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ABBONAMENTI : Interno ed Eritrea, anno L. 3; semestre L. 1,50.
Estero : anno L. 6 ; — semestre L. 3. — Per inserzioni, prezzi da convenirsi.
Dlpettope e flmniinlstFatoíe : Benvenuto Celli, Via iDagenta Jl. 18, ROiDfi
/Í NESSina IMVITT/Í!
Homo, X Dicembre ^9^0 = ^nno m = ZT. 49
RESURRECTIO!
Messina risorge, Messina rinasce a nuova vita.
Salve, o invitta ! L’indomito eroismo dei tuoi figli
che ti volle prospera e libera nel passato ha sopravissuto alle tue sventure ed oggi s’afferma ancora
nella fede della tua risurrezione.
II mondo intero, che ti ha pianta morta e sepolta
sotto le tue proprie rovine, attonito contempla il
gran portènto, pronto ad unirsi alla tua esultanza
ed a esclamare « Resurrexit ».
Fatidica parola questa che racchiude tutti i fremiti della vita, e che in sè compendia la storia delle
maggiori vittorie.
Nel Credo nostro cristiano uno degli articoli è appunto: « Io credo alla risurrezione », cioè alla vittoria della vita sulla morte, trionfo che ha culminato
nel Cristo; talché l’apostolica predicazione fin dalle
prime ha avuto per tema — nella colta Atene come
nella forte Roma — : c Cristo e la Risurrezione ».
Dove più opportunamente devesi far risuonare il
gran messaggio evangelico : « Èesurrexit » se non
nella risorta Messina ? Ecco perchè, gli Evangelici
messinesi, che sono eletta parte della tua generosa
popolazione, mandano in questo giórno caldo invito
ai loro concittadini, per associarli alla loro gioia di
potere inaugurare il Tempio della « Risurrezione ».
Arturo Muston.
Ptesidenis del Gomitato d'Evangelizzazione
delta Chiesa Valdese
ADORAZIONE
strofe d’occasione di Tommaso Cannizzaro
I.
Oltre la terra verde ricca d’erbe e di fiori,
oltre l’aria ove i merli cantan liberi amori,
oltre l’azzurra e limpida immensità del mar,
oltre il cielo infinito tutto sparso di stelle
che scintillanti, innumeri ne le notti più belle
mira l’occhio stupito sorgere e tramontar, *
Cerca l’umano spirito irresistibilmente
un’incognita Forza ohe nel cor proprio sente,
che in tutto l’universo, dal zenit al nadir,
perennemente espandesi quasi d’un fiume l’ohda,
che palpitar fa il cielo qual sotto il vento fronda,
che tutta in tutto vedesi ascondersi e appaiar.
L’ascoltiam senza voce nei silenzi eloquenti •
del mare, dei deserti, dei vasti firmamenti,
tra le nebbie polari, sul fulgido equator;
e ovunque ci raggiunga l’alba nuova e la sera
inconsciamente l’anima effondesi in preghiera
di stupore, di grazia, di sgomento e di amor.
A Chi P — non lo sa dire, nè intender, nè scrutare ;
allo Spirto invisibile che cielo, terra e mare,
come l’asse la ruota, muove ¡mentre esso sta.
Or sonora, or silente quella con moto alterno
voce è che da l’efimerò, dal fugace all’eterno
qual profumo d’incenso perpetuamente va.
A quella Forza eccelsa che le comete spinge
per sconfinate ellissi, che dà il motto alla Sfinge,
che tesse il velo d’Iside, che al migliore destin
sol della specie veglia e non dei figli suoi,
che guida a meta altissima, ignorata da noi,
l’uom perchè a lui del Vero splenda l’astro divin.
Alla selvaggia forza che in un attimo i monti
solleva o appiana, atterra città, castelli e porti
6 pari alle formiche fa gli uomini perir,
solo ei potrà quel giorno a quella forza oscura,
titano, opporsi e vincerla e dire alla Natura :
— Quanto più sai, nasconditi, io ti saprò inseguir!
II.
Del tempo eterno, immenso, dal sole illuminato
il giorno e ne la notte di mondi constellato
simbolo è questa Chiesa donde qual fresco fior
il cor, più degli abissi dei pelaghi profondo
puro si schiude all’Ètere, spazia di mondo in mondo,
insaziato sempre di Verità e di Amor.
E tu pur, figlia mia, (1) a un aitar pari a questo
fanciulla, in velo candido chiuso il volto modesto,
la più bell’alba tua venisti asalntar;
nè immaginavi, oh ! misera, qual destino attendesse
te, la tua patria, i tuoi ; nè alcun nei fati lesse
quello che congiuravano ciechi la terra e il .mar.
Da queste volte il verbo spandasi ai quattro venti,
e sia di pace ai morti, sia d’amore ai viventi,
sia preghiera per tutti quanti la terra abbraccia,
perchè di umano colpe si sperda fin la traccia,
perchè più buona e pura sorga la nuova età.
E a quanti or si fan nunzi del levare del sole,
ne l’aule, ne le piazze, nei libri, ne le scuole
gridando alto — Giustizia, verità, luce, amor ! —
A chi d’ignorar mostra l’opra ne la quiete :
— Meno clamor, diremo, amatevi e tacete,
sostituite, 0 fratelli, alla parola il cor! —
Catania.
Tommaso Cannizzaro.
(1) Il poeta rievoca commosso la memoria della figlia Elisa, sposata a 27 anni nella Chiesa Valdese di
Messina con Alfredo Bryant Barrett, il 19 luglio 1905.
(N. d. E.).
IL SALUTO DELL’ON. DEPUTATO DI MESSINA
Hi miei conclttaflini flella Chiesa
Evangelica Ualdese e dell’Bssaciazione Cristiana per la
Eiouentù di (Ilessina.
Non sono un credente, non appartengo a nessuna
religione positiva. Credo però in una forza operosa
che muove il mondo e la vita,' che illumina le coscienze, che tutto trasforma assorgendo sempre, e che
dirige cuori e menti verso un alto Ideale di fraternità,
di verità, di bontà, di bellezza. Credo nel Dio dì Leone
Tolstoi, ohe si rivela nella coscienza rigenerata da ogni
pregiudizio e da ogni egoismo, nel sentimento di chi
fa il bene pel bene.
-Ed in questo ideale che muòve, trasforma, « diviene » io trovo il mio Dio che è perfezione, che è luce,
che è fede verso tutto ciò che è buono, che' è bello,
che è vero.
Si disse che il Naturalismo aveva distrutto ogni
idealità : il pensiero di Haeckel, uno dei più grandi
naturalisti del secolo, è un inno all’ideale di una forza
operosa che spinge la coscienza umana, che solleva
le menti.
E credo che il sentimento religioso è un fatto natnrale, che si trasforma e che segue l’evoluzione della
coscienza. Il dotto Müller in Germania studiò questo
fenomeno, e fu il creatore d’una scienza positiva, la
scienza delle, religioni.
E credo che la morale cristiana sia la più nobile,
sia la più eiévata, e che non possa esserci parola più
alta, profumo poetico più bello di queste massime :
Tutti gli uomini sono fratelli. Non debbono esserci
oppressori ed oppressi. Ama ii.prossimo tuo come te
stesso. Fai agli altri quello che vorresti fosse fatto a
te ; Il male ùo'n si combatte opponendo il male.
È la morate deirtJomo-Angelo che si è sostituita a
quella della bestia umana, rappresentata dalle civiltà
nelle quali il militarismo trionfante rendeva l’uomo
nemico dell’ uomo, le razze nemiche tra loro, gente
contro gente. La Morale cristiana non è ancora stata
sorpassata, e può dirsi che ancora è appena iniziata.
Quando l’Uomo-Angelo vincerà l’uomo-bestia, quando
la fraternità sopprimerà l’odio, quando la lotta Jier
l’esistenza sì trasformerà in solidarietà di anime e d’interessi, solo allora la morale cristiana avrà la vittoria.
Saluto la vita che rinasce in questa terra ove il delitto della natura soppresse tante bellezze, tanta cültura, tanti ricordi, tanto progresso. Ed una sola fede
mi riconcilia alla vita, quella che in questo angolo
di terra, privilegiato per tanto sorriso e splendore di
cielo, rinascerà intera la vita, la vita della nostra Storia,
la vita materiale della nostra Città. Tutto si sta rifacendo, i nostri centri di cultura, l’Ateneo, i nostri
commerci e le nostre industrie, tutto rinasce e si rinnova, e in mezzo a questo lavoro di resurrezione siate
anche voi i benvenuti, o Concittadini, che vi riunite
attorno ad una fede, attorno alla morale dì Cristo,
attorno al vessillo della Fraternità, dell’Amore; siate
i benvenuti, o Valdesi, che avete splendide tradizioni,
che avete rinnovato gli eroismi dei martìri del Cristianesimo, quando chi si diceva rappresentante di
Cristo sulla terra, voleva colla violenza soffocare le
vostre coscienze e la vostra fede ; riunitevi.
Io non ho la vostra fede, ma riconosco che la vostra propaganda ed i vostri insegnamenti potranno
essere fecondi, perchè sarà sempre un trionfo della
civiltà quello che sostituisce la parola alta del Cristianesimo ad un feticismo che di Cristianesimo si
maschera, quello che sostituisce la fede all’odio, all’intolleranza religiosa il sentimento della'fraternità
di tutti, quello che sostituisce ad una credenza che
non eleva gli animi e non moralizza le coscienze, una
dottrina che insegna che la vera religione consiste
non nelle liturgie e nelle prat che, ma nella coscienza
morale vivida e tetragona ad ogni egoismo e ad ogni
nequizia.
Nel cammino della civiltà Voi rappresentate un progresso, nella storia delle religioni Voi rappresentate
una grande evoluzione, ed io, non credendo in nessuna religióne positiva. Vi di' il mio saluto, saluto
augurale, saluto che significa ’rionfo contro ogni in
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LA LUCE
tolleranza, contro ogni pregiudizio, contro ogni tentativo sfruttatore che fa della fede un mestiere e della
religione una bottega, contro ogni conato di asservimento di menti e di coscienze.
Lodovico Falci
. Deputato al Parlamento Nazionale.
Messina.
mORTO, pjlRL^t AMCORft
(Da un discorso insdito pronunziato a Messina
pochi giorni prima del 2Ì dicembre 1908)
« Ravvedetevi, perciocché
il Regno dei Cieli è vicino ».
(Matteo III, 3).
« Il Regno dei Cieli è vicino ». Voce di minaccia e
di consolazione ad un tempo era quella del Precursore.
Dunque è finito il regno del sacerdozio, la supremazia della casta levitica è spezzata ; non accorreranno
più dalle estremità della terra i ricchi ed i poveri a
fare omaggio al Tempio della loro adorazione e delle
loro sostanze ; il sacerdote dovrà dunque prendere
la vanga anche lui al par del popolo per mangiare
il suo pane, perchè col Regno di Dio non c’è più bisogno di intermediario fra l’uomo e il suo Dio.
» Il Regno dei Cieli è vicino ». Sorgo dunque l’alba
del giorno sospirato e così lungamente atteso ; dunque la nette dilegua colle sue tenebre, e il vostro gemito sta per cambiarsi in gaudio. Sapremo alfine chi
è quel Dio che noi sentiamo non lontano da ciascuno
di noi, ma che il velo del luogo santissimo c’impedisce di contemplare e di amare, avvolgendolo nel mistero. Oh ! voce consolatrice, che rechi le buone novelle parla, parla. Parla all’animo del popolo, poiché
il popolo è l’avvenire.
E il Regno di Dio venne, e nella manifestazione sua
prima si chiamò Gesù di Nazaret. Era nato dal popolo, vissuto fra il popolo, e il popolo amò perchè
ebbe a soffrire le sue sofferenze. Ma la sua parola
non era quella che si sarebbe aspettata da un rivoluzionario, quale egli si presentava : era più soave,
e diceva : « amatevi gli uni gli altri ». Soggiungeva :
« Dio è amore, Dio è spirito ». Era un amico dei pubblicani e dei peccatori, non aveva nessun rispetto per
le tradizioni degli anziani ; correggeva le leggi piene
di orgoglio. Chiamava ipocriti i farisei... Insomma
una persona del tutto degna di morte!... Perciò presero
un legno e ve l’inchiodarono sopra. Ma non sapevano
che non sarebbero in nessuna maniera riusciti ad
ucciderlo: Gesù di Nazaret rimase vivente nell’anima
di tutti coloro per cui era stato una consolazione e
il Regno di Dio sorse appunto in grazia di Lui.
Ma se il Regno dei cieli venne, fu poi di breve durata. Ahimèl Per tanti secoli la storia del Cristianesimo,
che doveva essere la storia del Regno divino, fu invece
la storia della Chiesa. E che storia! che brutta storia !
Storia di falsificazioni, di menzogna, di oppressioni,
di persecuzioni, di sangue, di supplizi. Gesù di Nazaret crocifisso giorno per giorno, deriso, flagellato.
E cosa più triste ancora: il Suo nome, che doveva esser simbolo di pace, di fratellanza, diventò simbolo
di guerra e di odio. L’antico sacerdotalismo che, alla
voce del Battista, aveva tremato fra le mura di Gerusalemme e che con la rovina deila città santa sotto
i colpi di Tito s’era visto abolito di diritto non solo,
ma benanco di fatto, ora pigliava la sua rivincita :
si alleava col paganesimo e con lenta arte subdola
di secoli si infiltrava nel Cristianesimo. Il Regno di
Dio un po’ per volta diventava il regno del sacerdote.
Per questo io vi dico che bisogna ricominciare da
capo, e ricominciar subito. Fino ad ora i tempi non
maturi, poiché nelle coscienze non era entrata ancora
la convinzione che lo spirito ecclesiastico, lo spirito
clericale, lo spirito sacerdotale, impedendo al Cristianesimo di uscir dalle chiese e riversarsi sulle piazze, I
pei campi e per le officine, era quello appunto che |
minacciava il cristianesimo anche in seno alla parte |
più sana di esso. Ora l’abbiam capito, e perciò dicia- |
mo ; l’ora è venuta ; avanti ! — L' aura che spira '
per la patria nostra da Pachina al Monte Bianco è !
aura di tempi nuovi. Perciò aura propizia. Noi cam- !
miniamo verso la fede; l’ateismo è diventato roba da j
piazzaioli e da demagoghi, l’incredulità non tocca le ’
anime elette. Siamo all’alba di tempi nuovi: tutto, \
dentro e fuori, lo indica chiaramente... j
Perciò lasciate ch’io vi dica : Il Regno di Dio è !
vicino; ma, se ci volete entrare, ravvedetevi. Correg- !
getevi dall’errore in cui siete vissuti fino ad ora,
cambiate cioè la falsa nozione di Chiesa. Ricordatevi |
che la chiesa non è altro che una associazione di
individui i quali vogliono accomunare le loro buone |
energie per creare una opinione pubblica la cui men- |
talità sia quella del Cristo, e per formar il nucleo
vitale dei credenti e degli operanti In Cristo. Quan- i
do voi lo avrete compreso, potrete, animati dallo !
stesso spirito, combattere tutti insieme, senza distin- '
zione, all’infuori di quella che proviene dall’ elevatezza del carattere, le battaglie del Regno di Dio.
Salverete il Cristianesimo di Cristo Allora verrete
nei vostri templi ad apparecchiarvi tutti nel miglior
modo per mettere ad effetto la volontà del Padre
nella vostra vita collettiva di associazione. Beati coloro che, ricevuto in fronte il bacio del Padre, bacio
di perdono, sapranno . avere in cuore tanto amore
verso Dio e verso il prossimo da sentirsi in grado
di appartenere a quella società!...
Se volessero venire a noi tutti quelli che qui in
Messina dicono che abbiamo ragione, in verità io vi
dico che costituiremmo una falange tale che ninna
forza varrebbe a scuotere! Dio vuole da tutti voi,
che siete sinceri, le vostre persone; vuole la vostra
vita e le vostre ricchezze, consacrate all’opera sua.
D’altronde Egli può togliere e l’una e le altre quando lo credesse opportuno. Oh! le vite mietute nel loro
fiore, e le sostanze svanite in un fallimento qualunj que! Ne sappiamo qualche cosa. Ravvedetevi dunI que, e non vi vergognate di Colui che vuol fondare
il Suo Regno e che vi fa l’alto onore d’invitarvi ad
essere cooperatori suoi.
Messina, Novembre 1908.
Adolfo Chaurie.
Messina e la Riforma Religiosa
del 5y¡^l^^SGColo
Non è facile scrivere la storia della riforma evangelica in Sicilia, nè si pretende qui di tentarlo. Menzioniamo solo, per ordine cronologico, i pochi dati
che si son potuti ritrovare dopo la distruzione degli archivi dell’Inquisizione in quest'isola.
Il Tribunale dell’Inquisizíone di Sicilia fu abolito dal re Ferdinando, per decreto del 27 marzo 1782
che ordinava di bruciarne tutto Tarehivio segreto.
Quella distruzione venne eseguita in Palermo, in
presenza del Viceré Caracciolo e durò tutto il 27
giugno 1783 e la mattina del 28 sino a mezzogiorno
e non cessò « fintantoché col fuoco si consumò ogni
minima memoria del S. Officio, sino le mitre, abiti
gialli, ritratti d’inquisiti e qualunque minuzia appartenente all’Inquisizione ». Così il La Mantia, citando Alessi che era da tredici anni Consultore e
Qualificatore dell’ Inquisizione. Da quell’ incendio,
che non si può abbastanza deplorare, scamparono
quei pochi dati che si veggono citati più sotto. Altri si hanno dai registri di Ginevra, il grande rifugio dello vittime dell’intolleranza romana. Dal complesso di essi si può stabilire che, benché giacesse
sotto la pesante e bigotta dominazione spagnuola, la
Sicilia partecipò pure in quajche modo al movimento
religioso che scosse l’Europa tutta, per la protesta
di Lutero, di Zvingli, di Calvino e delle migliaia di
predicatori e di martiri che sorsero alla loro voce.
In Sicilia predicò con frutto Benedetti da Locamo,
col favore del viceré. Messina, specialmente, sembra
avere più appieno conosciuto l’Evangelo per la maggior vicinanza coi Valdesi di Calabria. Sopra 35 Siciliani, menzionati dal Gallffe nel suo Refuge italien de Oenève, 20 sono messinesi, e forse alcuni, che
sono detti senz’altro di Sicilia, erano pure di Messina. Notisi inoltre che sono generalmente ricordati
solo gli uomini e non le donne e i bambini che li
accompagnavano.
Il primo messinese che raggiunse T ospitale Ginevra fu Francesco Todesco o Tudesco, che vi riparò
nel Í551 e di cui non sappiamo altro. Viene quindi
il Nobile Giulio Cesare Pascali, Patrizio messinese, il
cui padre, Giovanni, era stato membro del Consiglio
Privato del Regno di Sicilia. Giulio Cesare, giunto
nelia Roma protestante nel 1555, si rese così utile
alla sua nuova patria che nel 1591, ne ottenne la
borghesia gratuitamente, in omaggio ai servigi che
aveva resi.
Nel 1556 vennero a stabilirsi a Ginevra Francesco
Librato o Libraio ed Antonio od Antonello Archidiácono o L’Archidiácono. Costui ottenne la borghesia
ginevrina nel 1572, assieme coi suoi figli Daniele e
Teodoro.
Nel 1558 Ginevra vide arrivare da Messina Giampietro Giardino o Giordano, Giambattista Gotto, Angelo Mangano o Mungano e Nardo di Mazzeo, che si
ritrova nel 1572 menzionato col nome di Leonardo.
Nel 1559 la Chiesa italiana sorta sulle rive del Lemano potè arruolare i Messinesi Andrea d’Antone,
Domenico In Cassis oln Casses o de Cassis e Andrea
Ottone.
I sette ultimi sono forse già dei frutti della predicazione di Giacomo Bonello, Nato a Dronero, Bonello
sembra essere quel giovane, di cui gli storici (che, storpiandone il cognome, chiamano Cornelio o Camillo)
narrano ch’era partito nel 1523 con Francesco Garino,
pure dronerese, e col Curione, per proseguire i suoi
studi in un paese protestante. Fermati nella Valle
d’Aosta, e tenuti qualche tempo in stretta sorveglianza, poterono tuttavia riprendere più tardi la
via dell’estero e diventare tutti dei fedeli e coraggiosi banditori del Vangelo in Italia.
Nel 1555 egli giunge a Ginevra colla madre ed un
nipote, e nel 1558 il ministro lacobo Bonnelli è mandato € per pastore alle chiese di Calabria, S. Sisto e
la Cluardia ».
^ Nel dicembre di quell’anno venne rimandato a Ginevra « colla piena approvazione di quei fedeli, per
chiedere consiglio sulla loro condotta e per procurare qualche intercessione presso il re di Spagna
per la libertà di coscienza o per indicar loro qualche comodità di rifugio ».
Egli avéa forse già visitato la Sicilia in quel primo viaggio. Certo è che ripartì per la Calabria nella
primavera del 1559, accompagnato dal ben noto Giovanni Luigi Pascale. Questi scrivendo dal suo carcere
nel luglio parla di « M. Giacopo, Ministro in Sansisto ». No riparla in una lettera del 14 aprile 1560.
Ma già Bonello aveva ricevuta la corona di gloria.
Passato dalla Calabria a Messina e forse in altre
parti dell’isola, venne tosto arrostato e condotto nelle
spaventose carceri dell’Inquisizione, a Palermo. Nè
torture nè lusinghe smossero la sua fede inconcussa,
cosicché venne arso vivo il 18 febbraio 1560 nelrUcciardone come » eresiarca pertinace venuto da
Ginevra a predicare la setta luterana ».
Nel 1563 riparano a Ginevra i messinesi Melchiorre
e Collantonio Grasso.
Una nuova prova delle relazioni fra Messina ed i
Valdesi di Calabria si ha nel fatto di Antonio Nicolino o Nicolimo. Costui, nativo della Guardia, assistette dei suoi beni il suo pastore Pascale in carcere, e
questo ne scriveva il 14 aprile 1560 raccomandandolo,
assieme con Giovanni Arnole, alla sua sposa, perchè
« essi stanno per ritirarsi a Ginevra ». Ritroviamo infatti, in quello stesso anno, Arnole rifugiato in quella
città, ma non il suo compagno, del quale sappiamo
solo che, dopo un atto di debolezza di faccia alla
morte, l’affrontò poi coraggiosamente, per la sua
fede; c Antonio Nicolino, de la Guardia in Calabria, altra volta riconciliato alla S. Chiesa, e poi tornato al vomito. (?1!) Dicea in particolare doversi mangiar carne la quadragesima. Negava la confessione
sagramentale. Fu rilassato al braccio secolare nell’atto di fede celebrato in Messina da monsignor Retana a’ 28 Novembre 1568 ». Il 23 aprile 1569, il Vescovo di Cosenza domandava agl’inquisitori di Sicilia che gli comunicassero il processo di < Antonio
Nicolini de la Guardia di questa mia diocesi, per
scoprir alcuni suoi complici ch’io dubito che siano
in questa mia diocesi di Cosenza ».
Il che ci prova che, otto auni dopo il macello dei
Valdesi di Calabria, alcuni dei superstiti osavano ancora stare in Calabria e Sicilia e combattere le suporstizioni romane.
Gli ultimi casi di Messinesi abbraccienti la Riforma evangelica sono forse in relazione collo scoppio
di fanatismo cattolico che culminò nella cruenta
notte di San Bartolommeo. Quei pochi che nutrivano segretamente in cuore le credenze attinte nella
Bibbia non giudicarono di poter più a lungo vivere
sicuri fra gente che celebrava quel colòssale assassinio come un atto di fede. Nel 1572 ripararono da
Messina a Ginevra Gian Michele Lanza o Laura e
Francesco di Gesù o di Jesu ; quest’ultimo, che è pure
detto palermitano, ottenne la borghesia ginevrina
nel 1583. Oltre a Giovanni Battista, che non si sa in
che anno raggiungesse la città di Calvino, vi si ritirarono ultimi, nel 1573, Girolamo Artesio, studente, e
Battista Dote. Eppoi, cessa in Messina, non solo la
predicazione, ma anche la professione della verità
evangelica, finché, dopo quasi tre secoli. Iddio ha
fatto splendere sulla nobile Sicilia, assieme alle altre libertà, anche quella di adorarlo in spirito o verità, giacché tali sono gli adoratori che egli domanda.
Prof. Giov. Jalla.
Messina e i Haglii Inpisitoriali
A provare quanto seguito trovassero i principi evangelici a Messina e in provincia durante il secolo
della Riforma Evangelica, aggiungerò alle notizie
che precedono e che riguardano in modo speciale
gli esuli volontari della libertà di pensiero e di culto,
ricoveratisi nell’ospitale Ginevra, le poche notizie
chi, mi è stato dato di raccogliere sui principali martiri nostri in Messina e di Messina.
Ecco in istile inquisitoriale la lista dei roghi, data
secondo l’ordine cronologico.
Che il rigore dell’Inquisizione Romana fosse maggiore nella città dove si venerava l’apocrifa Lettera
della Vergine Maria che nel resto della Sicilia lo
prova lo scritto del Reina: * Ragioni Apologetiche
del Senato della nobile città di Messina » pubblicato nel 1630. Al lettore, che sa quanti dolori e quanto
strazio si riassumano in ogni nome, i commenti.
1551: 5 luglio: Atto di fede nel Piano della Loggia (Palermo): Frate Francesco Pagliarino da Messina dell’Ordine di S. Francesco di Paola, oriundo
'sià'
3
LA LUCE
del casale dì Savoca, luterano. Fu per sentenza letat
al 21 maggio rilasciato al braccio secolare in persona.;
Negava la Confessione sagramentale, diceva che ogni
Cristiano era in grazia di Dio, che bastava la sola
fedo per giustificare il peccato senza l’opera. Negava
il libero arbitrio. Fu degradato dall’ordine per l’In*
quisitore Vescovo di Patti.
1553 — 18 giugno; Atto di fede nella Loggia (Palermo): G. B. Impelizseri da Mandanici, eresiarca
luterano, fuggitivo. Fu per sentenza lata il 28 Novembre 1547 rilasciato in istatua, e letta la sentenza
nella Chiesa Cattedrale ; ma poi per sentenza lata
agli 8 marzo 1553 rilasciato in persona.
1553-1565: Processati come penitenti: Agueda
Giunta, da Reggio di Calabria, Sacerdote D. Stefano
Pesce, di Messina, monaco dell’Ordine di S. Benedetto, nel monastero di S. Placido; Giov. Giac. Petrone, Vincenzo Ghiaramonte, Giuseppe Manzone,
Messinesi luterani. Perchè penitenti furono assolti
pubblicamente allo Spettacolo nella Loggia di Palermo ai 18 giugno 1653. Ma ricondotto nelle stesse opinioni Aguccio Giunta di Reggio fu nel 1555 ai 12
maggio nella Piazza della Chiesa di Messina, rilasciato in persona al braccio secolare, e fu nello stesso
giorno bruciato per sentenza dello Stratigò D. Pietro de Vorries, Inquisitore essendo M. Sebastiano
Vescovo di Patti.
1563 - 24 Novembre : Atto di fede nella Piazza
Nuova' del Cassaro a Palermo : Francesco Schillaei,
da Messina, luterano morto, fu rilasciatala sua statua al braccio secolare, e le sue ossa bruciate, e letta
la sua sentenza.
1564 • 12 Novembre — Atto di fede al Piano della
Marina di Palermo : Riccardo, da Mandanici, luterano ; Giacomo Pellizzeri, da Mandanici, riconeigliato il 27 giugno 1551, e relasso il 25 ottobre 1564;
Prete Giannello, di Maurojanmi, vicino la Rocca,
residente in Messina, scolaro, fu degradato informa,
e poi bruciato. Prima era stato riconcigliato coll’atto
celebrato nella Booceria vecchia ai 18 febbraio 1560,
e condannato in galera. Sentenza eseguita del Capitano D. Pietro de Prado.
1568 - 28 Dicembre : Atto di fede celebrato in Messina, da Mons. Retano : fu rilasciato al braccio secolare Antonio Nieolino de la Guardia in Calabria.
1573 - 15 aprile — Atto Generale di fede in Palermo : furono rilasciati al braccio secolare in istatua : Fra Angelo Mangano, di Bordonaro-, Melchiorre Grasso, di Messina ; Giovan Battista Gatto, di
Messina-, Leone Leganà, di S. Lucia; Girolamo Calabró, di Mandanici.^ ‘ ’ ‘
1573 : 15 agosto — Atto di fede in Piazza Bologni a Palermo : Demetrio Modafar, naturale di Pantadatilo in Calabria, abitante in Messina, luterano',
sempre negativo. Viene bruciato con Bernardo Moreto. Fiorentino, abitante in Messina, eretico ostinato,
Furono rilasciati in istatua ; Girolamo Calabro, alias Cipolla, di Mandanici, luterano defunto: egli,
mandato a pigliare, uscì in campagna, e volendosi
difendere restò morto.
1617 - 4 Giugno: Atto di fede celebrato alla Chiesa
di S. Domenico a Palermo: David Lezzick (o Chenick), di Longonsols in Alemagna, abitante a Messina, calvinista, settatore di nuove sette. Negava la
reale presenza di Cristo neH’eucarestia, la verginità
di Maria, l’adorazione dei santi, chiamava la Chiesa
Romana empia e crudele, diceva che doveano adorarsi li morti luterani, che dovea venire il nuovo
Messia. (1) Negava la Confessione, i sacri canoni, i concili, l’autorità del Papa, l’inferno, il paradiso, le indulgenze, credeva alla setta di Lutero (2) come ostinato
e pertinace. — Lo storico Franchinalo dice: « Luterano predicante, assai pertinace nei suoi errori >.
L’ignoranza degli Inquisitori sul reale significato
delle scuole filosofiche e delle sette religiose incriminate, rende difficile di farsi nei pochi ricordi che
ce ne restano un adeguato giudizio dei principi professati dai molti condannati. Solo a chi sia un poco
pratico dei tempi appare chiaro quanto profonde radici mettesse già allora l’Evangelismo a Messina.
Pur troppo l’eccessivo rigore della polizia cattolicoromana doveva arrestare il crescere della giovane pianticella, ma le parole stesse deH’Inquisitore storico D.
D. Antonino Franchina (Palermo - 1754) mostrano
che il trionfo era stato duramente guadagnato : c La
Santa Inquisizione juon ha mai lasciato che errore
veruno mettesse radice in questo piissimo Regno di
Sicilia, il quale sarà sempre sicuro tutte le volte
che continuerà a guardarlo il Tribunale del Santo
Ufficio ».
_________ Corrado Jalla.
(1) Chi sa quante falsità gl’inquisitori attribuivano
ai poveri Riformati !
N. d. D.
(2) E prima è detto calvinista 11
N.d. D.
Svizzera, Eermania, Scaadiaavia
Luóe, rivolgerai al pastore Paolo Calvino, LUGANO
Fondazione e primi Byenti b m
H B a della CliiEsa üaldese
(Hieoidi del primo pastore)
Giunsi a Messina verso la metà di settembre del
1868, aspettato e ricevuto da parecchi amici, allora
ignoti a me, fra i quali nomino Gius. Antonio Savasi,
Lorenzo Silipigni, Gius. Cucinotta e Gius. Alì, ehe mi
furono in seguito affezionatissimi e di aiuto prezioso
nell’opera che dovevo compiere. Si trovava pure per
aspettarmi allo sbarco, Gius. Musmeci, ex monaco carmelitano, che da qualche tempo teneva delle piccole
adunanze religiose in una casa affittata per lui dai
Sigg. Simpson Kay pastore a Palermo e Giorgio Appia di Parigi. E fu in due stanze al 2- piano di quella
casa modestissima che mi fu dato di presiedere il mio
primo culto a Messina. Non credo che nissuno di quelli
che sono rimasti si rammenti di quel locale.
Non diedi una conferenza; ma fu un vero culto
che celebrai, leggendo la parola di Dio, confessando
i peccati, cantando colla mia moglie due inni, predicando e pregando, secondo l’uso delle nostre chiese
e ciò produsse una impressione profonda in tutti gli
uditori che riempivano le due stanze e nei quali l’aspettativa e la curiosità erano intense. Era la prima
volta che vedevano un pastore « vero e autentico »
nell’esercizio delle sue funzioni e non un conferenziere come quelli che avevano avuto occasione di
udire per lo innanzi e neppure un ex quaresimalista
come quello che era con loro.
Avrebbero voluto che rimanessi a Messina; ma ero
destinato a Catania per continuarvi l’opera iniziata
dal sig. Past. Bellecci e visitata di rado dal sig. Simpson Kay e dal mio condiscepolo Giovacchino Gregori che vi morì di colera nel 1867. Partii adunque;
ma non abbandonai quella brava gente cotanto desiderosa di conoscere la verità; e appena stabilito a
Catania ed organizzate alla meglio le cose di quella
piccola chiesa incominciai a fare la spola fra le due
città in ognuna delle quali ebbi in breve un gran
numero di catecumeni. Trascorrevo, alternativamente,
una settimana in ciascuna di esse, presiedendo ai culti
regolarmente stabiliti, donando conferenze e lezioni
di religione tutte le sere e spesso anche nella giornata,
quando era domenica od una festa qualunque.
Il risultato dei primi sei mesi di lavoro fu l’ammissione nella Chiesa di Catania di S catecumeni sopra
25 inscritti ed in quella di Messina di 37 sopra 69.
Il sig. Luigi Desanctis direttore dell’Arco della verità
scriveva a proposito di quel ricevimento. « Abbiamo
letto alcune lettere scritte da parecchi dei nuovi ammessi nella chiesa e dirette al Presidente della Commissione di Evangelizzazione della Chiesa Valdese, che
ci hanno arrecato una grande consolazione. Per motivi facili ad apprezzarsi dai vecchi cristiani, non
abbiamo creduto pubblicare per intero quelle lettere;
solo diciamo che esse sono quello che di più consolante potevamo sperare: sono una franca e sincera
professione di fede evangelica; una leale testimonianza
alla grazia di Dio in Gesù Cristo e mostrano che quei
neofiti sono veramente convertiti. Tutti poi esternano
la loro gratitudine alla Chiesa Valdese che, per mezzo
della sua Commissione di Evangelizzazione, ha fatto
loro conoscere Gesù Cristo unico e perfetto ¡Salvatore
delle anime, ed esprimono con parole che si sentono
uscite dal cuore, la loro gratitudine, il loro affetto
verso il loro evangelista, il caro fratello Augusto Malan. Noi per nostra parte diciamo a tutti quei cari
fratelli di Messina: Voi, diletti, edificando voi stessi
sopra la vostra santissima fede, orando per lo Spirito santo ; conservatevi nell’amor di Dio, aspettando
la misericordia del nostro Signor Gesù Cristo a vita
eterna ». Giuda v. 20. 21.
Resisto alla tentazione di parlare particolarmente
di alcuni di quei catecumeni per dire del mio trasloco da Catania a Messina dove il lavoro diveniva
sempre più intenso e si aveva speranza di successi
speciali. Non potevo più accudire a tutte due le chiese,
divenivano troppo importanti ed il Comitato, spinto
anche da altre ragioni che non occorre mentovare
qui, decise il mio trasloco, il mese d’Agosto 1869.
Il 10novembre di quell’anno,potevo scrivere: « Alla
lode di Dio che la benedice, la Chiesa prospera ed aumenta di giorno in giorno. Le adunanze sono frequentatissime ed il nostro locale non basta per contenere
tutti quelli che vorrebbero venirci. Molte persone
che desidererebbero portarvi le loro signore non lo
fanno perchè bisogna stare troppo pigiati e stretti e
vi si muore dal caldo ».
Anziché comporre a nuovo intorno alle cose della
Chiesa mi pare più conveniente ed anche più esatto
per la narrazione dei fatti riprodurre la corrispondenza di quei giorni sìVEco della Verità, giornale
quasi ufficiale della Chiesa Valdese. Ed ecco, per il"
seguito degli avvenimenti, successi allora, una corrispondenza del mese di setteuibre 1869. c Una grande
sventura domestica percosse il nostro evangelista. Il
suo caro bambino fu ucciso dal group ed egli scriveva : Il Signore mi ha fatto trovare dei fratelli che
hanno pianto con me, con me hanno pregato e mi
hanno aiutato a sopportare il mio dolore. Mi hanno
dimostrato che per loro l’Evangelo non è una lettera
morta. A tutto pensarono quei cari fratelli ; alla cassa
che doveva racchiudere il corpicino del mio Mario,
al posto che dal Municipio ottennero nel bel mezzo
del cimitero dove essi vogliono innalzare un piccolo
mausoleo, perfino allo sgombero della mia roba dalla
vecchia casa dove il bambino era morto ed al mio
installamento in quella dove ci troviamo ora ». Alla
sepoltura del fanciullo intervennero centinaia di persone che ascoltarono con rispetto ed attenzione grandissima le parole di speranza e di vita eterna del
Santo Vangelo e molte di esse divennero assidue alle
adunanze >.
Nel principio della formazione delle chiese certi
fatti, ordinari in quelle già provette, hanno una grande
importanza. Così fu per quella di Messina la eelebrazione nella nostra sala di culto del matrimonio del
colonnello comandante la guarnigione di Messina colla
figliuola del console svizzero. Assistevano alla cerimonia gli ufficiali tutti del presidio, molti invitati
delle famiglie messinesi ed una turba di curiosi. I
preti, dopo quel fatto, perdettero la bussola, ci attaccarono in tutti i modi ed arrivarono fino a mandarci
una deputazione per chiedere al pastore « in nome di
chi e con quale autorità faceva quelle cose ». I catecumeni in quel giro di tempo furono 39 di cui 22 furono ammessi alla Santa Cena a Natale. I fratelli provvedevano, colle loro contribuzioni, ai bisogni dei poveri, alle opere dì culto.
Ed al Sinodo del 1869, la relazione del Comitato dava
questa fisionomia della Chiesa : « I suoi membri non
sono dei poveri e non appartengono alla plebe. Ci sona
dei poveri, perciocché senza di essi non vi è una vera
Chiesa di Cristo; ma la maggior parte dei fratelli,,
senza esser ricchi, sono indipendenti e godono di
una buona riputazione in mezzo al popolo, tanto per
la loro posizione sociale quanto per il loro passato
avventuroso. Quasi tutti sono stati dei congiurati
contro la tirannia dei Borboni e hanno combattuto'
per l’indipendenza nazionale nel 1848 e nel 1866, alcuni sono stati condannati alla galera od a!” esilio,
di modo che essi godono di una influenza speciale
appo il popolo e nessuno ardisce insultarli. Eppure
non sono più nè rivoluzionari nè repubblicani ; ma
pacifici cittadini che ringraziano il Signore per le libertà di cui godiamo e che approfittano della loro
influenza per condurre alle adunanze i loro vecchi
amici ». j
Gli avvenimenti del 1870 diedero un nuovo slancio
alla Chiesa. Naturalmente i fratelli si associarono alle
feste pubbliche in Messina del 20 settembre ed io stesso
diedi una conferenza sopra « Gerusalemme e Roma •
che fu stenografata e stampata in appendice nella Gazzetta di Messina. Quella conferenza tratta della presa
di Gerusalemme per le armi di David e di quella di
Roma per quelle di Vittorio Emanuele. Il punto di
paragone tra i due fatti li trovo nelle parole dei Gebusei che fecero dire a Davide che non entrebbe mai
nella loro città, e quelle di Pio IX che disse agli Italiani : non sono profeta nè figlio di profeta ; ma io
dico che in Roma non entrerete mai !
A questo punto è un bisogno del mio cuore di ricordare con riconoscenza il direttore della Gazzetta
di Messina, cav. Stefano Ribera, che fu sempre per
noi un amico leale e sincero. Egli non era evangelico
e non apparteva alla nostra Chiesa; ma fece per noi
quello che altri non ha mai fatto. Il suo giornale, liberale, senza essere anticlericale, fu messo da lui a nostra
disposizione per lettere, àrticoli ed annunzi religiosi
intorno alle cose nostre, e tutto ciò sempre gratuitamente. Quando ferveva la lotta tra il quaresimalista del
Duomo e l’evangelista, egli lasciava sempre uno spazio
nel suo giornale per accogliere l’avviso della risposta
che l’evangelista faceva ogni sera all’argomento trattato
nella Cattedrale. E le buone e belle conversazioni che
abbiamo avuto insieme nóll ufficio della sua quotidiana
Gazzetta ! Ognuno comprende quanto fosse utile l’aver
dalla nostra un uomo come il Ribera ed il suo giornale.
Accolga il presente direttore della Gazzetta il saluto
riconoscente di un vecchio amico del suo predecessore e l’augurio che egli gli presenta di camminare
sulle orme di lui.
Anche gli avvenimenti familiari contribuirono all’incremento della Chiesa, e, oltre a quello già mentovato della morte del mio bambino, accenno a quello
della dipartenza di colei che fu la mia compagna in
quegli anni di lavovo arduo a Messina e « mio aiuto
convenevole ». Ancora qui lascio parlare gli amici che
la conobbero e la videro all’opera. « Giulia Puini era
nata cattolica-romana ed era figlia del fu Giuseppe,
architetto fiorentino, uomo liberale che fu perseguitato dal Governo toscano e che abbracciò l’Evangelo
nella Chiesa Valdese di Firenze, con tutta la sua famiglia. Andata a marito nel 1865 essa fu per lo sposo
4
una V(^ra compagna cristiana ohe, invece di e8serg:Ii
^ià^àotìÒ h'eil'¿í»érh'^tia, gii fù kii'indòù'ii'o/di sjprone.
Qjiandp il sigiibr Mal^n Sòveva jiortarsi nel^iiterno
rimasero più degli
guenza.
Il bel Tempio, acquistato con de
mitato e riattato con quelli procacciati dai fratelli della
il 22 febbraio 1874
Comitato Matteo
del pastore Em.
Chiesa, fu aperto al culto pubblico
coH’intervento del Presidente de!
Prochet, del prOf. Emilio Comba (
Longo di Catania. Nessun disturboL nessun chiasso al
culto di apertura e non vale neppure la pena di parlare di ciò che gli avversari nostri tentarono alla
sera. Ma il chiasso forte ed il pericolo non erano pas
sati. Alla fine della quaresima, duiante la quale uua
vera crociata fu predicata contro
mente la sera del Giovedì Santo uba iurba infanati
chita si avventò contro la facciata della cappella, la
imbrattò di lordura e già alcuni, più arrabbiati degli
altri, avevano portato delle latte di petrolio per versarle contro le porte e incendiarle! quando giunsero
a Messina d’allora
3 e del principio
azione del Tempio
e ne furono la con
aari forniti dal Co
iottosi e impedizia.
la mattina del Vesituato proprio di
e che per onorare
dei soldati che arrestarono i più
rono che succedesse qualche disgr:
La disgrazia, l’aspettavo un poco
nerdì Santo. Siccome il Tempio era
faccia alla Chiesa di S. Gioacchino
il Santo, padre della Vergine, si facevano delle luminarie, delle processioni e le quarunt’ore, si temeva
che i bigotti si lasciassero andare a fatti riprovevoli
contro i fratelli che sarebbero venuti al culto del venerdì. Non ero senza apprensione. Il Tempio era zeppo,
non uno dei fratelli mancava al suo posto ; anche le
donne erano venute. Aspettavamo di udire grida e
bestemmie dalla turba che si trovava davanti le due
Chiese; invece nulla: avemmo un silenzio perfetto e,
siccome ciò mi stupiva non poco,
zione del mistero e la trovai nel fàtto che i signori
del Gabinetto di Lettura, in certo r umero, erano venuti a fare la guardia davanti alle no
vano impedito ogni manifestazione
La sera di quel giorno, nelle sale
ad andare avanti
Lettura, fu firmata una petizione al Parlamento Italiano perchè fosse rispettata la libertà di coscienza
e non succedesipro più in Messina liberale fatti scandalosi come quelli del giorno precedei te.
D’allora in poi, la Chiesa continuò
per la sua via ; aveva acquistato il iliritto di cittadinanza e, se di tanto in tanto era ancora attaccata da
qualche quaresimalista battagliero, ciiò non importava,
ed essa poteva continuare le sue pacifiche conquiste,
alla gloria del suo Signore.
Aulgusto Malan.
stre porte ed aveostile.
del Gabinetto di
Visione lontana
< Come siede solitaria ed è diven
vedova la città piena di popolo! I
sono stati uccìsi con la spada e noi
guerra ».
La vedo sempre come era 25 anni
trionfante, la superba Messina, so:
come visione di Fata Morgana, e m
mela qual’è al presente, mucchio init
oón un’altra strana città provvisor i
rorge accanto aiPantioa. E là nostri
iita simile ad una
suoi uccisi non
sono morti in
fa, rumorosa e
Agente dal mare
i>n posso figurarmane di rovine,
a in legno che
Chiesa la vedo
déìl’'Ì8oÌa, essa non lo ratteneva, lo spingeva in avanti.
* Va’, gli diceva,' il tuo dovere ì lì partire, perchè si
tràtU di Cristo e del Silo santo home ed Egli ti proteggerà ». Ed egli, fatto più ardite da quelle parole,
ìaiciava moglie e bambini per recarsi ad Agira, Riesi,
’Tràpani ed in altre località dove non era improbabile che la mano dell' ignorante fosse armata per
freddare colui che osava predioarij il Vangelo, tenuto
Ì’jer una nuova religione. Essa era donna risoluta,
eàle ed aperta, molto intelligente ed istruita. Jion
iàceva mostra delle sue conòsceiitze, odiava illasto;
òttima madre, fu pure massaia eccellente. Visse crisliana e morì addormentandosi nel Signore il mattino del ib agosto 1872. ilòlta gente intervenne alla
suà sepoltura. Seguivano il feretro il signor A. Malan
con allato i Consoli di Svizzera, Svezia e Norvegia ed
altri, quindi una eletta schiera d i Signore vestite a
bruno, poi membri della Chiesa Valdese, i rappresentanti del < Gabinetto di Lettura » e infine parecchie
centinaia di persone ohe aceompsignarono la salma
fino al cimitero. Per tutta la durata della cerimonia
non vi fu disturbo di sorta ».
Dopo la morte di mia moglie nòn rimasi più a Messina se non ad intervalli più o meno brevi. Andavo
per la Sicilia evangelizzando dì
ero chiamato, oppure all’estero in
i bisogni generali dell’opera in Itàlia. Ero sostituito
da giovani candidati in teologìa e futuri pastori,
fra i quali ricordo: G. G. R. Troii, Giosuè Tron, A.
Stefano Malan, Giulio Bonnet, che
altri che non nomino qui.
Il più lungo soggiorno che feci
in poi fu quello della fine del 187
del 1874, in occasione delTinaugur
di Via S. Gioacchino e dei moti eh
________________LA LUQE_____________________________
sempre là nella salita S. Gioacchino, dove feci dg
^ndidato le mie prime armi’cori il carissimo
store Lissolo e il primo anno di ministerio.
Ripenso alle ore serene, ai lieti convegni con arnic^
quaii tutti scomparsi, come pure ai giorni tetri iri
cui il colera infieriva, mietendo diecine di vittime
al giorno. Rivedo la nostra casetta in piazza Casa
Pia, vicino al luogo dove il valoroso compagno d’armi
A. Chauvie trovò Torribìle tomba. Ritorno col pensiero in tante case ospitali, ora distrutte, dove si era
invitati e accolti con una cordialità che ho incontrata altrove di rado, e rifaccio, dopo il culto, la
strada con il fedele Mazzullo, da tanti agni sparito.
E poi, in un luminóso pomeriggio dì Dicembre, rivedo sul molo il gruppo numeroso di fratelli e di
amicì^ venuti a salutale piangendo mia moglie e me,
mentre il vaporetto salpava per Reggio, prima tappa
verso le regioni più fredde e brumose del Nord.
Da quel giorno m’è rimasta sempre in fondo all’anima la nostalgia di Messina bella, che non ho più
riveduta, e il desiderio degli amici, dal cuor generoso,
di laggiù. Ad essi il mio pensiero ritorna sovente e
in modo più intenso in quest’ora: pensiero di rimpianto
per quelli che rimasero sepolti nella grande rovina, e
di memore affettuoso saluto a quei pochi scampati e
che ancora serbano il ricordo dei lontani anni felici.
Alla città e alla chiesa rinascenti dalle macerie
faccio di cuore, come augurio, l’appello del profeta :
« levati, sii illuminata ; scuotiti la polvere d’addosso ;
perchè la tua luce è venuta e la gloria del Signore
si è levata sopra te ».
Hctnleo f^lvolne.
Giorni felici !
•••
Quando nel 1886, ricevetti a Genova l’ordine d’andar a evangelizzare in Sicilia, mi recai a Napoli e
quivi m’imbarcai sul piroscafo Galileo Galilei. — Nel
leggere questo nome, non corra la mente del lettore
al bel piroscafo che fino a questi ultimi mesi faceva
la traversata da Napoli, Palermo! — Il nome era lo
stesso, ma quanto diverso il primo battello dal secondo I II primo era a ruote e siccome il mare era tanto
agitato da non permettere l’approdo lungo le coste
della Calabria, provammo durante una notte intera
l’ineffabile dolcezza di sentire il rumore ,delle ruote
che giravano fuori dell’acqua, rumore degno dei luoghi tenebrosi. — Il costruttore del Galileo Galilei,
conoscitore della storia, non aveva dimenticato che il
grande scienziato al quale il nostra battello doveva,
il suo nome in un momento solenne della sua vita
aveva esclamato « Eppur si muove » ed aveva fabbricato una nave che si moveva... si moveva più di
quanto 1 passeggeri spaventati avrebbero desiderato.
Come Dio volle, arrivammo sani e salvi all’altezza
di Messina, ma invece di entrare nel porto, il Galileo
Galilei proseguì la sua rotta, e siccome provenivamo da Genova, città che da 2 anni era travagliata
dal colera, fummo obbligati di andare finò ad Augusta dove rimanemmo in quarantena per 9 giorni;
compiti i quali ci fu accordato dì porre piede nella
città di Messina.
Fraternamente accolti mia moglie e me dal Signor
Enrico Rivoire, ora professore ad Udine, fummo
subito circondati dall’affetto dei fratelli e ci mettemmo all’opera.
Tutto era nuovo per noi; nuovo il dialetto, nuovi
i costumi, l’animazione, il colorito degli abitanti.
11 locale per il culto, ora un ammasso dì rovine,
raccoglieva ogni domenica mattina una numerosa
scuola domenicale ed un bell'uditorio per il culto
priqcipale. Fin da quei tempi già incominciava a tormentare la scarsezza degli uditori ai culti serali; eccetto nelle circostanze eccezionali, quando era stata
annunziata una conferenza speciale dai giornali cittadini sempre benevoli.
La classe dei catecumeni del venerdì sera era numerosa, frequentata specialmente da studenti degli
Istituti Superiori, alcuni dei quali diventarono poi
ottimi membri di chiesa.
Le precanzioni prese dal Governo, per tenere il
morbo colerico lontano dall’Isola, riescirono inefficaci. Difatti neil'estate del 1887, il colera scoppiava
in Messina e nel giro di poche settimane mieteva
migliaia di vittime. I membri della chiesa si sparpagliarono quasi tutti per le campagne circostanti ; però
parecchi fratelli, appartenenti i più alla numerosa e
florida colonia straniera, furono rapiti all’affetto dei
loro cari.
Se alla cura pastorale e all’evangelizzazionq della
numerosa popolazione erano rivolti i massimi sforzi
dell’evangelista, le località vicine non erano neglette.
Egli si recava ogni quindici giorni a Reggio e a Gallico, dove la famiglia Romeo aveva abbracciato TEvangelo, famiglia ohe ha sempre reso una fedele testimonianza ovunque ebbe a trasferirsi.
Ora si può andare a Baroellqna Rozzo di Gotto o
in ferrovia o col tram a vapore. — In quei tempi si
Mparano d^______
tutta sconquassata, che avev^
visto giorni migliori. •
A Barcellona ài oelebràvano i culti durante duesqrq
consecutive in una àtanza presa in affitto. Culti benedetti in cui parecchie anime risposero alla chiamata del Maestro.
La giornata era consacrata alle visite dei fratelli
o a passeggiate nelle ubertose campagne circostanti.
Sono trascorsi ormai parecchi lustri dal giorno in
cui lasciavo Messina con la mia famiglia per recarmi
negli Stati Uniti di America per nn lungo giro dj
colletta, ma mi rammento sempre con viva emozione
e con profonda gratitudine degli anni passati nella
bella Isola. Vi appresi molte cose ; vi appresi tre l’altro che gli abitanti del Sud dell’Italia e della Sicilia
hanno moltissime belle qualità e che l’Evangelo sólo
potrà rendere prospere e felici quelle nobili popolazioni.
Il terremoto del dicembre 1908 ha distrutto il santuario degli evangelici di Messina ed ha seppellito
la maggioranza dei fratelli sotto le rovine delle loro
case: a giorni sarà inaugurato un nuovo locale di
culto. Mi unisco fin d’ora alla gioia piena di mestizia
della fratellanza. - In quel giorno si verificherà quanto
accadde ai tempi di Esdra quando fu ricostruito il
tempio di Gerusalemme. - Il nuovo locale rammenterà l’antico e i fratelli presenti avranno un pensiero
ed una lacrima per coloro che furono vittima del
terribile cataclisma.
F. Rostan.
L EVjtMQELO jt MESSIN»
La tremenda sciagura nazionale che ha distrutto
una delle nostre città più simpatiche, ha pure decimato spaventevolmente una delle nostre chiese più
fiorenti e più promettenti.
In nessun’altra città nostra, l’Evangelo si era, come a Messina, fatto strada fra la gente colta ed influente della città, per cui la Chiesa nostra era tenuta in alta considerazione.
Gli evangelici forestieri vivevano in ottima armonia
con gli evangelici italiani, e dei rappresentanti degli
uni e degli altri figuravano sempre in tutti gli avvenimenti cittadini di qualche importanza.
Durante i sei anni che ho avuto il piacere di lavorare in quel campo con la mia famìglia, ho potuto tesoreggiare tanti preziosi ricordi, che mi hanno
sempre fatto rimpiangere il mio soggiorno colà ; sebbene sia vivamente riconoscente ai fratelli per la
simpatia e l’affetto che ho incontrato altrove.
. Alcuni fatti mi sono rimasti vivamente impressi
nella mente ; e siccome mostrano qual posto i nostri
fratelli messinesi avessero sapnto acqnistare nella
pubblica opinione, vai la spesa di ricordarli.
In seguito ad una festicciuola che noi avevamo ayuto per commemorare il 17 Febbraio, ed alla quale
erano stati cantati alcuni bei cori, venne in mente
ad una persona competente, che ci onorava con la
sua presenza, di istituire una specie di società corale
cittadina, alla quale presero parte numerose signore
6 signorine, sotto la direzione del principe R. Quella
società tenne in seguito una serata musicale a favore
dell’ospedale cittadino, e ricordo che la metà delle
signore che vi presero parte erano evangeliche.
Ricorrendo il 40<>. anniversario dell’apertura del
nostro tempio, il Consiglio di Chiesa decise di preparare una serata a pagamento, che poi si tenne in
un piccolo teatro gentilmente concesso e con l’aiuto
dei dilettanti della « Società Filodrammatica Pietro
Cossa », Il teatrino era gremito, e fra i presenti si
notava pure il sindaco della città. Il provento andò
per metà a favore della Chiesa nostra e per metà a
favore dei poveri della città.
E che culto imponente fu quello tenuto la domenica che succedette l’assassinio del Re Buono I Piena
era la vasta chiesa, parata a lutto. Il Consiglio aveva
diramato alle autorità cittadine una circolare a stampa,
invitandole alla funzione. E, cosa più unica che rara
nel paese nostro, vedemmo giungere il Prefetto in
persona, il Presidente del Tribunale, il Presidente
della Corte d’Appello, tre generali, un rappresentante
del sindaco, quasi tutti i consoli ; una 50.na di autorità cittadine, alle quali erano stati riservati dei posti speciali vicino al pulpito. Fuori, con grande maraviglia del popolino, stazionavano le pariglie di quei
signori. Ora si capisce che giammai le autorità cittadine sarebbero intervenute ad una funzione simile,
se la Chiesa nostra non fosse stata tenuta in buona
considerazione.
E che folla alle conferenze speciali, soprattutto a
quelle sulla Passione di Cristo, tenute tutte le sere
della settimana Santa ! Erano da 2 a 3 mila persone che
ai variì culti di quella settimana venivano ad udire
l’Evangelo! Certo non vi era in quelle sere, sopratutto il Giovedì Santo, la tranquillità ed il silenzio
che per sòlito |ii nostri ma si eapi^
òhe non fosse possibile una i^le tranquilRÌài con If
5
LA LUCE
l'essa incredibile che sL faceva slle due porte del vasto tempio, che dovevano rimanere epslsncate ; ma
il rumore non era malevolo ; ijuello che si udiva e- ’
rano mormorii di simpatia e di approvazione.
Un altro fatto, che voglio ancora ricordare, mostra
pure la nobiltà di carattere ed il liberalismo della
popolazione messinese. Quando il Comitato decise il
mio trasloco nel 1900 (trasloco che non avevo chiesto
e non aspettavo) mi trovavo alle Valli colla famiglia.
Essendo traslocato a Livorno, era naturale che, per
risparmiare spese, la mia famiglia non tornasse a Messina, ma vi andassi solo per spedire la mobilia. Così
feci, ma con grande dispiacere della Chiesa che, in
sulle prime, non voleva credere che noi non sospettassimo il nostro trasloco prima della partenza per
le Valli. Ma avendoli assicurati che così era, spero
che vi abbiano poi creduto ! Comunque alcuni della
Chiesa ebbero la gentilezza di invitarmi ad un
pranzo di addio, ad un Caffè-Ristorante sul lago di
Ganzirri, a un’ora di tram a vapore dalla città, verso
il Faro, la villeggiatura per eccellenza dei messinesi.
Era in Settembre, i villeggianti erano numerosi, e la
sera i numerosi tavolini in riva al lago erano per
solito occupati. Quivi pure era stata apparecchiata ^a
grande tavola a noi destinata. Alle frutta, il carissimo amico Cosmo Ricca, Capo sconto al Banco di
Sicilia e cassiere della Chiesa (al quale mando uno
speciale affettuoso saluto) uno tra i più zelanti fra i
nostri convertiti in Italia, uno che mai lasciava sfuggire l’opportunità di rendere la sua testimonianza all’Evangelo, dovunque fosse, il Ricca, dico, fece un brindisi in mio onore, che era tutta una testimonianza pubblica resa all’Evangelo. Gli risposi nello stesso senso,
esprimendo la mia viva riconoscenza alla Chiesa ed
alla liberale e colta popolazione messinese, fra la
<}uale avevo esercitato con viva gioia il mio ministero, prima per un anno, come collega del pastore
Lissolo e poi per 6 anni colla famiglia. Ebbene, quando
finiti i brindisi ci levammo per recarci alla stazione
del tram, i numerosi villeggianti che erano seduti
ai tavolini vicini, si alzarono tutti in piedi in segno
di omaggio.
Ciò pure mostra il posto che la Chiesa Valdese di
Messina aveva saputo conquistare nella simpatia della
cittadinanza.
E della Chiesa stessa che dirò ? Quando penso ai
numerosi e cari amici, che erano così entusiasti e zelanti per la loro Chiesa, che hanno dimostrato in
tante circostanze, a me ed alla mia famiglia, tanta
simpatia, tanto vero affetto, che ci hanno ricolmi di
gentilezze di ogni genere, non mi par vero che moltissimi fra di essi non ci siano più e che io non abbia più da rivederli su questa terra ! Mando un saluto
riverente e commosso alla loro cara memoria ! Ed ai
superstiti, che rappresentano pure coloro che il Signore ha preso a Sè, invio in nome mio e della mia
signora, i più cordiali saluti ed i migliori auguri. Mi
rallegro vivamente ohe codesta piccola Chiesa superstite, possa presto nuovamente avere un altro locale
di culto, su quella terra, ove già avemmo una delle
nostre Chiese più fiorenti. Il Signore benedica la piccola Chiesa e la faccia crescere alla Sua gloriai
G. D. Buffa.
Ricordi c auguri
Mi si domanda un ricordo della mia vita pastorale
a Messina. Un ricordo? Ma sono mille e mille quelli
che mi s’affollano alla mente, e che ora, dopo la
catastrofe immane, m’accompagnano, avvolti da una
nube di mestizia, e seguiti dalla nostalgia delle cose
perdute irreparabilmente.
Era un incantevole mattino d’Ottobre dell’anno
1896. Per attraversare più sollecitamente lo stretto
avevo lasciato la ferrovia a Villa San Giovanni, ed
ero salito sul vaporetto che doveva, in mezz’ora,
trasportarmi a Messina. Mi recavo colà, giovano evangelista, a surrogare il pastore Daniele Buffa, che
il nostro Comitato aveva inviato, per un anno, in
missione straordinaria negli Stati Uniti. Lo spettacolo ohe s’offriva al mio sguardo era uno dei più
belli che avessi mai potuto contemplare. Davanti a
me, avvicinantesi sempre più, si estendeva, inondata
di luce, la meravigliosa spiaggia sicula. Laggiù, a
destra, spiccava sul verde della riva, il bianco profilo del faro. Più in quà giardini, agrumeti olezzanti, case coloniche mollemente adagiate sui poggi ;
poi, simile ad un vasto anfiteatro brulicante di vita
intensa, Messina; Messina, la città superba e gaia,
colle sue cupole, coi campanili, colla palazzata sulla
marina, coi monti che le fanno corona e sui quali
splendevano, a traverso i boschi, le candide ville.
Voltandomi, da una parte vedevo la costa calabrese
che s’allontanava ; mentre dall’altra, al di là del
Faro, Io sguardo s’immergeva nella profondità degli
orizzonti velati, am rapendo più doye^ finisse il
mare, dove comiimiasBe il cielo. E il vàporèttb vo
f3i
gava, scivolando, leggero, sull'onda
mata da misteriosi riflessi.
Fui accolto con quello spontaneo
cordìàlità espansiva che rende così
fratelli siciliani, ed iniziai in mezzi
vita di predicatore dell’Evangelo. N
mai dimenticato la chiesa in seno a
avuto il privilegio di fare le prim
ministerio cristiano, le esperienze
angosciose che sia dato a cuor d’uo
Ma la memoria ne diventa doppiarne
sacra, quando quella chiesa è stata
sventura, quando s’è curvata, chia
gli, verso una terra dolorante e san
Sì, quanti ricordi ! I culti della
Giovedì, continuati quasi sempre
versazioni cogli amici che venivano,
pagnarmi fino a casa. Le prediche
santa, ogni sera più assiduamente
diche di cui ho ritrovato i pochi ap
tina, mentre incalzavano le ore, s
mente sopra un pezzo di carta, per
pomeriggio, a meditare, preparandomi
già, verso il Faro. La scuola coi suo
uno più vispo ed irrequieto dell’altri
ma domati sempre quando una pa
ceva loro vibrare il cuore. Le visitò
ricerca, nelle corsie desolate, d'un i
domandato la mia assistenza, il cu!
pezzale, e le ultime parole di spe
bondo, ripetute, poi, da un compagni
che le aveva udite ad avidamente
evangeliche a Barcellona e nei dint
cui si mieteva una spiga, o quegli
minava a piene mani e dove la se;
spesso fra i rovi che la soffocava
riarsi dal sole, cadeva pure, talvoi
promettentè, lacerata dall’ aratro
discussioni cortesi al circolo di
nelle famiglie, e la premurosa osp
mici, e l’affetto sincero che facevja
difficoltà o gli scoramenti patiti .
Ma non mi si domanda soltanto i
si chiede un augurio per i fratelli
la rinascente congregazione e per
che sta per essere consacrato a Di
colo, come sale spontaneo dal mio c
Sia il vostro tempio un santuario
nato di adorazione e di preghiera ;
cora, le vostre anime, rigenerate
sto, un tempio dello Spirito Santo.
Siano i vostri pastori delle guide
quali vi approssimiate al cielo ; ma
scuno di voi, un sacerdote, che peq»
nel luogo santo, dove si offre alla
sto d’uno spirito umiliato ed’ una vi
Ricordatevi che siete un simbolo
vine della città morta. Stringetevi,
al vostro giovane pastore, é sia la vosi
cristiana ardita come una fanfara nel l
e suaaiva come un palpito d’amore.
Dite ai fratelli che sulla terra belili
camminano accanto a voi, dite che
muíate d’ogni affetto umano splen
gloriosa la carità divina. Dite ai pia
ai caduti che Cristo è lo stesso, id:
eterno. Parlate della fede, unico si
della Croce, unica speranze.
E se avvenga che il vostro sguard|>
si posi sulle macerie dove ancora
o dei figli dormono, in alto i cuori
trete recare con voi nella lotta
multuose vicende della vita, un’energi
crollabile che v’accompagneranno dov
benedizione suprema. In alto 1 cuor i
l’ora delle angosciose memorie, potrà
sta spiaggia di dolore e di speranzs;,
che giunge dall’altra riva, portato s
attraverso l’immensità dei mari. E
ohe scuoterà le fibre più intime del
trete rispondere coll’inno trionfale
Io credo la risurrezione! Io credo
Prof. Giovanni
che pareva ani
affetto, con quella
simpatici i nostri
0 a loro la mia
essun pastore ha
Ila quale egli ha
e esperienze del
più soavi e più
mo di conoscere,
nte cara, diventa
flagellata dalla
mando i suoi figuinante.
Domenica e del
in fraterne condopo, ad accomdella settimana
frequentate; pre])unti che la mattendevo febbrilandare poi, nel
i, lungo la spiag
1 cento bambini,
o ; spesso ribelli,
i^ola d’affetto fa
all’oapedale, la
afermo che aveva
vicino al caranza del mori
o di sofferenza
i[accoIte. Le gite
orni, i campi in
bltri in cui si seenza, se cadeva
Ino o fra i sassi
ta, in una terra
condatore. E le
lettura, e i culti
imlità di tanti adimenticare le
n ricordo. Mi si
di Messina, per
1 nuovo tempio
0. L’augurio, ecuore.
non mai profaa siano, più anll’amore di Cri
II
da!
non fallaci colle
sia, altresì, eiaetri ogni giorno
Divinità l’olocauita pura,
di vita sulle roeompatti, attorno
ra testimonianza
a battaglia, dolce
issima e straziata
Sulle rovine acculo più radiosa e
ngenti, ai pentiti,
ri ed oggi ed in
ostegno ; parlate
din
velato di pianto
ossa dei padri
.. In alto! E poturna, nelle tua ed una fede inunque come una
! E, rinnovatasi
te udire, su que, l’eco d’un canto
lille ali dei venti,
cantico celeste
nostro cuore, poqella fede:
la vita eterna 1
Rostagno.
ili
La Luce di Cristo
Non mi posso decidere ancora a p
chiesa di Messina, cui diedi per l
l'Opera ed il cuore e fra i cui mem
amici più intimi e cari di parenti s
Molti di quegli amici non sono pi
loro subitanea dipartenza ancora mi
di angoscia ; non posso nè voglio rini
rovine; ma alla chiesa risorta, agli
fede, di zelo e di entusiasmo che
care il loro evan^lioo faro, onde
risplenda ancora in quelle nobili e
traete, va il mio affettuoso saluto,
venti, sinceri auguri d’ogni sucoei
preziosa divina benedizione.
V. Alberto Costabel.
arlare dell’antica
ben cinque anni
bri annoveravo
Iretti.
e l’orrore della
stringe l’animo
estare tra quelle
amici pieni di
]i^ogliono riedifiluce di Cristo
travagliate conanno i miei fersso, d’ogni più
la
MEMORE^rETTO !
Ai cari fratelli di Messina dico il mio memore affetto, la mia fraterna simpatia, la vivente comunione
di preghiera, di speranza, di fede, che oggi, nel giorno
della gioia — come ieri, nella notte del dolorb —
soavemente e indissolubilmente avvince ai loro cuori
il mio cuore.
Napoli. Gaio Gay.
/ADOLFO CHf^UViE
Ricordi Biografici.
Da Bartolomeo Chauvie e da Susanna Gaydou nacque
Bartolomeo Adolfo a Marsiglia il 2 aprile 1877. Egli
passò la sua fanciullezza e i primi anni della gioventù al Serre d’Angrogna. Nel 1890 egli cominciò gli
studi classici al Collegio Valdese di Torre Pellice ove li
continuò per cinque anni; ma, sfiduciato da qualche
contrattempo, li sospese. Quando però, qualche anno
più tardi vi si accinse di nuovo, li riprese con tale
energia che non ebbe a passare tutto il tempo ordinario sui banchi della scuola per ottenere la licenza
liceale.
Con egual energia e buona disposizione egli entrò
nella Facoltà Teologica di Firenze nel 1900 e, oom-^
piuto ivi il suo triennio, si recò a Ginevra nel 1903
per fare un anno di perfezionamento a queU’Università. L’anno seguente tornò a Firenze per completarvi
i suoi esami e sostenérvi la sua tesi, e fu quindi esibito mandato a Palermo per aiutare e surrogare il
pastore titolare andato in deputazione in America.
Dopo poco più d’un anno di lavoro in quella città, egli
sì presentava per i’esame di fede a Torre Pellice, e
al servizio d’apertura del Sinodo, il 4 settembre 1905,
egli veniva consacrato al S. Ministerio unitamente al
suo giovane amico signor Ernesto Comba. Il 5 ottobre
seguente egli sposava a Palermo Marcella Eynard dell’ing. Gustavo e della fu Elena Comba, nata a Napoli
il 25 marzo 1886. Egli andò quindi ad occupare il
posto di pastore a Catania, ed ivi nasceva il suo primogenito Riccardo Bart. Gustavo, il 20 luglio 1906.
L’autunno successivo egli veniva trasferito a Messina,
dove il 10 agosto 1907 nasceva Sussanna Elena detta
Nini. Questo caro angioletto, questo vivido raggio di
luce doveva risplendere soltanto undici mesi fra coloro che tanto l’amavano, poiché, mentre tutta la famiglia si recava alle Valli Valdesi per passarvi alcune settimane estive, la diletta piccina fu presa da
grave malore duvaiite la traversata e si dovette sbarcare a Livorno. Ivi, dopo poche ore che erano giuqti
in una camera d’albergo, i desolati genitori videro
spirare nelle loro braccia l’amatissima loro Nini.
Era il IO luglio Ì908. Ho avuto il privilegio, ad un
tempo tristissimo e consolante, di presiedere quel più
che modesto funerale ed ho potuto constatare, in
quella dolorosissima circostanza, come la mia amata
nipote Marcella si potesse a buon diritto annoverare
fra le dònne valorose. All’età di dodici anni le era
morta la sua amorosa madre; a quattordici anni la
sua unica sorella ; ed ora che ne ha poco più di ventidue si vede rapire l’unica sua dilettissima bambina.
Malgrado l’immenso dolore, ella, assistita dalla sua
buona amica signorina Trobia, attende a tutti i doveri che esige la luttuosa circostanza, con forza e
coraggio ammirevoli.
Dopo il Sinodo la famiglia torna a Messina e Adolfo
Chauvie ai dà con nuova lena alla sua opera evangelica.
Egli è forse meglio agguerrito di prima, non soltanto perchè ha ritemprate le sue forze all’aria benefica delle natie Valli, ma perchè in lui la spada
dello Spirito è stata temperata all’onda del dolore,
onda irradiata dal conforto divino. Scrivendo la sua
ultima relazione mensile al Comitato in data del 20
dicembre 1908, egli vi descrive l’affollarsi degli uditori alla predicazione del Vangelo, e attribuisce ciò,
oltre che aH’lnteresse per le cose religiose, alla buona
educazione della popolazione messinese e alla felice
ubicazione del nostro Tempio. In data del 22 dicembre,
sei giorni prima della tremenda catastrofe, egli scriveva una lettera ai suoi genitori a Torrepellice, che
si può considerare come il suo testamento spirituale.
In essa colla soddisfazione di figliuolo affezionatissimo che sa di dare buone nuove ai suoi cari, egli si
compiace nel descrivere quel campo così promettente.
Tutte le porte gli sono aperte per la predicazione del
Vangelo e non crede che vi sia alcun altro campo in
Italia così favorevole all’opera del Signore. Chi sa mai
qual visione meravigliosa egli avrà già avuto nella
sua fede e nel suo entusiasmo, di una Messina trasformata e rinnovata mediante l’accettazione deU’Evangelo
di Cristo!
éoho sentite delle scosse di terremoto in tutta, la.
provinoia, dice egli in quella lettera, < ma salvo un
po’ di paura, non vi è stato aìfiun danno ; e d’altra
parte siàmo nelle mani del Signore, sotto la cui salvaguardia poi ci mettiamo del continuo >.
6
6
LA LUCE
S’avvicina ^atale ed egli dice come sarebbe felice
di passarlo con tutti i suoi cari. « Ma non vi sono
distanze — aggiunge egli — per coloro che s’amano
o il cui punto d’appoggio è in Dio ».
Ed ora i parenti afflitti, che si sentivano uniti da
tanto vivo affetto ai loro cari Adolfo e Marcella, non
li incontreranno più quaggiù, ma bensì nel mondo dei
Ricordi che è anche quello della fede. E qual grande
beneficio per noi, di sapere che l’ultimo giorno del’esistenza quaggiù del nostro caro Adolfo è stato consacrato a predicare, con fede fervente, l’Evangelo di
Cristo ai suoi fratelli. E, mentre egli si riposava delle
sue fatiche, il Signore gli disse : Sali più in su, e lo
prese con tutta la famiglia e andarono a raggiungere
la lagrimata Nini, cheli aveva preceduti di soli pochi
mesi.
Questo pensiero e questo ricordo sono, nella nostra
afflizione, un conforto e una benedizione di cui noi
ringraziamo il Signore.
Pietro Chauvie.
1
POVEROS^ TESTIMOHIAHZjt
Aderendo con tutta l’espansione d’un’anima amante
alla nobile proposta fatta per un pietoso ricordo al
compianto pastore evangelico Adolfo Chauvie, mi è
<lolce cosa rievocarne pubblicamente la memoria con
brevissima ma doverosa testimonianza.
Lo conobbi a Messina nel 1907. Due suoi sermoni,
(Ift me uditi, mi commossero sino alle lagrime; e da
quel giorno lui ed io ci sentimmo legati da forte
simpatia, rafforzata da comuni idealità e da santi entusiasmi. Egli era d’animo gagliardo e insieme gentile,
«ira colto e studioso, un vero campione del moderno
pensiero cristiano sociale, e dovunque egli effondeva
1 alito giovanile de’ suoi alti ideali. Il suo animo apjiassionato aveva compreso che si tratta di applicare
¿i casi della vita sociale le massime divine del nostro Redentore Gesù Cristo. Valga il mio modesto
contributo, ultimo fiore deposto sulla tomba di Aclolfo Chauvie, a significare il legame perenne di affetto e di incancellabile ricordo che a lui tuttora avvince coloro che ebbero il bene di conoscerlo in terra.
Al nobile fratello che ci ha preceduti nella « casa
del Padre » io dico con soave fede e ferma certezza
ìion un * Addio » ma un « Arrivederci » ineffabil
niente.
Eugenio Amodio.
<^E5Sinese^mfl^fl'^ò0ovA vita
(Da “ la Buona Novella,, : 1910 : C. I e II).
L’uomo, sol uno, in mezzo alla pianura
S’ergea col petto come monumento
Che vegli a guardia d’una sepoltura.
Chinò la fronte / e un mondo allor di sparse
Macerie, fra insepolte ossa, ad un tratto
Nel vivo specchio di sua mente apparse.
Ond'ei fra se dicea ; Queste, con l’atto
Ch’io sognava immortai, del mio volere.
Un dì eressi sul pian che arido è fatto.’
Bocche eressi e palagi e terme a schiere,
Nel condor de' bei marmi ardean le tede
Sugli aitar della Forza e del Piacere.
Ma ora la Morte è venuta, e si siede
Nel campo. La Città forte è perita,
Queste sono ossa ch’io muovo col piede.
Sì dicendo sentia fuggir la vita
Fuor del petto e lo spirito tremare
Per lo sgomento della ria smarrita.
E sì come talor pel disviare
Di tutti i raggi del sol, nel deserto
Un inganno di amene isole appare.
Egli or così vedea nel lume incerto
Del suo pensiero un mondo non fallace
Apparire tra i ruderi scoverto.
.E sovra immacolate are la face
Splender del vero,^ e come fresca piova
Cader tra i solchi i fiori de la pace.
Onde la speme ed il rimorso a prova
Ardeangli il core ove nascea fra tanto
Timido, il sogno de la Vita Nuova.
E l’uom piegò i ginocchi, e per lo schianto
D’un insolito duol che lo feria
Disciolse la pentita anima in pianto.
11 CrístíanEsímo nel campo sociaie
« Conviene che io operi.....*
(Giov. IX 4.)
C’è della solennità tragica in queste parole di Cristo ; la solennità di chi sente la tragicità della vita.
Chi più vivamente e più intensamente di voi può
sentirla, o fratelli messinesi, di voi che nella fatale
mattina aveste un così tremendo richiamo che mai
vi si toglierà da dinanzi agli occhi?
Voi che Dio ha risparmiato, voi che come noi sentite però che la sera per quanto differita ha da venire, voi, fratelli di Messina, potete condividere fortemente quel forte e solenne sentimento di Cristo :
Conviene che io operi finche è giorno ».
Operar che cosa? — Le opere di Dio. E quali son
esse ?
« Avendo dette tali cose... • Gesù guarisce il cieco.
In altri momenti Gesù predicherà, proclamerà, farà
cose anche più grandiose ; nell’ occasione presente
Egli guarisce un cieco. Ecco l’opera di Dio che Dio
gli richiedeva in quel punto.
Guarisce il cieco. Ciò vuol dire tante cose; fra le
altre anche queste: lo mette in grado di guadagnarsi
la vita altrimenti che col mendicare, lo fa assurgere
alla sua dignità personale d’uomo.
Voi, fratelli di Messina, seguaci ed imitatori di
Cristo, avete una nobile e complessa missione. Ma
fra i vari elementi di essa, non dimenticate, oh non
dimenticate, nel momento benedetto e solenne in cui
vi ricostituite ufficialmente come società cristiana,
non dimenticate che tra le altre opere di Dio che
voi siete chiamati a compiere c’è anche questa: contribuire a rendere ai vostri concittadini, specialmente ai più miseri ed ai più bassi, la loro dignità
d’uomini, la loro personalità. E’ un’opera che non
deve, che non può andar disgiunta da quante altre
ne possa avere di elevatissime il Cristianesimo.
Permettetemi un ricordo personale. In una giornata piena di lotte, di emozioni e di esultanza del
1903, mi trovavo al fianco del valoroso, buono, indimenticabile deputato di Messina, il caro Giovanni
Noè, che, come il nostro sempre rimpianto Chauvie,
lasciò la vita sotto alle macerie. Il venerando Noè mi
diceva : « In diversi reggimenti, combattiamo però
insieme le grandi battaglie per la redenzione dell’umanità ».
Si, fratelli di Messina ; non è solo la vostra personale, egoistica redenzione che dovete cercare, che,,
dovete bandire.altamente.;-sa-siete OrÌBtiaui, dovete
cercare, volere, proclamare, propugnare la redenzióni
dell’umanità; sì, se siete, se volete essere, come non
ne dubito, i discepoli, i seguaci, i cooperatori di Colui che ci ha detto che tutta la Legge di Dio si compendia in queste parole : Ama il Signore Iddio tuo
con tutto il tuo cuore — e : Ama il tuo prossimo
come te stesso.
Ricordatemi con affetto, come io vi ricordo con
affettuosa emozione.
Corato.
Dott. Giuseppe Banchetti.
seconda patria, tutti i superstiti della Comunità Evangelica Tedesca seguono con vivissimo interesse e
grande piacere lo sviluppo della rinascente città ed
in particolar modo quello della Comunità Evangelica
Valdese, che per tanti di loro negli anni passati era
stata larga di ospitalità e di conforto; e quindi, di
tutto cuore, essi, in occasione della inaugurazione
I della nuova Cappella Valdese, mandano alla Comunità Valdese di Messina i loro più fervidi augurii per
una vita ricca di ogni benedizione.
Il Segretario della Comunità Evangelica Tedeeca
Dudey
/. f. Console di Germania per Messina.
La Colonia Evangelica òi lingua Inglese
La Chiesa Inglese è stata duramente provata dalla
catastrofe colla perdita del venerando Pastore Jewlett
e di tanti fra i più fedeli della sua greggia. Lo spirito di fratellanza che ha mosso il signor V. Console Hayness a concedervi l’uso della Cappella Britannica per il vostro culto di Comunione di Pasqua,
e la presenza di alcuni rappresentanti delle Chiese Anglicana e Presbiteriana al culto predetto sono prove di
affetto per la Chiesa Valdese che non saranno —non
è vero ? — così presto dimenticate. Dopo la tremenda
rovina della città ci sentiamo vie più fortemente : « una
sola greggia con un solo pastore. » (Giov. 10,16).
G. C.
Anziano superstite della Chiese Inglese.
Dicea il Signore Iddio: Ora venite
Il pentimento è acqua di fontana
Che lava il sangue sopra le ferite.
0
qu
co
a
chi
peh
genti schiave del vostro peccato
Crucciosi eredi del dolor di Adamo
Un, che ha il segreto della gioia, è nato.
pra venite, o popoli. Adoriamo 1
Corredo Corrodimi.
l’autore ci ha gentilmente permesso di riprodurre
rosto stupendo e appropriato squarcio del suo Poema
le seguenti parole :
Felice di poter contribuire, sia pure modestamente,
tin’opera buona, accordo la autorizzazione che mi si
ede, e anzi ringrazio di cuore chi ebbe il gentile
isiero.
!oi più fervidi auguri, e coi migliori ossequi,
Torino.
Devotissimo C. C. ».
L’Adesione della Colonia Evanjielica Svizzera-Tedesca
Verso la metà del secolo scorso, quando cioè la
Colonia Tedesca e Svizzera ebbe raggiunto il suo massimo sviluppo, esisteva a Messina una comunità evangelica tedesca, che celebro i suoi servizi religiosi
dapprima in una cappella propria, e dopo un... interregno di parecchi anni, nella cappella della chiesa inglese.
Durante il suddetto interregno, cioè durante il periodo, nel quale la colonia tedesca e svizzera non
potè per varie ragioni provvedere ad un proprio pastore, i suoi membri approfittarono dell’ospitalità
della Chiesa Evangelica Valdese, colla quale erano
sempre esistiti ottimi rapporti e che allora non volle
negare il suo sostegno e il suo conforto ai confratelli
evangelici tedeschi, privati della loro propria chiesa.
Così avvenne, che molti della colonia tedesca e svizzera fecero la loro prima comunione nella Chiesa
Valdese dopo averne ricevuto l’insegnamento religioso. Passati alcuni anni, una nuova organizzazione
permise alla Colonia Tedesca-Svizzera di provvedere
nuovamente al culto nella propria lingua come nella
lontana patria, e di mantenere una scuola in tedesco
affiliata alla loro Comunità Evangelica.
Decrescendo però sempre più il numero dei formanti la colonia, anche la comunità dovette soffrirne
le conseguenze, ed all’epoca del terremoto essa non
contava che soli 23 membri oltre alle signore e ai fanciulli.
Il disastro che distrusse la Città, distrusse anche
la comunità tedesca.
Quasi la metà dei suoi componenti è perita, l’altra
metà è ora dispersa, in parte domiciliata in altro
città dell’Isola ed in parte ritornata in patria.
Ma anche lontani da Messina, che fu per loro una
Fratelli, coraggio!
(Auprio d’un Paslore della Gbiesa Nazionale di Ginevra)
Peu après avoir quitté Genève où il venait de passer quelques mois comme complément de ses études théologiques, Adolfo Chauvie écrivait à l’un de
ses amis dans cette ville : « Le travail qu’ il nous
faut faire en feicile a un double but : l’évangélisation
et l’édification, et comme nous sommes en pays catholique, l’évangélisation doit avoir la première
place ; il faut pour cela des conférences dont le
sujet sans être précisément religieux permette de
faire entrer de quelque manière la question religieuse ; c’est très difficile et délicat. Les résultats ne
sont pas toujours ce qu’ ils devraient être, vu que
nous sommes en présence d’un peuple fanatique et
que les quelques personnes qui secouent le joug de
Rome font souvent ouvertement profession d’incrédulité.
t Si nous pouvions seulement faire comprendre à
I nos auditeurs qu’il ne faut pas confondre christia_ nisme et catholicisme ce serait déjà quelque chose,
' car c’est à cause des erreurs du catholicisme dans
notre patrie que le nom de Dieu y est blasphémé —
N’oubliez pas ceux qui luttent avec l’Antéchrist dans
cette Italie que le ciel à douée des beautés merveilleuses de la nature, mais à laquelle il a donné la
terrible écharde du papisme, plus funeste encore que
celle de l’incrédulité! »
Non, nous ne vous oublions pas, frères protestants
d’Italie et de Sicile, et c’est un message de sympathie chrétienne et de fraternelle affection que nous
vous envoyons aujourd’ hui de Genève. — Vous voulez reconstituer la glorieuse église vaudoise de Mes7
sine, vous êtes à l’avant - garde, vous occupez un
poste d’honneur, souvenez vous de ces paroles de
l’Ecriture : « Si l’Eternel ne bâtit la maison, ceux
qui la bâtissent, travaillent en vain ». Comme des
pierres vivantes édifiez vous pour former une maison
spirituelle afin d’offrir des victimes spirituelles agréables à Dieu par Jésus Christ car vous êtes un peuple que Dieu s’est acquis pour que vous annonciez
les vertus de Celui qui vous a appelés des ténèbres
à sa merveilleuse lumière ».
C. C.
ñlla giouentù stuòiosa
l^imcmbranzc
Ci sono de’ momenti nella vita, ne’ quali, per un
cumulo di circostanze, lo scoramento vi prende. In
que’ momenti angosciosi non è tanto il dubbio relativamente agli altri che v’assale, quanto è il dubbio
relativamente a voi stessi. E una voce misteriosa,,
tormentosa, vi va susurrando ne’ più intimi penetrali un mondo di cose, intesa a persuadervi che
vano è Io scopo a cui fu vólto il vostro tanto affaticarvi; quasi che l’avvenire non fosse de’sognatori
come voi, ma di chi ad occhi aperti sa vivere soltanto
al vivo ed egoistico presente.
In uno di codesti momenti, io giungevo a Villa
San Giovanni ; e per la prima volta in vita mia,
m’avviavo verso Messina.
Eravamo alla fine d’Aprile. Il cielo sorridea còme
sa in primavera sorridere in codesto < lembo di ciel
caduto in terra ». Scilla e Cariddi mi richiamavano
alla mente una quantità dì care ricordanze di scuola
7
LA LUCE
il profilo della montagae dell’isola spiccava loatan
lontano nitidamente sul purissimo sfondo d’un azzurro divino, e la « Palazzata » s’imponea grandiosa
all’attonito mio sguardo.
Tre giorni passai a Messina ; e furon giorni di
risurrezione e di vita. Li vissi fra la gioventù studiosa. Il nostro ritrovo « ufficiale », diciam così, era
al Teatro Pietro Coesa, dove era inteso che avrei
dette le mie Conferenze; ma in casa, in trattoria, al
Caffè, per le strade, alla marina, noi eravamo sempre assieme, e vivevamo di una vita ch’era una continua ed ineffabil comunione di spirito, di pensiero,
d’ideali. Il Professore Spanò, che con parole calde e
vibrate mi avea presentato al pubblico messinese, mi
accompagnava da per tutto; il caro, angelico Scuderi, modesto d’una modestia non superata che dalla
sua immensa bontà d'animo, avea, col nostro caro
Avvocato Mastrogiovanni, tutto preparato a che la
nostra visita avesse in città un successo trionfale.
E a vedere le centinaia e centinaia di studenti universitari, di tutte le Facoltà, interessarsi così vivamente alla grande questione religiosa, il trovarli
così ansiosi di conciliare le moderne conquiste della
scienza coi postulati eterni della coscienza, Tudirll
chiederci così affannosamente qual fosse la ♦ formula » che avea noi fatti giungere a codesta conciliazione, io ricominciavo a sperare; mi sentivo ringiovanire ; sentivo l’antico fuoco ravvivarmisi nel
cuore ; ringraziavo Iddio d’avermi condotto a Messina, e mi vergognavo d’aver dubitato.
O giovani che leggete queste mie parole, in alto i
cuori 1 Se il dogmatismo della Chiesa vi allontanò
dalla Religione, non si dica mai che il dogmatismb
scientifico vi danni a un ateismo irragionevole o ad
un materialismo infecondo !
Nell’ àmbito delle conoscenze umane, guardatevi
ùall’assoluto ! La formula scientifica e la formula religiosa non sono nè possono essere che relative. Come
la formula scientifica è l’imperfetto e quindi sempre
perfettibil tentativo di spiegare il fatto fisico, così
la formula religiosa è l’imperfetto e quindi sempre
perfettibil tentativo di spiegare il fatto pneumatico.
E voi, non vi preoccupate delle formule! La preoccupazione delle formule lasciatela al Papa, che s’illude d’averle già tutte trovate, e lasciatela a quelli
che si scervellano, senza poterle trovare ; voi, preoccupatevi de’ fatti', del fatto dell’anima, che non può
viver senza credere ; del fatto del cuore, che non può
star senz’amare ; del fatto della coscienza, che v'impone di rinunziare al male e di consacrarvi al bene
del fatto di Cristo, che vi riconcilia con Dio, con voi
stessi, e vi dà la soluzione pratica del grande énigmaf
della vita.
Prof. Doti. Griovanni Lazzi.
POST FñTA nESUnSAW
L’Associazione Messinese degli Studenti sorse, come
ogni nobile iniziativa in terra meridionale, con tumulto di entusiasmi e di fervori, con fermi e fieri
propositi di lavoro e di lotta, con balda sicurezza di
vittoria. Diverso però dai « fuochi fatui », purtroppo
assai frequenti laggiù, fra i nostri conterranei, quell’entusiasmo giovanile persistette immutato e profondo, finché non venne brutalmente spezzato e schiantato, con tutto ciò che nell’animo messinese era buono
e gentile, da un disastro di cui gli Italiani, così giocondamente obliosi d’ogni loro male, non hanno capito, e forse non capiranno mai, la tragica immensità,
il danno assolutamente irrimediabile.
Bontà e gentilezza erano (dobbiamo ormai dire) il
fondo del carattere messinese, per queste virtù appunto profondamente diverso dal temperamento rude
e un po’ altezzoso e prepotente degli aitri isolani. Una
gioventù buona e insieme intelligente, mite senz’essere fiacca, è un elemento di grandissimo pregio in
ogni paese : d’inestimabile valore in una nazione come
la nostra, dove son divenute note peculiari e distintive rinfrollimento d’ogni carattere individuale, la
vana dispersione delle migliori energie sociali in vane
logomachie piazzaiole, lo scadimento d’ogni grande
idealità civile. E forse perciò la natura cieca e sapiente volle colpirci nella parte nostra più sana e
vitale...
Quel gruppo di giovani rivive, nella tristezza dei
nostri ricordi, come una bella e vivace corona di fiori
in terreno sabbioso.
Si riunirono la prima volta ai primi di febbraio
del 1906 e in quello stesso mese, ricorrendo l’anniversario dei Martire di Nola, parteciparono audacemente
ad un solenne corteo popolare con un loro speciale
distintivo ; audacemente, perchè oltre vincere la
consueta diffidenza che il nostro buon popolo dimostra per chiunque si occupi seriamente dei grandi
problemi dello spirito, dovevano superare l’aperta
avversione di qualcuno che, logicamente, avrebbe dovuto aiutarli. Nel successivo aprile, il prof. G. Luzzi,
l’amico e il sostenitore giovenilmente entusiasta d’ogni
opera bella e buona, correva in Sicilia a rafforzare !
propositi di quel giovani e ad indirizzarne le attività
agli alti fini della cultura spirituale. Le accoglienze
entusiastiche ricevute dal nostro Presidente a Messina si sono ripetute poco tempo fa a Napoli ; ma
mentre qui, nella piu grande città d’Italia e nella
sede del massimo Ateneo, la cosa è facilmente spiegabile, a Messina il concorso di centinaia di studenti
a due conferenze di argomento religioso dice moltissimo, a parte il valore dell’oratore, del carattere di
quella gioventù oramai sparita.
Il primo nucleo dell’Associazione Studenti di Messina si formò nella casa ospitale e, in certo modo,
attorno a quellanima angelica che fu Daniele Scuderi : in seguito, quando il compianto Adolfo Chauvie
venne a Messina, l’Associazione svolse regolarmente
1 suoi lavori nella sede dell’Istituto Valdese; insieme
con questi due indimenticabili pastori, ricordiamo il
prof. Lo Schiavo, e Antonio Cutrupi, e G. Bottari (fortunatemente salvo), il prof. Spanò che nel giorno fatale si trovava (e si trova tuttora) lontano dalla sua
città, e Stefanizzi e Cimino e Brescl e tanti altri dei
quali ci sono ancora presenti le simpatiche figure.
Ho detto in principio che l’immane disastro che ci
tolse Messina ha colpito la Patria nella sua parte migliore. Qualche dotto bottegaio della terza Italia sorfiderà di compatimento, e nel suo grosso e grasso
cervello vedrà riprodursi le grasse e grosse borgate
di Biella, di Como, di Varese, di Gallarate... Già, ma
IO, che sono codino, continuerò a peniiare che se il
ventre è salvo e se gli uomini macchina, produttori
di ricchezze, sono illesi, la fine delle belle intelligenze
e dei cuori squisiti che vivevano e vibravano in Messina gentile e che avrebbero contribuito allo sviluppo
morale della nostra Patria, importa un danno che le
future Lisse e Custoze e Adue non potranno arrecarci.
Mi .dicono che appuntò, nell’immane disastro, sono
periti i migliori e che i pochi rimasti non son degni
di Messina: non voglio crederlo. In ogni modo pochissimi buoni possono produrre inesauribili tesori
di bene per laSiciiia, prima, poi anche p er l’Italia ; ed
io ho fede che quei pochissimi rinverdiranno la bella
fama dei fratelli perduti e ne perpetueranno con le
proprie opere la memoria vivente.
Non vorranno ora i giovani superstiti cooperare,
sotto gli auspici della Federazione Stud enti, a questa
bella e santa opera di rivendicazione e di resurrezione
civile?
Avv. Salv. Masti ogiovanni
Segretario della Federazione llaliana degli Studenti
per la Cultura neligioea.
Lavoro sociale fenuminile
api
In questa occasione, nella quale la vita
gelica di nuovo appare sì chiaramente, i
turata città di Messina, sotto le maceri
furono sepolte non solo delle vite umti
delle Società attive, noi rivediamo coll’a
moria un gruppetto di donne unite
mento di uno Stesso fine, dall’amore
da un vivo interesse verso la sorella min
e spesso priva di appòggi, noi ricordia
gruppo, ora disperso dalla terribile catas
ne lasciò neppure la traccia. Quale ora
sere più propizia per ricordarlo di quest;
i cuori risorgono nella nuova speranza
ritorno ciò ohe fu spazzato via vivo e
che fu sepolto? Noi vogliamo appunto
questo gruppo di » Amiche della gi'
quelle « Amiche » presenti dovunque l,
cz^tiana evangelica. Quando la catasti';
erano più di trenta, fra le quali dive^
riunitesi per simpatia sotto questa ban
lica e profondamente convinte che 1
nostre azioni non dipende da formalità
che dividono invece di unire, ma solo
che le alimenta.
Modesto era il lavoro di queste «
glianti sulle giovinette straniere che veni
gnare il loro pane quotidiano in questa
di Sicilia; ma quante giovani tedesche
sperse per tutto il mondo, ricordano
l’accoglienza materna di queste benevola
nedicono l’aiuto e la protezione trovati
E se era necessario, il che pur troppo
accadeva, l’energia e l’equità delle « A
vano l’aiuto delle autorità. Presidente del
di Messina fu per lunghi anni Maddale:
zenbach, il cui nome è oggi noto anche
cilia e d’Italia. Trent’anni fa ella era c A
ma seppe riunire intorno a sè a poco a
cristiana evanquesta sven3 della quale
ne, ma anche
ddolorata me:ael conseguidel prossimo,
ore, inesperta
mo unito quel
trofe, che non
potrebbe esa, nella quale
di vedere di
fiorente, ciò
ricordare di
Òvinetta ■ di
. paia la vita
■ole aVveune,
se cattoliche,
iiera evangeefficacia delle
confessionali,
dalla sorgente
<li
la
fondatrice di una scuola femminile, e
che ella ispirava, unita all’abilità colla
trovare le sue compagne — un gruppo
onorava il Ramo Italiano della grande
nazionale delle A. D. G. Ella sapeva int^:
socia, secondo il suo carattere sapeva m
rata e fiorente la nostra Unione. E noi
più a lungo di quel che la sua modestia
messo perchè, oggi specialmente, noi sen t:
debba la nostra Unione a Lei, che chiarp
e raccolse a sè le compagne, senza per
pere l’immenso lavoro personale per l'U
stro Padre clemente e buono le risparm
di veder distrutta la sua adorata Messip
aveva accolto alcuni anni prima il suo
dormiva in pace dopo aver trasmessa
alla nipote signorina Anna Tobler.
Ora le mie care « Amiche » sono dis^x
esse sono sepolte sotto le macerie, ma
sorge, ma una nuova vita cristiana ev
mincia ad apparire, ma tutto rivive e si
e noi non dubitiamo ohe quando la nuo
ripresa una vita sana e regolare, quando
glie torneranno a stabilirvisi, quando dell i
forestiere si sentiranno di nuovo splntq
mirata e lungamente sognata Sicilia, e vi
per guadagnarvi il pane, allora anche 1
saranno di nuovo al loro posto, chiamati
coscienza di donne, dal loro amore di m
rei lo, dalla voce del nostro Signore. Ved.
le traccie del tremendo cataclisma, la lò
susurrerà loro: « Cos’è mai questa dis^
teriale in confronto della distruzione mo
da una catastrofe nella vita di una gic
aperta e priva di protezione ? ». Ed of;
onorerà nel suo cuore di madre di chiaip
della Giovinetta », cioè amica della ma
che ha dovuto lascipr partire per l’ester
letta, amica dei precetti del nostro
Sigli
iimiche •, vevano a guadaardente terra
o svizzere diriconoscenti
signore e bepresso'di loro.
non di rado
ihiche > cercale < Amiche »
na von Gonfuori di Sinica isolata »,
poco — come
er la fiducia
quale seppe
' amiche che
tJnione Interressare ogni
àntenere onone parliamo
avrebbe periamo quanto
ò al lavoro
ciò interromnlone. Il noiò il dolore
la terra
corpo ed olla
presidenza
erse, due di
Messina riangelica cori nvigorisce
va città avrà
delle famie giovanotte
verso l’amscenderanno
Amiche •
vi dalla loro
adri e di spendo sempre
ro coscienza
razione magale prodotta
vinetta ineni donna si
arsi « Amica
ire lontana,
la figlia diore e Mae
stro che ci dice ; « Tutto ciò che fate al più umile
d’infra voi, lo fate a me ».
Roma, 1910.
Berta Turin
Pretidmtesu dii Rimo Itiliano deU’llnioae Intirnazionalt
della Amiche della SiovÌDetta.
jVo/ andremo a loro...
Messina risorge... Non più la rude baracca che lascia passare il vento e la luce, che traballa a la più
piccola oscillazione, ohe ti parla d’indigenza e di miseria : ma la linda casetta, tutta bianca e festosa ne
la verandina ricca di piante e di fiori.
Non più l’umile botteguccia dai.mille oggetti confusi e disparati ; ma ricchi e superbi magazzini, che
ti offrono tutto quanto la città grande può dare.
Pajazzine eleganti, uffici, scuole, istituti, ospedali,
teatri... Messina risorge...
E bello è anche il nostro nuovo tempio! Lo abbiamo visto^ sorgere con compiacenza infinita, ne abbiamo seguito il lavoro con sospiri di sollievo, con
dolce letizia ne l’anima. Avremmo voluto vederlo presto finito... ancor più presto...
Vivo è il bisogno di aprire quella porta: noi non
possiamo più frenare i palpiti del nostro cuore, l’ansia de l’anima nostra. Aprite... aprite...
_E la porta si è aperta : un’armonia cara e conosciuta ci chiama, ci chiama...
Col passo celere, con l’occhio febbrile, con la speranza più viva, entriamo... cerchiamo attorno...
E i nostri? Dove sono? Perchè non sono qui con
noi ?
Non è questa l’ora m cui essi venivano? Non sono
questo le note dolcissime che li richiamavano al raccoglimento, a la preghiera ?
Non verranno !
Essi non verranno a noi 1
Cari sembianti, in cui tutta era trasfusa la bontà
del cuore : ocehi_ gai e sorridenti pieni di fede e di
speranze ; sorrisi di giovinezza e di amore) fiori casti dal profumo gentile... voi non verrete, non verrete più a noi!
Siamo pochi i fratelli rimasti, dolorosamente pochi !
_ Oh noi non abbiamo la vostra giovinezza : noi
siamo affranti !
Ma qui, raccolti, con la dolce visione di voi, forti
nella fede che ci univa e ci unisce, in questo nuovo
tempio, in questa amata città che sorge, sempre uniti, noi seguiteremo l’opera vostra di carità e di
amore.
Oh sorrisi di animi gentili e buoni, voci amate ed
armoniose, parlateci de la pace divina che adesso godete : parlateci de le gioie de la vita di lassù... parlateci... parlateci... finché... noi verremo a voi !
Santina Passalacqna.
ADESIONI
Hanno aderito al presente numero speciale, pur professandosi dispiacenti di trovarsi lì per lì ìmpossibilitati ad inviai^ un loro scritto l’On. S. Cutrufelli
Deputato di Messina, la Sig.ra Dora Melegari, il Prof.
Giorgio Bartoli, l’Avv. Alessandro Mantica, il CapoDistretto per la Sicilia Luigi Rostagno, il Pastore E.
Giampiccoli di Torino, il collega G. Fasulo di Catania, ecc.
A loro ed agli amici e confratelli d’Italia, Francia,
Gran Brettagna, Svizzera, Germania, Scandinavia, Ungheria e Stati Uniti di America, che hanno dato ai
fratelli superstiti di Messina così generosa prova
della evidente unità di fede e di azione di tutti i diversi corpi del grande esercito evangelico, forte propugnacolo di spiritualità e di moralità nel mondo,
vada l’espressione più sincera della nostra imperitura riconoscenza.
Copuado dalla
Pastore Valdese a Messina.
INVITO PUBBLICO
I/inauffurazione della Chiesa Valdese di Messina CVia Maddalena)
avrà luogo, piacendo a Dio, domenica prossima 4 dicembre alle
ore 10,30.
Dlngresso e libero ai fratelli, agli aderenti ed agli amici. L’orario dei culti sarà fatto conoscere agli intervenuti.
Il Pastore.
UN GRAFIE DAL CUORE
A tutte le buone e brave persone
— evangeliche e non evangeliche —
che sono state sì gentili, da collaborare a questo numero dedicato a
Messina ; al signor Corrado Jalla,
pastore evangelico di Messina, ohe
ci ha procurati e ordinati tutti
questi articoli, la Direzione della
LUCE dice un grazie proprio dal
cuore.
Domenico Giocoli, gerente*responsabile
Tipografia dell’latituto Gonld, Via Margfaèra 2, Roma.
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