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3 febbraio 1989
L. 900
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a ; casella postale - 10066 Torre Pellice
delle valli valdesi
IL NUOVO PRESIDENTE DOPO L’INSEDIAMENTO
Bush: una difficile eredità
Da “ numero due » di Reagan a protagonista assoluto della dirigenza scudo spaziale
un quadriennio tutt'altro che facile - Notizia improvvisa della svolta a proposito del progetto di scudo spaziale
Sono passati quindici giorni
da quando Reagan è tristemente tornato nel Far West da cui
era venuto. Sembra ancora di
vederlo mentre si allontana a
cavallo nei grandi spazi americani. The end, lo spettacolo è
finito. Ora, al posto del « grande comunicatore » c’è il « grande continuatore », che sembra
muoversi nella linea di piccoli
aggiustamenti all’eredità ricevuta.
E’ ancora presto per commentare la politica del delfino di
Reagan ma il suo primo spettacolo, occorre dirlo, è stato penoso. Passi il giuramento sulla
Bibbia di Washington e il culto
nella chiesa episcopale: residui
di religione di stato, per altro
non alimentata dal dettato costituzionale vecchio di duecento anni e intonato ad un sano separatismo tra chiese e stato. Ma
lo show alla vigilia deW’inaugurcidon, costato quasi 50 miliardi di
lire, è suonato come uno schiaffo sulla faccia deH’America dell’austerità che, con crescente
preoccupazione, guarda al defi;
cit del bilancio statale che si
aggira sui 160 miliardi di dollari.
Nella festa da ballo che ha
fatto da contorno al suo insediamento, George Bush ha sollevato i f'antaloni per mostrare i
nuovi .stivali da cow-boy, tutto
fiero di essere arrivato nello studio ovale della Casa Bianca. Finalmente ce l’ha fatta, in barba
a tutti quelli che fino a ieri —
ed erano tanti — lo prendevano
in giro come il « cagnolino da
salotto » di casa Reagan o dicevano di lui che era il « più sporco candidato alla presidenza »
che l’America avesse mai avuto.
Tutto questo ormai fa parte
del passato. Bush non è più il
portaborse di Reagan ma è l’uomo più corteggiato dai mass media, la sua intelligenza politica
non è più messa in discussione.
Nulla e nessuno hanno potuto
rovinare quella lunga festa di
cinque giorni ricca di balli, di
majorettes, di abbuffate da mille dollari a testa con cui l’America ha consacrato il suo nuovo
presidente. Ma dietro quella
festa non c’era solo la Washington godereccia di chi era accorso per applaudire o quella governativa molto ben installata a
livello di stipendi e garanzie sul
lavoro, c’era anche la Washington della droga, della disoccupazione, delle grandi contraddizioni che attraversano la popolazione della capitale degli Stati Uniti, che per il 70% è di pelle nera.
e’ che nella stragrande maggioranza vive ghettizzata.
In questi anni la politica di
Reagan non ha favorito le minoranze svantaggiate del suo
Paese; ha stravinto sul fronte
dei rapporti internazionali (e
questo gli viene riconosciuto anche da molti suoi oppositori),
ma ha perso sul fronte interno
della questione sociale.
Bush, nel suo discorso d’insediamento, ha accennato chiaramente al fatto che in America
« ci sono senzatetto, bambini che
non conoscono la normalità, drogati, poveri, imprigionati nei
ghetti... ». ma non ha ancora spiegato cosa fare concretamente
nei confronti delle sacche di povertà e disgregazione sociale che
convivono accanto al livello di
benessere più alto del mondo.
11 giuramento sulla Bibbia, la
partecipazione del 41“ presidente
degli Stati Uniti al culto nella
chiesa protestante ripercorrono
un vecchio rituale d’incoronazione in cui s’invoca l’aiuto di Dio.
Anche sui dollari c’è scritto « In
God we trust», abbiamo fiducia
in Dio, ma per il momento gli
esponenti della religione di stato non prevedono di esprimere
la loro testimonianza riducendo
drasticamente i finanzianienti
per gli armamenti che, negli ultimi 8 anni, si sono attestati intorno ai 2.000 miliardi di dollari.
E’ vero che il nuovo segretario
alla Difesa Tower ha annunciato,
la scorsa settimana, che ci saranno dei tagli alle spese destinate allo scudo spaziale. Esso rimane comunque, come dice Tower, «parte
integrante di un deterrente totale » nell’indurre i sovietici a nuovi compromessi nei negoziati subIì armamenti. Tower stesso non
dà adito a dubbi quando afferma: « Sono un sostenitore di al
Il presidente degli Stati Uniti George Bush con la moglie Barbara
ritratti in una saletta del Senato americano. Il nuovo corso della
politica americana, formalmente diverso dalla linea reaganiana, in
realtà persegue i medesimi obiettivi.
L’EVANGELO, PAROLA E ATTO
La storia di Zaccheo
« Oggi la salvezza è entrata in questa casa,
poiché anche questo è figliolo d’Àbramo; poiché
il Figliolo dell’uomo è venuto per cercare e salvare
ciò che era perito » (Luca 19: 9-10).
Siamo a Gerico, la città del sole, delle palme,
degli ulivi, ma altresì la cittadina dei ciechi, dei
lebbrosi, delle folle, degli incontri... L’evangelista Luca racconta e predica, descrive ed annunzia,
proclama e segnala: l’Evangelo è parola ed atto,
guarigione e liberazione: oggi un cieco, oggi ancora un pubblicano... domani un lebbroso... un figlio di Abramo ...una donna sirofenicia.
Zaccheo: lo ricorderà l’anziano, l’adulto, il gio
vane, il fanciullo, il savio e l’ignorante! La letteratura ebraica è piena di episodi raccontati ai fanciulli e uditi dagli adulti meglio che un libro di
saggi proverbi.
Zaccheo vive in una delle contraddizioni che
svelano un tratto umoristico; è un uomo importante: capo dei pubblicani: ha un ruolo ufficiale:
raccoglie tasse ed imposte; esattore, chiede ad
ognuno il suo, o almeno così dovrebbe. Già Giovanni Battista diceva ai pubblicani che venivano
al suo battesimo: «Non riscuotete nulla di più di
quello che vi è ordinato ». Parole non inutili sia
per il ministro delle finanze che per gli industriali, i professionisti, gli operai, per i sindacati e le
confìndustrie. Ma l’importanza della sua « missione » è accentuata dalla particolare difficoltà: raccogliere tasse non solo per il popolo, ma per l occupante, per i romani. E l’odio, nei tempi di occupazione, diventa più radicale: essere pubblicano
equivale ad essere un peccatore, un profittatore,
un ricco contro il povero.
Zaccheo confesserà di « avere frodato qualcuno ». Ma l’evangelista nota quello che tutti a Gerico sanno: Zaccheo non è soltanto importante
ma è anche piccolo di statura. Tutti lo hanno visto alla gabella, nei magazzini, presso la pescheria,
al mulino: sempre di corsa, sempre sveglio. Importante, ma « piccolo di statura », intelligente e
desto.
Questa volta Zaccheo non indaga, non impone
tasse e balzelli, non è soltanto l’esecutore dei mille decreti dei mille parlamenti. Zaccheo vuole vedere Gesù. Come farà? Segue il percorso di Gesù
ne! paese. E su quella strada c'è il sicomoro, la
pianta che lo renderà famoso a migliaia di ragazzi
e non lo farà dimenticare alle massaie ed agli anziani. Zaccheo sale sul sicomoro. La storia si accende: Gesù alza gli occhi, lo chiama. Zaccheo
scende e lo accoglie in casa con allegrezza; poi si
rivela come peccatore pentito, pronto a rimediare
al malfatto. La folla, i curiosi, gli invidiosi criticano, sentenziano, ma Gesù conclude: « Oggi la salvezza è entrata in questa casa, anche questo è figliuolo d’Àbramo; poiché il Figliuolo dell'uomo è
venuto per cercare e salvare ciò che era perito ».
Il nostro tempo, Rai e non Rai, commemorano
le rivoluzioni, la francese, la sovietica e l’americana: in tutte si ravvisa la necessità e la volontà di
cambiare la storia, la cultura, l’economia. Zaccheo,
figlio della folla, addita ai rivoluzionari ed ai rivoluzionati la rivoluzione del pentimento e dell’allegrezza. L’evangelista Giovanni annunzia: « La legge è stata data per mezzo di Mosè; la grazia e la
verità sono venute per mezzo di Gesù Cristo »
(Giovanni I: 17).
Carlo Gay
cuni aspetti dello scudo spaziale ». Reagan, ultimamente, aveva
preso le distanze dal suo sogno
di guerre stellari, che ha finito
per rivelarsi una spesa infinita
senza offrire reali garanzie di difesa totale dall’olocausto nucleare.
Bush ha enfatizzato durante la
campagna elettorale la necessità
che l’etica del governo rambi e
diventi un’etica di solidarietà,
di semplicità (il neo-ricco Reagan amava lo stile sfarzoso, forse perché era partito dal niente;
il patrizio Bush, che ha succhiato ricchezza con il latte materno, sa anche, all’occorrenza, distanziarsene) e un’etica di collaborazione.
Il primo test, di fronte alle
migliaia di dimostranti venuti
nella capitale degli Stati Uniti
per protestare contro la legge
varata nel 1973 per legalizare
l’aborto, è stato per Bush di piena adesione alla campagna antiabortista.
Oltre un milione e mèzzo di
donne statunitensi ogni anno si
avvale del diritto all’aborto.
Cosa succederebbe criminalizzandolo? Non è escluso che un
giorno la Corte suprema degli
Stati Uniti dia corpo al vecchio
sogno di Reagan, che era quello
di rendere incostituzionale l’aborto in America.
Tra un po’ la Corte suprema dovrà, in parte, essere rinnovata per raggiunti limiti d’età
di alcuni giudici. E se l’attuale
atteggiamento « liberal » e di apertura della Corte dovesse prossimamente mutare, grazie all’immissione di nuovi giudici conservatori proposti da Bush, è
molto probabile che gli antiabortisti finirebbero per avere
la meglio.
In conclusione; la prima mossa di Bush è stata di segno reaganiano. Quel rinnovamento promesso da chi ha scandito per
mesi il ritornello; « Voglio una
America più giusta » è per il
momento fermo al « déjà vu ».
L’ombra silenziosa che per otto anni ha seguito Reagan nel
bene e nel male deve ancora incàrnarsi in un nuovo presidente. Le dichiarazioni di buone intenzioni sono state fatte. Adesso
si tratta di vedere se la « politica della mano tesa » dell’ex
vicesceriffo di Reagan saprà imporsi autonomamente, oppure se
finirà a rimorchio del Pentagono e delle sue varie strategie
missilistiche per continuare a
dominare il mondo.
E’ vero che le novità annunciate non mancano: maggior prudenza con Gorbaciov, ritessere i
rapporti con l’Iran, ridurre il disavanzo pubblico, intensificare la
lotta contro la droga, evitare un
aumento delle tasse ed incrementare gli stipendi ai parlamentari.
Ma si tratta di vedere, in concreto, in cosa Bush si differenzierà
da Reagan nella difesa degli interessi americani dentro e fuori il
grande Paese. Le premesse per
una correzione in meglio della politica reaganiana, nell’attuale quadro di una Presidenza repubblicana e un Congresso democratico,
ci sono. Ma per il momento non
si è ancora voltato pagina, anche
se sembra che sia così.
Giuseppe Platone
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commenti e dibattiti
3 febbraio 1989
PROTESTANTESIMO IN TV
« Fede e scienza, ipotesi per
un dialogo», questo il titolo
della trasmissione del 22 gennaio, la prima di una serie
prevista sull'argomento. Conduceva in studio Ai. Davite
con la consulenza teologica di
S. Rostagno, docente di teologia sistematica alla Facoltà. L’attenzione era puntata
questa volta particolarmente
sul rapporto della scienza con
la iede, quali sono i criteri
per stabilire ciò che è lecito
e ciò che non lo è? Il prof.
Rostagno esorta a riformulare la domanda in questi termini; « Che tipo di vita vogliamo preparare per noi e
per gli altri? » e a rispondere in base non a una serie
di precetti ma alla responsabilità che reciprocamente ci
lega. Richiamandosi al docu
Fede e scienza
l’etica. Il servizio intercalava
scene del « Galileo » di Brecht
riprese da un teatro di Roma, interviste a gente comune e commenti in studio.
Il conflitto duro che ha opposto la chiesa e la scienza
a partire dalle enunciazioni
di Galileo (tema del forte e
incisivo dramma di cui sopra) ha portato ad un successivo ripiegamento della
teologia di fronte allo sviluppo scientifico, fino ad approdare nel nostro tempo al ridimensionamento anche di
quest’ultimo, che denuncia ormai chiaramente i suoi limiti.
Inquinamento, veleni da smaltire, problemi posti dalla nuova genetica ne sono i segni
più vistosi.
Dalle interviste volanti è
emersa una vasta gamma di
opinioni: per alcuni la chiesa
ha il diritto di dire la sua in
questo campo, per altri non
deve però mettere ostacoli alla ricerca. C’è chi pensa che
non si possono oltrepassare
certi limiti e chi non si sente
garantito da proibizioni formulate « in nome di Dio », perché proprio nel suo nome sono stati commessi nella storia tanti crimini. E’ comunque chiaro che il confronto
è oggi possibile ma — come
risulta dal parere dei due docenti universitari S. Dupré e
E. Donini, esperti nel campo
— le decisioni sono poi prese da chi ha in mano le leve
del potere economico e politico per i propri fini (per la
prof. Donini non c'è neutralità della scienza neppure a
livello di ricerca).
Ma, dal punto di vista del
mento preparatorio della prossima Assem6lea ecumenica di
Basilea, Rostagno segnala i
tre grossi temi da considerare:
Responsabilità: Tutto ciò
che può essere fatto, deve essere fatto?
Reciprocità: Quello che vale per gli uni deve valere anche per gli altri (in realtà
ora scienza e tecnologia favoriscono la parte che detiene il potere).
Globalità: Uomo e natura
formano un tutto unico, il valore della vita riguarda tutto
il creato.
Il teologo cattolico F. Gentiioni ha esposto la posizione
della sua chiesa che cosi
ha ric^sunto, evidenziando il
cambiamento rispetto al passato: « Sì al progresso scientifico, ma con grande attenzione all’etica e allo sviluppo
della persona umana ». Egli
ha aggiunto però che di questo giusto principio appaiono
spesso dubbie l’applicazione e
Fin terpre t azione.
La trasmissione ha avuto
l’indubbio merito di mettere
a fuoco i problemi con linguaggio accessibile e sufficiente vivacità di ritmo. L’affermazione conclusiva del
prof. Rostagno che i risultati della ricerca e le sue implicazioni pratiche devono essere sottratti al chiuso delle
accademie e dei laboratori,
che cioè la gente deve essere informata e potersi esprimere (affermazione condivisa
dagli intervenuti e dagli intervistati) ci indica un obiettivo importante ed irrinunciabile.
Mirella Argentieri Bein
DIBATTITO
Il 1989 e la speranza cristiana
NeHappiattimento generale dei valori occorre rilanciare la nostra
proposta di evangelici cogliendo anche l’occasione del Rimpatrio
Auguri a tutti per l’anno passato: un acclamato giornalista,
ossewatore attento della nostra
fittizia modernità, per niente
laudatore del passato, ha salutato così i lettori all’inizio di
questo 1989. 11 futuro, i futuribili hanno perso d’incanto, anche nei giochi di fantascienza
dei bambini siamo usi ormai
proiettare angosce, sadismo, la
sostanziale tragicità di questa
fase epocale.
.Motivo di speranza è che il
barometro delle relazioni economiche e politiche intemazionali
segna tempo buono, pace.
Ma la situazione è di diffusa
incertezza. Tramontata l’era reaganiana o della semplificazione
ottimista e un po’ becera dei
problemi complessi, nessuno più
ha ricette belle e pronte: e forse anche questo è un buon segno.
Emergono, ad ovest e ad est,
leader consapevoli che i problemi del mondo richiedono soluzioni difficili, sofferte, qualche
volta trasgressive. E che esse
vanno concertate, fatte possibili dalla collaborazione, dalla solidarietà intemazionale. Gorbaciov è un tale leader, anche i
primi passi di Bush sembrano
orientati in questo senso. Nessuno fa disegni di lungo periodo, non ci sono rotte tracciate,
modelli di riferimento per lo
sviluppo economico e sociale.
C’è chi vagheggia con nostalgia
perdute arcadie e chi interroga
le stelle. Chi vuol vivere l’oggi
con consapevole responsabilità,
impegno attivo, aperture agli altri non ha bussole e sestanti.
Piaccia o no ai guru del marketing facilone, lo sviluppo industriale, l’offerta di beni di consumo, il benessere, i nuovi stili
di vita dovranno misurarsi con
compatibilità, costi sociali e ambientali sempre più pressanti.
Orfani delle ideologie, ci mancano idee per illuminare il tipo
di società che si desidera, per
mirare agli obiettivi possibili.
Vanno reinterpretate le idee guida del convivere. O rischiamo
— scrive Andrea Barbato in una
lettera aperta ad Agnelli — che
FONDO DI SOLIDARIETÀ’
Vent’anni di attività
Con la pubblicazione sul n. 4
dell’elenco relativo al mese di dicembre, si è concluso im altro
anno di attività del Pondo di
solidarietà, anno di cui diamo
qui appresso — per informazione dei lettori — il rendiconto
Il 1988 ha anche segnato il ven
tesimo anniversario del nostro
Fondo, che ha infatti avuto ini
zio nella seconda metà del 1968
Non staremo qui a fare im bilan
ciò di questi venti anni passati
dato che esso non fa certo par
te dello spirito di questa ini
ziativa. Vorremmo solo ricorda
re che la decisione di istituire
questo Fondo è nata dalla senti
ta necessità di destare la coscien
za delle chiese e dei singoli sul
dramma della fame nel mondo,
prescindendo naturalmente dagli impegni personali tramite altri canali già conosciuti.
L’impostazione del Fondo si è
poi andata allargando, senza però mai abbandonare lo spirito
originario, mediante la contribuzione a varie iniziative ecumeniche (Kper, Cec, Cevaa, Missione evangelica svedese, Fcel, eccetera) riguardanti aiuti alle
missioni, ad opere sociali, a programmi antirazzisti, nonché a
varie situazioni di emergenza dovute ad eventi catastrofici, sia in
Italia che all’estero. Ci limitia
mo a precisare che le somme
erogate in questi venti anni ammontano a circa L. 134 milioni.
Certo, non si tratta di una gran
cifra considerando l’arco di tempo trascorso, ma si tratta pur
sempre di una testimonianza
costante e fedele della nostra
partecipazione e solidarietà nei
confronti di tante drammatiche
situazioni, di cui purtroppo non
c’è che l’imbarazzo della scelta.
Ci auguriamo che il consenso
e le contribuzioni vadano sempre più crescendo, in modo da
poter dare una rotazione il più
possibile sollecita alle varie iniziative. Nel dare una scorsa agli
elenchi delle offerte abbiamo notato una sempre più allargata
partecipazione, oltre che dei singoli, di chiese, di scuole domenicali e di enti ecclesiastici. Abbiamo anche notato che certe
persone, che hanno aderito fin
dall’inizio a questa iniziativa, sono ancora presenti oggi negli
elenchi, o direttamente o attraverso le loro famiglie. Possano
tanti altri lettori seguire questo
esempio con un impegno generoso e continuato di testimonianza cristiana, di compartecipazione.
Ricordiamo che al momento
abbiamo tre destinazioni, di cui
abbiamo già dato a suo tempo e
ripetutamente i dettagli: il laboratorio di cucito a Managua; il
Centro agricolo e sociosanitario
in Zambia; le Chiese evangeliche
della Giamaica duramente colpite dal tifone.
I doni vanno inviati al conto
corr. postale n. 11234101 intestato a La Luce Fondo di solidarietà, via Pio V, 15, 10125 Torino,
possibilmente specificando la destinazione (Managua, Zambia,
Giamaica).
Rendiconto di
gestione anno 1988
Rimanenza in cassa al 31
dicembre 1987 L. 1.479.539
Somme raccolte L. 20.124.820
TOTALE
Somme erogate
L. 21.604.359
L. 18.500.000
In cassa al 31.12.88 L. 3.104.359
N.B. - Le cifre erogate sono state le
seguenti:
Per il Centro agricolo del
Bagam (Camerunl L. 5.000.000
Contro la carestia in Eritrea L. 6.500.000
Per Alessandro L. 7.000.000
TOTALE
L. 18.500.000
Il coordinatore:
Roberto Peyrot
« le città future siano invivibili,
popolate di yesmen in carriera,
di anime morte, fintamente moderne, ingannate da consumi inutili, senza cultura, senza memoria di sé ».
Dobbiamo sperare — credenti
o meno che siamo, confortati o
no dalla speranza cristiana —
che questa stanchezza intellettuale, spirituale, morale sia transitoria.
Neanche c’è da aspettarsi crescita culturale, nuovi tessuti connettivi del vivere collettivo, della tolleranza, della solidarietà,
dalla diffusione planetaria delle
comunicazioni e dell’informazione. Gianfranco Bettettini, studioso dei mass media, nota che
sta avvenendo piuttosto il contrario: l’uso distorto della TV,
degli altri audiovisivi, anche della carta stampata potrebbe far
diventare quello che anni fa si
celebrava come il villaggio globale delle comunicazioni, degli
scambi culturali, delle aperture
reciproche, della sensibilità verso gli altri il villaggio globale
di nuovi pregiudizi, arroccamenti difensivi, di nuovi oscurantismi.
In Italia, la rivoluzione industriale, il benessere sono arrivati
di recente. Non fondati, come
altrove, sull’etica protestante del
lavoro, della resj>onsabilità individuale, sul senso di identità comunitaria. C’è una paura diffusa della precarietà di questo benessere, un « horror vacui » dietro l’orgia di programmi TV di
evasione, di concorsi a premio,
dietro le frotte triviali di astrologi, divinatori, saltimbanchi, paragnosti.
Fatti incapaci dai contrapposti appetiti di pensare in grande, di elaborare progettualità, le
nostre politiche di piccolo cabotaggio sono venute sempre più
spesso arenandosi nelle secche
delle inefficienze, degli scandali
malavitosi.
In questo scenario desolante,
ci sono opinion-leader non credenti che auspicano il rinnovarsi di un’anima cristiana nel caotico fluire del vivere sociale.
E i credenti? Quanti hanno fede nell’Annuncio, nel Regno di
Dio, che va cominciato a costruire qui, ora, nell’impegno di lavoro, di comunione con gli altri?
Possiamo restarcene chiusi nella angustia delle nostre chiese,
grandi o piccole che siano?
Possiamo smarrirci di fronte
alla secolarizzazione, all’assottigliarsi delle nostre file? Davvero
pensiamo che, quando c’era il
senso del sacro, il timore delle
tavole della legge, quando le cattedrali erano piene, si biascicavano rosari e litanie, si salmodiavano inni, le società fossero
più cristiane di oggi (se per cristiane intendiamo aperte a Cristo, veramente fedeli, informate
a lui)? L’apostolo Paolo non
pensava così, mi pare; importanti teologi pensano, mi pare, che
la secolarizzazione possa essere
occasione per costruire, per diffondere fermenti di fede, di vita cristiana vera. Ci sono valori
cristiani riformati, autenticamente moderni, che il nostro Paese
non ha interiorizzato nel suo patrimonio culturale, collettivo.
In questo 1989 i valdesi vanno a celebrare il loro rimpatrio
in Italia. C’è un modo giusto di
dare significato all’evento: riaffermare la presenza evangelica
in Italia, portare un contributo
di ideali collettivi, di rinnovamento, di progettualità a questo Paese, aprendosi oltre i confini delle chiese, dialogando con
altre culture, attivando tutti i
mezzi di comunicazione possibili.
N. Sergio Turtulici
delle valli valdesi
settimanale delle chiese valdesi e metodiste
Direttore: Giorgio GardioI
Vicedirettore: Giuseppe Platone
Redattori: Alberto Corsani, Luciano Deodato, Adriano Longo, Piervaldo
Rostan
Comitato di redazione: Mirella Argentieri Bein, Valdo Benecchi, Claudio
Bo, Alberto Bragaglia, Franco Chiarini, Rosanna Ciappa Nitti, Gino
Conte, Piera Egidi, Claudio Martelli. Emmanuele Paschetto, Roberto
Peyrot, Mirella Scorsonelli
Segreteria: Angelo Actis
Amministrazione: Mitzi Menusan
Revisione editoriaie: Stelio Armand-Hugon, Mariella Taglierò
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Registrazione: Tribunale di Pinerolo n. 175. Respons. Franco Giampiccoli
REDAZIONE e AMMINISTRAZIONE: via Pio V, 15 - 10125 Torino - telefono
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ABBONAMENTI 1989
Italia Estero
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Ordinario semestrale L. 20.000 Ordinario (via aerea) L. 100.000
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Longo (vicepresidente). Paolo Gay, Giorgio GardioI, Franco Rlvoira (membri)
Registro nazionale della stampa: n. 00961 voi. 10 foglio 481
Il n. 4/89 è stato consegnato agli Uffici postali di Torino e a quelli delle
valli valdesi il 26 gennaio 1989.
Hanno collaborato a questo numero: Alfredo Berlendis. Archimede Bertolino. Ivana Costabel. Mauro GardioI, Ermanno Genre, Giorgina
Giacone, Luigi Marchetti, Sergio Ribet, Eugenio Rivoir, Bruno Rostagno.
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obiettivo aperto
3 febbraio 1989
RIATTIVATA LA PIU’ DISCUSSA CENTRALE NUCLEARE EUROPEA
Superphénix: due anni dopo
Da più parti si esprimono dubbi suila funzionaiità e sulle garanzie di sicurezza che avrebbero consentito di ripristinare ii reattore di Creys-Malville - Poteri economici e forme di controllo democratico sul problema nucleare
Un treno bloccato a Ginevra, l’occupazione
simbolica di una banca svizzera che partecipava
al finanziamento dei lavori di riattivazione del
reattore. Il «Superphénix», centrale nucleare
d’avanguardia, torna, a circa due anni dall’allarme per una fuga di materiale non radioattivo, a far parlare di sé.
E gli oppositori a questo nuovo tipo di reattore, in grado di produrre energia ma al tempo stesso anche plutonio (per cui, da sempre, i
movimenti di contestazione l’hanno collegato
con un’eventuale produzione di materiale per
uso militare), non hanno mancato di far sentire
la propria voce.
Soprattutto in Svizzera. Ma anche l’Italia
dovrebbe essere interessata. L’ENEL è infatti
partecipe della gestione della centrale; due anni
fa l’allarme fu vivo, perché in fondo la frontiera italiana è a soli 200 km.
Tutto fu presto dimenticato, anche perché
il guasto all’impianto di Creys-Malville era
marginale, riguardava non il cuore del reattore
ma la camera di contenimento.
In realtà gli italiani avevano anche un altro
motivo per interessarsi a questa vicenda: di lì
a poco avrebbero dovuto votare alcuni referendum (poi slittati al novembre dello stesso anno)
relativi anche alla partecipazione italiana a progetti nucleari all’estero. Il referendum disse
che gli italiani non volevano questa partecipazione, ma niente è ancora successo in parlamento per dar corso a questa decisione.
Ora, il 14 gennaio, il Superphénix ha ripreso
a funzionare, accelerando i tempi della riattivazione per evitare lungaggini burocratiche. I
francesi vogliono sapere che cosa succede.
La rivista « Témoignage chrétien » ha intervistato in proposito Monique e Raymond Séné,
fìsici, del « Collège de France » e animatori del
gruppo di scienziati per l’informazione sull’energia nucleare. (a- c.)
— Era davvero urgente
far ripartire il Superphénix?
« Siamo in una condizione
in cui non c’è penuria di energia elettrica: dal punto
di vista delle attrezzature,
siamo anzi in una condizione tale da poterne produrre
più del necessario. Quindi
non si tratta di un problema di appi'ovvigionamento
elettrico della nazione. Non
abbiamo bisogno dell'elettricità del Superphénix. Adesso succederà che si farà funzionare un reattore nucleare
con un cantiere di lavori pubblici a fianco; questo significa correre dei rischi assolutamente sproporzionati rispetto ai benefici.
Inoltre bisogna dire che
all’inizio il Superphénix veniva presentato come il primo modello di una serie industriale. Ora, tanto al Commissariato per l’energia atomica quanto l’EDF, si è
verificato im suo declassamento: è diventato un modello sperimentale. Perciò si
sarebbero potuti aspettare
tranquillamente sei mesi di
più, in modo da fare tutti i
lavori come si deve e- nelle
migliori condizioni, senza avere il reattore attivato proprio a fianco. Tenerlo fermo
non costa né più né meno
che farlo funzionare al tre
per cento delle sue capacità ».
— Quali sono i problemi
che si pongono a livello di
sicurezza, e come sono stati
affrontati?
« Quando l’EDF, nel 1988,
ha chiesto l’autorizzazione
per riattivare il Superphénix,
le autorità competenti hanno preteso che si procedesse a delle nuove verifiche
sulla vasca del reattore e nei
sistemi di controllo delle fughe di sodio. In un primo
momento si era pensato di
verificare tutte le saldature
effettuate al momento della
costruzione. Ma la qualità
delle radiografie ne pregiudica in parte la leggibilità.
SCHEDA
Un modello all'avanguardia
Il Superphénix è il primo
surgeneratore destinato teoricamente ad un impiego effettivo.
Situato a Creys-Malville,
nella valle del Rodano, a 200
chilometri circa dal nostro
confine, è all’incirca a metà
strada tra Lione e Grenoble.
Di proprietà dell’EDF (l’azienda che produce elettricità
in Francia), che ne controlla
il 51%, vede anche la compartecipazione dell’ENEL al 33%.
La parte restante è divisa tra
società tedesche, inglesi e del
Benelux.
La peculiarità di questa
centrale, costruita dalla NERSA (società anonima europea
per il nucleare a neutroni rapidi), consiste nel fatto che
essa utilizza materiale fìssile in minor quantità di quello
che riesce a produrre: posto
che l’uranio disponibile in natura si divide in un 99,3% di
uranio 238 e solo in imo 0,7%
di uranio 235 (il solo utilizzabile), mentre le centrali tradizionali producono plutonio
dalla fissione del raro uranio
235, il Superphénix impiega
plutonio già in partenza; esso, più valido ancora dell’uranio 235, è posto nel cuore del
reattore, circondato da una
cappa di uranio 238, fin qui
ritenuto inutile. Una volta avviato il processo di fissione, i
neutroni liberati nella caldaia,
a contatto con il 238, lo trasformano in plutonio.
Il cerchio si chiude dunque, teoricamente, con una
produzione di plutonio maggiore di quella impiegata per
avviare il procedimento. Risultato: produzione di energia e, al tempo stesso, di plutonio.
Mai utilizzata al pieno delle sue possibilità, la centrale di Malville
continua a suscitare apprensione.
C’era un difetto nella
procedura del controllo delle installazioni. Nello stesso tempo il modulo d’ispezione del reattore avrebbe
dovuto effettuare delle misurazioni agli ultrasuoni lungo tutta la calotta del reattore.
Questo comprende oltre
un chilometro di saldature,
ma la ’’campagna di misurazione” ne ha verificato solo
130 metri.
Il campionamento effettuato al momento della costruzione non ha permesso
di individuare i problemi
che hanno originato la fuga
di sodio nella camera di contenimento ».
— Ma se, sul piano tecnologico e su quello economico, non cera fretta, come si
può spiegare tanta precipitazione nel riattivare il Superphénix?
« Il Superphénix era al
suo ventesimo mese di inattività. Secondo i regolamenti, in caso di sosta maggiore
ai 24 mesi, sarebbe stato necessario ripresentare una
nuova pratica di autorizzazione per il funzionamento.
Solo una decisione ministeriale, mediante decreto, avrebbe potuto evitare la procedura. Ma questa ipotesi era ben poco praticabile, tenendo conto delle pressioni
esercitate dalla Svizzera.
C’è anche un’altra spiegazione: il Superphénix non
ha al suo attivo neanche un
anno di funzionamento a
pieno regime; quindi non è
stato recepito in dotazione
dall’ente nazionale per l’energia elettrica. Allora adesso chi paga? Non l’ente, poiché la fase di test non è stata conclusa; forse la NERSA,
la società europea? E’ un
grande imbroglio (in italiano nel testo, ndt) tra costruttore, proprietario, ecc., che
rende difficile l’individuazione delle responsabilità.
Inoltre ci sono anche le
pressioni della lobby nuclea' re, che tende a ottenere una
rapida decisione sull’attivazione del surgeneratore. Ma
gli argomenti portati a sostegno della richiesta — concorrenza con i giapponesi,
mantenimento di un ruolo
guida in Europa per quanto
riguarda questo tipo di reattori — non si collocano in
un vero dibattito scientifico
e tecnico ».
— Che cos'è la procedura
”17-4” di cui tanto si parla?
« E’ l’ultima procedura in
caso di fuga dalla vasca principale del reattore; il sodio
contenuto in quella vasca
passerebbe in questo caso
nel rivestimento esterno: si
tratterebbe di evacuarlo per
reimmetterlo nella vasca
principale. A questo scopo
si dovrebbe utilizzare una
pompa, ma chi ha effettuato
il sopralluogo il 12 dicembre, in seguito all’ordinanza
del Tribunale amministrativo di Grenoble, ha potuto
vedere solo la cassa che dovrebbe contenere la pompa.
Essa è stata installata? Non
ne siamo sicuri. Quanto alle soluzioni per fare fronte
a un’eventuale fuga sul rivestimento esterno... non siamo sicuri di niente ».
— Come membri del Consiglio superiore per la sicurezza nucleare, che fa capo
al primo ministro, potete dirci se siete stati consultati in
merito al Superphénix?
« A tale proposito c’è stata una riunione informativa
nell’ottobre scorso. In linea
generale, sulle questioni fin
qui presentateci, veniva richiesto il nostro parere. Il
solo vantaggio di un’istituzione come questa sta nel
fatto che permette di avere
accesso a alcune informazioni. Ancora una volta, il problema è quello di un vero
dibattito, democratico, sul
nucleare in Francia.
AU’interno del Consiglio
avevamo richiesto la costituzione di un gruppo di lavoro per studiare espressamente i problemi dei surgeneratori. Ci è stato detto che
non sarebbe servito a niente, poiché tutti gli esperti
erano in gruppi già esistenti. Invece un organismo analogo — il ’’gruppo Castaing”, che studiò anni fa
il problema dello stoccaggio
di combustibile in superficie — aveva indicato che un
lavoro pluridisciplinare, in
cui fossero coinvolti degli esperti estranei alla lobby filonucleare, aveva potuto raggiungere dei risultati nello
studio del problema delle
scorie.
Perché anche in Francia,
come negli USA, non si affidano le relazioni e controrelazioni a delle commissioni indipendenti? ».
Intervista a cura di
Serge Lafitte
CRONOLOGIA
Le tappe
dell’« affaire»
1946: il primo surgeneratore
nasce a Los Alamos (USA).
1963: negli USA Enrico Fermi attiva un surgeneratore
sperimentale.
1977: inizio della costruzione
del Superphénix.
1977: molte associazioni che
si oppongono alla sua costruzione perdono le cause
intentate in tribunale.
1984. attivazione parziale del
surgeneratore.
1987 (8 marzo): primo stato di
allerta. I sistemi d’allarme
indicano una tuga di sodio
(non radioattivo) nella camera di contenimento.
1987 (metà aprUe): il Superphénix è su tutti i ^ornali,
anche su quelli italiani.
1987 (28 maggio): rimpianto
viene arrestato per permettere i lavori di riparazione.
1988 (25 novembre): si ipotizza la prossima riattivazione
dell’impianto. Prima manifestazione di opposizione è
il blocco di un treno TGV,
diretto a Parigi, nella sta
zione di Ginevra.
1989 (14 gennaio): il surgeneratore Superphénix viene
riattivato, sempre a regi
me di funzionamento par
ziale.
4
fede e cultura
3 febbraio 1989
COMMISSIONE PER L’EVANGELIZZAZIONE
UNA SINTESI DEI FONDAMENTI DELLA FEDE
Concorso tra i lettori Cristiani perché
Si cerca una frase che esprima la posizione
delle nostre chiese sulla violenza alle donne
VIOLENZA SULLA DONNA.
LA TENEREZZA INFRANTA.
Commissione Evangelizzazione.Chiese Evangeliche Valdesi e Metodiste
La commissione nazionale per
l’evangelizzazione è in cerca di
una frase che esprima la posizione delle Chiese evangeliche
valdesi e metodiste nei confronti della violenza contro le donne, che va assumendo proporzioni sempre più allarmanti.
La frase che sarà giudicata
più significativa occuperà lo spazio bianco del manifesto la cui
bozza è riprodotta qui sopra. Le
proposte dovranno pervenire alla commissione per l’evangelizzazione (presso Tavola valdese,
via Beckwith 2, 1(X)66 Torre Pellice) entro il 20 marzo prossimo.
L’autore della frase prescelta
riceverà un abbonamento gratuito al nostro giornale o, se già
abbonato, un buono di importo
equivalente per acquisti presso
le librerie Claudiana.
pe Gangale in collaborazione con l'Università degli studi della Calabria, mercoledì 15 febbraio, alle ore 17.30, presso la polivalente deM’Università della
Calabria, avrà luogo un incontro sull'emigrazione calabrese.
ROMA — Domenica 12 febbraio, presso I'« Istituto mutilatini don Orione >,
in via Camilluccia 112, organizzata dal
gruppo romano del SAE, avrà luogo
una giornata comunitaria con una conferenza di Giovanni Cereti sulla recente " Conferenza mondiale religioni
per la pace > svoltasi a Melbourne.
Seguirà una riflessione circa l'assemblea di Basilea su pace e giustizia
Introdotta da Bruno Gabrielli ed Efrem
Tresoldi.
TORINO — Sabato 4 febbraio, alle
ore 16 presso la sala valdese di via
Pio V, 15, nel quadro del tema generale sulle diverse concezioni dell'ecumenismo, parlerà padre Giorgio Vasllescu, della Chiesa ortodossa romena, sul tema • La concezione della
Chiesa e deH'ecumenismo nella Chiesa
ortodossa ». Organizza il SAE.
ARCAVACATA DI RENDE (Cs) —
Nell'ambito di un seminario di studi
organizzato dal Centro di studi Giusep
TORINO — Mercoledì 15 febbraio,
alle ore 20.30 presso la sala valdese
di via Pio V, 15, il prof. CJaniele Garrone parlerà sul tema: • Il Cantico dei
Cantici, la storia delle sue interpretazioni ». Organizza l'Amicizia ebraicocristiana.
L’attualità della domanda: « La gente chi dice che io sia? » - L’uso
di un’allegoria per esprimere le linee base della proposta cristiana
Chi scrive su temi di fede, teologici, si trova ogni volta di fronte ad una scelta, mi pare di capire. Trattare la materia volando alto, utilizzando categorie
concettuali e un linguaggio per
iniziati. O planare ad un livello
di facile comprensione, appiattendo la rifiessione su argomenti che, per loro natura, sono problematici. Nell’un caso e nell’altro — la misura di mezzo dev’essere difficile da trovare — si taglia fuori la fascia di lettori più
numerosa ed interessata: quanti
amano interrogarsi sulle ragioni
della loro fede o la ricercano.
Giorgio Girardet ha trovato la
misura giusta e ci dà con « Cristiani perché » (Claudiana, lire
7.500) una sintesi agile dei fondamenti della fede, dell’annuncio cristiano, tanto costruita con
metodo critico, stimolante, quanto di affascinante chiarezza esposi'tiva. Ha distillato in queste
106 pagine (le si può leggere in
due, tre serate e non è pregio
da poco per una esplorazione così nitida e ricca del cuore del
messaggio di Cristo) il meglio
della Sua sapienza di teologo,
della sua abilità di giornalista.
C’è una generale rinascita d’interesse per la religione, la fede,
nota Girardet nell’introduzione.
E’ vero. La fede fa notizia, anche spettacolo. C'è un papa giramondo, la TV ne veicola l’eco,
si ascolta l’opinione dei credenti,
è successo che un giornale economico (”Sole-24 Ore”) ha dato uno spazio di 4 puntate ad un documentato servizio sulle nuove
tendenze di fede. In questo gran
parlare, anche molti che credono di conoscere Cristo fanno confusione su di lui. Come e più
di sempre è attuale e provocatoria la domanda di Gesù agli apostoli; « La gente chi dice che
io sia? ».
Consapevole della necessità di
fare chiarezza in primo luogo su
questo interrogativo, non ponendoci il quale non possiamo dirci
cristiani, Girardet viene sviluppando il suo lucido, bellissimo
discorso, costruito guardando alla dottrina ed all’esperienza cristiana con ottica di protestante.
Ma così aperto, così coinvolgente nel proporre l’universalità del
piano di salvezza e di amore di
Dio verso l’uomo nella persona
di Cristo, da essere godibile e
fruttuoso per chiunque viva un
cammino di fede. E l’intendimento dichiarato del libro è di essere utile a chi consapevolmente abbia iniziato questo cammino.
Il libro si apre con una splendida allegoria, un racconto di taglio « cinematografico ». Un popolo è in marcia verso la terra
promessa, a un tratto la strada
è impedita da un abisso invalicabile. Non è possibile all’uomo
superare l’abisso che lo separa
da Dio. C’è un solo ponte ed è
Cristo. Senza la fede in Cristo,
non c’è Dio per l'uomo e non
c’è salvezza, anche in terra non
c’è armonia di convivenza. E’
questo il centro dell’evangelo, le
linee essenziali della proposta
ARREDAMENTI
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GIUSEPPE GRIVA
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(di fronte Caserma Alpini « Berardi »)
cristiana partono da qui. La Parola di Dio si è rivolta ai suoi
figli che lo hanno tradito e che
pure egli ama. La Bibbia è il
libro che testimonia la presenza
attiva di Dio, il dialogo con gli
uomini.
In Cristo crocifisso e risorto,
Dio ci ha teso la mano, offerto
salvezza, possibilità di vivere nella fede, nonostante la fragilità
e perversità della nostra natura
umana, una vita nuova.
Si è detto dei credenti che sono « desideranti »: gente che si
consola di un oggi ingrato vagheggiando beatitudine futura.
Non senza ragione, visto come
spesso è stato travisato, nella
predicazione e nella vita, l’evan-^
gelo.
Girardet rimette a fuoco la vera portata dell’« essere cristiani ». Tre comandamenti, sottolinea, vengono posti a base della
nuova nascita in Cristo. Libertà.
Responsabilità. Amore.
L’apostolo Paolo sistema strutturalmente la proposta evangelica nei suoi contatti personali
ed epistolari con le prime comunità cristiane. Lutero, reinterpretando, con la Riforma, questa
proposta dirà che « il cristiano
è un libero signore non sottoposto a nessuno che si fa servo di
tutti ».
In alcuni momenti forti della
storia questi valori evangelici di
libertà, di servizio solidale sono
entrati nelle tavole dei valori
collettivi. Ed hanno dato frutti.
E’ ricercando, impegnandosi
con gli altri nella fede, conclude Girardet, che si può passare
da un cristianesimo di tradizione ad un cristianesimo di vita.
Merita leggere questo suo piccolo libro, tenerlo a vista in casa, riprenderlo in mano ogni tanto.
N. Sergio Turtulici
PROTESTANTESIMO
IN TV
DOMENICA 5 FEBBRAIO
ore 23.30 circa - RAI 2
La recente lettera inviata
dal ministro della sanità,
sen. Donat Cattin, a tutti gli
italiani, apre questo numero.
Segue un servizio filmato
sulla comunità di Pozzuoli
che inaugura i nuovi locali.
Conclude l’angolo della cultura, con una intervista ad
Helmut Gollwitzer.
SONDRIO
Questione armena
Relazione di padre Zekiyan, docente di lingua
e letteratura armena all’università di Venezia
In sede politica la « questione
armena » trova pochi simpatizzanti perché la Turchia è considerata un membro importante
del Patto Atlantico, da non disturbare. Invece la recente sventura del terremoto ha fatto emergere la profonda solidarietà popolare, specialmente in Italia. Come mai? L’oratore ne ha cercato
la ragione nella storia del popolo
armeno, che trae origine da epoca molto remota.
Da quasi tre millenni in Anatolia, primo popolo a riconoscere
nell'era cristiana la nuova religione come culto di stato (la conversione generale risale all’inizio
del IV secolo), dopo aver costituito una chiesa autocefala, precalcedonita, sa resistere alla pressione bizantino-ortodossa e respinge
con le armi il tentativo dei Sassanidi persiani di imporre il mazdeismo. La « questione armena »
nasce nel medioevo, quando dilaga il potere turco. Dopo la rinascita culturale del ’700 (il centro
veneziano di S. Lazzaro dà il contributo maggiore), nel secolo
scorso anche gli Armeni partecipano al moto europeo e mondiale dell’indipendenza nazionale (il
nostro Risorgimento è per loro
Un modello) ma, diversamente
dai popoli balcanici, non riescono
ad emanciparsi dal potere ottomano perché la loro secolare
distinzione dalla chiesa ortodossa li pone fuori della protezione
russa.
Il grande trauma, di cui portano ancora le conseguenze, fu costituito dallo spaventoso genocidio inflitto dai Turchi, aH’inizio
della guerra mondiale, durante
la deportazione di massa verso la
Siria e la Mesopotamia, Di qui
una caratteristica in comune con
gli Ebrei: l'incubo della sopravvivenza, intesa non solo in senso
fisico, ma anche nel senso della
propria identità culturale. Oltre
ad essere un paradigma della capacità di sopravvivere, gli Armeni
si caratterizzano nella società
odierna per altri valori molto attuali: l’ecumenismo, ad esempio,
che seppero anticipare già nel
medioevo (.sec. XII), quando dialogarono da pari a pari con le
due più rilevanti realtà ecclesiali,
l’ortodossa e la cattolica. Un altro elemento molto positivo è
sempre stato quello di saper conciliare i poli opposti dell’attaccamento alla tradizione e dell’apertura verso il nuovo (lo si nota
anche nella vicenda linguistica).
Bianca Declich Ceresara
aSV ( MASTRO GEPPETTO presentano:
IL NUOVO GIOCO
DI CARTE E QUIZ
PER BAMBINI, PER
DIVERTIRSI IN FAMIGLIA
PER VIVERE
LA MONDIALITÀ’
NELLA SCUOLA
Per «qmi o nhXTT*aoni MASTHO GEPPETTO »>• Botogru 1M • 101M Torino »011 /»ISCI
aSV-CaoCliiwi121/(' 101» Torino «011/MU07
5
r
vita delle chiese
3 febbraio 1989
1« DISTRETTO
CRONACA DELLE CHIESE DELLE VALLI
Quale cultura
alle valli valdesi?
Il panorama delle valli Pellice, Chisone e Germanasca - Chiesa e richieste di cultura - La ricerca di una consapevolezza dell’identità
« La chiesa può contribuire allo sviluppo delle basi culturali
del territorio (in questo caso le
valli valdesi), ma ha anche bisogno di determinate condizioni,
sempre in materia di cultura ».
Questa era una delle premesse
con cui il presidente della CED
ha introdotto il convegno su
« Cultura alle valli, tra progresso e salvaguardia », tenutosi domenica 29 a Torre Pellice.
Esso si collocava idealmente
a complemento di quello organizzato, sulle medesime tematiche, un anno fa, ma quest’anno
l’approccio era legato, almeno
parzialmente, al rapporto tra
pubblica istituzione, cultura e
chiesa. Non a caso l’esperienza
di due amministratori (Piercarlo bongo, presidente e responsabile del settore cultura per la
Comunità Montana Val Pellice,
e Erminio Ribet, assessore alla
cultura .per la Comunità delle
Valli Chisone e Germanasca), che
sono valdesi, ha consentito di
mettere a fuoco la questione.
Le valli non si presentano con
gli stessi problemi e non vi rispondono in maniera molto simile: Ribet ha infatti esposto
quella che è principalmente una
attività di coordinamento e di
valorizzazione di tutte quelle iniziative che, da tempo più o meno lungo, concorrono al « produrre cultura », siano esse scuole, archivi, musei, associazioni.
La vai Pellice, forse anche per
ragioni stiritturali e di assetto
territoriale, è stata raffigurata
come sede di iniziative locali nel
quadro di un più ampio dibattit.o sulla funzione degli enti lo
cali in materia di cultura. Ma
un elemento è riaffiorato come
costante e comune alle due espo
rienze, così diverse benché fisicamente vicine: ed è la necessità di unire il discorso sulla cultura alle esigenze occupazionali,
decisamente prive di grandi prospettive. In questa linea, come
risulta anche da indagini e prese di posizione degli enti pubblici di altri livelli, è oggi indispensabile che le strutture scolastiche prevedano la possibilità di preparare tecnici specializzati, che facciano fronte alle richieste del mercato del lavoro,
più che mai in rapida evoluzione. A questo proposito è stato
detto inoltre che per preparazione culturale si intenda qualcosa
che vada anche oltre la preparazione umanistica.
Bruna Peyrot ha poi ripercorso i caratteri che la cultura aveva alle valli nel passato, con particolare riferimento all'800. Allora era pressoché impossibile disgiungere il discorso della cul■ tura dalla creazione e dalla consapevolezza di un’identità; non
che questi due concetti fossero
sempre inquadrati in visioni unitarie (anzi, è forse oggi che,
sbagliando, appiattiamo la visione di climi del passato: in realtà una questione come quella
delTutilizzo del francese o dell’italiano fece discutere appassionatamente e non era un fatto
scontato). Ma era senz’altro più
agevole, su alcune questioni, individuare una linea di demarcazione aH’intemo della quale era
naturale collocarsi.
Allora come oggi rientrava ne
Incontri per l’unità
TORINO — Come tutti gli anni ormai da un po’ di tempo,
in questo periodo dell’anno, nel
quadro della settimana di preghiera per l’unità dei cristiani,
gli incontri si succedono agli incontri.
Segnaliamo, tra quelli già effettuati, due riunioni a Settimo
Torinese su « Ecumenismo e
pace ». Il primo con Eugenio
Rivoir e il secondo con Roberto
Granchi e Alvise Alba.
Ricordiamo anche due tavole
rotonde,, nella sala Don Bosco
di C.SC Regina Margherita, una
sul laicato nelle varie confessioni cristiane, con Nella Righetti
e Aldo Ribet da parte evangelica,
e una sulla donna nelle varie
confessioni, con la presenza valdese di Anna D’Ursi.
Segnaliamo inoltre un incontro al Duomo di Torino sul processo conciliare per « giustizia,
pace, salvaguardia del creato »,
con Eugenio Rivoir.
Manifestazioni
ecumeniche
CATANIA — Oltre 300 persone si sono riunite mercoledì 18
gennaio, nella chiesa della Collegiata, per un culto ecumenico
cui hanno aderito cinque parrocchie cattoliche, la Chiesa avventista del settimo giorno, l’Esercizio della Salvezza, le Chiese
battista e valdese. La liturgia si
è svolta all’insegna del tema
« Giustizia, pace, salvaguardia
della creazione », e cioè il tema
che continua ad accompagnare
alcune riflessioni del collettivo
ecumenico, che si è costituito
quest’anno e che si incontra ogni
mese.
Era presente anche il vescovo
di Catania, monsignor Bommarito, che ha tenuto l’omelia insieme al past. Ermanno Genre.
Un secondo incontro ecumenico ha ancora avuto luogo sabato
21 ad Acireale, anche qui con
la presenza del vescovo locale.
Tra le attività previste vi è anche la partecipazione del pastore al seminario teologico cattolico.
No alla fiera
delle armi
GENOVA-SESTRI — Genova
si prepara ancora una volta a
esprimere il proprio dissenso su
una presenza militare che ormai
da anni segna la nostra primavera: la mostra navale bellica,
dopo la sospensione dello scorso anno, avrà luogo a metà maggio. Proprio a causa di quella
sospensione non siamo mai stati
così vicini ad una sua soppressione. Perciò i diversi gruppi
(tra cui vi sono la EGEI e alcune chiese di Genova che si propongono di bloccare la mostra)
stanno preparando con più forza le manifestazioni popolari
contro quel commercio di morte
che viene affettuato nel segreto
Obiettore oggi
gli intenti del ^uppo dirigente
valdese quello di fornire un’adeguata istruzione alla sua gente;
allora come oggi, a fianco del
discorso culturale si aveva ben
presente la gravosità dell’aspetto economico, e in questo quadro si situano le Società di utilità pubblica che operarono attivamente in quegli anni.
Oggi, certo, è tutto più difficile, i contorni sfumano e le caratteristiche costitutive delle
identità sono meno rigide; al riferimento della famiglia valdese
si va sostituendo un rapporto
con la quotidianità dei singoli.
E’ forse attraverso questa strada, ma anche nell’incontro con
gli altri, con le realtà esterne,
con lo straniero e anche, al limite, con la crudezza dei problemi sociali, che si gioca il nostro modo di vivere e scoprire
un’identità.
Tutte queste esigenze sono state ribadite nei numerosi e densi
interventi che hanno caratterizzato il dibattito: si è parlato della progressiva scomi>arsa di quelle persone che per conoscenza
diretta possono « tramandare »
un certo patrimonio culturale,
dell’esigenza di non lasciar dispierdere questa ricchezza; ma_ si
è parlato anche della necessità
di non caratterizzare una zona
geografica di grande interesse
storico come una sorta di « riserva », da visitare e studiare
con curiosità.
La giornata, negli intenti della CED, voleva essere una tappa, la riflessione non può che
continuare.
Alberto Corsanl
CORRISPONDENZE
SAN GERMANO — Le riunioni quartierali di questo periodo sono caratterizzate dalla presenza di Daniele Griot, della
comunità di Pinerolo, che presta il servizio civile presso l’Asilo. L’aittenzione con cui i numerosi ascoltatori hanno seguito l’esposizione di Daniele (il
quale, oltre ad avere illustrato
i motivi del suo rifiuto al servizio militare, ha pure parlato
delle esperienze da lui fatte lavorando in mezzo a xwrsone anziane ed inferme) nei quartieri
dei Balmas, Costabella, Porte,
Chiabrandi, sta a dimostrare
che l’argomento ha suscitato vivo interesse in ognuno. Speriamo' che quanto è stato udito non
rimanga lettera morta, ma conduca ad una seria e profonda
riflessione nell’ambito delle famiglie e soprattutto fra i giovani,
portando abbondanti frutti.
Nuovo anziano
ANGROGNA — Oltre cinquanta elettori hanno nominato nel
corso dell’assemblea di domenica
scorsa il nuovo anziano del
Prassuit-Vernè, Vilma Monnet,
e riconfermati, per un successivo quinquennio, gli anziani:
Armando Bertalot, Marina Bertöt, Remo Gaydou, Eldina Long,
Bruno Rivoira. La comunità ha
espresso la propria riconoscenza a Ernesto Malan, àa, alcuni
anni anziano del Prassuit-Verné,
che ha lasciato rincarico per motivi dì salute e ad Adriano Chauvie anziano degli Odin-Bertot e
del Capoluogo che, per motivi
di lavoro, lascia il proprio incarico. Dopo avere approvato le
relazioni finanziarie della comunità e quelle della « Ca d’ia pais »
e della Foresteria « La Rocciaglia » l’assemblea ha deciso, non
senza perplessità, di procedere
prossimamente ai lavori di rifacimento del tetto della storica « Maison du Régent » al Capoluogo.
• A Pradeltorno, sabato 4,
alle 20, nella scuoletta, il pastore Platone presenterà, attraverso una serie di diapositve, la
propria recente esperienza pastorale in Nord America.
trale: anche la contribuzione è
un impegno del credente.
• Il 17 febbraio ci sarà il culto con S. Cena; il pranzo comunitario si terrà quest’anno presso il ristorante « Gran Truc » al
■prezzo di L. 18.000.
• La filodrammatica sta preparando un dramma: «Sangue
Valdese », che presenterà il 17
e il 18 febbraio alle ore 20,30,
nella sala delle attività a Ruata.
Auguri!
delle mura della Fiera del mare. Per prepararsi e per riflettere insieme in modo un po’ diverso il 26 febbraio, dopo un
culto sulla pace, nella chiesa
metodista di Sestri, giocheremo
con la FGEI a una simulazione
sul commercio d’armi.
Non andiamo
alla messa
VENEZIA — La chiesa valdese, che non va a messa e non
prega i santi, precisa che non ha
partecipato alla messa ecumenica celebrata il 6 dicembre in
onore di S. Nicola a Venezia,
contrariamente a quanto affermato dal giornale locale, il Gazzettino.
Provvede a questa smentita
che i cattolici, autori della falsa
segnalazione, sebbene invitati a
farlo, non hanno sino ad ora voluto doverosamente e cortesemente dare, né sul giornale locale, né sul loro settimanale.
Gente veneta.
Si segnala inoltre che, alla
preghiera ecumenica di venerdi
20 gennaio nella Basilica di S.
Marco, il valdese Guido Colonna Romano era presente a titolo personale, e non come anziano della chiesa, non avendo avuto mandato di rappresentanza
dal Consiglio di chiesa ed essendo per altro anziano di chiesa la dott.ssa Lidia Casonato Busetto.
Lutti
VILLAR PELLICE — Presso la
casa per anziani Pro Senectute
di Luserna è deceduto il fratello Giuseppe Berton di 73 anni;
è inoltre mancato il fratello
Enrico Michelln Salomon di 81
anni; ai familiari in lutto riiinoviamo l’espressione della cristiana simpatia della chiesa.
Assemblea di chiesa
VILLAR PEROSA — Domenica 5 febbraio, alle ore 10, al
Convitto, avrà luogo un’assemblea di chiesa per esaminare le
proposte per il nuovo pastore
e la relazione finanziaria.
• L’Unione femminile si riunirà domenica 5 febbraio, alle
ore 14.30, a Chenevières e mercoledì 8 febbraio, ore 14.30, al
convitto.
•" Le prossime riunioni quartieraii avranno luogo il 9 febbraio al municipio (fam. Bertin);
il 14 febbraio a Fleccia (fam.
Ghigo).
Bilancio ’89
PRAMOLLO — Domenica 29
gennaio si è tenuta un’assemblea
di chiesa per esaminare la relazione annua 1988; è stato pure
approvato il bilancio preventivo per l’anno ’89. E’ stato ancora una volta sottolineato il fatto
che è molto importante che tutti
contribuiscano, secondo le proprie possibilità, generosamente,
perché sia possibile assolvere
l’impegno preso con la cassa cen
POMARETTO — Auguri al piccolo Matteo che è venuto a recare gioia al fratellino e ai genitori Giorgio Lageard e Livia
Peyrot.
XVII febbraio
SAN SECONDO — In occasione del XVII febbraio anche quest’anno viene organizzato un
pranzo comunitario che sarà
servito nella sala d^le attività
alle ore 12.30. Occorre prenotarsi entro il 12 febbraio presso gli
anziani o presso il pastore.
Il prezzo è fissato in L. 17.000
e 14.000 per i bimbi al di sotto
dei 10 anni.
• Ringraziamo le sorelle Peggy Bertolino, Rosanna Paschetto
e Mirella Rivoiro per aver presieduto il culto di domenica 22
gennaio.
• Il Signore ha chiamato a
sé Emma Fornerone ved. Griglio; ai familiari esprimiamo
ancora la nostra simpatia cristiana.
TORRE PELICE — L’agape
del 17 febbraio avrà come al solito luogo alla Foresteria alle
ore 12; i biglietti saranno posti
in vendita presso il negozio di
Pellegrin in piazza Libertà, a
partire dal 7 febbraio.
Giustizia, pace...
Si è costituito in vai Germanasca un gruppo di lavoro su
« Giustizia, i>ace e salvaguardia
del creato ».
Quanti sono interessati sono
invitati a un incontro che avrà
luogo il giorno 8 febbraio alle
ore 20.30, a Perrero, nei locali
della chiesa valdese.
Si esaminerà il documento preparatorio aU’incontro ecumenico europeo di Basilea « Pace
nella giustizia », organizzato per
la settimana di Pentecoste (maggio ’89).
Parteciperanno i delegati della chiesa valdese a Basilea, Ada
PoSt Tron e Sergio Ribet.
Sabato 4 febbraio
□ MONITORI 1° CIRCUITO
TORRE PELLICE — Alle ore 16.30 I
monitori del r circuito incontrano il
pastore Claudio Pasquet per valutare
i programmi del SIE; l’incontro si
svolge presso la casa unionista.
Domenica 12 febbraio
□ GIORNATA
DEI COMITATI
PINEROLO — Presso i locali della
chiesa valdese di via dei Mille si
svolge la giornata dei comitati, organizzata dal dipartimento diaconale del
l» Distretto secondo un programma
che prevede il culto con la comunità
ospitante alle ore 10, il pranzo alle
ore 12.30 con il primo piatto offerto
dalla comunità di Pinerolo, l'inizio del
lavori alle ore 14 con un intervento del
pastore Paolo Ribet che introduce il
tema • Predicazione e diaconia •>.
Per motivi organizzativi si prega di
voler comunicare la partecipazione al
pranzo entro il 3 febbraio ad Anita
Tron (tei. 932422).
6
prospettive bibliche
Nella nostra vita comunitaria, il culto è forse
il momento più alto, di certo quello nel quale i
credenti si raccolgono più numerosi: ma come lo
viviamo, questo momento?
Siamo ben lungi dallo svilupparne tutte le potenzialità. Succedendo a molte e molti altri, abbiamo attualmente l'incarico di riflettere sul culto, di lavorarci, di offrire un modesto aiuto, qualche indicazione, del materiale.
Le chiese ricevono periodicamente — ora, un
paio di volte l’anno — un gruppo di « schede »
liturgiche, per una serie di domeniche; l’intento
è di giungere a coprire tutto l’anno. L’ultimo grup
po, giunto in dicembre, riguardava il « periodo
dell’Epifania », da Capodanno alla 6* domenica
dopo l’Epifania.
Da noi la festa dell’Epifania non è più celebrata, al massimo lo è nella domenica dopo Capodanno, senza una particolare sottolineatura. Nelle chiese riformate e luterane di Francia e di Germania e altrove essa mantiene almeno in parte il
suo .significato. Del resto, la festa dell’Epifania
è più antica di quella del Natale, istituita soltanto nel 354 per sostituire la festa pagana del Sole.
Epifania significa: manifestazione. Si dovrebbe
ricordare, come minimo, che questa festa esplicita il significato del Natale: il Salvatore è venuto non per restare nascosto, ma per essere rivelato a tutti i popoli (questo è anche il significato
del racconto dei magi); non a caso in questo periodo si celebrava la « domenica della missione »
e si celebra oggi la « domenica della CEVAA ».
Nelle domeniche che seguono l’Epifania i salmi di introito hanno un carattere esultante e celebrano la signoria di Dio sul creato e sull’umanità; le letture bibliche, analogamente, parlano
della signoria di Gesù Cristo: un’indicazione generale, ma può essere di orientamento alla predicazione.
Di solito, il nostro lavoro va nel silenzio; talvolta qualcuno ci fa sapere che lo usa, lo apprezza, almeno in parte, ma quasi mai ci viene dato
un parere ragionato, quasi mai ci viene inviata
una critica argomentata, o fatta qualche proposta
concreta, o offerto qualche contributo.
Avendo ricevuto dal pastore e professore Paolo Ricca tutto questo, vorremmo diffondere largamente le sue osservazioni e proposte: pubblichiamo, grati, il suo contributo, con qualche esempio!proposta di preghiera che ci ha inviato,
dopo averle sperimentate in culti presso comunità romane. Pensiamo e speriamo che susciteranno altri interventi e contributi, arricchendo il
nostro modesto lavoro, e — più importante —,
il culto di noi tutti: poiché è e dev’essere davvero il culto che noi tutti membri della chiesa rendiamo a Dio.
La commissione
per il culto e la liturgia
Per un culto più
Alcune osservazioni sulle proposte della Commissione per la liturgia - liessior
gimento della comunità tramite la preghiera - Occorre che le chiese siainolate
Ho appena ricevuto il
grosso plico di testi liturgici datati ottobre ’88. Desidero anzitutto ringraziare la
Commissione per il suo lavoro: il rinnovamento del
culto è, a mio avviso (credo
peraltro sempre più condiviso), una delle priorità assolute che ci dobbiamo dare
per l’edificazione della chiesa e quindi per la sua testimonianza. Un culto vivo non
solo esprime la vivacità spirituale della chiesa, ma la
promuove. Scrivo per fare
un paio di osservazioni e
proposte, noji come esperto
in liturgia (che non sono —
ahimè!), ma come semplice
membro di chiesa.
Confessione di fede:
sèmpre, e varia
Preghiera:
coinvolgere
la comunità
1. Noto con piacere che si
menziona esplicitamente la
confessione di fede, ma: (1)
la menzione è tra parentesi;
(2) è suggerita, in alternativa, la lettura di un Salmo.
Osservo:
(2) La proposta di leggere un Salmo in alternativa
al ’’credo” non ha molto senso: si tratta di generi letterari (per così dire) diversi.
2. Noto con piacere la modernità del linguaggio delle
preghiere. Ma il capitolo
« Intercessione » contiene l’espressione infelice « Eventuali preghiere spontanee ».
Infelice per due motivi:
(1) « Eventuali » deve cadere. Le preghiere della co
munità non possono mancare. Lo dice anche l’apostolo
Paolo. Non si può dare l’impressione che questa preghiera sia « eventuale ». Non si
può avallare la «eventualità»
della preghiera. (2) « Spontanee » è infelicissimo e va
al più presto abrogato. Nessuna preghiera è « spontanea »: non sappiamo neppure dire « Padre, Abbà »
se lo Spirito non soffia. Non
solo, ma la preghiera non
(1) La parentesi deve cadere. La confessione di fede
mi pare un momento importante del culto pubblico. Non
dovrebbe mai mancare. E’
anche un momento ecumenico fondamentale (insieme al
Padre nostro e al patrimonio innologico). C’è una straordinaria ricchezza di confessioni di fede, che proprio
nel culto dev’essere valorizzata e condivisa. Tali confessioni devono essere pronunciate da tutta la comunità: sono atti corali. Non dovrebbero mancare i credi
antichi, ma ce ne sono molti
moderni, anche assai belli.
Preghiera di invocazione
Pastore
Comunità
Grande sei, o Signore,
degno di somma lode.
L’uomo, particella della tua
creazione, vuol cantare le tue
lodi.
grande è la tua potenza,
senza limiti la tua sapienza.
Tu lo sproni, affinché gusti
la gioia del lodarti
Perché ci hai creati per te
Ma chi ti invoca se prima
non ti conosce?
« Loderanno il Signore
coloro che lo cercano »
(Sai. 22: 27).
Signore, io ti cercherò
invocandoti,
e t’invocherò credendo in te.
Te chiama la fede che mi desti,
e il nostro cuore è inquieto
finché non riposi in te.
O non piuttosto ti si invoca
per conoscerti?
Cercandolo, infatti,
lo troveranno
e trovatolo lo loderanno...
poiché tu ti sei fatto
conoscere.
la fede che mi ispirasti
per mezzo del tuo Figlio
incarnato.
O mio Dio, chi sei tu dunque?
Chi sei, me lo domando,
se non il Signore Iddio?
Infatti ’’chi è Signore tranne il
Signore; chi è Dio tranne Dio?”
(Salmo 18; 32).
* DaH’inizio delle Confessioni di S. Agostino.
Pastore
Comunità
Guarda
Guarda
Guarda
Guarda
Guarda
Guarda
Guarda
Guarda
Guarda
i nostri errori. Signore...
i nostri sbandamenti. Signore.,
la nostra morte. Signore...
la nostra fragilità. Signore...
la nostra stoltezza. Signore...
il nostro peccato, Signore...
la nostra angoscia. Signore...
la nostra fame. Signore...
la nostra sete. Signore...
Guarda il nostro orgoglio. Signore...
Guarda le nostre tenebre. Signore...
Guarda la nostra notte. Signore...
Signore Gesù, il cui nome significa
« Salvatore », noi ti imploriamo...
Sii la nostra Verità
Sii la nostra Via
Sii la nostra Vita
Sii la nostra Forza
Sii la nostra Sapienza
Sii il nostro Perdono
Sii la nostra Pace
Sii il nostro Pane
Sii la nostra Fede [oppure Sorgente d’acqua viva]
Sii la nostra Umiltà
Sii la nostra Luce
Sii la nostra Stella
Per ciascuno di noi il
Tuo Nome diventi vero.
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Da una liturgia asiatica.
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7
prospettive bibliche
COMMISSIONE PER LA LITURGIA
più comunitario
a - ijifessioni di fede come patrimonio ecumenico e atto corale - Per un coinvoli siajinolate a creare, secondo l’inventiva della fede, nuove azioni simboliche
Preghiera detta e cantata dopo
la lettura della Parola di Dio
Pastore Comunità
Signore, la tua Parola è come una lampada, una lampada accesa nella notte. La notte, ora, è più chiara. E’ possibile camminare. « Per la tua luce noi vediamo la luce » (Salmo 36). Innario cristiano. Inno 2, strofa 1 « Lampada al nostro piede... »
Signore, la tua Parola è come l’acqua, che in una terra arida e bruciata fa germogliare la piccola pianta della fede. Ricevendo la tua Parola è possibile credere. Inno 2, strofa 2 « Dolce ristoro all’alma... »
Signore, la tua Parola è come il pane. Semplice, quotidiano, essenziale. Cibo dell’anima, cibo della vita. Con la tua Parola è possibile vivere. Inno 2, strofa 3 « E’ il pane della vita... »
Signore, la tua Parola è come il fuoco. Rischiara senza accecare. Riscalda senza bruciare. Infiamma senza consumare. Con la tua Parola è possibile amare. Inno 2, strofa 4 « Padre, ti suppliehiamo che nella tua Parola... »
* In buona parte ricalcata o ripresa da A. Dumas, Cent prières possibìes.
deve essere « spontanea »,
dev’essere preparata, non è
una chiacchierata estemporanea, è il frutto di un lungo raccoglimento davanti a
Dio. Dunque: durante la settimana ci si pensa, si medita, ci si raccoglie {incaricando a turno membri della comunità) e poi si porta tutta
questa preghiera alla chiesa
che, coralmente, la offre a
Dio.
S’intende: va lasciato spazio allo Spirito, quindi anche
alla preghiera che lo Spirito
suscita fuori e al di là di
quanto abbiamo predisposto, nell’immediatezza della
sua azione durante il culto.
Ma la trama della preghiera
d’intercessione non può essere « spontanea », cioè improvvisata. Proporrei quindi di sostituire la frase « Eventuali preghiere spontanee » con: « Preghiere della
comunità », invitando però i pastori a far sì che questo momento-chiave del culto sia, come ho detto, preparato, quindi anche (relativamente) misurato nei tempi, evitando lungaggini e
sbrodolature che distruggono la concentrazione.
Cena: più frequente,
varia e ricca
3. Ho notato, ancora, che
nessuna proposta innovativa (stando alle liturgie che
ho sotto gli occhi) viene fatta per quanto concerne la
celebrazione della Cena, la
sua frequenza (che dovrebbe
essere domenicale), le sue
modalità (che dovrebbero
essere moltiplicate e adegua
te alla varietà delle testimonianze bibliche al riguardo).
A me pare che occorre infine giungere a questo traguardo, voluto — come tutti sanno — già da Calvino.
Importante è però che la integrazione della Cena nella
liturgia del normale culto
domenicale non sia un puro
aumento quantitativo, ma
vada di pari passo con la
scoperta di una varietà e ricchezza di forme di celebrazione. Occorre uscire dalla
porta stretta di I Corinzi 11
(conservando, s’intende, le
parole della « istituzione »)
e spaziare negli ampi orizzonti biblici (neo e veterotestamentari), costruendo di
volta in volta formulari liturgici ad hoc.
Sempre nel campo delle
azioni simboliche, occorre
abituare le chiese a crearne
di proprie, secondo l’inventiva della fede, come fecero
i profeti dell’Antico Patto.
E’ un campo nuovo ma fecondo.
E i responsori?
Un culto più corale
4. Ho notato, infine, che
nessun posto è fatto a respcnsori, letture dialogate,
alternanze di brani letti e
cantati (ad esempio: una preghiera intercalata dalle diverse strofe di un inno),
insomma a tutto ciò che contribuisce a rendere corale e
partecipato, cioè veramente
comunitario, il culto. Mi
chiedo perché. Certo, non è
tradizionale, almeno da noi.
Ma basta come argomento!?
Direi proprio di no. Altri diranno: sa di cattolico! Ma
non è cosi: esiste in quasi
tutte le chiese, oltre che
nella stessa Sacra Scrittura!
E’ un modo generalmente
cristiano di vivere certi momenti liturgici. Non è pecu
liare del cattolicesimo. E’,
potremmo dire, autenticamente e genuinamente ecumenico. Del resto, persino
nella nostra liturgia ve n’è
qualche traccia: l’amen finale, di solito cantato dalla comunità dopo la benedizione.
Non si tratta dunque neppure di innovare del tutto, ma
di ampliare, articolare meglio, incrementare questa
forma di discorso corale che
si addice molto al culto cristiano. C’è una infinità di esempi. Quel che occorre è la
volontà e il coraggio di riformare, anche in queste piccole questioni, le nostre abitudini liturgico-cultuali.
Senso e valore
della benedizione
5. Ho accennato alle « benedizioni ». Può darsi che mi
sbagli, ma la benedizione,
qui, non riguarda la lode e
benedizione di Dio, ma la benedizione che Dio dà al suo
popolo. In questo senso le
benedizioni proposte sono
sovente incongruenti. La
« benedizione » di Dio (di
cui Dio è oggetto da parte
della comunità) ha natural
mente il suo posto centrale
nel culto, ma all’inizio più
che alla fine. Alla fine è Dio
che benedice la chiesa. Bisognerebbe rivederle sotto
questo profilo. Un paio poi
(ad esempio quella per la 2“
domenica dopo Natale) sono
del tutto fuori luogo, nel senso che non parlano di benedizione (né verso Dio, né verso la comunità).
La benedizione, lo sapete
meglio di me, è nella tradizione biblica un fatto molto
importante e deve trattarsi
di Dio che benedice la comunità. Questo aspetto dev'essere a mio avviso molto evidente, come evidente (meglio
se ripetuta) dev'essere la risposta della comunità. Ad
esempio, pastore: « Iddio ti
benedica e ti guardi ». Comunità: Amen! (insieme).
Pastore: « Faccia risplendere il suo volto su di te ». Comunità: Amen! (insieme).
Pastore; « Volga verso di te
il suo volto e ti sia propizio ». Comunità: Amen!
Amen! (insieme).
E con tutti questi amen!
vedo che è ora di concludere.
Paolo Ricca
Preghiera di intercessione
Comunità; C’è chi piange. Signor: sta’ con noi! {ter)
Signore, sta’ con noi!
Pastore: C’è chi piange, Signore, in qualche luogo
questo ’’qualcuno” sono milioni
”in qualche luogo” è in molti luoghi
— lacrime di dolore, sconfitta, disperazione
— lacrime di gioia, forza, liberazione
asciuga le nostre lacrime. Signore.
Comunità: C’è chi muore. Signor: stà con noi {ter)
Signore, sta’ con noi!
Pastore: C’è chi muore. Signore, in qualche luogo
— di fame o per eccesso di cibo
— da solo o in compagnia
— a vent’anni o a ottanta
— sperando in te o disperando di te
visita la nostra morte. Signore della vita.
Comunità: C’è chi grida, Signor; sta’ con noi {ter)
Signore, sta’ con noi!
Pastore: C’è chi grida. Signore, in qualche luogo
forse molto vicino, forse in mezzo a noi
qualcuno sta gridando nella notte:
« Quando verrà l’aurora? Quando spunterà l’aurora?
Quando apparirà il Liberatore? ».
Ascolta il nostro grido. Signore.
Comunità: C’è chi prega, Signor: sta’ con noi! {ter)
Signore, sta’ con noi!
Pastore: C’è chi prega. Signore, in qualche luogo
con lacrime e con forza
sperando contro speranza
in mille modi, in mille luoghi
con parole e silenzi
col cuore e con le labbra
noi stiamo pregando. Signore, in questo luogo.
Esaudisci la nostra preghiera.
Comunità: C’è chi prega, Signor: sta’ con noi! {ter)
Signore, sta’ con noi!
8
8
ecumenismo
3 febbraio 1989
UNITA’ DEI CRISTIANI OGGI - 2: INTERVISTA A GHEORGHE VASILESCU
Per la libertà dello Spirito
Nel 1054 la storica spaccatura fra Roma e Costantinopoli - Le questioni che dividono gli ortodossi dai cattolici
e dai protestanti - All’indomani della Riforma un episodio di solidarietà che testimonia della comune fede cristiana
Tra le lacune, per non dire le colpe, dell’Occidente cristiano, v’è anche l’ignoranza
relativa alle chiese cristiane d’Oriente.
Nel 1054 avvenne il grande scisma. Non è
il caso ora di indagare sulle responsabilità;
in questo momento preme solo sottolineare
che, da allora e fino a questo secolo, è stato
impossibile avere un rapporto corretto. La
chiesa latina d’Occidente non ha mancato di
far sentire le sue pretese su quelle d’Oriente,
praticamente fino agli ultimi decenni.
Nel XVI secolo le chiese ortodosse mostrarono un grande interesse per la Riforma
protestante, dalla quale mediarono in parti
colare un rinnovato interesse per la Scrittura, che cominciò ad essere tradotta nelle
lingue nazionali.
Ma bisognerà attendere questo secolo per
cominciare a costruire un dialogo organico
con le chiese d’Oriente, nell’ambito del Consiglio ecumenico delle chiese (CEC) e in
quello della Conferenza delle chiese europee
(KEK).
Il mondo ortodosso è quanto mai ampio.
In questa pagina diamo la parola ad un rappresentante della chiesa ortodossa di Romania, al lavoro in Italia.
Le figure ieratiche dei i>atriarchi e dei metropoliti, maestose
nei loro paramenti sacri, imponenti con le loro barbe fluenti,
figure di un mondo antico, sono riemerse in quest’ultimo anno dalle nebbie della storia per
apparire quali interlocutori del
mondo moderno, portatori di
una spiritualità alla quale anche
il nostro mondo occidentale non
è affatto insensibile.
Ortodossi lontani
e vicini
Ma chi sono gli ortodossi? I
frequentatori di route de Ferney,
a Ginevra, dove ha sede il Consiglio ecumenico delle chiese, li
incontrano quotidianamente. Dal
1961, infatti, l’arcipelago ortodosso, frammentato e nello stesso tempo unito, ampio quanto
un continente, fa parte del Consiglio ecumenico. L’esempio del
Patriarca di Costantinopoli, già
presente ad Amsterdam nel ’48,
è stato seguito dagli altri patriarcati, una volta compreso
che l’ingresso nel CEC non veniva a limitare la libertà di alcuno, ma al contrario poteva essere uno spazio di fraternità, per
compiere un cammino comune,
nel dialogo, nel rispetto reciproco, nella tensione verso l’unità
visibile della chiesa.
Ma gli ortodossi non sono lontani da noi: anche in Italia esistono loro comunità, sia pure in
numero ridotto, e con loro è
possibile avere contatti diretti.
Una di queste comunità è presente a Torino. Si riunisce in
via Cottolengo, al numero 26,
ogni domenica mattina alle 10.30.
Conduce la comunità Gheorghe
Vasilescu, 39 anni, un sacerdote
romeno, felicemente sposato ed
oggi padre di ben 4 figli. Per vivere fa l’operaio in una cartiera e contemporaneamente si occupa della comunità di Torino e
degli ortodossi sparsi in una vasta diaspora in Piemonte e in
Liguria. Un lavoro certamente
non facile.
Parlando con lui, la prima sensazione che si coglie è che non
si può pensare al mondo ortodosso senza fare i conti con la
storia; non solo la storia recente ma quella, almeno, dell’ultimo millennio. Non si può capire l’ortodossia se non si risale
all’epoca delle crociate e, prima
ancora, alla storica spaccatura,
con tanto di reciproca scomunica, tra Roma e Costantinopoli,
avvenuta nel 1054. A prescindere
da altre considerazioni, entrarono allora in conflitto due modi
diversi d’intendere la chiesa, perché due erano le spiritualità presenti nella cristianità; due erano le anime, profondamente diverse e, forse, inconciliabili tra
loro. La spiritualità occidentale,
erede del diritto romano e del
suo imperialismo; quella orientale, erede della mistica e della
contemplazione antica, tesa a
Spingere lo sguardo dell’anima
nel mistero e nella gloria della
Trinità, in ideale proseguimento dei simboli della chiesa dei
primi secoli, il niceno, il costantinopolitano e tanti altri. Simboli antichi, formule che tentano
di tradurre in linguaggio umano
l’indicibile e il meraviglioso: la
Parola fatta carne.
I punti di
divergenza
« Quattro sono i punti — spiega Vasilescu — che, allora come
oggi, dividono la chiesa cattolicoromana e quella ortodossa: anzitutto il primato papale, punto ecclesiologico che ha provocato la separazione di questi due
rami della cristianità. Da una
parte il centralismo ecclesiologico, dall'altra la collegialità, il
conciliarismo, ed un’insistenza
sulla chiesa locale. La chiesa,
per un ortodosso, è sempre data dall’insieme di clero e fedeli.
Mai gli uni senza gli altri p>ossono costituire la chiesa. Questo
significa che non c’è una spaccatura tra la gerarchia e il per
polo; e il sacerdote, che si chiama ’’padre”, non è distaccato dal
popolo, qualcosa d’altro, di superiore. E’ anzi col popolo, profondamente radicato in esso. E’
un’ecclesiologia che accoglie come valore fondamentale il sacerdozio universale. In questo contesto i Sinodi ecumenici non sono mai stati un’espressione di
autorità del clero, della gerarchia, della chiesa, diciamo ufficiale, ma piuttosto un momento vissuto nella pienezza della
chiesa.
Il secondo punto è quello del
Filioque. Se sul primo ci troviamo (protestanti ed ortodossi)
su posizioni vicine, per quanto
riguarda il secondo siamo in
contrasto anche con voi. I primi due Sinodi ecumenici (Nicea
e Costantinopoli) non parlano
del Filioque. Ma non è per amore della tradizione che ci atteniamo a questo punto. Vi sono
conseguenze serie sul piano dogmatico. L’ortodosso sottolinea
fortemente la "processione" dello Spirito dal Padre soltanto. I
padri della chiesa dicono che lo
Spirito procede dal Padre e "riposa” nel Figlio. Lo Spirito non
deriva dal Padre e dal Figlio (in
latino: Filioque), ma solo dal
Padre.
Un terzo punto è rappresentato dalla dottrina del purgatorio.
Questa non ha alcun fondamento biblico, né la chiesa ha alcuna giurisdizione nell’aldilà. La
chiesa punta piuttosto sul pentimento possibile fino all’ultimo
istante di vita, memore del ladrone sulla croce, al quale Gesti promette la vita nel regno.
Il quarto punto è costituito da
pratiche liturgiche non conformi
Gheorghe Vasilescu,
prete ortodosso romeno,
cura da 11 anni
la comunità ortodossa
di Torino
e della diaspora.
Ha compiuto studi
di teologia
in Romania
e poi a Milano presso il
seminario cattolico.
a quanto troviamo nel Nuovo
Testamento. Per esempio l'uso
nell’eucarestia del pane azzimo:
è una pratica giudaizzante. Nell’Evangelo di Giovanni si parla,
senza ombra di dubbio, di pane.
Oppure alcuni contestano l’uso
del battesimo solo per aspersione. "Bapfìzo" in greco significa
"immergo". Per questo noi immergiamo completamente il fanciullo nell’acqua, come partecipazione alla morte e alla resurrezione di Cristo, e come vestizione di Cristo. Mentre avviene
il battesimo la comunità canta,
girando intorno al Vangelo e alla croce: Quanti vi siete battezzati, vi siete rivestiti di Cristo... ».
I punti qui ricordati hanno un
valore c un p>eso diverso. Su alcuni possiamo avere delle convergenze, su altri delle divergenze. Alcuni sono sostanziali, altri
possono subire modifiche a seconda del contesto storico e culturale. Ma qual è la visione ecumenica delle chiese ortodosse?
L’unità delle chiese
« L’unità della chiesa — risponde Vasilescu — non è un hobby.
La divisione della chiesa non
giova a nessuno; è anzi una testimonianza negativa. La chiesa
ortodossa, pur essendo consapevole di vivere senza interruzione questo patrimonio di fede, è
sempre aperta al dialogo con le
altre confessioni cristiane. I rapporti con i protestanti sono facilitati dal fatto di non avere
una concezione ecclesiologica
centralizzata, di avere a che fare quindi con autorità che accumulano il potere in una sola
persona. Ne è prova l’adesione
al Consiglio ecumenico, espressione di volontà di avvicinamento. di apertura, di considerazio
Nelle chiese ortodosse
la comunità
dei fedeli
è un elemento
ecclesiologico primario.
Il papa?
Un patriarca
Per quanto riguarda la figura
del papa: non è altro che un patriarca. E’ riconosciuto primo
tra tutti i ve.scovi in ciò che riguarda l’onore, ma non ha nessuna prerogativa, nessun potere
giurisdizionale o canonico sulle
altre chiese. Non può trattare
le altre chiese come sue diocesi. Per noi vale la formula "vrimus inter pares" (cioè "primo
fra uguali"), dove l’accento cade su "uguali”, "pares”. Il papa
è sempre stato riconosciuto come primo fra i patriarchi. Nell’elenco che si faceva nei Sinodi ecumenici, il primo patriarca
nominato era quello di Roma,
poi veniva Costantinopoli, Antiochia, Alessandria, Gerusalemme
e così via. Il primato e l’infallibilità pajMle sono i due punti
che ci dividono dalla chiesa di
Roma. Per noi ortodossi dove
c’è il vescovo e il suo gregge, lì
c'è la chiesa. Pur essendoci tra
noi una grande comunione di fede e di disciplina, ogni chiesa
è libera di organizzarsi secondo
le esigenze, le possibilità locali
e le proprie tradizioni ».
Il sacerdozio
femminile
Parliamo un momento del sacerdozio femminile. Mi pare che
esso sia un problema per gli ortodossi.
« Mi sembra un problema che
nasce piuttosto nel vostro ambito. E’ un problema degli anglicani, che hanno ordinato delle
donne. Il sacerdozio è inteso da
noi come un’icona (cioè un’immagine) di Cristo. Tra Cristo e
la Chiesa c’è un’unione come tra
lo sposo e la sposa. Cristo essendo uomo, anche il sacerdozio
deve essere compiuto, rappresentato da un uomo ».
Ma non si rischia qui in questo caso di fare una confusione
tra uomo e maschio?
«Non mi sembra giustificati:
l’accusa di maschilismo lanciata
alla chiesa cattolica o a quella
ortodossa. Noi affermiamo il sacerdozio universale, in mezz.o a
questo nasce il sacerdozio ordinato. Il sacerdozio universale,
quello che appartiene a tutti :
battezzati in 'Cristo, viene chiamato nel Nuovo Testamento
"iereùs” e invece il sacerdozio
ordinato viene indicato nel Nuovo Testamento nei ministeri dei
"presbiteri" e degli "episcopi", o
vescovi. Il primo, il sacerdozio
universale, viene conferito nel
battesimo con l’unzione, o cresima, il secondo con l’imposizione
delle mani; un gesto non solo
d’invocazione allo Spirito, ma
anche un modo per creare come
un anello nella catena della successione apostolica ».
Ma non si può valutare il mondo ortodosso solo in base alle
somiglianze o alle divergenze col
nostro modo di vivere la fede
in Cristo. Certo quello del confronto è un momento essenziale
del dialogo: per potere parlare
insieme bisogna anche presentare la propria carta d’identità, conoscere l’interlocutore in quella
che è la sua diversità, prenderne atto. Ma il dialogo significa
anche ascoltare e capire l’altro.
In questo senso mi pare che molto cammino debba ancora essere fatto da noi.
Ci fu un tempo, alTindomam
della Riforma, in cui il patriarca di Costantinopoli seppe ascoltare il moderatore valdese di allora e aiutò le nostre chiese nel
momento della persecuzione e
della prova. Non ci impose di
diventare ortodossi; ci riconobbe fratelli in fede, e ognuno continuò nel proprio camrnino di
testimonianza e predicttzione. E’
un e.sempio di metodologia ecumenica, valido anche per l’oggi
Luciano Deodato
9
3 febbraio 1989
valli valdesi
9
FRALI
VAL PELLICE
Sanitari
sotto
inchiesta
Alcuni medici del pinerolese
sono sotto inchiesta della magistratura, accusati di reati commessi nell'esercizio della loro
professione. C'è chi è accusato di
imperizia professionale; chi di
aver frodato l'USSL incassando
compensi per prestazioni che
contemporaneamente erano svolte altrove; chi di aver prescritto
sostanze stupefacenti a tossicodipendenti al di fuori di una terapia.
Queste notizie, date con un certo risalto dal quotidiano torinese
« La Stampa », contribuiscono ad
alimentare una opinione pubblica sfavorevole al sistema pubblico della sanità. La campagna di
Opinione mira a contrapporre il pubblico al privato, nell'ovvia scelta per il privato. Insomma, se vuoi essere curato devi pagare. La struttura privata è — secondo questa opinione — efficiente, mentre quella pubblica è caratterizzata da sprechi ed abusi.
E poiché ognuno ha vissuto sulla
sua pelle una piccola o grande
disfunzione del sistema sanitario
pubblico, la convinzione che il sistema pubblico sia irriformabile
si radica sempre più. Non importa se, a ben guardare, gli episodi
denunciati riguardano attività
miste, pidrhlico-privato, e sono
caratterizzati dalla ricerca del
massimo profitto individuale da
parte deU'operatore sanitario.
La nostra chiesa ha scelto per
le sue strutture sanitarie una collaborazione stretta col pubblico.
1 nostri ospedali, anche se gestiti
dalla CIOV, rispettano le direttive pubbliche per il loro funzionamento, che generalmente è considerato buono.
.Allora perché, se le direttive
possono essere applicate bene,
queste funzionano male nel settore pubblico? Anche se non è il
caso di generalizzare: il funzionamento deU’USSL in Val Pellice
c nelle Valli elusone e Germanasca è cosa ben diversa da quella
di Pinerolo o di Torino! Certo le
dimensioni contano.
Gestire un ospedale monospecialistico e piccolo è cosa ben diversa dalla gestione di un ospedale plurisvecialistico di zona o
regionale. Sono cose ovvie, ma a
mio parere vi è un'altra considerazione da fare: quando l'USSL è
grande, i miliardi sono tanti, i
dipendenti anche, la lotta politica per il potere diventa molto più
forte. Alla fine degli anni '80 il potere è sempre meno visto nell'ottica del servizio, e sempre più
come ricerca del consenso col favore, col privilegio degli uni contro gli altri.
Si formano così consorterie
trasversali, che coinvolgono in un
blocco di potere esponenti diversi di partiti tra loro in concorrenza, medici, operatori. Per costoro
non si tratta solo di eovernare la
sanità, di affrontare il problema
della salute ma di ricercare, olire
•che il tornaconto personale e di
gruppo, anche quel consenso indispensabile in democrazia per continuare ad esercitare, male, il potere.
Non tutto è però così; c’è ancona chi in aueste valli si pone il
problema del far salute, di far
partecipare i tecnici alla ricerca
scientifica sul proprio mestiere,
tnagari senza potere. Di questi
tempi non è poco.
Giorgflo Gardiol
Una immagine di Proli da Agape: a quando una copiosa nevicata?
Manca la neve:
arrivano i cannoni?
La Stagione priva di precipitazioni mette in allarme l’economia del
paese - Durante un assemblea pubblica si parla di neve artificiale
Mercoledì 18 gennaio si è tenuta a Frali una assemblea pubblica che ha visto la partecipazione di una sessantina di persone, tra cui l’assessore al turismo della Comunità Montana
Valli Chisone e Germanasca, ed
alcune significative assenze. Tre
i punti all’ordine del giorno: futuro della seggiovia, bel tempo e
situazione connessa, innevamento artificiale.
All’inizio della riunione Franco Grill, sindaco di Frali, ha riferito delle voci che circolavano
in paese circa la prossima scadenza del permesso d’esercizio
per la seggiovia che da Malzat
porta all’Alpet. In seguito a
queste voci, l’amministrazione
comunale ha scritto alla « Società seggiovie 13 laghi » chiedendo
notizie in merito. La Società seggiovie ha risposto con una lettera, di cui è stata data lettura, precisando che la vita operativa massima degli impianti
(entrati in funzione il 1° gennaio
1960) è di 40 e non di 30 anni.
Il 31 dicembre 1991 scadrà l’attuale permesso decennale, ma è
intenzione della Società seggiovie chiedere una proroga decennale e presentare un progetto di
rinnovo degli impianti di risalita.
L’assenza di neve si è fatta pesantemente sentire anche a Frali. L’amministrazione comunale,
come quelle di altri comuni, ha
inviato delle lettere ai vari assessorati di comunità montana,
provincia, regione, anche in vista di possibili aiuti indiretti sul1’« emergenza neve ».
Vista la mancanza di neve si
è tornati con forza a parlare di
innevamento artificiale. L’idea attorno a cui si è discusso è quella delTutilizzo di due cannoni
per i due campetti, quello di
Ghigo e quello di Malzat, e forse per un pezzo della pista di
fondo. Si è lungamente dibattuto dell’utilità dei cannoni, dei
problemi che comportano e del
tipo di turismo che si prospetta per il futuro di Frali.
La possibilità di innevare i
campetti non attirerebbe certamente nuovi turisti ma potrebbe trattenere, negli anni in cui
manchi la neve, chi già frequenta Frali. Fotrebbe « salvare la
immagine » di Frali, ma dovrebbe essere affiancata da altre possibilità di svago e da attività
ricreative e culturali. Non bisogna più solo « vendere neve »,
bisogna proporre una località
che dia varie possibilità, con o
senza neve. Il poter sciare sui
campetti darebbe comunque a
tutto l’indotto della seggiovia
(maestri di sci, albergatori, commercianti, chi affitta alloggi...) la
possibilità di lavorare anche negli anni di siccità.
Si è parlato di acqua, di eventuali additivi aggiunti all’acqua,
di lavori di posa per i tubi, di
consumo di elettricità, di quanto c’è da pagare e soprattutto
di chi dovrebbe pagare. Vi è stata una netta opposizione da parte di tutti a comprare cannoni
che abbiano bisogno di additivi,
e comunque ad usare additivi:
se cannone ha da essere, spari
acqua. L’acqua necessaria dovrebbe essere prelevata o dall’acquedotto comunale o con una
condotta ad hoc dal rio d’Envie.
Secondo i calcoli presentati dal
sindaco, un eventuale allacciamento all’acquedotto comunale
non provocherebbe carenze per
gli usi civili, anche tenendo conto che la neve verrebbe « fabbricata» durante la settimana in
modo da essere sciabile nel fine
settimana. E’ invece da escludere un prelievo dal torrente Germanasca. Il costo per cannone si
aggira attorno ai 53 milioni, a
cui vanno aggiimte le spese di
allacciamento per le tubature e
le pompe. Chi paga? Vi è stata
la disponibilità di molti, soprattutto albergatori e ristoratori,
ma non solo, a contribuire economicamente all’acquisto dei
cannoni, ma è sembrato prematuro ipotizzare i modi ed i termini di tale impegno, che andranno eventualmente precisati
in seguito. Ovviamente la speranza è che il grosso della spesa
venga fatta dalla seggiovia in
prima persona.
Nessuno dei presenti si è
espresso a priori contro i cannoni, anche se alcuni sono sembrati tiepidi, o indifferenti. Tra
gli assenti della serata la seggiovia, almeno formalmente, ed
i proprietari dei prati su cui
dovrebbero passare i tubi per
l’acqua. Soprattutto di questi ultimi occorrerà valutare le eventuali perplessità e capirne le
ragioni.
La riunione si è conclusa con
la nomina dì una delegazione che
dovrà incontrare i responsabili
della seg^ovia, per verificarne
la disponibilità all’acquisto ed
impiego dei cannoni.
Daniele Rivoir
La salute
dei corsi
d'acqua
La salute dei corsi d’acqua è
stato il tema di un incontro pubblico organizzato dal Comitato
ambiente vai Fellice, con la partecipazione del sindaco di Torre
Fellice Armand-Hugon.
L’incontro del 30 gennaio scorso aveva avuto già un precedente lo scorso anno quando con
10 stesso sindaco si erano individuati i punti di maggior rischio
in caso di piene; è stato questa
volta presentato un quadro
delle opere già realizzate (consolidamento del ponte all’Albertenga e taglio degli alberi cresciuti nel letto del Pellice) e di
quelle ancora da fare (costruzione di argini a scogliera sulle rive delTAngrogna).
Sono stati affrontati anche altri problemi quali il completar
mento della rete fognaria ed il
funzionamento del depuratore
consortile in Lusema S. Giovanni che oggi serve, oltre al comune in cui è ubicato, anche
Angrogna e parte di Torre e che,
negli auspici del sindaco ArmandHugon, dovrebbe essere utilizzabile anche da Villar e Bobbio
Pellice. Un dato strano e preoccupante al contempo risulta dai
controlli sugli allacciamenti alla
rete fognaria in quelle zone dove
11 servizio esiste; ebbene, risul
tano utenti che hanno pagato le
spese di allacciamento, pagano
regolarmente la tassa annuale e
non hanno provveduto ad effettuare il collegamento. La serata,
nella quale si è spaziato anche
sul problema rifiuti e sulla situazione deH’approvvigionamento idrico (potabile, ha dimostrato
l’importanza di incontri periodici fra cittadini ed amministratori, cosa auspicata anche da un
gruppo di lusernesi presenti alla riunione. P.V.R.
PINEROLO
Temi da Parlamento
Il consiglio comunale, su proposta di DP, affronta due argomenti di
stretta attualità: la droga in città e i diritti dei lavoratori FIAT
Luciano Griso, consigliere demoproletario, è soddisfatto, l’iniziativa del suo gruppo consiliare ha obbligato tutto il consiglio
a discutere materie che stanno
a cuore a questo piccolo partito, che però in città conta il 5%
dei voti. Il consiglio comunale
ha infatti dedicato due riunioni
per discutere i temi sollevati da
DP: la droga in città e la questione dei diritti dei lavoratori
negli stabilimenti della Fiat.
Sul tema della droga era stato convocato un consiglio aperto alla partecipazione dei cittadini, ma la mancata pubblicizzazione della cosa ha ridotto i non
addetti ai lavori ad una decina.
Interessante comunque la relazione che i responsabili del
servizio per la cura e la prevenzione delle tossicodipendenze delrUSSL 44 hanno fatto: la droga
— hanno affermato — è un fenomeno in crescita esponenziale
e probabilmente nei prossimi anni ci si dovrà attrezzare per convivere sempre più con questo
problema.
« Non siamo dunque all’emergenza — ha osservato Griso, DP
— ma di fronte ad un problema
che va risolto con coraggio, senza inutili atteggiamenti repressivi contro i tossicodipendenti ».
La sua proposta è quella di legalizzare le droghe leggere
7« montagne di studi medici dicono che non fanno più male
dell’alcool e del fumo, anzi sono
meno pericolose ») e di assumere, nella farmacopeà per la cura
dei tossicodipendenti da droghe
pesanti, anche la morfina e l’eroina, « così si romperebbe il mercato clandestino ». Sulle stesse
posizioni dei demoproletari anche il gruppo liberale, con Fiammotto.
Diverso atteggiamento invece
del PCI, che è per considerare
illecito, cioè un atto di violazione della norma, ma non punibile penalmente, lo spaccio delle
droghe leggere, e perciò si è astenuto sulla proposta di DP.
Contrari decisamente alla proposta DC e PSI, che ritengono
necessario inasprire le pene contro gli spacciatori e i tossicodipendenti, anche se queste non
devono necessariamente essere
costituite solo dalla carcerazione. Un po’ ingenuamente il consigliere Pronello (PSI) ha affermato che « se nessuno comprasse
la droga, non ci sarebbe il problema ». Ma il problema resta ed
è drammatico, tutti però hanno
detto che è importante fare qualcosa.
Sul secondo tema, i diritti alla Fiat, tutti d’accordo. La Costituzione non può restare fuori
dei cancelli della fabbrica e bisogna evitare le discriminazioni
tra uomini e donne, nei confronti dei malati, dei sindacalisti. Il
dibattito si è arricchito di mol
te testimonianze dirette: i consiglieri Vercelli e Morici (PCI),
Manganiello (MSI) e l’assessore
Rossetto (PSI), tutti lavoratori
Fiat, hanno confermato resistenza di atti discriminatori della direzione dei vari stabilimenti nei
confronti dei lavoratori.
Manganiello ha poi denunciato l’uso da parte della Fiat di
sindacati di comodo per impedire il rafforzarsi di sindacati, espressione dei lavoratori. Morici
invece ha descritto il modo con
cui è organizzato il lavoro degli
handicappati e degli inidonei nello stabilimento di Bruino e ha
denunciato le continue pressioni
per incentivare le dimissioni.
Rossetto ha confermato resistenza di pessime condizioni ambientali, dovute agli scarichi inquinanti dei carrelli elevatori in uso
nello stabilimento delle presse di
Mirafìori.
O. L.
Puzza insopportabile
PINEROLO — Le deiezioni dei
polli di un allevamento pinerolese, sparse nei campi quali concime, provocano periodicamente
puzze insopportabili in tutta la
città. La Lega ambiente ha perciò deciso di effettuare una raccolta di firme per chiedere al
sindaco di far cessare il fastidioso fenomeno.
10
10 valli valdesi
3 febbraio 1989
LUSERNA SAN GIOVANNI
USSL 43: SERVIZIO VETERINARIO
Cosa sono quei fumi? Manca il “condotto
99
Forti preoccupazioni degli abitanti di una vasta zona di San Giovanni
A Milano si vive ormai con il
timore dell’allarme al massimo
livello per l'accumulo di sostanze inquinanti neH’aria, nel centro di Torino c'è la strada più
inquinata d’Italia (eppure si vogliono tagliare gli investimenti
nel settore del trasporto pubblico), ma fino a ieri si è sempre
sentito dire che in montagna,
nelle valli, sotto questo profilo
si sta bene; ma è davvero così?
Stando ad un consistente numero di cittadini di Lusema S.
Giovanni non è esattamente così, anzi.
Un caso in particolare li inquieta e perciò stanno raccogliendo firme tra la gente, trovando ampio consenso. Cosa sono quei firmi che ogni tanto fuoriescono dalla fabbrica Cartochimica?
La zona interessata è piuttosto ampia; se è vero che i fumi
fuoriescono dalla Cartochimica
in località Carola, quindi con un
retroterra prevalentemente agricolo, poco distante ci sono molti
insediamenti abitativi e gli effetti dei fumi si sentono fino alla collina di San Giovanni.
I cittadini si interrogano e
stanno contattando varie ammi
nistrazioni ed organismi; quali
i problemi riscontrati?
Anzitutto le emissioni risultano essere di due tipi: una saltuaria, costituita da fumi scuri
che provocano depositi scuri sulle strutture abitative, orti, ecc.;
l’altra di durata continuativa,
formata da vapori e fumi biancastri. Gli effetti — dicono gli
abitanti di San Giovanni — sono pesanti: forte fastidio a livello di naso e gola, presenza di
sostanze inquinanti nei ruscelli
adiacenti lo stabilimento e quell’acqua viene utilizzata per irrigare orti e prati foraggieri.
Di fronte a questa preoccupazione i cittadini si interrogano e
vogliono chiedere alle autorità
maggiore sicurezza sul tipo di
produzione effettuata, sugli impianti {p>are che esistano contenitori di sostanze pericolose facilmente raggiungibili da chiunqueX sulle sostanze emesse con
i fumi e chiedono che i risultati delle analisi vengano resi noti alla gente.
Ancora un interrogativo: è vero che la lavorazione effettuata
aH’intemo dello stabilimento è
mutata nel corso degli anni ed
è comunque diversa da quella
prevista originariamente?
Cittadini completamente abbandonati ai loro problemi, dun
que.’'
ACCOMPAGNATORI TURISTICI
Conoscere le valli
All'USSL dicono di no; anzi,
precisa il responsabile dei servizi, Valerio Vecchiè, « stiamo seguendo la Cartochimica ed i
suoi problemi da parecchio tempo. Nell’autunno scorso abbiamo
eseguito una serie di rilevamenti da cui è emerso che non tutto era regolare: certo nella lavorazione abbiamo presenza di
formaldeide, ma soprattutto la
linea fenolica non risultava adeguata per quanto riguarda gli
scarichi. A seguito della nostra
relazione al sindaco, egli ha emesso un’ordinanza in cui si obbliga l'azienda a mettersi in regola entro 6 mesi; questo termine scade il P aprile e sarà a
quel punto che andranno fatte
ulteriori verifiche, pur se anche
in questo periodo effettuiamo
dei controlli ».
La gente lamenta problemi anche alle acque...
« Tutto è possibile, naturalmente, ma tengo a precisare che
determinati prodotti, scarto della
lavorazione dello stabilimento di
Luserna, vengono riutilizzati in
altro stabilimento della stessa
azienda, quindi non sarebbe un
buon affare buttare in acqua delle sostanze ancora utilizzabili. Ci
sono stati invece, in passato, alcuni casi di fuga di sostanze nell’acqua: si è trattato però di incidenti, puntualmente verbalizzati dai nostri servizi
Con una simpatica assemblea
si è conclusa, domenica 29 gennaio, la parte fin qui programmata del corso di base per accompagnatori turistici indetto dalla
Società di studi valdesi con la
collaborazione della Foresteria di
Torre Pellice e del CAI.
Il corso è stata l’occasione per
un aggiornamento sui vari temi
che sono insiti nella storia valdese o che ad essa fanno corollario. Si sono così trattati i temi
storici, scanditi per secoli, ma si
sono nel contempo studiate le caratteristiche morfologiche e di
habitat di queste vallate, che comunque hanno inciso nelle scelte
e nelle possibilità di vita per le
generazioni che qui si sono susseguite. Si è parlato degli ordinamenti valdesi e si sono visitate
alcune strutture socio-assistenziali; si è parlato di minoranze
linguistiche e si sono fatti degli
approcci di metodo per far si che
questo passato sia lo zoccolo sul
quale si può fondare il nostro
essere oggi e le scelte per il domani in una società in veloce
mutazione. Il corso è stato quindi l’occasione, per la sessantina
di persone delle valli e del pinerolese che si sono avvicendate,
di chiarire meglio il loro collocarsi in questi luoghi e di vederli in
una luce complessiva. Ha anche
dato modo di toccare dal vivo
l’interesse a continuare questo laboratorio di ricerca, sia proponendo nuovi temi complementari a quelli sino ad ora affrontati, sia preparando delle proposte di itinerari nei quali fare confluire tutte le conoscenze acquisite nei dibattiti avuti.
Comunque il gruppo si è detto
disponibile, con programmi mensili, a continuare l’elaborazione e
lo scambio ed è già stata fissata
la prossima scadenza per sabato
25 febbraio presso la Foresteria
di Torre Pellice; giornata in cui
verrà affrontato il tema delle
« pubbliche relazioni ». mettendo
a confronto ed analizzando criticamente le dinamiche che insorgono all’interno dei gruppi.
Proprio al termine del corso è
giunta la notizia che la Comunità
Montana Val Pellice sarebbe disponibile al riconoscimento del
corso, appoggiandone l’iniziativa
in ambito regionale, purché sia
data la precedenza ai giovani o a
coloro che intendono impegnarsi
in futuro in questo settore. Può
quindi prendere piede l’idea di
costituire una cooperativa giovanile che, appoggiandosi alle iniziative di ricezione esistenti (si
parla fra l’altro di poter far funzionare un ostello), possa coprire
quest’arco di necessità che con
il passare del tempo sembrano
diventare più concrete. Nello
stesso tempo, dai vari docenti
del corso è stata suggerita la possibilità che future tesi di laurea
possano essere realizzate proprio
sui temi trattati — da quello naturalistico a quello etnografico e
storico. Adriano Longo
DEMOCRISTIANI
Si dimette,
poi CI ripensa
Nello Manduca, democristiano,
assessore ai lavori pubblici del
comune di Pinerolo, è un « personaggio » nel consiglio. Calabrese,
immigrato a Pinerolo nel dopoguerra, da venticinque anni siede
nel consiglio comunale dove ha
avuto più volte incarichi assessorili, ma mai quello di sindaco
che — come dice — « rimane un
sogno ».
In passato ha fatto molto parlare di sé per iniziative singolari,
l’ultima delle quali è stata quella
di far pulire accuratamente dai
giardinieri del comune una aiuola davanti alla chiesa di San Domenico, in occasione del matrimonio del figlio.
Malato lui stesso, dopo una
operazione chirurgica della moglie, aveva deciso di dimettersi
da assessore e anche da consigliere comunale. Aveva salutato
tutti i colleghi di giunta in una
cena conviviale. Le sue dimissioni erano all’ordine del giorno
del consiglio, il suo successore
era lì presente per prendere il
suo posto. Ma poche ore prima
Continuiamo a parlare di zootecnia, dopo aver presentato i
problemi del distretto di Cavour
e la proposta di assicurazione
lanciata dalla comunità montana per quegli allevatori che si
trovino a dover abbattere animali a causa delle malattie.
Questa volta esaminiamo alcuni asipetti dell’allevamento in vai
Pellice, intervistando la dott. Vignetta.
A quanto ammonta il patrimonio della vai Pellice?
« Per quanto riguarda i bovini ci aggiriamo sui 4.800 capi da
riproduzione, oltre 5.000 sono invece gli ovini, in entrambi i casi
in fase di risanamento. La consistenza delle stalle varia un po’
dalla bassa valle (20 capi in media) all’alta valle (10 capi), ma
si tratta comunque di allevamenti piuttosto piccoli. In tutto abbiamo oltre 550 stalle in tutta la
valle. Quando parlo di piccoli
allevamenti, non mi riferisco solo al numero di animali ma anche al tipo di strutture utilizzate, agli animali non particolarmente selezionati ed all’alimentazione cui essi sono soggetti ».
Oltre a TBC e brucellosi, di
cui per altro si sta arrivando
alla eliminazione, vi sono altri
problemi particolari?
« In bassa valle si riscontrano
spesso casi di ipofertilità, cioè
di vacche che rimangono gravide con difficoltà; le cause possibili vanno ricercate nelle carenze alimentari oppure nell’uso eccessivo di anticrittogamici ».
E’ comunque chiaro che per
gli abitanti di Luserna lo scarico costituisce un problema serio, fin dall’immediato, ma anche per l’azienda la sostituzione o l’inserimento di filtri rappresentano un problema, anche
economico ».
Dunque riemerge il problema
della relatività del tempo, sei
mesi lunghissimi per la gente,
brevissimi per Tazienda; probl^
ma ancora più grave sarà però
l’evitare una volta di più il ricatto protezione dell’ambiente e
qualità della vita contro posti di
lavoro, ennesimo esempio di lotta fra poveri, in cui spesso le
industrie si trovano molto a loro agio.
Piervaldo Rostan
E’ vero che il problema del risanamento assume aspetti più
gravi per gli allevatori che fanno ricorso all’alpeggio?
« In un certo senso sì; in montagna l’eventuale perdita della
qualifica sanitaria di indennità
signijfica l’impossibilità di ottenere l’autorizzazione alla monticazione, ovvero la si può ottenere ma a condizione di un completo isolamento della mandria,
cosa assai difficile da realizzare ».
Quale tipo di vigilanza viene
esercitato durante l’anno sui bo
« Dobbiamo necessariamente
visitare più volte le stalle durante l’anno, in particolare prima della salita agli alpeggi ed
al loro ritorno, talvolta anche
ogni due mesi. D’estate ciò diventa più difficile ed è così che
operiamo a campione ».
Quale tipo di rapporto si instaura con gli allevatori?
« Attualmente nell’USSL 43 siamo a pieno organico e perciò siamo abbastanza spesso nelle stai
le; ci occupiamo però di risanamento, vigilanza, profilassi ma
non possiamo garantire, in base
alle competenze di legge, l’assistenza zooiatrica nella necessità:
ciò può creare incomprensioni.
Si andrà verso una convenzione
con dei liberi professionisti per
risolvere questo problema, sostituendo la vecchia figura del veterinario condotto ».
Renato Armand Hugon
PINEROLO
Le bancarelle di carnevale
Due ore di discussione, dall’una alle tre del mattino, ha impiegato il consiglio comunale per
venire a capo del « fattaccio »
delle bancarelle di carnevale. Due
giorni prima si era riunita la
commissione commercio per esaminare un problema posto dai
commercianti: non volevano più
bancarelle sotto i portici di corso
Torino in occasione di festività.
Sono — dicevano in una lettera — un pericolo per l’incolumità pubblica perché restringono
l’area di passaggio ed in caso di
incendio non permettono la fuga verso la strada.
Tutti i consiglieri della commissione erano stati d’accordo.
Le bancarelle dovevano andare
nel mercato di piazza Roma.
L’assessore Mercol (DO era pre
sente ed era stato edotto.
Il giorno dopo però l’assessore
dà invece il permesso per le bancarelle sotto i portici.
La presidente della commissione, l’indipendente nel gruppo socialista Aida Revel, sentendosi
presa in giro legge un documento
di fuoco contro l’assessore e annuncia le proprie dimissioni, se
non verrà ritirato il provvedimento. Missini e comunisti chiedono invece le dimissioni dell’assessore. I democristiani fanno
scudo a difesa delle sue decisioni.
La consigliere Revel allora conferma di rinunciare all’incarico.
Il PSI chiede una verifica. Siamo di nuovo alla crisi in comune? O siamo a uno scherzo di
carnevale?
del consiglio, il nostro ci ripensa
e «sospende» le dimissioni.
Appresa la notizia, dall’opposizione di sinistra sono arrivate
bordate di critiche. In quest’opera si sono distinti Barbero e Covato (PCI), Griso (DP). Secondo
questi consiglieri le dimissioni
sono state sospese perché non
c’era raccordo su chi dovesse sostituire Manduca in giunta e si
era discusso sul passaggio dei
consiglieri Berti (ex PSDI) e Rivolo (ex PLI) alla DC.
Al termine della discussione è
rimasta una mozione di sfiducia
nei confronti deila giunta e dell’assessore Manduca presentata
da DP. Se ne discuterà in un
prossimo consiglio.
Ma la discussione ha avuto un
epilogo: due consiglieri, Griso e
Covato, hanno ricevuto una lettera intimidatoria : « Non toccare
Manduca (per Griso) o Berti
(per Covato), attento a te», ha
scritto loro un anonimo « cretino », come lo ha definito il sindaco.
G. G.
COMUNE DI LUSERNA SAN GIOVANNI
UFFICIO TECNICO
LICITAZIONE PRIVATA
IL SINDACO
Visto l’art. 7 della legge 2-2-1973 n. 14, come sostituito con l’art. 7 della legge 8-10-1984 n. 687;
RENDE NOTO
Questo Comune intende appaltare mediante licitazione privata la gestione per la manutenzione ordinaria
e straordinaria dell’acquedotto comunale.
Le ditte interessate — che dovranno essere iscritte
alla Camera di Commercio, Industria ed Artigianato —
potranno chiedere di essere invitate alla gara indirizzando la richiesta al sottoscritto sindaco nella residenza
municipale, entro le ore 12 del giorno 20 febbraio 1989.
La richiesta di invito non vincolerà in alcun modo
questa amministrazione.
Luserna San Giovanni, 23 gennaio 1989
IL SINDACO
(Badariotti ing. Claudio)
i
11
3 febbraio 1989
valli valdesi 11
IN LIBRERIA CONFCOLTIVATORI
Piemonte:
fauna e habitat
Nick Edel, di origine austriaca, è un pittore che, compiuti
i suoi studi presso l'Accademia
albertina di belle arti di Torino, vive e lavora in quella città.
Lo segnaliamo qui nella sua
duplice veste di artista e di amante della natura e, in modo
particolare, dei selvaggi abitatori del Piemonte, Da questo abbinamento è nato, con felice
sintesi, un bel libro d’arte (1)
destinato anche all’estero, essendo m edizione bilingue (italiano e inglese).
La parte scritta è nettamente
minoritaria; vi è una breve presentazione dell’assessore al turismo della Regione Piemonte,
un commento del critico d'arte
Paolo Levi ed una sua intervista all’artista.
L’interesse del volume è dato
da decine e decine di riproduzioni di oli, di acquerelli, di pastelli, tempere, disegni, tecniche
miste, in parte commentate con
frasi autografe, che rappresentano gli animali e l’habitat che
li circonda. Il libro vuole anche
essere una denuncia del progressivo deterioramento ed inquinamento della montagna (strade.
impianti sciistici, ecc.) a cui
in alcuni casi hanno contribuito, oltre all’uomo, anche certi animali, come ad esempio i
cinghiali, la cui diffusione incontrollata provoca danni non indifferenti alle colture.
Nel « bestiario » di Edel la sfilata degli animali è lunga ed assortita: si va dai « pescatori »
(airone, gabbiano, martin pescatore), agli abitanti alpini (camoscio, stambecco, muflone, fagiano di monte), a quelli del piano
(cervi, caprioli, anatre). Alcuni
disegni sono anche dedicati a
quelli che l’autore chiama i « fantasmi della montagna», e cioè
le specie scomparse: il gallo cedrone, la lince, l’orso.
Il tutto, non con lo stile precisissimo, fotografico, che contraddistingue le scuole pittoriche inglesi o nordiche, ma con
un tratto più « impressionista »,
frutto di una emozione e di un
diretto contatto con la natura
vivente.
r. p.
‘ NICK EDEL, Piemonte, faune e
habitat. Musumeci Editore, 1988, pag.
128, rilegato in tela, L, 70.000.
Verso I
congressi
La Confcoltivatori sta preparando i suoi congressi: provinciale il 4 febbraio presso il salore dell’Istituto zooprofìlattico
di Torino, via Bologna 148, e
quello regionale il 25 febbraio
presso la struttura dì Torino
Esposizioni.
Sono momenti importanti in
questo periodo di crisi e di decisioni a livello europeo in cui
l’agricoltura sembra contare meno non solo nelle nostre zone
marginali ma in tutta Italia.
I coltivatori devono rendersi
conto che Tunica possibilità di
far sentire la loro voce, dove gli
spazi si riducono sempre di più,
è di avere un’organizzazione che
funzioni.
II consiglio provinciale di Torino ha pensato di proporre al
prossimo congresso di inserire
degli agricoltori non solo nel
consiglio e nel direttivo provinciale ma anche nella presidenza
affinché l’organizzazione sia
sempre più gestita dagli stessi
agricoltori.
Oggi
e domani
Cinema
TORRE PELLICE — Il cinema Trento
ha in programma la proiezione del
film « Donne sull'orlo di una crisi di
nervi », sabato 4, ore 20 e 22; « Moonwalker » domenica 5 (ore 16, 18, 20,
22) e lunedì 6, ore 20 e 22.
Corsi
BOBBIO PELLICE — Il comune, in
collaborazione con la Comunità Montana, organizza nella prossima iprìmavera un corso teorico-pratico di ferro
battuto. Per informazioni rivolgersi in
municipio, tei. 0121/92734.
TORRE PELLICE — Regione e comune organizzano un corso di orientamento musicale con indirizzo strumentale.
Le lezioni saranno gratuite ed avranno
luogo il sabato pomeriggio presso i
locali della banda musicale in piazza
Gianavello.
Programmi di Radio Beckwith
____________91.200 FM____________
Per la rubrica . Grünen », in onda
giovedì 2 febbraio alle ore 19.15, e in
TORRE PELLICE ■ SEMINARIO DI AMNESTY INTERNATIONAL
I diritti umani
Desaparecidos e esecuzioni extragiudiziali: due fenomeni fino a pochi anni fa sconosciuti,
ma che in realtà esistevano da tempo - Le gravi responsabilità degli stati e dei governi
Nel secondo incontro del seminario « I diritti umani » svoltosi il 5 e il 12 dicembre, per
iniziativa del Gruppo Italia 90
Val Penice di Amnesty International, Carlo Ottino, docente di
storia e filosofia al liceo classico,
ha trattato il tema; Desaparecidos ed esecuzioni extragiudiziali; due gravi violazioni dei diritti umani.
Egli ha messo subito in rilievo che il problema della salvaguardia dei diritti umani non è
lontano da noi, non sta solo alla frontiera dell’Europa, ma sta
dentro TEuropa stessa.
Infatti presto uscirà la traduzione italiana dell’ultimo Rapporto di Amnesty e ci si accorgerà
che in un modo più o meno grave o più c meno esteso, il problema tocca anche i paesi europei e non è una grande consolazione, né una scusa moralmente
e politicamente accettabile pensare che altri paesi violano questi diritti in modo molto più
vistoso.
Due definizioni
I desaparecidos e le esecuzioni extragiudiziali sono due fenomeni differenti, ma molto spesso strettamente connessi. Il prof.
Ottino fa rapidamente alcune
considerazioni sui due problemi,
anzitutto definendoli, poi metten
per la stampa di
libri, giornali, riviste,
locandine e man desti,
lavori commerciali
in genere
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done in risalto qualche aspetto
specifico e le interconnessioni.
Riguardo alle due definizioni,
egli preferisce adottare quelle
date da Amnesty stessa. Questa
ha dato una definizione di « sparizione » articolata in tre punti.
1" punto; si considera sparizione un caso in cui si può ragiorievolmente ritenere che la
vittima sia stata reclusa per volere delle autorità o dei loro emissari. 2” punto: le autorità
smentiscono di avere recluso la
vittima sotto la propria giurisdizione. 3° punto; sussistono buone
ragioni per non credere a questa smentita. In base a questa
definizione, quindi, noi lasciamo
da parte tutti quei casi in cui
una persona viene ufficialmente
arrestata e alla quale viene poi
contestato, a ragione o a torto,
un qualche reato in base alle leggi 0 alle disposizioni vigenti in
questo o quelTaltro paese.
Per quanto riguarda l’esecuzione extragiudiziale come sistema
di persecuzione politica, Amnesty
Tha definita una illegittima e
intenzionale uccisione di persone
a causa delle loro convinzioni
politiche o delle loro attività
reali o presunte, compiuta dal
governo o con la complicità di
esso. Il termine « extragiudiziale » viene attribuito alle uccisioni
che rimangono fuori dei processi; tali uccisioni violano le leggi
nazionali e gli standard legali
internazionali che prevedono
che nessuno possa essere arbitrariamente privato della vita.
La parola « extragiudiziale » è
usata per distinguere questa uccisione dalla « giudiziaria » pena dì morte, cioè dall’esecuzione
di una sentenza di morte inflitta
da un tribimale in seguito al
verdetto di colpevolezza del prigioniero in un paese in cui questa pena sia prevista dalla legge. Sul problema della pena di
morte Amnesty inizierà una
campagna nel mese di aprile;
questa sarà una delle sue più
difficili e scabrose battaglie.
Sparizioni ed esecuzioni extragiudiziali tempo fa erano feno
meni quasi sconosciuti, di cui si
parlava poco, però questo non
significava che non avvenissero, ma non erano presi in considerazione o messi in luce attraverso i mass media.
Fenomeni di sparizione avvengono un po’ in tutto il mondo;
essi richiamano le responsabilità dei poteri costituiti; coloro
che fanno sparire le persone
sono agenti diretti di questo o
quelTaltro stato o membri degli
squadroni della morte, che vengono protetti o almeno tollerati
dalle autorità costituite, con l’accordo tacito che fatti del genere
non vengono normalmente perseguiti. Lo sbocco naturale della
sparizione è l’esecuzione extragiudiziale; infatti un’alta percentuale di coloro che vengono fatti sparire non torna più indietro e non se ne trova, a volte,
più nemmeno il cadavere.
Processo equo
e tempestivo
L’uccisione della persona esclude che essa venga condotta davanti ad un tribunale legalmente costituito e che le si faccia
un processo eque e tempestivo,
secondo ■ quanto Amnesty richiede e richiedono gli standard internazionali. Processo equo vuol
dire un processo che dia all’imputato le massime garanzie rispetto a qualsiasi arbitraria decisione; assistenza legale, testimoni a propria difesa, diritto
d’appello dopo la condanna, presunzione d’innocenza. Processo
tempestivo significa che la carcerazione preventiva non deve essere troppo lunga e il precedimento del processo troppo lento. Per questi motivi anche l’Italia è oggetto di preoccupazione
da parte di Amnesty. L’esecuzione extragiudiziale può colpire
un solo individuo o anche un
gruppo di individui, gente che è
stata fatta sparire e che poi
viene ammazzata insieme, in
gruppo.
Nella parte conclusiva della
sua relazione il prof. Ottino ricorda che sia l’esecuzione extragiudiziale che la pena di morte
sono oggetto entrambe di netta
contestazione da parte di Amnesty. Infatti sia il primo che
il secondo fenomeno sono altamente lesivi dei diritti umani
e in particolare di quel diritto
che noi riteniamo uno dei principali, se non il principale, che
è il diritto alla vita.
Nelle scuole
Questo discorso, egli dice, è
possibile farlo nelle scuole, affinché gli studenti, su questi temi,
acquistino maggiore consapevolezza. Spesso ci viene rivolta da
parte loro questa domanda;
«Ma io che cosa potrei fare?». E’
importante, molto importante,
dare loro una risposta che non
sia generica; è vantaggioso perciò elencare una serie di attività
che si possono anche fare individualmente, ma soprattutto mettendosi insieme con gli altri.
« Insieme si può », dice il titolo
di un libro per le scuole pubblicato da Amnesty.
Mettere insieme le capacità
di diverse intelligenze, di diversi
modi di operare, può dare risultati molto migliori, diventa una
sorta di sintesi di diverse capacità rivolte verso attività e verso fini consapevolmente accettati.
Durante il dibattito che è seguito all’esposizione del prof. Ottino è emersa la tesi che il rispetto dei diritti di tutti e quindi di ciascuno si può cominciare ad insegnarlo fin dai primissimi anni di scuola. L’insegnante
può creare nella classe una convivenza più civile, in cui l’uguaglianza e la diversità vadano
insieme e non cl sia prevaricazione. Allora l’educazione ai diritti umani può diventare un punto di partenza.
A cura di
Pietro Granero
replica lunedì 6 alle ore 9.30, la trasmissione sarà dedicata alla tutela
delle acque in Val Pelllce.
Lunedì 6, alle ore 18.45, va in onda
l'appuntamento mensile con il gruppo Italia ’90 Val Pellice di Amnesty International.
La serie su « Lutero e la Riforma
protestante » prosegue il lunedì alle
11,30 con replica il martedì alle 15.30.
________Lega ambiente____________
TORRE PELLICE — La Lega per l'ambiente della vai Pellice avrà la sua
prossima riunione lunedì 6 febbraio alle
ore 21 presso la sede del centro d'incontro in via Repubblica.
« Padre, io voglio che dove tono
io, siano con me anche quelli
che tu mi hai dato »
(dalla preghiera di Gesù,
in Giovanni 17: 24)
A'ITAsilo valdese di Lusema, dove è
stata seguita con tanta affettuosa attenzione, è morta
Elvira Chilosi Golucci
Lo comunicano i figli Domenico con
Ines, Guido con Luciana, Maya con
Gianni, e i nipoti.
Luserna S. Giovanni, 25 gennaio ’89.
RINGEAZI AMENTO
o; Io canterò e salmeggerò
alVEterno »
(Salmo 27: 6)
Ha terminato la sua giornata terrena
E lena Geymonat Chauvie
Lo annunciano, fiduciosi nel Signore,
i figli Ada e Carlo con le rispettive famiglie. Un’ajffettuosa riconoscenza vada
alla grande famiglia dell’Asilo valdese
ed alla sua compagna Ivonne Odetto,
ai parenti ed agli amici che sono sempre stati loro vicino.
Luserna S. Giovanni, 28 gennaio ’89.
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12
12 fatti e problemi
3 febbraio 1989
INTERROGATIVI Al CREDENTI
OBIEZIONE ALLE SPESE MILITARI
Il problema deH’eutanasia
Atto criminale per alcuni, pratica riconducibile all’Immunità penale
per altri: la responsabilità dei medici e la decisione del paziente
Svuotiamo
gli arsenali
Il problema dell’eutanasia ha avuto e
certamente avrà ancora notevole spazio nella nostra stampa e nei dibattiti delle comunità e delle assemblee. I suoi aspetti etici
e religiosi sono per noi certamente preminenti sul fatto puramente « tecnico » in sé;
d’altra parte, sono proprio i continui progressi della medicina a porci di fronte a
grossi problemi sulla « buona » o sulla « cattiva » morte. Problemi — e situeizioni —
che hanno condotto al paradosso delle « superagonie », volute per ragion di stato, del
generale Franco in Spagna, del maresciallo
Tito ir Jugoslavia e poco tempo fa dell’imperatore del Giappone Hiro Mito.
Nell'intento di contribuire al dibattito,
pubblichiamo la sintesi di un lavoro appar
so sul British Medicai Journal dello scorso
17 dicembre, ad opera di ricercatori olandesi. Questo documento ci pare rappresenti
una lezione di etica (sia pure laica) ed un
contributo scientifico che fra l’altro evidenzia la differenza culturale (non dimentichiamo che l’Olanda è un paese ad alta percentuale protestante) con i paesi di cultura
latina.
Da meditare la questione, posta verso
la fine dello scritto; vi è una differenza etica fra eutanasia attiva (che affretta la morte) e quella passiva (che sospende le cure)?
Da noi, in genere, questa differenza si è sempre posta: in Olanda, come afferma il documento in oggetto, questa distinzione è caduta. r- P
Alcuni segnali incoraggianti - Importante sentenza da parte della Corte d’Appello milanese
..ii’eutanasia è definita in Olanda, in senso restrittivo, come il
porre fine alla vita intenzionalmente da parte di im medico su
insistente richiesta del paziente.
Essa non è più un « tabù », per
ctii alcuni pazienti gravemente
ammalati possono chiedere liberamente ai loro medici di eseg^firla su se stessi. Nel 1985 25
medici di base dell’Aia hanno
ricevuto 17 richieste e l’eutanasia
ha avuto luogo in 9 casi; se questi dati sono rappresentativi, ciò
significa che un medico di base
olandese avrà ima richiesta di
eutanasia una volta ogni 3 anni,
con una proporzione sul totale
di tutte le morti che occorrono .
nella pratica medica generale
non superiore al 2%. Del resto
sono pochissimi i pazienti che,
ben coscienti, persistono nella
loro richiesta dì eutanasia dopo
che è stato loro assicurato che riceveranno le migliori cure possibili per la loro condizione. L’eutanasia non è praticata solo in
Olanda, anche se qui è stata meglio documentata che in altri
paesi. Fin dai primi anni 70, il
problema è stato ampiamente e
pubblicamente dibattuto a livello politico e sociale, e il sostegno pubblico a favore della eutanasia è gradualmente aumentato negli anni fino a coinvolgere i 2/3 della popolazione olandese nel 1986.
Linee-guida
Secondo il giudizio di alcuni
(come il documento dell’Associazione dei medici inglesi - ndt),
l’eutanasia resta un, vero e proprio atto criminale e un medico
che la compia è perseguibile secondo la legge. In effetti, in Olanda l’eutanasia non è stata legalizzata e i medici olandesi che la
praticano, lo fanno in violazione
del codice penale. In pratica,
però, essi non vengono perseguiti penalmente se possono provare che hanno seguito determinate « linee-guida » ben circostanziate. Tale «immunità penale » si applica solo ai medici e
a nessun altro. Tutte le sezioni
del sistema giudiziario olandese
(corti di distretto, corte d’appello e corte suprema) hanno
definito con grande attenzione e
cura, per iscritto, alcune lineeguida sull’eutanasia: esse sono
state approvate congiuntamente dall’Associazione medica olandese, dalla Commissione nazio-\
naie sull’eutanasia e dal governo. (Queste condizioni includono: a) una richiesta, che deve
essere esplicita e ripetuta da parte del paziente, sul suo desiderio
di morire; b) la sofferenza mentale o fisica del paziente è cosi grande da non poter essere
alleviata; c) la decisione del paziente deve essere ben espressa,
libera e perdurante nel tempo;
d) tutte le possibilità di ulteriori cure sono state esaurite o ri
fiutate dal paziente; e) il medico
deve consultare un altro medico
(e anche, se vuole, personale infermieristico, religioso o altre
persone); f) il medico deve mettere per iscritto tutto il corso
degli avvenimenti. Ovviamente,
se vi è violazione di alcune di
queste disposizioni, il medico
può essere perseguito per omicidio. Sempre un maggior numero di ospedali, case di riposo, istituti di cura e associazioni di medici di base in Olanda
stanno facendo proprie queste
disposizioni e incorporandole in
« protocolli » che possono essere discussi con l’autorità giudiziaria competente. L’eutanasia
non è ristretta a malattie maligne incurabili: la revisione di 85
casi di eutanasia in un anno ha
evidenziato come 3/4 dei pazienti soffrivano dì cancro, una dècina aveva malattie neurologiche e sei altre serie malattie.
Il caso seguente fu descritto da
un medico di base nel 1983.
Caso clinico
Il signor A., di 67 anni, che viveva solo, aveva una lunga storia di malattia polmonare cronica ostruttiva, in progressivo
peggioramento. Dopo l’ennesimo
ricovero ospedaliero, ritornato a
casa, egli disse ripetutamente e
insistentemente al suo medico
di base che preferiva l’eutanpia
ad ulteriori ricoveri ospedalieri.
Fu tuttavia ricoverato in ospedale per un altro episodio di insufficienza respiratoria qualche
mese dopo: gli venne diagnosticata una pleurite carcinomatosa.
Quando egli fu dimesso dall’ospedale, espresse ancora una volta
al suo medico di famiglia il desiderio di morire, rifiutando le
medicine e ogni altra assistenza
domiciliare. Così, circondato da
alcuni familiari, il paziente fu
quindi sottoposto dal medico ad
iniezione endovenosa mortale,
morendo serenamente e in pace
nel proprio letto di casa. I familiari del paziente hanno sempre
espresso riconoscenza e solidarietà al medico che ha compiuto l’iniezione.
Da questa descrizione si può
dedurre che: 1) deve essere sempre e solo il paziente che prende l’iniziativa di chiedere l’eutanasia; 2) il medico è ovviamente
libero di rifiutare di compierla;
3) i membri della famiglia eventualmente presenti al letto di
morte non possono interferire
sulla decisione di effettuare o
meno l’eutanasia sul proprio
congiunto.
Osservazioni
Non ha nessuna base reale la
immagine spesso evocata dalla
stampa popolare estera di pa
zienti impauriti daH’iniezicne effettuata da medici « spensierati ». Se un medico costringesse
all’eutanasia un suo paziente, sarebbe subito scoperto e processato per omicidio. Può essere
inoltre superfluo sottolineare
che nel sistema sanitario olandese non c’è nessun guadagno
economico per ospedali, case di
riposo o per i medici ad avere
dei pazienti morti. Ogni illazione
che motivi economici possano
essere in gioco nell’eutanasia è
per noi semplicemente ripugnante. L’eutanasia viene eseguita solo dopo lunga ed attenta considerazione del caso, e mai praticata in modo anonimo, ma sempre
sulla base di una conoscenza e
fiducia tra medico e paziente.
C’è da rilevare inoltre che il medico di base, in Olanda, è veramente un medico di famiglia nel
senso autentico della parola.
Una distinzione che si ritrova
spesso nelle discussioni o nei
documenti è quella tra eutanasia
attiva e passiva. Questa distinzione è caduta nei documenti
ufficiali olandesi: per la legge,
infatti, l’esecuzione di un atto diretto ad affrettare la morte o
la sua omissione, che comporti
ugualmente un’anticipazione della morte, si equivalgono. Per i
medici, certamente vi può essere una differenza psicologica;
ma esiste una differenza etica?
Da alcuni si sostiene che un paziente non può mai scegliere razionalmente ed autonomamente
l’eutanasia; ma si può all’opposto sostenere che nessun paziente può razionalmente ed autonomamente decidere di rifiutare dei
provvedimenti che prolungano
la vita. Questo è invece quello
che sostengono gli oppositori
della eutanasia attiva, cioè che
implicitamente un paziente può
razionalmente scegliere l’eutanasia passiva. E’ perciò confutabile il ritenere che la « santità
della vita » debba essere il principio guida decisivo del medico
quando rifiuta l’eutanasia attiva, ma non quando sceglie l’eutanasia passiva.
Conclusioni
Si può essere o no d’accordo
con la pratica dell’eutanasia in
Olanda, ma è essenziale distinguere le teorie dalla realtà concreta. Medici che siano « entusiasti dell’eutanasia » non esistono in Olanda, come non esistono altrove. L’eutanasia è un fatto drammatico, da evitare se
possibile, ma qualche volta accettabile. Se i medici olandesi poi
hanno un comportamento insolito, questo forse consiste nel
voler sottomettere il loro operato al giudizio della collettività. Chiaramente, l’ultima parola
sull’eutanasia non è stata pronunciata neanche in Olanda.
Traduzione e sintesi a cura di
Daniele Busetto
Tempo fa, e precisamente nel
n. del 27 maggio scorso, il nostro
settimanale ha dedicato un « obiettivo aperto » alla cosiddetta
obiezione fiscale, più correttamente definibile come: obiezione di coscienza alle spese militari. Non staremo ora a riprendere questa problematica; ci limiteremo a ricordare che questo genere di obiezione viene
praticato dai contribuenti trattenendo una percentuale sulle imposte dei redditi da pagare annualmente e versandola (non si
tratta infatti di una evasione fiscale) nel contempo ad iniziative di pace. Un altro scopo di
questo atteggiamento è quello di
indurre il Parlamento a varare
una legge che preveda appunto
la destinazione di una quota di
imposta ad un servizio nazionale di difesa non armata, chiamato « difesa popolare nonviolenta ».
Nel 1988 i 4.500 cittadini che
hanno obiettato hanno raccolto
la cifra di L. 183 milioni e mezzo
e — come era già stato fatto in
precedenza col presidente Pertini, che però aveva respinto la
somma con la motivazione che
non poteva andare contro le leggi — l’hanno consegnata lo scorso ottobre alla Presidenza della
Repubblica che l’aveva accettata « con riserva ». Questa notizia era apparsa a suo tempo sul
quotidiano « La Stampa » in un
piccolo trafiletto riquadrato al
quale — salvo una svista — non
ha più fatto seguito alcuna ulteriore notizia.
Il mensile cattolico « Nigrizia »,
nel suo numero del gennaio ’89,
informa che l’assegno, intestato
al presidente Francesco Cossiga, è stato accettato con tanto
di ricevuta rilasciata. Il mensile
nota come questo fatto, « certamente avvenuto su direttive del
presidente stesso, sia di grande
rilevanza politica e forse costituisca un primissimo passo, una
strada aperta verso il riconoscimento politico ».
Altri segnali infatti — sottolinea « Nigrizia » — lasciano ben
sperare. Nello scorso novembre
la Corte d’Appello di Milano, nel
nuovo processo a 17 obiettori
della Valtellina (che erano stati
assolti in primo ed in secondo
grado, ma che poi avevano avuto sentenza sfavorevole dalla
Cassazione, che aveva richiesto
un nuovo dibattimento), ha assolto con formula piena la propaganda all’obiezione ed ha respinto le tesi colpevoliste della
Corte di Cassazione.
Contemporaneamente, una petizione popolare (indirizzata al
presidente della Repubblica ed
ai presidenti del Consiglio, della Camera e del Senato) che
chiede il riconoscimento legislativo del diritto del cittadino a
« finanziare un istituto di ricerca e sperimentazione della difesa popolare nonviolenta » riconosciuto dallo Stato, ha raccolto in breve 40 mila firme.
Sono stati avviati contatti con
parlamentari di diversi partiti
polìtici allo scopo di predisporre
un progetto di legge finalizzato
a tale scopo.
Come credenti non possiamo
che rallegrarci di tali iniziative,
solidarizzando allo stesso tempo con gli obiettori che, col loro
gesto, vanno incontro a severe
sanzioni pecuniarie e ad infinite
« grane ». Una solidarietà che era già stata espressa nel nostro
Sinodo del 1986 appunto verso
coloro che « pongono di fronte
alla coscienza del Paese in forma radicale il ripudio della guerra e di ogni altro tipo di sopraffazione, insiti nella destinazione
di sempre più consistenti risorse a fini militari ».
Roberto Peyrot
TORINO
La retinite pigmentosa
si può curare
La retinite pigmentosa, malattia della retina dell’occhio che
colpisce i pigmenti in grado di
assorbire la luce, è ima malattia
ereditaria che può essere diagnosticata fin dall’infanzia.
E’ una malattia fortemente invalidante che avanza lentamente e porta alla cecità completa.
Non se ne conoscono le cause
precise ma non per questo non
si può curare, anche se i risultati sono lungi dall’essere buoni.
I sintomi della malattia sono
la cecità notturna, l’abbagliamento, la riduzione del campo visi
vo. Quando si manifestano è bene rivolgersi immediatamente
ad un medico-oculista per un
approfondito esame.
In seno all’Unione italiana ciechi si è costituito un comitato
che ha lo scopo di censire i pazienti di retinite pigmentosa e
stimolare studi e ricerche intorno a questa patologia.
Per informazioni rivolgersi a:
Comitato per la retinite pigmentosa - Unione italiana ciechi Corso Vittorio Emanuele 63 ■
10128 Torino - Tel. 011/535567 5575296.
Per I vostri acquisti
Librerie Claudiana
• TORRE PELLICE - Piazza della Libertà, 7
Tel. (0121) 91422
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Tel. (Oli) 6692458
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