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Anno 115 - N. 12
23 marzo 1979 - L. 250
ARCStVIO TAVOLA VAL
10066 TORRE PELLICE
Spedizione in abbonamento postale
1° Gruppo bìs/70
ddk valli valdesi
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE VALDESI E METODISTE
Una valutazione della III Conferenza Episcopale d’America Latina
Puebla: volontà di unità
Chi è Gesù
Maria Sbaffi Girardet inviata a Puebla per conto della rivista « Idoc »
affronta temi e problemi emersi durante la IN CELAM
Puebla è stata una grossa e faticosa esperienza di apprendimento per capire cose che vanno comprese con categorie diverse da quelle a cui noi europei siamo abituati.
Questa terza Conferenza generale degli episcopati latino-americani (CELAM) si è tenuta dieci anni dopo Medellin, una conferenza episcopale avvenuta in
un preciso momento storico, nel
momento in cui il continente era
in movimento verso un cambiamento di struttura della società. Nei documenti di Medellin,
la chiesa aveva pronunciato una
parola profetica annunciando la
sua scelta preferenziale per i poveri. Dieci anni dopo LAmerica
Latina si trova in una situazione diversa, più dura di allora,
con i regimi militari, con una
democrazia limitata; la realtà
quotidiana della gente è una
realtà repressiva, di insicurezza
quotidiana. Cosa avrebbe detto
Puebla? Avrebbe rinnegato Medellin? Avrebbe rinnegato l’impegno anche politico dei sacerdoti e dei vescovi che sono stati
accanto al popolo e che per la
loro battaglia sono stati perseguitati? In questi anni circa 800
fra sacerdoti e vescovi sono stati assassinati.
Ricordiamo che alla vigilia di
Puebla il Celam così si presentava: una minoranza fortemente
conservatrice, una forte minoranza di progressisti ed un grosso centro con frange a destra e
a sinistra.
Negli organismi del Celam era
stata fatta confluire una forte
rappresentanza della curia ro
rnana per bilanciare le posizioni progressiste. L'episcopato più progressista che è quello
brasiliano aveva accettato di ridurre a metà la sua rappresentanza. Inoltre la segreteria del
Celam era nelle mani di mons.
Alfonso Lopez Trujillo, tradizionalista nella chiesa, conservatore in politica, sostenitore di una
integrazione della chiesa con il
nuovo modello di sviluppo, Tindustrializzazione.
La parola del Papa
la Chiesa possiede la verità sulla
chiesa, su Cristo e sulTuomo.
3) partendo dal fatto che l’uomo è immagine di Dio, difende
i diritti dell’uomo. Questo il discorso che ci si attendeva. Doccia fredda: Pinochet si è molto
rallegrato di questo discorso; gli
è sembrato che ricollocasse la
chiesa al suo giusto posto (finalmente ricondotta al suo compito religioso). E si capisce: era
un discorso che rischiava di andare a colpire tutte le attività
spontanee nate nelle comunità
di base, nelTimpegno dei teologi
della liberazione (che è riflessione sulla prassi dei cristiani nel
loro impegno nella società), e in
particolare un’espressione ormai
presente anche nei documenti
preparatori: la chiesa che nasce
dal popolo.
Le parole del papa sono sembrate bruciare tutto questo, con
questa sua insistenza sulla chiesa come soggetto, che chiede obbedienza e fedeltà.
Un discorso diverso
Con il discorso del presidente
del CELAM si è rientrati in America Latina. È stato un discorso
diverso da quello del papa perché invece di partire dalle deviazioni come il papa, è partito dalla realtà latino-americana, dalla
priorità dell’evangelizzazione, dagli strumenti da usare, dal riconoscimento di una situazione di
repressione, riconoscendo che la
sfida più immediata è la difesa
dei diritti dell’uomo, non solo a
livello dei singoli, ma anche della società.
La segreteria del CELAM aveva proposto un certo modo di
discutere sui temi per arrivare
al documento finale, ma l’assemblea ha stravolto l'indice degli
argomenti e ha voluto al primo
posto l’esame della situazione
della società. Così nel documento finale si riconosce la povertà
come fatto non transitorio ma
strutturale, il tipo di sviluppo
che porta questa povertà, si denuncia la violazione dei diritti
umani in tutti i paesi, si denunciano le soluzioni economiche, il
libero mercato, il capitalismo liberale, ma anche le soluzioni
marxiste (tema quest’ultimo presente in quasi tutti i dibattiti
anche se non nominato espressamente dal papa), si condanna la
dottrina di sicurezza nazionale.
Solo dopo si dice quali siano
le verità centrali della chiesa, si
parla dell’evangelizzazione e si
Maria Sbaffi Girardet
{Dalla conferenza organizzata
a Milano dal Centro Culturale Protestante)
(continua a pag. 2)
In un paese come il nostro
che, secondo le statistiche anagrafiche, è totalmente cristiano,
domandarsi chi è Gesù può sembrare superfluo. Ed invece anche
per tutti coloro i quali si dicono
cristiani non vi è cosa più ardua
e difficile che rispondere in modo preciso ed esauriente a questa domanda. Perché? Perché
non vi è per la mente umana figura più sconcertante e paradossale di quella di Gesù. Infatti: è
Figlio di Dio, e nasce in una stalla, povero fra i poveri. È il Re
dei re, e non possiede nulla; da
vivo non ha dove posare il capo
e da morto non ha una tomba
per essere sepolto. È potente da
far scendere, se vuole, fuoco dal
cielo per annientare i suoi avversari, e non reagisce a chi lo
insulta, a chi gli sputa in faccia,
a chi lo impicca alla croce. Rivela alla gente le verità di Dio, e
nessuno lo comprende e lo segue
sino alla fine. Predica ed agisce
con grande e sincero amore, e
raccoglie soltanto incomprensione ed ingratitudine. Guarisce gli
ammalati, fa risorgere i morti,
e non riesce a far proseliti decisi
a seguirlo sino in fondo.
Insomma, come definire Gesù?
Chi è questo Gesù che ha perfino vinto la morte risorgendo dalla tomba? Chi è questo Gesù il
cui messaggio è ancora oggi diffuso in tutto il mondo nonostante 20 secoli, di traviamenti, di
rinnegamenti e di mistificazioni
da parte di tanti sedicenti cristiani? Chi è Gesù? In una sola
parola: è lui il salvatore dell’umanità, sempre atteso ed ago
SUL CELIBATO DEI SACERDOTI
I “cattivi pensieri” di un iaico
Si è sentito chiaramente nei
discorsi del papa che le sue informazioni provenivano da questa fonte. Il papa sembrava esser venuto a mettere ordine nella chiesa latino-americana, a
« mettere ordine », come è stato
detto, a « stabilire un recinto ».
Tutto questo è stato evidente nel
suo primo discorso nella cattedrale di Città del Messico sul tema della fedeltà: alla chiesa, a
Maria, al papa.
Il discorso di Guadalupe è stato una specie di invocazione a
Maria. Poi nei discorsi successivi il papa ha modificato i testi
che erano già pronti per essere
pubblicati sulTOsservatore Romano essendosi reso meglio conto della situazione.
A Puebla il discorso del papa
è stato una specie di doccia fredda. Il discorso, come si ricorda, è composto da tre parti:
1) si preoccupa di mettere in
guardia contro certe deviazioni
che ci sarebbero state dopo Medellin; nel senso di una lettura
errata della Bibbia; di una interpretazione di Gesù come un
rivoluzionario e di un eccessivo
impegno dei sacerdoti nel sociale che assumeva un carattere politico.
2) una parte in cui si dice che
Nella sua rubrica « Cattivi
Pensieri », e col titolo « Verginità sacerdozio e confusione » (La
Stampa 11.3), Luigi Firpo si leva a difendere l’ortodossia cattolica minacciata da Gianni Baget Bozzo. La cosa in sé è già
singolare, ma a lasciare davvero
sconcertati sono i tre argomenti usati.
A don Baget Bozzo, che aveva
prospettato futuri mutamenti
nella Chiesa cattolica in merito
al valore della verginità (La Repubblica 9.3), Luigi Firpo ricorda le parole di Paolo in I Corinzi 7: « È bene per l’uomo non
toccar donna... Dico ai celibi è
bello per loro se rimangono come sono io ». Il prof. Firpo è
ben consapevole che diverse sono le interpretazioni di queste
parole (a seconda che si tenga
conto o meno del contesto), ma
sottolinea quella cattolica come
« la più rigorosa » (nel senso di
più difficile da attuare) e quella
che ha «fortemente contribuito
a circondare il sacerdozio di autorevolezza e di privilegi terreni». È chiaro che tale interpretazione resta per lui interamente cattolica; ma è curioso che
egli la accrediti, nel suo ragionamento apologetico, sulla base
di un criterio quantitativo di difficoltà di applicazione e quindi
di prestigio, anziché valutarla
sulla base di un diverso rigore
che dovrebbe essere proprio di
un umanista: quello della ricerca esegetica dell’esatta collocazione e significato dei testi indipendentemente dalla loro utilizzazione ecclesiastica.
Il secondo argomento usato
è di ordine storico-psicologico.
La tesi in poche parole è que
sta: l’autorevolezza del celibato
sacerdotale cattolico si misura
sullo scadimento del ministero
di altre chiese che è stato contaminato dal matrimonio. « Altre confessioni, dalTortodossa all’evangelica, hanno mostrato
maggior indulgenza se non per
il sesso come valore positivo,
almeno per la debolezza dell’uomo di fronte al desiderio e
agli affetti terreni, ammettendo
il matrimonio dei loro ministri
di culto ». Come « risultato... si
è registrata la pura e semplice
scomparsa del sacerdozio. Il
prete è diventato pastore, cioè
un laico come tutti gli altri... ».
Dietro a queste affermazioni sembra intravedersi la vecchia tesi
della polemica ottocentesca (ormai abbandonata da ogni serio
teologo cattolico): im Lutero
che « indulge » per la debolezza
dell’uomo, una Riforma come
concessione e cedimento, movimento di gente che non gliela
fa più con le prescrizioni della
chiesa... Nella Riforma dunque
il sacerdozio riservato ad un
« corpo separato » dei credenti
non sarebbe più imo dei centri
della contestazione protestante
basata sul riconoscimento del
sacerdozio al Cristo soltanto
« che ha un sacerdozio che non
si trasmette » (Ebrei 7: 24) e
solo di riflesso a tutti i credenti
secondo la concezione del sacerdozio universale dei credenti (I
Pietro 2: 9). Il sacerdozio sarebbe invece un carattere che
si è malauguratamente perso
per strada come un ombrello
dimenticato in stazione per la
troppa fretta di non perdere il
treno del matrimonio. Qui è il
rigore storico che sembra esse
re stato messo a riposo.
Il terzo argomento è quello
che forse più chiaramente svela
le motivazioni di questa difesa
dell’ortodossia cattolica. C’è un
« rischio » nelle prospettive espresse da Baget Bozzo: che
« cambiando allegramente si finisca per cambiare troppo ». E
dove si andrebbe a finire — sembra di leggere tra le righe — se
nel turbine dell’odierna confusione anche la Chiesa si abbandonasse a irresponsabili
cambiamenti? Se così dovesse
accadere, conclude Firpo con
preoccupazione, delle 4 figure
che secondo Baget Bozzo non
possono non cambiare col cambiar della chiesa (il prete, il religioso, la religiosa, il laico) «ne
sopravviverebbe una sola: l’ultima». Ecco un « rischio » che
francamente mi sarei aspettato
di sentir paventare da chiunque
fuorché da un rappresentante
della cultura laica! Ma non credo che il prof. Firpo abbia motivo di preoccuparsi eccessivamente. A parte le capacità intrinseche di immutabilità della
Chiesa cattolica, fintanto che gli
intellettuali italiani, anche laici,
anche portatori di « una moralità universale dedotta per via di
ragione » si dimostreranno ancora così cattolico-dipendenti, così disposti a metter da parte rigore umanistico, storico e laicista, non c’è pericolo che nel nostro Paese la Chiesa cattolica
cambi. A neri protestanti l’amarezza di essere giunti a polemizzare con un laicismo che si fa
paladino dell’immobilismo cattolico. È certo un segno dei
tempi.
Franco Giampiccoli
gnató da ogni umana creatura?
Già una volta un grande profeta, Giovanni Battista, poco prima di essere decapitato, aveva
mandato a chiedere a Gesù:
« Sei tu il Cristo, oppure dobbiamo aspettarne un altro? » {Luca
7, 19). Questo inquietante interrogativo non è solo dell'antico
profeta, ma di tutti coloro che
oggi sono perplessi sulla figura
di Gesù.
Sì, oggi, in cui tutti quanti
stiamo perdendo la speranza in
un mondo migliore e più umano
di fronte al dilagare della delinquenza politica e comune; ...oggi, in cui particolarmente i giovani sono disorientati e cercano
rifugio nello stordimento della
droga e negli alienanti misticismi.esotici; ...oggi, in cui i vecchi si piegano su se stessi delusi
ed amareggiati per aver sperato
invano; ...oggi, in cui il rispetto
della vita è scomparso e si uccide senza pietà; ...oggi è più che
mai sentita la urgente necessità
che qualcuno ci liberi e ci salvi
da questa « malvagia e perversa
generazione ».
Ebbene, chi è Gesù? E lui il
salvatore del mondo, oppure —
come chiedeva il Battista — dobbiamo aspettarne un altro scegliendolo magari fra i potenti
della terra?
Nel vangelo di Giovanni (10:
22-30) è scritto che un giorno,
mentre Gesù camminava nel portico del tempio di Gerusalemme,
alcuni ebrei gli chiesero: « Fino a quando ci terrai nelTincertezza? Se tu sei il Messia, dillo
apertamente ».
La domanda di costoro, anche
se assomiglia a quella di Giovanni Battista, non ha però lo
stesso spirito. Il Battista chiedeva con sentimento spirituale,
chiedeva per credere. In questi
ebrei, invece, vi è un altro sentimento; in costoro prevale il criterio del calcolo, del tornaconto, della utilità ai propri interessi. « Se tu sei il Messia — essi
chiedono — dillo apertamente e
noi potremo servirci di te per il
raggiungimento dei nostri scopi
di potere. Tu, essendo il Messia,
potrai diventare il nostro strumento per consolidare ed estendere il nostro dominio sul popolo ».
Ancora oggi esiste questo modo di pensare nei riguardi di
Gesù. Ancora oggi, come allora,
vi sono i potenti, i grandi capi,
i quali pretendono servirsi di
Gesù per dominare e per salvaguardare i loro venali interessi e
le loro istituzioni. Ma Gesù non
è venuto per diventare lo strumento dei sistemi corrotti di
questo mondo. Egli è venuto per
qualcosa di assai più valido e
più prezioso! Egli è venuto per
liberare il mondo dal peccato
del possesso e del potere, e per
indicare agli uomini tutti un
nuovo concetto della vita; per
indicare una nuova via da seguire, anzi essendo egli stesso
la Via. Una Via nuova ñon più
corrotta dalla sete di dominio,
ma fatta di amore, di sacrifici,
di servizio per il bene dei deboli.
Una Via che dopo venti secoli
di storia rimane naturalmente
impraticabile per l'uomo il quale non vuole ravvedersi e che non
intende affatto rinunciare al proprio orgoglio ed al proprio egoismo. Eppure la Via indicata e
percorsa da Gesù è e rimane la
sola ed insostituibile via che può
condurre la nostra società umana verso la salvezza, verso la vita, verso la vita vera.
Giuseppe Anziani
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23 marzo 1979
BRESCIÂ
Giovani che pregano
Signore, la nostra preghiera
viene da fiducia, non da paura,
perché il rapporto che hai stabilito fra Te e gli uomini è un
patto d'amore. Noi ci siamo ribellati a Te, Signore di misericordia e di perdono. Le conseguenze di ciò sono state: la perdita della tua guida, e quindi la
incapacità di agire nel presente,
di portare il Tuo messaggio al
prossimo; gli errori, la debolezza e quindi l’incapacità di essere coerenti con la Tua Parola; la
confusione della faccia... come è
già successo ai nostri padri.
In questo momento di crisi e
confusione, tutti accusiamo il
prossimo di avere perso la Tua
guida, senza accorgerci che noi
per primi l'abbiamo persa e ci
dimentichiamo troppo spesso di
Te nella vita di tutti i giorni.
Tendiamo a rifugiarci nel passato per non affrontare gli errori
del presente, o tendiamo a rifugiarci nel presente dimenticando il nostro patto con Te. Signore, noi t’invochiamo con fiducia
nella Tua misericordia.
Aiutaci a riconoscere i nostri
peccati, ma non solo ora, al Culto; ma nella nostra vita quotidiana, affinché ritroviamo la Tua
^ guida e con essa affrontiamo il
presente e cerchiamo di non
sprecare la vita nostra e del nostro prossimo. AMEN.
Signore, la luce è dolce, ed è
cosa piacevole per gli occhi vedere il sole. Ma per noi giovani
il sole è una breve parentesi delle nostre giornate: il resto del
panorama ci appare piuttosto
confuso, sostanzialmente grigio,
privo di un qualche motivo di
speranza.
In questo mondo così strano e
talvolta crudele, non solo cambia il tempo, ma è soprattutto il
nostro stato d’animo che spesso
cambia all’improvviso, turbato
da diversi motivi.
Eppure tutti vorremmo poter
dire: « Rallegriamoci del mondo
in cui viviamo »; ma chi ha il coraggio di dirlo?
«La Tua volontà sia fatta in
terra come in cielo », ma dacci
la capacità di apprezzare quello
che hai creato per noi. Confondi
ogni disegno meschino ed egoistico di guerre, di sopraffazione,
di sfruttamento. Dai tranquillità
agli anziani che hanno passato
tante avversità e che, pur nelle
situazioni più tristi e difficili,
hanno saputo mantenere quella
forza che, tramite la fede, ha
permesso loro di andare avanti
con coraggio.
Fa’ che i nostri genitori siano
sempre disposti a comprendere
pienamente i nostri problemi, le
nostre esigenze; il loro aiuto è
indispensabile per permettere
anche a noi di rallegrarci, perché, come diceva l’Ecclesiaste,
« molto studiare è una fatica per
il corpo »; ma se alla fine le nostre aspirazioni non verranno
deluse, forse finalmente saremo
più sereni ed il panorama ci apparirà un po’ più chiaro. Ma soprattutto rafforza la nostra fragile impalcatura, fa’ che non si
pieghi ad ogni « soffiar di vento », e fa’ che possiamo cominciare a vivere fino da ora e che
non ci si debba veder costretti
a guardare sempre e solo al futuro.
Un’ultima preghiera per la nostra comunità: fa' che resti sempre unita nella fede, nonostante
la differenza d’età dei suoi membri. Fa’ che non accada mai che
la « saggezza » derida la « baldanza » e V« originalità », o viceversa, e fa’ quindi che non si
facciano delle divisioni e delle
discriminazioni per l’età, perché
« in Cristo noi tutti siamo un sol
Corpo ». Così sia.
* ★ *
Con commozione abbiamo
ascoltato nella nostra Chiesa di
Brescia queste due preghiere
pronunciate in occasione della
domenica della gioventù, da due
giovani dell’ultimo corso di catechismo, che, insieme agli altri, hanno svolta per intero la liturgia. Ed abbiamo ripensato a
ciò che si legge al capitolo 3, v. 22
del libro dell’ApKDcalisse: « Chi
ha orecchio ascolti ciò che lo
Spirito dice alle Chiese ». E lo
Spirito parla non solo mediante
la parola dei saggi e dei teologi,
ma anche attraverso la parola
dei piccoli fanciulli e di quei giovani che sovente noi trattiamo
con distaccata sicumera.
La meditazione, tenuta dal pastore Giorgio Bouchard, si basava sul capitolo 12 del Libro dell’Ecclesiaste, in precedenza studiato dal gruppo che lo aveva
proposto. E noi diciamo: Grazie,
Signore, perché quando in una
Chiesa i giovani sanno pregare,
possiamo guardare con fiducia
al presente ed aH’avvenire.
E. C.
COSA DICONO DI NOI I GIORNALI
Calvinismo
e capitaiismo
Negli ultimi tempi ci sono
capitati sott’occhio diversi accenni all’etica calvinista come
base del capitalismo. Milton
Friedmann, premio Nobel per
l’economia e portabandiera della teoria monetarista, in una intervista al Corriere del 12 marzo, è il solo a negare un rapporto diretto tra calvinismo e
capitalismo, e per dimostrarlo
cita il caso di Hong Kong dove
non si riscontrano influenze calviniste, ma florisce un molto
prospero capitalismo selvaggio.
SuU’Europeo dell’8 marzo Massimo Pini, nel tratteggiare una
storia della borghesia italiana,
riafferma che il suo scarso successo (nei confronti di altri paesi europei) è dovuto al fattoche « non ha alle spalle l’etica
protestante, ma è costretta a
vivere e convivere in un paese
che è stato ed è rimasto cattolico ». La Lettera Finanziaria,
recensendo una biografla di
Onassis fa una, per noi, più corretta differenza tra un capitalismo ed una ricchezza di tipo levantino ed una di tipo « protestante » più attenta « a reinvestire ogni soldino, a lesinare sul
superfluo e spesso anche sul necessario ».
Sarebbe interessante che qualcuno si decidesse a rivedere le
note tesi del Weber, cui tutti si
riferiscono a orecchio, mettendo bene in luce che la vera influenza del calvinismo (e più genericamente della liberazione e
Puebla: volontà
di unità
{segue da pag. 1)
dice fra l’altro che evangelizzazione comporta evangelizzare anche la chiesa stessa. E dopo un
breve paragrafo molto scialbo
sull’ecumenismo, per quanto concerne gli strumenti dell’evangelizzazione della chiesa, viene ripetuta la scelta dei poveri che
era stata il punto chiave di Medellin.
Che cosa sia cambiato rispetto a Medellin si potrà dire solo
dopo ampia valutazione del documento. La reazione immediata è però che i temi di Medellin
sono stati riaffermati, che in
qualche maniera il metodo della
teologia della liberazione, rifiutato a livello esplicito, in fondo
è entrato nella stessa stesura dei
documenti: partire dall’analisi
della realtà per poi capire il messaggio dell’evangelizzazione è il
metodo classico della teologia
della liberazione. E la scelta preferenziale per i poveri lo conferma.
Il documento finale ha avuto
tre stesure più una quarta stesura proprio per la parte che riguardava la situazione. La presenza dei teologi della liberazione era una presenza di lavoro:
lavoravano parallelamente sugli
stessi temi su richiesta di alcuni
vescovi progressisti. Quei teologi
(in particolare Gutierrez) erano
stati protagonisti di Medellin.
Ora dopo averli ufficialmente
esclusi come esperti, in pratica
l’Assemblea si è avvalsa del loro
lavoro in questo modo.
Che sia uscito questo documento nonostante la segreteria
può essere interpretato in vari
modi.
Evidentemente nessuno voleva
una rottura, né i progressisti né
i conservatori, sia nel sinodo
che fuori.
La chiesa dell’America Latina
come ovunque è stata attraversata da un processo di radicalizzazione, di contestazione, di polarizzazione. È quindi comprensibile che abbia prevalso la linea
di questo papato: l’unità della
chiesa, sanare le rotture, il che
vuol anche dire tollerare alcune
cose. Ma questa rottura non era
voluta neppure da parte dei teologi della liberazione, dalla parte progressista della chiesa, da
parte di quelle migliaia di sacerdoti impegnati, principalmente
per la situazione di repressione
del paese: la chiesa rimane in
molti casi l’unico spazio della
libertà, non solo la libertà di
culto, ma libertà di riunione, di
animare una certa opposizione
politica.
La situazione di questi paesi
è veramente drammatica e, giunta forse filtrata nell’assemblea
dei vescovi, era tuttavia molto
viva alla sua periferia. C’erano le
conferenze stampa quotidiane alternative dove i testimoni di queste situazioni, anche vescovi, venivano a parlare. C’erano le madri degli scomparsi in Argentina,
il peso dei 30.000 morti ammazzati del Guatemala, la situazione
drammatica del Nicaragua. Tutta questa realtà premeva tmche
all’esterno, ma comandava una
certa prudenza perché diventa
impossibile operare in qualsiasi
modo se c’è una rottura con la
chiesa ufficiale. In generale i vescovi sostengono i loro preti, i
loro religiosi che vengono disturbati dalla polizia. Tutto sommato ha prevalso questa volontà
di unità.
Il grosso problema è che cosa
accadrà quando questi regimi
andranno verso una maggiore
democratizzazione.
Un brasiliano ha risposto: si
deve prevedere che dopo la democratizzazione in Brasile le comunità di base si svuoteranno;
allora avremo gli stessi problemi che avrete voi, il problema
fede - politica tornerà a diventare un problema di compatibilità e di coerenza. Oggi non è
così. Oggi noi crediamo e facciamo politica nello stesso tempo; domani potrà essere diverso.
Domani le comunità di base potranno svuotarsi perché la gente
coscientizzata nelle comunità di
base potrà andare ad impegnarsi nella costruzione di una società più giusta. Allora vuol dire
che la fede è solo in certi momenti, che Dio è solo un Dio di
chiesa, solo un Dio che serve in
certe circostanze? Allora, il problema non sarà di separare di
nuovo nella vita degli uomini la
loro fede ed il loro impegno nella società, ma realizzare una
comprensione di Dio che ci permetta di mantenere questa coerenza nella nostra vita, di essere
nello stesso tempo testimoni di
Cristo ed essere impegnati nella
costruzione di una società diversa. M. Sbafi! Girardet
Incontro coi valdesi
di Marsiglia
Che il canto sia una delle forme espressive più immediatamente comprensibili e che proprio per questo diventi spesso
un valido e unificante strumento di comunicazione, non lo ha
certo inventato la Corale di Villar-Bobbio: se non altro, nel nostro àmbito riformato, ci aveva
già pensato un certo Lutero qualche secolo fa. Tuttavia è con
gioia, e anche con emozione, che
abbiamo riscoperto questa sua
caratteristica il 24 e 25 febbraio
a Marsiglia, durante rincontro
con la comunità valdese, in occasione della celebrazione del
17 febbraio, differita di una settimana proprio per permettere
ad una corale delle Valli di prendervi parte.
A dispetto del limitatissimo
tempo a disposizione — che ha
significativamente fatto parlare
di questo viaggio come della « 47
ore di Marsiglia» —, abbiamo
avuto modo di stabilire un reale contatto con gli amici marsigliesi proprio attraverso il canto, che è stato il protagonista
della giornata di domenica, sia
durante il culto che durante il
pranzo comunitario.
Della sera del nostro arrivo
nelle famiglie che ci hanno ospitato, abbiamo dei ricordi un po’
confusi, imputabili alla stanchezza del viaggio e della levataccia: dalla nebbia emerge tuttavia la comune sensazione di
benessere e di calore per un’accoglienza veramente eccezionale,
di cui vogliamo ancora ringraziare da queste colonne i nostri
ospiti. La nostra riconoscenza
va, in particolare, al Signor Vidal che, all’arrivo, ci ha accompagnati in un’interessante visita della città e, soprattutto, al
Presidente dell’Union Vaudoise
Signor J. Peyronel e Signora, alle cui capacità organizzative e
al cui interessamento si deve la
realizzazione di questo incontro.
L’appuntamento era per la domenica 25, nel Tempio di rue
Griban: in una chiesa gremita
ai limiti della capienza si è svolto il culto presieduto dal Pastore E. Ayassot, il cui sermone è
stato seguito da un messaggio
di benvenuto del Pastore Marchand, a nome della comunità
di Marsiglia. Come corale abbiamo partecipato attivamente
eseguendo quattro pezzi del nostro repertorio; ma forse il mo
responsabilizzazione personale
che stanno a base di ogni etica protestante) non è stata tanto quella di dar vita al capitalismo, quanto quella di creare
un ambiente favorevole alla sviluppo di una mentalità imprenditoriale, non necessariamente
capitalista, ma sostanzialmente
destinata a dar vita ad una iniziativa che in poche generazioni ha trasformato la vita stagnante dell’epoca feudo-artigianale in quella anche troppo movimentata della civiltà industriale.
Del resto già nello stesso numero dell’Europeo sopracitato G.
Assereto, riferendo la sua posizione su questo problema, ricorda come Cristopher Hill abbia soprattutto identificato «nell’individualismo calvinista, che
svincola la coscienza del singolo
da istituzioni e norme conservatrici, una maggiore flessibilità
rispetto ai bisogni di una società in trasformazione ». Il che
apre orizzonti nuovi alla influenza che può avere una retta comprensione del calvinismo, anche
quando la società « capitalista »
si avvia ad una sua radicale trasformazione.
Il numero 2 di Jesus, nuova
rivista delle Edizioni Paoline non
priva di interesse, riferisce con
simpatia sul «Centre de Rencontre » organizzato a Ginevra dal
pastore Michel Bonneville, trasformando il vecchio tempio di
Place de la Fusterie in un luogo
di incontri a impostazione largamente ecumenica, con orario
praticamente continuato durante l’arco della settimana. Ventisette persone sono addette al
funzionamento del Centro e tra
di esse « pastori riformati e vaidesi, preti cattolici e laici ».
mento più intenso, al di là di
ogni retorica, lo si è avuto cantando tutti insieme il « Serment
de Sibaoud », ritrovando in questo inno, per tanti versi enfatico e superato, il senso dell’appartenenza ad una stessa comunione.
Al culto ha fatto seguito, nella sala valdese, il tradizionale
pranzo, per il quale, a detta dei
nostri ospiti, l’affluenza è stata
eccezionale rispetto agli scorsi
anni. In un’atmosfera cordiale
e familiare abbiamo fatto onore
all’ottima cucina, intramezzando
le varie portate con canzoni e
« assoli » di pianoforte. Al termine del pranzo hanno preso
la parola il Signor J. Peyronel,
il Pastore Ayassot, la Signora
Bellion, il Pastore Bendit e il
Pastore Marchand, ribadendo nei
loro messaggi il senso della celebrazione del 17 febbraio e la
gioia per questo incontro.
Il pomeriggio è poi proseguito con altri canti, alcuni eseguiti dalla corale, ma i più cantati
da tutti i presenti, fino all’ora
della partenza purtroppo fissata per le cinque e improrogabile per la lunghezza del viaggio.
L’unanime rimpianto per non aver potuto rimanere di più con
gli amici di Marsiglia è sintomo
eloquente della riuscita di questo incontro, del quale ognuno
di noi conserva un ricordo riconoscente.
Donatella Ciesch
Parigi: ricordando
l’emancipazione
Il 18 febbraio abbiamo ricordato l’emancipazione del 1848.
L’incontro è stato centrato sull’evoluzione dei canti popolari
valdesi e la loro diffusione in Europa. La signora Yseult Le Danois, discendente del pastore Alexis Muston, ci ha comunicato
preziose informazioni, disegni e
fotografie del suo noto antenato.
Il culto è stato presieduto dal
sig. Henri Friedel.
Felix e Huguette Vigne-Ribet
# A questo numero hanno collaborato: Oriana Beri, Dino
Gardiol, Gustavo A. Comba,
Valdo Benecchi, Enrico Corsani, Franco Davite, Cipriano Tourn, I. Costabel, B. Rostagno, L. Marchetti.
Il numero del 3 marzo di Gente Veneta riporta un dialogo
epistolare tra il pastore Garxifl
e il sacerdote don Pattaro sul
significato degli incontri ecumenici, che a Venezia hanno avuto
particolare risalto. Il dialogo
verte sulla preghiera a Maria;
la conclusione della lettera di
don Pattaro è « il pregare nel
quale ci impegna la liturgia cattolica non è mai sostitutivo e
mai confonde la creatura con il
Signore, dal quale solo viene a
noi la salvezza ». Questo dopo
aver scritto « i santi e così Maria, che è la Madre di Dio, appartengono all’area dell’umano
e non di Dio. Per quanto santi
sono solo e sempre creature ».
Con la solita sottile e per molti
versi inaccettabile distinzione
tra «religione teologica» e «religione popolare ».
Sulla Stampa del 3 marzo la
rubrica « Specchio dei Tempi »
ospita la lettera di un lettore,
che rievoca una visita fatta all’Esercito della Salvezza in Torino e la profonda sensazione
lasciatagli dall’incontro della
estrema miseria degli assistiti
con la evangelica attività dei salutisti. Certo è bene battersi perché scompaiano le cause che
provocano la miseria, ma nell’attesa del successo finale non sarebbe male ricordarsi di chi la
miseria soffre nella sua carne.
Nel numero 52 di Gente Alessandro Bausani, professore di
islamismo all’Università di Roma e seguace della setta postislamica Baha-i, racconta l’iter attraverso il quale è arrivato all’islamismo partendo dal cattolicesimo. In questo iter il Bausani
ha incontrato anche il protestantesimo che però lo ha deluso, perché gli è parso « una specie di cattolicesimo rimpicciolito e frantumato ». Non entreremo certo, anche per confessata ignoranza, nel merito di una
valutazione della setta, o religione, Baha-i; ma vorremmo sapere
come il Bausani concilia la volontà di Dio, che la sua religione vuole realizzare in terra, con
le realizzazioni cui la sua setta,
di origine e sede iraniana, partecipa in concreto.
Niso De Michelis
3
23 marzo 1979
Le chiese di fronte alla sfida
del mondo e dell’Evangelo
Nel quadro dell’analisi della
situazione mondiale in cui le
Chiese sono chiamate a lavorare, il Comitato Centrale si è occupato in modo particolare dell’Africa australe. Il documento
che ha prodotto prende in considerazione i tre paesi meridionali con una serie di puntualizzazioni e indicazioni alle chiese.
Le chiese
e l’Africa australe
Africa del Sud. Continuano
« arresti, detenzioni, torture e
morti nelle carceri; l’uso dell’imprigionamento senza processo, spesso accompagnato da torture, è diventato un modo istituzionalizzato di intimorire i dirigenti neri ».
Le incursioni nei campi di
Crossroads e la prevista deportazione di ventimila neri « hanno messo in luce la politica brutalmente applicata dal governo
per separare e spezzare le famiglie nere », mentre si continua
a creare « bantustans », che è
uno dei modi più efficaci per
negare ai neri completo diritto
di cittadinanza nella Repubblica sudafricana.
Una proposta di legge sull’educazione ridurrebbe al silenzio studenti, insegnanti e genitori, mentre ignora la rigida segregazione scolastica e l’enorme
divario fra le spese per l’educazione dei bianchi e quelle per
l’educazione dei neri.
Mentre « lo scandalo sull’appropriazione indebita di fondi
pubblici ha rivelato i modi con
cui il governo sudafricano ha
cercato d’influenzare gli organi
d’informazione, specialmente in
Occidente », i paesi occidentali
hanno notevolmente aumentato
i loro interventi economici nell’Africa australe, e soprattutto
in Sud Africa, dove vi è un maggior numero di società controllate da stranieri che due anni
fa. Sono inoltre molto aumentate le vendite da parte di ditte
inglesi, francesi, tedesche e giapponesi.
« I recenti sviluppi hanno accresciuto la minaccia alla pace
mondiale, provocata da questa
situazione ».
Zimbabwe. La « sistemazione
interna » del marzo 1978 non ha
modificato la posizione di controllo del governo minoritario
razzista, anzi la proposta per un
governo di « unità nazionale »
rafforza la continuità del potere e dei privilegi della minoranza bianca.
Mentre si è verificato un crescendo di violenza di tutte le
parti in conflitto, i negoziati avviati sulla base delle proposte
inglesi e americane si sono arenati per le manovre occulte delle maggiori potenze interessate,
mentre il « rapporto del Comitato Bingham, nominato dal governo britannico, ha rivelato
come le sanzioni imposte dalle
Nazioni Unite contro la Rhodesia
sono state violate in modo flagrante ».
Namibia. Il governo sudafricano vi ha fatto svolgere le elezioni in aperta sfida alle Nazioni Unite: vi sono state pesanti
intimidazioni contro i votanti,
importanti dirigenti neri sono
stati arrestati alla vigilia delle
elezioni, mentre in molti seggi è
stato praticamente impossibile
il voto segreto.
Anche qui si registra im crescendo di violenza da tutte le
parti e la morte di molti civili
innocenti, oltre a una massiccia incursione di truppe sudafricane in Angola, con conseguente uccisione di molte persone.
Di fronte a questa situazione,
il Comitato Centrale ricorda
alle chiese il problema del crescente numero dei rifugiati, la
necessità di operare perché siano applicate le sanzioni contro
il Sud Africa e la Rhodesia e sia
denunciato il coinvolgimento
economico e militare dei loro
paesi nell’Africa australe.
Inoltre il Comitato Centrale
rinnova l’appello ai cristiani e
alle chiese che tacciono in quelle situazioni di ingiustizia affinché « aprano i loro occhi e i loro cuori a coloro che hanno fame e sete di giustizia », e raccomanda vivamente a tutti la richiesta di cinque milioni di dollari lanciata dalla Commissione
di Aiuto fra le Chiese a favore
dell’Africa australe, per rispondere mediante «un programma
coordinato e flessibile alle esigenze di tutti coloro che soffrono, profughi, rifugiati, vittime della guerra e dell’oppressione ».
« E incoraggia le chiese mem
bro a pregare costantemente
per tutti i popoli dell’Africa australe, riconoscendo che l’ingiustizia che predomina in quella
regione costituisce una delle più
gravi minacce alla pace nel
mondo ».
Prese di posizione e riflessioni nell’ultimo incontro del Comitato Centrale del C.E.C. Sfone.^eÌ^ahrÌ^£
---------------------------------------------------------------------------------------- al di là dei 9 anni.
Il pastore Lukas Vischer è stato per molti anni a capo di questa importante sotto-unità, il dipartimento teologico per eccellenza, e ha dato un notevole
contributo di pensiero a tutto il
lavoro ecumenico. È stato imo
dei protagonisti del dialogo con
la chiesa cattolica e il lavoro di
contatti, di coordinamento che
ha svolto con le varie chiese è
stato molto importante. Il Comitato Centrale ha udito le diverse voci, ha valutato le diverse posizioni e in ima seduta
piuttosto laboriosa ha deciso,
con una votazione a maggioranza, con uno scarto minimo, che
il pastore Vischer continui il suo
lavoro al Consiglio soltanto Ano
al termine del 1979.
La stessa decisione è stata
presa anche nei riguardi di Brigalia Barn che è stata per dodici anni responsabile del Dipartimento della Donna, che ha sviluppato e arricchito con la sua
vitalità e la sua apertura. È l’unica donna ad occupare un’importante posizione a capo di
una delle tre unità.
Per quanto riguarda l’immediato futuro, ci si aspetta un
importante contributo per la
riflessione e l’azione delle chiese da parte delle Conferenze
mondiali organizzate da Chiesa
e Società, dalla Commissione
per l’Evangelizzazione e la Missione nel mondo, e dalle consultazioni con le chiese sulle nuo-,
ve possibilità di lotta al razzismo negli anni ’80.
Fernanda Comba
Teologia
e organizzazione
Il Comitato Centrale ha dato
anche molto spazio alle questioni teologiche, educative, bibliche.
I culti quotidiani, i gruppi di
studio biblico sono stati momenti di comunione e unità, mentre
il culto conclusivo con Santa
Cena e la fastosa celebrazione
del Natale ortodosso (che le
chiese orientali festeggiano il 6
gennaio) ai quali pure abbiamo
partecipato con spirito fraterno,
ci hanno ricordato in modo visibile la divisione che tuttora
esiste nella chiesa, proprio nell’atto che dovrebbe invece unire tutti i credenti: la partecipazione alla Cena del Signore.
Sono stati presi o ripresi in
esame importanti documenti
teologici del CEC: quello sulla
speranza, elaborato a Bangalore
e quello su battesimo, eucarestia
e ministero. D’altra parte è stato predisposto un piano per
uno studio che rivestirà una
particolare importanza nei prossimi anni sul tema « Comunità
di donne e uomini nella chiesa »:
un documento è stato diffuso a
tutte le chiese del Consiglio e
si aspettano per gennaio 1980
le loro risposte e le loro reazioni.
Questo studio, che prevede una
serie di ulteriori scadenze Ano
alla prossima Assemblea del
1983, sarà fatto in comune dal
Dipartimento della Donna e da
quello di Fede e Costituzione.
Sul piano della organizzazione interna non è stata certo facile la decisione relativa al rinnovo dei contratti: per precedenti decisioni del CEC, e per
assicurare il ricambio, esiste
un termine massimo di nove
anni. Mentre l’avvicendamento
di alcuni è avvenuto senza troppi problemi, molto contrastata
era l’applicazione di questa re
L’ASSEMBLEA DI CRISTIANI PER IL SOCIALISMO AD AREZZO
Costruire una critica evangelica
del bisogno di religiosità
MILANO
Incontri pubblici
intorno alia Riforma
Il Centro Culturale Protestante ha organizzato, fra il mese di
gennaio e di febbraio, un corso
che aveva come titolo generale:
« La Riforma protestante in una
prospettiva attuale ».
Coordinatore del corso è stato
il prof. Ugo Gastaldi che ha tenuto la relazione introduttiva e
quella conclusiva, rispettivamente illustrando: « La Riforma:
l’essenza e la dimensione storica
dell’evento » e « I radicali della
Riforma ». Si sono susseguiti:
Paolo Ricca che ha esaminato
l’attualità della Riforma parlando su « L'eredità della Riforma
nella cristianità d’oggi »; Attilio
Agnoletto, dell’Università di Milano, sul tema: « Lutero: una
prospettiva moderna dell’ uomo
e della sua opera »; Giorgio
Tourn che con la consueta vivacità ha illustrato il tema « Calvino: il messaggio e la sua incidenza storica »; infine Domenico
Maselli ha tenuto una chiara
esposizione su « La Riforma in
Italia ».
I corsi, pomeridiani, si sono
svolti per sei settimane consecutive il sabato. Il pubblico, numeroso e regolare — con punte
massime oltre le 130 persone, di
cui circa l’80% esterni all’ambiente evangelico — ha dimostrato molto interesse all’argomento, ponendo domande qualificanti ai relatori.
Il corso era inserito in un’iniziativa patrocinata dal Comune
di Milano: « Milano per voi » in
cui le diverse istanze culturali
della città hanno organizzato
corsi di varia cultura gratuiti,
aperti alla cittadinanza.
Poiché questa riuscita iniziativa del Comune di Milano si ripeterà, contiamo presentarci,
come Centro Culturale Protestante, anche nel 1980 con un altro programma di cui saranno
stabiliti in seguito il tema generale e i particolari.
Maria Soggin
TORINO
Esercito della Salvezza
A conclusione dell’assistenza invernale 1978-’79 agli anziani della minima, vogliamo ringraziare tutti coloro
ohe ci hanno sostenuto con le offerte
e le loro preghiere.
Quest’anno abbiamo avuto una media giornaliera di 35 ospiti ai quali è
stata servita una merenda calda e distribuito caffelatte, vari capi di vestiario e scarpe. Tutto è stato possibile
grazie alla sensibilità con la quale hanno risposto i nostri benefattori. Grazie e che il Signore Vi benedica assieme alle vostre care famiglie.
Magg. Antonietta e Biagio Gavone
Preceduta da consultazioni e
dibattiti regionali, e accompagnata da un discreto battage di
articoli (non sempre attenti) su
vari giornali, si è riunita ad Arezzo nei giorni 10 e 11 marzo la
terza assemblea nazionale dei
Cristiani per il Socialismo. Circa
250 partecipanti, una cinquantina di gruppi rappresentati: c’erano i « vecchi » sessantottini, c’erano giovani compagne e compagni, membri di comunità di
base, preti del dissenso, e anche
un gruppetto di evangelici. Gruppi affannosamente rintracciati
nelle ultime settimane e gruppi
di recente o recentissima formazione; molti, penso, venuti per
vedere « che cosa sarebbe successo » ma animati dalla voglia
di continuare. Si trattava di riprendere le fila del movimento,
che ha languito negli ultimi duetre anni in una lunga ' crisi di
identità e di iniziativa politica.
La relazione introduttiva ha
messo a fuoco le nuove esigenze,
i problemi e anche le nuove difficoltà dell’attuale situazione politico-religiosa in Italia: basterebbero soltanto l’ondata montante di religiosità e il rilancio
di iniziativa sociale del cattolicesimo integrista, la crociata antiabortista e la spinta neoconcordataria che caratterizzano l’attuale pontificato di Woytjla, per
dare un’idea dell’enorme bisogno sentito da molti, di rilanciare l’opposizione anche su questo
fronte.
Permangono, come ha rilevato
Giulio Girardi, le difficoltà che
il movimento deve superare per
articolarsi con quelle masse in
nome delle quali esso pretende
di parlare; come pure la difficoltà ad intervenire sulle questioni
intemazionali (Puebla, le nuove
realtà politiche del Terzo Mondo). E per questo occorre riprendere la questione cattolica in
termini più storici, attrezzandoci per il lungo periodo.
Occorre anche partire, come
ha detto Marco Rostan, non dalla semplice assunzione dei bisogni religiosi della gente come
dato, o come terreno da contendere alla chiesa cattolica, ma dalla critica di questi bisogni alienanti e delle strutture che li producono. E per questa critica,
1’« analisi di classe » del mondo
cattolico, fatta in modo tradizionale, non basta più.
Ciò che occorre, oltre alla ripresa di iniziativa nel sociale e
della lotta anticoncordataria, è
un serio lavoro di ricerca e di
cultura, strettamente collegato
al momento politico. L’esserci
accorti tutti quanti di questo è,
secondo me, il fatto più nuovo
e originale di questa assemblea.
Le fprze per fare questo, anche
se molto indebolite per varie ragioni, ci sono; la forma organizzativa del movimento viene mutata e adeguata ai nuovi compiti: la struttura dei CpS non
sarà più regionale, ma per gmppi di intervento e di ricerca, che
faranno capo a gruppi nazionali
di coordinamento i quali dovranno favorire il più possibile gli
incontri e il coinvolgimento delle varie realtà locali. Queste ultime sono certo un insieme assai fluido e in parte sconosciuto;
ma in espansione, credo, e non
in diminuzione. L’importante è
che si continui, e che ci si confronti anche in questa sede sul
nostro essere cristiani, cosa che
in genere i CpS hanno finora
« delegato » alle comunità cristiane di base o agli evangelici.
Credo necessario che le nostre
chiese continuino a dare anche
questa testimonianza, solidarizzando con i CpS e dando tutto
l'aiuto morale, economico e logistico che possono dare. Non è
cosa di poco conto, se si vuole
che i Cristiani per il Socialismo
possano durare nella terra natia
della Controriforma.
Saverio Merio
NAPOLI
Lettera aperta
al cardinale Ursi
Signor Cardinale,
Lei ha invitato in occasione
della settimana di preghiera per
l’unità dei cristiani, anche delle
comunità evangeliche alcune delle quali hanno accettato. Sarebbe stato pertanto logico un incontro di preghiera anche per i
mali di Napoli, sia per trovarci
uniti non soltanto una volta all'anno, sia per compartecipare a
problemi che diventano di giorno in giorno più gravi e nei quali ci sentiamo coinvolti.
Abbiamo saputo che Lei ha
promosso una riunione di preghiera davanti alle reliquie del
sangue di S. Gennaro, per implorare da Dio la cessazione di
alcuni dei mali di Napoli, come
la morte dei bambini per il detto
male oscuro.
Questo fatto, che del resto fa
seguito a Sue dichiarazioni per
lo meno incaute colleganti i recenti luttuosi eventi con leggi
dello stato e con atteggiamenti
generali della cittadinanza, ci
rammarica profondamente e dichiariamo apertamente il nostro
dissenso su tali manifestazioni
che non possiamo in alcun modo
condividere.
La signoria di Cristo, infatti,
ci chiama ad una preghiera che
vincola a lavorare per la guarigione dei mali per i quali preghiamo e non a ricorrere a reliquie di santi che distolgono dal
l’unico culto che Dio gradisce:
credere in Gesù Cristo e operare per la giustizia.
Su questa linea, siamo disponibili, come minoranza, per una
concreta azione ecumenica che
implichi la rinuncia all'interèsse
privato e alle affermazioni astratte di principio, e che ci porti a
unire le nostre forze e a metterle a disposizione di tutte le componenti politiche e sociali, nelle
loro sedi proprie, per eliminare
le cause di tanti disagi nella nostra città.
Con fraterni saluti.
Il Consiglio delle comunità
evangeliche napoletane
U scuola
a úna svolta?
Per il 7 e 8 aprile si terrà a
Ecumene, presso Velletri, nel
Centro metodista per la gioventù, un fine-settimana sul tema:
« La Scuola a una svolta? ». Tra
i relatori: Elena Ricco, Maurizio
Girolami ed Emilio Nitti. Son
previsti gruppi di lavoro sul:
« ruolo politico degli organi collegiali ». Per partecipare (costa
poco più di cinquemila lire) iscriversi presso: Ornella Sbaffi, via
Firenze 38, 00184 Roma, tei. (06)
48.10.95.
4
23 marzo 1979
1 GRANDI TEMI DELLA FEDE EVANGELICA - IL REGNO DI DIO - 5
Il Regno di Dio oggi
La domanda: «Che cos’è per
noi, oggi, il Regno di Dio? » è
quella che stava dietro a tutti
gli incontri del Collettivo teologico lombardo su cui abbiamo
fin qui riferito. Ma ora le cose
diventano difficili: come è stato
semplice delineare a grandi tratti l’atteggiamento dell'uomo ebraico nei tempi antichi, la molla che ha spinto Paolo e i primi
apostoli, le modificazioni e le
fratture nella storia della chiesa e come invece risulta estremamente più difficile dare un
quadro della nostra situazione.
L’ambizione di questo studio
è quella di voler dare una breve panoramica delle diverse possibili risposte che si vogliono
dare all’interrogativo: perché e
come fare teologia e occuparsi
del problema del Regno di Dio
oggi?
Una delle possibili risposte,
molto frequente in certi ambienti « giovani » o più genericamente anti-intellettuali, è quella « laicizzante » o « politica» che nega la validità di una
riflessione, di un ripensamento,
di im confronto con la Parola e
si riconosce soltanto nell’azione,
sia essa sociale, politica, individuale, nell’intervento diretto sulle e nelle cose come se già fosse noto a tutti quel che bisogna
fare. Più o meno portata agli
estremi questa è stata ed è la
risposta di chi come folgorato
dall’ingiustizia, dal dolore e dalle sofferenze che lo circondano
si rifiuta di credere che il suo
intervento non possa non cambiare radicalmente le cose, trasformare il mondo, rinnovare
l’umanità per fare finalmente
trionfare il Bene, la Giustizia, il
Regno di Dio forse.
Presunzione? Certamente, ma
altrettanto certamente sensibilità esasperata, palpitante, ferita, perché forse anche timorosa o incapace di soffermarsi almeno un poco a riflettere sulla
storia dell’umanità, sul suo destino, sui grandi interrogativi
insomma per i quali non esiste
risposta prefabbricata che valga.
Un’altra risposta ci è sembrata particolarmente diffusa, anzi
sempre più diffusa con raggravarsi della situazione generale
e l’accrescersi dei problemi del
mondo che ci circonda: è la risposta che abbiamo chiamato
« religioso-intimistica » riimendo sotto questo termine diversi aspetti ed atteggiamenti. Ciò
che sta alla base di questa risposta è il rifiuto di credere
che la rivelazione sia contenuta
in im qualche cosa (come la
Bibbia ad esempio) che stia al
di fuori della coscienza individuale, dell’intimità personale,
degli aspetti più profondi e più
« veri » dell’animo umano: atteggiamento questo che in modo
più o meno esplicito proclama
ima innata religiosità dell’uomo, di per sé valida, che deve
solo essere indirizzata in un senso piuttosto che in un altro. A
seconda dei casi quindi si centrerà l’attenzione sulla Bibbia
0 sulla chiesa, su Dio o sull’uomo, ma sempre e comunque
partendo da questo generale
quanto generico senso innato
del religioso. Fare teologia o
annunciare il Regno di Dio significa in questo caso (e per
quanti tra di noi?) ridare una
speranza spirituale all’uomo afflitto dalle incertezze e sofferenze del presente, in una chiave
dunque fondamentalmente apocalittica. Tendenza questa particolarmente pericolosa in quanto
fa leva su sentimenti diffusi e
reali degli uomini di oggi e perché accolta non soltanto da piccoli gruppi o organizzazioni religiose del tipo «Testimoni di
(3eova », ma anche dalla Chiesa
Cattolica (e non solo da quella)
in forma ufficiale ed esplicita e
rilanciata come risveglio del
religioso nel modo più ampio e
penetrante possibile attraverso
1 mezzi di comunicazione di
massa.
Ma la risposta più corretta, anche se indubbiamente la più complessa, la più diffìcile e forse
anche la più ambigua ci è sembrata quella che scende più in
profondità: fare teologia, predicare ed annunziare il Regno
di Dio oggi significa rispondere
alle domande fondamentali, alle
necessità più profonde ed assolute dell’uomo. Vediamo dunque di definire in modo più esplicito queste domande, che sono
poi quelle di sempre, ma che in
RADIO E TELEVISIONE
L'onorevole, il”censore
e la “cicciolina
IP
L’altra sera, guardando « Acquario » mi sono trovata, cosa
rara, almeno parzialmente d’accordo con un parlamentare democristiano. L’onorevole Bublico, a proposito delle « offese al
comune senso del pudore », punite con sommo zelo dal pretore capo di Palermo, ha dichiarato di rifiutare la censura preventiva e di assumere come criterio
di giudizio quello dell’arroganza,
da cui è giusto che i cittadini si
difendano. Questa tesi mi è parsa interessante, forse al di là delle intenzioni del proponente, proprio perché spiccava fra due arroganze contrapposte: da una
parte quella del magistrato che
credeva giusto e bello imporre
a colpi di condanne la sua visione della moralità, identificata,
con leggera presunzione, con
quella del Vangelo, e che pareva
direttamente legata ai centimetri quadrati di pelle esposta al
sole e agli occhi del prossimo.
Di fronte, l’arroganza altrettanto prepotente, anche se di forma
opposta, della « cicciolina » che
voleva imporre la sua ostentata
seminudità, la sua familiarità
non gradita e le sue risatine
sciocche a chi ne era chiaramente ferito.
Probabilmente a nessuno dei
due farebbe piacere questo accostamento; eppure erano simili
nella loro totale mancanza di rispetto per « l’altro » e per le motivazioni che lo portavano ad un
atteggiamento diverso, nell’ostinazione con cui volevano costringerlo a subire quello che così
evidentemente rifiutava. Ma l’e
questo nostro secolo hanno assunto una collocazione più precisa ed una più netta suddivisione all’interno dell’umanità:
1 ) Una domanda di liberazione, di giustizia, di garanzia del- .
la sopravvivenza: domanda angosciante e forse per noi difficile da comprendere, ma che viene — ben lo sappiamo — dalla
maggioranza delTumanità, da tutto quell’immenso popolo che necessita di ogni cosa, per il quale i problemi fondamentali sono quelli che per noi oggi non
esistono quasi più.
2) Una domanda di senso,
un’interrogazione sul significato
della vita umana e sulle sue
prospettive future: domanda
questa che nasce tra popolazioni privilegiate, tra noi insomma
che siamo minoranza e che, risolti i problemi più elementari
della sopravvivenza possiamo e
dobbiamo pensare non solo a
quanto Dio ha stabilito per noi
ma, in misura sempre maggiore
anche a quanto gli uomini stessi possono ormai decidere per
sé stessi e per tutti gli altri. A
queste domande i teologi hanno risposto con teologie diverse, ma pure egualmente valide
che dobbiamo imparare a conoscere ed a tenere egualmente
presenti.
C’è un luogo fra gli altri e ci
sono delle persone (ci sembra
importante ricordarlo qui) che
cercano di compiere questo sforzo, che cercano di unire gli uomini ed i credenti sulla base
delle loro diverse quanto fondamentali necessità: questo luogo
è il Consiglio Ecumenico delle
Chiese, le cui attività e le cui
finalità sono troppo spesso sconosciute.
goismo frivolo della donnina che
dichiarava di voler fare quel che
le piaceva alla faccia del prossimo, e tanto peggio per chi non
era d’accordo, era per lo meno
più coerente del magistrato che
riconosceva, almeno a parole, il
limite della propria libertà nella
libertà altrui. È vero, lui diceva
di voler soprattutto difendere i
minorenni dall’oscenità dilagante; ma mi sembra che essi si difendano meglio abituandoli a
non cercare i giornaletti sconci,
non sequestrando ogni tanto alcuni testi, col risultato di far loro un’apprezzata pubblicità. E
poi confessava egli stesso di essersi convertito piuttosto tardi
all’austerità. Come mai era stato così dissoluto, se a occhio e
croce pareva cresciuto nell’austerità del regime fascista, quando la censura « in difesa della
sanità delta razza » era esercitata con la severità che egli pare
rimpiangere, ma che a quanto
sembra, non serviva a molto?
E poi, giustamente, Dacia Marami gli ha chiesto se nella Palermo di oggi un pretore non dovrebbe combattere la mafia e la
miseria prima dei bagnanti senza costume. Ma a questo punto
il discorso è a doppio taglio: bisogna chiedere anche alla « cicciolina » se la più importante e
urgente conquista della donna
consiste nell’andare in giro senza vestiti. Oltre tutto a questa
stagione è uno spreco di combustibile, se riesce a farlo senza
prendersi un bel raffreddore.
Marcella Gay
A mo’ di conclusione
Infine, vorremmo tentare una
conclusione: finché continueremo a pensare che tocca a noi,
con le nostre forze, con la nostra volontà, con il nostro metro di giudizio, rinnovarci ed
instaurare il Regno di Dio, non
cambierà nulla. La storia della
chiesa continuerà ad essere la
storia della pretesa identificazione fra la volontà degli uomini
e la presente volontà di Dio e
continueremo a costruire non il
Regno di Dio, ma il nostro. Molti oggi abbandonano la chiesa
negando che essa sia la detentrice della Parola di Dio, ma
chi lo fa quasi sempre finisce
per sostituire alla chiesa altre
chiese ad alla presente volontà
di Dio, più scopertamente, la sua
volontà. Negare la validità di
questa volontà e di questi miti,
sottolineare la falsità di certe
pretese necessità umane, porsi
decisamente davanti ai grandi,
insolubili problemi che angosciano l’umanità oggi come sempre,
riconoscere infine che tutte le
risposte che gli uomini hanno
cercato di dare a questi problemi nel corso dei secoli non sono
stati che altrettanti mezzi per
sottolineare la loro limitatezza
e la loro incapacità, significa
fare « tabula rasa » di tutti i
pregiudizi e di tutte le illusorie
speranze che ingombrano la
mente e la volontà dell’uomo,
significa rinnovarsi e rendersi
finalmente disponibili all’ascolto
della Parola.
Rileggere la Bibbia e riascoltare l’annunzio evangelico con il
vero atteggiamento del discepolo, di chi non ha nulla e ha tutto da imparare, significa certamente riscoprire tutto il valore
non solo del Regno nel futuro,
ma dell’azione dello Spirito Santo e della presenza di Cristo
oggi. Se saremo disposti a credere che il Regno di Dio verrà
e che già oggi opera, se saremo
talmente sicuri della sua realtà,
della sua pienezza da dare la
nostra vita per esso (chi di noi
infatti sarebbe oggi veramente
disposto a dare anche un solo
giorno della sua vita in cambio
della certezza del Regno?), se
saremo finalmente disposti a lasciar parlare ed agire non la
nostra volontà, ma il Nostro
Signore, allora l’annuncio del
Regno assumerà un significato
chiaro anche per l’oggi e sarà
di nuovo per noi motivo di fede
e di speranza.
PRECISIAMO
Caro direttore,
non ho capito bene il significato dei
due punti esclamativi posti dopo la
menzione della Commissione delle
Chiese sugli Affari Internazionali nell’intervento di Aldo Long (La Luce, 23
febbraio) che sembra stupirsi per la
esistenza di una simile Commissione.
Vorrei precisare che la Commissione
delle Chiese sugli Affari internazionali è una delle più antiche e più note
organizzazioni del Consiglio Mondiale
delle Chiese, sulla cui creazione già
concordavano il Consiglio Missionario
Internazionale e II Comitato Provvisorio del Consiglio Mondiale delle Chiese, e le cui strutture furono stabilite
nel 1946 da una conferenza di dirigenti di chiese. « È uno strumento di testimonianza cristiana in mezzo ai conflitti del mondo » (da The WCC and
You).
In tutti questi anni si è occupata
soprattutto dei problemi della libertà religiosa, dei rapporti Stato-chiesa,
della difesa dei diritti umani, delle
questioni della pace e del disarmo,
delle relazioni con le Nazioni Unite ed
altri organismi governativi e non.
È orientata nel suo lavoro da una
commissione internazionale scelta dal
Comitato Centrale del Consiglio Mondiale delle Chiese. Mario Miegge ne
è stato nominato membro con voce deliberativa su proposta della Tavola Valdese. Prima di lui, per molti anni, ne
era stato consulente Giorgio Peyrot.
Con cordiali saluti
Fernanda Comba, Roma
PRUDENZA?
Caro Direttore,
in riferimento aH'articolo di V. Benecohi pubblicato sul n. dei 2.2.79 e
alla nota <■ dalle chiese » del n. del
2.3.'79, che riporta una conferenza dello stesso, mi conceda alcune riflessioni.
Sono amareggiato per il modo con
il quale viene presentata e liquidata
la posizione dei cristiani, e della gente in genere, nei paesi deil'Est. Mi
rendo conto delle difficoltà che si pongono al membri COP. Tuttavia, invocare «prudenza» quando si appoggiano
i diritti dell’uomo è una cosa che mi
disgusta; ci è stato giustamente predicato che la paura di strumentalizzazioni è un blocco alla nostra capacità
di testimonianza; abbiamo forse già
fatto marcia indietro?
Quanto poi alla scarsa vitalità delle comunità (ghetti?), questa viene fatta risalire al loro torpore mentale, incapace di cogliere la sublime realtà
dell’Uomo Nuovo; questa concezione
tipicamente nazista è un pugno nello
■stomaco per chi ritiene che il socialismo, scevro di ogni assolutismo integralista, possa esere una delle possibili risposte offerte alle esigenze etiche e sociali del cristiano.
Il compito della COP è di « testimoniare il valore dell'uomo, la inammissibilità di ogni ingiustizia » (cito
testualmente). Concordo in pieno e
spero di non vedere più questi buoni
propositi traditi; sarebbe il tradimento non tanto di una speranza umana,
ma di tutto il messaggio del Vangelo,
Cordiali e fraterni saiuti
Giuseppe Molinari, Pisa
FORSE
NON HA LETTO...
(...) Dopo tutto il suo panegirico
il fratello Baret viene alla politica che
vorrebbe a modo suo e cita come esempio « Uomini Nuovi ». Ma caro
fratello Baret se lei legge con spirito di democrazia non si è accorto
che proprio « Uomini Nuovi » ha fatto
sempre e continua una politica
unilaterale? Provi a scrivere una lettera di critica come ha fatto con
l'Eco-Luce dei 2 febbraio u.s., e vedrà. Amo « La Luce » proprio per questa sua democrazia, la leggo da circa
quarantotto anni; ha sempre pubblicato la critica mossagli, ciò che non
ha fatto mai « Uomini Nuovi ». Non
è unilaterale perché nel numero del
12.1 che lei ha citato, con poca precisione, c’è una forte critica dei Pastore L. Santini al partito Comunista
sovietico per ia primavera di Praga
■che forse lei non ha letto (...).
Il ritornello che spesso si sente ripetere è la apoliticità dei cristiani ma
dei doveri di cristiani chi ne parla?
Tutti gli ordini di Dio sono dettati su
la giustizia, la verità, la uguaglianza,
perché mólte volte si legge: « Di fronte
a Dio non vi sono riguardi personaii »
ma il nostro Cristianesimo non li ha
divisi solo in ciasse A-B da come si
vede, ma dalla A-Z. E tutto il meraviglioso poema della Carità dove è
andato a finire? Crsitiani sì, ma di
chi, di Dio 0 di Mammona? Se riflettiamo che tutte le ricchezze del mondo
sono nelle mani dei cristiani che ovunque sono andati a colonizzare sono
andati per dominare e sfruttare, come
possiamo dire che hanno portato la
civiltà e il cristianesimo? Se questo
fosse stato una vera realtà non soltanto non avremmo avuto guerre sanguinose ma il mondo sarebbe stato
un'oasi di pace per tutti e non ci sarebbe chi deve fare cura dimagrante
e chi muore di fame (...).
Domenico Dì Toro, Frauenfeld
A UN ANNO DAL RAPIMENTO MORO
“Qualcuno è morto
al momento giusto”
(fine)
Daniela Bocassini
A un anno di distanza dalla
conclusione del rapimento di
Aldo Moro, quando si ravvivano
gli echi non spenti delle polemiche parlamentari sulla vicenda,
leggere questo libro di Sciascia
significa imporsi un momento
di meditazione, porsi degli interrogativi che molti hanno ricacciato per adeguarsi al conformismo di massa che elevava
appelli di fermezza nazionale,
esprimeva la commozione e lo
sdegno per il modo in cui veniva
trattato Moro giudicando le lettere come frutto della coercizione di un prigioniero.
Sciascia con uno stile scarno
e tormentato esamina quello che
emblematicamente chiama « l’affaire » Moro. Ciò che lo interessa principalmente è la figura
di Aldo Moro nella sua realtà
umana e politica. Con semplicità smantella l’accurata montatura che nei giorni del sequestro
ha trasformato l’onorevole Aldo
Moro in un grande statista per
poi sancire una netta differenza tra quello che Moro era prima del 16 marzo 1978 e quello
che resta dopo tale data: un
prigioniero, un uomo politicamente morto quasi certamente
coartato nella sua volontà, perché i dirigenti della Democrazia Cristiana non vogliono riconoscere come credibili le lettere
di Moro.
Esaminando e confrontando
continuamente gli scritti di Moro prima e durante il rapimento, Sciascia non vede contraddizione, ma evoluzione logica.
Le lettere non sarebbero quindi
la produzione di una mente torturata e costretta, ma il frutto
coerente di tutto il suo pensiero.
Con amaro sarcasmo Sciascia,
come già aveva fatto durante ia
tempesta di retorica che si è
puntualmente scatenata durante
i giorni del sequestro, contrappone ai proclami di fermezza nazionale, di fermo rifiuto al ricatto ecc. ecc. la lucida constatazione dell’assoluta improponibilità del modello che i mezzi
di comunicazione di massa sbandieravano e conclude: « lo Stato italiano è resuscitato (...) da
più che un secolo convive con
la mafia siciliana, con la camorra napoletana, con il banditismo
sardo. Da trent’anni coltiva la
corruzione e l’incompetenza, disperde il denaro pubblico (...)
ma ora (...) lo Stato italiano si
leva forte e solenne ».
Alla fine di questo libro dopo
aver rivisitato le varie fasi di
quei giorni si è spinti a rileggere la citazione che precede il
libro: « la frase più mostruosa di
tutte: qualcuno è morto ”al momento giusto” ».
Patrizia Mathieu
Leonardo Scia.scia, L'a§aÌTe Moro,
pagg. 146, L. 3.500, Sellerio Editore (Palermo).
5
y 23 marzo 1979
UNO SPIRITO IRREQUIETO NELL’EUROPA DEL XVIII SECOLO
La religione
di J. J. Rousseau
Nessuno oggi ha più interesse a definire Rousseau cattolico o protestante - Le sue critiche sono rivolte all’una confessione come all’altra
Ricorreva l'anno scorso il bicentenario della morte di Gian
Giacomo Rousseau e, un po’ dappertutto, in Europa, si sono susseguiti congressi e colloqui scientifici atti ad illustrarne l’opera
che non cessa di attirare su di
sé l’attenzione dei critici e degli
studiosi.
Ma facendo ora, per quanto è
possibile, un bilancio di quelle
manifestazioni ci si accorge che
il problema religioso, che occupa una parte non indifferente
nell’opera del ginevrino, è stato
sistematicamente ignorato. E vero che nel corso di questi anni
innumerevoli sono stati gli interventi, anche autorevoli, su
questo tema, però quando ci si
attendeva, non direi un consuntivo ma almeno il punto sulla
situazione attuale degli studi
consacrati a questo argomento,
esso è venuto a mancare. Certo,
infinite potrebbero essere le ipotesi e altrettante le risposte possibili, però quello che a noi importa di osservare è che, forse
nel clima ecumenico attuale, le
“ dispute accanite, sul presunto
protestantesimo o cattolicesimo
'' di Rousseau che ogni confessione religiosa a turno cercava di
rivendicare e di appropriarsi,
fortunatamente sono scomparse.
Se questo tipo di interesse di
natura soprattutto polemica è
_ definitivamente tramontato, doli? - vrebbe essere ora possibile
scomporre il mosaico religioso
di cui è composto l’universo
rousseauiano e tentare, attraverso lo studio delle sue strutture,
un’eventuale ricomposizione. Per
continuare ad usare la metafora
del mosaico direi che sono molteplici e difformi le tessere che
lo compongono; inoltre come il
pensiero di Rousseau non può
essere separato dalla sua individualità e le sue teorie dal suo
destino personale così il suo pensiero religioso non può essere
separato dall’insieme della sua
filosofia. Occorre « accettarlo così come egli si offre a noi, in
questa fusione dell’esistenza e
dell’idea ». Queste parole del critico Jean Starobinski indicano
l’itinerario da percorrere a
chiunque voglia inoltrarsi nel
pensiero rousseauiano.
Fin dal suo primo scritto filosofico il Discours sur les sciences et les arts Rousseau parte,
lancia in resta, contro i « Philosophes » che accusa di voler distruggere la religione: « Ma quei
vani e futili declamatori vanno
da ogni parte, armati dei loro
funesti paradossi, scalzando le
fondamenta della fede e annientando la virtù. Sorridono con
disdegno di fronte a vecchie parole come Patria e Religione e
consacrano i loro talenti e la loro Filosofia a distruggere e ad
avvilire tutto ciò che c’è di sacro
tra gli uomini ».
Ho citato questo primo discorr
so per mostrare come il pensiero religioso di Rousseau non appaia solo ne la Profession de foi
du vicaire Savoyard, che è senz’altro il testo per eccellenza per
chi voglia affrontare questo tema, ma si ritrovi sparso un po’
in tutti gli altri scritti del ginevrino. Fu infatti per rispondere
agli attacchi reiterati dei « Philosophes » che Rousseau si decise ad intraprendere ne la Profession de foi... l’esame critico
delle principali credenze religiose che furono le sue fin dall’infanzia con la speranza di refutare le dottrine antireligiose de
E&-.
SCHEDA
Le tappe principali
1712 - nasce a Ginevra il 28
giugno. La madre muore di parto.
1722 - il padre deve abbandonare Ginevra in seguito
ad una rissa. J.J. rimane
orfano ed è affidato alla
famiglia di un pastore a
Bossy sous Salève.
1725 - inizia a lavorare come
apprendista incisore.
1728 - 14 marzo: è licenziato
dal padrone per i suoi recidivi ritardi sul lavoro;
consigliato da un parroco di Confìgnon (sobborgo ginevrino) si recherà
ad Annecy presso Madame de Warens e di qui
a Torino dove il 21 aprile
di quello stesso anno si
convertirà al cattolicesimo. A Torino lavora come servitore nelle famiglie dell’alta borghesia
piemontese.
1729-1732 - Esercita vari mestieri a cavallo tra la Svizzera e la Francia.
1732-1741 - vive a Chambéry
dove nella quiete delle
Charmettes - protetto da
M.me de Varens legge e
riflette.
1741 - si presenta a Parigi
non come scrittore ma
come musicista, e, in questa veste propone all’Accademia delle scienze un
nuovo metodo di annotazione musicale.
1743 - viene nominato segretario d’ambasciata a Ve
nezia.
1744 - ritorna a Parigi e sposa una giovane guardarobiera Thérèse Lavasseur
da cui avrà cinque figli
che saranno, regolarmente, abbandonati in un orfanotrofio.
1750 - pubblica il Discours
sur les Sciences et les
Arts.
1752 - ottiene un gran successo a Fontainebleau
con la rappresentazione
della sua opera balletto
Le Devin du village.
1754 - Dopo la morte del padre decide di ritornare
ad abitare a Ginevra. Capisce o gli si fa capire
che, per godere di tutti i
diritti civili e religiosi
deve ritornare in seno alla Chiesa Riformata.
Compare di fronte ad una commissione del concistoro di Ginevra e pronuncia una solenne dichiarazione, dopo di che
è riammesso a partecipare alla Santa Cena e
a riprendere il suo ruolo
di cittadino a parte intera.
Si domanda allora se non
debba decidere di abitare nella città dei suoi padri. Ma Voltaire sta per
stabilirvisi, e Ginevra è
troppo piccola per ospitare contemporaneamente
due geni antagonisti tra
di loro. Ritorna dunque a
Parigi dove pubblica, a
tamburo battente, le seguenti opere:
1755 - Discours sur l’origine
de l’inégalité parmi les
hommes.
1758 - Lettre à d’Alembert.
1761 - La Nouvelle Héloïse.
1762 - Le contrat social; L’E
mile.
1765-1770 - Les Confessions.
1772-1776 - Dialogues: Rousseau juge de Jean-Jacques.
1776-1778 - Les Rêveries du
promeneur solitaire.
1778 - muore a Ermenonville
vicino a Parigi il 20 maggio.
gli ambienti che facevano capo
all’Enciclopedia.
Rousseau non mette in dubbio
la possibilità d’una rivelazione
sovrannaturale; sottolinea piuttosto la difficoltà per non dire
l’impossibilità di provare l’autenticità di tali rivelazioni, che
ci sono trasmesse attraverso una
lunga catena di intermediari
umani nei confronti dei quali
manifesta per bocca del vicaire
savoyard la massima diffidenza:
« Dio ha parlato. Ecco una cosa
importante. E a chi ha parlato?
Ha parlato agli uomini. Perché
dunque non ne ho inteso nulla?
Ha incaricato altri uomini ner
trasmetterci la sua parola. Capisco: sono uomini che mi diranno ciò che Dio ha detto. Avrei
preferito udire Dio con le mie
stesse orecchie; non gli sarebbe
costato di più e sarei stato al riparo dalla seduzione. (...) su via,
sempre delle testimonianze umane? Sempre uomini che mi vengono a riferire ciò che altri uomini hanno riferito? Troppi uomini tra Dio e me! ».
Questo grido d’impazienza manifesta lo spirito critico di Rousseau ma ugualmente ciò che Starobinski chiama « un bisogno di
immediatezza » e di « trasparenza ».
Parlando poi del cristianesimo
Rousseau punta i suoi strali contro quello che egli chiama il Cristianesimo « istituzionalizzato »
in opposizione al cristianesimo
originale cioè « la pure et simple
Religion de l’Evangile ». Quest’ultimo si sarebbe corrotto, col passar dei secoli, soprattutto con
l’avvento della Teologia, portatrice ùnicamente di sottigliezze
dottrinali. I progressi della
scienza teologica si traducono
per Rousseau in un arretramento della fede: mentre il Cristo
aveva manifestato delle preoccuzioni soprattutto morali, il Cristianesimo « istituzionalizzato »
farebbe passare queste preoccupazioni in secondo piano: « Le
nostre biblioteche rigurgitano di
libri di teologia; ...tutti vogliono
insegnare a fare il bene, ma nessuno vuole imparare a farlo; siamo diventati tutti Dottori, ma
abbiamo cessato d’essere ’ Cristiani ».
Inoltre le discussioni teologiche fomentano lo spirito di parte
e il fanatismo. Questo Cristianesimo cosiddetto « teologico » diventa un Cristianesimo « dogmatico » che impone dogmi oscuri,
inutili, perfino assurdi, e tende
a ridurre la religione a un insieme di formule vuote, di « parole
senza idee » che avrebbero come
solo sbocco l’ipocrisia: « Tutte
le formule in materia di fede mi
sembrano unicamente come tante catene d’iniquità, di falsità,
d’ipocrisia e di tirannide ».
Rousseau individua soprattutto nella religione cattolica la corruzione del Cristianesimo. Il protestantesimo (Calvinismo) — invece — è rimasto più fedele allo
spirito dell’Evangelo e questo risulta chiaramente dalla lettura
delle sue prime opere. Nella Profession de foi... il vicaire savoyard fa l’elogio della religione
riformata: « È molto semplice e
molto santa; la credo, fra tutte
le religioni che sono sulla terra,
quella la cui morale è più pura
e di cui la ragione si accontenta
rneglio ». Numerose altre citazioni potrebbero corroborare questo giudizio come per esempio
quando nella Nouvelle Héloïse
la protagonista Madame de Wolmar parlando della sua educazione esternerà la sua soddisfazione d’essere stata allevata nella
fede riformata che è « ben lungi
dall’avvilire l’uomo anzi lo nobiliterebbe; è ben lungi dal favorire l’empietà o il fanatismo, anzi essa permetterebbe d’essere
al tempo stesso umani e pii ».
Pierre Burgelin nel suo Jean
Jacques Rousseau et la religion
de Genève, crede che quest’atteggiamento fondamentalmente
benevolo di Rousseau nei riguardi del Calvinismo dipende
Rousseau giovane in un pastello di Quentin La Tour.
prattutto dal fatto che la religione riformata era la religione di
suo padre. Quest’affermazione ci
lascia francamente un po’ songeur se pensiamo che suo padre
non esitò ad abbandonarlo quando egli non aveva che 10 anni. Ma
i buoni rapporti tra J. Jacques e
la fede riformata erano destinati ad offuscarsi rapidamente. Infatti con la pubblicazione a Parigi nel 1762 délVEmile e la relativa condanna, Rousseau sperò
di potersi recare nella sua (jinevra e di sfuggire così al mandato di cattura che era stato spiccato contro di lui; ma ad Yverdon venne a sapere che le autorità ginevrine avevano condannato non solo l'Emile ma anche
il Contrat Social. Bandito dunque dalla sua patria si vide costretto a chiedere asilo politico
al re di Prussia Federico II che
accoglierà la sua richiesta e l’ospiterà a Motiers (Neuchâtel).
Rousseau non perdonerà più
al Concistoro di Ginevra la sua
intransigenza e al limite la sua
intolleranza nell’affare délVEmile
e del Contrat Social e all’uopo
scriverà una violenta requisitoria
contro il Calvinismo in alcune
lettere dal titolo: Lettres de la
montagne in cui rimprovererà ai
ginevrini d’aver tradito il vero
spirito della Riforma rifiutando
una libertà totale nell’interpretazione della Sacra Scrittura favorendo così il dogmatismo e il
fanatismo: « Evidentemente, dice Rousseau, la storia dimostra
che da perseguitati, i riformati
sono diventati persecutori. A forza di contestare il clero cattolico, il clero protestante adottò
uno spirito contestatario ed esigente. Voleva decidere di ogni
cosa, regolare ogni cosa, pronunciarsi su tutto... Calvino, senza
dubbio, era un grand’uomo ma,
però, sempre un uomo, e, ciò che
è peggio, un teologo: aveva, del
resto, l’orgoglio del genio che
sente la sua superiorità e che si
sdegna contro chi gliela contende ». Ed aggiungeva: « I riformati, almeno, i pastori, non conoscono o non amano la loro religione. Se l’avessero conosciuta
ed amata, alla pubblicazione dell’Emile, avrebbero gridato di
gioia e si sarebbero uniti tutti a
me, che non avevo fatto altro che
attaccare i loro avversari... ».
A partire da questo momento
il ginevrino è convinto che per
le religioni cosiddette positive,
come il cattolicesimo e il protestantesimo, « la religione serva
solo per mascherare i loro interessi, e il culto sacro unicamente per salva^ardare la loro ipocrisia », perciò la sua ricerca in
campo religioso condurrà inevitabilmente, come dice giustamente Christian Jacquet, alTapologia di una religione cosiddetta naturale che, sfuggendo alle dispute culturali e dottrinali,
si affermerebbe a partire da un
nucleo che Rousseau chiama essenziale o naturale ed in cui oltre al .« libro della natura » anche l’Evangelo di (Jesù Cristo potrebbe aver diritto di cittadinanza, anche se realtà cristiane
come il peccato e la risurrezione
di Cristo sono estranee alla filosofia rousseauiana.
Franco Giacone
"Il Contratto sociale
e "L'Emilio"
II
Il Contrai Social e l'Emile sono le due opere che Rousseau pubblicò a 50
anni, nel 1762.
M primo è un libro tecnico e astratto, che dovrà il suo grande successo
alla Rivoluzione Francese, circa un trentennio più tardi. Fu anzi destinato ad
essere II breviario della Rivoluzione e la sua Influenza va oltre quel fatto storico,
il Contrai ricerca una forma di convenzione che sommi i vantaggi dello stato
di natura con i vantaggi dello stato sociale. Poiché i beni dello stato di natura
derivano dalla libertà e dall'uguaglianza, si tratta di trovare come gli individui
si possano associare fra loro senza perdere o limitare la loro libertà e uguaglianza. Rousseau risolve il problema facendo derivare la società da un contratto In virtù del quale ciascuno degli individui trasferisce la sua libertà e
uguaglianza non a un individuo né a un gruppo particolare, ma alla volontà generale costitutiva di tutta la comunità, cosicché non perde le sue doti originarie,
anzi le ribadisce e le potenzia convertendole da naturali in libertà e uguaglianza
civili. Di conseguenza, il vero sovrano è il popolo nella sua totalità, e la sua
sovranità è assoluta e inalienabile; la sua volontà è la legge, e il potere legislativo è identificato col popolo sovrano.
Ma la politica implica anzitutto l'educazione del cittadino. A questa esigenza risponde il romanzo pedagogico intitolato Emile, ou de l’éducation, dal nome
del suo protagonista, senza famiglia e affidato a un precettore, la cui preoccupazione è di non alterare con le imposizioni sociali e i formalismi oppressivi
ciò che nell’uomo naturale, preso dalla nascita, è spontaneo, immediato, intuitivo. L’educazione non è soppressione del fatto educativo, ma collaborazione con
la natura. La naturalità dello sviluppo fisico e psichico esclude precetti, castighi,
ricompense: vale la dipendenza dalie cose, per ia quale 'le conseguenze naturali
degli atti del ragazzo costituiscono le sanzioni del suo malfare: e il maestro
tutt’al più deve saper predisporre le circostanze e badare che il male che egli
può procurarsi non sia troppo gravoso o sproporzionato.
I sentimenti morali e i sentimenti sociali si sviluppano mediante l'esempio
e non mediante le prediche. Con la maturità della coscienza morale, Emilio è
preparato ad affrontare le verità religiose, che Rousseau illustra nella Confessione di fede del vicario savoiardo, contenuta nel quarto libro dell'Emile e giudicata dal Voltaire, degna di essere rilegata à parte in marocchino.
O. B.
so
J.J. Rousseau, Du Contrat sociale, éd. Garnier-Flammarion, Paris 1966.
Id., Emile ou de Véducation, Garnier-Flammarion, Paris 1966.
6
23 marzo 1979
cronaca delle valli
ALLE VALLI OGGI
SU INIZIATIVA DELLA COMUNITÀ’ MONTANA VAL PELLICE
n diverso Una madre libera
dà
fastidio
Finita di scrivere la tesi di
laurea, si è comprato dieci capre
ed è salito in montagna. Ci aveva pensato per anni. Poi la decisione, condivisa in pieno dalla
giovane moglie inglese. Un contadino ’diverso’, di cui si parla
volentieri per stupire la gente.
Possibile che un professore in
biologia si ritiri a 26 anni (quando tutti cercano la fabbrica) sulla montagna di Torre per coltivare un piccolo campicello? Parlane oggi, parlane domani, l’altro giorno al mercato l’hanno
dato per morto. Si sarebbe impiccato. Lo sgabello, di sotto i
piedi, glielo avrebbero tolto invidia e fastidio provocati da questa scelta ’diversa’. I commenti
non sono mancati: ci si poteva
aspettare una fine diversa da un
tipo che arriva a fare una scelta
così strana? E proprio lui che
aveva studiato e che aveva tutto
per star bene?
In realtà sta proprio bene. Anzi su queste chiacchiere maligne, ci ride sopra. Si rende conto che la sua scelta non è stata
completamente capita, ma la cosa non sembra turbarlo. Evidentemente anche se molti contadini ritengono importante un ritorno alla terra di giovani braccia,
appena uno, che non è di estrazione contadina ma borghese, si
azzarda seriamente a provarci,
lo mettono sotto una fucileria di
critiche e di sarcasmo. Mi sembra che una scelta del genere,
di un ritorno coerente e radicale all’agricoltura, anche se non
generalizzabile, evidenzia l’aspetto positivo del legame dell’umanità con la terra. E tutto questo
dovrebbe essere preso molto sul
serio anziché offrire lo spunto a
supposizioni assurde. Giovani disoccupati, in altre parti d’Italia,
tentano anche loro di riappropriarsi di terre incolte e lo fanno magari cooperativizzandosi.
Sono piccoli segni — compreso
quello di un borghese che molla
la civiltà dei consumi per imboccare la via del contadino — che
contribuiscono a rivalutare la
’Cenerentola’ della nostra economia: l’agricoltura. Un contadino,
mentre si parlava di queste cose, mi ha detto che la categoriaagricoltori la si potrebbe dividere in due: da una parte ci stanno quelli che, pur tra inevitabili difficoltà, amano in silenzio il
proprio lavoro e dall’altra quelli che lo subiscono amaramente
tutti i giorni e riescono a trovare il tempo per dilettarsi in critiche distruttive.
Questa distinzione mi sembra
degna della miglior saggezza contadina.
G. Platone
Novità
a Frali
per un bambino felice
Un programma per tutto l’anno: riflettere sui diritti del bambino
Nel quadro delle iniziative della Comunità Montana sabato
17 marzo si è inaugurato in Val
Penice « L’anno internazionale
del bambino ». Un programma
denso di incontri, discussioni,
dibattiti che, dati i temi importanti che verranno trattati, non
potrà non interessare chiunque
sia a contatto con i ragazzi, di
qualunque fascia di età; siano
essi educatori, insegnanti, operatori scolastici, genitori o nonni...
Il bambino deve infatti essere
considerato « il personaggio » più
importante nella nostra società
e la sua educazione è quindi un
problema fondamentale fin dai
primi mesi e anni di vita; molto si è scritto e studiato per
rispondere a queste esigenze, ma
molto va ancora fatto per sensibilizzare la coscienza di ognuno proprio perché il « mestiere
di genitore» nessimo ce lo insegna e gli sbagli che si possono
fare sono ancora troppi. (Nel
n. 1, 1978 della rivista bimestrale « Imi)egno - Problemi d’oggi »
dell’YWCA-UCDG si legge «Per
il bambino il primo dei diritti
è quello di avere una madre libera, civile, non sacrificata, non
nevrotizzata, che sappia infondergli gioia e dialogare con lui.
Una madre appagata e realizzata, che non sia costretta ad esi
gere dal figlio appagamento e
realizzazione » e ancora « Nei
primi 3 anni di vita il bambino
acquisisce un patrimonio psichico pari alla metà circa di quello
che acquisirà in tutta la sua vita. Se in questo periodo manca
questa presenza o è troppo insufficiente, ne residua tutta una
serie di patologie psichiche che
vorremmo veder sparire nell’umanità di domani: violenza e
incapacità di amare in primo
luogo. Si tratta quindi di un
grave problema di igiene mentale »).
I diritti del bambino sono
quindi im problema aH’ordine
del giorno e appare di grande
attualità « la dichiarazione dei
Diritti del bambino » proclamata dalla Assemblea Generale Nazioni Unite nel 1959. In essa sono definiti 10 punti che riassumono in breve un discorso molto grosso che va dal problema
della sua sicurezza sociale, all’istruzione, alla non violenza,
alla discriminazione razziale, religiosa, alla pace e alla fraternità.
Questo comporta impegno da
parte di tutti al rispetto del
bambino, delle sue necessità ed
esigenze per permettergli uno
sviluppo psico-fisico adeguato.
La Comunità Montana per affrontare questi delicati temi, ap
PROSSIMI APPUNTAMENTI DEL PROGRAMMA PER L’INFANZIA
A Luserna San Giovanni, il 23 marzo, alle 20.45 in Municipio il prof. Oscar
Schindler dell’Università di Torino interviene su: « Parlare col bambino: come,
quando, perché ».
Ad Angrogna, il 26 marzo, ore 20.45, Municipio: « Perché intervenire nella
prima infanzia »: introduce il pediatra L. Proietti della Comunità Montana.
A Lusemetta, il 28 marzo, ore 20.45, Scuola Elementare, l|i dqtt.ssa, M. Teresa Ghigo pariferà sulla prima infanzia.
punto nella giornata di sabato
17, ha invitato personalità di rilievo. Durante la mattinata, dopo
l’introduzione dell’arch. Longo,
presidente della Comunità Montana Val Penice, ci sono stati
gli interventi dell’Assessore Regionale all’Assistenza avv. M. Vecchione che ha trattato « Le linee
di indirizzo nel campo dei Servizi Socio-Assistenziali », del
prof. G. Bonenti, consulente per
la programmazione Regione Piemonte, su « Il progetto tutela
materno-infantile »; mentre nel
pomeriggio la dott.ssa I. De Carli, presidente della sezione piemontese dell’AIDM (Associazione Italiana Donne Medico) e rappresentante UCDG-YWCA nella
Consulta regionale femminile, ha
offerto nella sua esposizione ottimi spunti per la discussione
che è seguita sul tema « La violenza sul bambino: la nascita la famiglia - le istituzioni ».
L’ultima parte della giornata ha
visto gli interventi dei rappresentanti della Associazione Nazionale Famiglie Adottive Affìdatarie e della Associazione Nazionale Famiglie Fanciulli Subnormali. Al termine l’Assessore
M. Armand-Hugon ha chiuso esponendo il programma della
Comunità Montana per l’Anno
del Bambino.
Molto interessante il discorso
sull’analogia fra i diritti della
donna e quelli del bambino puntualizzato dalla dott.ssa De Carli (che è anche l’autrice delle frasi citate dalla rivista « Impegno »
all’inizio di questa cronaca), essa ha affermato che i diritti dell’una non possono essere disgiunti da quelli dell’altro proprio
nell’ottica della realizzazione di
PRAROSTINO
Nuova cooperativa
per la raccolta del latte
Ce l’abbiamo fatta! Quest’affermazione la fece un agricoltore quando il camion della Coop.
Valli Chisone e Germanasca salì per la prima volta a Prarostino a raccogliere il latte.
Il problema del latte sorse due
anni fa in un corso di istruzione
professionale agricolo (CIPA) e
a porlo furono gli abitanti delle
borgate più periferiche dei due
comuni, che per la loro lontananza dal centro avevano difficoltà a vendere il loro latte e finivano per darlo in modo del
tutto improduttivo a vitelloni o
a maiali. Facendo poi il conto
del latte dato ai vitelli, si vide
che rendeva pochissimo non so
lo darlo ai grossi ma anche ai
piccoli; calcolando in fine che
per ingrassarli occorrevano cereali che dovevano essere acquistati perché in collina non si
producono, si cominciò a parlare di raccolta del latte.
Ci si informò visitando le cooperative della zona e valutando
i modi di raccolta, che risultarono due: la raccolta giornaliera
con bidoni, oppure due volte alla settimana, con i tanks refrigeratori. La prima ipotesi era la
più costosa, data la vastità del
territorio e perché occorreva un
mezzo di raccolta ed una persona che passasse tutti i giorni,
mattino e sera.
• Martedì, 13 u. s. ha avuto luogo la seduta del Consiglio Comunale. Sono state prese numerose e importanti decisioni. Nel
centro di Ghigo sarà sistemata
e asfaltata la strada sul lato destro del Rio d’Envie, tra la Chiesa cattolica e il ponte di Agape.
Decisa pure la sopraelevazione
della sede municipale; nel piano
superiore troveranno posto l’archivio e cinque uffici.
È stata approvata l’istituzione
di un Ufficio Tecnico di Valle
resa possibile da un corsorzio
tra i comuni di Frali, Ferrerò,
Massello e Salza. Saranno assunti un geometra e un’applicata. È imminente l’acquisto delle
caserme di Villa da parte del
Comune. Saranno indette riunioni pubbliche per udire proposte
sull’utilizazione di questa importante area.
D’ora innanzi chi riparerà o
rifarà il proprio tetto con lose
potrà usufruire di un contributo pubblico.
Su queste decisioni torneremo
più ampiamente nel prossimo
numero.
Nucleare: cosa fare
per capirci qualcosa?
Bertoldo: lo sai che fra una diecina d’anni ci potranno essere in
giro diecine di migliaia di bombe atomiche da comperare e
da vendere?
Marforìo: chi ti ha contato questa storia?
Bertoldo: L’ho letta in un libro stampato. E per cercare d’impedirlo si dovrà fare una zona militarizzata attorno a ogni centrale nucleare per un raggio di cento chilometri.
Marforio: Allora se fanno due centrali nucleari in Fiemonte noi
saremo praticamente dappertutto sotto qualche servitù militare!
Bertoldo: Sembra proprio che sia così. In quel libro ho anche visto
che negli Stati Uniti le ordinazioni di reattori che erano di 28,
38 e 17 nel 1972, ’73, ’74 sono cadute a 5 nel ’75 e 3 nel ’76.
Marforio: Vorresti dire che laggiù hanno trovato che nei reattori
c’è qualche cosa che non va?
Bertoldo: Temo proprio di si, anche perché qui tengono tutto segreto. Un deputato ch’era qui a Finerolo giorni fa mi ha detto
che quando uno di loro ha voluto esaminare i piani dei rettori
progettati dal governo, non ha potuto averli.
Marforio: Che sia una faccenda tipo Hercules?
Bertoldo: Fotrebbe anche darsi. Ma perché non andiamo al Municipio a firmare la richiesta d’informazione rivolta alla regione,
per la quale è stata aperta una raccolta di firme?
Marforio: Se si tratta di saperne di più, mi sembra una buona
cosa. Fer parlarne bisogna sapere e magari dopo possiamo anche
dire la nostra e farci ascoltare. G. A. C.
Si decise di chiedere alla
Coop, Valli Chisone e Germanasca se potevano fare questo servizio. Avuta risposta affermativa, si decise di acquistare dei
tanks e di chiedere il contributo
regionale (Legge 51). A questo
punto, cominciò qualche tentennamento da parte di alcuni per
paura di dovere spendere troppi
soldi, per diffidenza o anche per
motivi politici; difatti la Coldiretti non ha certo incoraggiato
l’iniziativa. Comunque la Cooperativa si costituì con 14 soci e
con un conferimento di 3 q.li di
latte giornalieri; attualmente è
di 22 soci e il latte 4 q.li. Si prevede un aumento sia come soci
(adesso che è avviata sono cadute certe paure), sia come latte, perché molti soci cambiano
l’indirizzo produttivo vendendo
i vitelli alla nascita e acquistando vacche da latte.
I tanks acquistati sono 3, sparsi in altrettante borgate e ne necessitano altri 2 (già ordinati).
Nonostante il costo di raccolta
sia molto alto (sulle 50 lire al
It.) per gli agricoltori è sicuramente un aumento di reddito,
indispensabile per coloro che
sono rimasti in quelle zone a fare « gratis per la società i manutentori della montagna» come
dice Nuto Revelli. Questo dovrebbero capirlo anche quei politici e fimzionari che pensano
sia improduttiva la raccolta del
latte in montagna, ma non fanno proposte alternative. Se qualcuno ha fatto di tutto per scoraggiare la cooperativa, molti
sono coloro che l’hanno incoraggiata, in particolare l’amministrazione com. di Frarostino e
la coop. Valli Chisone e Germanasca, con la quale si prevede di
lavorare insieme anche per altre iniziative.
Mauro G ardici
un rapporto positivo fra bambino e adulto. Non meno interessante il discorso sulla pubblicità e il coinvolgimento dei
bambini nei mass-media per far
acquistare prodotti reclamizzati
in TV e sulle riviste. Il bambino,
dice la dottoressa, è inoltre più
suscettibile alla suggestione rispetto all’adulto per cui sarebbe importante in ogni caso non
lasciarlo mai solo davanti al
video.
La violenza sul bambino quindi viene fatta a vari livelli (psicologico e fisico) e gli esempi
che, ad un certo punto, il giudice Fazè ha riportato come conseguenza di situazioni familiari
degenerate, sono stati sconcertanti (genitori che per non sentire più piangere il neonato lo
sbattono a terra o spengono sul
suo corpicino mozziconi di sigaretta accesi o picchiano i bambini con la cinghia). E sappiamo bene come chi ha vissuto
situazioni di violenza in casa
spesso riporta la violenza subita al di fuori della famiglia da
cui la delinquenza minorile, la
droga, ecc.
È difficile riuscire anche solo
a toccare tutti i temi che sono
emersi dall’incontro, ma penso
che il programma della Comunità Montana sia un’ulteriore occasione per affrontare e approfondire problemi così importanti e non lasciare aH’improvvisazione o solo al nostro « buon
senso » l’educazione dei figli.
Myriam Bein Buzzi
__________20 CIRCUITO
Convegno
Monitori
Domenica 11 marzo si è svolto
l’annunziato convegno di Monitori e Monitrici a San Germano
Chisone. Erano quasi tutte monitrici! Si vede che il ministero
deH’insegnamento è più sentito
dall’elemento femminile che da
quello maschile! Erano rappresentate le comunità di Villar Perosa, San Germano, Pinerolo, San
Secondo e Prarostino.
La conversazione comprendeva
due parti. Nella prima si è fatto
un giro d’orizzonte durante il
quale ogni comunità ha esposto
il lavoro della sua Scuola Domenicale, entrando ampiamente anche nei particolari e mettendo
in luce gli aspetti positivi e negativi, le difficoltà di vario genere,
comuni un po’ a tutte le scuole
domenicali. Tutte hanno segnalato un calo nelle frequenze dopo
Natale, e la scarsa collaborazione delle famiglie, la tendenza a
delegare in modo esclusivo al
Pastore e le monitrici il delicato
compito dell’istruzione e educazione alla fede.
Nella seconda parte si è esaminato il materiale fornito dalla
Federazione. È stato valutato positivamente. Poche le critiche, o
per meglio dire i consigli per il
futuro. Materiale didattico meno
voluminoso, lasciando maggior
spazio alla fantasia creatrice dei
bambini. Buona è stata valutata
la rivista, anche se a qualcuno è
parsa un po’ pesante e troppo
ricca di dettagli di secondaria
importanza.
Sono emersi alcuni problemi.
La preghiera per esempio. Come
insegnare ai bambini a pregare?
E poi il problema della preparazione delle monitrici. Si è deciso
di avere l’anno prossimo prima
dell’inizio della Scuola Domenicale, uno o due incontri per approfondire insieme il messaggio
da trasmettere attraverso alle
singole lezioni.
Il gruppo di San Germano ha
fatto notare la mancanza di libri
adatti per i ragazzi e Topportunità di avere una Biblioteca a disposizione della Scuola domenicale, ed ha presentato una lettera indirizzata alla Claudiana invitandola a studiare la possibilità
di tradurre dalTestero un certo
numero di buoni libri della letteratura evangelica infantile. E
stata approvata alTunanimità.
PINEROLO
Venerdì 23 marzo ore 20.45,
Falazzo Vittone
« I cristiani e l’Europa »
Introduce il past. Aldo Comba
resp. servizio Rai-TV.
Organizza Tincontro il Centro
Sociale Frotestante.
7
23 marzo 1979
cronâca delle valli
PINEROLO
PRAROSTINO
I cattolici e l’assistenza
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La legge 382 sulle opere assistenziali è stata oggetto di dibattito a Pinerolo venerdì 16. I
relatori hanno insistito sulla non
precisa distinzione fatta dalla
legge sulle IPAB da eliminare
(trasferendo i loro compiti ai
comuni) e quelle da mantenere.
Innanzi tutto le IPAB sono « Istituti pubblici di assistenza e beneficenza » istituiti da una legge
che risale al 1850.
La legge opera una distinzione
tra le IPAB; quelle che hanno
Un « compito precipuo nella sfera educativa e religiosa » (art. 25)
sarebbero escluse dal passaggio
ai Comuni.
Il moderatore, Giancarlo Faletti, ha illustrato con una introduzione la legge e come non è
stata applicata.
Franco Barbero, a nome della
Comunità di base di corso Torino che organizzava il dibattito,
ha esposto le tre posizioni del
cattolicesimo al riguardo, facendo presente la consistenza ideologica del fenomeno assistenziale nel mondo cattolico.
Le linee principali fanno capo
al card. Benelli (La chiesa ha il
diritto di gestire in proprio opere di assistenza; se non lo facesse sarebbe in contraddizione con
la sua natura - No alla 382 perché politicizza l’assistenza); al
vescovo d’Ivrea, mons. Bettazzi
(Gli enti cattolici devono essere
un contributo particolare ad un
progetto generale); alle Comunità di base (Assunzione di una
responsabilità laica; dal pluralismo delle istituzioni al pluralismo nelle istituzioni).
Ha quindi preso la parola l’assessore all’Assistenza della Regione, Vecchione, che si è chiesto innanzi tutto se gli enti assistenziali sono effettivamente un
servizio per la Comunità o piuttosto un mezzo per esercitare il
potere (ha portato d’esempio alcune IPAB da mantenere che
agiscono in situazioni paradossali; un Ente religioso del vercellese che non svolge più attività assistenziale da almeno 50
anni e che affìtta i locali ad una
salumeria è stato classificato
IPAB della « sfera educativa e
religiosa »).
Per altri aspetti la legge è alquanto "tranciante", e proprio
per questo più pericolosa. Carlo
Borra, della DC di Pinerolo, ha
criticato la legge e il decreto 616
perché dà un mandato alle Regioni senza che esse abbiano una
legge-quadro che regoli il loro
UN ALTRO VOLTO DELLA NOSTRA STORIA
Tra le memorie del
pastore C. A. Tron
Gli articoli apparsi su EcoLuce, sull’argomento, sono molto interessanti.
C. A. Tron fu pastore della
mia comunità di S. Germano
dal 1889 al 1905. Tra i ricordi di
famiglia ho trovato due Rapport
Annuel sur la Paroisse de St.
Germain; 1896-1897 e 1902-1903.
Nella lettura di tali documenti, incontriamo un C. A. Tron
assai meno ottimista di quanto
appaia nel libretto del 1928. E’
vero che egli aveva — a quell’epoca — 45/52 anni. Non è più
il dinamismo della giovinezza,
non è ancora il distacco della
vecchiaia; è una piena maturità
che gli consente di dire; « ...nous
tenons à la fidélité et nous voudrions que notre rapport fût un
miroir reflétant le bien ainsi que
le mal... ».
Il problema dell’emigrazione è
sentito ; « ...ces émigrations accusent un mal qui travaille nos
vallées ; la misère, voilà la cause réelle... nous occuper de ce
problème c’est travailler au développement de la vie spirituelle et il ne peut y avoir un seul
doute à cet égard... ».
Una nota positiva sulla frequenza ai culti ma... « il nous
reste un petit nombre, éparpillé
dans tous les quartiers; qui néglige cet important devoir, qui
pour une cause, qui pour une autre... ». I motivi sono elencati;
SERVIZIO MEDICO
Comuni di ANGROGNA - TORRE
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Luserna S. G. Tel. 90.884 - 90.205
« ...une affaire à traiter, une
aversion pour tel fonctionnaire,
le travail qui presse... ».
Una nota positiva sulla gioventù ma « ...une partie de la
jeunesse nous échappe. Ce qu’il y
a de certain c’est que on ne peut
pas servir deux maîtres. Jeunes
gens et parents, peiîsez-y à
temps! »
Negativi i catecumeni ; « ...nos
catéchumènes ont été cette année d’une grande faiblesse provenant chez les uns du déficit
de la connaissance de l’Ecriture
et chez les autres du manque de
développement intellectuel... ».
Ma le dolenti note vengono
quando si parla della VIE SPIRITUELLE; «... l’égoïsme continue à régner, le MOI tend à se
fortifier, l’amour pour les plaisirs mondains se découvre facilement, l’attachement aux richesses, l’avarice dégoûtante, le
formalisme, la profanation du
jour du repos... pour quelques
sous on est disposé à trafiquer
son âme, le mensonge devient
une habitude, la tromperie et la
ruse s’unissent pour ruiner le
faible... » ecc. ecc... C. A. Tron
chiama tutto ciò NOS HUMILIATIONS. Egli espone anche
NOS JOIES;« ...quando on confesse Christ, quand on aime les
parvis de Dieu, quand on donne généreusement, quand on
aime et on pardonne, quand on
travaille, quando on se donne au
Seigneur... ».
Ci è duro di leggere queste cose. Il riscoprire l’altro volto della nostra storia può farci pensare che abbiamo finto di ignorare. Penso che, più che di finzione, si tratti di «non conoscenza»; siamo diventati pigri
e ci siamo adagiati su di un sentimentalismo (riconosciamolo
con umiltà) un po’ trionfalistico. Il chinarci con rispetto sulle
pagine del passato provoca in
noi un arricchimento per meglio
testimoniare nel nostro presente. La fede si matura di più attraverso esperienze di peccato e
di grazia che non attraverso
esperienze di gioia. La storia del
nostro popolo è intessuta di
eroismi noti ed ignorati ma è
anche intessuta di peccato e di
grazia. Porse, proprio C. A. Tron
ha saputo esprimere questo,
chiudendo il RAPPORT ANNUEL del 1902-1903 con queste
parole ; « Mélange étrange ! Humiliations et joies! C’est bien là
la vie de tous les jours, la vie individuelle et la vie de l'Eglise. Il
en sera ainsi jusqu’à la fin, mais
heureux sont ceux qui auront
persévéré ».
Nelly Rostan
mandato, contestando il criterio
di distinzione tra IPAB e IPAB.
Ha poi concluso con questa proposta; « Se vi sono enti con lunga esperienza che non si adeguano ai tempi, è bene eliminarli;
se si adeguano e riescono a trasformarsi, si mantengano pure
autonomamente ».
A questo punto si potrebbe far
riferimento ai nostri enti valdesi, che tuttavia non sono stati
presi in esame dai relatori, fatta eccezione per un breve accenno di don Barbero.
Per ultimo ha parlato Giorgio
Gardiol, consigliere di Democrazia-proletaria a Pinerolo, che ha
preso in considerazione la situazione del Pinerolese, dove, quando gli Enti assistenziali non funzionano, si trova la soluzione individuale, basata sulla sempre
valida « arte di arrangiarsi ». Gli
enti privati religiosi hanno avuto nella storia una funzione anticipatrice, poi complementarista, indi suppletiva. Oggi la lotta per la "diaconia" è la lotta
per la giustizia.
In generale i relatori hanno riconosciuto alla 382 alcuni meriti; di affrontare i problemi su
basi reali (anche se le conclusioni non sono altrettanto reali) e
di aver cominciato a dare informazioni sul problema.
Bisogna rilevare che il comitato organizzatore aveva invitato tutte le forze politiche pinerolesi, ma che solo tre hanno risposto all’invito.
L’assemblea, pur non eccessivamente numerosa, si è dimostrata attenta ed interessata al
problema.
Forse il tono delle relazioni ed
il modo di affrontare il problema era più per addetti ai lavori
che per molte persone che volevano solo informarsi e chiarirsi
le idee al riguardo.
Paolo Gay
Anna Revel
Ecumenismo
ad Angrogna
Sull'Eco del 9 marzo u.s. è apparso
un breve commento, a firma Renato
Bertot, sull’incontro ecumenico, fra
valdesi e cattolici di Angrogna, del 3
febbraio scorso.
Condivido sostanzialmente le valutazioni espresse dall'articolista, anche
se certe cose sarebbe forse stato meglio dirle in sede di dibattito.
Personalmente mi spiace che non si
sia concretizzata la proposta del pastore di costituire un gruppo misto di
studio biblico (avevo dato la mia adesione in sede d'incontro), proprio attraverso un confronto sulla base dell’Evangelo, avrebbero potuto emergere
i motivi di dissenso, le profonde diversità di concezione.
Il parroco locale concepisce e vive
la « fede » attraverso un'ottica estremamente « tradizionalista », improntata a generica spiritualità, all'osservanza scrupolosa di riti e precetti, all'ossequio più assoluto verso il magistero ecclesiastico.
Va da sé che questo atteggiamento
ha dato un’impronta caratterizzante alla comunità cattolica angrognina, per
cui diventa arduo trovare e stabilire
dei punti di contatto,
Comunque per tentare di portare
avanti il discorso • ecumenico » è certo il caso di riproporre assemblee aperte su temi ben precisi. Nel passato incontro don Ricca espresse il parere (non contestato da nessuno) che
cattolici e valdesi potessero ormai
« ballare » assieme attorno alla celebrazione eucaristica.
Propongo perciò che tale asserzione
sia fatta oggetto di discussione per
un prossimo incontro.
A me pare che la concezione cattolica del « magico » rinnovarsi del sacrificio di Cristo sulla croce, attraverso la celebrazione eucaristica, sia
assai lontana dallo spirito evangelico, e dal pensiero del Cristo stesso.
Tantissime cose sul concetto di
chiesa, di gerarchia, sul modo di intendere la fede vi sarebbero da dire,
ma per ora è forse meglio limitarsi
al tema proposto.
Adelchi Ricca, Angrogna
• Sabato 24 marzo la nostra filodrammatica presenterà la commedia « Il Piatto di Legno », alle
ore 21 nella Sala valdese di San
Bartolomeo.
• Il culto a Roccapiatta è stato
ancora una volta spostato per
ragioni di forza maggiore a domenica 1 aprile, ore 14,30 ai Rostagni, anziché domenica 25 marzo come era stato precedentemente annunziato.
ANGROGNA
I culti tenuti dal gruppo EGEI
del P.-'Vernè hanno toccato il
tema della speranza; buona la
partecipazione.
• L’Un. Pemm. prosegue nello
studio di canti valdesi in vista
di alcune visite ai nostri Istituti.
• Simpatia e solidarietà a
Daniele Coisson, dei Cougne, per
la recente perdita del fratello
Alberto di 67 anni.
• Dopo l’energia nucleare il
tema delle prossime riunioni
verterà su problemi e prospettive degli Istituti 'Valdesi.
• Affrettarsi ad iscriversi per
la gita a Firenze d£il 27 aprile
al 1° maggio; posti limitati. Rivolgersi al pastore.
SAN SECONDO
• In occasione della riunione
quartierale del 9 marzo sono stati inaugurati i restauri della
scuola di Grotta che hanno rinnovato completamente questa
antica scuoletta all’interno ed all’esterno. Sono stati rifatti; il
pavimento, il soffitto, gli intonaci, gli infissi (porta e scuri), è
stato anche messo in opera un
marciapiede in cemento intorno
aH’edificio in modo da allontanare rumidità dei muri. Ringraziamo veramente di cuore i fratelli,
le sorelle ed i ragazzi che hanno
dato volontariamente tutta la
mano d’opera per questo lavoro.
PRAMOLLO
• Il culto di domenica 11 marzo è stato presieduto da un gruppo di catecumeni che la comunità ringrazia per l’apprezzato
messaggio, centrato sulle parole
di iGesù Cristo ; « Voi siete il sale della terra... Voi siete la luce
del mondo ». Ognuno di noi è invitato a riflettere e a chiedersi
sinceramente in qual misura può
considerarsi « sale della terra »
e « luce del mondo che risplende
nel cospetto degli uomini affinché veggano le vostre buone opere... ».
• Sabato 17 marzo nel tempio
di Ruata, si sono imiti in matrimonio Sappé Rino (Bocchìardoni) e Usseglio Adriana (Villar
Perosa). A questi giovani sposi,
che per il momento non abbandoneranno Pramollo, giunga l’augurio più sincero di una vita serena e felice sotto lo sguardo del
Signore.
POMARETTO
• Domenica 18 marzo ha avuto
luogo l’annunciata assemblea di
chiesa con il seguente ordine del
giorno: nomina di due nuovi responsabili e proposta di una
commissione per questioni concernenti il culto.
Risultano confermati quali responsabili per Pomaretto Griglio Alessandro e Peyronel Ferruccio con voti 53. Panno parte
della commissione per il culto:
Baret Guido - Calvetti Franco Di Gennaro Anna - Gomba Fiorella - Grill Speranza - Marchetti SOvana - Rostan Viola.
• Il culto di domenica prossima, 25 marzo, sarà a cura dei
giovani della P.G.E.I. e la colletta a favore della Federazione
giovanile.
• Il culto di domenica prossima 25 marzo all’Inverso sarà
presieduto dal pastore di Bobbio Pellice Bruno Bellion.
Scuola Latina - Iscrizioni alla Media
In vista delle iscrizioni alla 1” IMedia della Scuola Latina di Pomaretto (per
l’anno scolastico 1979-80) si invitano tutti i genitori valdesi interessati, delle
Valli Chisone-Germanasca, a partecipare ad un incontro che avrà luogo alla
Scuola Latina il giorno sabato 31 marzo alle ore 17.
Il Comitato sinodale del Collegio e Scuola Latina
LUSERNA
SAN GIOVANNI
« Educazione in vista della fede » è il tema che sarà discusso
dalTAssemblea di Chiesa, convocata nei locali della « Scuola
Grande » di Via Beckwith, sabato 24 c.m. alle ore 20.30.
Data l’importanza del tema
che verrà trattato, tutti i membri
di chiesa sono cordialmente invitati ad essere presenti al dibattito al fine di giungere a proposte ed iniziative concrete.
• Una simpatica giornata, in
un clima di vera comunione fraterna ha vissuto domenica scorsa la nostra comunità con i fratelli della Chiesa Battista di Torino, in visita alle valli.
• Il culto di domenica prossima, 25 c.m., in lingua francese, sarà presieduto dal pastore
Giorgio Tourn che ringraziamo
per la sua preziosa collaborazione.
• In questi ultimi tempi abbiamo accompagnato al campo del
riposo le spoglie mortali di Enrieu Maddalena ved. Bounous,
deceduta agli Airali all’età di
anni 82 e di Minetto Edi, di anni 58, da Torino.
L’espressione della solidarietà
della chiesa giunga rinnovata
alle famiglie di queste sorelle
scomparse.
• Martedì 27 corr. riunione
quartierale alle Vigne, alle ore
20.30.
RORA'
Martedì 13 abbiamo accompagnato al cimitero Roberto Mourglia (Lin), deceduto presso l’Asilo di S. Giovanni dove trascorreva i mesi d’inverno con la speranza di ritornare a casa sua in
primavera. Desideriamo ringraziare il pastore Adamo che ha
presieduto il funerale come pure tutto il personale dell’Asilo
che ha avuto in cura il nostro
fratello.
• Un ringraziamento anche all’anziano Aldo Tourn che ha
presieduto il culto domenica 11
marzo.
• Giovedì 22 alle 20.30 nella
sala delle attività avremo il nostro incontro quindicinale sul
tema delle centrali nucleari e
del referendum regionale proposto dai radicali. Abbiamo invitato a presentarci l’argomento Attilio Sibille della comunità di
Torre Pellice che ringraziamo
sin d’ora.
• Sabato 17 il Gruppo Teatro
Angrogna ha presentato il suo
lavoro su « Pralafera 1920 », le
vicende dell’occupazione della
fabbrica Mazzonis, in presenza
di un folto pubblico.
Ringraziamo gli amici di Angrogna per questa loro gradita
visita.
Dopo lunga malattia ha terminato
la Sua operosa vita terrena
Elvira Grill
di anni 80
Profondamente addolorati ne danno
l’annunzio : gli amati nipoti Mansuino e Grill; ì parenti tutti.
I funerali hanno avuto luogo nella
Chiesa Valdese il 9 marzo u.s.
La famiglia ringrazia quanti hanno preso parte al suo dolore.
« E fattosi sera Gesù disse:
Passiamo all’altra riva ».
(IMarco 4: 35).
Sanremo, 10 marzo 1979.
RINGRAZIAMENTO
Le famiglie Peyrot e Macrì ringraziano per le affettuose dimostrazioni
di amicizia e di simpatia tributate alla
loro cara
Susanna Balmas Peyrot
Torino, 7 marzo 1979.
RINGRAZIAMENTO
I familiari del compianto
Alessio Gardiol
commossi e riconoscenti per la dimostrazione di affetto e stima tributata al
loro caro, ringraziano tutti coloro che
in qualsiasi modo hanno preso parte
al loro dolore.
Un particolare ringraziamento al
Dott. Ros Sebastiano Raul, ai Pastori
Cipriano Tourn e Arnaldo Genre, agli
amici, parenti e vicini di casa.
Prarostino, 15 marzo 1979
8
8
23 marzo 1979
DOPO L’ULTIMO CONFLITTO IN INDOCINA
Per una lettura critica
delia reaità vietnamita
Gli ultimi avvenimenti di Indocina, qualsiasi giudizio se ne
dia, non possono e non devono
intaccare il debito straordinariamente grande che tutte le forze
democratiche e socialiste italiane e internazionali hanno verso
l’eroica guerra di liberazione condotta dal popolo vietnamita, che
per limghi decenni (ed in particolare dalla metà degli anni Sessanta ai primi anni Settanta) ha
rappresentato un polo di riferimento essenziale per tutti noi.
La campagna di solidarietà
col Vietnam aveva indubbiamente aspetti manicheistici da criticare (era certamente sbagliato
considerare i vietnamiti sempre
e comunque buoni e gli americani ed i loro mercenari sempre e
comimque cattivi), ma aveva anche una capacità di mobilitazione democratica e internazionalista capace di superare gli angusti patriottismi della retorica
nazionale. Rivendicare questo
grosso debito che tutta la sinistra ha verso il Vietnam non
significa evidentemente chiudere gli occhi sugli errori della resistenza vietnamita di ieri e di
oggi, ma riaffermare che molto
abbiamo ricevuto dai comunisti
vietnamiti e qualcosa abbiamo
anche loro dato, poiché la solidarietà intemazionale è stata
uno degli elementi della loro
vittoria.
Limiti
di indipendenza
Con la dura esperienza del
« senno di poi », la storia del
Vietnam mette in evidenza in primo luogo i limiti di indipendenza delle nazioni medie è piccole.
Il Vietnam ha combattuto la sua
disperata battaglia per ima rivoluzione nazionale al centro
del conflitto tra le tre maggiori
potenze mondiali ed ha dovuto
affrontare l’offensiva massiccia
degli Stati Uniti potendo contare sull’appoggio di due stati
divisi da un’aspra rivalità come
la Cina e l’Unione Sovietica. Come hanno dimostrato gli ultimi
avvenimenti, le due grandi potenze comuniste erano interessate soprattutto all’ampliamento
della loro sfera d’influenza e
quindi già durante la guerra di
liberazione avevano iniziato a
ricattare i vietnamiti per ottenerne l’amicizia forzata. Con
prodigi di equilibrio e di misura
da non dimenticare, i vietnamiti
sono riusciti a conservare l’appoggio sia dei russi sia dei cinesi fin quasi alla fine della guerra; ma subito dopo la vittoria,
quando venne meno l’interesse
intemazionale verso di loro, hanno dovuto cedere alla logica di
potenza schierandosi con i russi, meno pericolosi perché più
lontani e in grado di fornire un
aiuto tecnologicamente più avanzato per la ricostruzione del
paese.
Comitato di Redazione: Sergio
Aquilante, Dino Ciesch, Marco Davite, Niso De Michelis, Giuliana
Gandolfo Pascai, Marceila Gay,
Ermanno Genre, Giuseppe Platone,
Ornella Sbaffi, Liliana Viglielmo.
Direttore: FRANCO GIAMPICCOLI
Dirett. Retponsabiie : GINO CONTE
Redazione c Amminiatrazione : Via
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La Luce >.
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Cambio di indirizzo L. 100.
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■ economici ISO per parola.
Fonde di solidarietl : c.c.p. 2/39878
intestato a : Roberto Peyrot - Corso
Moncalieri, 70 - 10133 Torino.
Reg. Tribunale di Pinerolo N, 175,
8 loglio 1960.
Cooperativa Tipografica Subalpina
Torre Pellice (Torino)
Il legame
tra ieri e oggi
Non mi sembra possibile parlare oggi di Indocina senza ricordare gli spaventosi massacri
che un popolo per tanti aspetti
democratico come quello statunitense (sia detto senza ironia) è
stato capace di apportarvi. Chi
piange oggi (e giustamente) sulle centinaia di migliaia di cambogiani uccisi dai comunisti delle due parti non deve dimenticare i due milioni di morti fatti
dagli americani, un quarto della
popolazione totale della Cambogia. Chi piange oggi (e giustamente) sulle centinaia di migliaia
di profughi dal Vietnam non deve dimenticare che in dieci anni
di guerra gli americani hanno
scientificamente distrutto 2 terzi delle risaie e delle foreste delle regioni meridionali e deportato nelle città tre quarti della
popolazione, costringendo questa
massa di ex-contadini a vivere
di espedienti e corruzione. Chi
denuncia oggi la tragedia del
Vietnam non può evitare di ricordare con uguale forza che
l’intero tessuto sociale delle regioni meridionali e l’intera economia indocinese sono stati sacrificati alla logica di potenza
di un grande paese nostro amico e alleato come gli Stati Uniti.
Altrimenti cadiamo nel basso
sciacallaggio degli anticomunisti
di professione vecchi e nuovi,
che disonora solo chi lo pratica
e chi lo ascolta.
Margini di libertà
a caro prezzo
Malgrado questi limiti di fondo e queste distruzioni, la trentennale guerra di liberazione
del Vietnam fornisce un esempio straordinario dei margini
di libertà che ancor oggi restano per i popoli decisi a approfittarne, sia pure a prezzi estremamente alti. Tutte le brutalità
che hanno certamente macchiato
la rivoluzione vietnamita (anche
la guerra più giusta e popolare
ha sempre una carica di violenza e di oppressione, come sa chi
ha esperienza della nostra resistenza) passano in secondo piano dinanzi allo spettacolo straordinario di un popolo contadino capace di resistere alla aggressione spietata dell’esercito
più potente del mondo; per battere la furia distruttrice dell’aviazione americana non bastavano i razzi antiaerei fomiti dai
russi, ci volevano la compattez
za e tenacia di popolo eccezionali di cui diedero prova i vietnamiti e la solidarietà internazionale che seppero suscitare.
Per molti aspetti la guerra di
liberazione vietnamita segna il
trionfo dell’uomo sulla macchina bellica, della guerra di popolo
sulla tecnologia più avanzata (ed
è anche, non dimentichiamolo,
una vittoria di quello spirito democratico che mosse tanti giovani americani a battersi contro
la guerra ingiusta condotta dal
loro governo); fornisce quindi
ima dimostrazione evidente che
anche lo strapotere delle grandi
potenze ha dei limiti, che anche
nell’era atomica una parte del
nostro destino dipende ancora
da noi.
Il dopoguerra esige
giudizi netti
Sul dopoguerra bisogna dare
giudizi netti. Vinay ha già sottolineato come le spaventose con
dizioni di distruzione e miseria
delle regioni meridionali del Vietnam abbiano frustrato l’appello
alla riconciliazione nazionale lanciato dai vincitori dopo la conquista di Saigon. Le grandi potenze hanno agito secondo la loro logica, Cina e Stati Uniti rifiutando qualsiasi aiuto al Vietnam per impedire che una ricostruzione troppo sollecita gli permettesse di giocare un ruolo internazionale, l’Unione Sovietica
concedendogli rifornimenti essenziali per la sua sopravvivenza (non dimentichiamo che il
paesé non è oggi autosufficiente
neppure per l’alimentazione),
condizionati però a brutali ricatti politici.
Un centesimo in aiuti di pace
di quello che gli Stati Uniti hanno speso per distruggere il Vietnam sarebbe bastato a equilibrare la presenza russa in Indocina
ed a permettere un risollevamento delle condizioni economiche del paese; invece le tre
grandi potenze si sono trovate
concordi nel fare tutto il possibile per minare il prestigio e
l’autorità morale che il Vietnam
si era conquistato con la sua
eroica resistenza. Nelle regioni
meridionali ci sono oggi milioni
di spostati, di invalidi, di soldati disoccupati, di uomini donne
e ragazzi costretti per anni a
vivere sullo spreco dell’occupazione americana, ci sono milioni
di bambini e ragazzi che della
vita hanno conosciuto solo gli
aspetti più avvilenti e degradanti; a tutti costoro il regime co
munista può offrire soltanto la
durissima vita del contadino povero in una campagna distrutta
dai bombardamenti. C’è da meravigliarsi che la crisi sia generale, che i profughi siano centinaia di migliaia, che le minoranze etniche rifiutino di sacrificarsi, che razionamento e ordine pubblico siano imposti con
mano pesante?
Tutti quelli che denunciano
con indignazione questa situazione dovrebbero dire con altrettanta chiarezza se per loro la
Saigon degli americani era più
ricca di prospettive democratiche, oppure battersi senza riserve per un aiuto internazionale
efficace, l’unica via per migliorare rapidamente la situazione
vietnamita. Ciò non porta evidentemente a giustificare l’invasione della Cambogia, anche
se ha cause più complesse di
quanto risulti dalla grande stampa; ma vale la pena di notare
che gli stessi che condannano
l’imperialismo vietnamita mostrano poi comprensione per la
moderazione della « lezione » impartita dai cinesi al Vietnam
e per la prudenza di cui russi e
americani hanno saputo dare
prova in questa stessa circostanza. Evidentemente le aggressioni delle grandi potenze disturbano meno, ciò che importa è
che non mettano in pericolo la
pace mondiale.
Giorgio Rochat
[la settimana internazionale
*■- —
Triste bilancio
a cura dì Tullio ViolaJ
Abbiamo detto, la settimana scorsa, di non comprendere
nulla di quanto è accaduto fra
Cina e Vietnam. Confermando
questa nostra incapacità a comprendere, non possiamo tuttavia
esimerci dal tornare sull’argomento, per dire che, proprio perché non abbiamo compreso nulla, questa guerra, tanto stupida
quanto perversa (tutte le guerre
sono stupide e perverse, ma questa lo è in modo particolare, se
non andiamo errati), ci lascia
profondamente amareggiati e
preoccupati
Scrive Sandro Viola su « La
Repubblica » del 13.3.’79:
« Per il momento, l’impressione è che la guerra Cina-Vietnam
sia finita, grosso modo, alla pari: un sanguinoso match nullo,
tanto sul piano militare quanto
su quello politico. (...) Ma il risultato di stallo, di parità, non
sembra, in questo caso, molto
rassicurante, non proietta alcuna garanzia di stabilità, e anzi
lascia intravedere (dall’una e
dall’altra parte) un accumulo di
frustrazioni e di spinte aggressive che finiranno col pesare pe
ricolosamente sulla situazione in
Asia e sugli equilibri globali. D’altronde non si dà inizio ad una
guerra di questo tipo, e in una
congiuntura internazionale già
febbrile come quella che esisteva al momento dell’attacco cinese il 17.2, per concluderla rapidamente al tavolo delle trattative: quale vera intesa può per ora
intervenire tra la Cina da un lato e il Vietnam con l’URSS dall’altro, regimi divisi da opposte
mire strategiche, da uno dei
grandi scismi ideologici della
storia e da un’implacabile avversione nazionale? Quale negoziato è mai possibile, mentre Deng
dichiara, come ha fatto domenica 11 c., “Volevamo saggiare le
reazioni della tigre e perciò siamo andati a toccarle il deretano’’? (...)
I 150.000 uomini dell’esercito
cinese, che sono stati coinvolti
nella guerra, hanno certarriente
impartito ad Hanoi la “lezione”
che Deng Xiaoping aveva detto
a Carter essere irrimandabile.
Le foto e i film giunti da Lang
Son mostrano anzi che, quando
Deng parlava di lezione, voleva
Doni Asilo Luserna S. Giovanni
Doni pervenuti nel mese di dicembre
L. 1.201.000: Comitato Vallone - Olanda.
L. 100.000: Griffa Angelo; Odette Baimas Eynard, In mem. di Predino Baimas e di Luigia e Federico Eynard.
L. 53.000: In mem. di Romano Giovanni e Luigi, le sorelle Giulia e
Lidia.
L. 50.000: Chiesa dei Fratelli di Torre Pellice; In mem. di Enrico Buffa, le sorelle (Angrogna) ; Rostan
Albina, in mem. del marito (osp.
Asilo); Pons Rivoir Maria (osp. Asilo); Pellizzaro Jole; Lega Femminile
Valdese di Como; Chiesa Valdese di
Angrogna.
L. 35.000: Martini Etisia (Torino).
L. 34.500: I colleghi di Lino Oecanale,
in mem. della mamma Giuseppina
Paira Decanale.
L. 30.000: Peyronel Giorgio (Milano).
L. 25.000: A.P.A., in mem. del pastore
Renato Bertin
L. 20.000: Adelina Bounous ved. Mondon (osp. Asilo); N. N.; Aldo e
Bianca Richard; Pons Edi ved. Tourn,
in mem. del papà Pons Ernesto; Pons
Olga, in mem. del marito E. Pons;
Tron Adele (Torino): N. N.; Coisson
Roberto e Elisa (Torre Pellice).
L. 15.000: Zecchini Nelly (Venezia) ;
Ghigo Erminia (Milano); Balmas Juliette, in mem. del mio caro Fredy.
L. 10.000: Vittone Rosetta, in mem. di
Caterina Monnet in Paschetto; Romano Alfredo (Prarostino) ; In mem.
di Talmon Enrico, la moglie (Pinerolo): In mem. di Alice Long, Fiorelisa Long Vinçon (Pinerolo) ; Coucourde Giulio (Pinerolo); Goss Adele ved.
Rivoira, in mem. dei figlio Ernesto
(osp. Asilo); Martlnat Eglantine, in
mem. della sorella Paimira (osp. Asilo); Nelly e Giovanni Saragosi, in
mem. dei nostri cari; In mem. di
Bertin Davide, la moglie e figlia Irma; Marcel e Josephine Sauthier
(Torre Pellice); Tamburini Rosa (Livorno).
L. 5.OD0: B. P. R., in mem. dei miei
cari (Torre Pellice); in mem. di Caterina Monnet in Paschetto, Elisa
P. R. (Torre Pellice); Laura e LInette
Monastier, in mem. di Semini Carro
Tedesco (Torre Pellice); Reynaud Lea
(osp. Asilo); Elda, in mem. di magna
Lidia Piston; Elda, in mem. di barba Tiene Pons; Visentini Russo Maria, in mem. suoi cari defunti (osp.
Asilo); Reynaud Lea, In mem. del cognato Ricca (osp. Asilo); Lapisa
Giulio e Giovanna; Gobello Elisabetta, in mem. dei suoi cari (osp. Asilo); Judith Behie-Chadima, in mem.
di Hedwige Pellizzaro-Kind (Verona).
L. 2.<XK): Pons Rivoir Maria, In mem.
di Thiene Pons (osp. Asilo)
Doni pervenuti nei mese di gennaio
L. 10.000.000: Un fratello e una sorella di Chiesa (Roma).
L. 4.078.792: Chiesa Riformata di Horgen (Zurigo).
L. 500.000: Chiesa di Basilea.
L. 330.000: In mem. di Elvira Tron Reganey, fratelli, sorelle e nipoti.
L. 200.000: Gönnet Giancarlo (Torino);
RIV-SKF di Villar Porosa.
L. 169.302: 1. e E. Montaldo; Y, F.
Neishc (USA).
L. 169.200: F. Neisch (Ossining USA.
L. 150.000: In mem. di Evelina Gay, Insegnante; In mem. di Vincenzo Taccia, i figli.
L. 125.000: N. N., in mem. di Evelina
Tron Reganey.
L. 100.000: Salvaran! Letizia (osp. Asilo): Chiesa Cristiana Evangelica, via
Crissolo Torino; Albarin Biancamaria e Daniele, in mem. di Albarin
Bruno.
L. 60.000: Laura Jon Scotta (Torino).
L. 55.000: Pons Rivoir Maria (osp. Asilo).
L, 50.000: Con grande dolore, In mem.
di Franco Cullo, la moglie e la figlia;
In mem. di Franco Cullo, i cognati;
Giacomelli Elio (S. Giuliano Terme);
Franco, Elda e Paolo Favout, nel
ricordo del loro caro Renzo; L.E.A.;
Martinelli Maria, in mem. del marito; Elena Michelin Salomon in Girando (Bibiana); In mem. di Pavarin
Giacomo, la moglie; Schenone Federico e Emma, in mem. della sorella
E. T. (Genova).
L. 48.000: Roman Giorgio e Claudia.
L. 40.000: Revel Elena ved. Favout e
figli, in mem. dei nostri cari scomparsi.
(Continua)
dire che i cinesi si sarebbero lasciati dietro, al momento del ritiro, la terra bruciata: le immagini della odierna Lang Son appaiono infatti identiche a quelle
di tante città vietnamite dopo i
bombardamenti dei “B 59" americani nei primi anni Settanta.
Questo sul piano militare,
mentre il significato politico dell’operazione è anche più severo:
perché Pechino ha fatto capire
d’esser ormai pronta, quando i
suoi interessi regionali fossero in
discussione, a far seguire alle
parole i fatti, ragion per cui il
Politburo di Hanoi dovrà mettere in conto, da adesso in poi,
qualsiasi mossa faccia nel Sudest asiatico, la possibilità d’una
risposta armata cinese. Per la
“Cuba dell’Asia”, come Deng
chiama il Vietnam, l’avvertimento è stato chiaro e duro.
Ma Pechino si proponeva anche di sgretolare “il mito dell'invincibilità vietnamita”, e questo
risultato non sembra affatto raggiunto », (A proposito di questi
miti, noi europei, da Napoleone
a tutt’oggi, sia pure con la lunga
pausa dal 1815 al 1870, ne abbiamo visti troppi per poterci ancora credere). « Deng sostiene
ora che, nei giorni scorsi, le sue
truppe hanno affrontato e disperso anche alcune delle divisioni
“d’élite” vietnamite, e non soltanto la milizia di frontiera. Ma
la cosa non è affatto certa: “Nessuno sa (argomenta il giornale
inglese “Economist”) che cosa
sarebbe accaduto se alcune divisioni vietnamite fossero state
concentrate, con un massiccio
appoggio aereo, contro le forze
cinesi che avevano occupato il
saliente di Cao Bang; forse i
vietnamiti avrebbero ottenuto
una grossa vittoria...”.
In realtà, sembra sufficientemente chiaro che, usando una
parte minore delle sue forze di
terra ed una parte minima del
suo potenziale aereo, il Vietnam
è riuscito a reggere furto del
grosso corpo di spedizione nemico. E, soprattutto, i vietnamiti
hanno potuto sventare quello
che, quasi certamente, era il vero obiettivo tattico di Pechino:
costringere lo stato maggiore di
Hanoi a spostare le sue truppe
dalla Cambogia (e dal Laos) a
difesa del territorio nazionale. A
quanto sembra, i vietnamiti hanno riportato in patria soltanto
un paio delle 13 divisioni che
mantengono in Cambogia; il loro controllo, sul terreno della
guerriglia pro-cinese, resta quindi intatto, l’operazione decisa da
Deng non ha modificato minimamente V “espansione” vietnamita nel Sud-Est asiatico. (...) ».