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Anso VII — N. 16. II SERIE 31 Anosro 1858.
LA BUONA NOVELLA
GIORNALE DELLA EVANGELIZZAZIONE ITALIANA
• Seguendo la veritii nella carità. — Efes. VI. 15.
PREZZO DI ASSOCTAZTONK i LE ASSOCIAZTONt SI RICEVONO
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'A
SOMMARIO
L’apostata II. — Gl’Indecisi in materia di Religione — Corrispondenza della B. iS'oiWte —
Cronaca della quindicina.
L’APOSTASIA
(Contin. V. N. 15)
»
§ 4.
Come il divino Mae.stro, così i discepoli predicano la grande apostasia, die nella chiesa deve precedere il ritorno di Cristo. Agli anziani di Efeso, Paolo predice: “ Io so questo, che dopo la mia partita
entreranno fra voi dei lupi rapaci, 1 quali non risparmieranno la
greggia, e che, d’infra voi, sorgeranno uomini che proporranno cose
perverse, per trarsi dietro i discepoli (Atti xx, 29, 30). “ Niuno
v'inganni, scrive egli ai Tessalonicesi, per alcuna maniera, perciocché
quel gioruo (dell’avvenimento del Signore) non verrà, che prima
non sia venata l’apostasia, e non sia manifestato l’uomo del peccato,
il figliuolo della perdizione... Del qual empio, l’avvenimento sarà secondo l’operazione di Satana, con ogni jwtenza, prodigj e miracoli
di menzogna, e con ogni inganno d’iniquità in coloro che periscono,
perciocché non hanno dato luogo all’amor della verità per esser salvati, epperò. Iddio manderà loro efficacia d’errore, affinchè credano
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»Ila menzogna (2 Teas. ii, 3-11). A Timoteo, rivela la stessa prevaricazione scrivendo: “ Or lo Spiiito dice espressamente che negli
ultimi tempi alcuni apostateranno dalla fede, attendendo a spiriti seduttori ed a dottrine diaboliche, d’uomini che proporranno cose false
per ipocrisia, cauterizzati nella propria coscienza (1 Tim. iv, 1-3).
E nella seconda epistola, questo apostolo soggiunge al suo discepolo:
“ Or sappi, che, negli ultimi giorni, sopraggiungeranno tempi difficili ; perciocché gli uomini saranno amatori di sè stessi, avari, vanagloriosi, superbi ecc. avendo apparenze di pietà, ma avendo rinnegata
la forza di essa; anche tali schifa ". (2 Tim. iii, 1-5).
A Paolo, s’aggiunge l’apostolo Pietro, il quale dopo la sua morte, a
vece di i>revedere il progresso della verità, prevede il progi-esso dell’apostasia. “ Vi saranno fra voi, scrive alle chiese, dei falsi dottori,
i quali sott’ introdurranno eresie di perdizione, e rinnegheranno il
Signore, il quale li ha comprati, traendosi addosso subita perdizione ”.
Quest’apostasia non deve essere ristretta a quei dottori che, sebbene
comprati dal Signore, avrebbero insegnato l’eresia, perciocché “ molti
soggiunge, molti seguiranno le loro lascivie, per le quali la via della
verità sarà bestemmiata; e, per avarizia, faranno mercatanzia di voi
con parole finte” (2 Pietro n, 1-7). E come il divin Maestro, ricorda
i giorni di Noè, di Sodoma e di Lot, giorni di rmiversale corruzione
ed apostasia.
L’Apocalisse di S. Giovanni, che contiene le cose avvenire, le quali,
presente Cristo nella carne mortale, gli apostoli non potevano ancora
portare, comprende profeticamente la storia del Cristianesimo. Questo sacro libro, dopo averci parlato delle j>ersecuzioni fatte alla chiesa
dal Dragon rosso, (Apoc. xii) in cui, secondo le note di mons. Martini, sarebbe simboleggiato l’impero romano, nel capitolo seguente
(Apoc. XIII, 1-18), ci descrive mia bestia alla quale il dragone diede
la sua potenza, il suo trono e potestà grande. Questa bestia, ossia potenza, è una potenza che tratta cose religiose, poiché come sta scritto
“ le fu data bocca parlante cose grandi e bestemmie ”, che stermina
la chiesa dei veri credenti, poiché “ le fu dato di far la guerra ai
santi e di vincerli ”, che finalmente deve dilatare le sue bestemmie
e dominare il mondo, “ perciocché le fu data potestà sopra ogni tribù,
lingua e nazione ”. Essa ha saputo colla sua potenza rice-vuta dal
mondo, e colle guerre e vittorie riportate sopra degli umili discepoli
del Naazareno, sedurre gli uomini, per modo che “ tutti gli abitanti
della terra l’adorarono ”. In ajuto e difesa di questa prima, un’altra
bestia a due corna colle sembianze di agnello, ma colla bocca del
dragone, vide sorgere il Veggente, “ la quale seduceva gli abitanti
della terra per li segni, che le erano dati di fare al cospetto della
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bestia... e faceva “ che a tutti piccoli e grandi, ricchi e poveri, franchi e servi, fosse posto un carattere iu su la lor man destra, o in su
la fronte: e che niuno potesse comperare o vendere, se non chi avesse
il carattere o il nome della bestia, o il numero del suo nome. ”
f 5.
Dovendo l’apostasia, come c’insegna la Scrittura, per tal modo
estendersi da comprendere, meuo i pochi eletti, tutto il mondo sedicente cristiano, la cliiesa romana non ha da gloriarsi cattolica, come
quella che pretende di essere la chiesa più estesa e dominante, e s’inganna allorquando asserisce, che la moltitudine ed il gran numero
costituisce uno dei caratteri per conoscere la vera cldesa di Cristo.
La maggioranza non è segno di verità, e come ci assicurano la Bibbia
e l’esperienza, così la pensava Liberio, imperciocchè ci racconta Teodoreto, al lib. 2. dell’istoria, che questo vescovo di Roma risjwise a
Costanzo imperatore, che lo rimproverava di esser solo: “ Quantunque
io sia solo, la causa della fede non è meno ferma E Gregorio di
Nazianzo, nella sua orazione contro gli Ariani, “ Chi sono, egli esclama, coloro i quali ci rimproverano la nostra povertà? 1 quali definiscono la chiesa per la moUitudine, e dispreazano il piccolo gregge?
Come essi hanno il popolo, così noi abbiamo la fede ; essi hanno l’oro
e l’argento, noi abbiamo la fede e la dottrina Similmente Agostino
non ci chiama ad entrare nella chiesa della moltitudine come la vera,
ma bensì a seguire i pochi scrivendo: “ Neque hoc nos movere dehet
quia multi diahìdo consentiunt, et pauci Domimim sequuntur : quia
et frumentum in comparatione paleai'um valde paucoì'um hahet numerum Lib. de catechiz_ rudib. cap. 19.
Come la moltitudine, se non è argomento contrario, per lo meno, a
nulla giova per provare la vera chiesa di Cristo, così, a nulla anche
vale in prova asserire e dimostrare ch’essa esiste sino dai tempi degli
Apostoli. Percioc(;hè la chiesa apostata, che deve contenere la maggioranza del mondo cristiano, è quella pure che deve sino da quei
tempi esordire e manifestarsi.
Paolo, il quale ci avvisa, che il giorno del Signore non verrà, ohe
prima nou sia venuta l’apostasia, e che non siasi manifestato il tìgliuolo della perdizione, ci scrive che, fin dai suoi temjii, si operava
la prevaricazione, e che, per essere organizzata pubblicamente, non si
aspettava che la caduta dellimpero romano e la trascuranza delle
Sante Scritture, le quali sono spaventevole spada pel figliuolo del
peccato. “ Già fino ad ora, egli ci scrive, opera il mistero d’iniquità.
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aspettando solo che colui che lo rattiene al presente sia tolto di mezzo.
Allora sarà manifestato quell’empio (2 Tess. ii 7).
I falsi Olisti ed i falsi profeti, i quali sarebbero alla fine capitanati
dall’Anticristo, anche l’apostolo Giuda ci testimonia che vivessero fin
dai suoi tempi, propagando l’apostasia. “ Diletti, egli esordisce nella
sua epistola, mi è stato necessario di scrivervi per esortarvi di proseguire a combattere per la fede ch’è stata una volta insegnata ai santi;
perciocché sotio sottentrati certi uomini i quali innanzi, ab antico,
sono stati scritti a questa condannazione, empj i quali rivolgono la
grazia dell’iddio nostro a lascivia, e negano il solo Dio e padi-one il
Signor nostro Gesù Cristo ” (iii. 4).
S. Giovanni, che lisse sino al termine del primo secolo, e che perciò vide, più di tutti gli altri apostoli, lo sviluppo delle chiese cristiane, egli pure ci attesta la medesima dolorosa verità scrivendoci;
“ Fanciulli, egli è l’ultimo tempo, e come avete inteso che FAnticristo verrà, ad ora vi sono molti Anticristi, onde noi conosciamo che è l’ulthno tempo. Sono usciti d’infra noi, ma non erano dei
nostri, perciò se fossero stati dei nostri, sarebbero rimasti con noi.
Ma conveniva che fossero manifestati, non essendo tutti dei nostri
(1 ir, 18, 19). E sul principio del capo iv ci avvisa: “ Non crediate
ad ogni spirito, ma provate se gli spiriti son da Dio, conciossiachè
molti falsi ’profeti sieno tisciti fiori nel mondo
Per non trascrivervi tutte le testimonianze apostoliche a questo
riguardo, se veniamo per poco alla pratica, ben saremo costretti convenire che, fino dai loro primordj, si trovano nelle chiese cristiane
confusioni, disordini e totale defezione da quella verità, che ci é avvenuta per Gesù Cristo. “ Or io non vi laudo, scrive Paolo alla chiesa
di Corinto, non vi laudo in questo, che vi dichiaro, cioè che voi vi
ramiate non in meglio ma in peggio..., che vi sono fra voi delle divisioni, e ne credo qualche ]3arte, conciossiachè bisogni che vi sieno
eziandio delle eresie fra voi. ” Grave rimprovero, severo giudizio dell’Apostolo! e ne sapete il motivo? Perchè falsi fratelli e dottori, colla
loro umana sapienza ed eloquenza del mondo, cercavano di sovvertire
quella chiesa, ed erano già liusciti a far celebrar il sacramento dell’Eucaristia in modo diverso da quello che era stato instituito dal divino Maestro. Gli è perciò che soggiunge: “ Ciò che voi fate non é
mangiare la cena del Signore e, per richiamarla alla verità, le racconta come fu celebrata nella sua j^rima instituzione, dall’autor della
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Grazia, cunie egli l’avea ricevuta per insegnamento di Cristo, e come
sta scritta nel santo Vangelo (1 Cor. xi. 17-26).
Anche nelle chiese della Galazia, falsi apostoli e falsi fratelli, infamando il ministerio di Paolo, avevano potuto introdurre dottrine del
tutto contrarie ad alcuni principj evangelici. Sono dessi che proclamano esser l’uomo giustificato gi'atuitamente, per la grazia di Dio,
meritataci da Cristo col prezzo del suo sangue, appropriata mediante
la fede (Rom. iii. 24); essere noi salvati, non per le opere, acciocché
niuno si glorj, ma per la grazia, mediante la fede, che pur è dono di
Dio (Efesi II. 8, 9); essere noi eletti avanti la fondazione del mondo,
acciocché siamo santi ed irreprensibili al divino cospetto, e predestinati alla lode della gloria della sua grazia, non per i nostri meriti,
ma secondo il beneplacito della sua volontà (Efesi i. 4-G). A questa
dottrioa della gratuita giustificazione, santificazione e salvezza, si era,
nelle adunanze cristiane di quella vasta pro\incia, sostituito un’altro
Evangelio, insegnandosi, che Cristo in parte ci ha meritata la grazia
€ la vita eterna; che Egli incomincia l’opera della retlenzione nelle
anime nostre, ma che noi pure dobbiamo meritarci in jsirte l’una e
l’altra, mediante i nostri meriti, e che in seguito dobbiamo compiere
colle opere nostre k nostra salvezza. A questa introdotta apostasia,
non potea l’Apostolo aver pace. “ E mi maraviglio, esclama, che sì
tosto siate trasportati ad un’altro Evangelio”. (Gal. i. G). E sul principio del cap. Ili, “ 0 Galati, ripete con crescente risentimento, Galati insensati, chi vi ha ammaliati per non ubbidire alla verità, voi
ai quali Gesii Cristo é stato in prima ritratto davanti agli occhi crocifisso fra voi? Questo solo desidero sapere da voi; avete ricevuto lo
Spirito per le opere della legge o per la predicazione della fede?
Siete voi così insensati che avendo incominciato per lo Spirito, ora
siete perfezionati per la carne? ” Come il principio, così il compimento della nostra salvezza non é per la carne, cioè per le buone
opere dell’uomo, per i suoi meriti, ma tutto è opera dello Spirito di
Cristo, datoci gratuitamente. E dopo questo rimprovero, perché si
fossero lasciati sedurre, va jirovando partitamente che la giustizia, la
vita, la promessa dello Spirito e tutto abbiamo per la fede in Cristo
Gesii.
Colui ch’è l’Alfa e l’Omega, il primo e l’ultimo, il quale come capo
della Chiesa universale sta in mezzo ai candelieri d'oro, che sono le
chiese particolari, e che nella sua mano destra ha le stelle le quali,
come spiega il vivente nei secoli dei secoli, sono i ministri di esse per
Giovanni che scrive alle sette assemblee cristiane dell’Asia (Apoc. i.
20). Secondo la parola del sommo Pastore, che vive, e che ha le
chiavi della morte e deU'inferno, rileviamo, die in esse, più o meno.
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trovasi sviluppata l'apostasia. Imperciocchè Egli dichiara, nella lettera ad Efeso, che in quella chiesa vi erano apostoli che non erano
apostoli, ma uomini che si erano trovati mendaci; che vi erano le
opere dei Nicolaiti da lui odiate (Apoc. ii. 2, 6). Colui che è stato
morto ed è tornato in vita, scrivendo alFAngelo della chiesa di Smirne, ci fa conoscere che il principio giudaico faceva i suoi sforzi per
introdursi nel Cristianesimo, principio che chiama bestemmia di coloro che si dicono Giudei e noi sono, anzi sono una sinagoga di Satana; e l’esorta al coraggio ed alla perseveranza (Apoc. ii. 9, 10).
Alla chiesa di Pergamo scrive: come oltre quelli che tenevano le
dottrine dei Kicolaiti erano pm’e coloro i quali seguivano le dottrine
di Balaam, che insegnò a Balaac di porre intoppo davanti ai figliuoli
d’Israel, acciocché mangiassero delle cose sacrificate agl’idoli e fornicassero (ibid. 14, 15). A quella di Tiatiri, il Figliuol di Dio, che
ha gli occhi come fiamma di fuoco, rimprovera perchè in essa si fosse
introdotta, e fosse lasciata la donna Jesabele, la quale dicendosi profetessa, insegnasse e seducesse i di lui servitori per fornicare e mangiare dei sacrificj degli idoli (ibid. 20).
Parimente la chiesa di Sardi, nel suo angelo, viene da Gesù rimproverata di aver il nome di vivere, ma assicurandola che in realtà
era morta (Apoc. iii, 1). Quella di Filadelfia, parte, già debole nella
fede e nella carità, viene esortata a confortarsi ed a perseverare ; e
parte viene dichiarata giudaizzante e mentitrice (Apoc. iii. 8, 9).
Finalmente, nell’Angelo della chiesa di Laodicea, ci viene espressa la
totale estinzione della vita cristiana in coloro che già erano fervidi
seguaci del Nazareno. “ Io conosco le tue opere, scrive Gesù, che
tu non sei nè freddo nè caldo. Così perciocché sei tiepido, nè freddo
nè fervente, io ti vomiterò fuori della mia bocca... E non sai che tu
sei quel calamitoso, gli soggiunge, e miserabile, e povero, e cieco, e
nudo? (Apoc. Ili, 15-17).
Dopo le asserzioni degli Apostoli e questa pratica defezione delle
chiese della Parola di Dio, non possiamo punto dubitare che l’apostasia abbia pur essa i segni dell’antichità e la sua origine dai tempi
apostolici. ( Continua )
GL’INDECISI IN RELIGIONE
Voi vi ricordate, caro amico, quell ex-prete della chiesa papale che vi
scriveva non ha guari ; “ Io detesto Eoma a cagione dell’insulto cotidiano
ch'esea fa a Gesù Cristo nel sacrificio della Messa; io la detesto quale nc-
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mica accanita dell indipendenza della patria... e ciò uullameno, ad essa
faccio ritorno! Una lunga consuetudine della vita ecclesiastica mi rende
una tal vita necessaria. A scusarmi poi se non a giustificanni, non mancano
esempj celebri, quali sono quelli di Sadoleto, di Flaminio e di tanti altri ”.
E chi potrebbe il gran numero annoverare di questi figli illegittimi, che la
gran madi-e Chiesa asconde sotto al suo manto così largo, ma di purezza
così equivoca! La revoca dcU'cditto di Nantes cacciò nella chiesa di Roma
migUaja e migliaja di Ugonotti francesi, i quali, ad imitazione di Enrico il
Bearnese, s’indussero a credere che una pingue eredità si potea'bene acquistare con una messa! La rivoluzione del secolo scorso, a sufficienza ha
dimostrato quanto abbiano profittato al papismo cotali conquiste, poiché i
figli di questi indegni convertiti presto scambiarono il culto che a loro aveva
imposto la tema del martirio, coll'ateismo o radorazione della ragione. Nelle
cose di religione, non v'hanno che le forti convinzioni, che riescano contagiose ed efficaci, qaeUe che il sacrifizio non valgono ad inspirare, sono condannate alla sterilità ed alla morte.
Quando io mi fo a riflettere allo stato attuale delle nienti nel nostro Piemonte, mi pare che abbondino quegli uomini i (j^uali, mentre riconoscono gli
abusi del papato, ed internamente inveiscono contro la tirannia della romana
chiesa, ragionano tuttavia, più o meno, come questi imitatori di Enrico IV,
pensando che si possono ritenere opinioni liberali ed indipendenti senza
manifestarle al di fuori, e ciò col pretesto che essi non sono fatti per la lotta ;
•stimandosi persone veramente savie e prudenti, perchè sanno conciliare a
questo modo la loro coscienza coi loro interessi, e non accorgendosi che si
meritano all’incontro il nome di vigliacchi, poiché non basta loro l’animo
onde prendere partito per la loro coscienza contro agl’ interessi loro.
Fra questi caratteri timidi ed indecisi, ve n’hanno talvolta meritevoli
di tutta la nostra simpatia, e direi quasi del nostro affetto: certuni che
lottano contro situazioni che è facil cosa U giudicare da lontano, ma delle
quali noi stessi non saremmo in grado di trionfare ; altri che nutrono bisogni
religiosi sinceri e che vorrebbero soddisfatti, senza però esporsi allo strazio
d’una rottura religiosa. Se così gli uni che gU altri fossero in gi’ado di apprezzare tutto quello che pèrdono e compromettono con questa loro indecisione, e quanto sia d’inciampo al vero la loro colpevole complicità coll’errore, più d’uno si sentirebbe scosso dal timore di vedersi un giorno annoverato fra gl’infingardi, traditori di Gesù Cristo, e di scorgere accoppiati
i loro nomi con quelli d'un Ponzio Pilato e d'un Erode.
L'epoca della Riforma fu feconda in caratteri di questa fatta, i quali, mancando loro il coraggio della lotta, pretesero divenir in ajuto alla verità'colle
loro idee, coUe aspirazioni della loro mente, mentre nei loro discorsi e più
ancora nella loro condotta, la tradivano e la dissimulavano. E’ cosa che desta maraviglia il vedere in Francia i principj della riforma spuntarvi anche
prima ohe venissero dal monaco di Vittemberga formolati, e ciò non pertanto, questa grande rivoluzione raggiungervi il suo pieno sviluppo più tardi
assai che nelle vicine contrade della Germania e della Svizzera. Ma, la ra
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gione di questo fenomeno, noi l’abbiamo nella contraddizione, che è facil
cosa il costatare, tra i lumi religiosi dei primi rappresentanti della Riforma
in Francia, e la loro professione esterna; nella timidezza di parecchi fra i
capi, e nella totale apostasia di certi altri.
Francesco I, dopo essersi meritato, nei primi anni del suo regno, il soprannome di “ Padre delle lettere, ” ed aver manifestato tali sentimenti da
trovar posto nei “ ritratti ” che dei primi amici della Riforma e del rinascimento nella sua patria, delineava il Beze, tornato dalla cattività, diventò
l’accanito persecutore dei “ Luterani. ” Briponnet che pel primo avea predicato la Riforma, si aflrettò a cantare una vergognosa palinodia; Lefèvre
d'Etaples si rinchiuse nell’oscurità e nel silenzio a Nerac; Farei venne esiliato; Mazurier abjuro; Gerard Roussel rimase vescovo cattolico, ed il
primo nucleo dei cristiani evangelici trovossi annientato. I veri rappresentanti dell’Evangelò, coloro che, a quei tempi, non si vergognarono della
verità, si furono miiili operai, tessitori e cardatori. Ed a far risaltare il gran
divario che corre tra la pietà dotta, fiorita, rettorica, ma infingarda, e la
fede semplice ed inconcussa, nulla giova più dei due caratteri che, a quei
tempi, trovaronsi a fronte l’uno all’altro: il vescovo Briyonnet ed il cardatore di lana, per nome Giovanni Ledere. Guglielmo Briconnet, conte di
Montbrun, abate, in primo luogo, di S. Germain des Près, e poi vescovo di
Lodève e di Meaux, contava fra i più distinti signori della eorte di Francesco I. Mandato per due volte a Roma come ambasciatore, ei ne tornò
più che mai convinto dell’assoluta necessità di una riforma religiosa. Chiamò nella propria diocesi il dotto Lefèvre d’Etaples, che da più anni insegnava la pura dottrina intorno alla giustificazione, sebbene s'uniformasse
tutt’ora alle forme esterne del cattolicismo. Inoltre, pieno del santo sdegno che
destava in lui il traffico vergognoso che facevano delle cose sacre i monaci,
come pure deH’ignoranza ed immoralità del basso clero, che disertava le proprie parrocchie, per mangiarsi le rendite a Parigi, Brifonnet si pose in dovere d’intraprendere una seria riforma. A tal fine, adunò un Sinodo, e su
127 vicarj che si presentarono, ne approvò soli 14; tolse la facoltà di predicare ai cappuccini, e nel suo mandamento del 27 ottobre 1520, dichiarò
appositamente “ che i pastori i quali abbandonano le loro pecore, mostrano
con questo d amar più il velo che le pecore, e quindi sono traditori e fuggiaschi; ” e mentre in tal modo discacciava i mercenarj, il pio vescovo circondavasi di un nucleo d’uomini illuminati e devoti all’Evangelo, quali erano,
(oltre al Lefèvre che abbiamo già mentovato, e di cui la gran scienza comandava il rispetto) Michele d’Aranda, Marzial, Mazurier, Girardo Rufè,
Guglielmo Farei, Giovanni Lecomte, tutti uomini operosi in vista del medesimo fine, predicando, scrivendo, esortando di parrocchia iu parrocchia,
e più specialiuente ancora nell’istessa città, ove, dal vescovo stesso, era stata
instituita, oltre le numerose sue predicazioni, una pubblica lettura deU'cpistola ai Romani in lingua francese. Per opera di costoro, la Parola di Dio
si diftbndeva viemaggiormente ; no ragionavano gli artisti negli opifizj, i
contadini noi campi, i costumi grado grado migliorvano. la carità cani-
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minava di pari paiso colla fede, e la superstizione andava dileguandosi
innanzi ai numerosi esemplari della Bibbia o di parti di essa, che per
cura del Bri^'onnet venivano diffusi, con grandi spese e fatiche. Margherita
di Valois, la pia e dotta sorella di Francesco I, col mezzo di un assiduo
carteggio col vescovo, era tenuta a giorno dei progressi che stava facendo
la comunità evangelica di !Meaux, mentre essa, alla sua volta, incoraggiava i
suoi fratelli colla sua simpatia, quanto dolce altrettanto vivace; una principessa di Savoja, Filiberta, cognata di Leone X, riceveva le sue confidenze,
ed assaporava, unitamente alla sua amica e nipote, le dolcezze del Vangelo :
“ Tengo tutti i trattati che m'avete mandati, scrivea Margherita al vescovo,
dei quali però mia zia Filiberta ha avuto la sua parto, e le manderò gli ultimi ancora, poiché trovasi in Savoja ondo assistere alle nozze di suo fratello. ” Ma già all'orizzonte addensavasi la tempesta, ed appressavasi il momento in cui la verità avrebbe richiesto dai suoi seguaci i massimi sfoi'zi ed
i masshni sacrifizj. Guai allora a (juelli che non supputarono con esattezza
le forze loro, o che s’avventarono nella mischia altrimenti che decisi a tutto
e perfino alla morte ! Brigonnet udì bensì da lontano il rimbombo del tuono ;
ma invece di fortificarsi e prepararsi alla pugna, egli vieppiiì molteplicava
i suoi mistici godimenti, mollemente accarezzando le soavi imagini della
pietà, e — con una sincerità che sarebbe stato miglior disegno avesse rivolta
alla preghiera ed ai solitarj combattimenti della fede — premunendo contro di sè stesso il proprio popolo; Quand’anche, diceva loro, io vostro ve“ scovo venisse a cambiare i miei discorsi e la mia dottrina, voi guardatevi
“ dal cambiare al pari di me ”. Briyonnet si era lusingato colla dolce speranza di conquistare all'Evangelo lo stesso Francesco I e Luigia di Savoja,
a ciascun dei quali avea mandato una bellissima copia del Nuovo Testamento; ma la corrotta corte di Fr-incia vieppiù allontanavasi dalla verità, e
sovrastava il momento iu cui il partito di Briconnet non avrebbe più contato che quella “ vii plebe che non intende la legge ", come dicevano i Farisei. Jlazurier avvedendosi come volgesse il vento contrario alla Riforma,
abjurò pel primo, e divenne uno dei predicatori cattolici più furibondi di
Parigi ; poi, attaccandosi come serpente a Brigonnet, non si diede tregua
finché non ebbe, con quella del suo vescovo, giustificata la propria apostasia.
Brigonnet che era stato primo a promuovere la Riforma in Francia ; Briyonnet di cui asserisco il cronista che “ portava il più maraviglioso interesse
così a conoscere la verità che a diffonderla ”; l'amico di Lefèvre; il padre
spirituale di Jlargherita di Valois, ricadde per sempre nei lacci di Roma,
a tal seguo che pubblicamente mostrossi coi dottori della Sorbonne nelle
processioni, e morì dopo aver raccomandato l’anima alla SS. Vergine, alla
celeste Corto del Paradiso, e ¡supplicato che venissero recitate a sua intenzione mille e ilucento messe !
Brifonnet avrebbe potuto annoverarsi un combattente glorioso nell armata
di Cristo, mentre ora non ci appare più che come uu disertore ; e noi contemplandolo irsene tutto mosto come il giovane ricco deU'Evangelo, siamo
indotti a domandare a noi stessi quale sia stata la cagione della di lui ca-
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duta. Una fra le principali, ne addittò ultimamente il sig. Schmit, in un dotto
lavoro letto nella Società della Storia del protestantismo francese, ed essa fu
il misticismo di cui era tutta questa scuola di Meaux profondamente imbevuta. Uomini di transizione, ma non atti ad innovare, questi dotti e questi
prelati, agli angoli e dalle asperità le spesse volte dolorose della pratica, cercarono di sottrarsi, col rifuggiarsi nelle nuvole della contemplazione; ed in
un’epoca in cui il grido universale suonava “ pro o contro ”, essi credettero
di potersene star zitti nel campo nemico, senza nemmeno la spada sguainare.
Ma Dio vuole che la scelta si faccia, e, prima o poi, chi non vuole essere
per lui, è costretto a pugnare contro di lui. Oh ! piacesse a Dio, che quanti
ve n'hanno che sono impegnati nella lotta tra la verità e l'errore, e dei
quali lo spirito ed anche il cuore sono stati conquistati all’Evangelo, sentissero la risponsabilità che gli aggrava; “ martiri o traditori ”, questa è, le
spesse volte, l’unica alternativa che loro si aifacia; “ pro o contro ”, non
v’ha via di mezzo. La religiosità, la sensibilità, la commozione nou valgono;
il fuoco, i patimenti, la morte sono i mejzi pei quali l’opera di ciascuno vien
manifestata. Questo non intesero a sufficienza i mistici del tempo di Francesco I. “ L’idea di separarsi da Roma, d’infrangere l’unità della chiesa, di
“ veder quell'antico stabilimento, oggetto della venerazione dei secoli, sfa“ celiarsi e cader in rovina, parve loro un sacrilegio; li riempiè di timore la
previsione delle tempeste che stavano per scatenarsi, e col fine di non com“ promettere ciò che chiamavano la pace dell’anima, si rimasero nei vincoli
“ della loro comunione, come prima d’essi avean fatto Gerson e DaiUy
In tempi in cui il martello della Parola e la spada dello Spirito erano soli
di stagione, divertivasi il Briconnet ad ammucchiare imagini ed allegorie,
onde esprimere un’amore che più non sentiva. Egli avea un bel dettare
“ che l’anima anela dietro l’unità divina assoluta, che deve in quella vora“ gine abbissarsi, che deve annientare sè stessa e morire nel deserto del“ l’unità divina, senza nome senza confini ”, egli avea un bel ripetere a sa
stesso che, le cerimonie del culto non hanno veruna importanza; colui che,
giunta l'ora del combattimento e del pericolo, non grida all’armi, è un cane
muto, secondo l’energico detto di Isaia; e se, come Roussel e Briponnet, ei
rimane vescovo e prelato nella chiesa di cui apertamente od in secreto egli
condanna le dottrine, con tutta ragione gli griderà Calvino “ mano alla
“ tromba, o tu cui tocca di far la guardia! all'armi o pastore! che aspetti ?
“ a che badi tu? E' questo il tempo di dormire? ” Ma altri parleranno
con più forza ancora. Mentre è diventato infedele il pastore, la fede è rimasta intatta negli infimi fra le pecore ; mentre Brigonnet, onde non turbare
la propria pace, si rimetteva nell’obbedienza della Sorbonna, Ledere, semplice cardatore di lana, si accingeva ad insegnare agli evangelici di Meaux
la fedeltà nel martirio, ed a svergognare, colla sua fermezza, l’infingardaggine
del pastore. Ledere spinto da zelo sincero, ma anche imprudente, non pago
di recarsi dì casa in casa a fortificare i discepoli, fece affiggere alla porta
stessa della cattedrale un gran cartello, sul quale dichiarava essere il Papa
il vero Anticristo. Il pubblico maravigliossi per un tale ardire : chiedettoro
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furibondi i Francescaui che un tremendo esempio venisse fatto; Ledere fu
incarcerato, condannato ad essere sottoposto a battiture per tre giorni di seguito, quindi marchiato alla front« con ferro rovente. Mentre percorreva la
città, spietatamente lacerato dai manigoldi, accompagnavalo una donna, incoraggiandolo colla parola e col gesto: era sua madre! Al terzo dì, alloraquando
la meschina vide il manigoldo accostarsi col ferro rovente al suo tìglio, per
apporgli ii marchio dell’infamia, mandò un grido d’orrore: ma poi ricuperato
che ebbe l'eroismo della fede, esclamò ad alta voce: “ Viva G. Cristo e la sua
bandiera!! ” Un coraggio così sovrumano rese di stucco la mano dei nemici,
così che nissuno ebbe l’ardire di afferrarla. I patimenti indurati non valsero
che ad accrescere l’ardore di Ledere. Egli recossi a Jletz, passando per
Rozag, ed ecco come narra il martirologio la fine della sua carriera. Una
sera, essendo venuto a sua notizia, che l’indomani dovea farsi una solenne
processione ad una cappella situata fuori delle mura di Metz, compreso di
zelo ardente e fors’anche esagerato. Ledere esce dalla città, pa.ssa la notte
nel luogo indicato, ed ivi rompe tutte le imagini che doveano essere adorate
la mattina vegnente. — All’indomani, secondo era stato stabilito, portaronsi
alla volta ddla capella i canonici, i preti ed i frati, traendosi dietro gran
folla di gente. Ma quale non fu il loro stupore, la loro rabbia, quando rinvennero le imagini infrante o monche. Un tale dichiarò che la mattina, nello
spuntar del giorno, avea veduto Ledere far ritorno nella città: niun dubbio adunque ch'egli fosse l'autore di questo sacrilegio. Immantinente egli
viene come tale arrestato; il popolo furente chiede che gli venga inflitto l’estremo supplizio. Il processo fu breve. Ledere tradotto davanti ai giudici
vi fece buona e franca confessione di attaccamento alle dottrine evangeliche,
per cui, senza porre tempo in mezzo, venne condotto sul luogo deH'esecuzione. Ivi, gli fu fatto subire il supplizio più atroce che la mente umana
possa concepire: primieramente gli fu tagliato il pugno destro ; gli si strapparono quindi con tanaglie il naso, lo mammelle, e poi la carne ; finahnente
lo si gettò nelle fiamme.
In mezzo all’uuiversale trambu.sto, Ledere, il cuore pieno di pace, recitava
ad alta voce il Salmo cxv : “ Gl' idoli di quelli sono oro ed argento ; opera
“ di mani d'uomini; hanno bocca e nou parlano; hanno occhi e non veg“ gono; hanno orecchie e non odono;... hanno piedi e non camminano, e
“ non rendono alcun suono della loro gola. Simili ad essi sieno quelli che
“ li fanno: chiunque si confida in ossi. 0 Israele confidati nel Signore!!
“ egli è l’ajuto e lo scudo di quelli che si confidano in lui ”. — “ Chiunque
“ mi confesserà davanti agli uomini, io pure lo confesserò davanti al mio
“ Padre che è nei cieli; ma chiunque mi rinnegherà davanti agli uomini,
“ io pure lo rinnegherò davanti al mio Padre che è nei cieli ”. Guai agl’indecisi che credono di poter appartenere a Gesù Cristo, non rompendola col
mondo; verrà il giorno nel quale Colui che investigii i cuori, il Signore che
ha gli occhi fiammeggianti e la lingua tagliente come spada, darà loro la
parte degl'infedeli e dei timidi.
G. A.
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CORRISPONDENZA DELLA BUONA NOVELLA
Le Scuote della Domenica nelle Valli — Visita del sig. G. P. Cook — i'esta annuale sui monti Una Consecrazione al santo Ministero.
Valli Valdesi, 26 agosto 1858.
Caro signore e fratello,
I voti del vostro corrispondente di Nizza stanno per essere appagati : la
causa delle Scuole della Domenica ha riportato, nel decorso di questo mese,
in seno alle nostre chiese, un trionfo ch'io mi auguro sia decisivo, e ciò in
grazia, specialmente, della presenza fra di noi del Rev. G.. P. Cook, agente
della Società parigina per le scuole suddette. Questo zelante missionario, ben
conosciuto dai lettori della B. Novella (vedi B. N. anno vi, N. 10) essendosi,
mesi sono, incontrato a Londra col nostro sig. Moderatore, venne da quest’ultimo caldamente pregato a dedicare una delle sue visite alle nostre Chiese.
Una tal domanda, sottoposta dal sig. Cook al suo Comitato, essendo stata
favorevobnente accolta, il pio missionario rivolgea, fin dai primi del corrente mese, i suoi passi alla volta delle nostre Valli, dove essendo giunto,
egli, per lo spazio di ben quindici giorni, ad altro non attese che a visitare,
una dopo l’altra, le singole nostre parrocchie, adunando ovunque pii! che
potea genitori c bambini, allo scopo di convincere, sigli uni che gli altri, dei
grandi vantaggi spirituali inerenti all’instituzione delle Scuole della Domenica, in seno alle chiese ; inanimando pastori e laici, uomini e donne, a porre
mano senza indugio ad un’opera così importante, ed a tutti coloro che si
mostravano persuasi e bramosi di secondare le sue intenzioni, dando, con
pazienza ed amorevolezza senza pari, tutte quelle norme e quelle direzioni
di cui, a tal fine, abbisognavano. Dalle notizie che mi venne fatto di procacciarmi su questa visita, mi risulta che il sig. Cook sì ebbe dappertutto la
più aftettuosa accoglienza, sì dai pastori che dalle popolazioni, e ch’egli è
riuscito a far passare in quasi tutti coloro che ebbero il bene di sentirlo,
parte almeno dello zelo di cui si mostra animato per questa benefica instituzione. Faccia solo Iddio che questo interessamento sia duraturo, e che
non riesca quel deplorabile difetto di perseveranza, che come tarlo s’attacca alle opere migliori, le concepite speranze a rovinare.
II dì 16 di questo mese (invece del 15 che si trovò essere di domenica),
tene vasi sulle alture di S. (lermano, nel luogo detto il Campetto, la solita
festa annuale, che mentre 6 destinata a ricordare alla famiglia Valdese i patimenti soiferti per la fede dai loro antenati, e cosi a confermarla vieppiù
in quella fede per la quale i loro padri si sottoposero a così grandi sagrificj.
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ha altresì per iscopo d'iueutere vieppiù potentemente nella mente e nel
cuore di quanti ne fanno parte, il sentimento degli obblighi che queste gloriose rimembranze impongono loro come cristiani e come cittadini, nonché di esortarsi a vicenda ad affrontarli con sempre maggior prontezza
e decisione. Era (juesta convocazione la sesta dopo F instituzione di una tal
festa; l'attrattiva della novità era quindi scomparsa, e tuttavia la folta concorsa al luogo del convegno oltrepassava, a quanto mi fu assicurato, \e quattromila persone. Dopo la lettura della Parola di ])io, la preghiera, il racconto storico, in rapporto colla località, ed il canto dell’ Inno nazionale, il
sig. Moderatore che presiedeva, con brevi ma sentite parole, ricordò all'Assemblea il carattere eminentemente religioso della solennità che ci avea qui
raccolti, e la somma importanza che questo carattere le venisse gelosamente
conservato. Si fece quindi a premunire gli uditori contro i pericoli sempre
sovrastanti del formalismo, e concliiuse esortandoli a far più a.«sai che di
abbellire i sepolcri de’ loro antenati, ad imitarli cioè, in tutto quanto gli
fece grandi al cospetto di Dio e degli uomini, nella loro fede, nella loro
santità, nella loro devozione al dovere, ed in quella intiera consecrazione al
vero che gli rese capaci, per difenderlo, dei più inauditi sacrificj.
Secondo a parlare fu il rev. sig. Cook, il quale gentilmente volle ritardare di un giorno la sua partenza, onde patrocinare una volta ancora, davanti l'eletta della popolazione, la causa che gli sta più d'ogn'altra a cuore.
Ha visitato, egli dice, una dopo l'altra, le varie parrocchie della nostra
Chiesa, e non può che rallegrarsi pel progresso religioso che è stato nel
caso di constatarvi. Inoltre, egli ha trovato fra noi ottimi elementi per l'avviamento e la prosperità di numerose Scuole della Domenica. Due cose
tuttavia, ambedue importantissime, egli si sente in dovere di raccomandarci : primieramente, lo stabilimento d una o più di siffatte scuole, che possano servh’e di modello a quante saranno per stabilirsi in seguito; ed in
secondo luogo, la perseveranza, senza la quale le opere anche le più eccellenti non prosperano, anzi appassiscono e muojono. Come esempio di questa
virtù, il sig. Cook narra all’Assemblea ciò che avvenne alla Nuova-York, sei
o sett'anni or sono. Eravi in quella gran città, un quartiere così tristo, così
vizioso, così pieno di risse, che persino la polizia s era riconosciuta impotente a pacificarlo. Alcuni zelanti cristiani presero allora la determinazione
di stabilire in esso una Scuola della Domenica. Vi si recarono di pien giorno,
per tema di essere maltrattati, qualora vi fossero andati di notte tempo ;
presero in affitto un fienile, ed annunziarono alla popolazione che, il seguente
Sabbato, alle tre pom., avrebbero aperto in quel locale una Scuola della Domenica. Furono puntuali all'ora, ma non trovarono nella sala che una trentina di monelli facendo un tal chiasso che fu impossibile dar principio alla
scuola, llitiraronsi adunque, annunziando chc sarebbero tornati la seguente
Domenica. Ma in questa come ncU'antecedcnte, il chiasso fu tale che non
poterono nemmeno badare a cominciare. Le cose andarono di questo passo
durante sei settimane di seguito, finite le quali, si stancarono quei ragazzacci
di venire ogni Domenica a ripetere le stesse sconcie scene, al cospetto di quella
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buona gente che impassibile li guardava fare, ripetendo ogni volta nel dipartirsi da loro : torneremo domenica ventura
A quel punto, sopraggiunsero altri giovani piiì grandi dei primi, i quali,
anch’essi, si provarono a fare ogni sorta di tumulto; ma, afferrando gl'iatruttori un momento in cui gli schiamazzatori si erano fermati per la
spossatezza, presto intuonarono un inno che venne con qualche attenzione
ascoltato. Spiegarono quindi le parole che si erano cantate; e così facendo,
riuscirono, a forza di perseveranza, a stabilire, in termine a sei mesi, in questa località, una scuola frequentata dai trenta ai quaranta bambini. A questi,
si aggiunsero, fra non molto, alcuni genitori, e la scuola andò prosperando.
Oggi, gli abitanti di quel quartiere, il più misero della Nuova-York, hanno
una scuola, un tempio ed un pastore, che pagano co’ proprj quattrini, e così,
ottennero, le Scuole della Domenica, un risultato che la polizia si era stancata di procacciare.
Al sig. Cook, tenne dietro il sig. professore Geymonat, il quale diede alr Assemblea interessanti ragguagli sul grande risveglio religioso di cui furono
teatro, in questi ultimi tempi, gli Stati-Uniti d’America, e fa dei voti
perchè lo stesso Spirito di Dìo, autore di questa maraviglia, faccia altresì
sentire in seno alle nostre chiese i suoi benefici influssi.
Io non mi dilungherò a descrivervi il momento, pur sempre così pittoresco,
della rifezione, la quale interrompe, per un ora al più, la seduta. Neppure mi
proverò a darvi un sunto dei discorsi che vennero, nella seconda parte di
questa, pronunciati da varj oratori, pastori e laici; solo noterò di volo il
consiglio dato dal sig. professore Revel agli ordinatori della festa, di avvisare
acciocché, in avvenire, uno o due degli argomenti più importanti da trattarsi
vengano, qualche tempo prima, determinati e quindi afiSdati a singoli oratori,
i quali sieno specialmente incaricati di svolgerli, in quel modo migliore e più
completo che sarà possibile. Se questo consiglio verrà seguito; se inoltre
sarà cura dei suddetti benemeriti ordinatori che, così il cenno storico come
le poesie che gli stanno unite, ma queste sovrattutto, vengano sottratte a
quella veramente desolante mediocrità che più d’una volta di già si dovette,
nella maggior parte di esse, lamentare, ma non mai come in quest’anno, io
sono di parere che accresceranno di molto l’interesse e Futilità di già così
grandi di questa festa, per la quale la popolazione e la Chiesa valdese va
loro debitrice di una vera e profonda gratitudine.
Questa lettera è già lunga più del convenevole, tuttavia non posso chiuderla senza aggiungervi poche parole ancora, sopra un’altra solennità che, il
dì 25 del corrente, radunava nel tempio di S. Giovanni, un numero considerevole di fedeli. Tratta vasi della consecrazione al sacro ministerio di due
Rovani candidati, i signori Gonin G. P. e Cardon F. All'augusta funzione
presiedeva il sig. Morel, pastore a Rorà. Il tema che l’oratore avea impreso
a svolgere era quello à&W!importanza del ministero evangelico e delle condizioni che ai richieggono da chi si accinge ad esercitarlo. L'importanza del
ministero emerge a) daireocellenza dei titoli dalla parola di Dio conferti ai
ministri e specialmente di quello d’ amhasciadori per Cristo col quale ven-
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gono accennati da S. Paolo; b) dalla impareggiabile importanza del mandato
che vien loro affidato e che è, in compendio, di riconciliare gli uomini con
Dio; c) dall'eccellenza del guiderdone promesso a chiunque avrà quel mandato fedelmente disimpegnato. Le condizioni che aU’esercizio di quel ministerio si richieggono esenzialmente, sono a) la vocazione, non dagli uomini
soltanto, ma da Dio; c) una vita che vi sia conforme; d) l’intiera ed a.s,soluta
consecrazione di tutto sè stesso a quel ministero ed a chi ce l’ha affidato,
n linguaggio dell egregio oratore, nello svolgere questi varj pensieri, non
fu soltanto pregevole per chiarezza ed abbondanza d’idee, ma egli fu ancora
sommamente persuasivo e tutto penetrato di un sapore eminentemcnt« evangelico. Possa lo Spirito di Dio avergli aperto l’adito a molti cuori, e la
nostra Chie.sa aver acquistato in quel giorno due zelanti ambasciadori di
Cristo, che si facciano in mezzo di noi banditori delle sue misericordie e del
suo perdono ! Con questo voto, pongo fine al mio lungo cicaleccio, pregandovi ad avermi sempre per vostro devotissimo.
X.
CRONACA DELLA QUINDICINA
I giorn.-di d’Inohiltbura di quest’ultima quindicina rigurgitavano di
dettagli su quel grande avvenimento che chiamasi, con ragione, uno dei più
straordinarj portenti dell'età nostra, vogliamo dire il collocamento testé
operato del telegrafo sotto-marino, destinato a porre in comunicazione quasi
istantanea l'antico col nuovo mondo. Il primo dispaccio spedito dai direttori
della compagnia telegrafica inglese a quelli della compagnia americana, è un
programma d'una sublime grandezza, nello stesso tempo che è caratteristico
dell'indole delle due nazioni. Quel dispaccio era concepito ne’ seguenti termini ; “ L’Evropa e l’America sono unite dal telegrafo : Gloria a Dio onnipotente; pace nella terra; henevoglienza fra gli uomini. ”
— Ricavansi ¿agli stessi giornali che, essendosi, il dì 7 agosto, presentato a lord Stanley una deputazione, composta di rappresentanti di tutte le
principali società religiose del regno, allo scopo di chiedergli quale politica
il governo intendesse seguire, appetto agli sforzi che stanno per esser tentati,
più energici che mai, in vista di diffondere il cristianesimo nell’Indie, il nobile Lord avrebbe dichiarato, essere intenzione del governo di S. M., di serbarsi del tutto neutrale in sifi'atta materia, vale a dire che nissuna misura
sarebbe adottata per parte sua, la quale mirasse a dare, nè direttamente,
nè indirettamente, una preferenza, anche apparente, alle opinioni europee,
sulle opinioni esistenti nel paese.
Dall'Inghilterra venendo al£ei^io,c’imbattiamo nell’interessante scoperta,
fatta negli archivii di Ypres, di un documento storico della massima importanza, poiché, per mezzo di easo, vien posto fuori di qualunque dubbio, un
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fatto più volte dagli storici asserito, ma altrettante volte negato da coloro
che facea arrossire, cioè che il famigerato duca d’Albe, fra le altre atrocità,
torture cui sottoponeva gli Evangelici di quel paese, ordinò, in più casi, che
avessero forata la lingua con un ferro rovente, e ciò (così sta scritto nell’ordine firmato di propria mano del Duca, cd or ora ritrovato). “ Afiinchè
■sieno posti nell’impotenza di bestemmiare ”.
Riguardo allo stato delle cose religiose in Austria, è meritevole di una
seria attenzione una promemoria testé data alla luce dallo Zeit, la quale si
dice firmata da 507 preti cattolici, e diretta all’Arcivescovo di Vienna, ai
^'^escovi di Boemia, ed a diversi altri ordinarj. Questo scritto si estende
sulla immoralità e sullo sprezzo della religione che ogni giorno prendono sempre più piede, sulla misera condizione del basso clero, il cui salariò fisso, in
moltissimi casi, non raggiunge quello di un cocchiere (dai 20 ai 30 fiorini),
e che perciò è costretto a vivere dei proventi di stola, cui la classe povera della
popolazione contribuisce la maggior parte ; inoltre, si fanno lagnanze sui
dubbj cui soggiace la moralità dei preti, e si dice, che ciò durerà sino a
quando essi non saranno ridonati alla famiglia, e con ciò all’umanità, cui
al presente sono sempre affatto estranei. In seguito a questa promemoria,
aggiunge lo Zeit, si riuniranno nei singoli dominj li sinodi provinciali,
che dovranno proporre i mezzi per provvedere agl’ inconvenienti accennati.
Terminati li sinodi provinciali, si riunirà a Vienna un Sinodo generale per
le definitive determinazioni. La corrispondenza Havas dell’ll agosto, nel
riferire anch'essa la notizia di una prossima convocazione dei sinodi, nelle
varie delimitazioni arciepiscopali dell Austria, attribuisce a queste assemblee uno scopo diverso da quello indicato dallo Zeit, quello cioè di far ogni
sforzo presso al governo, onde opporsi ai tentativi dei sinodi evangelici, per
ottener il libero esercizio del culto e del pubblico insegnamento, in tutti
quei comuni ove esistono templi consecrati al culto evangelico. Quale sia
la vera di queste due versioni, lo sapremo fra poco, e forse che si troverà
esserlo ambedue.
Negli Stati Papali, stando al giornale dei Débats, sarebbero stati carcerati il conte Gaddi-Ercolani ed un certo abbate Masi, colpevoli ambedue
d’aver dato ad imprestito, ad alcuni loro conoscenti, copie della S. Scrittura, tradotta dal Diodati.
Per ciò che riguarda il Piejionte, ci riferiremo alla nostra corrispondenza
delle Valli Valdesi.
Domenico Grosso gerente.
AL DEPOSITO DI LIBRI RELIGIOSI
Via Piincipe Tommaso
LUCILLA^ OSSIA LA LETTURA DELLA Bibbia—2^”- Ediz. ital.
un voi. in-16" gr., di pag. 268 — prezzo un franco.
TOUTNO — Tipograila CLAUDIANA, diretla da U. Trfiniìx'tta.