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Anno 120 • n. 3
20 gennaio 1984
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delle valli valdesi
SETTIMANALE DELLE CHIESE-EVANGELICHE VALDESI E METODISTE
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Punti
di vista
i GRAVI FATTI DELLA TALBOT IN FRANCIA RIPROPONGONO UN ANTICO PROBLEMA
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Quando nel 1951 il presidente
Truman tentò dì”nominare l’ex
génerale Mark Clark ambasciatore presso il Vaticano, il clamore suscitato negli Stati Uniti da
questo gesto lo costrinse a fare
marcia indietro. L’opposizione
che oggi incontra il presidente
Reagan nella sua decisione di
istituire relazioni diplomatiche
con la Santa Sede è giudicata
minore di allora — riferisce il
New York Times — ma si prevede che andrà crescendo. Già
si preannuncia la battaglia congressuale in occasione della nomina deU’ambasciatore o il ricorso alla Corte Suprema di giustizia, mentre in campo ecclesiastico si sono duramente pronunciati contro la decisione di Reagan il Consiglio Nazionale delle
Chiese, l’Associazione Nazionale
degli « Evangelicals », il Comitato Battista sugli Affari pubblici
e altri organismi in rappresentanza di decine di milioni di americani.
E’ il solito settarismo projestante americano c1ìé~TBaI*”s^ffoHa'1à”cfefèftà' cattolica fuori
dalla nosizione minoritaria di
un tempo? Così hanno pensato
probabilmente diversi commentatori italiani che dopo aver registrato l’accordo Reagan-Santa Sede come un fatto scontato non
hanno dato alcun peso all’opposizione interna suscitata dalla decisione dell’amministrazione Reagan. Ma a parte U fatto che non
si sono mossi solo i protestanti
— bensì anche gli Ortodossi e gli
Ebrei — è necessario rendersi
conto che il dibattito non si
svolge su un terreno confessionale bensì costituzronale.
Ora, in un paese come il nostro, in cui non solo la prassi ma
anche la costituzione sancisce la
supremazia di una confessione
religiosa sulle altre, un gesto come quello di Reagan è visto co
me una normalizzazione e l’op
posizione che esso suscita appa
re un po’ fuori del tempo e della realtà. Ma in un paese in cui
uno dei principi fondamentali
della costituzione e della vita civile è la separazione tra stato e
chiei^. il dr~Rcàgà^ ili
quàmlo conferisce ad una chiesa
canali privilegiati e legami particolari col potere civile, appare
come un grave attentato aU’ordine costituzionatéTir'questCTnHi
solò pèfTPpotSre che ciò conferirebbe a quella chiesa ma anche
per la possibilità inversa: che
l’amministrazione — come è stato ipotizzato in campo cattolico
— voglia usare il « filo diretto »
col Vaticano per piegare certe
tendenze scomode dell’episcopato
cattolico statunitense.
All’opposizione che ha incontrato la decisione dell’amministrazione Reagan non possiamo
che dare dunque la nostra totale adesione. Non solo perché essa tende a riaffermare la coerenza costituzionale degli Stati Uniti (che alla fin fine riguarda solo gli americani). Ma soprattutto
per la lezione di coerenza evangelica che noi percepiamo alla
base del separatismo americano
e che il nostro paese farebbe
bene ad ascoltare in questo tempo di tentazioni neo-concordatarie; la chiesa sìa chiesa e non si
lasci coinvolgere dalla logica del
potere.
Franco Giampiccoli
Razzismo, malattia deil’umanità
SeconcJo stucdi recenti è la diversità dello straniero ciò che genera paura e odio - La responsabilità delle chiese neiraccoglierlo invece come un fratello per il quale Cristo è morto
I fatti di violenza verificatisi
in Francia in questi ultimi giorni nella fabbrica Talbot di Poissy, ripropongono con forza, in
questo inizio del 1984, -un problema mai risolto e sempre più
diffuso, che la crisi economica
dilagante non fa che acutizzare,
rivelandolo in tutta la sua drammatica realtà; quello del razzismo.
II fatto che questa violentissima ondata razzista sia scoppiata a Poissy non è un caso : è che
la fabbrica automobilistica della Talbot è quella che concentra il maggior numero di lavoratori stranieri (il 52,3% del totale dei lavoratori, mentre la
Renault ne conta il 25,8% e la
Peugeot il 27,5%). Inoltre, si
tratta per la maggior parte di
Nordafricani e in particolare di
Marocchini, i quali rappresentano il 32% del totale degli operai. Vengono poi gli Algerini
(6%), quindi i Turchi, i Senegalesi e gli Spagnoli.
Ora, com’è noto, la xenofobia
nei confronti dei Maghrebini è
molto radicata in Francia. Retaggio storico di una mentalità
coloniale che per oltre un secolo ha asservito metà dell’Africa, nel nome della civilizzazione,
questo triste fenomeno, mai cancellato, si trasforma in vero e
proprio odio razziale quando la
crisi economica viene ad investire il benessere e la sicurezza
dei Francesi autoctoni. E’ per
l’appunto ciò che sta accadendo
alla Talbot di Poissy (e che, potenzialmente, può accadere domani in qualsiasi impresa): per
esigenze di ristrutturazione, la
direzione della Peugeot/Talbot
aveva deciso di procedere a
2.095 licenziamenti. La mediazione del governo francese è riuscita a far ridurre il numero a
1.095, per la stragrande maggioranza, però, immigrati. Mentre
la CGT, sindacato filo-comunista, accetta sostanzialmente questo tipo di accordo, la fllo-socialista CPDT ha deciso di appoggiare la comprensibile reazione
dei lavoratori stranieri, il che
ha portato alle violenze e ai fatti di sangue di questi ultimi giorni. Oltre alle divisioni e alle rivalità inter-sindacali, si è verificato da un lato lo scoppio delle
ben note contraddizioni interne
alla classe operaia, tra operai
semplici e « colletti bianchi »,
ma dall’altro lato si è prodotta
una divisione inter-operaia non
più su base socio-economica
bensì etnica, il che costituisce
una clamorosa quanto preoccupante smentita, nei fatti, di due
capisaldi della tradizionale teoria marxista, vale a dire la solidarietà di classe e l’internazionalismo proletario. Ciò del resto viene ulteriormente confermato dal fatto che, in questa
vicenda, si verifica un razzismo
tra immigrati stessi : Italiani,
Spagnoli, Portoghesi da un lato,
Maghrebini e Africani dall’altro,,
e questo non si spiega soltanto
per il fatto che i primi, immigrati di lunga data, siano più integrati nella società francese ;
basta attraversare alcune zone
della Francia per rendersi conto della scarsa tolleranza del
Francese medio nei confronti
-dell’Italiano, chiamato spregiativamente « Rital », o del Portoghese.
Eppure può darsi che entri in
gioco una specie di senso di ap
GENESI 23: 1-20
Una tomba, simbolo di vita
Una strana pagina questa, tutta centrata sull'acquisto di una
tomba, quella che sarà la tomba
di famiglia di Abramo e dei suoi
discendenti: vi troveranno posto
Sara, Abramo, Isacco, Rebecca,
Lea e Giacobbe. In questa comune sepoltura è plasticamente
raffigurata una delle immagini
ebraiche per il morire: « addormentarsi con i padri ».
Molti di noi provano un senso
di sconcerto di fronte a questo
interesse per la sepoltura. Non
abbiamo sempre detto che ogni
devozione mortuaria, ogni interesse sepolcrale, ogni eccessiva
attenzione al funerale non hanno posto in una pietà evangelicamente orientata? Non abbiamo sempre detto che la tendenza, recente, all'acquisto di tombe di famiglia da parte di evangelici è da considerarsi un che
di spurio, un subire la religiosità ambientale? E se anche questa tendenza non deriva dalla religiosità del culto dei morti, come non guardarla con occhio
critico, quando uno degli aspetti
idolatri del nostro occidente pasciuto è il tentativo di rimuovere la morte, di celare con ogni
mezzo la crudezza della nostra
finitudine, di non fare i conti
con il fatto che dobbiamo morire?
Io non avrei dubbi: il cimitero di Massello esprime una spiritualità diversa da altri cimiteri delle Valli, popolati di costosi sepolcri...
Ma il nostro capitolo, lungo,
dettagliato, si occupa di una
tomba. Si parla più della tom
ba dei patriarchi che di quelle
dei re: per loro abbiamo solo
lapidarie notizie funebri, per Sara e Abramo c'è un racconto
particolareggiato. Sembra che
per la Genesi, almeno a giudicare dalla lunghezza, l'acquisto
della tomba di famiglia sia importante come Sodoma e Gomorra o come il sacrificio di Isacco.
Molto strano!
Perchè questo racconto è così
importante nel piano della Genesi? Per rispondere dobbiamo innanzitutto fare attenzione al carattere del testo. Non è una pagina di pietà, e neppure vi si
respira l'atmosfera dei sepolcri
di Foscolo o del romanticismo...
è una pagina dal tono asciutto,
una svecie di verbale delle trattative di acquisto. In effetti si
conclude con una specie di atto
notarile, con la descrizione catastale di tutto ciò che appartenne ad Abramo. L’enfasi è dunque non sull'attenzione di Àbramo alla sua defunta (sembra
preoccupato solo di seppellirla,
di mettere il cadavere nel posto
che ormai gli compete!) ma sul
fatto che Abramo diventa proprietario della tomba e del pezzo di terra in cui essa si trova.
Abramo non può accettare doni, compra, paga caro, si assicura una proprietà legittima.
Ì’insistenza con cui questa idea
è ripresa nella Genesi (vedere
ad es. 50: 13 « sepolcro di sua
proprietà ») ci mostra che questo è il senso del testo per l’autore. L’accento non è sulla tomba, ma sulla proprietà.
Abramo è padrone della tom
)
ba di Sara, ha già una tomba
per se. Abramo muore proprietario di un pezzo di terra, di terra promessa. Che cos’ha di suo
Abramo alla sua morte? Solo la
tomba, diremmo noi. L’autore
mette l’accento sul fatto che Àbramo ha qualcosa alla sua morte,
non è morto spoglio. Dunque, e
qui sta per lui il centro di tutto,
la promessa comincia a compiersi per Abramo. Una grande discendenza gli è stata promessa:
non l'ha ancora, ma un figlio
inatteso, Isacco, è un primo passo, un primo segno della fedeltà di Dio. Una terra è stata promessa ad Abramo, per lui e per
i suoi discendenti: un pezzo Abramo lo ha avuto in vita: il terreno per la tomba. Abramo forestiero ed avventizio tutta la
vita, con una terra almeno per
le sue ossa!
Può sembrare paradossale, ma
il sepolcro di Abramo non è, come per noi, un modo di strappare il presente al nulla, prolungandolo in qualche modo. Inserito nella promessa, il sepolcro di Abramo rappresenta il futuro (di Dio) che irrompe nel
presente. Il racconto del sepolcro di Abramo non rimanda alle
cure per i morti ma alla vita. Seppur allegorizzando un po’, anche
la lettera agli Ebrei ha cavito il
testo in questo modo: « In fede
moriron tutti costoro, senz’aver
ricevuto le cose promesse, ma
avendole vedute e salutate da
lontano, e avendo confessato che
Daniele Garrone
(continua a pag. 6)
partenenza, europea in questo
caso, per cui il Maghrebino viene considerato comunque inferiore, barbaro, maleducato, sporco, violento, ecc... L’espressione
così, diffusa in Francia, « sale
bougnoule », ne è la testimonianza. Nella vicenda della Talbot, la xenofobia è andata oltre,
mescolando razzismo e antisemitismo nel grido lanciato dal
quadri e dagli operai specializzati : « Bougnoules, ai forni ! »,
dimenticando che il loro bènessere, frutto del boom economico degli anni ’60, sarebbe sicuramente minore se non fosse
stato costruito sulla pelle di
questi « sales bougnoules » a cui
sono stati lasciati i più « sales
boulots » che nessun Francese
si abbasserebbe a fare.
Etnocentrismo
Ciò che vale per la Francia
vale anche per gli altri paesi
d’Europa occidentale, terre di
immigrazione (Germania, Svizzera, Belgio, Gran Bretagna),
così, come vale per l’Italia, con
la sola differenza che qui si
tratta di migrazione interna, ma
certo i sentimenti che i settentrionali nutrono nei confronti
dei « terroni », « brutti, sporchi
e cattivi », non sono poi così diversi da quelli dei Tedeschi nei
confronti dei Turchi e dei Francesi nei confronti dei Marocchini o degli Algerini. Stranamente, la « Stampa Sera » dì lunecfi.
scorso, che dedica la 3“ pagina
al « razzismo che corre per l’Europa», sorvola su questo fatto
nazionale, dedicando tutta la
sua attenzione alle gentili Filippine romane e ai bravi Tunisini
di Mazara del Vallo! Come se
bastasse rimuovere il problema
per negarne resistenza. Certo,
l’Italia, vecchia terra di emigrazione e nazione coloniale fallita,
non è minimamente paragonabile ai suoi vicini d’oltralpe per
quantità di immigrati, anche se
il recente fenomeno d’immigrazione nera (e tunisina in Sicilia)
potrebbe prima o poi creare
qualche problema.
Tornando alla situazione francese, occorre dire che il fenomeno razzista è preoccupante
per i suoi riflessi a livello politico-elettorale. Le recenti elezioni amministrative di Dreux e
Aulnay-sous-bois, che hanno registrato raffermarsi dei candidati di estrema destra, sono state all’insegna della campagna
anti-immigrati. Campagna che
se, da un lato, è stata demagogica, perché affermare che gli
oltre quattro milioni di lavoratori stranieri rubano il posto ai
due milioni di disoccupati francesi è del tutto inesatto, dall’altro lato ha fatto leva, e con successo, su ciò che gli psicosociologi, sulla base delle ricerche di
Theodor Adorno, chiamano l’etnocentrismo, cioè un atteggiamento profondamente radicato
nella psicologia di ogni individuo, o gruppo omogeneo di individui, per cui lo straniero, non
solo e non tanto per la sua razza, quanto per la sua diversità
Jean-Jacques Peyronel
(continua a pag. 3)
2
2 fede e cultura
20 gennaio 1984
1
il
SIMPATIE E FORZATURE, INTERESSE E LIMITI, NELL’OPERA DEL POETA
Carducci e i protestqnti
« Nostra fortezza e spada nostra Iddio ;
a lui d’intorno il popol suo cantava
con l'inno ch’ei gli dié pien d’avvenire.
La terzina fa parte di un sonetto (poco o nulla conosciuto,
se si fa eccezione, forse, per un
esi^o numero di « addetti ai lavori ») che Giosuè Carducci dedicò a Lutero datandolo 18 febbraio 1886. Sono, a parer mìo, i
versi più belli della breve composizione (certo i più « sereni »
ed i più aderenti allo spirito della Riforma), che risente, tutto
sommato, di quel certo gusto
più incline alla polemica che ali’approfondimento, con cui il
« vate d’Italia » affrontava determinati temi.
C’è da pensare, insomma, che
il sonetto (che pubblichiamo integralmente a parte) sia stato
scritto, più che sotto la spinta
di un reale interesse teologico
per le idee protestanti, per spirito libertario e di opposizione alla Chiesa di Roma. Lo dimostrano, d’altra parte, quattro versi
del più noto « Inno a Satana »
(quelli che dicono; « Gittò la tonaca - Martin Lutero: - gitta i
tuoi vincoli - untan pensiero »)
nei quali è evidente, se vogliaino, quasi una strumentalizzazione, cosciente o meno, del nome del riformatore.
Non dobbiamo dimenticare, infatti, che Carducci militava nell’area della cultura atea; così
come dobbiamo tener presente
il suo amore per la polemica,
spinta sovente alle estreme conseguenze. E’ la sua, un’ottica
talvolta deformante, che spiega,
almeno in parte, la sconcertante, per un evangelico, chiusa del
sonetto: « pregar non posso senza maledire ».
Ma vai la pena, a questo punto, di soffermarci brevemente su
altri versi che Giosuè Carducci
dedicò alla Riforma. E’ interessante, per esempio, un altro sonetto (datato « settembre 1869 »,
poco prima, cioè, dell’apertura
del Concilio Vaticano I: quello
che proclamò l’infallibilità del
papa) intitolato « La stampa e
la Riforma ». Fa parte, come
quello precedente, delle « Rime
nuove », e si riferisce alla pubblicazione, da parte di Martin
Lutero, delle novantacinque « tesi ». Mi limiterò a citare l’ultima
terzina, che sia pure in uno stile
che ai nostri orecchi può suonare retorico, possiede tuttavia
una sua innegabile forza;
A Martin Lutero
Due nemici ebbe, e l’uno e l’altro vinse,
trent’anni battaglier, Martin Lutero;^
l’uno il diavolo triste, e quello estinse
tra le gioie del nappo e del salterio;
l’altro l'allegro papa, e contro spinse
a lui Cristo Gesù duro ed austero;
e di fortezza i lombi suoi precinse,
e di serenità l’alto pensiero.
« Nostra fortezza e spada nostra Iddio »
a lui d’intorno il popol suo cantava
con l’inno ch’ei gli dié pien d’avvenire.
Pur, guardandosi a dietro ei sospirava:
Signor chiamami a te: stanco son io:
pregar rum posso senza maledire.
dotto alla ghigliottina, chiede
perdono a Dio ' « de la notte di
San Bartolomeo ».
Un ultimo accenno ai prote
stanti perseguitati lo troviamo
nell’ode « Versaglia », in cui si
fa riferimento a Luigi XIV e agli
ugonotti:
«Se Dio lui sostenne e s’ei sostenne
Dio, non fermaro i suoi sacri orator:
lo sanno i vostri morti o pie Cevenne,
che non credevano al suo confessor ».
« Ed esce e vola, e al monte e al pian ragiona
il piccai libro; e in fier sassone metro
e latin l’alta sfida a Roma intona ».
Un’altra citazione di Lutero la
troviamo, infine, nella « Ninna
nanna di Carlo V ». La lunga
composizione in quartine, è un
atto di accusa all’imperatore, e
il riformatore è visto, soprattutto, come paladino di libertà, di
« tutte » le libertà;
« Su ’I nuovo tempo che libero nasce
a cui Lutero dislaccia le fasce
e di midolla e di pensier lo pasce,
vien la rete ecclesiastica a gettare:
Presto! Vogliam l’Europa imbavagliare ».
Anche qui, in questi versi, è
evidente (il che, comunque, non
è cosa da poco) l’interesse soprattutto « civile », o addirittura
« libertario », del Carducci per
il protestantesimo. E’ lo stesso,
in fondo, che troviamo nei versi
del « C« ira »: « O passion degli
Albigesi, o lenta — degli Ugonotti nobil passione, — il vostro
sangue brulica e fermenta... ». E
ancora, in un altro sonetto, è
l’ultimo re di Francia che, con
I versi hanno, francamente,
un qualcosa di ambiguo (manca,
in sostanza, un chiaro giudizio
teologico, una presa di posizione prò o contro il cattolicesimo,
che d’altra parte il Carducci non
sarebbe forse stato in grado di
esprimere) ma è innegabile che
lo sdegno umanitario del poeta
è sincero; è l’accenno alle famose « dragonate », alle atroci scorrerie contro le popolazioni inermi da parte di quei soldati che
— come scrisse il 23 ottobre 1685
Madame de Sévignè — riuscirono « missionari eccellenti ».
Le stesse cose accadevano, in
quegli anni, nelle Valli Valdesi,
e stupisce che il Carducci (che
pure era sovente in Piemonte)
non ne parli. Perché — ci si può
chiedere — questo commuoversi, questo ribellarsi di fronte alle persecuzioni di Francia, e questo tacere sulle persecuzioni in
Italia? C’era forse il desiderio
(possibile anche in xm fiero « repubblicano ») di non spiaoere
troppo ai Savoia e in particolare
a quella Regina Margherita che
lo affascinò con il suo « eterno
femminino regale »?
TRA I LIBRI
ADISTA
E’ TUHA L'ATTUALITA'
DEL MONDO CATTOLICO
SENZA PREGIUDIZI
E SENZA INIBIZIONI:
la politica del Vaticano in Italia
e nel mondo
la Chiesa italiana nel suo impatto con la società
l'evoluzione delle Associazioni
tradizionali e i nuovi Movimenti cattolici
le vecchie e le nuove forme di
presenza cattolica nel sociale e
nel politico in Italia e nel mondo
Il confronto internazionale sui
problemi della pace nel rapporto Nord/Sud
Il dibattito teologico al « centro » e alla « periferia » della
Chiesa
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Al cuore della comunione
Lo Spirito Santo come base
per la comunione con Dio e tra
tutti i credenti è il tema conduttore del volumetto scritto da
Pierre-Yves Emery della comunità di Taizé per la Cittadella Editrice di Assisi'. Oggi non è facile parlare di presenza dello
Spirito Santo, poiché le linee
che ci vengono proposte dalla
teologia non sono sempre ben
definite e tali da chiarire dubbi
e difficoltà interpretative. In
questo saggio invece, « Spirito
Santo presenza di comunione »,
Pierre-Yves Emery parte dall’assunto che l'amore di Dio Padre
è il suo stesso amore, e la ragione per la quale sono presenti
con lui il Figlio e lo Spirito
Santo è ner condividere la
sua vita divina. In questa maniera Dio è unico, ma è in se
stesso comunione, convivialità
degli uomini e del mondo intero co) Padre. Questo amore si
rivela e si propone in Gesù Cristo e, nella sua sorprendente
gratuità, prende il nome di grazia. Questo amore e questa grazia si chiamano « comunione »
per opera dello Spirito Santo, il
quale diviene nome proprio di
questa comunione. E tale comunione, secondo l’Emery, è la perfezione dell’amore, il progetto
nel suo compimento, la grazia e
la sua risposta, poiché è sempre
difficile distinguere fopera dello
Spirito da quella del Padre e del
Figlio.
In pratica lo Spirito Santo ci
istruisce sul rapporto tra noi e
Dio ed in senso orizzontale, sui
rapporti umani. Ma poiché il no
me stesso di spirito finisce per
essere il più delle volte una
realtà vaga e fluttuante, immateriale ed inafferrabile, finiamo
per dimenticarlo o di parlarne
come se fosse una cosa. Diventa
in questo caso un « qualcosa »
senza volto? No, risponde Pierre
Emery, perché egli è soprattutto comunione, cioè reciprocità
d’amore, nascondimento del proprio volto, della sua persona
dietro i due volti che egli fa incontrare, il Padre ed il Figlio.
Molti oggi parlano dello Spirito Santo con entusiasmo, altri
dicono di averne fatto l’esperienza, ma altri preferiscono non
parlarne, temendone l’effervescenza che esso sembra suscitare qua e là e che assume a volte
tutte le apparenze di una esaltazione soggettiva, più psichica che
spirituale, più egocentrica che
rivolta alla gloria di Dio.
Ma come fare oer non spegnere lo Spirito (1 Ts. 5: 19) senza . cadere in una esaltazione di
cattivo gusto? Secondo l’Emery
bisognerebbe cercare di unire,
per parlare dello Spirito, l’entusiasmo degli uni e la vigilanza
degli altri, anche a costo di imbattersi nel doppio rischio che
è quello di dimenticare la presenza attiva dello Spirito e quello di attribuire direttamente allo Spirito la nostra propria soggettività spirituale. Per avvicinarci sempre di più a lui bisogna ricordarsi che lo Spirito è
sempre spirito del Padre e spirito di Cristo ed invece di assolutizzare la nostra esperienza
come la sola possibile, sarà im
Nel prossimo numero la situazione abbonamenti 1983.
Per i’84, hai rinnovato il tuo?
A colloquio
con i lettori
NO AL RAZZISMO
Mario Rocca
Caro Direttore
Se il sig. Franco Costa è rimasto « aiiibito » per quanto ha scritto Gönnet,
io sono rimasto allibito per quanto
scrive lui. ii suo è puro razzismo.
, Che ci sia mafia a Guardia può darsi, come ce n'è In altre località calabre, ma mi consta che ce n'è anche a
Torino. Mi dirà che è a causa dei calabresi e siciliani immigrati, ma non si
sarebbe sviluppata se non avesse trovato un terreno favorevole, come Cosa
Nostra non si sarebbe affermata a New
York se non avesse trovato un humus
dove svilupparsi.
E alle Valli non ci sono, oltre agli
onesti cittadini, anche dei ladri? In casa mia son venuti 7 volte in poco più
di un anno e son certo che erano gente
del posto e non degli immigrati.
I Guardioli sono di origine valdese
e sono fieri di aver riscoperto le loro
radici. Aiutiamoli in questa riappropriazione della loro identità, con amore cristiano e non col disprezzo.
Siamo sicuri, noi Valdesi e sono sicuri i Piemontesi di Arnàssita e il sig.
Costa di essere talmente senza peccato da poter scagliare la prima pietra?
Osvaldo Coi'sson, Torre Pellice
ALTERNATIVA
portante situarla neH’estrema diversità che l’opera dello Spirito
riveste in seno alla comunità
cristiana.
Lo Spirito Santo, conclude l’Emery, è un dono, che se vive in
noi è sempre pronto a ricondurci al Cristo, per volgerci verso il Padre, per donarci a noi
stessi, per aprirci al prossimo.
E’ in definitiva una quadruplice
comunione, sempre al di là di
ciò che noi crediamo di scorgere in lui, e sempre un po’ altrove da dove noi vorremmo localizzarlo, poiché è comunione, ossia circolazione di vita e d’amore. IWa è anche al di qua ed al
di là delle parole che noi adoperiamo per parlare di lui, interiore e trascendente, realtà che,
come Gesù indicò a Nicodemo
nei vangeli, soffia dove vuole
(Giov. 3: 8).
Un testo quindi per meditare,
per giungere alla comprensione
che lo Spirito Santo non è una
esagerata esaltazione, ma neanche una fredda espressione di
concetti teologici spesso avulsi
dalla nostra quotidianeità.
Signor Direttore,
La nozione delia "scelta" sull'alternativa al Servizio Militare è alquanto
nuova. I Quaccheri, primi obiettori di
coscienza, accettavano umilmente di
servire in qualsiasi campo pur di non
essere armati. A loro davano la pericolosa missione di ricuperare i feriti al
fronte sui campi di battaglia.
Non voglio mettere in dubbio le buone intenzioni, né l'ottimo servizio che
i giovani prestano presso gli istituti
evangelici, ma è sufficiente rispondere
al telefono, scopare i cortili, e fare
amicizia con i malati, anziani e handicappati?
Mi sembra che questo servizio lo si
può offrire col volontariato.
Situazioni catastrofiche si avvertono
non solo a causa delle guerre, ma anche con disastri della Natura: terremoti, alluvioni, gravi incidenti stradali
che coinvolgono mezzi di trasporto pubblici e altri imprevisti.
Troppo spesso osservatori esteri notano che in Italia non mancano solo i finanziamenti ma mancano anche persone esperte a far fronte ai disastri. Manca l'autodisciplina e quindi il coordinamento delle imprese.
Per questo penso che l'alternativa al
Servizio Militare dovrebbero essere dei
corsi professionali nel campo del pronto soccorso, salvataggio in mare, in
montagna e altre emergenze.
Insamma. La capacità di assistere
professionalmente aggiunta alla buona
volontà.
Graziella Benigno, Inghilterra
Convegno a Torino
Gli Ebrei
orientali
Timoteo Neri
' Pierhe-Yves Emery :Spirtio Santo
presenza di comunione. Cittadella Editrice, Assisi, pp. 200, L. 6.000.
Organizzato dalla Comunità
Israelitica e dall’Istituto di Studi ’’Gaetano Salvemini”, in collaborazione con il Dipartimento di
Storia dell’Università, si terrà nei
giorni 23-24 gennaio un Convegno
storico internazionale sul tema:
Gli Ebrei dell’Europa Orientale
dal Bund all’insurrezione del
Ghetto di Varsavia.
Sono previste una quindicina
di relazioni di studiosi provenienti, oltre che dall’Italia, da Israele, Germania, Stati Uniti, Polonia, ecc. Il Convegno, con l’inizio
dei lavori, nelle due giornate alle
ore 9 e alle ore 15, avrà sede al
Centro Incontri Cassa di Risparmio, Corso Stati Uniti 23.
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20 gennaio 1984
fede e cultura 3
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UN ALTRO CINQUANTENARIO IN GERMANIA
Gli inizi deir«Una Sancta»
La comune situazione di distretta
ecumenismo paritario in seguito
sotto il nazismo ha favorito un
corretto dalla Chiesa cattolica
In questo periodo dell’anno,
di ripensamento ecumenico in
occasione della settimana per
l’Unità dei cristiani, vorrei ricordare un « cinouantenario »
poco conosciuto, che nero ranpresenta una tanna molto importante nella storia della cristianità.
Siamo in Germania, nel 1934.
Lo stesso anno della Confessione di Barmen. Gruppi di cattolici e protestanti, che fino allora
si sono considerati separati e
diversi, ed anche dichiaratamente nemici, si trovano fianco a
fianco in una stessa lotta, concreta, contro il nazionalsocialismo. Entrambi hanno come scopo la difesa dell’Evangelo, contro le ingerenze di dottrine hitleriane, che vorrebbero asservire la predicazione deirEvangelo
e la vita delle Chiese alla causa
del « Reich ».
Il cristianesimo infatti doveva
essere « germanizzato » e tutto
ciò che nell’Antico e nel Nuovo
Testamento faceva riferimento a
una realtà semitico-giudaica doveva essere cancellato; eliminata doveva essere la provenienza
giudaica dello stesso Gesù di
Nazareth, che doveva essere nresentato come un « Gesù ariano ».
Veniva dunque imposta nella
teologia e nella predicazione del
la Chiesa la feroce lotta contro
gli Ebrei e l’Ebraìsmo, e lo stesso « paragrafo ariano » per cui
sacerdoti e pastori dovevano essere di razza ariana. La predicazione nelle Chiese doveva mirare alla costruzione di una
mentalità nazionalsocialista:
l’uomo nuovo, così presente nei
Vangeli e neH’epistolario paolino, doveva essere presentato come l’uomo che accettava i principi e le direttive del Führer,
per la grandezza del « terzo
Reich », inteso come l’apocalittica Gerusalemme celeste!
Mentre sul versante protestante nasceva la Chiesa Confessante, in ambiente cattolico molti
vescovi avevano vivacemente
protestato e preso posizione contro tali ingerenze nazionalsocialiste in questioni teologiche, di
fede e di prassi della Chiesa,
fin dal 1933.
Non c’è dunoue da stupirsi
se, uniti sullo stesso fronte antihitleriano, dei gruppi di cattolici e protestanti abbiano riconosciuto e scoperto nella lotta per
la difesa della predicazione di
un Evangelo autentico, libero e
incontaminato da ingerenze nazionalsocialiste, un motivo comune, capace di legare e avvicinare Luna all’altra le due con
Taccuino
pastorale
Un corso di catechismo, sto spiegando cosa sia la Pasqua
ebraica, tra l’altro dico: « Il significato che noi cristiani diamo alla Pasqua è diverso, essa infatti ci ricorda...». Poi colpito da curiosità sul livello della conoscenza biblica dei catecumeni chiedo loro cosa noi ricordiamo il giorno di Pasqua;
primo catecumeno scena muta, secondo anche...; il quarto
interpellato finalmente dice che gli sembra di ricordare che
abbia qualcosa a che fare con Gesù. Spiego cosa è la Pasqua e chiedo quanti di loro abbiano frequentato la Scuola
domenicale; tutti o auasi, è la risposta.
Quale è quindi la ragione di tanta ignoranza biblica? Da
escludere il fcitto che in cinque anni di Scuola domenicale
non si sia mai affrontato il tema della Resurrezione di Gesù,
da escludere anche la timidezza che impedirebbe ai ragazzi
di rispondere, trattando^ di un gruppo simpatico e ciarliero.
La risposta più facile e ovvia potrebbe essere: nella famiglia non si legge più la Bibbia, e questo è vero, verissimo
purtroppo e non ci stancheremo mai abbastanza di ripetere
che un protestante che non conosca la Bibbia non è tale. Temo però che alla radice di questo “choc" che ho avuto in occasione di quell'ora di catechismo, vi sia qualcosa di ancora
peggiore: l'assoluta marginalità di Cristo rispetto alla vita
quotidiana di molti catecumeni e delle loro famiglie.
Molti di loro vengono al catechismo perché questa è l’ora
settimanale dedicata alla chiesa e verranno poi al culto nelle
feste comandate, una o due volte l’anno, con lo stesso spirito.
Ho riflettuto molto in seguito su quell’episodio, e ho
pensato anche agli sforzi che nel primo distretto si sono fatti
per discutere del catechismo, al SI E e al suo ottimo lavoro
per la Scuola domenicale, ho pensato anche alle ore spese
per preparare i sermoni. Ore di lavoro, profusione di energie
di fratelli e sorelle per permettere alla chiesa di essere credibile e poi ti trovi ad essere già incasellato inquadrato nella mentalità comune come un’ora settimanale o annuale che
si deve alla chiesa. E Gesù. Cristo? Certo non voglio dire che
sia per tutti così, ma ho l'impressione che per molti Gesù Cristo sia una parola che si sente solo in chiesa, quando ci si va,
mentre fuori, nella vita quotidiana, in famiglia, a scuola sul
lavoro sia dimenticato, marginalizzato... roba da chiesa.
Non posso fare a meno di pensare che i catecumeni rimasti muti hanno già visto varie “Pasque", hanno mangiato
da bambini le loro brave uova di cioccolata, ma temo che
nessuno dei loro familiari abbia mai detto loro, in occasione
di una di queste "Pasque": « Cristo è risorto ». Lo avranno
sentito alla Scuola domenicale più tardi, certo, ma un messaggio ti rimane più impresso se è vissuto e ti è trasmesso
dai tuoi genitori.
Anni fa discutendo di Scuole domenicali e di catechismi,
si diceva che la chiesa può aiutare i genitori nell’educare i
ragazzi in vista della fede, ma non li può sostituire; ho verificato che è proprio vero!
Pubblichiamo in questa rubrica, in forma anonima, brevi
esperienze e riflessioni del ministero pastorale evangelico.
Protestantesimo
in TV
23 GENNAIO 1984
RAI-TV 2 - ORE 23.40
« FEDELI PER SECOLI »
Causa il ritardo previsto
dell’orario di messa in onda
della rubrica, viene proposta
la replica del filmato di storia valdese del 1924, arricchita di colonna musicale.
CAMPO INVERNALE AD AGAPE
Dopo
di
fessioni fino allora lontane e nemiche.
Così, in seguito ad un incontro teologico fra rappresentanti
cattolici e protestanti nel « Priesterseminar » di Berlino-Hermsdorf sorse il movimento delr« Una Sancta », e furono gettate le basi per la formazione di
molti gruppi di incontro e discussione ecumenici, in diverse
città della Germania.
Anche 1’« Una Sancta » ebbe il
suo martire. Infatti il sacerdote
Maximilian Metzger, uno dei
fondatori ed animatore del Movimento, fu giustiziato dai nazisti nel 1944.
Vale la pena ricordare il carattere dell’ecumenismo delT« Una Smeta »: le confessioni
erano poste sullo stesso piano,
senza superiorità o egemonia di
ima nei confronti dell’altra. Cattolici e protestanti, che erano
sacerdoti, pastori, teologi, studiosi e laici, volevano confrontarsi e incontrarsi sulla base dell’Evangelo, che volevano studiare ed approfondire.
Al centro doveva essere posta
la verità di Cristo. Entrambe le
confessioni dovevano « riconvertirsi » a Cristo. Questa era la parola d’ordine del movimento;
cattolici e protestanti erano stimolati in vista di un serio ripensamento della propria fede, teologia, tradizione, storia, alla luce dell’unico Evangelo di Cristo.
Nel 1948 con un « Monitum »
il Sant’Uffizio di Roma disponeva forti limitazioni al Movimento e ne assumeva il diretto controllo. La crisi dell’« Una Sancta »
fu forte, ma continuò ancora
per diversi anni l'attività di parecchi gruppi, collegati da im
bollettino che portava il motto:
« La nostra fede ci insegna a
sperare anche contro ogni speranza ».
Questo movimento ha dato in
Germania un notevole contributo alla formazione di quelle forze di rinnovamento che hanno
agito e poi portato frutti alTinterno delle confessioni. Joseph
Lortz, il gesuita che nel 1939 pubblicava un’opera fortemente rivalutativa su Lutero, proveniva
proprio da questo gruppo.
Il « Monitum » cui ho accennato, tracciava invece le linee
per un diverso ecumenismo,
egemonico da parte cattolica,
che stendeva larghe le braccia
della Chiesa per un « buon ritorno » dei lontani e separati nel
sacro grembo cattolico-romano.
E’ Tecumenismo che abbiamo
conosciuto anche in Italia...
Ma vorremmo che, ricordandone la nascita, dopo 50 anni,
il tipo di ecumenismo sostenuto
dal Movimento dell’« Una Sancta » non cadesse in dimenticanza, ma potesse tornare anche fra
noi come vero metodo di confronto e ricerca. Credenti di confessioni diverse possono crescere nella fede ed essere di aiuto
reciproco se nei gruppi ecumenici esiste: parità, centralità
dell’Evangelo, conversione a Cristo.
Giuliana Gandolfo
Da una parte, questi schematismi hanno portato a rifiutare
la dimensione del «pubblico»,
cioè che ogni gruppo, corporazione, classe sociale, che lotti
per affermare proprie istanze,
richieste, rivendicazioni, riconosca l’esistenza nella società di
altre parti sociali con le quali
entrare in accordo o in conflitto, ma nell’ambito di una dialettica democratica. Riconoscere
cioè che si è una parte della società fra le tante altre, e che la
propria idea, per quanto ritenuta giusta e nobile, non giustifica la prevaricazione delle posizioni altrui.
Dall’altra, gli schematismi sullo stato hanno portato al rifiuto
degli organismi intermedi, basati sulla delega, su cui si regge
il tanto vituperato stato democratico. E dal rifiuto della delega all’autodelegarsi delle formazioni terroristiche, il passo è
breve, anche se, comunque, non
necessario.
Riappropriarsi della dimensione del pubblico, della legalità e
della democrazia è stata dunque un’indicazione emersa dal
campo; per farla propria, però,
è necessario compiere un’operazione non indolore, soprattutto
per chi ha vissuto la militanza
negli anni ’70, di serrata autocritica degli atteggiamenti del
passato.
L’esigenza di appropriarsi della dimensione della legalità si è
notata fra l’altro nel desiderio
di conoscere la legislazione, in
particolare quella cosiddetta di
emergenza, di capire i meccanismi delle leggi, di evitare giudizi sommari che spesso travisano la realtà. Per criticare, ed
eventualmente condannare, le
leggi dello stato, è necessario
conoscerle, in modo da discernere il confine fra le loro caratteristiche oggettive e l’uso
perverso che di esse si può fare:
il tutto può sembrare banale se,
però, non si considera che a sinistra esistono, su questo tema.
gli anni
piombo
Il tema era indubbiamente di
grande attualità ; « Dopo gli anni di piombo: diritto, stato, movimenti di trasformazione». Ad
Agape è ripartito il dibattito politico sulla storia di questi ultimi anni, segnati profondamente
dal terrorismo, dalle leggi speciali, dalla questione del carcere, preventivo o meno.
quell’ignoranza e quei pregiudizi che affondano le loro radici
proprio nel rifiuto della dimensione della legalità.
Fra i partecipanti, molti dei
quali giovani che, se non hanno
vissuto da protagonisti gli anni
’70, certamente hanno vissuto
gli anni di piombo, cioè del terrorismo, c’era un forte desiderio di fare i conti col passato,
spesso col proprio, per capire
cos’è successo nella sinistra e
perché.
«La nuova sinistra non si è
posta, ma deve porsi, il problema della dimensione della legalità», ha detto un relatore, e
queste parole ci rammentano
vecchi schematismi, fra i quali
spiccava il seguente ragionamento : « Lo stato non è al di
sopra delle parti o delle classi
sociali, anzi, è uno strumento
che la borghesia usa per affermare il proprio dominio sulle
classi inferiori. Perciò le leggi
dello stato, fatte per sancire e
ribadire questo dominio, vanno
rifiutate, anzi non vanno neppure tenute in considerazione ». La
conseguenza di questo ragionamento era che agire contro le
regole democratiche stabilite
dalle leggi, cioè al di fuori della
dimensione della legalità, non
faceva problema, anzi, era una
virtù. Se « lo stato borghese si
abbatte e non si cambia» (slogan dei primi anni ’70), perché
rispettarne le leggi, o solamente
porsi il problema se rispettarle
o no?
Non si poteva parlare degli
anni di piombo trascurando la
risposta che lo stato ha dato in
termini di condanne, di carcerazioni etc. Da qui il discorso si è
allargato al carcere e alla funzione della pena visti in generale. Preso atto della disastrosa
e spesso disumana condizione
carceraria in Italia, cui si aggiunge Taberrante lunghezza dei
termim massimi di carcerazione
preventiva, vivo è stato il dibattito e varie le posiziom a proposito di interrogativi quali; abbiamo il diritto di pumre? se sì,
in che modo? ha senso pensare
a un recupero del condannato?
si pumsce per far espiare, per
dare un esempio, per neutralizzare la pericolosità del deviante? come la collettività (e qui
ritorna la dimensione del pubblico) deve affrontare le spinte
centrifughe? quali problemi si
pongono in termini etici e di
fede? e noi stessi abbiamo il diritto di trasgredire le leggi, e
perché?
Insomma, è stato un campo in
cui le varie tematiche affrontate convergevano sull’obiettivo di
rilanciare su basi più solide e
consapevoli, e su terreni finora
da noi stessi esclusi, il nostro
impegno nei movimenti di trasformazione di una società che
sta vivendo gli anni di uscita
dal terrorismo.
I documenti finali del campo
verranno pubblicati sul Servizio
Informazioni di Agane, mentre
altri contributi sull’argomento
usciranno sul prossimo numero
di Gioventù Evangelica.
Furio Rutigliano
Razzismo
{segue da pag. 1)
e la sua estraneità ai modelli e
agli schemi del gruppo, rappresenta una minaccia che genera
paura, quindi odiò. In questo
senso, il razzismo non è solo appannaggio della destra, proprio
perché sfugge agli schemi di una
analisi di classe della società. Del
resto, due tristi episodi avvenuti in Francia due o tre anni fa,
ne danno conferma; proprio due
sindaci comimisti di due comuni della periferia parigina hanno guidato l’assalto contro le
case popolari abitate dagli immigrati. Oggi, di fronte allo
spauracchio della disoccupazione e all’insicurezza indotta dalla
crisi economica, buona parte degli elettori comunisti di allora
portano acqua al mulino dei
candidati di estrema destra,
esplicitamente anti-stranieri.
Di fronte a una situazione
« naturale » di questo tipo, i governi europei, generalmente nazionalisti, a prescindere dal loro orientamento politico-ideologico, fanno o possono fare ben
poco (se non favorire o suggerire il rientro più o meno forzato in patria, come sta facendo il governo socialista francese). Aumenta pertanto la responsabilità delle chiese le quali, fra l’altro, hanno la vocazione di accogliere lo straniero, vedendo in lui non il diverso, ma
il fratello per il quale Cristo è v
morto. Dura sfida per chi cerca
di vivere coerentemente TEvangelo.
Jean-Jacques Peyronel
4
4 vita delle chiese
20 gennaio 1984
DIBATTITO ALL’INCONTRO PASTORALE DELLE VALLI
CORALI VALDESI
Il pastore, questo sconosciuto
Un Sinodo valdese del 1701
raccomandava ai pastori di dedicare (quasi esclusivamente) le
proprie energie alla preparazione di un sermone settimanale e
raccomandava ai ministri di
culto dì evitare i pubblici locali
e di vestire di nero quando si
usciva dal proprio territorio ecclesiastico. Ma si usciva molto
di rado. Per lo studio teologico
sino al 1855 si viaggiava parecchio in Francia o in Svizzera.
Insomma altri tempi. Quando
poi i pastori arrivavano in una
comunità trovavano la comunità al culto e trovavano anche
un Concistoro con anziani che
erano sovente consiglieri o slndaci nei piccoli Comuni delle
nostre Valli. Allora, il sermone
aveva un peso specifico diverso
dall’attuale che, diciamo, se va
bene sfiora il 10 per cento dei
membri di chiesa. Il ruolo del
pastore e delle stesse comunità
valdesi è cambiato sotto i colpi
del secolarismo. e della trasformazione sociologica e politica
dell’Europa. E oggi, chiusa un’epoca ecclesiologica, il futuro si
presenta quanto mai incerto.
Cosa deve esattamente fare il
pastore oltre ai normali com
piti di predicazione, istruzione e
cura d’anime? E’ il ’manager’
della comunità o è il teologo specializzato che con i propri studi
e il proprio pensiero sostiene
ed informa i diversi gruppi di
ricerca e lavoro nella comunità?
E’ possibile razionalizzare maggiormente il lavoro ecclesiastico
e dar vita a ’équipes’ pastorali
con ricchezza di doni e dì intervento?
Chi riuscirà ad individuare
con chiarezza le linee di tendenza della trasformazione del ministero pastorale credo farà un
lavoro utile. Ma certamente difficile perché, ripeto, il cambiamento è profondo. Il fatto stesso di dover predicare l’Evangelo non tenendo conto esclusivamente dell’orizzonte della comunità ma dei problemi del mondo in cui viviamo costringe a
continui aggiornamenti e approfondimenti pena lo scadimento
del messaggio domenicale a puro fervorino religioso. C’è dunque sull’agenda pastorale una
esigenza sincera di acquisire
maggiore competenza nel proprio lavoro senza per questo essere o sentirsi al centro della
comunità o pretendere, pueril
mente, di avere sempre e comunque un punto di vista su
tutti i problemi. Ma poi c’è
un’altra domanda: cosa, in realtà, le comunità si aspettano dai
pastori? Diflìcile dirlo. Forse
ognuno ha la sua immagine del
pastorato. C’è chi vuole vedere
nel pastore la coerenza, chi l’efficienza e chi la sua costante
(stavo per dire assillante) presenza in ogni attività. E c’è chi
vuole tutte queste cose insieme.
Le attese investono poi tutta
la famiglia pastorale che sentendosi, volente o nolente, nel
’mirino’ della comunità sovente
vive doppiamente impacciata e
insicura la propria giornata. In
conclusione — come ha dimostrato l’ultimo colloquio pastorale di Torre Pellice, lunedi 16,
con relazioni succose di Tourn,
Bellion e Rostagno sul tema dell’etica pastorale — sono arrivati gli anni in cui anche il ’soggettivo’ pastorale merita di essere ascoltato. La domanda è
questa; come utilizzare al meglio i ’talenti’ del ministero pastorale per la testimonianza a
Cristo negli anni ’80? La risposta alle comunità.
G. Platone
per
direttori
di coro
I Direttori delle Corali Valdesi e i loro sostituti (dove esistono) sono invitati a frequentare
un corso di formazione ed aggiornamento organizzato a cura
della Giunta delle Corali su mandato della loro Assemblea. Il corso sarà tenuto dal M.° Prestia e
dalla sua Signora e riguarderà,
oltre allo studio di alcuni brani,
anche la vocalità e l’interpretazione. Il nrimo incontro avià luogo a Villar Perosa domenica 29
gennaio a nartìre dalle ore 10.
Nel pomeriggio i direttori si eserciteranno con la Corale di Pomaretto a cui va il ringraziamento
per essersi prestata per questa
esperienza. Altri tre incontri avranno luogo il 12 febbraio e il
4 e 25 marzo. I partecipanti sono pregati di comunicare la loro
presenza a Renato Ribet, direttore della Corale di Pomaretto.
CRONACA DELLE CHIESE DELLE VALLI
Metodisti americani in visita alle Valli
TORRE PELLICE — Un grup
po di jstudenti metodisti americani. con i loro In.segnant.i che gra
visitando le Valli, ha partecipato
al culto con la nostra comunità
domenica 15. Il culto, presieduto dai'past.~Tourn con una predicazione sulla pace, è stato animato nella liturgia e nel canto
dal Coretto. Nel quadro del consueto incontro della terza domenica del mese con i catecumeni
di IV anno, la Commissione pace della nostra chiesa ha presentato un audiovisivo sulla questione dei missili a Comiso. Nel corso delle prossime settimane la
Commissione visiterà anche gli
altri gruppi di catechismo, svolgendo cosi la sua funzione di informazione e sensibilizzazione
nella comunità.
l’affetto dei suoi cari il nostro
fratello Parìsa Paolo all’età di
anni 82, dopo lunghi mesi di infermità. Alla famiglia in lutto
la nostra simpatia cristiana.
• Nelle prossime settimane i
nostri deputati al Sinodo Rino
Cardon e Paola Robert terranno la loro relazione sul Sinodo
’83 nelle riunioni quartìerali.
• Domenica 22 gennaio avremo i culti al Roc e contemporaneamente alle 10,30 a San Bartolomeo, e nel pomeriggio alle
ore 15 a Roccapiatta.
la come invece era avvenuto per
Isacco.
• Stiamo concludendo il secondo giro di riunioni quartierali. Nel primo giro abbiamo cercato di riflettere sul battesimo
tenendo conto del documento di
Lima. Nel secondo giro abbiamo
proiettato alcune diapositive su
Lutero che ci hanno permesso
di vedere più da vicino ouale era
il mondo in cui viveva. Nel mese di febbraio cominceremo il
terzo giro di riunioni.
Riunioni quartierali
Tempo d’incontri
• L’Unione Femminile ha visitato l’Asilo di S. Giovanni mercoledì 18.
• Il gruppo Cadetti sta cercando di interessare alla sua attività
i ragazzi in età di scuola media
con un programma vario e, si
spera, interessante. Gli incontri
avvengono alla Casa Unionista
ogni sabato alle ore 15. Accanto
alle riunioni imperniate sul lavoro manuale, alcuni incontri sono
dedicati allo studio delle tematiche proprie di Amnesty International.
ANGROGNA — Nelle prossime
riunioni quartierali (lunedì 23:
Serre; martedì 24: Martel; mercoledì 25: Buonanotte) continua
l’esame del documento di Lima.
• Venerdì 20 alle 20.30 si incontra il Comitato Bagnóou al
presbiterio.
Recita e canti
Assemblea di chiesa
LUSERNA SAN GIOVANNI —
Domenica prossima 22 c.m., nel
corso dèi culto avrà luogo l’Assemblea di Chiesa per la discussione e l’approvazione del preventivo di spese per il 1984.
E’ un’assemblea importante
per le decisioni e gli impegni
che si dovranno prendere, per
cui raccomandiamo a tutti i
membri di chiesa di fare il possibile per essere presenti.
Gioia e dolore
PRAROSTINO — Ai Cardonatti Dállele è venuto a rallegrare la famiglia di Bruno e Eliana Paschetto il 2 dicembre
1983. Al piccolo Daniele e ai suoi
felici genitori, i nostri migliori
auguri.
• Il 14 gennaio è mancato al
SAN SECONDO — Il 26 dicembre, la Scuola Domenicale
ha organizzato una serata di
canti. In quella occasione abbiamo avuto anche la recita di
alcuni quadri che prendevano
spunto dal racconto della strage
degli innocenti, in Matteo. Il
pregio di questa recita stava nel
tentativo di rendere la problematica contemporanea a noi,
evidenziando il rischio di copertura della venuta di Gesù e il
tentativo di renderlo inoffensivo
costruendo attorno a lui una festa consumistica.
• Anche in questo mese di
gennaio abbiamo avuto la riunione dell’Unione femminile. Ci
siamo trovate attorno al racconto del sacrificio della figlia
di Jefte in Giudici 11. Questo
racconto non è molto letto, è
una storia che potremmo chiamare « di terrore ». Ci siamo interrogate su come spesso la
mancanza di fede può far compiere dei gesti estremi senza che
questi vengano richiesti, come è
stato il caso di Jefte. In fondo
è un racconto in cui la ragazza
è presentata come vittima e a
quel momento non si è ricordato l’intervento di Dio per salvar
SAN GERMANO CHISONE —
Tutti gli incontri d’Avvento e di
Natale sono stati rallegranti.
Vorremmo sottolineare la serata
di canti natalizi, in comune con
la Corale della Val Germanasca;
serata che si è prolungata simpal
ticamente con i nostri ospiti; colletta a favore di S. Salvo.
— Tanto al culto comunitario
d’Avvento quanto alla Festa di
Natale 1 grazie alle monitrici ed
a quanti hanno lavorato!) la colletta è stata devoluta alla nostra
Casa di Riposo.
— L’Unione Femminile ha avuto la sua giornata natalizia lieta
e festosa. Un mini-bazar ha chiuso l’incontro, permettendo di trovare dei fondi a scopo benefico.
Notata con piacere in questi ultimi tempi la presenza di nuove
sorelle!
— La Corale ha lavorato con
particolare impegno in questo
periodo e gliene siamo riconoscenti. Grazie anche di cuore ad
Amedeo Peyronel, per la nuovissima serie di nedane che, in cantoria, permette finalmente ai coralisti di disporsi in modo razionale.
Una bella serata, alla quale
erano invitati anche gli amici e
familiari dei coralisti, ha felicemente inaugurato l’anno. Grazie
di cuore agli organizzatori! Ed
ora prepariamo il 17 e, più in là,
rincontro con la Chiesa Riformata di Nizza.
ta della CEvAA, una buona assemblea ha riflettuto al nostro
impegno missionario.
• I ragazzi della nostra Scuola domenicale si sono recati alla
Casa di Riposo, dove hanno cantato per gli ospiti, assieme ai loro compagni cattolici. Ringraziamo i monitori e le monitrici delle due comunità per questa manifestazione che hanno ottimamente curato e che è stata assai
apprezzata.
• Domenica 22 gennaio, ore 10,
culto con assemblea di Chiesa informativa sugli sviluppi delle
candidature pastorali per la nostra comunità.
• I fratelli Bartolomeo Long
ed Emilio Soulier ci hanno lasciati: ai fratelli del quartiere
della Costabella, ripetutamente
colpiti, diciamo la nostra comunione nella sofferenza e nella
speranza.
Eco
RORA’ — Giovedì 26 gennaio,
alle ore 20.30 si terrà presso la
nostra sala un incontro con un
redattore dell’Eco delle Valli
(oast. Platone) per discutere i
problemi e le prospettive del
giornale.
Battesimo
• Il culto del 1” gennaio è stato presieduto dalla studentessa
in teologia Marina Conte. A lei,
che ha ripreso il suo lavoro in
Facoltà, va la nostra riconoscenza ed il nostro incoraggiamento.
• Domenica 8 gennaio, giorna
CONVITTO VALDESE
TORRE PELLICE
AVVISO
Il Convitto valdese di via Angrogna cerca per il mese di settembre
’84 educatori e un direttore/trice
per sostituire Jean-Jacques Peyronel destinato al Servizio Cristiano
di Riesi.
Per informazioni scrivere a : Presidente del Comitato del Convitto
Valdese - Via Angrogna, 18 - 10066
Torre Pellice unendo curriculum
vitae.
Calendario
giovedì 19 gennaio
□ INCONTRO
COLLABORATORI
ECO DELLE VALLI
La riunione dei coilaboratori avrà
luogo a casa Gay via Cittadella 8 Plnerolo. con inizio alle ore 20.30.
Venerdì 20 gennaio
n LIBANO: QUALE
GUERRA PER CHI?
PEROSA ARGENTINA — Alle ore
20.45 si tiene presso la Sala Lombardini un dibattito pubblico organizzato dalla FGEl-Valli e dal Gruppo Pace Valli
Chisone e Germanasca sul tema: «Libano; quale-guerra per chi?». Introduce il past. Sergio Ribet.
Domenica 22 gennaio
□ INCONTRO
COLLETTIVI BIBLICI
ECUMENICI
PINEROLO — Presso il Convento dei
Padri Cappuccini (Via De Amicis 2) a
San Maurizio si terrà l'incontro del collettivi biblici ecumenici di Pinerolo e
Torre Pellice sul tema del battesimo,
con Inizio alle ore 14.30.
Programma:
— Momento di lode e di preghiera al
Signore;
— Due brevi relazioni su ■■ Il Battesimo nella Chiesa Valdese e nella
Chiesa Cattolica »;
— Lavoro a gruppi;
— Intervallo:
— Assemblea conclusiva.
□ ASSEMBLEA
PRIMO CIRCUITO
TORRE PELLICE — Alle ore 15 presso la Casa Unionista si tiene l’assemblea di Circuito sul ■< Documento di
Lima » (BEM). Introducono i pastori
Bellion, Platone e Tourn.
Giovedì 26 gennaio
□ RIUNIONE
RESPONSABILI
UNIONI FEMMINILI
PINEROLO — Alle ore 15.30 presso la
Chiesa Valdese si tiene la riunione delle responsabili delle Unioni femminili
per programmare le Iniziative per la
Giornata mondiale di preghiera.
venerdì 27 gennaio
POMARETTO — E’ stata battezzata Massel Luana di Osvaldo e Griot Anna Maria, della
Rivoira di Pinasca. Voglia il Signore benedire questa bimba ed
i suoi genitori.
n INCONTRO ECUMENICO
PINEROLO — Alle ore 20,45 nella sala
della chiesa valdese di Via dei Mille 1,
si terrà un incontro-dibattito sul testo
ecumenico della Commissione Fede e
Costituzi-'ne del Consiglio ecumenico
delle chiese noto come « testo di Lima ». Il testo affronta la questione del
battesimo, dell'eucarestia e del ministero. Poiché il suddetto testo è allo
studio nelle chiese valdesi, in alcuni
collettivi biblici interconfessionali. Agape ed il Centro sociale protestante di
Pinerolo hanno organizzato due incontri
su cui aprire un confronto ecumenico.
A questa proposta aderisce anche il
Consiglio presbiterale della diocesi di
Pinerolo.
Questo primo incontro sarà introdotto
dal pastore Aldo Comba deH'Alleanza
Riformata Mondiale di Ginevra e da padre Pio Tamburrino dell’Abbazia benedettina della Novalesa.
Domenica 29 gennaio
□ CONVEGNO
CATECUMENI
LUSERNA SAN GIOVANNI — I catecumeni del IV anno del V Circuito si
ritroveranno alle ore 10 per il culto cui
seguirà una discussione sull'impegno
nella chiesa. Dopo il pranzo al sacco ai
giovarti verrà proposto un gioco su
« Lavoro, occupazione, disoccupazione ».
Domenica 12 febbraio
n PRESENTAZIONE DEL
PROGETTO DI S. SALVO
POMARETTO — Alle ore 14.30 al Teatro del Convitto si incontrano le Urtioni femminili del Distretto per analizzare Il progetto del Centro comunitario
dì San Salvo e dell'azione evangelica
nel meridione. Introduce il past. Gianna Sciclone.
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20 gennaio 1984
vita delle 4:iiiese 5
INTERVISTA AD ALCUNI STUDENTI DELLA FACOLTA’ DI TEOLOGIA A ROMA
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Perchè teologia?
Una scelta comune degli studenti in teologia nella prospettiva del pastorato si articola in motivazioni, opzioni e scelte di vita diverse
« Lottiamo contro la logica dei
missili perché Dio non vuole la
distruzione dell’umanità ». Ed è
seguito un fragoroso applauso. Il
più lungo di tutta l’intera serata, organizzata nell’ambito dell’ultimo congresso EGEI, dedicata alla pace e che ha visto numerosi e importanti interventi da
Giovanni Franzoni a Tullio Vinay. La parola più incisiva è stata l’ultima. Quella appunto di
questa ragazza battista di Pordenone Rossella Casonato, 19 anni,
che studia teologia alla Facoltà
valdese e che ha raccontato, con
incredibile emozione, il ’’blocco”
pacifista di Comiso. Quello delle
cariche della polizia e tutto il
resto che sappiamo.
Ho avuto così occasione di conoscere Rossella e i suoi colleghi studenti del primo armo della Facoltà Valdese presenti al
Congresso. Ho cercato di afferrare le motivazioni di questa scelta e le prime impressioni.
Intanto perché teologia? « La
decisione di venire a Roma per
studiare teologia — ammette
Rossella — l’ho maturata in ambito FGEI e in prospettiva desidero svolgere un lavoro pastorale ». Mentre dice queste cose anche gli altri annuiscono.
Italo Benedetti, anche lui battista, ’’pendolare” tra Civitavecchia. dove vive in famiglia, e la
Facoltà romana non ha dubbi:
« studio teologia per diventare
pastore in una comunità ». Italo
insieme a Gregorio Plescan sono dei ’’vecchi” del gruppetto di
primo anno, hanno 24 anni e alcune esperienze significative alie
spalle. Per esempio Plescan, che
ha maturato la scelta teologica
presso il Centro Jacopo Lombardini di Cinisello e il gruppo FGEI
di Milano, è reduce da due anni
di servizio civile presso una comunità di tossicodipendenti. Ed
è l’unico, m’è parso in questa rapida conversazione, ad avere una
immagine ’’rosea” della vita comunitaria in Facoltà: « forse perché la mia recente esperienza è
stata così dura che il poter studiare e vivere direttamente in
Facoltà mi sembra un privilegio».
Del gruppo delle ’’matricole”
fanno parte anche Manfredo Pavoni e Gabriella Costabel, ’’freschi” di liceo. Gabriella è figlia
di pastore. C’entra qualcosa nella tua scelta? « Si, forse. Se non
altro — ammette Gabriella —
non ho una immagine ideale del
pastorato. So cos’è in concreto
perché indirettamente l’ho vissuto in casa ». Ha frequentato
ambienti ecumenici ed è soprattutto lì che Gabriella ha deciso
di avviarsi allo studio della teologia: « non posso concepire oggi il mio pastorato di domani
senza la dimensione ecumenica.
Si tratta — confessa Gabriella —
di lavorare per la propria chiesa
in una dimensione di grande apertura e dialogo con i credenti ».
Pensoso e attento Manfredo
Pavóni Vuole esprimere una ’’posizione propria”. Sulla teologia
è « okay ». Si tratta di approfondire con altri una ricerca di fede
ad un livello biblicamente valido.
Perciò Roma e la decisione di
studiare in Facoltà. Ma la vita in
Facoltà è ’’problematica”. Lasciamolo parlare: « Ho vissuto 15 anni nella Comune di Cinisello. Ho
vissuto cioè una dimensione comunitaria molto intensa e reale.
Non la ritrovo in Facoltà e mi
spiace perché sento il bisogno di
vivere praticamente quello che
studio sui libri ». Manfredo vuole organizzare un convegno aperto sul senso degli studi teologici. E vuole organizzare anche un
dibattito aul ’’linguaggio e i gesti della fede” perché ”il nostro
linguaggio è troppo vecchio, sa
di muffa...”. Se arriva a fare il
pastore ne sentiremo ancora parlare.
Dentro o fuori?
Nell’ambito del Congresso
FGEI ho incontrato anche tre
studenti del secondo anno della
Facoltà teologica che viaggiano
tra Ecumene e Roma per com
piere i loro studi. « E’ un esperimento nuovo — mi spiega Paolo
Cimini, battista di Campobasso
— può anche fallire. Certamente
è più comodo vivere da ’’interni”
in Facoltà usufruendo dei servizi del convitto per studenti ma
non ci pareva giusto ». Perché?
Risponde John Hobbins, metodista, americano (« vorrei fare il
pastore in Italia»): «vivendo ad
Ecumene rifiutiamo ogni forma
di isolamento come in fondo il
convitto propone. Vogliamo vivere il rapporto chiesa-società anche adesso che siamo studenti.
Così finite le lezioni prendiamo
il treno e veniamo qui dove collaboriamo con i campi di studio
e frequentiamo attività a Velletri. Ci facciamo da mangiare e
tutte le altre cose che gli studenti interni si trovano belle e pron
te. Anche questo ’’stile fa parte
della nostra scelta ». Ma siete gli
unici studenti in teologia interni
a vivere fuori Facoltà? « No —
afferma Paola Benecchi, metodista di Milano — mi pare che la
maggioranza degli studenti viva
fuori convitto. A norma di regolamento non possiamo usufruire
della ”borsa” studi. Il treno, i
libri, vestirsi costa parecchio ma,
anche con qualche sacrifìcio, credo che ne valga la pena ». Ma si
studia meglio fuori o dentro la
Facoltà? Quelli dentro dicono
dentro. Quelli fuori dicono fuori.
E così torno a casa con questo
piccolo dubbio, Ma con la grande soddisfazione d’aver conosciuto otto speranze reali per il lavoro teologico e pastorale dei
prossimi anni.
Giuseppe Platone
RIPROPOSTO A POZZUOLI
Il messaggio di M. L King
Giovedì 29 dicembre ’83, la Comunità Battista di Pozzuoli, nonostante le difficoltà della sua
situazione di diaspora derivanti
dal bradisismo, ha voluto testimoniare la propria fede ed il
proprio impegno per la pace con
una manifestazione, patrocinata
dal Comune di Pozzuoli, sul tema: « M. L. King: ima vita per
la pace ».
L’incontro ha avuto luogo in
una sala dell’hótel S. Giuseppe
ad Arco Felice ed ha avuto un
notevole successo di partecipa
CORRISPONDENZE
Natale a Portici e Casa Materna
La Comunità della Chiesa Metodista di Portici ha vissuto una
stagione natalizia veramente lieta e ricca di benedizioni del Signore. La domenica 18 dicembre
c’è stato il « Culto dei Bambini »
organizzato dalla Scuola Domenicale. « E’ importante per abituare i bambini fin da piccoli
a dare la loro testimonianza... »
ci ha detto la Monitrice. E con
grande gioia e con un commosso senso di gratitudine per il Si' gnore abbiamo ascoltato dalla
viva voce dei nostri bambini un
excursus su tutto l’Antico Testamento: un lavoro improbo che
i fanciulli hanno saputo risolvere con grande disinvoltura e serietà. La Monitrice ha tenuto a
mettere in rilievo gli episodi salienti dell’Antico Testamento che
sono stati bene assimilati e bene inquadrati dai bambini che
hanno così dato alla comunità
la netta sensazione che è stato
iniziato un buon lavoro. Che il
Signore voglia benedire questi
teneri virgulti su cui sono poggiate gran parte delle speranze
della nostra comunità!
Nel pomeriggio, poi, gli stessi
bambini, unitamente ai ragazzi
dell’Orfanotrofio, hanno partecipato alla festa dell’albero tenuta nei locali di Casa Materna:
sono state due ore di vero godimento spirituale. Alla festa dell’albero ha partecipato il nostro
Pastore e molti giovani della nostra Unione giovanile che avevano preparato un loro programma di canti accompagnati dal
suono delle chitarre. Un comitato di signore della comunità
ha poi preparato i pacchetti natalizi che sono stati distribuiti
a tutti i ragazzi l’ultimo giorno
di scuola. La sera del 30 dicembre c’è stata l’agape fraterna
che ha concluso nel segno del
, ringraziamento al Signore un
, anno di attività che ci ha fatto
conoscere molte gioie ma che
non ci ha risparmiato neppure
le amarezze. L’agape si è tenuta
in locali gentilmente offerti dalla direzione della Casa Materna :
erano presenti circa 60 membri
della comunità. Ciascuno aveva
portato qualcosa da mangiare o
da bere; la direzione della Casa
aveva preparato gli spaghetti per
tutti. Sono cosi trascorse 4 ore
in lieti conversari e facendo progetti per l’avvenire: il tutto animato dai nostri giovani che, ci
siamo accorti, essere oltre i due
terzi dell’intera comunità : una
comunità effettivamente giovane quella di Portici che, con
l’aiuto del Signore, sicuramente
saprà dare buoni frutti. Alla
mezzanotte l’ottimo dottore Santi ha chiuso la serata con la lettura e la spiegazione di un passo biblico pertinente con il quale ci ha esortato a muoverci,
proprio come i pastori di Betlemme, e ad andare a portare
la buona novella a tutti. Infine
la preghiera.
A Natale abbiamo avuto la
gioia di rivedere il pastore G. G.
Williams in visita da Ginevra
con la sua Signora. Il nostro pastore Emanuele Santi ha presieduto il culto di Santa Cena che
è stato officiato dal pastore G.G.
Williams che ha anche tenuto il
sermone su Luca 2: 1-20. Il culto è stato di grande edificazione per tutti. Momenti di profonda commozione si sono avuti
alla Mensa del Signore ove si
sono avvicinati circa 50 membri
della comunità. Anche il culto
di Capodanno è stato tenuto dal
pastore Williams che ha parlato su Filippesi 4: 1-14 e 19-20
fondando il suo messaggio sul
versetto 13: «posso far fronte
a tutte le difficoltà, perché Cristo me ne dà la forza... ». Un
messaggio edificante, un messaggio attuale. Nei momenti pieni di difficoltà che stiamo vivendo, noi cristiani abbiamo l’esortazione di Paolo a confidare in
Cristo che è l’unica nostra forza, Tunica nostra speranza, Colui che non ci abbandona mai.
Anche nell’occasione del Capodanno abbiamo avuto la Santa
Cena cui si sono avvicinati circa 50 membri. Il Signore che è
Tunica nostra forza sia glorificato per la somma dei beni che
ci ha sin qui elargiti.
Genova
porto dì pace
SAMPIERDARENA - SESTRI
— Un gruppo di giovani appartenenti ad alcuni movimenti pacifisti ha promosso l’iniziativa
« Genova porto di pace nel Mediterraneo» con alcuni importanti obiettivi tra i quali ricordiamo: proporre la costituzione
d’una fascia denuclearizzata nel
Mediterraneo con un appello a
tutti i porti in particolare, perché si denuclearizzino; appoggio
al referendum per il raggiungimento di tale obiettivo; appello
per la riconversione delle industrie indirizzate alla produzione
bellica.
Anche le nostre chiese sono
state invitate a dare la loro adesione; per mancanza di tempo
si è soltanto potuto avere gli
incontri del Consiglio e dell’assemblea a Sampierdarena con la
adesione del presidente del Consiglio di Sestri ; seppure nella
diversità di opinioni si è accettato di inviare un documento che
ha messo in luce il nostro pensiero sul, tema della pace alla
luce delTEvangelo ricordando
alla fine l’importanza della denuclearizzazione del cuore umano «donde vengono pensieri malvagi, omicidi, calunnie, superbia... ».
In sede poi del convegno internazionale, Ninfa Quartino ha
recato la sua testimonianza a
nome delle nostre due chiese e
Daniela Bouchard a nome della
P.G.E.I. genovese che aveva pu
re aderito all’invito, consentendo in quella sede di far sentire
dei messaggi sempre ispirati alla Parola di Dio.
Il cardinale
e Lutero
GENOVA — Come «La Luce » ha segnalato, il cardinale
Siri ha tenuto una conferenza su
Lutero al « Quadrivium » di Genova. Lo spazio modesto della
sala non ha consentito alla folla
di cattolici ed evangelici di trovare posto per tutti. Vale la pena di spigolare qualche battuta
del cardinale: «Lutero fu il più
grande nemico della Istituzione
’Chiesa’, quale Tha fondata Gesù Cristo ». Circa la sua conversione a frate, secondo Siri,
«la direzione da prendersi era
quella della clinica ma non del
convento... ». Quanto alla cultura « nonostante il dottorato la
sua cultura non potè essere estesa..., il modo di interpretare la
Bibbia spesso debole e con un
metodo meschino...». Siri ricorda con insistenza « l’esigente
istinto sessuale» del riformatore che motiva il concetto suo
circa la giustificazione per fede,
per cui «ha dovuto alterare tutta la dottrina cattolica del peccato originale... per le esigenze
del suo istinto sessuale...».
La sua concezione del peccato
quindi « lo assolveva dal lasciar
correre tutto senza averne rimorsi... » e per confermare ciò
ricorda il suo matrimonio «fecondo di cinque figli». Con Lutero « cadde la Grazia, la giustificazione, da lui affidata soltanto alla fede, cadde la Redenzione ridotta ad una pia copertura
dell’uomo sempre peccatore e
mai purificato...».
Purtroppo, come « La Luce »
ha ricordato, la discussione non
fu consentita.
zione e di interesse.
La manifestazione si è aperta
con i saluti del cast. M. Aprile
che ha ringraziato tutti i presenti e lo S.P.A.V. (servizio audiovisivi delTUcebi) per la loro partecipazione ed ha poi sottolineato il significato della manifestazione e la scelta del tema ricordando, a quindici anni dalla
morte, il messaggio di fede e
l’impegno politico nonviolento di
M. L. King; messaggio oggi più
che mai attuale in un’epoca di
riarmo e di violenza generalizzata.
Ha preso poi la parola, in rappresentanza delTAmm.ne Comunale, il vicesindaco R. Marzano
che ha ricordato la figura di
King sottolineando che la sùa
scelta nonviolenta non era pacifismo utopico ma impegno di
lotta quotidiana per la pace e
Tuguaglianza tra gli uomini e
questo in anni particolarmente
difficili della storia statunitense
(guerra fredda, Vietnam). Ha
infine ricordato la collaborazione che sempre vi è stata tra la
chiesa battista di Pozzuoli e le
locali forze di sinistra auspicando che tale collaborazione continui e si rafforzi nel difficile momento di emergenza che sta vivendo la città.
Il past. S. Carcò ha portato il
saluto del Consiglio delle Comunità Evangeliche di Napoli.
A questo punto vi è stato un
miniprogramma dei bambini della comunità (truccati per l’occasione in modo da rappresentare i maggiori gruppi etnici)
che hanno cantato Tirino « Di
che colore è la nelle di Dio » e
noi haimo sìgi^cativamente distrutto armi-giocattolo ricevendo in cambio un dono ciascuno.
I past. A. Maffei e M. Aprile
hanno poi illustrato la vita e la
opera di M. L. King con letture
dalla biografia e dagli scritti e
con proiezione di diapositive, intervallate da intermezzi musicali del Coro della Polifonica di
Napoli e dell’oboista P. Cannilo
che hanno eseguito degli spiritual.
In chiusura il past. Aprile ha
ribadito l’attualità del messag;
gio di King: un messaggio di
nonviolenza che ha cambiato
con la sua forza i rapporti tra
bianchi e negri negli USA e che
i suoi assassini non hanno potuto uccider^. L’impegno dei cristiani dev’essere quello di saper
far rivivere oggi questo messaggio profetico affinchè trionfi il
dialogo tra gli uomini e si ponga fine alla corsa agli armamenti, alle divisioni, all’ingiustizia e
alle discriminazioni razziali. Questo è il messaggio e la lezione
del pastore battista M. L. King,
spetta a noi adesso raccoglierne
l’eredità.
U. I.
6
prospettive bibliche
20 gennaio 1984
RIFLESSIONI SUI MINISTERI FEMMINILI NELLA CHIESA |J|^3 tOfTìbS
Donne negli interstizi
(segue da pag. 1)
« Dentro ma ancora fuori » è il motto di donne pastori e teologhe che hanno studiato la loro
situazione: una sorta di inserimento emarginato che tuttavia consente loro una visione critica
Un gruppo di donne pastori
e teologhe, decide di incontrarsi
e di confrontare la varietà delle
loro situazioni, status sociali ed
esperienze; di confrontarsi a partire dalle diverse condizioni in
cui vivono il loro ministero pastorale e diaconale. Dopo cinque
anni di incontri il gruppo ha
prodotto una serie di testi che
troviamo raccolti nel numero
deiragosto '83 del Bulletin du
Centre Protestant d’Etudes di
Ginevra. Testi scritti da donne
dunque che riflettono la loro ricerca sulla specificità del proprio
essere donna nell’esercizio dei
ministeri. Il gruppo si è pure
dato tma sigla, « IBSO », su cui
merita soffermarsi perchè evidenzia una prima riflessione del
'gruppo circa il luogo, la posizione nell’istituzione ecclesiastica
da cui esse fanno teologia ed
indica pure la prospettiva di
questo lavoro. IBSO è una sigla
formata dalle iniziali delle quattro parole inglesi: In But Stili
Out ( = dentro ma ancora fuori).
Come scrive nell’articolo introduttivo Véronique Läufer, le
donne del gruppo hanno scoperto che la loro esistenza e quindi
anche il loro ministero era vissuto non ai margini della chiesa, bensì negli interstizi. Infatti
mentre concretamente il ministero delle donne è ormai rico
nosciuto allo stesso titolo di
quello degli uomini, da un punto di vista soggettivo a volte nella chiesa le donne vivono un’alternanza tra un reale riconoscimento di fimzioni e competenze
e l’ignoranza o la non considerazione delle stesse. Oggi le donne non sarebbero in una posizione di marginalità ma in una
posizione più pericolosa: non
fuori ma neppure pienamente
inserite, appunto negli interstizi.
Da questo luogo sono scritte
le riflessioni teologiche dell’opuscolo, molto diverse tra loro: si
va dalla poesia alla lettera, all’autobiografia, allo studio biblico, alla riflessione etica. In tutti
questi scritti si parte dalla constatazione che essere negli interstizi può anche presentare tm
lato utile per le donne che lavorano nella chiesa. Infatti il non
essere pienamente inserite nell’istituzione può permettere di
non imiformarsi completamente
ad essa, avere più garanzie di
una visione critica e di un ministero diverso. Il motivo ricorrente che ci viene presentato da
questi testi è il rifiuto di ogni
forma di fuga: dalla storia, dal
tempo, dal campo sociale, dal
corpo. Questo significa valorizzare la soggettività nell’elaborazione teologica. In questo senso
il gruppo confrontandosi con la
parola di Dio, con il tempo dato da Dio si chiede continuamente come noi viviamo con
tutte le nostre persone, non
solo con il nostro cervello ma
anche con il nostro corpo; come i nostri tempi concreti ad
esempio si pongono al servizio
del tempo che ci è dato da Dio.
Le stesse autrici sanno benissimo che non sono solo le donne
a vivere la « tirannide » del tempo ma dai loro scritti emerge
che sono più spesso le donne a
vivere lacerate tra tempi diversi: i tempi cadenzati dal loro
corpo, il part-time, tempi di lavoro ritagliati e frammentati, il
tempo per i bambini, il peso del
doppio lavoro. Vivendo sulla
propria pelle questa situazione,
questa paura del tempo, questi
conflitti di tempi, le donne sono
forse le prime a porre delle domande sull’uso del tempo, riflessione che però, secondo il gruppo IBSO, va estesa agli uomini.
« Le nostre agende sovraccariche, lo spezzettamento del nostro tempo in piccole unità per
fare il maggior numero di cose
nel minor tempo possibile, riflettono la nostra nreoccupazione di compiere la volontà di Dio
oppure la nostra paura di non
soddisfare le esigenze della società? » si chiede Siria Campi.
Fino a che punto chi si dedica
va completamente al lavoro nella chiesa a scapito della sua vita familiare, stava facendo la
volontà di Dio e fino a che punto Stava semplicemente soccombendo alla tentazione di onnipotenza?
Un continuo invito è invece
fatto a vivere pienamente i propri tempi, con i loro limiti ed i loro conflitti, senza
forzarli perché, di fatto, ogni
volta che vogliamo uscire dai
nostri ritmi, rischiamo di perdere in umanità e fedeltà verso
Dio e verso gli altri. Si tratta
anche di riflettere ad una « conciliazione » tra pubblico e privato, tra lavoro e vita affettiva
e familiare. Questo tipo di problematiche mirano a mettere in
guardia di fronte al rischio di
disumanità ma anche di infedeltà insito nel ministero pastorale
quando si evita di fare i conti
con i propri limiti ma ci si sforza di sistemare la propria persona in un tipo di ministero preconfezionato a cui bisogna adeguarsi, negando anche parti della propria esperienza umana. In
fondo questi scritti potrebbero
essere utili anche a noi nella discussione della cosiddetta « etica pastorale » anche se a mio
avviso risentono del contesto ginevrino in cui sono stati prodotti.
Erika Tomassone
erano forestieri e pellegrini sulla terra» (11: 13). Questo sepolcro di Sara non è l’estremo simbolo di morte, ma un simbolo di
vita.
Abramo muore senza vedere il
compimento della promessa, spera ma non possiede. Eppure non
muore senza un segno (rappresentato dal terreno della tomba)
che lo assicura che la promessa
non muore con lui.
E noi, che patriarchi non siamo? Noi moriremo esattamente
come Abramo. Di fronte alla
morte abbiamo la promessa di
Dio e nella vita abbiamo dei segni che la promessa si compie.
Viene in mente una frase di Lutero che, capovolgendo la logica
corrente, disse: « in mezzo alla
morte siamo nella vita: così il
cristiano parla e crede ».
Di fronte alla morte, in questa esistenza sempre minacciata,
coronata da serena vecchiaia o
recisa, sempre finita comunque,
siamo di fronte alla vita che Dio
ci .dona. Ci sono nella vita di
ognuno dei segni, delle piccole
realtà, in cui il futuro di Dio ci
appare, in cui la nostra speranza è fondata. Spesso non siamo
capaci di riconoscerli e valorizzarli: ma se li riconosciamo, essi
non sono isole felicemente e casualmente scampate al terremoto. Sono come la punta di un
iceberg, inizio di una realtà più
grande che ancora deve emergere. Le piccole realtà quotidiane della fede sono per noi quel
che la tomba è stata per Àbramo. Non ne abbiamo bisogno di
altre.
Daniele Garrone
MARTA E MARIA
LUCA 10: 38-42
Mi piacerebbe far vedere come un testo possa parlare diversamente a generazioni diverse che vivono in luoghi diversi,
utilizzando tre interpretazioni di Luca 10:
38-42. Si tratta di tre interpretazioni tra
le tante, tutte e tre con le loro ricchezze
ed i loro limiti.
Dirò che bisogna sempre cercare di leggere « per oggi » i vecchi testi dell’evangelo che pure sono sempre vivi, rischiando
a mia volta, nella linea di qualche esegeta contemporaneo, una interpretazione
di questo testo per noi uomini e donne
di questo tempo.
a cura di Gino Conte
Lo studio biblico che presentiamo questa settimana è tratto da « Réflexions théologlques au féminin» (Bulletin du Centre Protestant d’Etudes, Ginevra agosto ’83),
il fascicolo che viene presentato da Erika Tomassone in questa pagina. E’ nel contesto di quella presentazione che se ne può apprezzare compiutamente il messaggio.
sola cosa necessaria — è un’opera vana.
Ogni diaconia deve essere così subordinata alla grazia.
Tre letture di Luca
E noi oggi?
1) La chiesa antica vede nel testo l’immagine della vita attiva opposta alla vita
contemplativa: Maria la contemplativa è
posta contro Marta, l’attiva ‘.
Questa esegesi è rimasta fino al nostro
secolo. Secondo alcuni dei suoi rappresentanti « Maria è lodata perché riceve
come un bambino. Le due donne sono
messe Tuna contro l’altra... Maria è infantile e passiva, Marta è completamente
assorbita dai suoi lavori di casa Maria
de Groot aggiunge commentando questa
interpretazione: « Marta è trattata con
moralismo ed in maniera umiliante. Gesù
è l’uomo superiore che con un sorriso definisce e giudica il modo di vivere delle
due donne. Queste immagini non sono
forse quelle con cui Tesegeta viveva quando scriveva nel 1917? Così almeno sembra ».
2) Per altri autori’ l’accento in Luca
10: 38-42, è da mettere sull’ospitalità. L’ospitalità va al di là del confort materiale.
Senza giungere a pensare che Gesù suggerirebbe a Marta che una sola portata sarebbe stata sufficiente (Plummer), si può
vedere nel testo un’istruzione sul modo di
ricevere ospiti senza essere preoccupati
in primo luogo degli elementi materiali.
La critica fatta a Marta verterebbe sulTimportanza eccessiva data ai preparativi per
il pasto, a scapito della persona dell’ospite.
3) W. Schmidthals* propone uno studio
ricco e approfondito di questo racconto.
Egli vede nel testo un’opposizione tra le
opere e la grazia. La grazia è essere come
Maria in una posizione tutta ricettiva.
Marta invece rappresenta la diaconia compiuta senza Dio. Frutto identico a quello
compiuto dalla buona volontà, l’opera che
non ha radici nell’ascolto di Dio — la
Questa storia di donne ha interessato
le donne del nostro tempo alla ricerca
della loro identità.
Per me, così a lungo Marta a tempo
pieno, questo testo ha significato per molto tempo una minaccia, qualcosa al di là
di ogni logica, un’ipocrisia. Mi superava e
trovavo paradossale il fatto che la chiesa
ricacciasse le donne in posti di servizio
proponendo loro al tempo stesso un’esegesi che condannava il servizio di Marta.
Ma il testo dice veramente questo? Marta è il personaggio chiave del racconto.
Molto probabilmente è lei ad aver invitato Gesù. E’ lei a dialogare con Gesù. Di
Maria non sappiamo che una cosa: seduta ai piedi del Signore ascolta. Nulla ci è
detto di un eventuale dialogo tra lei e
Gesù. E’ seduta ai piedi del Signore. Questo significa che Maria è in un atteggiamento di contemplazione? Essere « seduti
ai piedi » del Signore per Luca è più e
altro che contemplarlo ed ascoltarlo passivamente. Significa semplicemente essere un discepolo.
« Essere seduto ai piedi » dei dottori è
l’atteggiamento di Gesù dodicenne quando nel Tempio li ascolta. E’ l’atteggiamento del Geraseno liberato dai demoni che
seduto « ai piedi » di Cristo chiede di seguirlo. E’ l’atteggiamento di Paolo infine
Quando dice di aver ricevuto la sua formazione, per quel che riguarda la legge,
ai piedi di Gamaliele, suo maestro.
Anche Maria è ai piedi del Maestro:
prende e riceve la libertà di essere discepolo.
« Bisogna dunque abbandonare l’immagine della contemplazione assente nel
testo, per scoprirne un’altra che non esclude la contemplazione ma che è più
ampia. Maria si è posta in posizione di
discepola di Gesù. Si tratta di un avveni
mento straordinario »
Si capisce allora che Marta si agita turbata. Marta non mette in questione il suo
lavoro ma il fatto che Maria non vi partecipa. Non è il suo servizio a farle problema, ma il fatto che Maria se ne dispensa.
Marta non chiede « perché io » ma « perché lei no ». Marta non dice « prendi anche me ai tuoi piedi» ma « rimandala al
suo lavoro perché mi ha abbandonata » ‘.
Marta vuole lavorare ma l’atteggiamento di sua sorella la fa arrabbiare: il posto
della donna, di tutte le donne che ricevono ospiti non è forse la cucina? (...).
Marta si interroga meravigliata sull’atteggiamento di Gesù che non interviene
per richiamare Maria alTordine. Se bisogna vedere in Marta la donna sopraffatta
dai compiti materiali che chiede aiuto
non si deve forse leggere nella sua reazione la meraviglia di fronte al posto che
prende Maria, seduta ai piedi del Maestro
come un discepolo, come un uomo?
« Non ti importa Signore...? ». Il grido
di Marta è lo stesso grido dei discepoli
nella tempesta quando Gesù dormiva; è
il grido dello smarrimento: « Signore non
ti capisco più». Marta si rivolge a Gesù,
non a Maria, perché il problema che le
interessa va al di là di un semplice problema organizzativo. La donna non deve,
in casa sua, farsi carico di ricevere l’ospite preparandogli il pasto? Con il suo atteggiamento Maria mette in questione
questa pratica. E’ il mondo alla rovescia,
Marta non ci si ritrova più.
« Marta, Marta... » risponde Gesù. La
ripetizione del nome indica un rimprovero come affermano alcuni esegeti? L’espressione è palestinese. Si trova già nell’Antico Testamento e attraversa anche il
Nuovo Testamento.
Nella ripetizione del nome si deve vedere un segno di attenzione, un desiderio
di essere veramente ascoltati, una certa
tenerezza. Gesù insiste. Il doppio appellativo indica l’urgenza e la confidenza.
Gesù non critica il lavoro di Marta come non la incoraggia ad unirsi a Maria
(neppure lei lo chiede). Gesù rileva il tur.
Lamento di Marta sia che esso nasca dal
superlavoro o più ancora dalla sua meraviglia di fronte al comportamento di Maria. Gesù condanna l’agitazione di cui
Marta è in preda, l’agitazione che la rende
schiava di idee preconfezionate. Tra Marta assalita dalla paura di vedere messe in
questione le sue concezioni profonde, la
sua visione del ruolo della donna e Maria
nella posizione di discepolo c’è un fosso
che Gesù chiama scelta: « ha scelto la
buona parte » dice, cioè ha lasciato perdere tutte le cose che affannano Marta e
le impediscono di entrare nel movimento
di Dio. Maria è sfuggita (ed è una rivoluzione) a tutti gli impedimenti che condizionano la vita di Marta. Ha stabilito un
ordine di urgenza. Davanti a-Cristo tutto
si ordina. I principi socio-culturali, gli
schemi, le idee già consolidate, tutto questo diventa secondario. Restano «poche cose, anzi una sola », una presenza esigente,
una presenza che libera.
A mo’ di conclusione
Eccomi donna, rinviata alla mia situazione. Eccoci, uomini e donne, interrogati
da questa storia. Il vecchio testo delTevangelo sempre lo stesso per secoli e secoli
che ha nutrito la vita e gli atti dei nostri
padri nella fede ha ancora qualcosa da
dire a noi, risponde alle domande nuove
della vita.
Incontra anche me nei miei interrogativi più vivi. Nella storia di Marta e Maria io leggo la mia libertà di essere donna
e discepolo di Cristo con lo stesso coraggio e la stessa immaginazione di Maria
e scoprire gli uomini e le donne che mi
circondano, i comportamenti nuovi che
il Cristo si aspetta da noi quando ci sceglie chiamandoci a sceglierlo.
Denise Jornod
' Curiosamente la donna, dal momento che qui
si tratta di due donne, è ridotta ai due ruoli che
le riserva di solito la società: essere attiva nelle
sue faccende domestiche o tacere.
’ Berkelbach, citato e commentato da Maria de
Groot, The calling of Martha, Exegetical explorations, in WSCF Women' Project Newsletter 3
(1979), p. 14.
■' E. Roosen, Das Einzig Norwendige Erwägungen
zu Lk 10, 38-42 in Studia Moralia 17 (1979), pp.
9-39.
'■ W. Schmidthals, Das Eine, das Not tut. Ein
biblischer Vortrag zu Lukas 10, 38-42, Neukirchen,
1977.
F. Castel, Lc 10, 38-42, in Etudes Théologiques
et Religieuses 4 (1980), p. 561.
‘ Questo è il senso del verbo usato nel testo
greco.
if
7
20 gennaio 1984
ohkttìvo aperto 7
INTORNO A JESSE JACKSON IL PASTORE NERO CHE INTENDE CANDIDARSI PER LA PRESIDENZA DEGLI STATI UNITI
Riprende vigore il mondo afroamericano
li risveglio politico dei neri negli Stati Uniti, messo in evidenza dalla imponente marcia dello scorso agosto, si esprime in una vasta campagna per I iscrizione nelle liste elettorali - Le risposte della Chiesa nera alla crisi contemporanea
Duramente colpita dalla crisi economica, la comunità nera americana sembra essersi ripiegata
su se stessa. Dopoie battaglie (a volte cruente) degli anni ’60 e malgrado l’oscuro pronostico espresso daiio scrittore James Baidwin col suo libro —
uscito esattamente venti anni fa — « La prossima
volta, il fuoco », i neri americani danno prova di
una grande calma.
Privi di un leader nazionale come lo fu Martin
Luther King, assassinato nel 1968, si sono orientati
su azioni a carattere locate conquistando con ie
IN unione con le altre minoranze etniche, la popolazione afroamericana si sta mobilitando per resistere ai sistematici attacchi del potere contro le conquiste degli anni ’60
nel campo dei diritti civili. Fra
i segni più probanti di questo
tisveglio politico è da ricordare
la potente « marcia » dello scorso 27 agosto a Washington che
ha visto una moltitudine ancor
più numerosa e compatta di
quella svoltasi vent’anni prima,
nel 1963, ai tempi di M. L. King.
In questa marcia « commemorativa », oltre alla maggioranza
nera si sono notati molti altri
gruppi facenti parte di ima vasta coalizione che sta nascendo.
Questa « coalizione di coscienza », contro la politica del presidente Reagah, raggru^ipava olire settecento organizzazioni di
afroamericani, di ispanici, di militanti antinucleari, di femministe. Anche i sindacalisti, assenti nel 1963, erano rappresentati
da un contingente di oltre cinquantamila manifestanti.
.All’indomani di questa manifestazione, gli organizzatori si
sono accordati su un programma di riforme comprendente,
ira l’altro, il rafforzamento delle leggi contro la discriminazione razziale per quanto riguarda
l'abitazione, l’adozione di una
legge sull’uguaglianza dei diritti
per le donne ed un’altra che
preveda lavori pubblici col conseguente impiego di un milione
di persone. Questo programma
propone inoltre il « congelamento » della produzione di armamenti nucleari, una sostanziale
diminuzione del bilancio militare, il boicottaggio economico del
Sud Africa, la cessazione degli
aiuti militari al Salvador, ecc...
In questo ambiente di nuova
politicizzazione fa spicco un militante nero di Chicago, il pastore battista lesse Jackson di quarant’anni, recentemente balzato
alla ribalta sul teatro politico
con il « colpo » della liberazione
del pilota americano Goodman
ottenuta dalla Siria, riuscendo là
dove la diplomazia ufficiale aveva fino a quel momento fallito.
Jackson è l’animatore di una vasta campagna di iscrizione degli afroampicani nelle liste elettorali negli Stati del nord come
in quelli del « profondo sud »
dove il diritto di voto è diventato una realtà per i neri solo
dopo le lotte degli anni ’60 e la
conseguente promulgazione della relativa legge.
Jackson, che conduce la sua
campagna in nome di JVL L. King,
non ha esitato a manifestare la
propria intenzione di porre la
sua candidatura nel partito democratico in vista delle elezioni
presidenziali del 1984. Anche se
è più che probabile che egli non
otterrà l’investitura del partito,
tuttavia è riuscito a sollevare
un enorme entusiasmo presso la
popolazione nera chiamandola
ad utilizzare l’arma della scheda
elettorale per la difesa dei suoi
interessi. Il suo movimento sta
elezioni alcuni Comuni e sviluppando eflBcaci reti
di aiuti sociali.
In vista delle elezioni presidenziali del 1984, come si comporteranno? Quale può essere il loro impatto politico? Che ruolo possono svolgere le Chiese in questo frangente?
A queste domande cerca di rispondere un nutrito servizio di parecchie pagine comparso sul numero di novembre del mensile francese « Le Monde Diplomatique ». Ne condensiamo qui le parti
più significative, con particolare riguardo all’aspetto religioso. j-, p.
comunque avendo un reale successo: migliaia e migliaia di neri si stanno iscrivendo nelle liste elettorali. Jackson, in occasione della manifestazione dello
scorso agosto, aveva insistito sul
fatto che nel 1980 il presidente
Reagan ha riportato la vittoria
in otto Stati del Sud con una
maggioranza di soli 170 mila voti, mentre ben 3 milioni di neri,
per contro, non si erano iscritti
nelle liste.
L’arma del voto
I neri americani costituiscono il 10,5 per cento della popolazione in età di votare ma
non hanno che l’l% del numero totale degli eletti. Queste cifre dimostrano da un
lato il peso politico dei neri
e dall’altro la difficoltà per
questa minoranza di trasformare il suo potenziale di suffragi in un reale potere politico.
E’ indubbio che spettacolari progressi sono stati compiuti nell’ultimo quarto di secolo. Il numero degli eletti
è circa quadruplicato. Sovente i bianchi non esitano a votare per dei candidati neri, a
volte più competenti e meno
corrotti: ad esempio il sindaco di Spokane (Washington), una città di 170 mila
abitanti in cui la comunità
nera non rappresenta che l’l,3
per cento, è nero.
Per contro in questi ultimi
anni la partecipazione nera
al voto è notevolmente calata,
riducendosi al 40% dell’elettorato dall’iniziale 58%. Questa magra partecipazione si
spiega in parte coll’inventiva
di certi dirigenti bianchi :
suddivisione discriminatoria
delle circoscrizioni elettorali;
manovre intimidatorie ; informazioni errate ; omissioni
di liste; aperture all’ultimo
minuto di sezioni elettorali;
esclusioni di riunioni politiche. Ma il principale motivo
del crescente astensionismo
nero (per altro molto simile
a quello bianco) sembra dovuto alla delusione davanti
ai pochi risultati concreti.
Ma questi elettori neri, per
chi voteranno nel 1984, in occasione delle elezioni primarie e di quella presidenziale?
I diripnti della comunità sono divisi sulla strategia da
seguire. Da una parte viene
proposta la candidatura di
Jesse Jackson (già collaboratore di M. L. King) che dovrebbe mobilitare l’entusiasmo dei neri. Altri, come Andrew Young, ex ambasciatore degli USA airONU e sindaco di Atlanta, ritengono
che una simile candidatura
non è auspicabile in quanto
leverebbe dei voti al più progressista dei candidati democratici (Walter Mondale),
con conseguente vantaggio di
un candidato assai più conservatore com’è John Glenn.
Il rischio è allora che i neri ricadano nel loro abituale
scetticismo. Il dilemma è
crudele, e i dirigenti neri hanno poche settimane davanti
a sé per risolverlo.
(da Le Monde Diplomatique)
Quando i torti
si accumulano
Nel campo economico-sociale
il fossato fra i bianchi e le varie minoranze etniche si allarga sempre di più. Questa situazione ha molteplici cause ed è
ulteriormente aggravata dalla
politica di Reagan che ha drasticamente ridotto le spese sociali. I crediti disponibili per la
forrnazione professionale sono
stati tagliati del 60 per cento ed
i prestiti agli studenti bisognosi
del 27%. Inoltre è stato calcolato che le proposte deH’amministrazione potrebbero privare
« di ogni aiuto il 62% delle famiglie che ricevono dei buoni
per il cibo ». In risposta alla conferenza annuale dei sindaci che
nella scorsa primavera criticava la politica di Washington, il
presidente Reagan ha creato una
commissione incaricata di studiare il problema della fame
«che colpisce milioni di persone in America, che per altro viene considerata il granaio del
mondo ».
Il « Census Bureau » (ristituto statistico americano) ha appena pubblicato i risultati di
una inchiesta da cui risulta che
la crisi economica, che grava più
pressantemente sulla popolazione
nera, sta distruggendo i progressi registrati in passato. Il reddito dei neri nel 1982 era poco
più della metà di quello dei bianchi mentre il tasso di disoccupazione era del 18,9% contro
l’8,6% dei bianchi. Quanto alla
percentuale dei neri poveri, essa era tre volte più elevata di
quella dei bianchi. A fronte dei
progressi avutisi negli scorsi
dieci anni nel campo dell’istruzione e dell’abitazione vi è pur
sempre il dato di fatto che il
25% dei bianchi frequenta le
Università o ha la proprietà di
un alloggio, contro il 13% dei
neri.
La nota militante Angela Davis, alla vigilia della marcia su
Washington, in un articolo sul
« Daily World » sottolineava con
forza che i problemi specifici degli afroamericani sono in gran
parte il riflesso particolarmente
penoso di una « crisi strutturale » della società americana nel
suo insieme. Nel concludere ella
citava queste frasi pronunciate
vent’anni or sono da Martin Luther King: « La rivolta nera è
assai più. di una lotta per i diritti civili. Essa obbliga l’America ad affrontare tutti ì suoi mali intimamente connessi: il razzismo, la povertà, il militarismo.
Essa rivela dei difetti che non
sono superficiali, ma organici, e
Il motto di Martin Luther
King — “ho un sogno" —
sul volto teso di una giovane
afroamericana
indica che il reale problema da
affrontare è una radicale ricostruzione della società ».
Il molo delle Chiese
Al di là dei fattori socio-economici, la stragrande maggioranza dei neri americani è caratterizzata dal fattore religioso. Oltre alla presenza significativa, ancorché marginale, dell’Islam, la componente essenziale è quella protestante ed evangelica. La maniera in cui, al tempo della schiavitù, il cristianesimo è stato ricevuto dalla comunità nera ha dato origine ad una
forma di fede segnata da forti
tendenze profetiche. Questo cristianesimo costituisce la principale fonte alla quale i neri attingono forza e conforto. Non è
un caso se i loro diritti civili
provengono in parte dalle lotte
politiche del pastore M. L. King.
Ánche l’Islamismo ha avuto il
suo animatore in un ex predicatore cristiano nero convertito,
Elia Muhammad come pure in
Malcolm X, figlio di un pastore
nero.
Anche ora i responsabili religiosi hanno un ruolo determinante nella direzione dei movimenti neri americani. La National Baptist Convention, di tendenza moderata, guidata dal pastore Teodoro Jemison, è la più
importante organizzazione della
comunità nera americana; la
National Association for thè
Advancement of Coloured People
(NAACP) di tendenza liberale, è
animata dal pastore Benjamin
Hoocks; la Southern Christian
Leadership Coni er enee (SCLC)
fondata da M. L. King è della
sinistra liberale ed è guidata
dal pastore Joseph Lowery, più
a sinistra il National Black United Front (NBUF) e VAfrican
People’s Christian Organization
(APCO) del pastore Herbert
Daughtrv ed il People United to
Serve Humanity (PUSH) del pastore Jesse Jackson.
Questi movimenti, di fronte
alla triplice crisi, economica, politica e spirituale (mancanza di
comunicazione, frustrazione, droga, ecc...) della comunità nera
cercano di fornire quattro risposte essenziali.
La risposta conservatrice è
fornita dai movimenti dei pastori Jemison (NBC) e Hoocks
(NAACP). Essa si adatta parti
colarmente alla « religione civile » americana: sottomettetevi,
accettate Gesù Cristo, sosteneteci finanziariamente e potrete accedere al modo di vita americano (American Way of Life). E’
per altro probabile che specie la
NBC possa adottare una linea
più avanzata e profetica. Al momento però procede prudentemente per non seminare discordia nelle file della propria organizzazione.
In questo ambito la risposta liberale della NAACP è volta
verso un progressismo niù militante. Durante la marcia su Washington Hoocks ha dichiarato
guerra al reaganismo ed ha proseguito invocando il Dio degli
umiliati e degli offesi. Questa
pubblica testimonianza fa ritenere che parecchie cose stiano
cambiando in seno a questa organizzazione: bisognerà vedere
se essa avrà il coraggio ed i mezzi per imboccare decisamente
questa direzione.
Più marginale la risposta della sinistra liberale, impegnata
oltre che sul fronte interno, anche contro la dominazione americana e sovietica nel Terzo
Mondo, contro la cattiva ripartizione delle ricchezze mondiali,
contro il razzismo sudafricano,
ecc... Avversario del liberalismo
tradizionale e rivolto alla democrazia sociale, questo movimento d’obbedienza cristiana difende un progetto vagamente socialista, fortemente venato di nazionalismo nero. Più a sinistra,
gli altri movimenti si fanno coraggiosamente interpreti dei bisogni e degli interessi dei neri
più poveri e degli operai. Questi gruppi esercitano una pressione salutare sulle organizzazioni liberali più in vista, apportano analisi sociali più avanzate, visioni morali più globali ed
una pratica politica più ambiziosa.
La quarta risposta della Chiesa nera alla crisi è data dalla
possibile candidatura alla presidenza del pastore Jesse Jackson.
In una intervista di qualche anno fa alla rivista nera « Ebony »
egli ha sottolineato le profonde
radici cristiane del suo impegno politico. Il problema resta
però quello di vedere non tanto
in quale misura la Chiesa nera
sosterrà Jackson ma in che misura essa si riconosce in lui.
(continua a pag. 12}
8
8 ecumenismo
20 gennaio 1984
RIVISITANDO LA VI ASSEMBLEA DEL CONSIGLIO ECUMENICO - 2
La tentazione del potere
Una sezione del rapporto del Segretario Generale a Vancouver resta
tuttora come un severo monito al Consiglio Ecumenico delle Chiese
Ne «La Luce» del 26 agosto
Valdo Benecchi ha riassunto rapidamente il rapporto che Philip
Potter — nella sua qualità di Segretario Generale del CEO — ha
presentato aU’Assemblea di Vancouver. Vale la pena di soffermarcisi un po’ più a lungo in
due articoli di questa serie.
Partécipazidne
Senza dubbio il paragrafo che
ha suscitato più reazioni è quello in cui Philip Potter parla del
, sacerdozio universale^i dei crertìenti e critica ctò egli chiama «l’eresia del {ptefo; e dell’autorità magistdriifie nella chiesa» (vedasi in rfqqàdro una^più
'.ampia èitazionìisiiidel bimano in
questiono').’’ ^
Si comprei^iJI eo^^a '.menzione di gerarcM^ e magistero in
im contesto cSft^co, jpfcui addirittora si pària .%'jerùsia, abbia
initato . ortodctesT;*'© anglicani.
Tuttavia la letlufàì'^attenta del
br^o riportato teisTì^uadro mostra come nel mirino di Potter
non cà fosso solo,quésta o quella
chièsa, questa o quella tradizione storica, ma ima tendenza generale, che si manifesta in tutte
le chiese : che si tratti di vescovi
o di segretari generali o di quelle persone che si ritrovano regolarmente in tutti i comitati in
cui c’è da decidere qualcosa o
da esercitare un qualche potere,
dappertutto c’è la tendenza al
consolidarsi di gruppi dirigenti
più o meno inamovibili che findlmente, anche quando non sono mossi solo da egoistiche ambizioni, finiscono per ostruire la
strada ad altri e per impedire all’insieme dei fedeli di esercitare
legittimamente i loro doni e la
loro infiuenza. Ohe questa struttura venga rivestita di argomentazioni teologiche, come nelle
chiese episcopali, o tenda a manifestarsi in forme più surrettizie in chiese di altre tradizioni,
la tendenza di fondo rimane.
Ma questa ricerca del potere,
questa tendenza ad escludere altri dalle decisioni anziché farli
largamente partecipare, questa
organizzazione piramidale della
chiesa è precisamente conforme
all’« andazzo del mondo ». E’ conforme a quanto succede nei governi, nelle società, nei partiti,
anche in quelli rivoluzionari.
Che la chiesa sia tentata di seguire tale modello non stupisce,
ma che soccomba alla tentazione è contrario alla sua vocazione
di «popolo di sacerdoti ».
Dinamica originaria
del movimento
Forse scrivendo quel paragrafo Philip Potter ricordava l’intervento di qualcuno che in Comitato Centrale del CEC l’anno
scorso aveva detto « qui non siamo un Consiglio di comunità di
base ma di chiese» intendendo
precisamente un consiglio di dirigenze e non di credenti. Del
resto all’Assemblea Generale dell’Alleanza Riformata a Ottawa,
quando si parlava di redigere un
certo documento in linguaggio
accessibile a tutti, qualcuno aveva detto che i documenti sono
destinati alle autorità della chiesa e che queste, poi, si incaricano di trasmettere ai fedeli ciò
che essi possono capire. Anche
in ambiente riformato, dunque,
si rischia di trovare forme di gerarchia, delega, mediazione, anche se il nome non viene usato.
I delegati francesi a Vancouver, in un rapporto scritto per
la loro Federazione, si riferiscono al brano di Potter che abbiamo menzionato facendo no
tare che in esso Potter « si ricollega con la dinamica del movimento ecumenico delle origini,
contrapponendola a quanto tende a diventare una struttura gerarchizzata, ecclesiastica, burocratica, quasi una sorta di vaticanizzazione della chiesa ».
L’ingresso delle chiese ortodosse nel CEC e i rapporti sempre più stretti con la dirigenza
cattolica tendono a spingere il
movimento ecumenico in quella
direzione. Il grido d’allarme lanciato da Potter è più che mai
opportuno. Non solo per il momento in cui viene, ma anche
per il modo in cui è fatto, non
cioè come richiamo a una tradizione o a una corrente particolare, ma come richiamo alla
Scrittura, al fondamento biblico
e cristologico della chiesa, all’immagine stessa della « casa spirituale» in cui l’unica pietra che
si distingue dalle altre è la « pietra angolare», cioè Cristo, mentre per il resto non c’è distinzione tra le altre « pietre viventi ».
Di fronte alle attuali tendenze
episcopaleggianti che tendono
ad assolutizzare la chiesa del 3“
secolo, già quasi costantiniana,
è importante rivendicare l’egualitarismo biblico delle origini.
Sacerdozio di tutto
ii popolo di Dio
Questo paragrafq centrale della relazione Potter era collocato
sotto il titolo « una comunità di
partecipazione ». La partecipazione, egli dice, è una delle cose che le chiese hanno imparato insieme nel movimento
ecumenico. A Vancouver, però,
i gruppi che hanno discusso di
questo tema lo hanno fatto da
un punto di vista molto pratico
— quale è il posto di ciascuno
nella chiesa — piuttosto che dal
punto di vista teologico; occorrerebbe invece ripensare e ridefinire che cosa sia il sacerdozio
universale per l’oggi ; cioè per
un’epoca in cui il cattolicesimo
si appropria della nozione di sacerdozio universale affermandola come propria, ma la affianca
a quella di « sacerdozio ministeriale », reintroducendo cosi quella gerarchizzazione tra laici e
non laici che il concetto riformato di sacerdozio universale
aveva precisamente voluto eliminare.
Aldo e Fernanda Comba
Un grido d'allarme
Uno dei grandi meriti della Riforma è stata la scoperta che ognuno — donna o uomo — è un sacerdote davanti
a Dio, che offre a Dio la vita
del mondo e riceve da Dio la
propria vita per mezzo del sacrificio eucaristico che Gesù
ha compiuto per la vita del
mondo... Ma, fatto strano nella storia delle nostre chiese,
questa convinzione di essere
un popolo di sacerdoti, santo
e consacrato è degenerata in
una specie di religione individualista e pietista. Ciò, da
un lato ha distrutto il senso
della nostra reciproca responsabilità, e del vincolo che ci
unisce in quanto « casa spirituale fatta di pietre viventi ». D’altro lato le chiese hanno ceduto alla tentazione di
chiudersi in forme diverse di
esclusivismo gerarchico e
istituzionale con una concentrazione di potere di tipo burocratico che è lontanissima
da tutto ciò che Dio aveva
stabilito e promesso al popolo d’Israele (...). Abbiamo seguito l’esempio dei potenti di
questo mondo, abbiamo creato delle strutture rigide c stratificate che ci privano del vero sacerdozio che dovremmo
esercitare per il mondo
Il movimento ecumenico ha
sempre avuto questa preoccupazione. Noi abbiamo reciprocamente ricordato gli uni
agli altri che la chiesa è il
popolo, il laos di Dio e non
prima di tutto il ministero
ordinato, che per quanto indispensabile rappresenta meno dell’uno per cento della
« casa di pietre viventi ». Ci
siamo sforzati di incoraggiare le chiese a riconoscere che
i giovani sono la chiesa di oggi, non di domani. Con particolare insistenza, in anni recenti abbiamo faticosamente
cercato di tener conto del fatto che la « casa di pietre viventi » è una comunità di
donne e uomini che adempiono un ministero comune di
testimonianza e di servizio al
mondo. La nostra comunione
al corpo e al sangue di Cristo, i nostri sacrifici spirituali, l’offerta del dono dello
Spirito che abbiamo ricevuto
esigono che noi esorcizziamo
l’eresia del potere e dell’autorità magisteriale nella chiesa e diventiamo un vero sacerdozio di tutti i credenti,
tra i quali i doni e le funzioni non sono imposti, ma mutuamente accettati.
Dalla Relazione di Philip
Potter all’Assemblea dì
Vancouver
Informazioni dalla Comunità
Evangelica di Azione Apostolica
Un culto col
segretario della CETA
Lettera di Laura Nisbet
Laura Nisbet ci invia alcune notizie sui suo lavoro e sulle recenti celebrazioni dal centenario della Chiesa Evangelica locale, delle
quali le siamo molto grati. Dopo un breve soggiorno alle Valli, per
curare la mamma, la nostra inviata sta per ritrovare il suo lavoro
a Morija. La seguiremo con affetto e partecipazione.
Una studentessa di
teologia a Morija
di alfabetizzazione per i profughi angolosi. Abbiamo stretto amicizia e forse l’anno prossimo
andrò a farle visita.
A proposito del suo lavoro scrive tra l’altro; « L’anno prossimo
dovrò occuparmi dell’insegnamento di tutte le classi del Collegio (dalla I media alla III liceo) senza contare i corsi degli
adulti: una quarantina di lezioni
settimanali. Tra l’altro i nuovi
studenti della Scuola di teologia
(nove) sono molto simpatici e,
cosa rara, c’è pure una donna,
Mrs Potho, molto in gamba: è
spesso lei che spiega agli altri
quello che non hanno afferrato!
Quest’anno avevo due classi di I
media di 45 alunni caduna che
mi hanno dato del filo da torcere.
Le notizie recenti più salienti
concernono il giubileo.
Per me, il momento più intensamente vissuto da tutta la vasta
assemblea è stato il culto della
domenica, presieduto dal pastore malgascio Rafransoa, Segretario Generale della CETA. Disse
di esser venuto a parlare per conto di 120 milioni di cristiani di
questo continente, di essere messaggero di pace in un momento
in cui il Lesotho subisce delle
pressioni dal suo potente paese
vicino. '
Il giubileo
della chiesa
10.000 persone
per 3 giorni
Le vacanze scolastiche sono
iniziate contemporaneamente al
gran caldo, ormai siamo al di sopra dei 30°.
Sotterrarsi per
sopravvivere
Penso alle popolazioni più a
nord, in Botswana e in Namibia,
per esempio, dove durante il gior.
no, per sopravvivere, i Boscimani si sotterrano nella sabbia, testa compresa, respirando per
mezzo della tibia di un’antilope...
I responsabili Basotho si sono
veramente messi lír~quáttro per
organizzare tutto a puntino (alloggiare e nutrire sia le diverse
parrocchie provenienti dai quattro punti cardinali del paese sia
gli ospiti stranieri) anche se nell’effervescenza dei preparativi,
scavando una fossa per le immondizie, le tubature dell’acqua
sono state forate e una parte del
villaggio si è trovato improvvisamente senz’acqua... dei begli alberi secolari sono stati abbattuti
per fornire abbastanza combustibile alle cucine! In un paese rosicchiato dalTerosione, ogni albero raddoppia il suo valore, eppure pare che i Basotho considerino generalmente in modo critico le zone boscose (così rare!),
che rappresentano per loro possibili nascondigli per ladri e malfattori.
In questi giorni, è ospite a Morija un’antropologa olandese che
per l’appunto vive nel nord del
Botswana in una capanna fatta
di giunchi e che si occupa insieme ad un’équipe ecumenica e
multirazziale di un programma
Un opuscolo con la fotografia
delle chiese di Morija e Thaba
Bosiu fu stampato in 30.000 esemplari dalla nostra nuova tipografia. Sul retro una stampa del
re Moshoeshoe I ed una foto del
missionario E. Casalis. Un programma di soli tre giorni (15-17
settembre) ma denso di discorsi
e canti.
La nostra chiesa non potendo
contenere le migliaia di persone
accorse per l’occasione (si parla
di 8-10.000 persone), le riunioni
avevano luogo all’aperto (sotto
il solleone) in un grande piazzale tra il liceo di Thabeng e la
scuola elementare. Il tempo ci ha
favorito anche se ogni tanto il
vento sollevava nuvole di polvere; dei camion trasportavano
l’acqua ai quattro centri dove
gruppi di donne facevano cuocere in enormi vasi neri carne di
manzo e di agnello.
Il sabato il re ha fatto la sua
apparizione ¿Secando alla testa
di ben 120 .cavalieri avviluppati
nelle J:ram7.i9qa.l7 coperte. lìdiscorso del re, calorosamente applaudito dalla folla, è stato seguito da quelli dei rappresentanti delle varie chiese degli Stati
Uniti, della Svizzera, dell’Olanda,
del Canada; c’erano rappresentanti dell’Alleanza Riformata, della Chiesa Presbiteriana del Sud
Africa, del DEFAP, del Consiglio Cristiano delle Chiese Sudafricane ecc.
Chi invece brillò per la sua assenza fu il Primo Ministro Jonathan, il cui discorso è stato pronunciato in sua vece da un delegato del Governo.
Ha ricordato che il giubileo
era l’occasione di ricominciare
tutto a nuovo, di girare una nuova pagina, di impegnarsi per la
riconciliazione e la pace. Gesù,
luce e vita: ecco ciò di cui l’Africa ha maggiormente bisogno oggi. Gesù è stato respinto dai suoi
stessi amici, respinto dalla Chiesa che preferisce il confort, il
compromesso, preservando la
propria sicurezza. Disse che abbiamo bisogno di pentimento e
chiese ai responsabili delle ChieseoT organizzare un giorno nazionale di pentimento per tutti i
cristiani di questo paese. La riconciliazione non è cosa facile
ma noi dobbiamo lottare con
Dio, come Giacobbe lottò prima
di riconciliarsi con Dio, come Gesù lottò solo sulla croce per riconciliarsi con Dio e con i nostri
fratelli e sorelle.
La promessa del
servizio e della libertà
Al termine del suo sermone il
pastore malgascio pronunciò una
preghiera: ”In mezzo all’oppressione e alla tirannia, noi celebriamo la promessa del servizio e
della libertà. In mezzo alla morte, noi celebriamo la promessa
del Cristo risorto”.
Quali altre parole, meglio di
queste, avrebbero potuto toccare
il cuore della gente?
Sulle rocce della montagna sovrastante erano state dipinte a
caratteri cubitali le due date;
1833-1983.
Il Signore, che ha guidato questa chiesa fin dai suoi albori,
possa continuare ad illuminarla
in un’epoca in cui la gente si
sente doppiamente oppressa:
tanto aH’interno quanto all’esterno, per la sua posizione di dipendenza forzata dal paese vicino ».
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20 gennaio 1984
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DIBATTITO A PINEROLO
SINDACATO
L’Afghanistan, terra di morti
e di profughi, chiede aiuto
Vertenza
energia
I comitati per ia pace affrontando la tematica della solidarietà col
popolo afghano dimostrano di voler impegnarsi per superare i blocchi
Anche il piccolo cimitero di
Vivian ad Inverso Pinasca avrà
i suoi loculi. Lo ha deciso il Consiglio Comunale, a fine dicembre,
approvando un progetto che prevede 112 loculi e 78 cellette ossario con una spesa di 100 milioni.
Un primo stralcio dei lavori porterà presto alla costruzione di 28
loculi e 42 cellette con una spesa
di 30 milioni.
La minoranza ha detto invano
no al progetto, esprimendo il
proprio disaccordo, per voce del
capogruppo, « per motivi religiosi. ecologici ed economici » precisando che « l’uomo viene dalla
terra ed a questa deve tornare ».
Il comune di Inverso Pinasca
segue così l’esempio di molti altri comuni delle valli, costruendo
anche lui i suoi bravi loculi « per
motivi di spazio », si giustificano
gli amministratori (ma allora
perché non si pensa alla cremazione?), « per speculazione », insimiano alcuni.
Mon voglio qui parlare dell'aspetto economico (però in un
tempo in cid mancano.i soldi per
t vivi...) e lascio ad altri approfondire l’aspetto ecologico e la
larvata minaccia igienica. Mi preme dire qualche cosa sull’aspetto « religioso » o meglio sull’aspetto di fede di tutta la questione.
Certamente il problema dei cinùteri non è stato molto dibattuto né sulla nostra stampa, né
nelle nostre assemblee, perché,
giustamente, come credenti ci
><-ììtiamo più spinti ad impegnarci per i problemi dei vivi.
Solo di tanto in tanto, soprattuiio all’inizio di novembre, ci lament'iamo thè le cose stanno
cambiando in una direzione che
non ci piace (monumenti funebri, corone, fiori, ecc.) perché in
contrasto con la semplicità e la
fede cui eravamo stati formati.
Recentemente, seguendo l’esempio di alcuni colleghi, ho condotto i catecumeni del 3° anno a
visitare il nostro cimitero chiedendo loro di definire la fede che
stava dietro la scelta dei versetti, e le altre iscrizioni che trovavano sulle tombe. «Se uno straniero capitasse nel nostro cimitero, quale idea si farebbe della
nostra fede in rapporto alla realtà della morte? ».
Visitando il cimitero ci si rende conto che il problema non è
solo quello di una forma che
cambia ma soprattutto quello di
una mancanza di chiarezza e di
approfondimento della fede in
rapporto alla comprensione della
vita e della morte.
Dove è oggi la limpidezza della
fede dell’apostolo Paolo quando
scriveva « per me vivere è Cristo
e morire è guadagno» (Fil. 1;
21 )? oppure « io sono persuaso
che né morte né vita... potranno
separarci dall’amore di Dio che
è in Cristo Gesù » (Rom. 8: 28)?
Una maggiore attenzione al
« corpo mortale » dei nostri cari,
il desiderio di prolungare nel
tempo questa presenza materiale
(per cui loculi e monumenti funebri) non sono forse legati all’affievolimento della nostra fede
nella risurrezione?
Gesù un giorno disse ai suoi discepoli « lasciate i morti seppellire i loro morti » (Luca 9: 59)
perché aveva un progetto di vita
per tutti gli uomini e per realizzare questo progetto è morto ed
è risuscitato.
Questo rimane il progetto che
siamo chiamati a costruire anche
noi oggi.
Renato Coisson
Afghanistan. Terra aspra, brulla, montagnosa, con scarse precipitazioni e inverni lunghi e
freddi. Popolo dedito alla pastorizia e all’agricoltura, per quello che la terra può offrire. Monarchia fino al 1973, poi tre colpi di stato, l’ultimo portato dai
carri armati sovietici nel dicembre 1979. Su 18 milioni di abitanti in un paese grande quasi
due volte il nostro, si parla di
oltre 1 milione di morti e di 5-6
milioni di profughi. Questi dati
— già denunciati sull’Eco-Luce
(del 7.10.83 e del 13.1.84) — nella loro crudezza danno un’immagine della tragedia che sta vivendo il popolo afghano.
Chi ha partecipato venerdì 13
gennaio all’Auditorium di Pinerolo alla serata di solidarietà
con l’Afghanistan organizzata
dal Comitato per la pace e il disarmo di Pinerolo ha potuto vedere direttamente delle immagini filmate sull’attuale situazione
nel paese. Immagini girate da
una troupe composta anche di
italiani (tra essi il giornalista
R. Pavero che è morto lo scorso ottobre durante un bombardamento) nella zona di confine
con il Pakistan, tra i passi montagnosi dove combattono i «mujaheddin» (i combattenti afghani) e la città di Peshawan dove
si trova il centro organizzativo
della resistenza. Dai paesaggi
sofferti e rocciosi alle tendopoli
dei campi profughi, questo filmato aiuta a capire la realtà in
cui si sta svolgendo questa
guerra.
I soldati sovietici — oggi circa
100.000 — sono impantanati, controllano solo parte del paese, in
certe zone si avvicinano solo con
gli elicotteri corazzati. Il regime
di Karmal ha poco seguito malgrado i tentativi di riforme e di
modernizzazione avviati. L’impressione tratta dal filmato è di
un popolo che rivuole fermamente la propria indipendenza e
libertà e che, malgrado le divisioni interne, si opporrà fino al
ritiro delle truppe sovietiche. E’
stato ricordato che la maggioranza degli afghani sono musulmani sunniti che, a differenza
dei vicini iraniani (che sono
sciiti), non sono organizzati gerarchicamente; l’ipotesi di una
rivoluzione di tipo khomeinista
non è quindi realistica in Afghanistan.
Filmato e informazioni sono
stati portati da alcuni rappre
sentanti del Comitato torinese
di solidarietà al popolo afghano
che ha sede in Via Cernaia 32 10122 Torino' (tei. 011/512085). Lo
scopo del Comitato, che si dir
chiara apartitico, è duplice: sia
la ricerca di sensibilizzare sulla
TALCO E GRAFITE (ISOLANTITE)
Difficoltà per la
cooperativa dei lavoratori
PINEROJLO — Dopo il rifiuto
della SECI, una ditta lombarda
cliente della Talco e Grafite, di
assumersi direttamente l’onere
della gestione dello stabilimento
della Isolantite, la Regione ha
fatto una proposta ai sindacati:
« sperimentate l’autogestione della azienda attraverso la creazione di una cooperativa di produzione ».
mento. Effettuati questi risparmi l’attività diverrebbe di nuovo
competitiva e l’azienda non dovrebbe avere perdite.
Su questa proposta sono chiamati ora a pronunciarsi i lavoratori. Solo una parte di loro
(25 su 80) si sono però dichiarati disponibili a condurre l’esperimento.
Secondo la Regione i lavoratori dovrebbero creare una cooperativa di produzione con un capitale di 1 milione ciascuno (in
tutto 80 milioni), prendere in affitto dalla Talco e Grafite il ca^
pannone e il macchinario (a
prezzo politico) ed autogestirsi.
In questo modo secondo i tecnici regionali è possibile beneficiare per un certo periodo dei
contributi CEE per la riqualificazione professionale, che garantirebbero un certo risparmio sul
costo della manodopera almeno
nel periodo iniziale. Altri risparmi potrebbero essere fatti riducendo la superficie produttiva e
il conseguente costo di riscalda
La mancanza di esperienza di
cooperative in zona è senz’altro
un motivo del rifiuto della maggioranza dei lavoratori; dall’altra però c’è anche una ragione
di politica sindacale. « E’ mai
pensabile — dicono — che fin
quando facevamo utili eravamo
parte del gruppo Talco e Grafite e adesso che, per errori di
conduzione, facciamo perdite
dobbiamo essere costretti all’autogestione? Se ci deve essere
una cooperativa perché non la
facciamo in tutto il gruppo? Così, ci sarebbe più certezza di riuscire. Non è pensabile lasciare
solo sempre gli utili a qualcuno
e le perdite agli operai ».
G. G.
ARREDAMENTI
Mobilificio
GIUSEPPE GRIVA
FABBRICA • ESPOSIZIONE
Via S. Secondo, 38 - PINEROLO - TeJ. (0121) 201712
(di fronte Caserma Alpini « Berardi »)
questione afghana, sia di mobilitarsi per la difesa dei diritti
civili e di libertà. « Occuparci
dell’Afghanistan vuol dire comunque essere vicini a tutti i
popoli che soffrono; i problemi
della libertà, dell’autodeterminazione dei popoli, del mantenimento della propria cultura devono far parte del pensiero di
ognuno di noi», è stato detto
nell’introduzione.
E la dimensione internazionale del problema della libertà dei
popoli è stato al centro del dibattito che è seguito al filmato.
Occorre da parte di tutti uno
sforzo per superare gli schieramenti di principio, all’Est come
all’Ovest, in Afghanistan come in
Nicaragua.
Ed è quello che i Comitati per
la pace stanno imparando a far
re. I Comitati locali del pinerolése con manifestazioni dedicate
alla Polonia, al Nicaragua, all’Afghanistan, hanno avviato il
dibattito politico in modo aperto al contributo di ognuno e diffuso notizie e informazioni su
situazioni di scontro che toccano l’Est come l’Ovest. Come interpretare, invece, l’assenza e il
silenzio di molte forze che predicano la libertà e la pace ai
quattro venti?
Silvio Vola
PINEROLO — Nel corso di
una conferenza stampa il sindacato unitario dei lavoratori dell’energia (FLE) ha presentato la
propria piattaforma rivendicativa nei confronti di aziende e enti
locali per un corretto uso dell’energia e per la diversificazione :
delle fonti energetiche. Il sindacato ha accompagnato questa sua
piattaforma con un voluminoso
studio sul problema energetico
del pinerolese redatto dalla cooperativa « Ambiente e Territorio ». « Si tratta — hanno detto
i sindacalisti — del primo studio
condotto in materia nella nostra
zona. Si parla molto di energia:
questo è il nostro contributo cui
chiediamo alle controparti una
risposta precisa e nel merito ». -i
In concreto la FLE propone:
— per l’industria: indagine sui
fabbisogni reali, iniziative per il
risparmio energetico, interventi
di cogenerazione calore-energia.
— per gli usi civili: risparmio
energetico per il riscaldamento
con interventi di coibentazione.
— per gli usi agricoli: studio
di impianti per l’uso energetico
delle biomasse, uso del bosco a
fini energetici.
— ricuperi energetici tramite
riciclaggio rifiuti, ricupero centraline idroelettriche, impianti di
energia solare, metanizzazione.
Per garantire un coordinamento di queste iniziative la FLE
propone la costruzione di una
azienda consortile energetica,
che viene identificata nello sviluppo dell’AMGAS di Pinerolo.
CONVEGNO DI DP
Un piano per il lavoro
PEROSA — Anche Democrazia Proletaria scende in campo
con alcune proposte per il futuro delle Valli Ohisone e Germanasca. Sabato scorso si è infatti svolto un convegno sul tema « Proposte per un piano del
lavoro » cui hanno partecipato
una sessantina di lavoratori,
molti dei quali della Filseta.
Per D.P. la crisi industriale
che stiamo vivendo è una crisi
di sovraproduzione dovuta anche all’incremento della produttività generato dall’impiego delle nuove tecnologie.
Una soluzione della crisi la si
ottiene perciò iniziando una seria opera di «distribuzione del
lavoro tra tutti», che si può attuare con una lotta all’interno
delle fabbriche esistenti, riaffrontando tematiche quali quelle della organizzazione del lavoro e della riduzione di orario ed
operando perché siano possibili
i «contratti di solidarietà» (riduzione di orario e salario in
cambio di nuova occupazione).
trasformi molti dei bisogni insoddisfatti in occupazione.
A questo proposito D.P. ha
citato la metanizzazione della
valle fino a Porosa ( -f 30 addetti), piani per la forestazione (-t30/40 addetti), ricupero centraline idroelettriche ( -f 10/15 addetti). Oltre a questi lavori che
garantirebbero occupazione duratura, è necessario un piano di
lavori pubblici che affronti i problemi del degrado idrogeologico
e della viabilità, da realizzare
in tempi brevi che costituirebbe un volano importante per
l’avvio di una strategia di occupazione.
Occorre poi avere la consapevolezza che in valle vi sono due
tipi di industrie: im primo tipo
(RIV-SKF e Manifattura di Porosa) che stanno compiendo una
scelta di ristrutturazione e un
altro tipo (la FIAT e la Filseta)
che portano avanti una strategia
di deindustrializzazione, che cioè
se ne vogliono andare.
Per quanto riguarda i servizi,
anche qui, si devono sviluppare
i servizi di prevenzione e di assistenza agli anziani. I soldi per
questi servizi secondo D.P. si
possono ottenere risparmiando
per esempio sul costo dei medicinali. Acquistando direttamente
le medicine si avrebbe un risparmio del 20% cioè di almeno
280 milioni, il che permetterebbe un impiego di 10/12 persone
l’anno.
Contro questo secondo tipo
di strategia oltre all’iniziativa
interna occorre — secondo D.P.
— creare una informazione nazionale favorevole al mantenimento attirando l’attenzione dell’opinione pubblica sulla situazione delle vallate con tutti i
mezzi. Accanto a questo è necessaria però la creazione da
parte della Regione, dei Comuni,
della Comunità Montana, di una
politica attiva per il lavoro che
Queste proposte secondo D.P.
permetterebbero l’avvio di una
politica favorevole all’occupazione. Le politiche dell’assistenza (cassa integrazione, sussidi
per la disoccupazione) pur necessarie in una fase di crisi, mal
si adattano ad una cultura della
gente costruita sul lavoro. Inoltre l’assistenza rischia di dividere la gente tra assistiti (che
sono costretti a sviluppare pratiche clientelari) e garantiti sul
lavoro (che vedrebbero però peggiorare le loro condizioni di lavoro; sono infatti già state abolite molte pause ed è aumentata la fatica in varie produzioni).
Occupazione, qualità del lavoro
sono per D.P. una emergenza
da affrontare congiuntamente.
P. F.
10
10 cronaca delleVallí
20 gennaio 1984
PINEROLO
Una città senza partecipazione
Riceviamo e volentieri pubblichiamo:
Il Coordinamento dei Quartieri
di Pinerolo desidera sottoporre
al vaglio deU’opmione democratica i seguenti fatti:
— il 5 gennaio scorso, il Comitato di Quartiere Tabona, recatosi, come ogni giovedì, al Centro Sociale di Via Saluzzo per
tenervi la consueta riunione, trovava un avviso in bacheca esterna, a firma dell’Assessore ai Servizi Sociali ed alla Partecipazione Renzo Mercol, dal quale apprendeva la chiusura del Centro
Sociale stesso nei giorni 4 e 5
« per trasloco locali ». Il Centro
Sociale, infatti, era del tutto privo di mobili ed inoltre l'archivio
decennale del Comitato di Quartiere, già riposto in un armadio
chiuso a chiave era stato malamente gettato in un sacco dell'immondizia ed in uno scatolone;
— immediatamente il Comitato
di Quartiere Tabona indirizzava
una lettera di viva protesta all’Assessore Mercol e, p.c., al Sindaco, ai capigruppo consiliari ed
ai Direttori dei settimanali locali. In tale lettera, oltre a denimciare rinqualificabile arbitrio di
chi dovrebbe favorire la partecipazione, si comunicava che, essendo stato il Comitato di Quartiere, di punto in bianco e senza
preavviso, privato della propria
sede, avrebbe svolto la propria
attività futura presso l'ufficio
dell’Assessore Mercol, in semio
di protesta per il sopruso dallo
stesso compiuto;
— non avendo avuto alcuna risposta, giovedì 12 gennaio, quindi, il Comitato di Quartiere Tabona, insieme con il Coordinamento dei Quartieri, si è riunito,
come convenuto ed annunciato
per scritto, neU’ufficjo dell’Assessore Mercol, il quale, con rara
tempestività, « invitava », tramite un dipendente comunale, il
Coordinamento dei Quartieri a
trasferirsi neU’aula consiliare;
— il Coordinamento accoglieva
l’invito e provvedeva a redigere
tm breve documento indirizzato
alla Giunta (in quel momento
anche essa in procinto di riunirsi), nel quale sottolineava per la
ennesima volta la « scarsa volontà democratica » deU’Amministrazione e chiedeva alla stessa
una precisa e non più rimandabile presa di posizione rispetto
alla questione istituzionale relativa ai quartieri (i auali, giova
ricordare, vennero istituiti e regolamentati in via sperimentale
con Ordine del giorno del Consiglio Comunale del 28 ottobre
1977 e da allora ancora attendono l’applicazione del citato o.d.g.,
in cui esplicitamente il Consiglio
Comunale fissava la dimata della
sperimentazione in rm anno, trascorso il quale il Consiglio stesso si impegnava a procedere alla
completa e definitiva determinazione dell’assetto istituzionale
dei quartieri);
— il Coordinamento dei Quartieri decideva di recarsi in Sala
Giunta al fine di leggere e consegnare tale documento e, apprendendo che la riunione di Giunta
non era ancora cominciata, domandava cortesemente il permesso di essere sentito;
— è a questo pvmto che il Sindaco Camusso, inspiegabilmente
inalberatosi, parlando a nome
degli Assessori presenti (tutti,
ad eccezione di Trombetto) e suo,
con toni e modi discutibili, rifiutava recisamente al Coordinamento dei Quartieri il permesso
di parlare, anche per pochi istanti, in ciò sostenuto dagli Assessori Rivò, Manduca e Mercol (il
quale, tra l’altro, negava con
sproporzionata ostinazione, di
aver mai ricevuto la lettera di
protesta del Comitato di Quartiere Tabona, consegnatagli a mano sabato 7 gennaio — sic! —);
il resto della Giunta appariva
piuttosto sconcertato dalla, forse
inopportuna, esibizione di tanta
veemente fermezza posta dal Sindaco, nonché Presidente della
Giunta stessa, nel non voler dare
ascolto ai riconosciuti rappresentanti degli organismi di partecipazione;
— il Sindaco proseguiva, ordinando al Coordinamento dei
Quartieri di abbandonare immediatamente la Sala Giunta e, poiché il Coordinamento insisteva
nella richiesta di essere brevemente sentito (rivolgendosi anche agli Assessori, affinché espri
VALLI CHISONE E GERMANASCA
Verso lo sciopero generale
Presentata dai sindacati la
piattaforma rivendicativa sulla
quale gli operai delle Valli Chisone e Germanasca sono chiamati ad uno sciopero generale
giovedì 26 gennaio.
Si tratta di im aggiornamento
della piattaforma rivendicativa
presentata nel luglio '81 alle controparti.
I sindacati sono consapevoli
che « con una vertenza locale non
si risolve positivamente una lotta per l’occupazione » che è una
questione più generale; che richiede « nuove leggi sul mercato
del lavoro, sulla mobilità e sui
contratti di solidarietà ». Ritiene
che gli enti locali non debbano
limitarsi a ordini del giorno in
appoggio ai lavoratori, ma portare avanti in tutte le sedi più
opportune le richieste dei lavoratori.
Nel merito il sindacato richiede:
— al Comprensorio di Pinerolo: una politica di programmazione coerente (piano territoriale, ufficio di piano, identificazione aree industriali);
— alla Comunità Montana Valli
Chisone e Germanasca: costruzione di un piano di sviluppo, istituzione dell’osservatorio sul mercato del lavoro, programmazione
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Viaggio in Israele
messere individualmente il proprio parere), chiedeva al Segretario Comunale Piterà, che prontamente e di buon grado lo accontentava, di far intervenire i
Vigili Urbani;
giungevano, quindi, due Vigili, cui il Sindaco, incurante del
ridicolo della situazione (entrambi, infatti, sono Vigili di quartiere!), ordinava di provvedere in
qualunque modo allo sgombero
della Sala;
— a questo punto, il Coordinamento dei Quartieri, per rispetto
dei probabili sentimenti dei due
Vigili, nonché consapevole della
loro non invidiabile condizione
di lavoratori tenuti all’obbedienza
al primo cittadino, abbandonava
spontaneamente la Sala lasciandovi peraltro il documento che
non aveva potuto leggere.
Alcune riflessioni si impongono:
—- pur in tanti anni di rarmorti
non certo idilliaci con l’Amministrazione comunale non ci era
mai successo, né lo ritenevamo
possibile, non solo di non essere
ascoltati, ma addirittura di essere cacciati dal Comune dalla Forza Pubblica;
— allo stesso modo, pur sapendo, come tutti, che l’attuale maggioranza si trascina da una minaccia di crisi ad un’altra, non ci
aspettavamo certo di assistere al
poco edificante e preoccupante
spettacolo di una Giunta (nolo
laico-socialista compreso) completamente succube dei capricci
autoritari del Sindaco;
— ci chiediamo, dunque, se è
vero che la Giunta è espressione
della volontà cittadina, quale città sia diventata la nostra, nel
momento in cui i suoi rappresentanti mostrano aU’unanimità
di preferire la maniera forte al
dialogo democratico;
— è, quindi, con vera e motivata preoccupazione che ci interroghiamo, ed invitiamo a farlo
tutti i cittadini, sul nostro futuro
di amministrati, snecie in un quadro politico ed economico complessivo in cui i fatti che abbiamo raccontato non costituiscono
certo, nella sostanza, un’ eccezione.
Il Coordinamento dei
Quartieri di Pinerolo
Mancano pochi giorni alla
chiusura delle iscrizioni per il
viaggio in Israele con il pastore
Cadier previsto per il mese di
marzo. Di fronte a perplessità
espresse da alcuni interessati
circa l’eventuale pericolosità dell’itinerario, i pastori Coisson e
Platone, che hanno organizzato
il precedente viaggio in Palestina nel marzo del 1983, confermano che — malgrado la loro
visita in Medio Oriente fosse
avvenuta in tempi di belligeranza — l’organizzazione turistica
di un Paese come Israele, secondo a nessuno in fatto di turismo,
è ad altissimo livello di garanzia per i numerosi gruppi che si
recano a visitare i luoghi biblici.
Ci sono ancora alcuni posti liberi. Per maggiori informazioni
rivolgersi al pastore Giovanni
Conte di San Germano Chisone.
UN OSPEDALE
CHE FUNZIONA BENE
Caro Direttore,
ahimè, non con la penna e la competenza di Giorgio Peyrot (v. Eco-Luce
del 13 gennaio) posso esprimere il mio
apprezzamento e riconoscimento per il
lavoro svolto da e negli Ospedali Vaidesi, ma in modo semplice unirmi a lui
nel manifestare la mia gratitudine verso l'Ospedale di Torino.
Molto spesso, si ode un: « Ah, sì,
l’Ospedale Evangelico Valdese! Beati
voi ohe l’avete... ». Il che non è esatto poiché è aperto a tutti. Comunque,
fa piacere sentire tale affermazione.
Recentemente, l’accoglienza pronta,
premurosa (qualcuno dirà: è loro dovere) cancellava in parte la mia ansia nel
presentarmi In circostanze impreviste
e dolorose; le cure furono adeguate, efficaci: la degenza seguita con competenza da tutta l’équipe.
E aggiungo: dove mai avrei potuto trovare un primario (chirurgia) occuparsi
oltre che del corpo del malato anche del suo spirito, accompagnando personalmente il pastore presso il letto
della ricoverata? ■■ Venga, venga, c'è
una sua pecorella... ».
Il mio grazie vada ad entrambi, ai
medici tutti, medicina e chirurgia, al
personale, alla Direzione ed al Comitato del « nostro » Ospedale valdese di
Torino.
Liliana Ribet, Torino
di lavoro »: una specie di tacito accordo tra operai (pensionati, casalinghe,
ecc.) e padroni per salvare i posti di
lavoro nel pinerolese e a Villar Porosa
in particolare.
A pochi mesi di distanza dalle elezioni arriva però la decisione della
FIAT di chiudere lo stabilimento di Villar Perosa.
Questa volta cioè il gioco non ha
funzionato; il padrone di turno ha avuto
i suoi voti, ma non ha dato nulla in
cambio.
A noi pare che da questa vicenda vada tratto un .insegnamento e cioè che di
questi tempi, I padroni non fanno più
l’elemosina, non danno più il premio
a chi sta bravo. Non basta più scodinzolare per avere l’osso. Ma allora se
non serve allearsi coi padroni per avere il posto di lavoro, se fare un « patto » coi padroni, agli operai, sul lungo'
periodo, non porta nessun vantaggio,
cosa bisogna fare?
A noi pare che sia necessario fare
un passo in avanti e capire che se l'alleanza coi padroni non porta frutti l’unica strada possibile è una maggior solidarietà tra tutti coloro che sono più
colpiti: gli operai, i pensionati, i disoccupati e così via.
Quindi, lil far rimanere a Villar Perosa la FIAT, la difesa dei livelli occupazionali alla RIV e in tutta la zona, non
dipenderanno dai favori che chiederemo, ma dal livello di lotta che saremo
capaci ad esprimere. Non da altro.
LETTERA APERTA
AGLI ELETTORI DI
SUSANNA AGNELLI
Nelle elezioni del giugno 1983 vi fu
un grande successo di Susanna Agnelli
in tutto il pinerolese e a Villar Perosa
•In particolare. Questi voti S. Agnelli li
ha raccolti in tutti i settori sociali, dai
commercianti agli artigiani, dai pensionati alle casalinghe, dai quadri (quelli
di Arisio) agli operai.
Forse queste sono considerazioni banali, ma se da questa brutta vicenda
della FIAT e da tutta la tremenda crisi
occupazionale che stiamo attraversando
nascesse un ripensamento, nel senso
sopra delineato, da parte di chi ha votato S. Agnelli, avremo già raggiunto
un primo risultato positivo per l’occupazione in zona e posto le premesse
per raggiungerne altri.
Democrazia Proletaria, Pinerolo
LA CIOV, L’USSL 42
E LA CRONACA
della formazione professionale,
assunzione tramite il collocamento, costituzione di una consulta
sui problemi del lavoro, copertura delle piante organiche dei
comuni, piani di formazione professionale per l’artigianato.
— a tutti gli enti locali: consorziamento per politica energetica, programmazione degli interventi nell’edilizia e nella viabilità, disponibilità a dare lavoro alle cooperative di disoccupati e cassaintegrati costruite dal
sindacato, sviluppo della cooperazione di consumo;
— alla FIAT: ritiro della proposta di chiusura dello stabilimento a Villar;
— alla Talco e Grafite: conclusione in tempi brevi della ristrutturazione nroduttiva e mantenimento dei livelli occupazionali;
— alla Filseta: mantenimento
del reparto di filatura e mantenimento dei livelli occupazionali;
— alla RIV-SKF: contrattazione dei processi di ristrutturazione;
— alle associazioni padronali:
forme di consorziamento per garantire liquidità alle aziende in
crisi finanziaria, disponibilità alla localizzazione nelle aree industriali attrezzate.
Nonostante questo indubbio successo, non pensiamo che tutte queste persone siano diventate improvvisamente
repubblicane, non pensiamo cioè che
siano convinte dalle posizioni guerrafondaie di Spadolioi che harino portato ì nosfri soldati in Libano (e li fanno
rimanere), né dal « rigore repubblicano » che vuol poi dire tagli per le pensioni (le più basse naturaimente), tagli per le spese sanitarie e centinaia
di miliardi regalati alle imprese, FIAT
in testa.
Pensiamo invece che la gente che
ha votato S. Agnelli (soprattutto gli
operai) abbia pensato di fare una specie di scambio: « Noi diamo il voto ad
un Agnelli e lui ci garantisce il posto
In merito alla lettera del presidente
della CIQV sulla mia relazione dell’Assemblea dell’USSL 42 del 30.12 u.s.
vorrei precisare che non è la prima
volta che l’Assemblea viene messa al
corrente dal Comitato di gestione ed
emergono critiche rivolte all'Qspedale
valdese di Pomaretto. Come altre volte,
non ho fatto che riferire evidenziando
alcune di queste critiche. Il presidente
della CIQV dovrebbe rispondere non
tanto a me quanto all’USSL e forse sarebbe meglio che la CIQV invece di
stupirsi si rendesse conto direttamente
delle cose partecipando alle Assemblee
dell’USSL in cui si parla dell’Qspedale.
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20 gennaio 1984
cronaca delle Valli il
ROBA’
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L’inverno rorengo
Credo di non sbagliare se dico che non c’era in passato un
« inverno rorengo » con serate
organizzate, giochi, eccetera. C’erano certo momenti di vita comunitaria, capacità di festa, familiare e collettiva, ma la vita
sociale e l’atmosfera è talmente
cambiata che far rivivere i « vecchi tempi » è impresa quasi impossibile.
Quest’anno tuttavia s’è cercato di organizzare una serie di
momenti di festa, in parte di stile tradizionale, in narte nuovi,
e una valutazione ci sembra essere nettamente positiva.
Chiediamo al sindaco di Rorà,
il geometra Giorgio Odetto, che
è stato tra i promotori delle iniziative:
— Qual è la sua valutazione?
— La mia valutazione è senz’altro positiva, e proprio in questi giorni ho inviato al Comitato
organizzatore dei festeggiamenti
un caloroso ringraziamento per
il lavoro svolto e per l’impegno
manifestato.
— Ma come è nata l'idea di
ritrovarsi, tra giovani e meno
giovani, tra turisti e popolazione locale?
— L’idea mi è venuta facendo
una riflessione su come i tempi
,:ambino e sui cicli storici; ossia, se pensiamo a 15 anni fa
nell’« era » del boom economico,
vi era una grande frenesia individuale e desiderio di fuggire,
andare in giro per il mondo,
iant’è che il nostro Paese era
quasi abbandonato e snobbato
da tutti, compreso il sottoscritto. Ora le cose sono cambiate,
la gente ha di nuovo imparato
ad apprezzare le cose semplici
e a stare insieme e divertirsi
con poco, e di qui ho intuito
che occorreva un po’ di organizzazione anche per stare assieme
e fare festa, senza distinzione di
età, di posizioni sociali, di residenti, di villeggianti, ecc...
La grande partecipazione della gente e soprattutto dei giovani al mio invito, mi ha dato ragione ed io personalmente ne sono molto soddisfatto.
— In concreto, che cosa si è
fatto?
— Gara di « rodeo » con la Iosa; competizione enologica; fiaccolata versione « con neve » a
piedi. Previste gare di broomball, poi l’assenza di ghiaccio le
ha cancellate.
Imprevista una serata organizzata spontaneamente da alcuni
turisti, serata musicale con molto revival di anni ’60.
— Quali iniziative sono state
meglio accolte? Perchè? Si ripeterà qualcosa di simile negli anni venturi?
— Ma a mio avviso sono state
tutte bene accolte e penso che
se ce ne fossero state altre sarebbero state tutte bene accolte
poiché quando le cose sono fatte
con spontaneità, convinzione e
calore riescono sempre bene, e
sono certo che questo è il caso
nostro.
Pertanto nel ringraziare tutti
coloro che in qualche modo hanno collaborato in questo periodo
per i festeggiamenti rorenghi,
sono certo che è nato un qualcosa che si ripeterà in futuro,
non solo, ma che si potrà ancora progredire, poiché, finché
la gente sta assieme, si diverte,
discute allegramente, anche se
ciò avviene in un piccolo Comune, si è certi che é anche un modo di dimostrare che si vuole
la pace e che si é contro ogni
forma di sopruso e contro tutte
le minacce di guerre che i
« Grandi » giornalmente ci propongono.
Je voudrais...
Je voudrais remonter le fleuve de la vie
pour atteindre la source de mes nombreux jours,
subjugué sans relâche par ta nostalgie
d'un passé sans retour.
Je voudrais retrouver les lieux qui m'ont vü naître
ainsi comme ils étaient dans le temps d'autrefois,
revivre ces moments, rêver de tout mon être,
en brisant toute loi.
Je voudrais de nouveau revoir le ciel, la terre,
.arec les yeux curieux de l'enfant innocent,
revoir la Création comme un sacré sanctuaire
hors du monde méchant.
Je voudrais retourner aux jours de ma jeunesse
pour jouir en plein air des changeantes saisons,
effacer un instant l'angoissante tristesse
dans un songe profond.
Je voudrais m'éloigner de la ville bruyante
pour retrouver la paix, le silence des champs,
et dans les bois entendre les oiseaux qui chantent,
et la plainte du vent.
Je voudrais folâtrer dans la vaste prairie
qui jadis fut témoin de mes jours plus heureux,
revoir les mille nuances des plaines fleuries
pour la joie de mes yeux.
Je voudrais, mais hélas vaine est cette parole
que tout vieillard prononce à l’âge du déclin,
rien ne peut arrêter les heures qui s'envolent
dans leur fuite sans fin.
1983 B. GriU
Comunità Montana Chisone-Germanasca
Sviluppo dell'educazione
sanitaria
della popolazione
A tutte le altre sigle che rendono più rapido, o più oscuro,
il gergo specialistico degli enti
locali, si è aggiunta di recente
quella del programma triennale
di attività e spesa, il P.A.S. Per
discuterne con la popolazione,
l’USSL 42 ha organizzato una
serie di incontri a Perosa Argentina: il primo di questi incontri ha avuto luogo il 10 gennaio ed è stato dedicato al servizio di igiene pubblica e al progetto obiettivo tutela della salute dei lavoratori e degli ambienti di lavoro.
Il servizio di igiene pubblica,
che ha competenze svariatissime, dalle^ concessioni edilizie al
controllo Sugli alimenti, alla raccolta dei tifluti, alle vaccinazioni e via discorrendo, è stato presentato dal dott. Paolo Laurenti; il progetto sulla tutela della
salute negli ambienti di lavoro
dal dott. Valerio Vecchiè.
Su questo ultimo punto si è
concentrata la discussione, con
molte domande da parte dei presenti sulle possibilità che hanno le USSL di intervenire nelle
aziende per diminuire i rischi
dell’ambiente di lavoro. A questo proposito è stato osservato
che l’attuale situazione di crisi
dell’occupazione ha spostato un
po’ l’attenzione su obiettivi più
urgenti. Il progetto prevede comunque la realizzazione di alcune iniziative: lo sviluppo della
educazione sanitaria per la conoscenza dei fattori di rischio,
una ricerca anche nei settori dell’artigianato e dell’agricoltura,
una maggiore attenzione alle
malattie dell’apparato respirato
rio, la collaborazione con i medici di base e la creazione di un
servizio consultoriale per le lavoratrici, l’informazione ai piccoli artigiani sulle norme richieste dalla sicurezza sul lavoro.
I responsabili dei servizi hanno inoltre auspicato che vi sia
la possibilità a breve scadenza
di procedere a nuove assunzioni, per dar modo all’équipe delruSSL di svolgere nel modo migliore i numerosi compiti previsti dalla legge.
L. V.
Comitati per la pace
TORRE PELLICE — Lunedi 23 gennaio, alle ore 21, presso il Centro d’incontro del Comune (Via Repubblica 1),
si terrà una riunione del Comitato Pace e Disarmo della Val Pedice, con il
seguente ordine del giorno:
— relazione e valutazione sulla riunione del coordinamento regionale;
— organizzazione di una serata di discussione sul problema del nucleare.
Sono invitati a partecipare a tale incontro tutti coloro che fanno parte del
comitato 0 che sono interessati a queste problematiche.
Corso di sci di fondo
La Comunità Montana Val Pellice, in collaborazione con il
Battaglione Alpini Susa di Pinerolo e i Comuni della Valle, organizza ;
CORSO DI SCI DI FONDO
— per ragazzi/e dai 9 ai 16 anni;
— il corso comprenderà 6 lezioni (una per settimana) di due ore
ciascuna, che si svolgeranno in zona Piamprà (Rorà) o, in caso
di scarso innevamento, al Colle della Vaccera (Angrogna);
— i partecipanti potranno scegliere per la frequenza ai corsi tra
i giorni di venerdì e sabato, tenendo anche conto che il trasporto nelle località suddette sarà assicurato solo al venerdì;
— le lezioni si terranno dalle ore 14,30 alle ore 16,30 e saranno tenute da un Maestro di sci e da istruttori del Battaglione Alpini
Susa;
— in caso di maltempo o altri impedimenti le lezioni saranno comunque recuperate;
— il contributo individuale per la partecipazione al corso è fissato
in L. 14.0()0 e comprende l’iscrizione, l’assicurazione, l’uso di sci
e bastoncini e gli istruttori di sci. Per chi possiede la attrezzatura completa il contributo è ridotto a L. 10.000. Tutti gli iscritti
devono essere in possesso almeno delle scarpe da sci di fondo;
— l’adesione e il versamento dovranno essere effettuati presso gli
uffici della Comunità Montana - P.zza Muston 3 (tei. 91.514 91.836) - entro e non oltre il 20 gennaio 1984;
— i corsi inizieraimo rispettivamente venerdì 27 geimaio e sab. 28.
• Macchine per scrivere e calcolo
• Fotocopiatrici
• • Registratori di cassa
• Mobili per ufficio
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Massimino e C. • Accessori e assistenza
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RINGRAZIAMENTO
« L’erba si secca, il fiore appassisce ma la parola del Signore
dimora in eterno »
(Isaia 40)
La moglie e i parenti tutti del caro
Pietro Bonjour (Pierucclu)
ringraziano quanti in ogni modo hanno preso )>nrte al loro lutto: il Comune di Luserna San Giovanni, il gruppo
A.N.A., il pastore Mauro Pons. Un ,
particolare ringraziamento rivolgono
alla dott.ssa Claudia Peyrot, alla direzione e a tutto il personale dell’Asilo
Valdese per le amorevoli cure.
Luserna San Giovanni, 3 gennaio 1984
RINGRAZIAMENTO
Gesù ha detto; « io vivo e voi
vivrete »
(Giov. 14: 19);
La moglie, le figlie ed i congiunti
tutti del compianto
Bartolomeo Long
profondamente commossi e riconoscenti per le prove di simpatia ricevute per
la dipartita del loro caro, sentitamente
ringraziano tutte le gentili persone che
con la presenza, gli scritti, fiori e parole di conforto hanno voluto essere
loro vicine nella tristissima circostanza. In particolare ringraziano il dott.
Bertolino, il pastore Giovanni Conte,
il presidente della provincia dott. Maccari, la sez. del P.S.I. di PramoRo, la
Pro Loco di Rue, la famiglia Italo
Blanc e i medici ed infermieri dell’ospedale di Pomaretto.
San Germano, 20 gennaio 1984.
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Hanno collaborato a questo
numero; Lucilla Borgarello,
Gustavo Bouchard, Consiglio
di Chiesa di Portici, Giovanni
Conte, Paolo Ferrerò, Dino
Gardiol, Luigi Marchetti,
Claudio Pasque!, Franco Taglierò, Cipriano Tourn.
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12
12 uomoesodetà
20 gennaio 1984
COSTRUIRE LA PACE Mondo afro
L'orologio della catastrofe
Da trent’anni mai COSÌ vicini alla mezzanotte - Il presidente ha rifiutato l’assegno degli obiettori fiscali che lo renderebbe complice di un illecito - Prese di posizione di diverse chiese
In una sala del senato di Washington, quattro scienziati americani e quattro sovietici hanno
nuovamente ribadito il fatto che
« l’inverno nucleare » causato da
un conflitto atomico porterebbe
alla fine di ogni segno di vita
sulla Terra. E’ stato affermato
che basterebbe meno di un terzo
dell’arsenale nucleare di una delle due superpotenze a provocare
« catastrofici effetti » fuori delle
zone di guerra. Il quadro finale
emerso dall’incontro e dallo
« scambio di idee » di questi
scienziati è apocalittico: una
guerra nucleare quasi certamente
provocherebbe una nube di polvere e di cenere così estesa e così fitta da bloccare per mesi la
luce del sole. Questo significherebbe la « scomparsa dell’umanità o la sua degradazione ad un
livello al di sotto di quello preistorico ».
Nel contempo, l’americano
« Bulletin of thè atomic scientista », a seguito deU’inasprimento della tensione fra USA e URSS
ha avvicinato il suo simbolico
« Orologio dell’Apocalisse » di un
minuto alla «mezzanotte nucleare ».
L’orologio della catastrofe è
stato portato dai quattro ai tre
minuti a mezzanotte. Il tempo
dell’orologio, pubblicato dal suddetto periodico sin dal 1947, cambia Quando gli scienziati si trovano d’accordo sul constatare un
incremento o una diminuzione
della minaccia di una guerra nucleare. Con questa rettifica l’apocalisse nucleare risulterà più vicina — da trent’anni a questa
parte — di qualsiasi altro momento.
In mezzo a queste terribili e
purtropDO realistiche previsioni,
ci sorge spontanea una domanda: tutti questi scienziati, che
sanno con cognizione di causa
denunciare gli orrori di un conflitto atomico, quale e quanta
responsabilità si portano dietro.
« L'Eco delle Valli Valdesi ■
Tribunale di Pinerolo N. 175.
Reg.
Comitato di Redazione: Valdo Benecchi, Mario F. Berutti, franco Carri,
Giorgio GardioI, Marcella Gay, Adriano Longo, Jean-Jacques Peyronel, Roberto Peyrot, Giuseppre Platone, Marco Rostan, Mirella Scorsonelli, Liliana Viglielmo.
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FRANCO GiAMPiCCOLi
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prezzi si intendono esclusa IVA.
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Intestato a « La Luca: fondo di solidarietà ». Via Pio V. 15 - Torino.
Stampa: Cooperativa Tipografica
Subalpina - Torre Pellice (Torino)
assieme alla classe politica, a
quella militare ed a quella industriale?
]\4a anche noi, come credenti
e come uomini, abbiamo la nostra parte di responsabilità. Sia
pure da una posizione priva di
potere e con poca incisività, dobbiamo però fermamente e costantemente testimoniare la nostra volontà di opporci a questa
politica che nella sua follìa, oltre
a sottrarre risorse ingentissime
ben altrimenti utili, rischia di
privare l’umanità intera del suo
fondamentale diritto: quello alla vita.
Pertini ha detto no
Come già preannunciato in
questa rubrica, il ricavato della
campagna 1982A983 per l’obiezione fiscale alle spese militari (ca.
90 milioni di lire) è stato invia;
to al presidente della Repubblica
Sandro Pertini. Nella lettera di
accompaghamentOi si comunicava anche che una delegazione di
cinque persone si sarebbe presentata al Quirinale. La delegazione è stata ricevuta da un funzionario della segreteria del presidente, il quale ha precisato che
l’assegno era già stato respinto
in quanto « frutto di un’azione
illegale ». Il funzionario ha soggiunto che era stato consultato
l’uflìcio giuridico del Quirinale,
il quale ha sentenziato che il presidente, accettando tale somma,
si sarebbe reso complice di un
illecito.
Con queste premesse — come
sottolinea un articolo di commento apparso sul periodico
« Azione Nonviolenta » di dicembre — è stato fatto capire alla
delegazione che anche per l’avvenire non sarebbe stato facile
avere udienza in Quirinale in
qualità di obiettori fiscali perché
è stato fatto rilevare che la cosa potrebbe avere delle ripercussioni politiche. La delegazione
ha cercato di aggirare questo ostacolo chiedendo di poter esser
ricevuta non appena possibile,
in qualità di rappresentanti dei
movimenti nonviolenti. Al che il
funzionario ha risposto che la
cosa, anche se non certa, poteva
essere possibile. Un delegato è
stato incaricato di tenere i contatti coH’uflìcio del funzionario
per fissare tempi e modi di questo eventuale incontro.
In certi casi
meglio tacere
Continuano numerose e variamente sfumate le prese di posizione delle Chiese cristiane nei
confronti del problema degli armamenti e della guerra. A volte
queste posizioni sono addirittura
contrastanti, come ad esempio
quella della Chiesa cattolica
francese i cui vescovi considerano « legittima » e « moralmente
accettabile » la di^uasione nucleare e respingono l’idea del disarmo unilaterale che potrebbe
« incoraggiare un ricatto nei confronti dell’occidente ». Al contrario, l’Assemblea generale della
federazione protestante di Francia si è pronunciata per un « congelamento » e successiva abolizione delle armi atomiche.
Riceviamo ora un documento
stilato dai capi e dai dirigenti
delle Chiese e delle associazioni
religiose dell’Unione Sovietica,
rappresentanti del buddismo, del
cristianesimo, dell’ebraismo e dell’islamismo. 'Vi si notano le firme
di )M. Kulakov per gli avventisti,
di A. Klimenko per i battisti, dei
vescovi luterani e di quelli cattolici di Estonia, Lituania e Lettonia, del rabbino Chaevitch, del
patriarca ortodosso Pimen^ dell’arcivescovo di IVIosca Nicodim,
del muftì Tadjuddin per i musulmani, ecc.
Il messaggio afferma che la
corsa qualitativa e quantitativa
agli armamenti nucleari ha acquistato dimensioni tali da poter
parlare di un ulteriore avvicinamento dell’umanità alla linea di
separazione della catastrofe nucleare, « la più orrida tragedia
che può diventare l’ultimo atto
della storia umana ».
Il documento prosegue: « Noi
consideriamo la guerra nucleare
come il più grave crimine contro
la Forza Suprema — il Creatore
e Dispensatore di tutti i beni —
e contro tutta l’umanità. L’uomo
è chiamato dal Suo Creatore alla
vita in tutta la sua pienezza e dignità, alla moltiplicazione dei valori spirituali, alla creazione di
rapporti con gli altri uomini e
popoli basati sui princìpi dell’amore, della giustizia e della verità ».
Parole altamente condivisibili.
Dove invece il messaggio ci pare meno accettabile è quando
esso contrappone alla « folle decisione degli USA e alleati » sull’adozione degli euromissili « le
proposte costruttive ed audaci
delTUnione Sovietica » approvando nel contempo le misure prese da Andropov « per la conservazione dell’equilibrio militare ».
Naturalmente, per noi è assai
facile criticare queste affermazioni e ci rendiamo perfettamente
conto della situazione delle Chiese nel mondo comunista che si
può ricondurre ad una breve
espressione: o approvare o tacere. IVIa allora forse sarebbe più
significativo tacere.
Il messaggio si conclude indirizzandosi « ai capi delle Chiese e
delle associazioni religiose, a tutti gli uomini credenti d’Europa
e degli Stati Uniti: a tutti noi è
indirizzato un appello dall’alto:
trarre un insegnamento dal passato ed essere responsabili del
presente per guardare con speranza il futuro ».
Roberto Peyrot
americano
(segue da pag. 1)
Sul piano politico lesse Jackson è vicino alla maggioranza
dell’elettorato nero americano:
liberale sui problemi socio-economici interni, liberale di sinistra sui problemi internazionali
e diviso sui problemi culturali.
Egli è comunque molto più progressista di tutti i candidati
bianchi che sollecitano l'investitura del partito democratico. La
sua candidatura può allargare il
dibattito politico negli Stati Uniti, risvegliare politicamente una
buona parte dell’elettorato nero
oggi assopito, ed eventualmente
riunire le forze profetiche della
Chiesa nera.
SAN SALVO
Nel prossimo numero pubblicheremo una doppia pagina fotografica di presentazione del nrogetto San Salvo che
il Sinodo ha raccomandato alla solidarietà delle chiese.
Per affissione nelle chiese: 4
copie in carta patinata lire
3.000, spedizione e imballaggio
compresi.
Invii fino ad esaurimento
della tiratura extra. Affrettarsi a ordinare: 011/655278.
CONFERENZA DELLE CHIESE EUROPEE
Chiese e diritti dell’uomo
Dal 28 novembre al 2 dicembre scorsi si è riunito a Tutzing
(Rep. fed. tedesca) il comitato di lavoro della KEK (Conferenza
delle Chiese Europee) concernente il Programma delle Chiese sui
Diritti dell’Uomo in vista dell'applicazione dell’Atto Finale di Helsinki.
Fra i temi discussi figurava anche il documento di chiusura della
Riunione di Madrid sulla CSCE (Conferenza su Sicurezza e Cooperazione in Europa), e sulle sue conseguenze nei confronti dell’applicazione dei diritti umani.
I temi principati affrontati sono stati la libertà religiosa nei
confronti dello Stato, azioni relative a casi di violazioni dei diritti
dell’uomo, valutazione dei documenti del CEC (Consiglio ecumenico delle Chiese) in occasione della recente Assemblea di Vancouver.
Alla fine è stata stilata una dichiarazione che il comitato di lavoro raccomanda all’attenzione delle Chiese e che pubblichiamo integralmente qui appresso.
It comitato, chiudendo i lavori, ha espresso la sua convinzione
che il Programma potrà raggiungere almeno quattro obiettivi: accresciuto impegno delle Chiese nel campo dei diritti dell’uomo;
chiarificazione dei concetti teorici concernenti tali diritti; il costituirsi della base necessaria per la cooperazione fra le Chiese; soddisfacente soluzione di un certo numero di casi di violazioni dei
diritti dell’uomo.
II comitato di lavoro è composto da membri delle due Germanie, degli Stati Uniti, dell’VRSS, della Romania, dell’Ungheria, della Danimarca, del Canada, della Gran Bretagna. L’Italia è rappresentata dal pastore Aldo Comba.
Dichiarazione
Madrid sulla
sulla conclusione della Conferenza di
Sicurezza e Cooperazione in Europa
Il Comitato di lavoro del Programma delie Chiese sui Diritti
dell’Uomo, in vista dell’applicazione dell’Atto finale di Helsinki, dopo aver studiato attentamente il documento conclusivo
dell’incontro di Madrid sulla sicurezza e cooperazione in Europa, dichiara quanto segue:
1. Sulla tela di fondo di una
situazione internàzionàle che si
è seriamente degradata in questi
ultimi anni, il fatto che i governanti degli Stati firmatari hanno potuto accordarsi su un documento conclusivo diventa un
motivo di gioia e di soddisfazione. Questo documento conferma
e sviluppa l’Atto finale di Helsinki in tutte le sue parti e per
di più apre nuove ed interessanti prospettive. Questo dovrebbe incoraggiarci e indurre
le Chiese di ogni Paese a contribuire all’applicazione delle intenzioni del documento.
2. Apprezziamo in modo particolare il reiterato accento posto sulla questione della libertà
religiosa in quanto parte integrante dei diritti dell’uomo e la
affermazione che gli Stati firmatari « riconosceranno e rispetteranno e — in più — si accordano per prendere le misure necessarie allo scopo di garantire la
libertà che ha ogni individuo di
professare e praticare, da solo
o con altri, una religione od una
convinzione agendo secondo l’imperativo della propria coscienza ». Inoltre, questi Stati « consulteranno — al bisogno — le
chiese, le istituzioni e le organizzazioni religiose che esercitano la propria attività nel quadro costituzionale dei rispettivi
Paesi ».
3. Notiamo con soddisfazione
la volontà dei governi degli Stati firmatari di estendere la collaborazione in campi umanitari
ed altri, ed in modo particolare
la dichiarazione secondo cui essi « spingeranno più avanti l’applicazione delle disposizioni relative all’Atto finale in modo che
le chiese, le istituzioni e le or
ganizzazioni religiose — assieme
ai loro rappresentanti — possano — nel campo delle loro attività — sviluppare fra loro dei
contatti e degli incontri con
scambio di informazioni ».
4. Salutiamo con speranza la
decisione di organizzare una serie di conferenze di esperti e dei
seminari nei prossimi anni allo
scopo di trattare importanti argomenti relativi alla sicurezza
ed alla cooperazione nei Paesi
firmatari. Dette iniziative potranno e dovranno intensificare
il dialogo e favorire il processo
di applicazione dell’Atto finale
di Helsinki. Ricordiamo in modo particolare la Conferenza sulle misure per rafforzare la fiducia e la sicurezza e sul disarmo,
che inizierà a Stoccolma il 17
gennaio, rincontro sui diritti
dell’uomo e sulle libertà fondamentali che avrà luogo a Ottawa dal 24 aprile 1985, e rincontro di esperti sui contatti umani che avrà luogo a Berna dal
2 aprile 1986. Noi invitiamo tutte le Chiese dei Paesi firmatari
a contribuire — tramite i rispettivi governi — e nel modo più
opportuno, al successo di questi
incontri.
5. Nel lavoro del Programma
delle Chiese per i Diritti dell’Uomo in vista dell’applicazione
dell’Atto finale di Helsinki, abbiamo posto l’accento sul fatto
che la pace, il possesso ed il rafforzamento della fiducia, i diritti dell’uomo, sono inseparabili.
Noi speriamo e preghiamo affinché l’accordo espresso nel documento conclusivo dell’incontro
di Madrid, unitamente ai prossimi piani operativi previsti,
possano promuovere tutti quegli obiettivi necessari alla sicurezza ed alla cooperazione in
Europa e nel mondo. Siamo convinti che, grazie alle fraterne relazioni fra le Chiese, esse hanno
contribuito e dovrebbero continuare a contribuire a questo
processo.
Comitato di lavoro del Programma delle Chiese sul Diritti dell’Uomo in vista dell’applicazione dell’Atto finale di Helsinki.