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Anno 124 - n. 8
26 febbraio 1988 ' ' r
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delle valli valdesi
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE VALDESI E METODISTE
UNA PARTE DELL’AUSTRIA, ANCHE EVANGELICA , SI INTERROGA
Nell’anno dei ventennali, anche la chiesa cattolica ne celebra uno suo; i venti anni della
« Popidorum Progressio », l’enciclica « politica » di papa Montini. A farlo è papa Wojtyla con
una nuova enciclica («Sollecitudo Rei Socialis »), che riprende espressamente i concetti, i
temi, i problemi della precedente enciclica di Paolo VI.
Per papa Wojtyla, il sottosviluppo nel mondo è aumentato
in questi venti anni e proprio
per questo la Populorum Progressio mantiene la sua validità.
C’è il rischio che le « vittime »
dello sviluppo distorto si ribellino violentemente allo stato di
cose esistente ed U papa raccomanda forme di lotta pacifiche
e condanna il terrorismo e le insurrezioni. Siamo perciò lontani dalla giustificazione montiniana per « l’insurrezione rivoluzionaria nel caso di una tirannia evidente ».
La contraddizione tra i due
blocchi. Est ed Ovest, è la causa principale del permanere del
sottosviluppo. C’è oggi un reale
rischio di « morte » del mondo,
a causa della politica degli armamenti < he sottrae risorse ai
poveri. papa è molto critico
nei confj rnti del socialismo reale che il! pedisce l’esplicarsi della dignità umana, e verso il capitalismo liberista che manifesta i limiti sociali. Il papa difende poi il concetto di « iniziativa creativa », proprio delle
strutture capitalistiche.
Occorre pertanto superare i
blocchi e spianare così la strada allo sviluppo di tutti gli uomini, nel rispetto dei diritti umani, di tutte le libertà, specie
quella religiosa.
Il consumismo è il « supersviluppo » che danneggia chi è
meno favorito, mentre il soffocamento dell’iniziativa privata
nei regimi socialisti « provoca la
passività ».
Di fronte a questa situazione,
papa Wojtyla propone «la conversione dei cuori » e. « la solidarietà » come valori su cui fondare lo sviluppo futuro degli uomini, di tutti gli uomini.
Sono infatti le «strutture di
peccato» (cioè «la brama esclusiva del profitto » e « la sete
del potere ») a costituire il « male morale » che impedisce di
realizzare la volontà di Dio sulla terra.
La chiesa cattolica che è « esperta di umanità » non propone
una terza vìa, ma vuole dire, una
parola per orientare lo sviluppo
mondiale: opzione per i poveri,
modifica del commercio mondiale, del sistema monetario, ecc.
Papa Wojtyla pone dunque la
chiesa cattolica come la leadership morale del mondo, che si
fonda su un richiamo alle coscienze ed aUa persona perché
attuino a tutti ì livelli la solidarietà.
Le prime impressioni di lettura dell’enciclica sono quelle
di un documento in cui ciascuno
può trovare accentuazioni per
ciò che vuole. Un documento che
scontenta pochi all’intemo della
chiesa cattolica, ma che contiene anche pochi stimoli nuovi
per l’azione sociale dei credenti.
Giorgio Gardiol
A 50 anni dall'Anschluss nazista
II caso del presidente Waldheim in coincidenza con l'anniversario dell’annessione alla Germania nazista - Si ricordano, in una mostra, il razzismo, la diaspora ebraica, il genocidio
VIENNA — Sempre bella e vivace, in un inverno insolitamente dolce, la città è animata —
ma non troppo —, come tutta
l’Austria, dalla « questione Waldheim », giunta proprio in questi giorni a una tappa fondamentale. E’ stato consegnato al cancelliere federale Vranitsky il rapporto della commissione di storici che ha appurato che, se non
si possono addebitare a Kurt
Waldheim specifici e diretti crimini di guerra (ma non è detto
che non affiorino nuovi documenti, ogni tanto si ha qua e là
qualche « rivelazione » nuova su
questo chiacchieratissimo presidente), risulta però inoppugnabile nella sua carriera militare la
conoscenza di tali crimini e la
sua responsabilità morale: resa
più grave — questo la commissione non lo dice — dal suo
ostinato rifiuto di riconoscerla.
Waldheim, che ha rifiutato d’incontrare la commissione, chiuso nella Hofburg (ma ne è uscito' per partecipare a un evento
mondano, il ballo delle debuttanti), sembra voler ignorare il
fatto che in una parte consistente dell’opinione pubblica cresce, anche ma non solo per motivi di partito, la critica e l’op
posizione; egli sostiene, quasi,
con soddisfazione: dunque, avete visto, crimini di guerra non
me ne potete addebitare; la questione morale non pare sfiorarlo. E una parte anch’essa consistente — ma con sfaldature —
dell’opinione pubblica lo appoggia, in un sussulto di mal riposta
fierezza nazionale contro i tanti
attacchi e pressioni esterne.
La questione cade piroprio nel
cinquantenario delVAnschiuss nazista che portò l’Austria ad aderire al grande Reich hitleriano.
Anche se non certo tutta, e non
tutta con slancio e a fondo, l’Austria s’interroga su quel momento fatale. E s’interrogemo anche
le chiese, comprese le evangeliche, e in particolare la chiesa luterana o, come si dice qui, « della
Confessione di Augusta ». Infatti, lo si riconosce umiliati e confusi, ma senza esitazione, la resistenza è stata assai debole, nella chiesa; e soprattutto la chiesa luterana ha nell’insieme accettato e sostenuto YAnschluss.
Spiegazione, non giustificazione:
il protestantesimo austriaco, piccola minoranza, se pur non così
infima come quella italiana, aveva alle spalle un passato di persecuzioni e di discriminazione in
Vienna, 1938: uno dei primi effetti dell'Anschluss fu la discriminazione per motivi razziali.
terra accesamente cattolica; l’adesione al Reich, dove il protestantesimo era maggioranza, avrebbe dato anche al protestantesim'O austriaco, luterano in particolare, uno status giuridico assai diverso. Sappiamo come certi « vantaggi » possono annebbiare una visione già non chiarissima in termini teologici; anche
se più sobri, abbiamo anche noi
LE COSE NUOVE DI DIO
Consolazione come creazione
« Consolate, consolate il mio popolo, dice il vostro Dio. Parlate
al cuore di Gerusalemme, e proclamatele che il tempo della sua
servitù è compiuto; che U debito della sua iniquità è pagato, ch’ella
ha ricevuto dalla mano deU’Etemo U doppio per tutti i suoi peccati » (Isaia 40: 1-2).
Ricordo come fosse ieri un
grande disegno su di una pagina del libro di letture della scuola. Era raffigurato Dio tra le
nuvole, con un grande mantello
blu; il suo viso era quello di
un buon vecchio nonno con una
lunga barba bianca. Le sue braccia erano aperte e verso di lui
correva un bambino in lacrime.
Quella doveva essere l'immagine
della consolazione di Dio. Un
grande Dio protettivo, rifugio dai
dispiaceri e dolori della vita, un
grande e buon papà che, come
per magia, fa dimenticare le cose brutte di questo mondo.
La visione di consolazione di
Dio che emerge da quel disegno
è quella di un balsamo, che allontana dalla realtà e che rassicura; un sonnifero che aiuta a
dimenticare, ad assopirsi e che
lascia fuori dalla porta la pesantezza della realtà.
Ma la consolazione di Dio, nel
testo di Isaia, non è affatto un rifugio che protegge dai dolori e
che allontana dalla realtà. La
consolazione di Dio, nella Bibbia,
è qualcosa di ben più grande e
coinvolgente, è un nuovo inizio,
un nuovo atto creativo di Dio
nei nostri confronti. La consolazione di Dio impegna Dio verso
di noi, ma impegna anche noi
tutti a vivere questa nuova creazione donataci da Dio.
Il significato della consolazione di Dio sta tutto in una sola
parola: perdono. La decisione di
Dio di ¡perdonare i peccati della
sua gente: questa è l’unica vera
consolazione che possiamo ricevere.'Questa sua decisione è come una carica esplosiva che cambia radicalmente la nostra vita.
La consolazione del perdono significa liberazione e ricostruzione; non passiva rassicurazione,
ma profondo cambiamento e nuovo inizio. In questo senso noi
stessi diventiamo soggetti della
consolazione che Dio ci rivolge.
La consolazione di Dio viene
nel momento più doloroso della
storia d’Israele; Israele era stato distrutto e non esisteva ormai più come popolo. Dio dà la
sua consolazione, perdona i peccati e ricomincia un nuovo rapporto con il suo popolo. La consolazione nel perdono è un nuovo inizio ed un appello al cambiamento nella nostra vita. Non
siamo più bambini in lacrime
che corrono sconsolati verso il
buon padre che rassicura, ma
diventiamo nuove creature, adulti responsabili e soggetti attivi
della nostra storia.
La ricerca dei balsami e dei
sonniferi rassicuratori, il rifiuto
di cambiare e di ricominciare, insultano la promessa di Dio di
un’umanità liberata. La consolazione di Dio è un ritmo vitale,
un atto creativo che ci porta a
vivere in un amore attivo per
il futuro delle cose.
Ma il primo segno dell’essere
nuove creature, consolate nel perdono da Dio, è il fatto che ci
è data la capacità di consolare
nel perdono le nostre sorelle e
i nostri fratelli che ci colpiscono e feriscono. La consolazione
di Dio sarebbe vana se non consolassimo il nostro prossimo così come noi siamo stati consolati. Proprio quando ci riteniamo feriti da qualcuno, quando
il rapporto con questa persona
è ormai rotto ed inesistente, proprio là, la nostra capacità di
consolare net perdono ci fa vivere la realtà della consolazione
di Dio nella nostra vita. Quando
qualcuno ci fa soffrire, perdoniamolo e consoliamolo, affinché
possa nascere un nuovo rapporto e ci possa essere un nuovo
inizio. Solo così vivremo come
nuo\>e creature perdonate da Dio.
Paola Benecchi
i nostri scheletri nell’armadio.
Così come una parte del popolo,
anche una parte consistente della chiesa s’interroga, l’ho sentito da fratelli austriaci, in questi giorni. E certo ci si domanda: com’è stato possibile?
Qui a Vienna, in un antico palazzo, su una quieta, idillica e
antica corte interna, ho visitato
una esposizione significativa, e
impressionante, organizzata da
una serie di gruppi e movimenti, col sostegno anche di edcune
grandi banche: Zeitgeist wider
den Zeitgeist è il titolo un po’
enigmatico, « spirito del tempo
contro lo spirito del tempo ». La
mostra, curata dalla Scuola superiore viennese di arte applicata, vuole presentare lo « spirito dell’epoca », la cultura corrente, dominamte e illustrare, sulla
base di documenti, op>ere d'arte,
pubblicazioni, libri, volantini, opuscoli, manifesti murali, fotografie, come il nazismo abbia sapientemente giocato su questi
registri, rispondendo largamente a sensibilità diffuse e impadronendosene con un sapiente
uso dei mezzi di comunicazione
di massa. Insomma, la tesi della mostra — persuasiva — è
che la « cultura » nazista ha la
sua origine oscura e profonda
nel diffuso « spirito dell’epoca »,
almeno in quello dominante, e
d’altra parte ha saputo servirsi
di questa connivenza profonda
per annettersi l’opinione pubblica; YAnschluss non è stato che
il portato politico di im oscuro
ma radicato Anschluss culturale,
spirituale, che ha emarginato le
voci diverse costringendole all’esilio (impressionante la « diaspora » culturale austriaca, documentata in ampi pannelli) o le
ha soffocate nella liquidazione
fisica.
Estremamente esigui, nelle varie sale, i testi scritti illustrativi: la mostra è tutta giocata
sulla forza delle immagini, e sono immagini veramente parlanti. Ci sono quadri, disegni, riproduzioni di sculture, l’esaltazione
pagana della forza e della bellezza (ariana), riproduzioni di
Gino Conte
(continua a pag. 12)
2
commenti e dibattiti
26 febbraio 1988
fe
fe-.
COME SI UTILIZZA
LO SPAZIO TV?
Con riferimento aM'artìcolo apparso
sul n. 3 del 22 gennaio scorso, relativo
alla trasmissione televisiva ,« Protestantesimo», vogliamo associarci alle lamentele espresse dall’articolista, e non solo per la trasmissione « Il quarto re ».
Anche noi deprechiamo il ripetuto e
continuo atteggiamento di non rispetto
dell'orario prefissato per il programma
da parte dell'emittente pubblica. Tuttavia uno spazio televisivo ci è concesso, spazio a nostro avviso male utilizzato.
Le cose che forse si vorrebbero dire sono molte, forse troppe; il tempo
è poco. Di qui perché voler spezzettare il già limitato spazio con il presentare ,a volte anche 3, 4 servizi? Meglio
sarebbe un unico servizio, ma ben curato.
Unico servizio sì, ma per favore non
del tipo di quello intitolato « Il quarto ^
re ». Uno di noi, vinto dal sonno, si
è addormentatOi^
Ci chiediamo se b questa il tipio di
messaggio che vogliamo dare. Proviamo ad immedesimarci in un ascoltatore .• non evangelico » che sfida il sonno fterché magari spera dì trovare, in
quella trasmissione, un diverso annuncio della Parola, oppure semplicemente perché vorrebbe sapere chi sono i protestanti e sì vede aprparire a
mezzanotte sul teleschermo una specie di fiaba/cartone animato. Cosa
può pensare il temerario ascoltatore?
Ammesso che non sì addormenti o
che non cambi canale, alla fine della
trasmissione che immagine sì sarà fatta del protestantesimo?
Pertanto ci permettiamo di proporre
a coloro che curano la trasmissione
di concedere maggior spazio all'annuncio della Parola (naturalmente se tra gli
obiettivi della trasmissione c'è anche
quello della evangelizzazione« obiettivo
che noi riteniamo preminente); infatti
perché non tenere semplicemente a
turno, fra coloro che rappresentano le
Chiese appartenenti alla Federazione,
un sermone?
Qualora ciò non fosse possibile, allora proponiamo di dedicare una trasmissione ogni quattro alla posta dei
telespettatori, in modo da dare esauriente risposta alle domande e da
dare anche a noi evangelici la possibilità di meglio capire che cosa i « non
evangelici » si aspettino da noi.
Pensiamo inoltre che dibattiti su
problemi di attualità, con l'intervento
di esperti, pastori, laici, sarebbero sicuramente stimolanti.
Infine pensiamo che non siano mal
troppe le trasmissioni dedicate airesposizìone dei principi fondamentali del
protestantesimo: novità per gli ignari,
ripasso per neofiti e veterani.
Naturalmente i nostri vogliono essere semplici suggerimenti per una migliore utilizzazione dello spazio televisivo concessoci ed invitiamo pertanto i lettori a suggerire, anche tramite
questo giornale, le loro proposte per
far sapere ai conduttori di « Protestante,
sìmo TV » che cosa ci as|>ettiamo dalla « nostra > trasmissione.
Francesco R. Borasio, Vittoria
Gaili, Sergio Margara, Vercelli
delle valli valdesi
settimanale delle chiese valdesi e metodiste
Direttore: Giorgio GardioI
Vicedirettore: Giuseppe Platone
Redattori: Alberto Corsani, Luciano Deodato, Roberto Giacone, Adriano
Longo, Piervaldo Rostan
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Bragaglia, Rosanna Ciappa Nitti, Gino Conte, Piera Egidi, Paolo Fiorio, Claudio Martelli, Roberto Peyrot, Sergio Ribet, Massimo Romeo, Mirella Scorsonelll, Liliana Viglielmo
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Registrazione: Tribunale dì PInerolo n. 175. Respons. Franco Giampiccoll
Il n. 7/88 è stato consegnato agli Uffici postali di Torino e a quelli decentrati delle Valli valdesi il 18 febbraio '88.
Hanno collaborato a questo numero: Eugenio Bernardini, Valter Cesan,
Anna Marullo Reedtz, Lucilla Peyrot, Teofilo Pons, Paolo Ribet, Roberto Romussi, Alberto Taccia, Erika Tomassone, Letizia Tomassone.
IL DIBATTITO SUL RIMPATRIO
Una storia di fedeltà
Non si può negare che la lotta sia stata condotta con tutti i mezzi La fiducia nella grazia, vero insegnamento di queste pagine di storia
Enrico
Arnaud,
condottiero
dei valdesi.
Tre considerazioni, spero non
troppo Itmghe, sul dibattito sul
Glorioso Rimpatrio aperto dall’inserto della Società di studi
valdesi sul numero deU’ll dicembre e sviluppato dai professori Girardet e Gönnet sui numeri del 31 dicembre e del 29
gennaio.
della sua chiesa. Possiamo rifiutare la storia valdese, se non
ci piace, ma non salvarne soltanto le pagine belle e condannare
il resto.
II.
I.
Non riesco a capire la meraviglia addolorata di uno storico dell’esperienza di Gorniet dinanzi alle pagine brutali del Glorioso Rimpatrio, come l’uccisione di prigionieri ed i saccheggi.
Gönnet avrebbe potuto aggiungere molte altre pagine sanguinose della storia valdese, come
le centinaia di soldati irlandesi
passati a fil di spada dal capitano Jahier, le dure rappresaglie degli « invincibili » sulle popolazioni cattoliche o la partecipazione di compagnie valdesi,
inquadrate dai loro pastori, alle guerre settecentesche dei duchi di Savoia, senza alcuna motivazione vocazionale, ma per
l’aiuto che paghe e bottino potevano dare alla sopravvivenza
di comunità poverissime. Diciamo le cose come stanno: le piccole comunità di contadini vaidesi non erano affatto aggressive ma, sottoposte a micidiali
persecuzioni e strangolate dalTassedio economico e politico,
reagirono (non senza contraddizioni e incertezze) con tutte le
armi possibili, politiche e militari; e condussero le loro guerre
partigiane con tutta la durezza
necessaria, secondo le usanze
del tempo, uccidendo © saccheggiando senza dubbi, anche se su
una scala 'assai minore di quanto facevano i Savoia ai loro
danni.
Si potrebbe osservare che i
r.aesi cattolici della pianura colpiti dai valdesi non erano poi
così « innocenti », visto che fornivano abitualmente le milizie
che accompagnavano le truppe
ducali nella devastazione delle
Valli valdesi; ma non è questo
il punto. Il punto è che dinanzi
•alle guerre del piccolo popolo
valdese non possiamo accettare
le pagin» belle e consacrate e
condannare quelle che urtano la
nostra sensibilità moderna. Se
accettiamo il « giuro di Sibaud »,
siamo anche corresponsabili
dell’uocisione di prigionieri ©
dei saccheggi nella piEinura cattolica e, al di là del peccato degli uomini, riconosciamo anche
in queste pagine di sangixe il
piano di Dio per la salvezza
Seconde Girardet la storia valdese ci è oggi lontana assai più
della Rivoluzione francese, del
Rinascimento, della Riforma e
della stessa Controriforma. Nella
prospettiva della cultura del nostro tempo Girardet ha certamente ragione: nessuno pens'a
che il Glorioso Rimpatrio abbia
avuto un peso così grosso nella
storia europea.
La ragione per cui lo riproponiamo, come la pagina più nota della storia valdese, è che
costituisce una straordinaria pagina di fedeltà e di grazia, basata su una confessione di fede
in cui ancora oggi ci riconosciamo. Non mi interessa psicanalizzare Janavel e Arnaud per sapere quanti dei loro valori siano
ancora attuali; mi interessa rilevare la loro fiducia nella misericordia del Signore, che non
era mai presunzione di successo,
ma certezza che non veniva meno, anche dinanzi 'ai più gravi
disastri. Certo, i valdesi non si
limitavano a pregare, adoperavano anche con efficacia e modernità le poche armi che 'avevano, politiche e militari. Ma in
ogni momento della loro battaglia facevano sincera confessione dei loro peccati e proclamavano la loro fiducia illimitata
nella grazia del Signore, senza
pretendere per questo di avere
la vittoria in tasca. Questo è il
vero insegn'amsnto e la vera attualità del Glorioso Rimpatrio;
ed è per questo che le celebrazioni avranno come centro la
predicazione, e non le feste (che
Dure ci saranno, spero ricche di
letizia e cordialità). Quanto al
convegno storico e alle iniziative
divulgative parallele, il loro compito è di ricordare che questa
straordinaria pagina di fede si
situava in un contesto storico
determinato e complesso (di cui
non dimenticheremo le pagine
di sangue), quindi si traduceva
in idee e azioni legate al loro
lempo.
In altri momenti, altre comunità di credenti hanno fatto
scelte diverse di fede e di vita,
ugualmente straordinarie, nessima delle quali si può riproporre meccanicamente. La colubrina di Janavel non spara oggi
su pacifisti e obiettori di coscienza, però ci ricorda che le
scelte diverse, che abbiamo la
responsabilità di compiere nel
mondo in cui viviamo, possono
essere pienamente giustificate
oggi, ma che la grazia del Signore è più grande di quanto possiamo capire e può muoversi
(si è mossa e si muoverà) lungo
vie contraddittorie a viste umane come la nonviolenzia di Valdo
e la spada di Arnaud. Libero
poi ognuno di credere che il
campo di grano sotto la neve
della Balziglia o il rovesciamento delle alleanze europee che
nel 1690 salvò i valdesi furono
fatti puramente umani o momenti del piano di Dio.
III.
Un’ultima osservazione infine
suirimportanza della storia valdese per tutto il protestantesimo
italiano. Non si deve cercare nel
Glorioso Rimpatrio quello che
non ci poteva essere, come le
origini dell’evangelizzazione in
Italia o la giustificazione storica
della presenza protestante ne’
nostre paese. E non mi piacciono gli arroccamenti sulle glorie
valdesi, come quelli delle cele
brazioni del 1939 (che pure ave
vano ragioni contingenti da com
prendere e valutare), né la mite
logia dei « vaudois de la vieilln
roche », che copre anche immobilismo e presunzione. La chiesa vive della predicazione delhi
Parola in un momento concre
to, deve essere aperta all’oggi o
al dom'ani e non seduta sull '
glorie passate. Ma ognuno de
gli uomini e donne che costtuiscono una comunità, e ogni
comunità, ha un suo passato,
una sua formazione culturale e
morale specifica e (in Italia)
generalmente un po’ diversa dalla maggioranza cattolica o
post-cattolica. Negare questo
passato non è possibile e non >
corretto: sarebbe come negaro
le differenze con cui ricchi o
poveri, donne e uomini, giovani
e anziani vivono la stessa voca
zione. Negare il passato è ancora più impossibile per le chiese evangeliche, che leggono l’Arr
tico e il Nuovo Testamento attraverso una griglia storica che
cambia col cambiare dei tempi,
E allora Tunica via corretta, per
la nostra stessa vocazione e
predicazione, è di assumere questo passato, nelle sue pagine più
o meno gradite alla nostra sensibilità, di viverlo criticamente e
con gli strumenti della ricerca
scientifica, ma anche con rispetto e amore. Per questo credo che Valdo, Janavel e Arnaud
siano ricchezza e fardello (nel
senso che ci obbligano a un confronto spesso scomodo con testimonianze diverse e ugualmente vive, sopra ogni dogmatismo),
così come il conte Guicciardini
ed i missionari battisti e metodisti. Le celebrazioni del Glorioso Rimpatrio sono un’occasione
per rivivere con amore e vigilanza questa grande pagina del
nostro passato.
Sta 'a noi tutti non sprecarla.
Giorgio Rochat
---'
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26 febbraio 1988
ecumenismo
LEUENBERG CONTINUA
GIOVANI BATTISTI EUROPEI
Ora si parla della cena a congresso
del Signore
Ridotta partecipazione dei riformati - Si rivede il testo sul battesimo - Si studierà la testimonianza in rapporto alla e alle libertà
Si ricorderà, forse, che la scorsa primavera si è tenuta a Strasburgo la 3“ assemblea generale
dei « colloqui teologici di Leuenberg » tra chiese luterane, riformate e unite europee. L’assemblea generale si riunisce ogni sei
anni circa; nell’intervallo, si svolgono colloqui regionali, che « imbastiscono » il lavoro dell'assemblea, studiano temi particolari,
approntano bozze di documenti.
Noi rientriamo nell’Europa del
sud-est, e dal 4 al 7 febbraio
si è riunito il colloquio regionale, ospitato per la quarta volta
nei grande centro del Servizio
diaconale luterano austriaco, a
Gallneukirchen, ima cittadina
largamente evangelica (caso raro in Austria) annidata fra colline boscose, pochi chilometri a
nord di Linz e non lontano dalla frontiera cecoslovacca; a pochi chilometri, anche, da Mauthausen. Eravamo trenta, abbastanza ben ripartiti fra tedeschi
(soprattutto bavaresi), austriaci,
cecoslovacchi, ungheresi, un romeno, jugoslavi... di latini, invece,
ero il solo (il romeno era un
transilvano di chiara ascendenza tedesca); è da tempo che questa assenza rattrista, e pesa anche, nella sostanza; scompensa
anche la presenza riformata, tanto più che questa volta è stata
assente anche la Svizzera. La
Concordia di Leuenberg sembra
parlare essenzialmente tedesco,
e, malgrado la cordialità è gentilezza degli ospiti, prevalentemente luterano. Ottima l’accoglienza e fraterno rincontro, fra
persone quasi tutte di ormai stagionata conoscenza.
Il documento sul battesimo,
che era stato elaborato — con
mie riserve e finale astensione
— dai passati colloqui, non accolto dall’assemblea di Strasburgo, è stato ritoccato nel frattempo da un gruppo misto di lavoro; riesaminato ora a Gallneukirchen, è stato approvato, anche se è sembrato troppo riformato ai luterani, e troppo luterano ai riformati (o, più esattamente, ai riformati che hanno
la visione sul battesimo, e più
in generale sui sacramenti, che
stiamo sviluppando noi in Italia). Ma il tema affidato al nostro lavoro è, ora, la Cena del
Signore: dottrina, pratica (problemi pastorali, liturgici ecc.),
cena-comunione (riflessi comunitari, ecumenici ecc.). Abbiamo
avuto due ampie relazioni introduttive di parte riformata (prof.
H. H. Esser, del seminario riformato della Facoltà teologica di
Mùnster) e di parte luterana
(prof. M. Seitz, docente di teologia pratica alla Facoltà teologica di Erlangen); il pastore ro
meno G. Schullerus ha presentato un’interessante rassegna dello sviluppo della ricerca al riguardo, nella Chiesa luterana
transilvana, con particolare attenzione all’accentuazione dell’aspetto comunitario della Cena,
soprattutto in rapporto alla catechesi e alla confermazione.
Si è lavorato, anche per gruppi, su queste relazioni, soprattutto per precisare e definire la
ricerca futura, fame una « scaletta », in vista delle prossime
sessioni. Il prof. Filipi, docente
di sistematica alla Facoltà teologica « Comenius » di Praga, ha
anche presentato un suo documento introduttivo a un altro
dei grandi temi che l’assemblea
di Strasburgo aveva affidato alle chiese e ai colloqui regionali:
« La testimonianza cristiana della libertà, ovvero: la libertà e le
libertà »: un catalogo ragionato
di questioni attuali e appassionanti.
Quanto alla Cena del Signore,
come membro della nostra comrnissione per il culto e la liturgia sipero di trovare, in questi
incontri, anche indicazioni che
ci aiutino a rendere sempre più
significativo e significante il « segno » che il Signore ci ha dato
e affidato.
Gino Conte
Dal 13 al 19 gennaio si è tenuta a Chamrousse, località
montana nei pressi di Grenoble
(Francia), l’annuale conferenza
dei segretari giovanili delle diverse unioni aderenti alla Federazione Battista Europea.
Questo incontro ha coinvolto
una trentina di persone provenienti da 14 diversi paesi europei, dall’Unione Sovietica al Por
togallo. L’Italia era rappresentata dalla FGEI, che da alcuni
armi cura questi importanti rapporti intemazionali.
Le giornate sono trascorse velocemente in quanto, oltre ai tradizionali momenti di studio biblico, conferenze (estremamente
interessante quella del presidente della Federazione Battista
Francese R. Sommerville, incentrata sul molo delle chiese
evangeliche nell’attuale società
europea multi-etnica) ed illustrazioni delle varie attività giovanili nei differenti paesi europei,
i convenuti hanno dedicato molto tempo alla preparazione del
Congresso Mondiale della Gioventù Battista, che si terrà a
Glasgow dal 27 al 31 luglio prossimi.
Sono state inoltre rinnovate
le cariche del Comitato Esecutivo del Dipartimento Giovanile
della Federazione Battista Europea; il norvegese A. Bakkevoll
è subentrato nel ruolo di presidente al tedesco occidentale U.
Kuhne, dopo sei anni di leadership di quest’ultimo.
Merita di essere sottolineato lo
speciale week-end trascorso dai
partecipanti alla conferenza:
questi sono stati divisi in cinque gruppi ed hanno trascorso
il sabato e la domenica presso
differenti chiese battista della
regione. Il mio gruppo è stato
ospitato dalla Chiesa di Greno
REPUBBLICA DEMOCRATICA TEDESCA
NUOVO CONCORDATO
Qualcosa di nuovo 249 miliardi per
il clero cattolico
Recentemente ci siamo occupati di una particolare e pesante «attenzione» delle autorità
nei confronti delle chiese evangeliche, con una ondata di arresti e processi. Le autorità tedesche probabilmente temono che
gli ambienti ecclesiastici assumano iniziative rilevanti in campo politico e perciò esercitano
un controllo severo. Ma non pare che le chiese si lascino intimorire più di quel tanto.
In occasione del millennio dell’arrivo del cristianesimo in Russia, le chiese evangeliche della
Repubblica Demccratic.a Tedesca, insieme a quelle della Repubblica Federale, hanno inviato un messaggio alla chiesa ortodossa rassa. Tre sono i punti
che lo caratterizzano: anzitutto
una confessione di peccato; gli
altri due punti riguardano la
riconciliazione e la pace. Ma è
certo il primo quello che ha
maggior rilevanza. Più di venti
milioni sono stati i morti nell’Unione Sovietica in seguito all’invasione delle trupp>e naziste.
Con un immenso sforzo ed un
altissimo costo di vite umane i
sovietici riuscirono a bloccare
l’armata di von Paulus a Stalingrado. Dopo la guerra le chiese
evangeliche tedesche ripresero i
raipporti con l'ecumene cristiana
sulla base di una confessione di
peccato. Fu la famosa dichiarazione di Stuttgart. A quell’epoca essa aveva di vista soprattutto le famiglie delle chiese occidentali. A più di 40 anni dalla
fine del conflitto, le chiese evangeliche tedesche dell’est e dell’ovest trovano la forza e il coraggio di riprendere la questione e di completarla con questo
elemento che ancora mancava.
Dato il lungo tempo trascorso
ci poteva anche essere la tentazione di lasciarlo stare, di darlo
per scontato. Ma non si può iniziare un cammino nuovo se non
si sono chiusi i conti col passato. « I crimini inflitti agli abitanti dell’Unione Sovietica sono
stati incredibili, e noi tutti ne
portiamo la responsabilità e le
conseguenze, sia che viviamo nella Repubblica Democratica che
in quella Federale » — dice il
messaggio. « La guerra è stata una guerra di conquista e distruzione, che mirava ad annientare lo Stato sovietico ». I piani nazisti prevedevano la deportazione in massa della popolazione e la sua riduzione in una
specie di stato di schiavitù. « Le
nostre chiese — prosegue il messaggio — hanno taciuto...».
Ma il messaggio contiene anche accenti di riconoscenza nei
confronti dei credenti dell’Unione Sovietica. Anche se non c’è
stata famiglia sovietica che non
piangesse almeno un morto, quel
passato non ha costituito una
barriera insormontabile perché
si allacciassero relazioni e rapporti di fraternità tra le chiese.
Per questo le chiese possono contribuire a creare un clima di fiducia e comprensione tra i popoli, e quindi avere un ruolo
nell’edificazione della pace. Questa — conclude il documento —
« non deve più essere cercata
nella, corsa agli armamenti. I
primi passi verso'il disarmo confermano la nostra speranza che
le relazioni tra gli stati non saranno più in futuro fondati' sulla ricerca della .supremazia. Una
composizione armoniosa degli
interessi, la comprensione e la
cooperazione devono rendere superflue le attuali forme del terrore ». Luciano Deodato
Il 1987 sarà ricordato niella
Chiesa italiana come l’anno-zero
del nuovo sistema di sostentamento del clero, dopo il superamento della « congrua ». Come è andata? Male, secondo
molti sacerdoti che non hanno
apprezzato il nuovo « regime »;
così e così, secondo l’Istituto di
sostentamento del clero, che ha
dovuto sborsare più soldi di
quanti ne ha ricevuto dallo Stato per pagare gli assegni ai sacerdoti aventi diritto.
Secondo i dati raccolti dalla
FACI, su 29.300 sacerdoti entrati nel sistema dall’1-1-87, 9.233
(pari al 31,51%) hanno ricevuto
un’integrazione mensile superiore ad un milione.
La CEI ha avuto dallo Stato,
come ex congrue, per il 1987,
249 miliardi. Ne ha versati ai
sacerdoti 259. I dieci miliardi in
più li ha recuperati attingendo
in parte dai contributi previsti
daJl’art. 50 della legge 222, relativi ai capitoli di spesa 2001 e
2002, quelli destinati alla costruzione di nuove chiese; in parte
dal fondo preventivato per l’avviamento dell’Istituto per il sostentamento del clero.
Le cifre saranno rese note
dalla CEI fra pochi mesi: secondo il Concordato, infatti, la
CEI deve « trasmettere annualmente all’autorità statale competente un rendiconto relativo
alla effettiva utilizzazione delle
somme » e, contemporaneamente, « diffondere adeguata informazione sul contenute di tale
rendiconto e sugli scopi ai quali ha destinato le somme ».
Dal 1990 i cittadini potranno
devolvere l’8 per mille delle proprie tasse a favore della Chiesa
cattolica.
Nuove chiese
• Sono attualmente in costruzione in Italia 147 nuove chiese cattoliche, 135 locali e 74 case
parrocchiali. Il governo finanzierà con 18 miliardi di lire (in
tre anni) l’ultimazionie dei lavori
in corso. La parte ecclesiastica
ritiene insufficiente tale somma,
sostenendo che per ultimare le
opere iniziate occorrono almeno
80 miliardi di lire. Prima dell’entrata in vigore del nuovo
Concordato, lo Stato italiano
stanziava per « l’edilizia sacra »
sei miliardi di lire all’anno.
• La scuola cattolica italiana
sta vivendo un lento processo
di contrazione e di erosione. E’
quanto emerge dai dati, diffusi all’assemblea nazionale della FIDAE, relativamente agli
anni scolastici 1985/’86 e 1986/’87.
In un anno gli istituti sono
passati da 1.589 a 1.578, lo
0,99% in meno (—11). Le scuole sono scese da 3.002 a 2.961
(— 1,37%), 41 in meno. Le classi
sono diminuite da 16.450 a
16.351 (—0,60%), 99 in meno.
I docenti religiosi da 10.320 sono
diventati 9.284 (— 10,004%), 1036
in meno. Gli alunni maschi erano 183.056, sono diventati 179.527
(—1,93%), 3.529 in meno, le alunne 234,460 nel 1985/’86, 227.802
(—2,84%), 6.658 in meno, nel
1986/’87.
ble, dove ho avuto il piacere di
incontrare diversi fratelli e sorelle italiani trasferitisi in Francia da armi alla ricerca di lavoro. Molti di loro ricordavano
con nostalgia le loro comunità
d’origine (La Spezia, Susa, ed
altre ancora) ed erano estremamente felici di ospitare un italiano.
Ritornando alla prossima occasione d’incontro, il Congresso
Mondiale della Gioventù Battista, ricordo che è prevista la
partecipazione di ben 10.000 giovani provenienti da tutto il
mondo. Per noi europei sarà una
occasione unica, in quanto avremo la possibiblità di incontrare
sul nostro continente giovani
credenti di tutto il mondo, scambiando con loro esperienze di
vita e di fede.
Ricordo inoltre che la partecipazione è aperta a tutti i giovani evangelici dai quattordici
ai trentacinque arali e che chiunque sia interessato può contattarmi personalmente al seguente indirizzo: Michele Campione, Via di Mezzo 1/A - 33170
POI?^PENONE - tei. 0434/21544.
TESTIMONI DI GEOVA
3.500.000
nel mondo
Circa quarant’anni fa, Charles
Samuel Braden, studioso statunitense di fenomeni religiosi,
scrisse dei testimoni di Geova:
« Hanno letteralmente coperto la
terra con la loro testimonianza...
Si può veramente dire che nessun singolo gruppo religioso
del mondo- ha manifestato più
zelo e tenacia nel tentativo di
divulgare la buona notizia del
Regno». Allora i Testimoni erano
in tutto il mondo poco più di
200 mila, di cui im centinaio in
Italia. « La Torre di Guardia »
del r gennaio 1988 contiene il
rapporto mondiale della loro
attività nel 1987. In esso si legge che la popolazione dei testimoni di Geova, in 210 paesi, ammonta a circa 3 milioni e 500
mila: un aumento del milleseicento per cento in 40 anni. Interessanti sono pure i dati relativi all’Italia. Oltre ad essere al
quarto posto nel mondo per numero di Testimoni, dopo Stati
Uniti, Messico e Brasile, il nostro paese è al terzo posto in
quanto a densità, con un testimone di Geova ogni 380 abitanti
circa.
A cosa può attribuirsi questo
esplosivo aumento di un gruppo
religioso non cattolico nell’Italia cattolica? Giorgio Martinat,
giornalista, in una approfondita
analisi del fenomeno, ebbe a
scrivere qualche anno fa: « In
percentuale, nessun’altra chiesa
del mondo ha conosciuto un
proselitismo di queste proporzioni... C’è da chiedersi quale
potere di attrattiva faccia di questa confessione un caso unico
tra tutte' le chiese del mondo
moderno, che conoscono più diserzioni che adesioni. Ad un osservatore esterno, due connotati
sembrano differenziare nettamente i Testimoni di Geova dagli altri credenti. Il primo à l’assoluto distacco da ogni potere
terreno... Non soltanto rifiutano
il servizio militare, ma non votano: nelle questioni sociali osservano il principio della più
stretta neutralità... Il secondo
connotato (forse quello che può
spiegare il successo del proselitismo) è la coerenza del loro
comportamento con i principi
che professano. La loro testimonianza non è soltanto di parole, ma di stile di vita... sono i
cittadini più leali che si conoscano » (La Stampa, 12 agosto
1979).
4
4 fede e cultura
26 febbraio 1988
RISCOPERTO A NOVARA E VERCELLI
XVII FEBBRAIO
Lattualità di Dolcino
Ancora riesumate accuse rivelatesi certamente false - Una serie di
saggi e il ritrovamento in un solaio di una lapide risalente al 1907
La Sinistra Indipendente di
Novara, tramite il suo omonimo
periodico, ha proposto alla cittadinanza il recupero di fra Dolcino, anche innalzando un monumento alto come il « San Carlone » di Arona. L’iniziativa ha
sollevato vivaci discussioni, ed
esponenti clericali non hanno
mancato di riesumare fruste accuse di banditismo e di immoralità a carico di Dolcino, Margherita e dei loro seguaci; sono
state persino rispolverate le « leghe » che i valsesiani avrebbero
stipulato per cacciare gli eretici
dalla loro valle; leghe i cui « statuti », per storici al di sopra di
Ogni sospetta partigianeria quali Francesco Cognasso e Rosaldo Ordano, « sono un falso tanto grossolano da rasentare il ridicolo ». L’ex sindaco dr. Rinaldo Sanna ha spiegato la proposta della Sinistra Indipendente
come « un'iniziativa culturale che
si propone il recupero di un
personaggio di estrema attualità,
il cui ricordo è ben radicato nella memoria popolare nelle zone
del Novarese, del Biellese e della Valsesia »; lo studente universitario Mauro Longoni ed altri
promotori hanno spiegato che,
al di là della proposta, palese^
mente provocatoria, di innalzare
un monumento colossale, sta la
volontà di « rivendicare » il Riformatore con convegni e dibattiti.
Del resto, il « Centro Studi Dolciniani » di Biella in un comunicato ha precisato che, essendo
ovviamente d’accordo sulla necessità del recupero, e pur comprendendo « il gusto della provocazione di desiderare un monumento che non sia inferiore
a quello del "San Carlone” di
Arona, ritiene che non sia davvero il caso di occupare lo spazio pubblico con gigantesche immagini che nulla hanno da spartire con il messaggio evangelico; e che le targhe delle vie (a
Borgosesia ed in altri comuni
della valle; a Biella, Quaregna,
Novara) ed il cippo a croce antropomorfa sui ruderi dell'obelisco, voluto dagli operai biellesi e
valsesiani nel 1907 e demolito dai
clerico-fascisti nel 1927, siano
"monumenti" sufficienti, occorrendo invece chiarire quale fu
il significato della testimonianza
e del messaggio, studiando e discutendone ».
Nel corso del 1987, a cura di
Tavo Burat, sono usciti articoli
su fra Dolcino (recensione al libro di Raniero Orioli) nella « Rivista Storica Biellese », n. 3; sull’ottantesimo della « rivendicazione operaia » culminata con l’obelisco eretto in vetta al monte
Mazzaro nel 1907 (nella rivista
« L'Impegno », n. 2, dell’Istituto
Storico per la Resistenza in provincia di Vercelli, a Borgosesia) e
nel nuovo settimanale valsesiano « Notizie Oggi » (numeri 8, 9
e 13).
Quasi contemporaneamente alla proposta della Sinistra Indipendente di Novara, a Vercelli
è stata ritrovata, in un solaio,
una lapide alta circa 1 metro e
60, e larga 60 cm., in marmo
rosa, con quattro borchie di bronzo agli angoli, con incise queste
parole: « A Fra Dolcino qui in
Vercelli dalla tirannide sacerdotale attanagliato ed arso il 1°
giugno 1307 per aver predicato
la pace e l'amore fra gli uomini,
oggi che l'antica speranza rivivente nei secoli sta con la nuova era per diventare realtà. 1°
giugno 1907 ». In effetti, come
riportato dal periodico socialista dell’epoca « Corriere Biellese» (17-5-1907), il 21 giugno di
quell’anno era stata indetta in
Vercelli una grande manifestazione, coordinata dalla sezione
socialista, per rivendicare Dolcino e Margherita con la muratura della lapide sulla facciata della « Casa del Popolo »; oratori,
il mazziniano Giuseppe libertini e il sodcdista aw. Umberto
Savio (eletto poi deputato nella
XXIV legislatura). La lapide non
venne mai murata, probabilmente per il divieto delle autorità,
ed è stata appunto ritrovata soltanto nei giorni scorsi. Un comitato spontaneo di cittadini
vercellesi ed il « Centro Studi
Dolciniani » hanno già richiesto
al sindaco Bodo (PSI) che la
lapide non venga riposta nel civico museo Leone, poiché l’Amministrazione semlsrava così intenzionata, ma apposta esternamente su di una pubblica via,
come era nei voti dei « dolciniani » di 80 anni or sono,
T'avo Burat
1.000 KM. A PIEDI PER LA PACE
Organizzata dai « Friends of
All » (Amici di tutti), ideata da
Prem Kumar e realizzata col
concorso di amici indiani ed europei, al primo impatto b per
lungo tempo ha brillato più per
i suoi difetti che per i suoi pregi
Cominciamo dai primi, dato
che siamo europei, etecientisti e
criticoni: la marcia era priva di
grandi slogan, e di un concetto
centrale capace di sintetizzare
un messaggio chiaro ed una scelta ideologica; il coordinamento
era in màno esclusivamente agli organizzatori; l’informazione
era scarsa; la propaganda lungo
il percorso, prima e durante la
marcia, quasi inesistente; non
coinvolgimento di marciatori di
buona volontà nelle scelte e nelle attività della marcia (rapporti con le autorità, ricerca dell’alloggio, acquisto cibi, cucina.
servizi, disciplina, comitato di
coordinamento); impossibilità
di prendere iniziative autonome,
ignorando generalmente il programma...
Ma proprio la mancanza di
un fulcro concettuale ben definito ha rappresentato, in definitiva, secondo le speranze degli
ideatori, il fascino e il pregio della marcia. Gente non dichiaratamente pacifista e nonviolenta
si è sentita libera di partecipare, ed ha trovato via facendo dei
valori inaspettati; studiosi e
perfino turisti « sui generis »
sono rimasti coinvolti dall’atmosfera amicale e edificante
che ha regnato sempre tra i
marciatori © tra questi e la gente, specie all’arrivo e alla partenza di ogni tappa; malgrado
lo sfllacciamento della marcia,
per mancanza di precise indicazioni, per stanchezza (alcuni han
Riflessioni del Presidente
della Repubblica,
Francesco Cossiga
Una marcia aperta e feconda
Da Ahmedabad a Delhi il 14 gennaio - Grande partecipazione malgrado l’organizzazione caotica - Coinvolto anche il turista occasionale
Per i vostri acquisti
Librerie Ciaudiana
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In « esclusiva » per il Pellice,
Settimanale del Pinerolese, il
Presidente della Repubblica,
Francesco Cossiga, ha così salutato i valdesi in occasione del
17 febbraio di quest’anno:
«Convinto di interpretare il
pensiero e il sentimento di tutti
gli italiani, saluto in questo giorno non solo una gioiosa ricorrenza per la Comunità valdese,
ma anche un'occasione di comune e feconda riflessione per tutta la collettività nazionale. Si
celebra infatti oggi una festa di
libertà, il segno di un cammino
verso traguardi sempre più ampi di liberazione da vincoli che,
essendo imposti alla coscienza,
sono per l'uomo più degli altri
intollerabili.
I fuochi che nella notte dei
falò illuminano le valli valdesi
esprimono la gioia, il desiderio
di partecipare, da uomini liberi
con altri uomini liberi, alla vicenda nazionale. E sono anche un
segnale e un richiamo rivolti a
tutto il Paese, per ricordare che
la libertà è un bene che va alimentato quotidianamente, ampliandone i contenuti in ciascuno di noi e in ogni comunità
che, nella sua peculiarità, concorre a formare l'articolato insieme della realtà nazionale.
Di questi valori sono ben consapevoli, per la loro storia di
sofferenza e di lotte tenaci, i
Valdesi, che affrancarono la professione della loro fede proprio
negli anni in cui prese l'avvio il
processo di emancipazione nazionale.
Desidero dunque rivolgere alla Comunità valdese un saluto
partecipe e fraterno, consapevole e grato dell'esempio di virtù
civili e di valori spirituali che
essa dona all'Italia ».
VERCELLI
li suicidio
Le responsabilità dirette da parte della so
cietà: di diverso tipo le reazioni del pubblico
no camminato per tutti i 1.000
km. previsti!), quasi tutti hanno
trovato modo, in ogni tappa, di
stringeire rapporti col contadino, a cui la siccità (specie nel
Gujarat © nel Rajasthan) toglie
ogni potenziale strumento di sopravvivenza (zero coltivazione,
niente granai, nessun sussidio
governativo, pozzi essicati), col
pastore le cui pecore brucano
invano in zone rese desertiche,
col mandriano 1© cui vacche
mangiano anche la carta sporca,
col responsabile del villaggio
che chiede aiuti per avere un
posto di pronto soccorso, un
kindergarten per i bimbi di madri lavoratrici poverissime che
sono costrette a portarli con sé
nei campi, compressori per sfondare la roccia sotto la quale c’è
l’acqua per fronteggiare la siccità, un contributo per acquistare
le struttura minime per mettere
in piedi una fabbrichetta di tappeti fatti a mano e, magari, una
autoambulanza...
Un tesoro di conoscenza, che
riguarda sì l’India rurale — il 70
per cento della sua realtà socioeconomica — ma utile certamente anche ad osservatori di
Paesi tecnicamente avanzati per
rimeditare seriamente il rapporto fra tecnologia e reali bisogni
dell’uomo, fra appiattimento su
una cultura occidentale produttivistica-consumistica e divoratrice, e culture antropologiche conservatrici di valori e di equilibri
ecologici, a cui al massimo può
giovare un razionale apporto di
tecnologie appropriate all’uomo
e all’ambiente.
Davide Melodia
Il Centro d’incontro Evangelico « Pietro Maggi » ha organizzato, lo scorso 29 gennaio, una
conferenza-dibattito dal titolo:
« Essere e non esistere - Il problema del suicidio (la responsabilità sociale) ».
Relatrice Anna Maria Borsari
Grimaldi di Milano; moderatrice Elisabetta Ronco di Vercelli,
psicoioga.
Dopo una breve carrellata sui
diversi « tipi » e « modi » di suicidio, la prof.ssa Borsari ha informato il pubblico presente in
sala dell’alto numero di suicidi
registratisi a Milano nei primi
venti giorni dell’anno in corso, e
quindi è passata a denunciare le
responsabilità della società nei
riguardi di coloro che si tolgono
la vita.
Non si tratta di responsabilità generiche ed astratte ma concrete, dirette, individuali. La società è formata da tanti individui singoli; la società sianao noi,
quindi queste responsabilità sono di noi tutti, cittadini e chiese indifferenti.
Lo spunto per dar vita all’interessante, e a volte polemico, dibattito è venuto dalla presentazione della vita e delle opere
di una poetessa e scrittrice americana contemporanea, morta
suicida all’età di 31 anni: Silvia Plath.
Questa affascinante donna nacque nella città-simbolo delio
snobismo americano; Boston. Di
famiglia appartenente alla middle class bostoniana, Silvia, dopo la morte del padre, viene ad
essere un oggetto nelle mani della madre, donna arrivista e castrante. Indirizzata verso i migliori college americani, preparata per una vita agiata e borghese, Silvia approda a New
York carica di un elevato bagaglio culturale e di tanta voglia
di scrivere, di affermarsi.
Il successo, i premi letterari
non si fanno attendere, ma nonostante ciò ad un certo punto
il meccanismo della vita di Silvia si inceppa. Non riesce più
a scrivere; si accorge di essere,
ma non di esistere; tenta il sui
cidio, che non riesce. Si sposta
in Inghilterra, dove pensa di aver
finalmente trovato la felicità spo
sando un famoso scrittore ed
infatti in uno scritto afferma
che il matrimonio « è uno stato perfetto». Ben presto però
Silvia si accorge ancora una volta di non esistere. Ha esperienze omosessuali. Non esiste. Vuole dei figli. Ne avrà due. Tuttavia continuerà a non esistere.
Sarà famosa scrittrice, sarà moglie, sarà amante, sarà madre.
Sarà ricca, dirà di essere felice,
però non esisterà ancora.
Il suo ultimo mattino di vita
scriverà ancora, avrà quello che
lei stessa definisce il suo « momento azzurro ». Con calma, in
silenzio, i figli lontani nella camera da letto, lei, la cucina, il
gas, la morte.
Questa in sintesi la storia, al
di là della vicenda letteraria, di
una persona morta suicida. Esempio emblematico, a mio avviso, di una donna dalla personalità complessa, che nella breve ma intensissima vita ha cercato e cercato di esistere; Silvia
Plath ricerca cose, sensazioni così comuni ai nostri giorni: la
fama, il successo, un « buon »
marito; Silvia ha dei figli, non
manca quindi anche Tesperienza
di essere madre; ma quanta angoscia, quanta solitudine intorno a lei.
Il pubblico in sala forse si
aspettava, dalla coinvolgente e
trascinante oratrice, una ricetta
pronta da usare « in caso di suicidio »; oppure ha ritenuto troppo lontano dalla realtà « normale » l’esempio letterario; oppure
ancora ha sottolineato che la
cultura della scrittrice avrebbe
dovuto permetterle di non suicidarsi.
Ebbene, nessuno dei presenti è
riuscito a vedere in Silvia Plath,
al di là della ricchezza, del successo, del caso letterario semplicemente una donna, una persona.
Sorelle, fratelli, il suicidio non
è un problema sociale.
Francesco Rodolfo Borasio
5
26 febbraio 1988
fede e cultura
'■Í.
UN LIBRO DEL MISSIONARIO COMBONIANO
NAPOLI
Zanotelli,
Tumore vincibile
un prete scomodo
Per una cultura della prevenzione: favorire la
pratica del controllo periodico fra le donne
La denuncia del monopolio praticato dall’Occidente sul Terzo Mondo I doveri della chiesa di fronte alle realtà drammatiche della società
Ritengo che la quasi totalità
dei lettori conosca almeno di
nome il sacerdote Alessandro Zanotelli, dato che da qualche tempo i giornali ed i mass media
in genere gli hanno dedicato un
certo spazio, specie in relazione
alla sua direzione — ora forzatamente cessata — del mensile
« Nigrizia ».
Ora è uscito un libro (1) la
cui parte principale consiste in
una lunga intervista concessa ad
Antonio Del Giudice, giornalista
di « La Repubblica ».
Anzitutto, chi è Zanotelli? Nato nel 1938 a Livo, nel Trentino,
a 17 anni è partito per gli Stati
Uniti dove ha compiuto gli studi liceali, universitari e teologici. Ordinato sacerdote nel 1964
nella Congregazione dei missionai ! comboniani, ha iniziato il
suo servizio in Sudan (Africa)
dove ha lavorato per otto anni.
Uscito da questo paese nel 73
per specializzarsi in lingua araba ed in religione musulmana,
quando chiese di rientrare gli
fu detto che non era gradito al
governo sudanese, senza alcuna
motivazione. Dal 1978 al 1987 ha
diretto il periodico « Nigrizia »:
il suo ultimo editoriale lo ha
firmato nel maggio scorso, mentre ora — se già non è partito
— sta per tornare in Africa, questa volta in Kenia, a Nairobi,
per lavorare tra i baraccati.
A parte il fatto che già da
tempo Zanotelli stesso aveva
chiesto ai suoi superiori di poter torni, e a lavorare in Africa,
si apprende dall'intervista che è
stato iì card. Tomko, prefetto
di «Propaganda Fide» (il dicastero ¡ontano che dirige l’attività missionaria), a dargli Taut
aut: o cambiare o andarsene.
Caursa scatenante dell’allontana
mento rlalla rivista, Timpegno di
« Nigr i/.ia » a far conoscere la
teologia del Terzo Mondo, teologia che rimette anche in discussione « un monopolio che la
Chiesa d’Occidente detiene da un
millennio ». Ecco quanto Zanotelli dice sulla teologia della liberazione: « ....(essa) non fa altro
che ricordarci che, per fare la
volontà del Padre, bisogna riconoscere il volto del Cristo negli
ultimi Accetto il monito del
cardinale Ratzinger rivolto ai
teologi della liberazione circa
l’uso delle categorie marxiste
nella riflessione teologica. Inviterei però il cardinale a fare ora
un altro monito ai teologi occidentali esortandoli a stare attenti alle categorie borghesi e
capitaliste che usano spesso: il
Vangelo è provocazione per tutto e per tutti ».
Ma certamente anche lo scontro con l'allora ministro della Difesa Spadolini (definito « piazzista d’armi »), che a sua volta lo
aveva dipinto come « aiuto alta
delinquenza terroristica », non è
stato estraneo alla cacciata di
Zanotelli, E’ da ricordare l’incontro di Spadolini col pontefice di Roma sul Monte Bianco
per parlare del « clero sovversivo » e del suo « caporione » (niente male per uno dei più prestigiosi rappresentanti di un partito laico!).
Molti naturalmente gli altri
episodi ricordati, assieme ai princìpi cristiani ispiratori della sua
azione contro gli armamenti,
contro la droga, contro la fame,
contro le disonestà, contro la
« bestia-ipotere », contro le chiese « conformiste », a favore della nonviolenza e dello spirito di
servizio: rma testimonianza vivamente sentita e coerentemente vissuta.
Vi sono anche apprezzamenti
per un certo mondo protestante, specie per il suo atteggiamento e la sua testimonianza in Sud
Africa. In una delle aippendici
al libro, che comprende alcune
« note » messe in onda da Rai 2,
egli traccia un breve profilo del
pastore Beyers Naudé, segretario fino allo scorso giugno del
SACC (il Consiglio delle Chiese
Sudafricane), il quale « nato in
una delle più aristocratiche famiglie boere, figlio di un ministro governativo, e lui stesso
membro della P2 boera, negli
anni '60, "novello Saulo di Tarso", entra in una crisi profonda
davanti all’Evangelo e abbandona la politica dell’apartheid ».
Messo al bando ed alla « morte
civile » con la moglie fino alTimprowisa liberazione nel 1984, egli
verrà chiamato alla segreteria
del SACC dopo l’anglicano Desmond Tutu, eletto arcivescovo
di Johannesburg. Zanotelli commenta: « Un uomo che la grazia
ha trasformato in un appassionato apostolo del Risorto ».
NeH’intervista viene ricordato
che il CEC ha convocato una
« conferenza » per il 1990 sui temi della giustizia, della pace e
del rispetto del creato e cita il libro di C. F. von Weizsäcker « Il
tempo stringe » (recensito sul no
stro settimanale nel numero del
25 settembre scorso). « La Chiesa cattolica — dice Zanotelli —
sta ancora nicchiando su questo
invito. Se la Chiesa non è in
grado di pronunciare un giudizio duro e chiaro su questa realtà mondiale e di aiutare le comunità cristiane a prenderne coscienza e diventare fermento per innescare delle dinamiche di vita
in un mondo di morte, che annuncio del Vangelo è mai il nostro? Se non siamo lievito, a
cosa serviamo? Purtroppo invece continuiamo a mettere segni
di croce su sistemi di morte che
minacciano di travolgerci tutti ».
Il volume, oltre alle già citate note radiofoniche, contiene gli
editoriali più significativi usciti
su « Nigrizia », una riflessione di
don Vittorio Cristelli sul movimento « Beati 1 costruttori di
pace », una scheda tecnica sulle
obiezioni di coscienza di Mauro
Odorizzi ed infine una nota informativa di Carlo Salmini sul
traffico d’armi.
Concludendo: un libro « povero » nella sua veste, ma ricco
di spunti, di considerazioni e di
dati che non può mancare nella biblioteca di coloro che amano e si adoperano alla pace ed
alla giustizia fra i popoli.
Roberto Peyrot
' ALESSANDRO ZANOTEIXI: La morte promessa, ed. Publiprint, Trento
1987, pagg. 196, L. 12.500.
« Nei paesi più moderni e nelle
realtà più avanzate e più attente
ai temi della prevenzione, il tumore dell’utero non rappresenta
più un problema ». Con queste
parole, il primario del reparto
di ginecologia ed ostetricia dell’Ospedale Evangelico di Napoli
ha dato inizio, il 28 gennaio u,s.,
presso il Centro E. Nitti, agli
« Incontri di medicina preventiva». Questi incontri, organizzati con l’Ospedale Evangelico stesso, sono volti alla diffusione e
alla divulgazione nel quartiere di
una cultura della prevenzione e
della informazione medica,, che
deve risultare tempestiva e diffusa, e che in molti casi rappresenta l’unico baluardo e l’unica
terapia possibile per molte malattie, particolarmente pericolose, ed il tiunore dell’utero è una
di queste. « Con un semplice
controllo indolore, da ripetersi
periodicamente (il famoso paptest), — ha precisato un medico
dell’équipe intervenuta alTincontro — le donne possono stare
particolarmente tranquille di
fronte a questa malattia, e di
conseguenza possono così ridxure di molto il rischio di avere tumori in generale, visto che quello dell’utero e quello della mammella da soli rappresentano il
50% delle manifestazioni tumorali che colpiscono abitualmente
le donne ». Con il pap-test sono
facilmente individuabili le prime
manifestazioni anomale che attaccano la parete uterina e, con
semplici terapie o con facili interventi chirurgici, è possibile rimuoverle definitivamente, bloccando sul nascere sviluppi più
dannosi che, una volta avviati.
sarebbe difficile sanare adeguatamente.
L’informazione e Tabitudine diffusa al controllo preventivo diventano dunque in questi casi
fondamentali e decisive, pur
se non sempre è facile stimolare
questa abitudine, vista anche la
latitanza pressoché totale delle
istituzioni pubbliche sanitarie.
Da anni l’Ospedale Evangelico,
invece, sta battendo la strada
della prevenzione e quest’ultima iniziativa ne rappresenta una
felice conferma.
Dopo l’esposizione dell’équipe
medica, è seguito un serrato dibattito tra i numerosi partecipanti (più di cento) che hanno
affollato il Centro E. Nitti. Tra
questi, molte le donne del villaggio Caracciolo e del quartiere, oltre a numerosi miedici, compreso
il coordinatore sanitario della
USSL, che ha voluto con la sua
presenza testimoniare l’importanza di questa manifestazione.
Qui a Napoli, a differenza di
altre città, — ha concluso un ginecologo — si muore ancora di
tumore dell’utero, la battaglia a
tutt’oggi non è vinta, c’è ancora molto da fare. Manifestazioni come questa, però, possono
rendere un ottimo servizio per
arrivare, si spera presto, a realizzare degli screening di massa
attraverso i quali si potrà controllare questo tumore tanto pericoloso in fondo quanto in realtà «vincibile», con una sperimentata e conosciuta terapia.
Luciano Orìca
STORIE DI PERSECUZIONI
La Riforma italiana
Abiure ed esilio nelle vicende di un movimento definito come fallito - La considerazione
per il filone « eterodosso » e lo scarso peso stranamente accordato alle vicende dei valdesi
Dopo una rapida rassegna della situazione delle fonti relative
alla storia della Riforma in Italia (cap. I), l’autore passa ad una
indagine delTevangelismo italiano (cap. II), quel movimento che,
« ai margini del cattolicesimo »
ma inserito « all’interno delle
possibilità della chiesa pretridentina» (p. 10, 11), si era diffuso
agli inizi del secolo XVI quasi
in ogni parte d’Italia con connotazioni filoprotestanti, destando subito preoccupazione e sosipetto nelle autorità ecclesiastiche.
L’evangelismo infatti accoglie
progressivamente, accanto ad un
iniziale solafideismo, anche altri
principi cari ai riformati d’oltralpe. E finisce con l’accostarsi
al protestantesimo (cap. Ili) o
in qualche caso a sconfinare nella Radicai Reformation degli eterodossi (anabattisti, antitrinitari), ben più lontana dal cattolicesimo di quanto fossero le
chiese protestanti istituzionali (p.
25).
Se in una prima fase si tratta
di gruppi elitari composti da
religiosi di alto rango (Pietro
Bembo, per esempio, e i due
cardinali Contarini e Fole) ben
presto le nuove idee raggiungono anche la borghesia cittadina:
medici, avvocati, artigiani, mercanti. E la Chiesa cattolica impietosamente non esita a sradicare la mala pianta con una crudele e sistematica persecuzione:
ha così inizio il periodo delle
abiure, del nicodemismo o dell’esilio in Svizzera, in Polonia,
in Moravia (cap. V).
Certo è che parlare di Riforma in Italia significa « fare la
storia di un movimento fallito »:
l’autore però intende dar conto
al lettore non solo delle ragioni
di questo fallimento (pag. 156)
ma anche della piossibile risposta ad un quesito — per la verità antistorico — che alcuni studiosi si sono comunque posti:
« Quale forma di fede si sarebbe imposta se il protestantesimo fosse stato vittorioso in Italia? » (p. 157). Se Tommaso Bozza afferma che al calvinismo spettavano « le maggiori prospettive
di successo » l’autore, forse un
po’ sbrigativamente, sostiene che
in questo caso si sarebbe imp«sta una religione di chiara estrazione straniera; e sorprendentemente sembra dimenticare l’esistenza di una confessione religiosa del tutto italiana, legata
è vero al calvinismo a partire
dal 1532, ma di origini assai più
antiche della Riforma, con connotazioni originali e indigene: il
valdismo. Ma cosi è: forse per
personali simpatie verso il dissenso radicale, l’autore sostiene
la validità di un solo filone autenticamente italiano: quello eterodosso.
« Dell'antitrinitarismo anabattista (la cui realizzazione più vicina a livello di Chiesa istituzionale fu il socinianesimo) gli italiani avrebbero potuto fare la
loro confessione se avessero avuto una mentalità nazionale quale Machiavelli si augurava e se
la Chiesa ufficiale avesse lasciato loro la scelta » (pag. 158).
E — aggiungiamo noi — una
scelta del genere avrebbe consentito agli italiani di portare
un sostanzioso contributo alla
formazione del pensiero moderno' sulla civile convivenza. Perché mentre la Chiesa cattolica
e alcune chiese istituzionali sorte dalla Riforma erano rimaste
legate alla convinzione che fosse
loro diritto/dovere togliere di
mezzo gh oppositori con le persecuzioni e la violenza, gli eterodossi andavano formulando
un’etica della tolleranza che anticipa le conclusioni dell’illinninismo: si pensi all’opera dell’Aconcio Satanae Stratagemata o
al De haereticis an sint persequendi del Castellione, pubblicazioni biblicamente documentate
sul valore della tolleranza. Il
fatto che l’impostazione giuridica corrente autorizzasse l’uso della forza nei confronti della dissidenza, non pare sufficiente giustificazione della totale assenza
di prospettive profetiche da parte di Chiese che, pretendendo di
essere infallibili nella veicolazione del messaggio divino, mostravano — e mostrano ancor oggi
— di non avvertire disagio per
la loro evidente incapacità di
proposte nuove, al di là dei condizionamenti del tempo, verso un
vivere associato autenticamente
cristiano, basato stilla tolleranza
e il rispetto reciproco. Ed hanno dovuto invece attendere da
altri — dagli eterodossi, dai liberi pensatori, dalle loro vittime
insomma — l’indicazione di mi
messaggio profetico atto a trasformare la Città terrena dell'uomo in casa di tutti e per
tutti, senza inique esclusioni.
L’opera che presentiamo, nel
suo valore di utile messa a punto e di sollecitazione per la « ripresa della discussione sulla originalità del pensiero riformato
italiano», rappresenta un valido
strumento per tutti coloro che
desiderino accostarsi ai problemi connessi con la nascita della
Riforma e del radicalismo evangelico in Italia.
Unica nota deludente è lo scarso impegno con cui vien trattato
il movimento valdese, liquidato
in due scarne paginette (pagg.
60-61), con l’affermazione che dono il Sinodo di Chanforan avrebbe avuto « un carattere svizzero » e si sarebbe svolto « sotto
l’influsso ugonotto di Ginevra ».
Per una Chiesa che a buon diritto vanta una specie di primogenitura della Riforma e ancor
oggi ama chiamarsi Mater Reformationis è poco, senza dubbio troppo poco.
Paolo Angelerl
MANFRED WELTI, Breve storia della Riforma italiana - Casale Monferrato,
Marietti, 1985, pagg. XVI/172, L. 14.000.
. iÄi-i
6
6 prospettive bibliche
26 febbraio 1988
I
ALL’ASCOLTO DELLA PAROLA
CONDONO E PERDONO
« IHVH [l’Eternol passò davanti a Mosé e gridò: "IHVH!
IHVH! il Dio misericordioso e
pietoso, lento all’ira, ricco in
benignità e fedeltà..., che perdona l’iniquità, la trasgressione e
il peccato, ma non terrà il colpevole per innocente...” ».
(Esodo 34: 6 s.)
Perdonare non è fare come se
nulla fosse stato; perdonare
è non odiare, malgrado il male patito, è « amare » malgrado il male patito, la comunione
offesa. Ma il crimine resta crimine —
e crimini sono stati e sono quelli del
terrorismo, folli, non di rado abietti,
malgrado certi tentativi di ’’giustificarli”, anzi, di ’’spiegarli” (parlare
di giustificazione significherebbe già
riconoscerli come colpe). Quanto ai
cosiddetti pentiti, e dissociati, il pentimento, il ravvedimento, il cambiar
mentalità devono essere almeno altrettanto rari fra loro carcerati quanto fra noi liberi. Anche riconoscere di
aver sbagliato, di essersi sbagliati, è
tutt'altra cosa che pentirsi e chiedere — e poter ricevere — perdono. Si
sono sbagliati i tempi, magari i mezzi, si sono sbagliate le previsioni, ì
calcoli... Ma se fossero stati giusti...
Malgrado le ondate ireniche del
’’perdonismo”, molti, in particolare
giuristi e giudici, ribadiscono l’importanza essenziale della certezza e
del rigore del diritto: il crimine, la
colpa non possono essere diluiti, non
devono perdere la loro identità; la
sanzione della colpa dev’essere applicata, non si può considerare e trattare il colpevole come se fosse innocente.
Dopo gli anni di piombo e l’emergenza, arriva il momento della manica larga? L’Italia è agitata dalla discussione sul pentitismo e sul ’’perdonismo”, sul condono. Intanto si riaccende la minaccia terroristica, auguriamoci non di tutti i colori. Nel dibattito, naturalmente, ci sono i rigidi, e gli elastici; si fa una certa confusione fra perdono e condono,
ma è cosa ben diversa condonare una pena, restando ben chiaro che
colpa c’è stata, grave; e perdonare un’offesa, una colpa: perdono che, a
rigore, solo l’offeso (o la sua famiglia superstite) può dare. In ogni
caso il condono non implica il perdono, può essere una misura ’’politica”,
umanitaria, di opportunità; né il perdono implica necessariamente il condono: una cosa è il rapporto personale offeso-offensore, un’altra il rapporto fra il colpevole e la società. Che cos’è, realmente, il perdono? A
fronte di questo problema vivo, che significato, che portata ha il perdono
di Dio?
Un discorso strano in
bocca cristiana?
Può sembrare un discorso strano,
aspramente stonato, in bocca cristiana.
Eppure Dio non è "perdonista”. Il
suo amore, del quale viviamo e che
abbiamo il compito di annunciare
attorno a noi, è giusto. Neppure Dio
considera e tratta il colpevole come
se fosse innocente. Dio giudica, e giudica con giustizia. Il Dio redentore
non è il dio bonario e accomodante,
il dio di manica larga, in vena di attenuanti generiche, il dio perdonista.
La vita, che lui ha voluto e vuole,
che ha creato e continuamente crea,
è una cosa seria; la nostra esistenza
è una cosa seria, e non la tratta come se si trattasse di quisquilie. Ciò
che siamo e facciamo non gli è mai
indifferente (che lo conosciamo e riconosciamo, o no): ci vuole, ci ama!
L’offesa al suo amore è mortale. Parafrasando Pascal, proprio il segno
supremo dell’amore di Dio, Gesù, ci
mostra, con l’immensità del ’’rimedio” che è stato necessario, l’immensità della nostra colpa, e quanto Dio
l’ha presa sul serio, quanto non ci
ha considerati, in fondo in fondo, innocenti.
L’autorivelazione di Dio
a cura di GINO CONTE
Dio gli risponde che non lo si può
vedere faccia a faccia — un incontro
di questo tipo, di questa immediatezza e pienezza, così come siamo, ci
annienterebbe —, lo si può vedere...
solo di spalle, oggi lo sappiamo, lo
si può ’’vedere” e incontrare solo nella piena umanità di Gesù, e attraverso la piena umanità dei testimoni
biblici. Davanti a Mosé, però, Dio
passa in un gran grido S potremmo
dire che Dio è tutto Parola, proclamazione del suo Nome, della sua
realtà ineguagliabile, proclamazione grandiosa: « IHVH [l’Eterno]!
IHVH! il Dio misericordioso e pietoso... » (34: 6 s.).
Questo è Dio, il Dio che vuol essere ’’nostro”, che ci vuole suoi. Un Dio
buono, un Dio pietoso, generosamente fedele, un Dio paziente, un Dio
che perdona, un Dio che vive realmente l’amore inconcepibile e indescrivibile che ha per i ’’suoi”, generazione dopo generazione — tuttavia il Dio che « non terrà (considererà e tratterà) il colpevole come se
fosse innocente » (v. 7), e punisce
l’iniquità dei padri sui figli, fino alla
terza e alla quarta generazione. Il
grande Davide, il credente Davide,
peccatore pubblico — e con lui Bathsheba — ha perso il figlio. E quante
volte, nei sussulti di quella che chiamiamo ’’nemesi storica”, le generazioni dei figli e dei nipoti han patito
e patiscono per le colpe dei padri,
degli avi.
ardente della risurrezione e della vita nuova in Cristo, essa non era un
oggetto da esaminare, era « l’ultimo
nemico » (P Corinzi 15: 26), quello
definitivo, vincente. Il segno atroce
della separazione dal Dio vivente, la
sanzione della nostra lontananza,
estraneità, inimicizia.
« il regno di Dio ». E’ promessa —
già adempiuta nella risurrezione di
Gesù (e di noi in lui, per grazia, in
speranza) — di una vita ricreata,
nuova, innocente. Perché questo perdono ci sia dato e questa possibilità
ci sia schiusa, Gesù ha « patito per il
peccato, lui, giusto, per gl’ingiusti »
(P Pietro 3: 18). Fino a tal punto Dio
non ha trattato noi colpevoli come
se fossimo innocenti: facendo ricadere su lui, innocente (cfr. Ebrei 4;
15), la pena che ci dà pace (Isaia 53:
5). Così ardente è l’amore di Dio e
del suo Cristo. Il dramma della redenzione ha questa intensità, questa
profondità.
La morte come giudizio
Comunque, tutti moriamo
Non a caso stiamo riflettendo sul
grande testo dell’Esodo (capp. 33 e
34), sulla ’’autorivelazione” di Dio.
Mosé, per riprendere forza e coraggio e certezza, sull’aspra via dell’Esodo, per sé e per tutto il popolo, invoca Dio, gli supplica di mostrarsi.
Del resto, noi moriamo, tutti. Comunque venga la morte, per ciascuno di noi, e a qualunque età, la morte
è « il salario del peccato » (Romani
6: 23). Resta scandalosamente enigmatica la morte assurda, ’’ingiusta”,
precoce, la morte cui si arriva attraverso lunghe sofferenze. Ma anche
per chi muore a tarda età, di un ’’colpo” improvviso e misericordioso, nel
vivo di una vita ancora fisicamente e
psichicamente ricca, nelle... migliori
condizioni (non è un macabro gioco
di parole...), anche per lui resta la
durezza della morte come « salario
del peccato ». La morte come giudizio, come redde rationem.
E’ un tempo, questo, in cui fiorisce la tanatologia, la riflessione, lo
studio della morte; è diventata una
vera disciplina, si scrivono biblioteche, non ci si limita alla medicina, o
alla letteratura, ma la si analizza
storicamente, sociologicamente, culturalmente: come l’uomo, attraverso
le epoche, le culture, l’ha affrontata.
Forse, affiora così un segreto intento di esorcizzarne l’enigma, di dominarla studiandola, appunto, come un
oggetto. Ma per la generazione apostolica, per l’apostolo Paolo, araldo
Non condona, Dio, ma
perdona davvero
Non solo la nostra generazione, anche noi cristiani cerchiamo di eludere la morte: la morte come giudizio
di Dio ^ Ci è duro ammettere che la
morte è il salario del peccato. Che
moriamo non perché « siamo fatti
così », non perché siamo esseri con
un’esistenza biologica limitata e minacciata, ma perché siamo colpevoli.
Non degni di vivere. Ciascuno di noi,
e noi tutti insieme. Quel peccato,
quella colpa — poi rifratti in tanti
peccati, in tante colpe — che non
possiamo non confessare ogni volta
che personalmente o comunitariamente ci raccogliamo in presenza del
nostro Dio, quel peccato ha un salario, quella colpa ha una sanzione: la
morte. Per questo moriamo, per questo morremo. Dio non è perdonista,
non condona, non ci lascia sopravvivere; Dio è giusto, è la fonte di ciò
che è giusto, è la fonte del genuino
’’diritto” (cfr. Genesi 2: 17).
Ma in questo è diverso da noi, dal
nostro giudicare: viene nel nostro
universo ’’carcerario”, nella nostra
prigionia del peccato, si assume, innocente, la responsabilità o almeno
la sanzione della nostra colpa. Nell’autorivelazione di Dio, a Mosé, c’è
già chiaramente una sproporzione
fra il giudizio e il perdono, la serietà
del giudizio è lì come per far sentire
l’entità e la serietà del perdono,
l’Evangelo del suo amore prevale
sulla Legge della sua santa giustizia.
Anche nel giudizio rimane il Dio del
Patto (Esodo 34: 10). E Gesù, vivendo fisicamente fra noi l’amore di Dio,
ci ha rivelato un perdono che non dimentica, non sorvola, non fa « come
se non », non sminuisce la colpa, il
peccato, la trasgressione, ma ne paga il prezzo: « Ecco, bevetene tutti,
questo è il mio sangue [la mia vita],
il sangue del patto, sparso per molti,
per la remissione dei peccati » (Matteo 26: 26 s.). In Gesù Dio è il giudice che giudica giustamente — ma
che condivide la pena con i condannati, affinché sappiano il suo amore,
sappiano che se la pena non è condonata, la colpa è perdonata, e c’è un
avvenire.
Dio non ha davvero rese le cose
facili a sé, né a Gesù; pretenderemmo che le facesse facili, indolori a
noi? Tuttavia il suo perdono è vero
già ora, è già ora realtà della sua
nuova creazione, che Gesù chiamava
La generazione dell’Esodo è morta nel deserto, tutta, anche Mosé
(« non c’è nessun giusto, neppure
uno », Romani 3: 10). Così la nostra
esistenza, in cammino verso la promessa, sfocia nella morte ^ Ma la
Terra promessa c’è, il « regno » viene. Non abbiamo esploratori che tornino a descriverci la « terra ove scoi
rono latte e miele », ma abbiamo
i testimoni che hanno incontrato il
Risorto, principio della nuova crea
zione operata dall’amore di Dio. Si
può dunque percorrere il deserto. Ir
steppa arida, si può andare verso l i
morte con una speranza fiduciosa e
attiva ‘. Perché se la morte è il salario del peccato e mette a nudo definitivamente chi siamo, il dono di Dio
è la vita eterna, ricreata, intatta,
aperta sul futuro: e questo inette in
luce definitivamente chi è Dio, qua:
è l’amore robusto e grave, generoso
e ricreatore del nostro Signore e Giudice, che Gesù ci è venuto a rivelare
quale Padre. Non condona, Dio, ma
perdona davvero. ,
^ Gino Conte
' Non teniamo qui conto del carattere in
origine abbastanza chiaramente composi
to del racconto, in Esodo 33 e 34: i v. u-j-i
del cap. 33 (specie la grandiosa scena dei
V. 17-23) appaiono come un inserto che m
terrompe” il testo, il flusso del racconto,
ma il cui alto valore teologico rinvigorisce e approfondisce il messaggio.
2 Non dimentico affermazioni come Giovanni 5; 24 ss. o 2" Corinzi 5: 17, e tante
altre; ma questo è per fede, è « m Cristo »: è la nostra realissima- vita per ora
«nascosta con Cristo in Dio» (Colossesi 3 * 3)
*2 Anche la Terra promessa, l’eretz Israel
di allora, e di oggi, e tutte le «terre
promesse » delle nostre speranze e dei nostri risorgimenti e delle nostre rivoluzioni e liberazioni, si frustano e copompono subito, son solo tappe, segni; ci si continua a morire e, peggio, a farvi morire.
Anche per la chiesa, la « riforma » e una
« terra promessa » presto inquinata dal
peccato e dalla morte; Lutero lo aveva visto e detto lucidamente; la Riforma vive,
nella migliore ipotesi, per una generazione e invecchia e muore presto; anche Calvino diceva che la storia della chiesa e una
storia di risurrezioni.
* In quest’attività non dovrebbe rientrare anche un’attenzione particolare all universo carcerario? Se l’atteggiamento di
Dio (possiamo così esprimerci?) non ci
sollecita al condono facile, che cosa ci
suggerisce il perdono di Dio, che non ci
ha abbandonati nel nostro « braccio della
morte » (che può anche presentarsi, al momento, come una vita ricca, felice — ma
che pure è vita di morburi, fra morituri).
« Ricordati — tu, ora libero che sei stato anche tu schiavo, in Egitto », e che
puoi sempre tornare a esserlo, in Egitto
o altrove. Ricordati che sei anche tu un
colpevo’e condannato, perdonato. E che
Dio fa levare il suo sole, il suo amore, il
suo perdono, la sua promessa sui ’’giusti
e sugli ingiusti.
J
7
F
26 febbraio 1988
obiettivo aperto
CATANIA: IL CEDIP A UNA SVOLTA
DAL MOVIMENTO ALLA RICERCA
Il 6 e il 7 febbraio si è svolto a Catania, nei
locali di via Cantarella, un incontro sul futuro del
CEDIP.
Nato nell’82, per la necessità di avere un punto di riferimento, di riflessione e ricerca, in un
momento di crescita del movimento pacifista, il
CEDIP ora si trova isolato.
Sulle tematiche della pace viviamo un momento di riflusso a livello europeo; per quanto riguarda la Sicilia la base di Comiso si è come svuotata di significato, le nostre chiese hanno oggi altri obiettivi (quando li hanno): sono quelli indicati dal Consiglio Ecumenico delle Chiese, la
giustizia, la pace, il creato (J.P.I.C.). L’Università
di Catania è stata sensibile alle istanze del CEDIP,
e ha costituito un Centro di ricerca per la pace
nel Mediterraneo (CRPM), dove lavora Imco Brouwer.
In questo quadro, nel corso dell’incontro ci si
è posti alcune domande: se il CEDIP è una struttura leggera, nata per rispondere a delle domande in un momento particolare, ha senso perpetuarne resistenza? Ed ancora: se l’Università, istituto di ricerca per eccellenza, dotato di mezzi e, stru
menti idonei, è disponibile a proseguire il cammino iniziato dal CEDIP, noi possiamo concentrare le nostre forze altrove.
In realtà, anche se tutto questo è vero, rimangono dei punti non chiari. Il CEDIP è servito a
dare coesione ad un gruppo di persone, non solo
credenti: può questo percorso essere dichiarato
chiuso? Le chiese battiste, metodiste, valdesi in
Italia hanno riconosciuto nell’impegno per la pace un impegno primario per la testimonianza evangelica e non una moda di un momento. Possono ora permettersi il lusso di chiudere il loro
unico luogo di ricerca scientifica? Non è detto che
l’Università copra tutto lo spazio disponibile; per
esempio essa non ha alcun interesse a studiare
la tematica «pace-chiese». Come si può colmare
questa lacuna?
Il convegno è giunto ad una proposta interlocutoria: dare modo al CEDIP di continuare ancora per quest’anno la sua attività e nel frattempo verificare l’ipotesi di un suo maggiore radicamento nella realtà delle chiese.
Luciano Deodato
Da sinistra: F. Rivers, G. Seif o, I. Brouwer, B. Gabrielli.
Sei anni di impegno per la pace
In un momento che è di riflessione, di dibattito su quale dovrà
essere il futuro del centro, abbiamo chiesto a Bruno Gabrielli, che
ne è stato uno dei principali animatori, di farci un po' la storia
di questa esperienza.
« L’idea era nata nell’autunno
del 1981, — dice Bruno — .subito
dopo la decisione del governo italiano di installare i missili a Comiso: in quei mesi era conseguentemente esploso il movimento per la pace. Dopo le prime
manifestazioni fu il gruppo EGEI
di Catania, sulla base dell’ultimo
congresso, tenutosi pochi mesi
prima ad .Adelfia, a decidere di
avviare una struttura che avesse
come prim- ■ scopo quello di off rire al movmento allora nascente
un’adegui a formazione e informazione ad temi della pace e del
disarmo; d’altra parte si pensava
anche di avere delle forze durature impegnate in questo senso,
anche nell’eventualità di una futura crisi del movimento stesso.
Quest’ultimo in realtà durerà più
del previsto, fino all’estate '84; la
crisi si è poi abbattuta anche sul
CEDIP, che però ha reagito
in questo modo: prima il
CEDIP era essenzialmente uno
strumento in mano al gruppo
EGEI di Catania, per produrre
audiovisivi e altri materiali di facile consultazione, viveva all’interno del movimento facendo circolare questi strumenti, nelle nostre chiese, ma anche fra molti
altri interlocutori: dai Comitati
per la pace fino ad alcuni settori
dei partiti e del sindacato. In un
successivo momento, quando matura la consapevolezza che i mis
SCHEDA
Attività
Dal 1982 in avanti il CEDIP
ha prodotto una serie di materiali che qui citiamo sinteticamente.
AUDIOVISIVI
E la chiamano pace,: note polemiche sugli armamenti
(1982) .
Comiso ieri, oggp, domani...
senza missili (1983).
Non c’è pace al fronte sud.
Introduzione alla militarizzazione del Mediterraneo e
del Medio Oriente (1984),
in coll, con il Centro siciliano di documentazione «G.
Impastato » di Palermo.
OPUSCOLI
Nucleare; perché contro
(1983) .
The mediterranean theatre
(1984, ed. in inglese).
MOSTRE
E la chiamano pace (1982).
Mostra sul campo IMAC di
Comiso (1983).
PERIODICI
CIN (CEDIP - « Impastato »
notizie): agenzia di informa.zioni sul Mediterraneo e
sul Medio Oriente, mensile (4 nn., 1985).
CEDIP notizie, bollettino sulle attività del centro, semestrale (3 nn., 1986-87).
DOSSIER
La politica dell’URSS nel Mediterraneo e nel Medio Oriente, di Imco Brouwer,
1986.
20 anni di occupazione israeliana in Cisgiordania e a
Gaza, di Robert S. Worley,
1987 (in ingl., trad. it. in
preparazione).
Il CEDIP ha inoltre svolto
una serie di seminari di educazione alla pace, anche in
collaborazione con la CGILScuola di Catania, una serie di campi ad Adelfia (fra
cui quello del 1987, organizzato in collaborazione con la
EGEI, dal titolo ”11 processo
di miiitarizzazione dei Mediterraneo”, a cui hanno partecipato rappresentanti delle
chiese presbiteriane e metodiste degli USA).
Il centro, oltre a collaborare con le forze pacifiste italiane, e con altri organismi di
studio in Sicilia, ha preso
parte ad iniziative nel campo
dell’emittenza privata, realizzando programmi radiotelevisivi, e oollaborando a giornali e riviste, di interesse locale e nazionale.
Oltre al lavoro con la
FGEI e con la Federazione
delle chiese evangeliche di
Sicilia © Calabria, ha contribuito all’organizzazione di
tre campi del Consiglio ecumenico giovanile europeo.
sili di Comiso non sono una risposta europea agli SS-20 sovietici, ma un elemento di una strategia di ’’primo colpo” verso i paesi
del Mediterraneo, il CEDIP si ritrova con un interesse specifico
per questa zona del mondo; da allora si occupa soprattutto di ricerche sulla militarizzazione del
Mediterraneo, sul Medio Oriente,
tenendo presente che un lavoro di
ricerca e un movimento per la
pace non possono fare a meno di
considerare i legami fra la corsa
agli armamenti, l’installazione di
nuovi sistemi d’arma e i motivi,
le radici di tutto ciò ».
Qual è la caratteristica specifica di questa regione?
« E’ il fatto — continua Gabrielli — che qui si incontrano i
paesi più ricchi del sud del mondo, che sono stati in grado di portare delle sfide, soprattutto in
campo economico e politico, ai
paesi del nord, e d’altra parte anche quelli più sfavoriti, all’interno del nord del mondo, che meno
vantaggio hanno tratto dall’appartenere a questa categoria ».
Come si è strutturato il centro? Qual era il legame con la
chiesa, con le chiese estere, fermo restando che la partecipazione era fin dall'inizio aperta a tutti?
« Il centro voleva essere aperto
a tutti, e non soltanto dal punto
; di vista della ’’fruizione”, ma anche da quello della partecipazione attiva al lavoro. Quando nell’autunno ’82 si è deciso di ufficializzare il tutto, dandogli la veste di associazione legalmente riconosciuta, fra i 15 soci fondatori ci sono stati anche credenti
cattolici e non credenti. Dall’inizio hanno preso a rivolgersi a
noi persone diverse: in coincidenza con la fase più ricca del movimento molte persone di Catania
erano disposte a collaborare; fra
chi invece chiedeva di servirsi
del materiale c’erano altri pacifisti, fuori della città, che chiedevano copie o degli audiovisivi o
degli opuscoli che pubblicavamo,
oppure si trattava di insegnanti
che ci invitavano a scuola.
In questa fase — prosegue Gabrielli — è il gruippo FGEI a farsi carico della ’’produzione”, a
partire dal primo audiovisivo,
realizzato un po’ artigianalmente, dal titolo ”...E la chiamano
pace”. Totalmente autofinanziato,
era però l’unico esempio di materiale di questo genere che circolasse in quel momento in Italia.
Con la vendita di una ventina
di copie si coprirono le spese. Ma
già si pensava di elaborare un
progetto che fosse finanziabile a
livello ecumenico; la Chiesa val
dese di Catania, indirettamente,
ospita il centro. Nel corso del
1982, e in seguito al successo del
convegno ecumenico internazionale di Comiso, parte poi una
serie di richieste: nell’autunno,
diretti a Comiso, passano a visitarci alcuni leader storici del movimento per la pace americano,
facenti capo ad Amnesty International e all’ organizzazione
’’Clergy and Laity Coricerned”. Da
loro viene deciso di sostenere anche il nostro progetto, cosicché
dopo pochi mesi cominciano ad
arrivare i primi contributi, e il
centro comincia ad assumere
una struttura ben definita, con
una persona che vi lavora a metà
tempo. Si attivano mezzi di produzione e un archivio-biblioteca.
All’inizio del 1983 anch’io posso
usufruire di un ’’rimborso spese”
che mi permette di collaborare
per parte evangelica all’organizzazione del movimento per la pace a Comiso, e di mantenere i
contatti con le chiese. Alla fine
dell’anno arriva anche il primo
volontario dall’estero, Francis Rivers, inviato da ’’Global Ministries”, un’organizzazione di missionariato internazionale della
Chiesa metodista degli USA, poi
sarà la volta di Imco Brouwer,
ex-obiettore olandese, che a noi
arriva da Comiso ».
In effetti uno dei primi impegni dei volontari stranieri sarà
proprio quello deirinfOrmazione
e della sensibilizzazione sui problemi della pace e del disarmo:
ricordiamo un ampio giro che
fecero proprio Rivers e Brouwer
nelle chiese e nelle scuole delle
valli valdesi, a cui, nello stesso
anno, seguì un altro giro, questa
volta nelle chiese della Puglia.
Intanto, attorno al centro, evolve
anche la situazione degli appoggi
internazionali: i fondi di "Clergy
and Laity’’ permettono il distaccamento di un volontario a metà
tempo legato all’Associazione
evangelica di volontariato, oltre
all’acquisto di macchinari, libri
e riviste. Altri appoggi ecumenici consentono a Gabrielli stesso
e a Paolo Naso, segretario FGEI
e presidente del CEDIP, di assicurare il loro lavoro; altri contributi vengono anche dalla Svizzera (EPER) e dall’Olanda (Inter Church Aid).
« In tutti questi anni abbiamo
sempre continuato a partecipare
a incontri e conferenze, su invito
di scuole e altri enti. E’ possibile, tuttavia, tracciare una linea
distintiva, in coincidenza con la
crisi del movimento. Da allora, infatti, le richieste di collaborazione, che all’inizio provenivano da
tutti quanti operavano nel movimento, riguardano soprattutto gli
insegnanti ».
E voi come avete reagito a questo parziale mutamento della domanda?
« In un certo senso l’avevamo
previsto: dalla mobilitazione di
massa si sta passando verso una
richiesta di studio e approfondimento. Anche per questo abbiamo indirizzato la nostra ricerca
soprattutto su un’area geografica ben delimitata. E, per questo,
è potuto nascere, in collaborazione con Franco Cazzala, ordinario
presso la facoltà di Scienze politiche dell’università di Catania,
un nuovo centro di studi: il ’’Centro di ricerche sulla pace nel Mediterraneo” (CRPM), di cui è
coordinatore Imco Brouwer ».
Da supporto al movimento,
dunque, il CEDIP sta diventando
sede sempre più qualificata nel
campo dell’approfondimento e
della ricerca. Ma quali saranno,
adesso e per il futuro, i vostri
rapporti con il pubblico e con le
chiese?
La risposta di Bruno Gabrielli
è molto aperta: « Intanto devo
ricordare due importanti modifiche statutarie a cui siamo arrivati: sono stati istituiti i ’’soci sostenitori”, che da altre realtà
più lontane possono partecipare al finanziamento del CEDIP.
Inoltre, se un tempo era previsto che interlocutore privilegiato fosse chiunque si occupasse
di questi temi, ora abbiamo deciso che interlocutore primo sia
la FGEI e, con questo tramite,
anche le chiese a cui la Federazione giovanile fa capo. Grazie
all’istituzione del CRPM sarà garantita la collaborazione con la
società siciliana nelle sue varie
articolazioni. Ma quello che continua a premerci molto è il rapporto con il mondo delia scuola:
infinite volte siamo andati a fare ’’l’ora di pace” nelle varie classi; ma questo non è il modo migliore per far crescere le coscienze dei più giovani. La strategia più appropriata per fare educazione alla pace dovrebbe consistere nell'impostazione di un lavoro continuativo condotto dagli
insegnanti lungo tutto l’arco del
ciclo di studi, arrivando all’organizzazione di "pezzi di programma”, nelle varie materie istituzionali (dalla storia alla geografia
all’economia) secondo un’ottica
pacifista. In qualche caso si è visto che puesto può riuscire, e da
più di due anni si riunisce regolarmente al CEDIP il ’’Gruppo
insegnanti per la pace”, che ha
già anche organizzato un convegno ».
Alberto Corsani
8
8 vita delle chiese
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26 febbraio 1988
UNA RICOSTRUZIONE FOTOGRAFICA
La Chiesa valdese
di Taranto
La militanza evangelica puntuale e costante nel tempo del
fratello Ercole Campi ha permesso a noi, giovani generazioni ed ultimi entrati in « altrui fatiche », di conoscere fotografica
mente i volti delle sorelle e dei
fratelli che ci hanno preceduti
nelle vie, talvolta insidiose e tortuose, del discepolato cristiano.
Un lavoro prezioso per colui
che avrà capacità di ricerca storiografica e passione evangelica
per redigere la microstoria della chiesa valdese di Taranto e
diaspora. Per il momento ci è
consentito di riflettere su tale
esperienza di fede vissuta nella storia, con alcune considerazioni di carattere generale e pertanto meramente frammentarie
e non esaustive.
« Il salario del peccato è la
morte, ma il dono di Dio è la
vita eterna in Cristo Gesù, nostro Signore».
Il versetto di Romani 6: 23 ci
introduce nella esperienza di fede e di vita di Michele Mandrillo, antifascista ed evangelico valdese, incarcerato durante la visita di Mussolini a Taranto (1934)
e considerato dal regime im sovversivo pericoloso. In realtà Michele Mandrillo, usando questo
versetto a lui congeniale, al rientro da^i Stati Uniti, ove aveva
conosciuto l’evangelo in una comunità battista di lingua italiana,
passava le sue giornate evangelizzando il suo paese (Pulsano)
e quanti incontrava nei suoi
viaggi in Taranto e paesi viciniori. Michele Mandrillo è dunque
una parabola di quella testimonianza evangelistica che ha contraddistinto la chiesa tarantina
sino alla metà degli anni sessanta.
Predicare l’evangelo
in fabbrica
li capestro deiia
riforma agraria
"i. ‘ W ì
Un momento conviviale presso i locali della comunità valdese di
Taranto.
Il gruppo di Bemalda, una quarantina di membri comunicanti
alla fine degli anni cinquanta,
ha conosciuto la rozza repressione del clero locale e della Democrazia Cristiana. La riforma agraria, voluta nel 1951 dai governi centristi, fu in realtà un
autentico capestro per i contadini valdesi di Bemalda: « Vuoi
qualche ettaro di terra? », diceva
il clero. « Rinuncia alla tua falsa
religione, strappa la tessera del
Partito Comunista e noi ti daremo da mangiare per te e per i
tuoi familiari ».
E’ una pagina vergognosa di
arroganza clerical-politica che
l'attuale stagione ecumenica non
può ignorare. I pochi valdesi
di Bemalda « fedeli fino alla morte » sono emigrati ed alcuni
frequentano ancora oggi la Chiesa di Zurigo.
Le comunità cittadine valdesi
sono state spesso definite « piccol-o-borghesi » in contrapposizione, in modo particolare nel
Mezzogiorno, alle comunità dei
paesi di provincia. La comimità
di Taranto, ancora oggi, ha una
larga base operaia, fmtto di una
intensa testimonianza evangelica
negli ambienti di lavoro.
L’evangelo in Taranto è stato
predicato in fabbrica: ieri, anni
’30-’60, principalmente nell’Arsenale o nei cantieri navali; figure
come Andrea Cristadoro (18681953) ed Armando Russo Ü9101985) sono esempi concreti di tale azione evangelistica.
Pi^icare l’evangelo in fabbrica è una testimonianza concreta di come sia possibile coniugare buona novella e socialismo;
Taranto conosce i valdesi proletari, che cercavamo nei campi
e nei dibattiti su « protestantesimo e proletariato » degli anni
’60 e ’70.
Emigrazione
intellettuale
Tra i fattori di indebolimento della testimonianza evangelistica della comunità di Taranto,
a partire dagli anni ’60, va senza dubbio segnalata la emigrazione intellettuale. Giovani di indubbio valore hanno dovuto proseguire gli studi altrove, arricchendo altre comimità evangeliche ed in particolare il « Centro
di documentazione e di iniziative per la pace » (CEDIP), che ha
sede nei locali della Chiesa Val
dese di Catania. Di tutto questo
dobbiamo essere riconoscenti al
Signore e grati a queste sorelle
ed a questi fratelli; rimane tuttavia il rimpianto per avere perduto fresche energie intellettuali. Senza dubbio la comunità di
Taranto ha bisogno di intelligenze evangelicamente motivate per
una testimonianza pienamente
inserita nel nostro tempo. « Last
but not least », alcune note sul
radicamento cittadino: la comunità valdese ha visto nascere nei
suoi locali il « Comitato provinciale per la p>ace » ed è pienamente partecipe alle lotte antimilitariste con dibattiti ed interviste, nonché auspica, con la
Biblioteca Giovanni Miegge, donazione di Giuseppe Castiglione,
un dialogo culturale con le forze
laiche e progressiste della città.
A 6 anni dal centenario (1994)
della presenza valdese in Taranto, ci siamo permessi alcuni
« flash » perché nel frattempo
non giungiamo completamente
digiuni aH’avvenimento.
Il nostro auspicio è che la fatica di Campi e del pastore emerito Gustavo Bertin, al quale va
il nostro ringraziamento per la
collaborazione nella ricerca delle notizie di carattere storico,
sia di sfida a qualche intelligenza evangelica tarantina per mettere a frutto i talenti ricevuti
dal Signore narrando la fede
evangelica vissuta e testimoniata
in questa antica terra d’Otranto.
Eugenio Stretti
TORINO
Nel ricordo
di Arturo Pascal
Operai in fabbrica ed operai
del Signore la domenica! La comunità di Bemalda, sorta in seguito al ritorno in paese dagli
Stati Uniti, nel 1949, del fratello
Tommaso Damasco (1885-1960),
veniva curata dai pastori di Taranto (Davide Cielo, Ernesto Naso, Ennio Del Priore, Salvatore
Ricciardi) con l’aiuto prezioso di
predicatori locali che si sobbarcavano con ogni stagione la fatica della predicazione domenicale o infrasettimanale in Bernalda.
La ricorrenza del XVII febbraio
a Torino è stata caratterizzata quest'anno da una nota particolare: l’allestimento di una piccola mostra di fotografie, dati,
brevi testi, elenchi e presentazione di opere, relativa alla vita e all’opera del prof. Arturo
Pascal, in occasione del centenario della sua nascita e del ventennale della sua morte (18871967).
Come è noto, il prof. Pascal,
membro della Chiesa valdese di
Torino che ha voluto così ricordarne e onorarne la memoria,
ha dato un contributo fondamentale allo studio della storia val
CORRISPONDENZE
Matrimonio romeno
TRIESTE — Non capita molto
spesso, credo, di udire la lingua
romena nel corso di una cerimonia religiosa nelle nostre chiese,
come è accaduto domenica 24
gennaio, quando nella Chiesa
metodista di Trieste il pastore
Claudio H. Martelli ha unito in
matrimonio Maricica Dima e
Alexandni Csorba, due giovani
profughi provenienti dalla Romania i quali, con visibile commozione, hanno pronunciato in
italiano e nella loro lingua materna le frasi della reciproca promessa.
La comunità, gli amici romeni
che da tempo frequentano la nostra chiesa e ai quali, con responsabile solidarietà fraterna, si
è potuto offrire lavoro e calore
familiare, e tanti amici, che lavorano a Radio Trieste Evangelica o Tascoltano, hanno desiderato stringersi con affetto e con
doni attorno agli sposi in un
momento così importante e significativo della loro nuova vita.
Non sappiamo quanto tempo
Maricica e Alexandru resteranno qui a Trieste né dove il futuro li condurrà, ma siamo sicuri che porteranno nel loro cuore il ricordo di questa giornata,
di quest’atmosfera gioiosa e ricca di spiritualità che ha caratterizzato tutta la cerimonia.
La nostra preghiera è stata per
tutti coloro che per vari motivi
soffrono a causa di un mondo
ingiusto, nel quale c’è ancora
troppa fame, troppo dolore, troppa poca libertà.
Ricordo
AOSTA — In questi ultimi mesi, molti fatti sono avvenuti
« ...circa queilli che dormono nel
Signore... ». Vogliamo ricordare
come ci abbiano lasciati il fratello Walter Hiirzeler di Courmayeur e le sorelle in fede Maria Fontana-Roux di Chatillon e
Augusta Dzimbowski di Aosta;
1© loro vite, dopo aver sicuramente portato frutto, riposano
nel Signore.
• In dicembre abbiamo avuto
l’insediamento del nuovo Consiglio, rinnovato in tre diei quattro
componenti: sono stati chiamati
al servizio Franca e Vanda Monaja a Nicola Tartaglione.
• Per il Natale, un’agape fraterna e la consueta festa dei
bambini hanno allietato i nostri incontri.
Una televisione locale ha poi
voluto mandare in onda una breve trasmissione con messaggio
biblico augurale da parte del
vescovo e del pastone valdese.
• Notevole risonanza e viva
partecipazione ha poi suscitato
rincontro, tenutosi nella nostra
chiesa, con la parrocchia di S.
Stefano, in occasione della « settimana per l’unità dei cristiani»,
che la RAI ha ripreso ed in parte
ritrasmesso.
Bazar
dese, in particolare da] ’500 in
avanti, con ricerche approfondite e dettagliate che hanno messo in luce una vastissima documentazione inedita d’archivio.
Le sue opere (senza contare
articoli di giornale e recensioni)
sono una ottantina, comprendenti articoli di riviste, opuscoli, libri. Un elenco completo di queste opere è stato presentato dal
Concistoro in apposito fascicolo,
grazie alla collaborazione della
famiglia Pascal.
Ringraziamo Piero Imazio e i
suoi collaboratori per la realizzazione di questa bella iniziativa.
L’incontro ha visto la partecipazione di circa 30 anziani, che
hanno attivamente partecipato
al dibattito.
Sempre il 25 gennaio il pastore Carcò, invitato dalla chiesa
anglicana, ha partecipato con una preghiera alla celebrazione
del centenario della morte del
poeta-pittore-umorista inglese
Edward Lear.
Concerto
BORDIGHERA VALLECRO
SIA — Il 20 dicembre i cori di
Bordighera (Troubar Clair), diretto da Mario Molinari, e di Im
peria (Cantores Bormani), diretto da Piera Raineri, hanno ese
güito nel nostro tempio un con
certo di Natale, con canti di
Bach, Monteverdi e Palestrina
Continua lo studio biblico sulle
lettere ai Tessalonicesi ogn,
sabato sera, come anche proseguono i martedì sera dedicati
a meditazioni varie sulla nostra
fede. A queste serate partecipa
no attivamente anche gli ospiti
della casa valdese di Vallecrc
sia.
Incontro comunitario
IMPERIA — Il 6 gennaio s.
è svolto ad Imperia un simpati
co incontro comunitario con la
partecipazione dei fratelli venuti da Sanremo, Ventimiglia, Bor
dighera e Ospedaletti. Il pome
riggio, dopo una breve lettura
del Vangelo, commentato dalla
sorella Jolanda De Bernardi, i
stato allietato dalla festa del
bambini e da un buffet. Una pia
cevole giornata di fraternità, eh ^
speriamo si rinnovi presto.
XVII febbraio
SANREMO — Il 13 dicembre
si è svolto il bazar natalizio, organizzato daU’unione femminile: notevole la partecipazione dei
membri di chiesa, nonché di
componenti 1© comunità di Imperia, Bordighera e Vallecrosia ed
inoltre di amici luterani e anche cattolici. Il ricavato è andato a favore di alcuni istituti, alla Società biblica italiana e per
l’acquisto di medicinali per bimbi africani.
E’ giunto nel ponente ligure
il pastore della chiesa riformata
svizzera del Cantone di Zurigo
Ulrich Schwendener, accompagnato dalla moglie e dai due figli. Egli si fermerà fino a maggio ed affiancherà il pastorei Carcò nella cura delle nostre comunità. Gli siamo grati per la
collaborMione e gli auguriamo
un sereno soggiorno.
Il 25 gennaio il pastore Carcò ha parlato nel Centro di solidarietà per anziani di Sanremo sul tema « Il rapporto dell’essere umano con la creazione ».
TORINO — Domenica 14 lacomunità di Torino ha celebrato
il XVII Febbraio. Dopo i con
sueti culti nelle quattro zone, si
è tenuta un’agape nella sala
del teatro di corso Vittorio
Emanuele, a cui hanno par
tecipato oltre 150 persone. E’
seguita l’assemblea di chiesa, aperta da una stimolante riflessione di Bruna Peyrot — del Comitato per le celebrazioni del
Rimpatrio — in vista delle manifestazioni per il terzo centenario del « Glorioso Rimpatrio »,
che ha preso le mosse dalle problematiche emerse in quelli celebrati nel 1889 e 1939. Si è proceduto, poi, alla elezione dei nuovi
membri del Concistoro, oltre alla
riconferma di Giorgio Crespi e
Guido Peyrot. Sono stati eletti:
Rocco Faro, Felice Ferrara, Alberto Peyrot, Franco Siciliano,
Gianni Valé. Sono stati eletti anche i deputati al Sinodo: Saverio
Merlo e Edina Prochet; e alla
Conferenza Distrettuale: Emanuele Bottazzi, Luciano Cambellottl e Rosy Zebelloni. Si è iniziata, infine, la riflessione sulle
forme di finanziamento di importanti, e non più rinviabili, lavori di restauro al tempio di c.
Vittorio, aprendo, intanto, una
sottoscrizione straordinaria.
Martedì 16 febbraio, un gruppo della nostra chiesa ha partecipato al falò del Roc di Prarostino, ricevendo una bella accoglienza dalla comunità locale e
dai pastori di Prarostino e S.
Secondo.
* Battesimi e matrimoni: alla
fine di dicembre sono stati bat
tezzati Andrea e Paolo Napolita
no, di Rosario e Graziella Piva
In queste ultime settimane si so
no sposati: Paola Macrì con Giu
seppe Pinte, Lorenza Operti con
Giandomenico Nosenzo.
• Ci hanno lasciati: in questi
ultimi mesi sono mancati Guido
Fomeron, Rachele Nani ved. Vignol, Aldo Piccoli, Clotilde Cavallero in Pisani, Felice Crespi e
Paola Citernesi. Li ricordiamo
con affetto rivolgendo alle famiglie un pensiero di fraterna solidarietà nella comune fede nella risurrezione.
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26 febbraio 1988
vita delle chiese 9
6 MARZO: DOMENICA DELLA GIOVENTÙ’
CRONACA DELLE CHIESE DELLE VALLI
Speranza, confronto,
condivisione, solidarietà
Senso e validità di una scadenza tradizionale per le nostre chiese
Uomo e donna
Tradizionalmente la prima domenica di marzo è la domenica
della gioventù. Una domenica
cioè in cui il culto, nelle nostre
chiese, è tenuto dal gruppo FGEI
locale o dairUnione giovanile.
Anche quest’anno la data si avvicina e vorrei in queste poche
righe motivare perché, a mio
avviso, questa scadenza ha un
suo senso e una sua validità;
lo farò commentando quattro
parole.
Speranza
Per i nostri fratelli più anziani vedere che la loro storia di
fede, il loro percorso di credenti non si interrompe ma, anche
in forme a volte poco comprensibili, prosegue, credo sia un segno di speranza.
Questo è sicuramente il primo elemento che caratterizza
questa giornata: la regia del
culto non sarà perfetta, per cui
qualche membro di Chiesa si alzeià quando altri si siederanno,
i canti non saranno' forse ben
intonati, magari il sermone non
piacerà a tutti ma in ogni caso
la comunità sarà rassicurata dal
fatto che i fratelli più giovani
si pongono il problema della
predicazione dell’Evangelo. La
storia della fede non è interrotta, il cammino prosegue.
Questo segno' di speranza può
però generare un equivoco, far
pensare che i giovani, in fondo,
siano oggi 1 i garanzia che la Chiesa sopra' viverà anche domani;
in altre ' arolc si può pensare
che il pi ' ùlema della Chiesa sia
quello Ci riprodursi adeguandosi ai tempi, e quindi che la sensibilità c le domande che i giovani porgono siano da « gestire »
in un più o meno tranquillo processo di « aggiornamento della
Chiesa ».
Credo che questo' tipo di pensiero ci porterebbe fuori strada
perché il problema non è quello di adeguarsi ai tempi, ma il
essere più fedeli al Signore. Il
problema non è solo di fare i
conti con le differenze generazionali, ma di saper cogliere, alTinterno dei discorsi e della pratica dei giovani, una domanda
sul modo d'essere della nostra
chiesa e la ricerca, certo molto
contraddittoria, di una maggiore fedeltà alTevangelo.
E qui arrivo alla seconda parola.
Confronto
Normalmente i culti fatti dai
gruppi FGEI seguono un filone
di riflessione; a mente ricordo
il problema del carcere, del lavoro, della solidarietà, della pace, e molti altri ancora. I giovani si rivolgono cioè alla comunità come portatori di un
messaggio specifico. In questi anni potremmo dire, il filo conduttore che ha unito i culti della domenica della gioventù è stato i] rendere attenta la comunità verso i grossi problemi che
vive la nostra società e il proporre un modo di fare il culto
Un po’ meno ufficiale, un po’ più
« casalingo ».
I giovani sono quindi una speranza perché « la Chiesa continuerà », ma vogliono anche porre una domanda su « cosa è oggi la Chiesa », qual è la sua vita comunitaria, qual è la sua
capacità di essere aperta al mondo.
Credo che questo riconoscersi,
da parte della federazione gio
vanile evangelica, non solo come
la parte più giovane della Chiesa, fatta di giovani e che deve
occuparsi dei giovani, ma anche
come portatrice di un messaggio specifico nella nostra Chiesa
(e perché no, anche al di fuori
di essa), non sia da prendere come un atteggiamento « aristocratico » o da grilli parlanti, ma
semplicemente come un’assunzione di responsabilità da valorizzare ed utilizzare nella nostra
ricerca di fede.
A questo riguardo mi preme
sottolineare come l’interlocutore
privilegiato di questo discorso
siano proprio le comunità locali
e non le riviste, le opere o che
so altro.
Questo perché il senso, l’utilità della nostra presenza di protestanti in Italia, il nostro saper
essere alTaltezza delle sfide che
la storia ci pone, non si misurerà con l’argutezza intellettuale degli articoli di « Gioventù Evangelica » o sulla pulizia
dei nostri ospedali ma, in primo
luogo, sulla qualità della vita spirituale delle nostre comunità _ e
sulla loro capacità di testimoniare, oggi, il vangelo di Gesù Cristo.
Condivisione
Nei culti fatti dal gruppo giovanile, normalmente, alla fine, si
racconta quel che ha fatto il gruppo durante Tanno, cosa farà
nei mesi successivi, che cosa ha
fatto la FGEI a livello nazionale, ecc. Il gruppo cioè, condivide
con la comunità il proprio lavoro, la propria riflessione, la propria ricerca.
Anche questo mi sembra un
punto molto interessante; il senso della comunità sta proprio
nella « comunione dei carismi »
e quindi nel mettere insieme,
nel condividere il lavoro svolto.
Certo, una volta Tanno è un po’
poco, occorre farlo più spesso,
ma questa è comunque un’occasione dq non perdere.
Solidarietà
La colletta della domenica della gioventù viene mandata, normalmente, al Consiglio nazionale della FGEI. Questi soldi costituiscono' quasi un terzo del
bilancio della FGEI e servono
per pagare i viaggi di visita ai
gruppi, per sostenere il lavoro
regionale, ecc. Senza questo denaro il lavoro della Federazione
giovanile sarebbe in grave difficoltà. Questo aspetto di solidarietà concreta credo vada sottolineato perché è inserito nel campo della gratuità: le comunità
non sempre condividono, o capiscono' a fondo il lavoro della
FGEI, ma lo sostengono. Di questo siamo grati a voi e al Signore.
Paolo Ferrerò
PRAROSTINO — Il tema del
culto del 14 febbraio, tenuto
dai ragazzi delTUnione giovanile,
cioè « Il rapporto tra uomo e
donna », è stato una scelta del
nostro gruppo.
Ci è sembrato un argomiento
interessante e attuale, un problema che ci riguarda da vicino,
pur avendo profonde radici
nel passato.
Prima di preparare il culto
vero e proprio abbiamo discusso tra di noi sul ruolo dei sessi
nella nostra società, abbiamo costruito anche dei collages che
ci aiutassero a farci delle idee
più precise. Per questo lavoro
ci siamo divisi in due gruppi, ragazzi da una parte e ragazze dall’altra, e abbiamo cercato di creare la nostra immagine di uomo e di donna ideali.
In seguito abbiamo letto dei
brani tratti dalla Bibbia (Genesi 2: 18-25; 3: 1-19, lei Galati 3:
28-29), abbiamo riflettuto e discusso su quanto contenevano
e il pastore ha poi utilizzato
questi testi per il sermone.
Come ultimo lavoro abbiamo
allestito due scenette con le quali abbiamo espresso due diverse
situazioni della condizione femminile: la donna nel periodo dell’Antico Testamento, sottomessa
al volere degli uomini, e la donna di oggi, che ha conquistato il
diritto di prendere le sue decisioni liberamente.
Infine, per ultimare il nostro
lavoro, abbiamo scritto due preghiere, una dell'uomo e una
della donna, per chiedere a Dio
di aiutarci a creare dei rapporti più egualitari, a migliorare,
a essere come Lui ci vuole.
L’Unione giovanile ha deciso
di devolvere la colletta di questo
culto alla FGEI.
PERRERO-MANIGUA
La libertà degli immigrati
Il 17 febbraio è stato festeggiato in modo diverso dal solito, ma la diversità non risiede
nel tema di fondo, della libertà
passata e presente che è rimasto,
ma nel modo diverso in cui la
comunità si è posta rispetto al
tema della giornata. Due sono
state le novità, dovute in buona
parte al messaggio del pastore
Bony Edzavé della comunità di
lingua francese di Roma: innanzitutto l’attenzione si è spostata
da noi, in quanto valdesi, agli
altri, quelli che attualmente non
godono del nostro stesso benessere e libertà. In secondo luogo
la comunità, abituata a porre
delle domande alTospite, è stata a sua volta interrogata dall’ospite; in una atmosfera di simpatia ma con decisione, è stata
sollecitata a dare delle risposte
a quella parte dell’umanità, rappresentata dal pastore africano
Edzavé, tradizionalmente abituata ad essere oggetto di ricerche,
conquiste ed es'plorazioni.
Nella predicazione del mattino,
prendendo come centro l’inizio
del Salmo 24, « All’Eterno arìrrartiene la terra e tutto ciò che è
in essa, il mondo e i suoi abitanti », il pastore Edzavé ha messo in evidenza in quante e quali
occasioni i potenti della terra
cercano di togliere a Dio la sua
sovranità sul mondo, e di imporre la loro signoria fondata
.sulla divisione degli esseri umani in base ai beni materiali. Il
nostro compito di credenti è di
spezzare questo sistema basato
sulla divisione fra i popoli e di
riaffermare la sovranità di Dio
su tutta la creazione.
Nel pomeriggio, nel corso del
tradizionale scambio di opinioni,
domande e risposte, il pastore
Edzavé ha parlato del suo paese, il Togo, mettendo in evidenza gli aspetti economici, sociali
e religiosi. Ne è uscito il quadro
di un ambiente pervaso da un
senso della vita e della religiosità per noi occidentali non sempre semplice da afferrare. La
comunità è stata a sua volta interrogata sul suo modo di vedere oggi il problema dei rapporti con i paesi del cosiddetto
« Terzo Mondo ».
Nel rispondere, molti hanno
avvertito la problematica della
nostra posizione, che da un lato
vuole staccarsi con decisione dai
vecchi schemi missionari o colonialisti dei tempi passati, ma
dall’altra ancora non coglie con
chiarezza le linee di un comportamento adeguato alle nuove sollecitazioni che ci vengono dai
paesi di altra cultura. Su un punto esiste un certo consenso: a
livello delle nostre comunità l’azione fondamentale che si può
svolgere è di tipo educativo: lottare per smantellare i pregiudizi ed educare i giovani aU’incontro con altri popoli, liberi da
ogni tipo di razzismo.
Il fatto che viviamo in una
realtà valligiana, ancora poco
toccata dal fenomeno dell’immigrazione, non ci esime dal prepararci ad affrontare un giorno
il contatto con le culture non
occidentali, contatto che avverrà nella vita quotidiana, nel lavoro, nella famiglia, nella distribuzione dei beni materiali. La
speranza è che momenti di incontro come questo, di cui siamo grati al pastore Edzavé, così intensi e ricchi di stimoli, diventino sempre più numerosi e
coinvolgano un numero di persone sempre più grande.
Lutti
POMARETTO — Domenica
21 si sono svolti i funerali della
sorella Ester Gàydou ved. Tron,
deceduta presso TOspedale valdese di Pomaretto all’età di 85
anni. La comunità esprime la
sua cristiana simpatia ai familiari.
SAN GERMANO — Sabato 20
la comunità si è raccolta per
salutare la sorella Angela Ribet
ved. Plavan, che ci ha lasciati
all’età di 82 anni, dopo lunga e
penosa malattia. Ai congiunti va
la nostra simpatia, nella fede
in Cristo risorto.
di Studi Valdesi, e delTUnione
femminile. I prossimi appuntamenti sono previsti il 1° ai Jourdan, il 7 al Capoluogo.
• E’ improvvisamente deceduto Ernesto Amoul del Serre;
ai familiari le condoglianze della
comunità, nella certezza della
resurrezione in Cristo.
Matrimonio
PERRERO-MANIGLIA — Al
Tinizio del mese di febbraio si
sono uniti in matrimonio Livia
Poèt di Grangette ed Elvio Ghigo dislTEirassa: agli sposi e alle loro famiglie facciamo i nostri migliori auguri.
• E’ mancata la sorella Emma Rostan ved. Ribet. Originaria di Massello, aveva passato
molti anni a Ferrerò con: la famiglia. Al fratello, ai figli e parenti tutti vogliamo esprimere la
nostra solidarietà.
Le donne nei Proverbi
PRALI — Nella sua ultima
riunione, l’unione femminile ha
riflettuto sulla figura della donna nel libro disi Proverbi. E’
stata l’occasione di conoscere un
po’ più da vicino questo scritto
di sapienza. Abbiamo confrontato queste donne coinvolte come gli uomini nelTeducazlone die!
figli, a cui lera permessa anche
una certa autonomia economica
e a cui come madre e sposa si
dava un certo rispetto, con la
figura della donna straniera e
adultera che porta gli uomini
lontano dalla sapienza. Abbiamo
anche constatato la difflooltà nel
trovare proverbi e detti sugli
uomini, cosa che sta a dimostrare che in fondo la cultura, anche popolare, è nelle mani degli uomini.
Deputazioni
TORRE PELLICE — Nel corso
dell’assemblea di chiesa svoltasi domenica 21 febbraio sono
stati nominati quali deputati al
Sinodo Piervaldo Rostan e Maria Tamietti; per quanto riguarda la Conferenza Distrettuale
sono stati ©letti Cristina Pretto,
Roberto Charbonnier ed Anna
Bosio. Sono stati nominati anche
i revisori dei conti nelle persone di Luciano Panerò, Bruno
Cesan e Romano Puy.
'• Nella scorsa settimana si
sono svolti i funerali di Davide
Rivoira, di anni 62, e Rosa
Giordan ved. Musso, di anni 87.
Nuovi anziani
VILLAR PEROSA — Durante
il culto del 17 febbraio sono
stati insediati i nuovi anziani
eletti nell’assemblea diel 7 febbraio: Fiorine Bleynat, Germana Costantin, Ettore Ghigo, Anna Marchetti Bertone.
'• Il Concistoro si riunisce
sabato 27, alle or© 20.30.
Riunioni quartierali
ANGROGNA — Proseguono
durante il mese di marzo gli
incontri nei quartieri a cura di
Albert de Lange, della Società
Brevi sul XVII
A Villar Perosa la giornata è ben riuscita, con buona
partecipazione al culto ed al
pranzo comimitario; nel pomeriggio si è discusso sul problema della valorizzazione del patrimonio culturale della valle,
anche cogliendo l’occasione dieila presenza del sindaco di Inverso Pinasca e assessore alla
cultura della Comunità Montana
Erminio Ribet.
Molto interesse ha suscitato
in serata la proiezione del film
sulla storia valdese girato nel
1924.
Ad Angrogna la predicazione
è stata tenuta dal moderatore
Franco Giampiccoli sul testo di
Matteo 12: 43-45; io stiesso moderatore ha rivolto poi un messaggio nel corso dell’agape comunitaria. Il pomeriggio è stato
animato dalla Corale.
A Luserna si è regolarmente
svolta la fiaccolata fino al falò
di Ciò ’d Mai, dove è intervenuto il moderatore Giampiccoli.
Dopo l’agape la prof. Bruna
Peyrot ha fatto un interessante
intervento sul Glorioso Rimpatrio; nelToccasione è stata anche
inaugurata la nuova sala che
si situa nelTambito dei mini-alloggi adiacenti alTAsilo valdese.
Domenica 28 febbraio
□ TRADIZIONE EBRAICA
TORRE PELLICE — L’Y.W.C.A. ed il
S.A.E. promuovono una serie di incontri con ii dott. Sandro Ventura su temi deiia tradizione ebraica che si svolgono presso Viiia Elisa in via Angrogna 10. Il primo di essi si svolge sul
tema della Creazione (Genesi 1-2); inizio ore 15.30.
10
10 valli valdesi
26 febbraio 1988
VAL CHISONE
E GERMANASCA
Quale
assistenza
per anziani
e minori?
Incontri
culturali
VAL PELLICE ORGANI COLLEGIALI
Si riciclano gli inquinanti
Partirà in marzo la raccolta differenziata delle pile usate - Al momento i costi di smaltimento sono elevati, ma si va verso il riciclaggio
Il 28-29
febbraio
si vota
L’USSL 42 ha rinnovato la
convenzione con l’Asilo di San
Germano per gli attuali 35 ospiti non autosufflcienti residenti
sul territorio.
Nella seduta del Consiglio della Comimità Montana, il 19 febbraio, la relazione introduttiva
dell’assessore Michellonet ha
sottolineato sia il costo mensile deU’assisteinza (L. 1.350.000 prò
capite, di cui 550.000 a carico
del bilancio della Sanità), sia i
propositi del Comitato di gestione. La novità della convenzione consiste neU’assimzione da
parte dell’USSL del servizio medico-infermieristico all’interno
dell’Asilo, con estensione del servizio di ambulatorio anche alla
popolazione locale. Secondo il
dott. Paolo Laurenti, coordinatore sanitario dell’TJSSL, che ha
illustrato questo aspetto, il servizio pubblico deve rivolgersi
alla popolazione nella sua totalità, anche a chi per ragioni varie non risiede più in casa propria. Non sono esclusi nemmeno gli ospiti delle case per
anziani provenienti da altre
zone. Perciò il Comitato di
gestione si propone di convenzionarsi anche con il Centro
anziani di Perosa e con il Cottolengo di Pimasca.
Secondo il dott. Laurenti, le
case protette per anziani, anche
se in esse il soggiorno viene per
buoni motivi riservato a chi non
può più vivere senza un’assistenza quasi totale, devono essere
viste sotto l’aspetto curativo e
di riabilitazione, come luoghi in
cui si può rimanere anche per
lunghi o brevi •periodi, per poi
ritornare a casa.
L’invecchiamento della popolazione nelle valli Chisone e Germanasca sta diventando im problema evidente, per cui l’USSL
aspetta la conclusione dei lavori
al nuovo edificio dell’Asilo di
S. Germano per aumentarne la
ricettività fino a 50 posti malgrado i costi di gran lunga superiori a qualsiasi tipo di assistenza sul territorio.
Termina invece Tassisfcenza ai
minori del Convitto di Pomaretto: la convenzione presentata
nella stessa seduta limita infatti il contributo a solo sei
mesi, dato che a giugno la comimità alloggio sarà chiusa. Per
il primo semestre del 1988 saranno erogati 46 milioni per i quattro ragazzi ancora presenti: da
quel momento in poi, per i casi
difficili non vi sarà che Taffidamsnto familiare oppure il ricorso ad istituti da ricercare fuori dal territorio. L. V.
L’assessorato alla Cultura della Comunità Montana Valli Chisone e Germanasca organizza, in
collaborazione con il Centro
Studi e il Museo di arte preistorica di Pinerolo, un ciclo di
incontri culturali per il prossimo mese di marzo, che si svolgerà presso la sala conferenze del cinema Piemont di Perosa Argentina.
Il primo incontro si svolgerà
giovedì 3 marzo, alle ore 20.30,
quando Carlo Ferrerò parlerà
sul tema « Storia della miniera
in vai Germanasca e in vai Chisone ».
La legge n. 441 stabilisce che
i Comuni debbano provvedere
allo smaltimento dei rifiuti urbani definiti pericolosi individuando dei piani di raccolta differenziata: pile usate e farmaci
scaduti rientrano in questa categoria. Il mercurio contenuto
nelle pile è forse l’elemento inquinatore più noto: bastano piccolissime quantità per causare
effetti devastanti sull’ambiente o
sulla salute (fin dall’antichità i
Romani erano soliti condannare
gli oppositori ai lavori in miniere di mercurio; recentemente in
Giapp>one gli abitanti di un intero villaggio, che si erano cibati
di pesci che avevano ingerito
tale sostanza, furono colpiti da
avvelenamento, con molti morti).
Che cosa si sta facendo a livello locale?
« Fin dall’anno scorso — esordisce il d'oli. Vecchiè dell’USSL
43 — avevamo predisposto un
piano di raccolta differenziata
che quest’anno dovrebbe andare
a compimento. Si è iniziato con
i farmaci scaduti, che vengono
raccolti presso i distretti sociosanitari, ed ora si sta passando
alle pile ».
Che fine fanno le pile usate
una volta raccolte, ed i farmaci
scaduti?
« La rete di raccolta che prevediamo sul territorio della Val
Pellìce comprende 68 esercizi
pubblici, una rete molto ampia
dunque; la fase successiva, quella dello smaltimento, si realizza
per ora nelle due Germanie: fortunatamente esistono ora anche
le prime esperienze in Italia ma
ci vorrà ancora del tempo, in
quanto da pochi anni ci si occupa da noi del problema ed in
questo campo non si può certo
improvvisare. Per quanto riguarda i farmaci, la possibilità di
smaltimento comunemente utilizzata è quella dell’incenerimento; per ora, ed anche in futuro,
contiamo di fare riferimento alle strutture dell’USSL 44, presso
l’ospedale di Pinerolo, che ha già
deliberato tutte le forme di adeguamento alle più recenti normative in materia; anche il problema dello smaltimento delle
ceneri è stato risolto, per cui sul
piano ambientale siamo tranquilli. Va comunque precisato che
si tratta di impianti di non semplice attuazione, costosi, per cui
non sempre è stato semplice mettersi a norma ».
Tornando alle pile, fin qui si
è parlato di stoccaggio in discariche, ma è possibile ipotizzare
un riciclaggio?
« In Svizzera ed anche in Germania si stanno utilizzando forme di recupero, in particolare
del mercurio per il quale esiste
una certa remuneratività; anche
da noi, pur tenendo conto del
ritardo attuale, si conta di arrivare al riciclaggio ».
Attualmente è vero che i costi per trasporto e smaltimento
sono molto elevati?
« I costi che ci sono stati proposti non sono certo bassi: si
arriva, per le pile, fino a 1.450
lire al chilo ».
L’operazione della raccolta differenziata passa, ovviamente, attraverso una adeguata informazione della popolazione; sulle iniziative prese per lanciare questa
campagna abbiamo .sentito il presidente del Comitato di gestione
deirUSSL 43, arch. Longo.
« L’azione della Comunità Montana-USSL è stata avviata intorno al 1985 sul discorso generale
ed abbiamo trovato terreno facile nella disponibilità delle amministrazioni comunali. Sull’avvio di questo progetto di raccolta differenziata l’USSL è inter
Quarantamila persone tra genitori, insegnanti e studenti sono
chiamati alle urne per la rielezione degli organi collegiali della scuola nei tre distretti del
pinerolese.
Si voteranno i rappresentanti
delle varie componenti per i
consigli di circolo, di istituto
di distretto e del consiglio prò
vinciale scolastico.
venuta sia sul piano economico
che organizzativo ed i primi risultati sono confortanti ».
Per quanto riguarda i farmaci si era ipotizzato il coinvolgimento delle farmacie per la restituzione di quelli scaduti...
« Effettivamente — ag^unge
Longò — questa ipotesi era stata fatta ma sono necessari ulteriori approfondimenti ».
Come si deve comportare il
commerciante che si vede consegnare dai cittadini, nei quali
si fa strada una certa sensibilità, le pile vecchie?
« Al momento attuale — è an
cora il dott. Vecchiè a rispondere — abbiamo la disponibilità
dei venditori e i preventivi per
la raccolta da parte di alcune
ditte; ci siamo impegnati, entro
i primi giorni di marzo, a fornire indicazioni precise sulle modalità di raccolta e,,nel frattempo stiamo acquistando dei contenitori da mettere a disposizione dei vari esercizi. In attesa di
ciò, invitiamo comunque i commercianti a raccogliere presso di
sé le pile che vengono consegnate dalla popolazione ».
Piervaldo Rostan
Quest’anno, a differenza delle
precedenti elezioni, si è notate
un maggior attivismo che nel
passato per la formazione delle
liste. Dappertutto si confrontano due liste (e in qualche ca
so anche tre), una cattolica e
una laica, che hanno programm
improntati alla riforma dell
scuola. Tra i genitori CGIL,
CISL e UIL hanno promossi
unitariamente una lista (« pe'
una scuola aperta, laica, demo
cratica»), che raggruppa anchf
noti esponenti del mondo valdese.
Sul fronte degli studenti ir
vece l’astensione sarà presumibilmente notevole, essendo gU
studenti disinteressati alle pr' .
blematiche del funzionament.;-.
dei consigli scolastici che — se
condo loro — hanno scarsi pr
teri.
LUSERNA SAN GIOVANNI
Un nuovo piano regolatore
Discusse dal Consiglio le modifiche da apportare in un Comune che ha
visto salire il numero degli abitanti di quasi mille unità in dieci anni
Un Consiglio comunale di normale amministrazione quello
svoltosi a Luserna San Giovanni nella scorsa settimana; atto
che in qualche modo coinvolge
la Comunità Montana, la sostituzione di uno dei rappresentanti in seno al Consiglio dell’ente di valle: al posto del dimissionario Roberto Belladonna, che ha fin qui ricoperto l’incarico di consigliere delegato alTecologia, democristiano, è stato nominato il collega di partito Giorgino Cesano, as.sessore alTagricoltura a Luserna.
Su! tema raccolta rifiuti solidi urbani va segnalato che anche questo Comune, già facente
parte del Consorzio Smaltimento Rifiuti, ha deciso di aderire
all’ACEA per quanto riguarda le
funzioni inerenti allo, smaltimento: ciò consentirà al Comune di
usufruire della tariffa ridotta per
il conferimento dei rifiuti alla
discarica del Torrione, con un
risparmio di 12.(XX) lire per tonnellata (dalle attuali 30 mila lire
a 18 mila lire), il che significherà un risparmio annuo di circa
22 milioni.
Per quanto riguarda i rifiuti
ingombranti che non vengono
raccolti tramite il normale servizio di nettezza urbana, il Consiglio ha deliberato, dopo un periodo di prova in cui i due container acquistati erano stati collocati vicino al cimitero del capoluogo, di porli nelle adiacenze
dell'impianto di depurazione delle fognature, a giorno del cimitero dei Malanot: il tutto avverrà predisponendo adeguatamente l’area, con una spesa di 17
milioni di lire.
Forse il documento più interessante approvato dal Consiglio
riguarda la 2” variante al piano
regolatore generale con la deliberazione programmatica.
Le variazioni vengono propo
ste sulla base di uno studio che
ha coinvolto i vari aspetti essenziali di un Comune che ha
visto negli ultimi 10 anni la popolazione salire di 900 unità, portando la densità territoriale a
450 abitanti per kmq. ed i vani
aumentare da 9.600 a 13.900.
Nella parte dedicata alle proposte si valuta questa variante
in termini correttivi e non di
trasformazione, con obiettivi che
coinvolgono le comunicazioni e
trasporti; « il nuovo tracciato dell’asse di valle, con funzione di
circonvallazione del concentrico
di Airali, sarà però modificato
per adeguarlo alla realtà edilizia
attuale ed al tracciato in corso
di progetto da parte della Provincia »: i centri storici, con un
ridisegno della perimetrazione
degli stessi, le aree residenziali,
i settori industriali, dell’artigianato, del commercio e del terziario.
In stretto collegamento con
questi ultimi punti va segnalato
che un gruppo di cittadini ha
proposto un incontro per il prossimo- giovedì 25 febbraio pres-o
la sala consiliare, alle ore 14, con
le autorità pubbliche per discutere i problemi della viabililà
nella zona Bocciardino di fronte
ad un traffico sempre crescente: va rilevato che nella zona,
a suo tempo individuata come
industriale, si sono insediati nel
tempo anche un buon numeio
di esercizi commerciali (supermercati, concessionari d'auto,
ecc.) elevando, di fatto, la pericolosità del tratto stradale.
P.V.R.
Concerto
RORA’ — Sabato 27 febbraio,
alle ore 21, presso la chiesa valdese di Rorà, esibizione del coro « Tre Castelli ». Ingresso L.
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26 febbraio 1988
valli valdesi 11
AGRICOLTURA
Attenzione ai fitofarmaci
I primi rischi già nello spargimento dei prodotti - Alcune idee per
lo smaltimento dei contenitori - Evitare assolutamente la combustione
Fra poche settimane le attività agricole verranno riprese a
pieno ritmo e, con esse, l’uso
intenso di diserbanti e antiparassitari.
Pro Natura Piemonte ricorda
a tutti coloro che vivono e lavorano in campagna che i fitofarmaci sono veleni, spesso capaci di accumularsi lentamente
neH’organismo e di danneggiare
chi li utilizza prima ancora
di chi si nutre dei prodotti agricoli trattati.
L’uso di questi composti chimici deve quindi essere ridotto
al minimo indispensabile, anche
attraverso l’adozione della «lotta integrata » e della « lotta guidala », e comunque deve sempre
essere effettuato nel più rigoroso rispetto delle norme di sicurezza riportate sulle confezioni.
in particolare, non devono mai
essere superate le dosi prescritte e bisogna rispettare l’intervallo di sicurezza, ovvero il tempo che trascorre fra l’ultimo trattamento e la raccolta.
I consumatori, dal canto loro.
tengano conto del fatto che l’impiego di prodotti chimici è incentivato dalla richiesta di frutta e verdura esenti da qualsiasi
pur minimo difetto: ricordiamo
che i frutti coltivati con metodi
biologici sono sempre i più sani e nutrienti, anche se lievemente imperfetti per l’attacco di
qualche parassita.
Pro Natura Piemonte chiede
alle autorità competenti (USSL,
assessorati all’agricoltura e all’ambiente di Regione, Province
e Comunità Montane) di organizzare, secondo quanto prescrivono le leggi nazionali e regionali,
lo smaltimento separato dei contenitori usati di fitofarmaci (lattine, bottiglie, toniche, bidoni,
sacchetti ecc...), che sono rifiuti
tossici da trattare secondo precise modalità.
A questo proposito, propone lo
schema d’azione già realizzato
con buoni risultati nel Trentino
e nell’Emilia Romagna:
1) raccolta mediante appositi
cassonetti distribuiti nelle zone
in cui si utilizzano le maggiori
quantità di fitofarmaci;
2) stoccaggio in un apposito
centro provinciale;
3) trattamento consistente nella triturazione e nel compattamento, in modo da ridurre del
60-80% il volume originario del
rifiuto;
4) smaltimento in discarica rigorosamente controllata (e, quindi, impermeabilizzata);
5) pulitura dei cassonetti di
raccolta mediante stazioni mobili di lavaggio.
Pro Natura Piemonte ricorda,
infine, che i contenitori usati di
fitofarmaci non devono mai essere bruciati. La combustione
non distrugge i composti chimici tossici ma, spesso, li trasforma in filtri comiposti più pericolosi e ciò è aggravato dall’imprevedibilità delle reazioni derivanti dalla presenza contemporanea
di sostanze diverse. Bruciando
questo tipo di rifiuto si ottiene
il risultato non di eliminare l’inquinamento ma di diffonderlo,
attraverso i fumi, su una vasta
area.
Piero Belletti
Presidente Pro Natura Piemonte
NEL GHETTO E
FUORI DAL GHETTO
Ringrazio cordialmente realizzatori
e interpreti che ieri sera, 20 febbraio,
ci hanno nuovamente recato il loro
sensibile, intelligente messaggio attraverso :.i presentazione, nel tempio
valdese ii Torre -Pelllce, della commedia ■' 11 bivio » di E, Tourn Quattrini. Tutti gli attori si sono espressi
nel loro meraviglioso slancio giovanile, con Ì! tensità, dolcezza o severità
di sguardi, gravità di atteggiamento,
neH'efficace essenzialità del libero
adattamento scelto da Massimo Impiglia. Eccezionale m’è parsa l'Interpretazione della « vecchia ».
pi possono intaccare l’etica sociale.
Meglio tomaie al ghetto piuttosto che
aderire, per esempio, alla follia di una
super-razza che proprio attraverso
manipolazioni potrebbe rendere i nostri pronipoti geneticamente identici,
come per ora si sta sperimentando su
vacche e tori.
Ogni epoca deve trovare le sue difese. Meglio il ghetto, il chiuso bozzolo che la selezione della razza.
Lucia Gallo Scroppo, Torre Pellice
blema della pretesa necessità di sopprimere una serie di Tribunali come
rimedio alle disfunzioni della giustizia.
Hanno altresì espresso il proprio dissenso In relazione alle notizie, anche
recentemente apparse sulla stampa, secondo le quali il processo di soppressione coinvolgerebbe a breve termine,
su tutto il territorio nazionale, e per
iniziativa di una apposita Commissione
Ministeriale, una cinquantina di Tribunali ed un ancor maggior numero di
Preture,
Anche la Corale, con « Nous te louons, Seigneur », ■ le « Complaintes »,
gl'« Inni preghiera », ci ha calati in
un'atmosfera storica commovente.
NO ALLA CHIUSURA
DEI PICCOLI
TRIBUNALI
Più volte mi sono voltata dal mio
banco a osservare quanto il Maestro
Corsani, che non ho mai udito parlare,
fosse eloquente nei suoi gesti ora
vivaci, ora blandi, sollecitanti o descrittivi diretti al Coro, che rispondeva con talento.
Durante lo spettacolo mi venne in
mente che in una conversazione qualcuno ebbe a dire; « I Valdesi furono
favolosi come i bachi da seta quando tessono il bozzolo, sino a quando
rimasero chiusi nel loro ghetto intessuto della seta uscita dalla loro bocca
ripiena di santità. Con la libertà di
Carlo Alberto hanno rovinato il bozzolo e sono diventati come tutti gli
altri mortali ».
Sono certa che nel tempo i giovani delle Valli ci sapranno dare altri
messaggi. Un giorno si tratterà di non
abiurare, non fosse che nel difendersi
dalle manipolazioni che in tutti i cam
I Presidenti dei Consigli degli Ordini Forensi di Acqui, Casale Monferrato,
Ivrea, Mondovì, Pinerolo, Saluzzo, Tortona e Verbania,
osservano anzitutto che la visita della Delegazione del Consiglio Superiore
della Magistratura per verificare lo stato della giustizia in Piemonte si è
riveiata di estremo interesse, anche
pratico, perché ha permesso, attraverso una serie di incontri con i rappresentanti dei vari settori operativi, di
chiarire la consistenza e le eventuali
responsabilità delle carenze del settore.
Fra i vari incontri ha acquistato particoiare rilevanza quello con la delegazione degli Ordini Forensi presso I
Tribunali sopra indicati, composta dai
rispettivi Presidenti,
Questi hanno esposto alla Delegazione del Consiglio Superiore della Magistratura le ragioni di preoccupazione
derivanti dalla aggressività con cui in
Piemonte, unica Regione In Italia, I
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Proiezioni
VILLAR PEROSA — Il Consiglio di
biblioteca, in collaborazione con la libreria « Il cavallo a dondolo » di Pinerblo, organizza per giovedì 25 febbraio alle ore 20,45, presso la sede della biblioteca, una serata con proiezione di diapositive sui luoghi trattati
dalle guide escursionistiche delle valli
Lemina e Chisone, Pellice, Germanasca. Saranno presenti gli autori Avondo e Bellion.
Teatro
ANGROGNA — Nelle prossime settimane il Gruppo Teatro Angrogna riproporrà lo spettacolo « la macivèrica » presso la sala valdese di S, Lorenzo, gli appuntamenti sono previsti
per il 4, 5, 12 e 13 marzo, sempre
alle ore 21,
Concerti
LUSERNA S. GIOVANNI — Domeni.
ca 28, alle ore 20,30, nel tempio valdese ha luogo un concerto d'organo
con musiche di J. S, Bach e suoi precursori: organista Walter Gatti. Ingresso libero.
Cinema
TORRE PELLICE — (Presentiamo i
programmi del Cinema Trento nel prossimo fine settimana: ven. 26, ore 21.15:
« Querelie de Brest »; sab. 27: « Morte
a 33 giri »; dom. 28: « Le vie del Signore sono finite ».
Amnesty International
TORRE PELLICE — Giovedì 25 febbraio, ore 17, al Centro d'incontro
avrà iuogo una riunione con il seguente o.d.g,: a) Verifica deile Azioni
Urgenti per « timore di sparizione » in
Perù e per « morte durante la detenzione » nelle Comore (Africa); b) Verifica dell’Azione per il prigioniero per
motivo d’opinione Aiì Riza Duman; c)
Programmazione della prossima attività
del Gruppo Italia 90 Val Pellice; d)
Appelli per prigioniere di coscienza in
occasione dell’8 marzo (festa della
donna); e) Varie.
La logica soppressiva sembra aver
fatto progressi profittando di indifferenze e superficialità, rispetto alle quali
è bene ricordare che:
A) il problema delle strutture non può
essere risolto prima di aver seriamente affrontato queilo relativo al Giudice
unico (non collegiale) per la trattazione delle cause di primo grado.
B) Nessuna decisione può essere assunta senza previa consultazione degli
organismi e degli enti periferici e senza previa valutazione degli impatti negativi ed irreversibili che si determinerebbero sul tessuto sociale interessato, quale conseguenza inevitabile
delle soppressioni.
C) La chiusura di Tribunali efficienti, solleciti ed accessibili, quali sono
quelli oggi minacciati di soppressione,
provocherebbe un’ulteriore più grave
congestione di uffici già attualmente
sovraccarichi e privi di adeguate strutture logistiche.
Siffatto provvedimento penalizzerebbe
nel contempo una situazione di uffici
che realizzano con criteri di territorialità la giustizia intesa come servizio,
al quale sono collegati altresì servizi —
indispensabili per i cittadini — che
allo stato sono funzionali ed efficienti
e che riguardano i settori amministrativi, imprenditoriali e commerciali.
Gli Ordini Forensi hanno preso atto
con soddisfazione della disponibilità
della Delegazione incontrata a valutare attentamente le ragioni che sono
state prospettate e confidano pertanto
che la minacciata soppressione di Tribunali a rischio possa trovare un momento di riflessione e valutazione anche nel Consiglio Superiore della Magistratura; tenendo conto altresi che,
come è stato rappresentato alla Delegazione stessa, gli Qrdini Forensi sono disposti a collaborare con il massimo impegno per attuare l'eventuale
razionalizzazione di circoscrizioni mandamentali (Preture) con criteri che
tengano conto anche delle realtà sociali interessate.
SAN GERMANO
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monocamera mq. 48, negozio
mq. 65, nuovi, riscaldamento
autonomo, L. 600.000 mq.
Disponibilità garage varie
metrature, 8-9 milioni.
Telefonare ore pasti 011/
93.99.339.
RINGRAZIAlVrENTO
« Venite a me, voi tutti che
siete travagliati ed aggravati, e
io vi darò riposo »
(Matteo 11: 28)
La moglie Elva ed i familiairi di
Enrico Durand
(Riquet)
ringraziano gli amici ed i conoscenti
per l’affetto e la simpatia che hanno
dimostrato partecipando al loro grande dolore.
Un particolare ringraziamento esprimono al sig. Gobello, al pastore Vito
Gardiol, a tutto il personale ed agli
ospiti dell’Asilo Valdese.
Luserna S. Giovanni^ 13 febbraio 1988.
Ci ha lasciati serenamente
Lucilla Rochat ved- Jervis
La ricordano i figli Giovanni e Paola,
i fratelli Giovanni con Renata Bonnet,
Daniele con Louise Muller, Emma con
Carlo Gay, i nipotini Anna-Valerìa,
Leonardo, Leonbattista, Caterina, i nipoti, i parenti, gli amici.
Torre Pellice, 22 febbraio 1988,
RINGRAZIAMENTO
I familiari del compianto
Aldo Rivoira
nell’impossibRità di farlo singolarmente, ringraziano tutti coloro ohe con
presenza, scritti e parole di conforto
si sono uniti a loro neUa triste circostanza.
Un ringraziamento particolare ai medici e a tutto il personale infermieristico dell’Ospedale E. Agnelli di Pinerolo,
al pastore Vito Gardiol ed ai gruppi
degli Alpini presenti.
Rorà, 22 febbraio 19B8.
RINGRAZIAMENTO
( I giorni deWuomo sono come
Verha »
(Salmo 103: 15)
La moglie e parenti tutti del compianto
Giovanni Grill
commossi e TÌconosceriti per la dimostrazione di stima e affetto trfftutata
al loro caro, ringraziano tutti coloro
che con fiori, scritti, parole di conforto e presenza, presero parte al loro
dolore.
Un ringraziamento particolàre al pastore di Rorà Vito Gardiol, al sig. Livio (JobeUo, alle dott.sse Seves e Pons,
alla direzione e a tutto il personale delrAsilo Valdese di Luserna San Giovanni ed alla signora Fiorina Blanc.
Luserna S. Giovanni, 26 feitbraio 1988.
AVVISI ECONOMICI
In occasione del XVII febbraio, è uscito l’opuscolo n. 7 della
collana « II Ponte », curata dal
Comitato del Museo di San Germano Chisone.
Si tratta delle memorie e dei
ricordi della sig.na Lorenzina
Coisson, l’ospite più anziana dell’Asilo dei vecchi (96 anni), narrate dalla stessa protagonista
che ha dedicato la sua vita all’educazione dei ragazzi.
Il titolo « Ricomincerei da capo », ne sintetizza il contenuto:
una visione ottimistica della vita, raccontata spesso in forma
anedottica e con arguzia.
L’opuscolo è disponibile presso il pastore di San Germano.
SIGNORA anziana autosufficiente oeroa per Sanremo signora/ina per com'
pagnia ed aissìstenza. Offre vitto, ca
mera e bagno indipendenti ed ade
guato compenso. Telefonare al nu
mero 0183/61117 a Imperia, oppu
re sci vere c/o Eco delle Valli 3'al
desi - Via Pio V, 15 - 10125 Torino
USSL 42 - VALLI
CHISONE - GERMANASCA
Guardia medica :
Notturna, prefestiva, festiva: presso Ospedale Valdese di Pomaretto - Tel. 81154.
Guardia farmaceutica :
DOMENICA 28 FEBBRAIO 1988
Perosa Argentina: FARMACIA Dott.
BAGLIANI - Piazza Marconi 6 Telef. 81261.
Ambulanza :
Croce Verde Perosa: Tel. 81.000.
Croce Verde Porte: Tel. 201454.
USSL 44 - PINEROLESE
(Distretto di Pinerolo)
Guardia medica :
Notturna, prefestiva, festiva: Telefono 74464 (Ospedale Civile).
Ambulanza :
Croce Verde Pinerolo: Tel. 22664.
USSL 43 - VAL PELLICE
Guardia medica :
Notturna, prefestiva e festiva: Telefono 932433 (Ospedale Valdese).
Guardia farmaceutica :
DOMENICA 28 FEBBRAIO 1988
Torre Pellice: FARMACIA MUSTON.
Via Repubblica 22 - Telef. 91328.
Ambulanza :
Croce Rossa Torre Pellice: Telefono 91.996.
12
12 fatti e problemi
26 febbraio 1988
f
INTEGRAZIONE EUROPEA: UNA RIFLESSIONE CRISTIANA
A 50 anni
1992: verso l'Atto Unico daii’Anschiuss
Il recente incontro a Bruxelles del vertice della CEE (la Comunità Economica Europea) ha visto ancora una volta porre in atto
una difficile alchimia dei 12 Paesi a confronto ed ha raggiunto in
extremis un accordo molto laborioso, necessario fra l'altro ad iniziare la rincorsa verso V« Atto Unico » del 1992. Questo infatti è
l’anno fissato per giungere ad un'integrazione assai più completa,
ad un mercato unico senza frontiere fra i Paesi aderenti, ad una
piena libertà non solo per le persone e per le merci, ma anche per
i capitali, con tutti i conseguenti problemi, vari e differenziati, a
seconda dell’ottica (politica, economica ed anche morale) con cui
li si esamina. Su questo argomento Marc Lenders, rappresentante
della Commissione delle chiese per « chiese e società » a Bruxelles, ha
rilasciato un’intervista sull’ultimo numero di «Bollettino BruxellesStrasburgo », della quale traduciamo qui appresso i passaggi più significativi.
In realtà, questo Atto Unico è
multiplo in quanto è composto
di diverse proposte separate,
destinate a cambiare il modo col
quale la Comunità Europea gestisce i propri affari. Se ne possono elencare cinque.
Innanzitutto, aprire le frontiere della Comunità, creando
quel mercato comime che finora non è stato compiutamente
realizzato.
In secondo luogo, accelerare
l’elaborazione delle decisioni aumentando il numero degli argomenti sui quali il Consiglio dei
ministri può decidere con un voto a maggioranza; attualmente,
la regola deirimanimità rende
possibile ad im solo governo di
bloccare ropenazione.
In terzo luogo, una « cooperazione politica ». L’Atto Unico —
se si parte dall’idea che si ha
degli accordi commerciali con
altri Paesi o regioni e che quindi occorre anche avere una politica estera comune con essi —
fa di questa « cooperazione politica » una parte integrante della struttura della Comunità, e le
conferisce una ben maggiore importanza.
In quarto luogo il potere del
Parlamento — anche se non diventa un corpo legislativo —
viene accresciuto: mentre attualmente può annullare certe decisioni del Consiglio dei ministri,
potrà emendare la legislazione.
Infine, cambierà il modo con
cui i Fondi — agricoli, regionali
e sociali — vengono gestiti, in
modo che siano più vicini agli
obiettivi della Comimità, distribuendo in sostanza del denaro
alle regioni più povere della Comunità stessa.
Il risultato cruciale cui l’Atto
tende con le suddette proposte
è quello di risolvere il problema
della recessione economica. I
leader dei 12 — tante sono le
nazioni che compongono oggi
la Comunità Europea — sono
molto preoccupati della loro
futura dipendenza nei confronti
dei giganti economici quali gli
Stati Uniti ed il Giappone. Inoltre il recente ingresso nella Comunità della Grecia, della Spagna e del Portogallo l’ha trasformata in modo radicale sotto
l’aspetto economico, culturale e
geografico.
Ponendoci ora in una prospettiva cristiana, dobbiamo dire
che questo Atto Unico è assai
importante sia per le Chiese in
genere, sia per i Consigli di
Chiese a cui appartiene la nostra
Commissione. I motivi sono almeno tre.
Innanzitutto è un bene rafforzare gli organismi interna^ .
zionali. Gli Stati, presi singolarmente, si illudono se credono di poter risolvere i problemi relativi all’industria, al commercio, al terrorismo, ai mass
media, alla sanità, ecc. L’Atto
Unico ha lo scopo di rendere
la Comunità più unita, più omogenea.
In secondo luogo, i cristiani
non possono che vedere di buon
occhio questa intenzione di realizzare la forza potenziale economica di im nuovo grande
mercato di 320 milioni di persone, con un’accentuazione sia della ricerca che dello sviluppo, con
delle politiche comuni per il
commercio e con rapporti col
resto del mondo.
Infine, non si può che acco
gliere favorevolmente la volontà
contenuta nell’Atto Unico di rafforzare la cooperazione politica,
nonché i controlli parlamentari
e democratici.
Vi sono per contro altri aspetti che non possono non sollevare le nostre critiche. La Comunità rimarrà fondamentalmente un « animale economico »:
Je Chiese dovrebbero adoperarsi
per rafforzare la parte dedicata
ad una politica estera cernirne
e ad un potere parlamentare
più esteso.
In secondo luogo, rimanendo
predominante il fattore « potenza economioa », ne potrà risentire l’avvsnire delle istituzioni
democratiche. Faccio tre esempi:
— Prendiamo la questione
dell’inquinamento. Nell’Atto Unico si afferma che tutte le politiche della Comunità devono
essere controllate in relazione
alle conseguenze che possono
avere sulPambiente. Per contro,
nello stesso articolo viene precisato che ogni decisione a questo riguardo deve essere presa
all’unanimità dal Consiglio dei
ministri.
— I diritti dei dipendenti delle società transnazionali non
saranno sufficientemente tutelati: essi dovranno essere informati tempestivamente sulle previste chiusure di certe aziende,
ma nell’Atto Unico non vi sono
forme di controllo sulle aziende stesse.
— Infine, i mass media. Temo
che anche in avvenire sarà il
denaro a dare, a seconda della
quantità disponibile, più o meno
voce ai mezzi di diffusione. L’Atto Unico infatti non prevede
nuove disposizioni in questo settore.
Un’altra critica sorge dal fatto che l’Atto Unico non affronta quelli che, jjer un cristiano,
sono problemi fondamentali.
Cito fra essi la questione
Nord/Sud, con le grosse questioni ad essa collegate, quali la giustizia internazionale, la fame, il
debito mondiale.
Penso ai rapporti Est/Ovest,
coi problemi attinenti alla pace, al disarmo, ai diritti dell’uomo, alla reciproca fiducia. E’
urgente che l’Europa possa partecipare, a ben altro livello che
non a quello attuale, alle decisioni delle superpotenze, elaborando im nuovo concetto di sicurezza.
Un’altra critica si può avanzare sul fatto che ifAtto Unico
tende a creare una sorta di « insularità », di isolamento nei confronti dei paesi non membri:
voglio dire che, mentre si preparano delle frontiere internazionali più basse, più agevoli,
nel contempo si costruiscono
linee di demarcazione più alte.
Penso al problema dei profughi e di chi cerca un asilo: la
cosa potrebbe avere conseguenze devastanti per coloro che giustamente cercano un rifugio nella nostra Comunità. Le Chiese
dovrebbero tener ben presente
questo punto.
Concludendo, posso dire che
mi attendevo, da parte di questo nuovo « animale politico »,
progetti maggiori © più innovatori. Occorre trovare nuovi
modi per collegare fra loro gli
aspetti economici, sociali, dell’ambiente, nonché quelli internazionali. Qualche segno in questa direzione c’è, ma è ancora
troppo debole e slegato. Spero
che le Chiese si facciano carico
di questi problemi e si sforzino
di proporre ulteriori soluzioni
che possano influire sulle fasi
successive di questo processo.
a cura di Roberto Peyrot
(segue da pag. 1)
opere del regime, orgogliose e
massicce, bozzetti di scene di
opere wagneriane e, sottile ma
ossessivo, un sottofondo di temi
wagneriani ci accompagna nel
nostro percorso. Una raccolta
impressionante di libri, opuscoli
di propaganda, copie di quotidiani, pubblicazioni « scientifiche » sul problema della razza,
la teorizzazione del nazionalismo, del pangermanesimo; e poi
una sala intera tappezzata di manifesti murali... Si pensa a una
genereizione interamente immersa in quest’atmosfera soffocante, avvelenata, forse esaltante a
modo suo. Ed ecco apparire le
« camicie brune », ecco le adunate
effettivamente oceaniche, decine
e decine di fotografie, e Vienna
e l’Austria chiamate a riconoscersi, a cinquant’anni di distanza. L’ebbrezza di una « cultura »,
di uno « spirito del tempo » distorto e pervertito. L’esodo —
o la tragica scomparsa — di
tanti degli spiriti migliori, anch’essi, se pur minoranza momentaneamente vinta, « spirito
del tempo », però! E la tappa
finale, Endstation, la « soluzione
finale »: la mostra termina come
in un budello angoscioso e semioscuro, in un’angusta sala cieca debolmente illuminata, tappezzata interamente, pareti e soffitto, di atroci fotografie dai Lager, da Mauthausen, lo strazio
e lo scempio di « politici » e di
ebrei. Dalle floride carni biancorosate dei quadri della prima
sala, a questi scheletri viventi,
cupi, atroci. Lì è sboccato il nazismo, il nazifascismo, lì ha mostrato il suo vero volto lo « spirito del tempo » che ha impersonato.
Poca, pochissima gente, devo
dire, pur considerando che era
un giorno lavorativo. Tanti rifiutano di « specchiarsi », di riflettere, di ripensare.
Prima di ripartire, nel tramonto terso torno a rivedere, in riva al Donaukanal, il monumento sobrio che hanno costruito
sul luogo dov’erano rimaste le
rovine della centrale viennese
della Gestapo: un uomo emaciato ma proteso avanti emerge da
un cubicolo, fra i due segni, il
triangolo rosso dei politici, la
gialla stella di David; e sopra
il fitto filo spinato la scritta che
ricorda che lì è stato rinferno
per i « confessori dell’Austria »,
ma che gli aguzzini sono stati
dispersi, e l’Austria è viva. Purtroppo — e lo si constata anche
in Austria — gli aguzzini, diretti o mandanti, non sono stati
tutti dispersi, non sono stati tutti distrutti, né si sono veramente ravveduti. Proprio lì accanto,
poi, bagna placido nel braccio
del Danubio (per nulla blu) il
battello « Johann Strauss », e
promette un’allegra serata di caffè-concerto natante, con i ritmi
dolci e travolgenti dei valzer.
Probabilmente c’era parecchia
più gente che alla mostra.
Speriamo che molta gente applichi a ragion veduta sulla propria corriapondenza il francoboi
lo che le poste austriache, in
occasione del cinquantenario del
VAnschluss, stanno per fare usci
re, con una riproduzione nitidi
del monumento^ in riva al Danu
bio e la scritta tragica « Finir
Austriae », che ricorda tante opere letterarie dedicate al ere
puscolo austriaco, con il tramon
to austroungarico. L’Austria noi,
è certo morta, né è finita, tutt’a!
tro; è oggi un ponte anche cui
turale verso l’oriente prossimo
e più lontano. Ma che VAnschluss
e tutto ciò che ha espresso sia
stato una crisi profonda, e forso
non veramente superata, nemmeno qui, i fatti odierni lo dimostrano: la piaga non ha ve
ramente spurgato fino in fondo,
focolai d’infezione, magari latente, sono rimasti. Auguriamo a'
nostri fratelli d’Austria coraggi )
nel guardarsi indietro, nel riflc'
tere sulla sofferenza e sulla colpa, e un Viallet, straniero o preferibilmente indigeno, che scie
va la storia del loro protestantesimo sotto il nazismo.
Gino Conte
In occasione del XVII Febbraio regaia un abbonamento Il 17 febbraio 1848, 140 anni fa, i valdesi ottenevano i diritti civili. Una delle prime conseguenze di essi fu, anche, la stampa dell’Eco delle Valli valdesi, fondato nell’agosto del 1848. Da allora il giornale ci ha accompa- gnati nei momenti forti e nei momenti deboli della nostra storia. Ci sono però ancora persone che non conoscono il nostro giornale e certamente conosciamo qualche amico che vuole informazioni sulle nostre problematiche. Per- ché, allora, non fargli un dono in occasione del 17 febbraio, abbonandolo al nostro giornale? Ogni abbonato può approfittare di una offerta speciale; Vabbonamento dono costa 30.000 L., che si possono versare sul c.c.p. 20936100 intestato: AIP, via Pio V, 15 - 10125 Torino. Provvederemo noi ad avvisare il destinatario del- l'abbonamento, non appena riceveremo il tagliando qui pubblicato. Ritagliare e inviare a: Amministrazione Eco delle Valli valdesi, casella postale, 10066 TORRE PELLICE (To)
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