziosa. Il pastore è stato invitato dal direttore della biblioteca a collaborare per aggiornare e rendere
efficiente il settore della letteratura c delTinformazione protestante della biblioteca.
FIRENZE
Il Concistoro delle chiese lia preso queste
decisioni : a) riunirsi tre volte l'anno e pianificare le attività comuni: b) nominare un segretario (Marco Jourdan) per Torganizzazione:
c) sciogliere il ’’consiglio dei pastori”: d) nominare un diacono per ogni chiesa per preparare coi pastori TAssemblea della Federazione.
La preparazione delTAssemblea della Federazione delle Chiese comincia con un censimento, per sapere quanti delegali possono es
sere ospitati per le notti dal I al 4 novembre
nelle famiglie. I delegati valdesi saranno circa 48. Una larga ospitalità consentirà una
buona riduzione delle spese.
Il Centro Evangelico di Cultura non ha
fatto scintille, abbiamo tenuto anche presente
che il cumulo delle iniziative finisce col guastare le cose. Ma alTultima riunione non eravamo che in 32 più l’oratore:’il prof. B. Corsani, che ha tenuto una interessante conferenza
sui problemi posti dalla traduzione della Bibbia. Lo ringraziamo ancora per la sua dedizione, per l’utile che ci ha dato, mortificati
per l’insana pigrizia dei fiorentini.
I senesi a Firenze! In occasione della conferenza del prof. Corsanì ben 5 (su 32 presenti) venivano da Siena. Pochi, ma vivi bene!
Con il pastore sìg.na Eberhard, è stalo concordato il piano delle predicazioni che, da ora
in avanti, interessa i culti nelle chiese: valdese, metodista, riformata elvetica, e Siena :
come una grande comunità in quattro luoghi
di culto, servita da quattro pastori che s’avvicendano secondo necessità.
II 19 aprile si è tenuto nel Centro comunitario di Via Manzoni il Convegno femminile
regionale. Lo stesso giorno, in occasione della
it Domenica della Facoltà di Teologia », il
culto è stato presieduto dai giovani.
È iniziato, il martedì sera, il Corso per predicatori secondo un programma preparato dai
pastori Eberhard, ineellì. Santini e Sommani;
si apre con le lezioni di Nuovo Testamento e
di dogmatica.
PRAMOLLO
Nel corso di queste ultime settimane abbiamo avuto vari incontri con fratelli e sorelle di altre comunità. Domenica sera 5
Aprile la filodrammatica dell’Unione Giovanile e la Corale della Chiesa di Frali, accompagnate dal Pastore Davite e Signora, ci
hanno offerto un’ottima interpretazione della
commedia della Signora Edina Ribet : « La
campana suonerà ancora »: negli intervalli
della recita la Corale ci ha presentati inni del
Nuovo Innario Italiano ed alcuni cori assai
apprezzati dal pubblico. Un grazie a questi
fratelli e sorelle per la loro visita e per il messaggio rivoltoci.
Sabato sera 11 Aprile un gruppo di giovani
ha incontrato a Ferrerò i giovani di quella
Chiesa insieme ad alcuni della Chiesa dì Villasecca: la nostra gratitudine a chi ci ha ospitato cd ai Sigg. Rìvoìra per la loro fraterna
accoglienza.
Sabato sera 25 Aprile abbiamo accolto la
filodrammatica di giovani della Chiesa di Villar Perosa, che hanno recitato Timpegnaliva
commedia: « La barca senza pescatore » di Casona: un grazie anche a questi amici per
quanto ci hanno dato.
Domenica 26 Aprile una diecina di madri si sono recate a Villar Perosa ad incontrare le madri di quella Chiesa, alle quali,
insieme ai Sigg. Geymet. esprimiamo il nostro ringraziamento per la calda ospitalità.
Sabato II Aprile abbiamo celebrato il matrimonio dì Ribet Paola (Bocchiardi) e di Refourn Guido (Pomaretto): a questi sposi l’augurio fraterno che il Signore sia sempre
l'ospite del loro focolare.
Un benvenuto a Cinzia, giunta a rallegrare la famiglia di Bciix Amato e Long Adele
(Tournim • S. Germano Chìsone).
Domenica 26 Aprile è stala battezzata Paola Menusan dì Valdo e Griglio Franca (Pellenchi): il Signore aiuti i suoi genitori nelTìmpegno assunto di fronte a Luì ed alla
Chiesa.
Da alcuni giorni si è stabilita a Verona la
signorina Ines G/oor, di Basilea. La signorina
Gloor ha terminato i suoi studi di teologia
nella facoltà di Basilea e di Roma ed ha chiesto di poter lavorare per alcuni mesi in mezzo
a noi. La sua presenza a Verona dovrebbe permettere di sviluppare il lavoro della diaspora
secondo un piano che il consiglio esaminerà
nei prossimi giorni; dovrebbe essere possibile
anche un cambiamento degli orari dei culti
domenicali, in modo che essi si trasformino
effettivamente in incontri comunitari sia a
Mantova che a Verona; in terzo luogo si cercherà di sviluppare il giro di visite tra gli
isolati e gli ammalati. Siamo quindi molto
grati alla signorina Gloor per la sua venuta.
Nello stesso tempo ci rendiamo conto che questo significa anche un impegno rinnovato da
parte nostra; non possiamo buttare via questa
occasione di ricerca di forme nuove di testimonianza in questo angolo di terra.
La comunità evangelica luterana di Bolzano
è rimasta da ormai alcuni mesi senza pastore
per il gruppo di credenti di lingua italiana. Ci
è stato chiesto di vedere in che modo potremmo aiutare quei credenti nello sviluppo della
loro predicazione. Il problema è tuttora in fase di esame da parte dei consigli di chiesa di
Verona e di Bolzano; nel frattempo stiamo
sperimentando, in pieno accordo con gli evangelici di lingua italiana di Bolzano, un programma di lavoro.
Doni pro Eco-Luce
Da Roma: Nunzio Palminota 500; Giovanni
Giuliani 500; Manlio Gay 2.500: Mirella Durand 500; Enzo Lumachi 500; Vincenzo Buriini 500; H. A. Wirth 2.500.
Lorenza Vannuccini. Siena 500: Erica Kesselring, S. Giovanni Lup. 1.500; Italia Stauble, Bordighera 500; Giovanni Gönnet. Belgrado 1.500; Guglielmo Semadeni. Svizzera
500; Adolfo Barai. Germania 500; Richard
Du Brau, USA 360; Jean Chauvie, Svizzera
1.000; Oiga Macirella, Bari 500: Alessandro
Mas.sabò, Imperia 1.000; fam. Mansuino, Sanremo 500.
Grazie!
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6
pag. 6
N. 19 — 8 maggio 1970
La Chiesa nel mondo
a cura di Roberto Peyrot
SI SVUOTANO LE CHIESE
DI BERLINO OVEST
Berlino (bip) - Da qualche mese, si parla di
una ondata di dichiarazioni di uscita dalla
Chesa in certe parti della Germana, e particolarmente a Berlino. Per quanto riguarda l’insieme delle Chiese evangeliche della Repubblica federale, le uscite .sono valutate a 42.000
nel 1967 (contro 28 mila ingressi, il che costituisce una tliminuzione effettiva di 14 mila),
ed a 57 mila nel 1968 (manca ancora la cifra
degli ingresi.si).
Il vescovo di Berlino Kurt Scharf ha recentemente precisato che coloro che si separano
dalla Chiesa appartengono in genere a tre
categorie : medici, circoli conservatori patriottici, e giovani che si oppongono ad ogni istituzione ufficiale, e quindi anche alla Chiesa.
A suo avviso, l’attuale aumento delle uscite
dalla Chiesa genera nella stessa « un travaglio
che non le fa del male ».
Quanto alla vita attiva della Chiesa, il vescovo Scharf ritiene che l’ingres.so di nuovi
membri jiella Chiesa costituisca un fatto più
significativo per essa che non l'uscita di coloro
che ne facevano parte senza convinzione. Effettivamente. nella Germania del sud e sud-occidentale si sta delineando una ondata inversa
che dovrà raddoppiare i ranghi della Chiesa.
ALTRI MILLE FIRMATARI DELLA
«DICHIARAZIONE DI BERNA»
Zurigo (epd) - Dai primi di febbraio a metà aprile 1970 altri mille Svizzeri e Svizzere
hanno sottoscritto la « Dichiarazione di Berna », che ha cosi raggiunto i 7.000 firmatari.
Con il loro impegno finanziario per i paesi in
fase di sviluppo — che per i più si aggira fra
il 2 e il 3% del reddito — i firmatari rafforzano le richieste avanzate dalla « Dichiarazione
di Berna » affinché la politica commerciale ed
economica elvetica sia adattata alle esigenze
della situazione mondiale. Un altro punto concerne gli stanziamenti di fondi federali e cantonali per l’aiuto allo sviluppo: questi devono figurare in prima linea, insieme all’educazione, al bilancio militare o a quello della
circolazione.
Non un fine: un mezzo
in prospettiva missionaria
(segue da pag. 3)
me della Chiesa, la quale — affermiamo — è e non può essere altro che
una, e al tempo stesso impediamo a
questa Chiesa autentica di prender
forma. Lukas "Vischer non ha forse
ragione di ricordarci che questa è una
situazione impossibile? E le Chiese
cominciano ad avvertirlo; infatti da
varie parti si propone di celebrare,
anziché un'eucaristia, un’agape, cioè
un surrogato di eucaristia ».
2.
« L’espressione "concilio autenticamente universale” usata nei documenti di Uppsala e ripresa da Lukas Vischer ha pure suscitato vivaci critiche.
Certo, l’espressione pone un problema
perché il termine "concilio" ha per alcune Chiese un significato tecnico particolare. Ed è anche vero che un simile concilio non è lo scopo che le Chiese
si prospettano, che l’unità potrebbe essere raggiunta anche senza un concilio
e che un concilio universale sarebbe
nel caso rhigliore un mezzo per esprimere l’unità già raggiunta, uno strumento al servizio della testimonianza
e della diakonia della Chiesa una.
« Nella Chiesa antica il Concilio si
presentava come elemento integrante
della sua struttura, perché nella cultura del tempo rappresentava il mezzo
migliore per mantenere l’unità della
Chiesa e verificarne la veracità. Oggi
abbiamo a disposizione molti altri
mezzi, il concilio dovrebbe essere considerato una specie di tecnica collegata
con determinate situazioni sociologiche
e storiche. Questo vuol dire che esso
ha perso oggi ogni rilevanza? Assolutamente no. Posto a confronto con un
mondo che sta diventando più unito e
con una civiltà le cui strutture fondamentali sono le stesse ovunque, la
Chiesa cristiana dovrebbe trovare il
modo per rivolgersi all’umanità intera
e la possibilità di parlare e di operare
come un tutto unito, com’è richiesto
dalla Dichiarazione sull’unità votata a
Nuova Delhi. Ecco perché un concilio
autenticamente universale è necessario. Non è lo scopo principale dello
sforzo ecumenico, ma sarà in grado di
tradurre, in un modo simbolico e parlante, la coscienza della necessità che
la cristianità riscopra quale rilevanza
ha per il nostro mondo la Parola di
Dio. Esso avrà dunque un valore missionario ».
3
« 1 problemi prioritari, nel dibattito
l’unità, mi sembra siano i seguenti;
a) La comunione eucaristica dovrebbe essere rimandata fino al giorno
in cui sia raggiunto fra le Chiese un
pieno accordo sulla dottrina e sulle discipline? Questa proposta, spesso avanzata, costituisce una pericolosa utopia.
Che un simile accordo possa mai verificarsi in questo mondo, non e prevedibile e neppure è desiderabile. Tanto
grande è la ricchezza del mistero di Dio,
che vi saranno sempre differenze e
scuole teologiche. Tale diversità è feconda. Fa parte dell’essenza più vera
della Chiesa pellegrina, manifestare e
incoraggiare il pluralismo teologico.
L’accordo che regge questa diversità è
la proclamazione che "Dio era in Cristo riconciliiando con sé il mondo , e il
riconoscimento della presenza del Cri
sto vivente, mediante la potenza dello
Spirito Santo, nella Parola e nel sacramento, e infine è il riconoscimento del
corpo di Cristo offerto a noi nella comunione eucaristica. Ecco il fondamento della nostra unità. Se non ratifichiamo questo accordo partecipando insieme alla mensa del Signore, non si giustifica in alcun modo la nostra speranza di fare qualche progresso verso
l’unità.
b) La possibilità di una comunione
eucaristica dev’essere vincolata al fatto
che si chiarisca la questione della validità del ministero? È normale, è giusto subordinare un problema di contenuto a un problema formale? Dovremmo forse attribuire meno importanza
all’elemento kerygmatico (cioè di annuncio, n.d.r.) che a una questione legale? In altri termini: se concordiamo sul
significato della santa comunione, possiamo avere ancora dubbi sulla legittimità di una reale comunione, sotto pretesto che vi è disaccordo sulla validità
del ministero, considerando che quest’ultimo problema non può essere risolto su base scritturale, dato che esso
non si presenta nelle Scritture?
Roger Mehl
Esaminando il fenomeno emigratorio italiano
Sviluppo economico e maoodopera
Il problema migratorio italiano costituisce senza dubbio una delle
gravi carenze del nostro sistema. Non è infatti possibile accettare il fatto
che il paese in cui viviamo — ai primi posti nelle statistiche dei paesi
industrializzati — debba costantemente ricorrere ad una soluzione di
comodo, quale quella dell emigrazione, per risolvere (male) le questioni
sociali che si presentano. Ricordiamo con vivo sgomento che uno dei
primi provvedimenti presi dal governo nei riguardi dei terremotati siciliani fu quello di dar loro un passaporto! Leggiamo ora sulla circolare
n. 2 del C.E.S.E. (Centro Emigrazione Siciliana in Europa), opera della
Federazione delle Chiese evangeliche d'Italia, un articolo relativo a questo grave problema, ad opera di A. Manocchio, che offriamo alla meditazione dei lettori.
Roger Mehl, membro della Chiesa riformata d’Alsazia e Lorena, è docente e attualmente decano della Facoltà teologica dell’Università di Strasburgo.
Dal primo campione a disposizione
del C.E.S.E. possiamo tentare una iniziale valutazione dei gravi problemi
che sorgono dalla realtà del fenomeno
emigratorio italiano, e siciliano in particolare.
Due indicazioni ci pongono una serie di riflessioni.
1») Il 75% dei candidati all’emigrazione, che si sono rivolti al C.E.S.E.
sono operai dai 20 ai 30 anni.
2«) L’80% sono operai specializzati
e qualificati.
É l’elemento più giovane e attivo e
in potenza produttivo che lascia l’Italia. Attraverso i loro discorsi si partecipa alla sofferenza di lasciare patria
e famiglia e d’altra parte allo scorag
Echi della settimana
a cura di Tullio Viola
REFERENDUM
CONTRO IL CONCORDATO?
■yF « Per la prima volta nella storia
del nostro paese, parlamentari, organizzazioni politiche, personalità dell’arco partitico che va dai liberali ai comunisti (ad eccezione, s’intende, della
Democrazia Cristiana), si sono trovati concordi sulla necessità d’indire un
referendum popolare per l’abrogazione del Concordato fra lo Stato italiano
e la Chiesa cattolica, stipulato nel 1929
da Pio XI e da Benito Mussolini.
L’iniziativa è dovuta al partito radicale, che ha già raccolto, in cooperazione con la Lega Italiana per il Divorzio (LID) e con altre associazioni, la
quinta parte delle 500.000 firme necessarie a promuovere il referendum popolare. E che ha chiesto ai parlamentari laici di aderire al "Comitato nazionale di sostegno alla campagna per
l’abrogazione del Concordato’’. Hanno
risposto positivamente i socialisti Ballardini. Bertoldi, Mancini, Scalfari,
Mariotti, Pieraccini, Zagari, Mariani,
Codignola, Fortuna, Quaranta, Busetto. Mussa Ivaldi, Achilli, Di Vagno, Lenoci, Isvardi, Della Briotta, Baldani
Guerra, Guerrini, Craxi, Fenoaltea,
Jannuzzi e Brandi; i socialproletari
Basso, Libertini, Valori, Tomassini, Di
Prisco, Ceravolo, Boiardi e Albarello;
i senatori della Sinistra Indipendente
Barri, Galante Garrone, Simone Gatto,
Albani, Carettoni e Anderlini; i liberali Basiini e Bonza; i deputati del Movimento Socialista Autonomo Orilia e
Bonazzi; il comunista Argiroffi; la socialdemocratica Maria Vittoria Mezza.
Il prossimo segretario del partito
socialista, due ministri, quasi cinquanta parlamentari e inoltre, al completo,
la sinistra liberale e la federazione giovanile repubblicana. Non c’è male, per
cominciare. Soprattutto se si ricorda
che l’iniziativa per il divorzio nacque,
a suo tempo, in condizioni di gran lunga peggiori: uno solo deputato. Fortuna, e l’appoggio dei radicali. Anche se
è ormai noto a tutti quali forze e
schieramenti abbia saputo in breve
tempo conquistare.
Certo, l’adesione (almeno fino ad oggi) di un solo parlamentare comunista, non è sufficiente a coinvolgere nell’iniziativa l’intero PCI. E c’è chi ritiene che il PCI abbia non poche perplessità a causa delle resistenze che ancora incontra al suo interno il superamento delle posizioni espresse alla Costituente e, principalmente, nella prospettiva di prossime stipulazioni di
patti concordatari tra il Vaticano, la
Ungheria e la Polonia. È difficile dire
quanto ci sia di vero. Non c’è dubbio,
comunque, che anche per il divorzio
il PCI è arrivato tardi all’appuntamento della LID. Ma poi ha continuato a
sostenere con sufficiente coerenza le
posizioni divorziste. Come è auspicabile faccia per il Concordato, e in breve tempo, pur negl’inevitabili ritardi
che la gestione di un’organizzazione
politica di massa comporta.
Tanto più che il fronte anticoncordatario comprende già non pochi esponenti del mondo cattolico, a cominciare dai dirigenti di “Questitalia", la battagliera rivista di Vladimiro Dorigo.
"I cattolici più seri e responsabili (ha
dichiarato il segretario della LID, Marco Pannella, nella conferenza stampa
di presentazione dell’iniziativa pcr il
referendum) sanno bene che il Concordato, più che uno strumento inteso
a garantire la libertà della Chiesa, è
un mezzo del quale la Chiesa si serve
sia per conculcare, mediante i poteri
civili, talune libertà dei cittadini, sia
per interferire nella vita politica del
paese. Ecco perché speriamo di poter
contare, durante la nostra campagna,
sull’appoggio attivo dei medesimi cattolici. E forse non è escluso che nel
nostro comitato di sostegno finiranno
per entrare alcuni sacerdoti". È un
motivo di più perché i comunisti abbandonino finalmente il vecchio e non
troppo giustificato timore di "turbare"
con iniziative di questo tipo la “coscienza religiosa degl’italiani’’.
Ad essere turbata adesso è soltanto
la coscienza civile. E non soltanto perché i patti lateranensi hanno creato
nel nostro paese cittadini di diversa
serie a seconda del loro credo religioso. Ma anche perché, in quel lontano
11 febbraio di 41 anni fa, è stata aperta la strada all’ingerenza e alla prepotenza della Santa Sede nei fatti interni italiani. Quell’ingerenza e quella
prepotenza che si riscontrano, in modo macroscopico, in tema di diritto di
famiglia, di scuola, di assistenza ».
(Da un articolo d; Giuseppe Loteta
su « L’Astrolabio » del 26.4.1970).
COLUI CH’È NATO
A RAVENSBRUCK
Per il 25.mo anniversario della liberazione dai campi di con centramento (ad opera degli eserciti alleati), è
stato pubblicato in Francia un bel
messaggio (scritto da Flenri Duvillard)
di cui informa « Le Monde » del 28
aprile 1970. Sullo stesso giornale è riportata la seguente notizia.
«Davanti alla prigione di Fresnes,
gli exdeportati hanno assistito {la sera
del 26.4) all’inaugurazione del rrtonumento innalzato alla memoria dei prigionieri che partirono da Fresnes diretti ai campi di sterrninio.
Il messaggio (di cui sopra) è stato
letto ai compagni da un giovane di 26
anni (sul cui petto si vedeva la medaglia commemorativa della deportazione), certo Jean-Claude Passerad. Questi aveva poco più d’un anno, quando
il campo di Ravensbruck, nel quale
era nato {il 13.12.’44), fu liberato dagli
alleati. Anche sua madre è tuttora vivente.
Il Passerad non era altro che un
piccolo scheletro, quando le porte di
Ravensbruck furono aperte. Egli era
destinato a ritrovare, davanti alla prigione di Fresnes, un’infermiera, eroina delle due guerre mondiali, decorata della Legione d’Qnore, la quale, deportata anch’essa a Ravensbruck, fu
una delle donne che aiutarono la signora Passerad a salvare il proprio
bambino ».
giamento, allá nausea per il trattamento economico e morale.
Nella maggioranza desiderano andare all’estero e non tornare più in Italia, poiché preferiscono la suocera alla matrigna.
Per quel che ci riguarda sembra sfatato il luogo comune che la manodopera generica è quella generalmente
costretta ad emigrare. Ci sembra invece che la fuga dei « cervelli » trovi riscontro nella fuga della manodopera
specializzata e qualificata. L’Italia ha
allevato questi figli, le altre nazioni ne
godono i frutti.
Possiamo dire che la qualifica non
ferma l’esodo, anzi l’acutizza, perché
la disorganizzazione in Italia non permette il posto giusto.
Il qualificato o specializzato chiede
il giusto salario e il posto giusto, ma
in Italia non c’è e il datore di lavoro
vuole operai a buon mercato, e molto
spesso cottimizzati.
Se si vuole affrontare il problema
da un punto di vista più generale ma
anche più tecnico, economicamente si
deve dire che l’insipienza dei governanti ci toglie una parte importante
dei fattori dello sviluppo economico:
la manodopera e la specializzazione.
C’è chi dice che l’emigrazione è necessaria per allentare la pressione demografica ed aumentare il reddito medio pro-capite. A quest’affermazione
si può rispondere che una regione come la Calabria tradizionalmente grande contribuente dell’emigrazione dopo
cent’anni di espatri (dato e non concesso che si tratti di regione sovrappopolata, giacché nel censimento del
1961 la densità per Kmq. è stata di
135 contro i 168 della densità nazionale) è, secondo un calcolo della Svimez,
all’ultimo posto del reddito medio
pro-capite, e da un’inchiesta parlamentare sulla miseria risulta ancora che
ha la percentuale più alta di famiglie
povere (37,7 per cento contro l’ll,8
dell’Italia, Ì’1,5 del Nord, e il 28,3 per
cento del Mezzogiorno). Per contro
paesi sovrappopolati sono industrialmente progrediti (vedi l’Qlanda).
Quindi non è vero che la diminuzione della pressione demografica porti
con sé un aumento generale ed automatico del benessere. Anzi si può dire
il contrario, perché la crescente popolazione, in una nazione limitata nel
quantitativo di macchine e di altri beni
d’investimento « rappresenta » un mercato in espansione per i beni che la
nazione produce. Un mercato in espan
sionc può spronare la società ad alti
livelli d’investimenti in beni capitali,
che a loro volta stimoleranno Pattirità economica e possono aumentare i
posti di lavoro. In certe circostanze
questi effetti possono essere più che
sufficienti a controbilanciare la pressione sulle risorse naturali e sullo’
stock di beni capitali (R. Gill: Lo Sviluppo economico, pag. 14). Il prof. Alfred Sauvy nel libro « Economia e Popolazione » ha dimostrato ad usura il
nesso stretto di relazione esistente fra
aumento della popolazione attiva ed
aumento della produttività.
Alla luce dei fatti e della loro valutazione economica oggi ci appaiono^
amenità le affermazioni di Vera Lutz,.
la sibilla dei nostri governanti degli
anni 60, che, interrogata su quali ampiezze dovrebbe tenersi l’emigrazionenel Sud per risolvere il problema meridionale, con sicurezza rispose « Ritengo che l’entità dell’emigrazione necessaria debba assumere i caratteri ili
uno spopolamento in massa » (confr.
"mondo economico” n. 6, 10 febbraio1962 pag, 21).
Per la manodopera qualificata il discorso ha meno bisogno di dimostrazione, perché da Adam Smith in poi
si è sempre pensato che la crescente
qualificazione conduce ad una crescente produttività. Ma perché questo avvenga è necessario rendere possibile
l’utilizzazione delle abilità individuali
a livello nazionale e regionale. Il che
comporta un’organizzazione o meglio
una programmazione globale voluta
non verticalmente soltanto, ma con la
partecipazione decisionale delle forze
di lavoro. In questo modo tutti i fattori vengono utilizzati e potenziati e
contribuiranno realmente allo sviluppo economico. Ma fino a quando gli
economisti nostrani non cambiano il
loro giudizio di valore e hanno paura
di una effettiva e funzionale programmazione, gli industriali e gli agrari
puntano soltanto al profitto e i politici legano il loro carro, per interessi
non sempre confessabili, al potere economico contro gli operai, non ci potrà
essere una riforma strutturale profonda e radicale. Il circolo vizioso della
miseria che chiama altra miseria non
potrà spezzarsi.
Queste ed altre constatazioni richiedono agli emigrati riflessione, decisione e unione perché è chiaro ormai che
solamente una forte pressione dal basso potrà cambiare le cose di casa nostra. A. Manocchio
iiiiiiiiiiimiiiiiiimiiiiiiiiiMtimiiiiimiimii:
Dove comincia il ‘Terzo Mondo’?
il toro del parroco
Palermo (Relazioni Religiose) - Il parroco
di Frizzi (Palermo) ha posto in palio tra i
fedeli, in occasione di una festa religiosa locale, un toro di razza olandese del peso di
mezza tonnellata e del valore di 300 mila lire. 1! toro è stato messo in palio come primo
premio di una lotteria « cattolica » i cui biglietti del costo di 300 lire l’uno sono stati
venduti dallo stesso parroco, durante le visite
da lui compiute nelle abitazioni dei fedeli in
occasione della Pasqua. Per dare maggiore risalto all’evento, il parroco ba fatto sfilare il
toro per il corso principale del paese il giorno della Resurrezione.
(segue da pag. 1 )
polazione, anche qui dobbiamo essere
prudenti: se ben comprendo, oggi soltanto a Cuba si può parlare di un processo rivoluzionario concreto e in marcia; il Perù e la .Bo-livia, presentano situazioni estremamente discutibili; in
altri paesi, tra i quali l’Uruguay e l’Argentina, si può intendere per rivoluzione soltanto un processo latente o al
massimo in gestazione.
Si potrà parlare di rivoluzione solo
se determinati movimenti di guerriglia, che si propongono il mutamento
delle attuali situazioni e che stanno
radicalizzando le proprie posizioni sia
nella analisi della situazione, sia nei
metodi della loro azione, cominceranno
ad avere l’adesione di larghi strati della popolazione. Questo per di momento
non si sta verificando nei pae.si rioplatensi. Poiché d’altra parte i governi aumentano costantemente i propri apparati repres.sivi, è molto difficile fare dei
calcoli per il futuro immediato; ma
mi sembra più probabile un progresso
verso regimi a tipo despótico.
Quale è l’atteggiamento delle
chiese, e specialmente ddla Chiesa
■Valdese, nei confronti di questi sviluppi?
Buona parte dei membri di chiesa è
molto perplessa e credo che questa
perplessità abbia certe radici teologiche. Coscientemente o incosciCTtemente
siamo tutti stati imbevuti di una teologia che considerava l’ordine presente della società come qualcosa di rigido, quasi immutabile. Quest’ordine doveva essere difeso contro ogni minaccia di mutamento, considerata sempre
come qualco.sa di distruttivo e perciò
degno di condanna. Ciò vale specialmente per l’Uruguay, considerato tradizionalmente come la « Svizzera democratica » dell’America Latina e il simbolo della stabilità politica-economica
e della giustizia sociale; questo quadro
è peraltro venuto offuscandosi nell’ultimo decennio. La situazione argentina è alquanto diversa: già da molti decenni l’Argentina non conosce la stabilità politico-economica ed è quindi logico che anche le chiese guardino con
maggior diffidenza verso lo Stato.
Le chiese dovranno comprendere, e
in parte lo stanno già comprendendo,
che ogni struttura politica, economica
0 sociale è provvisoria, precaria, mutevole. La. Bibbia simboleggia pertinentemente la vita e gli avvenimenti quotidiani della storia mediante Timmagine
delle tende, immagine che oi ricorda il
carattere precario e mutevole della nostra esistenza. Solo l’Evangelo dell’Iddio Redentore, il quale in Cristo esegue
1 suoi piani, è eterno. Ma sia chi proclama questo Evangelo, sia chi lo ascolta, è soggetto a mutamenti profondi.
Quando io vivo e confesso questo Evangelo, da oggi stesso cominciano ad operare mutamenti di fondo nei rapporti
col mio prossimo, tanto complessi nella nostra società. Se al contrario ci atteniamo a una teologia di conservazione, finiremo per opporci a ogni rinnovamento. Invece è necessario vivere ed
annunziare la nostra fede giorno dopo
giorno nelle più diverse sfere della nostra esistenza. Dobbiamo essere preparati a cambiare la situazione nostra come quella nelle società nelle quali viviamo e renderei contro che Iddio desidera il bene e lo sviluppo di tutta la popolazione.
Norberto Berton
Direttore responsabile: Gino Conte
Reg. al Tribunale di Pinerolo
N. 175 — 8.7.1960
Tip. Subalpina s.p.a - Torre Pellice (To)