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Anno 114 - N. 49
8 dicembre 1978 - L. 200
Spedizione in abbonamento postaie
1“ Gruppo bis/70
BIBLIOTECA VALDE3E
10066 T03RE FEIL ICE
ddk valli valdesi
TEMPO DI AVVENTO - 3
In cammino verso
la risposta deirEvangelo
La domanda che apre l’evangelo - I lontani-vicini e i vicini-lontani Pur nascosto, Dio veglia al compimento della sua promessa
Matteo 2: 1-12
Dov’è
il re dei Giudei?
La vita di Gesù si apre con
questa domanda dei magi: dov’è
il re dei Giudei? Nel linguaggio
biblico è una domanda carica di
attese, di promesse, di ricordi.
Non si riferisce al re di un qualsiasi popolo, ma al Messia, rinviato di Dio, il Salvatore del
mondo. Quanti uomini esprimono questa stessa attesa, pur con
domande formulate diversamente: dov’è il senso della vita, dell’insolubile enigma umano, dov’è
la speranza, il compimento?
Se la vita di Gesù, nel racconto dell’evangelo, si apre con questa domanda, essa si chiude con
la risposta: « Questo è Gesù, il
re dei Giudei ». Una rozza targa
inchiodata sulla croce dove un
uomo sta morendo. Ecco la risposta. È una risposta che per
generazioni ha scandalizzato e
deluso gli uomini, proprio quegli uomini assetati di verità, di
speranza, di significato dell’esistenza. Sarebbe quest’uomo la
risposta? Un morente, un debole, uno sconfitto, uno che si è
lasciato fregare, uno che subisce
la potenza Oppressiva degli altri? Molti di fronte a questa risposta si volgono altrove, con
irrisione o con rabbia. Non così i magi. Non vedono la risposta inchiodata sulla croce; vedono un bambino come tanti altri,
senza alcun segno particolare,
ma non esitano a prostrarsi.
Matteo ci dà qui lo stesso messaggio di Luca, anche se in termini diversi: il salvatore del
mondo? Sì, in una mangiatoia —
dice Luca; il re dei Giudei? Si,
un fanciullo come tanti altri —
dice Matteo. Di fronte a questa
« normalità » siamo posti di
fronte all’esigenza di credere.
Non che Gesù sia esistito; nessuno oggi ne dubita. Ma che in
quella esistenza così comune e
discutibile stia il senso dell’esistenza e la speranza della nostra
vita.
Ciariatanì
e teologi
Chi sono questi magi? Quelli
che leggono il destino nelle stelle; astrologi, gente seria e rispettata, anche oggi. Ma per gli ebrei
gli astrologi erano dei ciarlatani. Per la fede biblica il destino
non esiste come sviluppo della
vita già prefissato e scritto nelle
stelle; la vita non dipende dal
destino o dalle stelle, ma è il nostro rapporto con Dio (all’interno del quale Dio riprende sempre di nuovo l’iniziativa) che de
termina la nostra vita. Per tutta
la tradizione ebraica, il ricorso
alle stelle è considerato una seduzione, una tentazione e la reazione dei primi lettori giudei
dell’evangelo di Matteo sarà stata probabilmente negativa di
fronte ai magi: non si arriva certo a Dio e al senso della vita per
il cammino delle stelle, ciarlatani! Eppure sono proprio questi ciarlatani i primi che vengono ad adorare il Cristo.
Altri ne avrebbero la possibilità, ma non si muovono. Quale
contrasto tra il cammino strano
e avventuroso dei magi fino a
Gesù e la risposta diretta e precisa dei sacerdoti e degli scribi
interrogati da Erode. Dove? « In
Betleem di Giudea; poiché così
è scritto... » e avanti con una
bella citazione biblica, azzeccata, che non lascia spazio a discussioni. Qui c’è conoscenza biblica, chiarezza teologica, straordinaria vicinanza a Betleem e
Adorazione
dei Magi.
Xilografia di
Albrecht Dürer
(1505)
all’evento che vi accade. Ma questi teologi sanno in teoria; in
pratica sono ciechi e fermi e lontani, anche se così vicini. Rispetto a Gesù sono i suoi come dice
l’evangelo di Giovanni, ma appunto: i suoi non l’hanno ricevuto. Quelli invece che sono i
A proposito della tremenda vicenda del « Tempio del Popolo »
Guyana: "per il loro bene”
La strage avvenuta recentemente in Guyana ha riempito
i giornali di narrazioni dettagliate e di espressioni di orrore. Ognuno ne ha letto qualche
cosa, nessuno può dire di saper
tutto al riguardo, specie per
quanto concerne l’origine e le
motivazioni di quello che è accaduto. Si può fare qualche riflessione che potrà essere tanto
vicina alla realtà quanto più
conscia della propria insuflìcienza.
« Perché negli Stati Uniti? »
LTMPEGNO ECUMENICO DI UNA CREDENTE
Margaret Mead
Annunciando la morte di Margaret Mead avvenuta il 15 novembre, i giornali italiani hanno ricordato la figura appassionata di questa studiosa americana di antropologia, ma hanno
ignorato un lato della sua personalità per noi importante. Margaret Mead era una credente,
membro della Chiesa episcopale,
che in mezzo ai suoi molteplici
impegni professionali aveva trovato il tempo per impegnarsi a
fondo nel lavoro ecumenico come membro del comitato di lavoro « Chiesa e Società » del
Consiglio Ecumenico delle Chiese dal 1962 al 1975. In particolare, ebbe un ruolo determinante
neH'organizzazione della Conferenza mondiale « Chiesa e Società » di Ginevra (1966) ed è
grazie alla sua direzione illuminata del sottocomitato « Scienza, tecnologia e società » che questo tema ha assunto l’importanza crescente che si può riscontrare oggi nei programmi ecumenici. M. Mead ha partecipato
anche attivamente a riunioni del
Comitato centrale del CEC e alle Assemblee ecumeniche di
Upsala (1968) e Nairobi (1975).
L’agenzia di stampa del CEC
riporta che in un discorso commemorativo tenuto recentemente a Ginevra, il direttore del dipartimento del CEC « Chiesa e
Società » Paul Abrecht ha affermato che Margaret Mead « affascinava gli uomini di chiesa e i
teologi per il suo carattere diretto e risoluto e il suo trattare
i problemi sociali con inventiva
e in modo positivo ». Dopo aver
detto che Margaret Mead « non
ha mai risparmiato nessuno, né
se .‘Stessa né gli altri, nella sua
determinazione di offrire al mondo la testimonianza più creativa
e dinamica di cui la Chiesa fosse capace », Paul Abrecht ha
concluso: « una storia del pensiero ecumenico in campo sociale sarebbe incompleta se si omettesse di parlare del suo immenso contributo ».
Limitare la riflessione a questa
domanda non vuol dire disfarsi
di un problema: collocarlo nel
suo contesto riveste pur sempre uno speciale interesse per
noi, se si pensa che gli Stati
Uniti presentano quasi come un
simbolo quella statua della
« Libertà » che accoglie chi arriva a New York dall’Europa.
Strage, ho detto, perché parlare di suicidio è improprio. I
bambini che sono stati trovati
tra i morti, e che ne costituiscono circa il 30%, non si sono soppressi. E a parte le persone
uccise con le armi, le altre hanno su per giù agito come gli
ebrei a cui si diceva per il loro
bene di trarre un profondo respiro appena rinchiusi nelle camere a gas. A questi della Guyana si era fatto intendere che
bere il cianuro era per il loro
bene.
Il costringere, reprimere e al
limite sopprimere qualcuno «per
il suo bene » è un costume che
risale molto indietro nella storia degli Stati Uniti pur non
essendone certo l’unico tratto
caratteristico. Ma accanto alla
tolleranza religiosa instaurata
per la prima volta in uno stato,
il Maryland, da un battista, Roger Williams, ed aila « fllosofla
dell’amicizia » di un William
Penn che ha influenzato tutto il
Alone quacchero e non violento,
c’è la teocrazia rigida e intollerante delle colonie puritane delia Nuova Inghilterra che fornirà il terreno alle isterie coliettive della caccia alle streghe di
Salem, durante le quali decine
di persone verranno soppresse
per essere liberate dalla possessione demoniaca, « per il loro
bene ».
Del resto tutto il fenomeno
dello schiavismo ha dato valore
a questo tipo di atteggiamenti.
Basti pensare che una delle giustificazioni correnti della tratta
dei negri era che questo era il
solo modo per poterli battezzare.
Oggi, in tutti i campi delia
società americana, è presente un
princìpio generale —- di cui solo le punte estreme vengono
giudicate pericoiose — secondo
cui captare ia personalità di
qualsiasi tipo di persona dando
come motivazione « ii suo bene »
è un’azione iegittima e ha di
per sé valore perché consente
im successo, ed è noto che negli Stati Uniti «to he successful»,
avere successo, è segno di benedizione.
Che poi negli Stati Uniti siano numerosi questi casi di imbrancamento, trova spiegazione
nel fatto che un «branco» rappresenta un potere facilmente
utilizzabile là dove la democrazia è fatta di voti il cui accaparramento avviene con quelle baraonde che ognuno di noi ha
visto in televisione e dà luogo
a casi del tipo Watergate alla
cui base sembra esserci stata
la compravendita dei voti dei
lattai.
In sette religiose come quella
di Moon, la potenza espressa in
denaro — basata cioè sulla proprietà privata — appare molto
chiara. E se il Rev. Jones ha, come dicono i giornali, usato i voti del suo gregge in favore di
Tizio o di Caio contro adeguata moneta, lo ha fatto per acquistare quelia potenza che il denaro consente in un paese come gli Stati Uniti, nella cui costituzione il diritto alla proprietà privata è sancito come qualcosa di sacro e di inseparabile
dalla persona umana. Nella sostanza Jones non ha mirato che
a un potere analogo a quello
(mutatis mutandis) che ha determinato le stragi degli ebrei
nei campi di sterminio, quella
degli armeni e quella di milioni
di uomini nell’assurdità di tutte
le guerre.
Gustavo A. Comba
meno adatti, i più lontani, in
ogni senso, sono quelli che cercano e trovano.
Questo primo esempio di un
contrasto che percorre tutto l’evaitgelo — tra peccatori ravveduti e giusti impenitenti — è un
ammonimento per noi. Oggi siamo noi i « vicini » a Gesù, a
Betleem, Siamo noi, i protestanti che conoscono la Bibbia (quando va bene), che hanno la risposta pronta come gli scribi. Badiamo a non essere tra quelli
che sanno tutto ma non si muovono per andare a Gesù; e restano esclusi.
Dov’è Dio?
Dov’è Dio in tutto questo? Abbiamo un bel racconto, l’inesauribile affresco del Natale, i magi, la stella, i doni... Ma dov’è
Dio in tutto questo? C’è solo un
sobrio e discreto accenno. I magi avvertiti in sogno non tornano da Erode e il primo attacco
degli uomini contro il Cristo è
sventato. Un sogno. Niente di
straordinario; un elemento di
religiosità corrente. Ma è un accenno al fatto che Dio veglia sul
compimento della sua parola:
essa non torna a lui senza aver
portato a compimento la sua
missione di salvezza. Dio può
sembrare lontano e assente o
conifuso in mezzo agli elementi
più o meno religiosi della nostra
vita. Ma è presente e veglia al
compimento della sua promessa.
Potremmo anche chiederci dov’è Dio nel nostro Natale fatto
di presepi e di alberi illuminati,
di pastori e di magi, di doni e di
coreografie più o meno religiose. L’annuncio di questo racconto è che egli è presente e veglia.
La strada da seguire per coglierne la presenza non consiste né
nello spogliare il nostro Natale,
con furia iconoclasta, di tutti
gli elementi simbolici e figurativi, né nel sovraccaricarlo, con
pietà stucchevole, di pesanti
strati di vernice tradizionale e
religiosa. Essa consiste invece
nel cogliere tra le luci del Natale, che spesso tentano di coprire
il buio della solitudine e del
vuoto, l’annuncio che oggi ancora, pur in modo del tutto nascosto, Dio veglia per compiere la
sua promessa di salvezza preservandola da qualsiasi tentativo
degli uomini di renderla vana:
cogliere questo annuncio e ricevere la promessa del Cristo nella nostra vita con gioia e con
riconoscenza.
Franco Glampiccoli
2
8 dicembre 1978
VtTA NEI CIRCUITI
Nel Lazio e in~Val Germanasca
a colloquio con i lettori
XI; ROMA
L’Assemblea dell’XI Circuito
ha avuto luogo domenica 5 novembre U.S. nei locali della Chiesa Metodista di via XX settembre, che ha provveduto generosamente all’accoglienza. Erano
rappresentate le chiese valdesi e
metodiste di Roma, del Basso
Lazio e della Sabina (ivi comprese le diaspore ternana, abruzzese e umbra).
Per prima cosa l’Assemblea ha
proceduto all’elezione del Consiglio di Circuito, scaduto dal
mese di ma^o 1978: Giovanni
Scuderi sovrintendente, Claudia
Claudi, Teodoro Panljo y Cortés,
Giovanni Gonnet e Giuseppe
Guamera consiglieri (cioè 3 vaidesi e 2 metodisti). Quindi, dopo
V il culto OOP Santa» <3ena celebrato
dal pastore locale Mario Sbaffi,
la discussione ha preso l’avvio
con imo scambio di vedute sulla
Luce. Il giornale ufificiale delle
chiese valdesi e metodiste, malgrado im aumento complessivo
degli abbonati, trova ancora degli ostacoli, dovuti spesso o a
diffidenza verso il contenuto
(stimato da alcuni troppo politicizzato), o a difiìcoltà di lettura (articoli compresi al limite
solo dagli addetti ai lavori!).
In stretta connessione con la
programmazione del lavoro in
comune è stata lungamente dibattuta la questione della collaborazione degli studenti di teologia. In merito alla programmazione comune, va menzionata
la proposta secondo la quale,
come le chiese evangeliche di
Torino hanno sentito l’esigenza
di chiarire alla cittadinanza quel
che noi pensiamo della Sindone,
così le comunità romane facciano altrettanto riguardo aH’orientamento accentuatamente mariologico dell’attuale Pontefice. L’offerta di collaborazione d^li studenti di teologia, illustrata da
due testi presentati rispettivamente dagli stessi studenti e dal
gruppo FGEI di piazza Cavour
e Giunta PGEI-Centro, ha dato
lo spunto ad un esame critico
della situazione ecclesiastico-spirituale delle singole comunità:
gli studenti, facendo il punto
delle esp>erienze fatte Tanno scorso, hanno rilevato che «in molti
casi non c’è stata una programmazione comime del lavoro tra
pastori, consigli di chiesa e studenti», per cui l’opera di questi ultimi è risultata «una sorta
di sostituzione del pastore più
che ima collaborazione con il pastore e la comunità ». Ad evitare
poi una certa frammentarietà del
lavoro compiuto, gli studenti propongono di concentrare la loro
attività specialmente nel lavoro
giovanile: catecumeni, scuola domenicale, animazione e collegamento fra i gruppi giovanili. Si
è osservato che, se si limitasse
la collaborazione degli studenti
al solo settore giovanile, si correrebbe il rischio di impoverirne l’esperienza, se è vero quanto
da loro stessi affermato che il
loro compito «non è quello di
portare un sapere acquisito o in
via di acquisizione quanto piuttosto quello di cercare assieme
alle comunità, quindi anche assieme ai pastori, degli strumenti per un rinnovamento reale»,
a contatto diretto con la gente
e nel quadro dei tre grossi problemi della predicazione, della
vita comunitaria e della riforma della Chiesa che — secondo
la FGEI — dobbiamo oggi affrontare nel nostro paese come
credenti evangelici.
Per rispondere meglio a queste esigenze è stato deciso di
tenere una seconda riunione assieme agli studenti presso la Facoltà di Teologia, che si è avuta sabato 18 novembre u.s. L’incontro, allargato ai responsabili
delle comunità battiate, è stato
molto proficuo. Dall’ampio dibattito sono emersi alcuni dati e
spunti positivi, che si sintetizzano nelle note seguenti: 1) la figura del predicatore « tappabuchi » — sia esso studente in teologa o semplice laico — non ha
più ragione di essere in un quadro veramente comunitario delle molteplici attività delle singole chiese; 2) l’apporto degli studenti sarà utile nella misura in
cui le comunità interessate programmeranno con almeno 3 mesi di anticipo la loro collaborazione nei vari settori della vita
delle chiese in cui verranno
chiamati ad esplicare i loro doni: predicazione, catechesi, evangelizzazione anche alTestemo dei
templi eoe.; 3) quest’ultimo tipo
di evangelizzazione, proposto in
particolare dai battisti, implica
che si senta sempre di più Tobbligo di uscire dal « ghetto » delle
nostre comunità; 4) dato quanto
precede, è stata ampiamente recepita l’esigenza di incontri settimanali e mensili tra pastori,
predicatori laici e quanti sono
interessati; 5) infine la presenza dei battisti all’incontro è stata sottolineata come un fatto
« ecumenico » di grande portata.
. A conclusione dei lavori sono
stati nominati tre comitati incaricati della programmazione
rispettivamen,te .j)er le ^comunità
di Roma, dèi Basso Lazio e della
Sabina e adiacenze.
Giovanni Gonnet
III: FERRERÒ
L’assemblea riunita a Ferrerò
il 19/ll/’78 ha discusso i seguenti argomenti:
Integrazione Valdo-metodista.
Affinché questa integrazione possa essere tangibile si favoriranno gli incontri e le visite con comunità e predicatori metodisti,
al fine di approfondirne la storia, il pensiero, la confessione di
fede.
C.EV.A.A. Rilevando che l’impegno di portare « tutto TEvangelo » e in profondità nel luogo
dove si vive è il compito primario che ci aspetta, l’assemblea
ha votato il seguente O.d.g. :
« L’assemblea del 3° circuito dopo aver ascoltato una informazione sull’attività della C.Ev.A.A.,
riconoscendo la necessità di un
rinnovamento della vita ecclesiastica e dei metodi di evangelizzazione nel circuito, dà mandato al consiglio di circuito di
studiare la possibilità di servirsi della collaborazione di una
équipe di azione apostolica, e di
riferirne alla prossima assemblea ».
Lavoro bìblico. Problema cruciale delle comunità che hanno
largamente smesso di leggere la
Bibbia al di fuori del culto domenicale. Rilevato che la lettura biblica comunitaria è fatta
con sistematicità solo da gruppi che sono già impegnati in un
obiettivo comune, si è proposto
di iniziare con incontri di studio
biblico fra concistori.
Festa delle conén^tà del ciis
culto. Rilevando come lo spopolamento delle nostre valli ha ormai creato una situazione di
diaspora, si è pensato di promuovere una occasione di incontro con un tema che impegni le
comunità sia nella ricerca che
nella preparazione della festa.
Poiché per i molti impegni è
prematuro pensare di realizzarla nella primavera 1979, si è dato incarico al consiglio di circuito di proseguire nella ricerca per realizzarla Tanno successivo.
Organizzazione del circuito.
L’assemblea ha rieletto il consiglio uscente ed ha approvato
la proposta di avere nell’anno
ecclesiastico in corso ancora altre tre assemblee con temi precedentemente concordati.
La prossima assemblea è convocata per domenica 14 gennaio.
Temi proposti: l’informazione,
la non-vlolenza.
Adriano Longo
FINE DEL
PROTESTANTESIMO?
Si fanno molte critiche al protestantesimo contemporaneo. Sembra
che le chiese si stiano diluendo
sempre di più senza più carica vitale né mordente tale da far presa
sU'H'uomo d’oggi. L'auto-critica è
quanto mai necessaria se, prendere
coscienza del proprio stato, prelude
ad un reale cambiamento.
Non siamo però gli unici a prendere coscienza dello stato fallimentare
delie nostre chiese. Anche i cattolici
se ne sono accorti ed anche con
analisi di una lucidità sorprendente.
Mi riferisco ad un saggio del teologo cattolico Karl Rahner « L'unica
chiesa e le molte chiese », comparso recentemente presso le Edizioni
Paoline in una raccolta dal titolo
« Teologia dall’esperienza dello Spirito ». Esso analizza — nel contempo — pure la crisi deila coscienza
cattolica, ma ce n’è abbastanza pure
per noi evangelici.
Ne farò alcune citazioni.
«... In un primo momento si potrebbe pensare — e molti cristiani
oggi penseranno così — che il cambiamento storico sociologico-religioso,
ha cancellato già da lungo tempo la
differenza tradizionale delle chiese,
perché, ad esempio, da un lato'Tarticulo stantia et cadentis ecclesiae’
circa la giustificazione (solo imputa
ta) delTuomo, in forza della sola fe
de fiduciale, non gioca più alcun
ruolo nella coscienza concreta dei
cristiani evangelici, in quanto distin
ti dai teologi di professione, e perché, da parte cattolica, le dottrine
specifictitamente cattoliche conosco
no la stessa sorte a livello sociolo
gico-religioso e psicologico » (pag
655).
Il teologo prosegue domandandos
se il vero ecumenismo stia nella dia
soluzione delle rispettive dottrine
qualificanti, verso un qualunquismo
COSA DICONO Di NOI I GIORNALI
Interpretazioni curiose
Anche la « Repubblica » nel suo
numero del 17 novembre ha riferito sulla riunione svoltasi il 13
al Centro di Cultura Protestante
di Milano. Francesca Grazzini,
sotto il titolo « Servono i protestanti? », centra il suo resoconto sul già ricordato intervento
di ’Vittorio Messori, che considera la « utilità » del protestantesimo essenzialmente in rapporto
al cattolicesimo di cui dovrebbe
costituire la « coscienza critica »
rappresentando così il « cane da
guardia » della cristianità evitandole i trionfalismi cattolici, che
rischiano di « sovrapporre la
immagine della chiesa terrena a
quella del Regno di Cristo». La
Grazzini ricorda anche Tammonimento di Miegge sulla necessità di « costantemente rapportare
la propria fede al momento storico », ma trascura del tutto l’intervento di Paolo Ricca, così facendo dubitare che alla Repubblica (era già avvenuto in agosto
in occasione del Sinodo) si tenda
ad avere del protestantesimo una
idea molto approssimativa; il
che sembra curioso per un quotidiano che .si presenta come paladino di un pensiero laico che,
proprio nel protestantesimo, come aveva ricordato Paolo Ricca, ha la sua origine storica.
Più chiara, e per noi più soddisfacente, la posizione de «La
Provincia di Cremona », la quale
volendo spiegare ai suoi lettori
« Cosa significa essere evangelici
a Cremona » dedica una intera
terza pagina ad un ampio articolo corredato di fotografie, nel
quale sono raccolte due interviste, una al pastore metodista
Giuseppe Anziani, l’altra al pastore awentista Emmanuele Cacciatore. Auro Bernardi, riconosciuta la disinformazione che è
alla base «dell’atteggiamento assai diffuso di incomprensione
nei confronti delle Chiese cristiane non cattoliche », dà la parola
ai due pastori perché illustrino
le posizioni e le attività delle
loro chiese. Piace rilevare nella
intervista del pastore Anziani
non solo i richiami dottrinali,
ma anche la pratica di un corretto ecumenismo basato su
studi biblici condotti con compo
nenti cattolici ed agnostici, e
la apertura alla comprensione
«delle istanze che provengono
dalle classi prevalentemente povere ». Due caratteristiche che
rientrano in pieno nella miglior
tradizione metodista.
Riferendo in televisione sulla
tragica vicenda della setta americana « Tempio del Popolo »,
Ruggero Orlando non ha mancato di ripetere quello che è
ormai un luogo comune e cioè
che tali sette-sorgono nel quadro
di anarchia religiosa rappresentato dal protestantesimo. Con
maggior precisione P. M. Pasinetti sul Corriere della Sera ricorda le origini di tale setta nel
vasto settore degli emarginati
che popolano il continente nordamericano e ne sottolinea gli
aspetti masochistici. Ora, è un
fatto innegabile che tali sette
religiose sorgono e prosperano
quasi solo nei paesi di formazione protestante, ma sarebbe interessante studiare più a fondo
a cosa ciò è dovuto. Forse non
è per «l’anarchia religiosa protestante » ma proprio per il contrario, ossia per la maggior concretezza teologica delle Chiese
protestanti, che non riescono
ad assorbire fermenti « religio
si » del loro mondo che sono
fuori da tale concretezza. I « fiagellanti » di tante cerimonie religiose cattoliche (e Tautopunizione di alcuni ordini religiosi)
sono un esempio di come certe
forme masochistiche riescono a
trovare spazio nel quadro di
una forma di cristianesimo, che
alla rigidità apparente del dogma
non accompagna sempre concretezza teologica. E, per essere
giqsti, vi accompagna invece una
maggior apertura verso l’uomo
e le sue debolezze, che si traduce in comprensione e disponibilità. Sarebbe, credo, utile per
noi approfondire questo problema.
Fin dal 9 settembre 'Tuttolibri
ha segnalato l’interessante libro curato da Cesare Mirabelli
per l’editore Giuffrè, che raccoglie scritti di vari autori, in
maggioranza cattolici, ma alcuni ben qualificati protestanti, su
« Le intese tra Stato e confessioni religiose ». Centro del libro sono le Intese portate vicino alla conclusione dalle nostre Chiese e vi sono aperti
riferimenti alle discussioni sinodali degli scorsi anni.
N. D. M.
TORINO
Riprende il soccorso invernale
Cari .Amici,
L’inverno s’avvicina e, specialmente
per i poveri, il freddo si fa già sentire! Perciò, come negli anni passati, ei
stiamo preparando per Tassistenza ai
disagiati e speeialmente agli anziani
della minima.
Mentre noi delTEsereito della Salvezza assolveremo, eon gioia, il compito di preparare e servire una me
renda calda, consacrando alcune ore
tutti i pomeriggi ad una quarantine
di persone accolte in un ambiente riscaldato non solo da combustibile ma
anche da un’atmosfera di simpatia familiare e cristiana, a Voi, cari Amici,
domandiamo di continuare a sostener
ci con le Vostre preghiere e la Vostra
pratica solidarietà, onde aiutarci a poter
continuare a svolgere questa costante
azione di bene a favore del nostro
prossimo meno fortunato. Un ringraziamento di cuore a tutti coloro che
ci hanno aiutato nel passalo e che
vorranno rispondere anche quest’anno
al nostro appello, indirizzando le loro
offerte a : C.C.P. 2/3962 Esercito della Salvezza - Via Princiue Tommaso
8/c 10125 Torino (Specificando; Per
soccorso invernale).
Che Iddio Vi sia propizio.
Ufficiale responsabile.
Biagio Garone
generalizzato, che unisce la religiosità generica della gente. Naturalmente egli rifiuta questo ecumenismo
riaffermando la validità di una chiara
enunciazione della dottrina cattolica,
come dato qualificante. Su questo
concordo, naturalmente dal punto di
vista protestante.
Se però il punto qualificante del
Protestantesimo, « la giustificazione
per grazia mediante la fede » applicata ad ogni livello, non gioca più
alcun ruolo nella coscienza concreta
dei cristiani evangelici », allora la
chiesa è « caduta » ed ha ragione Lutero.
Il resto potrà solo essere buone
intenzioni, ma non sarà TEvangelo: il
resto potrà essere solo soddisfacimento di una generica religiosità
deH'uomo « incurvatus ». Comunque è
la fine del Protestantesimo.
Lo stesso Bahner, poco prima, denunciava la frattura fra popolo ed intellettuali delle chiese, di una « incomunicabilità », di una » ribellione »
al propri teologi, li popolo si acco.itenta di un « minimo comune denominatore », e — se pur vede differenze confessionali — le identifica in
dati non essenziali come particolarità
di riti ed usanze.
Dove è finita la carica aggréssiva
del « popolo » protestante?
Ancora più Illuminante è un altro
brano in cui il Rahner parla del
gran numero di persone che sociologicamente fanno parte delle chiese
pur non essendo più « realmente
cristiane », e afferma;
« in simili persone al massimo c'è,
vivo, un impegno umanitario — naturalmente molto encomiabile — rivolto di preferenza alla sfera politico-sociale e forse un sentimento religioso moito vago e diffuso,. nel
senso di un teismo etico-filosofico,
ma non ci sono convinzioni di fede
che (per la loro origine e per la
convinzione-base comune in tutte le
confessioni cristiane) sono specificatamente cristiane e sono indispensabili per una chiesa realmente cristiana.
Dopo aver ribadito l’appartenenza
solo sociale e storica di queste persone alla chiesa, l’autore cattolico
afferma che implicitamente o esplicitamente esse « cercheranno di far
sì che la loro mentalità diventi "confessione" legittima riconosciuta anche ufficialmente dalle loro chiese,
confessione oltre la quale, in tali
chiese, non si potrà richiedere altro
per quanto riguarda la fede (...).
Ma, astraendo dal fatto che la riuscita di tale tentativo nel caso migliore trasformerebbe tale chiesa in
un movimento e in un'istituzione simile ad una specie di riarmo morale avente qualche ornamento tradizionale di folklore cristiano, toglierebbe alle chiese cristiane la possibilità di essere veramente cristiane e
— in fondo — le dissolverebbe in
una società secolarizzata avente solo
alcuni ideali etici.
Almeno il cristiano cattolico manterrà saldamente la convinzione (...)
che tale tentativo di secolarizzare la
sua chiesa (...) di fatto non riuscirà ». (pp. 658-659).
Interessante, vero? K. Rahner vede una chiesa cattolica che, perdute
queste frangle secolarizzate, ridimensionate in poche persone pienamente
coscienti, sarà alia fine se stessa.
Così, a mio giudizio, le chiese
evangeliche (se questo ridimensionamento non le cancellerà totalmente),
una volta passato il periodo e gli
esponenti di una « politicizzazione selvaggia », saranno più effettive e
qualificate, nel confronto con il cattolicesimo.
Paolo Castellina, Cuneo
I PECCATI MORTALI
Signor Direttore,
Mi riferisco aH'articolo « Critica alla cultura Cattolica » (La Luce del 3
novembre) per rassicurare la Signora
Rosanna Ciappa Nitti che nessun cattolico si è mai sognato di dire, né
gii è stato mai detto, che i peccati
mortali non toccano la gente perbene.
Distinti saluti
Stefano Sodano, Torino
•jlf Hanno collahorato a questo
numero: Marco Ayassot - Niny
Boér - Franco Davite - Dino
Gardiol - Luigi Marchetti Mitzi Menusan - Ive Pons Paolo Ribet - Aldo Rutigliano - Alberto Taccia - Giorgio
Tourn.
3
8 dicembre 1978
IPOCRISIE E SPIRAGLI NELLA NUOVA COSTITUZIONE SPAGNOLA
NECESSITA’ DI UN DIBATTITO
Chiesa cattolica e altre intesa con io stato
- . . m ^ 41- e contributi pubblici
confessioni nell art. 15 P0r 10 nostre opere
L’ultimo comma dell’art. 15
della costituzione spagnola precisa che « i pubblici poteri tengono conto delle credenze religiose della società spagnola e
mantengono in conseguenza relazioni di cooperazione con la
Chiesa cattolica e le altre confessioni ».
Nel quadro della eguaglianza dei diritti e delle libertà in
tema di religione stabilita dall’art. 15, quest’ultima frase può
sembrare contraddittoria. Infatti essa cela la volontà di non
rinunciare completamente di
stabilire per la Chiesa romana
una condizione di favore e di
privilegio. Questa condizione, se
non potrà più essere quella propria di una religione di Stato,
poiché, come si è visto, la costituzione spagnola prevede che
« nessuna confessione ha il carattere di religione di Stato »,
tuttavia potrebbe avere più o
meno la medesima consistenza.
Se si pensa alla operazione
gattopardesca che si sta tentando di compiere con la revisione
del concordato in Italia, abolendo di diritto la religione di Stato, ma mettendone il contenm
to in prerogative e privilegi, si
comprende subito che cosa può
avvenire in Spagna. Si cambia
il nome alle cose purché continuino ad essere egualmente
quelle di prima.
La norma spagnola contiene
questa ipocrita ambiguità, per
cui le denuncie da parte evangelica e di talune componenti
cattoliche, sono effettivamente
fondate. Sussiste il timore che,
sia pure con talune correzioni,
nel nuovo concordato che si sta
preparando in Spagna le cose abbiano a mantenersi più o meno
come prima ed il confessionalismo cattolico, vecchia abitudine
della vita politica spagnola, risorga sotto forme nuove, nonostante la costituzione ne abbia
abbattute le immagini consuete.
Spiraglio di
vita nuova
Nella norma predetta però v’è
anche uno spiraglio di vita nuova. Vi sono delle posizioni che,
quando assurgono a maturazione, non è più possibile negare
od abbandonare. Oggi il pluralismo in materia religiosa ed ecclesiastica costituisce una pr^
messa oramai affermata nelle linee politiche delle più diverse
correnti. Questo stato di cose è
la conseguenza dell’affermarsi dei
principi ecumenici anche nella
Chiesa romana dopo il secondo
Concilio vaticano. Anche negli
esponenti più retrivi del mondo
cattolico, ed in Spagna non mancano, è oramai scontato che tra
i nuovi criteri che presiedono alla impostazione dei rapporti tra
Stato e Chiese, Spagna compresa, debba darsi un riconoscimento non solo ai diritti di libertà
di coloro che cattolici non sono, ma anche sia da prevedersi
che venga assegnata una condizione alle confessioni diverse
dalla cattolica. Cosa questa del
tutto inaudita prima degli anni
60 di questo secolo. Tale condizione, e non potrebbe esser (ùversamente, viene impostata in
termini di rapporti con lo Stato.
L’ultimo comma dell’art. 15
della costituzione spagnola rispecchia tale criterio, e lo esprime in una forma tale che consente di dare alla norma stessa
una interpretazione fondata sul
criterio di eguaglianza che pare essere fondamento di tutto
l’articolo 15. Una tale interpretazione dipende però dalla volontà politica della classe dirigente che sarà chiamata ad attuare la norma stessa.
Infatti la norma in definitiva
impegna il governo spagnolo a
tener conto « delle credenze religiose della società spagnola»,
non soltanto della « credenza
religiosa cattolica » di detta società. La norma si esprime con
un plurale che deve pur avere
un suo significato: la volontà
del costituente è che anche le
credenze religiose .delle minoran
ze siano tenute in considerazione dai pubblici poteri, tra l’altro nell’emanare le leggi, soprattutto quelle che riguardano dette minoranze..
Ma la norma conclude il suo
dettato precisando che il governo è impegnato a « mantenere
relazioni di cooperazione con « la
Chiesa cattolica e le altre confessioni». Anche in questo caso
vi è una endiade che esprime
per certo eguaglianza nei modi
di stabilire e regolare tali « relazioni di cooperazione » tra lo
Stato e le diverse confessioni
religiose.
Ora vien fatto di chiedersi in
che cosa debbono concretarsi
tali « relazioni di cooperazione ».
Quali possano essere gli strumenti giuridici idonei per attuarle. Certamente, per quanto
si riferisce alla Chiesa romana, è
presumibile che si debba ipotizzare lo strumento del concordato a cui anche in Spagna si è
fatto nel tempo abituale riferimento, per regolare tali rapporti. Ma nei confronti delle Chiese
evangeliche, ad esempio, quale
potrebbe essere lo strumento a
cui i governanti potrebbero fare
ricorso per impostare e regolare
tali « relazioni di cooperazione »? Vien fatto di pensare che
la norma non può essere letta
interpretandola in modo riduttivo quanto alla portata e limitativo quanto al contenuto, in uno
spirito confessionalista di vecchia marca; per cui non sembra che lo strumento di tale
« cooperazione» possa ancora essere quello della legge speciale
emessa in via unilaterale dallo
Stato, magari dopo aver udito
i desiderata o le proposte degli
interessati per dar loro un contentino al riguardo. Una interpretazione corretta della norma
sembra debba essere quella che
vede nelle « relazioni di cooperazione » una disciplina che si
fonda su di uno strumento di
accordo bilaterale. Cooperare significa quanto meno adoperarsi
insieme alla stessa cosa. Ovviamente non si tratta di porre le
Chiese evangeliche sullo stesso
piano della Chiesa cattolica, in
una posizione pari allo Stato; ma
di accordarsi con esse per la
disciplina da dare alle questioni
che le interessano nel quadro
dell’ordinamento statale spagnolo. Non im « concordato » tra
soggetti che si ritengono pari,
ma una «intesa » da rendere esecutiva con una legge dello Stato.
Lungo cammino
Vien fatto di pensare quindi
che ia situazione che si è venuta affermando in Italia negli ultimi 35 anni, e che ha impegnato direttamente le Chiese evangeliche italiane, possa avere un
avvio anche in terra spasola.
Ecco \m altro punto che si profila per la impostazione della
politica ecclesiastica degli evangelici spagnoli per i prossimi
anni. Sarà certamente una lotta
lunga e non facile, ma sembra
esser la strada per segnare la
fine di quel giurisdizionalismo
odioso che fu loro imposto dallo Stato sin dal XVI secolo e
che non si vede come potrebbe ■
più oltre giustificarsi nei confronti della norma costituzionale sulla libertà in tema di religione. Sono gli evangelici stessi che, come cittadini spagnoli,
debbono adoperarsi perché in
una corretta lettura della nuova costituzione, la vecchia mentalità confessionalista venga a
cessare.
Tutto sommato sembra quindi che la norma finale dell’art.
15 contenga anche un germe di
per sé idoneo per condurre il
paese e gli evangelici verso nuovi sviluppi delle loro « relazioni di coordinazione », solo che si
voglia leggere la norma in uno
spirito aperto ed informato a
quelli che sono i principi di eguaglianza e di libertà su cui
si è fondata la costituzione di
Spagna.
Giorgio Peyrot
( fine)
Votando il testo dell'Intesa tra
la Repubblica Italiana e la nostra Chiesa (siamo sempre in attesa tra l’altro che inizi finalmente il suo ’iter’ per diventare
legge dello stato) il Sinodo ha
voluto rispettare sia il principio
su cui si fonda la laicità dello
Stato sia i diritti, contemplati
nella Costituzione Italiana, in tema di libertà religiosa. E nel
quadro della società civile in cui
la chiesa svolge la sua missione
l’Intesa intende esplicitamente
sottolineare la posizione d’indipendenza delle nostre strutture
ecclesiastiche insieme al rifiuto
di ogni beneficio di carattere finanziario da parte dello Stato.
Anche ad una lettura frettolosa
del testo dell’Intesa (il cui testo
definitivo abbiamo avuto sotto
gli occhi durante l’ultimo Sinodo) si nota che spesso l’accento
è posto sull’indipendenza economica della chiesa: gli oneri finanziari sono a carico — questo
è il ritornello che rimbalza da
articolo ad articolo — degli organi ecclesiastici competenti. Nell’Intesa, insomma, per dirla con
linguaggio giuridico, si è cercato di consolidare il principio secondo cui « il pubblico denaro
deve essere utilizzato unicamente per perseguire i fini istituzionali dello Stato e non quelli di
ordine spirituale della Chiesa del
Signore alle cui necessità finanziarie debbono provvedere direttamente i singoli credenti »^.
A fronte di questa scelta che
coinvolge tutti noi, proprio perché è passata attraverso il consenso sinodale, ci ha colpito una
recente riflessione di Tullio Vinay.
In un lungo articolo intitolato: « Testimoniare: come? », apparso sul bollettino: « Le notizie da Riesi » del settembre 1978,
Tullio Vinay prende in esame il
rapporto fra la testimonianza
cristiana e lo Stato. Dopo un’ampia introduzione sulla chiesa primitiva che libera da schemi preconcetti predicava Cristo ad un
echi dal mondo cristiano!
a cura di BRUNO BELLION
I responsabili ecclesiastici
sono agenti segreti deH’URSS
Molte persone di primo piano
nella vita delle chieàe cristiane
del mondo occidentale sono
agenti segreti al servizio dei paesi dell’Est. Lo ha affermato nel
corso di una conferenza tenutasi a Stoccarda Aleksej Myaekov,
ex ufficiale dei servizi segreti sovietici passato in occidente nel
1974. Compito di queste spie ecclesiastiche sarebbe essenzialmente quello di intensificare le
tensioni esistenti all’interno delle chiese e in tal modo indebolire ta religione e renderla poco
credibile; secondo TURSS l’elemento religioso sarebbe uno dei
maggiori ostacoli alla diffusione
del comunismo.
La conferenza in cui sono venute fuori queste affermazioni
{non dimostrate!) si teneva nel
quadro del 6“ Congresso dell’Azione Intemazionale a favore dei
cristiani dell’Est. Myaekov ha
però precisato che non era in
grado di dare maggiori precisazioni perché questo settore è totalmente affidato alle cure delle
chiese occidentali.
Sempre secondo lo stesso oratore, il pullulare di sette religiose di varia natura sarebbe ben
visto da Mosca (e appoggiato finanziariamente), in quanto questo contribuisce ad indebolire la
credibilità delle chiese e di conseguenza la loro influenza sulle
popolazioni. Il pericolo che tali
agenti ecclesiastici vengano un
giorno scoperti è assolutamente
minima. E se ciò accadesse, l’Unione Sovietica smentirebbe in
ogni modo la cosa abbandonando al loro destino i suoi agenti.
Non crediamo che sia questo
il modo migliore per venire incontro alle difficoltà che realmente molti credenti incontrano
nei paesi dell’Est a motivo della
loro fede!
Le famiglie Confessionali
si incontrano
I segretari generali delle « Famiglie Confessionali Mondiali »
(FCM), cioè di quegli organismi
che raggruppano le chiese di più
stretta parentela confessionale
(luterani, riformati, metodisti,
anglicani, ortodossi ecc.), si sono incontrati a Ginevra per uno
scambio di informazioni sugli
sviluppi della situazione alTinterao di ogni singola organizzazione. Le relazioni introduttive
sono state « gli aspetti teologici
del lavoro e della vita delle
FCM » e « la collaborazione ecumenica nella missione ».
Di particolare interesse sono i
contatti che questo incontro, ha
avuto con i rappresentanti del
Consiglio Ecumenico delle Chiese, soprattutto sul tema della
Conciliarità.
II Presidente dell’Alleanza Riformata Mondiale, pastore Edmond Perret, è stato riconfermato Presidente delle FCM. Nel
prossimo anno avranno partico
lare risalto le risposte che le varie famiglie confessionali daranno, nei contatti bilaterali e multilaterali con la Federazione Luterana Mondiale, al valore della
Confessione di Augusta che compirà nel 1980 i suoi 450 anni.
Corea del Sud
cresce la resistenza
al regime
Il movimento di resistenza da
parte di cristiani della Corea del
Sud contro il regime dittatoriale del presidente Park ChungHee sta crescendo in numero e
in intensità. Il movimento si estende a tutte le chiese del paese
e non è più limitato alle denominazioni considerate « progressiste ». Pare che l’opposizione si
stia manifestando con una certa
consistenza anche nei gruppi
fondamentalisti.
Queste notizie sono state fornite dal responsabile per l’Asia
di una società missionaria tedesca, al ritorno da un viaggio in
Corea. La chiesa di cui egli si è
particolarmente interessato è la
Presbyterian Church in thè Republic of Korea, che è anche
quella che ha i rapporti più
stretti con la Società missionaria della Germania sud-occidentale. Essa fonda la sua opposizione al regime attuale richiamandosi in modo particolare al
teologo tedesco Dietrich Bonhoeffer, vittima egli stesso della
sua resistenza al nazismo.
La Chiesa Presbiteriana della
Corea del Sud è in forte espansione ed ha avuto, nello scorso
anno, un aumento di membri di
circa 50.000 persone. Essa ha festeggiato i suoi 25 anni di esistenzà ed è una delle chiese protestanti del paese ohe conta ih
totale circa 5,5 milioni di cristiani, di cui circa 4,5 milioni sono
evangelici.
mondo idolatra e ateo, Vinay osserva che la predicazione orale
non può prescindere da una correlazione con le opere: una correlazione, che, nelle diverse epoche, è stata o strumento di potere o di servizio. « La varietà
della predicazione, e di conseguenza delle opere — scrive Vinay — è in gran parte dovuta alla diversità delle circostanze storiche, infatti esse non possono
essere fuori dal tempo ma devono incidere nel giorno che si
vive e non essere astratte (le parole) o anacronistiche (le opere) ». Vinay prosegue osservando che se negli Stati dittatoriali
la chiesa è ’ristretta all’ambito
delle parole’, negli Stati cosiddetti democratici la Chiesa rischia l’assimilazione alla mentalità corrente. E aggiunge che
« Nella maggioranza dei casi lo
Stato non può essere considerato nemico dai testimoni di Cristo, poiché anche lo Stato non
è composto da potenze astratte
ma da uomini... » « Non ci si può
creare una linea di condotta
astratta, né invariabile nel tempo. Con lo Stato si può collaborare... ma con collaborazione critica ».
Sul terreno pratico e a propor
sito di ’contributi dello Stato
alle opere delle chiese’ Vinay nota che tale contributo è legittimo « se ciò significa essere con
chi rappresenta gli uomini della
stessa nazione ». Se lo Stato ha
delle difficoltà i credenti lo possono aiutare ma « l’importante
è che l’opera non sia mossa da
desiderio di potere... ma di servizio ». Insomma si tratta — secondo Vinay — di saper vedere
chiaramente i limiti di una collaborazione.
In questa prospettiva, Vinay
avverte tre pericoli:
a) Adattarci ad una moda
corrente ed identificare la nostra linea evangelica con le battaglie dei partiti laici. Nella testimonianza, bisogna sentirsi liberi: se lo Stato non ce la fa a
compiere determinate opere, perché non aiutarlo a portare il peso? « (Quando lo Stato sarà in
grado di far bene il suo dovere
verso i giovani saremo pronti a
dargli le nostre scuole ». Nel frattempo — così ci sembra di capire — il contributo statale per
le scuole o altre opere della chièsa non andrebbe ’in linea di principio’ rifiutato.
b) Se le opere le deve fare
solo lo Stato — si chiede Vinay
-— i credenti testimonieranno solo a parole? La testimonianza
cristiana non può ridursi al solo sermone domenicale o alla
lotta politica astratta.
c) « Ecco io faccio ogni cosa nuova ». Di fronte a questa
parola rivoluzionaria del Risorto
i credenti sono impacciati e legati ai loro principi e regolamenti. L’Evangelo non è un insieme
di regole ma è vita piena che
valorizza i doni di ciascuno. In
realtà — conclude Vinay — ogni
nostra opera è legata a circostanze terhporali precise. Essa è
quindi provvisoria poiché nella
prospettiva del Regno verrà il
giorno in cui non ci sarà più bisogno né delle nostre parole, né
delle nostre opere.
Con questo intervento, che
abbiamo cercato di presentare
in forma sintetica, Vinay solleva
parecchie questioni. Tuttavia ce
n’è almeno una, centrale, sulla
quale varrebbe la pena di avere
uno scambio d’opinione con i
lettori. E precisamente la legittimità del finanziamento, o se si
preferisce del contributo del
pubblico denaro alle nostre opere sociali o di altra natura, dopo avere, come Chiesa, rinunciato ad esso votando l’Intesa.
Credo che su questo argomento potremmo avere un sereno
scambio d’idee.
G. Platone
' Il testo deirintesa tra la Repubblica Italiana e le Chiese Valdesi e
Metodiste, Claudiana 1978, Introduzione di Giorgio Peyrot, pag. 22.
4
8 dicembre 1978
IN UNA RECENTE RASSEGNA A TORINO
Il volto di Gesù nel cinema
Ogni raffigurazione del Cristo è espressione di un artista, di un’epoca; ma talvolta essa può
diventare indicazione di una realtà irrappresentabile: il Cristo della fede
Il vero volto di Gesù non può
essere raffigurato: nessuno lo
conosce. I Vangeli non ci hanno
tramandato nulla sui tratti fisici del Cristo.
Eppure, quante volte il volto
di Gesù è stato rappresentato
nella pittura, nella scultura, nei
mosaici, nelle sacre rappresentazioni, nel teatro, e, più recentemente, nel cinema. Ogni possibile raffigurazione è lontana dal
vero volto di Cristo: è l'espressione di un artista, di un'epoca,
di una razza, di" una cultura.
Tuttavia la raffi^razione artistica può fermarsi a un'immagine fisica deH'uomo-Gesù, ma può
anche, talvolta, diventare indicazione, segno, della vera realtà
del Cristo, realtà divina, oltre
che umana, assolutamente irrappresentabile. L'immagine di Gesù allora « rimanda » a una realtà che va al di là dell'immagine
stessa: al Cristo della fede.
Ogni immagine di Cristo esprime, in fondo, la misura della fede dell'artista. Ho potuto rendermi conto di questo seguendo
una serie di film su « La figura
di Cristo _ nel cinema dalle origini a oggi », organizzata nel quadro delle manifestazioni torinesi ili occasione dell'ostensione
della sindone.
La prima immagine cinematografica di Gesù ci è stata proposta dai francesi Ferdinand Zecca
e Lucien Nonguet, nel film «La
vie et la passion de JésusChrist », ma sembra ricalcare
una figura da filodrammatica
parrocchiale. Capelli lunghi, lisci, chiari, Gesù ha l’aspetto di
un hippy attuale, vestito sempre
con abiti molto diversi dalle persone che lo circondano. Sembra
una figura da altare, che al momento dell’ascensione sale al cielo avvolto da un’ostia.
Il film è stato girato fra il
1902 e il 1905, veramente agli inizi della storia del cinema: è poco più che una serie di diapositive, senza movimento; le immagini _sono confuse, per la comprensione delle varie sequenze
sono necessarie le didascalie Gl
film, ovviamente, è muto). L’immagine di Cristo non è sufficien
II Cristo di Pasolini
te a renderne la realtà: perciò
le didascalie continuamente parlano del « divino redentore », del
« salvatore » « vegliato dal capo
delle schiere angeliche » ecc. Didascalie che sottolineano la concezione ecclesiastico-parrocchiale
che i registi hanno di Gesù.
Il volto di Gesù nel film italiano « Christus » di Giulio Antamoro del 1916, è quello del grande asceta, del grande maestro.
Totalmente muto, senza didascalie, senza musica, questo film
esprime la drammaticità con il
movimento: le azioni di Gesù
rimandano ai suoi poteri sovrannaturali. Sembra però un riferimento al potere inconsueto di
un uomo, che dopo la resurrezione viene posto sopra un altare, piuttosto che al potere divino del figlio di Dio.
Nel film « Golgotha » del francese Julien Duvivier (1934); la figura di Gesù, nei primi quindici
minuti di proiezione, non compare: è presente invece il Cristo
della fede, nel popolo che racconta i suoi miracoli, riferisce
le sue parole, parla di lui come
del Messia atteso.
Il volto di Gesù compare nelle prime scene della passione: è
il volto della sofferenza, della corona di spine, il Cristo della Croce. Il regista segue il racconto
dell’evangelista Giovanni, ma la
immagine del Cristo sofferente
sembra raccogliere secoli di tra
dizione di una Chiesa che ha sacralizzato il dolore, fermando
forse troppo la sua fede al Cristo della Croce.
Il film di Duvivier è parlato,
accompagnato da buona musica
composta per il film, si serve già
di una buona tecnica cinematografica.
E veniamo a film più vicini ai
giorni nostri, che molti hanno
a-vuto occasione di vedere.
« Il Vangelo secondo Matteo »
di Pier Paolo Pasolini, del 1964,
ci dà un’immagine di Gesù che
rispecchia l’ultima frase pronunciata da Gesù in chiusura del
film, che corrisponde aU’ultimo
versetto dell’Evangelo secondo
Matteo: « Ed ecco, io sono con
voi sempre sino alla fine del
mondo ».
È infatti un’interpretazione
del Cristo fedelissima al racconto evangelico, ma riproposta nel
vivo presente della nostra epo
ca e del nostro paese: lontana
quindi dal ricalcare tradizioni
parrocchiali o ecclesiastiche. Il
volto di Gesù, ripreso molto
spasso in primo piano, secondo
lo stile pasoliniano, « rimanda »
alla realtà predicata e incarnata
dal Cristo: la realtà del Regno
di Dio. Anche nel Cristo sofferente, nel Cristo della Croce, c’è
dignità e lotta, mai mistificazione del dolore, mai sopraffazione
di un’esaltazione di morte.
Il Cristo di Pasolini è inoltre
un Cristo « della Parola », fedele
anche in questo alla fonte evangelica.
Chiudeva la serie dei film dedicati alla figura di Cristo « Il
Messia » di Roberto Rossellini,
del 1975. Didascalico, secondo lo
stile del regista, questo film ha
la pretesa di rendere la figura
del Cristo con obiettività storica: e la figura del Cristo, nel
suo complesso, resta legata « alla storia ». Il dubbio che Rossellini esprime di fronte al sepolcro vuoto, sembra estendersi
a tutto il film. E il volto di Gesù
resta quello di un grande maestro, di un grande profeta, senza « rimandare » ad un’altra dimensione, quella del Cristo risorto.
Lietta Pascal
CONSIGLI PRATICI PER UN MINISTERO LAICO
Come visitare i malati
Esiste un ’vademecum’ del perfetto visitatore di malati?
Certamente no. Ma esistono esperienze e consigli derivanti da
una pratica e una sensibilità evangeliche maturate a contatto
con la sofferenza. È appunto di questo che il pastore Biéviile
ci parla in questo articolo ripreso dal n. 31 di « Le Christianisme au XX siècle ». Proponiamo questa riflessione ail’attenzione dei iettori poiché riteniamo — come sottolinea Biéviile —
che l’aspetto della solidarietà nella sofferenza sia un eiemento
vitale della nostra vocazione cristiana e reciami una responsabiiità coliettiva; gruppi di servizio, singoli credenti e non
esclusivamente ii pastore, sono chiamati ad esercitare questo
ministero di solidarietà in Cristo, vicino a chi soffre, a chi è
entrato nel ’tunnel’ della malattia.
A
NDATE a visitare un ammalato ricoverato in ospedale. Molto bene, ma
perché avete accettato
di compiere questo servizio? La
domanda non è superflua. Le
nostre motivazioni profonde influenzano sempre i nostri com
UN’AGILE GUIDA BIBLICA PUBBLICATA DALLA CLAUDIANA
Nehemia, chi era costui?
E’ possibile avere oggi tma
chiara immagine dei protagonisti
dell’Antico Testamento, senza
fare torto alla verità storica né
chiedere troppo ai testi biblici?
Credo sia tale il proposito di
questa «breve storia dell’Israele antico », divisa in diciannove
agili capitoletti, uno per ognuno dei « personaggi » scelti:
Abramo, Mosé, Giosuè, Samuele, Davide, Salomone, i re di
Israele, Elia, Amos, i re di Giuda, Isaia, Geremia, il « secondo
Isaia», Esdra e Neemia, i Salmisti, Giobbe, Daniele, i Maccabei, la nuova era.
All’inizio di (^i capitoletto
l’autore ha posto tma breve nota schematica sul periodo storico in cui è vissuto il personaggio o il gruppo di personaggi
considerato. La tavola cronolo^ca finale permette di collegare
i principali dati in un quadro
complessivo..
Perché descrivere i protagonisti dell’Antico Testamento?
Ci sono, tra gli altri, due modi
« tradizionedi » di ieggere l’A. T.,
entrambi ugualmente riduttivi
rispetto alla ricchezza dei testi:
l’imo tende a svalutare l’individualità dei singoli personaggi e
ad evidenziare ovunque ed unicamente il rapporto fra i due « super-protagonisti », Jahwe ed il
suo popolo; l’altro tende ad esagerare il rilievo delle singole
figure (anzi, di alcune più note) e a romanzarle.
In entrambi i casi le testimonianze della Bibbia vengono ora
appiattite, ora ridotte a -racconti edificanti, in opii caso strappate via dalla loro storia, e cioè
tolte dal contesto in cui ebbero
esistenza e significato.
Il Rendtorff intende, invece,
precisamente storicizzare i protagonisti dell’A. T., far sì che
essi rivelino il più possibile di
se stessi e del loro mondo, come mette subito in risalto nell’introduzione:
« Solo ripercorrendo la vita
degli uomini possiamo cogliere
il succedersi degli eventi storici. Sono gli uomini che sollecitano il nostro interesse, rendendoci consapevoli di determinati avvenimenti, di epoche intere.
Sovente le connessioni storiche
passano in seconda linea e impallidiscono, per concretizzarsi
successivamente in una sola figura, nella quale come in un
prisma si raccolgono i raggi di
un’intera epoca. E’ quel che è
accaduto con la storia del popolo d’Israele ai tempi dell’Antico Testamento. (...) Ma di quale storia si tratta? Quale posto
hanno queste figure nel loro contesto? E quale rapporto esiste
fra questa storia e la nostra situazione attuale? ».
Affrontando tali questioni, l’autore ci dà in quest’opera un
sunto di nozioni essenziali di
varia natura (ma ben assortite) sui patriarchi, re e profeti
d’Israele: ci sono schizzi biografici, informazioni preziose
sulle condizioni economiche e
politiche in cui i protagonisti
si trovarono ad operare, sintesi
succose dèi principali temi che
compaiono nei loro scritti o
negli scritti su di loro, a volte
persino formule assai brevi che
compendiano il senso di un’esperienza o di una vita. Queste
ultime non possono, naturalmente, essere prese in modo assoluto, ma hanno im valore
mnemonico perché permettono
di richiamare subito alla mente degù utili punti di riferimento.
A voite, per esempio a proposito di alcuni aspetti della
personalità di Amos, Geremia....,
l’autore ci infòrma con molta
onestà intellettuale (e si tratta
di uno dei maggiori conoscitori
dell’argomento!) che non ci è
possibile cogliere i « processi
interiori » o il «segreto della coscienza profetica » di questi scrittori, pur così vicini, per altri
versi, alla nostra sensibilità. E’
questa discrezione e coscienza
dei confini del discorso storico
(insieme alla sua sobrietà ed
essenzialità) che contraddistingue, mi pare, l’opera scientifica
e insieme veramente divulgativa
nel senso migliore della parola.
La nota editoriale la dice « di
grande utilità per catechisti,
predicatori e per chiunque voglia aggiornare le proprie conoscenze del mondo della Bibbia ».
Saverio Merlo
Rolf Rendtorff, Protagonisti dell’Antico Testamento / Patriarchi, re
e profeti, Claudiana 1978, L. 3.200.
portamenti e quindi anche il valore di questa visita.
Le visite, perché?
È chiaro che un cristiano sincero e conseguente prima di tutto e sopra tutto cercherà di irradiare l’amore di Cristo e di vivere nell’amore per il prossimo.
(Due atteggiamenti indissolubilmente legati nell’Evangelo, vedere Giovanni 13-16). Ma proprio per questo non varcate
questa soglia se non siete spiritualmente coscienti e sicuri di
rispondere ad un appello di Dio,
perché in questa circostanza la
vostra buona volontà non è
sufficiente; e non dovete nemmeno confondere il ministero del
visitatore di ammalati col lavoro del colportore. L’uno, per amore, è disponibile, rispettoso del
prossimo, attento alle sue necessità ed alla sua particolare situazione. L’altro, pieno di zelo, vuole soprattutto collocare la sua
merce, costi quel che costi, senza curarsi dei veri problemi altrui! Pur senza nascondere la
sua bandiera, il visitatore non
farà del proselitismo: cristiano
convinto, protestante fedele, senza animosità e senza preconcetti contro chicchessia.
Solo l’amore convince, solo
l’amore attira, solo l’amore è
efficace.
Se non è questa la motivazione profonda della vostra visita,
ritornate velocemente sui vostri
passi, rischiereste di fare più
male che bene.
Incontrare veramente
l’ammalato
L’amore è il vero movente del
vostro gesto ed eccovi quindi
di fronte all’ammalato. Cosa pensate di fare? Cosa pensate di
dire? Incominciate subito a parlargli di Gesù Cristo. Non necessariamente, soprattutto non
meccanicamente, perché lui,
l’ammalato, è diverso da voi; la
sua situazione non è la vostra.
Lui soffre. Quindi certe tendenze del suo carattere possono
essere esacerbate. È sottratto al
suo ambiente abituale, se i
suoi familiari sono lontani, può
sentirsi molto solo. Deve inoltre sopportare dei vicini più o
meno simpatici. È un po’ come
vivere in una caserma o in un
ospizio. In breve tempo ci si
trova trasformati in « una cosa » che viene manipolata col
pretesto di curarla. Tutto ciò
è inquietante ed umiliante. Questi motivi psico-sociali influenzano il comportamento spirituale
del paziente e favoriscono Tinsorgere di crisi di rivolta, di diH. L. de Biéviile
(continua a pag. 8)
Preghiera di Avvento
Signore, nostro Dio e nostro Padre, concedi a moiti uomini ed anche a noi di andare con riconoscenza, umiità, gioia e fiducia a Coiui
che ci hai mandato e nei quale sei
venuto tu stesso a noi. Vieni a
fare piazza pulita in noi, buttando via ciò che è impossibile, ciò
che non può più avere interesse
per noi ed è destinato a sparire
quando il tuo beneamato Figlio e
nostro Signore fa il suo ingresso
in noi e mette ordine in noi.
Abbi pietà di quelli che non ti
conoscono o ti conoscono male, tu
e il tuo Regno, di quelli che un
giorno forse hanno saputo tutto ciò
e lo hanno dimenticato, misconosciuto o rinnegato. Abbi pietà di
questa umanità cosi tormentata e
minacciata, afflitta da tanta sragio
nevolezza. Metti chiarezza nei pensieri di quelli che sono al potere
e che sembra a volte non sappiano
più dove battere la testa.
Consola e conforta i malati negli ospedali, i prigionieri, tutti gli
afflitti, gli abbandonati, i disperati.
Soccorrili nel solo modo efficace:
con la chiarezza della tua Parola
e l'azione silenziosa dello Spirito
Santo.
Ti ringraziamo di sapere che non
ti preghiamo mai invano; ti ringraziamo perché la tua luce brilla
nelle tenebre che non ne potranno trionfare; infine grazie perché
sei nostro Dio e perché ci hai
permesso di essere il tuo popolo.
Amen.
KARL BARTH
5
8 dicembre 1978
RICORDANDO IL TEOLOGO DI BASILEA A 10 ANNI DALLA SUA MORTE
Karl Barth: la riscoperta
di un rapporto autentico
tra Dio e l’uomo
L’Eco-Luce non ha torto di voler dedicare una pagina a Carlo
Barth, morto il 10 dicembre
1968, un teologo evangelico la
cui dottrina domina ancora la
scena — la stessa scena sulla
quale si era affacciato con idee
molto originali nel 1921 circa.
Ma non è facile, qui, dire in poche e chiare parole la sostanza
di un pensiero che copre un così
vasto arco di tempo; anche perché Barth, che io sappia, è stato
in duemila anni di storia il membro di chiesa che ha scritto di
più; o almeno uno dei due o tre
che hanno scritto di più. Una
capacità infinita di scrivere decine di migliaia di pagine; pagine di lezioni lette agli studenti,
pagine di libri, pagine di lettere
scritte ad amici in ogni parte
del mondo, pagine polemiche,
pagine di prediche e di edificazione. Si fa presto a confessare
di non averle lette tutte. Finito
il pranzo, Barth andava nel suo
studio portandosi una tazzina
di caffè, e ci stava fino alla sera.
Ma quand’è che parlava con i
figli? La domenica pomeriggio,
pare.
Insegnava dal 1935 all’università di Basilea e prima era stato professore in Germania. Ma
la sua biografia, in fondo, conta
relativamente. Era stato chiamato, nella sua prima chiesa di
Safenwil, il « pastore rosso »,
perché aiutava le operaie delle
fabbriche tessili a organizzarsi.
Si capisce che un pastore ha una
certa pratica di riunioni, verbali, documenti di lavoro: lui la
metteva a disposizione della gente che cominciava a organizzarsi.
I padroni non lo potevano vedere. È più noto per la resistenza al nazismo nella Germania
degli anni 1933 e seguenti, il che
gli valse, come cittadino svizzero, solo l’espulsione. Non si unì
al coro anticomunista durante
gli anni della « guerra fredda ».
Ma da questo a fare di lui un
« politico » ce ne corre. Senza
perder di vista la società, fu soprattutto un teologo, un teologo
totale.
•k -k *
Non fu certo il solo teologo
che la chiesa abbia avuto, in
questi tempi. Faremmo torto a
lui e agli altri, se lasciassimo
quest’impressione. Ma molti lo
ritengono il più originale. Vi sono quattro momenti nel suo
pensiero.
Il ’’totalmente
altro”...
1. Nel pieno della guerra 19141918, mentre vede la carneficina
dei campi di battaglia benedetta
e giustificata da una parte e dall’altra dalla chiesa ufficiale,
Barth si appella al Dio « totalmente altro ». Non è il Dio delle
chiese e dei teologi, non è il Dio
al quale si sono collegati i regimi, le università e le persone
colte in genere. Non è neppure
il Dio dei socialisti religiosi. Occorre, pensa Barth, che Dio sia
Dio e basta. Questo Dio è proprio quello che noi non conosciamo più. È diverso, è del tutto altrimenti. Che pulizia, improvvisamente! Che chiarezza!
Pensate: andare una volta in
chiesa e non trovare più il Dio
della liturgia, il Dio delle nostre
abitudini, il Dio del pastore, il
Dio delle bandiere, il Dio del:
oh caro fratello, come va? Pensate di non trovare più alcun
Dio di questo genere (perché sarà- lui un bel giorno a trovare
voi, se lo vorrà). Sarebbe una
sorpresa; più che sorpresa, sarebbe un miracolo. La prima fase di Barth è negativa, tassativa,
intransigente. Dio sta proprio al
di là e al di sopra. Non lo si raggiunge con i discorsi. Non lo si
trova per le solite strade. È un
Dio libero e basta. Ma non basta.
...libero
di comunicare
2. E qui comincia la seconda
fase. La fase positiva. Un Dio così libero, è finalmente Dio. Ma
allora non se ne può stare tutto
solo in quella specie di libertà
assoluta. La sua stessa verità
non sarebbe autentica, se non si
comunicasse fuori di sé, agli uomini. Se Barth avesse parlato fin
da principio di comunicazione,
di rapporto, invece che di « rivelazione » forse si sarebbe capito meglio subito che cosa voleva dire. Ma egli parlò di rivelazione, per dire che nessuno obbligava Dio a mettersi in rapporto con noialtri; lo faceva perché era assolutamente libero di
farlo. Il fatto importante però è
che il vero Dio non può stare a
sé. Non è un Dio che esiste e basta, ma un Dio reale, pieno di
attività. E dove si rivolge Dio,
Se non aH’uomo?
Dio rivela
anche l’uomo
3. Il terzo aspetto della teologia di Barth sta tutto nell’elaborazione del momento positivo di
cui s’è parlato. Rivelando se stesso Dio rivela anche l’uomo. Non
esiste solo un Dio reale, esiste
anche un uomo reale. L’umanità
non è una fìsima e non siamo
noi a farla, basandoci sulle nostre forze. Non è un progetto
buttato là, sperando che vada a
finir bene. L’umanità, più che
un progetto, è già una realtà nella persona di Gesù Cristo. Stando di fronte a Dio, l’uomo non ha
da tremare. Molto più semplicemente ha da essere veramente
se stesso.
La luce chiara e positiva che
em.ana dal Dio rivelato giunge
quindi anche all’uomo. Ma Barth
non ha insistito su questo punto, presente molto presto nella
sua opera, se non negli ultimi
tempi. Le sue preoccupazioni,
verso gli anni Trenta, riguardavano ancora problemi molto
tecnici della teologia cristiana,
come quello della 'Trinità. L’idea
di Barth, in questa fase del suo
lavoro, è che la dottrina trinitaria spiega perfettamente la rivelazione di Dio. Il Dio trinitario è appunto un Dio che non
conosce la solitudine. Il Figlio
eterno di Dio potrà diventare
uomo perché già in seno alla Tri
SCHEDA
Le tappe di un ministero
1886 - Nasce a Basilea il 10 maggio.
1889 - La famiglia si stabilisce a Berna dove
frequenta la scuola.
1904-1909 - Studia la teologia a Berna, Berlino,
Tübinga e Marburgo. (I suoi maestri
sono: Adolf von Harnack, Hermann Gunkel, Adolf Schlatter, Wilhelm Hermann).
1909-1911 - Inizia il suo ministero pastorale nella comunità di lingua tedesca a Ginevra
e qui viene a contatto con la cultura
francese.
1911-1921 - Pastore a Safenwil, un villaggio rurale nell’Argovia. Qui, in seguito all’industrializzazione del paese, viene a contatto col mondo operaio. È l’epoca d’oro del
« socialismo religioso » svizzero ( Hermann Kutter, Leonard Ragaz). Il giovane pastore sarà spesso il portavoce delle
rivendicazioni degli operai nei confronti
degli imprenditori svizzeri.
1915 - Barth si iscrive al partito socialista svizzero (nel 1932 aderirà al partito socialista tedesco).
1919 - Appare il « Ròmerbrief », il commento
all’epistola ai Romani nella sua prima
edizione (tre anni più tardi, nel 1922 apparirà la seconda edizione). Con questo
commentario Barth si impone all’attenzione del dibattito teologico contemporaneo.
1921-1935 - Inizia la carriera professorale di
Barth : prima a Gottinga, poi a Miinster
e infine a Boim.
1932 - Appare il primo volume della « Dogmatica ecclesiastica ».
1934 - In piena epoca nazista Barth è la mente
della Chiesa confessante tedesca. La sua
presenza risulta decisiva al Sinodo di
Barmen (le famose dichiarazioni di Barmen elaborate dallo stesso Barth). Nello stesso anno viene sospeso dall’insegnamento per non aver voluto prestare giuramento al regime di Hitler. Un anno
dopo viene espulso dalla Germania nazista.
1935-1962 - Professore di teologia sistematica a
Basilea.
1938 - Barth indirizza una lettera all’amico
Hromadka a Praga in cui invita il popolo ceco a resistere con le armi in pugno al nazismo trionfante. Seguiranno
altri importanti scritti di carattere politico.
1940 - Nel vivo del conflitto mondiale Barth
presta servizio come soldato semplice
nell’esercito svizzero. Nel tempo libero
corregge i manoscritti della sua « Dogmatica ».
1946-1948 - È professore ospite a Bonn, poi soggiorna in Ungheria. Partecipa all’assemblea ecumenica di Amsterdam dove tiene un’importante conferenza.
1962 - Inizia la sua emeritazione : compie un
viaggio negli Stati Uniti.
1966 - In visita a Roma. Riprende l’attività teologica tenendo alcuni seminari all’Università di Basilea.
1968 - Nel semestre invernale del 1968 Barth
annuncia un seminario sul tema della
predestinazione, che non potrà più tenere a causa della malattia.
Il 10 dicembre, in seguito a crisi cardiaca, muore improvvisamente.
e. g.
nità tiene il posto di un interlocutore di Dio. E dunque l’uomo
è un progetto di Dio. Oppure, se
si vuole: l’uomo è una scelta, è
una decisione di Dio. Lo sappiamo appunto mediante Gesù Cristo. _
Se dovessimo giudicare Barth
come un inventore, dovremmo
dire: Barth ha inventato una cosa sola e fondamentale, Dio nel
suo patto di amicizia con l’uomo, — l’uomo, dalla propria parte, come partner di Dio. La teologia (come la religione stessa)
era sempre stata un tentativo
malriuscito di porre Dio di qua,
Tuomo di là, per poi tentare di
collegarli insième. L’idea di
Barth è che si debba invece partire dal patto che li lega, che non
si possa parlare di Dio senza
Tuomo, né dell’uomo senza Dio.
Egli si situa così nella linea di
una teologia del patto, rinnovandola.
Conseguenze
pratiche
4. Ma lo scopo di tutto questo? Praticamente che cosa significa? La parte pratica della
teologia di Barth ha come soggetto Tuomo nel suo rapporto
di amicizia con Dio. Noi siamo
nello stesso tempo Adamo e Cristo, o meglio siamo in movimento da Adamo a Cristo. È già molto importante restare in movimento. Ma lo scopo non sarà
quello di progredire sul cammino della perfezione cristiana,
perché qui tutto è già dato in
partenza. Che cosa vuol dire esser uniti a Cristo? Vuol dire stare al posto dell’uomo, cioè esser
pienamente uomini nel rapporto
con Dio. E come lo si dimostrerà questo nella vita di tutti i
giorni? Lo si dimostrerà dando
giorno dopo giorno dei piccoli
segni del cambiamento di tutte
le cose, in una visione laica, democratica, socialistica dei rapporti umani.
Omaggi
e rifiuti
La teologia barthiana è stata
giudicata in modi molto diversi.
Direi che ufficialmente ha avuto
omaggi e riconoscimenti. Sostanzialmente vi è stato un rifiuto, dovuto da una parte al linguaggio, lontano dalla mentalità
moderna, e dall’altra alla diffidenza delle chiese verso una teologia che le mette in questione.
Insomma si preferisce, quando
si va al culto, trovare il Dio che
si è sempre trovato.
L’importanza dell’opera di
Barth è stata tuttavia riconosciuta da molti credenti e non
credenti. In fondo Barth ha del,le parti modernissime, e altre
che lasciano sorpreso il cosiddetto uomo moderno perché gli
parlano di Dio. La teologia di
Barth è una moderna e decisa
protesta contro l’autonomia delTuomo moderno e la sua pretesa
di « fondarsi » tutto da solo. Chi
non capisce questo, verrà sempre sconcertato dalla lettura di
Barth. Molte teologie e religioni
oggi si credono più furbe di
Barth perché parlano del divino
che c’è nell’uomo. In questo modo sono convinte di prendere,
come si dice, due piccioni con
una fava. In realtà questo dimostra solo che Tuomo, oggi, si
sente autorizzato a produrre, oltre a tutto il resto, anche Dio.
Dio diventa una cosa sua.
E questo potrebbe anche solo
essere, come alcuni hanno detto, l’ultimo prodotto del « soggettivismo borghese ». Nella teologia di Barth invece, Dio resta
sempre esterno all’uomo e questo comporta non una fuga mistica, ma un confronto radicale
che corrisponde, sul piano della
dottrina teologica, alle scelte sociali del « pastore » di Safenwil.
Sergio Rostagno
BIBLIOGRAFIA IN ITALIANO
Per conoscere Barth
OPERE DI BARTH
Claudiana
— (con altri) Immortalità, L. 500
— Domande a Roma, L. 900.
— L’umanità di Dio (Introd. di
S. Rostagno), L. 1.300.
— La Riforma è una decisione,
L. 500.
altre Case
— L’Epistola ai Romani, Feltrinelli, 1962.
— La proclamazione del Vangelo, Boria, 1964.
— Antologia, a cura di E. Riverso, Bompiani 1964
— Vangelo e legge, Ethica Forlì,
1964.
— Lettera a un pastore della
Germania Orientale, Paideia,
1964
— Filosofìa e Rivelazione, (a cura di Valdo Vinay), Silva, 1965.
— Introduzione alla teologia evangelica, Bompiani 1968, Lire 1.800.
— L’Avvento, Morcelliana 1968,
L. 800.
— Il Natale, Morcelliana 1968,
L. 900.
— Invocami, Morcelliana 1969,
L. 1.000.
— Dogmatica ecclesiale (antologia a cura di P. Pioppi), Il Mulino 1975, L. 5.000.
— Dogmatica in sintesi. Città
Nuova, L. 2.200.
— La Chiesa, Città Nuova 1975,
L. 2.000.
— Autobiografìa critica (19281958), La Locusta, L. 3.000.
— Il fondamento della vita cristiana (Il battesimo) Casa editrice battista, Roma.
OPERE SU BARTH
Claudiana
D. Corno, Karl Barth e la politica, L. 2.500.
E. JuENGEL, Il battesimo nel
pensiero di K. Barth, L. 1.500.
H. Gollwitzer, Regno di Dio e
socialismo: la critica di K.
Barth, L. 1.500.
altre Case
B. WiLLEMS, Introduzione al perisiero di Karl Barth, Queriniana 1966.
E. Busch, Karl Barth, biografìa,
Queriniana 1978, L. 20.000.
6
8 dicembre 1978
cronaca delle valli
ALLE VALLI OGGI
TORRE PELLICE: PROGRAMMAZIONI SCOLASTICHE
Studia,.. Che cosa ci aspettiamo dalla
scuola deirobbligo?
poi
Il problema degli sbocchi lavorativi e del collegamento scuola-mondo del lavoro, sta prendendo dimensioni sempre più
ifnpfBssioncinti. Movi c’è Quividi
da stupirsi che dei genitori,
preoccupati delVavvenire dei loro figli, abbiano posto questa
.dqmanda durante una delle periodiche riunioni alla scuola media di Ferrerò. Sorge però un
dubbio: non sarebbe meglio rivoltare la domanda e chiederci
tutti insieme quali sbocchi possiamo intravvedere o possiamo
creare all interno delle nostre
vallate in un futuro più o meno
lontano? Su questo filone di ricerca la scuola ha già organizza.to e continuerà anche nel futuro, una serie di tavole rotonde,
cui hanno partecipato oltre alle
forze interessate alla scuòla, anche amministratori e forze sociali.
Il dibattito sta compiendo i
primi passi comunque ha già
evidenziato alcuni nodi sui quali bisognerà proseguire la ricerca.
Anzitutto è stato notato che le
nostre vallate, seppure povere,
ancora nel vicino dopoguerra
avevano una loro capacità di aw
tonomia, intesa come capacità
di far da se senza dipendere
sempre dall’esterno. Ora in questa autonomia si sono create,
con gli anni, crepe vistose. Facciamo degli esempi. In Val Germanasca vi sono necessità scoperte di idraulici, panettieri, di
piccole imprese edili in grado di
ricevere appalti di manutenzione (che attualmente vengono
presi da imprese della pianura).
Ed ancora, non vi è un numero
adeguato di albergatori locali e
la manodopera alberghiera non
è sufficientemente, specializzata
ed in grado di rispondere alle
esigenze che mutano. Gli allevatori che salgono agli alpeggi vengono dalla pianura; e così di seguito. A queste carenze equivalenti comunque a posti di lavoro anche quantizzabili, fa da
contrappeso la mentalità corrente, presente anche fra i genitori, del cosiddetto lavoro dipendente, ritenuto più sicuro. La
realtà è che i posti sicuri si riducono drasticamente e non vengono rimpiazzati; i giornali e la
televisione ci fanno vedere ogni
giorno quanto quel terreno chiamato sviluppo non fosse poi così sicuro. Si sente quindi dire
« studia, perché così diventerai
un tecnico e non faticherai come ho faticato io ». Così le scuole tecniche sfornano periti in
quantità impressionante mentre
L’industria li rifiuta mandandoli
così ad ingrossare le file dei disoccupati. Mai una volta che si
sia sentito dire: « Figlio mio studia perché avrai bisogno di tutte le tue capacità per unirle a
quelle degli altri altrimenti gli
sbocchi per il domani nessuno
te li regalerà!».
E così con questa mentalità
individualista ciascuno corre la
sua gara, uno contro tutti, sperando di raggiungere quel posto
in fabbrica « che mi realizza tanto... »!!! Qui nasce l’esigenza di
un salto di qualità partendo dalla constatazione che da soli non
si è che perdenti. Delle forze
unite possono forse riuscire dove il singolo sicuramente rimarrebbe sconfitto.
Qui lo scoglio è duro. Dobbiamo quindi aspettare di giungere all’assurdo per cui solo sul
completo sfacelo ci sarà la possibilità di costruire qualche cosa di diverso? Qppure dobbiamo
pensare che da uno stadio intermedio (quello in cui ora ci troviamo) possiamo ripartire per
costruire degli sbocchi futuri?
Le prossime tavole rotonde, la
prima delle quali avrà come tema: Le prospettive dell’artigianato, tenteranno di ^rtare un
ulteriore contributo a questo dibattito.
Adriano Longo
La « programmazione » è attualmente all’ordine del giorno
nell’ambito della scuola, soprattutto nella lascia deU’obbligo: se
ne tratta in convegni, corsi di
aggiornamento, riviste ecc.
Mi è parso pertanto che fosse
il caso di accennarne suU’kEco»,
in seguito anche al fatto che,
con più ampio sviluppo, la medesima problematica è stata affrontata in sede di autoaggiornamento dai docenti della Scuola media statale di Torre Pellice.
Premessa dunque l’opportunità
di cercare all’interno di una
classe e di ima scuola un minimo di accordo su obiettivi e
metodi, possiamo individuare le
«legittime aspettative» a livello
di scuola delTobbligo e forse di
scuola in genere, nei seguenti
traguardi;
a) acquisizione di una certa
quantità di conoscenze;
b) acquisizione di certe abilità tecnico-pratiche di base (che
concernono tutte le materie e
devono quindi essere curate da
tutti gli insegnanti);
c) capacità di porsi ed individuare problemi, di cercare soluzioni, di coltivare interessi, ecc.
d) possibilità e capacità di
convivere con gli altri, attraverso la presa di coscienza di sé,
gli strumenti di comunicazione,
Tintelligenza delle situazioni, ecc.
Appare subito evidente che al
primo punto si configurano obiettivi legati alle singole discipline,
mentre gli altri tre punti riguardano obiettivi transdisciplinari.
Semplificando, (essendo ovvio
che Apprendimento è sinonimo
di Cambiamento) ci rendiamo
conto che la maturazione complessiva sarà il prodotto del pro
gressivo e simultaneo raggiungimento degli obiettivi disciplinari e transdisciplinari.
Iter metodologico
Premesso che le cause delle
profonde differenze tra alunno
ed alunno a tutti i livelli sono
da individuarsi a monte della
istituzione scolastica e non sono
all’interno di questa, realisticamente risolvibili, resta chiaro
che l’istituzione stessa deve aiutare a superare tali differenze nei
limiti delle sue possibilità e nel
contempo perseguire lo sviluppo
delle potenzialità di ognuno.
Si rende pertanto utile;
a) Individuare i livelli di
partenza e i pre-requisiti per il
lavoro che si dovrà impostare
(a questo scopo si potranno suddividere — sulla carta — gli alunni, in fasce omogenee per
poter, almeno in parte, individualizzare l’insegnamento).
(Non si deve superficialmente
intendere con questo una suddivisione degli alunni in « bravi »,
« mediocri » e categorie similari,
ma piuttosto l’individuazione di
diversi « tipi » di alunni con le
loro peculiarità negative e positive);
b) proporsi degli obiettivi
concreti da raggiungere a livello
delle varie fasce;
c) suddividere detti obiettivi
(sia quelli disciplinari che transdisciplinari) in obiettivi a breve, medio, lungo termine;
d) individuare per le scadenze di cui al punto c) dei modi
di verifica (anche rispetto alla
capacità dell’alunno di « fissare »
le cognizioni già apprese);
e) individuare le possibili
cause del mancato raggiungimento dei fini (es. non accettazione
da parte dei compagni, ecc.) e
possibilità di rimozione delle
stesse.
Sono inoltre da tenere presenti i seguenti suggerimenti;
a) evitare l’improvvisazione
nell’azione didattica;
b) saper prevedere le reazioni dei singoli e della classe;
c) evitare errori psicologici nel rapporto con i ragazzi (tenendo presente le loro situazioni
esistenziali);
d) scegliere i lavori da proporre in relazione il più possibile ai loro interessi, cioè « motivarli »;
e) risi>ettare i ritmi di lavoro di ciascuno;
f) utilizzare i materiali didattici a disposizione;
g) insegnare o sollecitare la
ricerca di metodi di studio personale;
h) realizzare forme concrete di accordo che si intravvedano possibili e positive con colleghi dello stesso consiglio o del
doposcuola e simili, a livello di
metodi e/o contenuti.
Infine, a livello di contenuti
dell’« apprendimento.» (che è
cosa diversa dall’« insegnamento »), ritengo che si dovrebbe
privilegiare o perlomeno non trascurare la presa di coscienza da
parte del ragazzo dei principali
problemi e delle situazioni, sia
della zona in cui vive, sia della
realtà più ampia del mondo di
oggi.
Mirella Argentieri Bein
NELLA DIOCESI PINEROLESE
Per un pubblico chiarimento
Pubblichiamo in questa pagina, in cui era comparso il
comunicato della Comunità di base di C.so Torino, Pinerolo,
la lettera del direttore dell’Eco del Chisone don Vittorio
Morero, con una precisazione. In un articolo redazionale
« L’Eco del Chisone » lamenta il fatto che la nota della Comunità di base di Corso Torino « è stata pubblicata su "L’Eco
delle Valli Valdesi” il che induce a pensare che l’ecumenismo
abbia strani modi di manifestarsi se il dissenso cattolico è
ospitato dai giornali valdesi e il dissenso valdese trovasse
ospitalità nei giornali cattolici (fatto questo che non si verificherà almeno nel nostro campo) ». Osserviamo solo che non
si tratta di « ospitalità » ma di informazione: la nota in questione, ciclostilata, è stata diffusa nel pinerolese ed era quindi a disposizione di chi intendeva farne oggetto di informazione. In questa diversa valutazione gioca forse una diversa
concezione del dissenso: se cioè la sua esistenza è legittima
o meno.
LA REPLICA
DI DON MORERO
Signor direttore,
sono costretto a replicare al
comunicato della comunità di base di Corso Torino da voi pubblicato sul numero del 24 novembre perché esso contiene delle
inesattezze e delle valutazioni
che non posso accettare.
1) Il sottoscritto non è il
primo collaboratore del vescovo,
ma un sacerdote che rispetta
il vescovo con lealtà e fraternità. I primi collaboratori del vescovo sono coloro che hanno
uffici di curià.
2) Né il Consiglio presbiterale né il vescovo hanno convocato don Barbero, ma siamo
convenuti tutti per scambiarci
idee e impressioni.
3) Non ho condannato nessuno, ma ho semplicemente fatto rilevare che a parere di alcuni osservatori i gruppi di base
si comportano sovente come
chiese parallele. Ho fatto riferimento alla analisi del prof.
Franco Garelli pubblicata sui
Quaderni di Sociologia che è una
pubblicazione dell'Università di
Torino, dove parlando di questi
gruppi si mette in luce « la situazione di contrapposizione, distinzione, isolamento rispetto alla istituzione ecclesiale e dell’area a questa vicina, nei con
fronti della quale il riferimento
religioso costituisce invece che
un fattore di unità un motivo di
divisione e di diversità di interpretazione ».
« Mentre nei confronti della
chiesa — dice ancora il rapporto
Garelli — tale tipo di gruppo rivela i caratteri di setta, nei confronti della realtà sociale esso
appare direttamente inserito nel
movimento Sociale innovativo.
Con tali caratteri però, il tipo
di gruppo descritto sembra perdere il raccordo con la base sociale da cui è originata la sua
esperienza (e precludersi pertanto una diretta funzione di sensibilizzazione di tale area) e distinguersi per una struttura di
élite che se garantisce fra i membri un elevato grado di omogeneità e di interiorizzazione, risulta scarsamente propositiva nei
confronti delle masse ». Per il
resto ho detto più o meno le
stesse cose che don Gennari scrive in una sua lettera a Com-Nuovi Tempi (ultimo numero) e che
la comunità di base di Corso
Torino avrà letto.
4) Don Barbero è un sacerdote scomodo, ma se è scomodo,
deve anche lasciarsi scomodare,
rispondendo alle osservazioni
critiche che vengono mosse e
pubblicando i comunicati della
sua comunità, non solo dove gli
fa comodo.
5) Sono comunque d’accor
do con quanto scrive Jean Louis
Sappé a proposito di Angrogna
e invoco anch’io lo stesso rigore
che si usa verso don Barbero
in altro senso. Ma io non sono
né il primo né il secondo né il
terzo collaboratore del vescovo,
ma semplicemente uno che dice
quello che pensa in pubblico e
in privato.
Sac. Vittorio Morero
RICHIESTO UN
PUBBLICO DIBATTITO
La « nota » del vescovo di Pinerolo che manifesta il suo
dissenso nei confronti della
Comunità di base di C.so Torino e in particolare di don F.
Barbero ha prodotto un altro
documento di un gruppo di cattolici pinerolesi che fanno riferimento (in larga parte) alla
comunità di S. Lazzaro. Si
tratta essenzialmente di interrogativi rivolti al vescovo in
merito al contenuto della sua
« nota », ma alcune domande
di chiarimento sonò rivolte anche a don Barbero e alla comunità di C.so Torino. In sostanza si chiede un pubblico
dibattito, un approfondimento
sul ministero del vescovo, sull’eucaristia (Santa Cena), sulla
applicazione della legge sull’aborto, sul ministero « itinerante » di don Barbero, ecc. « ...al
vescovo chiediamo che la discussione da lui iniziata continui, che non si passi a ìtiterventi disciplinari che sono
sempre segno di debolezza, che
si abbia fiducia nel confronto
e nella ricerca e nello Spirito
Santo che guida... ». « Alla comunità di base di Pinerolo e a
don Franco Barbero chiediamo di voler raccogliere questa
occasione per chiarire pubblicamente le loro scelte e confrontarle con tutta la comunità diocesana... ».
La lettera è indirizzata « a
tutte le comunità cristiane di
Pinerolo e del pinerolese ». È
un invito alla riflessione rivolto
anche a noi!
Comunità Montana
_______________Val Pellice
Servizio
consultoriale
Il Comitato di partecipazione
del Servizio Consultoriale, con
la collaborazione della Comunità Montana Val Pellice, ha organizzato nel Comune di Bibiana presso il Centro di Incontro
di via Roma, un ciclo di incontri pubblici.
I primi tre su « Prevenzione
dei tùmori femminili », « Contraccezione », « Gravidanza e
parto » si sono già svolti; il
programma sarà completato
nel mese di dicembre col seguente calendario;
— 14 dicembre: L’alimentazione
in alcune fasi della vita
della donna (gravidanza-puerperio-menopausa) - Dott. Luciano Proietti, Dott. Lino Visentin della Comunità Montana.
— 21 dicembre: Menopausa Prof. Carlo Campagnoli - del
Consultorio per il Climaterio
e la Menopausa dell’Ospedale
Sant’Anna di Torino.
LUSERNA
SAN GIOVANNI
Difeso dall’Avv. E. Serafino
(Procuratore gen. Aldo Bibet),
Giulio Comba è stato condannato venerdì scorso in sede di appello a una condanna definitiva
di dieci anni di reclusione, con
una riduzione di otto anni rispetto alla precedente sentenza.
Nel marzo del ’75 Giulio Comba in circostanze drammatiche
aveva ucciso il proprio figlio
Renato: tutti abbiamo vissuto
quei momenti con sentimenti di profonda umiliazione e
angoscia davanti a un atto che
andava al di là di quanto il Comba stesso avrebbe mai potuto
immaginare, frutto di un n;omento di incontenibile esaspera
zione. Senza sminuire la terribile gravità del fatto, siamo tuttavia convinti che, date le circostanze chiaramente messe in luce dalla difesa, un troppo prolungato periodo di detenzione non
poteva essere di alcuna utilità
per im uomo vittima egli stesso
di una situazione che non ha saputo né potuto controllare e
desideroso soltanto dì riprendere
il suo lavoro con la moglie e i
due figli rimasti. Tra poco più
di im anno, scontata metà pena,
il Comba potrà beneficiare di
condizioni di libertà provvisoria
che gli permetteranno di avere
più frequenti contatti con la farniglia con cui è legato da vincoli di affetto e che ha bisogno di
lui e del suo lavoro. a. t.
• Domenica, 10 c.m., alle ore
14.30 l’Unione Femminile si ritroverà all’Asilo Valdese per una riunione prenatalizia e giovedì 14 alle ore 14.30 la Società
di Cucito si recherà a visitare
gli anziani presso il Rifugio Callo Alberto.
• Domenica 10 c.m. subito dopo il culto avrà luogo l’Assemblea di chiesa per l’approvazione
del bilancio preventivo 1979.
Dalle ore 8.30 alle 12 dello stesso giorno avrà luogo il precatechismo per i ragazzi di I e II
media.
Ricordando
Elisa Ribet
Non è purtroppo apparso su queste
pagine un cenno sulla lunga carriera
d’insegnamento della maestra Elisa
Ribet, deceduta alla Casa di Riposo di
San Germano Chisone, lo scorso mese di novembre, all’età di 84 anni.
Nessuno dei suoi numerosi ex allievi
ha pensato di ricordarla. Lo farò io
stesso, ripercorrendo con la mente gli
anni dell’adolescenza, quando ebbi il
privilegio di averla maestra nelle prime tre classi della scuola dei Peyrot,
sulla collina di Luserna San Giovanni.
Ricordo il suo zelo nell’insegnare, la
bontà d’animo, l’indulgenza generosa
alle piccole mancanze, il cordiale sorriso della sua giovinezza. Apprezzata ed
amata da allievi e genitori, dopo un
lungo periodo d’insegnamento in quella scuola, veniva trasferita a Pomaretto, insegnando fino all’emeritazione. Sulla sua tomba verrò a deporre il
fiore della riconoscenza e dell’imperituro ricordo.
Attilio Bounous
7
8 dicembre 1978
CRONACA DELLE VALLI
1® CIRCUITO
Convegno monitori
Domenica 3 dicembre ha avuto
luogo a Luserna San Giovanni un
incontro (convegno) dei monitori del I Circuito.
Erano presenti monitori delle
comunità di Luserna S. Giovanni,
Angrogna e Torre Pellice; Rorà
e Villar Pellice erano rappresentate dai loro pastori, nessuno per
Bobbio Pellice. E' peccato che i
monitori non si sentano maggiormente impegnati a partecipare a questi incontri che sono
momenti di riflessione e verifica
sul lavoro svolto, e inoltre un'ottima occasione per un arricchimento spirituale e per apprendere qualcosa di nuovo.
Se la Scuola domenicale deve
avere tra i suoi scopi la socializzazione dei' bambini, ancor più •
deve esserci quella dei monitori,
cioè il desiderio di stare assieme,
di scambiarsi esperienze, di discutere sia sulle difficoltà incontrate sia sulle gioie e le soddisfazioni che si hanno lavorando
coi bimbi.
Durante rincontro è stato detto che il monitore è il maestro
della più difficile delle materie
e lo fa come volontariato, tanto
più ha bisogno di essere seguito,
capito ed aiutato; un buon monitore necessita de: 1) la testimonianza personale del credente 2) la conoscenza biblica dal
punto di vista teologico 3) la didattica, cioè il saper trasmettere
agli altri. Per ottenere questi
scopi è indispensabile il trovarsi
assieme, il parlarne, ricordandosi che anche in questo caso
l’unione fa la forza.
Dalle relazioni e dalla discussione è emerso ohe il materiale,
di cui finora si è sperimentata
solo la sequenza di « Gesù viene », è accolto positivamente ma
con molte riserve. Le note bibliche sono di ottima qualità ma
troppo ricche di spimti; interessanti ma spesso difficili e estranei ai nostri problemi. Il materiale per i bambini è fatto bene
e presentato in modo invitante,
ma soffoca un po’ la spontaneità
creativa del bimbo. Il programma per i « medi » è troppo abbondante su certi argomenti (i
magi per esempio); essendoci
inoltre, qui nelle valli, molte
scuole domenicali pluriclasse
talvolta è difficile abbinare il
programma dei « medi » con
quello dei « piccoli », complicando Tinsegnamento. Sarebbe preferibile avere delle indicazioni
per delle drammatizzazioni, per
delle attività di gruppo, per il
saper individuare i centri delle
sequenze. Il materiale va cioè
ridimensionato, dovrebbe essere
più sintetico nella parte biblica
e più sviluppato nella parte didattica.
Al termine dell’incontro si è
deciso di ritrovarsi l’il marzo
1979 alié 14,30 a Torre Pellice per
parlare delle esperienze fatte sulle sequenze di « Davide » e per
decidere sulle gite di fine anno e
sugli abbinamenti delle scuole
per andare a visitare una comunità del circuito.
Ethel Bonnet
NEL 150® ANNIVERSARIO
Prarostino e
Roccapiatta nella
storia vaidese
In occasione del 150” anniversario della costruzione del tempio di S. Bartolomeo, a Prarostino, è stata stampata una traduzione del libro del pastore
Auguste Jahier « Histoire de Prarustin et Rocheplate », con raggiunta di un’ultima parte di aggiornamento scritta dall’attuale
pastore di Prarostino Cipriano
Tourn.
Il libro, che porta il titolo italiano « Prarostino e Roccapiatta
nella storia valdese », è certamente di indubbio interesse per
quanti, non solo prarostinesi o
con parentela a Prarostino, sono interessati alla storia delle
nostre comunità alle Valli. L’interesse non ha, evidentemente,
solo un carattere di « panoramica su ciò che non è più », quanto di « sguardo al passato per
meglio vivere la nostra testimonianza nel presente ». Il volume
descrive, passo passio, il costituirsi della comunità, con le sue
gioie, le sue sofferenze e le sue
speranze; le sue fedeltà e le sue
infedeltà, oltre ad essere corredato di numerose notizie sulle
famiglie, sui quartieri, sulle
scuole, sui pastori e i membri
del concistoro, in cui ogni prarostinese ritrova una fetta della
propria storia.
Le ultime pagine, curate da
C. Tourn, tracciano l’itinerario
spirituale percorso dalla comunità dal 1928 a oggi e sono un
resoconto attento e fedele degli
anni che hanno visto il ministerio pastorale di Guido Rivoir,
Edoardo Aime, Umberto Bert,
Giovanni Peyrot e Marco Ayassot; periodi che, in modi diversi, sono stati accompagnati da
momenti di serenità e di entusiasmo e da altri di tristezza, di
difficoltà e di incertezze.
Nell’insieme ne vien fuori un
quadro vivo, senza retorica, senza facili entusiasmi, ma anche
senza un pessimismo deleterio,
incapace di indicare il cammino
della speranza. Anzi, è proprio
con la nota della speranza che
il libro si chiude con l’augurio
che la fedeltà del Signore trovi
riscontro nella nostra fedeltà.
Il libro può essere trovato
presso tutte le comunità delle
Valli, o richiesto direttamente
al pastore C. Tourn a Prarostino.
Il prezzo è di L. 2.500.
m. a.
VILLASECCA
• È stata una simpatica seduta
di Concistoro quella di domenica 26 u. S., svoltasi durante una
agape fraterna.
Allargata anche ai familiari
dei membri del concistoro e con
la partecipazione dei membri uscenti, una ventina di persone
in tutto, si è potuto avvertire il
fatto che il concistoro è chiamato a servire la comunità, che è
aperto e disposto a ricevere suggerimenti provenienti dall’esterno e che una più ampia partecipazione alla discussione, estesa
a normali membri di chiesa, esprime meglio il pensiero e le
decisioni di tutta la comunità.
Grazie ai membri uscenti per
il lavoro svolto con impegno fin
qui e benvenuto a quelli nuovi
che entrano nella loro fatica.
PERRERO-MANIGLIA
MASSELLO
RODORETTO
• Si è tenuta domenica 26 novembre l’annunciata Assemblea
di Chiesa di Massello per decidere in merito ad una possibile
imificazione con Perrero-Maniglia. Era presente il Vice-moderatore, il quale ha tenuto la meditazione in cui ha fatto notare
come al tempo dell’apostolo
Paolo la dispersione della Chiesa fosse vista non come una
disgrazia, ma come un’ulteriore
possibilità di evangelizzazione.
Egli ha quindi risposto alle domande che gli sono state poste,
mettendo l’accento sul fatto che,
fino a che non diverranno operanti le intese, le chiese di Massello e di Rodoretto, pur non risultando più chiese autonome,
rimarranno lo stesso proprietarie dei loro, stabili. Non c’è poi
stata discussione : l’assemblea ha
deciso di rimanere indipendente. Almeno per il momento, quindi, non si parla più di unifica
zione con Perrero-Maniglia. Ancora aperto rimane invece il discorso tra Prali e Rodoretto e
pare che non arriverà rapidamente alla fine, per via degli stabili. Il problema è sempre quello: chi li gestirà?
• Diamo l’elenco delle riunioni
quartierali del mese di dicembre ; mercoledì 6, ore 19,30 : Baissa; mercoledì 13, ore 19,30: Bessé ; giovedì 14, ore 19 : Fontane ;
lunedì 18, ore 15,30: Pomeifré e
ore 19,30: Crosetto; mercoledì
20, ore 19,30 : Grangette e lo stesso giorno, alle ore 14,30: Gros
Paset e alle ore 19,30: Roberso;
giovedì 21, ore 19,30: Forengo;
venerdì 22, ore 20,30: Ferrerò.
• Ricordo ancora due importanti impegni; venerdì 15, ore
20,30, a Ferrerò primo incontro
di studio biblico in comxme tra
la comunità valdese e la parrocchia cattolica. Il tema sarà: la
lettera di Giacomo. Domenica
17, infine, a Ferrerò, inizio ore
10, Assemblea di Chiesa la quale deve tra l’altro eleggere sei
membri — su otto — del concistoro.
RORA’
POMAREnO
La prossima giornata comunitaria, con assemblea di chiesa
e il pranzo, avrà luogo domenica 17 dicembre alle 10.30.
L’argomento della giornata è
quello delle finanze della nostra
comunità e della nostra chiela nel suo insieme. Avremo
con noi il membro della Tavola Valdese Valdo Fomerone di
Pinerolo, che illustrerà i problemi generali delle finanze della nostra chiesa.
Prenotatevi per favore per il
pranzo entro giovedì 14.
• Martedì 12 corr., riunione alle Fucine.
• Ricordiamo che la domenica 24 alle Fucine (ore 14.30),
insieme alla festa dei bambini
della Scuola domenicale, sarà
allestito, a cura della Unione
femminile, un piccolo bazar.
Ogni dono in denaro o in natura per preparare dolci e torte, come ogni lavoro di maglieria sono attesi con gratitudine.
Abbiamo avuto fra noi per
due giorni la sig.na Laura Nisbet, missionaria in Africa: prima nel Gabon poi nello Zambia;
ora in attesa di andare nel Le
sotho. Ha visitato le scuole domenicali di Perosa Argentina,
Inverso Pinasca ed il gruppo
giovanile. E pure stata presente
al culto. Ha recato notizie circa
la sua attività in Africa. Gli auguri della comunità la seguano
nel suo lavoro missionario.
• Questa settimana la comunità è stata colpita da due lutti:
giovedì 30 novembre il funerale di Silvio Artero di Perosa
Argentina, morto tragicamente
nella sua abitazione in Perosa
Arg. all’età di 72 anni.
Domenica 3 dicembre il funerale della nostra sorella Genre
Emma ved. Tron di Pomaretto,
deceduta all’età di anni 70 nella
sua abitazione. Alle famiglie colpite dal lutto tutta la nostra simpatia cristiana.
Un regolo per Natale
Il Movimento di Testimonianza Evangelica Valdese raccomanda:
W. MEILLE
IL RISVEGLIO DEL 1825
nelle Valli Valdesi
Ediz. Claudiana — L. 2.500
Si può anche ottenere ifranco di porto, versando l’importo sul c.c.p. 2/4860 intestato a Silvio Rivoir
Torre Pellice (Torino)
PINEROLO
ANGROGNA
• Mimi; Gutierrez delle Filippine e Marianna Moor di Zurigo,
due ragazze evangeliche che prestano un periodo di servizio presso il Rifugio Carlo Alberto, stanno visitando i nostri quartieri
per raccontare la loro interessante esperienza al servizio del
prossimo.
Personalia
Il 20 novembre u.s. nell’Aula Magna dell’Ordine Mauriziano, il Prefetto
di Torino, consegnava al dott. Enrico
Gardiol, col titolo di Primario Emerito, una medaglia d’oro per « il lungo e
lodevole servizio » prestato presso
l’Ospedale Mauriziano di Luserna San
Giovanni.
Al dott. Gardiol i nostri rallegramenti per la dimostrazione di riconoscenza ricevuta, ringraziandolo particolarmente per la testimonianza data
come credente in quell’ambito.
• Per tutto il mese di dicembre la lista dei membri elettori
sarà esposta sulla porta del Tempio a disposizione di tutti per
eventuali correzioni, aggiunte o
ritiri.
• È iniziato il secondo turno
di riunioni quartierali di cui è
stato deciso il programma: l’argomento prescelto è l’Eco-Luce.
In alcune riunioni avremo il piacere di avere la presenza di un
membro del comitato di redazione del nostro settimanale.
La predicazione e l’assemblea
di chiesa di domenica 10 dicembre avranno anch’esse come tema l’Eco-Luce. Per l’occasione
il culto sarà presieduto dal pastore Giuseppe Platone, membro del Comitato di Redazione;
a lui rivolgiamo il nostro fraterno saluto e ringraziamento.
• Per questo mese non avrà
luogo la consueta giornata dei
catecumeni del 4” anno. Essi si
ritroveranno, invece, il pomeriggio di sabato 16 dicembre dalle
ore 17 alle 18,30 per discutere
sul significato del Natale ed iniziare la preparazione di un culto che si spera di poter tenere m
una domenica che il gruppo trascorrerà a Coazze coi fratelli di
quella comunità.
• Siamo grati fin d’ora al pastore Ermanno Rostan che predicherà domenica 17 dicembre.
Nel pomeriggio dello stesso giorno le corali di San Giovanni e
di San Germano ed il coretto di
San Germano offriranno un concerto di canti natalizi a favore
Colloquio
pastorale
Il Colloquio Pastorale è
convocato lunedì 11 dicembre alle ore 9 alla biblioteca della Casa Valdese di Torre Pellice.
Dopo il breve culto seguirà la presentazione dell’opera del teologo cattolico Hans KUng (G. Platone).
Nel pomeriggio studio
dei due documenti sui matrimoni interconfessionali e comunicazioni.
I lavori del pomeriggio
si svolgeranno a Villa Olanda.
TORRE PELLICE
Il Bazar per la Missione
(CEvAA) avrà luogo Domenica 10 dicembre alle ore 15, alla Foresteria gentilmente concessa. Tutti sono cordialmente
invitati.
• Abbiamo avuto il piacere di
accogliere domenica in mezzo a
noi le sorelle della chiesa di Villasecca ospiti della nostra Unione Femminile; dopo aver partecipato al culto, queste sorelle
hanno pranzato a Villa Olanda,
visitando poi l’istituto cortesemente guidate dal sig. Peyronel
suo direttore ed hanno poi trascorso il pomeriggio nella Casa
Unionista svolgendo un programma sul canto religioso.
• Ringraziamo la sig.na Laura
Nisbet che ha iniziato questa
settimana un giro di riunioni nei
quartieri illustrando il suo lavoro nell’ambito della CEvAA, con
la proiezione di un bel film.
del restauro del nostro organo.
Il 17 dicembre ha pure termine
Tanno finanziario della nostra
comunità, per cui entro tale data tutti dovrebbero aver restituito le buste della colletta annua; le offerte che perverranno
dopo il 17 saranno già considerate nel bilancio dell’anno prossimo 1979.
• Ha avuto luogo domenica 26
novembre una « giornata comunitaria », il cui programma è
stato: studio biblico, culto con
S. Cena, assemblea di chiesa con
decisione di procedere ai lavori
di ristrutturazione dell’organo e
della sala di attività, pranzo comunitario al sacco, discussione
su alcuni aspetti del nostro dialogo con l’attuale mondo cattolico, fraternizzazione e approfondimento della conoscenza reciproca, tè e saluti. Dal pranzo m
poi hanno partecipato una quarantina di fratelli e sorelle, dando vita a un incontro fraterno e
ricco di spunti interessanti, che
ci incoraggiano a ritentare Tesperimento prossimamente.
SAN SECONDO
Domenica 3 dicembre sono
stati battezzati i tre fratellini:
Luca, Cinzia e Andrea Micol di
Enzo e di Ilda Martinat, già
residenti a Miradolo ed ora al
Dubbione. Il Signore benedica
questi bimbi e la loro famiglia.
• Lunedì 5 è stata seppellita
Anna Rachele Gardiol v. Odino
(Lombarda), deceduta a Casa
’Turina sabato scorso all’età di
78 anni. La speranza del Vangelo sostenga la sua famiglia.
SERVIZIO MEDICO
Comuni dì ANGROGNA - TORRE
PELLICE - LUSERNA S. GIOVANNI
- LUSERNETTA - RORA'
Dai 9 al 15 dicembre 1978
Dott. SEVES GIUSEPPINA
presso Asilo Valdese
dì Luserna San Giovanni
FARMACIE DI TURNO
festivo e notturno
Domenica 10 dicembre
FARMACIA MUSTON
(Dr. AAanassero)
Via (delia Repubblica, 25 - 91.328
Martedì 12 dicembre
FARMACIA INTERNAZIONALE
( Dr. Imbertì)
Via Arnaud, 5 - Tel. 91.374
Domenica 10 dicembre
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Luserna Alta
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Torre Pellice : Tel. 90118 - 91.273
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più 5 letti per turisti, stanze di soggiorno e abitazione di servizio. Si
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inviando il curriculum vitae.
TRASLOCHI e trasporti per qualsiasi destinazione, preventivi a richiesta; Sala Giulio, via Belfiore, 85
Nichelino, tei. (Oli) 62.70.463.
RINGEAZIAMBNTO
Il 28 novembre ha chiuso la sua
giornata terrena il
Dr. Mario Quattrini
e riposa nel cimitero di Torre Pellice.
La moglie Elide Odin, la sorella
Lillina, il fratello Franco ringra*
ziano quanti, in vario modo, hanno
dimostrato la loro simpatia nel triste momento della separazione dal loro
caro.
Torre Pellice, 4 dicembre 1978
8
8
8 dicembre 1978
Creare un clima di comprensione
per sostenere i diritti deii'uomo
DICHIARAZIONE DEL COMITATO ESECUTIVO DELL’ALLEANZA RIFORMATA MONDIALE quVdfcSffto
Chiesa cristiana di lavorare per
rinforzare, con tutti i mezzi di
cui dispone, l’aspetto dei diritti
dell’uomo che è stato meno sviluppato nel paese dove essa si
trova. Ogni tentativo di mettere una di queste dimensioni contro l’altra rivelerebbe una grave
ignoranza della loro complementarietà.
Nel proseguimento di un tale
obiettivo, ovunque si trovino, i
cristiani dovranno ugualmente
sforzarsi di mettere in evidenza
una terza dimensione dei diritti
dell’uomo — che è veramente
universale: ricercheranno soluzioni ai problemi che si pongono
aH’umanità nel suo insieme. Ora
il più cruciale è quello della sopravvivenza della specie umana.
L’Alleanza riformata mondiale
continuerà la sua lotta in favore del rispetto dei diritti dell’uomo sotto tutti i loro aspètti con
le numerose organizzazioni internazionali, siano governative o
no, che cercano di risolvere questi problemi globali. Essa non
trascurerà nessuno sforzo per
creare un clima di comprensione e di confidenza reciproche.
Perché i diritti dell’uomo possano essere xmiversalmente rispettati, un tale clima è infatti indispensabile.
In occasione del 30mo anniversario dell’adozione clella Dichiarazione universale dei Diritti dell’uomo, il Comitato esecutivo dell’Alleanza riformata mondiale riafferma la sua convinzione che è indispensabile garantire i diritti di ogni persona
ovunque essa si trovi.
Questa preoccupazione è stata uno degli obiettivi preminenti deirOrganizzazione delle Nazioni Unite fin dalla sua fondazione. Essa fu ugualmente di primàTia importemza nel programma deU’Alleanza riformata e dei
suoi membri. Infatti, all’epoca
dell’Assemblèa mondiale dell’Alleanza nel 1970, questa prese la
iniziativa di studiare i fondamenti teologici dei diritti dell’uomo. A questo studio approfondito collaborarono dei teologi appartenenti alle Chiese membro tanto all’Est quanto all’Ovest e al Sud nei paesi in via
di sviluppo.
Le conclusioni di questi lavori dimostrarono ima volta di
più che i motivi dell’impegno
dei cristiani di oggi, neUa lotta
per i diritti dell’uomo, si trovano nella Sacra Scrittura come
avevano già affermato i loro
predecessori. Se alcuni pensano più particolarmente che il
ministero di sacrificio e di liberazione compiuto da Gesù
Cristo è la fonte profonda dei
diritti dell’uomo. altri fondano
questi sul diritto naturale che
ritengono essere dato da Dio;
altri ancora affermano che qualimque sia il luogo dove vivono,
uomini e donne sono stati creati
a « immagine di Dio » e godono
dunque dei diritti che il loro
creatore ha loro accordato. Queste diverse convinzioni e altre ancora non si contraddicono, si sostengono a vicenda.
Sia che questi argomenti contribuiscano a persuadere i nostri contemporanei o che non arrivino a convincerli, non è meno vero che i cristiani sono spinti dagli insegnamenti e l’esempio
del Signore Gesù Cristo a promuovere i diritti di ogni uomo e
a lavorare' per farli rispettare.
Gesù infatti ha annunciato all’inizio del suo ministero terrestre che la sua missione consisteva neU’andare verso i poveri, i prigionieri, i ciechi, gli oppressi (Le. 4: 18,19). Egli ha
portato loro frequentemente il
suo aiuto.
Ha insegnato, come ci riporta
l’Evangelo di Matteo (25: 31-46),
che la lede di coloro che vogliono
svilirlo sarà giudicata sul seguenti criteri: hanno essi dato da
mangiare a quelli che hanno fame, da bere a quelli che hanno
sete? Si sono preoccupati dello
straniero? Hanno vestito coloro
che son nudi, visitato i malati e
i prigionieri? Hanno infine latto
queste cose al «più piccolo dei
loro fratelli »?
In questo momento i cristiani
non ignorano che un grande numero di « questi minimi » soffrono perché è loro negato ciò che
si designa comunemente oggi con
il termine di «diritti dell’uomo».
Sono i dettami cristiani più fondamentali che spingono i cristiani a impegnarsi nella lotta per
tali diritti e a unire i loro sforzi a quelli le cui motivazioni sono unicamente di ordine morale
ed etico. Tutti coloro che sono
vittime delle privazioni dei diritti, sono animati da un profondo rispetto dell’uomo.
Quali che siano le motivazioni
che li spingono a impegnarsi in
una tale lotta, dovranno vegliare tuttavia che il loro impegno
per i diritti degli altri non serva di pretesto al proseguimento
delle loro ambizioni, personali o
politiche. Per evitare questo pericolo, sarà senz’altro utile che
nel luogo stesso dove vivono e
lavorano, concentrino i loro sforzi in favore del rispetto dei diritti dell’uomo.
La Dichiarazione universale ha
molto giustamente distinto due
dimensioni principali dei diritti
dell’uomo: 1) quella individuale,
2) quella economica, sociale e
culturale che include, va da sé, i
diritti dei piccoli gruppi e delle
minoranze. Queste si completano a vicenda, non si può quindi
separarle. Ora, nella nostra epoca, nella maggior parte delle nazioni e per delle ragioni storiche,
uno di questi due aspetti è sta
Come visitare gli ammalati
(segue da pag. 4)
sperazione, d’infantilizzazione, di
colpevolezza (il senso di colpa
è la caricatura della confessione
dei peccati). Non è certo con
dei discorsi che possiamo alleggerire Tammalato di tutti i suoi
fardelli. Perché la forza di Dio
possa agire, è necessario preparare il « suo » cammino nell’uomo, attraverso im atteggiamento sempre amorevole (perciò
comprensivo) e talvolta silenzioso. Rassicuratevi, questa è già
una testimonianza, la vostra
presenza anche se silenziosa ricorderà al paziente che non è
solo. La Chiesa, la coìnunità dei
fratelli lo circonderanno e lo
sosterranno attraverso voi. Non
credetevi in dovere di terminare
la visita con una preghiera; se
l’ammalato ve la chiede, fatela
senza esitazioni. Parlatene anche
col pastore.
Consigli,
non ricette
Da queste riflessioni si può
trarre qualche consiglio. Diciamo
consigli e non ricette confezionate, né segreti infallibili!
Innanzitutto è necessario spogliarsi del proprio «io» anche
e soprattutto s^trabocca di buone intenzioni, ^r poter avvicinare ciascun ammalato senza
idee preconcette, in uno stato
di disponibilità totale. E poi vi
troverete bene seguendo queste
indicazioni:
1) Consigli pratici: pensate
ai piccoli dettagli pratici sovente così importanti per l’ammala
to: non parlate troppo forte, affatichereste una persona che
già soffre; non muovete il letto
e non appoggiatevici, lo scuotereste; mettetevi in una posizione che non lo obblighi a girare
faticosamente la testa verso di
voi; non giocate a fare l’infermiere e non dategli nulla se non
ne siete stati autorizzati.
2) Consigli fondamentali:
informatevi dal personale sanitario di servizio se l’ammalato è
in grado di ricevere visite, o chiedete a lui stesso se la desidera;
lasciate che vi parli della sua
malattia; ascoltatelo se vuole
parlarvene, non interrompetelo,
siate discreti; potete comunque
rendergli dei piccoli servizi, sempre molto apprezzati: fargli delle commissioni, passargli degli
oggetti (sapone, acqua di Colonia...), impostargli la corrispondenza, sprimacciare il suo cuscino... congedandovi, come pure
arrivando, non dimenticate di
salutare tutti gli ammalati della
camera (anche e soprattutto se
sono musulmani). Dopo ogni visita fatene il bilancio. Perché
qualcosa non ha funzionato?
Perché mi sono sentito a disagio?
E infine non esitate a dividere
le vostre preoccupazioni e le vostre gioie col vostro pastore. Siate sempre in contatto con lui.
Informate la vostra comunità
delle difficoltà che incontrate
durante il vostro servizio e chiedete Tappoggio della preghiera
dei fratelli (ma attenzione a non
commettere delle gravi indiscrezioni). E pregate voi stessi, rendete grazie per il servizio al quale siete stati chiamati. Siatene
contenti.
H. L. de Biéville
ANDRÉ DUMAS
CHIESA: TEOLOGIA - POLITICA
La comunità cristiana alla ricerca di una teologia
nell’impegno politico
pp. 176, L. 4.2(X) («Nostro tempo» 27)
— Il docente di etica alla Facoltà protestante di Parigi, già
ben noto in Italia, ci dà un libro fuori del comune che è stato
definito «il miglior studio critico delle ’teologie politiche’ e
’della liberazione’ finora apparso ». Dumas analizza i fondamenti biblici e critica dall’interno, con spirito solidale, il pensiero di autori quali Moltmann, Metz, Girardi, Gutierrez, Alves ecc.
« Una teologia non politica si limita ai segreti deli’anima,
ma la persona umana non trae alcun vantaggio da questa schizofrenia tra una religione ridotta a questione privata e una
politica ridotta a questione profana, atea».
— Un libro che non è « di sinistra », né « di destra », da meditare per una visione più evangelica della responsabilità del
cristiano nella edificazione della città comune.
CLAUDIANA - Via Pr. Tommaso 1 - 10125 TORINO
c.c.p. 2/21641
r
LA SETTIMANA INTERNAZIONALE
a cura di Tullio Viola
Il risveglio deli’islam
Sotto questo titolo Bernardo Valli esamina (su « la Repubblica » del 30.11.’78) un problema storico, gravido d’incognite e forse destinato a sviluppi di enormi dimensioni nei decenni a venire.
« Il risveglio islamico, che ha
il suo epicentro in Iran, ha colto di sorpresa i dirigenti americani e sovietici. I primi non nascondono un certo smarrimento
di fronte a un fenomeno imprevisto e incontrollabile, i cui effetti destabilizzanti potrebbero
rivelarsi disastrosi in una zona
strategica di primaria importanza. I secondi non capiscono
ancora quali danni potrebbero
subire o quali vantaggi potrebbero trarre da quella vampata
religiosa: un eventuale contagio
nelle regioni musulmane dell'URSS, confinanti con le zone
in fermento, li preoccupa, ma
al tempo stesso contano sul carattere anti-americano che affiora spesso da quel movimento.
Da qui, forse, il recente avvertimento (“niente interventi americani in Iran”) lanciato da Breznev a Carter attraverso una brusca dichiarazione alla “Pravda”.
La polemica tra la Casa Bianca e la da, riferita dal "New
York Times”, ha rivelato nei
giorni scorsi il malessere provocato a Washington dalVislamic
revival”. Gli uomini del Presidente hanno rimproverato al
servizio d’informazioni, radicato
da un quarto di secolo a Teheran, di non aver valutato l'ampiezza dello scontento popolare
guidato dai "Mullah”. Quel che
ha colpito, nella controversia tra
la Casa Bianca e la da, è la risposta che i responsabili di que
st’ultima istituzione avrebbero
dato a Carter. Invitati a fornire, al più presto, nell’estate scorsa, un rapporto sulla stabilità
dei regimi in Iran, Turchia e Pakistan, essi hanno confessato,
con sincerità e sconforto, di non
avere uomini in grado di redigere un documento del genere.
Meglio il silenzio che nuove previsioni sbagliate.
In verità il fenomeno è difficile da analizzare e da circoscrivere. A partire dal due dicembre si potrà verificare se esso ha,
in Iran, l’energia sufficiente per
vibrare un altro severo colpo
(quello definitivo?) al regime
dello Scià. Il braccio di ferro
tra la monarchia e la moschea
s’intensificherà infatti in occasione del “Moharram”, il lutto
sciita in memoria del martirio
di Hussein (nipote del profeta
Maometto), che culmina con flagellazioni pubbliche il decimo
giorno. Le strade di tutte le città e villaggi dell’Iran vengono
percorse abitualmente da lunghe processioni di penitenti, che
potrebbero trasformarsi in una
rivolta di massa contro il regime. Per disinnescare la collera
popolare, alimentata e disciplinata dai religiosi, Reza Pahlevi
cerca invano, da settimane, di
formare un governo accettabile
dal paese. Ma non è riuscito a
trovare un primo ministro presentabile, disposto ad accettare
la carica. Nessun uomo politico
dell’opposizione può sfidare le
moschee, che esigono la partenza dello Scià. Tra il paese e il
sovrano c’è quindi il vuoto.
Il risveglio musulmano non è
tuttavia limitato all’Iran, paese
a maggioranza sciita (il 90%),
Doni Eco-Luce
Abbonamenti sostenitori :
Sig.re Borsalino, Como; Balmas
0(dette, Torino; Marchetti Luigi, Pomaretto; Gönnet Giovanni, Roma; Villani
Maria Luisa, Firenze; Coisson Elda, Angrogna.
Doni di L. 3.000:
Beux Liline, Luserna ; Quaglia Giuseppe, Cantò; Ribet Liliana, Torino;
Tron Anna Maria, Udine; Cavaglià Lido,
Torino; Pons Evelina, Torino; Salvarani
Letizia, Luserna; Peyronel Levy, Torino;
Gandolfo Sergio, Torino; Somma Angela, Torino ; Giordan Giovanna, Angrogna ; Gay Ida, Pinerolo; Tron Aldo, Torino; Schirò Grazia e Lucio, Genova; Corongi Gaetano, Torino; Albarin Malan
Aurora, Luserna ; Charbonnier Jeannette
ved. Gay, Luserna ; Jouvenal Roberto,
Torino; Filippi Elsa, Verona; Palmieri
Ida, Pescara; Bruno Giovanni, Torino;
Palombi Berardino, Pescara ; Tron Roberto, Pomaretto ; Tron Rino, Perosa
Argentina; Calabrese Giovanni, Torino;
Natanello Antonmo, Torino.
Doni di L. 1.000 :
Rivoir Giulio, Milano; Ayassot Ernestina, Roma ; Rivoìra Emma, Roma ;
N.N.; Fornerone Aeissandro, Villar Perosa; Ribet Giosuè, Pomaretto; Soulier
Bartolomeo, Torino; Petrocelli Nicola,
Torino; Mantilaro Giovanni, Torino.
Altri doni :
Unione Femminile, Livorno 20.000;
Moret Emilia, Svizzera 10.000; Tomassone Evangelina Calosso d'Asti 6.000;
Ventrici Carmelo, Svizzera 5.000; Tedeschi Michele, Strambino 13.000.
Grazie !
( continua )
GRAZIE PER UN DONO
SOSTENITORE E GRAZIE
ANCHE PER UN
RINNOVO PUNTUALE
DELUABBONAMENTO !
cioè dominato da una corrente
dell’Islam tradizionalmente insofferente del potere temporale,
sino dai tempi dei Califfi. Fermenti religiosi affiorano da un
pezzo anche in altre contrade
amministrate da regimi di destra o di sinistra. Nel limitrofo
Afganistán, dove sono al potere
forze "progressiste”, gli oppositori vengono denunciati come
“agenti stranieri che si nascondono dietro il Corano”. Quanto
al governo iracheno, naturale avversario dello Scià, esSo si è ben
guardato dall’appoggiare il movimento religioso iraniano, nel
timore di essere a sua volta contestato all’interno. Appena ha
potuto, ha sfrattato o ha favorito la partenza dell’ “ayatollah”
Komeini, che da anni viveva a
Najaf in esilio, e che da quella
città santa lanciava i suoi appelli contro la monarchia di Teheran. Non a caso, il vecchio nemico di Reza Pahlevi si è rifugiato in Francia: nessun paese
musulmano era disposto a dargli asilo e consentirgli una completa libertà d’azione.
Il risveglio islamico si estende dall’Africa settentrionale all’estrema punta della penisola
arabica, le moschee sono diventate centri di un’attività politicomistica che spesso sfugge o addirittura minaccia presidenti e
monarchi. È un rigetto dell’occidentalizzazione forzata e accelerata dalla pioggia di petroldollari? In parte è anche questo.
Ma limitarsi a quest’interpretazione empirica, che prevale sui
giornali e nelle cancellerie anglosassoni, conduce a una semplificazione eccessiva... ».
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