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Anno 120 - n. 17
27 aprile 1984
L. 500
Sped. abbonamento postale
Gruppo 1 bis/70
In caso di mancato 'recapito rispedire
a; casella postale - 10066 Torre Pcìlice.
Sii^. Elio
Via Co. ioti Libertà’^ 3
10066 TORRE PELLICE
delle valli valdesi
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE VALDESI E METODISTE
Punti
di vista
INTERVISTA AL PASTORE EDWARD BISHOP
Si sa che i moderni missili
terra-aria per colpire un bersaglio che si muove molto velocemente sono predisposti in modo
da essere attirati dal calore che
emana il motore del bersaglio
stesso. Un sistema infallibile. Ma
che succede se per caso un’altra fonte di calore viene a trovarsi accidentalmente nei pressi del bersaglio da colpire? Può
succedere che il missile sparato
durante un’esercitazione militare per colpire un piccolo bersaglio telecomandato vada invece
a colpire un grosso DC 9 carico
di passeggeri disintegrandolo.
Con ogni probabilità, come abbiamo appreso nei giorni scorsi, è questa la spiegazione dell’esplosione che 4 anni la ha distrutto l’aereo dell’Itavia nel cielo di Ustica. Piuttosto imbarazzante. Se quindi 11 tempo non
basta a sfumare le cose e inchieste e perizie arrivano pericolosamente vicino alla verità, c’è
l’estremo rimedio seppur molto
goffo e scoperto: coprire la parte scottante dell’inchiesta con la
formula « segreto militare », una
specie di immunità governativa
che sottrae alla conoscenza del
paese, alla magistratura, alla
giustizia, la responsabilità di chi
ha sbagUato.
Questo episodio induce a lare
due considerazioni. La prima è
che la regola del vivere « civile »
è rappresentata da una verità
addomesticata, manipolata, censurata. In gran parte ciò che veniamo a sapere, pur in un paese
che si dice libero, non è ciò che
è bensì l’immagine che dell’essere si costruisce via via, canalizzandola attraverso i mass media, ad uso dell’opinione pubblica. Di questo ovviamente non
ci rendiamo conto normalmente ; ma sono proprio gli « infortuni sul lavoro » in cui incappa
il potere politico nella « costruzione » della verità che ci aprono gli occhi e ci confrontano
con Tironica domanda disincantata di Pilato: che cos’è la verità?
La seconda riguarda le radici
culturali e religiose del nostro
paese. Come pochi altri questo
paese affonda le sue radici nel
cristianesimo, una fede che alle
origini ha avuto il culto della
verità e ha sistematicamente rinunciato a coprirla con un « segreto ecclesiastico » quando si
faceva scomoda. Per decenni i
predicatori di questa fede hanno raccontato che i massimi
esponenti di quella fede nel momento della crisi erano venuti
meno alla loro responsabilità —
l’uno tradendo, l’altro rinnegando, gli altri fuggendo — finché
questa tradizione è stata indelebilmente consegnata alla storia per mezzo di una documentazione scritta. E’ anche da questo « culto della verità », consegfuenza diretta della fede in colui
che ha detto « io sono la ve^
rità», che il cristianesimo primitivo ha tratto la sua credibilità.
Sbagliare sbagliamo tutti. La
differenza abissale, rispetto alle
origini culturali e religiose del
nostro paese, è che spesso riteniamo di dover conquistare la
nostra dignità e credibilità col
coprire a tutti i costi i nostri
errori anziché lasciar© che sia
la verità, rispettata e onorata
qualunque essa sìa, a fondare
la nostra dignità e credibilità.
Franco Giampiccoli
Chi bussa alla nostra porta?
La chiesa metodista di lingua inglese di Roma è oggi costituita per un terzo di lavoratori immigrati dall’Asia, dall’Africa, dai CaraibI - Un modello che va conosciuto e ripetuto altrove
Il titolo di una recente puntata della rubrica televisiva « Protestantesimo » era « Chi bussa alla nostra porta? ». In essa il presidente della Federazione Chiese Evangeliche in Italia, pastore Aurelio
Sbaflì, diceva che tra le nostre chiese c’è una piccola Chiesa metodista, Ponte S. Angelo a Roma, in cui molti lavoratori immigrati
che bussano alla porta dell’Italia sono accolti. Abbiamo rivolto perciò alcunedomande a Edward Bishop che è il pastore di questa comimltà.
— Anzitutto, chi sono questi
lavoratori immigrati?
— E’ gente che viene da diversi paesi, per lo più da quello che
le nazioni dell’Occidente industrializzato amano chiamare
« Terzo Mondo », essendo gli Occidentali il «Primo Mondo», naturalmente. Vengono dall’Africa
dell’Ovest e del Sud, daH’Asia
orientale e dai Caraibi, ma nella
nostra chiesa la maggior parte
viene dalle Filippine.
— Perché vengono in Italia?
— Vengono in Italia per trovare lavoro, per quanto molti di
loro avessero già lavoro nei
loro paesi. Per esempio alcuni
sono insegnanti, infermiere, ostetriche, nel mondo degli affari,
ecc. Ma qui in Italia possono
guadagnare di più e mandare a
casa quanto serve per pagare per
l’educazione dei loro fratelli e
sorelle, o dei loro bambini e per
il sostentamento dei loro genitori. Il governo fllippino ha ema
nato disposizioni riguardo a queste rimesse, che sono considerate molto dure da parte di alcuni che lavorano tra gli immigrati. Altri vengono in Italia perché
l’Italia è un sasso nel guado che
permetterà loro di saltare poi
negli Stati Uniti o in Canada.
Altri ancora vengono per allargare la loro esperienza del mondo e progettano di tornare alle
Filippine, nei Caraibi o in Africa
occidentale per lavorare e viverci.
— Perché tanti di questi vengono aUa chiesa di Ponte S. Angelo?
7T- Alcuni perché sono jmetodisti. Nelle Filippine la Chiesa metodista unita è molto attiva e
così al loro arrivo a Roma si
guardano in giro per trovare una
chiesa metodista e... ne trovano
una di lingua inglese. Man mano
durante questi ultimi anni se ne
sono aggiunti in numero crescente, non solo metodisti, ma provenienti da molte chiese diverse.
Alcuni dei 50 membri della Chiesa metodista di Ponte S. Angelo,
col pastore Edward Bishop, che lo scorso marzo hanno visitato la
Chiesa di Villa S. Sebastiano.
Tra questi una giovane donna
sposata che è pastore e che prende parte regolarmente alla conduzione dei culti con Santa Cena e che recentemente ha guidato Tassemblea nella preghiera
durante un culto comune nella
Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani organizzata dalle
Chiese di lìngua inglese a Roma.
Abbiamo anche alcuni cattolici.
Questa « mescolanza confessio
29 APRILE, DOMENICA DELLA FACOLTA’ DI TEOLOGIA
Il linguaggio d^na chiesa nuova
Accostandovi a lui, pietra vivente, riprovata bensì dagli uomini
ma innanzi a Dio eletta e preziosa, anche voi, come pietre viventi,
siete edificati qual casa spirituale, per essere un sacerdozio santo
per offrire sacrifici spirituali, accettevoli a Dio per mezzo di Gesù
Cristo. Poiché si legge nella Scrittura: Ecco, io pongo in Sion una
pietra angolare, eletta, preziosa; e chiunque crede in lui non sarà
confuso. Per voi dunque che credete ella è preziosa; ma per gli increduli la pietra che gli edificatori hanno riprovata è quella che
è divenuta la pietra angolare, e una pietra d’inciampo e un sasso
d’intoppo; essi infatti, essendo disubbidienti, intoppano nella Parola; ed a questo sono stati anche destinati. Ma voi siete una generazione eletta, un reai sacerdozio, una gente santa, un popolo che Dio
si è acquistato, affinché proclamiate le virtù dì Colui che vi ha chiamati dalle tenebre alla sua meravigliosa luce; voi, che gdà non eravate un popolo, ma ora siete il popolo di Dio; voi, che non avevate
ottenuto misericordia, ma ora avete ottenuto misericordia.
(I Pietro 2: 4-10).
La Facoltà non fabbrica sacerdoti, ma lavora nell’ambito
del sacerdozio universale.
Perciò non vogliamo qui parlare della Facoltà di teologia (anche se questa settimana ricorre la "domenica della Facoltà”).
Vogliamo invece parlare del sacerdozio universale dei credenti.
Tra i vari tentativi che la chiesa dell’epoca apostolica ha fatto
di definire se stessa, certamente
questo è uno dei più riusciti e
anche dei più belli: pietre viventi, popolo sacerdotale, popolo di
Dio. Ma a noi moderni queste
parole possono anche sembrare
esagerate: è questo la chiesa? Su
quale fondamento si pretende di
esser popolo di sacerdoti, popolo
di Dio? Non sarebbe meglio es
sere più modesti? Ebbene: queste espressioni vanno proprio
prese nel senso della modestia e
non come definizioni altisonanti.
La chiesa che noi conosciamo
non è più molto simile a quella
del Nuovo Testamento, per varie
ragioni, anche semplicemente
storiche. La chiesa del Nuovo
Testamento è una chiesa nuova.
Non ha tradizioni e, quel che
più conta, si considera un avvenimento nuovo nella storia della
umanità. Il testo che abbiamo
sotto gli occhi dimostra molto
bene la tensione spirituale di chi
vuole affermare proprio questo.
Anche se tutte le frasi che definiscono la chiesa come una cosa
nuova sono prese dall’Antico Testamento — perché questa è la
Bibbia della chiesa primitiva —
quello che si tenta di dire è che
la realtà cambiata e che quelle parole, in se stesse cariche di
promessa, sono vere oggi.
La diversità stessa delle definizioni della chiesa nel Nuovo
Testamento è interessante come
ricerca di una autodefinizione.
Cominciamo dall’idea di sacerdozio; poi passeremo a quella di
popolo di Dio.
Senza dubbio t sacerdoti hanno un’identità particolare. E forse noi pensiamo che "sacerdoti"
voglia dire "gente perfetta" o
qualche cosa di simile: forse gente che si crede migliore degli altri oppure gente che dovrebbe...
o che vorrebbe... essere migliore
di altri. Ma niente di tutto questo in realtà corrisponde alla
formula "popolo sacerdotale".
Quando è applicata alla chiesa,
questa formula non parla di persone che stanno un gradino più
su di altre, ma indica semplicemente il servizio che esse compiono e la responsabilità che esse portano.
Vi sono certo modi diversi di
intendere il sacerdozio. Ma se
esso è di tutti, già soltanto per
questo non può esser riservato
a pochi. Piuttosto conviene chiedersi: perché mai l’umanità a
Sergìo Rostagno
(continua a pag. 6)
naie » caratterizza la nostra chiesa nel suo insieme che è multidenominazionale e multi-nazionale.
— Questi stranieri sono tutti
ben accolti nella vostra chiesa?
— Credo che non continuerebbero a venire se non trovassero
qui un luogo in cui sentono di
essere accolti e si sentono a casa loro, un luogo in cui possono
invitare i loro amici.
— Cosa fa per loro la vostra
chiesa?
— Possiamo riformulare la domanda? Così come è detta sembra implicare che « essi » non sono parte della chiesa! Siamo tu^
ti la chiesa e al suo interno c’è
la necessità di far fronte a vari
bisogni, che si tratti del bisogno
di educazione cristiana dei bambini nella Scuola domenicale o
del bisogno di chi lavorando in una famiglia non ha una propria
casa qui a Roma. La chiesa è divenuta «una casa via da casa» per
loro come per molti altri. Dal
momento che i nostri membri
di chiesa filippini non hanno una
casa in cui invitare i loro amici,
possono usare i locali della chiesa. Domenica e giovedì pomeriggio e sera mangiano insieme, festeggiano compleanni e altre ricorrenze e fanno ciò che di solito si fa con ì propri amici.
In ogni chiesa ci sono molte
cose da fare che sono condivise
da tutti i membri di chiesa indipendentemente dalla loro origine. Ma vorrei sottolineare il fatto
che tra i nostri membri filippini
abbiamo monitori della Scuola
domenicale, responsabili dell’ora sociale che segue il culto domenicale, e sia il cassiere che
l’aiuto cassiere della nostra chiesa si sono diplomati in ragioneria nelle Filippine.
Dato che la maggioranza dei
nostri membri filippini sono anche lavoratori domestici, liberi
solo la domenica e il giovedì (ma
non tutti lo sono), abbiamo ritenuto necessario riorganizzare alcune attività di chiesa in modo
che non vi siano settori signiflIntervista a cura di
Bruno Tron
(continua a pag. 12)
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Hi
i 'k
2 fede e cultura
VERCELLI
Quale diritto
davanti alia morte?
ooBoquk)
NO ALLA CENSURA
Certo l’altra sera, al Centro
«Maggi» di Vercelli, non ci si
aspettava di trovare una risposta sicura al problema dell’eutanasia, oggi cosi attuale in conseguenza dei progressi compiuti dalla medicina nella lotta contro le malattie ed il dolore.
Si voleva solo riflettere, insieme ad un pastore, un medico,
un giurista, da credenti e non,
su tale realtà, confrontando le
attuali posizioni etiche, mediche
e giuridiche e le rispettive motivazioni. Ed invece ne è uscito
im dibattito interessante ed articolato, che, al di là delle distinzioni sottili tra eutanasia
passiva ed attiva, tra omicidio
vero e proprio ed omicidio per
pietà, ha evidenziato la divergenza profonda tra due modi di
concepire il diritto a morire:
l’uno inteso nei soliti termini
« naturalistici », per cui non bisogna forzare la natura, avendo
ognrmo di noi scritto nel proprio
codice genetico anche il momento della morte ; il secondo invece
portato a cogliere l’elemento
umano nella morte stessa, cioè
il diritto del malato, del credente, della persona ad esprimere
un parere e a scegliere se continuare le cure o sospenderle, se
cedere al dolore o lottare contro
di esso, se vivere agdnizzando o
decidere di morire. Un diritto
quest’ultimo che in fondo non è
altro che un aspetto della libertà della persona, contro la quale il mondo attuale spesso ' rear
gisce con atteggiamenti di volta
in volta violenti o sedottivi, ma
sempre miranti ad impossessarsi dell’individuo, della sua vita e, come nella realtà dibattuta
l’altra sera, anche della sua
morte.
Un’attenzione dunque ed un
rispetto veramente umano e cristiano del malato che soffre inutilniente, dell’individuo non chiuso in sé, ma della persona che
ancora crede, comunica e sceglie. Paradossalmente (o forse
non tanto) questa sensibilità
profonda ci è stata espressa dal
pastore Berlendis, che ha voluto ricordare come il messaggio
biblico affermi ripetutamente
che « la vita ci viene da Dio, ma
non rimane nelle sue mani: è
nelle nostre ». « Il cristianesimo
infatti celebra valori che superano la vita come pura esistenza ». « La vita non è esistere, è
il fatto di esserci, scegliendo di
stare con gli altri, deciso a partire dalla fraternità di Cristo ».
E quindi se ciò non è più possibile, l’uomo può anche rinunciare a vivere.
Dicevo prima « paradossalmente » rispetto all’intervento
del medico dott. De Michelis,
che pareva ad una prima impressione una difesa dell’uomo
e dell’individuo desunta dalla
Si può rompere il
silenzio sulla morte?
La stampa che quotidianamente ci informa, molto ci parla di morti ma poco ci porta a
riflettere sul problema della
morte.
La morte è ancora tabù, si
evita di parlarne: abitualmente
la morte genera sgomento, disagio, angoscia, rifiuto. La nostra
società rimuove il pensiero della morte, il «memento mori» è
stato sostituito dallo sbandieramento di un paradiso terrestre,
fatto di successo, di carriera, di
guadagno, di divertimento, di
consumo (automobile, elettrodomestici, vestiti all’ultima moda, creme di bellezza che assicurano l’eterna giovinezza).
La conquista dei valori, la
crescita culturale e umana, l’ascolto e l’accoglienza dell’altro,
la ricerca di Dio, la ricerca di
« una traccia di cielo » nelle persone, sono realtà lasciate ad alcimi pochi e derisi idealisti o
mistici.
Inoltre una persona incapace
di contemplare la propria morte non può non trovarsi a disagio davanti a qualcuno che muore. E quando quel qualcuno che
muore è una persona della nostra famiglia?
E quando la morte viene a
stroncare prematuramente una
vita? Forse ci si accorge che la
vita convive con la morte, la
gioia con il dolore, l’inizio con
la fine, ogni cambiamento con
una perdita, ogni incontro con
una separazione. La persona che
muore ci insegna a vivere. Questa è la mia personale recente
esperienza: la morte della mia
carissima sorella mi ha insegnato a vivere.
Quante vite sono inspiegabilmente troncate e proprio quest’inesorabile intollerabile irrazionale destino ci apre un varco
verso la speranza della resurrezione, e al tempo stesso ci induce a cercare i «segni» di vita
e di speranza e di cielo e di eterno lasciati da chi voglia di vivere ancora aveva ma la sua vita
ha dovuto ineluttabilmente cedere alla morte.
Dunque il problema della morte ci rimanda di continuo al problema della vita.
Eppure educare la propria
mente a recepire razionalmente
non solo l’evenienza, ma il pensiero del morire signiflca compiere un passo verso la maturità personale e se si estende il
discorso ad una comunità sarebbe un’altra tappa verso il
cammino della civiltà.
Guardare in faccia la morte,
partecipare alla sofferenza della persona malata gravemente,
assisterla con forza vitale, prendere coscienza di un universo di
sofferenza signiflca prendere conoscenza della realtà della mor, te. Uno dei problemi fondamentali dell’esistenza dell’uomo.
Quando una famiglia può comportarsi apertamente dinanzi alla gravità della malattia può assistere i propri cari morenti.
Troppo spesso l’ospedalizzazione snatura la morte, e se si riuscisse a indebolire il tabù della
morte si aiuterebbe il malato a
morire nella sua abitazione piuttosto che in ospedale dove il
personale curante spesso non è
preparato ad assistere i morenti.
Queste non sono altro che alcune mie scompaginate riflessioni, perché anch’io sono molto turbata e angosciata ad affrontare
il problema della morte, mentre
invece mi piace recitare una
poesia di Richard Alien che suona cosi:
« ...di fronte alla morte
è solo l’amore che hai dato
quello che conta
e ricevuto...
Se hai amato bene
allora ne è valsa la pena...
altrimenti
la morte verrà sempre troppo
[presto
e sarà troppo terribile da
[guardare in faccia».
Lucia Cena Pellenc
esperienza professionale quotidiana, ma poi ci si accorgeva
che invece egli, nonostante le
sue affermazioni, non pensava
tanto al malato grave quanto alla sua funzione di medico che
cerca di attenuare il dolore, ai
suoi dubbi sulle piene facoltà
mentali del paziente quando chiede di morire, ai suoi suggerimenti circa il fatto che, anziché
decidere se dare la morte o no,
sia più necessario offrire al malato affetto ed attenzione per
evitargli stati d’animo negativi
che a suo giudizio aggravano la
presenza del male e danno origine a quelli che egli ha definito
«dolori afinalistici». Quindi, in
questi casi, non resta al medico
che attenuare il dolore, senza togliere anche la coscienza di sé al
malato.
Il giurista dott. Treves, dal
canto suo, è stato perfettamente aderente al Codice ed alle
norme del Diritto vigente in Italia e in Europa, giudicando antigiuridico il fatto stesso della
morte procurata, ma poi con il
discorso delTattenuante per particolari valori morali ha ridimensionato il suo stesso giudizio negativo, mettendo comunque in guardia a non procedere
sulla strada della liceità dell’eutanasia, per non correre il rischio troppo alto di ricadere nelle esperienze terribili dell’ultima
guerra.
Del resto il Diritto recepisce
solo dopo un certo periodo l’avvenuta modificazione delle regole e dei valori sociali e quindi
su questo piano non ci si poteva aspettare altro.
Gli interventi del pubblico
hanno permesso di approfondire alcune affermazioni degli oratori, ma, nemmeno con l’accenno alla realtà della sofferenza
vissuta dai propri cari, hanno
i^odificato nella sostanza le due
posizioni che si erano delineate.
Luisa Carrara
Caro Giampiccoli,
so che nella redazione preferite le
lettere di biasimo a quelle di elogio,
tuttavia ci tengo a far conoscere l’ottima opinione che ho del giornale che
dirigi. Tenuto conto dei mezzi e delle
disponibilità, Il settimanale delle Chiese
valdesi e metodiste è a mio parere (suffragato, se necessario, dal fatto che in
campo giornalistico non sono una profana) uno dei migliori organi di informazione fn Italia.
Me ne sono resa conto soprattutto
negli anni passati in Inghilterra. Piccoletto e senza pretese, era l'unico giornale che reggesse decorosamente alla
difficile prova della distanza e del tempo. Nonostante il ritardo di 10-15 giorni, sempre c'era qualche articolo, qualche dibattito, qualche commento che
valeva la pena di essere letto, qualche
posizione su cui meditare...
Tutti 1 giornali! italiani, anche i più
presuntuosi, hanno in comune alcuni
difetti: sono noiosi, lirriducibilmente
convinti che l’universo si estenda dall’Alpi alla Sicilia, credono che al mondo esista una sola religione, quella cattolica, impunemente si permettono strafalcioni dalla banale cronaca alla geografia alla storia, ritengono che il lettore medio sia un idiota semianalfabeta da catechizzare e, sovente, da ingannare. Sono, anche quelli di sinistra,
spesso pesantemente razzisti. Non tralasciano, infine, irrisori dettagli provinciali, trascurando puntualmente notizie
riferite dalla stampa mondiale. A caso
ricordo due notizie ignorate dalla stampa italiana, su cui invece l'Eco-Luce ha
al momento debito riferito. E’ stato l'unico giornale ad annunciare prima e
commentare, poi, J’8 marzo celebrato
10 scorso anno a Bruxelles da centinaia
di migliaia di donne europee all’insegna
della pace. Di recente ha annunciato che
11 boicottaggio mondiale alla Nestlé, è
ufficialimente cessato. Migliaia e migliaia di persone in Europa e in America lo attuavano da anni, ma qui da
noi nessuno ne sapeva nulla...
La stampa evangelica, pur nella sua
modestia, emerge dall'uniforme squallore nazionale (con qualche sporadico
foglio ancor più minoritario come l'ebraico «Ha Keilà »). In particolare l'EcoLuce si differenzia e caratterizza perché
è un giornale libero, indipendente, onesto, SENZA CENSURA. Informa prima di formare, ritiene ii lettore intelligente abbastanza da giudicare da so
lo anche idee discutibili, rispetta l'altrui diritto alla libertà di espressione
e di opinione e soprattutto di conoscenza. La sua lettura stimola il cervello e
la bile. Non è un caso che sia
protestante, così come non è un caso
che i giornali non siano nati nello Stato pontificio o nella Russia zarista.
Informazione e censura sono inconciliabili; se la libertà è importante per
l’arte, ancor di più lo è per la divulgazione delle notizie e delle idee. Perciò mi è sembrata strana e inquietante
la lettera di Gianni Rostan sul n. 10, a
maggior ragione in quanto proveniente
da un membro della Tavola.
Come si può chiedere a uno dei pochi
lìberi fogli d'Italia di applicare una
censura, specie nelle lettere, che sono la vera anima di un giornale democratico, la più genuina espressione di
quel pluralismo tanto invocato e mai
praticato perché lo spirito dominante
è sempre quello della Controriforma,
sia pure rinverdito dagli apporti determinanti del ventennio fascista e del
quarantennio democristiano?
Fraternamente
Erica Scroppo, Torre Pellice
TESI SU JAHIER
A proposito dell’articolo apparso su
« La Luce » in « Fede e Cultura » 3 (n,
15 del 13 aprile u.s.) su: « P, Jahier:
un autore da riscoprire », tengo a ricordare quanto segue: mia figlia Lucia, nell'anno accademico 1976-77, presso l'Università degli Studi di Salerno
(Facoltà di Magistero) sostenne brillantemente (la votazione fu di 110 e lode) la tesi di Laurea su: Piero Jahier
come uomo di cultura e di fede (relatore: il chiar.mo prof. L. Reina). Alla fine dell'anno 1977 fu inviata una copia
della suddetta tesi alla Biblioteca della Facoltà Valdese di Teologia a Roma
per eventuali consultazioni; Il direttore, prof. Soggin, nel riceverla ringraziò
dell'omaggio.
Vorrei precisare ancora che il lavoro, alquanto scrupoloso e aggiornato,
reca opportune documentazioni attinte dai fratello, allora vivente, prof. Enrico, dei proff. Giacone, Balmas e di
tanti altri tra cui alcune note del past.
G. Bouchard riferite in una trasmissione deìla rubrica: « Protestantesimo »;
anche la bibliografia è ricca.
Elio Rinaldi, Torre del Greco
Per eventuali altre informazioni scrivere a; prof. Elio Rinaldi, via Cimaglia
61, 80059 Torre del Greco (Na).
RIUNITA A TORRE PELLICE L’ASSEMBLEA DELL’AEV
Un'associazione in grado di funzionare
Si è tenuta a Torre Pellice nei
giorni 14-15 aprile la 1* Assemblea ordinaria della Associazione Evangelica di Volontariato.
La scadenza era attesa in quanto momento di confronto e di
verifica fra tutti coloro che sin
dall’ottobre scorso si sono confrontati praticamente su questi
temi. « Abbiamo un’associazione
in grado di funzionare» ci dice
il presidente — « inoltre l’Assemblea ha discusso molto fissando
i contenuti ed approvando poi il
regolamento interno dell’Associazione che, dopo lo Statuto, è
lo strumento più importante. In
esso sono contenute norme relative all’accettazione dei volontari, indicazioni circa i rapporti fra i soci (volontari ed Enti),
i loro impegni come pure quelli
dell’Associazione, ed infine le
norme per la stesura delle convenzioni ».
Rimane invece aperto il problema di contattare le varie realtà sparse in Italia : strutture,
gruppi, comunità o singoli volontari che dall’Associàzione potrebbero ricevere un qualche
aiuto. In questo senso, l’invio di
documentazione circa resistenza dell’Associazione, i suoi fini,
l’indicazione di quali problemi
può risolvere, non ha ancora dato al momento risposte numericamente significative. All’Assemblea hanno in fondo partecipato
quelle strutture che già da pri
ma erano impegnate su questo
tema o che, per vicinanza geografica erano più facilmente raggiungibili, mentre per concomitanza di iniziative un buon numero di giovani era impegnato
nello stesso momento in un convegno sul problema delle carceri.
E’ quindi importante, mentre
le prime esperienze stanno partendo 0 partiranno nel corso dei
prossimi mesi, che chi è interessato, sia singolo volontario o
struttura disponibile a ricevere
dei volontari, scriva all’Associazione ponendo i propri quesiti e
le proprie richieste. L’Associazione vuole essere e può essere
anche un momento di confronto fra le molteplici forme in cui
questo servizio volontario si
esplica. Gli ambiti di impegno
previsti nel regolamento sono
abbastanza vasti, dai servizi socio-sanitari ed assistenziali, alle
comunità per minori — dai servizi culturali alla protezione civile, all’impegno per la pace; la
Associazione può, tramite i suoi
soci, aprire delle attività (cantieri nel gergo del Servizio Civile Intemazionale); tutto dipende dalla quantità delle forze disponibili e daU’intensità del dibattito che può svilupparsi su
un determinato tema.
Il tempo, nonostante il dibattito serrato, non è stato suflBciente ad affrontare tutti i temi
sollevati nella relazione del presidente; spetterà quindi al Consiglio di dare una prima impostazione da verificare poi in tempi successivi.
In chiusura è stato eletto il
nuovo seggio che risulta ora cosi composto : Adriano Longo,
presidente; Arlette Ricca Armoni, vice presidente; Marco Jourdan, tesoriere; Laura Deodato,
segretaria e Sergio Nisbet, consigliere; Franco Girardet, Debora Spini e Antonio Carcò, revisori dei conti. C. L.
Strutture presso le quali I Associazione ha già dei volontari in servizio;
Casa Cares; Istituto Gouid; Asilo di
San Germano; Casa Miramonti; Rifugio Re Carlo Alberto; Uliveto.
INDIRIZZI UTILI;
Sede legale: Via dei Serragli 49 -50124
Firenze . c.c.p. n. 22585509.
Presidente: Adriano Longo - Via Arnaud
34 - 10066 Torre Pellice (To) . Telef.
0121/91801
Vice-m-esidente: Arlette Ricca Armoni
- Via dei Muretti 25 - 16035 Rapallo
- Tel. 0185/272602
Tesoriere: Marco Jourdan . Via dei
Serragli 49 - 50124 Firenze - Telef.
055/212576
Segretaria; Laura Deodato - Via dei
Carata 30/2 - 00163 Roma - Telef.
06/4755120
Consigliere: Sergio Nisbet - Via Col.
Aprosio 255 - 18019 Vallecrosia (Im)
- Tel. 0184/261283
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27 aprile 1984
fede e cultura 3
ECUMENISMO NELLA RESISTENZA
A proposito di ecumenismo nella Resistenza leggiamo nel Bollettino cattolico della parrocchia di San Lorenzo in Angrogna queste affermazioni: « Perché i preti
non si sposano? Per essere sempre a disposizione di
tutti... Cos’ha fatto il Padre Massimiliano Kolbe? Ha
dato la sua vita per salvare un povero padre di famiglia.
Così ha fatto (durante la Resistenza, n.d.r.) Don Falco
Natale a Penosa: si è offerto come vittima al posto del
Pastore Valdese, che doveva essere fucilato. Così ha fatto
anche don Lantaré a Pradeltorno. Si è messo al muro,
come ostaggio al posto di Long Enrico. Anzi, questo particolare forse non lo sapete, si è opposto nel modo più
risoluto perché il tempio valdese non venisse bruciato,
perché in esso i Fascisti hanno trovato armi e vettovaglie dei partigiani ».
A parte Padre Kolbe, ignoravamo i fatti menzionati.
Abbiamo chiesto all’Associazione Nazionale Partigiani
d’Italia (A.N.P.I.) una verifica della veridicità di questi
fatti mai segnalati sui testi classici della Resistenza nelle
nostre Valli. Il Presidente dell’AMPI di Torre Pellice,
Giulio Giordano, dopo precise ricerche condotte attraverso i comandanti della 5“ Divisione « G.L. » e di altre
formazioni partigiane, dopo la consultazione del giornale partigiano ”Il Pioniere” e di altre fonti, così ci scrive a proposito dei fatti citati dal Bollettino cattolico
di Angrogna e avvenuti nelle Valli durante la Resistenza: « Nessuno ricorda o ha mai saputo che don Lantaré,
che con la Resistenza ha collaborato, si sia messo al muro al posto di un certo Long Enrico. Nessuno ha mai
saputo che lo stesso don Lantaré si sia opposto all’incendio del tempio valdese da parte dei fascisti che vi avrebbero trovato nascoste armi e vettovaglie. Vettovaglie furono sì nascoste nella chiesa cattolica di Pradeltorno.
Circa Tepisodio di Perosa posso dire che furono prese
come ostaggio varie persone, fra cui il pastore di Pomaretto Signor Mathieu. Fu redatto un elenco delle persone
da fucilare in caso di rappresaglia e fra queste risultò il
pastore. A questo punto Don Falco ha chiesto — o avrebbe chiesto — di essere sostituito nell’elenco al pastore.
Ma la cosa finì lì in quanto, per fortuna, non vi fu rappresaglia ».
Al di là dell’inesattezza di sìngoli fatti o ricordi delle
vicende legate alla Resistenza (è sempre insito il pericolo della mitizzazione, del travisamento) è per noi
estremamente interessante notare che ci sono stati nella lotta partigiana frammenti di un ecumenismo realizzato nella solidarietà e nella lotta politica, militare
quotidiana.
Ora, nel quadro di una riflessione non retoricamente celebrativa del 25 aprile vogliamo, in questa pagina,
accennare al primo ecumenismo nell'azione, quello del
comune sacrificio e martirio, e su questo punto diamo
la parola all’avvocato Ettore Serafino, comandante partigiano, credente e militante, insieme alla recensione
di un’opera fondamentale sulla Resistenza in Val Chisone e nel Pinerolese, che abbiamo richiesto all’attuale
preside del Liceo Valdese di Torre Pellice professore
Felice Bardino, comandante partigiano garibaldino in
Val Po. Gf- P
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Ci troviamo, in questo 1984, a
quarant’anni dal tempo in cui
più violenta si manifestò nel nostro paese la furia della guerra,
in cui più sofferenza fu riservata agli italiani, in cui la resistenza all’ oppressione nazifascista
visse i momenti più alti e scrisse le pagine niù belle e significative della sua breve ma intensa
vicenda.
Ciò vuol dire che chi è in età,
oggi, aj disotto dei 50 anni nulla
può ricordare di quel periodo:
perché o non era ancora nato, o
vi trascorreva i primi anni della
sua infanzia.
Senza dilettarci di precise statistiche, ben si può ritenere che
sol più una minoranza è in condizioni ogai di riportarsi coi ricordi a quel tempo, di parlare
con diretta conoscenza di causa.
Ciò non postula necessariamente
a favore di questa minoranza il
diritto di erigersi a unica fienosi taria di quella così qualificante, irripetibile esperienza di vita,
sì ch’essa solo possa parlare e gli
altri debbano unicamente ascoltare; posto che il testimoniare
non consiste solo nel raccontar
come meglio piace questo o quell’episodio, ma piuttosto nel rendere visibile, percepibile il significato, il messaggio di quelle pagine di storia, così pesanti di dolori, di angosce, di tragedie, ma
così ricche di speranze, di valori
spirituali, di fede.
Se i superstiti, i sopravvissuti,
di quel tempo, che per grazia di
Dio sono ancora in cammino sul
sentiero della vita, son capaci di
operare il miracolo di una consimile « resurrezione », allora l’intesa tra di loro e quanti (e, ripeto, sono ormai i più) li hanno
seguiti, può essere perfetta, ed il
patrimonio morale costruito in
quegli anni divenire realmente
un patrimonio comune, che non
perisce, ma appartiene a tutti,
anche alle generazioni future.
Aprile
1945.
Due
fratelli
partigiani
si
ritrovano
dopo la
liberazione.
Certo, occorre accostarsi a quel
tempo con grande umiltà, se si
vuol riuscire a captarne le voci
lontane, e riportarle vive e presenti a tutti noi; l’umiltà di chi
si riconosce mutato da allora,
con tutte le incrostanti infedeltà
di cui il trascorrere degli anni
l’hanno appesantito.
Mi è stato chiesto dalla direzione de « L’Eco-Luce » di esprimere qualche pensiero su quel
tempo lontano, sulla Resistenza
in particolare: la lunga, ma meditata e sofferta premessa, vuol
significare che non mi è facile
rispondere all’invito, se devo, come sento di dovere, ribellarmi
alla dilagante consuetudine di
riempire bocca e orecchi di
vuote retoriche parole, di abbandonarci ad esaltazioni e mitizzazioni che offendono anziché onorare il più delle volte silenzioso,
nascosto, sconosciuto sacrificio
di tanti combattenti della libertà: in questo termine comprendendo, in un immenso abbraccio,
coi partigiani gli internati nei lager, i contadini, gli operai, i cittadini tutti che furon chiamati in
diverse forme e misure, a vivere
la sofferenza dell’attesa, e lo seppero fare con dignitoso coraggio.
Così, sperando d’essermi svestito di ogni peccaminoso orgoglio, con voi soprattutto, miei
più giovani amici, mi accosto ai
ricordi, ne riascolto il messaggio,
che vorremmo, as.sieme, riconoscere attuale per tutti.
Ho pensato di ricercare in
quell’immenso crogiuolo di idee,
di speranze, di fedi, di odio e di
amore, di dolcezza e di ferocia,
di vendetta e di nerdono, di egoismo e di altruismo, di grettezza
e di carità, di bassezza e di nobiltà, nel quale uomini, popoli,
nazioni, continenti si dibatterono, travolti e sconvolti, spesso
incenerendo ed incenerendosi, la
presenza di Dio.
Agli uomini che così profonda
mente soffrirono, che così accanitamente combatterono, che così tenacemente resistettero, come
si manifestò la presenza di Dio?
Lo riconobbero essi, cattolici,
protestanti, ortodossi, ebrei e
perché no, anche coloro che si
professavEmo atei, ma che, non
meno degli altri erano impegnati
a servire l’idea della libertà, della giustizia, della salvezza dell’umanità?
Christian Virile Hansen, danese, aveva 23 anni quando fu fucilato il 23.6.44, e qualche ora prima di morire scriveva: « Addio
ragazzi danesi. Moriremo nel medesimo spirito. Restano i tre elementi: fede, speranza e amore, di
cui l’amore però è il più grande.^
Ho amato e vissuto, ho amato gU
uomini in cui trovavo l'immagine
di Dio. Ho vissuto e mòrirò nella
fede in Lui... noi vinceremo la
mattina di Pasqua, allorché il
sole dorato fa capolino dalla nube nera ».
Camille Mogenet, tenente pilota, belga, fucilato a 31 anni, scrive al fratello:
« La nostra vita quaggiù è un
passaggio... una calma sinora sconosciuta è in me, una pace totale, inestimabile. Vi è già in me
un senso di liberazione privo di
ogni angoscia per l’Aldilà, una
prescienza dell’iniinito... considera sempre la pace che fu in me
durante Queste ultime ore e ti
sentirai più forte. E ringraziane
Dio come lo ringrazio io ».
lules Geugler, belga, studente
in medicina, ventenne, fucilato
il 9.11.42: a ecco il mio libro di
preghiere, datomi ieri, 8 novembre alle ore 22. L’ho utilizzato
per l’ultima messa che ho avuto
l’onore di servire con frate Clément... Vado diritto in Cielo:
come è buono Dio che ha voluto
scegliermi tra migliaia, per andarlo a vedere, sapendolo prima.
Che felicità! ».
Emil Bàlslev, 30 anni, danese,
fucilato il 23.6.’44, con altri sette
patrioti: n Durante la permanenza in prigione sono giunto a credere ciecamente in Dio e nella
Sua Sapienza e Misericordia. Oggi ci è forse difficile trovare
una risposta alla domanda ’’perché?" ma ti prego di ricordarTi:
’’tutte le cose collaborano al bene di chi ama Iddio”. Queste sono parole della Lettera ai Romani, cap. 8, 28, e vorrei che fossero scritte sulla mia tomba ».
Hermann Lange, cappellano
cattolico, tedesco, 31 anni, decapitato ad Amburgo il 10.11.’43 con
altri due cappellani e col pastore Stellbrink: « Quale consolazione, quale mirabile forza emana dalla fede in Cristo che ci ha
preceduto nella morte. In Lui ho
creduto, in Lui credo oggi più
fermamente e so che non sarò
distrutto... Cosa mai può capitare a un figlio di Dio? Cosa avrei
da temere? Al contrario, rallegratevi... ».
Aldo Mei, sacerdote italiano, di
32 anni, fucilato il 4 agosto 1944:
« Muoio travolto dalla tenebrosa
bufera dell’odio io che non ho
voluto vivere che per l’amore!
’’Deus Charitas est” e Dio non
muore. Non muore l’Amore... E’
l’ora del grande perdono di
Dio... ».
Martin lacobsen, di anni 32,
magazziniere, norvegese, fucilato
il 21 dicembre 1941 con altri dieci patrioti: « Dunque, è stata la
volontà di Gesù a richiamarmi a
sé. Vorrei ringraziarvi (scrive ai
genitori) soprattutto perché ci
avete educato nella fede profonda del Signore ».
Charles Jacobsen, ufficiale della marina norvegese, fucilato il
16 marzo 1942 a 30 anni con altri quattro patrioti: « Spesso a
noi mortali sembra che tutto sia
senza speranza, e invece vi è al
disopra di noi Colui che sta al di
fuori di tutte le guerre: il Suo
potere supera tutte le forze di
questa terra. Lui non pronuncerà
alcuna sentenza ingiusta».
Cari Petter lohansen, ufficiale
della marina norvegese, fucilato
a 32 anni il 29 maggio 1942: « Una
cosa mi rende tanto felice: quella di aver saputo affidare la mia
vita nelle mani di Dio e à mi
trovo al sicuro ».
Ary Kop, olandese, agente di
assicurazioni, fucilato il 13 marzo 1941: «Il signor Pastore mi
ha dato una Bibbia e mi ha fatto leggere Romani 8, versetti
35-39. Così spero prima della
morte di avere la certezza di
essere accolto Lassù ».
Gerard Vinkestein, olandese,
architetto, fucilato il 29 luglio
1943 con molti altri patrioti:
« ...questo pomeriggio alle due e
mezzo anche quell’ombra sarà
sparita, perché è piaciuto a Dio,
che è tanto buono, di contentarsi di questi 36 anni così scarsi di
veri meriti. Che eterno esempio
Ettore Serafino
(continua a pag. 10)
Resistenza, fatto di coscienza
E’ un dato, ormai acquisito anche dai non addetti ai lavori, che
nella vastissima produzione sulla Resistenza si possono individuare tre filoni principali, corrispondenti, grosso modo, a tre
momenti successivi: il primo,
della memorialistica ad opera di
protagonisti e testimoni, spesso
ricca di passione ma scarsa di
spirito critico; il secondo, della
indagine, talora già valida, per
zone e vallate; il terzo, in cui si
pongono in modo storiograficamente più maturo, i problemi
degli apporti delle varie classi
sociali, della funzione dei partiti, della partecipazione del clero,
dell’influenza delle strutture economiche; e si potrebbe esemplificare più a lungo.
Stabilita questa premessa, chi
volesse collocare in questo quadro il volume di Angela Trabucco « Resistenza in Val Chisone e
nel Pinerolese », uscito da poco
presso le Arti Grafiche Alzani di
Pinerolo, dovrebbe forse istituire una categoria intermedia, tra
il secondo e il terzo indirizzo citati, perché da un lato copre una
zona dai confini precisi della nostra regione, mentre dall’altro si
situa tra la produzione più consapevole a cui ho accennato.
Va detto subito che, più che
di una seconda edizione riveduta di « Partigiani in Val Chisone»
(uscito nel 1959) quella che si
ripresenta oggi alla nostra attenzione è un’opera largamente ripensata e rifatta, in cui la freschezza di partecipazione allo
spirito della Resistenza della giovane autrice di allora si è approfondita in una riflessione storica
più accorta e meditata.
Non ultimo motivo di rinnovato interesse offrono anche le
numerose riproduzioni, che arricchiscono questa edizione, di
documenti e fotografie d’epoca,
che mostrano dal vivo gruppi di
partigiani; volti talora sorridenti, più spesso lineamenti seri, di
giovani e giovanissimi fatti improvvisamente adulti e induriti
da esperienze tanto grandi per
loro.
Volendo enucleare i criteri storici seguiti dall’autrice nel corso
del suo lavoro direi che, senza
trascurare a priori l’aspetto politico, essa non l’ha usato come
tendenza preminente, ma ha preferito attenersi, per quanto le
era possibile, ad un tipo di esposizione rigorosamente documentato dove i fatti, presentati nella
loro successione cronologica, interpretati nei loro rapporti di
causa ed effetto, e intimamente
legati al quadro topografico e all’apporto della popolazione, non
si susseguono come semplici momenti di una cronaca, ma acquistano profondità ed evidenza
drammatica, senza la minima
concessione all’andazzo trionfalistico, da cui non sono immuni
molte pagine sulla Resistenza.
Siamo dunque in presenza di
un buon equilibrio di valutazione, raggiimto dopo lunga riflessione, che analizza e giudica col
distacco che ogni studioso serio
deve proporsi, ma anche di un
fondo di sofferta partecipazione,
tanto più intensa quanto più discreta. Ritengo che a conquistare questa sua posizione l’autrice
sia stata indirettamente aiutata
dai combattenti stessi della Val
Chisone, comandanti e gregari, ,
che le hanno fornito copioso materiale per la sua ricerca (da
Marcellin, a Serafino, a Sisto, a
Sacco, a G. Gay), a numerosi altri, noti o modesti; così l’opera,
pur profondamente personale, ac.
quista anche una « voce di fondo », corale che la rende più
viva.
Come pure non va taciuto un
altro elemento determinante che
testimonia lo sforzo d’imparzialità di Angela Trabucco; lo scrupolo della verità che presiede
alla sua narrazione sia nell’esaltazione della vittoria, sia nel
dolore cocente della sconfitta e
della crisi. Di fronte alla prima
non sconfina nella retorica, in
Felice Burdino
(continua a pag. 10)
4
s
4 vita delle chiese
27 aprile 1984
INAUGURAZIONE DEI NUOVI LOCALI
L’Uliveto si rinnova
Domenica 15 aprile a S. Giovanni. Bel pomeriggio assolato;
sulla strada un gran numero di
auto posteggiate.
Risaliamo la ripida stradina
fiancheggiata di fiori in boccio
ed arriviamo nel cortile dell’Uliyeto. Lì molta gente è radunata,
in parte seduta e molta in piedi,
per portare la propria gioiosa
partecipazione all’inaugurazione
di nuovi locali nell’edificio dell’Uliveto. Vi sono membri di comunità, responsabili di altre
opere della chiesa, la Tavola Valdese che si è spostata da Torre
Penice. L’Uliveto che ospita attualmente 16 giovani graviemente handicappati aveva bisogno
di poter ampliare i propri spazi
per meglio rispondere alle esigenze della cura di questi ospiti.
E’ stato installato un ascensore,
si sono ricavati degli spazi comuni, alcune belle camere e dei
servizi funzionali. Fin qui parrebbe tutto scontato: una casa
vecchia che si rinnova per meglio rendere un servizio, è tutto
molto normale. E forse è vero.
Ma di tutto il lavoro, la fatica,
la tenacia che sta dietro questo
bel pomeriggio risulta difllcile
parlare. Anche dai sobri discorsi del presidente del comitato
dell’Uliveto, Bnmo Mathieu; del
Moderatore della Tavola, Giorgio Bouchard; del pastore di
S. Giovanni, Brimo Bellion,
emerge un ritratto di questa
opera che ha lavorato e lavora
in modo discreto, ma avendo
ben presenti alcuni punti fondamentali, suoi e della chiesa nel
suo insieme:
— volontà di fermarsi a vedere resistenza del diverso in
im mondo sempre più di corsa
e indifferente;
— impegno nel prendersi cura
di lui, come si può e si sa non
smettendo mai di ricercare i
modi più idonei per farlo, con
fraternità;
— apertura e collaborazione
verso gli organismi che la società si è data per la gestione del
territorio ;
— coinvolgimento della chiesa
tutta in modo da non contrap
porre la predicazione della Parola e l’opera di diaconia.
Due comunità in particolare,
Pinerolo e S. Secondo, si occupano di seguire l’Uliveto con visite e presenza di volontari. Questa è un’azione fondamentale per
gli operatori che si trovano a
svolgere un lavoro diffìcile dimostrando loro concretamente
la solidarietà altrui, ed un arricchimento per le comunità stesse che possono rendersi utili al
di là delle parole. E’ stato quindi un bel pomeriggio che ha offerto ai presenti la possibilità
di meditare e di ringraziare il
Signore per questa possibilità di
servizio che è offerta alla chiesa
in uomini e strutture.
Con un delizioso buffet preparato dalla comunità di Pinerolo
si è concluso rincontro ; ogni
ospite ha lasciato l’Uliveto all’interno del quale il lavoro continua, forse con una maggior
consapevolezza della solidarietà
della chiesa.
Carla Longo
CRONACA DELLE CHIESE DELLE VALLI
Riuscita visita ad Israele
SAN GERMANO — Cinque
sangermanesi hanno partecipato
al viaggio in Israele, organizzar
to dalla TEV: esso è stato xma
vera benedizione per loro e per
quanti vi hanno preso parte dalle Valli. Pensiamo con riconoscenza al pastore Cadier, che ci
ha guidati ed alla Signora Ade
Gardiol, che ha molto lavorato
per mettere a punto tutti gli
aspetti amministrativi. Intanto
im grazie di cuore a quanti hanno curato la predicazione a San
Germano (il fratello Marchetti
e la candidata Erica Tomassone, nonché Aldo Garrone che ha
predicato a S. Secondo). E’ stata anche l’occasione per presentare ai catecumeni à III e IV
anno due attività che toccano
più direttamente la nostra comunità: il Museo in allestimento (Clara Bouchard) e l’Asilo
dei Vecchi (Alida Long). Anche
a queste due sorelle la riconoscenza della comunità.
discusso il progetto di ristrutturazione dell’Asilo dei Vecchi,
discussione e presentazione che
sono già avvenute anche in occasione di una recente assemblea
di chiesa. Possiamo senz’altro
dire che la comunità si è mostrata vivamente interessata al
progetto.
— Dal 28 al 30 aprile la Corale
si recherà a Nizza, allo scopo
di incontrare quella comunità
della Chiesa Riformata di Francia.
• Prossime riunioni quartierali: tutte ore 20.30, 2 maggio;
Bert; 3 maggio: Gondini; 8 maggio: Garossini; 10 maggio: Costabella; 12 maggio: Porte.
• Una parola di sincera simpatia alle famiglie Roccione e
Long, in occasione del lutto che
le ha colpite con la dipartita di
Remigio Roccione e Ermano
Long. Il Signore sia con chi soffre.
• Nel corso del culto della
domenica delle Palme i seguenti giovani sono divenuti membri
di chiesa a parte intera ; Balmas
Diego, Balmas Elena Gisella,
Balmas Valerio, Bertola Barbara, Bounous Giovanni, Bernini
Casoni Luisa, Comba Manuel,
Conte Maeva, Giordano Luca,
Long Renzo, Martinat Monica,
Maurino Alessandro, Nota Cinzia, Pipino Giorgia, Reynaud
Mauro, Sappei Sandra, Soulier
Elide, Stallò Luisa. Il Signore
li protegga dall’usura che sempre minaccia la nostra vita di
fede e ci dia la ^oia di sentirli
pienamente inseriti in uno sforzo comime di testimonianza.
Bazar
• La Corale ha attivamente
partecipato alle sedute di formazione organizzate dai responsabili del Canto delle nostre
chiese.
• Abbiamo iniziato xm giro di
riunioni quartierali in occasione
delle quali verrà presentato e
'• Ricordiamo alcuni apptmtamenti importanti:
— mercoledì 25 aprile, nella
sala valdese, alle ore 14.30: Bazar della comunità; alle ore 16:
Incontro organizzato dall’Associazione amici dell’Asilo per presentare il programma di ristrutturazione.
PRAROSTINO — Domenica
29 aprile alle ore 15 si terrà il
Bazar; servizio buffet, dolci, pane casalingo e oggetti vari.
Assemblea di chiesa
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PERRERO-MANIGLIA — La
Assemblea di Chiesa è convocata per domenica 29 aprile, con
inizio alle ore 10, nel Tempio di
Perrero. All’ordine del giorno
troviamo l’esame della relazione
morale del Concistoro, reiezione di cinque membri del concistoro (quattro sono rieleggibili e
uno non lo è più), l’elezione dei
delegati alla (Conferenza distrettuale ed al Sinodo. Come si vede, l’agenda è molto densa e sono tutti argomenti molto importanti. I membri elettori sono
dunque invitati ad essere presenti ed a venire con delle proposte.
• Segnaliamo che domenica 6
maggio, con inizio alle ore 14,30,
si terrà a Perrero il Bazar.
MASSELLO e RODORETTO
— L’Assemblea di Chiesa di Rodoretto e di Massello si terrà
domenica 6 maggio.
Con questa domenica riprenderanno i culti estivi ed inizieranno con l’incontro a Fontane,
presso la scuola. All’ordine del
giorno avremo la relazione del
Concistoro e reiezione del rappresentante alla Conferenza distrettuale. Inizio alle ore 9,30.
A Massello, con inizio alle ore
11, avremo il seguente ordine
del giorno: esame della relazio
ne del Concistoro, elezione dei
delegati alla Conferenza distrettuale ed al Sinodo ed elezione
di due membri del Concistoro.
— Domenica 6 maggio, ore
10.30: culto, in occasione della
domenica della famiglia cristiana. 1 ragazzi della Scuola Domenicale sono convocati alle ore 10.
— Domenica 13 maggio, in occasione del centenario della nostra Unione Femminile, il culto
sarà tenuto dalle sorelle dell’Unione.
Animazione alla
Casa di riposo
• Abbiamo finalmente avuto
comunicazione uflaciale della nomina del pastore Paolo Ribet
quale pastore della nostra comunità, a partire dal 1“ ottobre
prossimo. Diamo sin d’ora un
fraterno e caloroso benvenuto a
lui ed alla sua famiglia; senza
dimenticare una parola di sincera comprensione per i fratelli
di Perrero, ai quali l’abbiamo
ben involontariamente strappato!
VILLAR PELLICE — Ringraziamo sentitamente le componenti le Unioni Femminili delle
chiese di Angrogna e di Prarostino per il messaggio portato
agli ospiti della Casa «Miramonti » in occasione della loro
visita.
’• A Monnet Valter ed a Barolin Silvia rinnoviamo l’augurio
che il Signore sia sempre l’ospite
del loro focolare
• Domenica 29 aprile, alle ore
14,30, nella sala delle attività
(Piazza Jervis), trattenimento
offerto dall’Unione Femminile ai
confermati ed ai loro genitori.
La Signora M. Tamietti (Torre
Penice), che ringraziamo vivamente, presenterà diapositive
del suo repertorio.
Tempo di Pasqua
ANGROGNA — Ben frequentati i culti del giovedì e del venerdì santo e anche quelli di
Pasqua al Capoluogo e a Pradeltorno. Ai quattro confermati
vada ancora l’augurio di una
vita impegnata al servizio dell’Evangelo.
AGAPE
La cicala
e la formica
« La cicala e la formica. Ovvero la crisi dello stato sociale
nel sud dell’Europa» è il titolo
del 10“ incontro per lavoratori
italiani, francesi e spagnoli che
si terrà quest’anno a Séte nel
sud della Francia, dal 30 maggio
al 3 giugno.
Il programma prevede relazioni sulla crisi del sistema di sicurezza sociale in Francia, Spagna e Italia, e una riflessione
biblica sulle « sollecitudini ansiose» a cura del past. Jean
Pierre Molina, che da anni si
occupa dell’animazione biblica
tra i lavoratori.
Il costo dell’incontro è di lire 90.^. Il numero dei partecipanti italiani è limitato a 25.
Informazioni e iscrizioni presso
Agape, 10060 FRALI (TO), tei.
0121/841514,
Giovedì 26 aprile
n RIUNIONE
COLLABORATORI
ECO DELLE VALLI
La riunione dei collaboratori avrà
luogo a casa Gay via Cittadella 8 Plnerolo, con Inizio alle ore 20.30.
Giovedì 3 maggio
□ IL FUTURO
DEL LAVORO
POMARETTO — Il consiglio del MI
Circuito promuove un dibattito presso
il Teatro del Convitto Valdese sul tema « Il lavoro: quali prospettive? », con
inizio alle ore 20.45. Intervengono Aldo
Ferrerò e Claudio Tron.
Venerdì 4 maggio
□ FIRMATA L’INTESA,
QUALI PROSPETTIVE?
PINEROLO — La Fgei valli organizza
alle ore 20.30 presso la Sala Valdese
(via dei Mille 1) una tavola rotonda sul
tema « Firmata l'Intesa, quali prospettive? ». Partecipano Bruno Bellion, Franco Giampiccoli, Sergio Ribet.
Sabato 5 maggio
□ TELEPINEROLO
CANALE 56-36
Alle ore 19 va in onda la trasmissione • Confrontiamoci con l’Evangelo •
(a cura di Marco Ayassot, Attilio Fernerone e Paolo Ribet).
Domenica 6 maggio
□ INCONTRO CON IL
CONSIGLIO
NAZIONALE F.F.E.V.M.
PINEROLO — Il Consiglio Nazionale
della Federazione Femminile Evangelica Valdo-Metodista si incontrerà a Pinerolo con le Unioni Femminili del Distretto (al Tempio Valdese, Via dei
Mille 1),
Il programma della giornata prevede:
ore 10: Partecipazione al culto, presieduto dal Consiglio Nazionale, con la
comunità di Pinerolo;
ore 11.30: Presentazione delle Unioni;
ore 12.30: Pranzo al sacco (un piatto
caldo verrà offerto dalla comunità di
Pinerolo);
ore 14.15: Ripresa dei lavori con una
introduzione della Presidente;
ore 16.30: Intervallo con thè;
ore 17.30: Chiusura dell'incontro.
Verranno organizzati servizi di pullman per le due Valli.
Per informazioni e iscrizioni (da effettuarsi entro e non oltre il 30 aprile 1984) rivolgersi a:
— per la Val Pellice: Jole Tomasini Tel. 91059;
— per le Valli Gerrrianasca e Chisone;
Katharina Rostagno, Tel. 51372.
Essendo questa un'occasione di incontro e di scambio di opinioni con il
Consiglio — anche in vista del prossimo congresso — ci auguriamo che
ogni Unione Femminile sia rappresentata.
Il Consiglio
□ RADIO KOALA
FM 96.700 - 90300 - 93700
Alle ore 12.30 (circa) : Culto Evangelico a cura delle Chiese Valdesi del II
Circuito.
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5
1^
4;
27 aprile 1984
Vita delle 4:hiese 5
VITTORIA - A CINQUANT ANNI DALLA FONDAZIONE DELL’ASILO
Un centro polivalente
per gli anziani in Sicilia
Sono passati 50 anni da quando il pastore Antonio Mingardi
diede vita, con il consenso della
Tavola Valdese, all’Asilo dei vecchi di Vittoria che trovò posto
nello stesso edificio delle scuole
elementari valdesi chiuse per ristrettezze economiche. Da allora,
praticamente, solo nel 1962 l’edificio è stato ulteriormente ampliato con la fabbricazione di una
nuova ala, oggi adibita a reparto
notte per gli anziani ospiti della
Casa. Ora, a cinquant’anni dalla
nascita il Comitato dell’Asilo e, in
particolare, il suo instancabile direttore, il pastore Enrico Trobia,
hanno realizzato per la Casa di
riposo un progetto di ampliamento e di nuovi servizi che intende rispondere — afferma la
recente circolare dell’opera pervenutaci in redazione — al grave
problema dell'emarginazione dell’anziano. ,
Attualmente la Casa di riposo
ospita 35 persone. Con l'acquisto
— già avviato ma non ancora
perfezionato — di un ampio edificio contiguo che permetterà di
spaziare su un’area molto più
vasta dell’attuale, s’intende realizzare un « Centro polivalente
per anziani ».
Un progetto ambizioso, ammettono gli stessi responsabili dell’opera di Vittoria, ma una volta
realizzato si potrà rendere in modo più articolato e diversificato
il proprio servizio sociale e assistenziale nei confronti della città.
Il progetto del Centro polivalente è stato approvato dalla Tavola Valdese sicché il Coniitato
di Vittoria è autorizzato a richiedere il sostegno, alla propria iniziativa, a tutta la diaspora valdese e metodista in Italia.
Cinque progetti
Ma in termini più circostanziati di cosa si tratta?
Il progetto si sviluppa in cinque diverse direzioni. Vediarnole
un momento insieme. Il primo
punto di forza è e rimane la Casa di riposo, gli altri sono: il
Centro d’incontro, il Centro per
emodialisi, l'assistenza domiciliare, la Casa albergo.
La Casa di riposo dopo le recenti migliorie costituisce un
luogo estremamente accogliente
e funzionale. « Abbiamo voluto
ad ogni costo ridurre Femargina
La Scuola
per l’Infanzia
EBEN-EZER
situata nel villaggio della Federatone delle Chiese Evangeiiche in
Italia, costruito in seguito al sisma
dei 23 novembre '80 a
MONTEFORTE IRPINO
(periferia di Avellino]
cerca una
maestra
❖ con titolo specifico
esperienza
❖ e capacità direttive
— trattamento sindacaie
— disponibilità di alloggio
Inviare le candidature aiia
Direzione della Scuola per l’Infanzia EBEN-EZER c/o Viliaggio
Evangelico « 23 novembre », Via
Rivarano, Monteforte Irpino (Avi
Per informazioni;
Toti Bouchard
Via Marianna Dionigi, 57 - Roma
tei. 06/3604926 - 4755120
zione dando dignità — affermano il presidente, pastore Georges Paschoud, del Comitato della
Casa e il suo direttore, pastore
Enrico Trobia — nel rispetto della personalità, ad ogni anziano.
Abbiamo migliorato le strutture
ed i servizi non dilatando la ricettività per conservare la dimensione umana nelle relazioni fra
gli ospiti e con il personale ».
Il Centro d'incontro, secondo
punto del progetto, intende venir
incontro al bisogno, sempre più
sentito, di non sradicare Tindividuo dal proprio ambiente e diventare, nei confronti delle persone anziane, ancora autosufficienti, im punto di riferimento,
un motivo di aggregazione. Il
Centro d’incontro, precisano i responsabili dell’opera, fornirebbe
in concreto tutta una serie importante di servizi; dal pranzo al
servizio lavanderia, all’assistenza
infermieristica via via sino ad
attività culturali e di animazione.
Il successivo punto di forza del
nuovo progetto prevede un Centro emodialisi. « Riteniamo ■—
dice il pastore Trobia — essere
questo un servizio che non soltanto aiuterà gli anziani ospiti
della Casa (ne abbiamo già una
e quindi viviamo in prima perso
na il dramma) ma anche le loro
famiglie e quindi la società nel
suo insieme. Prevediamo di mettere a disposizione di una équipe
• medica specializzata dei locali
idonei e aprirci così alla collettività cittadina». Il successivo livello d’intervento è costituito
daU’assistenza domiciliare le cui
diverse attività (dalla fornitura
dei pasti sino al sostegno spirituale e psicologico alle persone
sole) sarebbero svolte in strettissima collaborazione col Comune.
Un’avventura
Infine, il quinto e ultimo punto del progetto concerne la Casa
albergo. Nelle nuove strutture
acquistate c’è la possibilità effettiva di realizzare alcuni (4-6)
mini-alloggi, di diversa tipologia,
dotati di tutti gli accessori che
sono necessari per consentire una
vita autonoma. Gli alloggi verrebbero dati in uso a coppie o
singoli che intendono vivere una
esperienza comunitaria facendo
riferimento, per i servizi, alla
struttura centrale. Il progetto
che, per esigenze redazionali abbiamo dovuto sunteggiare al
massimo è — dice il Comitato di
'Vittoria —: « un’avventura. Ci
Un gruppo di anziani ospiti dell’Asilo che dal 1933 rappresenta
un'attività essenziale della Chiesa di Vittoria.
rendiamo conto che esso è certamente ambizioso e potrebbe sembrare irrealizzabile da parte di
una modesta organizzazione qual
è la nostra. Siamo però convinti
che nella misura in cui riusciremo ad avere la copertura finanziaria, il progetto rientrerà nelle
nostre umane possibilità. Se poi
consideriamo che vogliamo operare perché l’amore di Cristo ci
costringe verso il prossimo, siamo convinti che qualunque difficoltà potrà essere superata ».
Ovviamente il progetto è nato
anche da un’indagine conoscitiva
realizzata direttamente sul territorio e risponde a bisogni reali
della popolazione. E’ prevista infine una collaborazione con il
Comune (a fronte anche di una
legge regionale) nella fase gestio
nale dei servizi ma com’è nel nostro stile per l’acquisto dell’immobile e per la realizzazione delle strutture si conterà soltanto
sull’aiuto delle nostre chiese in
Italia e all’estero.
Il rilancio promosso dal Sinodo della presenza evangelica nel
Sud passa anche per progetti
(difficili da realizzare ma importanti sul piano sociale) come
questo che abbiamo descritto.
Riuscirà la solidarietà delle chiese a rendere vera e operante la
nuova dimensione di un servizio
che ha ormai ima sua storia,
una sua ajjprezzata presenza tra
la popolazione di Vittoria e nel
popolo evangelico siciliano?
G. P.
CORRISPONDENZE
Ferentino: assemblea di chiesa al100%
Domenica 1° aprile, la comunità di Ferentino, si è raccolta in
assemblea nella zona di Forma
Coperta. E’ stato rilevato che
mai si era avuta una assemblea
con la partecipazione di tutti i
membri di Chiesa.
E’ stata una giornata di vita
comunitaria molto intensa, in
quanto per tutti ha significato
incontrarsi, dialogare, conoscersi meglio, nell’ascolto della parola di Dio e nel prendere insieme decisioni importanti, per la
vita della comunità.
I nostri giovani hanno prepara
to per questa occasione, una breve riflessione insieme con due
studenti della Facoltà di Teologia sul testo di Osea 1-2. Nella
loro meditazione hanno sottolineato l’esigenza di un momento
di incontro domenicale diverso,
meno tradizionale, più aperto e
più rispondente alle loro esigenze ed ai loro interessi.
Dopo il culto si è aperta una
discussione molto viva sul tema
della predicazione e dai molti interventi è emerso che in una comunità non dovrebbero esistere
« giovani ed anziani » ma fratelli
che operano uniti nell’impegno
e nella testimonianza, sia all’interno che all’esterno della comunità.
In seguito si è proceduto alla
elezione del nuovo Consiglio di
Chiesa che è risultato composto
da due anziani e sei diaconi
(cinque donne e tre uomini) in
maggioranza di età compresa tra
i 25 e i 38 anni.
Dopo le elezioni, la comunità
ha partecipato all’agape che è
, stata per tutti un altro momento di dialogo sereno e di comunione fraterna. La celebrazione
CICLO DI STUDI PER I PREDICATORI LOCALI NELL’VIII CIRCUITO
I miracoli in Marco
Domenica 1” aprile si è svolto,
come preannunciato, il primo seminario di studio per predicatori
locali organizzato dal consiglio
dell’VIII circuito Emilia-Romagna. Lo studio, aperto a quanti
nelle comunità fossero interessati, è stato tenuto dal past. Domenico Tomasetto della Chiesa battista di Ferrara sul tema: « I miracoli in Marco ». Si è svolto
presso la chiesa metodista di Bologna ed è durato l’intera giornata, dalle 9 alle 17 con intervallo alle 11 per il culto ed il pranzo.
Il past. Tomasetto ha iniziato
con una prospettiva generale dell’evangelo di Marco esaminando
brevemente le fonti di cui l’evangelista si è servito nonché l’ambiente a cui egli si rivolgeva ed
è entrato subito nell’argomento
data la mole di lavoro da svolgere.
Dopo aver messo in rilievo che
Marco non vuole dare una visione apologetica dei miracoli ma
ne ridimensiona l’aspetto glorio
so in quanto li subordina alla storia della Passione e Resurrezione
di Gesù, l’oratore ha sottolineato la cecità di tutti di fronte alla
parola e all’edera del Signore.
Cecità dei farisei, cecità dei concittadini di Gesù, cecità soprattutto dei discepoli i quali di fronte ai ripetuti annunzi della Passione non riescono a comprendere. La stessa confessione di
Pietro dimostra che egli ha percepito, si, qualcosa ma che è ancora molto lontano dall’aver capito. Non sarà che alla fine che
1 loro occhi si aprirarmo e, come
il cieco di Gerico, salvato per
Fede, potranno seguire Gesù per
la sua via.
Siamo molto grati al past. Tomasetto, sempre così fraternamente disponibile per il nostro
circuito, per quanto ci ha dato
in questa giornata. Ringraziamo
i pastori di Bologna, Sbaffi e Carile per essere intervenuti e
quanti delle nostre comunità
hanno partecipato con noi a
questo incontro. Un grazie particolare al sovrintendente Dr. Da
nilo Venturi per aver organizzato e presieduto la riunione.
Il prossimo seminario avrà
luogo, Dio volendo, sempre a Bologna con lo stesso orario, domenica 20 maggio. Sarà condotto
dal past. Antonio Adamo ed avrà
per tema: « Barmen 1934-1984:
una valutazione teologica della
Chiesa confessante sotto il nazismo ».
A. D.
ASSEMBLEA
PREDICATORI LOCALI
L’assemblea annuale avrà luogo, Dio volendo, a Ecumene Cigliolo - Velletri, con inizio sa»
bato 28 aprile ore 11 e termine
domenica 29 aprile, ore 12.
Programma :
Culto (Armando Russo). Aggiornamento (Paolo Ricca e Bruno Corsani). Questioni organizzative e amministrative.
li Gomitato
della Santa Cena, che ha visto
raccolti tutti i membri della comunità, ha commosso in modo
particolare coloro che, negli anni ’50, hanno dato origine, con
la loro testimonianza di fede, alla Chiesa di Ferentino. Molto significativa è stata infatti la testimonianza dei più anziani, i quali hanno ricordato il loro passato e le loro lotte per costruire
la comunità e hanno incoraggiato i più giovani a perseverare
nella fede, nella testimonianza e
nell’impegno.
Una notizia nuova ma piacevole è stata annunciata ufficialmente dal pastore alla comunità: dal
prossimo ottobre sarà Maria Adelaide Rinaldi Lupi a guidare
la comunità di Ferentino per il
suo anno di prova. -Siamo felici
di avere una donna come pastore, vista anche l’alta percentuale di donne nel Consiglio di Chiesa!
Siamo convinti che sapremo
lavorare con lo stesso impegno
e la stessa tenacia di sempre e
forse, come è stato detto in assemblea da una donna: « Chissà
che non si faccia qualcosa di ancora migliore! ». A Maria Adelaide, alla quale assicuriamo la
collaborazione di noi tutti, un
sincero augurio per il suo futuro
lavoro in mezzo a noi.
Mostra del libro
VENEZIA — La Chiesa Valdese organizza anche quest’anno una « Mostra del libro evangelico » nei locali della comunità luterana, Campo S. Apostoli,
dal 28 aprile al 6 maggio 1984
(apertura mattino e pomeriggio).
Saranno esposti libri e stampa
protestante che trattano i seguenti temi: attualità, teologia,
storia, bibbia. L’entrata è libera.
Chiesa Evangelica Valdese Castello 5170 (calle lunga S. Maria Formosa) Venezia. Per Informazioni tei. 27549.
i
6
6 prospettive bibliche
UNA PARABOLA PER NOI
A chi parliamo?
Il linguaggio d’una chiesa nuova
(segue da pag. 1}
Vivere davvero in una comunità non è facile. Siamo persone
così diverse: per carattere, gusti, istruzione e tanto altro ancora. Però, dopo avere ascoltato
la parabola « del fariseo e del
pubblicano » (Luca 18: 9-14), im
certo modo di sentire comune lo
si riconosce.
Prima di tutto, quel fariseo era
una gran brava persona: non faceva del male a nessuno, come
noi, e poi sapeva stare alla larga dalla gentaglia, come facciamo noi. Quanto al pubblicano,
ognuno di noi ne conosce bene
qualcuno, potrebbe indicarlo sull'istante. Non lo facciamo per
educazione, per salvare la pace.
Noi siamo « giustificati », per
fede naturalmente. E ci siamo
già abbassati, tanto da tornare
ai casa qui, in questa comunità
che accoglie la gente senza fare
prima una scelta fra chi lo merita e no. In conclusione: questa parabola, quanto, a me, non
mi riguarda, forse pensa ognuno
di noi.
Vediamo un po’ come secondo Gesù stavano le cose. Tutti
e due, il fariseo e il pubblicano,
erano nello stesso luogo, nel tempio. E pregavano, parlavano con
qualcuno a tu per tu. Cèrto, parlavano con qualcuno che essi si
vedevano davanti. Pregavano,
quindi sapevano di essere davanti a Dio, parlavano con Lui.
Forse era così, ma non possiamo esserne sicuri. Come non è
affatto sicuro che « il buon dì
si vede dal mattino ». Noi siamo
tutti « cristiani »: per carità,
non siamo mica delle bestie, mi
direte. E abbiamo una fede, l’abbiamo imparata alla dottrina e
al catechismo, confrontata coi
dogmi e i versetti. Certo il fariseo, e forse anche il pubblicano,
avranno conosciuto le dottrine e
i precetti.
Ma, voi me l’insegnate, la parola « fede » ne genera molte altre: fiducia, fedeltà, confidenza,
ecc. Ed è a questo punto che ci
avvediamo di quanto i due uomini erano diversi. Il fariseo:
« confidava in se stesso », aveva
fiducia e quindi in realtà fede in
se stesso, nella propria giustizia di uomo onesto e perbene.
Il pubblicano: confidava in Dio,
aveva fede in Lui, e davanti a
Lui si riconosceva senza meriti
di giustizia. Insomma, tutti e due
erano nel tempio, ma l’uno aveva fede e parlava con se stesso,
mentre l’altro aveva fede fiduciosa e parlava con Dio, fidava
nella grazia di Dio. Quella grazia che ci è data in Cristo, per
la sola opera buona che conta:
una fede fiduciosa.
La conseguenza nella vita comunitaria? Non « disprezziamo
vrebbe bisogno di sacerdoti? E
l'umanità ne avrà sempre bisogno? Tutto dipende da come si
pensa il sacerdozio. In molti
paesi e anche da noi vi sono molte categorie di persone che esercitano una specie di fascino sugli altri ed alcuni sanno sfruttarlo poi a proprio profitto. Altrove possono essere stregoni;
da noi, fra le persone altolocate,
ve ne sono di molto potenti, lì
sacerdozio di cui si parla nella
chiesa è di altro stampo. Ad
esercitarlo sono spesso persone
pronte ad aiutare gli altri, ma
potenti forse no, se non nella
forza dello spirito.
Ancor rnù delicata è l’autodefintzione della chiesa come 'popolo di Dio'. Questo è l'unico
passo del Nuovo Testamento in
cui la chiesa osa definirsi così.
gli altri », non giudichiamo chi
ci è vicino ogni giorno perché
questo è profondamente male.
Ma diamo spazio, respiro, alla
nostra fede, radichiamola in Cristo - grazia di Dio. La nostra
giornata, vissuta davanti a Dio
in fede fiduciosa, ci darà di gustare la ricchezza del suo amore che perdona, che ci vuole nella sua famiglia, con gli altri.
Urnili, e perciò innalzati alla dignità di figli suoi, rivestiti tutti
della giustizia di Cristo.
mentre oggi l'espressione tende
a diventare corrente e generica.
Popolo di Dio è invece una definizione estremamente avanzata
ed audace. La chiesa 'popolo di
Dio' è una realtà che sorge da
un fatto paradossale, come si
legge nel testo di Osea che i cristiani si applicano, non senza
percepire la delicatezza della situazione: il non-popolo diventa
popolo. Questa non è la chiesa
che si riproduce, ma quella che
sorge da un intervento potente
di Dio, mediante il quale gli ultimi diventano i primi, chi non
ha nulla può arricchire gli altri,
le dominazioni e le strutture di
dominio storico di questo mondo vengono smascherate e svuotate di ogni pretesa e la gente
comincia ad intravedere che la
vita potrebbe anche seguire una
logica diversa da quella a cui il
mondo volentieri si sottomette
con passiva ed inconsapevole
rassegnazione.
Luigi Santini
La chiesa è 'popolo di Dio' in
questo senso e non in modo generico. Dove avviene tutto questo, lì si può avanzare, come una
confessione di fede, come una
lode del Signore, come un rendimento di grazie, la formula
'popolo di Dio'.
Sarebbe dunque errato vedere
nella definizione di chiesa come
'popolo di Dio' una traduzione
dell'idea di 'massa' in termini
ecclesiastici. Così pure, sarebbe
del ^ tutto errato poi distinguere,
all’interno di questa massa, di
questo generico 'popolo', delle
funzioni specifiche del clero e
dei laici.
La chiesa primitiva lo ha detto una sola volta di essere il
'popolo di Dio' e lo ha detto come una specie di preghiera. Tutta la forza della sua affermazione deriva dal compimento di una
promessa e dall'avverar si di una
situazione inedita. E' questa la
prospettiva nella quale restiamo
insieme con tutti i credenti che
nel mondo vivono la medesima
preghiera e la medesima attesa.
Nell'avverar si di una situazione
inedita e non nel riprodursi di
una pia società religiosa diventano anche credibili e possibili
le formule come 'popolo sacerdotale'. 'pietre viventi', 'popolo
di Dio'.
All'interno di tate prospettiva,
e restando rigorosamente in essa, ha senso distinguere e differenziare gli apporti degli uni e
degli altri, in un servizio che la
stessa Prima Lettera di Pietro
definisce variopinto, in quanto
rispondente alla ricchezza della
gamma dei colori della grazia di
Dio stessa (7 Pi. 4: 10).
All'interno di questa prospettiva, si può lavorare tutti quanti insieme per interpretare la volontà di Dio. Questo è sostanzialmente il legame che fu istituito e che sussiste tra la Facoltà di teologia e le chiese. Facciamo sì che esso si consolidi.
Sergio Rostagno
GIOBBE - 8
SOLI DEO GLORIA
Ricapitolando un po’:
1. Anzitutto, ricordiamo che abbiamo
ascoltato un testimone singolare. Il suo
libro rientra nella letteratura sapienziale
ebraica, conosce a fondo questa singolare «sapienza», nelle sue caratteristiche
e nei suoi punti di contatto con la sapienza religiosa umana; eppure è al tempo
stesso la negazione di ogni sapienza religiosa razionale. Leggendolo, abbiamo
sfiorato spesso l’orlo dell’assurdo.
Il succo di questa sapienza? Guido Ceronetti la riassume così iniziando il saggio che fa seguire alla sua vivida traduzione del libro ': « lob dice che i buoni
non vivono e che Dio li fa ingiustamente
morire. Gli amici di lob dicono che i cattivi non vivono e che Dio li fa giustamente morire. La verità è che tutti muoiono. La Scrittura finisce per dire, con questo linguaggio bicorne, quello che tutti
sappiamo: nessuno vive. E si serve di
questa verità inferiore per comporne
una superiore, che è la sua verità unica:
solo Dio vive ». A questo ci si può aggrappare saldamente, aspettando con resistenza impaziente il giorno della « rivelazione », il giorno del « faccia a faccia »,
quando « conosceremo appieno, come già
appieno siamo conosciuti» da lui (cfr.
1 Cor. 13: 12).
non può arrogarsi il diritto di giustificare Dio senza deificare se stesso» (S. Terrien, p. 48). Giobbe ha peccato.
a cura dì Gino Conte
Soia gratia
^tta la Bibbia è sempre nuova, fresca, quando lo Spirito ne fa la Parola che Dìo
ci nvo^e; e dunque non le diamo mai fondo. Ci sono però parti della Bibbia avvicinando le quali quest’impressione d’inesauribilità è specialmente intensa. E certo, leggendo rileggendo Giobbe, ascoltando e riascoltando questa testimonianza,
anche nei suoi aspetti contraddittori, nei suoi contrasti, nelle sue molte sfaccettature, ci SI sente davanti a una profondità che dà un senso di vertigine. Ci stupirà,
scoOTOlgera, ^ inebrierà ancora, Giobbe, quando ne riapriremo il libro! Ma intanto,
cerchiamo di raccogliere qualche idea, di tirare un po’ le fila della nostra lettura
comune, in queste settimane.
Un rapporto d’amore
Il vero problema
2. Poi, il problema che percorre lancinante questo libro non è, in sé, quello
della sofferenza, in particolare dell’innocente, bensì quello deUa realtà di Dio.
Giobbe non è semplicemente l’uomo che
soffre, è il credente che soffre. Soffre tutto
il soffribile, mentre tutto gli crolla intorno e si sgretola dentro di lui, il suo lamento è grido di torturato negli affetti, nella
carne e nella mente smarrita davanti all’assurdità della vita; soffre per sé, ma
non è sordo all’immensa sofferenza che
grava sul mondo sotto un cielo che appare muto. Crede con forza in Dio e all’improvviso scopre l’abisso di un Dio latitante, nemico. Capisce Giobbe, non chi
sprofonda nella propria sofferenza, ma
chi da essa si protende irriducibile, anche in rivolta, verso questo Dio lontano,
sordo, muto, cieco : Ma dove sei? perché
non mi (ci) rispondi?
La lezione che Giobbe impara, e ci invita a imparare, durissima ma in ultima
analisi corroborante, è questa: il centro
di gravità non è in lui, non è in noi, ma
ia, Dio. Dio solo vive, Dio solo è giusto,
Dio solo ha ragione. Perciò questo libro
non è un testo di alta filosofia religiosa,
bensì un teste della fede nel Dio vivo
che «giustifica», lui e lui solo, l’esistenza, la mia come quella di tutto ciò che
esiste.
3. Ancora: il rapporto con Dio — quale lo vive e lo attesta Giobbe —, teso,
cornbattuto, ma mai veramente lacerato,
mai veramente perduto, è un rapporto
d’amore. L’avversario accusatore aveva
domandato ironico a Dio: «E’ forse per
niente che Giobbe ti serve?». Non crede
che si possa amarlo e servirlo cosi, per
lui, e basta, senza secondi fini. Non lo
credono neanche gli amici, rivelandoci,
con tutte le loro belle e buone parole,
che la religiosità ha sempre un fondo
utilitario, magari sottile, segreto, anche
inconscio: ma, appunto, la loro funzione
è di aprirci gli occhi su quanto, nel nostro rapporto con Dio, è interessato e
sottilmente calcolato, dosato (non per
niente Gesù ci ha acutamente invitato,
nel nostro servire : « Non sappia la tua
sinistra quel che fa la destra», Matteo
6: 3), sia che se ne attendano vantaggi
qui, subito, sia per il cosiddetto aldilà. '
Ma Giobbe ama Dio e si rivolta non
come il salariato che si trova frodato
del compenso pattuito, bensì come l’amico o l’innamorato che si vede trascurato,
abbandonato, tradito dalla persona amata e che malgrado tutto continua ad
amarla, non sa staccarsene («Ma lascia
perdere Dio...!», Giobbe 2: 9), malgrado
la rivolta che a tratti rasenta l’empietà.
Eppure nella sua rivolta — che del resto
Dio rintuzza « dal seno della tempesta » —
c’è, più che nei suoi pii amici, il senso
della grazia. Questo libro biblico non
vuole spiegarci la sofferenza, che, voltata
l’ultima pagina, resta enigmatica come
prima; ci domanda piuttosto qual è il
nostro rapporto con Dio: se amiamo lui,
o i vantaggi che possiamo trarne. Anche
se, l’abbiamo visto, il rapporto con Dio
non è fatto di eterei sentimenti, non vive
nelle nuvole, ma tende allo shalom, alla
pienezza del vivere.
Peccatore, Giobbe
4. Il poema, però, non giustifica Giobbe, anche se egli ha ragione contro i suoi
amici e nemmeno alla fine riconosce che,
magari in parte, avevano ragione loro.
Sarà Dio a giustificare Giobbe, ma questo vuol dire appunto che Giobbe non è
«giusto». Nota S. Terrien (Job, p. 270),
« Giobbe non ammette di aver commesso crimini contro la morale », ma ora
« discerne una nuova dimensione del peccato, assai più devastante dell’offesa morale o del fallo rituale. Capisce che il suo
crimine è un’accusa titanica della divinità. (...) Non si pente di una colpevolezza morale, ma si converte dal suo orgoglio metafisico che Taveva portato a paragonare Dio a un nemico capriccioso e
senza scrupoli. La divinità si rivela a lui
nella sua trascendenza e l’ironia delle
sue domande rivela a Giobbe la grandezza e la miseria della sua umanità. Anzi, permette a Giobbe di cogliere il paradosso della santità amante di Dio. E’
vero che la parola amore non è mai pronunciata, e molti interpreti hanno negato
che i Discorsi di YHWH (Jahvè) rivelino altro che un’onnipotenza schiacciante.
Un’esegesi attenta del testo mostra che
le parole divine, proprio a causa della loro ironia 2, offrono la grazia di una presenza, ed è proprio questo che Giobbe ha
visto. Includono, naturalmente, un rimprovero implicito e una correzione dell’ybris [=orgoglio titanico, empio] umana, ma non contengono alcun tratto di
collera e non velano alcuna arroganza ».
Trascinato nel dibattito con gli amici
— contro i quali ha ragione! —, e per
quanto abbiano parlato continuamente
di Dio, Giobbe ha quasi finito per perdere di vista il vero Dio. Impegnato caparbiamente a sostenere la propria giustizia contro le ingiuste accuse che gli
sono rivolte, ha finito per perdere (o non
l’aveva?) il senso della propria condizione davanti a Dio : cosi ha finito per giustificarsi da solo. Con quel rovesciamento
egocentrico che è la radice pervicace del
peccato, ha giustificato la propria esistenza non solo davanti agli uomini, ma
davanti a Dio, e di conseguenza ha chiesto al Dio lontano, assente, nemico, conto della isua giustizia. Ma «la questione
della teodicea [cioè della giustizia di Dio]
è posta antropocentricamente. L’uomo
5. Perciò si pente, si ravvede. Nella
più limpida prospettiva biblica, ciò avviene non solo prima della ricompensa
(come notavamo la scorsa settimana),
ma soprattutto dopo che Dio gli ha donato per grazia la sua presenza. E’ nel
momento della riconciliazione, del rapporto ri-creato, che Giobbe si rende conto della sua colpa. « E’ salvato, perciò si
riconosce peccatore (42: 7). Sta qui il
segreto della visione profetica del peccato. Il senso del peccato non è la causa
bensì il risultato della salvezza. (...) L’uomo solitario è accolto nella comunione
di Dio 3. E’ dunque in risposta a un movimento d’amore che l’eroe confessa, non
il suo pentimento per un errore morale,
ma la perdita della sua egocentricità.
YHWH non l’ha giustificato, ma è venuto a lui in persona. Quest’intervento non
ha altra motivazione che l’amore (...) e
non c’è amore senza ’sim-patia’». Questo
« non dissolve l’enigma della sofferenza
dell’universo (cfr. 40: 11-14), ma permette all’uomo di vivere. Non è più prostrato dallo scandalo. Non è più affascinato
dal nulla. La sua fede lo lega all’Essere.
Vive nella prospettiva della sola gratta ».
Il poeta, « a differenza del narratore folklórico, non camuffava resistenza e i
suoi orrori, ma sapeva, sei secoli prima
dell’apostolo Paolo, che la grazia basta
(2 Cor. 12: 9). La comunione immediata
con un Dio che si offre (42: 5) non è ancora la comunione con un Dio che si spoglia (Pilipp. 2: 7), ma permette già all’uomo di trionfare degli scandali dell’esistenza e di perseverare in essa. Giobbe, davanti a Dio, non chiede di più »
(S. Terrien, p. 46 ss.).
« Giobbe teme forse Dio per niente? »,
era la domanda iniziale. La risposta, pacificante, è : Dio giustifica Giobbe ’per
niente’ (A. Weiser, Giobbe, p. 400).
Ci resta ancora una domanda: ma im
Giobbe, esiste? Gino Conte
' Il Libro di Giobbe, a cura di Guido Cerorretti, Milano 1972, p. 197, nei saggio « Suila polvere
e sulla cenere ».
^ S. Terrien cita qui, in nota, quest'osservazione
di R.A.F. McKenzie: « L'ironia [in queste risposte
di YHWH] è tollerante: esclude la collera e comunica qui in modo perfetto la superiorità serena di
Jahvè ohe può permettersi di essere dolce e indulgente con l'ignoranza, anche con l'inconscia impertinenza delle sue creature umane ».
^ In 42: 5 c'è, marcata, l'opposizione fra « avevo
sentito parlare di te » e » il mio occhio ti ha veduto », ora; tra il sentito dire e la conoscenza
personale, tra la tradizione e l'esperienza diretta,
tra una conoscenza intellettuale e la comunione
(nella mentalità ebraica, il senso visivo indica la
percezione diretta, senza intermediari) : « il savio
è diventato un profeta » (S. Terrien).
7
27 aprile 1984
otMtìvo aperto 7
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A
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_________DOMENICA 17 GIUGNO SI VOTA PER IL RINNOVO DEL PARLAMENTO EUROPEO
PROBLEMI DEL VOTO EUROPEO
La Commissione Ecumenica per Chiesa e Società, un organismo
che raggruppa le chiese anglicane, ortodosse e protestanti dei paesi della Comunità EJuropea (CEE), con sede a Bruxelles ha recentemente pubblicato un opuscolo sui principali problemi che si pongono agli elettori che si dovranno recare alle urne domenica 17 giugno per rinnovare il Parlamento Europeo. In questa pagina presentiamo una sintesi degli articoli che compongono l’opuscolo rinviando i lettori che intendono approfondire Targomento a richiederlo
(copie in francese, inglese, tedesco) direttamente aU’indirizzo Eccsec
— 23 avenue d’Auderghem, 1040 Bruxelles. Sarà loro inviato gratuitamente.
Quale pace e sicurezza?
I temi della guerra e della pace sono al centro di una presa
di coscienza delle popolazioni
europee. Questi problemi non
sono più solo di competenza delle grandi istituzioni che devono
occuparsi di questi problemi,
ma oggi sono al centro del dibattito di chiese, movimenti per
la pace, sindacati ecc...
L’aumento della tensione tra
le superpotenze ha generato una
grande paura. Paura che è anche determinata dalla natura degli armamenti; non ci sarà un
vincitore nel deserto nucleare.
Oggi però gli aspetti militari della sicurezza hanno ancora il primo posto nella discussione politica sulla pace e la sicurezza.
II concetto di pace e sicurezza
non dovrebbe perciò essere ristretto ai soli aspetti strategici
e militari. Il concetto di pace e
sicurezza va al di là delle questioni relative alla difesa militare e si estende agli aspetti non
militari della sicurezza quali lo
sviluppo della pace globale e
della stabilità. Pallargamento della giustizia nell’ordine economico intemazionale e nel commercio mondiale. Gli aspetti politici
economici e sociali della sicurezza dovrebbero dunque essere
presi in considerazione e su questo punto il molo della CEE può
essere importante. La creazione
della CEE infatti è basata su
un concetto di sicurezza nel senso largo del termine e riguarda
la cooperazione economica, la
garanzia delle libertà, la riduzione delle tensioni e la messa
in funzione di mezzi pacifici per
la soluzione dei conflitti internazionali. La motivazione principale per la costituzione della
CEE era il desiderio di creare
una pace durevole in Europa dopo la seconda guerra mondiale.
Oggi per i ragazzi di quegli ste.s
si europei che si erano schierati
gli uni contro gli altri quaranta
anni fa, la pace è un dato evidente ed incontestabile. Da questo processo dobbiamo perciò
trame una qualche lezione: per
esempio nel quadro delle relazioni Est-Ovest un aumento dei
rapporti economici e commerciali potrebbe favorire la nascita di una situazione di interdipendenza reciproca tra i due
blocchi ed avere così un effetto
positivo sul disarmo.
Quando si prende in considerazione la nozione di sicurezza
in senso lato, cioè comprendendone anche gli aspetti politici,
economici e sociali, un’attenzione tutta particolare deve essere
portata al cosiddetto « processo
di Helsinki », cioè alle ■ conseguenze della risoluzione finale
della Conferenza sulla sicurezza
e la pace (1979), perché appunto,
questo ricopre tutti gli aspetti
della nozione di sicurezza, che
sono stati affrontati in seguito
nelle conferenze successive di
Belgrado e di Madrid.
A questo proposito dobbiamo
ricordare resistenza della Cooperazione Politica Europea, im
sistema di cooperazione intergovernamentale della CEE che
ha l'obiettivo di favorire prese
di posizioni comuni sulle questioni di politica intemazionale
tra i paesi della CEE. La Cooperazione Politica Europea ha funzionato soddisfacentemente nel
quadro del « processo di Helsinki » e da allora è stato deciso che una discussione sugli
aspetti politici della sicurezza
era necessaria tra i paesi della
CEE. Il Parlamento Europeo ha
inoltre sottolineato tutto questo
con una risoluzione sulla Cooperazione Politica Europea e sulla sicurezza (gennaio 1983).
Jaap Houtman
Una priorità; il lavoro
La Comunità Europea ha visto aumentare in questi ultimi
anni il numero dei disoccupati.
Sono oltre 12 milioni e la tendenza è all’aumento del numero
e della durata dello stato di disoccupazione. Le prospettive per
il futuro non sono dunque buone e l’introduzione delle nuove
tecnologie deve ancora aver luogo su vasta scala.
Per questo si presenta spesso
la disoccupazione come un fatto
inevitabile. Le chiese devono
però rifiutarsi di accettare questo fatto come una fatalità. E’
loro compito ricordare alla società intera che ogni uomo e
ogni donna ha diritto ad una
La Eccsec (commissione ecumenica per chiesa e società in Europa oc.
cidentale] di cui fa parte per l'Italia la Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia pubblica inoltre un notiziario in ingiese sui problemi della
comunità europea « Early Warning System » e studi su argomenti specifici.
La Eccsec è attualmente presieduta dal pastore Pierre Chrétien e diretta dal pastore Marc Lenders.
naie, che a Itmgo termine significherà la colonizzazione da parte di forze economiche esterne;
— o la priorità sarà data alla
battaglia per la competitività
dei prodotti sul mercato internazionale, che porterà al rischio
di costruire una società dualista;
— o ci sarà la priorità della
lotta contro la disoccupazione,
con la conseguenza di una ricerca verso una più giusta distribuzione del lavoro, attraverso una
riduzione dell’orario di lavoro in
maniera da garantire ad ognuno di fare la sua parte nel mercato del lavoro. E’ questa la via
che chiediamo al Parlamento
Europeo di seguire.
Un fatto che ci sembra di dover denunciare in questo periodo di recessione economica: la
mancanza di coerenza tra il pro
cesso di integrazione economica
nella CEE e il rifiuto di adottare una politica sociale uniforme
sul territorio della Comunità.
A lungo termine ciò comporterà la fine di ogni politica sociale: infatti ogni stato cercherà di vincere la concorrenza internazionale riducendo i costi
della politica sociale.
Se la CEE vuole realmente essere capace di padroneggiare il
proprio futuro, è necessario che
essa elabori una politica sociale
uniforme per tutto il suo territorio e che per questa disponga
dei mezzi economici necessari.
La politica sociale comune dovrebbe essere alla base per ogni
progetto di sviluppo economico
e non dovrebbe essere subordinata alla crescita economica.
Marc Lenders
Migranti e razzismo
Nella CEE vi sono 14 milioni
di lavoratori migranti (comprese le famiglie). La loro presenza
è una conseguenza diretta della
diversità di ricchezza esistente
tra i paesi della Comunità e tra
gli altri paesi del mondo. Oggi,
in un periodo in cui vi è un rallentamento dello sviluppo economico nella CEE, si mettono
ostacoli ai nuovi arrivi di emigrati e restrizioni a coloro che
vogliono restare. E ciò nonostante le nostre società abbiano acquisito un carattere « multiculturale ».
La maggioranza degli immigrati vivono ancora in una situazione economica insicura, soffrono delle differenze di lingua, di
tradizione culturale e religiosa,
sono sovente male alloggiati e
vivono in cattive condizioni di
salute. Di conseguenza essi formano un gruppo di popolazione socialmente sfavorita che non
partecipa realmente alla nostra
vita sociale. Questa ineguaglianza è dunque una ingiustizia fondamentale. In più soffrono di atteggiamenti discriminatori e razzisti.
Siamo dunque in favore di misure coordinate a livello europeo per:
—: garantire il diritto ad un
soggiorno a tutti i lavoratori migranti. Dovrebbero avere il diritto di residenza dopo un periodo di tre anni di soggiorno, e
questo diritto dovrebbe essere
loro garantito qualimque sia la
loro situazione economica o di
lavoro. Dovrebbe essere inoltre
garantito il rispetto dei diritti
deU’uomo al raggruppamento familiare e aU’alloggio adeguato
alle necessità;
— combattere il razzismo là
dove ha origine, diffondendo informazioni sul ruolo dei lavoratori migranti nell’economia e nelrarricchimento culturale. Parallelamente si dovrebbero prendere misure per l’autorganizzazione e la valorizzazione culturale dei migranti. La partecipazione attiva alla vita sindacale e politica dovrebbe essere assicurata
a tutti i migranti;
— sviluppare una politica coerente a livello della CEE per
quello che riguarda la regione
mediterranea al fine di permettere lo sviluppo economico di
quelle zone per eliminare le radici economiche della emigrazione
stessa.
Pieter Muller
Cooperazione
allo sviluppo
Fin dal suo sorgere la CEE ha
ereditato la necessità di una politica di cooperazione allo sviluppo dei paesi del sud del mondo.
Dopo l’imificazione delle relazioni economiche interne (1958-1962),
la CEE ha progressivamente unificato le relazioni commerciali
coi paesi deU’Africa francofona
(Convenzione di Yaoundé 19631968) e coi paesi del Commonwealth (Convenzione di Lomé
1975). Quest’ultima convenzione
fu salutata come una innovazione per i sistemi di preferenze reciproche e di aiuto finanziario
che instaurava.
La seconda convenzione di Lomé (1979) non conteneva grandi
innovazioni rispetto alla prima.
La recessione ha evidenziato il
fatto che il sistema dello « Stabex » (stabilizzazione dei crediti dell’esportazione) non permetteva di pagare interamente i '
deficit e pertanto non era sufficiente in ima situazione di costante caduta dei prezzi.
Nel corso dei negoziati p>er la
convenzione di Lomé III che
avranno luogo quest’anno, il dialogo tra la CEE e i paesi del terzo mondo sarà caratterizzato
dalla discussione sulle strategie
alimentari e sullo sviluppo agricolo autocentrato. 63 paesi dell’Africa, dei Caraibi, e del Pacifico parteciperaimo a questa discussione. Inoltre dal ’76 la CEE
ha un programma di aiuto verso
paesi deH’America del Sud, dell’Asia e dell’Africa.
Un dibattito appassionato sulla fame nel mondo ha avuto luogo nel Parlamento Europeo con
la presentazione di un rapporto
che richiede fondi immediati per
far fronte ai terribili problemi
che causano la fame.
E' inoltre auspicabile che la
CEE prenda in considerazione i
suggerimenti del Piano di Azione
di Lagos della Conferenza di
Cooperazione e Sviluppo ner
TAfrica Australe, specie se i paesi europei vogliono impegnarsi
nella lotta contro l’apartheid.
Ria de Vent
Nove domande ai candidati
parte equa nella distribuzione
del lavoro. Di fronte allo sviluppo tecnologico non dobbiamo
mai dimenticare che gli uomini devono poter padroneggiare
gli strumenti che utilizzano, e
non esserne vittime.
Le chiese sono coscienti della
complessità del problema. La disoccupazione è allo stesso tempo un problema di ordine congiunturale e di ordine strutturale della nostra economia occidentale. Il contesto internazionale nel quale la CEE è inserita
la obbliga a scelte che saranno
determinanti negli anni futuri;
— o vi sarà il ritorno alla ricerca di soluzioni di tipo nazio
Un controllo democratico delle diverse forme di potere esistenti nella Comunità Europea
richiede e presuppone che i cittadini della Comunità possano
prendere parte alle decisioni che
influenzeranno la loro vita.
E’ dunque indispensabile che
il Parlamento Europeo, dove siederanno deputati direttamente
eletti dai cittadini, sia in grado
di svolgere il suo ruolo in maniera effettiva, ruolo che gli è
stato assegnato dalle tradizioni
democratiche che sono proprie
di ciascuno degli stati membro.
Se si vuole che il Parlamento sia
realmente in grado di esercitare il suo ruolo di istituzione
democratica rappresentativa, gli
attuali poteri devono essere rinforzati.
In particolare è su questi
aspetti che il Parlamento deve
avere maggiori poteri. Formuliamo quindi 9 domande ai candidati al fine di conoscere i loro
programmi.
PACE E SICUREZZA
1) Come può il Parlamento
Europeo contribuire al fatto che
vengano presi in considerazione
a livello politico anche gli aspetti non militari della sicurezza?
2) Con il consolidamento della Comunità Europea si è mani
festata una politica concreta in
favore della pace. Se la Comunità Europea dovesse manifestare un concetto di sicurezza
che sia specifico per essa, come
il Parlamento Europeo può partecipare alla elaborazione di una
politica di disarmo in Europa?
DISOCCUPAZIONE
3) Cosa può fare il Parlamento Europeo per mantenere uno
sviluppo economico sano e prospero, che è una condizione necessaria per mantenere in funzione l’attuale sistema di sicurezza sociale?
4) Come può il Parlamento
Europeo mettere fine alle contraddizioni economiche causate
da una concorrenza sfrenata che
ci spingono verso una società di
tipo dualista (alcuni pochi producono e gli altri sono assistiti)?
POVERTÀ’
5) La Comunità Europea può
ridurre le ineguaglianze sociali e
regionali coordinando Tinsieme
delle politiche comunitarie (agricoltura, industria, commercio internazionale, allargamento della
comunità...)?
POSIZIONE DELLE DONNE
6) Il Parlamento Europeo si
impegnerà a rispettare le quote
di rappresentanza degli uomini e delle dorme, e inoltre come
garantirà il rispetto dell’eguaglianza dei sessi?
LAVORATORI MIGRANTI
7) Il Parlamento Europeo può
promuovere una politica della
Comunità Europea volta a garantire ai lavoratori migranti il
diritto al soggiorno nei paesi di
accoglienza per almeno tre armi?
RAZZISMO
8) Il Parlamento Europeo può
promuovere una politica della
Comunità Europea che sostenga la lotta contro il razzismo
in Europa attraverso una vasta
campagna di informazione e attraverso misure concrete che
aiutino i lavoratori migranti ad
emanciparsi e a partecipare alla
vita della nostra società?
COOPERAZIONE
ALLO SVILUPPO
9) Qual è il potere del Parlamento Europeo nella politica di
aiuti allo sviluppo della CEE?
Come il Parlamento Europeo
può migliorare e coordinare le
politiche di aiuto allo sviluppo
e le altre politiche della CEE?
8
mi
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S ecumenismo
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27 aprile 1984
SANTIAGO DEL CILE
La "toma", speranza dei minimi
role della sesta assemblea del
Consiglio Mondiale delle Chiese
tenutasi a Vancouver lo scorso
anno, a proposito della capacità
dei popoli di combattere per la
dignità e la giustizia, contro gii
abusi del potere. Il significato
dell’appello ’’lotta per la giusti
L’occupazione delle terre effettuata contro il
raggiosa e risoluta mobilitazione da parte di
regime dittatoriale cileno rappresenta una coquanti mirano al potere della speranza
Riprendiamo dalla rivista « One World » del Consiglio Ecume
nico delle Chiese questo articolo del Segretario per le migrazioni
della Commissione per l’aiuto tra le chiese e il servizio ai rifugiati.
Sembra un campo profughi, a
parte il fatto che quelli che ci
vivono non lo sono. Colpiti dalla disoccupazione e mancanza
di case cilene, 32.000 poveri hanno occupato terra incolta fuori
Santiago e lì, stanno lavorando
insieme per conquistare i diritti lunani elementari che il loro
governo non vuol loro assicurare.
Per trovare la « toma » si deve passare attraverso la fastosa
eleganza dei quartieri ricchi di
Santiago, lasciandosi alle spalle gli affollati negozi del centro.
Dopo aver percorso chilometri
di strade contorte attraverso gli
immensi quartieri poveri della
capitale cilena, si arriva finalmente in un’ampia zona polverosa circondata da uno sporco
rigagnolo. Questa è la « toma »,
parola spagnola che significa
« occupazione della terra », e la
sua istituzione è un avvenimento degno di nota nel Cile d’oggi.
Qui, a perdita d’occhio, ci sono migliaia di baracche una accanto all’altra. La prima impressione è quella di im campo
profughi di emergenza; le stesse
instabili costruzioni fatte di cartone, di lamiera ondulata, di tela variopinta, di scarti di legno;
lo stesso disperato sforzo di raggiungere un po’ d’ordine (ogni
posto è numerato), Anche le
scene sono le stesse; una folla
di dorme attorno a uno dei pochi rubinetti d’acqua, un gruppo di uomini intenti a costruire
una casa meno scomoda con
qualche cianfrusaglia, bimbi che
giocano con niente nella polvere.
La differenza tra questa « toma » e un campo profughi è che
le 32.000 persone che si sono installate su questa terra — illegalmente agli occhi delle autorità — sono cilene. Hanno preso possesso di questi terreni
fronteggiando la violenza della
polizia e dei suoi cani.
L’occupazione iniziò sotto la
pioggia nel settembre scorso
quando le prime 1.500 persone
alzarono rifugi di fortuna nel
fango e nessuna forza riuscì a
fermare la loro determinazione.
Uno degli accampamenti si chiama « Monsignor Fresno », nome
dell’attuale vescovo di Santiago ;
vicino ad esso c’è l’accampamento « Cardinal Sylva Enriquez ».
I nomi, decisi dagli abitanti stessi, non sono una coincidenza.
La « Vicaria de la Solidariedad »
e le chiese locali hanno appoggiato gli sforzi di questa gente
nell’organizzare questo pezzetto
di repubblica indipendente nel
centro di un paese dominato da
una dittatura militare.
Questa «toma» è una prima
realizzazione riuscita dopo il
colpo di Stato attuato dal generale Pinochet nel 1973. Bisogna
dire che c’è una lunga tradizione di occupazione di terre abbandonate, da parte dei senzatetto in Cile... Quelli che si decidono per questo tipo di azioni
sono persone cui in genere il
governo non assicura le garanzie di base specificate dalla Dichiarazione universale dei Diritti Umani del 1948; protezione, sicurezza, lavoro e un decente tenore di vita.
UfBcialmente in Cile mancano
750.000 case. Il che significa che
tre milioni di persone — la maggior parte delle quali disoccupate — non hanno dove vivere.
Non solo un tale tipo di ingiustizia sociale genera violenza,
ma è essa stessa una perversa
forma di violenza ed è sentita
come tale. Ciò spiega la decisione con cui questa gente si è
impiantata sui terreni lasciati
vuoti da una compagnia canadese e ha qui costruito con le
sue mani un posto in cui vivere.
Manifesti in tutto il campo illustrano ; « la ’toma’ - il solo modo per avere una casa; l’unione
è una casa».
Nel corso di pochi mesi ima
intera catena di solidarietà si è
sviluppata, legando insieme la
popolazione. Si sono dovuti organizzare per l’acqua, l’elettricità, i servizi sanitari di emergenza e per il cibo. Un ’commando generai’ coordina i quattro
settori attraverso i rappresentanti di gruppi di centinaia di
famiglie e vige un attento sistema di sicurezza interno.
I residenti dei quartieri poveri vicini e varie organizzazioni
esterne — gruppi per i diritti
umani, agenzie delle Nazioni Unite, una scuola medica e il vicariato — si sono uniti nell’aiuto,
fornendo tende e cibo per la
« olla commun », la mensa comune, e per avviare una scuoletta. Ecco qualche dettaglio sulla popolazione della « toma ». E’
molto giovane, comprende numerose giovani coppie e più di
15.000 bambini; è povera, con il
60% degli adulti disoccupati;
ed ha uno scopo definito; impiantare condizioni decenti di
vita, organizzarsi per portare
un po’ di ordine nella vita sociale collettiva e per rivendicare il
diritto ad essere cittadini con
gli stessi diritti degli altri. In
questo ambizioso programma .—
che di per sé già presuppone
una buona dose di abilità e organizzazione — giacciono i semi
per un futuro che, una volta caduta la dittatura militare, dovrebbe aiutare ad assicurare una
vita democratica per tutti. Molto, naturalmente, resta da fare
prima che la popolazione di
questa «toma» raggiunga un
tenore minimo accettabile di
vita.
Partecipazione
protestante
Uno dei dirigenti da me visitati mi disse ; « Così lei lavora
per il Consiglio Mondiale delle
Chiese? Sa, anch’io sono protestante... ». E il musicista che mi
invitò ad ascoltare le prime canzoni scritte sulla ’toma’ era membro anche lui di una chiesa protestante. Questi due esempi sono una significativa testimonianza della crescente partecipazione protestante alla lotta
per una concreta giustizia in
Cile. Quasi ignorata dai mass
media, la realtà di questa ’toma’, nascosta nella polverosa
periferia di Santiago del Cile, è
una vivace illustrazione delle par
zia e la dignità umana” emerge
qui chiaramente ; che le chiese
siano solidali con i poveri, gli
oppressi e i discriminati, in modo da potenziare i loro movimenti e le loro organizzazioni.
Tutti i mali di cui il Cile soffre nel 1984 sono qui visibili su
larga scala, a livelli persino caricaturali; la disoccupazione che
colpisce un terzo della popolazione, il rifiuto dello stato ad
assumere le proprie responsabilità di fronte alla mancanza
di alloggi, il diniego di una partecipazione democratica nelle
decisioni politiche, la marginalizzazione della maggioranza, e
la forza cieca di un regime militare che non esita a ricorrere
alla repressione e alla tortura
per controllare ogni possibile
reazione e spegnere ogni possibile opposizione.
La « toma » rivela anche un’altra caratteristica del Cile oggi;
una crescente mobilitazione, coraggiosa, risoluta e realistica da
parte dei poveri e di tutti coloro che sono colpiti da ingiustìzia e che perciò mirano al potere della speranza affermata come un diritto umano.
André Jacques
L’assemblea dei
protestanti dei Perù
(SPR) — Violenza e nonviolenza nella Bibbia, violenza e terrorismo in Perù, i Protestanti
ed i Diritti dell’Uomo, questi alcuni dei temi principali dibattuti dall’Assemblea annuale del
Consiglio Nazionale evangelico
del Perù (CONEP), che raggruppa buona parte delle chiese protestanti del paese. Questi temi
rivestono un’importanza particolare se li si considera nel contesto del clima generale di violenza che vige nel paese, diviso
fra le lotte della guerrìglia, una
energica repressione del governo, e tutta la violenza legata al
traffico della droga. L’Assemblea ha anche deciso di intraprendere delle azioni seguite in
favore delle regioni di Tumbes
e di Piura, sconvolte dalle inondazioni, e di Puno colpita da
una grave siccità. E’ stato anche deciso di chiedere l’autorizzazione di far venire nuovamente dei missionari.
dal mondo
cristiano
a cura di Renato Coisson
Dom Helder Camara ha
dato le sue dimissioni
— scrivendo per questo un libretto intitolato La Sinfonia dei
due mondi — che « Atlinclié qualche cosa cambi nel terzo mondo
è necessario che innanzitutto
si abbiano profonde trasformazioni nei paesi industrializzati ».
Conosciuto per le sue numerose pubblicazioni e per il suo
stile di vita molto frugale, Helder Camara ha sempre sostenuto l’azione non violenta. Questo
non ha impedito ai militari di
cercare di intimidirlo colpendo
i suoi collaboratori; preti e laici
della sua diocesi furono arrestati e torturati ed un prete venne
assassinato.
L’uomo più famoso del Brasile, dopo Pelé, ha affermato che
se le sue dimissioni saranno accettate, non appenderà le scarpe al chiodo, cioè non abbandonerà la lotta fin qui perseguita.
i quali avevamo chiesto un’azione di sostegno anche alle nostre
chiese valdesi-metodiste in Italia, sono stati prosciolti dall’accusa di sedizione, tradimento e
cospirazione contro il Governo.
La loro liberazione non è però
avvenuta subito. Il Governo ha
preteso il pagamento delle spese processuali (10.000 franchi
svizzeri) somma che è stata inviata dal Dipartimento Missionario Svizzero, dal DEFAP francese, daH’Alleanza Riformata
Mondiale e dalle chiese presbiteriane degli Stati Uniti e del Canada. I prigionieri reputando
che l’azione del Governo fosse
illegale avevano nel frattempo
intrapreso uno sciopero della
fame.
zia e delle dogane, ai secondini
delle prigioni ed ai prigionieri e
a tutti i dirigenti politici.
Il presidente provvisorio dì
questo movimento, il past. Joe
Tetteh-Lartey, ha detto, in una
intervista, che è stata una dichiarazione del Capo dello Stato, J. J. Rawlings, a dare l’idea
della creazione di questo gruppo. Il Capo del Consiglio della
rivoluzione del Ghana aveva infatti dichiarato che il compito
della religione era quello di trovare una soluzione alla decadenza morale del paese. Secondo Rawlings la conversione deve cominciare dai dirigenti del
Ghana in modo che il loro esempio possa trascinare tutta la popolazione.
Il Capo dello Stato ha ancora detto che se non si insegna
subito una concezione autenticamente cristiana della politica
e dell’amministrazione agli amministratori, in modo particolare ai dirigenti del Comitato del
popolo e dei lavoratori, fatalmente si imporranno dei principi atei, che sarebbero contrari
agli interessi del Ghana.
(Soepi) — L’arcivescovo di
Recife e Olinda, Dom Helder
Camara, ha dato le sue dimissioni come prevede il regolamento, al raggiungimento del
suo 75” anno di età.
Dom Helder Camara aveva
militato, negli anni 30, in favore deH’int^Tallsmo, la versione
del fascismo sostenuta all’epoca
dal dittatore Getulio Vargas. Ha
confessato che è stato questo
un peccato di gioventù.
Diventato vescovo si è adoperato per la creazione di organismi di collegamento nazionali e intemazionali per la chiesa
cattolica quali il CELAM (la
Conferenza episcopale latinoamericana). E’ stato uno dei primi a riconoscere e denunciare
il solco che divide il Nord dal
Sud. Nel 1964 fece capire ai militari che avevano preso il potere la sua netta opposizione,
per questo si cercò con ogni mezzo di emarginarlo e, negli anni
’70, fu proibito alla stampa di
citare il suo nome. Oggi la liberalizzazione del regime gli permette di esprimersi liberamente.
Negli ultimi 10 anni Dom Helder Camara ha fatto numerosi
viaggi all’estero ricevendo fino
a 80 inviti all’anno. Il Papa
Paolo VI gli chiese ufficialmente di ridurre questi viaggi a 4
o 5.
Ha proclamato a grande voce
Allan Boesak riceve
il premio Kaj Munk
La Chiesa Evangelica del Lesotho ha espresso la sua riconoscenza per quanto è stato fatto in favore di questi prigionieri politici.
Parlamento europeo
e sette
(Soepi) — Il pastore sudafricano Allan Boesak, presidente
dell’Alleanza Riformata Mondiale, ha ricevuto il Premio « Kaj
Munk » per mezzo del Consiglio
Ecumenico Danese. Il pastore
Kaj Munk fu l’animatore della
resistenza danese contro l’occupazione tedesca durante la seconda guerra mondiale e venne
ucciso dalla Gestapo.
Allan Boesak ha dichiarato
come per lui « Kaj Munk rappresenti una similitudine con la
situazione dei neri in lotta contro il regime dell’apartheid imposto dai bianchì. Ciò che ho
imparato di più importante da
Kaj Munk è che non si deve avere paura di perdere la propria
vita per difendere una causa giusta ». In diverse occasioni ha
poi dichiarato che era stato
spesso ispirato dal coraggio di
questo pastore danese durante
l’occupazione nazista.
Evangelizzate
i politici!
(Soepi) — E’ stato recentemente creato un nuovo movimento evangelico ed ecumenico
ad Accra nel Ghana i cui obiettivi sono quelli di guadagnare
a Gesù Cristo i ministri del Governo e tutti i politici. I membri di questo movimento si prefiggono di raggiungere un più
vasto pubblico con l’aiuto di
Bibbie illustrate, audiovisivi,
conferenze e riunioni. Pensano
di rivolgersi innanzi tutto ai funzionari del Governo, della poli
(SPP) — Il Consiglio della
Federazione protestante di Francia si oppone al progetto di risoluzione sulle sette presentato
dì recente al Parlamento europeo, in una lettera fatta pervenire a tutti i deputati.
La Federazione protestante invita i deputati a respingere il
testo giudicato « sotto molti
punti di vista inutile e dannoso ».
« La libertà religiosa non si divide » sottolinea la lettera domandandosi anche dove si può
situare il confine fra chiese e
sette ; « nessun criterio è accettabile. A partire da quando una
religione può essere considerata
non più una novità? ».
Lesotho: liberati 12
prigionieri politici
(SPP) — I 12 prigionieri politici, metà dei quali appartenenti alla Chiesa Evangelica del Lesotho (membro della CEvAA) per
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27 aprile 1984
cronaca delle Valli 9
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Alle valli ▲à oggi POTERI DI SORVEGLIANZA E INDIRIZZO ■ fìnni
LUSSI' 43 e gli istituti ■ wyyi e domani
P maggio
1° maggio: festa del lavoro.
Che senso ha celebrarla proprio
nel momento in cui è massima la
divisione tra i sindacati ed in cui
la mancanza di lavoro è un dato
generalizzato anche nelle valli
del pinerolese?
Allora non una festa, ma una
occasione di ripensamento sui
valori e sulla storia recente di
grandi conquiste del movimento
dei lavoratori.
In altre parole il primo maggio non può essere oggi vissuto
come un "rito", ma come momento di riflessione sul come affrontare dal punto di vista del
lavoro il periodo storico che ci
separa dall’anno duemila. Ci è richiesto un mutamento culturale.
Per una generazione nata e cresciuta nel valore del lavoro produttivo l’interrogativo riguarda
i valori da testimoniare ai propri
figli: basta oggi insegnare loro
il diritto al lavoro e il dovere di
lavorare onestamente, quando si
sa per certo che il lavoro — almeno nel modo con cui è oggi organizzato — non ci sarà per tutti?
Basta oggi insegnare i valori di
solidarietà che erano alla base
dell’esperienza unitaria sindacale quando si sa che la struttura
economica metterà i lavoratori
l’uno contro l’altro, quelli della
Fiat del pinerolese contro quelli
della Fiat di Firenze, ed entrambi contro quelli della Fiat del
Brasile?
Inoltre che solidarietà oggi si
può insegnare ai figli quando si
sa che gli interessi dei figli ad
avere un lavoro sono contrari
agli interessi dei padri a mantenere il proprio lavoro nell’industria?
Sono i guai che ha prodotto la
grande crisi industriale che stiamo vivendo.
Nessuno, credo abbia oggi una
risposta chiara ed adeguata ai
problemi posti dalla crisi. Però
è importante che questo problema sia presente nelle nostre
menti quando parteciperemo alle
manifestazioni e alle feste che
si faranno, anche qui alle valli, il
primo maggio.
Attraverso i fatti che già abbiamo vissuto possiamo cominciare a dare delle prime e parziali risposte ai problemi che
ricordavamo.
Se il lavoro non c’è per tutti
perché non ridistribuirlo tra tutti magari a rotazione? E’ quanto è successo per esempio alcuni
mesi fa con l’accordo sindacale
aU’Indesit, che prevede appunto
una riduzione di orario _ e una
cassa integrazione a rotazione tra
tutti i lavoratori. Ci sono problemi per una corretta applicazione
perché non tutti i lavoratori sono con le stesse capacità, ma è
una strada da sperimentare.
Se gli interessi di alcuni lavoratori sono contrari a quelli di
altri perché non sperimentare ricerche di soluzioni che affrontino
tutti i problemi dell’impresa ed
anche le contraddizioni dei lavoratori? E’ successo con la lotta
dei minatori della Talco e Grafite che in miniera ha difeso efficacemente il lavoro di altri lavoratori a Pinerolo. Anche qui la
soluzione non è completamente
soddisfacente perché ha garantito il lavoro (in cooperativa)
solo ad una parte ma è la strada su cui riflettere ulteriormente.
Se i figli non potranno avere lo
stesso lavoro dei padri perché
non crearne dei nuovi legati alle
necessità della gente, che sono
ancora molte, magari sperimentando forme di autogestione?
Come è successo in molti servizi alle valli.
Giorgio Gardiol
Le comunioazioni del Presidente dell’U.S.S.L. 43 hanno impegnato rAssemhlea per quasi due
ore nella seduta del 18 aprile.
Il soggetto, che ha interessato
a lungo, è stato il compito di vigilanza affidato alla C.M. per legge sulle opere socio-sanitarie
pubbliche e private.
Si tratta di interventi che la
Comunità Montana attuerà alrintemo delle strutture assistenziali esistenti sul territorio per
verificare come viene svolta l’assistenza a tutela dei più deboli
e meno difesi anche economicamente. Responsabilità sempre
maggiori sono affidate alla C.M.
la cui vigilanza si estende dal
campo sociale a quello sanitario
E amministrativo. Autorizzazioni
al funzionamento di istituti e revoche sono ora esercitate daH’U.
S.S.L.
Compiti più promozionali che
fiscali secondo le precisazioni
deH’operatrice sociale con l’intento di avanzare proposte per
migliorare il servizio in ogni istituto.
Ritenendo che la « vigilanza
TORRE PELLICE
Consiglio
comunale
Dopo anni di trattative il piano di recupero del comparto urbano fra Via Arnàud, Viale Rimembranza e Viale XXV Aprile
avrà finalmente uno sbocco, poiché sono cadute le resistenze prima poste dai proprietari. La ristrutturazione prevede la realizzazione di una zona a portici
nella parte più stretta della Via
Arnaud con negozi e abitazioni
civili.
Nel settore raccolta rifiuti, la
ditta A.P.I., alla quale è stato
rinnovato l’incarico, si occuperà
anche del recupero dei rifiuti ingombranti (vecchi frigoriferi, lavatrici ecc.). Per fare questo il
comune acquisterà contenitori di
notevoli dimensioni che verranno collocati in Via Martinat, vicino al cimitero e in piazza Cavour per i rifiuti del mercato.
Una novità: la distribuzione di
sacchetti in plastica agli utenti
avverrà due volte aH’anno in numero proporzionato alla raccolta, per evitare certe sparizioni
mattutine di sacchi appena collocati.
AL.
amministrativa » comportasse
per la C.M. obblighi di interventi finanziari, l’ingenua richiesta
di un contributo a favore dell’Asilo per anziani di Bibiana il cui
grosso deficit grava sul Comune
ha iimescato una sproporzionata
discussione forse inopportunar
mente alimentata da altri interventi della minoranza, discussione che ha avuto se non altro il
pregio di fare chiarezza sulla situazione in cui versa quell’opera pia.
Per attuare una ricerca sperimentale sulla salute degli agricoltori la scelta della Regione è
caduta sull’U.S.S.L. 43 comprendente altre otto zone. Un censimento sarà condotto in valle nelle aziende. Si effettueranno indagini ambientali e si osserveranno i rischi diretti o derivanti da
antiparassitari e dalle acque, La
C.M. ha ottenuto che l’indagine
non sia limitata agli ortofrutticoltori come la Regione proponeva. A questo scopo la Regione
interverrà con un finanziamento
di lire 150 milioni.
Il progettato trasferimento
delle degenti del Reparto Psicogeriatrico dell’Ospedale di Torre
Penice è prossimo. La C.M. ha
approvato sia la ristrutturazione
dei locali di Villa Olanda che le
accoglierà, sia la convenzione
con la Tavola Valdese per l’assistenza delle pazienti e curerà
direttamente l’assistenza sanita
ria di cui sarà responsabile.
Altro passo avanti per non allontanare le persone anziane dal
loro habitat è la prossima apertura di un Foyer a Bobbio Pollice, dopo la positiva esperienza
attuata con l’analoga comunità
alloggio in Angrogna. Sarà riutilizzata la ex casermetta delle
guardie forestali per la cui ristrutturazione Regione e Provincia hanno concesso un contributo di lire 33.870.000 a copertura
delle spese per riattare lo stabile.
Altra deliberazione approvata
dairu.S.S.L. è stata quella relativa al corso di formazione degli
addetti all’assistenza domiciliare. Il ruolo dell’assistenza domiciliare nei riguardi della prevenzione, del recupero, del mantenimento delle persone nel loro ambiente è essenziale.
L’Assemblea ha pure approvar
to il programma 1984 per gli handicappati ultraquattordicenni
confidando che la costruzione del
nuovo centro previsto in Torre
Penice sul terreno messo a disposizione dal Comune, progettato e già appaltato dalla Provincia, proceda rapidamente. Ha
anche auspicato uno sforzo maggiore per la promozione di una
nuova professionalità degli operatori e della partecipazione dei
cittadini anche sul problema dell’handicap.
Antonio Kovacs
Concerti
ANGROGNA — II Gruppo Teatro Angrogna presenta II suo ultimo spettacolo dal tìtolo: « Ninna nanna della
guerra », canti musiche e riflessioni
per la pace. Le rappresentazioni si terranno nel Tempio del Serre nelle sere
del 1-5-6-12 maggio alle ore 21. Tra la
numerose canzoni U Gruppo fa riferimento anche al materiale orale raccolto tra I quartieri di Angrogna nel corso
di una ricerca durata tre anni.
Segnalazioni
I soci della Cooperativa Operala di
Consumo sono convocati in Assemblea
Generale Ordinaria presso il salone della Soc. Gen. di Mutuo Soccorso In Torre Pellice, via Roma 7, Il 28 aprile 1984
alle ore 21 per discutere e deliberare
sul seguente o.d.g.: 1) Relazione del
Consiglio d'AmministrazIone; 2) Relazione del Collegio dei Sindaci; 3) Esame ed approvazione del bilancio anno
1983; 4) Vario ed eventuali.
Dibattiti
Il Circolo F.G.C.I., da alcuni mesi
Impegnato in un lavoro sul problema
della tossico-diipendenza, fenomeno
che colpisce in modo particolare anche
Il pinerolese, organizza per mercoledì
2 maggio alle ore 20.45 un incontro
pubblico sul tema, nei locali del Centro Sociale di Via Lequio a Pinerolo.
DOCUMENTO FGEI-VALLI
Carcere e rispetto dei diritti umani
La EGEI Valli e Torino e la Comunità
di Base di C.so Torino a Pinerolo, affrontato il problema delle carceri durante il convegno « Che cosa c'è dietro le sbarre » tenutosi nei locali della
Chiesa Valdese di iPinerolo 11 15 aprile 1984 e durante la celebrazione della
Pasqua presso l’Asilo di San Lazzaro
il 19 aprile 1984,
dopo aver discusso sulla situazione
degli istituti penitenziari italiani;
letto l'art. 90 della legge 26 luglio
1975 n. 354 (Norme sull’ordinamento
penitenziario) ohe recita: » Quando ricorrono gravi ed eccezionali motivi di
ordine e di sicurezza, il Ministro per
la grazia e giustizia ha facoltà di sospendere, in tutto o in parte, l’applicazione in uno o più stabilimenti penitenziari, per un periodo determinato strettamente necessario, delle regole di trattamento e degli istituti previsti dalla
presente legge che possano porsi in
concreto contrasto con le esigenze di
ordine e di sicurezza »; ricordando che
I gravi ed eccezionali motivi » men
zionati dalla norma erano, nella realtà
storica in cui la legge fu emanata, riferiti a casi ben determinati e circoscritti quali, per esempio, rivolte carcerarie, calamità naturali, epidemie, fenomeni comunque limitati nel tempo e
nello spazio;
denunciano l’uso strumentale che si
è fatto della norma citata, utilizzata
per casi che vanno al di là dello spirito di tutta la legge.
Le restrizioni previste dall’art. 90, a
nostro avviso, sono state applicate alla detenzione di persone di pericolosità evidente o presunta al di là dei
limiti dalla medesima norma previsti,
fino a servire di pretesto per la costituzione o addirittura la costruzione di
carceri speciali che provocano, secondo noi, la cancellazione progressiva
dell’identità di chi vi è internato (Isolamento pressoché totale, controllo
ininterrotto del detenuto tramite telecamere, difficoltà di colloqui con parenti ed avvocati, difficoltà nel riceve
re libri, impossibilità di svolgere un
qualsiasi lavoro].
Questo tipo di trattamento è in palese contrasto con lo spirito dell’art.
27, 3” comma della Costituzione della
Repubblica Italiana che dice: « Le pene non possono consistere lin trattamenti contrari al senso di umanità e
devono tendere alla rieducazione del
condannato ».
Tale trattamento è in contrasto altresì con la nostra coscienza cristiana,
che non può tollerare II trattamento
disumano cui questi detenuti sono sottoposti, e che ci fa vedere nel nostro
simile una persona che, per quanto
colpevole di gravi reati e pericolosa,
non cessa di essere tale da essere rispettata nella sua integrità umana.
La nostra attenzione alle carceri «speciali » non ci fa certo dimenticare la situazione nelle carceri « normali », per
altri motivi altrettanto grave e preoccupante rispetto alla condizione umana del detenuti.
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L. 420.000 Settimanali L. 140.000
L. 1.590.000 Mobili letto L. 130.000
10
10 citmâca delleA^llì
27 aprile 1984
Ecumenismo nella Resistenza Fatto di coscienza
{segue da pag. 3)
. di bontà. Éeli dà contentandosi
di così poco e dicendo già ades^
so: vieni, ragazzo mio... ».
E più vicino a noi, il nostro
giovane fratello valdese Renato
Peyrot, fucilato a 23 anni il 6
marzo 1945 a Pinerolo con Riccardo Gatto e Guido Ricca: « Ho
pregato a lungo Dio e gli ho detto con convinzione “la Tua volontà sia fatta in terra come in
cielo”. Se Egli ha deciso che io
muoia è bene che sia così e noi,
nemmeno tu, abbiamo il diritto
a lamentarci o protestare e chiedere "perché?"... mi viene in
mente un versetto che non so
bene dove si trova: "L’Eterno
ha dato, l’Eterno ha tolto, sia
benedetto il nome del Signore” ».
E Jacopo Lombardini, che morirà nel campo di sterminio
di Mauthausen, improi/visandosi
cappellano dei primi gruppi partigiani in Val d’Angrogna, scrive,
m un diario, di im culto tenuto
in una stalla: « parto con loro col
cuore alla mano, prendo per testo l’Evangelo di Giovanni, capo
X, le parole di Gesù alla tomba
di Lazzaro "Togliete via la pietra”. Gesù opera ancora nella
umanità. Egli, come nella resurrezione di Lazzaro, vuole la massima parte e la più difficile dell’opera, ma nello stesso tempo ci
chiama a cooperare con lui al
miracolo, secondo le nostre forze o meglio secondo la nostra
debolezza. Egli risuscita, ma ecco ancora il comando: "togliete
via quella pietra..."».
Ho ricordato che la presenza
di Dio si avverte anche nelle pa- role di coloro che pur si proclamano non credenti.
Così il falegname comunista
Franz Mayer, fucilato a Vienna il
26 febbraio 1943 in età di 2Uini
47, scrive: « Il cappellano delle
Carceri mi ha molto gentilmente
voluto dare in lettura un Nuovo
Testamento... pur senza cambiare le mie idee sulla religione. Un
serio studio mi ha fatto avere
un certo rispetto dell’universalità e del significato pratico della
dottrina morale del cristianesimo come regola per una convivenza fra gli uomini... ».
Così, in altra occasione, ricordando l’operaio comunista Eusebio Giambone, fucilato a Torino
al Martinetto il 5 aprile 1944 ebbi a scrivere (riportando anche
talimi passi delTultima sua lettera): « ...quante volte troviamo
lo stesso afflato religioso in gente che magari contesta di essere
un credente, che nega. Lo è invece; lo è a modo suo. Respingono
Dio. Ma ce l’hanno ’’addosso”,
Dio, e ce l’hanno per il fatto
stesso che sono delle creature
umane, e dei suoi figlioli ».
Eusebio Giambone è un militante comunista: e non è forse
religioso quello che scrive?
« Io che non sono credente, io
che non credo alla vita dell’aldilà,
be’ mi dispiace morire... ma non
ho paura della morte, sono forse
per questo un eroe? Niente affatto, sono tranquillo e calmo per
una semplice raeione che tu comprendi, sono tranquillo perche
ho la coscienza pulita... durante
la mia breve vita ho la coscienza
di aver fatto del bene, non nella
forma ristretta di aiutare il prossimo, ma dando tutto me stesso,
tutte le mie forze, benché modeste, lottando senza tregua, per la
santa causa della liberazione dell’umanità oppressa ».
E non si serve anche di uomini come Giambone, l’Eterno?
« E’ venuto in questo momento il sacerdote col auale ho discusso a lungo. E’ afflitto perché
non ho voluto confessarmi, perché non sono un credente, e sarebbe stata da parte mia una incorrettezza il confessarmi ».
Non c’è più a questo punto il
rifiuto e il diniego. C’è questo pudore estremo, di un uomo che
non vuole commettere una scorrettezza. Però sente di poter parlare, con quell’uomo, sente (è un
ministro di Dio) di poter ricevere qualche cosa se accetta di
ascoltarlo e se si confida con lui,
a limgo.
Comprendiamo bene, ora, cari
amici, perché sia così difficile,
senza ima profonda carica di
umiltà, awkinaroi ad un passato
che vive di questa luce, per es
serne oggi, nel nostro presente,
rischiarati... e non abbiam che
colto qua e là alcuni esempi...
In questi anni si è andato via
via manifestando un afflato ecumenico, e in questo ideale abbraccio tra gli uomird, stretti in
unica fede e salvati da un’unica
grazia, vorremmo sempre più riconoscerci.
Ebbene, senza assemblee, congressi, convegni, incontri, la realtà « ecumenica » nella quale oggi speriamo, fu vissuta concretamente allora, da quanti testimoniarono la signoria dell’Bterno sulle potenze distruttrici che
sconvolgevano il mondo, in Lui,
oltre ogni confine, ogni disperazione, riconoscendo il loro e nostro Salvatore.
« Levati, o Eterno, con la Tua
forza! noi vogliamo cantare, celebrare la Tua potenza » (Salmo
21: 13). Ettore Serafino
(segue da pag. 3)
presenza degli insuccessi la « voce recitante » s’incrina, ma l’intelligenza resta lucida a capire
e giudicare.
Né si può passare sotto silenzio la coraggiosa riflessione che
conclude il lavoro (p. 291): « Contrariamente a quanto molti credono, i veri partigiani furono pochi»... Che, alla comparsa della
prima edizione, fece scrivere amare parole al gen. A. Trabucchi, già comandante del C.V.L.
Piemonte (p. 27): « ...il volume
inizia con un’affermazione ”a un
giovane lettore può apparire che
tutti fecero la Resistenza, meno
i partigiani armati” e si conclude con un’altra "contrariamente
a auaqto molti credono, L veri
partigiani' furono pochi”. La prima è ironica, la seconda storica,
ma entrambe testimoniano la
SOCIETÀ’ DI STUDI VALDESI
Piero Jahler,
Intellettuale e scrittore
« E’ mancata l’attenzione di
un grande saggista su Jahier»:
vi fosse stato un critico quale
Contini o un De Benedetti che
lo avesse lanciato, probabilmente ben maggiore sarebbe stata
la sua risonanza nel panorama
letterario italiano del ’900.
Così il prof. Marziano Guglielmìnetti, docente alTUniversità di Torino e studioso tra i
più sensibili ed attenti della letteratura italiana moderna, ha
esordito sabato 14 aprile nella
sua conferenza pubblica su « Piero Jahier, intellettuale e scrittore », organizzata dal Collegio
Valdese, dalla Società di Studi
Valdesi e dal Comune di Torre
Penice per commemorare il centenario della nascita dello scrittore. L’oratore aveva già parlato la mattina, di fronte ad un
foltissimo uditorio di studenti
delle classi terminali degli istituti della zona (Buniva di Luserna. Porporato di Pinerolo,
Bosso, Capetti e Collegio Valdese di Torre), ripercorrendo le
tappe principali della carriera
letteraria di Jahier, in primis
attraverso le opere, ma non trascurando i rapporti con gli uomini e la cultura italiana ed europea del . primo scorcio del secolo. E si era soprattutto soffermato su alcune sue pagine più
significative per metterne in risalto l’autobiograflsmo ricorrente, non disgiunto però da una
complessa polifonia di voci, di
sensazioni, di immagini, che costantemente emergono e si incontrano ad una attenta lettu
ra, facendo via via emergere
l’uomo Jahier ora attraverso il
rigore morale di stampo calvinista, ora nella feroce satira burocratico-impiegatizia del « Gino
Bianchi », ora nel giudizio negativo espresso nel confronti della classe operaia, rea (abbandonando le campagne) di distruggere la cultura contadino-montanara.
Anche il pomeriggio il pubblico riempiva il salone comunale: erano presenti alcum parenti ed una figlia dello scrittore. Guglielminetti ha spaziato
ancora su Jahier pensatore e
intellettuale, partendo questa
volta dall'ultimo suo libro. Con
me, pubblicato lo scorso anno
« postremo, più che postumo »,
in quanto fu pensato e voluto
dall’autore stesso: vario, miscellaneo sì, ma unitario e sprigionante la stessa dirompenza, la
stessa violenza degli scritti ’maggiori’. Con me; l’oratore ha posto l’accento su quel me, con il
quale critici e lettori devono fare i conti. E’ un me e non un io :
è una categoria che «ci coinvolge e ci afferra come per il ba^
vero », e che non lascia mai indifferente chi si avvicina a Jahier.
Il €< silenzio
di Jahier »
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Dopo aver notato come il libro Con me si divida in tre parti (con me, appunto, cioè con
Jahier; quindi paesi, cioè comunità da cui scaturisce una comunanza; infine una sezione di
letteratura), Guglielminetti si è
soffermato su alcuni passi significativi del libro, utili soprattutto per ritrovare temi già presenti nel periodo di maggior fecondità (1912-19), oppure per verificare le innovazioni sopravvenute nel pensiero di Jahier: ad
esempio una pagina di corrispondenza scritta nel 1956 da
Stoccolma, ove Jahier aveva
partecipato ad una conferenza
sul tema della pace. Già allora
10 scrittore sentiva probabilmente l’angustia dei confini nazionali, come la Grande Guerra
aveva suscitato in lui l’aspirazione ad essere scrittore nazionale e non più regionale. E’ vero; Piemonte, Toscana e Veneto, tre regioni abbastanza incommensurabili tra di loro, giocano un ruolo importante nella
vita e nella poetica di Jahier e
riescono in qualche modo ad
amalgamarsi. Ma Jahier è il primo scrittore ad avvertire la tensione di nazionalità che sprigiona dalla T Guerra Mondiale; è
11 primo a percepire il fronte e
l’esercito come crogiuolo nazionalizzante: ed in questo contesto si rende conto (quasi con un
sospiro di sollievo) che esistono anche i Somacal Luigi e non
solo i Gino Bianchi. E la sua
tensione poetica e morale, pur
mirando verso l’alto, trova un
equilibrio, un appagamento verso il basso, nella condizione popolare e contadina dei soldati al
fronte, di cui Somacal rappresenta una tipizzazione forse
estrema, una macia (= macchietta) certo, ma con un’anima vera.
L’analisi di Guglielminetti si è
poi soffermata su temi prettamente letterari, quali la non considerazione del mondo classico
da parte di Jahier, la sua denuncia dell’ermetismo e delle
correnti in voga nel dopoguerra: anche il neorealismo viene
da lui respinto, salvando però
Pavese, di cui addita « Il mestiere di vivere » come opera
più importante. La grande sensibilità ed intuizione di Jahier
emerge ancora nei confronti della Resistenza: egli non ne addita in Quasimodo il vate più rappresentativo, ma nel padre dei
fratelli Cervi, felicemente definito da Jahier « re Lear contadino » ; binomio di grandiosità e
di matrice popolare ad un tempo, le « Memorie » di padre Cervi gli paiono il miglior monumento eretto alla Resistenza. In
questo contesto, Guglielminetti
si è pure soffermato sul dibattuto problema del « silenzio di
Jahier» durante il fascismo:
senza dubbio vi è stato un rifiuto della ideologia fascista nello
scrittore, anche se tutto il problema in termini storici e letterari, e non solo per Jahier, deve forse essere ripensato in una
luce più complessa e sfaccettata
e non assolutizzato nelle categorie di fascismo ed antifascismo.
Cosi, come è interessante il pensiero del Jahier del dopoguerra: vicino a posizioni progressiste, certo di sinistra, ma non
comuniste, simile per certi aspetti all’Augusto Monti, formatore
di coscienze della Torino antifascista ed intellettuale di sinistra (ma quale?) negli anni 50.
perennità del ’’sic vos non vobis” ».
Questa citazione è fatta non già
per avanzare postume rivendicazioni di meriti, ma per attribuire a ciascuno il suo, primo
criterio di una giusta e serena
valutazione.
Infine, passando ad un piano
più alto, mi pare che l’autrice
riesca a percepire una connotazione del tutto particolare della
Resistenza in Val Chisone (e, va
aggiunto, in Val Pellice).
Questi giovani, che si riuniscono con i Comandanti che si sono dati, provengono in gran
parte dalla vallata. Agisce come
base di reclutamento il principio
della valle, come nella formazione dei battaglioni alpini. E. degli
alpini portano in molti ancora il
cappello, quasi ad indicare non
una nostalgia militaristica (come qualcuno ha affermato con
giudizio superficiale) ma la continuità di una tradizione che in
passato vide uniti nello stesso reparto i coscritti dello stesso borgo, e che contribuì a dare a quei
reparti una eccezionale saldezza.
Però nelle valli del Chisone e
del Pellice si è innestata su questa componente, a livello più o
meno consapevole, im’altra tradizione più antica, tipica di questa zona: il ricordo delle lotte
affrontate dai valdesi in difesa
della loro « piccola patria ». Alcuni dei Comandanti più noti erano appunto valdesi, come parecchi dei loro uomini.
Ora penso che non sia un’illazione arbitraria affermare che
questa presenza valdese contribuì ad assicurare alla Resistenza, soprattutto in Val Chisone,
un aspetto che non è stato sempre interpretato in modo esatto.
La presmita « ajKJliticità », con
cui si è etichettata (in senso non
positivo) la posizione di base in
Val Chisone, non derivò tanto da
indifferenza verso i problemi politici, quanto forse da una esigenza più alta, che definirei civile, o, meglio ancora, morale.
Non nell’accezione scontata del
termine, ma come lo intese Benedetto Croce quando, in un momento importante della storia
del nostro Paese, parlò di un
« fatto di coscienza ».
Infine (prima di un vivacissimo dibattito che ha spaziato su
vari punti ed è stato reso ancor
più interessante da alcune testimonianze dirette della figlia)
Guglielminetti si è soffermato
sull’attività di Jahier traduttore: da cui, una volta di più, si
coglie uno studioso sensibile, capace di leggere ed ascoltare, e
soprattutto in grado di scegliere autori vicini alla sensibilità
moderna.
In Questi giovani agiva certo
l’aspirazione a liberare il loro
paese e a ridargli un ordinamento democratico (esigenza militare e politica ad un tempo), ma
più ancora la rivolta contro l’oppressore, in nome appunto di
un fatto di coscienza, che si concretava nella lotta senza quartiere contro il nazifascismo, che
offendeva e violava atrocemente, con le rappresaglie indiscriminate, le torture, le fucilazioni,
l’umanità dell’uomo in quanto ha
di più intimo e sacro.
Oserei asserire che questo rigore morale di matrice valdese
guidò i responsabili delle formazioni ad evitare, pur nella durezza dello scontro armato, taluni
atti di giustizia sommaria avvenuti in altre zone e non del tutto giustificati, anche se comprensibili nel clima infuocato della
guerra civile; mentre questa eredità venuta loro da una lunga,
ininterrotta tradizione, li spingeva, idealmente vicini a quanti
ovunque e in ogni tempo hanno
sentito lo stesso insopprimibile
richiamo di coscienza, a impegnarsi in prima persona per ricostituire l’ordine morale distrutto
dalla violenza e affermare una
più alta e piena dignità umana.
Felice Burdino
Lo Jahier del dopoguerra; ci
è parso di intravvederlo più intellettuale che scrittore, più uomo « politico » impegnato che
creatore poetico. Ma pur sempre
fecondo, attento e partecipe alla
vita (non solo letteraria) dei
diffìcili anni della rinascita repubblicana.
Roberto Giacone
# Hanno collaborato a questo
numero: Giovanni Conte,
Ada D’Ari, Dario Falbo, Bruno Gabrielli, Anna Maria
Musso, Concetta Picchi, Teofilo Pons, Paolo Ribet, Cipriano Tourn.
■DI
*
<4 -
11
27 aprile 1984
cronaca delleVaUi 11
■E:
k
PRESUNZIONE DI
INNOCENZA
Caro Direttore,
mi riferisco all'articolo a pagina 9
del numero 15, relativo ali’arresto di
un veterinario, a firma M. G. L’autore,
che chissà perché non si firma a chiare iettere (anche se non mi interessa
conoscer chi sia), ignora la più elementare correttezza giornalistica, e soprattutto la nostra Costituzione che aH'art.
27. comma 2°, recita « L'imputato non
è considerato colpevole sino alla condanna definitiva ».
Il che è grave, tanto più che il tutto
compare sul Suo giornale, che pur vuol
essere in prima linea nella difesa dei
valori civili, di libertà, di tutela della
dignità dell’uomo.
Peggio ancora: ('accusa mossa con
tanta disinvoltura al veterinario di visitare a tavolino gli animali certificandone le buone condizioni di salute, di
intascar i soldi dello Stato, eco., viene
estesa ad altri, con l'inciso « non è il
solo », così aggiungendosi a guanto di
scorretto vien commesso in danno di
un singolo anche la diffamazione di una
categoria. Perché, se ■■ non è il solo »,
non si ha il coraggio di denunciare « gli
altri »?
Quanto al caso di specie: vero è che
il veterinario venne arrestato, vero è
peraltro che trovasi in libertà provvisoria, che la temporanea detenzione è
stata giustificata con la necessità di
evitare possibili inguinamenti di prove
(criterio che a me par discutibrle, anche se abbastanza largamente applicato
dai magistrato inguirente), che molte
cose si son già chiarite, e che è probabile che tutto finirà per assumere dimensioni ben diverse e ben lontane da
quelle presentate con tanta sicurezza
da M. G., come s’egli fosse II giudice,
e per di più infallibile, e avesse già
pronunciato sentenza irrevocabile.
Queste considerazioni prescindono
dalla mìa posizione di difensore del veterinario; altre volte le ho sottoposte
all attenzione di quanti si occupano di
• giornalismo giudiziario » e dei lettori,
senza essere direttamente interessato
ai singoli casi.
Ma è il sistema ohe offende: aggredire senza pietà (e senz'essere infor
mati) un cittadino (magari sol perché...
non della stessa parrocchia?) in quanto coinvolto in una vicenda giudiziaria, sostituendosi al giudice (neppur esso infallibile), calpestando I più elementari principi di rispetto della personalità umana e rinnegando la « presunzione
di innocenza ».
Questo sistema si addice non alla
nostra demooratica repubblica, ma a tipi di regime contro i quali forse lo
stesso M. G., che magari è una brava
persona impegnata, crede, o dice, di
combattere, e nei quali, invece, a me
pare che vivrebbe benissimo. Salvo
convincersi di aver sbagliato, e tener
tanta umiltà da ammetterlo... in fondo
uno sbaglio può commetterlo chiunque...
Ettore Serafino, Pinerolo
Il fratello Ettore Serafino ha ragione
quando ci ricorda la presunzione di
innocenza di ogni imputato e l’articolo in questione può dare l’impressione
che questa garanzia non è stata da noi
tenuta in debito conto. Ce ne scusiamo perciò con l’interessato e coi lettori.
Ciò non toglie che le accuse contro il veterinario — se provate — sono di una particolare gravità e non
potevano non essere registrate nella
cronaca del nostro giornale.
L’articolo è di un contadino da anni impegnato nel movimento associativo dei coltivatori. La personalità del
nostro collaboratore (è anche membro
di concistoro di una Comunità delle
valli) ci fa però respingere le accuse di faziosità rivoltegli.
L’avvocato Serafino sa quanto sia
difficile per chi non ha familiarità con
la ’’giustizia” reagire a soprusi e a ingiustizie (anche se presunti). L’articolo in questione nella sua parte finale
era un tentativo di anali^ dei problemi del risanamento zootecnico che implicano anche una riforma legislatitM,
a tutela della salute di tutti.
L’errore relativo alla mancata osservanza del principio della ’’presunzione
di innocenza” e della redazione che se
ne assume le responsabilità e cercherà
di non più commetterlo.
G. G.
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V. Rostan; Menusan Luciano e Valda,
in memoria del papà e di Arturo; Menusan Ester, in memoria di Garrou Lidia, Prali.
L. 10.000: Rostan Stefano Alberto.
Men-usan Tiziana, in memoria -del fratello e del nonno; Artus Silvio e Armellina; Grill Letizia, in memoria della
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Pervenuti nel mese di marzo 1984
L. 10.000: Famiglia Abruzzese, Roma;
Odin Olga, i-n mem. di -Danna Elda;
Pons Edi, (n mem. di Danna Elda; Reynaud Lea (osp. Asilo); Bertin Silvia
Olanda, Torre Pellice: Reynaud Lea
(Osp. Asilo).
L. 13.000: N.N., N.N., Torre Pellice.
L. 20.000: Franco e Marco Eynard, in
ricordo dei nostri -cari. Torre Pellice;
Pastore Silvio Long, in mem. del past.
Ermanno Rostan.
L. 30.000: Famiglia Plavan Gino, in
mem. di Elda Danna; Bruna e Bianca
Pons, in mem. di Elda -Danna.
L. 35.000: Revel Alice, in mem. del
marito.
L. 40.000: Nicolino Piero e Ines, in
mem. del fratello Beppe.
L. 50.000: La sorella e li cognato di
Giusiano Clementina; Ja-hier Graziella,
in mem. di Werner Schellembau-m; Bonin Gandolfo Lea, Torino; Vittone Rosetta, (n mem. della zia Lucia; Giordano Giulio, Torre Pellice; -M. L. P., Torre
Pellice; Lelia Jal-la Gay, ricordando -Guglielmo Jaila; Sara e Sauro Gottardi,
ricordando il past. Mollica Carmelo.
L. 60.000: Revel Paolo e Edith, in memoria di Long Eugenio e di Luigia Andreon Revel.
L. 75.000: Chollet Pierre, Merges
Svizzera.
L. 100.000: Ciemence Malan, in memoria di -Bianca Bertea (Osp. Asilo).
1. 150.000: Chiesa Valdese di Vallecrosia-Bordighera.
L. 200.000: Emilia Ayassot ved. Alilo,
in mem. di Roberto Allio, Roma; Bongardo Norberto, Senna Comasco.
L. 250.000: Ai-barin -Bianca, -Maria e
Daniela, in mem. del marito e padre,
Roma.
1. 300.000: Russo Frattasi Eleonora,
Torino.
-L. 500.000: In mem. della amata mamma Maria Luisa De Michelis ved. -Gaeta, la famiglia.
L. 1.275580: Contributo della Arthur
Andersen e Co. Foundation di -Chicago
USA, tramite il Sig. -Bruno Ricca di Milano.
Pro Associazione Amici
Asilo dei Vecchi
di San Germano
Pervenuti dal 1° gennaio al 31 marzo.
L. 200.000: Istituto Bancario S. Paolo, Vi'llar Porosa.
L. 85.000: -I compagni di lavoro di Arnaldo e Ferruccio, in memoria del pa-pà
Comba Paolo.
L. 50.000: Famiglie Griglio e Hugues
ricordando la cara Florence; -Marina e
Franco, in mem. di Zia Florence; -Emanuela e -Enrico, in -mem. di Nonna Irma
e Nonni Gigi e Temicou; Elio, Denise
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Via Buniva, 86 - Tel. (0121) 22514 - 10064 PINEROLO
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e Giorgio, in mem. della zia Angiolina Costantin; Fam. Giovanni Bertalot,
in mem, di Valdo Gal-lian e -Florence
Long.
L. 25.000: Gl-i amici del Centro d'incontro, ricordando Florence Long.
L. 20.000: R. J., ricordando il mio caro nipote; Liliana Vigllelmo, -Perrero;
Due amiche, in m-em. della cara Florence Long; Federico e Anita Ribet, i-n ricordo di Florence; Céline Musso, ricordando la cara -Florence: -Famiglia
Bertaimio, nel -ricordo di * Tante Florence »; L’Unione Femminile, in mem.
di Florence Long v. Mensa; Famiglie
Clara e A-lda Comba, -ricordando lo zio
Comba Paolo.
L. 10.000: R. J., un fiore in mem.
della cara Florence; llda Meynier, -un
fiore ricordando la cara Florence; Comba Gosso Simona, in -mem. del padrino Comba Paolo; Carlo e Elena Obialero.
RINGRAZIAMENTO
« La pace di Dio che sopravanza ogni intelligenza, guarderà i
vostri cuori e i vostri pensieri
in Cristo Gesù »
(Filippesi 4: 7)
Dopo lunga sofferenza sopportata
con grande serenità, è deceduta presso
l’Asilo Valdese ^ Luserna San Giovanni, che aveva scelto come sua casa,
Matilde Bellion ved. Pagliano
Ne danno l’annuncio, fiduciosi e
confortati dalle promesse di vita eterna
dell’Evangelo, il fratello Silvio, le cognate, i nipoti e parenti tutti.
La famiglia esprime un sentito ringraziamento a tutti coloro che hanno
voluto esprimere la -loro solidarietà e
il loro affetto. Un ringraziamento particolare al direttore deU’Asilo Valdese
e a tutto il personale, al medico curante dott. Claudia Peyrot, al past.
Mauro Pons.
Eventuali offerte in -memoria a favore dell’Asilo Valdese.
USSL 42 - VALLI
CHISONE - GERMANASCA
Guardia Medica :
Notturna, prefestiva, festiva: telefono 81000 (Croce Verde).
Guardia Farmaceutica :
DOMENICA 29 APRULE 1984
Pinasca: FARMACIA BERTORELLO - Via Nazionale. 29 - Tel. 51017.
MARTEDÌ' 1° MAGGIO 1984
Perosa Argentina: FARMACIA Dott.
BAGLIAN-I - Piazza Marconi 6 Tel. 81261.
Ambulanza :
Croce Verde Perosa: tei. 81.000
Croce Verde Porte: tei. 201454
USSL 44 - PINEROLESE
( Distretto di Pinerolo )
Guardia Medica :
Notturna, prefestiva, festiva; telefono 74464 (Ospedale Civile).
Ambulanza :
Croce Verde Pinerolo: 22664.
USSL 43 - VAL PELLICE
Guardia Medica :
Notturna: tei. 932433 (Ospedale Valdese).
Prefestiva-festiva: tei. 90884 (Ospedale Mauriziano).
Guardia Farmaceutica ;
DOMENICA 29 APRILE 1984
Bricherasio; FARMACIA FERRARIS Via Vittorio Emanuele 83/4 ■ Tel.
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Piazza Jervis - Tel; 930705.
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27 aprile 1984
LETTERA - APPELLO ALL’EST PER ACCORDI BILATERALI DI PACE LE DONNE ALL’ASSEMBLEA DI ARICCIA
La logica della pace
Riflessioni su
La FGEI propone scambi bilaterali costanti di
tive comuni per promuovere una vera pace
informazione e iniziabasata sulla giustizia
pace e femminismo
« Care sorelle, cari fratelli, dal
mese di marzo sono operativi i
primi missili Cruise a testata nucleare che la NATO, con il pieno
consenso del Governo italiano,
ha voluto installare a Comiso, in
Sicilia. Scriviamo a voi in questo giorno che per noi è di sconfitta e di angoscia perché sappiamo bene che questi missili dalla
micidiale precisione sono orientati contro di voi».
Con queste parole si apre la
lettera-appello « per accordi bilaterali di pace», una delle iniziative scaturite da un incontro
fra i Rovani della FGEI più attivi nei comitati per la pace, tenutosi a Roma il 22 marzo scorso alla vigilia dell’Assemblea Nazionale degli stessi comitati. Consiste in un messaggio da inviare,
da parte di ogni singolo gruppo
giovanile e da parte di ogni chiesa che vi si riconosca, a realtà
consorelle dell’Europa Orientale,
del Nord Africa e del Medio
Oriente, dei paesi cioè contro i
quali le nuove strategie militari
del nostro paese, i nuovi sistemi
d’arma convenzionali, i missili
Cruise di Comiso sono rivolti. Un
messaggio che può stimolare
l’avvio di rapporti nuovi, più immediati con i fratelli dei paesi
che l’Italia minaccia e che minacciano l’Italia {è il caso dell’Est) o che l’Italia contribuisce
a mantenere in uno stato di dipendenza {ed è il caso di tanti
paesi del Mediterraneo).
Alla prima parte, che rivela le
finalità e i destinatari del riarmo
italiano, fa seguito ima confessione di peccato: «Per fermare la
costruzione della "base della
morte" (Comiso, n.d.r.) anche noi
evangelici italiani, raccogliendo
una spinta fortemente presente
nelle nostre chiese, abbiamo unito la nostra voce a quella di milioni di altri cittadini italiani in
innumerevoli manifestazioni, ab
« L'Eco delle Valli Valdesi •; Reg.
Tribunale di Pinerolo N. 175.
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Giorgio GardioI, Marcella Gay, Adriano Longo, Claudio H. Martelli.
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Subalpina - Torre Pollice (Torino)
biamo raccolto firme, partecipato a blocchi nonviolenti dei lavori. Tutto questo non è bastato.
Per questo facciamo una sincera
confessione di peccato. Perché al
di là dei nostri sforzi comunque condividiamo oggettivamente una scelta di morte che minaccia la vostra sicurezza. Quella
che oggi avvertiamo come una
sconfitta è l’espressione della
condizione di peccato in cui tutti noi siamo; del peccato che fa
prevalere le istanze della cosiddetta sicurezza su quelle della
pace e della cooperazione tra i
popoli; del peccato che colloca
noi che scriviamo in quell'area
ristretta del mondo che consuma i 2f3 delle risorse mondiali;
del peccato che ci pone di fronte
idoli di morte raffinati che nel
nome di presunti equilibri affamarlo il nostro prossimo, ledono
il potere decisionale dei popoli ».
Ancora, una confessione di fede: « Noi non confidiamo nelle
armi » ma « nel Signore che ci
aiuta e ci salva... Egli ci chiama
alla pace, alla giustizia, ad un
nuovo sistema di rapporti tra
gli esseri umani ed i popoli... a
dire la verità... ad essere testimoni dell’agape ».
Infine, l’appello: « Vogliamo
costruire un rapporto bilaterale
con comunità inserite in un’area
politica diversa dalla nostra (...).
Speriamo che voi vorrete sviluppare una relazione con la nostra
comunità; in particolare vi proponiamo:
— uno scambio costante di informazioni sulle attività e sulle
iniziative in corso nelle nostre
rispettive comunità e sul contesto sociale, politico e culturale nel quale operano;
— la programmazione di iniziative comuni tese a moltiplicare le relazioni tra diversi gruppi di base dei nostri Paesi;
— un comune impegno a far pesare sui rispettivi governi la
volontà di pace e di cooperazione che è alla base di questo accordo ».
In una fase in cui i blocchi militari — almeno ufficialmente —
non si parlano più, in cui mirano addirittura ad « accecarsi » vicendevolmente ricercando nuovi
sistemi d’arma antisatellite; in
una fase in cui, più che nel passato, i popoli del Terzo Mondo
non sembrano avere vie d’uscita
dalTalternativa fra la sottomissione ad una delle due superpotenze e il ricorso ad una lotta
armata sempre più disperata e
sangmnosa, la FGEI ritiene che
le Chiese debbano provare a dare il segno di una politica nuova: « Come ha affermato la recente assemblea del Consiglio
Ecumenico delle Chiese "la pace
non può essere basata sull’ingiustizia. Essa richiede un nuovo
ordine intemazionale fondato sulla giustizia e sul rispetto della,
dignità umana che è un dono di
Dio". Alla contrapposizione dei
blocchi militari e dei sistemi politici, all’idea del nemico che ne
deriva noi vogliamo opporre la
logica della pace e della giustizia indivisibili, della riconciliazione operata da Dio nella persona di Gesù Cristo ».
Gli « accordi bilaterali di pace » potrebbero costituire un piccolo, ma significativo passo in
questa direzione. Alle chiese, ora
oltre che ai gruppi giovanili, di
discutere e di dare il massimo
respiro aH’miziativa, facendo in
modo che il maggior numero
possibile di italiani possa entrare in contatto diretto col maggior numero possibile dei loro
« nemici » e delle loro vittime.
B. G.
Per informazioni ed adesioni
rivolgersi a: Segreteria nazionale
FGEI - Via Grotte Bianche, 7 95129 Catania.
Durante l’assemblea nazionale
dei comitati pace che si è tenuta
ad Ariccia il 23-25.3 e di cui l’EcoLuce ha già riferito, alcune donne hanno voluto ritagliarsi uno
spazio proprio in cui riflettere e
confrontarsi sul lavoro che si
stava svolgendo e sui temi in discussione. In questo incontro appassionato a cui ha partecipato
un folto gruppo di delegate (peraltro davvero poche all’interno
dell’assemblea), ci siamo scambiate esperienze ed impressioni
su come ognuna di noi vive questo movimento più o meno dal di
dentro, affrontando col tema dell’organizzazione il problema di
come noi donne siamo presenti
al suo interno e di come vorremmo che fosse.
Ecco alcuni punti di questa riflessione che indubbiamente possono e devono essere affrontati
anche in sede mista.
— Il nesso nonviolenza/democrazia interna. Mi sembra questo
un nodo fondamentale da sciogliere non solo all’intemo delle
grandi assemblee, ma anche nei
piccoli gruppi. Molti di noi hanno assunto la metodologia nonviolenta nei confronti dello scontro esterno col potere, senza però chiedersi quali sarebbero state le conseguenze di questa scelta di fronte ad un conflitto interno, senza cioè capire quali fossero i metodi nonviolenti per comunicare tra di noi, per prendere decisioni veramente partecipate da tutti. Il metodo del
consenso che dovrebbe permettere questo, nel rispetto delle
idee di ogni persona, e già più
volte sperimentato con successo (IMAC, blocchi alla base di
Comiso). ad Ariccia non ha funzionato se non in minima parte:
ci siamo scontrati con l’incapacità di trasportare le nuove pratiche della nonviolenza sul piano
del progetto, nel momento decisionale. E allora ci siamo chieste: « Perché il metodo del consenso funziona davanti ai can
Chi bussa alla nostra porta?
(segue da pag. I)
cativi della chiesa che ne siano
esclusi. Pasti comunitari che un
tempo avevano luogo il venerdì
sera ora hanno luogo la domenica a mezzogiorno. Le riunioni del
Consiglio di chiesa sono sempre
fissate di giovedì sera in modo
che quando si tratta di eleggere
membri del Consiglio un terzo
della chiesa non venga escluso
dalla possibilità di essere rappresentato in Consiglio o dall’accettare un incarico che richieda
comunque la partecipazione alle
riunioni del Consiglio. In effetti
abbiamo ora tre membri del Consiglio che altrimenti sarebbero
stati esclusi. Vengono rispettivamente dai Caraibi, dalle Filippine, dal Sud Africa.
Così non si tratta di vedere
« cosa fa la chiesa per loro », ma
« come riusciamo a condividere i
vari doni che hanno i membri
della comunità ». Certo non sarebbe giusto ignorare il fatto che
c’è stata una certa resistenza...
Recentemente, di necessità, sono
stati fatti alcuni cambiamenti
per consentire una maggiore partecipazione alla vita della chiesa
da parte di coloro i cui orari
sono sotto il controllo di altri.
Con sforzo e pazienza i timidi
e gli esitanti possono essere incoraggiati a partecipare pienamente alla vita della chiesa e
così a beneficiare dei doni di tutti. Essere accettati come uguali
in una chiesa, quando « nel mondo » si è spesso trattati come inferiori, è cosa molto importan
te. Altrettanto importante è per
coloro che sono « qualcuno nel
mondo » scoprire che anche la
loro vita è più ricca se Timmagine di Paolo — il corpo di Cristo composto di molte membra
— diventa realtà.
— Ma non hai detto niente dei
problemi! I lavoratori immigrati che sono membri della tua
chiesa non hanno problemi?
— Certo che ne hanno! Non ne
abbiamo forse tutti, da qualsiasi paese noi veniamo? Abbiamo
tutti da imparare la lingua del
paese, scoprire come vivere in
una diversa cultura. E insieme
alla popolazione del paese che ci
ospita abbiamo gli stessi problemi in quanto esseri umani che
cercano di vivere e lavorare insieme. Ma ci sono problemi particolari connessi al fatto di essere un lavoratore immigrato e
alcuni di questi sono stati illustrati nella trasmissione di «Protestantesimo » che è stata ricordata. Sono problemi di status
sociale, di permessi di lavoro e
di soggiorno, problemi di salute, di assicurazioni sociali, di
prevenzione di infortuni, problemi connessi al fatto di compiere
il lavoro che nessun altro è disposto a fare, essendo disposti a
qualsiasi genere di sfruttamento.., e ricevendo la colpa di tutto
ciò che va male!
Esistono organizzazioni italiane e internazionali per l’assistenza e molti membri della nostra
chiesa fanno parte di queste organizzazioni mentre altri membri
della nostra chiesa lavorano con
queste organizzazioni usando le
loro capacità per aiutare a rompere le barriere. Esiste ora il
Gomitato del Servizio Migranti
della Federazione delle Chiese
Evangeliche in Italia che comprende due membri della nostra
chiesa (io stesso e il past. Kenrick Baker, direttore del Servizio Rifugiati del Consiglio Ecumenico delle Chiese in Italia) e
speriamo che questa commissione attirerà l’attenzione delle
Chiese protestanti italiane sugli
« stranieri che sono tra di loro ».
Ci sono migliaia di questi stranieri in ogni città e metropoli
italiana e anche in campagna,
nelle ville della gente bene. Pochissimi sono in contatto con
una chiesa che li accolga. Il nostro obiettivo e la nostra speranza, come Comitato, è che altre
chiese, quando si renderanno
conto della situazione, condividano questo ministero di accoglienza in cui chi accoglie e chi è accolto improvvisamente si rendono conto che la loro vita è più
ricca e più piena di significato
per il fatto che il « visitatore » è
diventato un membro di quella
famiglia che è la chiesa. Il pastore Aurelio Sbaffi, nell’introduzione a quel programma televisivo
sui lavoratori immigrati, diceva
che gli italiani a causa della loro stessa migrazione, sanno cosa
significa essere forestieri in un
paese straniero, e perciò essi dovrebbero essere più che pronti
ad accogliere coloro che « bussano alla loro porta ».
celli del Magliocco, di fronte ai
poliziotti schierati e non in una
assemblea di delegati dove il «ne.
mico » non visibile, mai esplicitato, è dentro dì noi, nel nostro
« vecchio » modo di porci rispetto agli altri, di fare polìtica, ancora così poco permeato di una
nuova cultura di pace? ».
— La questione dell’autonomia.
Quest’ultima domanda ci ha portate ad interrogarci sulla questione deH’autonomia. L’assemblea ha di nuovo ribadito che
questo movimento si basa sull’adesione individuale di singole
persone, ma questo non è sufificiente a far sì che di fatto ci
svincoliamo dall’influenza dei
partiti, che non pesa solamente
sui contenuti ma anche sui modi
e le forme di questo movimento. L’autonomia non la si conquista a livello finanziario, organizzativo, decisionale, se prima non
la conquistiamo nella nostra coscienza, se non capiamo fino in
fondo che adesione individuale
vuol dire partecipare alle scelte
in prima persona, che i modi di
una politica della nonviolenza
non possono davvero essere ricondotti a quelli di una qualsiasi
forza politica, ma richiedono a
tutti noi lo sforzo di voler decidere autonomamente del nostro
destino.
Dalla conclusione di questo incontro è emersa così la voglia
di non abbandonare questo nostro «specifico» di donne di fronte al pericolo della guerra ma di
approfondirlo e di farlo pesare.
A partire da questo desiderio verrà organizzato un seminario nazionale per la fine di maggio. I
filoni di ricerca già individuati
sono tra gli altri:
— il femminismo rispetto al nodo violenza/nonviolenza;
— le parole della pace;
— conflitto, conflittualità: contraddizione uomo/donna;
— pacifiste per paura o per utopia?
Le donne che sono interessate
ad avere ulteriori informazioni, o
vogliono contribuire con interventi personali al seminario possono scrivere a: Gruppo 10 marzo presso la redazione di Memorie, via della Dogana vecchia 5,
Roma. Anche a livello piemontese si sta cercando di organizzare
un coordinamento delle donne
dei comitati della regione. Dopo
un primo incontro a carattere
conoscitivo, che si è tenuto il 12
aprile, le donne hanno deciso di
continuare la discussione avviata, venerdì 4 maggio alle ore 18,
in via Perrone 3 a Torino.
Alberta Revel
Doni Eco-Luce
DONI DI L. 1.000
Riclaretto: Malacot Grill Melania,
Peyronel Cesare, Ferro Caterina, Bounous Maria, Peyronel Enrico, Bertocchio Rina, Griglio Carlo — San Germano Chisone: Travers Emilio, Long
Jahier Elena, Beux Mario — Pinasca:
Vinçon Enrico — Guglionesi: Romanelli Antonio — Perosa Arg,: Rostan Gino, Clot Levy — Susa: Vottero Rodolfo — Sermide: Zerbini Fabrizio.
DONI DI L. 1.500
Torino: Tron Aldo — Pietra Ligure:
Gaydou Maria Adelaide — Pomaretto:
Peyrot Enrico, Paschetto Lina.
DONI DI L. 8.000
Bologna: Chiesa Metodista — Torre
Pellice: Scroppo Filippo.
DONI DI L. 9.000
Verona: Menegatti Elena — Villar
Pellice: Bouissa Dario — San Secondo:
Griglio Aldo — Francia: Albergo Lidia,
Filice Fausto — Prato: Masera Giocondina — Vasto: Oliva Nicola — Terranuova Bracciolini: Carunchio Maria Vittoria — Beinasco: Genre Aldo — Pordenone: Pradolin Alessio Christian.
L: