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Anno 127 - n. 19
10 maggio 1991
L. 1.200
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a : casella postale - 10066 Torre Pellice
delle will valdesi
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE VALDESI E METODISTE
L’ENCICLICA « CENTESIMUS ANNUS »
Il Vaticano e la
scena internaziona
BRATISLAVA, 9-13 APRILE
Chiese nello Stato
L’enciclica Centesimus annus
è sorta come ultimo anello di
una lunga catena di documenti
papali che hanno sviluppato la
« dottrina sociale ».
Il primo anello fu posto da
Leone XIII il 15 maggio 1891
con la Rerum novarum. Nessun’ultra enciclica papale ha
avuto fino ad oggi tanta risonanza e tante nuove edizioni dei
suoi temi fondamentali quali il
lavoro, la proprietà privata, il
rapporto fra le classi sociali.
In questi cento anni, il Vaticano non solo è uscito dall’isolamento, ma ha accresciuto progressivamente il proprio ruolo
in ambito internazionale. Questo
allargamento progressivo del
campo di intervento si è manifestato in particolare nella dottrina sociale.
Il Vaticano infatti, senza rinunciare a quello che ritiene
essere il suo ruolo di insegnamento, non teme ora di addentrarsi nei problemi aperti dell’economia' e della politica internazionale.
I risultati del resto sembrano,
. in genere, soddisfacenti. In un
periodo di crisi delle grandi potenze e degli organismi internazionali, il papa che entra nella
scena internazionale ha indubbiamente un successo, sia in
termini di credibilità sia per il
« peso » politico internazionale
di essere insieme organismo politico e chiesa. Come stato e come chiesa, il Vaticano entra nella scena mondiale con la forza
numerica di 800 milioni di aderenti distribuiti su tutti i continenti, specialmente in Occidente, da dove più infiuiscono nella politica internazionale.
Questo spiega a priori il successo, magari effimero, di qualunque gesto o documento significativo venga proferito dal
Vaticano. L’altro motivo di successo — specificamente dell’enciclica Centesimus annus — è
dovuto all’accentuazione di alcuni temi che di solito sono trascurati nel dibattito politico: il
rapporto fra il lavoro e il diritto di proprietà (n. 31), la centralità dell’apporto umano nell’economia avanzata attuale, rispetto ai beni della terra (n. 33),
il problema della qualità dei beni di consumo nelle economie
più progredite (n. 36), l’azienda
di produzione come società di
persone più che come organismo economico (n. 43), ecc.
II facile successo iniziale può
preludere però ad una ulteriore
assenza della Chiesa cattolica
sia dai luoghi delle decisioni
economiche e politiche di maggiore portata, sia dalle coscienze degli uomini, dove si prendono le decisioni individuali. I governi infatti, nell’ora delle decisioni concrete, chiederanno
quanto divisioni ha il Vaticano
e, in ogni caso, troveranno sempre l’appoggio spirituale di qualche predicatore di successo, anche per le loro scelte più discutibili. Dal punto di vista delle
decisioni personali pesano negativamente, in particolare, le contraddizioni interne della dottrina cattolica, nonostante le non
poche astuzie per evitare le conseguenze di quelle contraddizioni.
Non basta infatti dire oggd
che « la chiesa non ha modelli
da proporre » (n. 43) senza fare i conti con le conseguenze sociali e politiche della ormai lontana scomunica ai comunisti e
del tuttora presente appoggio
(anche se attenuato) alla DC.
Come pure non basta affeiinarc
che la chiesa « rispetta la legittima autonomia dell’ordine democratico » (n. 47) senza espOcita•re le conseguenze che nascono
per la dottrina cattolica dalì’evidente contraddizione della suddetta affermazione con la proposizione n. 80 del Sillabo.
Né vale, ad evitare queste contraddizioni, il ricorso aU’ecologià per riproporre per vie traverse la normatività della « legge naturale » interpretata secondo la teologia scolastica, nell’ambito della vita familiare e dell’etica sessuale (nh. 38-39).
In ogpii caso, Wojtyla non
sembra preoccupato da queste
contraddizioni. Egli cerca nuovi
spazi per la Chiesa cattolica fra
le crepe della società occidentale, all’interno della miseria del
Terzo Mondo, ed anche nell’ambito dell’evoluzione dell’Est.
Uno dei suoi primi appelli
suonava: « Fate spazio a Cristo
nelle vostre città ». A tredici anni di distanza, c’è da chiedersi
se quello era l’appello di un predicatore dell’Evangelo o la sfida di un potere politico in ascesa.
Cesare Milaneschi
Rappresentanti di 23 chiese evangeliche
provenienti da 12 paesi d’Europa si sono incontrati tra il 9 e il 13 aprile presso Bratislava,
in Cecoslovacchia, per confrontarsi sulla loro
situazione in un mondo che cambia. Caratteristica di molte situazioni è il crescente contrasto tra chiese diverse in uno stesso paese, soprattutto nei paesi dell’Est; in particolare, i partecipanti all’incontro hanno sottolineato con
preoccupazione le difficoltà di convivenza tra
la Chiesa ortodossa romena e le minoranze evan
geliche, ma situazioni analoghe si sono riscontrate nei rapporti tra cattolici ed evangelici in
Polonia e in Slovacchia.
Molto tempo della riflessione comune è stato
dedicato alla posizione delle chiese nello stato,
ed è apparsa la situazione molto differenziata
delle singole chiese. Un notevole contributo all’incontro è stato dato dall’intervento di Josef
Hromadka, già vicepresidente del Consiglio dei
ministri di Cecoslovacchia e pastore della Chiesa evangelica di Boemia e Moravia.
Modra-Harmonia, in Cecoslovacchia, piccolo paese a una trentina di chilometri da Bratislava.
Nella prima metà di aprile delegati di chiese riformate e luterane
provenienti da 12 nazioni europee si sono incontrati — invitati
dal gruppo evangelico di lavoro
sui problemi confessionali in Europa, che ha il suo centro a
Bensheim, in Germania ■— per
confrontarsi sulla situazione delle chiese in un mondo (e in un’Europa) che cambia. L’incontro era
alla sua ventottesima edizione:
anno dopo anno, a partire dal
1963, cioè subito dopo l’inizio del
Concilio Vaticano li, su iniziativa
delle chiese riformate olandesi,
un gruppo sempre più numeroso
di responsabili di chiese riformate e luterane europee decideva di
mantenere un confronto sulla situazione nei vari paesi d’Europa
dal punto di vista confessionale.
La situazione ecumenica cambiava, e cambiava anche la situazione politica. Perciò questo punto di
osservazione che segnalava problemi, speranze, difficoltà ha potuto permettere, nel corso degli
anni, un dibattito aperto ed attuale.
Il tema di quest’anno era: « La
posizione delle chiese nello stato.
Riflessioni teologiche ed esperienze pratiche». Oltre ai rapporti
che, come ogni anno, venivano
presentati da parte di ognuno dei
paesi rappresentati, ci sono state
due relazioni introduttive: la prima tenuta dal pastore riformato
Josef Hromadka, già vicepresidente del Consiglio dei ministri cecoslovacco e « Synodalsenior »
della Chiesa evangelica dei Fratelli moravi, e la seconda dal prof.
Walter Schòpsdau, dell’Istituto
IMPARARE A CREDERE
La fede debole
« Ma Gesù le disse: ’’Figliuola, la tua fede t’ha
salvata: va’ in pace e sii guarita dal tuo male”»
(Marco 5: 34).
Gli episodi della guarigione di uria donna malata e della resurrezione della figlia di lairo sotto inseparabili sia per l’intreccio degli avvenimenti — il
cammino rapido di Gesù verso la casa di lairo è
rallentato dalla presenza della donna sta per i
continui riferimenti alla fede.
Entrambi ci stupiscono per le affermazioni inconsuete di Gesù. La donna che gli si accosta, per
toccare il lembo del mantello, tutto sornmato, e una
donnicciola di poca fede: non osa dire quel che
pensa e quel che vuole, si avvicina a Gesù di soppiatto, con fare goffo e impacciato.
La superstizione non è fede. E' probabile che
la donna, ritualmente impura a causa della sua
malattia, ’temesse qualche sanzione comwtitaria in
caso fosse stata scorta: i tabù sono difficili da
estirpare. Vanno denunciati e combattuti da chi
ha fede, da chi crede in un Dio che libera e salva.
Eppure proprio a un essere così timido e goffo
Gesù dice: «La tua fede ti ha salvata». E incoraggia invece lairo ad avere fede: proprio lui che
sembra già averla. Teologicamente e forse anche
culturalmente ben formato, egli sa come ci si comporta con un personaggio importante, non c è nulla
di disdicevole nel suo gettarsi ai piedi di Gesù. Per
un orientale come lui, il suo prostrarsi è solo segno
di deferenza dinanzi a chi ne è degno.
Eppure proprio a lairo, che almeno un po’ di
fede sembra averla, Gesù dice: « Non temeré: solo
abbi fede ».
Velato rimprovero o incoraggiamento?
Il seguito del racconto conferma questa seconda
ipotesi. E’ una parola di promessa che dà spazio
alla speranza. E non c’è da meravigliarsi se al termine del racconto — a resurrezione avvenuta —
vten detto che tutti «furono subito presi da gran
de stupore », o terrore, come qualcuno vorrebbe tradurre (Marco 5: 42). Perché l’intervento di Dio,
che si fa realtà concreta nel corso della nostra vita,
porta diritto alla meraviglia, tanto inquietante è
la sua presenza che spezza l’abitudine in cui ci
sentiamo più o meno a nostro agio.
E ci lascia perplessi e confusi il fatto che chi
sembra avere più fede sembra esortato... ad averne!
Mentre chi a nostro giudizio sembra averne una
molto informe o addirittura non averne viene accolto con lode: « La tua fede ti ha salvata! ».
Il fatto è che la vera fede — come è stato giustamente detto — non è adesione intellettuale, ma
impegno dell’anima con Dio.
Questo racconto è esemplare: ci parla della nostra poca fede sempre timorosa di sperare l’insperato e di credere che l’impossibile per Dio non
esiste.
In questi due episodi è racchiuso il segreto di
Cristo, sempre pronto a soccorrere chi si ponga alla
sua ricerca. E l’insufficienza della nostra fede viene
commisurata alla grandezza della grazia divina, che
incoraggia, potenzia e trasforma ogni esile fede.
Dio, in Cristo, ci accoglie e ci trasforma: la fede superstiziosa della donna diventa forte e coraggiosa (Marco 5: 33); quella di lairo, scossa da stupore di fronte alla potenza del figlio di Dio, ne
resta mutata e accresciuta.
Nessun credente è mai veramente tale: nessuno
di noi ha la fede vera, che sradica e trasporta le
montagne. Non stiamo perciò a stabilire impossibili
graduatorie fra cristiani con fede di prima o di seconda qualità: sappiamo soltanto per certo che
nel regno di Dio i primi saranno ultimi e gli ultimi
primi. L’essenziale è di sapere con chiarezza che il
Signore ci accoglie tutti alla sua scuola, senza respingere nessuno, per trasformarci ed indirizzarci
verso il cammino della perfezione e della santità.
Bruno Costabel
di Bensheim, che ha illustrato la
posizione ortodossa e quella cattolica romana sui rapporti chiesastato.
11 quadro complessivo, emerso
dalle relazioni dei rappresentanti
delle varie chiese, è molto complesso. In particolare la vita delle
chiese nei paesi dell’Est e del SudEst europeo è fortemente segnata
dai cambiamenti della società nell’economia e nella politica. L’aumento quantitativo, spesso atteso,
di membri di chiesa non si è finora verificato. Le nuove possibilità
delle chiese, come per esempio
l’insegnamento della religione, il
lavoro giovanile, la stampa, la radio e la televisione, sono una
grande sfida per le chiese. Anche
le correnti nazionali crescenti nei
singoli paesi pongono le chiese di
fronte a grandi compiti, e così pure la secolarizzazione e l’emergere delle sette.
In Ungheria e in Austria le chiese sono fortemente impegnate nel
lavoro con gli emigranti. Per le
chiese tedesche i problemi derivati dalla riunificazione sono ingenti e prioritari.
Preoccupazione desta nella regione romena della Transilvania
l’atteggiamento della Chiesa ortodossa che, apertamente, tenta di
impedire alla Chiesa riformata di
lingua ungherese di avere propri
luoghi di formazione.
A tal proposito i partecipanti
all’incontro hanno esplicitamente
criticato la « riserva politica » del
Consiglio ecumenico delle chiese,
colpevole di essere troppo allineato sulle posizioni ortodosse. Comportamenti antiecumenici di grandi chiese maggioritarie sono aumentati anche in altri paesi, cosi
per esempio in Polonia e in Slovacchia.
Per Josef Hromadka la chiesa
— con il suo annuncio dell’Evangelo — è uno strumento insostituibile per la costruzione di una
nuova società nell’Europa centrale
e orientale. 11 contributo cristiano
ad una nuova società non dovrebbe però significare che tutta la società venga inserita nell’involucro
di una ideologia cristiana e che la
chiesa prenda una posizione di potere nella società. Una tale posizione, che si osserva soprattutto nella Chiesa cattolica dell’Europa centrale ed orientale, non
prende in considerazione il fatto
che uno stato moderno in una
Eugenio Rivoir
(continua a pag. 6)
2
fede e cultura
10 maggio 1991
POESIA SU GIOVANNI DIODATI
SONDRIO
La «Bibbia protestante»
di Attilio Bertolucci
Un poeta contemporaneo dedica al traduttore della Bibbia i versi di
una sua composizione - Il clima della « persecuzione dei colportori »
La donna
nel protestantesimo
La Riforma e l’abbattimento della frontiera
tra sacro e profano - Interrogativi di oggi
Non so quanti dei nostri lettori, frastornati e angosciati dalla guerra del Golfo, abbiano avuto l’opportunità di leggere l’affascinante poesia di Attilio Bertolucci intitolata: Giovanni Diodati.
La si legge con altre cinque
poesie inedite nel n. 7-8 del 23
febbraio 1991 di « Mercurio », il
settimanale di lettere, arti e
scienze pubblicato da « La Repubblica », che ha dedicato un
paginone alla poesia del Bertolucci in occasione dell’uscita di
un’antologia di tutta la sua poesia (Al fuoco calmo dei giorni.
Poesie 1929-1988, Milano, Rizzoli).
Questa antologia non comprende le sei poesie inedite, delle quali fa parte questa dedicata al
Diodati. Si leggeranno in un altro
libro, che apparirà l’anno prossimo per i tipi della Garzanti.
Testimonianza di
evangelizzazione
Al di là della straordinaria capacità evocativa del fascino della poesia del Cantico dei cantici
nella traduzione diodatina, ravvicinata all’epica di J. Milton (Paradiso perduto, canto V, w. 475534), questa poesia è una testimonianza della modesta, tenace
ed efficace opera di evangelizzazione dei nostri padri della fine
dell’Ottocento e del primo Novecento, protesi a far conoscere in
Italia la Sacra Scrittura. In migliaia di famiglie italiane è entrata la « Bibbia protestante » per
l’opera di colportori, spesso
scherniti e perseguitati. Quell’intrusa spesso è rimasta sepolta in
uno scaffale, ma qualche volta
si è « radicata » rimanendo in
una famiglia cattolica come unica testimonianza della Parola di
Dio. Qualche volta quel libro
spinse il possessore, o un suo familiare, a varcare la soglia di uno
dei nostri templi per conoscere
da vicino i « protestanti », di cui
si teneva in casa il libro sacro.
Una felice coincidenza ha fatto
conoscere questa poesia, dedicata
al più grande traduttore italiano
della Scrittura, nell’anno della
ricorrenza centenaria dell’edizione definitiva del 1641. Il testo,
ristampato in anastatica dall’Alleanza biblica universale, è ancora oggi oggetto di ammirazione
per la ricchezza delle note e dei
rinvii. Si resta ancora oggi impressionati della semplicità dello stile nell’epoca del trionfante
secentismo europeo, ma si deve
tener presente che la prima edizione fu stampata nel 1607 e che
l’autore, intransigente e colto
teologo calvinista, si rifece alla
grande letteratura cinquecentesca
italiana e seguì, come l’altro poe
ta del Refuge, Giulio Cesare Pascali, l’estetica di Calvino e di
Teodoro di Beza. Costoro sostenevano che l’arte è un dono di
Dio e che deve essere spontanea
e semplice per essere strumento
di edificazione.
Questa traduzione, cara a molti poeti e letterati italiani dall’Alfieri al D’Annunzio, fu giudicata molto efficacemente dal biblista Salvatore Minocchi in una
conferenza fiorentina del 1903:
« La Bibbia classica della Riforma, dotta, bella, vigorosa, tanto
più lalta di quel Seicento che la
vide nascere ».
Salvatore Caponetto
IL TESTO DI BERTOLUCCI
Giovanni Diodati
La mia meraviglia quasi felicità
quando ho scoperto che Giovanni Diodati —
del quale leggevo la Bibbia protestante
chissà come entrata nella mia casa cattolica
se pure tepidamente con radici tenaci —
era amico di quel John Milton
che oggi — tardi — conto fra i poeti più
amati. Il cangiante
dei suoi versi — se dipinge Èva nuda
guarnire una tovaglia
di rosseggiami frutta nell’autunno
del Paradiso corruscando il meriggio
all’avvicinarsi dell’ospite - Raffaele
Arcangelo - per un pranzo a tre —
non è quale nella prosa dell’esule
lucchese sulle rive del Lemàno
si rivela la sposa del Cantico
suggerendo al lettore adolescente —
crepuscoli di fuoco entrando obliqui
nel granaio sonoro di frumento
nascondiglio aereo vertigine
di una pianura nera di rondini — la saliva dei baci?
Nel 1988 il Consiglio ecumenico delle chiese ha dichiarato
aperto il Decennio di solidarietà con le donne. Per fare un
bilancio sulla posizione della
donna in ambito protestante, il
Centro evangelico di cultura di
Sondrio ha recentemente invitato il pastore Salvatore Ricciardi, della Chiesa valdese di Milano, il quale ha tracciato un
arco che, partendo dai dati forniti dall’Antico Testamento, arriva fino ai nostri giorni.
Molti i punti interrogativi sottolineati dal relatore che ha criticamente analizzato la tradizione maschilista cristiana e, prima ancora, giudaica. In conclusione si può dire che anche nelle chiese sorte dalla Riforma
del XVI secolo la parità tra uomo e donna è ancora in divenire; occorrerà percorrere molta strada prima di raggiungere
risultati rispondenti alle indicazioni rivoluzionarie contenute ad
esempio nella lettera di Paolo ai
Calati, dove si dice che in Cristo non c’è né uomo né donna.
Ogni discorso cristiano sulla
donna, ha esordito il pastore
Ricciardi, parte necessariamente
dalla Bibbia. La Bibbia, oltre ad
essere testo ispirato, è anche
racconto della storia di un popolo e di una comunità credente nelle sue rifiessioni su se stessa e nelle sue lotte e discussioni con Dio. E’, però, anche un
documento situato in un preciso contesto storico, dal quale esso è forzatamente condizionato.
In quest’ottica bisogna leggere i
testi dell’Antico Testamento, per
esempio, che risentono delTimpronta maschilista e patriarcale
della società nella quale sono
sorti.
Per l’Antico Testamento la
donna non esiste in sé, ma soltanto come essere complementare all’uomo. Eppure già nelle
Scritture di Israele afflorano segni evidenti di un ordine diverso, di una umanità nuova. Ci
sono molte donne che rompono
gli schemi tradizionalmente loro
assegnati, ci sono riti di purificazione che non sono imposti
solo alle donne ma anche agli
uomini, e c’è un testo importante, nel libro del profeta Gioe
UNA NUOVA EDIZIONE DI ’’REVIVAL’
Gangaie e la cultura italiana degli anni ’20
Riproposto il volume in cui questo « interprete del protestantesimo » individuava nel Risveglio la chiave dell’evangelismo in Italia - Importante la nota finale di Alberto Cavaglion
Di Giuseppe Gangaie, originale interprete del protestantesimo italiano, l’editore palermitano Sellerio ripubblica nella collana « La memoria », con una
nota di Alberto Cavaglion, Revival del 1929 ’.
E’ la terza edizione, integrale, con gli estratti; la seconda,
a cura di Giorgio Bouchard,
uscì a puntate su « Gioventù
evangelica » nel 1959.
Il « Risveglio » come categoria
fondamentale per comprendere
il protestantesimo italiano: un
evangelismo multiforme, senza
Riforma.
Dall’intransigente e millenarista movimento evangelico raccolto intorno alle figure di Guicciardini e Rossetti, ai garibaldini Gavazzi e Taglialatela, all’entusiasmo metodista e alle vicende « evangel-massoniche » del
1908; in una carrellata avvincente, Gangaie dimostra l’equivoco
di fondo della presenza evange
lica in Italia: la mancata rivisitazione della Riforma, che conduce inevitabilmente ad una visione « settaria » oppure ad un
travisamento politico del messaggio evangelico (si vedano al
riguardo le interessanti e attuali pagine dedicate alla massoneria, pp. 52-60).
In questa analisi estremamente critica, non si salva neppure la Chiesa valdese con la sua
struttura calvinista, ma con lo
« spirito » risvegliato. E questa
opposizione è alla base, per Gangaie, del dramma di Bonaventura Mazzarella, « un meridionale
metafisico e rivoluzionario, che
si avvicina al piccolo popolo
eletto di profeti e rurali, e non
accetta » e di Piero Jahier, « duro rampollo di una famiglia di
pastori guerrieri che, all’urto
con la cultura, perde la fede
valdese» (p. 42).
La reazione gangaleana espressa nella rivista « Conscientia » si
concretizza in un « atto di accusa alla religione europea di
due secoli» (p. 81). All’equazione protestantesimo-borghesia
viene contrapposta la lettura
fatta « con amore » dell’Istituzione cristiana di Calvino
(p. 85). Si tratta di un recupero storico della fede evangelica
riformata che si tradurrà nella
riscoperta del « totalmente Altro » di Karl Barth da parte di
Giovanni Miegge e dei giovani
del Ciabas.
In appendice al volumetto è
la pregevole nota di Alberto Cavaglion: « Giuseppe Gangaie e la
cultura italiana degli anni ’20 ».
« Gangaie ha dialogato con gli intellettuali del suo tempo attraverso le pagine di ’’Conscientia”, l’editrice ”Doxa” e con fecondi contatti personali. L’adesione al manifesto crociano del
1925 e la fraterna amicizia e collaborazione editoriale con Piero
Gobetti sono note; meno cono
sciuta Tinfiuenza di Gangaie su
Aldo Capitini, teorico del pacifismo gandhiano e ideatore della marcia Perugia-Assisi » (pp.
109-110). Cavaglion esprime infine un ringraziamento alla vedova Margherita Uffer e ai pastori Sanfilippo e Ribet per la collaborazione.
Una lettura non solo interessante, ma contemporanea. La
laicità di Gangaie si traduce in
un netto rifiuto della religione
vista come collante della società; di fronte al progetto Wojtyla
di una « Europa cristiana » dall’Atlantico agli Urali è urgente
ribadire la centralità della predicazione evangelica, il grande
merito della Riforma e il nostro
compito quotidiano.
Eugenio Stretti
' G. GANGALE, Revival, con una
nota di A. Cavaglion, Palermo, Sellerio, 1991.
le, in cui esplicitamente si dice
che lo Spirito sarà dato a ragazzi e ragazze.
Il relatore ha paragonato queste « anomalie » che qua e là affiorano nei testi della Bibbia
al corso di un torrente carsico, sotterraneo per lunghi tratti e poi, improvvisamente, di
nuovo visibile in mezzo alla
campagna.
Così di nuovo, nel Nuovo Testamento, accanto a prescrizioni e atteggiamenti caratteristici
della società patriarcale, appaiono ripetutamente, e molto più
marcatamente rispetto all’Antico Testamento, i segni di quell’umanità nuova nella quale le
discriminazioni e le emarginazioni della donna non sono più.
Al seguito di Gesù ci sono discepole, la comunità che si raccoglie intorno a Gesù è formata da donne che, insieme a discepoli uomini, portano la responsabilità di trasmettere il
messaggio di cui sono testimoni.
Le molte forme
di oppressione
L’atteggiamento di Gesù nei
confronti delle donne — della
donna al pozzo di Samaria, di
Marta e Maria, della prostituta
che sta per essere lapidata —
rappresenta una novità che ancora oggi mette in discussione
le svariate forme di oppressione della donna nella nostra società.
Venendo alla tradizione evangelica, il pastore Ricciardi ha
ricordato il riemergere del torrente carsico nel movimento medievale dei valdesi, che ha riproposto con forza il diritto della
donna a predicare. E’ il primo
segnale di quella novità che irromperà sulla scena europea in
modo palese con la Riforma:
l’abbattimento della barriera tra
sacro e profano, la cancellazione della distinzione tra laici e
chierici, la riscoperta del sacerdozio universale.
Sulla scia di questa prima,
fondamentale liberazione dell’essere umano, ci si poteva aspettare che nelle chiese sorte dalla Riforma il ruolo paritario
della donna rispetto all’uomo
fosse immediatamente riconosciuto. Invece non è stato così.
Vari fattori, di adattamento alla società e allo status quo, di
perdita dello slancio iniziale dovuto alle persecuzioni e via dicendo, hanno impedito alle donne di appropriarsi dei frutti della rivoluzione religiosa del Cinquecento.
In questo secolo, finalmente,
in quasi tutte le chiese protestanti alla donna è riconosciuto il diritto al pastorato. La
donna pastore è una realtà più
o meno accettata e attivamente
inserita nella vita delle comunità evangeliche.
Anche le chiese protestanti
italiane hanno accettato il pastorato femminile; segno di xma
presa di coscienza importante,
perlomeno nell’ambito del ruolo
della donna nella chiesa. Parallelamente questo nuovo orientamento, questa riscoperta della
nuova umanità indicata neh
l’Evangelo, ha riscontri pratici
e visibili (ad esempio nella posizione assunta dalle chiese
evangeliche italiane in favore del
mantenimento della possibilità
di divorziare e di abortire). Bimane però ancora molta strada
da fare per realizzare una mag;
giore parità e concepire nuovi
progetti di vita associata che
riconoscano alla donna tutta la
sua dignità.
Paolo Tognina
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F
10 maggio 1991
fede e cultura
I VALDESI E IL BATTISTERO DI PARMA
INTERVISTA A PIERRE BOLLE
Una muta testimonianza n ruolo di un
Accreditata ad alto livello la tesi secondo cui il « Liber antiheresis » potè influenzare lo scultore e architetto Benedetto Antelami
Alcuni anni or sono, in occasione del XXVII Convegno di
studi sulla Riforma ed i movimenti religiosi in Italia (Torre
Pellice, 6-8.9.1987), la dott.sa Lucia Cesarina Guasti Gardicl, nel
suo contributo, presentava con
accurata documentazione questa
suggestiva ipotesi: le sculture di
Benedetto Antelami (1150 ca 1230 ca) sui portali del battistero di Parma sono una muta testimonianza valdese.
La loro originalità iconografica, che non trova riscontro nell’arte romanica italiana né in
quella delle varie scuole francesi ad essa collegate da stretti
rapporti, non può più essere letta come il frutto della « continua facoltà inventiva » dello
scultore; quelle sculture sarebbero invece l’esposizione visiva
di quella « pietà » e di quella
« teologia » dei primi seguaci di
Valdesio di Lione della fine del
XII sec. descritte nel Liber Antiheresis di Durando d’Osca, tra
il 1190 e il 1194 circa.
Allora (cfr. Eco/Luce del 30.
10.1987, p. 3) presentai volentieri ai lettori quell’ipotesi di lettura delle sculture del battistero parmense alla luce del testo
di Durando perché mi aveva affascinato; oggi desidero congratularmi vivamente con la dott.sa
Guasti Gardiol perché la sua ricerca, ampliata nella documentazione ed arricchita dei testi a
suffragio della lettura proposta,
è apparsa addirittura nella prestigiosa pubblicazione Arte medievale. Periodico internazionale di critica dell’arte medievale
(2* s., 5 [1991], n. 1, pp. 75-82),
edita dall’Istituto della Enciclopedia italiana fondato da G.
Treccani, Roma. E ben meritava tale riconoscimento la ricerca compiuta, per la serietà e per
la nuova pista di indagine proposta.
del testo di Durando (correttamente citato neH’originale latino
secondo l’edizione del Belge), ne
scopre la motivazione nell’intenzione chiara, da parte dello scultore, di voler testimoniare la fede nell’umanità di Maria e quindi di Gesù, proprio queU’umanità che, sia per Mai:ia che per
Gesù, veniva negata dai catari,
quegli « eretici » contro i quali
è rivolto il Liber nel suo dichiarato intento di difendere l’ortodossia della fede dei seguaci di
Valdesio di Lione.
Un altro esempio viene dato
dalla lettura della porta ovest
del battistero, nel cui stipite sinistro sono scolpite le cosiddette sei opere di misericordia. Nella lettura fattane dalla Guasti
Gardiol, sempre su precise citazioni e raffronti con il Liber Antiheresis, esse appaiono essere
piuttosto la descrizione di sei
opere di assistenza immediata,
contingente e materiale che i
« credenti » valdesi, cui era lecito possedere dei beni, erano in
dovere di prestare ai « poveri di
Cristo », cioè ai predicatori itineranti valdesi, per sostenerli
nella loro missione.
Interessante è anche la corrispondenza evidenziata tra alcune espressioni di simbolismo
particolare nel Liber e alcune
parole delle iscrizioni scolpite
nei riquadri del portale, sempre
apparse di difficile, o almeno di
non immediata interpretazione.
Mi si consenta un ricordo personale. Discutendo nel novembre
1956 la mia tesi (allora si diceva « di licenza teologica ») presso la Facoltà di teologia di Roma sulle dottrine dei valdesi da
Valdo all’incontro con la Riforma, nelle tesine conclusive avevo espresso l’impressione che allora mi si era imposta con sem
pre maggiore evidenza nei tre
anni di preparazione della tesi,
e cioè l’impossibilità di ricondurre il fenomeno valdese in
una visione armonica unitaria, o
almeno articolata secondo alcuni filoni ben precisi: francese,
italo-tedesco, boemo. Il povero
candidato in teologia di allora
non potè che esprimere il proprio disagio per l’impossibilità
di costruire un’auspicata armonizzazione, di fronte ai vari fenomeni di sincretismo, frammentarietà, divergenze, incoerenze e coesistenza di posizioni tra
di loro apertamente cóntrastanti, testimoniati dalle fonti inquisitoriali e non.
Oggi il prof. G. G. Merlo, con
l’acutézza e la serietà di ricerca che lo distingue, ci ha ormai convinti dell’utilità euristica di usare il plurale « valdismi » al posto del classico tradizionale singolare « valdismo »
nella ricerca per accertare i fatti, le verità e la vastità del fenomeno che va sotto tale nome.
Perché dunque non approfondire la tesi Guasti Gardiol
di un nuovo aspetto di questi
« valdismi », certamente limitato
all’ambito dell’iconografia medievale, ma che ci giunge come muta testimonianza indiretta mutuata dalle sculture dell’Antelami?
E’ una proposta da verificare.
I fermenti religiosi suscitati dai
vari movimenti « ereticali », tra
cui anche il valdismo della primissima ora, potrebbero aver lasciato delle tracce che oggi ancora sono davanti ai nostri occhi ma che non riusciamo ad
identificare con sufficiente evidenza, forse perché non ancora
abituati ad usare nuove chiavi
di lettura.
Giovanni Scuderi
L’arte e i suoi
debiti teologici
Alcuni esempi. La dott.sa Guasti Gardiol ad un certo punto
del suo esposto propone la correzione della tradizionale interpretazione di una iscrizione riferita a Maria, ma di difficile
lettura, sulla porta nord del battistero e ne indica il significato
non nella classica esaltazione
mariana bensì, al contrario, nella sottolineatura della natura
mortale, profondamente umana
di Maria e della stirpe che da
essa proviene, quindi di Gesù.
Ciò permette di comprendere, di
conseguenza, la scelta apparentemente arbitraria ed indubbiamente oscura dei 12 personaggi, re della tribù di Giuda, raffigurati nello stipite destro come discendenza di Jesse (personaggi che siedono sui rami
dell’albero che nasce dal corpo
di Jesse) e quindi stirpe di Davide. Questi re non solo non appaiono in altre raffigurazioni
iconografiche simili, almeno non
tutti, ma anzi solo in minima
parte si ritrovano nelle genealogie neotestamentarie e non sono riportati in alcun discorso
biblico e neo testamentario.
L’ipotesi acquista solidità: _ influenzato dal Liber Antiheresis e
dalle sue argomentazioni, l’Antelami ha scelto di proposito quei
dodici personaggi perché, secondo la testimonianza veterotestamentaria, furono dei re idolatri,
infedeli al Signore. E’ significativo inoltre che l’arco di tempo
a cui essi appartennero vada da
Davide all’empio Manasse. Come mai dunque in una iconografia che descrive il processo
di discendenza dal capostipite
della dinastia davidica fino a Maria, madre di Gesù, lo scultore
raffigura solo dei re di Giuda
particolarmente infedeli a Dio?
La Guasti Gardiol, sulla base
SEGNALAZIONI
Sulla Resistenza
La bibliografia sul fascismo e
la Resistenza, come si sa, è molto vasta e non immune da contaminazioni agiografiche. Per di
più è un settore che ospita molti generi, dall’autobiografla, alla
testimonianza, alla ricerca storica vera e propria. Desidero segnalare due testi usciti recentemente che ritengo utili in particclar modo dal punto di vista
didattico perché contengono fonti scritte di facile lettura ed agile interpretazione.
Il primo testo è di Francesco
Omodeo Zorini, La formazione
del partigiano. Politica, cultura,
educazione nelle brigate « Garibaldi », edito dall’Istituto per la
storia della Resistenza e della
società contemporanea di Vercelli. L’autore ha inteso cogliere il nesso fra il nuovo intento
educativo (e pedagogico) dMl’esperienza resistenziale e l’obbligatorietà e l’inevitabilità dello schierarsi che i tempi richiedevano. Nel partigiano, e a.ncor
di più nel commissario politico,
stava nascendo una curiosa fi;
gura che ridisegnava i confini
del pubblico e del privato all’interno di un piccolo nucleo: la
banda come comunità educante.
Per far questo l’autore ha consultato e schedato oltre 10.000
documenti e 400 testate fra giornali e pubblicazioni varie. Una
enorme massa di materiale da
cui è stata scelta una sene
di fonti riprodotte nel libro e
raccolte sotto cinque titoli: il
commissario politico, un educatore; la vita di partito; la politica culturale; educpione: autogoverno, democrazia, parteci
museo protestante
Il prof. Bolle di Grenoble ha tenuto un seminario a Torre Pellice
nel corso del 1° incontro dei musei protestanti d’Europa.
pazione; stampa e propaganda:
i giornali murali.
Molto ricca, forse troppo, la
bibliografìa di supporto che, come osserva anche Guido Quazza neH’introduzione, tradisce la
passione dell’autore, teso a congiungere pedagogia e storiografia per un periodo, quello della
Resistenza, che continua ad interrogare il nostro presente.
Di altro tenore, ma non meno
interessante il libretto « rosso »
curato da Maria Airaudo, Il
prezzo della libertà e della pace. Montoso - 45 anni dopo, realizzato dal comune di Bagnolo
Piemonte e dall’Associazione
partigiani di Luserna San Giovanni. Diviso in sei parti
(Diari di guerra; Due gloriosi
partigiani; Ricordi di avvenimenti; In memoria degli alpini
dispersi in Russia; Poesie e canzoni inedite; L’affermazione dei
valori: pace e libertà 45 anni
dopo), alterna ricordi personali
a fonti scritte dell’epoca resistenziale. Come commento a fatti del passato compaiono poesie
scritte successivamente dalla curatrice del libro.
Questo scritto non è una ricerca storica, il suo valore sta
nell’essere una raccolta di testimonianze e nell’essere esso stesso una testimonianza di volontà di ricordare un avvenimento
come la Resistenza in cui si è
maturati e cresciuti. Vi troviamo le parole di ieri e la memoria idealizzata di oggi, una
scrittura che autorappresenta gli
stessi protagonisti dei racconti
contenuti.
B. P.
— Qual è la funzione di un museo protestante oggi?
— La prima funzione, credo, è
di permettere alle persone che vivono nelle vicinanze del museo di
ritrovare la loro identità. Come
hanno vissuto i protestanti, dall’epoca della Riforma o prima
della Riforma. Come hanno affermato la loro fede e le loro convinzioni e come hanno attraversato quei quattro, cinque o sei
ultimi secoli.
Un’ altra funzione, alla quale
non avevano pensato i fondatori
del « Musée du Désert » o del museo di Poet-Laval, è che, nella società odierna, ci sono sempre meno persone che hanno ricevuto, o
conservato, una formazione religiosa. E questo fenomeno, in
Francia, viene aggravato dal fatto
che nei programmi scolastici di
storia si è a poco a poco cancellata questa storia.
— In genere, un museo è concepito per rivolgersi prevalentemente a dei profani o a membri
della confessione?
— Questo è il punto e ciò spiega l’evoluzione attuale dei musei
protestanti. I musei che hanno 30
0 40 anni sono stati concepiti per
1 membri della comunità ecclesiale o religiosa. Ora invece succede che, per via del fenomeno
turistico o. per via della ricerca
delle radici da parte di persone
che vivono fuori della zona di
origine (discendenti stranieri del
Refuge), abbiamo sempre più visitatori che non sono protestanti
e che non sono francesi. Abbiamo
3 tipi di visitatori : protestanti più
o meno praticanti, persone che
non sono protestanti o che sono
cattolici marginali e che non capiscono nulla di storia religiosa,
e stranieri. Ciò implica che oggi
il ruolo della guida è molto diverso da quello di vent’anni fa. La
guida di oggi deve essere capace
di rispondere ad un mucchio di
domande e anche di spiegare
quali sono i grandi principi della
Riforma, cosa è un culto protestante oggi, cosa rappresenta la
Santa Cena, ecc. E sono domande
che nascono da un’inquietudine,
da una mancanza di identità da
parte dell'insieme di una società
che cerca se stessa. Abbiamo parlato in questi giorni di ritorno
della religiosità. Ciò vuol dire che,
effettivamente, c’è sempre più
gente che non ha più alcrma radice religiosa e che si sente completamente scombussolata, e che
cerca, chi il buddismo, chi ogni
specie di teoria che va di moda.
Ma ce ne sono che, visitando imo
di questi nostri musei, scoprono
ad un tratto cose appassionanti.
Ciò dimostra che i musei non
sono più una semplice raccolta
di vecchie cose da far vedere a
qualche esperto o a qualche curioso, ma invece rispondono a
domande che la gente si pone.
— Quale rapporto ci può essere
tra un museo protestante e la testimonianza attuale delle chiese
protestanti?
— Generalmente, le visite sfociano nell’attualità: chi sono e
dove sono i protestanti oggi, cosa
fanno, che posizioni hanno. Si
manifesta quindi un interesse al
quale il museo deve saper rispondere. I musei sono uno dei luoghi privilegiati non dell’evangelizzazione — che è una parola un
po’ ambigua sotto certi aspetti ■—
ma di una presentazione di ciò
che è l’Evangelo e di ciò che è il
cristianesimo oggi nella nostra
società. E’ per questo motivo che
è bene che i musei, oggi, abbiano
una biblioteca in cui trovare libri ben fatti che spieghino cosa
è il protestantesimo e che presentino in modo chiaro le grandi
affermazioni della Riforma. E’ bene che ci sia anche un centro di
ricerca dove poter lavorare per
una giornata su archivi e documenti.
— Secondo lei, la storia valdese
ha un valore universale?
— Forse non ha un valore universale, ma sicuramente un valore esemplare, estremamente importante per tutti i paesi del bacino mediterraneo che si trovano
più o meno nella stessa situazione di minoranza in un contesto
cattolico molto pesante.
— La storia dei valdesi sembra
relativamente poco nota in Francia, paese di Pietro Valdo, malgrado l’opera di Alexis Muston,
che fu pastore a Bourdeaux per
.52 anni. E’ vero?
— E’ vero che nella seconda
metà dell’Ottocento Alexis Muston ha fatto molto per far conoscere i valdesi, e se Michelet ha
parlato dei valdesi nella sua Storia di Francia è perché Muston
glieli aveva fatti scoprire. Poi c’è
stato un lungo periodo di vuoto.
Dopo la pubblicazione in francese del libro di Giorgio Tourn
sui valdesi, la conoscenza della
vicenda valdese è progredita molto. Vi sono stati inoltre alcuni
lavori universitari sui valdesi del
Luberon. E ora sta per essere
pubblicata una tesi monumentale della mia collega, Pierrette Paravy, attualmente una delle migliori medieviste francesi, una tesi sulla storia religiosa del Delfmato nel '300 e '400. E ovviamente, nel Delfinato di allora, ha incontrato i valdesi. In questa tesi
si troveranno cose del tutto nuove sui valdesi.
— In che cosa si differenzia il
museo di Torre Pellice dai musei
protestanti francesi?
— In Francia abbiamo due tipi
di musei: quelli centrati su una
personalità (è il caso del museo
di Noyon centrato su Calvino) e
i musei regionali (è il caso del
« Musée du protestantisme dauphinois » di Poët-Laval, nella Drôme). Nel caso di Torre Pellice, si
tratta di un museo nazionale, cosa che non abbiamo in Francia,
perché anche il « Musée du Désert » è un museo regionale. Da
questo punto di vista il museo
di Torre Pellice, suddiviso tra
storia valdese e mondo valdese,
è molto più completo.
Intervista a cura di
Jean-Jacques Peyronel
Appuntamenti
Venerdì 10 maggio — BIELLA: Alle
ore 21, presso la Chiesa valdese, la
pastora Letizia Tomassone parla sul
tema: « Sfida della teologia femminista alla coscienza cristiana ».
Venerdì 17 maggio — IVREA: Alle
ore 21, presso la Chiesa valdese, la
pastora Letizia Tomassone e la teologa Adriana Zarri parlano sul tema:
. Quale libertà per la donna nelle chiese cristiane? ».
23-26 maggio — AGAPE: Sì tiene
un incontro internazionale delle chie
se « storiche pacifiste » (quaccheri,
mennoniti, valdesi, ecc.) sul tema:
« Cristiani per la pace ». Tel. 0121/
807514.
31 maggio — REGGIO CALABRIA:
E' questo il termine per il concorso
letterario « Rhegium Julii ». Esso comprende una sezione narrativa (max. 6
cartelle) e una di poesia (due liriche
inedite o una silloge, max, 40 liriche).
Condizione è che ì testi siano inediti.
Informazioni presso la segreteria (via
Salazar. 5 - Reggio Calabria).
4
4 vita delle chiese
10 maggio 1991
LA TAVOLA INFORMA
Incontri con le
commissioni
Continuare il lavoro pastorale fra gli immigrati - La campagna delle « 3P » - Il giornale unico BMV e un incontro con il « Konsistorium »
Al centro delle sedute di aprile (12-14) la Tavola ha posto la
programmazione della relazione
annua. Dopo un ampio scambio
di vedute e di valutazioni è pervenuta a stendere un indice ragionato, distribuendo i compiti
di stesura tra i suoi membri.
Incontri
Nel corso delle sue sedute la
Tavola ha incontrato il presidente del Comitato della CEVAA,
pastore Renato Coisson, con il
quale ha fatto il punto sul lavoro della CEVAA a 20 anni dalla sua fondazione. Questo incontro si collocava nel quadro di
una valutazione articolata che
si sta compiendo nelle diverse
chiese che aderiscono alla
CEVAA, in vista di un bilancio
globale di questa attività di collegamento e collaborazione interecclesiastica.
ne di prima mano sullo stato
del progetto. La Tavola si è rallegrata nell’apprendere che alcune incertezze sull’importante tema della veste giuridica dell’editore sono state superate e che
si sta ora lavorando alla stesura dello statuto di una società
a responsabilità limitata, pensata per rispondere alle particolari necessità di gestione da parte dei tre esecutivi BMV e di
partecipazione di singoli e di
chiese. Passi avanti si stanno
ugualmente facendo nel delineare l’organigramma della redazione e il preventivo dei costi di
investimento, di lancio e di gestione. I tempi sono strettissimi e non consentono ritardi in
vista di una partenza autunnale quale è stata voluta dall’Assemblea-Sinodo. La Commissione sta quindi lavorando con impegno per presentare agli esecutivi BMV il suo rapporto finale nella riunione programmata per il 30 giugno.
La Tavola ha approfittato della presenza del pastore Coisson
per tirare le file del dibattito
che si è svolto durante lo scorso anno sul futuro dell’Azione
apostolica comune di Roma (il
progetto che da 6 anni unisce
il lavoro sociale tra gli immigrati africani e il lavoro pastorale a favore di una comunità
francofona a Roma). A seguito
della consultazione con la
CEVAA, che ha promosso insieme alla Tavola il progetto, si
è deciso di richiedere alla
CEVAA l’invio di un giovane pastore africano che continui il lavoro, possibilmente ampliandolo, quando terminerà il secondo
mandato quadriennale del past.
Bony Edzavé (1993). Intanto la
comunità francofona di Roma
ha ultimato la stesura del proprio statuto e si prepara a chiedere di essere riconosciuta, a
mezzo di un’apposita convenzione, come chiesa costituita all’interno dell’ordinamento valdese.
Statuti
La Tavola ha inoltre incontrato la Commissione finanziaria
per il consueto incontro annuale. Riferendo del proprio lavoro
di consulenza in campo finanziario, la Commissione ha auspicato una più chiara ufficializzazione del proprio mandato, onde poter svolgere meglio il proprio lavoro a contatto con le
CED e la Tavola, soprattutto sui
temi della « Campagna delle
3P », sul « punto di equilibrio »
e, in campo valdese, sul nuovo
meccanismo di formaziofie dei
preventivi. Nell’incontro con la
CF è stata programmata la stesura di alcune schede su questi
temi (da accludere alla prossima circolare Tavola) e la stampa di un dépliant divulgativo
promozionale.
Infine la Tavola ha approfittato della presenza della Commissione per il giornale comune, riunita in quei giorni nell’ospitale Casa valdese, per incontrarla e avere un’informazio
Si è detto dello statuto della chiesa di lingua francese a
Roma, di quelle della srl per
il giornale comune. Altre opere
stanno portando avanti la loro
revisione in vista di un’approvazione sinodale, distrettuale o di
altro tipo: la Facoltà per il suo
regolamento (complementare allo statuto approvato l’anno scorso), Agape, il Gignoro, la Fondazione Centro culturale valdese, la Fondazione Villa Betania
di Napoli, il Centro di Bethel
e Casa Cares. Se gli anni ’70
hanno conosciuto un intenso lavoro per il varo dei Regolamenti organici, gli anni ’90 stanno
vedendo un’altrettanto intensa
opera di riordino statutario che
sta mettendo via via le opere
in grado di agire con una più
chiara e corretta soggettività fiscale e giuridica. La Commissione per le discipline, che in materia regolamentare ha sempre
l’ultima parola di revisione, è
fortemente impegnata nell’esame di questa diversa produzione normativa.
Interventi edilizi
no regolatore di Torre Pellice.
Grazie al lavoro preparatorio di
due suoi membri, Costabel e Rostan, insieme al responsabile delrUflicio tecnico Bertct, la Tavola ha potuto approvare un complesso di osservazioni — concordate con il Concistoro di Torre Pellice — relative agli edifici
ecclesiastici valdesi di Torre Pellice. In base ad un criterio di
rispetto per l’interesse comune
di previsione di successivi interventi di ristrutturazione e di
salvaguardia delle caratteristiche
storico-culturali del nostro patrimonio immobiliare. Tavola e
Concistoro si dispongono ad
aprire con il Comune di Torre
Pellice un dialogo che intendiamo essere di costruttiva collaborazione.
Campo di lavoro
In vista della emeritazione del
pastore Salvatore Carco la Tavola ha destinato a San Remo
e Bordighera-Vallecrosia il pastore Giuliana Gandolfo (ottobre ’91) che sarà coadiuvata, per
quest’ultima chiesa, da un candidato. La Tavola ha inoltre accolto la domanda del diacono
Franco Taglierò per una prèparazione straordinaria al pastorato. Indirizzandolo alla Facoltà di
teologia per concordare il piano
di studi, la Tavola lo ha assegnato alla chiesa di Biella per
il quinquennio di lavoro pratico che accompagna lo studio
previsto dalla recente normativa che regola questo accesso al
pastorato.
Con i luterani
La Tavola si è occupata, come in ogni tornata di sedute,
di interventi edilizi. Sono a diversi livelli di preparazione gli
interventi sugli stabili di Napoli via dei Cimbri, Genova e Livorno (rifacimento facciate),¡Roma IV Novembre (consolidamento interno e trasformazione
del riscaldamento), Siena (progetto di ristrutturazione della
palazzina accanto al tempio). Si
sta definendo l’acquisto di una
unità immobiliare da trasformare in locali di culto per Marsala.
La Tavola ha anche preso in
esame la variante n. 5 al Pia
Traslochi
i^\D0iiie e trasportt per qualsiasi destinazione
Assicuraziorà Attrezzatura con autoscala operante dall’esterno fino a
m. 43
AGENZIA GENERALE DI TORRE PELLICE Preventivi a richiesta SALA GIULIO
Via Repubblica 14 - tei. 0121/91820 Via Belfiore 83 - Nichelino Tel. 011/6270463
5 MAGGIO: FESTA DI CANTO
Lunedì 15 aprile una delegazione della Tavola ha incontrato nei locali della chiesa di via
Toscana una delegazione del
Konsistorium della Chiesa evangelica luterana in Italia (CELI).
Nel corso dell’incontro, che si
rinnova opportunamente ogni
anno, sono stati passati in rassegna problemi e collaborazione. Tra queste spicca l’interim
della Chiesa valdese ed elvetica
di Trieste assicurato quest’anno
dal pastore luterano locale Paolo Poggioli. Tra i problemi. Tavola e Konsistorium hanno discusso un incidente occorso l’autunno scorso a Torino: un malinteso tra un pastore luterano in
visita a evangelici di lingua tedesca e due pastori valdesi che
abitualmente provvedono alla cura pastorale di quegli stessi ha
offeso l’uno e irritato gli altri.
In vista dell’Europa del ’93 —
hanno affermato Konsistorium e
Tavola in una dichiarazione comune — l’episodio di Torino deve servire a mostrare « la necessità di sviluppare insieme una
azione comune di accoglienza e
servizio ».
Corali ad Agape
Probabilmente per la prima
volta — almeno così ricordavano i pastori presenti — la Festa di canto delle corali si è
svolta ad Agape. L’occasione è
stata data dal quarantennale dell’inaugurazione del Centro, anche se l’avventura di Agape iniziava, come progetto, fin dal
1946.
La Festa si è svolta domenica 5 maggio scorso ed ha coinvolto anche la chiesa di Frali;
il culto mattutino si è infatti
tenuto nel tempio di Ghigo con
la predicazione del past. Sergio
Ribet sul testo di 1 Corinzi 13;
molti pralini hanno poi collaborato con il gruppo di Agape per
la buona riuscita della giornata.
Non è stata comunque una festa tradizionale; lo stesso luogo
suggeriva qualcosa di più mobile e sperimentale del solito:
dopo il culto infatti i presenti,
compresi i bambini, hanno partecipato a diversi « laboratori
musicali »; amanti del nuovo o
dei canti tradizionali, bambini
ed anziani, sì sono riuniti in varie sale della chiesa di Frali o
di Agape ed in meno di due
ore hanno messo in piedi lavori
e brani anche di media difficoltà, presentati poi nel pomeriggio.
Erano comunque molti i presenti; Agape ha fornito oltre 200
piatti di pastasciutta e probabilmente altrettante persone avevano scelto il picnic (riuscito malgrado i fiocchi di neve conferissero alla giornata più l’aspetto
natalizio che primaverile); una
colletta spontanea nel pomeriggio ha offerto al Centro 880.000
lire.
Tra i presenti c’erano anche
persone che hanno dato un importante contributo alla fondazione; tanto per fare alcuni nomi abbiamo visto Osvaldo Peyran, della squadra di Maniglia
che aveva provveduto alla fabbricazione della calce necessaria
alla costruzione, e l’ing. Nino
Messina, che aveva organizzato i
primi cantieri per la costruzione di Agape.
In apertura di pomeriggio
Peggy Bertolino ha insegnato ai
coralisti, guidandoli poi nell’esecuzione, un canone a tre voci;
la corale di San Secondo ha proseguito con un lavoro di Sebastian Korn per tre gruppi vocali e strumenti « Orff » (xilofoni,
vibrafoni, triangolo, ecc). Fra i
vari inni di insieme si sono poi
espressi gruppi di flauto guidati da Sylvia Dieter e Gisela Lazier, le corali di Villar-Bobbio
e Luserna S. Giovanni hanno
presentato la cantata « Lode all’Altissimc » di Helmut Walcha,
diretta da Walter Gatti, frutto
di uno dei laboratori mattutini;
il gruppo guidato da Klaus Langeneck ha presentato il suo laboratorio di musica contemporanea con « Òdi et amo » di Cari
Orff.
Del resto proprio Ferruccio
Corsani, non senza una certa
emozione, aveva diretto, in apertura, le corali riunite, nel canto nato spontaneamente fra i lavoratori di Agape « Lassù sulle
montagne e le vallate in fior.
Agape è costruita con amore»,
un inno che intere generazioni
passate per Agape hanno cantato e canteranno.
I giovanissimi hanno presentato un gioco musicale, guidati
da Marianne Hintermùller ; la corale di Genova, da anni partecipe della Festa delle corali, ha
presentato un’interessante esecuzione dell’inno 28, i partecipanti al laboratorio guidato dal maestro Corsani hanno eseguito una
sua composizione sul tema « Signore, benedici l’opera delle nostre mani ».
CRONACA DELLE CHIESE DELLE VALLI
Assemblee di chiesa
PRAMOLLO — Durante il culto del 21 aprile è stato battezzato il piccolo Luca Bounous, di
Marco e Franca. Chiediamo a
Dio di essere sempre presente
nella vita di questo bimbo e dei
suoi genitori.
• L’assemblea di chiesa del
28 aprile ha eletto quale deputata al Sinodo Claudia Travers
Beux (supplente Florence Jones
Vinti) e alla Conferenza distrettuale Marco Long e Valdo Menusan (supplente Alma Beux
Menusan).
L’assemblea ha pure deciso di
esprimere con il voto il proprio
parere sul problema dell’8 per
mille: tutti i presenti sono stati favorevoli alla sua accettazione.
Serata dei coretti
TORRE PELLICE — Sabato H
maggio, alle ore 21 nel tempio
del centro, appuntamento a tutti per una piacevole serata di
canti offerta dai due coretti diretti da Franco Taglierò.
11-12 maggio
• Si sta organizzando per domenica 2 giugno la gita comunitaria che avrà come mete
Montreux e Ginevra, in Svizzera.
Chi desidera partecipare può
prenotarsi presso il pastore o
presso Alma Beux Menusan.
n CONVEGNO EGEI
VILLAR PEROSA — La FGEl organizza un convegno sull’obiezione alle
spese militari; ritrovo alle ore 19.30
di sabato alla Foresteria. Per informazioni tei. Pierpaolo Long (73318) o Doriano Coisson (932839).
Domenica 12 maggio
F. G.
PRALI — Domenica 12 maggio è convocata l’assemblea di
chiesa per l’elezione dei deputati alla Conferenza distrettuale e
al Sinodo. Predicherà il pastore
Eugenio Stretti.
VILLAR PELLICE — Durante
l’assemblea di chiesa del 5 mag
gio sono stati eletti deputati al
la Conferenza distrettuale: Re
mo Dalmas, Lilia Garnier in Ca
talin e Silvia Geymet in Baro
lin (supplente Giuseppe Gönnet) e al Sinodo: Bruna Frache
in Pividori e Patrizia Tourn in
Davit (supplente Marina Geymonat in Bonjour).
La stessa assemblea di chiesa si è dichiarata favorevole ad
accettare l’8 per mille dell’Irpef.
□ dipartimento
DIACONALE
TORRE PELLICE — Presso la Comunità alloggio di via Angrogna si tiene un convegno dal titolo: « Quale testimonianza rendono le nostre opere? ». Ore 9, interventi di Bruna Peyrot e Elio Canale. Ore 10, culto nella cappella degli Appiotti, a cui seguono il video « Strane realtà » e la
visita dell'istituto. Ore 12.30, pranzo
in Foresteria, Nel pomeriggio (ore
14.15) interventi di Sergio Catania e
Sergio Ribet, lavoro in gruppi e conclusioni. Informazioni: Vito GardioI
(tei. 93108).
□ INCONTRO DELLE
SCUOLE DOMENICALI
VILLAR PELLICE — Le Scuole domenicali del I Circuito si incontrano
per l'annuale festa nel tempio di Villar Pellice alle ore 10.30.
5
10 maggio 1991
vita delle chiese 5
COMMISSIONE SINODALE E REALTA’ LOCALI
RIESl
Evangelizzazione :
Un incontro riuscito
■ ^ - ^ evangelici della Sicilia hanno rinnovato
In6 C^?lirivin6 rappuntamento annuale - 300 i partecipanti
Una struttura che parte dalle chiese, per poi coinvolgere i circuiti e i distretti - L’esempio del Dipartimento delle chiese battiste
Si riparte, ma non da zero,
e nemmeno da soli: c’è anche
la nuova commissione sinodale
nominata appositamente.
Parliamo di evangelizzazione,
questione che riemerge spinta
da due verità: essa è il compito della chiesa e d’altra parte
scarseggia la gioia di condividere con nuovi membri la fede in
Gesù Cristo.
Certo le chiese locali non dormono, anzi c’è a livello locale
un pullulare di attività: si aprono nuovi centri culturali, si organizzano conferenze, si partecipa a varie manifestazioni, si gestiscono opere sociali, le stesse
Valli rappresentano un pezzo di
storia italiana.
Ma tutto questo non è ancora evangelizzazione, cioè l’esplicitq annunzio che Gesù di Nazaret è il Signore che salva: ecco la nostra chiesa, condividiamo un cammino e una ricerca.
In sintesi, dati alla mano, si
ammette che con tutto quello
che le chiese finora hanno fatto
non hanno tuttavia creato o attivato nuove conversioni, nuovi
membri. Questa è stata una delle conclusioni di una delle prime sedute della commissione sinodale per l’evangelizzazione.
La commissione è uno strumento di analisi e di proposta,
a cui partecipano un rappresentante per ogni distretto, a sua
volta coordinatore di una commissione distrettuale basata su
rappresentanti dei singoli circuiti. Tale struttura mira ad un
coinvolgimento delle chiese locali a partire dalla base.
La commissione sinodale riceve in eredità le gioie e i dolori
di quella che l’aveva preceduta
(e un fraterno ringraziamento
va a quei fratelli e sorelle che,
tra l’altro, hanno prodotto una
serie di materiali in vista di un
rilancio dell’evangelizzazione) e
che con tenacia ha insistito perché il tema trovasse un adeguato spazio nei lavori sinodali. Alcuni membri avevano poi partecipato alla stesura del documento sull’evangelizzazione comune, discusso a Roma all’Assemblea-Sinodo BMV.
Proprio a partire da lì l’evangelizzazione viene sentita come
esigenza, impegno, gioia comune. L’evangelizzazione comune,
la collaborazione territoriale non
sono state solo documenti da discutere, ma hanno creato (o intensificato) spazi di confronto e
di impegno locale tra battisti,
metodisti e valdesi.
Ora siamo agli inizi di un lungo cammino: nessuna commissione può sostituirsi all’impegno
delle chiese locali, né all’impegno del singolo nell’annunciare
il Signore in prima persona.
Inoltre dobbiamo tener presente la funzione del Dipartimento per l’evangelizzazione nell’ambito delle chiese battiste: si
organizzano dei week-end e dei
giorni di permanenza nelle chiese locali dove un gruppo di animatori si impegna a favorire un
« discepolato cristiano », libero
da blocchi o inibizioni e aperto
alla comunicazione interpersonale di ciò che in prima persona
deve essere vissuto; un rapporto stretto, cioè, con il Signore,
una spiritualità da ricuperare,
una passione per l’annuncio dell’Evangelo.
Rinnovamento liturgico, animazione di gruppo, studio della
comunicazione, formazione e diffusione di nuovi canzonieri, inni, sono altri aspetti dell’operato del Dipartimento: tutti aspetti necessari per rafforzare il singolo credente e la comunità, per
proiettarli in una dimensione di
vita spirituale che sia essenzialmente « annuncio ».
L’ordine del giorno sinodale
(19/SI/90) non toglie nulla alle
chiese metodiste e valdesi, che
impegna a sintonizzarsi sulle
frequenze del Dipartimento per
l’evangelizzazione dell’UCEBI, ad
aprire un canale di comunicazione in cui far fluire esperienze, programmi, quel bagaglio di
testimonianze che appartiene alle rispettive denominazioni.
Nelle assemblee di circuito, in
quelle distrettuali sono previsti
momenti di incontro e di condivisione con i fratelli e le sorelle battisti impegnati neH’òrganizzare a livello locale una « formazione evangelistica ».
Anche il prossimo Sinodo prevede una serata, e .parte di una
mattinata, dedicate all’evangelizzazione. Saranno organizzati momenti di animazione e gruppi di
lavoro dai quali, fin d’ora, nessuno deve sentirsi escluso: l’invito è rivolto a tutti.
Insieme, battisti, metodisti e
valdesi possono e devono rispondere a un mandato missionario
che lo stesso Signore rivolge loro. Questo comporta un impegno lungo, ma ci sono le premesse affinché nulla resti intentato.
Francesco Carri
Si è tenuto, al Servizio cristiano il 25 aprile, un incontro degli
evangelici della Sicilia. Si tratta
Ormai di un appuntamento annuale che si ripete da alcuni anni
con sempre rinnovato entusiasmo. Erano presenti gruppi di
evangelici provenienti da ogni
parte della Sicilia, dall’estremo
occidente all’estremo oriente, battisti, metodisti, valdesi, avventisti, Esercito della Salvezza e pentecostali, tutti riuniti sotto l’unica bandiera del Cristo che abbatte le barriere umane della divisione. A quanti già elencati si
devono aggiungere un gruppetto
di « focolari » proveniente da Caltanissetta. Scicli e Riesi, e alcuni
cattolici che hanno voluto condividere un'esperienza di fede con
il mondo evangelico.
Un culto con Santa Cena ha
dato l’avvio alla giornata, improntata al tema: Giustizia, pace e
salvaguardia del creato. Il past.
Platone ha introdotto rincontro
con un saluto mentre la predicazione è stata tenuta da Bruno
Gabrielli. Altri interventi si sono
alternati durante il culto: il gruppo dei « focolari », che ha spiegato le proprie origini e quali
impegni si prefigge, due gruppi
canori battisti di Catania e Lenti
CANTAGALLINA
Nel segno dell’Evangelo
Una giornata di testimonianza per le chiese romane e per fratelli e
sorelle dell’Umbria riuniti per riflettere sulla Parola del Signore
Cantagallina, piccola frazione
di Villastrada Umbra, in provincia di Perugia, in una ridente
campagna non lungi dal Trasimeno: per la seconda volta la sua
quiete quasi incredibile per chi
giunge dal fragore della grande
città è stata rotta dalla pacifica
invasione di membri delle nostre
chiese romane di piazza Cavour
e di via IV Novembre. Per la
seconda volta, infatti, Ugo e
Renata Zeni avevano organizzato
un convegno evangelistico nei
luoghi dove hanno fissato la
loro residenza.
Il tempo tutt’altro che favorevole non ha impedito di vedere
riuniti circa settanta partecipanti venuti da Montepulciano, dal
Trasimento e dalle stesse Villastrada e Cantagallina, in parti
più o meno uguali rispetto ai
fratelli ed alle .sorelle di Roma,
la mattina del 21 aprile scorso.
Come sempre, l’accoglienza degli
amici locali è stata delle più calorose, compensando largamente
il freddo pungente dell’aria.
Siamo riusciti a stringerci
abbastanza, nella galleria di casa
Zeni, p>er poter celebrare il culto
con la partecipazione attiva di
alcuni abitanti del luogo. Due giovani hanno, tra l’altro, letto i
passi biblici e guidato il canto
con una pianola, mentre un
foglio con l’ordine del culto ha
permesso a tutti di seguirne le
varie fasi. La predicazione è stata
tenuta dal prof. Daniele Garrone
sul testo di Giovanni 1: 5: «La
luce splende nelle tenebre e le
tenebre non l'hanno ricevuta ».
Alludendo al tradizionale motto
valdese « Lux lucet in tenebris »,
Garrone ricorda che esso riassume l’essenza dell’Evangelo, dice
ciò che abbiamo ricevuto e ciò
che vogliamo trasmettere: luce
nelle tenebre.
Questa luce splende. Non si
tratta di un fatto di ieri o di un
vago domani: nelle tenebre di
oggi splende la luce di Cristo.
Certo, le tenebre non hanno
ricevuto la luce. Sia gli uomini
il cui potere si basa sulle tenebre,
sia gli uomini che si sono rass^
gnati a subire le tenebre, a convivere con loro, sia la stessa Chiesa
del Signore, finiscono troppo
spesso col pensare che, tutto
sommato, le tenebre sembrano
più reali e quindi piu credibili
della luce che risplende.
Tuttavia la luce è respinta ma
non sopraffatta. Questo è il segreto della storia di Cristo, della
« filantropia » di Dio. Così ci si
può « convertire dalle tenebre
alla luce » (Atti 26: 18). Ricevere
la luce che le tenebre non hanno
vinto e imboccare il cammino
che essa rischiara: ecco il senso
e la prospettiva della nostra vita.
Al culto è seguito un bel momento di incontro informale e
di miglior conoscenza reciproca.
nella proprietà dei signori Cesarini, che hanno con gran gentilezza
messo a disposizione anche un
locale per il pasto, che abbiamo
consumato tutti insieme al riparo
dal vento freddo e dalla minaccia
di pioggia.
Come dire abbastanza grazie a
Ugo Zeni, agli amici locali, specie
alle signore, che hanno rifocillato
tutti quanti con la larghezza e la’
generosità che non cessano di
meravigliarci? La relativa difficoltà deH’organizzazione della
giornata è stata largamente compensata, pensiamo, dall’apprezzamento di tutti i partecipanti, dall’atmosfera festosa che non escludeva il raccoglimento e l’ascolto
attento della Parola del Signore.
Siamo particolarmente riconoscenti anche al prof. Garrone che
ha arricchito la nostra giornata
comunitaria spezzando il buon
pane della Scrittura, malgrado i
molteplici impegni che avrebbero
potuto indurlo a rinunciare a
questa ennesima trasferta!
A Roma il culto di via IV
Novembre è stato curato dall’anziano Luigi Castorina ed ha visto
la gradita partecipazione di un
bel gruppo di fratelli pentecostali. Grazie a chi ha assicurato
anche qui lo svolgimento normale del culto domenicale. Ma
soprattutto grazie al Signore che
crea queste occasioni di comunione fraterna.
Giovanni Conte
ni, e un pastore metodista della
Nigeria.
Non meno importante è stato,
dopo il culto e prima dei gruppi
di lavoro che si sono riuniti nel
pomeriggio, il momento di condivisione del pranzo al sacco. I
gruppi di lavoro sono stati tre
e hanno discusso il tema della
giornata calato nella realtà del
mondo attuale: Medio Oriente
(condotto da Mauro Pons), mafia
(da Raffaele Volpe) e realtà
della donna in Sicilia (da Laura
Leone).
La bella giornata ha contribuito alla piena riuscita dell’incontro, che ha visto la partecipazione di circa 300 persone di cui
molti giovani, senza problemi
di spazio Sotto un tetto e grazie
anche al lavoro di un gruppo del
Servizio cristiano che ha organizzato tutto in modo da non creare
nessun disagio, compresa la preparazione di tè e caffè per tutti.
Una giornata all’insegna della
comunione fraterna, nel desiderio reciproco di incontrarsi e di
condividere la comune fede in
Cristo. Un incontro positivo, dunque, di grande importtinza e da
valorizzare sempre più.
Giuseppe Ficara
CORRISPONDENZE
Verso l’Europa
IVREA — Il 16 aprile si è
svolto il primo dei tre incontri
a due voci organizzati dalla nostra chiesa e dalla parrocchia di
S. Lorenzo. Il prof. Sergio Rostagno e il prof. Aldo Bodrato
hanno parlato sul tema: « Verso l’Europa del ’92: validità e
limiti del pluralismo religioso e
politico ».
Il prof. Rostagno ha centrato
il suo intervento sulla domanda: « Quale cristianesimo verrà
presentato per il futuro spirituale dell’Europa, ora che le chiese vengono interpellate perché
riprendano la parola sul cristianesimo che sembra essere passato al vaglio della storia, resistendo bene in mezzo a tutte le
contraddizioni? ». Sarà un cristianesimo monolitico, unificato
e uniformizzato o sarà un cristianesimo pluralista composto
da fratelli che si riconoscono
nella diversità ma anche nella
ricerca comune?
Al termine della sua esposizione Rostagno ha sottolineato la
grande responsabilità del cristianesimo come testimonianza
di pace e ha portato, come
esempio di pace, un modo di vivere la tensione interna dei credenti in maniera costruttiva, nel
rispetto reciproco, per poter andare d’accordo nelle diversità.
Il prof. Aldo Bodrato ha subito affermato la necessità di
interrogarsi seriamente sulle
proprie radici per proporsi come una voce importante nella
costruzione di una nuova Europa. Ha quindi esaminato criticamente la presentazione di un
cristianesimo come un’introduzione del pensiero ebraico biblico amalgamato con la cultura
filosofica greca e con il pensiero dei padri della chiesa e dottori medioevali. Ha anche ripercorso il cammino della rivendicazione della totale autonomia
della Scrittura, del primato della fede e della totale supremazia di Dio. Dopo aver preso in
considerazione il documento papale di preparazione al Sinodo
straordinario, ha concluso ribadendo la necessità di approfondire, con una operazione di scavo profondo, le proprie origini
per riscoprire il Dio di Giobbe
e il Dio di Gesù Cristo.
• Il 20 febbraio il pastore è
stato invitato a partecipare ad
un incontro a tre voci, organizzato da una parrocchia cittadina, sul tema: « Guerra, povertà,
squilibri, cassa integrazione... e
noi? ». Insieme al pastore sono
intervenuti il vescovo Bettazzi e
il sindacalista Giovanni Avonto.
• Lunedi 8 aprile T« Ensemble strumentale di Torino » ha
eseguito musiche di Mozart^
Mendelssohn e Pergolesi in un
bel concerto dal titolo significativo: « Musica insieme per guardare al futuro ». Si trattava infatti di un concerto pensato nei
giorni della guerra e proposto
in seguito come speranza di una
pace giusta e duratura, come
linguaggio senza confini e comunicazione senza frontiere. Le offerte libere, raccolte alla fine del
concerto, sono state devolute ai
profughi della guerra attraverso
il Consiglio ecumenico delle
chiese.
• Domenica 19 maggio, la comunità di Frali visiterà la nostra comunità. In occasione del
XVII febbraio, la corale di Ivrea
e diversi fratelli e sorelle anche
di Biella hanno avuto la gioia
di trascorrere il fine settimana
ad Agape e Frali, partecipando
ai falò, al culto e al pranzo comunitario. Questa visita sarà
un’ulteriore occasione per incontrarsi, conoscersi e ringraziare
ancora per l’ospitalità ricevuta.
Settimo circuito
TRAMONTI DI SOPRA — L as
semblea del settimo circuito si
riunirà domenica 12 maggio
presso il Centro ecumenico « Luciano Menegon ».
Saranno affrontati, ed esaminati, la vita spirituale delle chiese locaii e l’operato del Consiglio di circuito; Tevangelizzazione e la cura d’anime nella realtà territoriale del circuito; le
proposte di costituzione di nuove chiese. Sarà inoltre eletto il
Consiglio di circuito.
L’assemblea inizierà con il culto tenuto dal pastore Berlendis
di Venezia, alle ore 11, e al suo
interno verrà presentato il fratello Giancarlo Sanchini, di Vicenza, predicatore locale.
6
6 prospettive bibliche
10 maggio 1991
ALL’ASCOLTO DELLA PAROLA
GRAZIA SENZA FRONTIERE
La parola "grazia” e la realtà che
essa esprime hanno un’importanza
centrale nella vita dell'umanità e, in
particolare, nella storia e nella teologia cristiane. Se è vero che ogni
uomo soffre di un sentimento diffuso
e non spiegabile di colpevolezza, la
grazia appare come la parola, la
terapia, il cambiamento radicale di
clima psicologico capace di liberarlo. Se è vero, secondo Kafka, che la
vita di ognuno somiglia ad un processo che si concluderà inevitabilmente
con la condanna capitale e che l'individuo è fatalmente diviso tra ciò
che è e i valori che riconosce, tra la
' propria vita e il proprio ideale, tra
il proprio comportamento e le parole d’ordine della società in cui vive,
la grazia appare come il verdetto
inatteso che rovescia l'ordine logico
■delle cose e che permette a colui che
ne è oggetto di ricominciare a vivere
da mnocente.
Se è vero, infine, nell’universo religioso, che per la maggior parte delle
famiglie spirituali il problema centrale è quello dell’espiazione o della
riconciliazione tra la divinità e il suo
adoratore, se i riti di purificazione di
colui che è macchiato, i sacrifici nei
quali una vittima santa muore al
posto del peccatore, se la questione
della mediazione tra il dio irritato
e la comunità colpevole hanno, in
tutto il mondo, una così grande importanza, la grazia appare come l’atto che cancella di colpo tutto il contenzioso che divide il cielo dalla terra
e che permette al credente una nuova
esistenza con, davanti a sé, la pagina
vergine di una vita miracolosamente
rinnovata.
Numerosi usi e modi di dire confermano questa importanza della
grazia e la nostalgia che ogni uomo
ne conserva: pensiamo, ad esempio,
alla prerogativa della grazia, propria
dei capi di stato, che agiscono in
nome della nazione ipostatizzata, nei
paesi che ancora hanno conservato
l’uso barbaro della pena di morte;
è implicito nel detto popolare "Non
c’è perdono”, che indica che tutto si
paga e che la giustizia immanente è
una fatalità alla quale nessuno può
sfuggire; lo ritroviamo anche nell’uso sempre più diffuso, in senso
profano, della parola "giustificare”,
con la quale si intende dire che la
vita potrebbe essere un nonsenso
senza l’intervento di qualche cosa o
di qualcuno che ne rivalorizzi e ne
ricapitoli i momenti e gli atti sparsi;
lo troviamo anche nella straordina
L’Evangelo ci fa entrare in questa straordinaria dimensione dell’amore universale di Dio. E noi facciamo molta fatica a viverlo. Tante volte abbiamo passato il nostro tempo a costruire frontiere, muri intorno a
noi, per dire: « Qui si ferma la grazia. Qui è la buona parte; là comincia l’assenza della grazia. Chi meglio dei protestanti può avere coscienza di questo fatto? La « cattolicità » delle altre tradizioni nasconde un
po’ quest’aspetto, mentre le nostre divisioni, le nostre scissioni, le nostre separazioni lo rendono manifesto. Crediamo nell’amore gratuito di
Dio per gli esseri umani e per noi? E noi, protestanti, cosa abbiamo da
dire in proposito?
E non bisogna dimenticare che la fede in questa grazia, noi la viviamo nel mondo. L’amore gratuito di Dio vuoi suscitare, di rimando, il
nostro amore per Dio e per tutti. Ora viviamo in un mondo in cui i
confini stanno scomparendo, in cui muri sono caduti, in cui l’Europa si
sta costruendo.
Ma, nel cuore stesso di questa nuova realtà, non ci sono altri confini,
tra ricchi e poveri, tra Europa del Nord e Europa del Sud, ecc.? E non
rischiamo di costruire intorno a noi questa nuova frontiera che ci separerà dal resto del mondo, che ci proteggerà dalla pressione dei meno abbienti? L’opposizione Nord-Sud non sta per sostituire la vecchia tensione
Est-Ovest? La grazia ha qualcosa da dire in queste situazioni? E noi, che
pretendiamo vivere di questa grazia di Dio per la quale non c’è né greco né giudeo, né maschio né femmina, né ricco né povero, che conseguenza ne traiamo qui e ora?
Tre sono gli aspetti secondo i quali vogliamo oggi considerare la
« grazia senza frontiere » :
La grazia, dono di Dio. E’ quello a cui si pensa quando si sente il sola
grafia della Riforma. Si tratta dell’affermazióne fondamentale di ogni
fede cristiana. La specificità protestante sta forse nel modo di porla al
centro dell’Evangelo e di articolarla con il sola fide. Quale significata ha
oggi questa proclamazione, così feconda storicamente?
La vita sotto la grazia. Tocchiamo qui l’aspetto soggettivo di quest’annuncio. Per coloro che lo ricevono, e accolgono questo perdono, cosa
significa questa certezza di essere accettati da Dio? Questa Buona Novella, fatta per essere vissuta, che vuole cambiare, rinnovare le persone, cosa ci dice nel tempo delle scienze umane, del sospetto ma anche
della sete di tante persone?
La grazia, speranza per il mondo. Quali sono le conseguenze di questa
grazia proclamata e ricevuta nella nostra società? Per le città e per le
campagne, per l’Europa e il Terzo Mondo, per il mondo intero nel quale
siamo chiamati a vivere e a vivere della grazia ?
Louis Schwitzer,
Segretario generale della
Federazione protestante di Francia
ria ricerca di comunicazione autentica che attraversa la letteratura
e l'arte contemporanee: Beckett,
Godard, Sartre, Bergman attestano,
ognuno a modo suo, in molti libri,
film e opere teatrali, che la maledizione fondamentale che pesa sull’uomo è quella del silenzio, della solitudine, dello sguardo mortale dell’altro; nelle loro disperazioni si abbozza ciò che potrebbe essere la grazia:
l’amore, l’amicizia, il prossimo e una
vita nuova in cui non regnerebbero
più l’odio, l’orgoglio e l’assurdità
della morte...
Prima di tutto la grazia indica la
venuta, in Gesù Cristo, della Parola
di Dio, non solo tra gli uomini ma in
mezzo a loro e come uno di loro: la
grazia è .sopra Gesù, è in lui, egli la
dà, egli è la grazia. Tutto il messaggio del Nuovo Testamento proclama
che la grazia non è un’astrazione, un
concetto o una forza anonima; essa
è, in modo decisivo e definitivo, una
persona, (questo è fondamentale per
rendersi conto di quanto fossero sbagliate la maggior parte delle controversie sulla grazia che hanno divisò
la Chiesa per secoli). Va detto dunque, prima di tutto, che la grazia
evangelica è a misura dell’uomo,
destinata ad essere ricevuta da lui,
che essa è non solo umana con tutto
il peso dell’umanità di Cristo, ma
anche umanizzante, perché è grazie a
lei, cioè grazie a lui, per mezzo dell'incontro esistenziale con questa
(segue da pag. 1)
società democratica è uno stato
secolarizzato.
Hromadka ha invitato le chiese
a creare — come partner competenti di un dialogo — una soeietà
responsabile e solidale, ehe non
sia una eopia degli stati dell’Europa oecidentale. In questa ricerea
le chiese non dovrebbero volere
posizioni che non competono loro.
Esse non sono state esenti da errori negli oltre quarant’anni di « cattività babilonese » sotto regimi totalitari. Nel processo di rinnovamento morale delle nazioni perciò
esse dovrebbero partecipare solo
se si sforzano, come « chiesa che
chiede perdono », di guardare al
proprio rinnovamento. Hromadka
ha accennato al fatto che nel passato soprattutto coloro che avevano posti di direzione nelle chiese
hanno spesso scelto la strada del
lealismo nei confronti dello stato,
che alcuni membri di chiesa han
Chiese nello Stato
Parola di Dio "fattasi carne”, entrata
nella storia e nella finitezza, che
l’uomo ”fa il pieno” di umanità. Qui
appare la contaminazione esercitata
dal paganesimo su alcuni dei grandi
"slogan” del cristianesimo primitivo, per esempio quello della famosa
formula di Ireneo, ripresa da Anastasio: « Dio si è fatto uomo affinché
l’tiomo diventasse Dio »; in realtà,
questa formula contraddice in modo
essenziale il messaggio del Nuovo
Testamento dal quale risalta chiaramente che, essendosi Dio fatto uomo
ed essendosi manifestato nella storia
di questo mondo con una presenza
unica e specifica, sarà finalmente
possibile — questa è la grazia — ad
ogni uomo diventare autenticamente
umano.
Che Gesù concentri in se stesso
tutto ciò che la fede cristiana può
dire della grazia, che egli sia la grazia
in persona, questo sottolinea il carattere di dono inatteso, di assoluta
gratuità della sua venuta in questo
mondo. Più ancora che nell’Antico^
Testamento ciò che il Nuovo Testamento considera come la svolta decisiva della storia è la manifestazione
di un’iniziativa divina che nulla lasciava prevedere, determinare o provocare: maturità d’amore, volontà
di essere interamente per gli altri,
misericordia (cioè cuore riempito
dalla miseria degli altri) senza limiti;
ecco quel che è all’origine della vita,
della morte e della risurrezione di
Cristo. Questi avvenimenti non fanno
che esprimere questa persona eccezionale eppure simile agli altri (cfr.
l’insieme del prologo dell’Evangelo
di Giovanni, in particolare i versetti
12 e seguenti).
E’ perché tutte le loro pagine rendono testimonianza a questi avvenimenti, a questa grazia in persona,
che essi vengono chiamati evangeli,
portatori cioè della buona notizia,
annunciatori di gioia, messaggeri
della vera umanità. La predicazionedelia chiesa primitiva ha un carattere gioioso e una forza contagiosa,
liberante, attraente. Se il messaggio
attuale delle chiese non conosce lo
stesso irraggiamento e non esercita
lo stesso fascino è probabilmente
perché, perdendo il segreto della grazia in Cristo, si è pervertito in moralismo accigliato o in dottrina preoccupata di rettitudine più che di annuncio vivente di Cristo gratuito e
gioioso.
Georges Casalis
(Traduzione di Jean-Jacques Peyronel)
no chiamato « collaborazione ». I
responsabili stessi hanno inteso
per lealismo una serie di comportamenti che son potuti andare dall’inattività passiva fino alla posizione critica nei confronti . dello
stato.
Il prof. Walter Schòpsdau ha
affermato che, a 25 anni dalla
conclusione del Concilio Vaticano II, il riconoscimento della libertà religiosa è stato il passo
« più rivoluzionario », perché segnava la fine dell’ideale di uno
stato cattolico ed il rispetto della
coscienza individuale. Su questa
base sarebbe possibile una collaborazione tra stato e chiesa, rispettosa dell’indipendenza ed autonomia dei due ordinamenti. Eppure, contrariamente all’atteggiamento di molte chiese evangeliche, la
Chiesa cattolica romana rivendica
nella società un ruolo di guida spirituale, in quanto rappresentante
e garante di valori morali fondamentali. Per questo finisce per
contrapporsi allo stato e rifiuta di
essere considerata sociologicamente come un gruppo, accanto ad altri. La Chiesa cattolica non può
sottovalutare la neutralità religiosa dello stato moderno; altrimenti
si ricostituisce una cristianità istituzionale dello stato e della società, tornando in tal modo indietro,
nel tempo anteriore al Vaticano II.
« Entriamo in una società pluralistica — ha osservato Hromadka —; nella nuova situazione
è necessario che la chiesa trovi un
modo sensibile ed equilibrato di
rapportarsi con la società che si
trasforma. Uno stato moderno, in
una società democratica, è uno
stato secolare. L’Evangelo non costruisce delle strutture, ma crea
dei rapporti in esse e le trasforma. L’Evangelo è sale e luce, non
un’impalcatura per la costruzione
di sistemi religiosi. La chiesa sa
che l’Evangelo è grande e potente, ma essa rimane serva e sposa
di Gesù Cristo. Non può avere il
ruolo di un messia senza macchia,
perché ha commesso molti errori e
vive con molte esitazioni. Può partecipare al processo di rinnovamento morale della nazione, ma
solo come chiesa che si preoccupa
anche del proprio rinnovamento ».
Eugenio Rivoir
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7
10 maggio 1991
obiettivo aperto
27-28 APRILE: CONVEGNO A MEZZANO INFERIORE
Dopo la guerra fredda, che cosa?
Riproposto l’annuale appuntamento che riunisce i credenti per una riflessione su temi sociali e politici - I socialisti cristiani seppero essere cristiani all’opposizione - Come contribuire a costruire una società giusta?
■t-J
« Quant’è buono, quant’è piacevole che i
fratelli dimorino insieme! ». Questa l’emozione
di fondo delle due giornate d’incontro nell’appuntamento annuale — giunto alla sua quarta
edizione — promosso dalle chiese metodiste e
valdesi dell’Emilia-Romagna a Mezzano Inferiore, in provincia di Parma.
Un pugno di case di operai e contadini immerse nei verdissimi prati della pianura padana, una antica comunità metodista fondata tra
quei mezzadri, quei «cesanti », negli ultimi decenni del secolo scorso dall’azione vigorosa di
un ex garibaldino, il pastore Francesco Sciarelli; accolto qui dalla banda del paese, ricevette subito anche una bella sassaiola da parte
dei fautori del prete locale. Il che non gli impedì, tra una polemica e l’altra, di costruire
una chiesa — ora restaurata, con begli affreschi
di Venturino e un nuovo pavimento — e una
scuola in cui studiò per decenni tutta la popolazione del circondario. Dalle sue finestre si affacciano sorridenti ad accoglierci un gruppo di
ghanesi, sette metodisti e un pentecostale, che
animeranno poi con i loro canti il culto domenicale e che, arrivati dal centro « La noce » di
Palermo, qui hanno trovato accoglienza fraterna e lavoro. Così mi spiega il pastore di Parma
Massimo Aquilante, a cui è affidata anche la
cura di questa comunità.
Una bella accoglienza la riceviamo anche
noi convegnisti, arrivati da ogni parte d’Italia.
I viali dell’Emilia partigiana, antifascista, solidarista, luogo di lavoro comune tra credenti e
non credenti nel sindacalismo, nella cooperazione, nelle amministrazioni — altro che sentina
di ogni egoismo e di ogni vizio! — sono ancora tutti imbandierati per le celebrazioni del 25
aprile appena trascorso. E l’ospitalità è nelle
case: una decina di famiglie, e intorno tutta la
comunità che si mobilita col tradizionale cuore
in mano degli emiliani.
Non è davvero un caso, dunque, che proprio
Mezzano sia sede di un annuale incontro di riflessione su temi sociali e politici che riguardano i credenti: la riflessione si è sviluppata
nel corso di varie tappe, dalla diaconia e il Mezzogiorno fino al tema dell’anno scorso « Costruire una società giusta », fino a quello di oggi
che ad esso si riallaccia calandolo nel mutato
quadro politico, sociale e culturale dopo gli avvenimenti deil’89. Il programma degli organizzatori prevede una riflessione sul «che fare?»:
« Occorre innanzitutto capire — scrivono —. E’
opportuns^ a questo punto, rivisitare un’esperienza indubbiamente significativa quale è stata
quella dei ’’socialismo cristiano” ».
La discussione è stata guidata da due relazioni: una storico-teologica del prof. Paolo Ricca su quel movimento, una storico-politica del
prof. Giorgio Spini, mentre l’aspetto più esplicitamente politico-sociale, soprattutto per quanto riguarda la questione del Mezzogiorno — ormai bruciante e ineludibile questione nazionale — è stato più volte sottolineato dagli interventi del pastore Sergio Aquilante.
IL « SOCIALISMO CRISTIANO »
Un fenomeno da riscoprire
Un movimento che fra gli anni ’20 e ’30 fu poco compreso: un abbinamento provocatorio che lottò contro la « privatizzazione di Dio »
Paolo Ricca ha ricostruito le
linee di quel "socialismo cristiano" che è stato un fenomeno teologico e politico nel protestantesimo degli anni ’20 e '30 del
nostro secolo, un fenomeno « più
vilipeso che compreso, più ignorato che studiato, figlio disconosciuto sia del socialismo che del
cristianesimo », ma che oggi, nel
nostro tempo « post-cristiano e
post-comunista, non è un tema
di archeologia ma di attualità ».
Il socialismo di allora ha rifiutato questo movimento per le pesanti pregiudiziali laiciste o addirittura ateiste egemoni in quegli
anni. Ma anche il cristianesimo
10 ha rifiutato, per la forte
leadership borghese delle chiese
in quel periodo, che impose una
lettura dell’operare cristiano che
doveva « essere sociale ma non
socialista ». Invece, secondo Ricca, bisogna oggi cominciare a
pagare il grosso debito di gratitudine che dobbiamo avere verso il socialismo religioso: « In
tempo utilissimo Dio ha mandato dei testimoni: se fossero stati
ascoltati, le chiese sarebbero andate in direzione opposta al percorso fatto.
I socialisti cristiani infatti
hanno avuto il coraggio di porsi
come cristiani all'opposizione,
rompendo quella tradizione per
cui il cristianesimo nei secoli era
stato una religione d’ordine ».
11 pensiero di
Leonhard Ragaz
Ricca ha quindi ripercorso il
pensiero del teologo del prot^
stantesimo svizzero Leonhard
Dagaz, aU’interno di quella grande corrente del socialismo religioso che ha visto nel maggiore
teologo protestante del secolo,
Karl Barth, esponente della socialdemocrazia tedesca e fondatore della "Chiesa confessante”
contro il nazismo in Germania
uno dei massimi propugnatori.
L’abbinamento di socialismo e
cristianesimo è stato un abbinamento provocatorio, in cui ciascuno dei due fungeva da "possibilità di liberazione" dell’altro:
il socialismo doveva essere il
nome politico del cristianesimo,
così come il cristianesimo ne
doveva essere il fondamento
spirituale. Caposaldo del socialismo cristiano era la convinzione
che il cristianesimo doveva optare per il socialismo perché doveva uscire da una logica puramente caritativa e combattere le
cause dei mali sociali, non seniplicemente curarne gli effetti.
« Entrammo nella socialdemocrazia — scrive Ragaz — perché era
via non di un partito, ma del
discepolato di Cristo ».
Le critiche
al socialismo
Quali le critiche che i socialisti religiosi facevano al socialismo del loro tempo? Esse sono
contenute in uno scritto di
Ragaz del 1919: i rischi di assolutismo politico, di autoritarismo
dovuti al fatto che il marxismo
non ha spazio per il « fatto pnfnofdiule delVifidividucitita », In
secondo luogo Marx non ha alcuna vera comprensione per la
democrazia, anche se mette m
atto alcuni processi di democratizzazione forzata: la democrazia
affonda le sue radici, invece, nei
diritti e nei valori del singolo.
Inoltre il marxismo si è .^n^iderato una scienza, si è attribuito
un valore oggettivo e inconfutabile, impregnandosi di darwinismo e di materialismo. Il marxismo è più figlio del suo tempo
che del padre, perciò una delle
vie di liberazione del marxismo
è il ritorno a Marx.
Il Regno di Dio
al centro della fede
Quali sono i valori del socialismo cristiano? Innanzitutto aver
messo al centro del discorso
della fede cristiana il Regno di
Dio. Non era accaduto da secoli,
non^ è accaduto dopo, non accade
oggi. Inoltre va a suo merito
l’aver immesso nella coscienza
cristiana, che subito l’ha rifiutata e oggi 1 ha assimilata, accanto
a una visione ’’caritativa" del1 amore del prossimo una visione
invece "solidaristica". £ anche
aver capito che il socialismo era
qualcosa di più del marxismo-leninismo, mentre ha aiutato la
chiesa a capire le sue servitù
Altri meriti non da poco sono
stati aver proposto un cristianesimo di opposizione e aver combattuto una battaglia coraggiosa
contro la "privatizzazione di DioDio è segreto ma pubblico"!
Un limite innegabile, invece, è
non aver avviato una riflessicine
sul rapporto tra libertà e econoniia. Ricca ha concluso con una
citazione di Ragaz: « Una profonda lacerazione attraversa l'umanità del nostro tempio: gli uni
credono in Dio ma non credono
nel suo Regno, la giustizia; gli
altri credono alla giustizia e non
in Dio... Il mondo perisce in questo contrasto, ma rivive nel suo
supieramento ».
Berlino, Potsdammerplatz: uno dei luoghi «emblematici» della mur
tazione di questi anni, ancora oggi sede di manifestazioni popolari.
DOPO L’89
Le nuove sfide
La riflessione di Giorgio Spini si è incentrata sul grosso tema delle imponenti trasformazioni storiche dell’oggi, sul fatto
nuovo per cui « ieri la democrazia "liberale”, pluralistica poteva
sembrare un’opzione, un lusso
per nazioni ricche, oggi invece
è una realtà obbligata ». Non ci
sono stati solo i crolli dei regimi del socialismo reale dell’Est europeo, ma anche quelli
delle dittature fasciste, come la
Spagna, la Grecia, il Portogallo.
E’ stato un tempo perciò di
grandi rivoluzioni: se è finita
una realizzazione storica del
marxismo, non per questo però
tutto Marx è da buttare nel cestino e queste stesse trasformazioni, forse, non hanno a che
fare con la dialettica marxiana
struttura/sovrastruttura?
La dialettica delle classi, inoltre, non è finita, è morta invece l’illusione del socialismo in
un solo paese, in cui alla lotta
di classe si sostitui la lotta di
potenze. Ogni nostalgia della
guerra fredda è sostanzialmente
reazionaria, anche quando si ammanta di parole cristiane ma
continua a ragionare per contrapposizioni e semplificazioni,
sostituendo magari al binomio
Est/Ovest la contrapposizione
Nord/Sud del mondo.
C’è in atto un rancoroso pauperismo cattolico, il cui obiettivo è il mondo protestante. I
mesi drammatici della crisi del
Golfo ci hanno fatto misurare
la consistenza di certe nostalgie della guerra fredda: il fatto
stesso che il « pacifismo a senso unico » abbia avuto un’esplosione così violenta.
Dopo la fine della guerra fredda abbiamo avuto subito due altre dichiarazioni di guerra, di
cui ancora non c’è piena consapevolezza: la prima, Ratzinger in
testa, è la proclamazione della
« difesa della vita » contro la libertà della donna di scegliere
se abortire, contro il controllo
delle nascite, contro le richieste
di promozione femminile in ambito cattolico, accompagnata
dall’esaltazione del monacato.
La seconda è la crociata del
pontefice romano contro le « sette », che fa un bel mucchio di
un po’ di tutto insieme, dagli
occultisti ai testimoni di Geova,
agli evangelicals. Ci sono due
fatti, però, su cui riflettere: da
un lato il declino della religione come fatto istituzionale e dall’altro l’esplosione dell’« evangelismo dei poveri »; verso la metà del prossimo secolo l’Africa
avrà il maggior numero di cristiani evangelici e anche in Italia, dove « non succede mai nulla », siamo passati dai nemmeno
due evangelici su mille di alcuni decenni fa a circa uno su
cento di oggi.
Quanto i protestanti italiani
sono coscienti dì queste rivoluzioni? E quale atteggiamento assumere verso i cattolici che non
si identificano nelle posizioni alla Ratzinger? Bisogna dire che
in molte occasioni non siamo stati all’altezza, per esempio abbiamo trascurato i problemi dell’informazione.
Ma bisogna ricordare — ha
concluso Spini, passando dall’analisi dello storico alla testimonianza del credente e alla pa
rola del predicatore — che il Signore ci richiederà conto del talento che ci èra stato affidato.
Il Signore può scegliere altri
strumenti che non siano le nostre chiese. Non ci meravigliamo, perciò, se nel futuro altri
potranno parlare al nostro posto.
La discussione si è sviluppata poi su molti temi: come collocarsi in queste trasformazioni,
come contribuire alla costruzione di una « società giusta », insieme a chi e con quali forze,
come superare la crisi del nostro paese, come impegnarsi nella formazione di nuove coscienze, senza le quali non è possibile alcun cambiamento?
Pubblico e relatori si sono
confrontati a lungo su queste
tematiche, formulando alla fine
un breve documento che sarà
sottoposto a più ampia discussione nelle chiese.
Testimonianza di fede e di vita e predicazione evangelica sono perciò oggi primo dovere dei
protestanti italiani. « La democrazia è un cammino — ha concluso nel suo intervento, tutto
incentrato in particolare sulla
drammatica situazione del Mezzogiorno, il pastore Sergio Aquilante —: la nostra diaconia deve essere "diaconia politica”,
cioè il nòstro contributo alla
battaglia per costruire una società diversa. Nel Mezzogiorno
possiamo contribuire a costmire pezzettini di società civile,
senza creare alcun mito, neppure quello della democrazia compiuta, ma collaborando a formare una nuova dimensione spirituale senza la quale non è possibile alcun rinnovamento e forma ».
Pagina a cura di
Piera Egidi
8
8
ecumenismo
10 maggio 1991
MATRIMONI INTERCONFESSIONALI
Aprirsi al dialogo
oltre la rigidità
*
Un decreto della Conferenza episcopale sembra rimettere in discussione il clima di confronto già avviato dalla Commissione paritetica
Echi dal mondo
cristiano
Nel novembre dello scorso anno la Conferenza episcopale italiana promulgò un decreto generale sul matrimonio canonico,
entrato in vigore il 17 febbraio di
quest’anno, in applicazione delle
norme del Codice di diritto canonico concernenti la stessa materia. In tale decreto sono anche
regolate (par. 48-53) le procedure
relative all’ottenimento della licenza per la celebrazione di un
matrimonio misto (o interconfessionale, secondo una dizione da
noi preferita) e della dispensa
dalla forma canonica ove la celebrazione avvenga in altra sede
’’religiosa’’ non cattolica, « in presenza di gravi difficoltà ».
La parte del decreto riguardan
te tali procedure coinvolge la par.
te non cattolica con una serie di
adempimenti burocratici che possono anche essere considerati
illegittimi sulla base dello stesso
Codice di diritto canonico, che
esclude che le sue normative
lassano essere applicate a soggetti non facenti parte della Chiesa cattolica.
In attesa che altri, più competenti e documentati, intervengano su questo problema, ci limiteremo a esporre alcune considerazioni che mettono in luce il
mancato aggiornamento del documento ai risultati, q comunque
agli orientamenti evidenziati in
un lungo e faticoso cammino ecumenico compiuto da esponenti
delle due chiese e da coppie interconfessionali le quali vivono sulla propria pelle questa situazione.
La Commissione
paritetica
La prima considerazione riguarda il fatto che la stessa CEI,
che nel 1988 concorda con la Tavola valdese la costituzione di
una commissione paritetica di
studio proprio sulla questione
dei matrimoni interconfessionali,
ritenuta spinosa, due anni dopo
delibera in via del tutto unilaterale una normativa riguardante
la stessa materia senza alcuna
consultazione preventiva con l’organismo che essa stessa ha contribuito a creare. Un solo punto,
relativo all’ammissibilità del rito
civile, viene rinviato a « eventuali
intese con altre confessioni cristiane » (par. 50).
Manca il contesto
comunitario
La seconda considerazione, conseguente alla prima, riguarda la
totale mancanza di previsione di
un dialogo che, stante la materia
comune, potrebbe instaurarsi a
livello delle chiese interessate.
L’interlocutore previsto dal decreto rimane « la parte non cattolica» considerata individualmente
e definita negativamente, del tutto avulsa da un possibile contesto comunitario. La possibilità di
tale dialogo sarebbe facilitata da
una più chiara distinzione, nelle
procedure, tra « disparità di culto » (matrimonio tra un cattolico e un non battezzato o non
cristiano) e «mista religione»
(matrimonio tra un cattolico e un
non cattolico battezzato o cristiano). Questa terminologia del
tutto impropria e inadeguata dovrebbe es.sere riveduta. Una intesa tra le chiese potrebbe non
.solo contemplare la già prevista
partecipazione attiva nella liturgia della Parola e nella preghiera
nell’ambito della cerimonia, ma
anche quella «cordiale collaborazione tra il ministro cattolico
e quello non cattolico fin dal
tempo della preparazione al matrimonio », come è auspicato dall’esortazione Familiaris Consortio del papa Paolo II di cui
però il decreto della CEI, nella
fattispecie, non fa cenno.
Tuttavia, a parer nostro, la base di una tale collaborazione non
potrà essere un generico atteggiamento di bonaria cordialità
o di formale cortesia ecumenica,
ma il riconoscimento di una reciproca condizione di « cristianità ».
In contrasto
con il Concilio
Una dichiarazione del decreto
Unitatis Redintegratio del. Concilio Vaticano II, con riferimento
ai membri delle chiese cristiane
non cattoliche dice: « La vita cristiana di questi fratelli è alimentata dalla fede in Cristo, è aiutata dalla grazia del battesimo e
dalla Parola di Dio ascoltata ».
Questa affermazione del Concilio
e altre simili appaiono in netto
contrasto con alcune dichiarazioni presenti nel testo del decreto
generale della CEI.
Una di queste riguarda (par.
48/a) l’impegno della parte cattolica di sottoscrivere davanti al
parroco « di essere pronta ad allontanare i pericoli di abbandonare la fede ». Si noti che tale dichiarazione (can. 1125 del CdC)
non specifica di che fede si tratta, lasciando implicitamente intendere che solo la Chiesa cattolica esprime una fede mentre,
come più avanti è detto, con riferimento alla parte evangelica si
parla di « convinzioni religiose ».
Come è possibile una cordiale
collaborazione per la costruzione
comune di un focolare cristiano
con una controparte a cui sembra negarsi la possibilità della
fede? A meno che im’interpretazione estensiva del testo non
escluda un possibile cambiamento di fede (o di modo diverso di
vivere la stessa fede) ma metta
in guardia dal pericolo di perdere
la fede, cioè diventare ateo o
agnostico. Non ci pare tuttavia
che questa lettura sia prevista.
Rimane dunque un’affermazione
limitativa della libertà di coscienza e l’esclusione da parte di un
cattolico di accogliere una fede
che si esprime in modo diverso
dalla sua, anche se cristiana.
La seconda affermazione, nello
stesso paragrafo, riguarda l'impegno della parte cattolica di fare
« quanto è in suo potere perche
tutti i figli siano battezzati e
educati nella Chiesa cattolica».
Malgrado l’attenuaziqne data dai
« fare quanto è possibile » anche
questa affermazione ha alla sua
base un giudizio di squalifica
nei confronti del battesimo praticato nelle chiese evangeliche
(malgrado il riconoscimento reciproco del battesimo, affermato
da entrambe le parti, anche se
con diversa comprensione del
battesimo stesso) e nei confronti
deH’educazione alla fede praticata nelle chiese evangeliche. Ma
questo impegno richiesto alla
parte cattolica può stabilire un
grave conflitto aH’interno stesso
della coppia là dove non è escluso che la parte evangelica possa
assumere gli stessi impegni sul
versante opposto. In questa dichiarazione richiesta alla parte
cattolica, indispensabile per il
rilascio della licenza, ravvisiamo
una grave interferenza della Chiesa cattolica in una decisione che
spetta ai coniugi e di cui sono
responsabili soltanto davanti a
Dio. Le chiese devono avere
l’umiltà di rispettare e accettare
la libera e concorde decisione
degli sposi, qualunque essa sia.
E’ senza dubbio questo un test
ecumenico dei più importanti.
Per una vera
collaborazione
Concludendo, ci sembra che
soltanto la soluzione di questi
nodi fondamentali potrà aprire
le porte a un dialogo non conflittuale, ma aperto a una reale
collaborazione e a un vero confronto. Nessuno si illude che
anche in questo modo i problemi
di fondo relativi al matrimonio
interconfessionale saranno risolti. Questi potranno però essere
affrontati con maggior serenità,
svincolati da remore giuridiche,
aperti al pieno rispetto delle scelte libere e meditate di coniugi
credenti. Essi potranno, senza
pregiudizi, apprezzare i valori
delle loro differenze confessionali senza rinunciare allo spirito
critico che ne deriva. Le chiese,
oltre ad aiutare i nubendi «a
conoscere le difficoltà che insorgono in una vita coniugale tra
sposi divisi nella fede e nella
comunione ecclesiale » (par. 52),
potranno anche aiutarli ad apprezzare positivamente sia la ricchezza che la problematicità derivanti da una diversa lettura
dello stesso Evangelo, ricercando
soltanto in Cristo la base comune
della loro fede. E tali ricchezze
e tali problematiche potranno
trasmetterle ai loro figli, indipendentemente dalla chiesa in cui
saranno inseriti o non inseriti
in attesa di una loro decisione
personale.
Chi conosce le coppie interconfessionali conosce anche la serenità con cui parecchie di esse
vivono, senza tragedie e spesso
con un pizzico di humour, le loro
diversità confessionali, senza
ignorarle, senza minimizzarle e
senza negarle. Esse si chiedono
spesso se le famose difficoltà da
cui sono continuamente messe
in guardia derivino proprio dal
Signore oppure da certe rigidità
giuridiche che da tempo dovrebbero essere ecumenicamente superate.
Alberto Taccia
Programma del CEC
contro il razzismo
Il seguente testo è stato pubblicato dal Programma di lotta
contro il razzismo del Consiglio
ecumenico delle chiese (CEC) in
occasione della « Giornata internazionale per l’eliminazione della discriminazione razziale », stabilita dalle Nazioni Unite il 21
marzo.
« ...Malgrado gli sforzi messi
in atto dal CEC, dall’ONU e da
altre organizzazioni, il razzismo
e la discriminazione razziale non
fanno che aumentare. Il CEC è
preoccupato dalla violenza razziale in Nord America e nell’Europa occidentale. In questi paesi, investiti dalla disoccupazione
e dalla recessione, i niigranti ed
i neri non solo sono i primi ad
essere emarginati, ma vengono
resi responsabili degli attuali
problemi economici.
In Europa, i migranti temono
che l’istituzione del mercato comune unico nel 1993 peggiori la
loro già critica situazione. I neri e gli immigrati in Europa soffrono della mancanza di alloggi decenti, di educazione, di possibilità economiche e sono oppressi dal criminale sistema di
giustizia.
Il CEC esorta le chiese ed i
governi a garantire l’eliminazione della discriminazione razziale nelle loro società. Tutti devono cooperare per l’eliminazione delle barriere razziali e per
la fine della violenza razziale. Il
razzismo e la discriminazione
razziale sono da troppo tempo
un flagello per la società ».
(SOEPI)
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Chiesa hussita:
nuovo patriarca
PRAGA — La VII Assemblea
della Chiesa « hussita » cecoslovacca — chiesa formata nel 1920
da vecchio-cattolici romani — ha
scelto come quarto patriarca il
vescovo hussita di Brno, Vratislav Stepanek. Egli succede a
Miroslav Novak, ritiratosi nel
maggio scorso per motivi di salute, dopo trent’anni di funzione.
L’assemblea si è pronunciata
contro le tendenze nazionalistiche e separatiste della società
cecoslovacca ed ha approvato i
principi ecumenici di giustizia,
pace e salvaguardia del creato.
Un testo pubblicato dall’assemblea sulla libertà, la speranza e la responsabilità mette in
guardia contro le tentazioni provenienti da una democrazia rinforzata e mette in stato d’accusa l’introduzione sfrenata dei
principi di mercato nella vita
del paese. Essa respinge questa
ottica « in cui il denaro è la
misura di ogni cosa, in cui solo chi è capace e benestante ha
diritto ad un posto al sole e
in cui l’unico scopo nella vita
è di accrescere il consumo ».
(SOEPI)
Ordinazione
delle donne
ZURIGO — Riunito a Zurigo,
il 15 e 16 marzo, il Sinodo nazionale della Chiesa cattolica
cristiana (vecchio-cattolica) ha
accettato il principio dell’ordinazione sacerdotale delle donne.
Non considerando l’ordinazione
come una questione di fede e
lasciando ad ogni chiesa locale
la responsabilità di decidere, il
Sinodo nazionale ha incaricato
il vescovo cattolico cristiano
della Svizzera, Mgr. Hans Gerny, di trasmettere questa proposta alla Conferenza episcopale vecchio-cattolica internazionale, di cui è segretario. La Conferenza si riunirà in luglio, in
Svizzera, per dibattere la questione.
Alcune diocesi vecchio-cattoliche accettano l’ordinazione di
donne diacone, ma nel 1976 la
Conferenza episcopale aveva respinto l’ordinazione di donne
preti ed i vecchio-cattolici mantengono la loro posizione secondo la quale tale questione può
essere risolta soltanto in accordo con le altre chiese vecchiocattoliche.
La diocesi vecchio-cattolica tedesca si dichiara a favore dell’ordinazione delle donne, ma le
diocesi degli Stati Uniti e della
Polonia, che hanno la maggioranza di vecchio-cattolici (400
mila nel mondo), sono rigorosamente contrarie.
(SOEPI)
Metà dei profughi
sono bambini
Secondo un rapporto della
Commissione di aiuto e di servizio delle chiese e di assistenza ai profughi del Consiglio ecumenico delle chiese (CESEAR),
più della metà dei profughi nel
mondo (15 milioni) sono bambini.
Le esperienze dei bambini profughi variano secondo la loro
situazione nel paese ospitante,
indica il rapporto intitolato « I
bambini profughi: speranza per
l’avvenire », pubblicato nel rnarzo scorso. Nei casi migliori, i
bambini rimangono con la loro
famiglia e cominciano a costruire un’altra vita nel loro nuovo contesto. Ma, troppo spesso,
le conseguenze della violenza e
della fuga rimangono profonde,
e provocano in loro sofferenza
e incertezza rispetto al loro futuro.
Il rapporto valuta in 200.000
il numero di « bambini soldati »
nel mondo, e ciò malgrado le
dichiarazioni, le risoluzioni e le
convenzioni internazionali nriranti a proteggere i bambini in
un contesto di confiittc armato.
Viene citata anche la Cambogia,
dove l’esercito arruola con la
forza ragazzi di 14 anni. Altro
esempio l’America latina dove,
durante il periodo 1987-88, 420
mila bambini hanno patito i conflitti armati in Salvador, in Guatemala e in Nicaragua. Nel Perù, migliaia di bambini seno vittime della guerra tra il movimento del « Sentiero luminoso »
e i soldati dell’esercito governativo, conflitto che ha fatto circa 55.000 orfani.
Citando un rapporto effettuato di recente daH’Ufiìcio cattolico internazionale per l’infanzia
a proposito dei bambini profughi, il rapporto della (?ESEAR
sottolinea che questi ultimi hanno problemi dovuti alla mancanza di un’infanzia normale, di
spazi per giocare e di giocattoli. Altri problemi sono anche
causati dalla mancanza di modelli dovuta all’assenza di genitori, di fratelli e di sorelle, e
di educazione. Tuttavia, i giovani rimangono una fonte di speranza per il futuro. In molti casi, i bambini ricevono un’educazione e una formazione che potranno mettere al servizio della ricostruzione del loro paese
quando la situazione migliorerà.
A livello internazionale esiste
una presa di coscienza crescente dei bisogni dei bambini. Va
in questo senso la dichiarazione dell’ONU del 1979, designato
come Anno internazionale dell’infanzia, e l’adozione da parte
deirONU, dieci anni dopo, della Convenzione sui diritti dei
bambini. In conclusione, i numerosi problemi dei bambini
profughi interpellano le chiese le
quali dovrebbero rivedere le loro azioni ed i loro programmi
e dare la precedenza ai bisogni di questi bambini.
(SOEPI)
9
10 maggio 1991
valli valdesi
INAUGURATO IL MUSEO DEL MONDO VALDESE
Spirito
di
• m
Come eravamo
Ricostruiti gli ambienti, l’economia e il quotidiano delle valli valdesi
iniziativa
Nella settimana santa, a causa
della pioggia, sulla mulattiera
che da Chiotti porta a Villasecca
è crollato un muro. Macerie e
terra impediscono il passaggio
su questa strada, sempre ben
praticata dai pedoni. Ci sarebbe,
da 4 anni, una carrozzabile ma
è molto più lunga e, non essendo
asfaltata, gli automobilisti si
lamentano del fango che in certi
periodi la rende quasi impraticabile.
La mulattiera invece, collegamento più diretto per Villasecca,
a differenza di altre strade era
ancora sempre pulita e percorribile: ci si passava per fare la
spesa, per andare a prendere la
corriera e il XVII febbraio vi si
faceva il corteo per festeggiare
la libertà religiosa e civile. Quest’anno c’è stata la massima partecipazione di membri di chiesa,
con la Scuola domenicale e le
donne in costume, mentre il fango è stato lasciato alle poche
auto. Del resto la mulattiera
era ancora il solo sentiero della
zona tuttora privo di rovi e cespugli, e forse è il più bello.
Ma quando è crollato il muro
le prime reazioni sono state:
« Non andarci piùl »; segno di
rassegnazione e abbandono della
montagna? I proprietari del terreno su cui sorgeva il muro sono
anziani, non se ne possono occupare. Anche se il sindaco di Ferrerò abita proprio a Villasecca
inferiore, come un altro consigliere, l'iniziativa è partita dal
basso: all’Unione femminile si
sono raccolte firme per sollecitare al Comune le misure per garantire la viabilità. La settimana
scorsa si sono già viste delle persone che vi lavoravano: il muro
è stalo rifatto, come prima.
Si spera che la titubanza e la
rassegnazione siano vinte dallo
spirito d’iniziativa anche in altri
casi. Per esempio il restauro del
tempio di Villasecca è ormai
doveroso, ma forse pochi sanno
che il Sinodo ha deciso di accettare il finanziamento pubblico
regionale per gli edifici storici
e i luoghi di culto.
Nel frattempo il concistoro ha
incaricato un suo membro di
stabilire con la Tavola valdese le
possibili fonti di finanziamento,
e si è chiesto a un geometra di
indicare le opere di manutenzione e ristrutturazione necessarie,
coi relativi costi. Qualcuno ha
proposto di eliminare le panche
storiche per mettere sedie e tavoli; sono già state messe le nuove
finestre in alluminio, che secondo
alcutti sono un pugno nell’occhio!
Ci si chiede se sarà possibile
avere servizi e uscite di sicurezza per rendere la sala multiuso
a norma di legge, invece che solo
luogo di culto, ma intanto non
si riesce a fare i lavoretti sut
tetti per evitare l’umidità.
Il tempio, dagli anni ’30, funge
anche da sala di teatro per le
recite. Per un restauro allora
si debbono abbinare due concetti: il ripristino di un edificio
storico del ’500 e le esigenze dei
giovani, che vi hanno costruito
un palcoscenico. Ma si deve
anche tener conto che un tempio
protestante era da sempre, oltre
che locale di culto, un ritrovo
che radunava la popolazione.
Ludwig Schneider
L’appuntamento era stato dato
il 25 agosto di due anni fa; nel
pieno delle celebrazioni per il
terzo centenario del Glorioso
Rimpatrio, veniva inaugurata la
prima parte del museo valdese
di Torre Pellice; uno sforzo enorme sia in termini di persone coinvolte che di denaro. Di lì a pochi
giorni avrebbe visitato il nuovo
museo anche il presidente della
Repubblica, Francesco Cossiga.
Mancava, allora, la parte che
illustrava l’attività, il lavoro, la
vita quotidiana così come la storia valdese ce l’ha consegnata.
Questo importante tassello è
stato inaugurato lo scorso 30
aprile, alla presenza di amministratori locali e del moderatore
della Tavola valdese. Franco
Giampiccoli; il tutto è awenuto
in un contesto anche questa volta
un po’ speciale; persone provenienti da molti paesi si erano riunite proprio in quei giorni per il
primo incontro dei musei protestanti d’Europa. A sottolineare
questo spirito di fratellanza è stato anche il segretario della Société d’Histoire du Protestantisme
Français, M. Evesque, che ha portato il saluto e l’apprezzamento
della società da lui rappresentata.
Il moderatore Giampiccoli, nel
suo breve intervento, ha voluto
ricordare il significato dell’investimento che la Chiesa valdese ha
voluto fare dando vita al Centro
culturale ed al museo: « E’ importante conoscere il passato per
poter fare oggi delle scelte responsabili; probabilmente da un
certo punto di vista la parte più
Concorso
fotografico
Antichi strumenti di lavoro nel nuovo museo.
significativa d.el museo è quella
che sta al piano superiore inaugurato due anni or sono, ma è anche vero che per la popolazione
delle valli la ricostruzione degli
elementi fondamentali della vita
dei nostri antenati rappresenta
una ricchezza ».
Il conservatore del museo. Paolo Gardiol, che ha curato Tallestimento a tempo di record delle
sale al piano seminterrato e nei
locali dell’ex piscina del convitto, ha poi condotto i presenti
(con spiegazioni rigorosamente in
patois) fra i vari ambienti ricostruiti, dalla cantina alla cucina,
alla camera, alla stalla e alla
scuola: oltre trecento oggetti a
cui spetterà il ruolo di ricordare
come si è svolta, nei secoli, la vita nelle valli valdesi.
Piervaldo Rostan
FERRERÒ — Chi ama la montagna di solito desidera anche
conservarne il ricordo in fotografia: puntando su questo aspetto gli organizzatori del concorso fotografico avente come tema: « La montagna, abbandono
e rinascita », ossia la sezione
del CAI vai Germanasca e la
Pro Loco di Ferrerò, hanno potuto esporre più di cento fotografie, tutte molto suggestive.
L’abbandono, soprattutto, era
molto visibile in quelle immagini di case diroccate, di vecchi utensili fuori uso o nel viso delle persone che sembravano appartenere ad un’epoca lontana nel tempo.
Ha vinto il primo premio una
foto in bianco e nero, di Bruna Fornero, che rappresenta in
controluce una filatrice con il
suo arcolaio: sarà riprodotta sulla copertina del prossimo numero del « Ghinivert », bollettino del CAI vai Germanasca.
PINEROLO
Conoscere l'handicap
TORRE PELLICE: CONSIGLIO COMUNALE
In cerca di autonomia
Fattasi promotrice a suo tempo
di un dibattito sulle prospettive
che l’ipotesi di provincia alpina
potrebbe avere per le nostre valli,
nel quadro della ridefinizione territoriale prevista dalla legge 142,
l’amministrazione di Torre Penice ha deciso di proporre all’attenzione dell’ultimo consiglio comunale una delibera su questo
argomento.
Presentando la proposta, il sindaco Armand Hugon ha precisato che « oggi non si individuano
i confini di questa ipotetica provincia, ma ci si pronuncia su una
ipotesi generale; l’importante sarà che l’area sia effettivamente
omogenea per interessi, cultura e
problemi e che vi sia un diverso
riparto neH’afflusso delle risorse
economiche ».
Altri interventi hanno ribadito
questi concetti; Rivoira ha sottolineato che non c’è stato fin qui
un cattivo rapporto con la Provincia di Torino, tuttavia la logica da perseguire è quella di un
maggiore autonomismo.
11 capogruppo della Lega Nord,
Hertel, pur complimentandosi
col sindaco per le linee di ricerca
di autonomia .su cui si muove il
discorso, ha ribadito alcune perplessità sulla legge 142 che non
produrrebbe in effetti reale auto
nomia agli enti locali, ma al massimo una ri definizione: « In questo contesto la proposta di provincia alpina non ci convince »,
è stata la conclusione della Lega
che ha proposto un ordine del
giorno su proposte di nuovo
governo locale in cui vi sia maggior spazio per Tautogovemo.
Dichiarando le sue perplessità
su questa proposta, ancora Rivoira formulava il dubbio che la
Lega, che proprio sulle battaglie
per l’autonomia punta da sempre, « in realtà non voglia altri
compagni di strada scomodi in
una battaglia che non è solo
loro ». Chiuso questo dibattito
sono state assunte delibere circa
la maggiore spesa che dovrà essere affrontata per l’eliminazione
delle barriere architettoniche al
municipio ed è stato adottato
il piano di recupero edilizio su
stabili in S. Margherita che un
tempo erano proprietà della
Tavola valdese.
E’ stato infine approvato al1 unanimità un ordine del giorno
sul problema dei curdi, chiedendo impegni al governo italiano
e alla CEE non solo per affrontare l’emergenza di oggi ma per
cercare una soluzione a livello
intemazionale.
O. N.
Da due anni opera sul territorio delle USSL 42, 43, 44
l’Anffas per la tutela dei diritti
dei disabili mentali di ogni età
e gravità (ritardati, insufficienti
mentali, sindrome di Down, cerebrclesi, psicotici, autistici, ecc.).
L’associazione, che è formata da
familiari dei disabili, si occupa
dei vari problemi riguardanti
l’handicap mentale: prevenzione,
riabilitazione, integrazione scolastica e formazione professionale, inserimenti lavorativi, strutture diurne e residenziali per orfani o per quelli i cui genitori
anche temporaneamente, specie
se anziani, non possono più occuparsene adeguatamente.
L’Anflas sta portando avanti
in loco le richieste per ottenere dagli amministratori in tempi ragionevoli risposte più corrette ed adeguate alle varie esigenze dei disabili psico-fìsici, fornisce agli operatori e ai familiari che si occupano dei congiunti disabili informazioni e
consulenze a loro sostegno.
La sede, presso il distretto scolastico 44, è aperta a tutti quanti vi vogliano accedere, il mercoledì dalle 10.30 alle 12; è possibile telefonare tutti i giorni
(esclusi mercoledì e venerdì)
dalle ore 9.30 alle 12 e dalle 15.30
alle 19.30.
Inoltre, al fine di aiutare i familiari, gli insegnanti, educatori,
operatori ha organizzato alcuni
interventi della psicoioga dott.sa
Marchetti.
Gli incontri si svolgeranno
presso la scuola elementare «Cesare Battisti », via Brignone 2,
Pinerolo, dopo il primo appuntamento di mercoledì 8 maggio,
il prossimo mercoledì 22 maggio,
ore 17, sul tema: « Consapevolezza e percezione di sé nel disabile psico-fisico » (come i no
stri « ragazzi » si percepiscono e
vivono la loro diversità, ecc.) e
mercoledì 5 giugno, ore 17,
quando si affronterà l’argomento: « Problemi affettivi e relazionali » (il bisogno di affetto, il
rapporto con gli altri, la sessualità, ecc.).
TORRE PELLICE
A passeggio
con il TAM
La commissione Tutela ambiente montano del Cai-Uget vai
Penice ha preparato per domenica 12 maggio la sua prima
uscita. L’obiettivo è ripercorrere il sentiero che partendo dalla Rocchetta, nell’Inverso di
Torre Pellice, raggiunge Pianprà, snodandosi attraverso boschi di castagni e di larici con
un ricco sottobosco, frequentato da moltissime varietà di uccelli occupati ora con le prime
nidiate, e con una flora caratteristica di questi ambienti umidi e poco luminosi.
Il sentiero, che fa parte del
GTA, ha bisogno di essere ripercorso al fine di liberarlo da rami caduti e arbusti cresciuti in
questi anni, e soprattutto per
ripassare i segnavia ormai praticamente tutti cancellati.
La camminata si presta a persone di ogni età, quindi chiunque voglia partecipare a questa
iniziativa non ha altro da fare
che recarsi alle ore 8.45 in piazza Gianavello a Torre Pellice, di
fronte alla sede del CAI; la partenza è fissata per le ore 9.
AUTORIPARAZIONI
Costantino Marco
Officina autorizzata FIAT
LA PEIMA IN PINEROLO
Via Montebello, 12 10064 PINEROLO
Tel. 0121/21682
JcL Centro
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Diurna - Notturna
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Torre Pellice
via Repubblica, 12
Telefono (0121) 933300 - 933422
10
10 valli valdesi
10 maggio 1991
COMUNITÀ’ MONTANA VALLI CHISONE E GERMANASCA
PROVINCIA ALPINA
Quale assistenza?
Gli interventi dell’USSL in favore degli anziani non autosufficienti - Prese di posizione riguardanti la problematica della viabilità
Tra gli ultimi atti ufficiali delruSSL 42, in attesa di essere
commissariata, si è avuto, nella seduta di venerdi 3 maggio,
il rinnovo delle convenzioni con
due case per anziani che si trovano sul territorio della Comunità montana: l’Asilo di S. Germano e il Centro aperto per
anziani di Perosa Argentina.
Il presidente Ribet, proiettando alcune tabelle su uno schermo, ha reso evidenti i dati abbastanza preoccupanti dell’assistenza agli anziani, il cui numero si prevede in aumento non
compensato, però, da un aumento parallelo della popolazione attiva.
Come è facile capire, l’intervento dell’USSL riguarda soltanto le persone non autosuificien
Avviso
VIAGGIO IN FRANCIA
E’ in programma un viaggio di due
giorni « Alla scoperta del Queyras »,
sabato 22 e domenica 23 giugno. Chi
fosse interessato a partecipare è pregato di rivolgersi al Centro, tei. 932566.
RIAPERTURA
DELLA BIBLIOTECA
La biblioteca verrà riaperta al pubblico nella nuova sede al Centro a
partire dal 20 maggio.
L’inaugurazione dei nuovi locali e la
presentazione dell'orario avverrà sabato 18, alle ore 17.
Tutti sono invitati a partecipare all'incontro per prendere visione dei lavori e festeggiare questo nuovo passo nella realizzazione del nostro progetto.
APPUNTAMENTI
L’incontro teologico « Giovanni Miegge » del mese di maggio avrà luogo
come di consueto nei locali di via
dei Mille, a Pinerolo, sabato 11 maggio con inizio alle ore 17. Si inizia
la lettura del cap. 2 di « Per una fede ».
ti, rimaste sole o con infermità tali da non poter essere assistite in famiglia, che si rivolgono ai servizi sociali per ottenere il ricovero in istituto. Attualmente l’Asilo di S. Germano
ne accoglie 55 su 79 ed è precisamente sull’aspetto finanziario dell’assistenza che si è concentrata la discussione.
La retta richiesta dal comitato dell’Asilo per l’anno in corso è di L. 2.200.000 e sarà progressivamente aumentata nei
prossimi anni, la quota sanitaria a carico dell’USSL ammonta a 895.000 lire; in alcuni casi
si interviene anche sulla quota
alberghiera, lasciando all’utente
e ai suoi familiari di completare la somma da versare.
Queste cifre, che sono del tutto conformi ai parametri regionali e giustificate dalla qualità
del servizio, hanno provocato richieste di chiarificazione da parte di alcuni consiglieri, preoccupati del costo di un’assistenza peraltro doverosa e necessaria.
Più bassa, invece, la spesa per
gli ospiti del Centro aperto di
Perosa, soltanto nove e tutti autosufficienti. La retta richiesta è
di L. 850.000 al mese, per una
spesa globale annua di circa 91
milioni.
Terminata l’esposizione del
presidente, le due convenzioni
sono state approvate all’unanimità.
Il secondo importante punto
trattato dalla Comunità montana riguardava la viabilità a servizio delle valli Chisone e Germanasca e in particolare l’autostrada Torino-Pinerolo, la circonvallazione che da 'Villar Perosa dovrebbe raggiungere la
statale 23 a Perosa Argentina e
il traforo Pragelato-Salbertrand.
Il consiglio ha espresso parere favorevole alla circonvallazione, con qualche perplessità sul
viadotto che dovrebbe scavalcare un tratto dell’abitato a Perosa, ha preso atto che l’autostrada si farà e si è detto nettamente contrario al collegamento in tunnel della vai Chisone
con la vai Susa. Su questi temi sarà convocata tra breve
un’altra riunione del consiglio di
tipo unicamente informativo.
Collegando questo punto all’ordine del giorno con la precedente discussione sull’assistenza agli anziani il sindaco di
Pinasca, Richiardone, si è domandato se le nostre valli non
sono destinate a trasformarsi
soltanto in centri di assistenza
agli anziani, con l’esclusione di
ogni altra possibilità di sviluppo.
Se si pensa che il miglioramento della viabilità sembra soltanto servire per portare velocemente i torinesi a sciare a Sestrières e che intanto i posti di
lavoro continuano a diminuire,
non si può proprio pensarla diversamente.
Liliana Viglielmo
PRAROSTINO - SAN SECONDO
Diminuisce la produzione
L’assemblea della cooperativa
dei produttori agricoli di Prarostino e San Secondo, che si è
riunita per approvare il bilancio, ha messo in evidenza (se
mai ce ne fosse bisogno) la crescente difficoltà del settore lattiero caseario, specialmente nelle zone dove l’agricoltura è considerata marginale, come la collina e la montagna.
La mancanza di programmazione nazionale ha fatto sì che
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Le proposte del PDS
si facessero nascere delle cooperative di raccolta nelle aree
montane e che ora, nonostante
la buona qualità del latte, non
vi sia più chi è disposto ad effettuare la raccolta essendo più
conveniente acquistarlo dalla
Germania.
L’unica alternativa sembrerebbe quella di trasformare in loco il latte, producendo formaggio, ma la quantità troppo esigua impedisce che una piccola
struttura come la cooperativa, di
fronte agli elevati costi, possa
farlo da sola.
Nel 1990 la cooperativa ha infatti raccolto dai suoi soci 456.217
litri di latte; la media giornaliera di 1.274 litri è risultata inferiore all’anno precedente di 40
litri.
Questa diminuzione, apparentemente contenuta, in realtà è
indicativa delle difficoltà che si
incontrano nel settore; sono infatti le zone più alte a segnare
questa diminuzione, legata al
territorio ma soprattutto al progressivo ritiro dal lavoro di addetti la cui età è sempre più
avanzata. Quanti addetti ci saranno ancora fra dieci anni,
quale sarà il patrimonio bovino, quali le conseguenze sull’ambiente?
M. G.
Il 3 maggio il PDS ha organizzato un dibattito pubblico a
Pinerolo rispetto all’attuazione
della legge 142/90, in particolare
per quanto riguarda la questione
della provincia alpina.
Si evidenzia la legge di riforma come un’occasione per ridiscutere gli attuali assetti territoriali, per la nostra realtà l’ipotesi di Pinerolo provincia, con
l'esigenza di andare ad un « riequilibrio economico, sociale e
culturale della zona ». Il PDS
individua la necessità di un centro propulsore all’interno di
”un area”, dove « l’area montana
deve avere un forte peso ». Il
documento distribuito dal PDS
puntualizza che « la montagna
non ha voce e ruolo se non ha,
a valle, un centro che si ’’specializzi” come propulsore della sua
vita, delle sue attività, delle sue
caratteristiche ambientali e turistiche ».
Se si esclude giustamente Torino quale centro propulsore, si
capisce che è Pinerolo ad essere
individuata come città eletta.
Sono proposte che richiedono
alcune considerazioni.
C’è da domandarsi perché Pinerolo e non Torre Pellice? E’ proprio necessario la riproduzione
di un centro ’’ombelico” del pinerolese, dove si amministra la
giustizia e si programma, anche
se in collaborazione con le realtà
limitrofe, la gestione territoriale
e do>ve, non dimentichiamolo,
domina il campanile di S. Maurizio?
C’è da domandarsi se per ima
provincia alpina, che si propone
’’non burocratica”, non valga la
pena pensare ad un territorio
legato da interdipendenze ed evitare di sopravvalutare la funzione di un centro forte, anche se
inserito all’interno di un territorio omogeneo.
Un secondo aspetto interessante che è stato affrontato è la
concenzione di un’autonomia che
non vuole avere nulla a che fare
con l’autarchia, ma che si basa
sulla partecipazione, la creazione
di nuovi rapporti tra popolazione
e istituzioni, con risposte alle
necessità e ai bisogni dei cittadini. Si tratta di un segnale anche
per le varie Leghe: non ci si può
volgere verso un ’’far da sé” o
un localismo insignificante, ma
verso una valorizzazione dei contenuti umani e culturali presenti
nella nostra realtà.
La tradizione delle nostre valli,
di un protestantesimo internazionale e democratico, l’apertura
verso realtà non certo solo
nazionali, può far sì che anche il
cittadino emigrato dal Marocco,
per esempio, abbia pari dignità
e diritto di partecipazione dell’oriundo ”d’oc”.
Culture diverse, l’uso e la
gestione, non solo lo sfruttamento, delle risorse, la partecipazione al potere sono le carte con cui
ci si presenta.
Un terzo aspetto, condiviso da
relatori e partecipanti all’incontro, è quello di individuare le
istituzioni locali come luogo in
cui sviluppare il dibattito sulle
proposte delle nuove province.
Al silenzio, sicuramente non
cusuale, delle valli Chisone e
Germanasca, si contrappongono
le iniziative sviluppatesi in vai
Pellice. Apprezzate e considerate
positive le iniziative del Comune
di Torre Pellice, sia per quanto
riguarda la promozione del dibattito pubblico sia per aver adottato recentemente sull’argomento
una delibera di consiglio. Il Comune di Torre Pellice rivolge un
invito al presidente della Regione Piemonte a non essere compresi nella città metropolitana,
ma esprime un parere favorevole
all’inserimento del Comune nella
provincia alpina, e chiede che
l’autonomia non sia solamente di
tipo amministrativo ma venga
pi-eso in considerazione, nella
redistribuzione dei fondi, anche
l’aspetto di disagio territoriale
della zona.
In riferimento al cammino verso l’autogoverno, è stato detto,
la richiesta di una provincia alpina è solo la prima battaglia.
Mauro Meytre
Oggi
e domani
Concerti
LUSERNA SAN GIOVANNI — Orga
rizzato dall’Asilo valdes© in collabo
razione con l'Assessorato alla cultura
di Luserna San Giovanni avrà luogo,
nel salone della Casa di riposo, sabato 11 maggio alle ore 15.30, un
« Concerto di primavera ».
La classe di esercitazioni corali diretta dal maestro Dario labbia e quella del quartetto diretta dal maestro
Ignazio Alfarano del Conservatorio G.
Verdi di Torino eseguiranno musiche
di Mozart, Scarlatti, Palestrina, Di Lasso, Aleotti e Festa.
L’ingresso è libero e tutti sono cordialmente invitati.
Amnesty International
TORRE PELLICE — Venerdì 10 maggio, ore 17.30, via Repubblica 3, 2°
piano, avrà luogo una riunione con all'odg: a) appelli, in occasione del 1°
maggio, per un sindacalista cileno e
sua moglie arrestati nel 1976 e poi
scomparsi: b) appelli con richiesta di
indagini per le uccisioni extragiudiziali di tre sindacalisti della Colombia
(1990); c) campagna per il rispetto dei
diritti umani violati in Marocco; d) tavolino Amnesty in occasione del mercatino biologico deim maggio.
Politica
PINEROLO — Il Collettivo comunista pinerolese organizza per giovedì
9 maggio, presso il centro sociale di
San Lazzaro (via dei Rochis 3), un
dibattito pubblico dal titolo « Quale
futuro per i comunisti ». introdurranno la serata Gianni Alasia, coordinatore provinciale di Rifondazione comunista, e Paolo Ferrerò, coordinatore provinciale di Democrazia proletaria. Tutti sono invitati a partecipare.
TORRE PELLICE — Sabato 11 maggio alle ore 15, presso la sala della
Società operaia di via Roma 7, i Verdi organizzano un incontro-dibattito sui
tema; « I Verdi e gli statuti comunali; i Verdi e la provincia alpina »;
intervengono Giorgio Gardiol e Anna
Segre.
Cantavalli
PRAGELATO — Sabato 11 maggio,
alle ore 21, presso la palestra comunale in frazione Ruà, nell'ambito del
Cantavalli, il gruppo francese Biancal
Trois presenterà musiche tradizionali
della Provenza e del Nizzardo.
«^due BÌm
/di Bolla & Befiach s.n.c.
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LUSERNA SAN GIOVANNI
Viale De Amicis, 3
Tei. 0121/90.16.51
11
10 maggio 1991
lettere 11
IL PROBLEMA DELLA
RESURREZIONE
Vorrei rispondere alla lettera della
sorella Costabel pubblicata sul numero del 12.4.'91 non per avere l'ultima parola ma per un bisogno di precisazione e chiarimento, per quanto
sia possibile spiegarsi in poche righe.
Prendo atto e mi rallegro che la
sorella ha fede nella resurrezione; sono inoltre perfettamente d'accordo sul
fatto che non possiamo rappresentarci l'aldilà con le nostre categorie
umane, ma non sapevo che la risposta era stata data in questo contesto: evidentemente questo cambia di
molto il significato delle sue affermazioni.
In ogni caso non era mia intenzione esprimere un giudizio netto sulla '
sua fede, ma piuttosto un invito generale ad una maggiore chiarezza. Poi
l'ipotesi (errata) di una risposta data
per stanchezza voleva essere un, sia
pur maldestro, tentativo di giustificazione, non un giudizio. Non nascondo però che volevo in qualche modo
provocare una risposta ed una discussione.
Infine veniamo al tema della resurrezione: se esistono in proposito divisioni degli evangelici, spero che riguardino aspetti secondari e non la
fede nella sua realtà, sia che si voglia considerarne il significato di evento già oggi operante nella vita di ogni
credente rinnovata dallo Spirito, sia
che si voglia sottolinearne l'importanza
escatologica (ma anche qui i due
aspetti si integrano, non sono in antitesi).
Però, se non ricordo male, qualche
anno fa questo settimanale pubblicò
un sondaggio dal quale risultava che
c'è una certa percentuale di evangelici che non vi credono. Mi dispiace
di non poter essere più preciso, ma
non ho conservato quei risultati. Allora mi chiedo: è possibile professarsi cristiani e non credere alla resurrezione? lo penso di no e ritengo
che su un punto così importante venga meno anche la comunione di fe
de. A che servirebbero altrimenti le
confessioni di fede?
Saluti fraterni in Cristo.
Aldo Cianci, Polizzi Generosa (Pa)
PER QUESTA VOLTA,
NIENTE ROGO
Caro Direttore,
la risposta esauriente e lucida di
Maddalena Costabel al fratello Cianci a proposito del dibattito all'LIPEL
di Padova ha chiuso la questione e
non sarebbero necessarie aggiunte se,
sicuramente al di là delle intenzioni
di tutti gli interlocutori, non fosse
nata l'impressione — a causa della
fortuita sequenza nella pubblicazione
delle lettere — di una specie di divertente quanto involontario processo
da Sant'Uffizio, nel quale mi sono
trovato coinvolto nell'improbabile ruolo di « verbalizzante ».
I « giudici inquisitori », avendo colto l'imputata in flagrante delitto di
eresia, non hanno mancato (numero
del 1” marzo 1991) di offrirle una
prima via di uscita con una disonorevole » ritrattazione (stanchezza o
scarsa meditazione); al suo rifiuto, sono tornati alla carica (cfr. numero del
19 aprile 1991); se non stanca o frettolosa, per lo meno fraintesa.
Colpevole sarebbe il « verbalizzante », l'estensore della nota di cronaca cioè il sottoscritto, che avrebbe
capito male. Pur di ottenere l'abiura,
si sa, ogni mezzo è buono. No, con
buona pace degli ■■ inquisitori » — si apprezzi, per favore, l'intenzione scherzosa e si sottintenda fraternità e amicizia in quel che dico — sono costretto a deludere; non solo ho capito benissimo, ma mi trovo perfettamente
d'accordo con ciò che ha detto e sostenuto Maddalena Costabel e, se
delle valli valdesi
settimanale delle chiese valdesi e metodiste
Direttore; Giorgio GardioI
Vicedirettore; Luciano Deodato
Redattori; Alberto Corsani, Adriano Longo, Jean-Jacques Peyronel, Piervaldo Rostan.
Segreteria; Angelo Actis
Amministrazione; Mitzi Menusan
Revisione editoriale; Stello Armand-Hugon, Mariella Taglierò
Spedizione; Loris Bertot
Comitato editoriale: Paolo T. Angelerl, Mirella Argentieri Bein, Claudio
Bo, Franco Carri, Franco Chiarini, Rosanna Ciappa Nittì, Gino Conte.
Piera EgidI, Emmanuele Paschetto, Roberto Peyrot, Sergio Rlbet,
Mirella Scorsonelli _____________
Stampa: Coop. Tipografica Subalpina - via Arnaud, 23 - 10066 Torre
Pellice - telefono 0121/91334
Registrazione: Tribunale di Pinerolo n. 175. Respons. Franco Giampiccoli
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Amministrazione del fondo: Maria Luisa Barberis, Renato Coisson. Roberto Peyrot_____________________________________________________________
EDITORE: A.I.P. ■ via Pio V, 15 - 10125 Torino - = 20936100
Consiglio di amministrazione: Roberto Peyrot J' (cembri)
(vicepresidente). Paolo Gay. Marco Malan, Franco Rivoira (membrlj.
Registro nazionale della stampa: n. 00961 voi. 10 f°g9o ^81_______________
FnT 18/'91 è stato^consegnato'agir^^ postali di Torino e a quelli
delle valli valdesi il 3 maggio. __________________________
Hanno collaborato a questo numero: Arrigo ^ ^sYe^fano
Vitali, Ivana Costabel, Dino GardioI.
Gnone, Ruggero Marchetti, Bruna Peyrot, Teofilo Pons, Sergio R ^
processo ha da essere, rivendico il
diritto al mio ruolo di coimputato.
Mi rimane un dubbio: dalla « nota
di cronaca » (pardon: « verbale di accusa ») Maddalena Costabel risultava
aver detto testualmente: « lo so che
Dio mi salverà ». Come è stato possibile supporre che abbia voluto negare la resurrezione e sostenere quindi la destinazione eterna di noi tutti
allo sheoi?
Chiedo scusa per questa ricostruzione in chiave medioevale: ma, anziché giudicare, sarebbe stato forse più
opportuno ed edificante rileggersi lo
« sconvolgente » testo di Matteo 20:
12-18.
Tutti conosciamo le parole di Mosè in Deut. 1: 17: «...Il giudizio appartiene al Signore: le cause troppo
difficili le presenterete a me e io le
ascolterò ».
E' probabile che anche la « sorte
delle anime dopo la morte », come
ha sostenuto Maddalena Costabel con
il mio (e non soltanto) pieno consen
so, appartenga al genere delle cause
difficili e complesse: meglio affidarne
la soluzione a Mosè, unico ad avere
il privilegio di parlare « bocca a bocca » con il Signore, o al Signore stesso.
L’imputata è dunque innocente: per
questa volta, niente rogo! Peccato, però, che proprio noi evangelici, esperti in processi per eresia ma per lo
più, almeno nel passato, dalla parte
degli imputati, non manchiamo l'occasione di cadere in queste trappole.
Fraterni saluti.
Paolo T. Angeieri, Padova
Partecipazioni
personali
Si è laureata In economia politica,
all'Università di San Gallo, Svizzera,
la sig.na Deborah Jaffe.
Alla laureata le nostre congratulazioni.
FCEI
Una sistemazione
per gli albanesi
Il Servizio rifugiati e migranti della Federazione delle chiese
evangeliche in Italia sta cercando di trovare una sistemazione più
stabile per gli albanesi ospitati in Puglia.
E’ necessario che queste persone si rendano a poco a poco finanziariamente indipendenti e quindi, nella speranza di trovar loro un
lavoro, pubblichiamo qui di seguito un elenco delle persone che non
hanno ancora un’occupazione. Le eventuali offerte dovranno tener
conto dei nuclei familiari evidenziati nell’elenco che, naturalmente,
non possono essere divisi.
Le eventuali offerte di lavoro vanno segnalate a:
Servizio rifugiati e migranti (SRM) della PCEI - 'Via Firenze, 38 00184 Roma - Tel. 48.31.88 - Fax 48.28.728.
PROFUGHI ALBANESI OSPITI DI COMUNITÀ’ PUGLIESI
(elenco aggiornato al 26.4.’91)
uomo donna coppia anno di tìtolo di studio esperienza dì lavoro
nascita
X 1969 scuola delTobblìgo imbianchino, muratore ( * )
X 1964 dipi, in agraria autista ( per 4 anni) ( * )
X 1968 scuola deH'obbligo agricoltore {* )
X con 1951 scuola media (10 autista ( per 20 anni ),
z tre anni complessivi ) meccanico ( * )
X figli 1954 dipi, d'infermiera infermiera ospedaliera ( * )
X 1 con 1951 dipi, veterinario veterinario (ev. lavoro
i quattro in allevam., masserie)
X figli 1956 scuola media sup. operaia tessile (*)
X con 1973 scuola dell'obbligo imbianchino ( * )
un bimbo
’ nato
in marzo scuola deH'obblìgo
X a Brindisi 1975 event. lavori domestici
X 1940 Istit. pedag. per insegnante, successiva con lingua e storia mente magazzin. (*)
• due d'Albania
X ;igli 1954 scuO'la superiore elettromeccanica (qualificata) (*)
X 1967 4® superiore pescai, e ferrov. ( * )
X 1 sono 1967 2“ anno sup. prof. cameriere ( * )
X 1 fratelli 1973 due anni di scuola superiore cameriere ( * )
X 1971 1* superiore (*)
X 1967 2“ sup. profess. mobiliere, montaggio mobìli {*)
X \ saldatore special. (*)
X ( dipi, d'infermiera (*>
X \ 1 meccanico (*)
X comm. dì libreria (*)
X 1961 scuola media metalmeccanico ( * )
X 1962 scuola deH'obbligo (*)
X 1962 scuola media metalmeccanico ( * )
X 1962 laureato in scul- tura-ceramica (*)
X 1971 diploma chimica (*)
X 1966 diploma chimica (*)
X 1963 scuola media metalmeccanico (*)
X ( con un scuola deH'obbligo (*)
bambino)
X
X
scuola delTobbligo (*)
scuola delTobbligo (*)
scuola dell'obbligo (*)
(( Benedici, anima mia, VEterno
e non dimenticare alcuno dei
suoi benefici »
(Salmo 103: 2)
Sazio di giorni ha concluso il 29
aprile la sua giornata terrena l’ing.
Alberto Girardet
Nel prenderne commiato ne danno
Tannuncio i figli Giorgio con la moglie Maria Sbaffi, Franco, Maria con
il marito Thomas Soggìn e i nipoti
Lilia, Evelina ed Enrico, con le loro
famiglie.
Roma, 1® maggio 1991.
(( Venite a me, voi tutti che siete
travagliati ed aggravati, ed io
vi darò riposo »
(Matteo 11: 28)
Dopo lunga malattia si è spenta
Ines Bounous ved. Ostorero
Con rimpianto lo annunciano, a funerali avvenuti, le sorelle Ada e Emma,
la cognata Bianca e la nipote Carla
Rollier con le rispettive famiglie.
Torre Pellice, 2 maggio 1991.
RINGRAZIAMENTO
« La tua benignità sia sopra di
noi, perché noi abbiamo sperato
(Salmo 33: 22)
La mamma, la sorella, i nipoti del
caro
Alberto Tron
profondamente commossi e riconoscenti
per la grande dimostrazione di affetto
e di stima, tributala in occasione deUa
dipartita del loro congiunto, ringraziano di cuore tutti coloro che con scritti,
parole di conforto, presenza hanno voluto unirsi al loro dolore.
Un ringraziamento a tutto il personale medico e paramedico dell’Ospedale
valdese di Pomaretto ed all’équipe del
reparto di cardiochirurgia dell’Ospedale Molinette di Torino, in particolare
al prof. Poletti, e al pastore Coisson e ai
vicini di casa.
Pomaretto, 10 maggio 1991.
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USSL 42 - VALLI
CHISONE - GERMANASCA
Guardia medica :
Notturna, prefestiva, festiva: presso Ospedale Valdese di Pomaretto ■ Tel. 81154.
Guardia farmaceutica :
DOMENICA 12 MAGGIO 1991
tfillar Perosa: FARMACIA DE PAOLI
Via Nazionale. 29 - Tel. 51017.
Ambulanza :
Croce Verde Perosa: Tel. 81.000.
Croce Verde Porte: Tel. 201454.
USSL 44 - PINEROLESE
(Distretto di Pinerolo)
Guardia medica :
Notturna, prefestiva, festiva: Telefc'.o 2331 (Ospedale Civile).
Ambulanza :
Croce Verde Pinerolo: Tei. 22664.
USSL 43 - VAL PELLICE
Guardia medica :
Notturna, prefestiva, festiva: Telefono 932433 (Ospedale Valdese).
Guardia farmaceutica :
DOMENICA 12 MAGGIO 1991
Luserna San Giovanni: FARMACÌA
SAVELLONI - Via F. Blando 4 - Luserna Alta - Telef. 900223.
Ambulanza :
CRI Torre Pellice: Telefono 91.996.
Croce Verde Bricheraslo: tei. 598790
SERVIZIO ATTIVO INFERMIERISTICO: ore 8-17, presso I distretti.
SERVIZIO ELIAMBULANZA, elicottero: tei. 116.
12
12 villaggio globale
10 maggio 1991
UN PROGETTO DELL’UNESCO
AMNESTY INTERNATIONAL
Sviluppo e cultura;
il dialogo è possibile
La lotta per lo sviluppo non può essere disgiunta dalla promozione
culturale: la modernizzazione, da sola, limiterebbe tutta l’umanità
Nel Sahel si muore per fame, l’indebitamento dell’America latina è colossale; ma d’altra
parte ci sono la diffusione della droga e la
delinquenza nei paesi industrializzati: la corsa
alla crescita rivela visibilmente i suoi «falliti»
e i propri effetti perversi, ci si interroga sempre di più sui suoi mezzi e le sue finalità. Ma
forse si sta pagando oggi la dissociazione qua
« La cultura non si improvvisa », diceva Julien Green. Anima
di una nazione, essa è inseparabile dalla vita di popoli e individui.
Ma è anche vulnerabile come un
uccello appena nato, preda dei
« rapaci » quali l'alienazione, le
mode, la volontà di dominio, i
meccanismi economici. Per darle
il posto che le compete bisogna
salvaguardare la cultura da una
folla di nemici.
Questa semplice constatazione
spiega come agli inizi degli anni
'80 alcuni esperti, preoccupati
dello sviluppo di quelle nazioni in
cui troppo spesso (soprattutto
nel Terzo Mondo) la cultura non
ha la priorità sull’economia e
in cui lo sviluppo stesso è problematico, abbiano pensato di
lanciare un’azione di lunga durata: un decennio mondiale di sviluppo culturale, che avesse per
interlocutore naturale le Nazioni
Unite. Così a Città del Messico
l'idea fu lanciata nel 1982, con
un obiettivo ben definito; che il
progresso degli stati, del Sud
come del Nord, « progressisti »
o « hberali », fondi suH’uomo,
e quindi nella cultura, le sue
priorità, le sue motivazioni e finalità. Le Nazioni Unite adottarono
il progetto nel 1986, ed esso partì
ufficialmente due anni dopo: c’è
un segretariato, ci sono i programmi, c’è una strategia. Il
Decennio si concluderà nel 1997.
« E’ stato necessario convincere
molta gente — ricorda Albert
Botbol, già responsabile delle politiche culturali dell’Unesco —;
la congiuntura internazionale
favoriva allora il reddito, l'economia, gli interessi particolari, a
scapito del sociale e del collettivo. Il dio dollaro non si gravava
di una qualche dimensione culturale: era onnipotente. Si trattava
di far entrare la nozione cultura
si generalizzata operata tra la cultura, intesa
in senso ampio, e lo sviluppo.
Da questa considerazione l’UN ESCO è partita per lanciare il progetto del « Decennio
mondiale dello sviluppo culturale», iniziato
nel 1988. La rivista
linee fondamentali.
Sources » ne traccia le
La crescita di un popolo non si può misurare solo in termini monetari: lo studio delle radici culturali aiuta il progresso.
SCHEDA
I principali
obiettivi
Il Decennio mondiale dello
sviluppo culturale (1988-1997),
indetto daH’Assemblea generale delle Nazioni Unite, persegue quattro obiettivi fondamentali: la considerazione
della dimensione culturale
nello sviluppo; l’affermazione
e l’arricchimento delle identità culturali; l’allargamento
della partecipazione alla vita
culturale; la promozione della cooperazione culturale internazionale.
I principali punti attualmente all’ordine del giorno
comprendono la preparazione
di un rapporto mondiale sulla cultura e lo sviluppo, la
proclamazione di una giornata mondiale per lo sviluppo
culturale (21 maggio) e un
esame, fra tre anni, di « metà percorso ».
le nel sistema delle Nazioni Unite, e se, quasi a metà strada, il
Decennio non ha forse l’impatto
che meriterebbe, è per la stessa
ragione: l'economico è sempre il
più forte, il culturale si ritira.
Bisognerebbe invertire le cose,
ne va dello sviluppo armonioso... ».
I primi momenti del Decennio
si sono concentrati su una mobilitazione di base per suscitare
un’adesione la più larga possibile: sono così nati 70 comitati nazionali, e sono stati finanziati
più di 100 progetti locali. Ora le
forze vanno riunite e si sta
concretizzando una strategia verso una priorità: la dimensione
culturale dello sviluppo.
Le proposte dei
singoli paesi
II primo passo di questa seconda fase prevede che gli stati
interessati decidano essi stessi di
mettere in cantiere dei progetti
forti, .sostenuti da più stati in una
regione, o in regioni diverse, col
sostegno dell’Unesco: per fare
qualche esempio, Adriaan Van
der Staay, presidente del comitato intergovernativo per il Decennio, cita « lo spazio del barocco »,
o « turismo e cultura », progetti
che interessano molto gli asiatici,
e ancora la rinascita di un’università « europea » che avrebbe sede
a Erfurt, in Germania. E ancora:
« La biblioteca di Alessandria, in
Egitto, avrebbe trovato la sua
collocazione proprio nel Decennio ». Per Van der Staay si tratta
anche di riunire le forze delle
altre organizzazioni che fanno
capo airONU. Così, l’Unesco e
l’Organizzazione mondiale della
sanità devono elaborare un’azione comune per « riconciliare »
cultura e sanità, e altri temi,
individuati di anno in armo,
coinvolgeranno il BIT (Ufficio
intemazionale del lavoro) e la
FAQ per quanto riguarda l’agricoltura.
Un tema però interessa più
degli altri la comunità intemazionale: cultura e democrazia.
« La democrazia non è solo un
meccanismo giuridico e un sistema politico — prosegue Van der
I diritti umani
dei curdi - 2
Staay —, è il risultato di un sistema di valori come il diritto alla
differenza, la tolieranza, i diritti
individuali. E diventa anche una
questione centrale per lo sviluppo. Questo tema, centrale proprio
nell’anno in corso, culminerà
nell’autunno in un congresso internazionale a Praga ».
Coinvolgere
diversi settori
Infine, e soprattutto, il Decennio non coinvolge solo l’Unesco,
le Nazioni Unite, gli stati membro, ma anche delle Organizzazioni non governative di cooperazione, banchieri, pianificatori,
economisti, ecc.
Da tutti loro si tratta di far
condividere i due risvolti complementari di una stessa idea:
senza considerare la cultura (intesa non solo come « belle arti »,
rna nel suo senso antropologico
più ampio) non c’è « sviluppo
totale ». ma c’è quasi certamente
un cattivo sviluppo, che non solo
può frenare la crescita economica, ma anche innescare delle fmstrazioni e delle diseguaglianze
fonti di grosse tensioni.
Uno sviluppi) ridotto a « modernizzazione » mette in pericolo
uno dei beni più preziosi dell’umanità: la ricchezza e la diversità delle sue culture. « Siamo
al punto — dice ancora il presidente del comitato — che ogni
anno cinque o sei lingue si perdono, l’artigianato sparisce, come
pe>' esemvio la lavorazione del
bronzo in Asia. Ora, / rapporti
tra sviluppo e cultura sono concettualmente sfumati, tutti ne
parlano, ma nessuno ne dà una
definizione universalmente accettata. Si tratta perciò, da parte
dell’Unesco, di redigere un equivalente di quello che è il rapporto Bruntland per l’ambiente; un
rapporto fatto in maniera scientifica, le cui conclusioni siano
incontestabili ».
Il principio è acquisito come
tale: biso^a fissarne le modalità, i mez.zi. E servirà l’approvazione della prossima Conferenza
generale dell’organizzazione.
Max Cerrans
I curdi in Iran
Dall’inizio della rivoluzione
islamica ad oggi i curdi iraniani hanno subito la durissima repressione esercitata dal governo
di Teheran nei confronti di tutti i gruppi di opposizione. Ad
esempio, il 14 settembre 1981,
18 operai curdi vennero uccisi
in una fabbrica di mattoni situata nel villaggio di Sarougliamish,
ad opera delle Guardie rivoluzionarie, che poi arrestarono 70
abitanti del villaggio. I curdi iraniani hanno subito esecuzioni
sommarie, torture e processi iniqui. Le torture vengono inflitte
sia come pene dettate dalla legge coranica (fustigazioni, lapidazioni, amputazioni), sia come
forma di pressione esercitata nei
confronti dei prigionieri per
estorcere confessioni o indurli a
pubbliche ritrattazioni. Fra gli
iraniani rimpatriati forzatamente dalla Turchia nel 1986, figurano almeno tre rifugiati curdi, giustiziati ad Orumish nel novembre 1986.
Il Kurdistan
turco
Amnesty International nutre
preoccupazione per la crescente
negazione dei diritti delle popolazioni curde; ai turchi curdi
non è legalmente riconosciuto il
diritto di usare la propria lingua e sono loro negati ulteriori diritti soltanto a causa della loro origine etnica.
In Turchia, nell’ultimo decennio, più di 250.000 persone sono state arrestate per ragioni
politiche, subendo nella maggior
parte dei casi dure torture. Molte delle più efferate torture sono state subite dai curdi che abi
tano nella regione sudorientale
della Turchia, dove le forze governative sono entrate in conflitto con gruppi secessionisti,
facendo retate di interi villaggi
e torturando i civili alla ricerca di membri e sostenitori delle organizzazioni guerrigliere.
Dall’inizio del 1991, Amnesty
International ha inviato decine
di appelli urgenti al governo turco, in favore di un centinaio di
attivisti curdi arrestati e tenuti in stato di isolamento per diversi giorni. L’organizzazione teme che molti di essi siano stati sottoposti a torture durante
la detenzione. Il governo turco
ha emanato i decreti 424, 425 e
430, che estendono i già straordinari poteri della legislazione
d’emergenza; nel mese di agosto, il governo ha annunciato di
voler derogare alle disposizioni
degli articoli 5, 6, 8, 10, 11, 13
della Convenzione europea sui
diritti dell’uomo, che contengono importanti garanzie per la
difesa dei diritti umani. Nonostante la Turchia abbia ratificato le due Convenzioni dell’ONU
e del Consiglio d’Europa contro
la tortura. Amnesty International ritiene che la tortura in Turchia sia estremamente diffusa,
nei confronti degli oppositori
politici e degli esponenti della
comunità curda. La maggior parte delle torture hanno luogo nel
periodo iniziale di detenzione e
di interrogatorio: il periodo
massimo di detenzione preventiva (e di isolamento, senza contatti con avvocati e familiari)
è di 24 ore, ma può essere esteso a 15 giorni a seconda del
« tipo di reato », ed a un me-,
se nelle zone sottoposte allo stato di emergenza e alla legge
marziale. Lo stato di emergenza è in vigore in dieci province turche, comprese quelle a
maggioranza curda.
CENTRO EVANGELICO DI LA SPEZIA
Produciamo pace
perfun mondo nuovo
Da poco si è smesso di parlare di guerra del Golfo, ma le
sue conseguenze ci presentano
una realtà su cui riflettere. Anche uno stato come quello italiano, che si proclama pacifico
in quanto afferma il ripudio della guerra, ha affrontato, e non
incidentalmente, la questione
« Golfo » intervenendo con una
forza di « polizia internazionale ».
A seguito di tali eventi, che
ci hanno coinvolti sia come cristiani sia come cittadini, si fa
sempre più incalzante la necessità di costruire una cultura ed
una politica di pace. Tra noi sono presenti senz’altro diverse posizioni, ci saranno i pacifisti ad
ogni costo e quelli meno radicali, ma comunque pensiamo
che ci troveremo tutti d’accordo nel ritenere necessaria la sensibilizzazione dei cittadini sulle
grandi tematiche sociali del nostro tempo.
Questa convinzione ha spinto
Centro evangelico, ARCI, ACLI,
Lega ambiente, Caritas e Associazione per la pace di La Spezia a promuovere una marcia
che partendo da La Spezia, città
a prevalente economia bellica,
giungerà fino all’ameno borgo di
Portovenere.
Ad essa hanno aderito localmente la Chiesa evangelica battista, il Gruppo giovanile avventista e varie associazioni e partiti, a livello regionale la Federazione chiese evangeliche della
Liguria, a livello nazionale le
ACLI, l’Associazione per la pace, l’AECI ed alcuni sindacati.
Tale manifestazione dovrebbe
idealmente rappresentare un
percorso che muovendo dal bellico (La Spezia), costeggiando il
militare (Arsenale M. M.), giunga ad un luogo che possa dare
l’idea della pace e della solidarietà umana (Portovenere).
Il contenuto della marcia non
sarà solo quello della pace intesa come assenza di guerra, ma
anche della solidarietà fra i popoli, per cui questa vuole essere una prima edizione di una
marcia della solidarietà; essa si
svolgerà a La Spezia il 12 maggio alle ore 9 partendo da piazza Chiodo (porta principale Arsenale) ed avrà per slogan « Produciamo pace per un mondo
nuovo contro ogni guerra ».
A tale manifestazione vorremmo presentarci compatti, come
evangelici, sia all’interno della
marcia, con i nostri fazzoletti
viola, sia al momento conclusivo, a Portovenere, in cui interverrà come oratore Maurizio Girolami della Commissione « Giustizia, pace, salvaguardia del
creato » delle Chiese battiste,
metodiste e valdesi.
Nella speranza di avere adesioni e partecipazione da parte
delle varie comunità evangeliche, vi ricordiamo che è possibile far riferimento al Centro
evangelico c/o Chiesa battista via Milano 40 oppure, telefonicamente, a Marisa Badiali: 0187/
30785 verso le ore 13,30.