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ECO
DELLE VALLI VALDESI
SIg. FBYROT A rturo
Via C. Cabella 22/5
16122 GBSOVA
Settimanale
della Chiesa Valdese
Anno 108 - Nnm. 19
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TORRE PELLICE - 7 Maggio 1971
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Cristianpsìmo inquieto
La Resistenza nelle Valli Valdesi
DOVE VA LA FEDE? Il bello della libertà
In questo ultimo decennio il discorso cristiano sembra tornato a essere
com.: quello del primo dopoguerra: un
discorso critico più che costruttivo,
una nuova teologia della crisi fatta più
di negazioni che di affermazioni, incline a mettere in questione non solo
questa o quella dottrina tradizionale
ma l’intero sistema dogmatico classico, compresa la realtà stessa di Dio;
non solo questa o quella formulazione
della fede, ma i suoi fondamenti stessi.
Questa tendenza critica è rilevata e
descritta nei suoi aspetti principali
dal prof. André Gounei.i.e della Facoltà
protestante di teologia di Montpellier
(Francia) in un articolo recente, assai
istruttivo, sulla situazione teologica attuale. L’Autore si chiede: Dove va la
teologia? (è il titolo del suo breve saggio). Tanto è legittima la domanda,
tanto incerta è la risposta. È più facile dire dove la teologia moderna non
va. Ci sono almeno quattro vie che la
teologia moderna, o almeno le sue correnti più spregiudicate e meno conformi ai modelli classici del discorso teologico, non percorrono più: quattro
realtà che nella teologia tradizionale
occuparono un posto importante mentre oggi sono rifiutate da molti teologi: il passato, l’aldilà, l’istituzione, la
autorità. Conviene esaminare da vicino, seguendo l’analisi di Gonnelle, queste quattro negazioni tipiche di un
certo modo moderno di credere e di
non-credere, diffu.so non solo fra i teologi ma anche fra i cristiani.
1. Rifiuto della tradizione. Il passato della Chiesa è giudicato negativamente. Secondo certi gruppi giovanili
« stiamo appena uscendo dalla preistoria ». È vero che ogni generazione ha
criticato quella precedente, ma oggi
questa critica è molto più severa e radicale di quanto non lo richieda un
normale avvicendamento di generazioni. I problemi, le discussioni, per non
parlare delle soluzioni del passato, sono di solito considerate come prive di
valore e rilevanza per il nostro tempo.
Lo si registra specialmente nell’ambito dei rapporti interconfessionali: si
dichiara che le differenze confessionali, come si sono precisate e consolidate attraverso i secoli, sono senza interesse e importanza; tutto il cristianesimo tradizionale, cattolico o protestante che sia, è fatto della stessa pasta ed è egualmente decrepito; non ci
può comunicare nulla di positivo. « Il
passato non ha nulla da portarci, non
aiuta a comprendere il presente e a
costruire l’avvenire; al contrario è di
impaccio, dà fastidio, bisogna aiutarlo a morire, bisogna che i modi tradizionali di essere e di pensare tuttora
esistenti, spariscano al più. presto ».
Tra il discorso cristiano tradizionale c
quello che bisogna fare oggi non ci deve essere continuità ma rottura.
2. Rifiuto deU’aldilà. Sempre più numerosi sono i teologi e i credenti cristiani che rifiutano l’aldilà, la trascendenza, come ambito separato e a sé
stante, come altro mondo. « Temo che
i cristiani che tengono un solo piede
sulla terra, abbiano un solo piede anche in Cielo » (D. Bonhoeffer). La fede
non ci conduce a metà strada fra la
terra e il cielo, ma ci obbliga ad avere
i due piedi sulla terra: solo così potremo poi averne due in cielo. Esser cristiani non significa rifugiarsi in una
trascendenza cosmica (l’aldilà) o in
una trascendenza personale (l’interiorità) ma al contrario immergersi nella
concretezza di questo mondo come fermento di trasformazione e rinnovamento. Non le cose eterne ma le cose
concrete devono essere — secondo questa linea di pensiero — al centro delle preoccupazioni dei cristiani. Troppo
a lungo essi si sono occupati del cielo
e dell’anima (la loro): è tempo che si
occupino della terra, che entrino nel
vivo delle lotte, delle speranze e delle
sofferenze del mondo. Secondo la celebre immagine di Bonhoeffer, la Chiesa non è ai margini del villaggio ma
al centro; così Dio non è ai margini
della realtà ma nel suo cuore.
3. Rifiuto delle istituzioni e dei sistemi. La critica al cristianesimo cosiddetto ufficiale è radicale, le « Chiese
stabilite » sono abbandonate a favore
di gruppi informali, spontanei e flessibili di cristiani che vogliono vivere la
fede al di fuori dei quadri ecclesiastici tradizionali e delle organizzazioni
ufficiali. « Essi pensano che le Chiese
sono troppo istituzionalizzate per essere fedeli allo slancio rivoluzionario
delVEvangelo, e le accusano di essere
terroriste, cioè di non sopportare i
non-conformisti ». L’istituzione ecclesiastica di qualunque tipo è considerata un male da combattere più che
da accettare. Si vuole un cristianesimo decisamente anti-istituzionale.
Una condanna analoga viene pronunciata nei confronti dei grandi sistemi dottrinali e teologici, che in un
senso dicono troppo e in un altro troppo poco, che sovente imbrigliano i problemi in una rete soffocante di considerazioni introduttive e collaterali, che
mancano di incisività e di presa sulla
realtà e non di rado riescono a eludere le questioni scottanti e compromettenti. Bisogna quindi abbandonare —
secondo questi teologi — lo spirito di
sistema e rinunciare alle grandi costruzioni dottrinali, optando per un
pensiero teologico più frammentario
proprio perché più legato alla concreta vicenda cristiana del nostro tempo,
e preoccupandosi non tanto di rispondere a tutte le domande quanto di porre tutte le domande, dato che « le domande sono molto più importanti delle risposte ».
4. Rifiuto dell’autorità. Si argomenta che l’umanità è uscita dall’infanzia,
l’uomo è diventato adulto. L’idea di
una sua dipendenza da Dio ■— espressa tipicamente nel rapporto figlio-Padre — tende a essere scartata. Il nome
di Padre attribuito (da Gesù stesso!)
a Dio suonerebbe, oggi, scostante. Non
è sulla dipendenza dell’uomo da Dio
che bisogna insistere ma, secondo questi teologi, sulla autonomia (relativa,
ma reale) dell’uomo e del mondo. Dio
si è creato un partner, non un suddito.
Non bisogna far leva sulle debolezze o
miserie dell’uomo per condurlo a Dio,
questo non sarebbe amare il prossimo
ma approfittarne. Non bisogna coltivare nell’uomo un senso spesso ambiguo di dipendenza da Dio, ma piuttosto renderlo pienamente e totalmente
responsabile di se stesso. Ciò non significa non aver più rapporto con Dio
ma significa avere un rapporto che sia
di comunione, di amore, e non di dipendenza.
E ora: Che contenuto può ancora
avere un discorso cristiano che tenga
conto dei quattro rifiuti ora sommariamente descritti? Secondo Gonnelle
si profilano due possibilità.
La prima è quella dell’impegno senza riserve, cioè dell’impegno rivoluzionario, nel mondo. « La fede ha senso
solo se essa è una lotta per cambiare
la società e il mondo in cui viviamo;
la realtà di Dio si manifesta essenzialmente nel comportamento dei credenti ». Il compito cristiano nel mondo è
di operare per la costruzione di una
umanità giusta c fraterna. In questa
prospettiva, l’impegno politico del cristiano è essenziale.
La seconda è più intellettuale e teorica, consiste nella ricerca del senso
della fede più che nell’impegno a trasformarla in opere. La vera causa della crisi odierna non sarebbe la passività dei cristiani ma una perdita generale di significati. Il compito cristiano
fondamentale è oggi reinterpretare le
grandi affermazioni della fede circa
Dio, Cristo, l’uorao. il mondo.
Che dire concludendo? Si potrebbero fare non poche considerazioni sia
sulle quattro negazioni che caratterizzano una parte del pensiero cristiano
contemporaneo sia sulle sue prospettive future. Senza dubbio tante idee e
categorie del passato, valide per secoli, devono oggi essere abbandonate. Si
tratta di distacchi talvolta diffìcili, ma
necessari. In queste operazioni, una
realtà non va persa di vista: la fede.
La domanda: Dove va la teologia? non
può essere disgiunta da quest’altra:
Dove va la fede? Cioè: In quale obbedienza sta tutto questo con la Parola
di Dio? La fede, e quindi la teologia,
possono effettivamente rifiutare molte
cose, come quelle indicate, o alcune di
esse, o altre ancora. Una cosa sola non
posono rifiutare: la testimonianza della Sacra Scrittura.
Paolo Ricca
Riparlare di Resistenza, oggi, a
più di venticinque anni dalla Liberazione, quando da un lato essa,
diventata uno dei temi ufficiali della oratoria di centrosinistra appare scontata, o quando dall’altra
parte essa, presa a pretesto dalla
retorica pseudorivoluzionaria, appare ritorcersi contro quelli stessi che si fan paladini dimenticando che il fascismo è stato anche,
all’inizio (ma solo aH’inizio), un
tentativo di ridar vigore a Marx
(impastoiato dalla socialdemocrazia) per mezzo di Nietzsche (col
risultato che, alla fine, ci si trovò
col solo Nietzsche e senza Marx),
può sembrare fuori luogo per
quelli che l’hanno vissuta e sono
oggi sconcertati di rivedere gli
amici di allora divisi in opposti
schieramenti.
Eppure, nel numero del 23 marzo 1971 del « Corriere della Sera »,
in quarta pagina, Valdo Fusi dedica un trafiletto non conformista
alla Resistenza in Piemonte, intitolato: « Due Risorgimenti dalla
stessa terra ». Del secondo di questi risorgimenti, cioè della Resistenza, Valdo Fusi cosi parla:
« Qui poi i valori dello spirito erano virilmente vissuti nell’unica minoranza religiosa nazionale: i Vaidesi, e il bello della libertà è che
essa finisce per entrare dentro chi
la contrasta, sicché i piemontesi
l’avevano imparata del tutto com
battendola contro quei valligiani.
....................................... imiimimmiiiiimiii
UN DISCORSO INUTILE?
Forse comincio un discorso inutile,
ma perché non sperare sempre che
gli uomini vogliano intenderlo? Sperare contro ogni speranza. È necessario proprio. E qui a Riesi più che
altrove.
In uno dei recenti dibattiti il cui
tema verteva su la presenza dei cristiani nella politica d’oggi, un riesino
fece un’osservazione quanto mai giusta: « Prima di ogni altra divisione,
fra noi qui, c’è quella fra coloro che
vogliono ragionare e coloro che non
lo vogliono ». In realtà una delle grandi difficoltà nel lavoro per rendere cosciente il popolo delle proprie responsabilità sta nel fatto che la maggioranza non è libera, ma vincolata al
pensiero altrui e già in antìcipo su
posizioni determinate. Il discorso cade perciò nel vuoto perché sia che lo
si contraddica sia che sembri accettato non è recepito in modo che le
idee vengano rivedute. Questo mi pare, però, corrispondere ad una situazione generale più che mai accentuata negli ultimi anni. Si sono creati
tanti fortilizi in cui ogni gruppo elabora le proprie idee senza confrontarle con quelle altrui o confrontandole
a modo proprio ma non nell’ascolto
di chi la pensa diversamente. Il problema è grave perché indice che non
si ha bisogno dell’altro ma si è .sufficienti a se stessi.
Qui sorgono tutte le categorie in
cui si incassettano gli uomini: è di
destra, è di sinistra, è contestatario, è
conservatore, è riformista, è revisionista, è rivoluzionario, ecc... Ma che
cosa significano queste categorie, queste « definizioni » in cui si vorrebbe
racchiudere il prossimo? Chi in realtà vi è contenuto? Mi pare intanto
che Cristo non abbia mai incassettato
gli uomini in alcuna categoria. È per
questo che lo troviamo con tutti: con
poveri e ricchi, con oppressi ed oppressori, con collaborazionisti e dominatori, con credenti e non-credenti e via dicendo. Ed a tutti parla e la situazione
di tutti incarna, anche se i suoi comportamenti sono chiari, non mai di
compromesso, anzi quelli che oggi si
definirebbe di resistenza civile. Lui
’non possiamo onestamente metterlo
in alcun schieramento, come Lui non
inette alcuno in definita categoria, ma
riceve l’uomo quale egli è per dargli
se stesso. A noi, invece, manca sem
pre proprio questo, di saper ricevere
l’uomo come egli è, per ascoltare quel
che proprio lui ci ha da dire, e per
dargli quel che siamo o quel che abbiamo.
Il non volersi ascoltare è un fenomeno che si accentua oggi anche nella chiesa, e non dico solo chiesa-istituzione, ma anche quella parte più
mobile d’essa che vive ai margini della istituzione o del tutto fuori. Un pastore mi diceva, col nodo alla gola:
« Qggi non v’è più possibilità di dialogo, ci troviamo sempre di fronte a
blocchi chiusi ed impenetrabili ». Ed
ecco il discorso che mi pare valido per
tutti. Non credete che abbiamo bisogno di ascoltare ogni uomo di qualunque tendenza egli sia? Non è forse uomo? È caratteristica dei dittatori dirnostrare che dalla parte opposta non
ci sono uomini e questo per poter
passare alla repressione prima ed alla guerra poi. Se non son uomini non
hanno bisogno di esser trattati alla
pari! Non volendo ascoltare, dialogare,
ognuno di noi contribuisce alla creazione di un’atmosfera di convivenza
impossibile ed alle conseguenze che ne
derivano oltre poi ad un pericoloso
impoverimento del proprio pensiero.
Chi di noi non può riconoscere di aver ricevuto molto anche da uomini
di idee opposte o di aver contribuito
a spiegare a quelli ciò che, nel loro
mondo chiuso, non avevano capito?
L’umanità non avrà pace se non quando sarà divenuta un corpo in cui nessuno dei suoi membri sia lasciato ai
margini. Ma mai ci sarà un corpo se
le membra si ignorano, se non sopportano relazioni reciproche, se non hanno osmosi di energie. Non si può cercare pace e giustizia emarginando gli
altri, passandovi sopra, come avviene proprio quando si sdegna di parlare con loro. Non contano proprio nulla nella città o nella chiesa o nel vasto complesso umano? Non si può costruire niente di valido nell’assenza
del fratello ed ancora meno sulle sue
sofferenze.
Non si tratta di trovar vie di mezzo
fra posizioni opposte o di compromessi, ma di ascoltare per cogliere dagli
uni e dagli altri il soffio vitale che
l’uomo, nostro partner sulla terra, può
darci. E per il rispetto che è dovuto
alla creatura per la quale Cristo è
morto. Non si tratta neppure di giungere ad alcuna sintesi. La verità non
è sintesi fra vero e falso, ma proprio
perché nessuno può arrogarsi il diritto di possedere la verità (anzi essa.
Cristo, ci possiede), la comunicazione
col prossimo ci dà un contributo del
quale non si può fare a meno. La comunicazione è ricerca del fratello, del
rispetto che gli è dovuto, dell’amore
che è tensione verso di lui, sapendo il
bisogno che ne abbiamo e realizzando
i! vuoto che v’è, quando questo fratello ci manca, anche se le sue idee son
tanto diverse dalle nostre.
A quanti confessano Cristo e lo attendono si può ancora aggiungere che
la certezza delle nostre buone idee come la critica su quelle altrui non possono precedere il Suo giudizio. Lui vaglierà quel che è buono e quel che
non lo è. Nell’attesa ci è chiesto di indagare, con umiltà, se il Signore vuol
dirci qualcosa per mezzo del nostro
prossimo anche quando questo ci sembra esser avversario. Quel che importa è l’edificazione di una comunione
fra gli uomini e questa non può esser
vera quando manca un sincero e fraterno confronto di pensiero e di fede. La comunione fra gli uomini vai
ancora di più di una società senza
classi, perché un mondo senza classi e
nell’uguaglianza di fronte alle leggi
può ancora esser un mondo diviso se
mondo di uomini che non si guardano né si ascoltano e, perciò, non si
sopportano. « L’inferno sono gli altri » ha detto J. P. Sartre, ma questo
inferno sussisterà anche nella società
meglio organizzata se non vi sarà fra
gli uomini una comunione vera nel
vincolo dell’agape.
È per questo che alla chiesa è stato
affidato il ministero della riconciliazione, che non è di sintesi né di compromesso, ma servizio al mondo di Dio
fondato sul suo perdono e sulla vita
nuova che ne deriva. Dopo l’ultima
guerra mondiale molti hanno scavato,
anche con povere mani, nel concetto
evangelico dell’agape, ed andarvi sempre più a fondo è forse la cosa più
importante oggi, poiché questo nostro mondo diviso e pieno di esplosioni di violenza ci mostra che fuori dell’agape di Cristo non v’è, per esso, più
alcuna uscita.
Tuli.io Vinay
Che l’opposizione al nazismo qui
abbia avuto caratteri affatto peculiari, uscita, quasi, opera corale di
ceti e villaggi e città, dal paesaggio, l’ha intuito quella posterità
contemporanea che sono gli stranieri: il corrispondente del "Times” dall’Italia è venuto una volta a curiosare quassù; l’episodio
del paese di contadini che ospita
durante la guerra 126 prigionieri
britannici, lo accende, ne riferisce;
scrive libri sul Piemonte ».
Ringrazio Valdo Fusi per le sue
parole. Sono senza sospetto perché Fusi è un uomo libero. Solo
la libertà, ben egli dice, ha questa
peculiarità: di conquistare chi la
contrasta, oltre che di rafforzare
chi per essa combatte. Ed infine la
libertà non è fenomeno di massa,
perciò chi crede in essa è, probabilmente, solo. Come, forse, è solo, oggi. Fusi. Liberi e soli: ci vuole coraggio, perché crollano tutte
le sovrastrutture ed i miti di cui
si alimenta la massa. A Valdo Fusi, a quegli altri che di tanto in
tanto si incontrano e si stringono
la mano quasi increduli di ritrovarsi soli a venticinque-trenta anni di distanza, voglio dire queste
parole di fede: la Resistenza non
fu fenomeno di massa, ma di pochi
che ci credettero o seppero credervi fino alla fine; quando fu fenomeno di massa la Resistenza fu tradita in vari modi. E la Resistenza
non fu neppure maggioranza silenziosa, perché, allora come oggi,
maggioranza silenziosa è. di fatto,
sinonimo di appoggio al sistema.
Resistenza, allora come oggi, è parola di chi parla al vento del deserto. Ed è anche un fiore rosso
al Martinetto.
Roberto Jouvenal
lllllillllMIIIIIIIIIMIIIIIIIIIIIIIMIIIIIIMimilllllllllllllllllllll
Un progetto
di “referendum”
popolare contro
le “norme fasciste”
del codice
(Ag. Italia) — Un progetto di referendum popolare con l’abrogazione
delle norme fasciste del codice penale
italiano è stato depositato presso la
segreteria della Corte di cassazione.
Tra i promotori vi sono vari uomini
politici della D.C., del P.S.L, del
P.S.I.U.P., del P.C.I., degli indipendenti di sinistra e i giudici di « magistratura democratica ».
Le norme incriminate sono 49 articoli del codice penale, relativi ai reati
d’opinione e all’esercizio delle attività
sindacali. In particolare i reati di vilipendio contro i poteri e i simboli dello Stato (vilipendio della repubblica,
delle istituzioni, delle forze armate,
della nazione, della bandiera). Viene
anche proposta l’abrogazione degli articoli riguardanti Tapologia di reato,
le istigazioni « speciali » (istigazione
dei militari a disobbedire alle leggi,
ecc.), l’ingiuria, l’oltraggio (a pubblico
ufficiale, alla magistratura, ecc.).
Inoltre, nel progetto di referendum
rientrano le norme che vietano l’esercizio del diritto di sciopero ad alcune
categorie di cittadine (pubblici ufficiali, impiegati incaricati di pubblici servizi ed altri) e tutti quegli articoli che
colpiscono le varie attività collegate
all’esercizio del diritto di sciopero (assemblee, picchettaggi, occupazioni, cortei, lanci di volantini).
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pag. ¿
N. 19 — 7 maggio 1971
Per
va/i’da, obiettivamente fedele, cioè ecumenicamente serena
AGAPE - II“ CAMPO AFRICA - EUROPA
1-12 agosto 1971
Una storia valdese ecumenica ?
Un amico valdese, convertitosi anni
fa al cattolicesimo, mi ha fatto la cortesia d’inviarmi qui a Belgrado sia il fascicolo di novembre 1970 della « Rivista
Diocesana Pinerolese », sia il numero
ne »: quello contenente il Direttorio
del 1 aprile 1971 de « L'Eco del ChisoEcumenico della Diocesi di Pinerolo
(pp. 49-68) di cui si è già parlato in questo giornale, questo con un articolo di
Don Severino Bessone intitolato Per fare una storia ecumenica bisogna essere
in due. Sorvolo di proposito sui pur
importanti problemi sollevati dal « motu proprio » sui matrimoni misti, per
soffermarmi solo un istante sul voto
fraternamente espresso nel paragrafo
14 del suddetto Direttorio, cioè che
« cattolici e valdesi in unione di sforzi
arrivino a scrivere una storia scientificamente valida, obbiettivamente fedele
ed ecumenicamente serena del succedersi nel tempo delle forme di vita
cristiana in questa nostra terra », vale
a dire nel pinerolese.
Altri hanno già scritto sull’argomento
e non ripeterò le cose già dette, ma
quel che mi preme è di mettere in rilievo quanto molto opportunamente ha
espresso Don Mario Polastro alla tavola rotonda sull’eventuale ingresso della
Chiesa cattolica nel C.E.C. tenutasi a
Torre Pellice il 14 marzo u. s., cioè che
sarebbe giunto il momento per tutte le
chiese di abbandonare le proprie sicurezze, per i cattolici il loro complesso
di maggioranza e per gli evangelici il
loro complesso di minoranza, quest’ultimo estrinsecato in parentesi con l’affermazione « siamo i migliori ».
Se una confessione di peccato va fatta — e mi accorgo che gli estensori del
Direttorio ci hanno già in ciò preceduti
con delle espressioni profondamente
edificanti che ricordano quelle incise
dai riformati ginevrini sul monumento
di Champel commemorativo del rogo
di Serveto —, questa confessione la
dobbiamo fare anche noi valdesi, perché anche noi non siamo esenti da peccato né possiamo gettare la prima pietra. Il mestiere di storico è uno dei più
difficili. È più agevole far filosofia o far
teologia che far storia. In filosofia ed
anche in teologia si può inpunemente
far dell’ideologia, non in storia, la quale
è tutta costruita a posteriori sui documenti, e ognun sa quanto sia arduo
leggere e interpretare questi documenti senza a priori, cioè senza preconcetti,
ma ognun sa anche che i preconcetti
confessionali sono i più tenaci e i più
duri a morire! Il Prof. Armand-Hugon,
pur professandosi apertissimo alle
avances pinerolesi, ha voluto però calcar la mano su quanto di controstorico
e di antiecumenico c’è nel recente volume di Don Severino Bessone su Val
San Martino (cf. Eco-Luce n. 11 del 12
marzo 1971), ma lo stèsso egli avrebbe
potuto fare, e a più forte ragione, stroncando con uguale cura minuziosa dei
dettagli tutte le storture di qualcuno
dei nostri storici dei secoli passati, che
ancor oggi vanno per la maggiore e che
si vuol persino risuscitare in edizioni
nuove (cf. Eco-Luce n. 10 del 5 marzo
1971). Penso in particolare al Léger, i
cui evidenti falsi furono denunciati non
soltanto da parte cattolica — menziono
solo il domenicano Agostino Ricchini
nella sua introduzione del 1743 alla
edizione delI’AdversiiS Catharos et Valdenses dell’inquisitore Moneta di Cremona (prima metà del secolo XIII) —,
ma anche per opera del nostro Emilio
Comba, che nella sua ben nota Storia
della Riforma in Italia del 1881 accusa
l’autore dell’« Historie générale des
Eglises Evangéliques des Vallées du
Piémont » del 1669 di « svolazzare sulPali della fantasia nel campo delle leggende ». Per fortuna non siamo più ai
tempi « eroici » dei massimi campioni
della storiografìa confessionale, quali
Flaccius Illyricus e Baronie nel secolo
VI oppure Bossuet e Basnage nel secolo successivo, e, con tutto il rispetto
che si può avere per il grande istriano
di Albona autore del Catalogus testium
veritatis (1556), non si possono più sposare i suoi argomenti secondo cui
chiunque in un modo o nell’altro abbia
scritto contro il Papa è da considerarsi ipso facto precursore di Lutero, anche se quasi tutti i « reclamatores » citati da Flacius furono condannati da
Roma come eretici.
Quel che diceva Don Polastro a proposito di una delle esigenze fondamentali dell’ecumenismo cristiano, che
cioè ogni chiesa abbandoni le proprie
sicurezze, può valere anche sul terreno
dell’indagine storica, se è vero quanto
scrive Don Vittorio Moreno che « l’ecumenismo e l’atteggiamento fondamentale del Vaticano II in questa materia...
non ci obbligano a costruire una storia
che non sia più una storia..., bensì ci
impegnano a valutare quello che è accaduto diffidando di certe fonti, cattoliche e valdesi, che a una critica testuale corretta risultano essere non
delle fonti storiche pure, ma una maniera di fare la storia» (cf. Eco-Luce
n. 13 già cit.).
I tempi sono ormai maturi per quanto così giustamente auspica il Direttorio pinerolese, ma in questo voto, a
dire il vero, non si parla né di una
storia valdese, né tanto meno di una
storia ecumenica, bensì di una « storia
del succedersi nel tempo delle forme
di vita cristiana » in terra pinerolese
che sia, oltre che « scientificamente valida » e « obbiettivamente serena », anche « ecumenicamente serena », e si augura che ciò avvenga in base ad un
« impegno comune di studiosi di cn
trambi le confessioni nella ricerca storica del passato » delle valli pinerolesi, abitate — aggiungiamo noi — alternativamente o contemporaneamente
da cattolici e valdesi. Si vuol forse fare una storia concordata, come sembra
opinare Don Bessone col suo accenno
all’esigenza di « essere in due » per fare quella storia, come nel matrimonio?
Sarebbe davvero una iattura! Abbiamo
già delle « bibbie concordate » che —
a parte la pia intenzione di chi le ha
ideate e attuate — lasciano le cose come le trovano perché, anzicché indicarere una interpretazione nuova, frutto
di una ricerca comune, di passi controversi da secoli, si limitano a registrare
le varie simbologie con lo scopo confessato di « attirare l’attenzione sopra
quei punti che danno adito al disaccordo dei teologi e che sono propri a ciascuna denominazione » (cf. La Bibbia
Concordata tradotta dai testi originali
con introduzioni e note a cura della
Società Biblica Italiana, Milano, Mondadori, 1968, p. 1 non numerata della
« prefazione »). Certo, è sempre meglio
dell’aspra polemica, di epoche più o
Pamiers del 1207 e fondatore, insieme
con altri compagni di Linguadoca, di
quello che fu chiamato l’ordine dei Poveri Cattolici. La vita di questa associazione d’imitazione apostolica, basata sulla povertà assoluta e sulla predicazione itinerante, fu di breve durata.
Sernpre sospettata dalle gerarchie ecclesiastiche locali di criptovaldismo,
anche se difesa di volta in volta dal
papa Innocenzo III che ne aveva approvata la fondazione nel 1210, essa finì per fondersi nel 1247, per volontà
espressa del papa Innocenzo IV in uno
degli ordini monastici nel frattempo
canonicamente costituiti. Questa fine
prematura, come giudicarla storicamente? Per la cattolica Thouzellier, della Sorbonne, il vegetare progressivo
dei Poveri Cattolici — e insieme con
loro del gruppo affine dei Poveri Riconciliati fondati due anni dopo da Bernard Prim — e la loro fusione con l’ordine nascente dei Domenicani, che
« nessuna ombra d’errore aveva mai
sfiorato », sono dovuti essenzialmente
alla mancanza d’organizzazione e all’indifferenza, per non dire, al disprezzo
Una proposta interessante, ma non scevra di equivoci e di interrogativi
meno recenti, però non si fa un passo
avanti, si rimane attaccati al passato.
Per convincersene, basta leggere le note a Matt. 1: 25 sulla verginità di Maria, temporanea, per gli uni e perpetua
per gli altri, od anche a qualcuno dei
passi sui fratelli di Gesù (per es. a
Marco 3: 31 ma non, inspiegabilmente,
a Matt. 12: 46 che viene prima nel testo canonico), interpretati rispettivamente come cugini dai cattolici, fratellastri dagli ortodossi e veri fratelli nel
senso etimologico del termine dagli
evangelici! Vogliamo fare, lo ripeto,
una storia « concordata »? Tutto è possibile a questo mondo, all’insegna della buona volontà. Abbiamo già delle
storie revisionate, ridimensionate, purgate, corrette ecc., possiamo anche avere delle storie concordate e, passi pure, ecumeniche. Ma come le faremo?
Il primo ostacolo che incontreremo
sarà quello dell’interpretazione da dare a certi fatti o a certi documenti, come nelle bibbie concordate a certi passi. Mi limito ad un solo esempio, che
non riguarda le valli pinerolesi, ed è
in più significativo, perché concerne
un illustre valdese tornato nel girone
della Chiesa Romana 'molti secoli fa:
parlo di Durando de Osca, uno dei discepoli più letterati di Valdesio, autore
di varie opere contro i Catari, rientrato
nelle file romane dopo la disputa di
dei privilegi, all’opposto di S. Domenico e dei suoi confratelli che, « forti di
potenti appoggi da parte di signori o
vescovi », godevano anche « del favore
popolare e della generosità di ricchi benefattori ». Per il protestante Selge, invece, si tratta di uno scacco vero e proprio, dovuto soprattutto alla « perdita
del dinamismo missionario » dei primi
tempi e alla sottomissione a Roma,
« che doveva col tempo spezzare la coscienza della vocazione apostolica » di
questi imitatori cattolici di Valdesio:
Durando si sarebbe fatto delle illusioni
perché, mentre sperava che tutti i Vaidesi si sarebbero sottomessi a Roma
in quanto Roma aveva confermato la
missione apostolica dei Valdesi col
mandato della Chiesa », la massa di costoro, rifiutando il suo appello, « restò
indipendente e si organizzò per durare... Riconciliandosi il gruppo di Durando, la Chiesa romana non ha salvaguardato per il suo bene lo slancio carismatico dei primi Valdesi ». Questo
giudizio così severo non poteva passare
senza essere contestato da uno dei massimi conoscitori della spiritualità della
Francia meridionale del medioevo e
dallo storico più in vista di S. Domenico: parlo del domenicano Humbert Vicaire, professore all’Università cattolica di Friburgo, il qàale è dell’opinione
diametralmente opposta, prima di tut
to perché « 1’esistenza di questo preteso
scacco non è confermata dai documenti »; poi perché « nessun ramo valdese
ci ha lasciato una testimonianza della
vitalità e della profondità della sua fede paragonabile, anche da lungi », all’opera polemica anti-catara di Durando; infine, perché la vocazione apostolica dei Poveri Cattolici, consolidatasi
coi loro dibattiti contro gli eretici e con
le loro fondazioni umanitarie « nate dal
loro ministerio di salvezza », era destinata a diventare solidale « della corrente degli Ordini mendicanti in piena
espansione », partecipando così « ad
una evangelizzazione del mondo di una
tale ampiezza » da non essere nemmeno
concepita dai Poveri stessi « aH’inizio
del loro impegno conseguente alla chiamata di Valdesio... Per cui, scomparendo alla vista verso la metà del secolo
XIII, essi non si sono estinti, bensì, fusi e assimilati de plus ou moins gré, si
son continuati nelle correnti francescane, domenicane, agostiniane, come un
piccolo fiume finisce in uno più grande, più adatto per andar lontano » (cf.,
per i testi citati di Thouzellier, Selge e
Vicaire, prima Christine Thouzellier,
Catharisme et Valdéisme en Languedoc
à la fin du Xll.e et au début duXIII.e
siècle, Paris 1966, p. 271 nota 5; poi
« Cahiers de Fanjeaux 2 » su Vaudois
languedociens et Pauvres catholiques,
Toulouse 1967, p. 137, 240 e 242).
Chi dei tre ha ragione? That's thè questioni Ben venga l’unione degli sforzi e,
soprattutto, si avveri effettivamente
l’augurio che quella nuova storia, scritta o da valdesi o da cattolici, sia scientificamente valida, obbiettivamente fedele ed ecumenicamente serena: valida
in senso scientifico, cioè effettivamente
basata su documenti seri e non su fantasie e leggende più o meno apologetiche; fedele ed obbiettiva, cioè dove si
fa dire a quei documenti solo quel che
dicono, senza aggiungere o togliere
nulla; serena in senso ecumenico, cioè
con la costante preoccupazione di non
offendere il fratello di fede diversa.
Giudichino i cattolici chi fra noi cerca
di ispirarsi a questi tre validissimi obbiettivi. Per conto mio mi piace menzionare in questa sede l’opera di ben
noti studiosi di autentica professione
cattolica in cui ho sempre riscontrato
quel triplice impegno: nomino tra gli
altri, oltre ai Thouzellier e Vicaire già
citati, il domenicano Antoine Dondaine
ben noto per i suoi studi fondamentali
sull’eresia medievale, il canonico Etienne Delaruelle dell’Istituto cattolico di
Tolosa e il Prof. Yves Dossat, « maitre
de recherches au C.N.R.S. » (cf. il suddetto « Cahier de Fanjeaux » n. 2).
Giovanni Gönnet
IIIIMIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIMIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIMIIIIII llllllllllllllllllllll MMIIIIMIIIII!IIIIII IIIIIIIIIIILIIIIIIIII IIIIIIIIIMIIIIIIIIIIIIIIMIIinili;illlllll||||||||||||||||||MII IIIMIIIIIIIi:illlllll
TACCUINO DI VlAQGlO
La Jugoslavia: ieri e oggi
VARCANDQ LA FRONTIERA
Venezia Giulia, Trieste, Zona B sono
un richiamo al pellegrino che varca la
frontiera d’una storia ancora recente,
tessuta di incomprensioni, errori, politiche sbagliate in un clima di tensioni
e rivendicazioni.
« Il Ponte » nel numero speciale dell’agosto-settembre 1955 ed il « Quaderno dell’Osservatore » del 1969 illustrano il quadro politico-sociale soprattutto a partire dalla metà del secolo. Si ricorda infatti in quei documeni che il
desiderio dell'unione di quelle terre all’Italia nasce con il concorso di vari
elementi, tra i quali la formazione dell’unità d’Italia, lo sviluppo capitalistico
dell’economia triestina; ne scaturisce
così il fenomeno dell’ irredentismo,
quale residuo risorgimentale in vista
dell’unità d’Italia. A Trieste la borghesia è potente, mentre il contado slavo è
povero e l’irredentismo non tiene affatto conto delle minoranze slave, vissute
sempre « sul fondo della vita sociale »
e che riemergono non appena prendono
coscienza della loro realtà di popolo
che aspira alla libertà. Difatti gli Slavi
della periferia triestina sono stati considerati dai fautori d’un certo irredentismo quali stranieri, perché di razza
diversa, con quello spirito razzista col
quale si difendono le posizioni economiche di privilegio. Aggiungasi poi
l’elemento imperialistico per cui gli irredentisti « ultra » si richiamano volentieri alla millenaria civiltà romanoveneziana considerando l’Adriatico
« mare nostrum ». D’Annunzio è stato
il vale infausto di questa corrente deprecabile quando, oltre ai gesti, esprimeva in parole il suo programma: « la
Dalmazia appartiene all’Italia, per virtù divina ed umana, per grazia di Dio...
sotto la forza latina di Roma, dei Papi
e Venezia: e ninno potrà arrestare il
ritmo fatale del compimento, il ritmo
romano... ».
Si pretese così che nessun italiano
restasse fuori dei confini d’Italia, quindi, con logica presunzione che ogni città o villaggio dove c’era un italiano
passasse all’Italia in omaggio « ai sacri diritti storici ». Anche se maggioranza, gli Slavi dovevano diventare dei
buoni cittadini italiani...
Nella seconda guerra si consuma poi
la tragedia dell’italianità giuliana per
cui barbarie e delitti, poco noti in Ita
lia, sono addebitati alla nostra occupazione del 1940-43; nel 1945 i conti del
fascismo nazionalista e imperialista si
pagano ad un alto prezzo e la situazione viene rovesciata.
Certamente una linea di comprensione e di rispetto per le minoranze avrebbe evitato errori pesanti, con tutte le
rivalse del dopoguerra da parte slava.
POPQLO TORMENTATO
La storia jugoslava riflette le grandi
correnti e le tappe della storia generale
d’Europa: Illirici, Traci, Slavi, Pannoni,
Romani, Greci, Bizantini, Turchi, Celti
lasciano un’impronta nelle vicende di
quella nazione, soprattutto quando il
territorio viene diviso come al tempo
dei Turchi. La Croazia, la Serbia, il
Montenegro formano i loro stati soprattutto dopo il IX secolo, nell’alternarsi di crolli, di crisi dinastiche. Venezia poi lascia la sua orma contestabile, tessuta di esazioni di tasse, repressioni, torture, e stragi, mentre gli
Asburgo, concrollano saldamente la
Croazia e la Bosnia con la provocatoria invasione della Serbia nel 1914. Nel
1920 s’afferma il ComuniSmo, contrastato e messo fuorilegge qualche tempo dopo, mentre il Fascismo penetrava
alla corte serba con successiva alleanza con l’Asse e designazione d’un re
per la Croazia nella persona di Aimone
di Savoia. Poi, nell’ultima guerra c’è
stata la riscossa del popolo intero sotto la spinta comunista e l’affermazione
del regime comunista sotto la guida
della forte personalità del maresciallo
Tito.
LA NUOVA JUGOSLAVIA
Con la vittoria del 1945 la Jugoslavia
entra nell’orbita moscovita e prepara
una Costituzione che ricalca quella dell’URSS, con un governo assolutista. Nel
1948 Tito si separa da Mosca e si entra
in una seconda fase: lo stalinismo
viene sconfessato, con conseguente decentralizzazione in ogni campo. Si introduce Vaulogestione e si dà un valore enor'mc ai Comuni. Perciò accanto
alla struttura formulata nel 1946, che
conferiva una maggiore autorità e potenza al vertice, la legislazione del 1948
e del tempo successivo affianca alla
struttura, direi politica, organismi quali le camere dei produttori, nelle quali
questi ultimi c tutti i settori della po
polazione possono concretamente partecipare, a mezzo di rappresentanti, alla discussione e alla soluzione di problemi collegati con tutta la vita economica, sociale e culturale del paese. I
contadini si organizzano in cooperative, ferma restando la proprietà privata
fino a dieci ettari di terreno. I Comuni
poi sono autentiche comunità politicosociali, con poteri notevoli, dove i cittadini sono tutti partecipi nei modi e
nei termini più opportuni per il progresso del paese. In altri termini, ferma restando la linea politica indicata
dalle assemblee federali, tutti gli altri
organismi sono collegati insieme per
rendere più partecipe il popolo e perciò più responsabile in ogni settore, nel
vero interesse di tutti.
Per fare degli esempi citiamo la scuola: mentre sino al 1945 l’analfabetismo
era prevalente, dopo quella data lo stato jugoslavo per mezzo di tutti gli organi generali e settoriali ha raggiunto
risultati enormi. Nella scuola gli studenti, i professori e i genitori non si
muovono su binari paralleli che non
s'incontrano mai, ma formano delle
comunità di studio e di lavoro con responsabilità e potere decisionale notevoli. Ci sono gli otto anni gratuiti di
scuola d’obbligo, le scuole più diverse
per il proseguimento degli studi. Università regolari e quelle per operai che
non hanno conseguito un titolo regolare. Il rapporto, tanto deprecato da
noi, tra scuola e problemi sociali è visto con particolare interesse ed è contemplato sul piano legislativo. Corsi di
aggiornamento, di qualificazione sono
pure contemplati; il lavoro e lo studio
sono previsti come elementi complementari l’uno dell’altro per evitare là
deprecata distinzione tra chi lavora o
chi studia soltanto.
Il decentramento è ritenuto essenziale proprio per evitare quegli intralci a
noi ben noti; esso sgombra il terreno
da quella burocrazia perniciosa che da
noi blocca la vita stessa dello Stato.
Per evitare il potere della burocrazia,
gli incarichi di natura burocratica sono
fissali a termine e per un tempo non
troppo lungo, in modo da stroncare
ogni minaccia di infezione burocratica.
IN VISITA AI VILLAGGI
Poco fuori Belgrado, i villaggi sono
(coìilinua a pag. 6)
imperialismo culturale
e masse popolari
Il problema è comune ai popoli dei due
contiiionti. Eur0])a e Africa: si tratta dello
sfruttamento del proletariato e dei popoli oppre,ssi da parte della borghesia imperialista, ciò
che implica Palienazione ideologica. Ma il problema si presenta in forme un pò diverse in
quanto Pimperialismo culturale è per l’Europa un fenomeno normale dipendente dal sistema di produzione capitalista. Per l'Africa invece questo imperialismo culturale (intendiamo con questa espressione la dominazione ideologica borghese) è un prodotto dell'espansione
colonialista inerente allo sviluppo interno delt economia dell'Europa capitalista. Questo è il
motivo generale che ci ha indotti a proporre
lo studio comune (Africa-Europa) di questo
soggetto. In questo contesto generale dovremo limitarci a qualche punto specifico per
meglio esplicitare il nostro pensiero:
1) L educazione e l’insegnamento come
mezzi di trasmissione dell’ideologia borghese.
Lo scopo essenziale dell’educazione è di preparare le masse al loro sfruttamento e all’aceettazione della loro suhordinazione. In Europa come in Africa, anche se il processo utilizzato differisce, lo scopo preordinato resta identico.
a) In Europa, l’imperialismo vuole perpetuare la sua ideologia e, attraverso questa,
mantiene la divisione delle classi.
b) In Africa, per mezzo dell’educazione
1 imperialismo cerca degli alleati e sgretola le
società tradizionali. Le masse popolari sono
condotte a trasformarsi in masse sfruttate
nel quadro dell’economia capitalistica.
2) L influenza ideologica dell’imperialismo
attraverso le religioni: l’esempio del Cristianesimo e dell'Islam.
Le istituzioni religiose del Cristianesimo e
dell’Islam, come l’insegnamento e l’educazione, ma ad un livello diverso, servono come
canali per la trasmissione della ideologia delle
classi dominanti.
I due tipi di religione sono di fatto al servizio dell’ideologia dominante. Questo dovrà
essere sviluppato, studiato anche il ruolo di
alcune religioni dell’Africa. A differenza dell’Europa e dei Paesi arabi, dove il Cristianesimo e l’Islam si sono profondamente radicati
da tempo. l’Africa si trova in una situazione
in cui le due religioni partecipano ancora attivamente alla distruzione delle società comunitaristiche africane e delle loro religioni.
3) Sindacati e partiti operai e influenza
deU'ideologia borghese.
I sindacati e i partiti della classe operaia
sono conseguenze delle contraddizioni esistenti
tra la borghesia e il proletariato. La borghesia,
per mantenere e rafforzare il suo potere, cerca di estendere la sua influenza ideologica ai
sindacati e ai partiti operai. In questo quadro
è necessario analizzare l’apparire del riformismo e del revisionismo.
Questo dovrebbe permetterci di fare un’analisi critica concreta delle istituzioni giuridiche
e politiche che reggono questi partiti e i sindacati. Si potrebbe cosi comprendere meglio
la situazione delle masse lavoratrici in Africa
e in Europa e considerare in modo più preciso la nozione di classe operaia.
Diretto da un gruppo di africani ed europei.
Quota: L. 18.000, più L. 1.600 di iscrizione. Lingue : italiano, francese, inglese, tedesco. Età minima : 17 anni.
Inviare l'iscrizione a : Segreteria di Agape
10060 Frali (Torino).
La comunità
e la predicazione
Il tema: Proposto dal campo deiranno scorso, il tema intende porre il problema del rapporto tra la predicazione e la configurazione
delle nostre comunità. L'annuncio delTEvangelo è una delle attività della comunità o è veramente la ragion d'essere della vita della comunità? L'organizzazione e la vita delle nostre
comunità favoriscono o impediscono questo
annuncio?
Partecipazione: Il campo è aperto a tutti
gli evangelici italiani : è uno dei pochi luoghi
in cui i membri delle Chiese che fanno
parte della Federazone delle Chiese Evangeliche in Italia si incontrano con membri di
Chiese che non fanno parte di questa Federazione. L'incontro avviene sulla base della
fede di ciascuno e non di qualsiasi etichetta.
Essendo un campo per famiglie, particolari
facilitazioni saranno offerte alle famiglie. Come gli altri anni, alcune collaboratrici si occuperanno dei bambini in modo da panucllere
ai genitori di seguire studi e discussioni. Si
terrà conto anche dell'esigenza di riposo di
chi partecipa impiegando così una parte delle
proprie ferie, dando spazio al tempo liìjero e
non rendendo pesante il programma.
Direzione: Gustavo Bouchard, Marcello Cicchese. Franco Giampiccoli, Michele Sinigaglia
e Renzo Turinetto.
Programma: g. 12: arrivo per cena, culto
di apertura, assemblea; v. 13: « La predicazione nella Chiesa primitiva» (Atti 2; 14-39);
s. 14: « I ministeri nella Chiesa » (Atti
6:^ 1-6); d. 15: culto con la comunità di Frali;
pomeriggio libero; 1. 16: «La missione» (Atti 13: 1-3); m. 17: «La vita della comunità
primitiva» (Atti 2: 42-47); m. 18: Sintesi
delle discussioni sui testi studiali con particolare riferimento alla vita delle nostre comunità: g. 19: giornata libera con possibilità di
gita in montagna; v. 20: conclusioni del camj)o; s, 21 : jiartenza dopo la colazione.
Indicazioni firnliche: Portare la Bibbia; indumenti pesanti [>er le sere; non dimenticare
im documento di identità per la registrazione.
Indicazioni per l'arrivo saranno inviale agli
iscritti.
Quota individuale: L. 14.000 + L. 1.600
di iscrizione.
Facilitazioni: Per le famiglie (genitori e figli); (piota per due adulti T-,. 24.000. figli sotto
i 3 anni: gratis; 3-12 L. 6.000: oltre i 12
L. 9.000. Iscrizione per ogni adulto L. 1.600.
Famiglie una sola quota di ¡.scrizione. Per
Comunità: almeno 5 |)ersone provenienti dalla
stessa comunità: sconto del lOTo sulla (piota
del campo.
Inviare le iscrizioni a: Segreteria <li Agape.
10060 Frali (Torino) - r.c.p. 2/20554.
3
7 maggio 1971 — N. 19
pag. 3
LA CHIESA E LA SUA MISSIONE NEL MONDO
I Cristiani in Giappnne, og
Tokyo (Iwf). - « Il futuro è diventato
presente », queste parole dello scrittore A. M. Rosenthal si applicano nel
modo più opportuno ai 100 milioni di
abitanti di un paese del miracolo industriale odierno, il Giappone. Questa
dichiarazione si riferisce in particolare
alla grande prosperità economica di
quella nazione (ancorché tutt’altro che
priva di squilibri), ma potrebbe anche
riferirsi alla proliferazione delle religioni.
Oltre allo Shintoismo e al Buddhismo tradizionali, molte “nuove religioni” — come Soka Gakkai e Rissho
Rosei — hanno attratto milioni di aderenti.
Sebbene ancora proporzionalmente
esigui di numero, i raggruppamenti
cristiani nel Giappone conoscono anch’essi una crescita costante (i cristiani nipponici sono oggi l’l,02% della popolazione, mentre erano lo 0,42% venti
anni fa e lo 0,25% cinquant’anni fa) ed
esercitano un'influsso considerevole in
vari settori della vita.
Secondo il Kirisutokyo Nenkan (Annuario Cristiano) 1971, pubblicato dal
settimanale cristiano in lingua giapponese « Kirisuto Shimbun », nel 1970 vi
erano in Giappone 1.069.576 cristiani,
cioè 28.066 in più di quanti fossero l’anno precedente (1.041.M0). Tuttavia l’entità dell’aumento è sensibilmente inferiore a quella registrata Tanno precedente (75.863 unità in più). Su questo
totale, i protestanti sono 700.002, i cattolici romani 345.074 e gli ortodossi
24.500.
Vi sono oltre 7.000 comunità protestanti e oltre 1.000 comunità cattoliche
e ortodosse; circa 15.000 operai protestanti e circa 7.400 cattolici, inclusi i
sacerdoti, gli assistenti, gli evangelisti;
circa 1.800 missionari stranieri protestanti e circa 2.340 cattolici. Numerose
donne sono incluse in queste cifre.
Fra i protestanti vi sono non meno
di 110 raggruppamenti ecclesiastici;
sette sono, fra quelli tradizionali, i più
forti numericamente:
Chiesa Unita di Cristo nel Giappone (KYODAN)
Chiesa dello Spirito di Gesù
Chiesa Anglicana Episcopale del Giappone
Convenzione Battista Giapponese
Chiesa Evangelica Luterana del Giappone
Chiesa di Cristo
Esercito della Salvezza
Membri (1970)* Chiese (1969) Centri predic. (1969)
205.051 1.319 310
62.080 135 304
48.474 262 58
20.858 123 114
16.436 120 21
15.772 98 —
10.050 57 59
* Inclusi i membri di chiesa battezzati e non comunicanti. Que.sti dati statistici sono stati
pubblicati dal « Kirisuto Shimbun » del 21 novembre 1970.
iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiMiniimiMiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiuiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii
I giovani tedeschi e ia nonvioienza
Stoccarda (soepi) - Dei giovani protestanti e cattolici-romani, recentemente riuniti a Stoccarda, hanno esaminato
i metodi della resistenza nonviolenta.
Essa è possibile solo — hanno concluso — nei paesi dove esistono la libertà
di comunicare, la libertà di organizzazione, e il rispetto dei diritti dell’uomo.
(n.d.r.: dissentiamo in parte da queste
conclusioni, dato che parecchie manifestazioni che si ispirano alla nonviolenza, come dimostrazioni pacifiste e
antimilitariste, o in favore dell’obiezione di coscienza, sia in Italia che in altri paesi a democrazia occidentale, vengono talora proibite, sempre “scoraggiate” e sovente lasciate in balta della
reazione delle destre).
Il seminario era organizzato dal gruppo di lavoro della gioventù protestante
e dalla federazione delia gioventù cattolica nella Repubblica federale tedesca.
Esso si inserisce nel quadro delle discussioni sulla nonviolenza iniziate dalle Chiese tedesche per rispondere alle
questioni sollevate dal programma di
lotta del Consiglio ecumenico delle
Chiese contro il razzismo.
Citando ad esempio Gandhi, M. L.
King e la testimonianza del Cristo, i
giovani hanno sottolineato il fatto che,
per ispirarsi ai metodi della resistenza
nonviolenta, occorre « essere pronti a
soffrire » e che solo coloro che vi si
sono preparati possono « seguire questa via ».
Nel ritenere che è attualmente possibile, nella Germania occidentale, sostenere la lotta dei movimenti di liberazione con dei metodi nonviolenti, i giovani hanno suggerito che le Chiese
usino tutta la loro influenza affinché il
governo della rep. fed. tedesca cessi di
vendere armi al Portogallo. Esse dovrebbero anche contribuire a boicottare quelle industrie che sostengono i sistemi colonialisti.
Essi hanno anche riconosciuto che
gli obiettori di coscienza contribuisco, no a indirizzare le popolazioni verso i
metodi non violenti. Tuttavia « qualunque servizio sostitutivo dovrebbe essere
trasformato in un servizio per la pace
suscettibile di recare un beneficio all'insieme della società ».
miiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiMiiiiiiiiiiii
Appello
alla riconciliazione
nella Chiesa del Congo
Kinshasa (soepi) - Quando il primo
Sinodo della Chiesa di Cristo in Congo
(E.C.C.), che lavora per l’unità lanciata
dal Consiglio protestante del Congo,
stavà per riunirsi, si è prodotto un movimento di dissidenza. Dopo aver minacciato di ritirarsi dalTE.C.C., J. W.
Shungu, vescovo della Chiesa metodista, ha preso l'iniziativa di condurre
una riunione parallela a quella del Primo Sinodo.
La riunione dissidente, «Consiglio Nazionale delle Chiese Libere » è stata tenuta in febbraio a Kinshasa. Sarebbe
stato eletto un segretario generale. Però non si è avuta alcuna dichiarazione
ufficiale riguardo al ritiro della Chiesa
Metodista e delle altre comunità che
Tavrebbero seguita.
Un appello alla riconciliazione è stato
lanciato al vescovo Shungu prima della
sessione del Primo Sinodo della Chiesa
di Cristo in Congo che si è riunita a
Mbandaka dal 27 febbraio al 6 marzo.
« È ora di provare al mondo che i cristiani protestanti sono maturi, capaci
di capirsi e capaci di trovare nella
fratellanza le soluzioni ai loro prohle
mi più delicati » ha scritto l’evangelista nazionale delTE.C.C., il pastore J.Perce Makanzu, nel suo appello.
Inoltre il Sinodo nazionale delTE.C.C.
ha deciso di « fare un appello pressante alle comunità ritiratesi perché esse
ritornino in seno aU'E.C.C. In questo
appello, il Sinodo « decide di formare
una Commissione di riconciliazione
per iniziare immediatamente quest’opera. Il Sinodo chiede alle comunità di
pregare affinché questa riconciliazione
possa realizzarsi. La Commissione di
Riconciliazione sarà composta da I.
Kalondji, S. Kashamam e N. Kabeya.
Altri membri della Commissione saranno nominati dal presidente delVE.C.C. ».
Da quando fu nominato nel 1968 segretario generale e poi presidente del,TE.C.C., il Pastore J. Bokeleale si è imposto di ricercare l’unità come antidoto alle divisioni nella Chiesa.
Le sedute del Primo Sinodo della
E.C.C. sono state presiedute dal pastore Davis, missionario della Chiesa presbiteriana degli Stati Uniti. Il Presidente delTE.C.C., il pastore Bokeleale, è
stato riconfermato nelle sue funzioni.
Incontro fra
“Gioventù Evangelica”
e “Testimonianze”
Firenze 2 maggio 1971. 50 Amici e collaboratori delle due riviste « Testimonianze » e
« Gioventù Evangelica » si sono ritrovati per
uno scambio di idee sul problema del rapporto
fccle-politica. « Testimonianze » è una delle
riviste del « dissenso » cattolico. Il confronto
è stato interessante e vivo e ha fatto apparire
in partenza una certa diversità nella storia
dei due movimenti, nelle situazioni ecc.
È stato attivamente dibattuto il problema
che è stato definito quello della « sorte della
confessione di fede », dove per alcuni importava sottolineare la chiarezza della prassi, per
altri invece la necessità di ritrovare il significato della confessione di fede e di una lettura
biblica comunitaria. Tra critica e autocritica è
apparso non certo una linea comune delle
due riviste, ma una certa vicinanza di interessi, che rende possibile e auspicabile un incontro di questo tipo dove tutto sommato lo
scambio tende al nocciolo.
Il mondo
cresce in fretta
(A.P.) - Nel bollettino mensile di
statistica delle Nazioni Unite il servizio relativo alla popolazione ritiene
che nel 1990 vi sarà più di un miliardo
di cinesi, e più di un miliardo di indiani entro il 2000...
La popolazione mondiale, per tale
data, sarà di circa 6 miliardi e mezzo
dì individui. Nel 1975 supererà i 4 miliardi, mentre nel 1985 conterà oltre
5 miliardi.
Secondo queste statistiche, la popolazione deirU.R.S.S. — terzo paese
come numero di abitanti (240 milioni
nel 1969) — sarà di 255 milioni nel
1975, di 316 milioni nel 1990 e di
329 milioni nel 2000.
Gli Stati Uniti, che sono al quarto
posto con 203 milioni nel 1969, nel
1975 conteranno 219 milioni di abitanti, e 252 milioni nel 1985.
Bossey : la Bibbia
contestata
e contestatrice
Bossey-Ginevra (soepi) - Che cosa ci
si può aspettare da un « libro » in un
mondo post-letterario? Vi è un unico
messaggio biblico? Vi è un messaggio
per il tempo presente? Il messaggio è
autentico? Queste quattro domande
hanno introdotto il diciannovesimo seniestre del Centro universitario di studi ecumenici organizzato ogni inverno,
da ottobre a febbraio, all’Istituto ecumenico di Bossey. Questa sessione aveva come tema « La Bibbia, contestata
e contestatrice ».
43 studenti hanno seguito questo corso e la loro partecipazione alTelaborazione del programma è stata di gran
lunga più importante di quanto lo fu
nelle sessioni precedenti. Essi hanno
inoltre preferito un lavoro creativo in
piccoli gruppi a dei corsi formali. La
maggior parte dei partecipanti ha dimostrato meno interesse per lo studio
teologico proposto che per i problemi
di etica sociale e la possibilità di vivere un’esperienza multi-culturale e multi-confessionale.
Nel rapporto sul lavoro di cinque
mesi di sessione, il professore H. R.
Weber, direttore associato del Centro
universitario di studi ecumenici, scrive che sarebbe stato opportuno a volte interrompere il programma di studi
per analizzare, incominciando dalla
Bibbia, le ripercussioni delle tensioni
e degli avvenimenti attuali, quali il cataclisma nel Pakistan orientale od il
conflitto del Medio Oriente evocato dagli studenti. M. Weber si chiede anche
se il Centro non sia diventato « un luogo dove le tensioni, i problemi e le speranze del macrocosmo sono vissuti in
seno a questo microcosmo sperimentale che è Bossey ».
I partecipanti, che rappresentavano
le principali confessioni, hanno parlato
delle rispettive tradizioni ed hanno partecipato al servizio di comunione in
comune. Come ogni anno, il culto è stato oggetto di controversie. Secondo
Weber, molti studenti in teologia non
pregherebbero più, o per lo meno non
pregano più secondo gli schemi tradizionali.
II programma si è incentrato sulla
Bibbia e sul culto, sulla traduzione della Bibbia, sul mezzo di comunicare i
testi biblici, e sulla loro estrinsecazione
per mezzo del canto e dell’arte.
Come conclusione alle relazioni di
questo 19° semestre, un osservatore ha
fatto notare che gli studenti non hanno contestato la Bibbia più di quanto
la Bibbia stessa non abbia contestato
loro.
Matrimoni misti, emigrazione, ecumenismo a Sanremo
L’Assemblea si è riunita il 18 aprile votando questi ordini del giorno :
SUI MATRIMONI MISTI
L’Assemblea di chiesa, chiamata a pronunciarsi sul motu proprio del Pontefice in merito ai matrimoni misti e sulle Norme esecutive della Conferenza episcopale italiana,
prende atto che le dispense per la celebrazione dei matrimoni misti possono essere
accordate anche se il matrimonio verrà celebrato davanti alla sola autorità civile o al ministro di cullo acattolico;
che detta dispensa è tuttavia subordinata
alla promessa scritta da parte del coniuge
cattolico che i figli vengano educati nella Chiesa Romana;
che il coniuge evangelico deve essere tempestivamente informato « in modo tale che risulti chiaro che questi è consapevole delle promesse e deH’obbligo della parte cattolica »;
rileva inoltre che l’imposizione alla parte
evangelica di un matrimonio celebrato con
questi vincoli non tiene conto di quanto deliberato dallo stesso Concilio Vaticano II, secondo cui in materia religiosa nessuno debba
essere « costretto ad agire contro la sua coscienza » e che ai genitori a spetta pure il diritto di stabilire il tipo d’istruzione religiosa
da impartirsi ai loro figli, secondo le proprie
convinzioni religiose » (Dichiarazione sulla libertà religiosa cap. 1-2 e 5);
ritiene pertanto che la Chiesa debba svolgere adeguata preparazione dei giovani fino
dai corsi di istruzione religiosa per renderli
coscienti delle conseguenze che deriveranno
per loro stessi, e dei problemi che, pure ignorati o accantonati in un primo momento, inevitabilmente si imporranno in seguito nella
loro vita familiare;
si ritiene infine che, secondo quanto già
decìso nella Assemblea del 15 Marzo 1970, la
testimonianza evangelica venga meno qualora dei giovani, fin dal momento del loro primo incontro con il possibile compagno o compagna della propria vita, non dichiarino esplicitamente la loro volontà di mantenersi fedeli
alla propria confessione di fede anche per
quanto riguarda l’educazione dei figli. Si dovrebbe quindi constatare un cedimento nella
fede qualora un coniuge, dimentico delle promesse pronunziate al momento della sua professione di fede evangelica, celebri il proprio
matrimonio consapevole dell’impegno preso
dalla comparte cattolica, che i propri figli verranno educati secondo principi che egli non
ritiene in armonia con la Sacra Scrittura.
SULL'EMIGRAZIONE
L'Assemblea, preso in esame l’articolo 22
degli Atti del Sinodo 1970, relativo al problema degli italiani che, nell’impossibilità di trovare lavoro in patria, sono costretti a emigrare in paesi stranieri,
ritiene che la Chiesa Valdese abbia verso
iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii iiiiiiiiiimiiiiiiNiiMiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiMiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiMiiiiii
Impegno delle corali di Prarostino e di Rara
Domenica mattina 18 aprile u. s., la Corale
di Prarostino fece visita alla Corale di Rorà,
ove fu accolta con cordiale fraterna simpatia,
partecipando, al culto presieduto dal pastore
Coisson, ove neU’intermezzo le due Corali si
sono susseguite col canto di diversi inni tratti dall Innario nuovo, Innario francese e cori,
destando nei presenti una gradita, piacevole
impressione.
Giunti allora di pranzo le due Corali si
riunivano presso la locale sala delle attività,
per consumarvi una ricca abbondante mensa
preparata così lodevolmente dalle gentili signore e signorine coraliste, terminando il pranzo tra canti religiosi e popolari. Giunse l’ora
di partire per la Corale di Prarostino, che
raggiunse il Rifugio Carlo Alberto e l’Asilo
dei vecchi di San Giovanni, per recare a codeste persone anziane ricoverate un messaggio canoro per la lode al Signore, mediante il
canto di innumerevoli inni e cori valdesi, che
lasciarono a ciascuno un apprezzato sentimento di gioia.
La domenica mattina 25, fu la Corale di
Rorà che venne a Prarostino per ricambiare
la visita, ed anche qui durante il culto presieduto dal pastore Ayassot, ed in seguito al
pranzo in comune presso l’Albergo Tarin, si
ripete l’identica manifestazione canora, come in precedenza a Rorà,
Nel pomeriggio i coralisti di Rorà si recarono anche loro presso il Rifugio e l’Asilo dei
vecchi di San Giovanni.
Ed ora non va dimenticato di e.sprìmere un
caldo ringraziamento e un vivo plauso al sig.
Gustavo Albarin, direttore delle due Corali, Prarostino e Rorà, che con spirilo di
abnegazione, di sacrificio talvolta, offre la sua
valente opera nelTinsegnamento del canto corale, che nonostante la sua non più giovane
eia, settimanalmente sia d’autunno come di
inverno, sia nel hello come nel cattivo tempo,
da Luscrna S. Giovanni, sale sia a Rorà come a Prarostino per insegnare il bel canto
corale.
Grazie ancora Sig. Albarin.
Erminio Gardiol
Ultimamente abbiamo avuto la gradita visila di un gruppo di Svizzeri di Berna, accompagnati dal V. Moderatore Deodato e dalla
Corale di Prarostino diretta dal sig. Gl Albarin che ha dato il suo valido ed apprezzato apporlo canoro al Cullo domenicale.
Ringraziamo di cuore quei Fratelli e la
Corale di Prarostino con il suo Pastore della
fraterna generosa accoglienza fatta alla Corale
L'abbondanza di notizie delle comunità ci
ha costretti ad inserire in questa pagina
curata dal doli. R. Peyrot una parte di
queste notizie. Red.
di Rorà in occasione del suo incontro con
quella Chiesa.
iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiMiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii
Federazione delle Chiese Evangeliche
in Italia
Convegno biblico su
<c Attualità dell’ Antico
Testamento»
ECUMENE 10-11 GIUGNQ 1971
Il Convegno avrà luogo a Ecumene
(Velletri) il 10 e 11 giugno 1971 (arrivo
la sera del 9).
Il tema generale sarà suddiviso nei
seguenti studi:
— « Il metodo di studio dell’Antico Testamento nell’opera di G. Von Rad
(Eugenio Rivoir).
— « L’opera in generale » (Michele Sinigaglia).
— «1 profeti delTVIII secolo» (Bruno Costabel).
— « I rapporti tra Antico e Nuovo Testamento: la Legge » (Bruno Rostagno).
Vi sarà spazio inoltre per una discussione critica dell’opera di von Rad
e per una discussione a gruppi sulle
note omiletiche su testi dell’Antico Testamento.
L’incontro sarà diretto da Aldo Comba, del Servizio Studi della Federazione.
Quote di partecipazione: da L. 3.000
a L. 4.000 secondo la durata della permanenza.
Iscrizioni: da effettuarsi al più presto presso il pastore Sergio Aquilante,
Via S. Barbara 23 - 67060 Villa San Sebastiano.
Materiale preparatorio: il numero di
marzo-aprile di Diakonia di quest’anno contiene due scritti di Giorgio
Tourn e di Luciano Deodato, rispettivamente sul rapporto tra verità bibli-'
ca ed esattezza storica e sulla storia
delle origini di Israele; tali scritti hanno un carattere preparatorio in vista
del Convegno.
Mario Sbaffi
iiiiiiMiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiMiiiiiiiiiiiii
Pomaretto
Domenica 9 maggio
Culto della famìglia cristiana, per i genilori ed i figliuoli.
Domenica 16 maggio^ ore 15
Assemblea di Chiesa, per discutere la relazione annua e procedere alla nomina dei delegati al Sinodo ed alla conferenza distrettuale
(nella sala delle attività).
di loro una particolare missione da svolgere
per l’annunzio dell’Evangelo;
auspica che i nostri emigranti po.ssano
essere incoraggiati a inserirsi nelle comunità
evangeliche dei paesi ospitanti, trovando in
esse la manifestazione pratica di quell'amore
fraterno espresso dalla parola del Signore:
« Fui forestiero e mi accoglieste » (Matteo 25: 35);
ritiene altresì che in attesa che questo
possa avvenire, l'assistenza già svolta a loro
favore venga mantenuta e intensificata
e infine che si debbano aiutare gli emigranti prima della partenza, affinché .sieno
messi in grado di affrontare la loro nuova condizione di vita nel modo migliore.
SU UN CONVEGNO
DELLE CHIESE DELLA LIGURIA
L’Assemblea della Chiesa Valdese di Sanremo, preso atto della convocazione a Genova
(ii un convegno in vista di una collaborazione
sempre più stretta fra le Chiese evangeliche
della Liguria, plaude all’iniziativa e si dichiara pronta, nel limite delle sue possibilità,
a collaborare con ogni buona iniziativa, senza
ritenere indispensabile la creazione di eventuale nuovo organismo ecclesiastico in aggiunta a quelli già esistenti.
Illlllllllllllllllllllllllllllllllllllllllltitllllllllllllllllllllllllll
Vacanze a Casa Gay
Corsi estivi di francese per ragazze
dal 10 al 31 luglio 1971
A Torre Pellice (Torino), Casa Gay funziona durante Tanno scolastico come scuola-convitto femminile evangelica di economia domestica e orientamento professionale, sul modello
di scuole svizzere. In Italia non esistono scuole di questo tipo, e dai risultati ottenuti ormai
da diversi anni Casa Gay si è rivelata più che
utile, sia per l’insegnamento, sia per l'esperienza di vita comunitaria e familiare che offre alle ragazze.
Quest’anno il comitato della scuola ha deciso di organizzare un’attività estiva, durante
il periodo in cui la scuola è vuota. Si tratta
dì due corsi contemporanei per ragazze dai
14 ai 20 anni : per ragazze italiane un corso
di francese — al quale collaborano insegnanti
francesi — e per ragazze francesi un corso
d'italiano.
L’originalità di questi corsi risiede nel fatto che italiane e francesi vivranno insieme, e
cosi si facilita la pratica della lingua studiata.
Questo corso è anche previsto per venire incontro al desiderio di molte famiglie italiane
che esitano a mandare all’estero delle ragazze
giovani per imparare una lingua.
Nel programma ci sarà, per le italiane: un
corso per principianti, e un’altro per chi sa già
il francese e desidera perfezionarsi. Sono previsti ogni giorno: un’ora di corsi teorici con
lettura, grammatica, traduzioni, letteratura... e
« un'ora varia di conversazione » in francese,
con argomenti dì attualità, articoli di riviste,
giochi, diapositive, dischi, canti, ecc.
Accanto al programma teorico — dato che
il miglior modo per parlare correntemente
una lingua è di fare molta conversazione ■—
sono previste delle attività di tipo manuale :
in primo luogo, l’organizzazione generale assumerà l’aspetto di un campo, dove si vive una
vita comunitaria, e dove si partecipa, a turno,
una o due volte alla settimana, ai lavori della cucina; in secondo luogo ci saranno, alcune
volte alla settimana, secondo la scelta delle
partecipanti, delle attività di tipo « espressione artistica », ad esempio : decorazione, oggetti scolpiti, lavori con la rafia, « bricolages »
vari ecc.
Vi è inoltre in programma delle escursioni
a Torino, la visita della regione da un punto
di vista turistico, storico... In serata, televisione, serate ricreative...
Il prezzo, di L. 1.600 al giorno, è tenuto
basso per offrire la possibilità a un maggior
numero di ragazze di iscriversi.
Per informazioni e iscrizioni, rivolgersi a:
Signorina Cesan, Casa Gay, Via Volta 2
10066 Torre Pellice (Torino) - Tel. 91.386
lllllllllllllllllllllllll IIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIMIIIIIIIIIII
Scuola Latina
di Pomaretto
Doni ricevuti fino al 31-3-1971 dalla Direzione che, sentitamente, ringrazia.
Polis Adriano (Pomaretto) 10.000; Long
Antonella (Pomaretto) 10.000; Jahier Ernesto (Pomaretto) 10.000: Bleynat Aldo (Pomaretto) 15.000; Peyrot Livia (Porosa Argentina)
5.000; Pons Daniela (Pramollo) 5.000; Bleynat Martina (Pomaretto) 10.000; Marchetti
Valdo (Pomaretto); 5.000: Marchetti Anna
(Pomaretto) 5.000; Pavan Ivano (Pomaretto)
10.000; Vinçon Silva (Dubbione) 10.000: Jahier Vitale (Pomaretto) 5.000: Rihet Ines (Pomarelto) 10.000; Coucourde Valter (Inverso
Pinasca) 15.000: Emma Bounou.s-Rosso (Villar
Porosa) 1.000: Polii Franco (Chiotti) 10.000:
Gardiol-Grill Marianna (Perosa Argentina)
3.000: Pons Marcello (Perosa Argentina)
.1.000; Long Adelina. Alice, Cesare (Pinerolo)
10.000: Poiit Laura (Perrero) 10.000: Giorgina- Giaccone (S. Germano Chisone) 5.000; Pini
Erica (Bergamo) 10.000; Bleynat A. Rita (Pomaretto) 7.000.
Associazione .Amici Scuola Latina:
Sig.ra Maria Grill-Margaria (Torre Pellice) 50.000; Rostagno geom. Emilio (Torino)
10.000: Amici tede.schi 50.000; Gino Conte
(Torino) 5.000: Comunità di Rorhach per
(lauti 10.200; Guido Botturi (Torino) 20.000;
Elda Gay Balmas in mem. di Cesare Gay
5.000; N. N. 10.000.
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pag. 4
N. 19 — 7 maggio 1971
Notiziario Evangelico Italiano
Coni'è vista nelle varie Chiese la questione della presenza del credente nella società Notizie metodiste
Noto che i vari periodici delle chiese
evangeliche scarseggiano sempre più
di notizie. In mancanza di cronaca, forse può interessare rendersi conto, attraverso il pensiero di Pastori e laici,
come le varie chiese interpretano un
argomento, un problema.
Ho scelto quello deWatteggiamento
del credente di fronte ai mali che affliggono l’timanità. L'espressione è un
po’ retorica e convenzionale, in realtà
si tratta di cose che incontriamo tutti
i giorni.
Oi V11OI0 un miracolo
di Cristo
Il 15 gennaio scorso il Pastore Avventista D. Visigalli, nel terzo anniversacio del terremoto, ha visitato le località danneggiate della valle del Belice. A Santa Margherita egli constata
che, oltre alla baraccopoli, niente è stato fatto di nuovo: l’aspetto del paese
è più o meno quello che ha visto tre
anni fa, quando giunse da Roma con i
soccorsi avventisti.
Egli, mentre guarda le rovine... intatte e le baracche... in rovina, pensa
« ai contrasti di questa civiltà spaziale che continua a spedire uomini sulla
luna... ed è capace di produrre simili
capolavori di incapacità cronica ».
Secondo il Pastore Visigalli, colpa di
questa situazione è « l’arrivismo e il
clientelismo della partitocrazia » e soprattutto l’amore del denaro è quello
che impedisce il realizzarsi di cose giuste e favorisce solo gli interessi dei potenti.
« Ma io non credo — egli commenta
— che per ucciderlo occorrano petizioni, scioperi e violenze ». La Bibbia dice che solo il ritorno di Cristo, fra
non molto, porterà il trionfo della giustizia. In questa attesa, solo riformando il cuore dell’uomo, potremo cambiare la società. Ma questo miracolo
lo può fare soltanto Cristo.
Fratoni ei*itaiia
Il C.E.S.E. è un’opera della Eederazione delle Chiese Evangeliche in Italia; il significato della sigla è: Centro
Emigrazione Siciliana in Europa. Il
C.E.S.E. emette periodicamente un
bollettino ciclostilato che è dedicato
agli emigranti, questi nostri fratelli
che sono obbligati a lasciare il paese
per sopravvivere.
Nel numero di febbraio-marzo del
Bollettino leggiamo uno scritto del nostro pastore di Palermo P. V. Panasela.
Egli riferisce che la Chiesa Evangelica
di Hessen-Nassau organizza ogni anno
l’azione detta « Pane per il mondo ».
Quest’anno l’azione, che si protrae per
vari mesi, ha come scopo la Sicilia,
considerata uno scampolo del terzo
mondo.
Il pastore Panasela ed altri impegnati in un’azione di sviluppo in Sicilia,
sono stati invitati in Germania per il
rilancio della campagna, ed hanno potuto parlare in varie città e illustrare
la situazione dell’isola e ciò che si può
fare per essa. Sono stati anche discussi i problemi degli emigrati in Germa•nia.
« Bisogna — commenta in altra parte del Bollettino il Pastore Metodista
Mannocchio — aiutare i fratelli che
sono in difficoltà con servizi sociali, ma
la nostra opera non deve fermarsi agli
aiuti immediati: deve andare in profondità, studiare le cause dei problemi, sensibilizzare gli interessati e la
società a questi problemi. Non dobbiamo essere solo dei donatori, ma entrare nel vivo della situazione ». « Crediamo sia passato il momento della fase
della constatazione e dell’atteggiamento vittimistico... e si debba passare senz’altro al momento successivo che deve portare alla saldatura tra classe dirigente e popolo e al rovesciamento di
un regime ingiusto. In questo momento la chiesa deve recuperare la forza
della profezia e unirsi nella lotta, umilmente, nello spirito di un servizio di
liberazione... ».
.mjDov^é ia vittoria?
Il Capitano Dentice. dell’Esercito
della Salvezza, parla, in « Grido di
Guerra », della violenza che si .scatena
in modo sempre più drammatico in
questo nostro tempo; violenza « di
ispirazione nera o rossa o di qualsiasi
altro colore ».
Quale deve essere l’atteggiamento
del credente di fronte ad eventuali assetti sociali oppressivi? Deve egli pren- r/ie <;urcedpt>
dere posizione prò o contro questa o
quella corrente politica?
Cosa fece Gesù tra gli zcloti rivoluzionari da una parte, i Romani oppressori dall’altra?
Egli respinse la tentazione di ridurre la sua missione a una faccenda politica, relativizzò ogni istituzione, ogni
potere umano.
Tra i credenti vi sono oggi molti zcloti, che mettono ogni speranza in un
cambiamento di strutture sociali e politiche, « ma il Vangelo dice qualcosa
di più, dice che, cambiando l’uomo...
si anticipa la vittoria su ogni struttura
ingiusta... ed è quindi il Regno di Dio
che si stabilisce nei cuori e nelle coscienze ».
Ciò non significa — conclude il Capitano — che non si debba combattere il male, ma che non si deve affrontarlo con i suoi stessi mezzi, cioè con
la violenza, perché questa genera altra
violenza e quindi altro male.
Dobbiamo resistere al male solo con
la spada del bene.
No aiia violenza
La Eederazione Giovanile Evangelica Italiana, gruppi di La Spezia:
CQNSAPEVQLE del fatto che il peccato si manifesta oggi come nel passato anche in precise situazioni storiche basate sulla violenza;
TESTIMQNIANDQ con l’annuncio del
Regno di Dio una realtà che contrappone radicalmente la Sua giustizia
all’ingiustizia umana;
DENUNZIA il clima di violenza organizzata esplosa nei tragici fatti di
Catanzaro come segno di una precisa volontà di soffocamento dei diritti dell’uomo;
CQNFESSA la sua vocazione a testimoniare la propria fede con una predicazione profetica e con iniziative
concrete ispirate all’amore cristiano
anziché alla violenza, al dono ed al
servizio anziché all’oppressione e al
dominio;
RIVQLGE a tutti coloro che in questi
giorni hanno elevato la loro vibrata
protesta per l’assassinio di Calabria,
l’APPELLQ a moltiplicare i loro sforzi ad adoperarsi alla causa del diritto alla vita ed alla libertà per ogni
uomo ed alla radicale eliminazione
delle cause della violenza e del sopruso.
(Da « Voce Metodista », marzo 1971).
Cristiani,
cioè seguaci di Cristo
Paolo Manini, in « Voce Metodista »,
scrive una breve meditazione.
Fu in Antiochia, città dell’Asia minore, che per la prima volta i discepoli furono chiamati Cristiani.
Perché — si domanda P. Manini —
furono chiamati così? Per scherno, seguendo essi uno che era stato giustiziato con ignominia, o con una punta
di ammirazione, perché si distinguevano dagli altri per i loro costumi irreprensibili, per la loro fede illuminata?
I discepoli, comunque fosse, accettarono di buon grado questo appellativo
e lo portarono con fierezza.
E noi, che ci diciamo Cristiani, lo
siamo veramente?
Viviamo come Cristo è vissuto, facciamo il bene come Lui l’ha fatto,
amiamo i nostri nemici, perdoniamo.
portiamo la luce cristiana nelle tenebre di questo tempo?
« Non chiunque dice Signore Signore, entrerà nel Regno dei cieli, ma chi
fa la volontà del Padre mio che è nei
cieli ».
« Che il Signore ci dia la forza e la
grazia per diventare ed essere sempre
dei cristiani autentici! ».
Due fiageiii
sempre presenti
La fame c’è stata sempre nel mondo
ed anche la guerra — osserva m. v. in
«Grido di Guerra» (Es. della Salvezza).
Le carestie e le epidemie sono cose
del passato, ma la fame, nel mondo
moderno, è un male cronico: una gran
parte del mondo, il terzo mondo, la
soffre, soprattutto perché sfruttata’ dai
paesi più civili.
Anche la guerra è un male sempre
preserite, sia sotto forma di conflitti
armati che di conflitti psicologici.
Noi cristiani, chiede m. v., che cosa
siamo chiamati a fare davanti a una
situazione simile?
Ci sono quelli che ritengono realizzabile la pace e il benessere con la instaurazione di un sistema ideale che
dia agli uomini la sicurezza, ma questi
hanno programmi di violenza e di repressione.
Altri fanno progetti e tante tante parole: anche questo non condurrà alla
soluzione.
Secondo m. v. « ci vuole qualcosa di
più, ci vuole l’intervento di Dio negli
eventi umani, ci \ uole il riconoscimento del peccato personale e collettivo,
ci vuole il ravvedimento individuale e
di massa. Ci vuole il trionfo di Cristo ». E quanto a noi, dobbiamo essere il lievito di cui parla Gesù e dobbiamo obbedire alTEvangelo, convertirci ed affrettare, con la nostra attesa, il ritorno di Cristo.
Ma esiste
un guarto rnandom.m
In « Noi », il giornaletto dell’Istituto
Battista « G. B. Taylor » di Roma, leggiamo: « Si senti parlare spesso di
terzo mondo, della fame, della miseria
del terzo mondo. Ma esiste un quarto
mondo.
« È l’Altro che incontri per la
strada, chiunque esso sia.
Porta in se un’infinita tristezza.
Ma tu non le ne accorgi... »
(1^ Vita Somasca)
« Signore — dice Elia Tartaglia, segretario del consiglio interno dell’Istituto — dammi la forza... dammi un segno tangibile della Tua presenza ».
Egli si trova in costante difficoltà
per far quadrare il bilancio di questo
istituto di ragazzi che hanno bisogno
di tutto.
delle entrate provengono
da benefattori e amici sparsi un po’
dovunque, un quarto solo dalle famiglie dei ragazzi.
E dopo aver fatto i suoi conti Elia
Tartaglia conclude così: « Grazie, o Signore, perché operi così grandemente
nel cuore dei nostri amici. Benedicili o
Signore! ».
Non vogliamo tare soltanto
della beneficenza
Il Gruppo Giovanile Battista di Firenze espone una proposta di lavoro
su « Solidarietà Evangelica », il bollettino del Centro di solidarietà evangelica di Firenze.
I giovani Battisti hanno deciso di
svolgere un’inchiesta nel quartiere di
Santa Croce, la zona dove è situato il
Centro, in modo da ricavare informazioni sulle condizioni economiche e sociali degli abitanti.
Essi non vogliono solo curare i mali
che affliggono i loro fratelli, ma vogliono risalire alle cause che li determinano e metterle in evidenza, così da
sensibilizare le comunità ai problemi
della società e insieme prendere una
chiara posizione.
« Noi non vogliamo lavorare per i
minimi, ma con i minimi ».
Più avanti, parlando del problema
degli invalidi, il pastore Metodista
V. Incelli dice: « Le nostre chiese sono tanto abituate alla beneficenza e al1 assistenza, che è estremamente urgente per loro una riflessione nuova su
ciò che fanno, affinché esse imparino a
rispettare la personalità del fratello
senza il rischio di distruggerla ».
E il Past. Piero Bensi, Battista, sempre sul Bollettino del Centro, in una
meditazione su Romani, 14: 7, ci riporta alla linea verticale. Parlando dell’orientamento che deve avere la vita
del credente, egli dice che la. nostra
scelta non si basa sulla nostra volontà,
sulle nostre capacità morali, sulla nostra consacrazione al servizio, ma su
una scelta che Dio ha già fatto per
noi. Egli ha deciso per noi, quindi non
esiste per noi altra possibilità che
quella di vivere per Lui.
Inda Ade
............................
Isolotto: fine della tregua
L’altra domenica, alla fine del culto,
un esponente dell’Isolotto ha rivolto
la parola nella nostra chiesa ai valdesi
fiorentini. Era la prima volta che alla
assemblea cultuale si rivolgeva qualcuno proveniente da un gruppo o da
una comunità del dissenso cattolico.
Questo non succedeva per caso, anche
se — naturalmente! — non sono mancati accenti di disappunto.
Vorremmo che a Firenze, e non solo
a Firenze, ci rendessimo conto che oggi la comunità dell’Isolotto combatte
di fronte allo Stato ed.alla Istituzione
ecclesiastica che lo condiziona una
battaglia che è anche la nostra. Non
è ora il momento di stabilire le distanze, di distinguere e di rifiutare determinate posizioni teologiche, (cosa che
non abbiamo del resto mai mancato
di fare), ma di riconoscere quegli obbiettivi comuni di fondo che richiedono un lavoro comune, coordinato.
Quando queste righe saranno sul
giornale, avremo già avuto l’inizio del
processo che trascina in Tribunale nove persone, preti e laici, con l’accusa
di istigazione a delinquere. Alle spalle
del Tribunale c’è la curia vescovile fiorentina, c’è il Concordato dlerico-fascista; alle spalle dei nove imputati c’è
una comunità popolare che dalla lettura del Vangelo è giunta a posizioni
di protesta e di rottura. Sarebbe a mio
avviso segno di decadenza profonda,
di smarrimento, se noi evangelici non
vedessimo chiaramente che in questa
situazione, oggi, non abbiamo altra
scelta ragionevole che quella di solidarizzare con risolotto.
La curia vescovile ha finalmente capito di avere sbagliato completamente
tattica in passato, e ora cerca di annullare nel silenzio lo scandalo di questo processo. Se ne parla il meno possibile; gli stessi organi di stampa «di
informazione » tacciono compiacenti;
i partiti, infognati nella questione della revisione del Concordato, non dicono nulla. Airisolotto già da tempo si
osserva questo sganciamento dei parliti e, insieme, la cortina di silenzio
con cui si tenta di emarginare il dissenso: si comincia a capire cosa significhi essere « minoranza religiosa in
Italia ».
In questo momento la reazione è tipicamente popolare, una sorta di reazione razionale e appassionata. Il primo appello è al popolo: riunioni nelle
Case del Popolo, in associazioni, con
tatti coi gruppi di ogni parte, una manifestazione in piazza. Si è anche stampato un libro, a tempo di record, con
i testi e poi il volume in viaggio per
aereo fra Firenze e Bari (editore Laterza). Nonostante il silenzio della curia e della stampa l'ambiente si va rapidamente riscaldando, e tutto fa ritenere che il primo obbiettivo — affogare l’Isolotto nel silenzio — sia ormai
perduto per chi detiene il potere. I cattolici integralisti più illuminati dicono
apertamente che « questo processo
non si doveva fare ».
Un obbiettivo comune:
via il Concordato
Sere fa abbiamo avuto una riunione
con larghe rappresentanze dei gruppi
del dissenso a Firenze; al solito, non
sono mancate manifestazioni di modi
assai diversi di sentire e testimoniare
la fede in Cristo. Si è anche avvertita
l’usura di posizioni politico-religiose
che, per un processo naturale, avevano ormai rosicchiato quel poco di teologicamente fondato che vi era nelle
loro impostazioni. Entrati in crisi, da
Milano a Rimini a Firenze, ecc., numerosi gruppi si vanno liquefacendo come « dissenso cattolico », e assumono
posizioni semplicemente politiche: è
una chiarificazione, una decantazione,
necessaria. Restano gruppi e comunità
che vivono essenzialmente una problematica evangelica inserita nei problemi del tempo.
Questi gruppi percepiscono ora tutta
la forza coercitiva, la violenza del Concordato del ’29; ancora di più, si rendono conto che qualunque concordato
non è che uno strumento per opprimere le coscienze, imporre un sistema di
oppressione e privilegi gestito in combutta dai suoi contraenti. Per questo,
dicevo, la loro lotta oggi è la nostra
lotta, perché anche noi siamo stati e
siamo cittadini di seconda categoria,
obbligati a soggiacere a un concordato
che non ci riguarda, a subire delle leggi sancite da una chiesa che ha fame
di prepotenza anche su chi non la accetta, non crede ai suoi dogmi, rifiuta
come sacrilego il suo trionfalismo.
Gli ingenui diranno che, dopo tutto,
un Concordato ben fatto può salvaguardare i nostri diritti, le nostre libertà. Ma ad essi va pur detto che la
libertà del cristiano è impossibile affidarla ai potenti del mondo, che le nostre libertà civili sono assicurate dalla Costituzione, come per ogni cittadi
no, che una politica concordataria ha
il presupposto inaccettabile di uno
Stato (il nostro Stato) che discrimina
religiosamente i suoi cittadini e di una
chiesa (quella romana) che ancora ritiene di strumentalizzare il potere di
tutti per fini propri, esclusivamente
suoi.
L’Italia ereticale
Quando osserviamo attenti questi
niovimenti, conosciamo il loro modo
di esprimere la fede cristiana, le loro
reazioni di fronte all’autoritarismo
della istituzione ecclesiastica..., riconosciamo una continuità, come l’affiorare
di una costante della religiosità italiana, Dai gioacchimiti ai francescani, dai
fraticelli ai patarini, ai Poveri di Lombardia, l’Italia ha espresso un suo modello di protesta evangelica. Questa
protesta è stata sempre intrisa di motivi anticlericali e politici, proprio perché da noi il cattolicesimo non ha mai
rinunziato a servirsi del potere politico come strumento di potere e il potere politico non ha mai esitato a utilizzare la chiesa per sostenersi.
Ma sotto la più appariscente protesta anticlericale e politica vi era — e
vi è! — una abbondante linfa evangelica, una riscoperta del Vangelo fatta
di intelligenza e candida forza: pensate a Francesco d’Assisi, non a quello
dell’agiografia ufficiale, ma all’uomo
che testimoniava il Vangelo e tentava
la più profonda rivoluzione sociale del
medioevo. L’Istituzione ebbe buon gioco, è vero, e incastrò il movimento
contestatario riducendolo a un « ordine », a uno « stato di perfezione »; ma
la manovra non riuscì con i valdesi, c
per secoli essi furono la bestia nera
dello Stato e della Chiesa.
Oggi noi abbiamo una nuova fioritura di protesta evangelica « italiana »,
ed ancora una volta la chiesa tenta il
vecchio gioco: o l’assorbimento, (vedi
i focolarini, le comunità parrocchiali,
lo comunità di Koko, ecc.), oppure la’
eliminazione attraverso il braccio socolare, (lo Stato concordatario). Se anche noi, proprio noi, dovessimo osservare indifferenti il dramma del dissenso cattolico, o addirittura compiacersi
per la sua emarginazione, non rimarrebbe che dare ragione a quello che mi
diceva un amico: « Con le budella dell'ultimo prete finirà che impiccheremo
l’ultimo pastore ».
L. Santini
Con un Culto di S. Cena, giovedì 8
aprile, la Comunità di Asti ha inaugurato la sua nuova sede in via Garetti
n. 57. Tale nuova sede dispone di una
modesta sala adibita a Cappella per
culti che sono tenuti settimanalmente.
Annesso alla Cappella vi è un locale
per varie attività di studio biblico (dibattiti, conversazioni, ecc.) e per esposizione e vendita di libri evangelici in
deposito dalla Libreria Claudiana. La
piccola ma attiva Comunità astigiana
svolge una proficua opera di evangelizzazione particolarmente fra cattolici
del « dissenso », oltre a raccogliersi
per la cristiana edificazione.
* * *
Anche il gruppo di Valenza Po, col
Culto di Pasqua, ha inaugurato i suoi
nuovi locali in via Cavour 30. Si tratta
di due salette: una per riunioni di Culto e l’altra per attività varie. Questo
gruppo, dipendente dalla vicina Comunità di Bassignana, è modesto nel numero dei suoi membri ma tenace nella testimonianza che viene resa mediante il regolare Culto domenicale.
* * •*
La Casa Evangelica in S. Marzano
Uliveto (Asti) sta preparandosi per la
ripresa delle sue attività estive. I locali adibiti a cucina e la sala da pranzo saranno rinnovati e resi più accoglienti oltre che funzionali. Quanto
prima sarà reso noto il programma
concernente i Convegni di studio ed il
periodo di vacanze che, com’è previsto, avrà inizio verso la fine del mese
di giugno. Il 10 giugno avrà luogo un
importante raduno delle Comunità metodiste del Circuito e di alcune Chiese Valdesi e Battiste della Liguria.
In tale occasione sarà dibattuto il tema: « I matrimoni misti ». g.
.........MI......
In margine all'incontm
femminile di Rama
Dopo aver letto e ripensato nelle vane comunità il materiale di studio su
« Aspetti dell Ecumenismo », preparato dal pastore Paolo Ricca, a cui esprimiamo la nostra gratitudine, le donne
evangeliche del Lazio si sono riunite
domenica 25 aprile nei locali della
chiesa Metodista di Roma, per la giornata di culto, àgape e discussione in
comune.
Se l'ecumenismo degli anni 10-20 aveva avuto per slogan la dottrina divide razione unisce, la nostra viva e agitata discussione ha portato a pensare il
contrario o almeno a pensare che oggi la dottrina non divide più, semplicemente perché non interessa più e
che il dissidio si manifesta piuttosto
nel secondo momento della vita del
credente, nell’azione, nell’opera, nell’impegno verso il mondo, nella testimonianza che si intende dare. — Non
importano più le questioni dottrinali
è stato infatti detto e appoggiato
da varie voci — siamo divise nell’intendere quale sia la testimonianza che
dobbiamo dare.
Che siarno divise è stato detto molto ed è triste che la divisione sia così
sentita proprio nel momento successivo alla lettura di I Cor. 12: 12 ss. dove
l’apostolo afferma Cristo essere l’unico capo, i credenti un unico corpo fatto di membra dai doni differenti e interscambiabili. Non è dunque mai possibile essere quaggiù un unico corpo?
Veramente l’unità non si fabbrica, e
un dono, mai in nostro possesso, che
riceviamo come e quando Dio vuole
darlo.
Ma quale è la testimonianza che unite dobbiamo dare? Qui purtroppo il
discorso si è fatto impreciso. Non è
una colpa: ha risentito della tensione
non solo ecumenica, ma più ampiamente cristiana del nostro tempo
« oscillando pericolosamente tra la
tentazione clericale e quella secolare »,
rischiando di perdere di vista — tra
una testimonianza che verte su interessi spirituali troppo privati e una
testimonianza tesa a interessi sociopolitici solo orizzontali — il buon annuncio dell’Eyangelo, infinitamente più
ampio e radicale, che giudica, richiama e supera entrambe.
Ma non è stata certo un’occasione
perduta: noi protestanti siamo sempre a nostro agio quando sentiamo
che una tensione ci sprona e intravvediamo la possibilità di fare un passo
oltre o di ricominciare da capo. Ci
chiediamo se questo discorso non andrebbe fatto — con riflessione teologica seria — anche sul piano della comunità non solo femminile, ma al gran
completo. Non ci è bastato il tempo
per affrontare il problema del l’ecumenismo nei riguardi del cattolicesimo,
proposto nel questionario un po’ stranamente in quanto non faceva parte
del materiale di studio e che comportava una riflessione a sé, piuttosto
lunga.
11 materiale ci aveva detto in chiare
lettere che il nocciolo della questione
ecumenica, ieri come oggi, dal punto
di vista dottrinale come da quello socio-politico, è Cristo. Lì è il punto. Se
mai, non aver individuato bene questo
punto, è stata l’occasione mancata.
Bf-rta Subtua
5
7 maggio 1971 — N. 19
pag. 5
Vita, problemi, prospettive delle chiese valdesi
un
Riunificazione ad
problema spirituale
Circa treni'anni fa, l'il giugno 1939,
una assemblea di Chiesa della Parroci
chia di Angrogna, votava un ordine del
giorno che consacrava la costituzione
della nuova Parrocchia autonoma di
Angrogna Serre. I motivi che avevano
determinato la divisione della Chiesa
di Angrogna parevano evidenti, anche
se non sono mancate forti opposizioni.
Lestensione territoriale della Parrocdifficoltà delle comunicazioni
sri'adah, l’elevato numero dei membri
di Chiesa, l’esigenza di intensificare
maggiormente certe attività concentrando il lavoro del Pastore ritenuto
troppo dispersivo, erano tutte ragioni
che avevano suggerito la necessità di
assicurare alla Chiesa di Angrogna il
ministerio continuato e stabile di due
Pastori. La via migliore per raggiungere questo scopo era parsa quella della
costiutzione di una seconda Parrocchia;
si superava così l'incertezza e la precarietà che potevano derivare dal ministerio di un pastore-coadiutore ad impegno saltuario e non stabilmente garantito. Di fatto la stabilità del Pastore
del Serre fu più nelle intenzioni che nella realtà. Infatti in trent’anni, mentre
Angrogna:
e amministraiivo
Tempo di ‘confermazione’ e di Pasqua
Villar Penice
sbiterio vi è una popolazione valdese di
4.383 persone, la maggiorf parte delle
quali vive in una condizione di quasi
totale emarginazione rispetto alla loro
Chiesa. Non dimentichiamo inoltre i
nunierosi istituti di assistenza ed educazione (nel presbiterio in numero di
nove) per i quali si aupica un maggior collegamento con la vita della
Chiesa.
Il problema di Angrogna si inserisce
dunque in un quadro molto più vasto
che non può essere ignorato ma che deve essere considerato globalmente, operando secondo linee di soluzione che
tengano conto della sua complessità
Ecco ora gli o.d.g. votati dalle assemblee di Chiesa del Serre e del Capoluogo riunite separatamente la domenica 18 Aprile:
L’Assemblea di Chiesa della Comunità di Angrogna-Serre, considerando
in gran parte superati i motivi che avevano determinato la formazione di due
comunità autonome nel comune di Angrogna, come da deliberato della Assemblea dell'll giugno 1939, si dichiara
favorevole alla riunificazione.
Fa presente però che nella propria
Capoluogo ebbe un ministero conti- zona lo spopolamento ha portato ad
ììtr'» rii crvli tr"c» / A ^ »-w-. 1.» ^ T7 f-. r. l'U. ÎI ;____• _ in r
nuato di soli tre Pastori (A. Comba, E.
Aime, A. Taccia con la sola eccezione
del Pastore Nisbet e Balma che rimasero nella parrocchia del Capoluogo per
■un solo anno ciascuno), il Serre ebbe
ben otto Pastori (Deodato, Aime, Buscarlet, Pons, Bertinat, Conte, Costabel,
Coisson), risentendo quindi maggiormente il contraccolpo della situazione.
A trent’anni di distanza si ripropone
il problema della riunificazione. L’occasione è stata data dall’elezione del
Past. Taccia alla Chiesa di San Giovanni e quindi del suo prossimo trasferimento nel mese di giugno. Inoltre le
condizioni che trent’anni fa avevano
suggerito l’esigenza della divisione, ora
sono in parte venute meno. La rete stradale si sta sviluppando nell’ambito del
comune consentendo (fango permettendo) rapide comunicazioni quasi dovunque, ad eccezione della grossa fetta dei
quartieri alti della zona del Cacet e a
monte di Pradeltorno. Inoltre la popolazione valdese che al momento della
divisione contava ben 1173 membri di
Chiesa (593 al Cap. e 580 al Serre) è ora
scesa a 643, con una diminuzione netta
di 530 membri di Chiesa (231 persi dal
Cap. e 299 dal Serre). Queste le ragioni
oggettive che hanno indotto le assemblee di Chiesa ad appoggiare la proposta delTunificazione, escludendo- l’altra
possibilità, cioè di lasciare le cose come stavano, per cui la Chiesa del Capoluogo sarebbe stata proclamata vacante ed avrebbe dovuto procedere alla elezione di un nuovo Pastore. La
costituzione della nuova parrocchia unificata di Angrogna dovrà essere ratificata dal Sinodo e soltanto allora, si
porrà il problema dell’elezione del suo
conduttore.
Tuttavia siamo tutti ben convinti che
l’unificazione delle due Comunità di
Angrogna non risolverà alcun problema, anzi ne creerà parecchi. Qualcuno
osserva, in tono scherzoso (ma non
troppo) che l’unica ad essere veramente
beneficata sarà la Tavola che non sarà
più impegnata a mantenere due Pastori in Val d’Angrogna. La situazione di
fatto è la seguente: ancorché la popolazione sia diminuita, per tanti o per
una sensibile diminuzione delle forze
giovanili, lasciando i vari quartieri semispopolati e le persone rimaste, isolate e più bisognose di assistenza per il
progressivo invecchiamento.
Per il lavoro nella nuova comunità
unificata ritiene quindi insufficiente
l’opera di un solo pastore, e indlspen
sabiel una collaborazione regolare e
stabile; chiede perciò che questa le sia
assicurata.
« L’Assemblea della Chiesa Valdese
di Angrogna Capoluogo, riunita il 18
Aprile 1971,
preso atto del mutamento delle condizioni oggettive che nel 1939 avevano
determinato la divisione in due della
Parrocchia di Angrogna (elevato numero di membri di Chiesa, difficoltà di comunicazioni interne, esigenza di assicurare il ministerio stabile di due Pastori),
si dichiara favorevole alla proposta
di unificazione delle Chiese del Serre
e del Capoluogo, dando luogo ad un’unica Comunità valdese in Angrogna.
Qve analoga decisione venisse presa
dalla assemblea di Chiesa della comunità del Serre, dà mandato al proprio
Concistoro, in unanime accordo con il
Concistoro del Serre, di presentare alla
Conferenza Distrettuale che la inoltre
al Sinodo, la domanda di riconoscimento della costituzione della nuova Comunità di Angrogna.
Fortemente preoccupata tuttavia che
la unificazione non comporti una diminuzione non comporti una diminuzione nell’attività pastorale, specie di cura d’anime, impegna il proprio Concistoro a predisporre, in accordo con la
Comm. Distr. e la Tavola, un piano di
collaborazione pastorale da attuarsi
nell’ambito del Presbiterio della Val
Pellice ».
Alberto Taccia
i!iiiiiiiiiiiiiiiiiii II II Hill iiiiiiiiiiiiiiii III I Ululili limi III iiiiiiiiiiiiiiii
Le donne valdesi a Villar Porosa
e I problemi deirecumenismo
Salíalo 15 maggio, alle ore 21. nella
Sala Valdese di Angrogna, la Filodrammatica presenterà il dramma di
H. Il)sen
« Un nemico del popolo »
La serata è organizzata dal Circolo
dei genitori della Scuola Media Statale
di 'rune Pellice.
pochi, un certo numero di attività a
carattere permanente deve essere mantenuta, a rischio di accentuare il carattere di smobilitazione spirituale da nessuno desiderata che opera in senso deprimente e scoraggiante per la popolazione rimasta. Inoltre l’età media della
gente rirnasta in Angrogna tende a salire, implicando quindi l’esigenza di una
cura più assidua mediante visite domiciliari regolari. Ecco la ragione delle
forti riserve che emergono nei due o.
d. g. votati nelle assemblee di Chiesa
e di cui è necessario tener conto se non
vogliamo che l’unificazione si riduca a
una semplice operazione di smantellamento.
Ci pare che la linea di soluzione si
trovi in una maggior integrazione della
collaborazione a livello pastorale e laico neH’ambilo del Presbiterio della Val
Pellice. Cioè la collaborazione che ora è
limitata alla predicazione domenicale e
alla preparazione dei ministeri, dovrebbe estendersi anche ad altri settori di
attività a diretto contatto con la popolazione. Ci pare che, in questa prospettiva, oltre a tutto quanto può emergere da una collaborazione laica volontaria, sempre meglio qualificata, dovrebbe potersi inserire sul piano del
cosidetto Presbiterio della Val Pellice
(comunità di Angrogna, San Giovanni
e Torre Pellice) dei ministeri specializzali a pieno tempo per alcuni settori
precisi: gli anziani, i giovani, l’istruzionc religiosa, ecc. Secondo le statistiche sinodali (sempre inferiori alla situazione effettiva) nell’ambito del Pre
Bellissima giornata, quella di Domenica 25
aprile : e inni di lode e di riconoscenza si levavano dai gruppi femminili di Prarostino,
Pinerolo, Luserna S. Giovanni, Rorà, Villar
e Torre Pellice, nel pullman che portava a
Villar Perosa le partecipanti all’incontro indetto dalla FFV sulFecumenismo nei suoi vari aspetti. Scendendo sul piazzale del nuovo
tempio fummo accolte non solo da un folto
gruppo sorridente, ma dal benvenuto gioioso
della campana. Ed erano oltre 200 le sorelle
che si raccolsero quindi nella chiesa eretta in
memoria degli esuli, perseguitati per amore
di Cristo.
Il past. Geymet, commentando il racconto
deH’apparizione di Gesù risorto a Maria di
Magdala, ci fece realizzare quale sia il nostro
privilegio di donne che possono essere anch’esse testimoni di Cristo, disponibili per il suo
servizio. La presidente della FFV, Ade Gardiol, ringraziava quindi le sorelle villaresi che
avevano prontamente accettato di accoglierci,
contribuendo alla riuscita del bel pomeriggio!
Con grande chiarezza e competenza il past.
Soiiella sapeva poi captare l'attenzione e l’interesse dell assemblea. L’ ecumenismo (della
parola greca « ecumene» indicante il mondo
abitato) si riferisce all’universalità delle creature umane verso le quali noi credenti abbiamo il compito dell’annuncio evangelico. Le
Chiese hanno vissuto periodi di risveglio, ma
anche di stasi e di chiusura. Lo Spirito ha
però soffiato riaffermando l’esigenza missionaria e quella dell’unita e dell’amore in Cristo, solo Signore e Salvatore. Questo movimento ecumenico procede, non può fermarsi né
tornare indietro, tende verso la mèta. Nel
1948 fu creato il C.E.C. quale organismo che
aiutasse le Chiese a cercare e a studiare in
comune come giungere a manifestare e vivere
la piena unità. Tale organismo ha anticipato
I azione delle Chiese, fino alla recente decisione di appoggiare i movimenti di liberazione,
alle concrete pretese di posizione contro il
razzismo; e gradatamente questo movimento
si va estendendo anche alla base delle Chiese.
Vivere in modo ecumenico significa vivere
nella speranza; ed essere pronti, come Àbramo. ad abbandonare il nostro pae.se. le nostre
strutture, per ubltidire alla parola di Dio. Nelle Chiese sussisteranno diversità di ordine
amministrativo, senza grande importanza; il
vero problema sta nelle divisioni e il vero
scopo è l’unità nella confessione di fede, nella
predicazione. Per unirci occorre che giungiamo a un’unica confessione di fede, che sia davvero comune a tutti. 11 movimento ecumenico turba la quiete delle Chiese, le mette in
movimento, forse le agita, ma è necessario se
dobbiamo avviarci verso una ricerca in comune centrata sull’Evangelo e aprirci in modo
costante allo Spirito Santo. Dobbiamo essere
prudenti, .sostenuti dallo Spirito, e al tempo
stes.so audaci. Che deriverà da questo movimento'!’ Lasciamoci guidare dove lo Spirito
del Signore ci condurrà.
Tuttavia questa "apertura” deve avvenire
sulla base della Parola di Dio. Potremmo anche cadere in tentazioni, cedere alla diplomazia e ai compromesji; perciò dobbiamo impegnarci per e.ssere fedeli al Signore. Viviamo
in stretti rapporti con le chiese metodiste,
battiste, pentecostali, con l'Esercito della Salvezza; più àrduo il rapporto con la Chiesa
cattolica, in particolare per ciò che riguarda
il vertice: ora però si presentano fatti nuovi,
di ampie dimensioni. Un certo dialogo si stabilì anni or sono, attraverso movimenti come
(|uel]o di Faizé. Ora. specie alla periferia delle
grandi citta, contatti più stretti e frei|uenti si
stabiliscono tabolta, spinti dall’esigenza di un
incontro, di affrontare insieme problema comuni. Anche se la struttura della Chiesa cattolica rimane la stessa, al suo interno si vanno manife.stando movimenti dei quali dobbiamo prendere atto e che dobbiamo conoscere.
La corrente tradizionale è particolarmente forte nell’Italia conservatrice, sede del Vaticano, con un papa sovrano anche temporale, con
la tendenza alla diplomazia, con il regime costantiniano; ma vi sono pure progressisti e in
quella linea va evidentemente l’interesse dei
gruppi giovanili : a questo livello, non c’è una
dottrina che non sia contestata. Si legga il
libro di H. Küng, Infallibile?: il ripensamento teologico è notevole, si sostengono posizioni che possono es.sere condivise da un
protestante. Vi sono gruppi di cattolici che
cercano nell’Evangelo la presenza di Cristo,
che hanno scoperto la comunità : cosi l’Isolotto a Firenze, il Vandalino a Torino, S. Lazzaro a Pinerolo : e il ripensamento è abbastanza
profondo; a Torino il gruppo ha scoperto il
valore deH’assemblea di chiesa.
Che facciamo, noi Valdesi? Si delineano
alcuni (pochi) tentativi di sincera comprensione del movimento ecumenico. Le difficoltà
sono grandi e potremo forse sbagliare, ma se
rimarremo fermi sbaglieremo sicuramente.
Dobbiamo partecipare a questo movimento
ecumenico, agendo fiduciosi nel Signore. La
chiesa deve riconoscere e confessare Cristo
nel mondo, solo cosi « servirà », è una sfida,
davanti alla quale siamo posti. Vi è anche il
problema dei matrimoni misti, vissuto da
molti giovani: la comunità cristiana deve
sentirsi responsabile della loro vita spirituale,
e mai giudicarli, isolarli.
Quanto a noi donne cristiane, dobbiamo imparate a incontrarci nello studio pratico di assistenza sociale, nel campo missionario, nello
studio biblico, senza trascurare le infinite occasioni attraverso le quali sia preparata la via
verso l’unica Chiesa universale di Gesù Cristo.
La colletta raccolta al termine dell’incontro
andra al fondo borse di studio offerte a giovani che desiderano diventare maestre giardiniere o assistenti sociali o di chiesa ; a fine
giugno tre di queste maestre, 2 villare.si e 1
angrognina, saranno disponibili per questo
servizio.
Quindi, nella foresteria, lunghe tavole fiorite e duecento tazze a vari colori ci aspettavano: è sempre il momento in cui ci s’incontra fra amiche, si fanno nuove amicizie, si
avverte il legame fraterno. Alla signora Geymet e a tutte le sorelle che ci hanno accolte
con tanto affetto, un grazie di cuore.
Dalla nostra ultima corrispondenza diverse
famiglie sono state visitate dal lutto. Abbiamo
infatti accompagnato al campo deH’ultirno riposo terreno le spoglie mortali di Marcello Carlo Geymonat, di anni 75 (Ciarmis); Davide
Michelin Salomon, di anni 89 (Garin); Vittorio Michetin Salomon, di anni 78 (Garin);
Giovanni Janavel, di anni 83 (Barneu). Tutti
questi fratelli che ci hanno lasciato — chi improvvisamente e chi dopo un certo tempo trascorso m compagnia della malattia — lasciano un vivo ricordo Irad i noi.
La Chiesa esprime ai familiari di questi
Scomparsi la sua fraterna simpatia ed invoca
su di loro le benedizioni e le consolazioni divine.
Sono giunti al allietare il loro focolare domestico : Osvaldo, di Renato e Ginetta Verné
(Teynaud); Fiorella, di Marcello e Marietta
Cordin (Mars); Sabina, di Paolo e Vanda
Gönnet (Bessè-Cavionvilla); Lia. di Mario e
Susy Ayassot (Teynaud).
A questi gentili piccoli ospiti il nostro cordiale saluto di benvenuto ed ai loro familiari
tutti le nostre vive felicitazioni.
La domenica delle Palme hanno confermato
il voto del loro battesimo e sono entrati a far
parte più viva della Chiesa, con la pubblica
confessione della loro fede, i seguenti catecumeni : Olga Cairus, Lauretta Chauvie, Mirella Davit, Mirella Frache, Silvia Geymet,
Ivana Gönnet, Lidia Gönnet, Paola Michelin,
Vera Michelin Salomon, Ada Denise Monnet,
Renato Berlin, Aldo Berton, Enrico Garnier.
Aldo Geymonat, Luciano Geymonat, Guido
Ghisleri.
La Comunità ha salutato con grande gioia
queste giovani forze entrate a far parte più
viva delle sue fila. Essa rivolge ancora a questi giovani fratelli e sorelle il suo affettuoso
e molto fraterno saluto ed i suoi più cari pensieri. Essa domanda pure in preghiera al Signore di accompagnarli con la sua grazia e di
aiutarli a camminare sempre nelle vie della
fede e del fedele servizio cristiano. Augura
loro pure a tutti gioia e pace e molte preziose benedizioni da parte del Signore.
L’ultima domenica di marzo è stata consacrata — come ormai in uso da molti anni —
ai nostri fratelli ed alle nostre sorelle più anziani. Preparato dall’Unione delle Giovani ha
avuto luogo infatti il raduno annuale dei « Veterani )) della parrocchia.
I nostri fratelli e le nostre sorelle anziani
sono intervenuti numerosi ed hanno trascorso
un lieto pomeriggio insieme.
II nostro « bazar » annuale è fissato per domenica e lunedi 16 e 17 maggio. Ringraziamo
fin d’ora quanti si ricorderanno di noi con i
loro doni o verranno a farci visita in tale
occasione.
la fratellanza con la sua predicazione su Efesi 5: 22-33 gradita con molta simpatia da
parte degli amici cattolici e parenti dello
sposo. Dopo il culto il ricevimento in un locale della nuova Catanzaro per festeggiare gli
sposi prima che partissero al viaggio di nozze.
Gli sposi non hanno deluso le nostre speranze : sapranno continuare a servire sempre
il loro Signore, che li ha benedetti nella loro
unione.
— La mattina del 4 aprile u. s. dopo una
apprezzata predicazione fatta dal pastore sul
significato dell’ingresso trionfale di Gesù in
Gerusalemme, la piccola Debora fu presentata dai genitori, i nostri fratelli Rosario e
Luisa Olivo, per essere battezzata. Il pastore,
dopo averla battezzata, ha fatto presente quale impegno e responsabilità hanno i genitori
per avviarla fin da piccola nelle vie del Signore, sì che possa essere da grande una
fedele testimone dell’Evangelo come lo fu la
Profetessa del Signore dell’Antico Testamento.
Al culto di Pasqua ci ha fatto molto piacere vedere al completo la fratellanza e festeggiare insieme la vittoria di Cristo sulla
morte e sul peccato.
— La nostra sorella Rosetta Costa, figlia
del fratello Gaetano Costa anziano della vecchia comunità metodista di Catanzaro, si è unita in matrimonio col Signor Francesco Parrotta da poco convertito. Il matrimonio è stato celebrato in Napoli dal Pastore Davide
Cielo nella chiesa Valdese.
Voglia il Signore benedire questa nuova
coppia e rendere efficace e fedele la loro testimonianza onde trasmettere alle future generazioni il messaggio dell’Evangelo.
E. Scorza
Solidarietà evangelica
ad Aosta
Vallecrosìa
Abbiamo tutti gioito al culto di Pasqua nel
vedere il nostro tempio insolitamente gremito
di fratelli e di sorelle della nostra Comunità
e provenienti da Chiese evangeliche italiane
ed estese. La loro presenza è stata per la nostra piccola Comunità un prezioso motivo di
incoraggiamento per il quale benediciamo il
Signore.
Il culto pomeridiano della Domenica delle
Palme è stato celebrato nella Cappella di Vallecrosia con i fratelli pentecostali del luogo. I
canti, le preghiere, la lettura biblica, la meditazione e la testimonianze di alcuni fratelli
ci hanno avvicinati insieme al Signore invitandoci a benedire il Suo nome.
La nostra sorella Elena Diem nata Kiesel
ci ha lasciati per la Patria Celeste. La sua
dipartenza è avvenuta nel pomeriggio di domenica 4 aprile all’età di 81 anni. Le sue
forze nel corso della sua infermità sono venute meno gradatamente fino ad abbandonarla del tutto ed il suo trapasso è avvenuto
serenamente come un addormentarsi nel Signore. La Comunità l’ha ricordata al termine del culto di Pasqua attraverso ad una testimonianza del Pastore e con il canto dell'inno preferito dalla nostra sorella.
Sono ricordati con riconoscenza sia l’interesse che Ella insieme con suo marito ha a
sua tempo manifestato per l’Istituto Femminile di Vallecrosia, sia il bene che le ragazze
ospiti deiristituto hanno da loro ricevuto.
Rinnoviamo alla famiglia Billour-Diem ed
in modo particolare alla figlia della nostra Sorella la nostra fraterna simpatia domandando
al Signore di accordare loro le Sue consolazioni.
Catanzaro
Graziella Jalla
I giovani a Viering
GIOVEDÌ’ 20 MAGGIO (Ascensione)
ore 10,30 - Culto presieduto dal Past.
Peyrol.con la collaborazione di alcuni bambini di
Aosta e Ivrea. Collctta prò
restauri.
ore 10 - Pranzo al sacco.
ore 14 - Riunione pomeridiana con
la partecipazione delle
Scuole Domenicali di Aosta. Ivrea, e Biella.
Come si vede, quest'anno il Convegno di Viering. in coincidenza con la
inaugurazione dei lavori di restauro
allo stabile, avrà un carattere nuovo.
Siccome lo stabile è stato restaurato in
vista di un futuro lavoro spirituale fra
i giovani (senza esclusione per altre categorie di persone!), è parso giusto far
partecipare anche le scuole domenicali al tradizionale convegno dell'Ascensionc. In tal modo i giovani comìnceranno a famigliarizzarsì con rambienle... perché Viering deve diventare un
centro per i loro incontri alla luce della Sacra Scrittura.
La mattina del 9 novembre scorso, veniva
chiamato alla casa del Padre Celeste il fratello Giuseppe Cosentino, membro della Comunità Valdese dì Catanzaro. Da quando, venti anni fa, conobbe l'Evangelo, tanto lui che
la sua consorte non mancavano mai ai culti.
Padre di numerosa famiglia, di professione
carpentiere, dovette per il suo lavoro emigrare due volte: una volta in A. O. e un'allra in
Germania. Servì il Signore, con la sua semplice testimonianza, e la fratellanza come diacono della nostra comunità. Il nostro pastore
Piero Santoro fece il servizio religioso dinanzi
alla fratellanza ed a molti amici cattolici e parenti del fratello, intervenuti a rendere gli
ultimi omaggi allo scomparso. Il pastore predicò la parola della vita e della resurrezione
dei morti a tutti coloro che hanno fiducia nel
Cristo risorto.
Alla vedova, sorella Caterina, e alla figlia
Anna c famiglia vadano le nostre fraterne
condoglianze.
— La mattina del 24 gennaio nei locali
della nostra chiesa adornata di fiori bianchi
si univano in matrimonio la sorella Maria
Gesualdo con il fratello Domenico Citrìniti.
entrambi membri della nostra comunità: lei
discendente dai vecchi evangelici di Vincolise,
lui da poco convertito. 11 matrimonio civile
è stato celebrato dal pastore Enrico Trobia. la
I)arte religiosa dal pastore Santoro, che edificò
Nei mesi scorsi le varie attività della nostra
Comunità sono procedute con ritmo normale.
La scuola domenicale, sotto la guide solerte
delle monitrici Franca Peloso-Monaya e Elena Marconi, sta svolgendo con soddisfazione il
,suo programma di studio della Sacra Scrittura. In occasione della festa dell’Albero di Natale, rinunziando in parte ai tradizionali regali e con l’aiuto della Comunità, è stata raccolta la somma di L. 37.500 inviata poi alla
Sig.na Laura Nisbet, missionaria nel Gabon
(Africa). Per la giornata mondiale per la lotta contro la lebbra, condotta dalle Missioni
Evangeliche di Francia, è stata raccolta un’altra somma (L. 7.500) frutto della vendita di
un giornalino curato dai bambini della scuola
domenicale « Noi Giovani Evangelici ».
La lega femminile ha ascoltato due esposizioni, fatte dal Pastore, suUa formazione dei
libri della Bibbia ed uno studio della Sg.ra
Silvia Rocca sulla <c fame nel mondo ».
Alle riunioni del mercoledì sera, dopo una
serie di studi laboriosi sul libro di Daniele e
l’esame del problema dell’ingresso della Chiesa Cattolica nel CEC, stiamo ora leggendo e
commentando la lettura di Giacomo.
Venerdì 12 marzo il Past. Paolo Ricca di
Torino ha tenuto una conferenza presso il
Salone Ducale del Municipio di Aosta sul
tema : « Significato e prospettive del dissenso
cattolico in Italia ». Il pubblico non era eccessivamente numeroso ma ha ascoltato con
sostenuta attenzione l’esposizione del Pastore
Ricca.
Sabato e domenica 27 e 28 marzo Elena
Marconi, Enrico Peyrot e Vittorio Pellegrineschi hanno partecipato a Sapin-Haut (Vailese)
ad un convegno giovanile organizzato nel quadro del « triangolo de l’amitié ». È stato discusso il tema della « libertà ».
Il 25 marzo si sono svolti i funerali del
Sig. Ercole Rosti, di anni 64, Il fratello Rosti
benché nòn facesse parte della nostra Comunità, aveva espresso il desiderio che le sue
esequie avvenissero nella forma evangelica.
Alla vedova, Sig.ra Maria Long nostra sorella
in fede, nonché ai parenti tutti, l’espressione
della nostra viva simpatia cristiana.
Recentemente sono state colpite dal lutto
anche le famiglie Nicoletta e Resburgo Fulvio per la morte della mamma del Sig. Nicoletta (Calabria) e la mamma della Sig.ra
Mariuccia Resburgo (Aosta). Anche a queste
due famiglie vada la nostra simpatia.
Dopo alcuni anni, domenica 9 maggio ritorna il « bazar », la tradizionale e simpatica
manifestazione benefica che richiama non solo
i membri della Comunità ma anche gruppi
di amici e simpatizzanti. Le sorelle della Lega
stanno lavorando alacremente. L'introito andrà, quest'anno, ai lavori di restauro dello
stabile di Viering. I bambini della Scuola
Domenicale stanno anch’essi preparando un
banco.
iiiiiiiiiiiiiiiiiiiinitmiiiiiiimiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiimm
PERSOISALIA
Il 25 aprile si sono sposati, a Roma, Maria
Vuldesiiia Vinay e Francesco Ruggeri. I nostri auguri più cordiali di lieta vita insieme.
AVVISI ECONOMICI
FAMIGLIA evangelica. 3 bambine, cerca ragazza alla pari per periodo giugno-agosto in
alta montagna (Engadina). indirizzare a
Anna Flora Ginoulbiac. Viale Viti. Emanuele 63, Bergamo.
Vacanze al mare
Pensioni familiari e
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6
pag. 6
N. 19 — 7 maggio 1971
I NOSTRI GIORNI
UOMINI, FATTI, SITUAZIONI
Giorni a Riesi
La protesta americana
« Né le dimostrazioni di piazza né
l’opposizione del Congresso potranno
indurmi a mutare la mia politica nel
Vietnam, che è l'unica destinata a una
pace durevole ». Questa la sostanza
delle dichiarazioni — di piglio dittatoriale — del presidente Nixon tenute in
occasione della sua conferenza stampa
del 28 aprile.
Queste dichiarazioni hanno fatto seguito alle imponenti manifestazioni
che hanno visto centinaia di migliaia
di cittadini americani — fra cui molti
reduci della « sporca guerra » — protestare sfilando al grido di « pace subito » attraverso le vie di Washington
e di altre città degli Stati Uniti.
Le notizie relative alle perdite umane e ai danni assumono proporzioni
sempre più terrificanti: si calcola che
nel solo Vietnam del Sud siano finora
rimasti uccisi 325 mila civili sotto le
bombe, che altri cinque o sei milioni
sono rimasti feriti o hanno perso la
casa. Anche in Cambogia si calcola che
un milione e mezzo di persone, e cioè
un terzo della popolazione, siano profughi.
La protesta e l’insofferenza si sono
anche estese sullo stesso campo di battaglia dove, secondo una documentazione del senatore Mansfield, dall’anho
scorso i casi di militari che rivolgono
le armi contro i propri superiori sono
più che raddoppiati.
Ma un’altra protesta di cui qui si è
saputo poco, protesta che il comando
militare di Saigon ha dovuto ammettere, è quella che ha spinto addirittura
dei militari americani a raggiungere
delle unità del Fronte di Liberazione
nazionale vietnamita. Il portavoce, per
sminuire la circostanza, ha aggiunto
che non si sapeva se la cosa « avvenga volontariamente o meno ».
Intanto giungono notizie di altre
atrocità commesse dai militari americani. In occasione dell’inchiesta del
Congresso sulla guerra del Vietnam il
sergente S. Notley ha affermato piangendo che la sua pattuglia uccise nell’aprile del 1969 una trentina di donne
e bambini nel villaggio di Truong
Khanh. Il massacro sarebbe stato ordinato per rappresaglia dopo la morte
di un commilitone, ucciso da una, mina. Un altro militare, e precisamente
l’ex «berretto verde» (forze speciali,
tipo X Mas) S. Noetzel, ha dichiarato
di essere a conoscenza di un episodio
durante il quale dodici prigionieri vennero lanciati da elicotteri americani
che li trasportavano in volo.
Altra forma di protesta dei militari
è data dall’estesissimo uso di droga
che essi fanno per sottrarsi all’angoscia quotidiana: dal 50 al 60 per cento
di essi usano stupefacenti. Secondo
una sottocommissione della Camera,
nel 1970 sono morti intossicati 160 militari americani, di cui 40 in Vietnam,
56 in altre parti dell’Asia e il resto altrove.
Tutto questo, anche se non possia
Ancora vittime
a Hiroshima
Si continua a morire in Giappone a
causa delle radiazioni atomiche prodotte dalle esplosioni nucleari che nel
1945 distrussero le città di Hiroshima
e Nagasaki.
Il doti. Funio Shigeto, direttore delVospedale di Hiroshima, ha dichiarato
che Vanno scorso in tale ospedale sono
morte 70 persone le quali venivano curate. appunto, per radiazioni atomiche.
Nel 1970, 49.578 pazienti sono stati
curati alVospedale di Hiroshima per le
radiazioni della bomba atomica; 1.794
dei quali hanno ricevuto cure per la
prima volta. Ciò rappresenta una diminuzione di 412 unità in rapporto al
1969. (da « L'incontro »)
mo non rallegrarci delle varie partite
internazionali di ping pong, è la paurosa conseguenza della imperturbabile
politica nixoniana che dimostra di preferire, alle innocue palline di celluloide, degli altri « proiettili » che con la
diplomazia e colla vantata sua disponibilità alla cooperazione fra i popoli,
hanno assai poco a vedere.
La Turchia a un bivio?
La Turchia ha visto nel marzo scorso un « golpe » dei militari, spinti dalla convinzione che un loro energico
« colpo di frusta » sarebbe bastato a
riportare i « civili » a sanare la precaria situazione interna.
I tre quarti della popolazione vivono in miserabili villaggi di meno di
duemila anime; solo 700 su 40 mila
hanno un sistema di elettrificazione
degno di tale nome; il 16 per cento dei
ragazzi e il 32 per cento delle ragazze
non ricevono la più elementare delle
istruzioni; il 70% dei medici vive nelle
città e raggiunge di fatto solo il 13%
della popolazione; oltre la metà degli
abitanti delle città vive in tuguri e in
abitazioni illegali che sorgono in una
sola notte; milioni di cittadini sono
costretti a emigrare per vivere: nella
sola Germania ve ne sono oltre 300.000.
Direttore responsabile: Gino Conte
Tutto questo è in parte la conseguenza della politica dell’« accontentare tutti » del deposto primo ministro
Demirei, politica che ha ottenuto esattamente l’opposto: tutti si sono sentiti
defraudati nelle loro aspettative. La
destra gli ha rimproverato di non voler eliminare i vincoli della costituzione laicista, la sinistra lo ha accusato
di favoritismi nepotistici e di costruire moschee invece di scuole e ospedali, gli studenti lo hanno accusato di
una politica repressiva e di essere succubo degli Stati Uniti, infine, i militari
lo hanno definito lassista e inefficiente.
Qra, a distanza di un mese, il nuovo
governo presieduto da Erim ha proclamato lo stato d’assedio in 11 dei 67 dipartimenti, per tutto il mese di maggio. Questo provvedimento coincide
colla visita del segretario americano
Rogers e dei ministri degli esteri della
Gran Bretagna e dell'Iran in occasione dei lavori della conferenza annuale della Cento, che sarebbe poi il prolungamento della Nato nel Vicino
Qriente.
Il ministro turco della giustizia si è
affrettato a smentire che lo stato d’assedio sia stato proclamato per assicurare la massima « tranquillità » agli illustri ospiti. Egli lo ha giustificato per
« far fronte a uno stato di rivolta attiva contro la repubblica e contro la
patria ».
In poche parole, i generali incaricati
dell'applicazione dello stato d’assedio
possono fare perquisizioni, imporre la
censura, vietare qualsiasi riunione, sospendere qualunque attività associativa, ordinare il coprifuoco, creare tribunali militari per giudicare le infrazioni contro la sicurezza dello Stato:
è il trattamento che di norma viene
riservato in guerra dai vincitori ai
vinti.
Senza dubbio, oltre alle minacce di
insurrezione delle popolazioni curde,
si stanno verificando atti terroristici,
attentati, e scontri fra gruppi estremi.
La sinistra ha però denunciato che
il governo ha posto l’accento sui disordini provocati dagli studenti « gauchistes » e ha passato sotto silenzio le ben
più importanti attività dei gruppi religiosi d’estrema destra e dei commandos fascistizzanti. Essa ha anche denunciato un diretto intervento di agenti della Cia (l’organizzazione spionistica americana) per imporre un « governo forte » che eviterebbe così alla Turchia di essere il « membro malato »
della Nato.
La situazione rimane comunque assai confusa e sospetta: che tutto questo sia una premessa per portare la
nazione ad essere definitivamente « salvata » secondo lo stile dei vicini colonnelli greci?
Roberto Peyrot
Echi della settimana
a cura di Tullio Viola
Reg. al Tribunale di Pinerolo
N. 175 - 8/7/1960
Tip. Subalpina s.p.a. - Torre Pellice (Torino)
GLI ORRORI
DEL PAPADOCHISMO
Il « Papadochismo » è il regime
inostruosamente tirannico che per più
di 13 anni ha regnato nella repubblica
di Haiti ad opera di François Duvalier,
il presidente chiamato col nomignolo
« Papà Doc », recentemente scomparso. Sulle infamie e le bassezze di quel
regime ci siamo già più d’una volta
espressi, ma ora vogliamo farlo ancora una volta desiderando che la cosa
non sfugga ai nostri lettori, anzi che
divenga oggetto della loro più attenta
e profonda meditazione.
Scrive il poeta haitianò René Depestre (vissuto lungamente in Francia e
attualmente rifugiato a Cuba) su « Le
Monde » del 25-26.4.’71:
« La morte di F. Duvalier è uno di
quegli avvenimenti politici che tutto
un popolo deve accogliere con un immenso grido di soddisfazione. Se c’è
una fine che il popolo haitiano, nella
sua schiacciante maggioranza, attendeva, desiderava, cercava di realizzare,
quella è certo la scomparsa del despota che ha fatto alla nazione il più grande torto dall'inizio della sua esistenza.
Dopo quasi 14 anni di “papadocrazia”,
c’è un abisso fra quell’Haiti che una
rivoluzione di schiavi liberò nel 1804,
e l’altra del 1971 che offre al mondo le
immagini atroci della società meno decolonizzata del continente americano.
Duvalier lascia dietro di sé un paese
ridotto alla sua più semplice espressione socio-economica, un paese nel
quale la miseria del sottosviluppo supera tutto ciò ch’è possibile immaginare e dire. Questo è tanto tragicamente vero, che oggi solo per eufemismo è possibile situare Haiti fra i
paesi del terzo mondo. Per le sue realtà economiche e sociali, per il suo ritardo culturale, per la gravità eccezionale della sua crisi nazionale, Haiti appartiene piuttosto ad un quarto mondo, generato dallo scandalo dell’imperialismo nord-americano nell’America
latina.
Duvalier arrivò al potere il 22.10.’57.
Non era molto conosciuto ad Haiti. Lo
si considerava generalmente un uomo
politico piuttosto logorato, vecchio medico di campagna, letterato privo d’immaginazione, mediocre etnologo e folclorista, già ministro assai modesto
(nel 1946) della salute pubblica (...) Fu
elevato alla suprema carica dal generale Kebreau, a conclusione d’un “colpo di Stato elettorale”. Ma, fin dai primi mesi della presidenza, l’immagine
dell’uomo politico, ingenuo e timido,
che si lasciava guidare dai militari, dileguò rapidamente davanti a quella di
un implacabile dittatore che non nascose i suoi propositi di voler dirigere
il paese come un autocrate assoluto.
Egli già diceva: "Io sono la sorgente
del mio potere, io sono un vulcano in
piena attività, io sono il capo spirituale della nazione e il grande elettrificatore delle anime haitiane".
A partire dalla fine del 1957, Duvalier
scatenò contro il popolo haitiano un
terrore senza precedenti. Le prigioni
si riempirono di lavoratori, di studenti, di commercianti, d’intellettuali, di
artigiani che poi scomparvero senza
lasciar tracce. La guardia pretoriana
del tiranno (i “tontons macoutes") si
fece una ben meritata fama di crudeltà e di bestialità. Con questi reparti di
urto, Duvalier venne a disporre d’un
apparato di repressione a lui totalmente devoto, che gli permise d’eliminare
l’influenza dell’esercito tradizionale e
d’evitare così un colpo di Stato classico. Dietro il mito, fabbricato dai partigiani di Duvalier, d’un presidente modesto, onesto, vicino agli umili, apparve agli occhi di tutti un tiranno cinico.
crudele, oscurantista, capace di tutti
i delitti e di tutte le infamie politiche,
pur di mantenersi al potere.
Il periodo 1960-64 è quello della massima rivelazione del carattere retrogrado della “papadocrazia” di Duvalier.
Allora la resistenza del popolo haifiano urtò contro repressioni d’un’ampiezza paragonabile a quelle dei poteri più terroristici del mondo contemporaneo.
Bisogna dire che il “papadochismo"
è la conclusione logica, il complemento naturale del neo-colonialismo che
gli USA hanno messo in pratica, nell’ultimo mezzo secolo, su questo continente. “Papà Doc" è il gran totem
della pseudo-decolonizzaz'one. I suoi
metodi totalitari, le sue crudeltà, le
sue corruzioni, le .sue sordide complicità con Washington, tutta la sua problematica criminale non escono dal
quadro principale della storia infamante che la Casa Bianca ha imposta alle
nazioni di questo continente ».
Quest’uomo è morto nel proprio letto. E poiché (com’è ben noto) i rapporti diplomatici hanno le loro esigenze d’etichetta, alla sua morte il sig.
U. Thant, segretario dell’QNU, ha inviato al ministro degli esteri di Haiti,
sig. René Chalmers, il seguente telegramma (riportato da « Le Monde »
del 24.4.’71): « Con profonda emozione
ho appreso la notizia della morte del
presidente Duvalier. In questa triste
occasione, prego vostra eccellenza di
voler cortesemente trasmettere al governo e al popolo haitiani, come pure
alla famiglia deU’illustre scomparso, le
mie più sincere condoglianze ».
L’AUTOCRITICA
DEL POETA
« Il poeta Heherto Padilla, arrestato il 20.3 II. s., è stato liberato il 27.4
dalle autorità cubane, ed ha poi raggiunto direttamente la propria abitazione all’Avana. Il governo cubano non
ha annunciato ufficialmente la sua liberazione (così come non lo aveva fatto neppure del suo arresto). Ma il testo d’una sua lunga autocritica, ch’egli
avrebbe redatto il 5.4 in prigione ed
indirizzato al governo, pur non essendo stato pubblicato dalla stampa cubana, è giunto in Europa attraverso l’agenzia ufficiale “Prensa Latina" ». Di
tale autocritica, nella quale il poeta denuncia con profonda umiltà i propri
errori politici, « Le Monde » del 29.4 riporta larghi estratti, facendoli accompagnare da un interessante commento
di Juan Arcocha, romanziere cubano,
ex-collaboratore del giornale « Revolución », di cui fu il corrispondente a
Mosca. L’Arcocha fu l’interprete di
J. P. Sartre, quando questi andò a Cuba, e lasciò il proprio paese senza conflitto con le autorità cubane. Ecco alcune affermazioni dell’Arcocha:
« Quando Heberto Padilla scriveva i
suoi poemi che contribuivano a salvare la rivoluzione, egli era tuttavia cosciente dei rischi ai quali andava incontro. Vorrei citare il suo poema intitolato “Poetica", che fu stranamente
premonitore (o almeno rende oggi, in
ogni caso, una tragica eco):
“Di’ la verità. / Di' almeno la tua verità. / E poi lascia che accada tutto
quel che può accadere: / che si strappi pure la pagina che tu preferisci, /
che si demolisca pure la tua porta a
sassate, / che la gente si accalchi pure
davanti al tuo corpo / come se tu fossi / un prodigio o un morto".
Se un uomo .scrive queste cose, non
è certo per rinnegarle l’indomani, salvo costrizione. E poiché conosco Heherto Padilla, ripeto che esiste una sola costrizione capace di condurlo a tanto: la tortura ».
Circa un mese fa un uomo viene a
trovarmi. E smunto in volto. Si vede
chiaramente che è povero. Mi parla
della famiglia da mantenere. Non sa
come andare avanti perché è senza lavoro. Mi chiede di trovargli un posto
all’estero, qualunque esso sia. E pronto a qualsiasi fatica pur di poter mandare a casa il necessario per il pane
quotidiano. Gli prometto di scrivere
ad amici che si interesseranno al suo
caso e gli chiedo di ritornare per la
risposta fra una quindicina di giorni.
Gli amici si sono occupati con premura del caso. Hanno anche scritto
fraternamente per mettere in luce
tutte le difficoltà che remigrato incontra e che è bene sappia prima di mettersi in viaggio. All’uomo che è tornato più volte faccio presente quanto
viene scritto, ma egli è deciso. « Mi
metterò in una baracca per spendere
meno e poter mandare più possibile
denaro a casa ». Poi anche « son pronto a tutti i lavori ».
Riscrivo all’amico che si è interésate per il lavoro. Finalmente viene la
risposta positiva ed anche i suggerimenti per i treni da prendere. Questa
volta la lettera è rivolta direttamente
all’emigrante. Viene la moglie a portarmela in visione. Aggiungo le mie
spiegazioni. Ed essa: « Non è più a
Riesi ma in soggiorno obbligato in
Emilia ».
Ho saputo poi che anche a Riesi era
sorvegliato speciale e che poi questa
limitazione era stata aggravata con il
confino. Aveva precedenti mafiosi. Un
mafioso, dunque. Meglio sarebbe dire
un « manovale della mafia », cioè uno
di quelli di cui la mafia si serve per
le sue azioni criminose. Questi son
spesso persone frustrate nella vita
che per esser qualcuno si agganciano
ai mafiosi potenti. Ed ora son essi a
pagare perché i pezzi grossi, « i datori di lavoro della mafia » son più in alto, non son raggiunti, sono protetti.
Chi paga, finché la Commissione Antimafia non raggiungerà i veri capi, son
questi meschini di cui essi si sono
serviti. Dalle informazioni prese questo « manovale della mafia » era stato
usato per azioni di sabotaggio contro
gente della quale la mafia voleva vendicarsi: incendi di campi di grano, di
camion, furti, ecc.
È naturale che non potrà partire,
come non lo può alcuno che sia stato
riconosciuto collegato con la mafia,
ma intanto la famiglia è nel bisogno
e quel che passa lo Stato è proprio
poco. X. V.
ililiiiiiiiiiiiliillliiiliiiMiMiiiimmiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii
ProMenii del nostro tempo
Il Consiglio Nazionale della Chiesa riformata in Francia, oltre che ad alcuni affari
correnti, ha dedicato lunghi momenti di riflessione a vari aspetti del nostro tempo, in
occasione della sua ultima sessione ordinaria.
Esso si è particolarmente intrattenuto sulle questioni poste dagli « scioperanti della
fame », solidali con i detenuti che reclamanouno statuto politico.
Al Consiglio è parso che non si potesse dissociarle daH'insieme dei problemi posti oggi
dall’esercizio della giustizia nella nostra società e delle condizioni del regime penitenziario.
In questo senso esso ha dato mandato al
suo presidente di avviare, col Presidente della
federazione Protestante di Francia, una pratica presso il Ministro della Giustizia per sottolineare l’urgenza di soluzioni che testimoniano maggiormente di un vero rispetto verso gli
uomini.
Il Consiglio, d’altra parte, è venuto a conoscenza della iniziativa di un gruppo ecumenico della regione Montargis-Orléans, i cut
membri hanno informato il Presidente della
Repubblica della loro decisione di detrarre dai
versamenti delle loro imposte una percentuale del 20%, che secondo loro corrisponde alle
somme utilizzate per scopi militari, e di versare le somme equivalenti alla compagnia
« Giustizia e Pace » lanciata da H. Camara..
Il Consiglio ha riconosciuto nella decisione di
quel gruppo una azione che, anche se non è
possibile a tutti i cristiani condividerne la
convinzione, si presenta come una risposta concreta agli appelli delle Chiese a preoccuparsi
della giustizia, dell’amore verso il prossimonell attuale contesto dello sviluppo e del perdurare della corsa agli armamenti.
(hip)
La Jugoslavia: ieri e
oggi
(segue da pag. 2)
dislocati lungo le strade a perdita
d’occhio; le case sono di stile pannonico, con caratteristiche aperture in alto
ed al centro e cancellate ricamate con
particolare eleganza. Il costume femminile è pure di tipo pannonico e ha
come elemento caratteristico la veste
bianca, tessuta di lino e canapa; il costume maschile invece, fatto dello stesso materiale, conserva le forme originarie dell’abbigliamento primitivo del
popolo agricolo: le larghe brache aperte sul fondo, note dai monumenti scitici, come anche l’ampia camicia ricadente sui fianchi, tipica del contadino
pannonico. Gli abitanti di questi villaggi passano le ore di- sosta o all’interno,
sotto il caratteristico porticato pannonico che conferisce eleganza e quindi
civettuolo alla casa; oppure per uscire
dall’intimità familiare, le donne soprattutto, sostano nel riquadro erboso davanti alla casa.
I MQNUMENTI PARLANQ
Si giunge una sera nei pressi della
cittadina di Novisad: una grande distesa di terra, sempre uguale e poi all’improvviso l’occhio incontra tre grandi figure di bronzo che si stagliano verso il
cielo, con le braccia levate e il corpo
bucherellato, mentre gli avvoltoi e i
corvi sembrano contendersi quei buchi,
quale rifugio notturno... Le figure rappresentano la sofferenza e la tragedia
del popolo jugoslavo, che ha duramente pagato lo scotto dell’ultima guerra
con un ottavo di popolazione uccisa,
torturata...
IL NEGRQ
DELLA GUINEA NUQVA
Alla stazione si stenta a farsi capire
e non riusciamo ad avere il biglietto di
prenotazione; aH’improvviso nella fila
notiamo un negro: ci guarda, intuisce
e s'avvicina a noi; s’informa e poi senza pensare al suo biglietto ci porta alla
Direzione con fermezza, con decisione,
con qualche giudizio piuttosto duro
verso l’impiegato; poi, ottenuta giustizia, ci sorride contento e ci dice; « Ho
sofferto molto sotto i padroni in Africa, ho sofferto molto in terra straniera
e sono lieto quando posso fare qualcosa
per gli altri in difficoltà... ». Ripensiamo
quanto male abbiam fatto e continuiamo a fare a quel popolo infelice e lui ci
ripaga con l’amore!
L’E VANGELO
IN JUGOSLAVIA
« Con potenza di segni e di miracoli,
con potenza dello Spirito Santo da Gerusalemme e dai luoghi intorno alVllliria ho predicato dunque l’Evangelo
di Cristo ». Così Paolo scriveva alla comunità romana ricordando la sua missione in Jugoslavia (Illiria). Secondo la
tradizione Paolo avrebbe fondato una
comunità a Laslovo, a Sud della Drava,
scomparsa un’ottantina di anni fa.
Altri predicatori furono i noti Cirillo
e Metodio: essi composero un alfabeto
slavo (glagolitico) e recarono l’Evange
10 in una vasta zona. Alla loro morte
11 Papa vietò la lingua slava nel rituale,
mentre i loro discepoli furono cacciati
e costretti a recarsi in Croazia e successivamente in Serbia; a loro si deve
la creazione dell’alfabeto detto cirillico.
Nel X e XI secolo si estende la corrente spirituale dei Bogomili, sotto certi aspetti vicini al movimento valdese
negli elementi della ricerca della povertà, dell’antigerarchia; essi ebbero
nella Bosnia il luogo di maggior resistenza.
La Riforma espresse in Prinz Trubar
uno dei migliori rappresentanti protestanti della Slovenia; egli compose un
catechismo ed un abecedario; è considerato il padre della letteratura slovena. La Riforma si estese in Istria e i
nomi di Mathias Flacius Illiricus, Pier
Paolo Vergerlo sono ben noti nella storia del pensiero protestante. Le comunità Riformate si trovano soprattutto
nel Banato, a Backa, a Baranja al tempo della Riforma hanno raggiunto il
numero di 120 comunità. I dati di venti
anni fa offrono il seguente quadro: 36
mila credenti, 72 comunità, 484 anziani
e 27 pastori. In Carnia esiste una vasta
diaspora dove il Pastore itinerante visita i credenti quattro volte l’anno. Purtroppo non posseggo altre notizie sulla
presenza protestante in Jugoslavia.
UN VALDESE IN JUGQSLAVIA
Penso che Giovanni Gönnet sia il solo
valdese nella zona di Belgrado: candidato come professore universitario a
Messina, la sua qualifica di « eretico
valdese » non gli consentì di assumere
l’incarico, suscitando naturalmente una
polemica che interessò la stampa italiana ed estera. Da allora egli ha assunto l’incarico di direttore dell’Istituto Culturale Italiano dapprima ad Oslo
e da circa un biennio a Belgrado. La
sua profonda cultura storica, specialmente in storia valdese, gli consente di
far conoscere nei vari ambienti diplomatici e culturali il messaggio del Valdismo, medioevale in particolare. Sono lieto che egli possa in futuro darci
notizie più fresche circa la presenza
protestante in Jugoslavia e sono grato
a lui ed alla sua compagna se ho potuto fruire d’un soggiorno a Belgrado e
fornire ai lettori queste notizie un po’
insolite per il nostro settimanale.
Gustavo Bouchard
Ringraziamo il pastore Gustavo Bouchard per queste note ispirate da un
breve viaggio in questa terra di frontiera che è la Jugoslavia. (red.)
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