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Anno 123 - n. 4
30 gennaio 1987
L. 700
yped. aobonamento postale
Gruppo 1 bis/70
In caso di mancato recapito rispedire
a: casella postale - 10066 Torre Pellie»
delle valli valdesi
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE VALDESI E METODISTE
« Crisi » non si deve intendere, naturalmente, come rovina,
o sfascio, o decadenza irreversibile: ma, più semplicemente, come situazione in cui i vecchi
& schemi divengono inadeguati a
rappresentare la realtà e si fa
vivo il bisogno di soluzioni nuove per problemi nuovi.
Per restare alla cronaca, cioè
al risultato elettorale, sarebbe
davvero difficile dire chi abbia
vinto, il 25 gennaio, in Germania. Non han certo vinto i democristiani, che nonostante la
situazione economica hanno patito una secca perdita di consensi; tanto meno, poi, possono
cantar vittoria i socialdemocratici che, guidati dall’evangelico
^ Johannes Rau, non sono riusciti
» a trarre vantaggio dalla sconfìtta dei loro avversari storici e
non hanno ancora superato una
profonda crisi d’identità.
Quanto ai liberali, che hanno
guadagnato voti e seggi, allontanando lo spettro di una loro
sparizione dal Bundestag e dalla
scena politica tedesca, probabilmente otterranno qualche poltrona in più nel prossimo governo, ma ben diffìcilmente riusciranno a condizionare in qualche modo la politica dei loro
prepotenti alleati democristiani,
soprattutto in materia di diritti
civili e polìtica estera. Infine,
1 verdi; che continuano di elezione in elezione ad accrescere
i loro voti, ma che finora hanno dato miglior prova di sé nella contestazione e nella denuncia piuttosto che nella indica^
zione di alternative praticabili,
tsuito che lo stesso successo elettorale finisce per diventare
paradossalmente una spada di
Damocle sospesa sul capo di
questo singolare movimento.
Le ragioni di questa situazione di stallo a livello politico sono nella società, in quella tedesca nel modo più acuto, ma anche, in misura crescente, in quella italiana e degli altri paesi
europei. Nuovi problemi e nuove domande vengono infatti all’ordine del giorno: dagli interrogativi radicali sul futuro del
genere umano, sollevati dai movimenti ecologisti e pacifisti, a
quelli suscitati da uno sviluppo
tecnologico che, se ha realizzato sogni che fino a ieri parevano irrealizzabili, ha anche fatto — sostituendo uomini con
macchine — della disoccupazione non più un fatto accidentale
di momenti di crisi, ma un dato
strutturale e permanente.
In questa situazione, le categorie del discorso politico devono subire, e stanno subendo,
profonde revisioni.
DI FRONTE ALL’ANNO MARIANO
La parola « crisi » non si usa
spesso a proposito della Germania, colosso che, unico in un’Europa di nani, può trattare da pari a pari, almeno in campo economico, coi « mostri » americani
e giapponesi. Eppure, nonostante il marco comprato e venduto
a peso d’oro e l’inflazione sotto
zero, c’è aria di crisi nella potente Repubblica Federale; una
crisi che è la causa, piuttosto
che l’effetto, dei rapporti di forza politici determinati dalle elezioni di domenica scorsa.
Moratoria del dialogo
col cattolicesimo romano?
Il dialogo ecumenico va sottratto ai vertici e riportato alla base - Una proposta che, suscitando adesioni e perplessità, costringe a rimeditare i rapporti con la chiesa cattolica
Si era praticamente alle ultime
battute del convegno su « Ambiguità e speranze deH’ecumenismo», organizzato dal quindicinale COM-Nuovi Tempi e dalla Federazione delle chiese evangeliche, quando è stata avanzata la
proposta di una mozione per una
« moratoria ecumenica ».
« Di fronte alla decisione unilaterale del Papa, fatta in totale
dispregio del dialogo ecumenico
in corso, d’indire T87 anno mariano — afferma Giorgio Girardet, uno dei presentatori della
mozione — è necessario dare una
ferma risiposta. Per questo domandiamo alle chiese e alle varie
organizzazioni confessionali, come l’Alleanza Riformata Mondiale, la Federazione Luterana ed
allo stesso Consiglio Ecumenico
di Ginevra, di studiare la possibilità d’indire, per tutta la durata delTanno mariano, una sospensione dei dialoghi ufficiali ecumenici. La nostra intenzione non
è quella di bloccare il dialogo, ma
di sottrarlo al monopolio dei
vertici, e riportarlo alla base.
Chiediamo maggiore comprensione: molte volte non è chiaro ciò
che sta succedendo. Ohiediamo
maggiore concretezza: ci dicano
cosa vogliono. Non sempre emerge in maniera evidente dai documenti. Chiediamo maggiore partecipazione. Perché non si può
assistere ai colloqui interconfessionali? Perché non studiare la
formula per renderli pubblici? ».
La proposta, in sé comprensibile per quella parte di disagio
diffuso che essa esprime, ha pe
rò sollevato immediatamente un
grosso vespaio nelTambito del
convegno, e non mancherà certamente di far discutere le nostre
chiese nei prossimi mesi.
Alcuni, come per es. Maria Vingiani, del Segretariato per le
Attività Ecumeniche, hanno subito esipresso la propria personale contrarietà ad una tale proposta ed evidenziato anche la sua
scorrettezza formale; il convegno
non aveva veste per votare qualcosa del genere. E comunque
avrebbe dovuto essere portata all’attenzione dei partecipanti già
fin dalTinizio. « Presentata in
quel modo — nota Paolo Ricca —
rischia di rimanere la posizione
di un gruppo; la chiesa non sa
cosa fare. Non è così che si co
LEBBROSI DI IERI E DI OGGI
...e si arrabbiò!
«Venne a lui un lebbroso e, buttandosi in ginocchio, lo pregò
dicendo: Se vuoi, tu puoi guarirmi! Gesù, mosso a pietà, stese la
mano, lo toccò e gli disse: Lo voglio, sii guarito! E subito la leb
bra sparì da lui, e fu guarito ».
(Marco 1; 4042)
Paolo Fiorio
Il lebbroso, vedendo Gesù, lo
implora, in ginocchio, di guarirlo. Di fronte a questa situazione Gesù si commuove. O si irrita? Il testo biblico che abbiamo sotto gli occhi, la traduzione
ecumenica e altre, non accetta
la ’variante’ ben attestata del
codice D del V secolo che al posto di: « ebbe compassione di
lui » afferma che Gesù, vedendo
il lebbroso prostrato, « s’adirò »,
o se preferite: « s’indignò ». I
racconti paralleli di questo episodio che troviamo negli evangeli di Matteo e di Luca non dicono granché sull’umore di Gesù, tuttavia il seguito del racconto nell’evangelo di Marco ci
presenta un Gesù piuttosto seccato e contrariato. La ’variante’
del codice (denominato D dagli
studiosi e depositato nella biblioteca di Cambridge sin dal
XVI secolo) potrebbe corrispondere alla realtà dei fatti più che
la versione (smussata dallo scriba?) che afferma che Gesù fu
’mosso a pietà’. Se così stanno
le cose il dolce e buon Gesù cede il passo a un Gesù che freme e vive, per così dire, un sano momento di rabbia. Non
escluderei comunque che Gesù
possa anche aver provato pietà
di fronte ad un malato condannato a morte certa. Lo dimostra
il fatto che lo guarisce. Ma più
che provare pietà Gesù, in quell’istante, si arrabbiò. Perché?
Ecco la domanda a cui vorrei
cercare di rispondere. Dietro a
questo moto di rabbia, ma di
ciamo meglio di indignazione,
di cui ci informa l’antico codice di Cambridge, v’è una chiave di lettura di questo episodio,
certamente avvenuto.
L’indignazione di Gesù potrebbe nascere dalla provocazione del lebbroso? Condannato a
morte sicura il lebbroso gioca
la sua ultima carta: « Se tu, Gesù, sei veramente quello che dici di essere, eccoti l’occasione
per dimostrarlo: guariscimi dalla peste del secolo! ». Una sorta
di ricatto, piuttosto grossolano.
Insomma: « Se vuoi, tu Gesù,
puoi farlo! ». Ma quest’ipotesi
non convince al cento per cento.
Forse l’indignazione di Gesù
potrebbe scaturire dalla situazione particolare che vede il lebbroso trasgredire la legge? Egli
infatti esce dal ghetto dei ’maledetti da Dio’ per entrare, contro la legge, nel mondo dei sani.
Anche questa possibilità non
regge perché Gesù, toccando il
lebbroso, diventerà a sua volta
impuro. Toccando l’intoccabile
entrerà in comunione con lui.
E toccandolo romperà per sempre l’isolamento totale a cui era
condannato.
Penso piuttosto che la rabbia,
l’indignazione di Gesù nasca dal
fatto che il suo compito possa
venire frainteso e ridursi a spettacolo, ’performance’ da guaritore. Non è un caso che dopo il
miracolo Gesù debba, come un
lebbroso, fuggire in luoghi solitari per non essere aggredito da
una folla assetata di guarigioni
fisiche. Il lebbroso guarito andrà invece in giro a parlare di
Cristo. Quale singolare inversione di ruoli!
Il miracolo che Gesù compie
non è solo quello di guarire un
lebbroso, ma è anche quello di
spezzare l’isolamento religioso e
sociale che circondava i 'portatori di lebbra’. L’indignazione di
Gesù non è un fatto personale
contro quel povero disgraziato
che ha già un piede nella fossa
e che lo costringe al miracolo
ma è indignazione verso ciò che
il lebbroso rappresenta: isolamento, emarginazione, morte civile a cui è, da tutti, condannato prima ancora di morire fisicamente. Questo gioco al massacro attraversa i secoli, compreso il nostro secolo così avanzato nel campo della ricerca medica e scientifica. Tra la società
dei sani e quella dei malati c’è
spesso una distanza che Cristo
vuole colmare ’toccando’ l’intoccabile, l’appestato, e indignandosi della mortale solitudine costruita intorno al malato, che è
peggiore della stessa malattia.
Non si muore soltanto di lebbra,
ma di emarginazione, silenzio,
disinteresse generale e profondo
rifiuto nei confronti di chi è
’spacciato’. Toccando il lebbroso Gesù ha preso su di sé la
’peste del secolo’ compiendo così un gesto nuovo, non previsto
e che non pos.siamo limitarci ad
ammirare ma che dobbiamo, in
qualche modo, ripetere a nostra
volta oggi. La rabbia di Gesù
verso tutto ciò che uccide l’uomo, nel fisico e nello spirito,
può essere la nostra rabbia? La
indignazione, in questo caso,
compie miracoli.
Giuseppe Platone
struisce una coscienza riformata ».
Adesione e perplessità, questi
i due stati d’animo creati dalla
questione sollevata. « Adesione
perché è vero — come osserva
Paolo Spanu — che il modo di
fare della chiesa cattolica ci lascia profondamente perplessi, per
cui l’unico imperativo è la protesta.
D’altra parte bisogna anche fare attenzione che essa non giochi in senso negativo, in rapporto aH’azione che vogliamo svolgere. Io dovrei per es. immediatamente dare le dimissioni
dal gruppo di lavoro che porta
avanti il dialogo tra le chiese battiste (a livello mondiale) e la
chiesa cattolica. Ma all’interno di
questo gruppo sono una delle poche voci critiche! Andandomene
otterrei un risultato opposto a
quanto auspicato dalla mozione ».
« Una moratoria? Non ha senso — dice senza indugi Renzo
Bertalot —. A parte il fatto che
potrebbe essere per noi un anno
di studio e di approfondimento
della figura di Maria, non abbiamo veste per contestare una decisione della chiesa cattolica. A
noi darebbe certamente molto
fastidio se, faccio per dire, proclamando l’anno della giustificazione per grazia, i cattolici decidessero una moratoria dei loro
rapporti con noi ». Non è d’accordo con questo ragionamento
Aurelio Sbaffi, presidente della
FCEI e firmatario della mozione:
« Non si tratta di un’ingerenza in
cose che non ci riguardano, ma
di un esercizio della riprensione
fraterna e di un aiuto richiestoci
da fratelli cattolici! ». Sulla stessa linea Paolo Spanu, per il quale
« in un rapporto ecumenico ci
si deve correggere l’un l’altro ».
Ma questo della mutua correzione è un argomento difficile e
spinoso. Che cosa si vuole « riprendere »? « Quanto detto recentemente dal Papa non è cosa
nuova, c’era anche prima, — osserva Sergio Rostagno — solo
non era messo in tanta evidenza.
Incontrarsi non è segno di debolezza, anzi tutt’altro! ».
Presentata in modo formalmente poco corretto, la proposta
ha però il pregio di costringere a
discutere nuovamente il problema del dialogo ecumenico. Per le
aperture che sembravano intravvedersi in questi ultimi anni, dopo il Concilio Vaticano II, il dialogo è andato avanti, molto avanti, a tutti i livelli e di passi, in
tutte le direzioni, ne sono stati
fatti tanti. Chi, solo pochi anni
fa, avrebbe per es. potuto immaginare un pastore evangelico invitato a predicare in una chiesa cattolica, o un prete cattolico
salire sul pulpito di un tempio
protestante? Abbiamo oggi professori di teologia protestante
che insegnano in seminari cat
Luciano Deodato
:)Ì
(continua a pag. 5)
2
2 commenti e dibattiti
30 gennaio 1987
DIBATTITO
Un dialogo per la
liberazione in Sud Africa
Il difficile rapporto tra conoscenza degli eventi e convinzioni personali - Tra l’ANC, la teoria dell’apartheid e le sanzioni economiche
A colloquio con I lettori
Porse c’è un nodo oscuro al
cuore dei dibattiti più spinosi.
Cosa nasce prima? Vengono prima rinformazione e l’esplorazione conoscitiva degli eventi, e solo poi Topinione e la partecipazione; o prima di tutto c’è la
nostra prefigurata disposizione
interiore, duro nocciolo intorno
al quale costruiamo l’ideologia
che solo dopo, più o meno stentatamente, si lascia illuminare
dalla informazione e dalla conoscenza? Malfìdando della mia
naturale disposizione, sono entrata nella mia avventura dentro il Sud Africa con il serio e
fermo proposito di raccogliere
per ogni cosa vista e vissuta quel
quadro compiuto di dati, notizie, informazioni, capace di rivelare la intricatissima e semisommersa realtà dell’apartheid:
e questa tensione è andata crescendo, a volte in modo bruciante, fino all’ultimissima ora prima del rientro. Quando poi il
peso sulla coscienza delle cose
conosciute mi ha spinta a cercare degli uditori, fermamente
mi sono prefissa di lasciare che
fatti e dati si imponessero da
soli, non smentibili nella loro
dura, cruda, tragica verità da
qualsivoglia ideologia. Con grande attenzione ho letto Giovanni
Conte che, nel suo articolo « La
TEV : scarsamente propositiva? », scrive anche sulla questione sudafricana.
E’ vero. Anch’io avrei preferito che la voce del Sud Africa
nero al nostro ultimo sinodo
fosse stata quella di un operaio
dell’Evangelo. Ci sarebbe stato
solo l’imbarazzo della scelta fra
i pastori metodisti; avrebbe potuto essere Sol Jacob, che molti
di noi già conoscono, al quale
mandiamo le offerte per quella
incredibile scuola interrazziale
incuneata fra un ghetto nero ed
uno indiano; oppure ramatissimo Joe, col suo corpo segnato
dalle torture in diciotto mesi di
carcere duro; o il piccolo pastore Mogoba che il carcere lo ha
fatto a Robin Island insieme a
Nelson Mandela; o anche quello che non ha avuto pace finché
non ha dato vita alla Facoltà
Federale di Teologia, e che ha
due figlie minorenni in prigione
senza che sia stata formalizzata
un’accusa contro di loro.
Ma quale esperienza fa affermare a Giovanni Conte che l’African National Congress ha
sempre cercato il male del continente africano gabellandolo per
liberazione? Forse ha conosciuto Luthuli, l’uomo della nonviolenza, premio Nobel per la pace
e fervente predicatore metodista, che ha diretto l’ANC organizzandolo in progetti di pace e
di rilevamento umano che sussistono ad oggi e riescono ancora a sollevare infinite miserie e
sofferenze? Il pastore Conte è
una persona affidabile ed impegnata, ed io devo credere che
abbia fonti non superficiali che
lo decidano per un giudizio squisitamente politico tanto netto da
apparire, a chi guardi alle cose
da un’altra sponda, assolutamente cinico.
E’ vero. Fino ad un anno fa
l’applicazione delle sanzioni ha
suscitato fra i bianchi (non fra
i neri, gli indiani ed i meticci)
legittimi dubbi; ma la pur limitata esperienza degli ultimi tempi offre già una visione di come
reagiscano i grandi poteri economici sovranazionali che, per
il S.A., hanno ramificazione planetaria. E’ certo che questi non
cessano di produrre guadagno
dalla carne, dal san^e e dall’anima di uomini fatti a immagine e somiglianza di Dio, così che
l’adesione alle sanzioni è solo
questione di coscienza.
E’ vero. Adesso siamo tutti
d’accordo che l’apartheid è un
male. Lo dice Botha, che è stato grande teorico del regime;
lo dicono, una dopo l’altra, le
Chiese che ,harmo „dato supporto teologico al sistema; con dispiacere lo dicono commercianti
e industriali bianchi del S.A., che
si trovano impigliati ed imprigionati in una rete fatta per
strangolare i neri ed asfissiare
indiani e meticci. Ma il diavolo
Sa mettere confusione nel linguaggio degli uomini, per cui la
medesima affermazione significa
cose diverse ed oppH>ste a seconda di chi la pronuncia.
Ma allora: sarà mai possibile
un dialogo che produca conversione per la liberazione del popolo incatenato ed anche del faraone con i suoi eserciti? Magari ponendosi in uno spirito di
umiltà e preghiera diverso da
quello delle Chiese che pregano
. e non -cessano di praticare l’apartheid nel pròprio seno? Io
credo di sì, che oggi è ancora il
giorno della salvezza e che, se
noi ci decidiamo, forse il Signore fermerà il sole.
Febe Cavazzutti Rossi
INTESE
CON LO STATO
Ho ricevuto il n. 1 del 9.1.1987 de
« La Luce » ed ho letto con interesse
I « buoni propositi » de » Il nostro
giornale nel 1987 » a pag. 2.
Trovo il programma esposto interessante ed auspico ed auguro che tali
« buoni propositi » siano una linea continua e costante del giornale, anche
se ciò costerà maggiore fatica.
Sono inoltre lieto nel vedere posto
in prima pagina, al posto dell'articolo “ Punti di vista » (che nell'ultimo
Sinodo ha sollevato critiche) l'articolo « Firmate altre due Intese » che
precisa in dettaglio a tutti gli evangelici un altro fatto di notevole importanza e che, forse, a qualcuno potrà essere sfuggito nella lettura della
stampa nazionale.
Mi permetterei, quindi, di esporre il
suggerimento (ma che forse è già nei
vostri programmi) di pubblicare integralmente il testo ufficiale delle due
Intese (Assemblee di Dio in Italia Unione Italiana delle Chiese Avventiate), come già avete fatto con l'Intesa
tra il Governo e la Tavola Valdese ed
il Concordato tra II Governo e la Santa Sede.
Oltre ad essere documenti storici e
DIBATTITO
di studio, in tal modo il mondo evangelico (e non) potrebbe sempre avere
un quadro completo ed esauriente anche sui rapporti ufficiali fra Stato e
Chiese di diversa denominazione; e
ciò anche per eventuali future intese. Con i migliori auguri per il 1987,
porgo cordiali saluti.
Italo Artus-Martinelli, Crema
PUBBLICITÀ’
SUL GIORNALE
Caro Direttore,
la scelta di mettere della pubblicità su un giornale evangelico è già
di per sé discutibile, ma quella apparsa sul n. del 5.12.'86 mi ha veramente colpito:
Strenne Natalizie
Pierre Robert Olivétan
La Bible
In tela L. 999.000
In pelle L. 3.000.000
Prezzo speciale fino al 31.12.'86
In tela L. 799.000
In pelle L. 2.500.000
Che esistano pezzi da collezio
ne, non si discute, ma che anche la
Bibbia arrivi ad essere considerata
oggetto da collezione a quei prezzi,
mi sembra molto grave. Ed è anche
grave che un giornale evangelico la
pubblicizzi.
Fraterni saluti.
Lidia Cicchese, Parma
E’ nata una bambina 2
La « manipolazione » dei processi genetici ampiamente praticata dalla scienza oggi, fa paura.
L’opinione pubblica è stata
particolarmente impressionata
dal fatto della « programmazione del sesso del nascituro », avvenuta recentemente. Ne abbiamo già parlato nel numero precedente del giornale e riprendiamo ora il discorso.
L’obiezione più comune contro la manipolazione genetica
si rifà o alla Provvidenza o alla Natura.
Coloro che si rifanno alla
Provvidenza pensano che sia la
possibilità di aver figli, sia il
sesso dei nascituri siano stabiliti da Dio; non si deve andare contro la volontà di Dio, non si può
penetrare nel mistero della sua
potenza e pretendere di alterare
l’equilibrio delle sue leggi.
Non ci si oppone alle « cure »
per combattere la sterilità, ma
ci si oppone sia alla fecondazione « in vitro », sia — e ancor
più — alla « programmazione
del sesso ». Le coppie sterili
possono ricorrere 'alPadozione
e riversare su bimbi abbandonati 0 orfani il loro affetto.
La Bibbia conferma questa
posizione? L’intervento di Dio
ci viene riferito in ben precise
circostanze; gli episodi più noti
sono la nascita di Isacco, di
Giuseppe, di Samuele e — nell’Evangelo di Luca — quella di
Giovanni il Battista. Sono tutti
casi speciali, legati all’adempimento della promessa di Dio
ad Abramo e a momenti particolari della storia di Israele. I
figli sono dono di Dio e uno dei
segni dei tempi messianici è questo: « Fa abitare la sterile in famiglia qual madre felice di figlioli » (Salmo 113; 9).
Ma si tratta proprio di « tempi messianici », di intervento liberatorio, perché Dio « rileva il
misero dalla polvere, e trae il
povero dal letame, per farlo sedere coi principi del suo popolo » (Salmo 113: 7-8). Non credo che queste affermazioni così solenni della Scrittura dispensino l’uomo dal ricercare i rimedi contro i mali di cui si parla.
Molto più debole è il riferi
mento alla Natura. Spesso c’è
un’idea idillica della Natura, come se tutto ciò che avviene senza l’intervento deH’uomo fosse
meraviglioso. Il quadro che la
ricerca scientifica ci dà dei fenomeni cosiddetti « naturali »
non è sempre così idillico. Nello
stesso concepimento la fantasia
può vedere una dura lotta, perché sono centinaia di milioni di
spermatozoi che si contendono
la possibilità di fecondare l’ovulo. Vince sempre il migliore?
E che dire di tutti i casi di malformazione o di gravi tare riscontrate nei neonati? Possiamo
proprio fidarci della «Natura»?
Vi è poi la « manipolazione »
dovuta al comportamento dell’uomo : la violenza, l’accoppiamento in stato di ubriachezza e
tanti casi del genere; è ancora
« Natura »? E’ « naturale » che
a una donna siano imposte 10,
15, 20 gravidanze? C’è proprio
da temere che il richiamo alla
« Natura » sia una forma di
evasione dai problemi reali.
Libertà e
responsabilità
Il problema delle inanipolazioni genetiche è essenzialmente
un problema morale, un problema personale e sociale di libertà
nella responsabilità.
Il richiamo alla « responsabilità » non piace a molti: anzitutto perché non si ha molta fiducia nella coscienza morale umana. Si sa che l’uomo tende a
trasformare ogni ritrovato della
scienza e della tecnica in occasione di profitto, di sopraffazione e di esaltazione del potere.
Ma la sfiducia nella responsabilità è dovuta anche al fatto che
taluni problemi interessano solo una minoranza (coppie sterili, genitori che, avendo già figli
di un sesso, desiderano averne
almeno uno dell’altro, ecc.) e
la maggioranza non vuol essere disturbata dai problemi altrui. Perciò si invoca la « Legge ».
Riteniamo che la società non
possa disinteressarsi dei problemi connessi con la manipolazione genetica, ma crediamo che la
cosa peggiore sarebbe una con
danna indiscriminata. Quando
lo Stato proibisce genericamente un fatto di costume, lo affida
alla criminalità, perché lo costringe alla clandestinità, dove
la criminalità regna. Lo Stato
deve difendere la libertà del
cittadino e combattere la criminalità in tutte le sue forine.
Molto più validi del codice
penale sono l’educazione, la retta e chiara informazione, il richiamo alla dignità umana e
alle responsabilità che gli atti
dell’uomo comportano per sé e
per gli altri: un franco dibattito vale molto più che un articolo di codice penale.
Teologia e scienza
Il problema della manipolazione genetica è molto serio ed impegna molto profondarnente sia
la scienza, sia la predicazione.
E’ molto importante che teologi
e scienziati si trovino insieme per
un esame serio, attento, aperto
e responsabile dei ridessi de^
scoperte scientifiche sulla vita
dell’uomo e della società, evitando quei contrasti che nel passato hanno privato la teologia
dell’apporto delle scienze e le
scienze dell’apporto della teologia: grande è la responsabilità
di tutte e due le discipline. Ma
la stessa opinione pubblica deve
assumere le proprie responsabilità per un’esatta informazione e per la creazione di un « costume » che abbia come norma
fondamentale il rispetto deil’uomo, il senso dei limite e, nello
stesso tempo, un giudizio sereno e critico nei confronti delle prospettive del domani. La
« fantascienza » può anticipare
scoperte del demani, ma può
anche preparare l’uomo a prevenire i pericoli e indirizzare
al meglio i risultati. Il messaggio biblico non ci mostra un
Dio geloso dell’intelligenza dell’uomc; al contrario, Dio è garante deH’intelligenza e della
libertà dell’uomo. La sua Parola
è guida e il suo Spirito è sostegno, ma anche giudizio, affinché
l’uomo, seguendo un mito di potenza, non crei la propria rovina. Per questo teologia e scienza devono camminare insieme.
Alfredo Sonelli
(L’articolo precedente è stato
pubblicato sul n. 3).
La decisione di qualche anno fa cti
avere pubblicità (limitata) è dovuta alla necessità di contenere i prezzi detVabbonamento visti i costi crescente.
Per quanto riguarda il prezzo delì-i
Bibbia di Olivetano giro la domami i
all'editore. (G.G.)
LA LIBERTA’ E IL
CASO SAKHAROV
I giornali e le fonti di informazione di questi ultimi tempi hanno largamente interessato la pubblica opinione, facendo sapere che lo scienziato russo Andre] Sakharov ha potuto finalmente rientrare dall esilio politico.
II suddetto intellettuale è staio
graziato dal capo di stato sovietico
Gorbaciov e così, dopo sette anin,
ha fatto ritorno nella sua patria. La
sua liberazione non è avvenuta unicamente per il suo malfermo stato di
salute ed i suoi meriti di padre (inventore) della bomba H, ma soprattutto
sembra sia attribuibile alla nuova svolta politica dell'Unione Sovietica (probabilmente per merito di Gorbaciov
che nutre idee riformiate ed innovatrici); il suo indirizzo sembra orientato
verso un socialismo democratico, pur
dopo un ferreo regime dittatoriale che
guida la Russia da oltre un cinquantennio. E questo potrà avverarsi se i sovietici si adegueranno ai tempi, dando
il via ad una vita democratica nel loro paese che però non è augurabile si
trasformi in democrazia degenerata,
come è avvenuto nel nostro Paese ed
in altre nazioni (dove la libertà è divenuta autentica anarchia, rovinando
soprattutto la gioventù e le istituzio
j I
Andrej Sakharov venne insignito del
Premio Nobel per i suoi alti meriti
scientifici e per i suol ideali di libertà, ciò che era in conflitto con il regime dittatoriale sovietico, per cui subì varie persecuzioni come dissidente,
cioè come oppositore di quel regime
totalitario; e dopo dovette andare in
esilio. Egli, però, amò sempre la
sua patria, nella stessa maniera in
cui gli stavano a cuore i suoi alti ideali che pose sempre al servizio della
scienza e del bene comunitario.
Ora, come trionfatore dei suoi nobili principi, ha potuto fare ritorno
a casa, con lo scopo di tenere alta
la bandiera della libertà e di lottare
per la liberazione di tanti prigionieri
politici che affollano le carceri ed I
campi di lavoro dello stato sovietico.
Infatti egli ha detto; « Torno per combattere! E lotterò con tutte le mie
forze per la libertà ed il rispetto dei
diritti umani! ».
La libertà, infatti, è il grande pilastro sul quale sono fondati tutti i
.diritti ed i doveri della società. Mancando questo grande ideale nei popoli, non è possibile avere giustizia
e benessere. Elio Giacomelli, Livorno
3
30 gennaio 1987
fede e cultura 3
14
fe
IN MARGINE A UNA CONVERSIONE DISCUSSA
UN SALMO DI LODE
Renato Guttuso
Gli inizi dell’attività pittorica - La comunione d’idee e ideali - L’autoironia - Un principe siciliano: tra colori e drammaticità
Attorno a Renato Guttuso, pittore, militante comunista e convertito, in extremis, al cattolicesimo, sono scesi in campo innumerevoli schiere di scrittori e giornalisti specializzati, o meno, nei fatti d’arte. Quasi tutti i mezzi di
comunicazione, da quelli classici
della carta stampata a quelli via
etere, italiani e stranieri, sono stati impiegati per rendere il meritato omaggio all’artista la cui vastissima opera, fin dai suoi giovanili esordi siciliani, portò il chiaro segno di quella volontà di affermarsi e di essere sempre capofila, che lo accompagnerà fino alla
morte.
Trovo estremamente difficile
scrivere di un grande artista, che
mi fu amico e compagno di lotta
per gli stessi ideali di fratellanza
sociale dei lavoratori di tutte le categorie.
Nell’immediato dopoguerra ci
ritrovammo a dipingere le mondine nelle risaie di Vercelli, con
moltissimi altri pittori, come noi,
carichi di speranza e propositi di
rinnovamento del vivere civile.
E poi ci rivedemmo a Roma
nelle periodiche convocazioni, in
via Botteghe Oscure, indette da
Mario Alicata, responsabile culturale del Partito. Ad una delle suddette riunioni, oltre ai critici d’arte delle varie redazioni dell’Unità
(De Micheli per Milano, Ricci per
Napoli, io per quella di Torino)
presero parte Paietta e Guttuso,
che pure partecipando e attentamente seguendo il discorrere dei
convenuti, come suo costume, prese a disegnare... disegnare... Disegnò per me una piccola composizione astratta che volle regalarmi e che ora ho sottomano per
leggervi la dedica: « A Scroppo
omaggio fraterno di Guttuso.
9.3.1964 ». Rammento che in quella stessa occasione trovò il tempo
di dirmi le parole seguenti: « Abbiamo molto in comune: 1) siamo
entrambi siciliani, 2) siamo pittori, 3) siamo comunisti, 4) debbo
dirti infine che da parte di mia
madre sono parente di Giuseppe
Fasulo, che per molti anni fu pastore nella chiesa valdese di Catania ». Per quest’ultima rivelazione il mio piacere fu immenso, perciò la notizia della sua conversione al cattolicesimo — di cui già
si dubita — mi ha amareggiato
quanto la sua morte inattesa. Però nella complicata personalità
del pittore non di rado affioravano confessati amori per la mondanità: nel ’68 egli era dentro il
Teatro della Scala di Milano, mentre gli studenti protestatari erano
fuori. Lo sfarzo barocco dei palazzi e delle chiese lo incantava.
Tutta la sua pittura del resto è
vibrante di un colorismo opulento, anche se associato a sinceri
contenuti drammatici. Non mi stupisce pertanto se durante le ultime
ore, che precedettero la morte,
abbia potuto decidersi per la ricca
teatralità del cerimoniale funebre
della Chiesa cattolica.
Mi vengono ancora in mente
alcuni suoi dipinti cuhisteggianti
accesi di colore e di cui egli
stesso rideva quando gli si diceva
che erano « pi/cassate siciliane»,
oppure se lo si chiamava « sf/Renato Guttuso », o « Il Tribuno Illustrato » ...per le facilotte raffigurazioni della realtà in nome della « buona pittura ».
Da qui il nostro dissenso sulle
sue anacronistiche valutazioni sulla pittura, Lionello Venturi e Argan in testa ad una folta schiera
UN LIBRO DA LEGGERE
Le ragioni della
obiezione di coscienza
L’obiezione di coscienza al servizio militare è tornata alla ribalta di parte dell’opinione pubblica a seguito delle reazioni ad
una circolare 5.6.1986 del Ministero della Difesa ed anche su
queste colonne recentemente sono stati segnalati i problemi insorti a seguito dell’assegnazione
a nostri istituti ed opere di obiettori estranei al nostro ambiente.
Una occasione per richiamare
l'attenzione sulla vasta tematica
deH’obiezione di coscienza in generale, nella prospettiva ancor
più vasta della costruzione della pace. Un contributo tra i più
completi al riguardo ci sembra
offrire il volume « Le ragioni
dell’obiezione di coscienza » edito dalle Ed. Gruppo Abele la
scorsa estate. In esso Rodolfo
Venditli, magistrato ed incaricato di diritto e procedura penale
militare nell’Università di Torino, in una lunga intervista rilasciata a Pietro Polito, rispondendo alle domande di delucidazione e talvolta provocatorie
dell’intervistatore, dà innanzitutto una testimonianza di credente (non saprei definirla altrimenti) di come egli sia pervenuto a centrare il proprio interesse di studioso sull’argomen
to: la descrizione di questo itinerario, per essere strettamente
collegata al contenuto dell'opera, ne rende, unitamente alla
forma discorsiva dell'intervista,
agevole e gradevole la lettura,
nonostante l’ampiezza della materia trattata. Si va, infatti, da
una breve storia dell’obiezione
di coscienza all’esame delle motivazioni religiose e laiche della
stessa; dalla disciplina lepslativa deirobiezione al servizio militare, con una critica al malgoverno fattone dai competenti organi, alle altre forme di obiezione: fiscale, sanitaria, professionale; dai fondamenti etico-giuridici di tali forme alle connessioni
con le tematiche del disarmo,
della nonviolenza, del concetto
stesso di democrazia. A ciò si
devono aggiungere i numerosi
riferimenti bibliografici, utili per
chi intenda approfondire alcuni
aspetti dei vari problemi. Un libro da leggere, sia per quanti
sono desiderosi di avere sull’argomento una informazione esauriente, sia per quanti si trovano direttamente impegnati — o
intendano impegnarsi — in questo campo.
Aldo Ribet
di artisti tra cui Birolli, Fontana,
Soldati, Prampolini, Veronesi...
per non citarne che alcuni.
Per contro altri critici di rilievo
internazionale lo consideravano
uno dei nostri massimi pittori. E’
di Cesare Brandi la non recente
affermazione: « Insieme ad Antonello da Messina Guttuso è stato
il più grande pittore siciliano ». A
lungo andare, quando gli elogi
non sono basse adulazioni, non
possono non aprire un varco anche nelle coscienze come quelle
dello scettico Guttuso; che ha finito col convincersi di essere un
principe della pittura e forse ricordandosi di una frase del « Gattopardo », « come un principe doveva morire con tanto di prete
accanto ». ,
Filippo Scroppo
Gesù
di Nazareth
La seconda edizione, uscita a
pochi mesi dalla prima ormai
esaurita, dimostra il notevole interesse per il libro del Fabris
docente di esegesi del Nuovo Testamento presso i Seminari di
Udine e Gorizia, che non è, come
pensano molti, un’altra storia o
una vita di Gesù, ma un bilancio
esauriente e dettagliato dell’indagine storico-critica condotta sui
testi evangelici in questi ultimi
trent’anni.
Dal Gesù degli illuministi, con
la storia della ricerca del Gesù
storico, da Reimarus a Bultmann,
sul genere letterario delle varie
« vite di Gesù », sulle fonti e sul
metodo, con specifico riferimento
ai criteri di storicità applicati ai
Vangeli.
La parte centrale comprende,
per ima maggiore conoscenza dei
testi, l’ambiente, rorigine e anche lo stato civile di Gesù. L’inizio del ministerio e l’annuncio
del Regno, che va sotto il titolo
di « progetto di Gesù » cui segue
l’attuazione del medesimo con le
varie prese di posizione sulle istituzioni legali, sul tempio, che ci
interessa in modo particolare come riformati, sulla teologia del
tempio. La sequela da parte dei
dodici, la missione, i miracoli, con
le varie implicazioni per cercare
di ricostruire un quadro attendibile dei miracoli. iDi grande attualità il capitolo sul dibattito su
che cosa rappresenti Gesù per gli
Ebrei, per i Musulmani, per gli
atei e per i... cristiani. Se è vero che né la storiografia, né l’esegesi scientifica possono fondare
la fede in Gesù Cristo, tuttavia
una seria applicazione del metodo storico-critico pone in risalto
l’enigma di Gesù di Nazareth.
Ogni persona che cerca onestamente il senso della propria vita,
deve prendere posizione nei confronti di Gesù, perché Egli sta
dentro alle nostre vicende umane
come un interrogativo e un indicatore che può rinnovare le nostre esistenze dando loro un senso e un significato.
Unico neo di un libro veramente interessante e che offre spunti
di riflessione è l’appendice prima
sul tema controverso dei fratelli
di Gesù.
M. Castellani
Tu hai fissato la mia via
Quando osservo me stesso
e guardo la mia mano
o allo specchio il mio volto o la mia figura,
io so: sei Tu che hai fatto tutto questo.
E' una buona cosa, saperlo.
Non so questo: cosa mi sia successo quand’ero piccolo,
quando non sapevo ancora camminare e parlare.
Né so come fu
che crebbi nel grembo di mia madre.
Anche questo l'hai fatto Tu.
Io sono sorto dai tuoi buoni e grandi pensieri.
Dammi profondo rispetto nel mio cuore e nei miei pensieri,
profondo rispetto davanti al seno
in cui mia madre mi ha portato,
e profondo rispetto davanti ai tuoi pensieri pieni di mistero.
Ecco, io desidero ringraziarti per tutto
ciò che mi hai dato,
per il mio corpo, per lo spirito e l’anima,
per la mia destrezza e la mia forza sana.
Vorrei ringraziarti per molte altre cose ancora.
Ti ringrazio perché sei Tu che hai fissato la mia via
e non il caso, non le stelle
che la gente intorno a me interroga,
neppure il potere straniero
che chiamiamo destino.
Ti ringrazio per ogni giorno che io vivo,
perché mi viene dalla tua buona mano.
Ti prego, mio Dio,
aiutami a non compianger me stesso
perché non ho la capacità, o la bellezza
o la salute che altri hanno.
Voglio essere riconoscente perché mi hai fatto
così come sono,
voglio essere riconoscente e renderti lode.
(Libera trasposizione del Salmo 139: 13-17
di Jörg Zink, Womit wir leben können,
Kreuz-Verlag 1963)
Moratoria dei dialogo
(segue da pag. 1)
tolici, e frati domenicani che affermano, con Lutero e Kàsemann, che il centro dell’Evangelo
è la giustificazione per grazia.
Con questo pontificato, tuttavia, caratterizzato da aperture di
360“ a tutte le religioni del mondo!, ma anche da ottuse chiusure
nel campo dell’etica, della teologia, dell’ecclesiologia, è difficile
definire chiaramente l’identità
della chiesa cattolica. Si ha l’impressione di trovarsi di fronte a
molti cattolicesimi. Ora prevale
quello di un tipo, ora quello di
un altro. Qual è quello vero? Tutti e nessuno. Questo vuol dire,
però, che, nel dialogare, dobbiamo capire chi è l’interlocutore
che ci sta di fronte ed evitare
quindi di fare d’ogni erba un fascio. Si rischierebbe in tal modo
di penalizzare quelle persone o
quelle correnti più aperte. La proposta di una « moratoria ecumenica », tuttavia, al di là dell’occasione poco opportuna, dei modi
in parte scorretti, e forse anche
della sua sostanza improponibi
le, esprime un’inquietudine che
attraversa oggi la cristianità riformata, ma non solo. E’ infatti
attesa con curiosità, ma anche
con timore, la prossima enciclica
su Maria annunciata dal Papa
con un certo rilievo nel suo discorso del 1“ gennaio. Che cosa
conterrà di nuovo? Certi segnali
fanno ritenere probabile che in
essa vi sarà la proclamazione di
un nuovo dogma mariano e che
la mariologia diventerà un elemento discriminante della fede:
un punto della confessione di fede. In tal caso si chiuderebbe il
cammino, iniziato molto tempo
fa, ma che ha avuto come un’accelerazione in questo ultimo secolo, di una progressiva sostituzione della figura del Cristo con
quella di Maria. Se così dovesse
essere si aprirebbe per noi, ma
anche per le sorelle e i fratelli
della chiesa cattolica, un momento molto difficile. I prossimi mesi
potrebbero essere decisivi per
comprendere dove va il cattolicesimo e quindi anche il dialogo
ecumenico. Luciano Deodato
’ Riccardo Fabbi.s. Gesù di Nazareth. Storia e interpretazione, Cittadella Editrice, Assisi 1983, pp. 406
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4
4
ecumenismo
30 gennaio 1987
CONVEGNO FCEI-COM NUOVI TEMPI
Quale ecumenismo?
Nelle situazioni concrete, pur fra molti rischi, si sperimentano forme di comunione a volte più profonde di quelle delle singole chiese
« Ccm-nuovi tempi » col 1987
si qualifica come « quindicinale ecumenico di fede, politica,
vita quotidiana».
Sul nuovo aggettivo assunto
nel sottotitolo, la redazione del
giornale e la FCEI hanno organizzato a Roma un convegno nei
giorni 17 e 18 gennaio. Convegno che ha evidenziato le « ambiguità, le speranze e i problemi
dell’ecumenismo », con i quali
sia il giornale che la FCEI si
dovranno senz’altro confrontare.
Accanto alla partecipazione al
movimento ecumenico nelle sue
manifestazioni teologiche ed ecclesiali, negli ultimi decenni
molti cristiani sono giunti all’ecumenismo a partire dalle lotte di liberazione, ha osservato
José Ramos Regidor.
In questo impegno molti hanno sperimentato una comunione
più profonda di quella vissuta
all’intemo della propria denominazione ecclesiale, anche se
non sono mancati i rischi. Mentre infatti i cristiani conservatori hanno rischiato di identificare il Regno di Dio con l’istituzione-chiesa, i cristiani rivoluzionari hanno rischiato di identificarlo con la rivoluzione e con
l’avventc di una società rinnovata.
Ecumenismo
e liberazione
to caratterizzato dalla cattolicità, e nel secondo dalle divisioni, ritrovi ora il coraggio di essere ai servizio della destabilizzazione e di un progetto di nuova cattolicità, capace di accogliere anche ciò che le confessioni cristiane hanno prodotto
durante la loro lunga divisione.
Verso un ecumenismo
autentico
Una via di recupero deH’autenticità dell’ecumenismo potrebbe
essere la « correzione fraterna »
fra le chiese, ha indicato Giovanni Franzoni.
La ragione teologica della correzione fraterna è il fatto che
la vita interna di ima chiesa, proprio per la sua ricerca di comunione con le altre, e non di semplici rapporti di «buon vicinato », coinvolge in qualche misura nelle sue vicende anche la
vita interna delle altre chiese.
Sul piano pratico, Franzoni
ritiene ad esempio che le Chiese
Lo stesso Robert Runcie ha
detto: « Dopo rincontro di Assisi, le altre grandi fedi guardano al papa come al principale
portavoce del cristianesimo ».
Il principale, naturalmente,
non significa il più vero. Tuttavia, voci vaticane approfittano
di questa centralità politica per
tentare una ipotesi ecumenica
centrata sul papato.
Così scriveva sull’« Osservatore Romano » del 19 gennaio il
Segretario del Segretariato per
i non cristiani. Padre Marcello
Zago: «Assisi simbolizza la missione che ha la chiesa di favorire l’unità che è valore altamente evangelico e che è scopo
del dialogo ecumenico e interreligioso. Il papa che invita,
che accoglie, che cammina insieme, che siede al centro del
semicerchio, esprime bene tutto
questo ».
Quello che P. Zago esprime
a livello di immagine, su « La
Civiltà cattolica » del 17 gennaio viene proposto come tesi
teologica, nel contesto di un
discorso più ampio su Chiesa
Tuttavia, il cristiano rivoluzionario non sacralizza la prassi
rivoluzionaria, per cui vede facilmente l’inadeguatezza di ogni
progetto politico rispetto al Regno.
D’altra parte, il Cristo liberatore è anche il Cristo riconciliatore, ha osservato Paolo Ricca.
Per cui, se c’è un legame fra
imità e liberazione, esiste anche
un rapporto fra unità e riconciliazione.
Ma nella pratica avviene che
spesso il desiderio di definire
l’unità spenga il desiderio di essa. Questo avviene quando più
che desiderare l’unità, si evita,
concretamente, di operare per
la sua costruzione, o si usano i
criteri propri di una confessione
cristiana per giudicare la rispondenza delle altre alla Chiesa voluta da Gesù Cristo.
I dialoghi ecumenici tuttavia
non sono inutili, perché hanno
permesso di vedere con rm’ottica
più ampia ciò che prima era
sperimentato e vissuto come alternativo dalle chiese.
I dialoghi hanno rivelato però
anche le contraddizioni del movimento ecumenico. Hanno dimostrato che le grosse realtà
ecclesiastiche hanno sempre
prevalso sulla novità della Parola di Dio, e la tendenza a dare giustificazioni teologiche (più
o meno plausibili), a realtà ecclesiali già consolidate nella tradizione, e proprio in forza di questo fatto più che per la loro
obiettiva giustificabilità teologica.
Sempre sul terreno ecclesiale,
si è registrata la volontà di non
affrontare i problemi più scottanti che riguardano l’etica (eutanasia, ingegneria genetica,
ecc.) e la tendenza a dialogare
con l’intenzione di indurre le
altre confessioni ad accettare le
proprie posizioni, anche se discutibili. Ancora più grave è il
fatto che dai dialoghi ecumenici siano stati esclusi i poveri
e il Terzo Mondo, che pongono
il problema delle sempre nuove
inculturazioni del cristianesimo
e della liberazione.
E’ da auspicare perciò che il
cristianesimo, che ne] primo
millennio della sua storia è sta
La risoluzione
suli’ecumenismo
Ci rallegriamo per le possibilità di collaborazione e di dialogo che si
vanno sviluppando fra i cristiani di diverse confessioni e ci auguriamo
che collaborazione e dialogo possano essere continuati e approfonditi
coinvolgendo le realtà di base del mondo cristiano, le chiese locali e le
associazioni, tenendo maggiormente conto delle loro esigenze di comprensione. di concretezza e di partecipazione. Prendiamo altresì atto con
perplessità della proclamazione dell’Anno Mariano, avvenuta senza una
consultazione ecumenica preliminare, in quanto essa viene a sottolineare
uno dei punti fondamentali del dissenso tra cattolici e protestanti. Domandiamo perciò alle chiese ed organizzazioni confessionali Impegnate in
dialoghi con la chiesa cattolica romana di studiare la possibilità di indire, per la durata dell'Anno Mariano, una moratoria dei dialoghi ufficiali e degli incontri di vertice approfondendo al tempo stesso il significato
della figura di Maria nella teologia e nella storia ecclesiastica, anche
in relazione alla posizione della donna nella chiesa.
evangeliche avrebbero dovuto
prestare attenzione ai segnali dì
allarme lanciati dalle Comunità
di Base, a proposito di alcuni
eventi interni alla Chiesa cattolica, come le conseguenze del
nuovo concordato, il ruolo del
papato dopo Assisi, ecc.
Da constatazioni come queste,
nell’ambito del convegno è stata
richiesta una moratoria ai dialoghi ecumenici durante il prossimo « Anno mariano », perché,
come ha precisato ancora Franzoni, « non si può celebrare
una comunione che non esiste ».
La moratoria costituisce anche una critica ad un ecumenismo di protagonismo, che impedisce un rapporto paritario
fra le chiese, e una critica ancora più esplicita a quel « doppio gioco » che accentua una cosa nei fatti interni di una chiesa, e un’altra nei dialoghi con
l’esterno, come ha osservato
Giorgio Girardet.
Una proposta di moratoria
inoltre permetterebbe di fare
chiarezza su alcuni tentativi
vaticani di ricostruire attorno
al ministero papale una ipotesi di unità delle chiese.
cattolica e Riforma: « Un’ultima
rifiessione sui più recenti orientamenti del dialogo tra cattolici
e protestanti. Mentre i temi dei
sacramenti e del ministero ordinato conducevano piuttosto
alla valorizzazione della chiesa
locale, punto di partenza dell’ecclesiologia ecumenica, ora
pare emergere e imporsi una visione più ampia, che guarda alla
Chiesa come totalità. Ciò risulta
innanzitutto dalla crescente attenzione, a tutti i livelli, per il
tema dell’ecclesiologia di comunione e, al suo interno, del rapporto tra le varie chiese locali,
la cui comunione complessiva
cum Petro et sub Petro dà appunto la ’’cattolica” ».
Partire dai
nodi centrali
Un ecumenismo
centrato su Roma?
Questo si è verificato soprattutto dopo che la giornata di
preghiera per la pace dello scorso 27 ottobre, e il Sinodo della
Chiesa d’Inghilterra dello scorso novembre hanno rilevato il
ruolo politico crescente del papato sulla scena internazionale.
LA SCOMPARSA DI CASALIS
Un testimone audace
dell’evangelo
Alla fine degli anni '70, non ricordo in quale incontro, Georges
Casalis mi diceva: « Abbiamo
fatto le nostre lotte per cambiare la società e la chiesa; sapevamo di poter essere sconfitti e lo
dicevamo anche. Ora però dobbiamo fare i conti proprio con
la realtà di quello che allora,
forse con una punta di civetteria, dicevamo di prevedere ».
Georges Casalis uno sconfitto?
Ci rifletto da quando mi è giunta notizia della sua morte improvvisa a Managua, il 15 gennaio. Sconfitto? Può darsi, se
per vittoria intendiamo i riconoscimenti ecclesiastici o politici; sicuramente è stato un uomo scomodo, che non tutti erano sempre disposti a invitare.
Ma i giudizi della storia, come
sempre, ci sfuggono. Del resto
sono irrilevanti per chi, come
Georges Casalis si era posto in
una dimensione, che è anche la
nostra, in cui non sono i risultati
che contano, ma la testimonianza. Ecco allora Casalis testimone deH’evangelo, in una intensa
carriera di teologo, pastore, protestante e cristiano: un uomo
simbolo di quella generazione
della chiesa confessante che non
si è fermata al 1945, ma che ha
continuato a reinterpretare di
volta in volta le sfide che la storia poneva alla coscienza cristiana: per chi ama le etichette, un
uomo della sinistra barthiana;
ma Casalis non amava le etichette e neppure in quella collocazione si sarebbe sentito a
suo agio: penso al suo ultimo
libro pubblicato in Italia, « Le
idee giuste non cadono dal cielo », che difficilmente potrebbe
essere considerato un puro sviluppo del pensiero di Barth.
Pensando a Casalis ripercorro la storia dell’Europa e del
mondo degli ultimi 40 anni, e
nei punti cruciali ritrovo Casalis, ad Agape e nella Conferenza
cristiana della pace, nella solidarietà con gli studenti del '68
e nella opposizione all’invasione
della Cecoslovacchia; a Nuovi
Tempi e con i Cristiani per il
socialismo, nella Lega per i diritti dei popoli e nella critica
degli ultimi anni ad un movimento ecumenico sempre più
coinvolto nei giochi di potere
delle grandi organizzazioni ecclesiastiche.
Il convegno di Roma, naturalmente, ha espresso una posizione critica e decisa nei confronti di questo progetto ecumenico, e ha battuto altre strade.
Fra le altre, ne cito una: l’attenzione da prestare alla questione ebraica e ai « cristiani
senza chiesa ».
Filippo Gentiioni, che ha dato
questa indicazione, ha detto fra
l’altro: « La questione ebraica
è ia questione dei cristiani e
delle chiese. Bisogna partire da
Auschwitz per ritrovare la possibilità di un dialogo in profondità, e per apprendere nuove
possibilità dì operare, oggi, una
nuova lettura della Bibbia».
Cesare Milaneschi
stanti insieme). Quando TURSS
pose fine alla primavera di Praga e volle imporre la sua normalizzazione alla Conferenza cristiana della pace, Casalis fu tra
i primi e più energici a protestare e ad uscirne poi pubblica
mente e rumorosamente: fino ad oggi non era stato ria
bilitato. Venne poi il documento delle chiese protestanti
francesi « Eglise et pouvoir »
di cui era stato uno degli ispiratori, ohe denunciava le col
lusioni delle chiese, anche pro
testanti e minoritarie, con il
potere. Fu poi la volta della
« scoperta » di Fernando Belc,
allora in esilio in Francia, e de!
suo contributo a far pubblicare
e far conoscere la sua « Lettura
materialista del vangelo di Marco ». Fu anche la volta della combattiva partecipazione alla TOB,
la traduzione ecumenica della
Bibbia in Francia. Nella solidarietà con le comunità di base
il suo orizzonte si è poi allargato ad una dimensione mondiale:
negli ultimi anni è stato diviso
fra l’Europa, alla quale continuava a dare il suo contributo
di pensiero e di stimolo come
professore di teologia a Strasburgo e a Parigi, e una crescenit;
solidarietà con il terzo mondo,
in particolare con l’America latina.
E’ morto a Managua nel corso di uno dei suoi frequenti seminari teologici per la formazione cristiana in una società
emergente come quella del Nicaragua, dove simbolicamente
si sono concluse le sue lotte.
Così abbiamo visto Casalis
presente nei punti caldi, fino al
giorno della sua morte. Ci mancheranno i suoi campanelli d’allarme, che tante volte hanno
suonato per una chiesa sempre
troppo pronta a sedersi e a guardare a se stessa con autocompiacimento. Subito dopo la guerra, pastore a Berlino, francese
e protestante, riannodava i legami ecumenici interrotti dalla
guerra; ma al tempo stesso denunciava la buona coscienza con
cui i vincitori criminalizzavano
gli sconfitti. Poi in Francia venne la guerra d’Algeria e fu impegnato e fece impegnare nella
resistenza militante contro quella guerra coloniale e i suoi metodi di tortura. Fu tra i primi a
riaprire alle chiese dell’est europeo, nella Conferenza cristiana
della pace, di cui divenne uno
degli uomini di spicco; negli
stessi anni, nel movimento ecumenico, era fra gli animatori di
quel gruppo che proponeva una
riforma della chiesa basata su un
orientamento missionario che
puntasse sulla piena responsabilità dei laici («Vers une Eglise pour les autres »). Pochi anni
dopo fu tra i non molti uomini
di chiesa ad entrare in modo attivo nel movimento del ’68 (non
possiamo dimenticare la S. (iena
comune, « selvaggia » della Pentecoste 1968, cattolici e prote
Tutta la sua opera è stata accompagnata da una riflessione
teologica acuta, non convenzionale, spesso caustica; anche i
suoi libri sono stati atti di testimonianza e spesso di battaglia. Questa è forse la più bella
cosa che si possa dire di un teologo vero.
Pensionato, aveva scelto di dividere le sue energie fra la cura di uno degli alti luoghi della
storia euronea e protestante, il
museo di Calvino a Noyon. la
città natale del riformatore, dove abitava, e il Nicaragua e il
terzo mondo, dove negli ultimi
anni aveva messo il suo cuore
e le sue speranze. Un uomo ponte, un invito a tutti noi europei
ad essere così dei ponti fra il
vecchio e il nuovo.
Gli storici potranno classificare Casalis fra gli uomini del
rinnovamento profetico della
chiesa cristiana, dopo Barth,
certamente, e accanto a Barth;
uomini come Niemoeller, Hromadka, Goliwitzer, Iwand, Kloppenburg, Martin Luther King;
ma vicino anche ai teologi cattolici della liberazione, fra i quali il nostro Giulio Girardi. A noi
queste classificazioni interessano
poco. Pensiamo invece con affetto alla moglie, Dorothée Thurneysen, ai tanti compagni noti o
sconosciuti di lotte che perdono
in Georges Ca.salis un amico e
un compagno e una fonte di stimolo e di ispirazione.
Giorgio Girardet
5
30 gennaio 1987
ecumenismo 5
CONVEGNO ECUMENICO SULLA DIACONIA DELL’ANNO 2000
Diaconia,
cooperazione, sviluppo
Il divario tra paesi ricchi e poveri - Le nuove masse di schiavi Occorre mutare con urgenza gli attuali modelli economici di sviluppo
Per ri-formulare e precisare la
impostazione della testimonianza
resa attraverso la diaconia ed il
servizio, a vent’anni dal convegno
di Swanwick (Inghilterra) che aveva delineato le sue attuali linee
operative il CICARWS (Comitato
di aiuto reciproco fra le chiese
e di assistenza ai rifugiati) ha
promosso un secondo grande incontro dedicato ai temi dello sviluppo, della distribuzione delle
risorse, della cooperazione nei vari paesi in cui operano e testimoniano le chiese che fanno parte
del Consiglio Ecumenico. Oltre
300 responsabili di chiese ed operatori di base nell’ambito dei servizi e della diaconia, lavorando
insieme per una decina di giorni,
hanno cercato di fare il punto
della situazione e di formulare
una strategia di servizio che, tenendo conto dei continui mutamenti della situazione internazionale, possa servire da filo conduttore per gli impegni operativi da
realizzarsi nei prossimi anni.
A Marco Jourdan, che era fra i
partecipanti, abbiamo rivolto alcune domande suH’impostazione
e gli esiti di questo incontro.
— Puoi spiegarci i criteri di
partecipazione e la composizione
di questo convegno?
— Sono stato invitato all’incontro di Larnaca come operatore di base nel settore della diaconia. Con me, per il nostro paese,
ha partecipato anche Toti Bouchard come segretaria del Servizio di Azione Sociale della FCEI.
Il nostro caso rispecchia, in fondo, lo schema con cui sono stati
scelti i partecipanti; resiponsabili
di servizi o di chiese ed operatori di base insieme ad un nutrito
gruppo di membri dello staff ecumenico con il compito di funzionare da collegamento fra le varie
esperienze « nazionali » e da coagulo delle istanze operative che
ne potevano derivare. In tutto
erano presenti oltre 100 nazionalità con esperienze estremamente
diverse ed assai ricche ed intense nei vari aspetti in cui le chiese vivono la loro diaconia. Basti
pensare all’impegno cui sono
chiamati i credenti di paesi come
il Nicaragua, il Sud Africa o la
Nuova Caledonia, tanto per fare
degli esempi. Non mancavano
poi anche gli invitati appartenenti ad altre fedi — Islam, buddismo ecc. — che condividono sovente, come per esempio nel Sahel, i programmi di intervento
del Consiglio Ecumenico.
— I lavori sono stati in un certo senso canalizzati oppure è stato possibile seguire uno schema
libero?
— Ai partecipanti erano già
stati distribuiti in anticipo dei
desumenti preparatori. Nei primi giorni del convegno si è dato
anche ampio spazio ad alcune relazioni, e controrelazioni, destinate a fornire una base di partenza
ricca di elementi in comune su
cui lavorare per un’analisi ed una
proiezione dei bisogni e delle risorse disponibili. Particolarmente seguita è stata la relazione del
Dr. Adebayo Adedeji, anglicano
della Nigeria e vice-segretario
delle Nazioni Unite. Egli ci ha
fornito i dati agghiaccianti ma,
purtroppo, reali di un progressivo deterioramento delle relazioni
internazionali, dell’acutizzarsi del
divario fra paesi poveri e paesi
ricchi con forme di sfruttamento
e di indebitamento sempre più
difficili da contenere. Anche le altre relazioni hanno sottolineato
la crescita, all’interno di ogni paese, del livello delle tensioni sociali provocate dalle discriminazioni
di razza o di fede, dai criteri del
profitto che non si arresta di
fronte ai bisogni elementari delTuomo ed hanno ricordato le
masse sempre più numerose di
diseredati, di profughi, di « nuovi
schiavi » che gli attuali ordini economici e politici stanno provocando. I dati e gli elementi di valutazione forniti dalle relazioni
introduttive sono risultati essenziali soprattutto per chi, come
me, non disponeva di una sufficiente esperienza operativa a livello intemazionale ma non credo che abbiano in qualche modo
canalizzato il proseguimento dei
lavori: troppo ricche erano le
esperienze personali di molti dei
partecipanti per lasciarsi tentare
da conclusioni affrettate. Piuttosto mi è parso invece che la predicazione iniziale del Segretario
Generale del Consiglio Ecumenico, il pastore metodista latinoamericano Emilio Castro, sia stata un costante riferimento, un
« denominatore comune » durante tutta la durata dei lavori. Emilio Castro ha ricordato che la
croce di Cristo è il punto di partenza per una diaconia cristiana
perché « ha creato una nuova
realtà »; la chiesa non può quindi
essere luogo di incontro di « eletti » o «privilegiati » ma « centro
propulsore di iniziative che infondano benedizioni all’intera comunità ». E’ con questo spirito
che, mi pare, si sono affrontati i
lavori veri e propri.
— Come è stato possibile allora conciliare esperienze così diverse, superare le barriere di lingua e di cultura, la diversa niaturazione dei problemi? Quali sono stati i momenti più significativi del convegno?
— Per cercare di superare, almeno in p>arte, le barriere che oggettivamente si presentavano si
è cercato di procedere alternando
le assemblee plenarie ad incontri
regionali e dedicando diversi
giorni agli incontri di gruppo.
Molti hanno comunque dovuto
rinunciare ad una parte della loro identità dovendo usare, per
es., la lingua dei loro « colonizzatori » in quanto, per esigenze tecniche, tutte le comunicazioni avvenivano esclusivamente in 4 o 5
lingue « europee ». I gruppi di
lavoro — 10-12 persone con affinità linguistiche e con nazionalità ed esperienze invece estremamente diverse — sono stati i veri punti di riferimento e di elaborazione del lavoro. Già, inizialmente, la volontà di conoscersi
e l’esigenza di avviare un piano
di lavoro unitario hanno stabilito un confronto che non poteva
essere soltanto formale. Nell’ambito dei gruppi ciascuno ha potuto trasmettere le proprie esperienze e constatare come situazioni apparentemente molto diverse avessero invece elementi
essenziali in comune. Dai contatti personali che questo criterio
ha provocato si è andata sviluppando una nuova disponibilità all’ascolto dei bisogni del prossimo ed il concetto di cooperazione e di ridistribuzione delle risorse ha assunto — a detta di molti
per la prima volta in quel contesto — un aspetto di relazione fra
eguali in cui, per risorse, non si
intendeva più soltanto un insieme di beni materiali da condivi
dere ma anche una cooperazione
spirituale che trova ciascuno nella condizione di dare e di ricevere al tempo stesso.
Per esemplificare, si può dire
che chi ha ricevuto e riceve contributi per il proprio sviluppo o,
sovente, per la stessa sopravvivenza della propria popolazione,
ha scoperto di poter anche dare
in coerenza di testimonianza e ai
fede ed ha acquisito un nuovo
ruolo e una più consapevole dignità. Chi invece è in grado di
contribuire ha dovuto constatare
che sovente, nel suo contesto, ad
una disponibilità di mezzi si contrappone una caduta di spiritualità ed una indifferenza che vuota le chiese. Riscoprirsi quindi
fratelli bisognosi gli uni degli altri, e di qui Lintensità dei rapporti personali che ne sono derivati, mi nare sia stato uno degli elementi più significativi dell’incontro.
— Quali sono state le conclusioni? Non ti sembra che vi sia il
pericolo, nel caso di incontri così ampi, che si facciano delle valutazioni troppo generiche che
comprendono tutto ma che hanno poi poca efficacia sul piano
locale?
— Quello di trarre le conclusioni è stato proibabilmente il compito più difficile. I gruppi, lavorando su sette argomenti evidenziati nel corso di una prima verifica hanno prodotto una serie
di documenti su: testimonianza
della chiesa locale, preparazione
della chiesa di fronte aH’awento
del terzo millennio, impegno per
una diaconia globale al servizio
non solo della cristianità ma dell’umanità tutta, funzione profetica della diaconia, localizzazione
dell’attenzione sulla persona n
quanto elemento base di trasformazione, sviluppo di nuovi modelli di condivisione dei beni materiali e spirituali, i rifugiati come specchio e conseguenza dei
mali deirumanità: sfruttamento,
violazione dei diritti umani, emarginazione e violenza. Questi
documenti possono costituire
una base per un approfondimento della ricerca sul piano locale
e, per gli elementi che contengono, rappresentano un collegamento fra riflessioni che si possono
sviluppare in ambienti e condizioni diverse. La « Dichiarazione
di Larnaca » è invece un documento che si propone di portare
un messaggio diretto, un appello,
alle chiese, al popolo dei credenti affinché si comprendano i pericoli cui si va incontro seguendo
gli attuali modelli economici e ai
sviluppo e si riacquisti la certezza che solo ponendo Iddio al centro della Creazione e vedendo in
ciascuno dei nostri interlocutori
il nostro prossimo abbiamo una
possibilità di sopravvivenza.
Certo il pericolo di essere generici e quindi poco incisivi nelle
realtà locali e specifiche esiste
ed è reale ma forse, più ohe dai
documenti, è sul piano dei rapporti personali che possiamo accettare questa sfida e cercare di
vincerla. « Riscoprire » il nostro
prossimo, confrontarci, dialogare
con lui ci costringe ad essere concreti e non astratti o generici ma,
credo, la nostra concretezza, la
nostra « dimensione di servizio,
di diaconia » deve essere alimentata ogni giorno e le occasioni,
di certo, non mancano neanche
da noi!
A cura di Luciano Deodato
TULLIO VINAY RICORDA UN AMICO
Georges
Richard - Molard
Pastore, giornalista, membro della Resistenza
seguì con passione l’avventura di Agape eRiesi
Alla fine dello scorso dicembre è morto Georges RichardMolard, personalità ecumenica
di primo piano del protestantesimo francese e grande amico
della Chiesa Valdese soprattutto
per quel che concerne Agape ed
il Servizio Cristiano di Riesi al
quale aveva dedicato, insieme alla moglie Claude (segretaria fin
dall’inizio degli amici francesi
del Servizio Cristiano) molta
parte delle sue riflessioni teologiche e del suo attivo impegno
nell’opera deH’informazione. Con
la moglie Claude era una sola
persona tanto da essere una coppia pastorale esemplare, cosicché quel che si ricorda di lui è
anche di lei in ogni opera, in
ogni dibattito, in ogni pubblica
o privata manifestazione. Il messaggio dell’agàpe di Cristo era
al centro del loro pensiero, di
lui e di lei, in una unità tale da
essere parola unica. Ricordare
Georges Richard-Molard è oggi
non solo un atto di amor fraterno, ma anche testimonianza
dovuta alla sua azione efficace
nei molti settori della vita ecclesiastica confessionale ed ecumenica, oltreché testimonianza di
una vita di credente aperta a
tutti i problemi del tormentato
mondo di oggi, mondo campo
della sua predicazione.
Nacque a Tunisi T8 agosto
1918, ma ha vissuto sempre in
Francia. Mentre faceva i suoi
studi teologici a Montpellier era
tempo di guerra ed egli, mobilitato prima nell'esercito francese,
col crollo di questo sotto l’invasione nazista, partecipò alla resistenza, come esponente di primo piano, in situazioni difficili
e pericolose. Alla fine della guerra si sposò con Claude Westphal,
figlia del Presidente della Federazione Protestante di Francia,
Charles Westphal. Da essa ebbe
cinque figli. Da giovane pastore,
oltre al suo lavoro parrocchiale,
è assolutamente rimarchevole la
fondazione del Centro di Nouvion che, come Agape in Italia,
raccoglierà durante molti anni
migliaia di persone di ogni orientamento per dibattere con alte
personalità i problemi della chiesa e della società. Nel 1959 è
chiamato a Parigi dove collabora con « Réforme » ed è al tempo stesso impegnato nel settore
dell’informazione. Dal 1961 crea
In difesa
della vita?
Domenica 1® febbraio le diocesi italiane celebreranno la ’Giornata per la vita’.
Sull’argomento, allargando lo
sguardo, interviene anche la
Conferenza episcopale italiana
che afferma: « E’ necessario che
quanti hanno a cuore la causa
della vita si impegnino a rinnovare la mentalità comune nei
confronti della sessualità e della
procreazione, della vita affettiva,
del matrimonio e della famiglia »!
Seguono, infine, alcune affermazioni illustranti la necessità della comunione totale tra gli sposi e tra genitori e figli.
E’ sempre impressionante leggere la lezione di vita familiare
e di rapporto con i figli da parte
di chi non può e non vuole vivere in prima persona I’« avventura della famiglia », insegnando
agli altri ciò che, nella sostanza
delle cose, respinge a livello di
esperienza personale.
Insomma, da che pulpito viene
la predica? G. P.
e dirige il Bureau d’information
Protestant (B.I.P.); nel 1964 crea
il Dipartimento deU’Informazione della Federazione Protestante di Francia (stampa, televisione, edizioni, centri di documentazione). Tutti questi incarichi
lo fanno uscire dal quadro protestante francese per partecipare ad assisi mondiali come quelle del Consiglio Ecumenico, delle sessioni del Vaticano II, delle
assemblee africane, ecc.
E’ stato anche eletto Presidente dell’Associazione Nazionale
degli Informatori Religiosi della stampa francese e di grande
numero di Comitati importanti
e di iniziative francesi ed internazionali.
Sono senza numero gli articoli da lui scritti per riviste e
giornali (anche quotidiani di primo piano), per Enciclopedie e
Collane di editori vari. Per limitazione di spazio ci limitiamo a
ricordare i libri da lui scritti:
La pédagogie janséniste (1945);
Poèmes à huit variations (1952);
Un Pasteur au Concile (1964);
L’hiver du Vatican II (1965); Oui
et non (1966); La dignité du mariage, D’une guerre à l’autre
(1967); Cristophe ou la foi d'un
enfant du siècle (1969); Chrétiens vers l’an 2000 (1972); Chrétiens face aux pouvoirs et à la
justice (1972); Le Protestantisme: hier-demain (1974); Le Bataillon de paix (1974); Riesi ou
la force de l’Agapé (1976); Avec
les prostituées (1976); Le troisième peuple (1977).
E’ duro pensare che una vita
così ricca di frutti, di partecipazione, di testimonianze si sia
spenta. Resta la certezza della
promessa di Cristo della resurrezione e della vita nuova e, sul
piano semplicemente umano, resta il fatto che la testimonianza
di Georges Richard-Molard vive
nei suoi scritti, nelle persone
che lo hanno conosciuto, nella
moglie che continua l’opera sua.
A lei ed ai figli noi diciamo la
nostra riconoscenza ed il nostro
affetto.
Chi legge o leggerà le opere
di Georges Richard-Molard si
renderà agevolmente conto della grandezza del suo animo e
della sua viva partecipazione ai
grandi problemi del mondo. Personalmente ho avuto il privilegio di molte occasioni di contatto con lui e con la sua signora e di esserne stato sempre
molto arricchito sia intellettualmente che spiritualmente. Di ciò
rendo commossa gratitudine al
Signore.
Tullio Vinay
6
6 prospettive bibliche
30 gennaio 1987
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ALL’ASCOLTO DELLA PAROLA
UNA STORIA DI SPIE
GIOSUÈ’ 2
1.1. Lucilla:
Davvero strana questa storia
di Rahab, la prostituta di
Gerico che aiuta le spie di
Israele penetrate nella città.
Ci sono tutti gli ingredienti di un
giallo ambientato nei tempi antichi;
le spie, l'àmbiente ambiguo, un vero porto di mare, della casa di
Rahab, la perquisizione degli uomini del re, che non porta a risultati
grazie all’astuzia di Rahab, la notte... Protagonista di questo « giallo »
è una donna, sul cui atteggiamento
è difficile esprimere un giudizio: ha
collaborato con il nemico per convenienza o per costrizione? Oppure
ha riconosciuto nelle due spie i messaggeri di un sistema nuovo e di
ima fede nuova a cui vale la pena
convertirsi?
La Storia rivisitata
e rivissuta
1.2. Susanne:
Tu mi chiedi se Rahab non sia stata costretta a cambiare la sua fede
nella situzizione di guerra e sotto la
minaccia delle spie israelite e del re
cananeo. Ti rispondo con le mie conoscenze storiche. Forse sarai sorpresa se ti dico che non c'è mai stata una guerra tra il popolo di Israele e la città cananea di Gerico.
Coloro che hanno raccontato questa storia volevano solo rendere più
bellica la storia della conquista della terra promessa da parte del popolo di Israele. In verità gli Israeliti
non hanno preso con la forza la città di .Gerico. Gli archeologi hanno
scoperto che Gerico era già in rovina prima che un Israelita alla ricerca della terra promessa vi passasse,
prima che la tromba degli Israeliti
avesse suonato. Con questa storia
l'autore biblico voleva infatti spiegare ai suoi perché Gerico era andata in rovina e perché non esisteva
più.
Lucilla: Ma vuoi dire con questo
che la storia di Rahab non è vera?
Susanne: No, la storia di Rahab
è sicuramente vera, solo che si è
svolta in un altro contesto. Adesso
ti spiego. Gli archeologi e gli studiosi dell’Antico Testamento hanno scoperto che Israele non ha conquistato molte città quando si è insediato
nella terra promessa. Infatti nel libro dei Giudici troviamo degli elenchi delle città che non sono state
prese dal popolo di Dio. Dio le aveva lasciate davanti ai loro occhi, dice il libro dei Giudici,' affinché Israele si ricordasse sempre che la sua
fortuna dipendeva dalla grazia di
Dio e non dalle sue azioni militari.
Si pensa allora che Israele abbia
preso la terra promessa attraverso
un lungo processo: prima le tribù si
sono insediate nelle pianure sottostanti le città-fortezza dei Cananei
come Gerico. Poi hanno iniziato una
agricoltura fiorente. Quando gli
schiavi delle città-fortezza hanno saputo questo, si sono spesso rifugiati
presso gli ebrei, si sono convertiti e
hanno assunto il loro stile di vita.
Pian piano le città cananee sono diventate più deboli.
A fine novembre si è tenuto, a Torre Pellice, un seminario biblico
di Unioni Femminili del I Distretto, e in quel contesto un culto presieduto da tre pastori donne: Susanne Labsch, Lucilla Peyrot e Erika Tomassone hanno dato a tre voci, dialogando fra loro, ima predicazione
sul Cap. 2 del libro di Giosuè, con l’intento di trattare il testo secondo
tre prospettive diverse; il discorso storico, fatto da S. Labsch, la prospettiva di fede, sottolineata da E. Tomassone, e la strategia concreta
di Rahab, la prostituta di Gerico protagonista di questo giallo, di questa
storia di spie, esaminata da L. Peyrot. Dialogando fra loro, le predicatrici si sono confrontate con queste domande: Rahab è stata spinta alla
fede dalla forza di persuasione delle spie ebraiche o dalla forza di Dio?
Si è trattato di sottomissione, oppure di conversione? Si è trattato di
umsmo egoismo (ognuno per sé, nel pericolo si salvi chi può) oppure di
salvezza? Anche i nostri lettori sono invitati a entrare in questa ricerca
dialogante, in questo ascolto comune.
a cura di GINO CONTE
Dobbisimo leggere la storia di
Rahab in questo limgo processo di
insediamento di Israele nella terra
promessa e di trasformazione sociale che favoriva il popolo di Israele.
Rahab, una
scelta di fede
1.3. Erika:
Io invece vorrei guardare a Rahab
dal punto di vista della sua scelta di
fede. Forse il sorgere in lei di una
confessione di fede ci pare troppo
avvolto nell’ambiguità. In fondo
dobbiamo pur riconoscere che la
scelta di fede non è mai pura ma
emerge intrecciata alle vicende della nostra vita quotidiana. Certo si
potrebbe pure dire che è la paura
delle spie a costringere Rahab ad
usare con loro un linguaggio religioso. Non si può negare però che
il riferimento alla fede del popolo
ebraico permette a Rahab di incanalare e ordinare lo sgomento e il
timore che anch’ella provava, come
i suoi concittadini, in quella situazione. Il Dio che è stato liberazione
per il popolo di Israele diventa per
Rahab colui rispetto al quale ella
legge tutta la sua situazione. Non si
tratta soltanto di un espediente.
Rahab riconosce a partire dall’opera di liberazione di Dio che questo
stesso Dio è il Signore del cielo e
della terra. E’ un Dio che avanza la
sua pretesa di signoria su tutto
quanto, quindi anche su Rahab.
Ancora una volta si potrebbe capire che Rahab cede a Dio cedendo
alle spie. Questo però non è giusto.
In mezzo a questo intreccio ambiguo, il riconoscimento della signoria
di Dio permette a Rahab di entmre
in dialogo con questi due stranieri.
Il sorgere della fede funziona come
qualcosa a partire da cui Rahab è in
grado di prendere delle decisioni
gravi per il presente. Per esemplificare potremmo dire che le nostre
scelte per la pace possono apparire
motivate dallo sgomento che ci provoca la minaccia sulla nostra vita,
ma a volte in questa ambiguità che
è propria di tutta la nostra vita, si
fa strada la fede che ordina ed incanala il nostro sgomento in decisione.
2,1. Susanne:
Tu, Erika, dici che Rahab non è
stata costretta a convertirsi dalla
trasformazione sociale, ma dalla
pretesa di Dio di essere il Signore
di tutto il mondo. Ma non potrebbe
anche darsi che questa donna sia
stata trascinata da im processo storico e sociale, da uno sviluppo che
favoriva Israele? Non può darsi che
lei si sia solo sottomessa ad un processo inarrestabile e che non si sia
veramente convertita? Mi chiedo se
la sua storia non sia una storia di
sottomissione invece che di conversione.
Un frammento di fede
nel groviglio della vita
2.2. Erika:
Certo, se noi leggiamo tutto il testo ed anche la storia di Rahab dal
punto di vista delle spie, si può avere l’impressione che a loro importasse poco la conversione; a loro importava che gli abitanti fossero terrorizzati e che quindi la loro sottomissione fosse possibile. Dice il nostro racconto al v. 24: « Certamente
Dio sta per mettere nelle nostre mani tutto questo territorio. Già gli
abitanti tremano di paura davanti
a noi ».
Se però leggiamo il racconto da
parte di Rahab, vediamo sorgere in
lei la confessione di fede. Non si tratta di una conversione eclatante, che
provoca una trasformazione della
sua consapevolezza nel senso della
rivolta ribelle contro una situazione.
Ci vorremmo forse trovare di fronte
ad un discorso articolato di Rahab.
Non è neppure un resoconto di un
catechismo imparato tanti anni prima. Rahab dà un senso presente a
ciò che ha udito su Dio. E’ proprio
quello che dovrebbe accadere anche
a noi. Anche noi potremmo confessare la nostra fede sul terreno della
storia, non quella con la esse maiuscola ma nella nostra storia di tutti
i giorni. Non solo al momento della
confermazione ma quando ciò accade nel concreto e quotidiano. La confessione di fede di Rahab può apparire insoddisfacente perché non è
che un frammento rispetto alla sua
vita e rispetto a tutto quello che si
può dire di Dio. Eppure è proprio
questo frammento che la porta a
fare delle proposte decisive alle spie.
E’ questo frammento che la porta
a mettere in discussione certi principi, quali quello della solidarietà
con i suoi concittadini. Io apprezzo
questo frammento che è capace di
organizzare la vita in un determinato momento.
Anche noi potremmo vivere questo frammento capace di orientare
una intera scelta. Qui la conversione
non è accompagnata da gesti liturgici, è adesione a Dio. Rahab ci da
la dimensione del possibile della
conversione, una dimensione umana.
non sovrumana, che perciò è anche
capace di decisioni gravi. Ci aiuta
questo fatto proprio perché noi siamo ancora schiacciati sotto modelli
di confessione di fede e conversione, abbastanza eroiei e ci sentiamo
a volte inadeguati e perciò restiamo
paralizzati nell’indifferenza.
Rahab, una strategia
contro corrente, di pace
2.3. Lucilla:
A me interessa la strategia che
Rahab segue, che mi sembra una
strategia di pace, una strategia contro corrente, sia rispetto alla sua cit
tà che rispetto ai conquistatori, un
comportamento che, seppure forse
non in modo pienamente consapevole, ha a che fare con la conversione di cui parlava Erika.
Questa strategia emerge attraverso due atteggiamenti:
1. - Innanzitutto Rahab affronta
il nemico in un modo nuovo; in reai
tà non lo affronta, ma lo incontra.
E’ lei che fa il primo passo, ospitando e proteggendo le due spie, e ir.
questo modo Rahab si trova a trattare da posizioni di forza; l’ospita
lità non è cosa da poco, che si può
facilmente dimenticare o considerare con superficialità; l’ospitalità crea
un impegno e dei legami più forti
della ragion di Stato. Rahab infrange, a difesa di una nuova legge, le
leggi del re di Gerico, e questo non
lo fa a cuor leggero, perché sa che
le può costare la vita: ma sui piatti
della bilancia, in questo giuramento
molto impegnativo che lega Rahab o
le spie, stanno con peso uguale la
vita della donna e dei suoi cari, e la
vita delle due spie; vita per vita, vita legata ad altre vite. Con il suo gesto di disubbidienza civile, RahaO
fa vedere che si può guardare al nemico con occhi diversi, che si può
stabilire con lui un dialogo, invece
di sfuggirgli come davanti ad un
mostro.
2. - In secondo luogo, ripensando
a quello che Susanne diceva rispetto al processo storico che ha portato alla conquista relativamente pacifica delle città-fortezza, Rahab supera anche le barriere etniche naturali, per entrare a far parte di un popolo di cui condivide gli obiettivi di
vita.
Egoismo o salvezza?
3.1. Susanne:
Forse mi considerate impertinente. Voi ritenete che Rahab si è veramente convertita alla fede del popolo d’Israele e che non è stata costretta o non si è sottomessa alla
forza della fede del popolo di Dio.
Voi dite che Rahab fa in questa situazione ambigua delle scelte precise.
Ma io vedo nel suo comportamento solo una forma di egoismo. Perché vuole solo salvare la sua famiglia e non si impegna anche per gli
altri? O viene salvata perché lei sola
si è convertita? Allora mi chiedo:
qui si tratta di egoismo o di salvezza?
Susanne Labsch
Lucilla Peyrot
Erika Tomassone
(continua a pag. 11)
7
30 gennaio 1987
obiettivo aperto 7
IL CENTRO DIACONALE DI PALERMO
La scuola della speranza contro la “morte”
In una realtà stretta nella morsa della mafia creare cittadini liberi - La scuola centro di ricerca per una nuova qualità della vita - La collaborazione con altre realtà - L’inserimento con amore e rispetto dei « disadattati » e «disabili »
La situazione a Palermo è
sempre pesante. Soprattutto si continua ad uccidere.
Da un po’ di tempo Palermo
è come piegata, soffocata dalla « morte », e quelle promesse tanto care a noi credenti (per esempio: « Ecco,
io creo dei nuovi cieli e una
nuova terra... ed essi non
avranno più figlioli per vederli morire ad un tratto » Isaia 65) sembrano spostarsi in un orizzonte sempre più
lontano e lì sbiadire, e pian
piano dissolversi.
Tuttavia noi che operiamo a Palermo siamo convinti (di quella profonda convinzione della fede) che la
morte, anche la « morte »
che ora regna a Palermo, « è
stata sommersa nella vittoria » (I Cor. 15: 54), e che
pertanto si può continuare a
testimoniare e lottare, la nostra fatica non essendo vana
nel Signore.
Il nostro Centro può portare un contributo concreto
nella battaglia contro la mafia e la sua strategia di morte e di terrore lavorando di
più e meglio, qualificando la
sua attività cosi che, attraverso di essa, siano poste
premesse reali perché i ragazzi che lo frequentano crescano come cittadini responsabili: uomini e donne della
giustizia, della pace, della
verità, della libertà.
Il nostro
impegno
nella scuola
In questo quadro noi sviluppiamo un discorso sulla
scuola. E ci sembra di poter
dire che, nella situazione del
sud, la scuola si pone ormai
come la struttura essenziale
nella ricerca di soluzioni reali a grosse questioni come
quelle dello sviluppo, dell’inno\azione, del lavoro.
Uno dei più attenti osser
vatori della realtà meridionale, Biagio de Giovanni, ha
scritto: « Mai come oggi nel
Mezzogiorno il lavoro non è
problema che possa isolarsi
in se stesso, con un piano
che prevede dei semplici
spostamenti nella quantitàli lavoro significa formazione e cultura. La battaglia per
il lavoro nel Mezzogiorno richiama subito il problema
della scuola e, più in alto,
della ricerca ».
Ed allora, cosa fa la scuola del nostro Centro, quali
sono i suoi programmi? La
risposta, per ovvi motivi di
spazio, non può che essere
molto schematica.
Al di là della programmazione che la singola classe
di ogni livello si è data, segnaliamo alcune iniziative
che a nostro avviso concorrono alla costruzione di una
« scuola » che produca realmente cultura e prepari dunque ad una nuova qualità
della vita.
La scuola
materna
Nell'anno '86-’87 viene portato avanti il progetto dei
« centri d’interesse » (teatro,
fabulazione, pittura, manipolazione, gioco). I bambini
hanno a disposizione momenti d’incontro e di lavoro comune a partire da grandi
unità didattiche che si svilupperanno per tutto il corso dell’anno. Partecipano a
tali unità didattiche sia nelle singole classi, sia in classi aperte, aggregandosi intorno a tecniche e metodologie diverse.
Le unità didattiche previste sono: il mercato delle
meraviglie (ottobre-dicembre), la fiaba (febbraio-marzo), il risveglio della terra
(aprile-giugno). Esse comprendono una parte fantastica, incentrata principalmente sull’aspetto espressivo-ar
tistico, ed una parte più propriamente di ricerca, che svilupperà l’aspetto linguistico
e logico-cognitivo.
La scuola
elementare
In alcune classi prosegue
10 studio della « città » nel
Mezzogiorno: la crescita della dimensione urbana e le
sue conseguenze; i nuovi
grandi quartieri periferici;
11 rapporto tra la città e il
territorio, tra la città e la
campagna, ecc.
In altre classi è in atto
uno studio critico del fenomeno della pubblicità, per
capirne i meccanismi di seduzione. Seguirà una riflessione sul « mondo interiore », attraverso tecniche di
animazione (disegno, pittura, racconto collettivo, ecc.)
per aiutare il ragazzo a raggiungere una migliore conoscenza di sé.
Nella prima classe è in fase di sperimentazione una
linea di lavoro tesa al passaggio dalla didattica tutta
centrata sull’insegnante unico a quella fondata sulla
compresenza di operatori
scolastici nelle tre aree di
specializzazione (team - teaching) : la linguistico-espressiva, che ricomprende anche
l’insegnamento della lingua
straniera; la logico-matematica; la fisico-creativa (psicomotricità, attività praticomanuali, animazione, canto).
La scuola
media
E’ stato avviato un progetto triennale di didattica
interdisciplinare che vuole
sviluppare una « educazione
alla salute ».
Il progetto si articola in
tre fasi: a) il corpo, cioè igiene, alimentazione, ambiente
ecc.; b) la mente, cioè alimentazione, ambiente, identità, il tutto nel quadro delle cause e dei nessi tra questi fatti; c) il bisogno di sentirsi « grandi », cioè i problemi della medicina, della
sanità, della prevenzione,
della sessualità in rapporto
al desiderio dell’impegno.
Questo progetto è stato
proposto dal nostro Consultorio, il quale assicura anche un apporto specialistico per la sua realizzazione.
Rappresenta dunque un ulteriore passo in avanti nel
processo di qualificazione
non solo della nostra scuola, ma anche del nostro Consultorio e della sua attività.
La fascia
pomeridiana
All’interno di queste coordinate si collocano anche i
programmi della fascia pomeridiana (14.30 - 16.30) che
interessa specialmente i ragazzi « assistiti ». Abbiamo
costituito una serie di punti
di aggregazione che vanno
dal calcio alla pallacanestro,
dalla pallavolo al ping-pong,
dall’atletica leggera al nuoto
e alla ginnastica artistica,
dal teatro al canto e alla pittura, dal computer alle costruzioni e alla tessitura.
Una paróla a parte va detta sull’altra urgente esigenza che pure si pone nella nostra situazione: l’incontro
con il bambino diverso, e
quindi l’inserimento nelle
strutture scolastiche di bambini « disabili » (portatori di
handicap) e « disadattati ».
Nella nostra scuola sono
presenti 13 bambini « disabili » e circa 35 (contiamo i
casi più difficili) bambini
« disadattati ».
Il nostro sforzo, anche attraverso l’opera d’insegnanti specializzati, è volto ad
operare soprattutto trasformazioni nelle relazioni tra il
« disabile » e l’ambiente scolastico: costruire intorno a
lui una rete di rapporti tali
da consentirgli d’inserirsi
nel contesto affettivo della
classe, in una circolazione
di stimoli e d’idee, e questo
superando la « distruttività »
e la « negatività » che egli
inevitabilmente trasmette.
Più difficile, anche se può
sembrare più facile, si rivela viceversa il nostro lavoro
con i ragazzi « disadattati »,
che provengono, in massima
parte, da situazioni familia^
ri estremamente confuse e
culturalmente deprivate:
a) condizioni economiche
molto precarie, ricorso a vie
di soluzione spesso illegali,
o fughe in « serenità » artificiali, e in conseguenza clima
familiare estremamente rovente;
b) assenza di dialogo tra
genitori e figli, abbandono
periodico della « casa », anche in età prepuberale;
c) la scuola vista, fino ad
una certa età del figlio, come istituto di contenzione,
ma dopo come un’istituzione nemica (in pratica la
scuola ostacola l’utilizzo del
figlio in altre faccende, magari remunerative);
d) il linguaggio terribilmente povero, soprattutto a
causa dell’uso quasi esclusivo del dialetto;
e) uno stato psicologico
contraddittorio: da un lato
esplosioni di aggressività,
dall’altro questa aggressività è solo copertura di un
profondo senso d’insicurezza, per cui in ogni rapporto
con l’adulto viene ricercata
una figura parentale con cui
identificarsi e da cui sentirsi protetti.
Gli interrogativi giornalieri sono tanti: perché questi
ragazzi vivono la classe come una cella di rigore? Perché vivono i compagni o come sudditi da dominare o
come figure idealizzate, perfette e quindi irraggiungibili? ecc. ecc.
L’unica seria possibilità di
trovare una risposta è forse
di lavorare con loro e capire di volta in volta dove risiede il nodo da sciogliere.
C’è una difficoltà che, sopra
ogni altra, ci spaventa: il ritardo (talvolta di proporzioni enormi) neH’inserimento
a scuola e nell’apprendimento, da parte di questi ragaz
zi.
Sergio AquUante
8
8 vita delle chiese
30 gennaio 1987
ESERCITO DELLA SALVEZZA
CORRISPONDENZE
Una mensa
per gli emarginati
Un servizio voluto dalla FCEI e da singole comunità evangeliche su
cui cala l’ombra di un nascente razzismo? - Anche in Italia il KKK?
Emilio Scarinci
Da Roma ci giunge questa significativa presentazione dell’opera che l’Esercito della Salvezza svolge attraverso la mensa popolare, presso i suoi locali.
La presenza di molte persone senza fissa dimora e di immigrati stranieri ci permette di capire il senso di questa testimonianza.
Per questo colpisce ancora di più la notizia, successiva a questa corrispondenza, che giovecfi scorso, 22 gennaio, una ventina di
giovani, col volto coperto, sullo stile del gruppo razzista Ku Klux
Klan, ha assalito l’ostello dell’Esercito della Salvezza che ospita parecchi immigrati dal terzo mondo. Giunti improvvisamente,
hanno scagliato cubetti di porfido contro le vetrate dell’ingresso
frantumandole, ed hanno poi lanciato im paio di bottiglie incendiarie, per fortuna senza produrre gravi danni; tre giovani marocchini che stavano rientrando nella casa sono stati violentemente
percossi. Alla luce di questo avvenimento assume rilevanza particolare anche l’intervista che qui presentiamo.
Di « fenomeno sociale » si è
parlato a proposito dei « barboni » nelle nostre città, a cui sì
aggiungono negli ultimi tmni le
file sempre più numerose di
stranieri che con ogni mezzo
fungono nel nostro Paese alla
ricerca di un lavoro qualsiasi,
tanto che alla soluzione di questo « problema sociale » alcuni
enti locali hanno dedicato convegni e tavole rotonde, dai
quali è emerso come non sempre la scarsezza di mezzi materiali, ma anche l’isolamento e
l’emarginazione sociali sono all’origine di certe situazioni.
Anche la Federazione delle
Chiese Evangeliche in Italia, com’è noto, attraverso il Comitato romano del Servizio Migranti, cerca di portare il suo contributo in specifiche situazioni,
contributo modesto ma certo
non irrilevante, per mezzo delle
varie iniziative quali il servizio
di consulenza legale, l’ambulatorio, alcuni corsi scolastici, consigli per il collocamento al lavoro.
E’ in questo complesso di attività che occorre inserire di servizio mensa dell’Esercito, un servizio che intende rispondere nel
concreto ad un problema immediato, quel problema che già
William Booth, il fondatore dell’Esercito, constatava, quando affermava che « non puoi parlare
dell’Evangelo a chi ha i piedi
bagnati ».
Di questi argomenti ho voluto
parlare una sera con il capitano
Daniele Vairos, responsabile del
servizio mensa.
— Qual è il senso di questa
iniziativa? — gli chiedo subito.
— Le persone che vengono qui
hanno senza dubbio bisogno del
pasto che viene offerto. Ma voglio puntualizzare che questo
non deve essere separato dalle
altre attività quali l’ambulatorio
ed il dormitorio di cui molti di
loro usufruiscono, e che tutto
questo, nel suo complesso, deve
rappresentare il segno di una
presenza che dia loro nuova fiducia e speranza per tirare avanti fra le molte difficoltà contingenti. L’esperienza mi ha mostrato che certe vicende umane
avrebbero avuto ben altra soluzione solo se qualcuno avesse
ascoltato e porto una mano nel
momento giusto. Si tratta, perciò, di dare alle persone un alloggio, un piatto caldo ed un
contatto umano. Per quanto riguarda il dormitorio — continua
Vairos — è stato di recente ampliato, ed ospita attualmente più
di cento persone, mentre l’ambulatorio, aperto alcuni giorni la
settimana, comprende un pronto soccorso e svolge visite di
medicina generale. E’ importante
sottolineare che l’attività ambulatoriale è svolta da medici volontari sia delle diverse chiese
evangeliche di Roma, che di co
munità cattoliche, mentre alla
mensa i volontari collaborano
con alcune persone fisse.
— Quali sono le persone che
usufruiscono di questi servizi?
— Molti sono gli ospiti del
dormitorio, ma anche gente di
fuori, sia italiani che stranieri,
ed anche qualche rifugiato politico. Molti di essi lavorano,
sebbene saltuariamente, e mi
auguro sempre che essi siano
solo di passaggio qui da noi, che
trovino, cioè, ognuno la propria
strada sicura e dignitosa.
— Come sono i rapporti con
quegli enti che si occupano di
questi problemi?
— Molto buoni, direi. Il comune di Roma, con il quale abbiamo stipulato una convenzione,
distribuisce, tramite gli uffici di
assistenza sociale delle Circoscrizioni, dei buoni da utilizzare
presso la nostra mensa, finanziando così in parte le spese necessarie. Alcune persone sono in
grado di pagarsi il pasto con una
cifra modica, mentre ad altre
viene dato gratuitamente. C’è fiducia reciproca, così come con
la Provincia e la Caritas. All’estero l’Esercito è costantemente
impegnato in queste attività,
mentre in Italia siamo solo agli
inizi: ma mi rendo conto che si
tratta anche di diversi rapporti
con la Pubblica Amministrazione, rapporti sui quali occorre
ben riflettere e che saranno importanti per il futuro delle nostre chiese.
— Capitano Vairos, mi consenta una domanda provocatoria.
Le persone e le attività messe
in moto sono davvero molte, e
destinate, con ogni probabilità,
ad aumentare: non può esservi
il pericolo di fare il passo più
lungo della gamba?
— Certo, è il pericolo di ogni
giorno, e significherebbe innanzitutto la profonda delusione di
coloro che si affidano a queste
attività, oltre, naturalmente, al
nostro fallimento. Il rischio esiste, ma sono convinto che valga
la pena di correrlo; d’altra parte l’Esercito nacque per questo.
— Un'ultima domanda: quali
sono le prospettive per il futuro?
— Ho alcune idee legate allo
sviluppo di questi servizi, ma
debbono essere maturate con
molta attenzione. Si tratterà, ovviamente, di avere anche persone impegnate con più continuità
in certe mansioni, di creare cioè
un vero e proprio organico preparato a certi compiti specifici.
Persone bisognose di un tetto e
di un pasto caldo ce ne saranno
ancora: ad esse vogliamo pensare e dedicare tutto il nostro
tempo.
Si è fatto già tardi e la mensa
è quasi vuota: mentre si ripongono piatti e bicchieri, già si
pensa al giorno dopo.
Franco Chiarini
ECOLOGIA CULTURALE
Un premio per le lingue
delle minoranze
Può forse interessare le nostre chiese l’iniziativa del Centro
Culturale Bosio protesa a salvare le lingue delle minoranze
attraverso un singolare concorso.
Il premio plurinazionale di
poesia « Nosside », giunto quest’anno alla suà IV edizione, costituisce l’unica occasione d’incontro tra la lingua italiana e
le altre lingue parlate nel nostro paese ed il primo ingresso
del video in un premio letterario.
Il concorso è organizzato dal
Centro Studi Bosio in collaborazione con l’AICS, ritalgas e la
rivista « Videoregistrare », con
il patrocinio della Presidenza
del Consiglio, della CEE, del
Ministero dei Beni Culturali e
Ambientali, del Ministero del
Turismo e dello Spettacolo,
dell’Ambasciata di Grecia.
Il premio « Nosside » è il solo che affianca alla lingua nazionale gli idiomi di due regioni
(Calabria e Sicilia) e quelli di 12
minoranze etno-linguistiche (albanese, catalano, croato, franco-provenzale, friulano, grecanico, ladino, occitanico, rem, sardo, sloveno e tedesco).
FORANO — La Chiesa Valdese e con lei tutto il paese, ha
vissuto con partecipazione e dolore la scomparsa di Emilio
Scarinci, di 74 anni, morto in
tragiche circostanze il 9 gennaio
scorso mentre cercava di difendere dal fuoco il suo campo, nei
pressi del centro abitato. Il fratello Emilio Scarinci lascia a
tutti, e particolarmente ai suoi
cari, la moglie Maria e i figli,
e alla sua comunità, l’immagine'
di uomo retto, di un lavoratore
instancabile e quella di un cristiano che ha vissuto sempre
nella fede.
Emilio Scarinci « aveva Gesù
dentro di sé », come ha ricordato commosso il professor Paolo Ricca, e aveva scritto in un
quadernetto una serie di preghiere e di riflessioni sull’Evangelo.
Una di queste preghiere è stata letta dal pastore durante il
culto per il suo funerale e la riportiamo qui in suo ricordo e
come testimonianza della sua
fede:
Signore Gesù, l’apostolo Giovanni ci ricorda le tue parole:
« Senza di me non potete fare
nulla » (Giov. 15: 5).
Non potete né volere, né fare
il bene.
Sono io che porto agli uomini
la luce della santità e dell’amore.
Senza di me non potete ricevere il perdono dei peccati.
Se voi piangete i vostri peccati e il vostro pentimento sarà
sincero, i vostri peccati saranno
rimessi.
Se mi seguirete non c’è più la
morte ma la vita eterna.
Senza di me non potete essere salvati.
Io vi illumino lungo il percorso della vostra vita.
Senza di me non potete avere
una vera vita, io sono la vite e
voi i tralci; se siete uniti a me
portate molto frutto.
Benedici o Signore ogni tuo
figlio generato dalla tua parola
e dalla tua grazia, perché tu solo, Cristo Gesù, sei il nostro
Salvatore. Amen.
Conferenze
VENEZIA e MESTRE — Que
sto autunno è stato caratterizzato da una presenza evangelica, a vario titolo, fra le iniziative culturali della città.
In novembre, presso la chiesa
luterana di Venezia, si sono tenute due conferenze organizzate
dal gruppo SAE (Segretariato
Attività Ecumeniche) e dalla
comunità luterana; nella prima
il tema « Inserimento della comunità ebraica a Venezia: problemi di ieri e di oggi » è stato
svolto dal professor Amos Luzzatto; relatore della seconda è
stato il professor Boccaccini,
che ha svolto il tema « Il cristianesimo delle origini come
movimento ebraico ».
Il 14 dello stesso mese, sempre
nella chiesa luterana, il professor Paolo Ricca ha tenuto una
lezione nell’ambito delle attività
organizzate d'aH’Università Popolare di Venezia, sul tema:
« Nel 1536 Calvino porta la Riforma a Ginevra: conseguenze
nei luoghi e nel tempo ».
Il pastore Berlendis è poi
stato invitato a partecipare a
Una tavola rotonda sull’insegnamento della religione nelle scuole, organizzata dal liceo Marco
Polo di Venezia, che si è svolta
presso il cinema Ritz.
Infine, il pastore Bertalot della
Società biblica è stato invitato
ad illustrare la T.I.L.C. e le sue
possibilità nel campo dell’evangelizzazione e della catechesi in
un incontro organizzato a Venezia per i catechisti cattolici;
la lezione è stata poi ripetuta a
Mestre presso la sala di conferenze Laurentianum.
• Un’altra nascita ha allietato
la comunità; a Mestre è nata
Giulia, figlia di Alessandra Velo e Carlo Moz.
• Domenica 21 dicembre si è
svolta a Venezia la giornata comunitaria prenatalizia, dedicata
soprattutto ai bambini e ai giovani. Un gruppo dei più grandi
ha tenuto il culto; si è svolta
poi l’agape, al termine della quale i bambini delle Scuole Domenicali hanno letto una serie di
notizie su Betlemme ieri e oggi
e cantato due inni, tratti dalla
raccolta di inni per le Scuole
Domenicali. Ha poi avuto luogo
la lotteria organizzata dall’Unione femminile.
• Il culto di Capodanno quest’anno è stato sostituito da un
culto di meditazione e di ringraziamento tenuto a Venezia nel
pomeriggio del 31 dicembre.
Incontri
PADOVA — Dopo la pausa per
le vacanze natalizie il gruppo
di attività femminile ha ripreso
la sua attività.
Dopo una riflessione sulla
presenza ebraica in Friuli Venezia Giulia fra la Repubblica
di Venezia e l’Impero asburgico svoltasi il 22 gennaio scorso,
il prossimo incontro è previsto
per sabato 31 gennaio alle ore
16 con Benny Nato sulla situazione sudafricana.
Il Nosside, come ha sottolineato il suo Presidente, prof.
Pasquale Amato, si prefigge un
duplice obiettivo culturale: « Da
una parte esso vuole contribuire
a salvare attraverso la registrazione in video e colle poesie i
’’tesori della comunicazione”
costituiti dalle lingue dei popoli
minoritari; dall’altra, esso intende affiancare, in quest’azione
di ’’ecologia culturale”, alle più
antiche forme di comunicazione orale e scritta il mezzo di
comunicazione del Duemila: il
video.
Il tutto inserito nella strategia generale di preservare ”il
segreto vincente” del made in
Italy: quella cultura meticcia
tipicamente italiana che risulta
dall’intreccio di tanti popoli,
culture e lingue, dal crocevia
tra Oriente e Occidente, tra Europa e Africa ».
Le iscrizioni al premio « Nosside » scadono il 14 febbraio
1987 ed i vincitori saranno premiati il 13 e 14 aprile a Messina
e Reggio Calabria.
Per ulteriori informazioni:
tei. al 0965/94801 - 06/7991598 02/7422303.
NAPOLI
All'apertura
dell'anno giudiziario
In occasione dell’inaugurazione
dell’anno giudiziario 1987, avvenuta il 15 gennaio a Napoli, il pastore Giovanni Anziani, presidente del Consiglio delle Comunità
evangeliche (cui partecipano tutte le chiese evangeliche di Napoli e provincia ad esclusione delle Assemblee di Dio e della Chiesa dei Fratelli) ha rivolto nel corso della cerimonia un breve messaggio in cui, tra l’altro, si afferma:
« L’augurio delle Chiese Cristiane Evangeliche di Napoli a coloro che in questa città lavorano
per la giustizia, è che la loro attività sia indirizzata per la costruzione della pace. Una pace
duratura nel tempo; una pace
radicata nelle coscienze del popolo; una pace visibile nelle scelte che i poteri democratici del
nostro paese compiono ogni giorno.
Una giustizia senza la pace è
simile ad un albero che non produce frutti. E’ sterile. E’ un deserto!
Certo siamo tutti consapevoli
che oggi produrre pace può essere un sogno meraviglioso, ma
irreale. Eppure noi dobbiamo
osare sognare! Un pastore protestante del Sud Africa, in lotta
contro la segregazione razziale,
ha scritto: "Occorre osare sognare un mondo di pace".
Da parte nostra, delle chiese
cristiane evangeliche di Napoli,
la nostra presenza nella città e la
nostra opera per questo popolo
sono una testimonianza concreta
di come si possa osare sognare la
giustizia, la verità, la pace, l’amore ».
9
30 gennaio 1987
vita delle chiese 9
CONVITTO DI POMARETTO
RICORDO DI UN AMICO
Un'opera da amare
Superate alcune difficoltà politiche, il Convitto ora guarda al futuro
Paul Eisele
Alla line di dicembre dello
scorso anno, l’USSL n. 42 e il
Comitato del Convitto di Pomaretto hanno rinnovato per l’anno 1987 la convenzione per la gestione della comunità alloggio
per minori. Con uno sforzo di
buona volontà da entrambe le
parti, si sono così superate le
difficoltà che avevano suscitato
preoccupazioni per il futuro di
quest'opera.
Malgrado ciò, il Convitto di
Pomaretto si trova in una fase
delicata di importanti cambiamenti, che richiederanno nei mesi prossimi un’accurata indagine: abbiamo perciò voluto raccogliere dalla viva voce degli inteiessati alcune motivazioni sulla loro presenza neH’istituto.
Frida, la collaboratrice domestica, si è occupata delle necessità concrete di tanti bambini
ed è contenta di essere sempre
ricordata da chi è uscito per affrontare la vita.
Gli altri adulti sono: Patrizia,
educatrice; Maurizio, che dopo
il servizio civile ha voluto rimanere con i bambini; Fulvio, attualmente obiettore di coscienza; Giorgio, volontario; e infine
Anita, la direttrice.
Ecco, una voce tra tante, l’opinione di Maurizio: « In Convitto ci sono arrivato con l’esperienza dell’obiezione di coscienza che mi ha permesso di entrare in contatto con un mondo
troppo spesso dimenticato che
bisogna conoscere direttamente
per poter capire. Perciò, a fine
servizio, mi sono fermato a la
vorare come educatore. Educatore in una comunità di questo tipo vuol dire essere un ’esempio
di vita’, aiutare questi ragazzi a
non sentirsi diversi, ma a saper
organizzare la loro esistenza nel
modo migliore. E’ però anche
necessario valutare bene le proprie forze e questo non è sempre facile ».
Anche i ragazzi hanno voluto
esprimersi su quella che forse
è stata l’unica dimora accogliente della loro infanzia: ecco il
pensiero di Carmela: « Io sono
ancora in Convitto, anche se ho
diciotto anni, perché sono disoccupata e perciò non ho i soldi né per mangiare, né per pagarmi raffino di una casa. Il
Con\'itto per me ha significato
avere una casa e intorno a me
gente che mi rispetta per quello che sono ».
Terminiamo la carrellata con
le dichiarazioni di Anita: « Sono
in Convitto da sei anni come
responsabile e educatrice. Come
responsabile faccio di tutto un
po’. Sono diventata una discreta casalinga, un’intenditrice di
piccole manutenzioni, un’esperta
della mancanza di una seria politica assistenziale in Italia e
una profonda conoscitrice delle
magagne di una monumentale
vecchia casa. Come educatrice
Sono maturala, sono diventata
una donna ricca di rapporti affetti\i molto belli e profondi.
L’anno prossimo me ne andrò,
è una mia scelta fatta fin dall’inizio ed ora improrogabile per
i miei impegni familiari, ma so
VENDO
IN TORRE PELLICE
P.zza Guardia Piemontese
— Alloggio mq. 78
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L. 600.000 al mq. Nuovi.
Riscaldamento autonomo.
Garages varie metrature
8>9 milioni. Possibilità dilazioni - Mutuo. Telefonare ore pasti 011/9399339.
Per molti ragazzi
il Convitto è stato
l’occasione per
scoprire
la dimensione di
calore ed affetto,
amicizia e rispetto
necessari
ad una crescita
serena.
che non sarà facile. Riesco mol- si risolva il problema della mia
to bene ad immaginarmi in una
casa calda e confortevole, ma
non riesco ad immaginare intere giornate senza i ragazzi intorno. Anche per questo spero che
sostituzione, in modo che tutti
possiamo con gioia progettare il
nostro futuro ».
L. V.
Venerdì 23 a Steinheìm (Stoccarda) si sono svolti i funerali
del diacono evangelico Paul Eisele, un amico della chiesa di
Angrogna, che aveva spesso frequentato in questi anni con
gruppi di giovani che hanno
realizzato diversi lavori utili
per la nostra comunità. Eisele,
benché ad uno stadio avanzato
della malattia tumorale che da
circa quattro anni lo rodeva,
10 scorso novembre venne con
moglie ed amici ad Angrogna,
soprattutto per vedere la « Cà
d’ia pais » al Bagnóou, un progetto che aveva seguito con
entusiasmo fin dal suo nascere.
A Steinheim, di fronte ad una
assemblea numerosa e commossa, il pastore Platone ha portato
11 saluto della chiesa di Angrogna tratteggiando i momenti
salienti di una amicizia che ha
coinvolto molti giovani tedeschi
nella' conoscenza della realtà
delle Valli Valdesi. Uno degli
ultimi progetti di Paul era quello di portare un gruppo della
sua comunità in visita alle Valli
per fine maggio. Forse Marianne, la sua compagna che ha saputo con forza ed amore accompagnarlo sino alla fine, porterà a termine il desiderio di
suo marito che l’ha lasciata a
soli 40 anni. Noi speriamo che
questa ultima volontà potrà realizzarsi. A lei, ai figli Thilo di
11 anni e Heidi di 16 anni, un
pensiero di riconoscenza al Signore per ciò che Paul ci ha
CRONACA DELLE CHIESE DELLE VALLI
Imparare a pregare
TORRE PELLICE — Alcuni
genitori di bambini e ragazzi
frequentanti i corsi di istruzione biblica avevano chiesto, in
autunno, di potersi incontrare
con monitori e catechisti per
avere uno scambio di idee su
come insegnare a pregare ai figli. La proposta è stata accolta
con gioia e realizzata venerdì 23
gennaio, con una serata condotta e animata da S. Labsch e F.
Taglierò.
Partendo dai ricordi che gli
adulti hanno della propria infanzia (quale preghiera dicevate da bambini? Chi ve l’aveva
insegnata? Quando avete smesso di pregare?) e dalla constatazione che Bibbia e Innario
sono uno strumento di preghiera ormai quasi esclusivamente
per le persone anziane, gli animatori hanno proposto e discusso con gli intervenuti alcuni esempi di preghiere per le occasioni più varie.
Erano alcuni anni che non si
tenevano nella chiesa di Torre
Penice riunioni di genitori, ma,
malgrado la novità, l’adesione
all’iniziativa è stata tanto esigua
da non essere giustificata neppure dalle strade ghiacciate !
Lontani dall’essere delusi e con
la certezza che i genitori continueranno a mobilitarsi soltanto
per l’incontro che precederà la
confermazione dei loro figli, i
presenti hanno deciso di avere
un altro incontro in primavera
sul tema; Leggere la Bibbia con
i bambini.
• n pranzo del 17 febbraio
avrà luogo come di consueto
presso la Foresteria valdese, alle ore 12.15.
I biglietti saranno in vendita
presso il negozio di elettrodomestici Pellegrin a partire da
venerdì 6 febbraio.
• Sono deceduti i fratelli Daniele Costantino, Ernesto Giordan, Marcella Favat in Toum e
Rosina Boulard ved. Long. La
comunità esprime alle famiglie
fraterna solidarietà nel lutto.
Risultati
del l’assemblea
ANGROGNA — L’assemblea
di domenica scorsa (presenti
una cinquantina di elettori) ha
esaminato la situazione finanziaria della nostra comunità che
chiude quasi in pari per quel
che riguarda la contribuzione
annua (c’è però da notare che
una frazione significativa dei
membri non dà nulla!) mentre
registra un deficit, sui sei milioni, sul conto degli stabili. Quest’ultimo è da attribuirsi ai nuovi lavori della Sala il cui conto
stiamo ultimando di pagare. Finito il programma di risana
ELEGANZA - MODA - SPORT - COMODITÀ’
Calzature Val'leverde Primigi
ALMA Lellociccalle Canguro ed altre marche
Avvisa la Speli. Clientela che a partire dal 25.1 sono iniziati i saldi di fine stagione
Corso Gramsci, 28 TORRE PELLICE
dato in questi anni. Non ultimo
l’esempio vivente di coraggiosa
serenità con cui ha lottato contro la malattia mortale. Lo ha
fatto continuando a sorridere
ed incoraggiando gli altri a continuare sulla strada della testimonianza a. Cristo. Per lui ’’risurrezione” non era una parola
vuota.
mento dei nostri stabili (che ci
ha visti impegnati per più di
dieci anni) speriamo, nel pros
simo futuro, di concentrare mag
gioii forze nell’impegno' contri
butivo verso la cassa centrale
In assemblea si è poi cominciato a discutere il problema della
gestione delle nostre strutture
recettive (Casa Pons, la Foresteria ’La Rocciaglia’, la ’Ca d’ia
pais’ al Bagnóou): come organizzarsi in vista di questo compito che sta assumendo, per noi,
proporzioni più grandi di prima? Il problema è già stato
esposto nei quartieri. La riflessione, ora, continua sino ad una
prossima assemblea che, in marzo, dovrà prendere una decisione, speriamo, definitiva.
• I biglietti per il pranzo del
XVII febbraio sono in vendita
presso gli anziani a partire da
sabato 31, giorno in cui viene
messa in distribuzione la nostra
circolare di chiesa ( ’La Sentinella’).
XVII febbraio
SAN SECONDO — Sono stati definiti i momenti che caratterizzeranno la ricorrenza del 17
febbraio:
Domenica 15, alle ore 10.30,
culto presieduto dal Moderatore past. Franco Giampiccoli con
il quale è previsto un incontro
nel pomeriggio alle ore 15.
Lunedì 16, alle ore 20, l’accensione dei tradizionali falò.
Martedì 17, culto con Santa
Cena alle ore 10.30 e partecipazione del Coro ; alle 12.30 il pranzo nella sala per il quale sono
necessarie le prenotazioni entro
il 12 febbraio presso il pastore
o gli anziani. Il prezzo fissato è
di 15.000 lire (12.000 lire per i
bambini fino a 10 anni).
• Il culto di domenica 25 gennaio è stato presieduto dal predicatore locale Roberto Vicino,
cui va la nostra gratitudine.
In questa rubrica pubblichiamo le
scadenze che interessano più chiese
valdesi delle valli. Gli avvisi vanno fatti
pervenire entro le ore 9 del lunedì
precedente la data di pubblicazione
del giornale
______Sabato 31 gennaio_____
□ CONVEGNO MONITORI
1° CIRCUITO
TORRE PELLICE — Alle ore 16.30 alla
Casa Unionista sono convocati I monitori delle Scuole Domenicali del 1°
Circuito per discutere questioni relative alla festa di canto, inni, culto
dei bambini.
Domenica 1 febbraio
n ASSEMBLEA
PRIMO CIRCUITO
LUSERNA SAN GIOVANNI — L'assemblea si tiene alle 14.30 presso 11
Presbiterio di Luserna San Giovanni.
Tema dell'incontro; « L'obiezione fiscale: perché sì, perché no ». La riflessione sarà introdotta da Aldo Ferrerò della Commissione pace e disarmo.
Giovedì 5 febbraio
□ COLLETTIVO BIBLICO
TORRE PELLICE — Presso la sala
del centro di incontro di via Repub=
blica, alle ore 20.45, il pastore Giorgio Tourn parla sul tema » Amos,
profeta della giustizia ».
Venerdì 6 febbraio
□ COORDINAMENTO
STRUTTURE
RECETTIVE
TORRE PELLICE — Alle 20.30 presso la Foresteria Valdese si tiene la
prima seduta del « Coordinamento delle strutture recettive » della chiesa
valdese in Val Pellice. La riunione,
cui partecipano i membri dei diversi
Comitati delle strutture d'accoglienza, sarà introdotta dal sovrintendente
di Circuito.
Incontri
Il Coordinamento degli obiettori alle spese militari del Piemonte, in collaborazione con il Coordinamento del
comitati per la pace nel Piemonte,
organizza un seminario sul tema: « Il
metodo della disubbidienza civile e
la proposta della difesa popolare
nonviolenta »:
sabato 31 gennaio,
a partire dalle ore 9,30
domenica 1 febbraio
fino alle ore 12,30
a Novara, Baluardo Partigiani 6 (nella
ex Sala Consiliare). Relatore sarà
Jean-Marie Muller (autore di « Il
Vangelo della nonviolenza » e di
« Strategia della nonviolenza »). Per
maggiori informazioni rivolgersi a Renato Bolognese (0321/26724, ore serali).
10
m'.
r?- '
Í0 valli valdesi
30 gennaio 1987
W'
t\r
M:
PINEROLO
Dialogo tra
due passeggeri
e uno scrittore
di almanacchi
Scena: un giorno feriale, treno delle 18,38 in partenza da
Porta Nuova per Torre Pellice.
Sale lo scrittore di almanacchi.
Sale il primo passeggero. Prima
fermata: Lingotto. Sale il secondo passeggero.
1” passeggero: « Ciao ».
2® passeggero: « Ciao. Non
parlarmi! E’ stata una giornata
dura. Sapessi cosa mi è capitato ».
1“: « Cosa? ».
2°: « Sai che nella mia boita
sono il responsabile della sicurezza? Oggi sono venuti quelli
dell’Ispettorato del lavoro ».
1®: « Ti capisco, quando vengono quelli sono sempre grane ».
2®: « Grane? Hanno fatto un
verbale. Adesso il titolare dovrà
andare in Pretura e di sicuro
verrà condannato almeno a tre
mesi. Lo sentirai poi, quello: se
la prenderà con me ».
1®: « Ma cosa hanno visto? ».
2®: « C’erano operai che saldavano senza aspiratori. Noi li
abbiamo gli aspiratori, ma a volte non possiamo saldare tutti i
pezzi in quel reparto, così lo facciamo in un altro. E’ una legge
troppo stretta, che non ti dà libertà... poi... ».
1®: « ...poi...? ».
2°: « Gli operai, ah, buoni quelli. La fabbrica gli passa le scarpe antinfortunistiche, ma loro
non se le mettono. Cosa possiamo
farci noi se non se le mettono?
Dobbiamo obbligarli? Secondo
quei li, sì. Non c’è più libertà...
E la stessa cosa vale per gli occhiali ed i guanti ».
1®: « Ma non si può far niente? ».
2® « Non so, forse bisogna ungere. Ritornano la prossima settimana ».
1®: « Quando fanno così vogliono la mazzetta. Attenzione
però a non farti prendere, parla
poco e in maniera generica. Da
noi, quando è venuta la finanza,
il padrone ha preparato sul tavolo dieci testoni. E quelli hanno detto che la registrazione andava non fatta così, ma diversamente. Sono venuti due giorni dopo e c’erano venti testoni sul tavolo. La registrazione era diventata regolare ».
Scrittore di almanacchi: « Scusate, ma questa non è corruzione? ».
1®: « Sì, ma non si può fare
diversamente. Le leggi sono troppo complicate ».
2®: « Non solo le leggi. Anche
gli operai oggi hanno certe pretese! Quando ero come loro, lavoravo 15 ore senza infortunistica. La gente non sa più sacrificarsi ».
Scrittore: « Sono uno scrittore. Trovo interessante la vostra
storia. Posso scriverla sul mio
almanacco? ».
1®: « Sì, sì. Alla voce: economia reale ». Giorgio Gardloi
La Giunta in quarantena
Sesta crisi politica in un anno e mezzo - All’origine le accuse
democristiane contro un esponente socialista della maggioranza
Il sindaco Trombotto aveva
appena giurato davanti al Prefetto, e subito la sera stessa al
Consiglio comunale la sua Giunta è stata messa in crisi, dopo
una settimana di accuse tra i
partiti cittadini tramite una serie di comunicati e volantini.
Nella seduta del 9 gennaio scorso il Consiglio comunale aveva
infatti eletto il democristiano
Livio Trombotto a sindaco della
città, dopo una crisi politica durata due mesi. Il sindaco era
stato eletto sulla base di un accordo politico di quattro partiti
(DC, PSI, PRI, PSDI), ma alla
sua elezione mancavano alcuni
voti (4) rispetto a quqntì erano
i consiglieri di maggioranza presenti in aula. Trombotto veniva
eletto con 20 voti contro 19 del
candidato di PCI, DP, PLI, il
socialista Arione, che secondo
questa proposta avrebbe dovuto
avere un incarico a termine per
verificare la possibilità di coagulare attorno al suo programma una maggioranza che escludesse la DC.
Di frónte a questo voto il PSI
di Pinerolo aveva diffuso un volantino in cui accusava PCI e
DP di essere autori di una « provocazione » e di aver fatto parte di un intrigo « prezzolato » e
annunciava il deferimento agli
organi di controllo del partito
di due consiglieri socialisti, Arione e Mongiello, che erano accusati di non essersi dissociati dalla proposta dell'opposizione e
uno di aver accettato la candidatura.
Nel primo Consiglio successivo alla elezione, la DC, per bocca dell'ex sindaco Camusso, affermava che i franchi tiratori
erano da ricercarsi tutti nell'area socialista, mentre tutto il
dibattito era centrato sul volantino del PSI definito calunnioso
da DP e PCI. “ '
L'accusa democristiana sem- .
brava non dovèr provocare &a- ‘
zioni e per due sedute il. Consiglio comunale si dedicava al■ l'esame di alcqne pratiche, tra
cui l'approvazione di una discarica di emergenza per-lo smaltimento dei rifiuti urbani di 38
comuni del comprensorio.
All'inizio della seduta di venerdì 23 gennaio però, il consigliere socialista Pezzo, che durante la settimana era stato indicato da esponenti DC come il
franco tiratore del PSi sulla base di alcuni calcoli che la DC
aveva fatto, valutando il modo
con cui erano state tracciate le
croci a fianco dei nominativi
prestampati degli eleggibili, si
alzava per fare una dichiarazione. Dichiarava che non se la sentiva di appoggiare la Giunta fino a quando non venivano chiarite le accuse democristiane. Anche l'esponente del PSDI (altro
franco tiratore secondo la DC)
dichiarava di voler adottare un
atteggiamento libero da vincoli
di maggioranza.
Per la opposizione era di nuovo una situazione di crisi. Il
PSI chiedeva la sospensione del
Consiglio per valutare la situazione.
Al termine veniva raggiunto
un accordo tra tutte le forze politiche presenti, secondo il quale tutti gli atti della Giunta saranno adottati solo previo esame ed approvazione della conferenza dei capigruppo. Se al
termine di 40 giorni il PSI non
sarà in grado di definire la propria posizione rispetto alla Giunta, quest'ultima dovrebbe rassegnare le dimissioni.
Pinerolo, con questa sesta crisi in un anno e mezzo, è in una
situazione amministrativa difficilissima dovuta anche a forti
cpntrasti personali fra i maggiotri « personaggi » del Consiglio.
Se non veirà modificata la sitùazione, sono probabili le elezioni anticipate.
A. C.
UN NUOVO VINO
Il Doux
d'Henry
COMITATO FERROVIA
Parziali risultati
Il Comitato di difesa della linea ferroviaria Pinerolo-Torre
Pellice ha esaminato nel corso
della sua ultima riimione del
22 gennaio i risultati deU'incontro avvenuto in Regione nel mese di dicembre con fimzionari
e membri della Direzione compartimentale delle ferrovie.
Alcune risposte ai quesiti posti dall'assemblea pubblica del
9 dicembre scorso sonò state
positive: significative richieste
di spostamenti di treni rispetto alle esigenze dei pendolari
per il periodo estivo '87 pare
siano state accolte, tra l'altro
la possibilità di riabilitare la
stazione di Bricherasio per gli
incroci.
Anche per quanto riguarda le
corse notturne annullate la Regione Piemonte si è impegnata
a definire il quadro degli autobus sostitutivi, in particolare
per il treno delle 5.38.
Restano ancora indefiniti i
tempi per la realizzazione di
altri interventi quali i passaggi
a livello automatizzati ed il binario passante a Pinerolo.
Se brevi considerazioni si pos
ASSICURAZIONI
AGENTE GENERALE DI TORRE PELLICE
Arnaldo Prochet
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sono trarre ad un anno daH'inizio della lotta contro la soppressione della linea, da un lato si
notano con compiacimento i primi parziali risultati ottenuti
grazie all'impegno ed alla volontà di pendolari, cittadini ed
amministratori, dall'altro restano insoluti i problemi di una
riorganizzazione del servizio, in
particolare per gli aspetti strutturali.
La presenza, infine, di interlocutori responsabili e competenti lascia aperte possibilità di
soluzioni positive.
La prossima riunione del Comitato difesa del servizio ferroviario è stata fissata per il 1"
febbraio.
P. R.
Consìglio comunale
ANGROGNA — Il consiglio
comunale di Angrogna è convocato in seduta straordinaria per
le ore 20.30 di giovedì 29 gennaio per la prima riunione del
1987.
ONORANZE E
TRASPORTI FUNEBRI
Loris Bounous
Sede: S. GERMANO CHISONE
Domicilio fiscale e abitazione;
Via Tiro a Segno, 3
Q 0121/201524 - PINEROLO
SERVIZI FUNEBRI OVUNQUE
PINEROLO — Presso la sede
della Comunità montana pinerolese pedemontana è stato presentato, non ufficialmente, un
prodotto che ha visto la luce dopo anni di sperimentazione: il
« Doux d'Henry ».
E’ nato quel vino che da anni
molti aspettavano e che per i viticoltori locali può significare la
possibilità di meglio qualificare
anche la restante parte della produzione e, soprattutto, di piazzarla sul mercato.
« E' il frutto di una viticoltura
eroica », hanno commentato, dal
canto loro, Attilio Fontana e
Gianluigi Biestro, rispettivamente presidente e direttore generale
delTAsprovit Piemonte, riferendosi alle uve e quindi al vitigno
che hanno permesso questo esperimento. La costanza è stata premiata ed otterrà un altro riconoscimento quando verrà posta in
commercio la grappa ottenuta
dalla distillazione delle vinacce
del « Doux d'Henry ». Ciò avverrà
non appena il rosato nostrano
avrà terminato il suo « iter » nei
fusti che attualmente lo ospitano. Sia Berger (tecnico Cata)
che Giorgio Barbero (consulente
Asprovit) hanno sottolineato il
valore dell'uva in questione.
Ma siamo già al futuro: una
parte del vino si sta sottoponendo ad altre cure secondo il metodo champenois, alla ricerca di
un'altra identità, quella di brut:
una carta poco giocata sui rosati
che potrà avere un avvenire per
una sorta di doppia vita di un
medesimo personaggio.
La scelta, effettuata come le
altre dagli stessi produttori, sul
tipo di bottiglia, la dice lunga
sull'indirizzo: pensate, ben alle.stita e guarnita da una etichetta
accattivante, un Enrico IV a cavallo per il rosato ed un viso,
dello stesso Enrico, per il brut.
Ed il prezzo della creatura?
« Da cinquemila in su, si vedrà ».
Aperti gli impianti
alia Vaccera
ANGROGNA — L'attività della
Cooperativa turistica Mount
Servin per la valorizzazione turistica della Vaccera prosegue.
In questa settimana sarà installato l'impianto scioviario a fune bassa di 300 metri la cui gestione è stata affidata allo Sci
Club Gran Truc. Tutte le piste
sono in funzione, e così pure il
punto di ristoro al colle.
Durante l’autunno è proseguita l’opera di manutenzione e
messa a dimora di nuove piante
ed arbusti.
Nell’assemblea tenuta il 23
gennaio u.s. è stato rinnovato
il Consiglio. Sono risultati eletti Valdo Benech, presidente; Gino Barai, vicepresidente; Giorgio Canonico, segretario, ed il
Collegio sindacale presieduto da
Andrea Ribet con Mario Cucchiarati e Mario Palpian sindaci effettivi.
Acquedotto
inquinato
PRAROSTINO — La USSL
raccomanda alla popolazione di
bere l’acqua del comune solo
dopo averla bollita. Le analisi
hanno infatti riscontrato la presenza di colibatteri, nelTacqua
di una delle numerose sorgenti
di cui è ricco il comune. Il comune dovrebbe iniziare presto
i lavori di potabilizzazione attraverso l’immissione di cloro. La
gente si chiede il perché, cosa
ha dato origine all’inquinamento.
Sciare, che passione!
Corsi di sci — La Comunità
Montana Val Pellice organizza
dei corsi di sci di fondo e di
pista; i primi si svolgeranno al
colle della Vaccera e a Piamprà, i secondi al Rucas.
I corsi, per ragazzi/e fra i 9
ed i 16 anni, comprenderanno
sei lezioni a partire dai primi
giorni di febbraio; sono richiesti contributi individuali di 25
mila lire per il fondo e 60 mila
lire per la pista e comprendono
iscrizione, assicurazioni, l’uso
degli sci, l’assistenza dei maestri e, nel caso della pista, il trasporto alla stazione di Rucas.
Per ulteriori informazioni rivolgersi presso gli uffici della
Comunità Montana in piazza
Muston 3, a Torre Pellice, ivi
comprese le iscrizioni che dovranno pervenire entro il 30 gennaio prossimo.
Pro Loco
TORRE PELLICE — Martedì 10 febbraio. alle ore 21, presso la sede dì
via Repubblica 3, si tiene l'assemblea
generale dei soci dell Associazione
Pro Loco di Torre Pellice. La partecipazione è aperta a tutti quanti sono
interessati ad avanzare nuove idee e
proposte.
Amnesty International
TORRE PELLICE — Giovedì 29 gennaio, ore 16.30, al Centro d incontro
avrà luogo una riunione con il seguente o.d.g.: a) riepilogo delle Azioni Urgenti svolte in difesa dei diritti
dell’uomo in Colombia e in Cile: b)
ultimi accordi per l'iniziativa “ Una
candela alla finestra per un prigioniero per motivi d'opinione» (31.1,
dalle 18.30); c) audizione di alcuni
programmi autogestiti dal Gruppo a
Radio Beckwith, trasmessi ogni primo
lunedi del mese, ore 18.45 (FM
91.200).
11
30 gennaio 1987
valli valdesi 11
PER LA CONOSCENZA DEL FRANCESE
Francia in TV
Lettere all'Eco delle Valli
E’ aspirazione, o perlomeno
un augurio, di molti che si torni
ad utilizzare, accanto agli storici
dialetti, la lingua francese nelle
Valli del Pinerolese, non solo nelle Valli Valdesi.
.Alcuni ritengono che basti insegnare la lingua francese fin dai
primi anni a cura della famiglia
o della scuola; esemplare in questo senso è la sperimentazione
ministeriale in atto nel Circolo
Didattico di Luserna San Giovanni, che pure subirà con l’anno
prossimo, per decisione burocratica romana, un ridimensionamento.
Altri pensano che la lingua
francese riuscirà a sopravvivere
e magari a radicarsi maggiormente alle Valli se le associazioni o gli spazi cultural-religiosi daranno a quella lingua un posto
di riguardo o perlomeno di attenzione nei loro consessi e ijelle loro pubblicazioni; '
Io credo che né la famiglia né
la scuola né gli enti cultural-religiosi riusciranno a far grandi
passi nel dare ceso e diffusione
alla lingua francese senza l’intervento della televisione: oggi la
nuo\'a « scuola delle capre » degli
anni duemila anche della nostra
popolazione valligiana.
E un’occasione c’è.
.A partire da sabato 27.12.86 la
r' rete televisiva RAI trasmette tutti i sabati, di mattino, dalle
ore 9 alle ore 9,30, un'agile e simpatica rubrica: « Aujourd’hui en
France » a cura dell’Ufficio Linguistico di Torino, sotto gli auspici dell’Ambasciata di Francia in
Roma.
Si tratta di una serie di 30 trasmissioni di 27’ l’una rivolta ad
un pubblico scolastico e di adulti
con una certa capacità di comprensione orale del francese.
Gli obiettivi che si propone
questa rubrica sono quelli di far
ascoltare e vedere il francese dei
francesi. E’ infatti data la possibilità al teleutente di informarsi
sulla vita quotidiana, culturale e
scientifica della realtà francese.
Ogni trasmissione si compone
di tre o quattro films (luoghi, uomini, idee) ohe vengono presentati in tre tempi: introduzione in
italiano — proiezione del film in
francese — commento in francese suH’informazione data, anche
per abbozzare un paragone fra la
realtà francese e quella italiana.
Ma l’obiettivo principale è quello di risvegliare o stimolare nello
spettatore una certa curiosità nei
riguardi della Francia e del francese: per chi lo conosce c’è la
possibilità di verificare e consolidare il suo bagaglio linguistico e
culturale, per chi non familiarizza con la lingua francese si vuole
suscitare, ih. lai il desiderió..:di saperne di -più e di avvicinarsi a
quella lingua e a quella cultura.
La trasmissione, già andata in
onda nel semestre scorso sulla 3°
rete (ma le difficoltà di ricezione
nelle valli ci hanno sconsigliato
di pubblicizzarla) ha raccolto numerosi consensi sia del pubblico
adulto sia delle scolaresche, specie delle scuole superiori.
Il responsabile della trasmissione, Monsieur Gérard Augé, addetto linguistico a Torino, si augura che la trasmissione incontri
benevola accoglienza fra i valligiani del Pinerolese, attenti per
tradizione alla lingua e alla cultura francese.
Se così sarà avremo qualche
« chances » in più per rivendicare
a pieno titolo il fatto che alle
Valli il francese non è lingua
straniera ma semplicemente una
seconda lingua della popolazione.
Franco Calvetti
Amnesty International
invita la popolazione
delia Val Pellice
ad esporre una candela accesa sui davanzali delle finestre la sera del
sabato 31 gennaio, con inizio alle 18,30.
La fiamma di tante e tante candele sarà il segno della solidarietà
degli abitanti della Valle con i prigionieri d’opinione e il simbolo di
Amnesty all’opera per il rispetto dei diritti umani nel mondo.
L’INGIUSTA TASSA
SUI RIFIUTI
Ho letto sull'Eco delle Valli il botta
e risposta fra la professoressa Franca CoTsson, sindaco di Angrogna e
Leo Co'isson; il primo intervento suila
tassa raccolta rifiuti, il secondo sulla
tassa ingiusta [le tasse sono tutte
un po' fuori posto). Fra i due, approvo
quanto scritto da Leo sulla tassa ingiusta che è chiara e iampante; i
rifiuti soiidi non sono fatti dai metri
quadrati ma dalle persone. Una persona sola con un grande appartamento non può produrre rifiuti come una
famiglia di 5 o 6 persone in un appartamento di superficie minore.
Faccio ora un'altra considerazione.
Chi ha la seconda abitazione resta
penaiizzato 4 volte: la prima per
i'IRPEF, la seconda per l'ILOR (per
entrambi il reddito viene aumentato
di un terzo), la terza da parte dell'ENEL che ne approfitta facendosi
pagare fi triplo della quoja fissa e il
triplo dei KW consumati. Molti hanno
la seconda casa forzatamente a causa del lavoro, altri avendo una abitazione non confortevole per la stagione invernáis sono costretti a cercare
una abitazione più agevole, così una
delle due diventa la seconda abitazione. Su tutto ciò l'ENEL ne approfitta
e specula.
Questi sono soldi rubati dai salari
dei poveri pendolari che oltre ad essere penalizzati in tutti i modi debbono ancora pagare i'affitto di una di
queste abitazioni. Ed infine: quarto
modo di essere penaiizzati, ad opera
dei comuni con la tassa sui rifiuti
soiidi. Oltre al disagio di fare i pendolari, ia seconda abitazione diventa
una tortura. La tassa rifiuti dovrebbe
essere a persona e non a metri quadrati, giusto come ha detto Leo Coisson; se ci fosse un dibattito davanti
ad un iegale è sicuro che ci darebbe
ragione.
Chi ha un po’ di cerveiio può faciimente convalidare tutto questo: se
poi ad esempio una famiglia abita
sei mesi in una di queste abitazioni
e sei mesi nell'altra, è chiaro che
quando fa i rifiuti in una non li fa
nell'altra. Perché allora deve pagare
i metri quadrati contemporaneamente
di tutte e due e per tutto l'anno?
Ringraziando cordialmente.
Carlo Ferrerò, Pomaretto
ERRATA
Nell'articolo ■■ Un giro per la Val
Germanasca », comparso sul numero
1 del 9 gennaio a firma di Cario Ferrerò, siamo incorsi in una non corretta interpretazione del suo scritto.
Nell'elenco che compare nella parte finale dello stesso e che noi abbiamo riferito a quantitativi di produzione agricola e ad attività esistenti
in vallata gli stessi dati sono invece
da Intendersi come quantitativi di
produzione e quantità di servizi o attività che invece si sono perse o
ridotte nel periodo considerato dall’autore. Ci scusiamo di questo errore.
A. L.
GOLF O TOMA?
Caro direttore,
raccogliendo l'invito di Marco Baltieri, vorremmo esprimere i nostri dubbi sul progettato campo da golf.
D’accordo sulla costruzione di impianti sportivi, se si trattasse di recuperare una zona degradata.
Ma qui ci troviamo di fronte a un
territorio in cui l’opera dell’uomo e
quella della natura sono integrate in
modo incredibilmente armonioso. Pascoli ricchissimi, boschetti, alberi da
frutta caratterizzano un’area che può
a buon diritto essere proposta come
modello da chi sostiene che produzione di beni e rispetto deH’ambiente
possono andare perfettamente a braccetto.
Vaiorizzare, migiiorare... ma scherziamo? Da quando in qua un prato
imbalsamato è meglio di un pascolo
fiorito? Certo, ie mucche e le pecore
che frequentano quei pascoii lasciano
ricordi del loro passaggio ohe non olezzano di Denim » né di « Arrogance ».
Ma a noi, come a tutti queili che vedono un po' più in là del loro naso,
vanno benissimo.
« La gente non si rende conto dei
vantaggi » — dice il sindaco di Torre
Peiiice. Ma quaii vantaggi? Un bel
parcheggio al posto di un orto? Uno
spogliatoio al posto di un pioppeto?.
Alla fin fine, si tratta di sottrarre
degli ettari di terreno all'uso della
comunità (intesa nel senso più ampio) per consegnarli nelle mani di un
ristrettissimo gruppo di persone.
Siccome a noi piace il buon latte,
siccome ci piace ammirare (da entomoiogi dilettanti) i’immensa varietà
di insetti che vivono in quel territorio (e che indicano la presenza di un
raro equilibrio ecologico), siccome ci
piace osservare (da botanici non del
tutto dilettanti) il rapporto ohe si crea
tra vegetazione spontanea e microclimi, siccome non ci interessa inseguire
costose paliine mulinando costosissime mazze, non siamo d'accordo.
E non lo saremo fino a quando qualcuno non riuscirà a dimostrarci che
un campo da golf produce deH’ottima
« toma ».
Con i più cordiali saiuti.
Enrico Fumerò,
Susanna Baffone, Torre Peiiice
RINGRAZIAMENTO
« In pace io mi coricherò e in
pace dormirò perché tu solo, o
Eterno, mi fai abitare al s,curo »
(Salmo 4: 8)
I familiari di
Irma Pons
nell’impossibilità di farlo singolarmente ringraziano sentitamente i cari, amici ohe le sono stati di conforto durante la lunga malattia, e quanti l’hanno accompagnata aiTultima dimora terrena. Un ringraziamento particolare al
prof. Claudio Tron, al past. RutigUano, aRa sig.ra Emma Pascal ed al
dott. Meli.
Chiotti, 19 gennaio 1987.
RINGRAZIAMENTO
« Beati i morti che muoiono
nel Signore... si riposano dalle
loro fatiche e le loro opere li
seguono »
(Apocalisse 14: 13)
La figlia Iva Gardiol ed il nipote
Paolo di
E lena Schaeren vedova Codino
ringraziano tutte le persone che sono
state loro vicine in occasione deUa
dipartenza deUa loro mamma e nonna,
in -■ particplar modo i pastori Marco
Ayassot ed Archimede Bertolino. Ringraziano pure tutto il personale della
casa di riposo Turina di S. Secondo.
Pinerolo, 22 gennaio 1987. ____
USSL 42 - VALLI
CHISONÈ - GERMANASCA
Guardia Medica :
Notturna, prefestiva, festiva: presso Ospedale Valdese di Pomaretto - Tel. 81154.
Guardia Farmaceutica :
DOMENICA 1° FEBBRAIO 1987
San Germano Chisone: FARMACIA
TRON - Telef. 58766.
Fenestrelle; FARMACIA GRIPPO Via Umberto I, 1 - Tel. 83904.
Ambulanza :
Croce Verde Perosa: Tel. 81.000.
Croce Verde Porte: Tel. 201454.
USSL 44 - PINEROLESE
( Distretto di Pinerolo )
Guardia Medica :
Notturna, prefestiva, festiva: Telefono 74464 (Ospedale Civile).
Ambulanza :
Croce Verde Pinerolo: Tel. 22664.
USSL 43 - VAL PELLICE
Guardia Medica :
Notturna, prefestiva e festiva: Telefono 932433 (Ospedale Valdese).
Guardia Farmaceutica :
DOMENICA 1° FEBBRAIO 1987
Bricherasio: FARMACIA FERRARIS Via Vittorio Emanuele 83/4 - Tel.
59774.
Villar Pellice: FARMACIA GAY Piazza Jervis - Tel. 930705.
Ambulanza :
Croce Rossa Torre Pellice: Telefono 91.996.
(segue da pag. 6)
3.2. Lucilla:
E’ chiaro che in una situazione così fluida e piena di tensione come è
quella della guerra o dello sfascio
di un sistema socio-politico, come è
successo ad esempio alla caduta del
fascismo nel nostro paese, la prima
preoccupazione è di salvare se stessi e le persone a cui siamo legati,
sah arsi, non solo fisicamente, ma
anche psicologicamente. Non dimentichiamo che Rahab era una donna
e probabilmente la sua condizione
particolare di prostituta le ha permesso di prendere delle iniziative
audaci, di osare un atteggiamento
forte, cosa impensabile per le donne
del suo tempo. Ma il fatto più importante mi sembra essere il coraggio di Rahab di abbandonare senza
sensi di colpa e nostalgie il vecchio
sistema, chiaramente allo sfascio,
la vecchia Gerico con le sue strutture e i suoi capi, per un nuovo sistema. Rahab ha il coraggio di scegliere un nuovo mondo, dai contorni ancora indefiniti, ma che per intuizione lei riconosce vincente, e in que
Una storia di spie
sta scelta attira anche la sua famiglia. Il suo è un gesto profetico, e
come quasi tutti i gesti profetici, la
trova sola, in cammino verso un
mondo e dei modelli di vita non ancora riconosciuti dalla sua città,
ma non per questo meno validi o
meno buoni.
Rahab, legata
doppiamente a Gesù
3.3. Susanne:
Rahab ha chiesto una contropartita per le sue decisioni. Restando
nel testo, invece non ha chiesto niente per quel che riguarda la sua fede.
Per la sua fede non ha guadagnato
nulla. La fede ha messo in moto una
decisione che sul piano pratico ha
messo in salvo lei e la sua famiglia.
Se però usciamo dal nostro testo
possiamo cogliere tutto il peso della gratuità dell’attenzione di Dio ver
so gli esseri umani. Rahab è stata incorporata nella storia di Gesù, fa
parte della genealogia di Gesù, secondo quanto dice il testo di Matteo che abbiamo letto (1: 5). Ancora una volta si verifica qui ciò che
è proprio dell'agire di Dio. In lui si
trova una appartenenza. E’ lui a utilizzare la tua persona per quanto la
tua identità possa emergere dalla
ambiguità, a dare un valore e un posto da occupare. Rahab era una straniera e una prostituta. Proprio con
questi elementi della sua identità è
stata attirata nel progetto di Dio per
l’umanità; quasi suo malgrado, potremmo dire.
In questa sua doppia identità di
straniera e di prostituta, è legata
due volte a Gesù, da un lato come
elemento della sua genealogia e dall'altro come anticipazione dei numerosi incontri di Gesù con donne straniere e prostitute che diventano
messaggio di giudizio per la sicu
rezza di fede di coloro che si ritenevano « a posto » davanti a Dio e davanti agli uomini. Rahab riceve una
appartenenza da Dio proprio a partire da questi due elementi: non le
è stato chiesto di cancellarli.
Noi viviamo ogni giorno tante appartenenze: familiari, etniche, legate al nostro lavoro, ai nostri passatempi, alle nostre preoccupazioni.
Quando il Signore si rivolge a noi,
queste appartenenze vengono a fare
i conti con quella che ci dà il Signore: siamo inseriti in un movimento
di cui lui tiene le fila. Rahab è rimasta una prostituta straniera che ha
aiutato delle spie nemiche, ma si
può leggere ora questo fatto alla
luce dell'appartenenza che le ha dato Dio inserendola nella storia di
Gesù. Se questo è vero, anche noi
che siamo attirati nella stessa storia, nello stesso movimento di Dio,
possiamo leggere i nostri frammenti
di identità, i fili multicolori della
nostra vita, come significativi: non
come degli ostacoli da superare, ma
come terreno in cui lasciarci incontrare.
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UNA RICERCA SCIENTIFICA SULL’ALCOOLISMO IN ITALIA
Più consumi, più morti:
ia mappa dei business "aicooiico"
Quasi trentamila all’anno i decessi in Italia in seguito aM’abuso di alcool - Oggi il 9,2% degli
italiani sono considerati « grossi bevitori », ma l'alcool in Italia è anche una grande industria
Ì morti d’alcool — i medici
si riferiscono in questi casi alla
psicosi alcoolica e alla sindrome di dipendenza da alcool —
sono diminuiti dagli anni Cinquanta all’inizio di questo decènnio (681 decessi nel 1955; 380
censiti nel 1980: quasi la metà).
Ma a questa buona notizia si
contrappone un’altra decisamente peggiore: la cirrosi epatica,
liiàlattia collegata all’abuso di
aicool, ha provocato nello stesso
arco di tempo un aumento del
159% di casi di morte, secondo
i. dati forniti dall’Istat. Una ricerca su realtà e prospettive
dell’alcoolismo, condotta da Gian
Battista Modonutti deirUniversità di Trieste, fissa i’allarme
sul rischio-alcool sU una percentuale di incremento dei decessi, in 25 anni, che fa riflettere più di tanti discorsi: 35,4%.
Sommando i casi correlati a
psicosi, cirrosi e ad altre malattie mortali, il ricercatore ha
quantificato in 28.900 i decessi
del 1980 attribuibili all’uso degli alcoolici. In altre parole, in
quell’anno sono morte in Italia
«52,2 persone ogni 100 mila. I due
terzi sono rappresentati da quelli .per cirrosi epatica (19.466). Un
fenomeno particolarmente grave in Valle d’Aosta (60 per ogni
100 mila abitanti), Friuli, Trentino e Veneto, nonché fra gli
uomini rispetto alle donne. Queste ultime rappresentano la metà delle stime ufficiali. Ancora
un flash: per cirrosi si muore
più facilmente col progredire
dell’età verso la vecchiaia; per
psicosi alcoolica sembra vero il
contrario.
La fotografia del rischio-alcool
si completa con le informazioni
che Modonutti fornisce sulle
morti di cui il bere è considerato una « precisa concausa »:
quelle dovute a tumori del primo tratto delTapvparato digerente - bocca, faringe, laringe, esofago - del fegato e a pancreatiti croniche. « Non meno certo
— afferma il docente universitario — appare il coinvolgimento dell’alcool nella patogenesi
della tubercolosi polmonare, delle malattie cardiovascolari, degli incidenti stradali e del lavoro, degli omicidi e dei suicidi,
nonché di altri stati morbosi
mal definiti ».
La sigla MAC (malattie alcool
correlate) occupa una posizione
di rilievo, fa ancora notare Modonutti, fra le cause di morte
per grandi gruppi, preceduta
ovunque dai decessi dovuti alle
malattie del sistema circolatorio, ai tumori e, con qualche
eccezione — Valle d’Aosta, Friuli
Venezia Giulia, Trentino Alto Adige e Veneto —, alle malattie
dell’apparato respiratorio. In Emilia Romagna, Campania e Basilicata, invece, questo tipo di
decessi è preceduto anche da
quello per « traumatismi e avvelenamenti », mentre in Sicilia
da quello dovuto a « sintomi, segni e stati morbosi mal definiti ».
I « grossi bevitori » costituiscono ovviamente la fascia più
a rischio della popolazione: nel
biennio 1979-80 si è calcolato,
in base alla formula di Jellinek,
che questa « categoria » di persone rappresentasse il 9,2% degli italiani, ossia, in cifre assolute, 5.195.000 persone che consumavano oltre 120 grammi di
alcool anidro al giorno. Nella
mappa dell’Italia che beve molto, primeggia il nord-est: Friuli
Venezia Giulia (22,8%); Veneto
e Trentino Alto Adige (15,2%).
Ma al secondo posto va inserita
la piccola Valle d’Aosta, dove il
21,8% della popolazione rientra
in questa fascia di grandi consumatori di alcoolici. Queste
percentuali scendono decisamente nelle regioni centrali (che
oscillano dal 6,3% delle Marche
al 9,3% deU’Umbria) e meridionali, dove i tassi di particolare
affezione all’alcool risultano i
più bassi in assoluto. Purtroppo,
però, è proprio in queste ultime
regioni che si « registrano gli incrementi percentuali più marcati di morti causate da malattie collegate aU’abuso di alcool,
a testimonianza della crescente
diffusione del problema anche
in alleile aree del Paese ».
L’altra faccia della medaglia è
costituita dalla produzione, dalla disponibilità e dal consumo
di bevande alcooliche. Per cominciare, l’Italia rimane, con 72
milioni di ettolitri (l’anno di riferimento è sempre il 1984), il
maggior produttore di vino: la
conseguente teorica disponibilità per i consumi prò capite si
aggira fra i 101 e i 148 litri all’anno.
Anche sul « fronte » della birra la disponibilità di prodotti è
passata dai quasi 3 litri del 1951
ai 16 e mezzo del 1984 (con un
incremento del 683%). Contemporaneamente è salita la gradazione alcoolica di queste bevande. Le ricerche di Modonutti
sottolineano come, mentre 35 anni fa tutta la birra nazionale
aveva una gradazione alcoolica
inferiore agli 11 gradi saccarometrici (unità di misura della
presenza di zucchero in soluzione), nel 1984 il 36% della produzione superava i 12 gradi sacca
Un giornale è.
anche lavoro. Lavoro
per redattori,
tipografi,
correttori di bozze,
spedizionieri.
Mariella Taglierò
e Luisa Ribet:
da alcuni anni
correttrici delle bozze.
Grazie al loro lavoro preciso
il giornale esce
in forma corretta.
ABBONAMENTI '87
Scegli subito fra tre possibilità
Abbonamento ordinario
lire 31.000
Abbonamento a ’costo reale’
lire 50.000
(è II costo del giornale
diviso per
il numero degli attuali abbonati)
rometrici.
In aumento è pure il diagramma che rappresenta la produzione-disponibilità di alcool etilico: -b 481% in 35 anni, pari a
7,4 litri medi annui a disposizione di ciascun italiano. E nondimeno, secondo cifre fornite
dal Ministero delle Finanze, sono salite le importazioni, da
quelle del vino ( -b 236% ) alla
birra (-b 9935%), con oscillazioni ancora più vertiginose per il
vermut (-b 16.200%). L’importazione di acquavite e liquori si è
attestata invece a quota -b 7677
per cento. Tuttavia lo stesso Modonutti avverte che, seppure interamente consumate nel 1984,
tutte queste bevande avrebbero
comunque rappresentato « solo »
il 7,03% della dieta alcoolica del
bevitore italiano.
Sotto la spinta di vecchi e nuovi modelli, i consumi si sono
moltiplicati e, se quelli di vino
sono scesi dai 116 litri prò ca
IN ITALIA
3.000
obiettori
fiscali
Abbonamento sostenitore
lire 70.000
(con diritto a due stampe
di Marco Rostan raffiguranti
i templi di
Luserna S. Giovanni e di Pramollo)
Abbonamento estero lire 55.000 (via ordinaria), lire 84.000 (via aerea)
(GII abbonati esteri sono pregati di non inviare assegni bancari, ma di versare gli Importi relativi a mezzo postagiro
internazionale o vaglia da accreditarsi sul conto corrente postale 327106 intestato a Eco-Luce — casella postale —
10066 Torre Pellice).
Versare l’abbonamento:
— tramite C.C. postale n. 327106 intestato Eco delle Valli-La Luce - 10066 TORRE PELLICE
— tramite le Librerie Claudiana di Torino, Torre Pellice, Milano
— tramite l’incaricato della tua chiesa.
pile degli anni Sessanta ai 90,5
del 1984, sono aumentati quelli
di birra e superalcoolici, rispettivamente del 550% e del 71%.
E’ possibile anche un confronto
sulle quantità di alcool anidro
consumate mediamente prò capite all’anno, da cui appare evidente la diversificazione del bere: 10,9 litri (vino), 19,5 (birra)
e 1,2 (superalcoolici). Lo studio
di Modonutti sottolinea come i
nuovi consumi si affianchino, non
sostituiscano quello tradizionale
del vino, anche in famiglia, « dove i consumi di alcoolici rappresentano nel 1984 il 77,2% del consumo totale medio annuo prò
capite di alcool anidro stimato
per la popolazione italiana ».
Tre proposte
di legge
E’ iniziata presso il Parlamento la discussione su tre proposte
di legge riguardanti il problema dell’alccolismo. La prima
del 1984, primo firmatario l’on.
Foschi, la seconda del 1985, primo firmatario l’on. Tagliataue e
la terza di iniziativa popolare
promossa dalle Chiese Avventiste.
Le prime due proposte fanno
seguito ad una risoluzione del
Parlamento Europeo del 1982
sulla prevenzione e il controllo
delTalcoolismo con programmi
finalizzati all’educazione sanitaria nelle scuole, alla prevenzione
nelle caserme, nei luoghi di lavoro e nelle carceri, al divieto
della pubblicità degli alcoolici.
La proposta delle Chiese Avventiste, oltre alle norme sopra
citate, prevede anche il divieto di
vendita di prodotti alcoolici sulle autostrade e il divieto di guida di veicoli a motore sotto
l’influsso dell’alcool.
« Si vis pacem, para pacem »:
questo motto è la filosofia di
quanti, con un atto di disobbedienza civile, non pagano quella
quota di tasse che il Ministero
della Difesa destina agli armamenti, deducendola dalla dichiarazione dei redditi.
Nel 1982 gli obiettori fiscali
(come vengono definiti gli obiettori di coscienza alle spese militari) erano 419 in tutta Italia,
mentre ora sono più di tremila.
I loro rappresentanti stanno ora
preparando proposte di legge
affinché lo Stato riconosca il
diritto all’obiezione fiscale. Per
ora, i soldi che scelgono di non
pagare all’Erario (il 5,5% delTlrpef) li versano in una cassa
comune e li destinano in aiuti al
Terzo Mondo, in ricerche di energie alternative e sulTambiente, in sostegno ad iniziative nonviolente. Dai 16 milioni di lire
del 1982 siamo giunti ora ai
220 milioni.
Gli o.f. si sono riuniti il 14 dicembre scorso a Napoli per una
assemblea generale che doveva
esaminare i nuovi piani del Movimento, studiare le strategie per
aumentare le adesioni, valutare
le esperienze compiute fin qui.
Sono intervenuti due parlamentari ed il primo obiettore di coscienza (del 1949), Pietro Pinna.
In base ad un questionario fra
gli aderenti, risulta che gli o.f.
sono più numerosi al Nord (Lombardia, Piemonte, Veneto), in
maggioranza insegnanti ed impiegati, fra i 26 ed i 35 anni, celibi e cattolici impegnati.
E’ stato preparato un progetto di legge che riconosce il diritto a scegliere di non pagare
le tasse destinate alle armi. Finché questo progetto non sarà
approvato dal Parlamento, gli
obiettori continueranno a pagare una parte del loro reddito
non allo Stato, a fare ricorsi ed
a subire pignoramenti da parte
degli ufficiali giudiziari.
(da «L’Incontro»)
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