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ECO
DELLE VAILI VALDESI
Sig. FEY^OT Arturo
iVia C. Cablila 22/5
16*22 GENOVA
Settimanale
della Chiesa Valdese
Anno 108 - Num, 16 j ABBONAMENTI ¡ L. 3.000 per Tinterno Sped. in abb. postale - I Gruppo bis/70 1 TOKKE PELLICE — 16 Aprile 1971
Una copia Lire 80 L. 4.000 per l’estero Cambio di indirizzo Lire 100 1 Amm.: Via Cavour 1 - 10066 Torre Pellice - c.c.p. 2/33094
Anche tu, psi...
Pur chiedendo una revisione bilaterale del Concordato, la Camera ha
confermato l’inserimento dei Patti Lateranensi nella Costituzione
L’avvenire della Chiesa
Verso ui cristianesimo sovversivo?
Anche i socialisti hanno rinnegato,
salve tre eccezioni, il loro voto contrario all’art. 7 della Costituzione, quando,
nel 1948, in sede di Costituente avevano respinto l’inserimento dei Patti Lateranensi (salvo revisione bilaterale)
nella Costituzione repubblicana. Era
stata una battaglia che i socialisti avevano pagato ad altro prezzo; un prezzo che essi sembrano ora rimpiangere
o comunque non voler più pagare.
Mercoledì 7 aprile la Camera ha approvato a larga maggioranza quest’ordine del giorno: « La Camera, udite le
dichiarazioni del Presidente del Consiglio, ritenuta l’opportunità di apportare ai Concordato con la Santa Sede
le modifiche dettate dalle esigenze di
armonizzazione costituzionale, dalla
evoluzione dei tempi e dallo sviluppo
della vita democratica; accertata la
disponibilità della Santa Sede alla trattativa, invita il governo a promuovere
il relativo negoziato, mantenendo i
contatti con le forze parlamentari, come dalle dichiarazioni del Presidente
del Consiglio, e riferendo conclusivamente alla Camera prima della stipulazione dell’accordo di revisione ». Hanno votato a favore: de, psi, psdi, pri,
pei, indipendenti di sinistra; si sono
astenuti: pii, psiup, pdium, msi; hanno
votato contro: il « Manifesto », i socialisti Fortuna, Scalfari e Mussa
Ivaldi.
Il presidente Colombo ha sostenuto
questi tre punti fondamentali: 1) conferma delta « garanzia costituzionale
offerta ai Patti Lateranensi », 2) eliminazione dal Concordato (ma non dal
Trattato) delle clausole morte o incompatibili con i principi di libertà e
di uguaglianza, 3) negoziati bilaterali
con il Vaticano, senza un giudizio previo, da parte del Parlamento, sulla costituzionalità delle norme concordatarie. L’on. Colombo ha sostenuto che
la revisione non potrà « consistere
semplicemente in un aggiornamento
della terminologia », ma neppure deve
« snaturare il Concordato ». É i’on. Andreotti, capogruppo de, ha rincalzato
che nel Concordato c’è molto da sfrondare, purché si salvi la sostanza. Più
chiaro di così... L’on. Ballardini, per
il psi, si è detto contrario all’abrogazione del Concordato, che comprometterebbe la collaborazione con le forze
cattoliche (quali?); per altro il psi ritiene il Concordato largamente superato e la revisione dovrà comunque essere radicale, andando oltre le insufficienti conclusioni della « Commissione
Gonella »; analoga la posizione del
psdi. Quanto ai comunisti, l’on. lotti
ha confermato che il pei è contrario
all’abrogazione del Concordato, pur
insistendo su una revisione drastica e
facendo notare che rivedrebbe interamente la propria posizione qualora si
venisse a un referendum abrogativo
della legge sul divorzio. I comunisti
(salvo il gruppo del «Manifesto») non
hanno dunque compreso l’errore madornale compiuto nel 1948 votando
l’art. 7; o, piuttosto, risulta che non
si è trattato di un errore di prospettiva, ma di una calcolata prassi politica di fronte a un riconosciuto centro
di potere: Cremlino (e sudditi) e Vaticano sono meno lontani di quanto si
potrebbe pensare, nella loro Realpolitik.
Secondo ragionevoli previsioni, è
dunque chiaro l’esito che attende, in
Parlamento, la presentazione di una
proposta di legge per l’abrogazione del
Concordato, che verrà fatta dall’ex-socialproletario Lelio Basso e cui si associeranno il « Manifesto », i pochi socialisti che appoggiano la neo-costituita Lega per l’abrogazione de) Concordato, insieme ad alcuni indipendenti
di sinistra, come il sen. Albani. Diverso sarebbe l’esito di un eventuale referendum popolare?
Abbiamo già molte volte, negli ultimi anni e anche recentemente, espresso la nostra convinzione che il Concordato debba essere abrogato, e le rnotivazioni evangeliche di tale convinzione. Ultimamente abbiamo pure ampiamente presentato il volume, edito a
cura dell’Associazione per la Libertà
Religiosa in Italia (ALRI), Cattolici e
laici contro il Concordato, lieti di vedere per la prima volta, in questa forma
pubblica, con impostazioni c sfurnaturc diverse, dei cattolici convinti accanto a dei "laici” in questa battaglia
che, in una prospettiva cristiana, prima che politica è spirituale.
TI voto parlamentare, che unisce in
un bel fascio compatto elementi assai
eterogenei, ha dunque sostanzialmente sancito la « garanzia costituzionale
Ha la Chiesa un compito particolare da svolgere nella società, oltre a
quello di annunciare l’Evangelo, cioè
Gesù Cristo morto, risorto e vivente?
È opinione comune che ce l’abbia e
che non si tratti di un compito diverso da quello dell’annuncio dell’Evangelo ma semplicemente di una particolare espressione di quell’annuncio. Ecco circoscritto, sommariamente, il problema cruciale per la nostra generazione cristiana dei rapporti tra Chiesa
e società. Al congresso dei teologi cattolici convenuti a Bruxelles, il tema
del ruolo della Chiesa nella società di
domani (ma anche di oggi) fu trattato
in tre diverse relazioni, ora accessibili
anche al pubblico italiano grazie al
Libro del Congresso edito dalla Queriniana.
La relazione più significativa è quella del tedesco Johann Baptist Metz il
quale non ha esitato a chiedere alla
sua Chiesa (quella cattolico-romana), e
indirettamente anche alle altre, « una
dolorosa conversione » dal modo tradizionale di impostare i propri rapporti con la società, nei cui confronti si
impone ormai « una nuova prassi »,
cioè un nuovo atteggiamento e comportamento da parte della Chiesa.
Chiedere la conversione non è come
chiedere l’aggiornamento o qualche riforma superficiale e indolore. La conversione, tanto più quando è dolorosa,
è qualcosa di radicale: comporta la fine di un modo di essere e di vivere
della Chiesa, e l’inizio di un nuovo modo di essere e di vivere. Chiedere alla
Chiesa di convertiisi equivale ad auspicare un nuoA'o tipo di Chiesa rispetto a quello affermatosi nel corso dei
secoli.
In che cosa con ste la conversione
che la Chiesa deve attuare nei suoi rapporti con la società?
1. In primo luogo consiste nel riconoscimento esplicito da parte della
Chiesa della sua connivenza, ora attiva
ora passiva, con il potere costituito,
nelle sue varie colorazioni politiche.
Tristemente nota è, in proposito, la
iiiiiiiiiiMiiiiiMiniiMiiiiiiii¡ii;;i!iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiMiiimiiiiiiiiiiiiiiinii,iimimMiiMiiiiiiii
Continua la lotta del CEC contro il razzismo
Dopo Cabora Bassa, il Cunene
Le Chiese invitate a premere su governi e industrie perché non finanzino la diga progettata sul Cunene, nel Sud-Ovest africano
offerta ai Patti Lateranensi ». Proprio
ciò che non doveva avvenire, è stato
invece deciso, e la « revisione » mostra
il suo vero volto: si ritoccherà — soprattutto ciò che è nei fatti già superato e decaduto — e si confermerà solennemente la « costituzionalità » di
un elemento che finora, con coscienza
buona o cattiva, molti avvertivano come spurio e difforme nella nostra Costituzione. In questo quadro, il voto
socialista, determinato da un realismo
governativo che spiega ma non giustifica, appare come un vero, grave rinnegamento della posizione coraggiosa
del ’48: tu quoque, psi...
Comprendiamo benissimo l’intento,
da parte di taluni, di "rodere” il Concordato dall’interno: anziché rischiare una "guerra di religione” (ma sarebbe poi un tale guaio, dato che non
sarebbe, comunque — o sbagliamo? —
combattuta con le armi? o non è proprio quel che ci manca, oggi: una lotta spirituale vigorosa, recisa?), accettare il principio concordatario e limare
poi articolo per articolo, ovunque risultino incompatibilità costituzionali.
Ma la parabola della nostra vita politica, dal 1948 ad oggi, e la temperie
italiana (in specie parlamentare) odierna ci dà ogni diritto di avere piena
sfiducia in questa prassi. Appena si
cede a livello di principi, si incontrano
compagni di strada o avversari che
con la prassi ci sanno fare con arte
ben più consumata.
Quanto al cattolicesimo nostrano
nella sua pesante maggioranza, dal
“vertice” vaticano giù giù a raggera, ci
dà la triste conferma del suo indurimento alle sollecitazioni dello Spirito;
esso « tiene fermamente quel che ha »:
ma non è il deposito evangelico (Apocalisse 3: 11), bensì una quota — cospicua — di privilegio e di potere. In
questa direzione possano le nostre vie
divergere sempre più.
Gino Conte
Ginevra (A.P.) — Il C.E.C. ha appena annunciato nuove misure prese per
isolare i paesi che acconsentono a qualunque forma di razzismo, e particolarmente il Portogallo ed il Sud-Africa.
Il C.E.C. ha deciso di prendere posizione contro le alleanze militari con
il Sud Africa e le forniture d’armi al
Sud Africa, al Portogallo, alla Rhodesia; di scoraggiare l’immigrazione bianca verso il Sud Africa, il Malawi ed il
Portogallo; di tentare di ottenere lo
statuto dei prigionieri di guerra per
coloro che combattono per la libertà
in un paese dove regna l’oppressione
razziale.
Il Comitato direttivo del C.E.C. ha
deciso, d’altra parte, di interessarsi
più a fondo degli investimenti e delle
società internazionali che operano nel
Sud Africa e negli altri paesi che pra
ticano il razzismo. Il Consiglio ha preso ad esempio la diga di Cunène per
la cui costruzione si rende necessario
l’impiego di un gran numero di Neri
nel Sud dell’Angela e nel Sud-Qvest
africano, numero che sarà rimpiazzato, una volta finita la costruzione della diga, da un mezzo milione di Bianchi.
Uno studio al riguardo sarà inviato
a tutte le chiese-membro, incoraggiandole a dissuadere i loro governi e le
loro industrie dal partecipare alla costruzione della diga.
Il Consiglio ha infine deciso di continuare ad accordare dei doni alle organizzazioni che subiscono delle oppressioni razziali, quando i loro obbiettivi siano in pieno accordo con i
fini del C.E.C.
iiiiiiiiiiiiiiiiiMiiiiiiiiMimimiii'i;
iiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiMiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii
Il past. Blake commenta l'arresto di un presidente del CEC
Madison, USA (soepi) - La legge sui
permessi di circolazione in Sudafrica
[n.d.r.: secondo cui tutti i “colorati"
debbono portarsi sempre addosso un
libretto contenente tutte le informazioni sul portatore e dove sono anche
annotati i permessi per entrare, in una
zona urbana o uscirne) costituisce un
costante richiamo alla politica di vessazione cui sono sottomessi anche gli
ecclesiastici. Lo ha recentemente dichiarato il pastore Blake, segretario
generale del Consiglio ecumenico delle
chiese.
Nel parlare sul tema « Religione organizzata, ecumenismo e avvenire », il
pastore Blake ha alluso all’arresto e
alla detenzione del vescovo anglicano
dello Zululand, Alpheus Zulù. Egli era
slato trovato privo del documento di
cui sopra.
« Sono incidenti come questo — ha
detto Blake — che dovrebbero spingere tutti i cristiani ad impegnarsi nel
la lotta contro il razzismo per tradurre in pratica la loro convinzione che
Dio vuole una famiglia umana in cui
tutti i suoi membri possano vivere una
vita pienamente umana e rispondere
così in quanto uomini ai disegni di
Dio ».
Il vescovo Zulu, che è uno dei presidenti del Cec, è stato arrestato alle
cinque del mattino dell’l l marzo scorso
in una comunità religiosa vicino a
Johannesburg, dove assisteva ad un
seminario sulla « teologia nera ».
Il documento, che ogni africano deve tenere su di sé, è stato definito da
Blake come « uno dei simboli più detestati della dominazione bianca».
Il vescovo Zulu è il primo africano
nero ad essere stato consacrato vescovo anglicano in Sudafrica. Lo Zululand, situato nel nord-est del paese, dà
rifugio a oltre 3 milioni di Zulu, che
costituiscono il secondo gruppo etnico della repubblica.
politica concordataria in auge nella
Chiesa cattolica la quale, con la disinvoltura morale che la caratterizza in
questo settore, l’applica coerentemente dovunque le è possibile, aalla Spagna di Franco ai paesi dell’Est europeo. Ma questa non è Tunica e forse
neppure la peggiore forma di mondanizzazione della Chiesa che diventa
compiacente o complice del potere politico — anche del più aberrante, come quello fascista — se solo ne trae
un tornaconto. Vi sono molte altre
forme, manifeste e segrete, grandi e
piccole, di integrazione della Chiesa
nel « sistema »: tutte insieme costituiscono una pesante catena che lega la
Chiesa all’« ordine » esistente, facendone di fatto una forza di conservazione
dello status quo anziché un principio
e anticipo del mondo nuovo. In quasi
tutta la sua storia, la Chiesa è stata
una forza d’ordine più che di rigenerazione politico-sociale. Questo ruolo
marcatamente conservatore è stato
svolto sotto il manto della neutralità
e dell’innocenza politica. Il teologo
Metz osserva però giustamente che
« l’insinuazione abituale di una neutralità per principio e di una innocenza
politica della Chiesa è acritica oppure
serve a travestire ipocritamente le alleanze politiche in atto ».
Sul piano dei suoi rapporti con la
società civile la Chiesa avrebbe dunque fallito storicamente? Anziché essere una comunità umana di avanguardia, anticipatrice del futuro assoluto
di Dio, la Chiesa si sarebbe ridotta a
essere la retroguardia della storia, « la
organizzazione di una coscienza in ritardo sul tempo »? Anziché essere la
comunità dimostrativa di una nuova
umanità, in cui la fraternità donata
in Cristo è vissuta in modo tale da far
saltare, almeno lì, gli schemi di ingiustizia, incomprensione, esclusione e oppressione correnti nel mondo, la Chiesa sarebbe diventata « un narcotico
per le situazioni dolorose e ingiuste »?
Questi interrogativi, e altri analoghi,
non possono essere elusi né li si può
sbrigare con risposte evasive. Le chiese devono rendersi conto che esse
« non sono mai neutre né politicamente né economicamente » e hanno quindi il dovere di « esaminare in modo
imparziale la loro dipendenza attuale
dalla società, soprattutto il rapporto
tra le istituzioni ecclesiastiche e le forze d’oppressione » (così suona la ’Tesi
conclusiva N. 7, Votata a grande maggioranza dal Congresso e largamente
ispirata dalla relazione Metz).
2. Il secondo aspetto o momento
della « dolorosa conversione » richiesta alla Chiesa è il seguente: la Chiesa vive della « memoria di Gesù Cristo », che è una « memoria sovversiva
e liberatrice », perché memoria di libertà che scaturisce dalla liberazione
decisiva e definitiva compiuta da Dio
nella croce e risurrezione di Gesù e
che quindi non è riducibile né all’ideale borghese di libertà né all’ideale rivoluzionario di liberazione (benché esìga l’impegno dei cristiani sia per le libertà civili sia per la liberazione degli oppressi). Il compito della Chiesa
nella società è quindi quello di tenere
un discorso di libertà, con tutte le sue
implicazioni, di insegnare agli uomini
quella vita nella libertà che fuori di
Cristo non è possibile o è estremamente precaria, e infine di propiziare in
tutti i modi l'ingresso nella libertà di
tutti gli oppressi.
La Chiesa, e specialmente la Chiesa
di Roma, testimone e portatrice di libertà? L’idea può sembrare avventata
perché sinora la Chiesa cattolica di
tutto si è fatta paladina tranne che
della libertà una e indivisibile (la libertà di tutti); si è sempre solo curata della libertà propria; quando si è
occupata della libertà degli altri è stato sempre per boicottarla, limitarla o
soffocarla, mai per difenderla. La
Chiesa di Roma ama molto la sua libertà ma poco quella degli altri. Per
sé vuole molta libertà: per gli altri il
meno possibile. Perciò quando il teologo Metz chiede alla Chiesa cattolica di
abbracciare la causa della libertà di
tutti, le chiede davvero una conversione. Metz ricorda che la Chiesa cattolica fino ai nostri giorni è stata non favorevole ma contraria alla libertà, sia
che si trattasse, come ai tempi della
Riforma, della libertà dell’Evangelo
nei confronti dell’istituzione ecclesiastica o della libertà del cristiano nei
confronti della gerarchia, sia che si
trattasse della libertà dell’iAomo più o
meno laicizzato, come ai tempi delTIlluminismo e delle varie rivoluzioni dell’età moderna. « La Chiesa cattolica,
nella .sua forma istituzionale, ha avuto
sempre, nel suo insieme, soltanto dei
rapporti negativi con quest’epoca moderna della storia della libertà... Essa
si è trovata spesso dalla parte del risentimento e della riserva, anzi del
puro 'unti'... I suoi tempi sono stati la
controrivoluzione, il contro-illuminismo e la restaurazione » (e aggiungiamo: la Controriforma!).
Se ora la Chiesa, anche quella cattolica, vuole davvero abbracciare la causa della libertà una e indivisibile a
motivo della « memoria sovversiva e
liberatrice » di Gesù Cristo, questo implica alcune cose: la prima è un ministero di profezia politica e di critica
sociale nei confronti degli « ordini » di
questo mondo, denunciando e bloccando i tentativi che essi periodicamente compiono di porsi come istanza suprema e totalitaria, divenendo così una forza oppressiva anziché emancipatrice; la seconda è un’opera instancabile di immissione nel corpo sociale del fermento della libertà e dello
spirito critico in tutte le sue espre.ssioni; la terza è l’impegno in una milizia attiva per la liberazione dei poveri
e degli oppressi (l’elenco dettagliato
sarebbe lungo), dato che « sarebbe obbiettivamente disonesto invocare l’ambiguità radicale delle realtà politiche
per giustificare l’assenza di prese di
posizione da parte della Chiesa e razionalizzare le sue astensioni ».
3. Infine, la « conversione » che ci
si aspetta dalla Chiesa nei suoi rapporti con la società non deve causare
una secolarizzazione del messaggio e
quindi una perdita di identità da parte della Chiesa. Non bisogna nascondersi « il pericolo che il duro nocciolo
del messaggio cristiano venga completamente adattato e che il cristianesimo ecclesiastico scada a una specie di
inutile parafrasi religiosa dei moderni
processi mondani ». C’è però anche un
altro pericolo, meno rilevato ma tanto
più reale: « il pericolo che la Chiesa
stessa diventi setta », cioè chiusa nella propria ortodossia, ripiegata su sé
stessa, conservatrice del proprio passato, fedele alla tradizione senza essere capace di crearne una nuova. La
Chiesa nella società di domani (e di
oggi) deve evitare « sia il ripiegamento settario che l’adattamento modernistico ».
Il tipo di Chiesa auspicato da Metz
è dunque il seguente: una Chiesa in
cui sia viva la « memoria sovversiva »
di Gesù Cristo e che quindi, ricordando il sovvertimento dei valori e delle
priorità predicato e attuato da Gesù,
si ponga nei confronti dei sistemi politici umani come « momento critico
pCTmanente »; e ricordando la libertà
di Gesù e la liberazione assoluta da
lui compiuta sulla croce, semina a piene mani il seme della libertà fra gli
uomini in vista della loro completa
emancipazione e partecipa cordialmente alla liberazione dei poveri e degli oppressi dalle loro catene; nello
stesso tempo, consapevole dei limiti di
una « emancipazione unidimensionale », attesta che i livelli più profondi
della libertà si toccano non nel regno
del Diritto ma in quello dell’amore.
■* * *
Che dire di tutto ciò? A noi pare un
programma N accettabile e raccomandabile, purché resti fermo che, secondo
TEvangelo, « dov’è lo Spirito del Signore, quivi è libertà» (2 Corinzi 3:17;-,
e non: Dov’è libertà, quivi è lo Spirito
del Signore. Se questo punto è chiaro
e se il fondarnento della libertà e di
tutti i processi di liberazione è veramente visto nella croce del Golgotha,
il discorso di Metz può senz’altro essere condiviso. Certo, si poteva dire
altro oppure dire le stesse cose in altro modo (ad esempio in chiave di giustizia). Ma il problema non è cambiar
discorso ma cambiar vita. Quando c’è
l’essenziale, cioè la predicazione di
Cristo, il problema non è più adoperare un concetto piuttosto che un altro ma iniziare quella « dolorosa conversione » di cui si parlava all’inizio.
Paoi.o Ricca
Miiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimimiiiiiiiiii
Il vescovo Raimundo A. Valenzuela dirigente della Chie.sa Metodista autonoma del
Cile, ha dichiarato che reiezione del prc.sidente
Allende ha portato una nuova occasione di testimoniare Fazione sociale della Chiesa. Egli
ha qualificato l’elezione come « del tutto onesta e libera ». dicendo che se gli Stati Uniti
•sono per la libertà, devono rispettare il processo democratico adottato in Cile. Riconoscendo che i principi marxisti « sono importantissimi nel programma sociale ed economico del
governo », il vescovo Valenzuela ha aggiunto
che il governo conserva « un profondo rispetto
per la tradizione cilena della libertà, compresa
anche quella religiosa ».
2
pag. ¿
N. 16 — 16 aprile 1971
GiouQnni mi0GG9, uomo di pRoniieRR
PER CONOSCERE LA BIBBIA
4 - Il pensiero sociale e politico AMOS 8 Ìl gñlUO dell'EteillO
P. inr<íf‘ l'nnìr“r» T\nr»t/^\ cui n/; K/í CI-M/I ni t ,vi n c-tn-tn nr',^yytr>^■ f»-» Î c-i __L, .< ' 1„ O _ T
È forse questo l'unico punto sul qua
le è legittimo a qualcuno richiamarsi all’eredità di Giovanni Miegge. Egli è
stato, infatti, un uomo di sinistra e
gran parte delle posizioni della sinistra
evangelica italiana attuale hanno avuto in lui il loro iniziatore (non in tutta
l’équipe di « Gioventù Cristiana »,
« L’Appello », «Protestantesimo »). Gran
parte delle accuse lanciate senza economia contro il protestantesimo italiano
di sinistra oggi (quinte colonne del comunismo, professione di un altro evangelo ecc.) sono state lanciate a suo
tempo anche contro Miegge in forma
più o meno esplicita, soprattutto nei
primi anni in cui si esprimeva chiaramente su questo punto. In seguito la
sua autorità era tale che nessuno si sarebbe più arrischiato a lanciare simili
accuse senza timore di cadere nel ridicolo.
Appare innanzitutto fuori discussione che la chiesa deve occuparsi anche
di politica. Fin dal lontano 1928 egli
scriveva: « Se la "Città di Dio” terrena
dovrà pur sempre distinguersi dal "Regno escatologico”, vi è pur posto per
essa nella storia come "penultimo fine”
che è in nostro potere perseguire o non
perseguire (e non sarà indifferente
l’optare fra queste due possibilità) o
pur, forse, chissà, per grazia di Dio, di
attuare » (Prefazione alla sua traduzione della Teologia della crisi, di M.
Strauch, pag. 6). Per questo « perseguire la città di Dio terrena », Miegge scarta l’ipotesi di creare un partito confessionale; il compito dei credenti è di inserirsi nella vita politica stimolando
un’azione ispirata all’Evangelo. (V. Per
un'azione politico-sociale degli evangelici in Italia, in "La Luce”, n. 17 del
1952). Negare l’opportunità di un impegno politico, sarebbe come confondere
il mondo in cui viviamo col « nulla »
esistenzialista. Ma in fondo, nemmeno
Satana è così disperatamente negativo
da non servire per nulla alla gloria di
Dio (Ancora: politica e religione, "La
Luce”, n. 4 dello stesso anno).
Fin qui, probabilmente, tutti sarebbero d’accordo. Il difficile è intendersi
su che cos’è un’azione politica ispirata
all’Evangelo. Miegge non ha mai accettato l’idea che un regime liberale di
stampo occidentale corrispondesse ad
una simile azione politica. Le due deficienze maggiori di questi regimi individuate da Miegge ci sembra che siano
lo stato costantiniano nei rapporti con
la chiesa e la mancanza di giustizia sociale.
I rapporti tra Chiesa e Stato
La sintesi del pensiero di Miegge su
questo punto si trova nelle « tesi Teologiche » presentate alle giornate teologiche del 1943, dedicate al tema « Concordato e separazione nei rapporti fra
Chiesa e Stato ». In esse si sostiene che
lo stato e la chiesa sono fra di loro autonomi, ma anche in relazione, perché
entrambi dipendono da Dio ed a Lui
rispondono della vocazione loro affidata: lo stato di quella del diritto; la chiesa di quella deH’annunzio. Ma rispondono a Dio, non si rispondono reciprocamente. Questa separazione non esclude
che sul piano laico lo stato attui idealità cristiane, magari anche, però, in
polemica con la chiesa, anziché dietro
la sua pressione. L’annunzio dell’Evangelo può d’altra parte colpire la chiesa
stessa, tanto quanto lo stato. La missione della chiesa di fronte allo stato può
condensarsi in tre punti: a) annunziare l’Evangelo, che vuol dire anche ricordare allo stato la sua relatività; b) vigilare affinché lo stato attui il diritto e
non lo calpesti; c) favorire le soluzioni
politiche più conformi all’Evangelo.
Per se stessa la chiesa deve solo chiedere libertà nell’annunzio. Ma la libertà deve essere chiesta per tutti e non
solo per la chiesa. Essa non può rivendicare per sé un ordinamento o atteggiamenti giuridici diversi da quelli delle altre istituzioni morali, perché, come
diceva il Vinet, le è altrettanto dannoso essere protetta quanto essere oppressa.
La libertà si manifesta anche nel diritto all’educazione e aìVistruzione religiosa dei giovani, ma lo stato non può
dare questo diritto come privilegio ad
una sola confessione. « Deve essere
sempre possibile separare questo insegnamento da quello delle materie laiche, così nella persona dell’insegnante
come in quella degli allievi » (La liberté religieuse, pag. 101). Di fronte agli
equivoci a cui rischia di andare incontro una scuola in cui vi sia insegnamento religioso compreso nelle ore e
nei programmi ufficiali, anche se pluriconfessionale e con facoltà di esonero,
Miegge manifesta la sua preferenza per
una scuola laica, senza insegnamento
religioso. « Essa è per questo fatto stesso una scuola di libertà e di tolleranza;
e se non è ispirata da idee anticlericali
o antireligiose, non ha necessariamente
un’azione inibitrice dal punto di vista
religioso... Una chiesa viva non manca
certo di mezzi per dare direttamente, e
sotto forma pienamente responsabile,
l’educazione religiosa a suoi figli, con
le scuole domenicali, le classi di storia
biblica, i catechismi, i movimenti giovanili ecc. T ragazzi si abituano presto a
pensare che la scuola non dà loro tutto,
ma che ha solo lo scopo di dare una
formazione culturale e tecnica di cui
avranno bisogno nella vita; ma che le
cose spesso più essenziali e preziose
non si imparano a scuola » (ivi, p. 69).
Separatismo giuridico e stato confessante della chiesa sembrano, dunque,
i due poli intorno a cui ruota la concezione di Miegge su questo problema.
Va da sé che questo implica non solo
una critica dei concordati in generale
ma in particolare di quello fascista con
la Chiesa Cattolica. Questa critica, però, comporta anche una confessione di
peccato da parte delle chiese evangeliche che non hanno detto nel ventennio
né tutto quel che dovevano, né come
dovevano dirlo (Libertà, "La Luce”, n.
32 del 1943, dell’77 agosto: dire questo
era ancora pericoloso: l’8 settembre
non era ancora venuto, né tanto meno
la liberazione!).
La giustizia sociale
e il comunismo
Miegge suscitò, come è facile a capirsi, un piccolo putiferio quando il 9 settembre 1946 fece al Ciabas le affermazioni che il verbalista Gustavo Malan
riassunse come segue: « E vero che con
i comunisti possiamo andare d’accordo
solo fino a un certo punto, ma a patto
di dire chiaramente che questo « certo
punto » va molto lontano. Noi possiamo andare insieme fino ai problemi penultimi: soltanto sul problema ultimo
abbiamo le nostre essenziali riserve da
fare. E noi dobbiamo evitare di dare
l’impressione che le nostre riserve sul
problema ultimo siano il frutto di una
cattiva volontà nei problemi concreti
della giustizia presente. Insomma, è necessario dire forte il "sì”, e soltanto
dopo di esso aggiungere a bassa voce
il "no” ».
Si aveva la reazione immediata di
Valdo Vinay: « Il "no” è quello che importa » e seguiva un piccolo dibattito
sulla stampa, ma la posizione di Miegge rimane uguale fino alla sua morte ed
è interessante notare che non deflette
neanche di fronte alla brutalità dello
stalinismo, pur non condivisa, evidentemente, ma messa fra le cose non essenziali del comunismo. In morte di
Stalin, scrive su "La Luce”, n. 6 del
1953, che il capo di stato sovietico ha
avuto il merito di porre il "noi” dei
lavoratori al posto dell’"io” egoistico
occidentale. In questa sostituzione sta
un valore spirituale. Anche le obiezioni fondamentali, giuste, che di solito si
fanno al marxismo, non possono essere
mosse che con una certa qual cattiva
coscienza, perché « la Chiesa ^ qualunque Chiesa — non è soltanto la purissima sposa di Cristo, è un organismo
storico, legato a particolari concezioni
storiche, a particolari ceti e interessi
storici; e quando la Chiesa si scontra
con la rivoluzione, Dio solo sa in quale
misura si scontra perché è la Sposa di
Cristo, o perché è la Chiesa zarista... E
quanto all’ateismo, è fin troppo evidente, che il solo ateismo non è quello della negazione teorica di Dio: si ha talvolta l’impressione che in presenza della realtà peccaminosa dell’uomo schiavo di Mammona, la dialettica marxistica possa interpretare meglio le vie della Provvidenza divina, che una teologia
beatamente chiusa ad ogni angoscia
sociale! Scusate se il paradosso è un po'
forte! ».
Lo stesso anno Miegge scriveva un
articolo su "Humanitas”, in cui, dopo
aver messo in luce che le chiese si sono
spesso occupate dell’uomo più sul piano della filantropia e della beneficienza
che non su quello della giustizia sociale, pur riconoscendo che il comunismo
pone dei gravi problemi sulla questione
della libertà, affermava che il cristianesimo deve ora collaborare con quello
per dare a tutti il più presto possibile
11 pane quotidiano.
Problema della libertà. Questo è grave nei regimi comunisti. Tuttavia non
ci si può in alcun modo associare alla
condanna della mancanza di libertà da
parte delle istituzioni occidentali che
sono altrettanto disposte a toglierla
quando questo fa loro comodo. La libertà va rivendicata per tutti, ma è difficile dire dove questa c'è; molto più
facile dire dove non c’è.
L’ultimo studio presentato da Miegge
alle Giornate Teologiche di Agape,
quelle del 1960, ribadisce questi concetti ed è un’esposizione ordinata dei sì e
dei no che si possono dire al comunismo: sì alla società socialista; no ai
metodi autoritari e a quella sorta di
messianizzazione del proletariato e storicizzazione del Regno che fa parte dell’ideologia, ma non dell’essenza politica
del comunismo.
Questa adesione politica alla società
socialista non implica che essa sia definitiva ed è portata avanti senza illusioni. In essa non si concreterà probabilmente la « civiltà cristiana » che, a
dispetto di pretese medioevali, anche
so moderne, rimane da fare. Ci piace
citare qui la conclusione di un opuscolo tratto da una serie di articoli del
1946: Decesso del cristianesimo?: « E
dopo tutto è anche possibile che il Cristianesimo non sia destinato a tradursi
in una civiltà terrena, ma rimanga, fino
alla fine di questa grande avventura,
che è la storia degli uomini, come la
sua critica perenne, e rindice teso alla
eterna Città di Dio ».
Abbiamo definito Amos come il profeta della giustizia, tanto nei rapporti
umani quanto nel culto offerto a Dio.
Ad un certo punto, la presenza del
profeta in mezzo al suo popolo diventa il segno di un giudizio divino che
incombe sulla nazione con una forza
irresistibile: « Il giorno che punirò
Israele delle sue trasgressioni, punirò
anche gli altari di Bethel; e abbatterò
le case^ d’inverno e le case d’estate; le
case d’avorio saranno distrutte e le
grandi case spariranno » (3: 13-14).
Amos annunzia quel giudizio in termini robusti e significativi quando il
popolo è ancora sicuro di sé e non si
preoccupa di discernere i segni dei
tempi. Dio stesso è paziente, sa aspettare, ma non all’infinito; quando non
incontra più il suo popolo sul terreno
della grazia e del ravvedimento, lo incontra sul terreno della contestazione
e del giudizio. Il rimprovero di Dio ha
gli accenti di una speranza delusa:
« Io vi ho lasciati a denti asciutti in
tutte le vostre città; v'ho fatto mancare il pane in tutte le vostre dimore...
e v’ho pure rifiutato la pioggia, quando
rnancavano ancora tre mesi alla mietitura... ma voi non siete tornati a me,
dice l’Eterno... Io vi ho sovvertiti, come quando Dio sovvertì Sodoma e Gomorra, e voi siete stati come un tizzone strappato dal fuoco: ma voi non
siete tornati a me, dice l’Eterno.
Perciò io ti farò come ho detto, o
Israele; e poiché io farò questo contro di te, preparati, o Israele, a incontrare il tuo Dio » (4: 6-12).
Queste ultime parole sono un grave
avvertimento, per noi, per le chiese
cristiane, per la Cristianità. Nessuno
s’illuda di potersi nascondere in una
sicurezza inattaccabile, nessuno riversi le proprie responsabilità sugli altri.
La Chiesa cristiana non ha il diritto
di accusare Israele senza riconoscere
in se stessa le proprie infedeltà. Forse
il miglior commento alla requisitoria
di Amos è quello dell’apostolo Paolo
quando rievoca, per i suoi fratelli di
Corinto, la figura del popolo d’Israele nel deserto in questi termini: « Or
queste cose avvennero loro per servire d’esempio e sono state scritte per
ammonizione di noi, che ci troviamo
agli ultimi termini dei tempi » (I Cor.
10: 11).
Purtroppo i contemporanei di Amos
non erano molto sensibili alla sua
predicazione, alimentavano speranze
fallaci ed inconsistenti riguardo al
« giorno dell’Eterno ». Che cosa rap
M. C. Tron
..................................................MI .......................................................
IRA LE RIVISTE
‘Protestantesimo’ ha compiuto 25 anni
Con Tullimo fascicolo del 1970 la rivista
compieva 25 anni e una serie di contributi
segnava quest'anniversario. L’articolo di fondo, di Vittorio Subilia. nota che si sono
oggi insediali fra noi due conformismi, quello
ecumenico e quello marxista e vi vede una ripresa del rifiuto cronico della Riforma, cioè
di una coscienza teologicamente fondata della
fede, contro il quale una serie di riviste, da
« Conscientia m a « Protestantesimo » erano
sorte; in questo dopoguerra il vecchio antiteologismo di origine pietistica e revivalistica
è stato alimentato dalle tendenze ecumeniche,
di quelle demitologìzzanti e da quelle sociologiche, determinando fra tutti — superstiti revivalisti, harthiani e “giovani rivoluzionari" — un senso di inquietudine e disorientamento, riflesso di una palese carenza di
autorità vera : una situazione di fronte alla
quale l’A. si dichiara convinto che è « compito precipuo del cristiano perseguire la chiara individuazione delle premesse teologiche
che motivano la fede a stimolare la libertà
critica dalle cattività di cui ieri e oggi la coscienza e la Chiesa cristiana sono succubi nel
secolo : per essere in grado di esprimere un
messaggio che possa richiamarsi e richiamare
airautorità deH*Evangeìo ».
Giorgio Peyronel traccia poi un vivace
Contrappunto su nove anni di ^‘Gioventù Cristiana'’. ricordando come l’intento del gruppo
che si raccolse negli anni ’30 intorno a quella
testata e poi intorno a quelle che ne ripresero
l'eredità, fosse la risposta all'esigenza di una
“esistenza teologica" (richiamo esplicito a un
manifesto di Barili), mentre pare che oggi
vada « gradatamente ma insistentemente sostituendosi, in taluni settori del cristianesimo,
raffermazione di una prevalente “esistenza politica" della chiesa, vista e inserita in un
contesto ideologico ben preciso ». Continuando
in questa carrellata retrospettiva, alla luce della situazione attuale, Mario Rollier fa
xm'Autocritica. quale membro del gruppo de
« I/Appello ».
Il fascicolo 4/1970 conteneva poi uno studio critico di V. SuniLiA su Gesù di fronte a
conservazione, e. rivoluzione (a proposito del
breve saggio di 0. Cullniann da noi presentato qui due numeri or sono), un altro di Valdo
Vinay su ìl protestantesimo della Riforma e.
dei secoli successivi (a proposito del libro di
M. Miegge. 11 protestante nella storia) e infine
Considerazioni sull'etica di Paul Tillich di
Pierluigi Jalla. Seguono numerose recensioni.
Il fascicolo 1/1971 si apre con uno scritto
di Giorgio Spini. Le Società Bibliche e Vitalia del Risorgimento: si tratta del testo della
vivace prolusione albanno accademico in corso della Facoltà Valdese di Teologia, tenuto Io
scorso ottobre ricordando che con le truppe
italiane, il 20 settembre 1870, entravano in
Roma i primi coìportori.
Seguono due studi critici: P. C. Bori, La
cristologia hegeliana in un nuovo libro di Hans
Kiing: V. Subilia. La Chiesa nella coscienza
protestante (su un recente saggio cattolico, di
B. Gherardini, La Chiesa nella storia della teologìa protestante): la consueta ricca serie di
recensioni.
Abbondamento annuo L. 2.500. un numero
L. 700; ordinazioni e versamenti alla Libreria di Cultura Religiosa. Piazza Cavour 32,
00193 Roma, c.c.p. 1/26922.
“Gioventù Evangelica,,
in preparazione
del Congresso EGEI
Il fascicolo n. 8 è stato concepito come preparazione al prossimo Congresso della F.G.E.I.
(31 ottobre-2 novembre 1971) e offre del materiale di riflessione e di lavoro: un articolo
di Giorgio Bouchard, Le alternative della testimonianza: due documenti elaborali dal
Gruppo giovanile di Rapolla, Rapolla: sottosviluppo e testimonianza, e dal Circolo « G.
Salvemini » di Orsara: Or.sara di Puglia: scuola e sottosviluppo: una lettera al direttore, di
Giovanni Mottura. lìn' autocritica insufficiente (che respinge tra l'altro l’ipotesi di un
compromesso fra la linea di Lutero e quella di
Müntzer, dando, ante litteram. ragione al Coppellotti. autore dell’introduzione alTedizione
italiana di Ateismo nel cristianesimo, l'ultima opera di E. Bloch pubblicata in Italia da
Feltrinelli; i lettori, che ricorderanno forse
una nota pubblicata qui da Luigi Santini: Le
sanguinose, barzellette dei teologi valdesi, troveranno qui una prospettiva diversa): infine
Note sul Campo F.G.E.I.. di Eugenio Ri
VOIR.
Il fascicolo si apre, come di consueto, con
un sermone, di Giorgio Bouchard; La croce
contro l'evasione: e .si chiude con alcune recensioni: Domenico Tomasetto. Che cosa
significa seguire Cristo?: Nicola Pantaleo.
Messia nero, nazione nera, potere nero: Michele Fiorillo. Israele o Palestina?
Abbonamento annuo L. 1.000, una copia
L. 300: versamenti sul c.c.p. 3/56950 intestato a « Gioventù Evangelica », Via Monte
Grappa 62/B. 20092 Cinisello (Mi).
“Etudes Théologiques
et Religieuses,,
Il fascicolo 1/1971 si apre, secondo una
formula felice in corso da alcuni anni, con
una nota omiletica (questa volta di Louis
Simon, sul testo Marco 10: 45) che Paolo
Ricca ha presentato criticamente nel nostro
numero pasquale. Segue uno studio critico su
W. Pannenberg, La théologie de Vhistoire
comme problème herméneutique di C. GefFRÉ; una serie di vìvide impressioni. Courtscircuits di M. Philibert e un Essai d'analyse
structurale d'un récit-parabole (invero un po'
astruso e meccanico) di L. Marin. 11 fascicolo
si chiude con una folta Cronique des livres.
“Foi et Vie,,
Il n. 5-6/19 jO. sotto il titolo « Dérives de
notre temps n presenta una serie di contributi
disparati: A. Maillot. Job. livre païen: M.
Lévrier. Petit plaidoyer pour l'espace; J. G.
Keogh. La Ville-Necropolis (la città come necropoli); D. Patte. De la cité séculière à la
folie de la foi (saggio su due opere di Harvey
Cox): J. Walter. Prométhée à Vécole de
Dionysos: R. Melka. Les affamés d'information (saggio sulle abitudini deU'uomo moderno
in fatto di conoscenza); J. Ellul. Les religions séculières (Paolo Ricca vi ha fatto riferimento in un suo articolo recente, qui: Verso
un nuovo paganesimo?); J. C. Hornus, La
condition de Dieu (su un libro di G. Vahanian). Quindi, documenti e recensioni.
“Concilium,,
Il primo quaderno del 1971, dedicato al
dogma, è centrato su « L’amministrazione sacramentale della riconciliazione ». Contributi
di E. ScHII.LKBEECKX. B. Wtl.l.EMS, J. RÉMY
(Il peccato e il senso della colpa nella prospettiva dell'analisi sociologica), Cil. Duquoc (Riconciliazione reale e riconciliazione sacramentale), J. M. Tili.ari) (Il pane e. il calice della
rieonciliazione). J. McCtiE (La penitenza come segno sacramentale separato), F. Nikoi.A.sCH (La liturgia penitenziale nelle Chiese
orientali). J. Ramos-Recidor (La "riconciliazione" nella Chiesa primitiva), H. McSoiiLEY (¡.¡Itero e Trento nella questioiie sulla
fede richiesta per il sacramento della penitenza). C. Peter (L'integrità della confessione
secondo il Concilio di Trento). J. ,J. VON Ali.MEiviv (Il perdono dei peccati come "sacramento" nelle Chiese della Riforma): documenti.
presentTwa in Israele l’attesa del
« giorno dell’Eterno »? Secondo Giovanni Miegge, « l’idea di quel giorno
corrispondeva ad un grande intervento di Dio nella storia in favore d’Israele; e, sullo sfondo degli avvenimenti futuri, era il giorno finale in cui la gloria e la sovranità cosmica e storica di
Dio sarà pienamente manifestata ».
Eppure, perché Amos interpella i suoi
contemporanei con questa minaccia:
« Guai a voi che desiderate il giorno
dell’Eterno! Che aspettate voi dal giorno dell’Eterno? » (5: 18)? Tutta la vita
nazionale poggiava sulla sicurezza che
l’Eterno avrebbe protetto il suo popolo; perché allarmarsi alla presenza di
un profeta catastrofico, capace soltanto
di predicare il giudizio divino? Pensare
così, scrive un commentatore inglese,
« significa oggi come allora cullarsi nel
paradiso degli sciocchi »; e aggiunge:
« nessuna abbondanza di pratiche religiose potrà minimamente alterare la
verità secondo cui, in un mondo governato da un Dio vivo e giusto, il peccato
nazionale provoca un disastro nazionale ». Non si seminano violenze ed oppressioni, non si elimina il Patto dell'Eterno, non si ingannano gli uomini,
come se non dovesse accadere nulla di
grave, come se il « giorno dell’Eterno »
non potesse diventare un giorno o il
giorno del giudizio. L’Eterno è sovrano
e può trasformare « il giorno di Jahvè »
apparentemente atteso « come un giorno di trionfo religioso nazionalistico.,
in un giorno di tenebre, non di luce, un
giorno in cui il popolo non solo non
potrà realizzare le proprie ambizioni,,
ma sarà schiacciato » (Alb. Soggin). Alla luce della fede cristiana, queste considerazioni sono valide anche per noi
e non possono lasciarci indifferenti: « il
giudizio », scrive l’apostolo Pietro, « ha
da incominciare dalla casa di Dio; e,
se comincia prima da noi, quale sarà la
fine di quelli che non ubbidiscono ai
Vangelo di Dio? » (I Pietro 4: 17).
La predicazione del giudizio non è
mai disgiunta dalla proclamazione della grazia di Dio; se non fosse così,
TEvangelo non sarebbe più Evangelo.
Ma torniamo ad Amos e ascoltiamo ancora la sua parola in due interventi significativi.
Prima di tutto, in un lamento funebre
anticipato, quando egli annunzia che
« la vergine d’Israele è caduta e non risorgerà più » (5: 1-2). L’immagine della
« vergine d’Israele » esprime un concet:
to di « bellezza, floridezza, giovinezza o
forse quello di una prosperità e di una
potenza ancora inviolata. L’idea della
morte di una vergine esprime il rimpianto per una vita stroncata prima di
aver potuto raggiungere il fine della sua
vocazione, che per la donna biblica è
la maternità » (G. Miegge).
Poi v’è una seconda immagine, intensamente drammatica: « Ecco, vengono
i giorni, dice il Signore, ch’io manderò
la fame nel paese, non fame di pane o
sete d’acqua, ma la fame e la sete di
udire le parole dell'Eterno. Allora, errando da un mare all’altro, dal settentrione al levante, correranno qua e là
in cerca della parola dell’Eterno, e non
la troveranno » (i\ 11-12).
Il giudizio dell’Eterno non viene necessariamente mediante una calamità
storica o cosmica. C'è qualcosa di più
grave di una calamità per il popolo di
Dio: è la possibilità che Dio ritiri per
un certo tempo la Sua parola, lasciando il popolo nella follia e nello smarrimento. Dio può riprendersi ciò che ha
donato per mostrare « che mala ed
amara cosa è abbandonare l’Eterno »
(Ger. 2: 19). Talvolta ci accade di domandarci se quel tempo non sia in
qualche misura il nostro tempo: un
tempo in cui la società dei consumi
provvede a sfamarci fino al disgusto, lasciando tuttavia in noi un senso di insoddisfazione e di vuoto. In questa condizione umana Dio manderà nel paese
« la fame e la sete di udire la Sua parola »; allora molti correranno da una
chiesa all’altra, da un continente all’altro, da una dottrina introversa ad una
sociologia estroversa, da una cisterna
screpolata ad una che lo sarà meno, in
cerca della parola deH'Eterno « e non
la troveranno ».
Anche il silenzio di Dio, in mezzo al
clamore ed all’attivismo degli uomini,
può essere un segno del Suo giudizio.
Non un silenzio eterno, non un giudizio
definitivo, altrimenti « poveri noi »! La
profezia di Amos contiene il messaggio
della speranza: «Nondimeno, io non
distruggerò del tutto la casa di Giacobbe... In quel giorno, io rialzerò la capanna di Davide che è caduta, ne riparerò le rotture, ne rileverò le rovine...
10 trarrò dalla cattività il mio popolo
d'Israele... Io li pianterò sul loro suolo, e non saranno mai più divelti dal
suolo che io ho dato loro, dice l’Eterno,
11 tuo Dio » (9: 11-15).
La vera speranza d’Israele, oggi come ieri, non è condizionata dalla politica mondiale. E una speranza più profonda che ha le sue radici, come dice
l’apostolo Paolo, « nei doni e nella vocazione di Dio ». Per questo il « giorno
dell’Eterno » può ancora essere per gli
Israeliti e per noi un « giorno di speranza ».
Ermanno Rostan
3
16 aprile 1971 — N. 16
pag. 3
LA CHIESA E LA SUA MISSIONE NEL MONDO
Intervista con il pastore Paul Ellenberger, missionario nel Lesotho
['[vangelo nel paese dove il tempo e eterno
Il missionario Paul Ellenberger ha visitato nella prima metà di marzo le
nostre comunità di Torino e delle Valli. Egli risiede attualmente a Montpellier, dove insegna alla facoltà di teologia e alla facoltà di scienze. Discendente di una famiglia di missionari, egli ha
trascorso buona parte della sua vita
nel Lesotho, di cui conosce a fondo la
storia, la mentalità e la cultura. Impossibile riprodurre in un articolo di giornale la vivacità delle sue conversazioni,
piene di una ricchissima carica evocativa, in cui alle informazioni sull'attività missionaria si aggiungevano delle descrizioni del carattere, abitudini di vita e costumi dei Basuto, un popolo a
cui egli sente di appartenere.
Il suo programma alle Valli, tra riunioni, lezioni e incontri, è stato densissimo, ma egli ha ugualmente acconsentito, tra un impegno e l’altro, a rispondere ad alcune nostre domande.
Il Lesotho è l'unica parte rimasta libera dell’antico territorio dei Basuto,
che si estendeva, prima della conquista
bianca, anche al Transvaal e al Botswana. L’indipendenza politica del piccolo
paese è precaria, essendo esso interamente circondato dalla Repubblica
Sudafricana. Già circa metà della popolazione attiva è costretta a lavorare
nelle miniere sudafricane; il governo
sudafricano mira a far accettare al paese la propria direzione politica, per imporvi Vapartheid.
Nel 1965 il Lesotho ha ottenuto la
piena indipendenza, ma ha dovuto, a
causa delle pressioni inglesi, adottare
un sistema di democrazia occidentale,
che è del tutto estraneo alle tradizioni
tribali del popolo. Il Sudafrica ha approfittato di questa nuova situazione e
ha cercato, già con Verwoerd, di creare con favori personali una nuova classe di governanti di cui servirsi come
strumento per la propria politica. Ciò
ha provocato delle tensioni tra il partito al governo e la maggioranza della
popolazione, favorevole al re Moshesh
II; grazie all’appoggio sudafricano, il
governo rimase in carica. Recentemente le redini del paese sono state prese
da un mercenario venuto dal Congo;
egli ha istruito delle squadre di « cadetti », che seminano il terrore dappertutto, forse allo scopo di creare una
situazione di disordine che giustifichi
l’intervento sudafricano. ^
In questa situazione confusa, quale sarà la reazione dei Basuto?
Il Lesotho è un paese stabile per tradizione. La filosofia dei Basuto è la filosofia del tempo eterno. Il tempo non
passa mai; l’uomo si muove, non il
tempo. La gente è molto paziente, i
Basuto non hanno nessuna intenzione
di fare la guerra nel loro paese dove da
venti generazioni non c’è stata nessuna
guerra.
Ma così non c’è il rischio che essi
scompaiano?
Credo che abbiano una grande resistenza psichica e che siano certi che,
prima o poi, la situazione si aggiusterà.
Comunque le cose vadano, non vogliono che ci siano dei morti e pensano
di avere il tempo dalla loro parte. Sanno che la situazione sudafricana è sempre più discussa nel mondo e sanno
pure che quel regno non è eterno.
Che cosa può dire sulla civiltà del Lesotho?
Nell’Atrica del Sud ci sono tre civiltà completamente diverse: l’età della
pietra, l’età dei metalli e l’età della polvere e del cannone. Queste tre civiltà
sono basate sull’idea delle dimensioni
spazio e tempo. Abbiamo un mondo a
quattro dimensioni: il tempo, la larghezza, la lunghezza e l’altezza.
I cacciatori artisti che vivono tutt’oggi nel Kalahari e nel Lesotho, appartengono alla civiltà evoluta dell’età delle
caverne.
Mi hanno promesso di farmi dei dipinti su roccia come fanno da 18.000
anni circa. La loro civiltà, tutta la loro
filosofia ed evoluzione sono basate sulla
dominazione completa del tempo e delle dimensioni spaziali. Sono quattro
dimensioni amiche. Il tempo non passa
mai, è un amico; tutto ciò che per noi è
passato e tutto ciò che chiamiamo futuro, per loro è presente come il presente vissuto.
La loro arte delle caverne è basata
su questo concetto e non si può capire
né la loro arte né la loro religione se
non si capisce questa filosofia. La loro
lingua è molto particolare, i suoni sono
aspirati.
Si tratta di un popolo estremamente
selezionato. Solo chi ha una buona vista, un buon udito, una buona dentatura ed eccelle nella corsa, può sopravvivere. Sono poco numerosi, ma sono
di forte costituzione, non temono i rigori deH’invcrno, e, malgrado i 15° o
20' sotto zero, vivono nudi.
Sono sopravvissuti con la natura,
quando la natura è stata saccheggiata,
anch’essi sono scomparsi.
Alla civiltà dell’età del ferro, che è
diametralmente opposta alla precedente, appartengono più di 100 milioni di
Bantù.
Questa civiltà è basata sulla dominazione integrale del tempo, che è un amico. Invece, la larghezza, la lunghezza e
l’altezza sono dimensioni di cui hanno
paura. Hanno paura della natura. Non
conoscono i nomi delle stelle a differenza dei « piccoli uomini gialli » dell’età della pietra che, come Abele, conoscono bene il firmamento.
I Bantù si dedicano all’agricoltura e
all’allevamento, come Caino; han paura
della notte, degli alberi, delle dimensioni spaziali. Si chiudono in casa e si coprono il viso con dei cappelli che li
proteggono.
La loro civiltà è basata sulla dominazione integrale del tempo che è un amico. Conoscono fino alla 30.a generazione
passata: sono generazioni attuali di cui
sanno i nomi, sanno i nomi delle mogli, dei figli, il loro domicilio e perfino
le poesie che questi loro antenati hanno composto durante la loro vita.
E dunque possibile ricostruire la storia di quel popolo a partire da 1000 anni indietro, grazie alla tradizione orale,
ricca di dettagli.
Tutta la loro filosofia consiste nel
concentrarsi nei propri pensieri. Il loro
linguaggio è molto ricco di espressioni; grazie ad un numero altissimo di
coniugazioni diverse, riescono a meglio
definire il loro pensiero. Per esempio
il verbo « amare » ha 24 coniugazioni:
faccio amare, mi metto al posto di qualcun altro per amare, amo moltissimo,
amo molto meno, smetto di amare ecc.
Per i Bantù la civiltà Europea è una
civiltà infantile perché il nostro linguaggio è giudicato infantile e non arriviamo mai all'età adulta. Per questo
ci chiamano il III Mondo, il mondo
della gente triste che corre sempre senza sapere doveva.
II III Mondò appartiene all’efà della
polvere. È la civiltà dell’Europa, basata sulla dominazione integrale delle dimensioni spaziali. Già i Romani costruivano le strade, oggi esistono le autostrade che ci portano sempre più lontano, sempre più in fretta fino alle
estremità della terra.
Il giro del mondo in 80 giorni, ma,
via satellite, in 1 ora e mezza. Due giorni e mezzo per raggiungere la luna.
La dimensione del tempo è la nostra
peggiore nemica, il tempo uccide con
gli infarti del miocardio, con la velocità. Il tempo sfugge agli Europei, per
gli Africani è l’uomo che si muove, il
tempo è immobile.
Noi Europei pensiamo spesso che gli
■ '»fe^ani hanno una tecnologia
molto sviluppata, ma spesso li giudichiamo un po’ infantili nel loro modo di esprimersi.
È proprio quello che gli Africani pensano degli Europei. Ammirano i progressi della tecnologia ma biasimano
l’immaturità della gente. Gli Europei,
come i bambini non sono mai soddisfatti di quel che hanno, non posseggono scuole di iniziazione ed i loro figli
non sanno mai quando diventano adul
ti, quando raggiungono l’età di 60 anni vengono ancora chiamati dalla madre che ne ha 80: «piccino mio».
Si tratta della civiltà « del ventre ».
L’interesse degli Europei concerne il
settore visibile, come i bambini che
cercano il biberon; la psicologia passa
in secondo piano, non sanno esprimere
i loro pensieri.
Una domanda che dovremmo ora farci è la seguente: un Evangelo portato
dall’Europa può essere ricevuto ancora
oggigiorno da una civiltà così diversa
dalla nostra?
Nel passato l’Europa era come un
miraggio, oggigiorno ci compiangono.
Il loro re Moshesh ha ricevuto la rivelazione del Vangelo prima ancora
dell’arrivo dei missionari. Egli si era
infatti sposato e, avendo in gran stima
la moglie, aveva regalato ben 200 buoi,
per avere la sposa perpetua. La sposa
era il Vangelo portato dall’Europa. Il
Vangelo è diventato parte integrante del
popolo. Per nulla al mondo ora vorrebbero che questo sposalizio fosse rotto.
Nella tradizione, gli antenati occupano un posto eminente, essi sono viventi anche se non si vedono. Il grande antenato, il totem, nel Lesotho è il coccodrillo (nel Gabon è il leopardo).
Questi antenati sono sempre tristi e
gelosi e, al di sopra di tutti ce n’è uno
così triste e geloso che è sparito sulla
volta celeste, non voleva più saperne
dell’uomo.
La rivelazione del profeta Isaia: « Se
Tu scendessi sulla terra, le montagne
tremerebbero davanti a Te » risponde
all’aspettativa dei Basuto. Il raggio
dell’amore di Dio che viene ad illuminare l’umanità perduta, lontana da Lui.
Unito a tutti i membri della mia tribù
desidero che questo raggio d’amore cada nel mio cuore, come su di uno specchio che si rifletterà dappertutto illuminando gli altri. È il raggio del perdono: Dio ci perdona e noi pure perdoniamo i nostri fratelli.
Questa è la teologia che cercano. La
teologia europea e individualista, basata sull’intelletto, è stata scartata.
iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiii
Dopo 115 anni di lavoro missionario in
Colombia, la Chiesa presbiteriana unita (USA)
ha dichiarato che la Colombia non farà più
parte della sua attività missionaria. Oggigiorno esistono in questo paese numerosi concistori e sinodi nazionali ben organizzati, che possono dare una direzione effettiva alla Chiesa.
Alcuni ecclesiastici e laici colombiani si riuniranno nel prossimo luglio per elaborare un
piano quinquennale per la loro chiesa e trovare la maniera migliore per finanziare tale
piano. La Commissione per la missione e le relazioni ecumeniche della Chiesa presbiteriana
unita negli USA continuerà a procurare del
personale ed un aiuto finanziario limitato a
progetti particolari ai quali già si interessa.
Che cosa intendono per teologia dell’intelletto? Si tratta della critica
biblica o della dogmatica?
Si tratta della dogmatica basata sulla conversione individuale: io e Dio.
Perfino il modo europeo di cantare gli
inni è contestato. « Cantate come se foste soli con Dio, all’unisono ». In tutti
i paesi africani si canta a quattro voci.
La teologia europea è basata suH’individuo e sul rapporto: Dio-io-gli altri. Per
loro il rapporto è: noi tutti e Dio. E
una teologia molto più pratica dove la
rivelazione occupa un posto preponderante. La tribù è unita da tutti i legami
sociali e l’evangelo è come un nuovo
strato di cemento che porta l’unità, non
più fino ai propri antenati, ma fino all’antenato di tutte le tribù umane.
Attualmente, nel Lesotho due pastori,
il pastore Seala ed il pastore Moshomi
stan facendo un lavoro di ripensamento della teologia combattendo contro
l’individualismo europeo e la paura del
tempo.
Ho tratteggiato in modo piuttosto
caricaturale quel che costituisce l’anima stessa di quel popolo. La fede cristiana non concerne solo l’individuo ma
il gruppo.
Presso la mia « stazione missionaria »
ci sono 50.000 persone feticiste, che
non hanno accettato l’Evangelo.
Un giorno ogni anno essi si mettono
in attesa per 24 ore. Aspettano immobili, con gli occhi fissi verso il sole. Il loro antenato feticista ha visto un giorno
una gran luce scendere dal cielo, e loro
aspettano. Aspettano la rivelazione. I
cristiani, cattolici e protestanti han voluto spiegar loro cos’era quella luce,
ma essi rifiutano la conversione al cristianesimo. Essendo un popolo unito,
non vogliono accettare le divisioni cristiane. Dicono: quando sarete uniti,
accetteremo l’Evangelo.
Quali sono le prospettive per la predicazione dell’Evangelo?
La predicazione è la mia gioia. Ho dovuto lasciare il Lesotho a causa dei
miei figli ma spero tornarci presto, infatti la testimonianza cristiana è fondamentale in una società dove gli Europei
si fan conoscere sotto il loro peggior
aspetto: quello del razzismo.
Oggigiorno, più che mai abbiamo bisogno di missionari che predichino la
rivelazione dell’amore e non la teologia
scolastica o accademica.
Pasqua: per una data
comune a tutti i cristiani
Atenei Ginevra (soepi). - I cattolici greci
celebreranno la Pasqua quest’anno nello stesso
giorno degli ortodossi e cioè il 18 aprile. L’allineamento è avvenuto sul calendario ortodosso, dato che questa Chiesa ha inizialo la quaresima una settimana dopo gli occidentali.
Solo i cattolici delle isole di Siro e di Tino,
nelle Cicladi, continueranno a celebrare la
Pasqua in una data diversa. La celebrazione
in una data comune si effettua già da tre anni
nell’isola di Corfù.
Il modo attuale di determinare la data della Pasqua risale al concilio di Nicea del 325,
secondo cui la Pasqua viene celebrata nella
domenica che segue la prima luna piena
dopo l'equinozio di primavera. Si hanno però
date diverse sull’equinozio, a seconda che si
segue il calendario giuliano o quello gregoriano. Cosi, benché utilizzino il medesimo sistema per determinare la data della Pasqua, le
chiese che seguono il calendario gregoriano
hanno date diverse da quelle che seguono il
calendario giuliano.
L’intenzione principale del concilio di Nicea
era stata quella di giungere ad una data valida per tutte la Chiese. È lo scopo che si prefigge la Commissione « Fede e Costituzione »
del CEC. In una relazione al comitato centrale riunitosi a Addis Abeba, la commissione ha fatto rilevare che « è iniportaiile che
le Chiese giungano a una data comune con
reciproco consenso ». Si attende ora che le
chiese ortodosse e quelle ortodosse orientali
discutano la questione. Quanto alla Chiesa
cattolica, fu in occasione del concilio Vaticano II che essa ha accettato il principio di una
data comune, se poteva essere ottenuto il consenso di tutte le Chiese cristiane.
La relazione in oggetto è stata presentata
anche al consiglio esecutivo del CEC che ha
deciso di trasmetterla alle Chiese-membro. La
questione della celebrazione della Pasqua nella domenica che segue il secondo sabato dì
aprile, posta dal CEC, ha ottenuto la maggioranza delle risposte affermative, specie da
parte delle Chiese protestanti.
IIIIIillllillilllllllllilllillltlllllllilllllllllMIIIIIMIIIIIIIIIillll
Anche in Olanda
cala il numero dei preti
L’Aja. - L’inchiesta condotta su richiesta
deli’episcopato olandese sulla situazione della
Chiesa cattolica nei Paesi Bassi rivela che
nel 1970 il numero dei preti è diminuito di
470 (contro 350 nel 1969) e ammonta attualmente a 12.312. Lo scorso anno sono stati
ordinati 48 sacerdoti (dei quali soltanto 4 secolari), contro HO nel 1969 e 325 nel 1950.
Nel 1969-70 il numero dei seminaristi era ridotto a 719, mentre vent’anni fa superava i
3.000. I preti che hanno lasciato il sacerdozio sono stati rispettivamente 243 e 244 negli ultimi due anni, mentre erano stati 11 nel
1960. D’altro lato 268 religiose (su circa 27
mila) hanno lasciato il velo nel 1970, contro
147 nel 1968. Infine la percentuale dei praticanti è caduta dal 50,8% nell’ottohre 1969
al 47% attuale.
Alla redazione di questa pagina hanno collaborato Robeilo Coisson, Claudia Peyrot e
Bruno Rostagno.
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Una dichiarazione della Chiesa di Gesù Cristo nel Madagascar
Sono ancora necessari i missionari occidentaii neile giovani chiese?
La parola « missionario » indica l’inviato che predica l’Evangelo. L’azione
missionaria è l’annunzio del Vangelo,
secondo l’ordine del Signore: « Predicate il Vangelo a tutte le creature »
(Marco 16: 15).
A noi è impossibile non rendere grazie a Dio per l’opera dei missionari
qui durante più di 150 anni. « Come
udiranno se non vi è chi predichi?...
perché la fede viene dall’udire, e l’udire si ha per mezzo della parola di
Cristo » (Rom. 10: 14, 17). E una grazia immensa che il popolo malgascio
abbia udito la Parola di Cristo per
mezzo dei missionari che si sono susseguiti qui.
1. La comune responsabilità
per l'azione missionaria
Ma non bisogna dimenticare l’affermazione di fede fondamentale che la
evangelizzazione è una missione affidata dal Signore a tutti i discepoli.
« Andate per tutto il mondo e predicate l’evangelo ad ogni creatura »
(Marco 15: 17). Così, l'annunzio dell’Evangelo è la missione di tutte le
Chiese che confessano il Cristo Signore e Salvatore del mondo. La responsabilità di questo lavoro appartiene
a tutti i cristiani senza distinzione alcuna, nella loro qualità di membri della Chiesa universale del Cristo. In queste condizioni occorre considerare i
missionari, non come dei semplici assistenti tecnici, ma come dei messaggeri del Signore inviati per compiere
un compilo per il quale hanno ricevuto una vocazione.
La comunione dei cristiani in questa
azione missionaria è una manifestazione della comunione della Chiesa
universale, che è affermata nella confessione di fede. Tutta la Chiesa è responsabile della evangelizzazione, non
soltanto a Gerusalemme, ma fino alle
estremità della terra. Ed è infatti per
questa ragione che la Chiesa di Gesù
Cristo nel Madagascar accetta di associarsi alla Azione Apostolica Comune
stabilita nel Dahomey e in Francia. Ed
Nel momento in cui le autorità politiche del Gabon hanno pregato i
missionari all’opera presso quella chiesa evangelica di tornare in Europa, è interessante sentire quale è stata la presa di posizione in materia della Chiesa Unita del Madagascar. Dal Bollettino di questa Chiesa
(il « Vaovao ») apprendiamo che in risposta ad alcuni articoli di giornali locali che auspicavano il rinvio di tutti i missionari dall’Isola per
dare migliori opportunità ai giovani cristiani malgasci di accedere ai
posti direttivi della chiesa, il Consiglio Nazionale della Chiesa di Gesù
Cristo nel Madagascar ha votato la dichiarazione che qui riportiasu: « I principi della Chiesa concernenti l’azione missionaria ».
mo
è per la stessa ragione che chiama nel
Madagascar dei collaboratori provenienti dall’Europa. La Chiesa di Gesù
Cristo nel Madagascar ha tuttora dei
collaboratori stranieri c augura che
questo continui.
2. Le modalità
della collaborazione
Il Consiglio Nazionale assegna ad
ognuno la sua attività in seno alla
Chiesa di Gesù Cristo nel Madagascar.
Cioè, non soltanto per l'opera pastorale, ma anche per l’opera scolastica
e le varie opere sociali, che tutte dipendono dalla Chiesa per lo sviluppo
della fede cristiana.
Avendo precisato quali sono le varie attività, è ancora il Consiglio Nazionale che chiama e nomina gli uomini di cui ha bisogno e che giudica
capaci di assumere i vari incarichi. La
maggior parte di questi uomini sono
malgasci, ma ce ne sono anche di stranieri di varie nazionalità (Inglesi, Francesi, Svizzeri, Tedeschi, Qlandesi).
Come dice la Scrittura, c’è una varietà di doni; spetta dunque al Consiglio Nazionale di discernere i doni particolari dei servi di Dio che sono in
relazione con lui. Se stima aver bisogno di un uomo avente un dono particolare, e che sia diflìcile trovarlo localmente, farà appello, nel nome della
Chiesa Malgascia, a una Chiesa sorella all’estero. Infatti, spesso, noi manchiamo di uomini altrettanto che di
denaro. È perciò che il Consiglio Na
zionale crede suo dovere ricorrere all’aiuto che viene dalTestero. D’altronde è il solo modo visibile di mostrare
che si crede alla solidarietà della Chiesa Universale.
In ogni modo bisogna dire che la
presenza di collaboratori stranieri porta la Chiesa locale a capire che è solidale della Chiesa universale. Da quel
momento essa non può accontentarsi
di ricevere, deve anche dare. Fin da
ora la Chiesa Unita ha cominciato a
mandare dei missionari all’estero e si
può sperare che continuerà.
3. La preparazione
dei missionari
La Chiesa di Gesù Cristo nel Madagascar si sforza, e si sforzerà sempre
più, di preparare gli operai di cui ha
bisogno. Però bisogna dire con rimpianto che « la messe è grande, ma
pochi sono gli operai ». Il sentimento
non basta, occorre per l’opera di Dio
lina formazione e soprattutto una vocazione totale. Più che nel passato, è
necessario uno spirito di servizio. Non
è facile a coloro che sono « mandati »
a lavorare in mezzo a noi di lasciare
il loro paese e la loro famiglia. Non si
può dire che sono stati condotti qui
dalla ricerca di vantaggi personali.
Hanno ricevuto vocazione dal Signore,
si sono preparati al compito per il quale il Signore li aveva chiamati, e lo
compiono dove la Chiesa ne ha bisogno.
La preparazione deve essere tanto
intellettuale che spirituale. Non tutti
coloro che dicono di essere capaci, sono idonei per l’opera di Dio; ma soltanto coloro che possiedono lo spirito
di servizio, avendo risposto alla loro
vocazione e essendosi preparati per il
lavoro della Chiesa.
Perciò il Consiglio Nazionale pensa
che gli operai della Chiesa oriundi del
paese come quelli provenienti dall’estero devono attribuire grande importanza a questa formazione intellettuale c
spirituale. Per di più, quelli provenienti dall’estero dovranno sforzarsi, durante la loro preparazione, di conoscere la natura del popolo dove andranno
a lavorare, per evitare i malintesi durante il lavoro in comune. La Chiesa
locale ha pure le sue responsabilità in
questo campo, e deve aiutare i suoi
collaboratori stranieri. Ci vuol tempo,
e occorre avere dei riguardi reciproci per evitare gli scontri sul lavoi'o.
Infine, un’ultima cosa ma non la
meno importante: bisogna che gli stranieri imparino il malgascio, c soprattutto che si accingano a lavorare per
un lungo periodo di tempo nel paese.
La Chiesa Unita considera che questo
sia molto importante e ha deciso di
fare tutto quello che può per facilitare questo tirocinio ai suoi collaboratori stranieri.
Conclusione
Per concludere, ripetiamo che tutti
i cristiani, indigeni o forestieri, sono
responsabili della evangelizzazione sotto tutti i suoi aspetti. Si tratta di rispondere all’appello del Signore. E si
può credere che la testimonianza della fede acquista una grande forza dal
solo fatto che cristiani di popoli e di
razze diverse annunziano insieme il
Vangelo. « In quel giorno, dice Isaia,
gli Assiri andranno in Egitto, e gli Egiziani in Assiria, c gli Egiziani serviranno l’Eterno con gli Assiri» (Es.
19: 23).
Past. Victor R.4K0T0.\rimanana
Segretario Generale della Chiesa
di Gesù Cristo nel Madagascar
4
pag. 4
N. 16 — 16 aprile 1971
Cronaca delle Valli
Riunita a Perrero ii Consorzio Scoiostico ^ ine d’inverno a Frali
All o.d.g. il trasporto gratuito alunni e altri problemi
Nel quadro delle iniziative promosse nella vai Germanasca a favore della
valle e della popolazione, si è svolta
giovedì 8 aprile una riunione del Consorzio Scolastico costituito tra la Provincia di Torino ed i quattro comuni
della valle. Alla riunione tenutasi a
Ferrerò, sede del Consorzio, hanno partecipato per la Provincia i consiglieri
provinciali Chiomio e Cresto; per i comuni erano presenti i sindaci di Ferrerò - Frali - Salza e i consiglieri comunali membri del Consiglio di Amministrazione del Consorzio. La riunione rivestiva particolare importanza sia
perché era la prima da quando è stato
approvato il nuovo statuto e sono in
carica gli attuali amministratori, sia
perché erano all’ordine del giorno vari problemi di particolare urgenza che
da tempo aspettavano una soluzione
sempre rimandata a causa della lunga
inattività del Consorzio dovuto al rinnovo delle Amministrazioni comunali
e provinciale ed alle solite lungaggini
burocratiche.
All’inizio della seduta il Consiglio di
Amministrazione ha proceduto alla nomina del Presidente e del vice-Presidente del Consorzio, cariche che sono
state affidate rispettivamente al sindaco di Ferrerò maestro Genre ed al sindaco di Frali cav. Breuza. È stato poi
approvato all’unanimità il bilancio
consuntivo dell’esercizio 1970 chiusosi
con una spesa complessiva superante
di poco i quattro milioni e mezzo. Si è
quindi preparato il bilancio di previsione per il 1971 che prevede una spesa di cinque milioni e centomila lire.
La maggiore spesa di 600 mila lire prevista per il 1971 è dovuta all’aumento
delle spese di trasporto passate da 17
a 20 mila lire giornaliere. Questa maggiore spesa, giustificata dall’aumento
del prezzo della benzina, della manodopera, ecc., non manca di preoccupare gli Amministratori della Valle che
vedono i loro già magri bilanci assorbiti sempre più da spese, come questa che riguarda la scuola dell’obbligo,
che sarebbero di competenza dello Stato che invece non paga neanche interamente il terzo delle spese di trasporto per cui si è impegnato quando ha
varato la legge per la Scuola Media.
Malgrado queste gravi difficoltà finanziarie i comuni si sono impegnati, grazie anche al determinante contributo
della Frovincia, ad assicurare anche
per questo anno scolastico il trasporto gratuito degli allievi che frequentano la scuola media di Ferrerò. Le altre
spese, di minore rilievo, sostenute dal
Consorzio scolastico sono: affitto e
manutenzione dei locali, riscaldamento, partecipazione alle spese sostenute
dal Fatronato scolastico per la refezione, contributo nelle spese d’ufficio
della Direzione della scuola media, telefono, rinnovo e completamento dell’arredamento e varie altre minori. Infine si è approvata la convenzione di
affitto di una parte dei locali della caserma destinati alla refezione scolastica; affitto che comporta la spesa di
100.000 lire perché lo Stato, che non fa
fronte ai suoi impegni con il Consorzio per quanto riguarda il trasporto,
sa curare i suoi interessi e non esita
ad imporre affitti che è poco chiamare « onerosi ».
Fer sabato 17 aprile è preannunciato
un incontro a Ferrerò tra i sindaci della Valle Germanasca e l’Assessore alla
Viabilità della Frovincia dott. Brustia.
Nella riunione, a cui sono invitati tutti gli Amministratori e la popolazione,
saranno discussi tutti i molteplici problemi riguardanti la viabilità nella valle e le strade di accesso.
fai Germanasca
NELLE SCUOLE ELEMENTARI...
Un nuovo servizio di assistenza medico-psicopedagogica è stato predisposto
dall’Amministrazione Frovinciale per
gli alunni delle scuole elementari e medie della Frovincia di Torino.
Questo servizio, che entrerà presto in
funzione nella nostra zona, si propone
di aiutare insegnanti e famiglie nel loro compito educativo con varie iniziative:
— ricerca nelle classi iniziali di ogni
corso di studi degli alunni che presentano carenze non gravissime nel
carattere e nell’apprendimento;
— collaborazione con gli insegnanti
nello studio dei metodi più idonei
per il riadattamento di questi alunni;
— possibilità di istituire una specie di
consultorio per i bamini che non frequentano ancora la scuola, allo scopo di curare tempestivamente eventuali anomalie del comportamento.
Questo programma dovrebbe anche
avere lo scopo ultimo di eliminare le
attuali classi differenziali, ritenendosi
da preferire l’inserimento graduale degli alunni nella normale attività seolastica.
Si cerca anche di evitare, per quanto
è possibile, l’allontanamento dalla famiglia e il rieovero in istituti specializzati, soluzione che, spesso, invece di
essere di giovamento al bambino può
deterrninare raggravarsi delle sue condizioni di disadattamento.
...E MEDIE
La Scuola Media di Ferrerò raccoglie
la quasi totalità degli alunni della Val
Germanasca di questo cielo di studi,
salvo poche eccezioni che frequentano
la Scuola Latina o, in casi per fortuna
sempre più rari, che evadono dall’obbligo scolastico.
Ci sono quest’anno due prime, una
seeonda ed una terza, con un totale di
82 alunni, di cui 50 valdesi. Furtroppo
a questa alta percentuale di alunni vaidesi non corrisponde un'altrettanto alta
percentuale di insegnanti valdesi. La
questione confessionale potrebbe anche
aver poco peso, ma il grave guaio è
che la maggior parte degli insegnanti
vengono da lontano e quindi si fermano
al massimo per un anno o due, poi per
avvicinarsi al paese di origine lasciano
la scuola con tutti gli inconvenienti ben
noti del ritardo dell’inizio delle lezioni
e della mancanza di continuità didattica.
Questi inconvenienti sono in parte
compensati da due fatti positivi: innanzitutto il numero relativamente basso
dì alunni per ogni classe: in media poco più di venti. Questo permette agli
insegnanti di seguirli più da vicino che
non nelle classi dove si giunge al punto
di saturazione — secondo la legge —
di trenta alunni o addirittura lo si supera. In secondo luogo dall’anno scorso
funziona il doposcuola, frequentato dalla quasi totalità degli alunni, con profitto non solo della loro preparazione,
ma anche del colloquio che questo permette di avere con loro e dell’impostazione stessa dell’insegnamento nelle ore
ufficiali di scuola. Infatti si è concorda
to di considerare le attività del doposcuola non solo come attività di ricupero per chi è indietro, e quindi di aiuto nello svolgimento dei compiti ecc.;
oppure come attività complementari e
integrative dei programmi scolastici
che sono ben lungi dal favorire uno
sviluppo completo della personalità umana; ma in alcuni casi le attività del
doposcuola sono considerate come sostitutive dello svolgimento tradizionale
e libresco dei programmi (il quale, poi,
è tutt’altro che raccomandato dagli
stessi programmi ministeriali). Fer
esempio, si è concordato di considerare
un’inchiesta sui problemi della Valle
svolta dagli alunni come sostitutiva dei
tradizionali riassunti e temi, visto che
essa implicava comunque un esercizio
(li composizione.
Ferché gli alunni potessero frequentare il doposcuola, i Fatronati della
Valle ed i Comuni hanno organizzato
un servizio di refezione nella vecchia
caserma di Ferrerò. Qui, per 175 lire
al giorno, gli studenti possono consumare una pasta asciutta o un risotto
caldo (col «bis» per i più mangioni!)
ed è loro data una pagnotta per accompagnare il pezzo di formaggio o le due
fette di prosciutto che si portano da
casa.
Evidentemente la quota degli alunni
non copre tutte le spese, quindi i patronati intervengono con contributi di
varia natura e misura, non senza difficoltà. Recentemente, sulla base della
promessa di un contributo della Frovincia, si sono accollati l’acquisto di
una lavastoviglie — sperando che la
promessa sia mantenuta •—. È anche
indispensabile l’acquisto di una cisterna per il gasolio della cucina, per evitare di comprare il kerosene al minuto.
iiiiiiiiiiiii:iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii!i!iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiMiii iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiim
Che cosa accade
nel settore tessile?
Le cause della crisi che investe il settore tessile possono essere così indicate:
a) Concorrenza
Mondo.
dei paesi del Terzo
La prima forma di industrializzazione che si realizza in questi paesi avviene nel settore tessile in quanto esso richiede un’abbondante manodopera e
investimenti di capitali relativamente
modesti.
Il tipo di scambio che intercorre tra
i Faesi del Terzo Mondo e l’Occidente
consiste quindi nell’esportazione di
macchinari dai paesi industrializzati e
nell’importazione di tessuti soprattutto
di cotone.
b) Scelte politiche degli industriali tessili.
Negli anni passati l’industria tessile
ha permesso l’accumularsi di notevoli
profitti (esempio tipico la nostra zona)
rna gli industriali del ramo, non appena
si è profilata la minaccia della crisi,
hanno preferito non reinvestire nel settore tessile i capitali accumulati ma indirizzarli in settori più produttivi (vale
a questo scopo l’esempio della Mazzonis che ha investito i suoi capitali in
un’industria di elettrodomestici) limitandosi ad uno sfruttamento intensivo
della manodopera e dei macchinari esistenti senza procedere a nessun ammodernamento tecnologico.
l’ipotesi più ottimistica di una sostituzione di tipi di produzione nella nostra
zona in seguito allo smantellamento
delle industrie tessili, le conseguenze
dal punto di vista della manodopera sarebbero comunque gravi: innanzitutto
tale manodopera è in genere costituita
da persone relativamente anziane che
incontrerebbero difficoltà ad essere assunte in altri settori, poi tale manodopera (grazie alla tradizione della nostra
zona) è specializzata nel settore tessile,
per cui la sostituzione di attività produttive comporterebbe la perdita di un
notevole patrimonio tecnico, oltre naturalmente agli effetti umani e psicotogici di un cambiamento radicale del tipo di lavoro (basti pensare all’operaia
tessile trasferita in un altro settore, ad
esempio quello meccanico!).
11 previsto concerto di corale e organo che
doveva aver luogo nel tempio di Ghigo la sera
del 5 aprile ha dovuto essere sospeso a cau.sa
della solita nevicata di fine stagione e del pericolo di nuove slavine e valanghe sulla strada.
Foi, naturalmente, questa volta non è ,succe.sso nulla, ma durante la giornata aveva nevicatolo forte ed il rischio era più che reale. Pochi giorni prima — durante il week-end di
S Giuseppe — Frali era stata infatti bloccata
per quasi tre giorni (come tutte le zone di
montagna delle Alpi Occidentali) a causa di
una grossa nevicata di neve bagnala che aveva
staccato grosse valanghe di fondo livellando
la strada con neve, alberi e rocce per diversi
cbilometri, anche in zone dove da molti anni
non si ricordava un fatto simile. I cantonieri
con fresaneve e pale meccaniche avevano tenuto .sgombra la strada fino a che le valanghe
che ormai scendevano in continuazione, non
erano troppo grosse e pericolose, poi si era dovuto aspettare la fine della nevicata per riprendere il lavoro. A parte il disagio di una giornata senza corrente elettrica a causa di una
linea spezzala dalle valanghe e avventurosamente riparata con mezzi di fortuna, i pralini
ed il mezzo migliaio di persone bloccate non
hanno subito privazioni. Quando si è temuto
ebe il dispensario farmaceutico esistente presso
la Chiesa Valdese potesse scarseggiare di alcuni medicinali, il Comune ha provveduto ed
un maestro di sci è sceso attraverso le valanghe ed è ritornato a tempo di record con una
zainata di antibiotici od altri prodotti farmaceutici per scongiurare ogni rischio.
Fer il resto; tutto normale; infatti avere un
metro di neve a Fasqua non è una rarità a
Frali.
I catecumeni hanno preparato
una loro (dichiarazione di fede
I ragazzi del IV anno di catechismo lianno
preparalo — anche quest’anno — una loro
dichiarazione di fede per chiedere l’ammissione
a membri comunicanti. Vi hanno lavorato
metà dell'anno con impegno e con sensibilità
cercando di chiarire i punti fondamentali della loro fede e del loro impegno, con la collaborazione del ¡lastore il quale si è, però, limitato a fungere da segretario di redazione. Il
Concistoro ha esaminato la dichiarazione di
fede e li ha ammessi alla confermazione, venerdì santo 9 aprile. Sono così stati confermati : Jole Peyrot (Orgere); Emilia Genre (Malzat); Dario Richard (Villa) e Giulio Peyrot
(Pomaretto). Ad essi si è unita per la celebrazione della Santa Cena, la domenica di Pasqua,
anche Rita Peyrot, emigrata da alcuni mesi a
S. Germano e confermata in quella comunità.
A questo culto abbiamo avuto una grossa partecipazione di fratelli di altre comunità valdesi ed evangeliche italiane e di numerosi non
evangelici che hanno seguito tutto il culto.
Anche la partecipazione alla Santa Cena è stata molto buona.
Tre linee d’azione
deir Unione Giovanile
L'Unione Giovanile di Prali raccoglie circa
la metà dei giovani della comunità, cioè una
ventina e quest’anno ha svolto il siio lavoro su
tre linee distinte.
Una linea di studio, una di lavoro pratico
ed una filodrammatica.
Gli studi hanno toccato diversi argomenti :
da quelli medici a temi di attualità e di testimonianza evangelica, alla preparazione in comune di alcune predicazioni domenicali. Abbiamo trovato che è più semplice e assai più
interessante preparare assieme le predicazioni
che non fare una critica delle medesime quando sono stale già predicale ed il risultalo di
questo lavoro è stato assai positivo. Va anche
segnalato che raumenlato numero di giovani
che studiano ha permesso di avere la maggioranza degli studi non preparati dal pastore ed
anche una maggior autonomia nella conduzione delle serate.
Il fatto di non essere un numero eccessivo
ha condotto alla decisione di non avere un
seggio cui affidare la direzione delle attività,
ma di avere incarichi vari e incontri mensili
nei quali si prepara il lavoro per il mese seguente.
Quest’anno i giovani hanno pure inizialo
una attività nuova di solidarietà ver.so persone
•sole o bisognose a Frali. I Membri dell’Unione
Museo di Prali
li Museo di Prali sarà anche quest anno aperto nei mesi di Luglio e
Agosto, potenziato rispetto all’anno passato.
Per questo cerca Collaboratori volontari ai quali è offerta Pospitalità a Prali
(vitto e alloggio), un modesto argent de
poche, la possibilità di seguire gli studi del mattino ad Agape o avere la
mattinata libera.
Scrivere a: Pastore Davite - 10060
Frali - telef. (0121) 85.19,
hanno raccolto la legna per Tinverno nei boschi, 1 hanno trasportata, segata e consegnata
a domicilio a una sorella sola. Per Tanno prossimo si sono scoperte altre attività di questo
genere in ])arrocchia e fuori.
Siccome la filodrammatica e composta essenzialmente da giovani delTUnione, questa attività è stata organizzata e realizzata come attività
di Unione. Durante un certo periodo si sono
sospese le sedute di studio e si è preparato
una serata con la recita del lavoro « La condanna » (tre atti di E. Quattrini) che è stata
data all inizio di marzo con un buon successo.
Il lavoro giovanile a Prali si svolge quindi
con uno schema di origine tradizionale, profondamente modificato e sempre modificabile
a seconda delle esigenze del lavoro e del gruppo di giovani.
Il gruppo non ha finora aderito alla EGEI
perché la tematica di questa organizzazione è
abbastanza estranea alla situazione ed alla problematica dei giovani di questa zona delle
Valli
Terzo Mondo
e responsabilità
occidentali
LE COLONIE FORTOGHESI
Dibattito con proiezione di documentari promosso dalTUCDG e dal Centro
Culturale, con la collaborazione del Movimento Sviluppo e Pace di Torino.
Venerdì 16 aprile alle ore 21
nella Sala della Società Operaia
Via Roma - Torre Pellice.
iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiMmiiiiiiiiiiimiiiimiiMiiMiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiniiiiiiiiiiiiiiiiimiiMiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiin AVVISI ECONOMICI
Scuola popolare a San Secondo
c) Ristrutturazione in atto nel settore. ]
Si assiste a un processo di concentrazione dell’intero ciclo produttivo in una
sola azienda evitando la frammentazione delle piccole industrie che quindi
non potendo più reggere la concorrenza
sono costrette a sparire ((questo spiega
la crisi della nostra zona in cui l’unica
forma esistente è quella della piccola
industria).
Alla luce di questa situazione, le previsioni che si possono fare sul futuro
delle industrie tessili della nostra zona
non sono certo ottimistiche: ad esempio la Turati (che ha già chiuso lo stabilimento di Pinerolo) rientra nel quadro descritto di una piccola azienda
tecnologicamente arretrata e quindi assolutamente non idonea a reggere le attuali condizioni del mercato; anche la
Crumière versa in condizioni difficili
(riduzione delle ore lavorative) sia a
causa del mancato ammodernamento
tecnologico sia a causa della ristrettezza del mercato per il tipo di produzione
molto specializzata (feltrificio), tanto
più che lo stabilimento di Villar Pellice
è gestito da un gruppo francese che
facilmente, mettendo in atto quella ristrutturazione che si diceva prima, potrebbe deciderne la chiusura; anche altre industrie tipo la Gùterman e la
Widemann si trovano in una situazione
analoga.
È da tener presente che, anche nel
Dal mese di ottobre 1970 funziona a
S. Secondo una scuola popolare, organizzata da un gruppo di lavoratori, insegnanti e studenti, con lo scopo di offrire alla gente di S. Secondo e Prarostino l’occasione di incontrarsi per discutere dei propri problemi e di prepararsi per conseguire la licenza media
presso la scuola pubblica.
Il notevole interesse per questa iniziativa (una trentina circa di partecipanti) dimostra, oltre alla grande utilità della scuola di base, che la gente
(operai e contadini) comincia a capire
"importanza di aumentare le proprie
conoscenze e la propria cultura: quello
che interessa non è solo saper scrivere
una lettera senza errori o fare i conti,
è conoscere i fatti che succedono oggi
(italiano) o quelli che li hanno determinati (storia) per potersi regolare e
difendersi meglio nella società e non
lasciarsi trascinare da tutti i mezzi che
manipolano il nostro consenso al sistema dominante (tradizione, pubblicità,
mezzi di comunicazione di massa ecc.).
rente mese (possibilmente), della solita quota annuale — invariata — cogli
eventuali arretrati. I risultati dell’esercizio finanziario saranno comunicati
nella relazione morale che sarà letta in
occasione dell’annua conferenza distrettuale.
Per la relativa operazione contabile,
si potrà utilizzare anche il c.c.p. 2/30544
intestato nominativamente al Tesoriere
sig. U. Pellegrini, Torre Pellice.
La Pro Valli
Attività (della <cPro Valli»
La « Pro Valli » nell’anno 1970-71, ha
continuato a svolgere la propria attività a favore dell’istruzione, in attesa di
poter ripristinare i soliti sussidi per
l’insegnamento del francese, non appen.r sarà completato un apposito fondo
col contributo fornito dal competente
« centre culturel » o consolare francese,
all’uopo interessati.
Qnde realizzare il suo programma di
assistenza nel campo sociale e della beneficenza, a favore delle popolazioni
valligiane, la « Pro Valli » continua a
fare precipuo assegnamento sul concorso delle singole comunità valdesi del
Pinerolese, e rivolge pertanto un cortese invito ai signori Pastori, perché dispongano per la rimessa, entro il cor
La parlata
di Inverso Rinasca
Una lettrice, da Torino:
Signor direttore,
La prego di voler inserire in uno dei
prossimi numeri la seguente precisazione
in merito al contenuto della recensione
della sig.na Annalisa Coucourde al mio
saggio sulla parlata di Inverso Pinasca,
pubblicala nel n. del 12 marzo 1971. Secondo lei la presenza in una parlata di due
o più termini per designare uno stesso oggetto. è segno della sua « agonia ». Ora io,
pur non escludendo una certa debolezza
della parlala in questione, sono d’.avviso
che essa non corre pericolo immediato di
disgregazione, in quanto non ne sono stati
ancora fondamentalmente intaccati il sistema fonetico e la struttura grammaticale.
Grazie.
Ima Guiset in Khistoimi.son
CERCANSI due coniugi con le migliori referenze, di confessione evangelica e senza
bambini, per un lavoro domestico in una
ben tenuta e confortevole casa ad Aarau
(Svizzera). La moglie come cuoca e per leggeri lavori 'di casa (macchina da stirare e
da lavare), il marito come cameriere e per
gli altri lavori di casa e anche come coadiutore del giardiniere privato. Condizioni:
belTappartamentinp nella casa, con bagno,
e televisione, 4 settimane di vacanza all'anno, tempo libero regolato, buona retribuzione e il migliore trattamento. Si tratta di un
buon posto anche per due coniugi anziani.
Offerte con un corto curriculum vitae, fotografia, richiesta di salario e data di inizio
sono da inoltrare a: Sig.ra K. Kunath-Schinkel, Katbarinenhof - 5001 AARAU (Svizzera).
CERCASI « Guide des Vallées Vaudoises du
Piémont », publié par la Societé Vaudoise
d'Utilité Publique (1898). Rivolgersi alla
Claudiana, 10066 Torre Pellice.
GLI OSPEDALI Valdesi di Torre Pellice e
di Pomaretto (Torino) cercano infermiere
professionali o generiche per il periodo 1
giugno-30 settembre 1971.
Richieste a: Istituti Ospitalieri Valdesi, 4,
Via Caduti Libertà, 10066 Torre Pellice
(Torino). Telef. 91536.
L OSPEDALE Evangelico Valdese di Torino
cerca elemento giovane e dinamico da assumere con la funzione di magazziniere aiuto
economo. Scrivere alla Commissione Direttiva. Via Silvio Pellico 19. Torino.
La moglie Marcella, i figli Pierluigi,
Maria Clara e Clotilde, la sorella Aimée, la cognata Renata e parenti tutti annunciano la dipartenza del loro
caro
Luigi Jalla
generale
« Anima mia, in Dio soltanto
t’acquieta, ché da lui viene
la mia speranza »
(Salmo 62: 6).
5
16 aprile 1971 — N. 16
pag. 5
Vita, problemi, prospettive delle chiese valdesi
L'ASSEMBLEA DELLA CHIESA DI GENOVA SI È ESPRESSA
La Chiesa dì Roma nel Consìglio ecumenico
Una mozione sui matrimoni misti
votata dairAssembiea della Chiesa di Torre Pedice
Domenica 18 aprile, nel corso del culto, la
chiesa di Genova terrà un assemblea nella quale verranno definiti, in ordini del giorno, i
punti essenziali emersi dalVesame di argomenti ampiamente dibattuti nelle riunioni comunitarie tenute durante l’inverno; fra questi,
lingresso della Chiesa cattolico-romana nel
C.E.C.. già dibattuto nella riunione di domenica 14 marzo, secondo il riassunto che se
ne dà qui sotto.
Prendiamo atto della collaborazione tra il
CEC (Consiglio ecumenico delle Chiese) e la
Chiesa Romana, ed auspichiamo che tale collaborazione s’intensifichi.
Prendiamo atto dell’apertura che s’è prodotta nell atteggìamento della Chiesa Romana : essa sembra essersi ora avviata verso una
concezione dinamica dell’ecumenismo, e questo non può che rallegrarci; la Chiesa Romana non adopera più il tono dell’enciclica
« ]\Iortaiium ánimos » di Pio XI che affermava
la necessità del ritorno dei dissidenti nel suo
grembo.
Non v‘è da parte nostra alcuna pregiudiziale
contro Tanimissione della Chiesa Romana nel
Consiglio ecumenico delle Chiese : la sua adesione corrisponde alla natura ed alla funzione
del CEC. Però, se di pregiudiziale si deve
parlare, questa pregiudiziale non è posta da
noi, ma ci sembra posta proprio dalla stessa
Chiesa Romana, e cioè :
Siccome il Consiglio Ecumenico è « una comunione in cui le Chiese possono incontrarsi
le une con le altre », non vediamo come possa
parlarsi di vera comunione se le Chiese non
s’incontrano su di un terreno di parità ed in
uno spirito di umiltà. Parlando di parità, non
ci riferiamo soltanto a questioni piuttosto secondarie di proporzione numerica di un’eventuale rappresentanza della Chiesa Romana rispetto alla rappresentanza delle altre Chiese
nel CEC : secondo noi, il primo, essenziale significato del termine « parità » riguarda la pa
ri dignità ed uguaglianza di tutte le Chiese.
Ora, è evidente che non esiste questa parità
di dignità finché la Chiesa Romana vuole continuare a considerarsi l’unica vera Chiesa di
Gesù Cristo. Quest’affermazione è una pregiudiziale che serba tutta la sua validità anche
se la Chiesa Romana può dire talvolta di non
considerarsi il centro del movimento ecumenico e di essersi orientata verso una visione
dinamica deH’ecumenismo.
Siccome il CEC è uno strumento per servire il movimento ecumenico, non vediamo
come la Chiesa Romana possa cooperare efficacemente nel CEC, perché la sua pretesa di
essere la sola vera Chiesa di Gesù Cristo, finirà
inevitabilmente col rendere il CEC non più
uno strumento ecumenico, bensì un equivoco
ed un motivo di confusione.
Inoltre, siccome il Consiglio Ecumenico è
una comunione di Chiese ed uno strumento
per servire il movimento ecumenico, non vediamo come ne possa far parte la Chiesa Romana finché il suo pontefice avrà la pretesa di
essere il capo non solo della sua Chiesa, ma
della Cristianità, come vicario di Gesù Cristo
in terra. Si può dissentire daU’ecclesiologia di
tante Chiese, eppur collaborare con esse; ma
non si può accettare un’affermazione che suona
intolleranza verso le altre Chiese : l’intolle
ranza, fino a prova contraria, non è secondo
lo spirito di Cristo, ed è perciò contraria allo
spirito del vero ecumenismo.
La pregiudiziale quindi non viene da parte
nostra, bensì da parte della Chiesa Romana.
Prendiamo questo atteggiamento non per
spirito di polemica, nè per evitare la nostra
parte di responsabilità ecumenica. È invece
una vera responsabilità che prendiamo, convinti che la confusione rovina la causa dell’ecumenismo, anziché servirla.
È vero che tante incognite, tanti problemi
aperti si superano con la fede e non col calcolo. Ma per noi non si tratta di calcolo, bensì della certezza che la fede non può fondarsi
sulla confusione, e che una « comunione » di
Chiese non potrebbe più essere tale se in
essa venissero ad affermarsi le pesanti pretese
che la Chiesa Romana non ha ancora rinunciato a ribadire.
Ci pare quindi cosa saggia, per ora, il continuare nella collaborazione e non forzare le
situazioni, aspettando che la visione dinamica
che già si è affermata nella Chiesa Romana
faccia un’ulteriore, necessaria, logica evoltiluzione, ed allora soltanto sarà il momento di
riparlare di ingresso della Chiesa Romana nel
CEC che vogliamo rimanga una a comunione » di Chiese che hanno pari dignità.
Illllllllllllllllllllllll lllllillllllllllllMIIIMIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIinilllllllllllllMIIIIIIIIIIIIIIIMilllMIIIKIIIXIIililMIIIIIIIIIIIIIIII
Nelle comunità del Lazio
Le 5 chiese valdesi del Lazio hanno
rari contatti a livello di comunità. C’è,
ogni anno, la giornata regionale delle
donne che teoricamente vorrebbe riunire tutte le sorelle (anche sul piano
interdenominazionale). Quest'anno essa
avrà luogo il 25 aprile, per tutta la
giornata, e si spera che molte possano
Convegno biblico della Federazione
ECUMENE (Velletri) 10-11 giugno
Quando la chiesa riflette sulla pace, sulla giustizia e sulla propria posizione nel mondo, deve necessariamente cercare orientamento e guida
nell’Antico Testamento. Per favorirne una lettura aggiornata e stimolante la Federazione delle Chiese Evangeliche, tramite il suo servizio studi, organizza il 10 e 11 giugno un Convegno Biblico ad Ecumene sul tema.
ATTUALITÀ’ DELL’ANTICO TESTAMENTO
Saranno esaminati i momenti essenziali dell’Antico Patto alla luce
delle ricerche del più autorevole studioso protestante dell’Antico Testamento: Gerhard von Rad.
I temi principali verteranno su:
— Metodo di studio dell’Antico Testamento
— L’opera del Deuteronomista
— I profeti
— Rapporti tra Antico e Nuovo Testamento
II Convegno Biblico (destinato a chiunque vuol fare una lettura chiarificatrice dell’Antico Testamento) occuperà interamente le giornate 10 e
11 giugno. Si consiglia di arrivare il 9 sera.
Prezzi: L. 3.500 per chi arriva il 9 pomeriggio e riparte TU sera;
L. 4.000 per chi riparte il 12 mattina; L. 3.000 per chi arriva il 10 mattina
e riparte l’il sera.
Iscrizioni: presso il Pastore Sergio Aquilante, via S. Barbara 23,
67060 Villa San Sebastiano (L’Aquila).
Località: Ecumene è situata a 1 km. dal centro di Velletri (Roma), in
località Cialiolo.
I lettori ci scrivono
Non chiudersi
nell’esperienza del passato
ma non dimenticarla
Una lettrice da Noto (Siracusa) :
Signor direttore,
ho letto nel n. 13 c. a. circa il dibattito
alla Foresteria di Torre Pellice, su l’eventuale entrata nel C.E.C. della Chiesa Cattolica. Dopo le dì.scussioni di persone molto
autorevoli e qualificate, si è sentita la necessità dì procedere ad uno sviluppo di
informazione, presso le Comunità, per sensibilizzarle a tale eventuale decisione del
C.E.C. Ciò mi sembra la prima cosa da
fare.
Come membro della Chiesa Valdese di
Pachino, desidero far conoscere il mio pensiero, raccontando un episodio che sottolinea Tantagonismo che vi è alla radice
fra il Protestantesimo e il Cattolicesimo.
NeU'anno 1948. quando nacque il Consiglio Ecumenico delle Chiese, io ero qui a
Nolo (Siracusa) e svolgevo un lavoro di
colportaggio autorizzato per portare l'Evangelo in questa cattolicissima città. Vendevo
le Bibbie, specialmente alle persone semplici che trovavano appagamento al loro
bisogno spirituale nella Parola di Dio, che
mai avevano sentito nelle chiese cattoliche.
Cercavo anche di avere contatti con ecclesiastici, onde svolgere il mio lavoro con
franchezza: ma purtroppo fui perseguitata
proprio da loro : mi minacciarono perché
smettessi se non volevo avere dei guai;
al che io risposi di essere stata autorizzata
dalla Prefettura e che dovevo ubbidire a
Dio, anziché agli uomini: « io credo che i
tempi in cui sì bruciavano le Bibbie sono
finiti»; ma un prete mi rispose; «e invece. le brucieremo ancora, se occorre! ».
Ed ecco un secondo episodio: In quélranno era Pastore delle Chiese di Vittoria
e Pachino, Liborio Naso ed insieme organizzammo una conferenza, o meglio un dibattito fra il Direttore del Seminario di
Noto ed il Pastore, al Teatro Comunale.
Abbiamo ottenuto l’autorizzazione della
Prefettura, e Fabbiamo annunziala con gli
affissi murali. Ebbene, quando all’ora stabilita, ci siamo recati con un gruppo di
amici al Teatro, abbiamo trovalo tutti i
palchi e la sala letteralmente pieni dì preti, seminaristi, monache, con le porte chiuse a chiave dal didentro; ma non ci siamo
avviliti : il Pastore entrò nel palcoscenico
aspettando il Prete che poi furono due anziché uno, e si cercò di incominciare il dibattito. In realtà parlavano solo i preti,
perché appena rispondeva il Pastore, si
levava uno schiamazzo, un grido assordante: « Viva il Papa, Vìva la Madonna, Viva
S. Corrado » (il Patrono della città) da
non sentirsi più la voce del Pastore che,
dopo diversi tentativi, pensò bene di smettere avendo compreso che i Cattolici avevano raggiunto lo scopo di boicottare la conferenza. Vero è, che da allora 1 atteggiamento dei Cattolici verso dì noi è apparentemente cambialo, specialmente dopo il
Concilio Vaticano II; pure non si può
escludere ancora, che noi per loro siamo
degli eretici perché non crediamo alla infallibilità del Papa, non crediamo alla presenza corporale del Cristo nelFostia, non
crediamo a Maria madre di Dio e corredentrice con Gesù per la salvezza dell umanità,
non crediamo alla immacolata concezione
di Maria, e alla salvezza per meriti: tutte
conquiste del travaglio della Riforma protestante, che non possiamo cancellare. Perciò è bene approfondire su quale base potrà avvenire runione, pur meditando su
ciò che dice il Pastore Paolo Ricca « che
è un alto di speranza », cosa che tutti i
sinceri cristiani auspicano.
Grazie per rospitalìtà.
Sandrina Giardina ved. Carpinteri
raggiungere Roma, scelta sempre come
luogo d’incontro per maggior facilità
di tutte.
A Colleferro l’attività più impegnativa di quest’anno è stata quella giovanile che ha segnato un notevole interesse
nello studio di problemi teologici e
etici alla luce dell’Evangelo.
A Forma Coperta, nella diaspora di
Ferentino, lo studio biblico viene fatto
familiarmente, con la partecipazione di
grandi e piccoli. La presenza dei bambini aiuta a strutturare lo studio in
forma catechistica, che è la forma classica e probabilmente la niigliore, per la
edificazione della comunità.
I problemi ecclesiastici di Forano sono visti sempre più in rapporto alla situazione di lavoro che si crea nella periferia di una grande città la quale assorbe il lavoro di uomini a donne dei
centri circostanti. In questa dispersione giornaliera dei fratelli, la comunità
di Forano si chiede quale è il suo nuovo, vero senso per della gente che esorbita oramai dalle mura del paese, e
quale è la carica di fede che le viene riproposta dalla Parola di Dio.
A Roma Piazza Cavour i monitori
stanno tentando una forma di scuola
domenicale in cui vi sia meno sottomissione e più collaborazione responsabile da parte dei bambini. Come farli
partecipare attivamente ■— si chiedono — all’insegnamento e alla preghiera,
pur dando loro qualche cosa di solido
e di valido? Mentre in questa comunità va rarefacendosi l’impegno evangelistico così pronunciato in altri tempi e
altre situazioni, sembra si aprano nuove vie di dialogo con cattolici militanti nelle parrocchie adiacenti, per cui alalcuni membri s’impegnano.
Roma Via IV Novembre ha intensificato le sue assemblee per discutere i
problemi raccomandati dal Sinodo e ha
riflettuto su una vasta gamma di temi
riguardanti la Parola di Dio e la vita
della chiesa. Il culto della gioventù è
stato qui come altrove molto positivo.
La scuola domenicale è composta di
un buon gruppo curato e affiatato.
* ^ ^
Incertezza e ricerca, scoraggiamento
e fiducia, confusione e speranza si alternano da noi, nelle chiese del Lazio,
come probabilmente in quelle di ogni
altra regione d’Italia e del mondo in
questo nostro tempo difficile. Ma la
Chiesa che è nel Lazio, come ogni altra
sa — con Calvino — che essa è il susseguirsi di molte morti e di molte risurrezione. B. S.
Pomaretto
Domenica 18. al culto del mattino si discuterà il problema del battesimo e della confermazione. nonché quello della elezione degli
Anziani e dei Diaconi.
Nel pomeriggio, alle 15, nella sala delle attività si tratterà il tema dell ecumenismo, in
vista di un incontro a Villar Porosa, fissato
per il 25 aprile.
IIIIIIII!lllllllllllllllimilMIIIIMItl"'l>llllllIII!llllllllllIMIII
Rorà
È deceduta alle Molinette di Torino, dove
era ricoverata da qualche tempo per male inguaribile, la nostra sorella di anni 25 Albina
Pavarin di Giovanni e di Anita Mourglia,
Ponte Vecchio. Il servizio funebre ha avuto
luogo a Rorà presente una folla di congiunti,
amici e conoscenti.
Rinnoviamo alla famiglia, ai genitori in
special modo, la nostra solidarietà cristiana.
« L’anima mia s’acqueta in Dio solo... » (Salmo 62 : 1).
Rinnoviamo Fesortazione dell’Apostolo Giovanni « Sii fedele fino alla morte... » (Apocalisse 2: 10) al catecumeno Piero Durand dì
Guido e di Luisa Tourn il quale è stato ammesso in Chiesa al Culto di Venerdì Santo.
L’Assemblea della Chiesa Valdese di Torre
Pellice, a conclusione dello studio sul problema dei matrimoni misti e interconfessionali
sulla base del Documento sinodale 1970 e in
riferimento alle decisioni della Conferenza Episcopale Italiana del 25 settembre 1970, del
documento del vescovo di Pinerolo del 30 settembre 1970 e del Direttorio Ecumenico della
Diocesi di Pinerolo, in obbedienza alla Parola di Dio, ritiene di esprimere questi suoi
convincimenti.
1) Per il credente il matrimonio è una
decisione che va presa partendo dalla fede. È
errato pensare che nel decidere la propria vita
coniugale, la fede sia un fatto di secondaria
importanza, un ostacolo da eliminare nel modo più sbrigativo. Soltanto ponendo FEvangelo a fondamento della sua scelta il credente è
sicuro di vivere anche nel matrimonio la
propria vocazione cristiana.
2) Il credente può riconoscere come vocazione del Signore un matrimonio misto, cioè
un matrimonio con persona che dichiari di
non accettare FEvangelo, perché il Signore
può chiedere al credente di essere col suo
amore testimone dell’amore di Dio in Cristo.
3) Il matrimonio interconfessionale tra
un evangelico e un cattolico ha possibilità di
essere fondato nel comune riferimento a Cristo, unico Signore e Salvatore. Su tale fondamento può essere una comunione di vita, vissuta nella fede, nella speranza della piena
unità nella confessione di fede, nella comune
attesa del Regno di Dio.
Tale possibilità è fondata sulla decisione di
trovare nella Parola di Dio, testimoniataci
nella Bibbia, il punto di riferimento costante
per la propria vita in comune.
4) I matrimoni interconfessionali richiedono un impegno delle comunità, aperte al
movimento ecumenico. Il migliore aiuto che
le comunità possono dare ai loro fratelli in
fede è di vivere ecumenicamente la propria
fede, nella consapevolezza della serietà delle
divisioni e nella disposizione a lasciarsi riformare dalla Parola di Dio. Le comunità, astenendosi da un giudizio di condanna, devono
circondare le coppie interconfessionali, aiutandole nella diffìcile ricerca di una comunione
di fede nella vita matrimoniale e nell’educazione evangelica dei figli.
5) I genitori devono rendere testimonianza delFEvangelo di Gesù Cristo ai loro
figli. Nel caso di matrimonio interconfessionale, vissuto nello spirito ecumenico, l’educazione ecumenica dei figli deve essere fondata
sulla presentazione dell’opera di Dio, quale è
fatta dalla Sacra Scrittura, nella convinzione
che Cristo è e rimane il punto unico di riferimento della fede cristiana.
6) Appare contrario alFEvangelo e al movimento ecumenico ogni tentativo di condizionare la validità del matrimonio (cioè della decisione di vivere cristianamente la propria vita
in comune) a particolari forme celebrative.
Gli sposi devono poter liberamente dichiarare
la loro decisione e ricevere l’annuncio della
grazia di Dio nel mondo da loro concordemente deciso.
7) In base a questi principi dispiace dover constatare che l’episcopato italiano abbia
espresso nelle sue deliberazioni unicamente
una preoccupazione giuridica. Infatti per i
matrimoni interconfessionali è richiesta la speciale dispensa della gerarchia cattolica, anche
per celebrarli in chiesa cattolica; la forma celebrativa cattolica è imposta normalmente
come condizione di validità del matrimonio;
perché sia riconosciuta la validità dei matrimoni interconfessionali celebrati in chiesa
evangelica o civilmente è richiesta una dispensa del tutto speciale; infine, è richiesta in
ogni caso alla parte cattolica dichiarazione
scritta dell’impegno « a fare tutto quanto sarà
in mio potere perché tutta la prole sia battezzata ed educata nella Chiesa cattolica », impegno di cui si vuol rendere edotta la parte
non cattolica. Tali condizionamenti sono inaccettabili. Davanti ad essi il coniuge evangelico
non può che rilevarne l’assurdità di fronte al
significato del matrimonio, cioè Fimpeguo comune di vivere e testimoniare insieme FEvangelo.
La maggiore disposizione ad una soluzione
ecumenica dei matrimoni interconfessionali,
quale si nota nel Direttorio Ecumenico della
Diocesi di Pinerolo al n. 9 (nonostante questo
documento presenti notevoli contraddizioni interne — si confronti il n. 9 col n. 10, per
es.), si potrebbe prestare, assieme al Documento Sinodale 1970, come base di un confronto
ecumenico nel caso concreto di matrimoni interconfessionali.
iiiitiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiMiMiMiiiiiiiiiiijtimmiiiiiiiiimiiitiiiimiitiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiMiiiMiiiniiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii
Al Centro di formazione cristiana di Torino
Un corso di Giorgio Toorn solla predestinazione
Il Centro di formazione cristiana e di preparazione ai ministeri — della cui costituzione, a Torino, avevamo dato notizia in dicembre — ha continuato in questi mesi la sua
attività bisettimanale. Mentre i corsi di Antico Testamento (Michele Sinigaglia) e di dogmatica (Paolo Ricca) proseguono ulteriormente, si sono conclusi, per quest’anno, quello di
Nuovo Testamento (Enrico Paschetto) e, per
il primo ciclo, quello di storia della Chiesa
(Giuliana Pascal Gandolfo). Con la serata dì
giovedì 15 aprile inizia un secondo ciclo storico (ma è sempre difficile differenziare rigorosamente le varie discipline teologiche): Giorgio Tourn inizierà in quell’occasione un corso
settimanale su « La predestinazione nel protestantesimo dalla Riforma a oggi ». Detto corso
durerà otto settimane; sarà come gli altri, gratuito, mentre verrà richiesto un puro rimborso spese a coloro che desiderassero avere
le dispense ciclostilate. Anche se si è registrato, nelle ultime settimane, una diminuzione delle frequenze, dovuta in buona parte
a mali di stagione, nelFìnsieme le frequenze
stesse sono state e si mantengono (e — speriamo — si manterranno) rallegranti. Il Centro dimostra la sua validità ; risponde a un’esigenza sentita, plasma gradualmente, a livello
interdenominazionale, un gruppo di riflessione
protestante ricco di promesse per il domani.
Con riconoscenza si pensa a coloro che si sobbarcano l'impegno non indifferente della preparazione delle lezioni.
della cintura si uniranno certamente ai loro
ragazzi, per questo lieto, canoro incontro fraterno, « rendendo grazie all’Iddio nostro per
la grazia che ci è stata data in Cristo Gesù ».
iiiiiiimiiiiiiKiiiim
Pisa
Giorgi
jio Spini partecipa alla
presentazione del suo ultimo libro
Il prof. Giorgio Spini sarà prossimamente
a Torino (e a Milano), per la presentazione
della sua opera recentemente pubblicata dalla
Claudiana: L’Evangelo e il berretto frigio.
Tale presentazione si terrà a Torino, nella sala
della Chiesa Valdese in Corso Vittorio, giovedì 22 aprile alle ore 21; ad essa parteciperanno, oltre all’Autore, il prof. Franco Boigialli dell'Università di Torino e il prof. Narciso Nada dell’Università di Genova. La manifestazione è curata dal Centro Evangelico di
Cultura di Torino.
«Primavera 1971»
I ragazzi di tutte le scuole domenicali
torinesi si preparano alla loro festa
di canto
Anche quest’anno i ragazzi delle scuole domenicali evangeliche dì Torino e dintorni
avranno la loro festa di canto. Essa si terrà
nel tempio battista di Lucento (Via Viterbo
119) domenica 25 aprile alle ore 15,30. Come
di consueto — si tratta infatti dì una tradizione ormai ben radicata, attesa e preparala ■—
numerosi canti d’insieme, tratti dalFInnario
Cristiano nuovo e vecchio e dall'Innario delle
Chiese dei Fratelli, si alterneranno a inni cantati dalle singole scuole domenicali, ora più
piccole, ora più numerose; e a metà del pomerìggio vi sarà la gara di domande bibbliche. Molte famìglie evangeliche di Torino e
Il 26 febbraio i pastori Corai e Fuligno, del
Comitato Nazionale delle Scuole Domenicali,
sono venuti per discutere con noi i programmi e i metodi di lavoro della Scuola domenicale e le prospettive future.
Un gruppo della nostra chiesa ha partecipato anche quest’anno alFinconlro di preghiera, a Campo Darby, con la comunità americana, e con quella valdese di Livorno.
Buona è stata la partecipazione e la comunione fraterna realizzata nell'agape del 17 febbraio; hanno partecipato anche alcuni di quelli
che frequentano i corsi di scuola media organizzati dalla nostra chiesa.
Studi biblici - Il Consiglio aveva spostato
Fora di riunione di uno dei gruppi di studio,
pensando che alcuni non partecipavano perché
non potevano uscire di casa per le riunioni serali. Abbiamo visto che questo non era vero.
I motivi devono quindi essere altri. Abbiamo
completato la serie di studi sulla 1. Corinzi,
affermando alcuni aspetti importanti dell’esistenza della chiesa nella sua confessione della
fede.
Per i due mesi che ci stanno davanti, si è
deciso di impostare un altro tipo di lavoro :
riunioni quindicinali su argomenti di carattere vario, o richiesti dal Sinodo, o da fratelli
della chiesa, o dalla loro attualità di discussione nel Paese.
In linea di massima il programma previsto
è questo: 2 aprile: Cattolicesimo del dissenso; 16 aprile: Ingresso della Chiesa cattolica
nel Consiglio Ecumenico delle chiese? (il Sìnodo chiede il parere della chiese); 30 aprile :
Concordato tra Chiesa cattolica e Stalo italiano: abrogazione?; 14 maggio: Criteri per
la composizione del Sinodo Valdese (il Sinodo
chiede il parere delle chiese); 28 maggio: Matrimoni misti (come previsti dalla nuova disciplina cattolica, cosa ne pensiamo noi?).
Gli argomenti sono importanti ed è importante che sia la comunità riunita ad affrontarli, Per alcuni temi si inviteranno persone
ritenute particolarmente qualificate a presentarli.
Illlllilllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllillllllllllllllllllllill
Doni Eco-Luce
Camilla Clarke, Chiavari 500; fam. Quattrini, Perrero 500; Emanuele Tron, Porosa Arg.
500; Elvìno Buffa. Angrogna 500: Michele
Anelli. Bari 1.000; llda Gardìol Pons. Gorizia
500; Elda Revcl Scagliola, Calosso 500; Felice
Costahel. Perrero 2.000; Giuseppe Somma,
Udine 500; Maurizio Americo, Tradate 1.000.
Da Torino: Elena Sciolla 500: Giovanna
Marietti 500; con. Quara 1.000; Franco
Opertì 2.000; Maria Malan 500; Daniele Massobrio 500; Sergio e Niny Travers 500; Italo
Ferrari 2.000; Oriana Beri 2.000; L. C. 5.000.
Grazie!
{contina)
6
pag. 6
N. 16 — 16 aprile 1971
I NOSTRI GIORNI
UOMINI, FATTI, SITUAZIONI
La riconferma di Ailende
Già abbiamo avuto occasione di interessarci di Salvador Ailende, nel n.
del 30 ottobre dell’anno scorso, allorché venne eletto alla presidenza del
Cile. La successiva ratifica del parlamento gli aveva dato una larga maggioranza: 153 voti su 200.
Come facemmo a suo tempo notare,
si trattava del primo presidente socialista di una nazione sudamericana, e
democraticamente eletto.
Ora, colle nuove elezioni amministrative tenutesi il 4 aprile scorso, il
Cile ha nuovamente dimostrato che il
socialismo poteva vincere con la via
elettorale.
La coalizione governativa di Unità
popolare, composta dai socialisti, dai
comunisti e dai radicali ha compiuto
un notevole ulteriore balzo in avanti
(i voti persi dai radicali — assieme
ad altri — sono andati af comunisti
e ai socialisti). Basti tener presente
che nel 1969 i tre partiti della coalizione di governo ottennero allora il 41
per cento dei voti, mentre ora ne hanno ottenuto il 50%.
Particolare l’aumento dei voti socialisti: nel 1969 erano al quinto posto ed
ora passano al secondo col 22% dei
suffragi. Col 26% i democristiani restano il primo partito politico del Cile e quindi la principale forza di opposizione. La loro percentuale però è
. andata progressivamente calando nel
corso delle tre ultime consultazioni: in
quattro anni hanno perso ben 10 punti.
Ulteriore cedimento ha avuto il partito nazionale (di destra), partito che
detenne il potere per lunghi anni, a
nome dei grandi proprietari terrieri e
della borghesia industriale, legata allo
sfruttamento delle ricchezze minerarie
del paese da parte delle società nordamericane.
Come si spiega questo nuovo successo della coalizione di governo? Dallo
scorso novembre Ailende ha adeguatamente risposto alle richieste dei lavoratori, il cui potere d’acquisto era
sempre più eroso dalla disoccupazione
e dall’inflazione: da una parte ha bloccato i prezzi e dall’altra ha aumentato
i salari dal 25 al 30%. Inoltre, ha saputo intraprendere le prime riforme
socialiste servendosi — come aveva
promesso — delle varie libertà democratiche quali il pluripartitismo, la libertà di stampa e di insegnamento,
l'autonomia universitaria e sindacale.
Il successo di Ailende « imbarazzerà » certamente la Casa Bianca, in vista delle nazionalizzazioni delle miniere di rame e di ferro, e della progressiva statalizzazione di 24 banche private cilene. A questo proposito, il giornale Le Monde commenta che il « socialismo nella libertà » cileno potrebbe rappresentare per gli Stati Uniti rischi ben maggiori che non la rivoluzione cubana: esso infatti può fare
Il commercio estero
del Sodalrice
(x\.F.P.) - Uno studio del segretariato
deirONU destinato al comitato speciale
suH‘apari/ieid. che ha tenuto una sessione speciale nei giorni scorsi, precisa
che fra il 1960 ed il 1969 il commercio estero della Repubblica del Sudafrìca è aumentato del 379 per cento nei
riguardi del Giappone, del 171% colla
Germania federale, del 141% con TAustralia, del 122% coiritalia, del 100%
colla Francia, deH*89% con la Gran
Bretagna e del 79% cogli Stati Uniti.
I contraenti della Repubblica sudafricana sono, nelTordine di importanza
per il commercio estero di Pretoria : la
Gran Bretagna col 28.2%, gli Stati
Uniti coi 13.4%. la Germania federa
le coiril%, il Giappone col 9,5%, FI
talia col 3.6%, la Francia col 2,9%
Quest‘ultima è anche diventata il prin
cipale fornitore nel campo della dife
sa nazionale dopo Fembargo britannico
del 1964. Seguono il Belgio (2,4%), il
Canada (2,3%), l'Olanda (2,1%),
l’Australia (1,5%).
L'embargo sulle vendite d armi è osservato dal Canada e dalla Svizzera. Esso però non impedisce agli Stati Uniti
di fornire delle parti di ricambio, alFltalia di partecipare al funzionamento di una fabbrica aeronautica (n.d.r.:
Aermacchi) ed alla Germania di finanziare la fabbricazione di aerei forniti
dalla Francia.
migliore scuola in America Latina ed
in Europa che non il regime cubano,
invischiato nelle difficoltà economiche
e obbligato da queste ad allinearsi
progressivamente al modello sovietico.
II compito che aspetta Ailende sarà
lungo e duro dato che va contro ai potenti interessi di pochi privilegiati; soltanto il tempo potrà dire se la sua
« rivoluzione riformistica » sarà in grado di proseguire e di compiersi.
Andrei Dmitrievic
Zacharov
Si è concluso nei giorni scorsi il 24»
Congresso del partito comunista dell’URSS, che sembra si sia svolto all’insegna dell’« establishment » e del1’« ortodossìa » salvo le consuete posizioni critiche o « non allineate » del
la Romania e della Jugoslavia. Anche
il delegato italiano, contrariamente a
quanto ha alfermato « La Stampa » del
2 aprile, ha detto che l’internazionalismo socialista deve essere fondato
sul riconoscimento della piena indipendenza di ogni paese e di ogni partito e lascia il posto, oggi come domani, a momenti e a motivi di disaccordo e di divergenza. Questo unicamente
per amor di precisione e perché non
ci pare giusto tacere, senza reagire,
le « deformazioni » di certa stampa di
informazione.
Ma di un altro argomento vorremmo qui parlare, sempre in relazione al
Congresso di Mosca. Si tratta di una
denuncia dell’accademico e scienziato
A. D. Zacharov fatta nei giorni scorsi.
Chi sia Zacharov molti lettori lo
sapranno, tanto più se hanno letto il
suo libro dai titolo Progresso, coesistenza e libertà intellettuale edito anchc da noi nel 1968. È uno dei maggiori fisici dell’Unione Sovietica, membro dell’Accademia delle Scienze. Allo
stesso tempo, è anche un esponente
del dissenso sovietico.' Il suddetto suo
saggio propone alcune misure internazionali che valgono a garantire la
umanità da una guerra fatale per tutti, non solo, ma ad approfondire in
ogni modo la coesistenza pacifica e la
collaborazione internazionale, lottando contro gli armamenti, contro la
fame, contro lo sfruttamento, per la
massima liberalizzazione della stampa
e dell’informazione, per i diritti dell’uomo, contro le deportazioni dei prigionieri politici e così di seguito.
Ma veniamo alla sua recente denuncia. Zacharov, fondatore del Comitato dei diritti dell’uomo creato nelrURSS lo scorso autunno e dichiarato
successivamente illegale, chiede in una lettera, datata 30 marzo, e indirizzata al ministro dell’interno, l’immediata liberazione di un certo numero
di intellettuali, recentemente arrestati e detenuti nella prigione psichiatrica di Leningrado. Zacharov precisa
che essi protestano contro la forzata
somministrazione di trattamenti peri
colosi per la mente e per le forme di
pressione crudeli, ciniche e sottili portate alla libertà di convinzione, e chiedono l’immediata apertura del loro
processo. L’accademico, nella sua lettpa, sottolinea che essi difendono la
libertà intellettuale dell’umanità e l’avvenire stesso dell’essere umano. Lo
scienziato denuncia inoltre altri arresti e internamenti e chiede la liberazione degli arrestati.
Sempre nella sua lettera, Zacharov
ricorda un suo precedente scritto indirizzato a Breznev nel marzo 1970,
in cui comunicava di ritenere necessaria una più avanzata democratizzazione del suo paese.
Concludendo il suo scritto, lo scienziato lancia un appello « a tutti gli uomini di buona volontà » affinehé prendano posizione in modo decisivo contro il militarismo, l’imperialismo, la
violazione dei diritti dell’uomo, la discriminazione in tutte le sue forme e
l’oppressione.
Ma la buona volontà, si sa, è forse
la cosa più rara di questa terra, specie se la si richiede a chi detiene il
potere. Roberto Peyrot
iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiimiiiii:iiiMii
IN GRAN BRETAGNA
Quasi 800.000 disoccupati
Londra (AFP). - La situazione dell’occupazione si è aggrav'ata, in Gran Bretagna. Dalla
metà (li febbraio alla metà di marzo il numero dei disoccupati è ulteriormente cresciuto di circa 33.000 unità, raggiungendo la cifra di 753.810: è la più elevata dalla fine della guerra e rappresenta il 3,3% della popolazione attiva. Se si aggiungono i 39.012 disoccupati delFIrlanda del Nord, il totale per Finterò Regno Unito si eleva a 792.822 unità, superando di 132.000 (cioè di circa un quinto)
quello dello scorso anno. Vie Faether, segretario generale dell'intersindacale, ritiene che
il totale dei disoccupati supererà, il milione,
1 inverno prossimo, a meno che il governo
prenda misure urgenti per rilanciare Fattività
economica.
Echi della settimana
a cura di Tullio Viola
PER LA LIBERTÀ DI PENSIERO
A CUBA
« Lo scrittore cubano Heberto Padilla, già insignito (nel 1968) del Premio
Nazionale cubano di poesia per il suo
libro “Fuera del Juego” (Fuori Giuoco),
è in prigione all’Avana dal 20 marzo
c. a. Né è stata fornita alcuna informazione precisa sulla natura dei reati imputatigli. Ma in cambio, in un incontro
con gli studenti dell'università dell’Avana, il primo ministro Fidel Castro ha
recentemente riconosciuto che l’arresto
del poeta venne deciso sotto la sua personale responsabilità.
L’arresto ha prodotto una profonda
emozione negli ambienti intellettuali
cubani. E, davanti ai suoi uditori, Castro ha aggiunto che altri intellettuali
cubani sono implicati. “V’è una serie
di fatti (ha dichiarato) che, quando
verranno resi pubblicamente noti, provocheranno indignazione". Ha aggiunto
che non è possibile concedere agl’intellettuali alcun privilegio d’immunità, a
eventuale protezione di attività controrivoluzionaria. Ha anche fatto capire
che le reazioni internazionali provocate
dall’affare Padilla permetteranno alla
rivoluzione cubana di stabilire la distinzione fra i suoi veri amici da un lato,
e quelli, d’altro lato, che, per esser riconosciuti come tali, pongono delle condizioni.
Sulla grave questione, un gruppo di
personalità ha inviato al primo ministro cubano la seguente lettera:
“I sottoscritti, solidali coi principi e
obiettivi della rivoluzione cubana, si rivolgono a Lei per esprimerLe inquietudine sulla detenzione del poeta e scrittore Heberto Padilla, e Le chiedono di
voler esaminare attentamente la situazione che quella detenzione ha creato.
"Per il fatto che il governo cubano
non ha fornito, fino ad oggi, alcuna informazione sull’accaduto, noi possiamo
temere la ricomparsa d’un processo di
settarismo, più forte e più dannoso di
quello da Lei denunciato nel marzo
1962: quel processo al quale il comandante Che Guevara fece più volte allusione, quando ebbe a denunciare la soppressione del diritto di critica in seno
alla rivoluzione.
"Oggi che l'instaurazione d'un governo socialista nel Cile e la nuova situazione creatasi nel Perù e Bolivia facilitano la rottura del criminale blocco di
Cuba attuato dall'imperialismo nordamericano, l'uso di metodi repressivi
contro degl’intellettuali e degli scrittori che hanno esercitato il loro diritto
di critica nella rivoluzione, non può
avere che una ripercussione profondamente negativa fra le forze anti-imperialiste del mondo intero, specialmente
fra quelle dell’America latina, per le
quali la rivoluzione cubana è un simbolo e una bandiera.
"Ringraz.iandoLa dell’attenzione che
vorrà prestare a questa nostra domanda, noi riaffermiamo la nostra solidarietà coi principi che hanno guidato la lotta nella Sierra Maestra e che il governo
rivoluzionario di Cuba ha tante volte
espressi nelle parole e nelle azioni del
suo primo ministro, del comandante
Che Guevara e di tanti altri dirigenti rivoluzionari” ».
Fra le varie diecine di firmatari della
lettera, notiamo gl’italiani Italo Calvino, Alberto Moravia, Rossana Rossanda, e i francesi Jean-Paul Sartre e Simone de Beauvoir.
(Da «Le Monde» del 9-4-1971).
L’OPINIONE PUBBLICA
IN ISRAELE
Abbiamo già riportato, nel modo più
obiettivo possibile, opinioni del vertice
d’Israele sul conflitto con le nazioni
arabe, da quelle di David Ben-Gurion
(« Eco-Luce » del 2 c.) a quelle degli altri uomini politici ad influenza oggi prevalente (« Eco-Luce » del 9 c.). Ma quale
è in realtà l’opinione della base? Ecco
i risultati statistici, precisi, ottenuti con
un sondaggio eseguito dall’ Istituto
Louis-Harris, per conto del settimanale
americano « Time ».
« 85% degl’israeliani pensano che il
loro governo fa tutto ciò che deve per
negoziare un trattato di pace.
29'’d) degl’israeliani ritengono che le
trattative affidate all’ambasciatore Jarring hanno buona, o addirittura eccellente probabilità di condurre ad un regolamento pacifico. Ma in compenso il
60% pensano che soltanto delle convenzioni dirette, fra Israele e i paesi arabi,
potranno concludersi con un accordo
di pace.
56% non credono alla sincerità dell’offerta del presidente egiziano Sadat,
di riconoscere Israele.
Quasi tre Israeliani su quattro sono
pronti a rendere taluni dei territori occupati, in cambio della pace. Ma 93%
approvano l’annessione del settore orientale di Gerusalemme, 86% sono favorevoli all’annessione delle alture di
Golan, e 72% a quella di Charm-ElCheikh.
Inoltre il sondaggio rivela che il generale Moshe Daycin è la personalità
israeliana più popolare, e che 57%_ degl’israeliani pensano che i rifugiati dovrebbero venir sistemati nei paesi arabi e ricevere da Israele dei compensi
in denaro.
A proposito del comportamento degli
ebrei israeliani verso i loro compatrioti
arabi, il sondaggio dimostra infine:
che 32% sentirebbero disagio a sedersi accanto ad un arabo in un ristorante;
49% a vedere una famiglia araba
prendere alloggio contiguo;
74% a vedere i propri bambini stringere intima amicizia con degli arabi;
84% a vedere un amico o un parente
sposare un arabo ».
Da « Le Monde » del 6-4-1971).
Direttore responsabile: Gino Conte
I Vinti hanno sempre torto
Fin dal 1921 la rivolta fallita dei soviet di Kronstadt poneva questioni tuttora irrisolte nei paesi a regime socialista
Reg. al Tribunale di Pinerolo
N. 175 - 8/7/1960
Tip. Subalpina s.p.a. - Torre l'cllice (Torino)
Le « Edizioni Jaca Book » di Milano
hanno recentemente pubblicato una
raccolta di articoli delle « Izvestija »
di Kronstadt, e precisamente i numeri
dal 3 marzo 1921 al 17 marzo dello
stesso anno.
(jli editori ne giustificano la pubblicazione con questa premessa: « Kronstadt non va solo guardata nella problematica della transizione dal capitalismo al socialismo in Russia, ma come tentativo di trans'zione che va studiato da noi oggi, specie all'interno di
società il cui processo rivoluzionario
è stato bloccato o non è neppii.e iniziato ».
Agli anziani che possono aver dimenticato, ai giovani che possono non
conoscere è doveroso forse premettere
una breve noterella storica, poiché la
introduzione di Attilio Chitarin è interpretazione ideologica prevalentemente, anche se, per vari aspetti, molto interessante.
Occorre riportarsi al 1921, nella Russia sconvolta dalla guerra civile, alimentata dagli interessi contrastanti
degli e.valleati, divisa nella interpretazione contrastante delle « correnti »
in rnerito alla ortodossia marxista. Lenin interviene, onnipresente, ma la fame è più forte delle idee; manca il pane, le miniere sono abbandonate, le
fabbriche non funzionano, i trasporti
sono disorganizzati.
Lenin stesso viene attaccato da Bucharin. Si inasprisce il contrasto sulla
funzione dei sindacati, e Sliapnikov
« in nome di una “opposizione operaia" legge un manifesto che nega la
funzione del partito nei sindacati ».
Trozkij obbliga il partito a prendere
posizione; si comincia a diffondere un
terrnine nuovo: i trozkisti. La risposta è chiara: il « comunismo di guerra » è un capitolo chiuso; la così detta
« opposizione operaia » è « un abbandono del marxismo incompatibile con
l’appartenenza al partito ». Lenin propone « il divieto di qualsiasi gruppo
organizzato o frazione all’interno del
partito ».
E rimane aperto il problema che è
alla base di questi contrasti: « Come
conquistare le campagne ». Ripetiamolo: più che il nemico esterno e interno si tratta di « fermare la carestia ».
E una volta ancora Lenin e Trozskij
uniscono le loro forze. Proprio in questo momento scoppia il dramma di
Kronstadt.
I marinai di Kronstadt, la « punta
di diamante », gli « eroi » della Rivoluzione, già assurti al valore di simbolo, di mito, insorgono, si ribellano:
contro che cosa? contro chi?
La storiografia ufficiale tende a presentarli come vittime incoscienti di
un complotto tramato dalle potenze
imperialiste, dagli ex-alleati, dai Francesi in modo particolare, che sfruttano la fame ed i contrasti ideologici. La
rivolta scoppia di fatto il 27 o 28 febbraio 1921. Pietrogrado è in stato di
allarme; si segnalano arrivi sospetti
di ufficiali « bianchi »; la Finlandia è
ambigua.
Che cosa vogliono questi ribelli?
* * *
Le Izvestias (n. 1, 3 marzo 1921), organo dei ribelli, lo dicono chiaramente alla « popolazione della fortezza e
della città di Kronstadt ». La citazione
che ne facciamo qui è piuttosto lunga,
ma ci sembra attuale, oggi, in cui il
tema di fondo è ripreso ed è tema di
dibattito in seno ai partiti di sinistra:
« Compagni e cittadini!
II nostro paese attraversa un momento difficile. Da tre anni siamo
schiacciati, decimati dalla fame, dal
freddo e dal caos economico. Il partito comunista che governa il paese si
è staccato dalle masse e si è dimostrato impotente a far uscire il paese
dallo sfacelo generale.
Sì, il partito comunista non ha tenuto nessun conto del malcontento che
si è manifestato in questi ultimi tempi
a Pietrogrado e a Mosca, e che ha chiaramente dimostrato di aver perduto
la fiducia del popolo. Non ha nemmeno tenuto conto delle rivendicazioni
presentate dagli operai. Il partito comunista le considera mene controrivoluzionarie... La ferma volontà degli
operai, dei marinai e dei soldati rossi
si è espressa chiaramente nella riunione della guarnigione della nostra città che si è tenuta martedì 1» marzo.
Questa riunione ha approvato all’unanimità una risoluzione della 7“ e IH
squadra marittima... ».
Qual’cra il conlenuto di questa risoluzione? Non possiamo riprodurla integralmente, ma alcuni dei 15 punti
sono molto signficativi.
U) Si delibera di « procedere immediatamente alla rielezione a scrutinio
segreto dei soviet », previa una « libera
propaganda elettorale ».
2“) Si esige « la libertà di parola e di
stampa per gli operai e per i contadini, per gli anarchici e per i socialisti
di sinistra ».
3°) Si esige « libertà di riunione per
i sindacati operai e per le organizzazioni contadine ».
7“) Si delibera « di abolire tutte le
"sezioni politiche” perché d’ora in poi
nessun partito deve aver dei privilegi
per la propaganda delle sue idee, né
ricevere la minima sovvenzione dallo
Istato per tale scopo. Al loro posto noi
proponiamo che siano elette in ogni
citta delle commissioni di Cultura e di
Educazione finanziate dallo Stato».
lU") Si delibera di « abolire tutti i
’'sparti speciali comunisti nelle unità
del esercito, e la guardia comunista
nelle fabbriche e nelle miniere ». In
caso di necessità provvederanno esercito e operai.
11“) Dare ai contadini piena libertà
d azione, purché non impieghino lavoratori salariati.
* * *
Questa « risoluzione » la si può ancora considerare marxista ortodossa e
comunista, oppure è sabotaggio controrivoluzionario?
Non possiamo ovviamente intervenire m questo dibattito che vede schierati su due opposti fronti i teologi delle contrastanti ideologie.
Per i sctcialdemocratici « ammutinati di Kronstadt erano marxisti più
autentici elei comunisti »; per i fedeli
« quella rivolta costituiva un enorme
pericolo non solo per i bolscevichi in
quanto tali (...) ma per i bolscevichi
in quanto unici e storicamente legittimi rappresentanti delle conquiste della rivoluzione ».
Con queste parole il Chitarin nella
sua introduzione puntualizza egregiamente la situazione sul piano storico
e ideologico. La discussione del contenuto di quel Manifesto interessa i
cultori della dogmatica marxista. La
realtà è quella che è.
L’ammutinamento e la ribellione di
Kronstadt apriva una falla pericolosa
alla frontiera pericolante; doveva essere soffocata, in ogni modo. Lo fu
senza pietà. Scrive 'Victor Serge; « Se
la dittatura bolscevica fosse caduta, a
breve scadenza ci sarebbe stato il caos,
e attraverso il caos la pressione contadina, il massacro dei comunisti, il ritorno degli emigrati e infine un’altra
dittatura antiproletaria ».
Sul piano della storia la discussione
si rinnova quindi sulla sua « legittimità ». Mentre « gruppi anarchici, operaisti e “luxemburghisti" continuano a
sostenere che quella rivolta era un
rnovimento autenticamente socialista e
libertario, iniziatore di quella terza ri.
voluzione che l’involuzione reazionaria
dei bolscevichi aveva reso necessaria »,
gli ortodossi vedono nella repressione
necessaria « un atto rivoluzionario ».
Un aspetto sconvolgente di questa
repressione è dato dal linciaggio morale al quale furono sottoposti i ribelli. Nessun’accusa fu risparmiata. Forse che il fine giustifica i mezzi? Trozkij
che, seppure non partecipò personalmente alla repressione, la diresse, è
chiaro su questo punto: « Il mezzo
non può esser giustificato che dal fine.
Ma anche il fine ha bisogno di giustificazione »; e questa giustificazione è
« la liberazione degli uomini ». Non
sono quindi giustificati « i mezzi, i
procedimenti e i metodi di quegli indegni che spingono una parte della
classe operaia contro le altre; o che
tentano di fare la felicità delle masse
senza il concorso di queste; o che sminuiscono la fiducia delle masse in sé
stesse e nella loro organizzazione sostituendovi l’adorazione dei capi ».
Come può vedere il lettore, sono già
presenti alcuni dei temi che saranno
più che mai attuali nei decenni successivi: il culto della personalità, la
« esperienza di rivoluzione culturale »,.
l'insurrezione dei gruppuscoli di sinistra, ecc. Non certo a caso sulla copertina rossa di questo volumetto risaltano le parole del numero del 3
marzo 1921 delle Izvestija: « ...Il partito comunista che governa il paese si
è staccato dalle masse e si è dimostrato impotente a far uscire il paese dallo sfacelo generale ».
* -k -k
Strumenti ciechi di manovre imperialiste? Illusi fanatici di un’idea che
non muore?
I ribelli furono schiacciati.
II 17 marzo 1921 l’ultimo numero annunzia laconico: « Kronstadt è caduta
ieri ». La Rivoluzione continuava il suo
faticoso cammino per costruire una
società nuova, quella società nuova
che pure i morti avevano invocato.
Benvenuta questa pubblicazione che
ci permette di veder l’episodio dal di
dentro.
L. A. Vaimal
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Libri sul Concordato
Tu merito al Concordato, ricordiamo e raccomandiamo i « Quaderni delFAT.RI » (Associazione per la Libertà Religiosa in Italia. Via
Bassini 39, Milano), pubblicati dalFEdilore
DalFOffìio:
N. 1 - Patti Lnteraneusi e pìccola antolologia della legislazione, italiana, con introduzione dì Mario BcruUi c con note di Luigi
Rorlelli. L. 1.000.
N. 2 • Patti ÌMteranensi: quanto costano
alla democrazia, a cura di fmigi Rodelli e di
Lorenzo Strick Tdevers. L. 500.
N. 3 - Cattolici e laici contro il Concordato.
a cura di Luigi Rodelli, Autori vari. L. 1.500.