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•Uno X — N. 3. \ II SEKIE 15 Febdeajo 1801
LA BUONA NOVELLA
GIORNALE DELLA EVANGELIZZAZIONE ITALIANA
'■vxaaT^SVVvv^
Seguendo la verità nella caritìi. — Efbs. VI. 15.
PREZZO DI ASSOCIAZIONE j LE ASSOCIAZIONI SI RICEVONO
Per lo Stato [franco a destinazione] .... £. «3 00 ^ In Toeiììo all’Uffizio del Giornale, via del Principe
Per la Svizzera e Francia, Id........... „ 4 25 ì Tommaso dietro il Tempio Yaldese.
Per l’Inghilterra, id................... „ 5 60 > Nelle Pbovikcib per mezzo di franco-bolli pò
Per la Oermania id................... „ 5 50 ? stali, che dovranno essere inviati franco al Di
Non si ricevono associazioni per meno di un anno. / rettore della Buona Novella.
AH'estero, a’seguenti indirizzi; Parigi, dalla libreria C. Mcyrueìs, me Rivoli;
Ginevra, dal signor E. Beroud libraio; Inghilterra, dal signor G. F. Mullcr,
General Merchant, 2G, Leadenhall Street. E. 0.
SOMMARIO
AtliuHUà: Del matrimonio civile. — Polemica .• I motivi per cui ho lasciato la Chiesa di Roma,
parole d’un ex-sacerdote (V. il N. preced.) — SpigókUure : La coscienza. — Corrispondenza lUlla.
Biiona. I^oculla: Napoli. — Inondazioni in Olanda.
AVVISO
Circostanze indipendenti dalla nostra volontà ci hanno
costretto a ritardare di alcuni giorni la pubblicazione di
(]uesto numero. Direzione
ATTVAIilTA
MATRIMONIO CIVILE
?
osiro del
(a proposito del libro del canonico G. B. Avignone di Milano)
Sta per uprirsi iSijuovo Parlamento italiano. Fra le questioni che
siirù chiamato a decidere, non ultima per certo è quella del matrimonio civile. Nel giugno 1860 il ministro di Grazia e Giustizia propose all’esame del Parlamento italiano un progetto di revisione del
Codice Albertino-, contenente una nuova legislazione tutta civile sul
matrimonio. La Commissione incaricata dello studio di quel prò-
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getto lo lia per maggioranza di voti e nel suo intiero adottato. Il
nuovo Parlamento riceverà in conseguenza favorevole rapporto dalla
suddetta Commissione, e sarà chiamato a ponderare ed a sanzionare
il progetto. Noi non dubitiamo dell’esito, e siam persuasi che sarà
consentaneo alla medesima civiltà.
In seno alla Commissione il deputato Andreucci aveva proposto
un emendamento al progetto governativo. Quella proposta spiegata
poi nel famoso discorso del deputato Giorgini invece di dichiarare
“ nullo il matrimonio che non sia stato contratto davanti aH’uffìziale
pubblico competente, ” come vuole il progetto del governo all’articolo 181, modificava la legge nel modo che appresso : “ 1° Il matrimonio doversi per regola generale contrarre e celebrare colle condizioni, colla forma e con gli effetti che prescrive la religione dei
conjugi. 2° Dovere coloro che per qualunque causa non possono o
vogliono celebrarlo così, aver modo stabilito e regolato per legge di
contrarlo e celebrarlo in forma meramente civile con pienezza d’effetti gim’idici, ” Tale proposta perchè apre la via all’arbitrio quindi
alla confusione venne respinta dalla maggioranza della Commissic ne,
e questo fatto stesso ci è pegno assicurato, che il progetto governativo verrà pienamente accettato dal nuovo Parlamento, specialmente
se abbiam riguardo alla natura delle elezioni che con maravigliosa
prudenza determinarono la composizione di quel primo anfizionato
della Italica nazione. Noi avremo adunque in Italia il matrimonio
civile !
Questa è più che speranza è convinzione per noi, imperocché nè i
bisogni di un popolo a nuova vita risorto soffocar si ponuo, nè il
corso dei tempi e delle idee liberali menomamente fermai-e. E questa
è pure convinzione di quel partito che di natura osteggia a tutte le
riforme sì civili che religiose, intendi del clero che affannoso e tremante da ogni parte vediamo correre alla breccia perchè si sente
sfuggir dalle mani la secolare universale precipua sua potenza. Già
ne ha ben d’onde, stante che col matrimonio civile vien creato un
nuovo intiero stato civile, vengon tolti ai preti i registi i eziandio di
nascite c di decessi, vien rotta quella spada che Roma teneva ancor
sospesa sul capo ai suoi addetti, vien troncato quel nodo con cui vincolava l’uomo civile nelle tre epoche più importanti di sua vita,
viene schiantata quella fatale antica carta per la quale essa avea
diritto civile sulla famiglia e sulla società, vien posto fine insomma
ad ogni concordato cioè ad ogni compromesso !
Non ci fa quindi maraviglia che il Clero lombardo benché poco
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memore in ciò delle antiche gloriose tradizioni della Chiesa Ambrosiana, voglia presentare al Parlamento una memoria in pi-oposito,
nell’intento d’impedire se fia possibile, che venga sanzionata la nuova
legge. Già fu fatta leggere in pulpito da tutti i parroci della Lombardia la suddetta memoria, nei giorni di Sabato e Domenica 2 e 3
del corrente mese, dopoché, venne affissa iu tutte le sagrestie acciocché tutti ne prendessero conoscenza. Non l’abbiamo letta e non possiamo quindi giudicare che impressione più o meno ]irodurrà sul
Parlamento, ma per quanto ci vien dato di sapere intorno allo spirito che la informa abbiamo motivo di credere che sarà respinta ed
anche onorata di poca considerazione. Un canonico di Milano il signor G.B. Avignone aveva pubblicata in gennajo nel giornale il Goìiciliatore una serie d’articoli suH’argomento, che ha poi riuniti in un
opuscolo di 166 pagine, anche quello dedicato “ al primo Parlamento italiano. ’’ Questo signor Canonico pare un po’ più largo e
liberale della maggioranza del Clero lombardo, egli studia la questione con calma, con serio e convinzione, cd anche con un po’ di
scienza.
Egli crede la proposta dell’Andreucci “ consentanea ai principii
del diritto naturale e del diritto pubblico inaugurato coi nuovi ordini tra’ di noi. ” Egli ne fa speciale “ soggetto di studio " e spera
“ di vederla meglio considerata dal Parlamento medesimo. ” Tuttavia la sua simpatia per la detta proposta proviene da preoccupazioni
cattoliche ; Egli “ ebbe in animo di tutelare gli interessi religiosi in
quel punto dove più gli sembravano pericolati ed oifesi ... e quel
punto credette di ravvisarlo precisamente nel ripudio che si propose
(nel progetto governativo) della fokma cattolica. ” “• Egli dunque (son precise sue parole) non è nè intieramente contrario alla
proposta governativa nè intieramente favorevole alla tesi del sig. Audreucci. Non assume nè di combatter l’una, nè di difender l’altra in
tutto e per tutto. Limita le sue indagini ad un punto solo ed indirizza sua memoria a provare che quando debba farsi una legislazione
civile sul matrimonio, tale legislazione non può, non deve togliere la
efficacia civile alla forma usata dai cattolici. ”
IMa diamine, direte con me, questo Canonico è molto preoccupato
(Ielle forme! E di che lo sarebbe ve ne prego ? Non è forse la Romana Chiesa tntta impietrata e impermalita nelle formef D’altronde
il sig. Avignone ve ne spiega il motivo.— Egli riconosce che il matrimonio è di sua natura anteriore ad ogni civile società, e si basa
sulla natura, che poi, formatasi la società, il matrimonio di semplice
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contratto naturale, passo ad assumere le forme e le garanzie di contratto civile ; che infine per opera della Chiesa fu sottoposto alla religiosa legislazione. — Egli cita S. Tommaso che dice “ essere il
matrimonio un triplice ufficio, im’ufficio di natura, un’ufficio civile e
un’ufficio religioso, governato dai tee diversi principj che a questo
triplice ordine presiedono. ”
Egli, benché abituato come cattolico a veder nel matrimonio un
fatto solo, inscìndihile, unico, scorge tuttavia tra Tatto religioso ed
il contiTitto civile una grandissima diversità e dice che “ anche per
i cattolici per cui il contratto ed il sacramento sono una medesima
cosa, anche per questi è innegabile che quel contratto, nel quale
collocano il sacramento, ha un lato intieramente cinle, che colpisce
rapporti civili, c dev’essere sottoposto alle disposizioni della legge
civile. ”
Ma dunque ! perchè non ammette egli il matrimonio civile ?...
Perchè non accetta egli la proposta governativa? ... Ah! eccolo
il perchè : “ perchè il punto di maggior contatto dei due ordini
(civile e religioso) è appunto la forma con cui si celebra il matrimonio , e che il divorzio del? una legge dall’ altra avviene sul
terreno della forma. Ciò non vuol però dire, aggiunge egli, che sia
questa una pura questione di forma ; qui la forma è essenziale, la
forma è tutto, la forma decide della validità o della sussistenza, la
forma è quella che mette in essere il matrimonio medesimo. Adottate una forma unica, e nou si parla che di un matrimonio solo,
adottate due forme ed allora avete due matrimonj. ” E conchiude.
‘ ‘ Che cosa è adunque il matrimonio civile ? Gli è il matrimonio separato da ogni rapporto religioso, il matrimonio come l’ebbero i
Pagani, come l’hanno i Protestanti e gli Ebrei, il matrimonio senza
.sacramento! ” Avete capito? Ciò significa ch'egli infine in fondo non
vuol saper nulla nè della proposta governativa nè della proposta Andreucci, ch’egli non vuol cangiamento di sorta-, ch’egli vuol ì&foma
cattolica. E finita ! A tutti i passi del sociale progresso, in tutte le
riforme, e ciò ad onta anche dei sensi i più liberali, è giuocoforza
che i Romani ripetano in coro coll’Antonelli il famoso “ non possimius ! ”
Il matrimonio senza sacramento! è impossibile e sarà mai sempre
impossibile ! — Vero è che G . Cristo non ha istituito un sacramento
matrimoniale, come di volo lo pretenderebbe, senza darne prove, l’autore, e che in tutta la Kbbia non si trova nulla di consimile ; ma
che importa? la SS. Chiesa ha dichiarato il matrimonio atto sacra-
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meutìile e tanto basta ! Vero è che per molti secoli, lo confessa il
signor Canonico, esistette il matrimonio senza sacramento, e tuttavia
eran validi i maritaggi e fecondi! Ma che volete? ora il mondo cangiò condizioni e il maritaggio non può più esser buono senza sacramento, così almeno dice la Chiesa!—Ma concediamo anche questa;
ammettiamo per un’ istante la dottrina romana : chi impedisce i
cattolici di forsi amministrare il sacramento dopo fatto il matrimonio civile ? Non resta ella intatta la individuale libertà ; nou resta
egli pure iutatto il sacramento, sì per gli si>osi c;he per la Chiesa
stessa? — Avete sentita la risposta: “ No, ” vi dicono i preti col
sig. Avignone, “ ciò costituisce due matrimonj, un matrimonio civile
stipulato colla forma voluta dtdla legge civile, e un matrimonio religioso celebralo colla forma j>rescritta dalla Chiesa. ” E conchiu
dono: “ Or perchè due matrimonj? Se uno è valido, qual’è? e s’cgli
è valido perchè 1 altro...? ”—Ma diranno ancora con noi gli uomini
di senno: No, non son due tnatiimonj, è un solo e medesimo niatrinronio, giacché sono i medesimi .sposi, ma quegli sposi essendo ad un
tempo cittadini e membri di uno stato civile da un lato, e dall’altro,
membri di una società religiosa, di una chiesa, essi devono in faccia
alla prima società, lo Stato, fare im contratto civilc ed in presenza
alla seconda società, la Chiesa, stringere un nodo religioso, ma il
matrimonio è il medesimo ; onde risulta che quel matrimonio uno
ha, per usare le espressioni del eig. Canonico, “ ha due lati, un lato
civile ed un lato religioso. ” E ciò va da se, i diritti dello Stato non
essendo quelli della Chiesa, e viceversa, i diritti della Chiesa non
essendo quelli dello Stato : ammenoché per voi Stato e Chiesa sia
tutt’uno ; allora sì, è inutile iìxr due volte il medesimo matrimonio
perocché in tal caso il religioso avrebbe forza civile, ed il civile
avrebbe valore religioso: a che prò adun<]ue questa ripetizione giacché in ogni modo l’uno comprederebbe l’altro, l’uno sarebbe l’altro !
“ Per l’appunto è così, rispondono i sottili dottori di Roma ; per
“ l’apitunto, l’uno comprende l’altro, l’uno è l’altro ; perocché tutto
“ sta nella forma ! Secondo il Concilio Tridentino la sostanza del
“ Sacramento sta nel consenso dei nubendi; quel consenso reciproco
“ che si danno ecco la essenza del Sacramento. Nel ripetere il ma“ trimonlo, si ripeterebbe adunque il sacramento e questo non si
“ può, nò, nò, voltatela come volete, non possmms! non possmnus! ”
Vedi astuzia dei gesuiti ! ed insieme fatalità che incatena gli animi liberali al tronco di Roma ! Difatti la dottrina romana è quella ;
cd in buona coscienza un cattolico non può ammettere il matrimonio
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civile perchè contrario allo spirito ed alla lettera del tridentino Concilio. Quindi tutti quelli che lo ammettono, in quel punto non son
più cattolici, e siccome tutta la società colta lo ammette ed il progresso moderno lo vuole, ne risulta che Eoma trovasi in urto con la
civiltà. E perchè quest’urto, quest’altalena, questo maledire al nostro
risorgimento, giacche trattasi di una mera questione di forma? Dei
perchè Eoma non ne da mai : “ non possumns! ”
Noi ne abbiamo dei perchè, il governo e la società no hanno ; il
sig. Avignone li ha esaminati riducendoli a quattro principali, che
sono addotti in favore della proposta governativa. 1° Lo stato attuale della società; 2° la indipendenza del potere civile; 3° la libertà
dei progressi legislativi ; 4° gli abusi delle presenti pratiche matrimoniali — cose tutte che necessitano una pronta radicale riforma
nel senso liberale. Noi non troviamo che il sig. Canonico abbia confutate vittoriosamente queste ragioni, le quali per noi son tuttora possenti, anzi alle quali ne aggiungeremo un’altra forse più importante,
vo’ dire la libertà religiosa che comprende la individuale libertà di
coscienza, e la indipendenza della Chiesa. A queste cose poco si riflette ; eppure secondo noi il gran perchè, è quello, non dirò nella
mente degli statisti nostri, ma bensì nel sentimento del popolo e nei
voleri della Provvidenza.
Come ! la libertà religiosa ! ma il sig. Canonico invoca pure quel
principio a favore della sua tesi. Anche per lui questo è un gran
perchè ... ma contro il matrimonio civile. È possibile ? Sì, sentite :
“ togliendo la validità civile al matrimonio religioso, si colpisce di
interdizione indiretta un’atto strettamente legato alle ragioni del
culto cattolico ; la libertà di questo culto deve chiamarsene offesa. ”
Scusi, sig. Canonico, non è la libertà religiosa, la libertà del vostro
culto che vien limitata, ma è F influenza civile della vostra Chiesa.
Il Governo non entra nella questione religiosa e non tocca al ministero vostro, come voi lo pretendete; egli vuol soltanto togliere al
matrimonio religioso l’eifetto civile, e lo deve per rispetto alla libertà
civile ed alla libertà religiosa stessa ! Ne volete la prova? Il vostro
libro ce la somministra. Nel capitolo intitolato : “ Non basta che la
legge permetta il matrimonio religioso ” voi biasimate il Governo
perchè “ egli non vuol occuparsi dell’atto religioso, perchè su di
quell’atto vuol chiudere gli occhi; ” lo accusate perciò di farne “ un
contratto ex-Uge, un contratto messo fuori del diritto comune, ” ed
interpretate Fart. 104 del progetto governativo che “ considera il
matrimonio unicamente nei rapporti civili, ” come una dimeniicanza
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della qualità di CKTTOiACi dei sudditi del regno, come una niancanxa
di rispetto al sentimento religioso della nazione ; e perchè la legge
non tutela, non circonda di prescrizioni, c non rende obbligatorio il
matrimonio religioso voi andate fino a dire, “ che la legge, anziché
permettere quel matrimonio, lo proibisce. ” Dunque voi vorreste che
il Governo s’ingerisse nell’atto religioso, lo regolasse, ne prescrivesse
le norme e le condizioni, insomma che la legge civile continuasse ad
aver un valore, un effetto religioso ! E qui per l’appunto quello che
il Governo non vuole, perchè mentre vuol .salvare la propria libertà,
\T.iol rispettare quella della Chiesa, e la rispetta piiì di voi.
Oh inaudita cecità! Non vedete voi che vi fate schiavi ed avvilite
la Chiesa e con essa la religione dichiarando di non poter fare a
meno dell’appoggio della legge civile ? Non vedete voi che questo
sottoporre gli fitti religiosi alle prescrizioni governative è la piìx ardita negazione di quella religiosa libertà, di cui tanto strombazzate
d’essere gelosi. Io vedo in tutto ciò una profonda contraddizione.
Da im lato gridano i preti libertà ! dall’altro invocano la tutela, la
ilirezione della legge ! Vogliono che l’atto religioso abbia un valore
civile e vogliono eziandio che la legge civile abbia un effetto religioso!—Ah! tutttì questo maneggio non sarebbe egli una finta atta
a nascondere il vero scopo di questi estremi e convulsivi conati del
partito clericale, vo' dire di conservare il poter temporale anche iu
ciò, e con esso l’influenza, la ricchezza, l’usufrutto ?
Perciò egli va tuttora confondendo a più non posso, il civile ed il
religioso, il cattolico ed il cittadino, il divino e l’umano, in tutte le
questioni. Perciò ei vuole ad ogni costo, che il matrimonio religioso
conservi il valore civile ; perciò ci vuole che s’ingerisca la Chiesa
nello Stato, e lo Stato nella Chiesa, perciò ei brama la confusione
dei due poteri ; base al suo iniquo sistema.
Ma ornai la nazione ha aperti gli occhi ed ha scoperta l’ipocrita
trama. Epperò anch’essa è decisa a volere ad ogni costo la sepai'azione dei due poteri non solo a Roma nella persona dei capi, ma in
tutte le applicazioni, in tutti i dettagli. — In questa solenne tenzone, chi la vincerà? l'Italia o la Chiesa? l’Italia che anela il progresso, la libertà, la riforma, ovvor la Chiesa che sospira il regresso,
la schiavitù, la morte? l’Italia giovine, ardente e forte, ovver la
Chiesa invecchiata, decrepita e cadente?.. Risponderà il primo Parlamento italiano !
O. C.
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POILEMICA^
I MOTIVI PER CUI HO LASCIATO LA CHIESA DI ROMA
parole d'un ex-sacerdote
(contiuuaz. e fine, vedi il num. precedente)
« L'Eterno promette ad Abramo che in lui saranno benedette tutte le
naüioiii della terra. Abramo crede alla divina promessa, e credendo, viene
giuistificato, cioè trovato giusto, che è quanto dire avente in se la vera idea
del Dio onnipotente e benigno, e la necessaria docilità di cuore per obbedirgli. Por cotal fede sono salvati fino a Cristo tutti coloro che l'aspettano
fedelmente, sieno, o no della stii-pe abramitica. Nasce finalmente il Cristo
dal legnaggio del gran Patriarca, patisce e muore per la salvezza del mondo.
Ora come noi che non siamo discendenti d’Àbramo, saremo benedetti nel
suo seme ? Divenendo figli di Cristo che da tal stipite è disceso. E come
diverremo figli di Cristo ? Spiritualmente, credendo, cioè, che egli è morto
per noi e che, morendo, ne ha liberati dalla morte cui il peccato ei avea
condannati. Ecco come per la fede nella morte di Cristo noi ci vmiamo a
lui, e divenendo in senso spirituale discendenza di Abramo veniamo conseguentemente ad essere figli benedetti dell’Etorno G enitore. Ora qual merito
ebbe Abramo, prima che Iddio lo scegliesse padre della eletta generazione?
Niuno. Qual merito ebbero i suoi figli per discendere da lui ? Niuno. Parimente niun merito s’ebbe il mondo intiero per venù’e redento da Cristo.
La nostra salvezza adunque vien tutta gratuitamente da lui, e precisamente
per la fede in esso è che noi veniamo giustificati innanzi a Dio cioè armati
di quella giustizia e di quel merito soprabbondante, che abbiamo a noi stessi
derivato applicandoci il frutto della passione del Salvatore. Mi spiego con
una similitudine facilissima. Un principe di questa terra bandisce per tutto
il suo regno che chi crede essere stato il suo unigenito inviato dal cielo e
poscia fatto morire per la salute del regno stesso, è suo figlio adottivo c con
tutti gli altri credenti coerede della corona. Ogni suddito, dal momento che
crede la verità propostagli è già figlio ed erede, e scoprendo tanta pietà nel
figlio morto per la salvezza del regno, e tanto amore nel padre che adotta
a figli tutti 1 sudditi credenti, vien rapito d'amore verso entrambi ed opera
quanto sa e può per mostrar loro la propria affezione e riconoscenza. Non
altrimenti accade all’anima cristiana. Essa crede che FEterno ha mandato
il suo Unigenito, perchè morendo la salvasse, ed in questa credenza è già
salvata, poiché essa viene per tal guisa ad unirsi a lui, e ad applicare a so
stessa la sua giustizia, in forza della quale diviene poi bella e piacevole al
cospetto del genitore. Comprendendo poi d’essere stata per sì alta guisa
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amata da Dio si sento infiammata di puro affetto di riconoscenza e di desiderio per lui, ed avvegnaché l'amore sia operativo, perciò fa tutto quello
che sa e può all’oggetto di piacergli, e viene così a verificare il gi-an detto
di Cristo stesso: « Se io sarò inalzato sopra la terra, trarrò tutti a me »
(Giov. Van. c. xii, v. 32). Prima dunque è la fede, poscia la carità, indi le
opere. Onde apparisce cliiaro essere tutta la religiosa economia basata sopra
il gran principio della fedo, non sopra quello delle opere, come vogliono i
cattolici. Le opere sono frutto, non già causa della fede, e per esse non può
l’uomo scontare il minimo dei peccati, mentre per la fede ci sono tutti
rimessi dal primo fino all'ultimo: testimonio tutto il divino eloquio ed in
modo speciale quello scritto per mano di Paolo, come può vedersi cd appo
i romani (c. iti, v. 28): « concludiamo dim quo che l’uomo è giustificato por
la fede, senza le opere della loggoD ; ed ai Calati; (c. iii, v. 8); « Iddio giustifica le nazioni per la fede: » e presso gli Efesi: (c. ii, v. 8) « Voi siete
salvati per grazia, mediante la fede e ciò non 6 da voi, è dono di Dio; non
per le opere affinchè niuno si glorj d .
Tutte le opere dunque sono inutili, conchindono qui falsamente i teologi
romani, e con aria di disprezzo ne gittano in viso qucH'ingiurioso sarcasmo :
Crede finniter et pecca fortiter.
Cui noi rispondiamo che le opere sono benissimo necessarie. Inquanto
chè la fede deve essere operativa e non morta, nel qual caso, non giova
nulla. ‘2P Perchè la divina leggo ne comanda di operare il bene sempre e
dovunque. 3° Perchè ognuno è tenuto ad obbedire alle interne ispirazioni
che il Signore Iddio gli manda noi cuore, qual umile figliuolo che trova ogni
dolcezza nel fai'e la volontà del padre: non però per mezzo di esse si
ottiene la gloria eterna, e nemmeno il previo necessario perdono dei peccati,
giacché al conseguimento d'anibedue questi fini richiedesi un merito infinito;
e le nostre operazioni sono e saranno sempre non pure finite e limitatissime,
ma inoltre riboccanti d’amore proprio e di difetti. Dal dire adunque che le
opere non giustificano, a torto deducono i cattolici che noi le reputiamo
inutili. Dal dire che non valgono a procacciarci la vita eterna, non vien di
conseguenza che non sieno necessario anzi indispensabili. Essi puro sostengono che por la speranza sola non si ottiene l’eternalo beatitudine, non tralasciano però por questo di dichiararla per fanti altri motivi importantissima, anzi indispensabilo.
Bollo sarebbe il continuare ancora nn poco questa rapida corsa e passare
leggermente su tutti gli altri paradossi della chiesa papistica fermandosi alicuanto più sopra i quattro che maggiormente la disonorano, e sono, secondo
mo, la pretesa infallibilità del Papa, la confessione auricolare, il purgatorio, o l'adorazione dello immagini; ma ora noi mi consente l'angustia del
tempo, in cui mi trovo, motivo por cui chiudo, esortando tutti i miei un
tempo colloghi a faro o.ssi puro quegli studi che ho fatto io, investigando
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le Scritture come venirne dal Maestro stesso esortati, certo che tutti quelli
i quali hanno ricevuto il dono d’una discreta intoUigonza, non potranno
assolutamente sconoscere la bella luce del vero che in esse tanto chiaramente sfavilla, 0 spinti saranno essi pure, da forza invincibile, al gran passo
che ho fatto io, a scapito anche dei loro temporali interessi; giacché sta
scritto cho « nou di solo pane vivo l’uomo, ma sì d'ogni parola che procede
dal labbro di Dio » (Mat. e. iv, v. 4).
XX.
SPIGOLATURE
LA COSCIENZA
« La coscienza è quel principio morale che ci spinge ad agire in un modo
consentaneo alla nostra persuasione, e che ci condanna allorquando operiacontrariamente alla medesima. Vinet.
« Cosa non si è detto sulle divergenze ed aberrazioni della coscienza ?
Essa non ne ha, nè può averne, quale almeno viene da noi conceputa. Si è
citato il caso del selvaggio che uccide il vecchio genitore, credendo di adempire al proprio dovere. Fa ribrezzo un tale pervertimento nello idee ;
tanta degradazione è giusta cagione di vergogna ; ci si scorge i sentimenti
naturali, la legge morale indegnamente travisati. Ma ciò non vuol dire cho
sia alterata la coscienza ; questa serba tutta la sua integrità ; solo è profanata : è un talento esimio posto a servizio del delitto. idem.
« Egli è verissimo, che in certi individui, la coscienza è male illuminata;
ma quanto sono però da anteporsi a coloro che coscienza non hanno ! Tutt’almcno sussiste in essi, sotto una forma qualunque, il sentimento dell’obbligo morale ; si può fare qualche assegnamento su di loro ; quando saranno
rettificate le loro idee, procederanno nella via dei doveri reali coUa stessa
fermezza con cui camminavano nella via dei doveri fittizii ; ed allora profitterà la loro coscienza alla società. Ma coloro che non possono se non danneggiarla, sono quegli uomini, di mente forse illuminatissima, nei quali
sono attutiti i principii e spenti gli affetti ; che le quistioni più gravi le
giocherebbero a santi e cappelletto ; ehe le convinzioni forti ed i sentimenti intimi muovono a sorriso; pei quali la differenza tra il bene e il male
non è che scolastica distinzione; ed i quali in tutta la loro condotta, privata
o politica, altro oonsigliero non hanno ehe l’interesse, altra ispirazione che
la circostanza. » idem.
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CORRISPONDENZA DELLA lì. NOVELLA
Napoli, 1861.
Caro amico — Giunto qui da pochi giorni corco prima ad orizzontarmi
.sugli elementi imovi che mi si presentano. L’italiano del mezzogiorno è così
<liff'erente da quello del nord, che il contrasto tra l’uno o l’altro colpisce
prima di ogni altra impressione il forestiere arrivato in Napoli. Soldati,
monaci, poveri : ecco quelli che si veggono i primi. Si crede che il lazzerone, l’antico Lazzoro del romanzo, del poeta e della pittura non si trova
più ; numerosi sono però i suoi nipoti, e per lo più non han fatto altro che
imitar i loro padri, aggiungendovi il costume europeo, e perdendo nello
stesso tempo la gaiezza e la poesia della vita. Ed è facile trovarne la ragione ; in tutte le epoche il popolaccio ha dimandato a’ suoi re tiranni
« panem et circenscs, % pane e giuochi ; quel grido passò dal proletario di
Roma al lazzarone di Napoli, e appoggiandosi sulle simpatie di questa infima classe, 8Ì manteneva il caduto regime de’ Borboni. Ma alfine il popolo
di Napoli si è svegliato qual parte integrante e viva della grande Nazione
italiana, e sente, in parto almeno, che a raggiungere il suo generoso scopo
vi vorranno sacrifizj grandi, fatiche e soiferenze. La noncuranza (insouciance)
è sparita; pensieri serj riempiono per la prima volta molti cuori; e quello
che non aveva mai fatto altro so non che sdrucciolare sopra le difficoltà
della vita, lasciando scorrere il tempo, ora sdraiato nel suo canestro, ora
ballando con passiono la tarantella o la saltarella, questi riconoscerà adesso
con qualche vergogna che in miglior modo poteva passare il tempo; imperciocché tolta la gaiezza, resta la sporcizia, l’ignoranza e la meritata miseria,
spregevoli in ogni epoca. Il popolo napolitano non deve però giudicarsi da
questa classe degradata e numerosa, mandataci come eredità dal passato ;
anzi la vera rappresentante della nazione è la borghesia : uscita da jeri da
un regime fatto per avvilire la nazione, essa ha provato e prova tuttora che
lo spirito pubblico può presto rialzarsi. Questa parte scelta del popolo napolitano è concentrata nella Guardia Nazionale, e sarà il punto di appoggio
di un governo formo e sopratutto italiano. Speriamo che la borghesia ed il
governo lavoreranno di comune accordo a rialzare il paese. In quanto alle
idee religiose, seguono un andamento molto diverso da quello dello spirito
sociale ; non nascono subito, non si organizzano come una guardia nazionale, e non si fabbricano come un nuovo uniforme, anzi sono troppo nobili,
e santi per mauifcstarsi in mozzo al disordine; richiedono la calma che
danno la riflessione o la sofferenza, affinchè l'anima, iu se stessa raccolta.
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intender possa la speranza ed il dovere che gli additano l'avvenire : ma
nessuiia abitudine è più sconosciuta qui di quella del raccoglimento; malgrado ciò, molti dimandano cosa sia l’Evangelo, riconoscendo ohe l’idolatria della Madonna e de’ grandi miracoli di S. Gennaro, di S. Gaetano, di
S. Luigi e di tutto il Panteon sono insufficienti per soddisfar i bisogni religiosi della coscienza; diverse voci si fanno già intendere per condannare la
superstizione. Così il P. Gavazzi scriveva l’altro giorno un articoletto sopra
S. Antonio del porco « da cui originasse, » diceva egli « questa pietà napoletancsca verso il Tebaide, e perchè, sembra enigma non ancora deciferato.
Vi ha dii pretende, per averlo patrono contro il fuoco : nel qual caso la religione pel Santo non sarebbe altro che una brutta continuazione del Paganesimo, cho avea dio Vulcano per protettore contro gl’inoendj. In quanto
poi al merito della protezione di entrambi, confesso di non intendermene
punto .....il vero avvocato contro ai danni degl’ incendj è senza dubbio
(piel prodigioso pezzetto di cuoio, che s’inchioda sulla facciata delle case
col motto; Assicurazione enntro fjVincendj, il cui effetto è uno de’ miracoli
del nostro secolo, dacché 24 ore dopo l’incendio, quel pezzetto di cuoio vi
riporta iu altra casa nuovo nuovo tutto il vecchio mobilio da voi perduto.
Miracolo che non può operare S. Antonio, giacché esso mangia, mangia,
mangia e non restituisce mai ; chè i preti si dividono fra loro i pingui guadagni del botteghino. L’opinione però più accreditata del gran favore che
gode Antonio Abbate ne assegna per motivo Tessere egli il santo del porco.
Come ognun vede la devozione sarebbe allora un affare di famiglia! » E dopo
aver mosti-ato più d’uno de' devoti antoniani essere più imitatori della bestia
che non del Santo stesso, termina dicendo ; « E non si finirà mai in Napoli
con questa barbarie di spari, che non lascia di essere barbarie e brutalità
quando anche sia in onore di tutt’ i Santi e di tutte le Madonne del Calendario? » — Questo il volgo lo chiama religione; io invece crederei troppo
onorarla limitandomi ad appellarlo superstizione. Nondimeno la sera dopo
l'intiera città di Napoli sembrava impazzita, in onore di S. plutonio del
porco. Ad ogni cantonata importante, ancora nelle strade stesse le più frequentate della città, benché soffiasse un forte vento di terra, erano accesi
boi fuochi di dimensione tale da far credere ad un vero incendio. Là si offri
vano in olocausto sull’altare di Sant’Antonio tutt’ i vecchi mobili, particolarmente seggiole sfondate, casse, corbelli, botti, canestri, ceste ecc.; e come
non tutti hanno fatto provvisione di tali arnesi ei è un mercato speciale per
venderli come le preziose vittime che più di ogni altra piacciano al barbato
Anacoreta della Tebaide. Mentre si consumano sulla strada gli avanzi della
casa de’ nostri antenati, potrebbe darsi che i loro nipoti fossero bruciati
vivi. Quella sera, a mo' d'esempio, passando vicino al Ponto di Chiaja, vidi
una donna che avea trascinato colla veste uno de’ carboni ardenti sparsi
por mezzo del gran vento dapcrtutto nella strada, e so non ne fosse accorta
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subito, avrebbe ricevuto qualche danno di conseguenza. E non solamente
al di fuori, sulla piazza pubblica, si celebrava la festa di Sant’Antonio; anche nelle botteghe le più belle e le più ricercate, come nei ritiri della miseria vedovasi qua e là un’immagine del Santo coi lumi, qualche volta in
gran numero, davanti ad essa accesi. Ahi ! perchè non si può dire a quel
povero popolo nutrito di bugie e di ridicole superstizioni quel che diceva
S. Paolo agli Ateniesi: « Uomini Napoletani, io vi veggo quasi troppo religiosi in ogni cosa. Perciocché, passando e considerando lo vostre deità, ho
trovato un altare, sopra il (juale era scritto ; All’Iddio sconosciuto. Queliti
adunque cho voi servite senza conoscerlo, io ve l’annunzio ! * — Ma non
sono tali le parole che risuonano da’ pulpiti di Napoli. Poco tempo fa, un
mio amico entrò nella Chiesa di S. N.t il predicatore avea davanti a se un
gran numero di donne, e si sforzava a stento di mostrar loro la necessità del
pentimento ; insisteva sopra i peccati delle donne, e ne parlava in modo da
non poco oiFendere la pubblica morale, e particolarmente rivolgeva le sue
esortazioni a quella classe infima di donne cadute. Quando tutt'in un tratto
si rivolse all’immagine della Madonna c gridò: « vuoi tu perdonar loro?»
siegue un silenzio profondo nell’uiiitorio; dopo un momento risponde « che
non vuole » —■ allora le povere donnicciuolc prorompono in un pianto ge
ncrale — Nuova questione; nuovo silenzio; nuovo rifiuto della Vergine offesa ; finalmente il predicatore sdegnato di così poca misericordia da parte
della sua Dea, se la prese seriamente coll’immagine stessa, e le gittò hi
veste alla figura. E così terminò la farsa, che sarebbe stata indegna anche
del tempio della Diana d’Efeso.
L’altro giorno un’altro ebbe l'idea di entrare al dopo pranzo ilella chiesa
de’ Gesuiti, al Largo Trinità Maggiore, per sentire una predica di Epifania. Giuntovi non badò nel principio qual genero di predicatore, con una
voce da bove, con una eloquenza da somaro, stava esartando il popolo.
Cacciatosi in un canto si rassegnò a sentir silenzioso la cappuccinata di quel
grossolano Demostene : « Regnava in Giudea, diceva egli, l’usurpatore E“ rodo, il quale scacciato con le frodi e con la violenza il Sovrano legittimo,
“ despoticamento ne occupava il soglio.
“ Giunti i magi al suo cospetto con fronte sicura lo richiesero : Uì>i cft
“ rex Juileoi'ìim, cioè dove sta il nostro re? il nostro amato re, quel re nato
fra noi ; dove sta egli quel re che parla il nostro linguaggio, cho palpita
“ del nostro palpito, che gioisce della nostra gioja? dove sta egli mai? Uhi
“ esf rex Judeorum !
“ L'usurpatore quantunque cinto di sgherri tremava a quei dotti : Ulù
“ est rex judeorum? Fermezza, miei dilettissimi; e poi lo troveremo; fermezza
“ come quella ch’ebbero i santi Magi, e il re, il nostro re ritornerà in mezzo
“ al suo popolo.
“ Santo Gesù, cercatelo voi, riconducetelo voi !... Santo Ge.sù, noi ve no
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... u ...
“ preghiamo dal piiì profondo del nostro cuore ! Uomini ohe non sono nem“ meno maomettani, nemmeno protestanti, ma atei, ma selvaggi, ma demoni
“ addirittura co lo hanno involato. Gli empii si son fatti forti del detto di
“ Gesù : n mio regno non è di questo mondo, e hanno attentato al potere
“temporale di quell’Agnello, ch’è il sommo Gerarca della Chiesa ro
“ mana ”......Uno di questi chierici borbonici è stato messo in prigione,
ma pare che non sarà trovata un'accusa sufficiente per dar luogo ad una
condanna. — Mentre l’errore fa inutili sforzi ondo ristabilir l’edifizio crollato del dcsj>otismo, l’Evangelo pure principia ad essere predicato.
Il Padre Gavazzi, lasciando pel momento i discorsi politici, si è messo
a dare una soda spiegazione del Vangelo. L'ultima domenica di gennaio
teline una prima conferenza intorno alla “ giustificazione per la fede ” ; e
principiò dicendo che era per lui la prima volta che predicava a Napoli.
“ La dottrina della giustificazione per la fede, diss’egli, è la vera dot“ trina dell’Evangelo, creduta da tutti i veri cristiani, rigettata da Koma. ’'
Poi si mise a svolgere con forza la materia, e mostrò che, negando questa
dottrina, l’uomo nega l’Onipotenza di Dio e mette se stesso al posto del
Padre Celeste.
L’uditorio se ne andò molto edificato; la domenica dopo sviluppò un
altro tema non meno importante del primo : “ la necessità per tutti i cri“ stiani di leggere la Bibbia iu famiglia. ”
Nella riunione della sera fece un paragone tra San Paolo e San Giacomo,
e mostrò che davanti a Dio l’uomo si giustifica colla fede, davanti agli
uomini, colle opere. Un altro amico del Vangelo si è messo a mandar fuori
ogni domenica una predica popolare, facendola distribuire in centinaia di
copie fra le moltitudini ; la prima trattava della santificazione del giorno
del riposo ; “ ......tutti dicono che la domenica è un giorno di festa, tutti
“ sanno che il faticare in questo giorno è un peccato, ma quasi tutti nella
“ domenica lavorano di più, giacché in quél giorno faticano di corpo e di
“ anima. E giacché questa mal' usanza è derivata dappoiché la Parola di Dio
“ si è nascosta al popolo, ... io penso rendervi un gran servigio collo spie“ garvi per quanto mi sarà dato da Dio, il vero senso del comandamento
“ del Signore, tal quale risulta dal Vecchio e dal Nuovo Testamento.
“____L’uomo peccò, e la fatica gli venne imposta come una pena; egli
“ fu obbligato a lavorare, e Dio ch’è amantissimo della sua creatura volle
“ che anche l’uomo, dopo sei giorni di fatica, cioè dopo sei giorni di espia“ zione di pena, avesse un giorno di grazia ; un giorno iu cui fosse chia
“mato a ricordarsi della misericordia di Dio;......l’uomo entrò dunque
“ per grazia nel giorno del riposo, e gli fu imposto por riconoscenza e per
“ isperanza........» Ogni domenica sarà pubblicata una simile predica,
trattando ora un soggetto morale, ora un tema religioso. Speriamo ohe la
benedizione di Dio riposerà sopra questi sforzi dei nostri amici e fratelli di
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Napoli. Molto avrei ancora a raccontarvi se non temessi di rendere questa
Icttora oltremodo diffusa. Ciic i nostri fratelli non si stanchino di domandar
a Dio che Egli si degni benedir la sua Parola, e sicuramente le loro preghiere non saranno inutili.
INONDAZIONI IN OLANDA
La seguente circolare indirizzata dal Moderatore della Chiesa Valdese ai membri della medesima, intorno ai casi lacrimevoli testé
succeduti in Olanda, sarà letta, ne siamo certi, con commozione e
gratitudine, da quanti sentono che l’aver compassione, è fra i piii
nobili privilegii del cristiano, e noi vogliamo sjìcrare che non solo
i membri della Chiesa Valdese, ma i Cristiani tutti d’Italia vorranno
rispondere a que.sta chiamata, e por quanto stata in essi alle\'iare,
col loro obolo, la dura condizione cui sono ridotti tante migliaia dei
loro fratelli nella fede.
La Direzione della Buona Novella molto volentieri si prenderà
l’incarico di ricevere e di trasmettere a chi di dovere le offerte che
a sì pietoso fine, le saranno trasmesse.
-\I MKMBni BELLA CHIESA VALDESE
Cari fratelli !
La Tavola compio un doloroso ufficio col portare a vostra notizia il tre
mondo flagello da cui sono stati tostò colpiti i nostri fratelli di Olanda. Lo
acque del Reno, del ArYaal e della Mosa ingrossate dallo struggersi delle
ultime nevi, hanno traboccato; le fertili campagne situate lungo questi fiumi,
sono state inondate; gli argini, ad onta di sforzi disperati per parte degli
abitanti, sono stati rotti ; i ghiacci travolti dall'acqua hanno superato e spezzato le dighe. La ricca contrada che estendesi tra Arnhem e Bois-le-Duc,
è trasformata in vasto mare. Tutto ha perito, bestiame, ricolte, abitazioni.
La terra stessa non potrà per due anni dare i suoi frutti. Questa tremenda
devastazione estendesi a 10,000 metri quadrati ; una ventina di villaggi
sono sepolti nelle onde. Immenso è il numero delle vittime, e coloro che,
per miracolo, sono scampati, si son trovati esposti, sugli argini rimasti
in piedi, agli stenti i più crudeli : intirizziti dal freddo, morenti dalla fame,
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circondali ovunque duU’acipe, tale era la condizione disperata di circa
30,000 persone, che non si potevano avvicinare che con grave pericolo, a
mezzo di barche. Un gelo fortissimo avendo convertite l’acque in un mare
di ghiaccio, ha finalmente concesso a questi infelici di rifugiarsi noi circoytanti villaggi ove chiese, caserme, prigioni tutto è stato trasformato in altrettanti ospizii, onde ricoverarli.
A fronte di cosi ingente calamità, ,^oi adempiamo ad un sacro dovere,
venendo richiedere a prò di tanti nostri fratelli, sottoposti a così cruda
prova, il concorso delle vostre preghiere e i doni della vostra cristiana carità. Se in ogni tempo è pel cristiano soave privilegio il dare, ciò è tanto
più vero nell’attuale circostanza. I nostri fratelli di Olanda (voi lo sapete)
sono da secoli i nostri amici più devoti, i nostri più costanti benefattori. I
loro soccorsi per i nostri poveri, per i nostri ospedali, per l'istruzione primaria e secondaria, per i vecchi pastori fra di noi ecc., si accrebbero
d’anno in anno. In nissun tempo si ricorse in vano alla loro generosità,
quando il bisogno stringea, Epperciò quando nel 1826 vennero quei nostri
fratelli colpiti da sventura simile alla presente, i Valdesi, non ostante l’esiguità delle loro risorse, si affrettarono di dar loro prove di simpatia, memori
che si è accettevoli al Signore dando lietamente e secondo quello che si ha.
I Valdesi del 1861 si stimeranno fortunati, ne siamo certi, d'imitare così
bello esempio, richiamando a memoria il detto dell’Apostolo ; « siate riconoscenti » (Col. Ili, 15).
, I pastori sono invitati a promuovere nelle singole parrocchie, così nel
tempio come a domicilio, collette il di cui ammontare faranno pervenire
alla Tavola prima dello spirare del marzo venturo.
Torre-Valdese 14 febbrajo 1861.
a nome della Tavola
B. Malan, moderatore.
Il Direttore-gerente provrisovio
G. P. Meillk.
-irtr—?-
TORINO — Tipografia CLAUDIANA, diretta da R. Trombetta.