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Anno 120 - n. 20
18 maggio 1984
L. 500
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delle valli valdesi
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGEUCHE VALDESI E METODISTE
VERCELLI; FESTA DI CANTO DELLE CORALI
Testimoniare col canto
Per noi il canto è preghiera, riconoscenza, espressione di allegrezza, è mezzo di comunione,
commento e annuncio della Parola di Dio - Per questo ha avuto e ha un posto rilevante nel culto
Quest’anno Tapipuntamento è per domenica 20 magitiu a Ven'idli, presso il Teatro Civico. La tradizionale « Festa di Canto » che
raggruppa le corali delle Valli Valdesi e di Torino inizierà alle 11,
con il culto cui, nel pomeriggio, alle 15.30, farà seguito la vasta rassegna di canti evangelici, opportunamente presentati. A Vercelli la
locale comunità metodista è incaricata delTaccoglienza di questa
simpatica invasione di óltre trecento persone. Ma qual è il significato reale di questo appuntamento? E sino a che punto il canto
esprime la nostra fede nella Parola di Dio?
Su questi e altri interrogativi presentiamo ima nostra intervista
a Marco Ayassot, pastore valdese a Pinerolo, che da anni segue e
partecipa attivamente allo sviluppo di questo importante aspetto
della nostra testimonianza oggi.
E’ uscita in questi giorni nelle
edicole di tutto il paese una nuova rivista — stupenda carta patinata, illustrazioni in quadricromia, inserti pubblicitari delle più prestigiose aziende — dal
titolo « Il Piacere » e dall’emblematico sottotitolo « come ottenere sempre il meglio della vita ». Il manifesto di lancio del
nuovo periodico presenta un
bellissimo volto femminile con
in primo piano una bocca semiaperta intenta ad assaporare due
ciliege. Rossa la bocca, rosse e
coperte da gocce di rugiada le
ciliege. L’immagine palesemente
vuol richiamare l’idea della consumazione del « frutto proibito »
e il lettore sprovveduto in cerca di una nuova pubblicazione
osée sarà sicuramente caduto
nella trappola così abilmente
predisposta dai manipolatori delTimmagine e della comunicazione. Di pornografico nella rivista
però non c’è traccia, almeno in
questo primo numero. Anzi, nello sfogliare le pagine — graficamente bellissime — si resta piuttosto stupiti di trovarvi articoli
tutt.o sommato estremamente casti nel linguaggio e nelle immagini.
Cosa c’è allora che fa scattare
un campanello d’allarme nel cervello del lettore? La filosofia che
presiede all’operazione, il fatto che in un paese come il nostro, carico di endemici ed immensi problemi, esista non solo
gente disposta a investire centinaia di milioni in operazioni
editoriali del genere ma, soprattutto, che ci siano migliaia di
italiani che acquisteranno la rivista riconoscendola come lo
specchio dei loro desideri, dei
loro sogni, dei loro ideali. Perché, al di là della forma, ciò che
viene proposto nel nuovo periodico di Rusconi è proprio uno
stile di vita che è detestabile fino
in fondo, l’opposto di quella serietà e sobrietà (non musoneria, non tristezza) tanto necessarie al nostro popolo.
Nessuno pensi che da queste
colonne si voglia mettere in moto un tribunale del rhoralismo,
sarebbe un’operazione del tutto
priva di senso. Un protestante
però deve avere anche di fronte
ai fatti spiccioli della cronaca
dei punti di riferimento, sapere
che tra raccogliere tutto acriticamente e il giudicare su ogni
cosa c’è lo spazio nel quale esercitare quella libertà che il Signore ci ha donato. Un esercizio che può costare fatica ma
che va fatto se non si vuol perdere il senso dell’umanità piena
ed autentica che ci è offerta da
Dio e la nostra stessa identità di
credenti.
Tanti secoli di predicazione
forsennata e biliosa contro la
« carne » hanno prodotto proprio
il risultato che la rivista neonata assume oggi come bandiera:
il fine della vita è il piacere.
L’Evangelo ci dice invece che il
fine della vita è la felicità, qualcosa di assai più alto che un effimero mettersi al centro del
mondo per godere, ad ogni costo, restando ciechi e sordi, umiliando e offendendo i tanti milioni di minimi che pure ci sono in quest’Italia di pensionati,
di cassalntegrati, di disoccupati
vecchi e nuovi. Questo piacere
non T>orta alla felicità ma è solo
l’illusione che allontana dalla
verità e dalla realtà.
Claudio H. Martelli
— La « Festa di canto », l’appuntamento tradizionale delle
Corali Valdesi non è certo novità di questi giorni. E’ possibile,
pur brevemente, schizzarne la
storia?
— La « Pesta di canto », come
il nome stesso dice, vuol essere
un’occasione di incontro gioioso
fra le corali delle comunità vaidesi delle Valli. Essa ha già una
sessantina d’anni di vita e si tiene ogni anno a partire dagli anni ’20. Nasce in un tempo in cui
le comunicazioni fra le varie comunità erano certo più difficili
di quanto lo siano oggi e costituiva una delle poche occasioni
di poter incontrare fratelli e sorelle in fede di tutte le chiese
della zona. Anche se la situazione è profondamente mutata col
trascorrere degli anni la tradizione è continuata, con una parteci
pazione sempre assai vasta. Fino a un decennio fa si tenevano
due feste, una in Val Germanasca e l’altra in Val Pellice. Alle
corali delle Valli si aggiungeva
quella di Torino, che partecipava alternativamente aU’una o all’altra.
A partire dagli anni ’70 le corali hanno organizzato la « Festa » anche fuori dalle Valli ed
è diventata prassi l’alternanza
tra Un incontro nelle Valli (una
sola festa per tutte le corali insieme) e uno fuori; Aosta, Torino, Milano, Cuneo, Chivasso e
quest’anno Vercelli.
— Dopo il lavoro di un anno i
coralisti si incontrano. Ma vivono questa giornata solo al chiuso di una chiesa o di un teatro
oppure avvertono in questa « Festa » un’occasione di evangelizzazione alla città?
La festa di canto non è festa di folklore o spettacolo canoro ma un
tentativo, sempre rinnovato, di lodare Dio nella comunione fraterna.
—"Nella foto: un raduno delle Corali valdesi a Bobbio Pellice.
— La « Festa di canto » è per
tutte le corali la conclusione, o
quasi, dell’attività portata avanti durante tutto l’anno e la preparazione ad essa occupa certamente Un largo spazio nel lavoro
svolto. Esiste a mio avviso il rischio che tutto questo impegno
rimanga sostanzialmente un po’
GESÙ’ VISTO DALL’ESTERNO - 2
La risposta di una straniera
E partitosi di là, Gesù si ritirò dalle partì di Tiro e Sidone.
Quand’ecco, una donna cananea dì quei luoghi venne fuori e si
mise a gridare: Abbi pietà di me. Signore, flgliuol di Davide; la
mia figliuola è £p*avemente tormentata da un demonio. Ma egli non
le rispose parola. E i suoi discepoli, accostatisi, lo pregavano dicendo: Licenziala, perché ci gpdda dietro. Ma egli rispose: Io non
sono stato mandato che alle pecore perdute della casa d’Israele.
Ella però venne e gli si prostrò dinanzi, dicendo: Signore, aiutami!
Ma egli le rispose : Non è bene prendere del pane dei figliuoli per
buttarlo ai cagnolini. Ma ella disse : Dici bene. Signore ; eppure anche i cagnolini mangiano dei minuzzoli che cadono dalla tavola
dei loro padroni. Allora Gesù le disse: Ò donna, grande è la tua
fede ; ti sia fatto come vuoi. E da quell’ora la sua figliuola fu guarita.
(Matteo 15: 21-28)
Anche questa volta abbiamo
di fronte il racconto di una guarigione. Più esattamente: della
liberazione da uno spirito immondo, da un demonio. Anche
in questo caso, non è, almeno in
Un primo momento, il "miracolo" quel che mi interessa di più;
come pure nú interessa solo relativamente la posizione ambigua dei discepoli, che paiono più
preoccupati del loro quieto vivere che della richiesta della
donna.
Anche in questo caso, mi pare
necessario soffermarci sulla
drammaticità del dialogo fra la
donna e Gesù.
Alla preghiera di lei, quest’ultimo risponde in maniera rude
e sprezzante. E se il racconto di
Marco (7: 27) lascia aperto uno
spiraglio alla speranza — Gesù
interverrà, forse, in un secondo
momento, in un ritaglio di tempo, dopo che gli aventi diritto alte sue cure, i figli di Israele, saranno stati doverosamente accuditi — quello di Matteo è indiscutibilmente chiuso e razzista:
l'interesse di Gesù è per Israele
soltanto (vs. 24): gli altri son
“cani" per i quali non è legittimo, né oggi né domani, togliere
il cibo dalla bocca dei figli. (Non
è il caso, quasi non vai la pena
di dirlo, di prendere questa parola di Gesù come indizio di
scarsa simpatia per gli animali.
Qui non è in questione la zoofilia. Al massimo, si legittima un
certo sospetto per la zoofilia delle società opulente, in cui c’è
chi non lesina né cibo né tomba
a un animale, ma nega il pane
al fratello e non ne riconosce la
dignità).
E’ tragica, questa risposta di
Gesù, gettata senza misericordia
in faccia alla donna. Ed anche
se come bianchi, come occidentali, e, purtroppo, come cristiani, non siamo certo i più adatti
a scagliare la prima pietra, questo razzismo di Gesù ci lascia
sconcertati.
Ma è tempo di tornare alla
reazione della donna. Questa non
si lascia scoraggiare dalla sferzata di Gesù. Non « piega la coda tra le gambe » e se ne va. Accetta la sfida. Porge, in qualche
modo, l’altra guancia. Accetta di
vestire i panni del cane, se Gesù
glielo dice. Non vuole un posto
a tavola. Gliene basta uno sotto
una sedia. Prenderà dei calci, ma
raccoglierà anche qualche mollica. Tutto quel che vuole, e che
le basta, è un frammento insignificante della grazia di Dio.
Noi cristiani, che abbiamo studiato al catechismo, sappiamo
che non esistono gli spiccioli
della grazia. Essa non è quantificabile. C’è o non c’è.
Ma questa donna non è tenuta a saperlo. Non lo vuole sapere. Non è venuta a prendere una
lezione di catechismo, ma a chiedere soccorso. Ella sa (del sapere della fede, una fede forse non
sostanziata teologicamente, ma
pur sempre fede), che se è Gesù
a dare aiuto, ne basta poco, ne
Salvatore Ricciardi
(continua a pag. 2)
fine a se stesso e molti tendono
a vederlo in questa prospettiva
critica quando la « Festa » diventa il ritrovarsi in un tempio delle Valli, cantando « per noi stessi ». Certo, c’è l’aspetto positivo
dello « stare insieme », del fraternizzare (che in un tempo di
riflusso e di tendenza a rifugiarsi
nel privato non è da sottovalutare), dell’esprimere in tanti
le lodi del Signore. Tuttavia si
ha talvolta l’impressione che « ci
cantiamo addosso » (come si usa
dire oggi), e questa espressione
viene avvalorata anche dal fatto
di essere ammucchiati gli uni sugli altri, relegando spesso fuori
dal tempio, o in piedi lungo le
pareti, varie persone. Inoltre lo
avere canti di singole corali, oltre a quelli d’insieme, non ha
mai del tutto evitato il rischio di
inevitabili paragoni, quasi si trattasse di una « gara » canora, anche se, almeno nelle intenzioni,
si è sempre cercato di evitare
questo aspetto. La cosa ci sembra superata quest’anno con la
decisione di avere solo più canti d’insieme.
Il dare uno scopo evangelistico
all’incontro delle corali, mi sembra assai positivo. L’inserimento in una giornata di evangelizzazione, organizzata da una comunità al di fuori delle Valli dà
certamente un « respiro » diverso alla manifestazione.
— Alcuni maligni dicono che al
culto la gente partecipi solo con
il canto. Tutto il resto lo fa il
pastore. Ora, al di là delle battute qual è il posto che occupa
oggi il canto, e non soltanto a
livello di corali, nella realtà riformata della nostra chiesa?
— Se la partecipazione dei fedeli si limita solo al canto di alcuni inni è un po’ poco. Tuttavia
il posto che ha il canto nella realtà riformata della chiesa è insostituibile e le corali possono fare molto perché questo posto sia
significativo e non solo « decorativo ». Il culto è preghiera, è
a cura di
Giuseppe Platone
(continua a pag. 2)
2
I:
■K
2 fede e cultura
18 maggio 1984
Testimoniare col canto
(segue da pag. 1)
gioia, è fraternizzazione, è ascolto della Parola di Dio e il canto
è tutto questo. Il canto è preghiera, riconoscenza, espressione di allegrezza, è mezzo di comunione, è commento e annuncio della Parola di Dio. Per questo esso ha avuto ed ha un posto rilevante nel culto comunitario. Le nostre raccolte di inni,
che risalgono alle epoche più diverse della storia del Protestantesimo, sono ima palese dimostrazione dell’importanza che il
canto ha sempre avuto nelle nostre chiese ed è un vero peccar
to che solo un numero ristretto
di questi inni venga cantato nelle
nostre assemblee.
— Le corali cantano sempre
meglio, le comunità sempre p^gìo. Lo scollamento del canto tra
comunità del culto e corale è insanabile? Può una corale insegnare a cantare alla comunità domenica dopo domenica?
— Che le corali cantino sempre
meglio mi sembra essere una
realtà incontestabile. Ciò è dovuto, a mio avviso, a vari fattori: una più larga conoscenza musicale dei cantori, una preparazione mediamente migliore dei
direttori, ima cura meticolosa
nella preparazione ed esecuzione
dei brani scelti. A ciò si è stati
anche spinti dal fatto che sempre più spesso si organizzano
concerti e più ancora dalle oc
TRISTEZZA
Caro direttore,
proprio non mi riesce di non essere uno di quei « benpensanti » che concorreranno ad « intasarti la buca delle
lettere », ma sento l'urgenza di reagire aiia lettera di Gino Conte pubblicata nel n. 16 del 20 aprile sotto il titolo
« Le nostre prediche », per esprimere
il mio sofferto dissenso.
Dico « sofferto », perché non è volentieri che si dissente da un frateiio
cui si vuol bene e che si stima profondamente; e dico • sofferto » anche
perché riconosco in Gino Conte il dono e la coerenza di combattere anche
contro tutti le battaglie delle quali è
convinto.
Sono d'accordo con lui, in ogni caso,
o quanto meno trovo che abbia fatto
bene a sollevare, sia pure indirettamente. il problema dell'« opinione » con la
quale da anni si chiude il nostro culto
alla radio. Personalmente, trovo che
queste « opinioni • oscillano da una vivacità profonda ad una banalità scon
certante. Non può che essere così. Nessuno è inesauribile, e nessuno è obbligato a far centro cento volte su cento. Il problema sta secondo me nel
fatto che va riveduta la formula, perché
essa ci ha fatto incappare nei rischi
tipici del monopolio, esponendoci altresì al rischio di passare per gente
che ha delegato altri a pensare, ad
avere opinioni, ad esprimerle sempre
e per tutti.
Non se l'abbia a male Piero Ren.si.
Non è lui in questione. Ritengo anzi
che abbia fatto benissimo questo lavoro. E' l'impianto che va riveduto, se
vogliamo dare alla nostra testimonianza una maggiore coralità.
Vengo ora però al punto nodale della lettera di Gino Conte, al problema
del disarmo unilaterale, dei « missili
che fungheggiano oltre cortina », e di
quelli che, grazie al nostro governo,
hanno cominciato a « fungheggiare »
in Sicilia.
Sono profondamente rattristato, per
non dire scandalizzato, che un mio
casioni sempre più mmierose di
contatti con l’esterno (inviti
presso comunità, non solo evangeliche, in Italia e all’estero,
partecipazione a manifestazioni
diverse, ecc.). Lo stimolo a far
sempre meglio viene anche dall’ascolto reciproco delle varie
corali.
Il discorso sulle comunità che
cantano sempre peggio è in effetti piuttosto preoccupante ed ha
cause diverse, ma non credo che
se ne possa dare la colpa alle
corali, se non in minima parte.
Le ragioni della qualità « non
esaltante » del nostro canto comunitario mi paiono essere soprattutto le seguenti: la frequenza piuttosto scarsa al culto; il
fatto che in genere la gente non
canta quasi più (in casa, con gli
amici, nei campi, ecc.); lo scarso rilievo dato al canto nella
scuola pubblica; il tempo limitato che si ha alla scuola domenicale, al catechismo, che relega
il canto in una posizione di sottordine; i genitori, che spesso
non conoscono più gl’inni, non
cantano in casa coi propri figlioli; inoltre le generazioni più
anziane ovviamente passano e
molte persone oltre la cinquantina conoscevano il vecchio innario e diflBcilmente imparano i
nuovi inni; infine è vero, almeno
in parte che le corali tendono
ad essere presenti « nella » chiesa (talvolta solo nelle grandi occasioni) piuttosto che esSère
« della » chiesa. Per questo è for
se giusto parlare di « scollamento » fra corali e comunità, anche
se spesso accade che i pochi che
cantano al culto sono stati o sono tuttora membri delle corali.
Il discorso ^rò mi pare debba
essere ampliato nel senso che.
molte attività ecclesiastiche, e
non solo la corale, tendono a diventare dei «compartimenti stagni », senza troppa comimicazione fra loro, e il culto, che dovrebbe essere la maggiore occasione di aggregazione, vede la
presenza di pochi.
Quali rimedi si possono suggerire? Ne posso citare 5, anche
nella linea di quanto affermato
nell’o.d.g. deirultima Conferenza
Distrettuale: 1) Invitare i coralisti a sedersi in chiesa in gruppo e a « tirare » il canto; 2) Insegnare metodicamente l’innario ai coralisti; 3) Chiedere alla
corale di essere presente (almeno una volta al mese) per insegnare un nuovo inno alla comunità; 4) Chiedere la collaborazione dei coralisti per insegnare
il canto ai bambini; 5) Riscoprire il canto come elemento importante del culto. Leggere e conoscere bene le parole degli inni, per cantarle meglio e sottolinearne col canto tutta la portata.
— In questi anni le corali sono andate avanti. Nuovi direttori, nuovi repertori, nuove idee.
Quali sono le prospettive immediate?
fratello che stimo e cui voglio bene
possa dichiararsi « contento », sia pu. re a malincuore e sotto una triste necessità, perché <1 governo « liberamente espresso da un parlamento liberamente eletto abbia mantenuto il suo
impegno internazionale, e verso gli elettori ».
Lasciamo perdere il problema del
parlamento • liberamente » eletto. Bisognerebbe non sapere, o fingere di
non sapere, per affermare una cosa simile, che esistono la mafia e il clienteIjsmo, tanto per dire le prime cose
cfie rhi vengono in imente.
E in secondo luogo, è sconcertante
che un governo non certo progressista
(malgrado il « nuovo » Concordato e le
Intese) renda qualcuno « contento »
per aver mantenuto qu^le promesse,
che non avrebbero dovuto essere né
fatte né mantenute... a meno che non
vogliamo restare fermi al principio
che « la parola è parola ». Principio validissimo, ma anche fondamento dell'omertà.
I missili « fungheggiano » oltre cortina. E chi lo nega? e chi se lo nasconde? e il giorno che me ne scoppierà
uno sulla testa, morirò — se son fortunato — senza p>oter esprimere né gioia
né disappunto per il colore del missile
stesso.
Perciò l'unica cosa da fare (e dubito forte che ne abbiamo ancora il tempo!) è smettere l'ipocrisia del giocare
a difendersi l'uno dall'altro, che ci ha
portati a questo punto: morituri, ma
difesi!
Ora, io sono convinto (anche se ciò
mi etichetta di « benpensante ») che da
qualche parte occorre cominciare a
smettere. E se questo non lo dicono
i cristiani, chi lo dirà? e se non lo diremo ai popoli e alle nazioni sedicenti cristiane, a chi lo diremo?
Sarà anche utopia, e sarà anche un
« affrontare le questioni per la coda
1-4.7045
MIRAMARE
DI RIMINI
VI» S»RSiN»,19
TELE» (Osa't
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3254S
A 50 metri dalla spiaggia — ambiente familiare — ottimi i
servizi e il trattamento.
anziché per la testa »: sta di fatto che,
se alla portata della mia mano sta solo la coda del problema, io non posso
star fermo aspettando di cogliere la testa. l-discorsi sui massimi sistemi noh
hanno mai salvato nessuno.
E se è una battaglia di « retrovia »,
pazienza. La valutazione della povertà
e dei limiti dei miei mezzi mi faranno
combattere, intanto, questa battaglia.
Gli alti strateghi, la gente d'avanguardia, facciano pure gli avamposti. C'è
(tosto per tutti, purché non si finisca
col combattere i mulini a vento.
Gino Conte ha ragione quando ci
mette in guardia contro il pericolo di
togliere alla croce il suo carattere di
scandalo e di ridurla a « un'indicazione ragionevole e sensata di efficace
buona condotta ». Certo, Gesù Cristo
è Gesù Cristo e noi siamo noi: la differenza è chiara e incolmabile. E non
ripeteremo mai abbastanza che una
cosa è la croce, un'altra la nostra morale. Ma se da questo principio non
deve scaturire nulla, io allora mi chie^ perché il Nuovo Testamento (e non
^pi suoi scritti più tardivi) ci proponga
uno stile di vita che sia consono ed
espressivo della croce e della risurrezione di Gesù. 0 le proposte etiche
non varcano la soglia del « per.snnale_^?_ma allora, il Cristo che è morto
e risorto per me, non è né morto né
risorto per la ''polis” in quanto tale,
e questa può continuare a viaggiare
sulla sua lunghezza d'onda.
Gino Conte stesso dichiara che in
due millenni non s'è risolto il problema del passaggio delle ''indicazioni evangeliche" « dal personale al collettivo, o meglio dalla comunità cristiana
alla comunità civile ». Ha perfettamente ragione.
Ma è troppo chiedere che, restando
irrisolto questo problema, e non essendo ancora quindi chiaro dove sta la
ragione e dove sta II torto, si possa
essere tutt'altro che « contenti » se un
governo non ha né il coraggio né la
forza morale di rifiutarsi di proseguire sulla via della militarizzazione?
Cordialmente.
Salvatore Ricciardi, Taranto
NON E’ BUONO
Non entro In merito all'ergomento di
cui Gino Conte nella sua lettera « Le
nostre prediche » (Eco-Luce n. 16) parla. Vorrei solo fare una osservazione
sul fatto che non mi sembra buono
per la vita delle nostre comunità parlare di « benpensanti » e « malfiensanti ». i’aggettivo benpensante è ripetu
— Circa le nuove idee e prospettive sembra che qualcosa si
stia muovendo e non si può che
incoraggiare questo programma.
L’assemblea delle corali e il suo
esecutivo hanno preso a trovarsi con buona frequenza. Sono stati organizzati dei corsi di preparazione ©d aggiornamento dei direttori in vista di migliorare la
qualità del canto. Se è vero che
non si tratta di avere delle corali fatte di « professionisti », è
altrettanto vero che se si vuole
cantare è bene farlo il meglio
possibile, senza per questo emarginare o escludere nessuno.
Non sempre tutti i direttori
sentono questa necessità di aggiornamento e di perfezionamento e il rischio può essere per
qualcuno di pensare di non aver
più bisogno di « andare a lezione », tuttavia uno stretto collegamento e collaborazione fra i vari
direttori non possono che portare benefici frutti, Un’altra iniziativa valida che sta partendo è la
creazione di un « archivio » dove
vengano raccolti tutti i testi che
le varie corali mettono in cantiere durante l’anno (e non sono
pochi) e possibilmente anche le
registrazioni dei vari pezzi cantati.
La risposta
(segue da pag. 1)
Tutto questo ha un senso se
non si perde di vista il primo
obiettivo che è quello di cantare ed aiutare le comunità a cantare con entusiasmo le lodi del
Signore, utilizzando quel meraviglioso strumento che è la voce
unicamente alla sua gloria.
a cura di
Giuseppe Platone
to due volte a pro[>osito di coloro che
fra di noi sono per il disarmo unilaterale. Ora io credo che nelle rrostre comunità si debba parlare di fratelli In
fede che, secondo coscienza, fanno
scelte che non sono esattamente quelle
che altri fanno con uguale coscienza.
E' questa la libertà del messaggio
del Vangelo! ,
Elsa Rostan, Pinerolo
MANCANO 2 COSE
Caro direttore,
per essere pienamente apprezzato, al
Punto di Vista deH’amico GardioI dì
cui il n. del 30 marzo, mancano due
cose.
La precisazione che la manifestazione
del 24 marzo ha potuto svolgersi senza inconvenienti perché garantita e
protetta dal Governo in carica.
Una spiegazione del perché « classe
operaia » è quella rappresentata dalla
coimponente comunista di una Confederazione sindacale e non anche dalla
ben più numerosa rappresentata da Confederazioni e componenti di altro segno
politico.
Molto cordialmente a GardioI e a te.
Niso De iMSchelis, Milano
basta una briciola caduta per distrazione o per caso. Sa, soprattutto, che anche un cane trova
da sfamarsi nella casa del Signore.
Grande è la lezione di questa
donna, quanto decisa e disperata è la sua fede. Essa non ribatte a Gesù sul piano teorico dell'assurdità di una posizione razzista, e forse non sarebbe nemmeno in grado di farlo. Non fa
rivendicazioni. Osa dire a Gesù,
con incredibile franchezza, che
la misericordia di Dio o è sènza confini e senza condizionamenti o non è.
Gesù è preso in contropiede.
Risponde. Il demonio è cacciato
via.
La riflessione cristiana ha speso molte energie nel tentativo
di comprendere che cosa siano in
realtà questi spiriti immondi.
Era doveroso farlo: bisogna sforzarsi di capire, non si possono
aggirare gli ostacoli. Ciò nondimeno, quando leggo il Nuovo
Testamento, non posso impedirmi di notare che Gesù non ha
discusso sulla natura dei demoni, ma li ha cacciati.
L’indemoniato, posseduto dal
Maligno e perciò stesso separato da Dio, era motivo di perplessità per i religiosi e di sofferto
imbarazzo per i familiari. Era
segnato a dito, spesso emarginato, escluso dal consorzio civile,
che si considerava puro. La rovina di cui siamo ogni giorno e
spettatori e vittime e complici:
la distruzione delle volontà e
delle coscienze perpetrata grazie
all’industria della droga; l’emarginazione di masse sempre più
consistenti come corrispettivo
della concentrazione di ogni potere nelle mani di pochi; l’avvio
alla catastrofe nucleare mascherato con la fatale necessità di difendersi... tutto questo, e quant’altro ancora si potrebbe elencare, non ha la sua diabolica radice nella sicumera e nella presunzione con cui etichettiamo il
diverso, demonizziamo l’« altroda-noi »... e ce ne facciamo un
estraneo verso cui siamo indifferenti, un nemico da schiacciare prima che ci schiacci, uno che
non vogliamo né sappiamo più
riconoscere come un fratello con
cui condividere la speranza della vita?
La donna del nostro racconto,
mamma di una bimba emarginata dalla malattia, donna emarginata lei stessa dalla sua "diversità” di razza, vede la liberazione operata da Gesù. Ella ha
saputo confessare prima di noi
che Egli dà, anzi, che Egli è la
grazia di Dio. Per tutti, senza distinzioni.
Salvatore Ricciardi
NOVITÀ’
Nella collana « Sola Scriptura » - Nuovi studi teologici ;
ERIC FUCHS
Desiderio e tenerezza
Fonti e storia di un’etica cristiana della
sessualità e del matrimonio
pp. 320, L. 15.500
Finalmente un libro chiaro, profondo ed evangelico che
ricolloca la sessualità al giusto posto assegnatole da Dio nella sua creazione.
Questo libro è frutto di un profondo stupore : come è potuto accadere che l’Evangelo liberatore, in campo sessuale,
sia stato tradotto nei termini di una morale così legalista?
Se la sessualità è un dono prezioso di Dio, perché la morale
cristiana ha tuttora un atteggiamento così diffidente e repressivo?
Fuchs ci dà un’interpretazione chiara di tutti i testi biblici che riguardano i rapporti uomo-donna. Segue un ampio
« dossier » dei principali testi della tradizione cristiana ( Padri
della chiesa, teologi, riformatori, moralisti ecc.) Infine: la
posta in gioco dell’etica cristiana odierna: solo l’Evangelo
potrà permettere un pieno riconoscimento del valore spirituale dell’erotismo.
Un libro molto ricco di indicazioni illuminanti per un
rinnovamento della morale cristiana nel settore in cui è oggi
più soggetta a critiche e fraintendimenti.
CLAUDIANA - Via Pr. Tommaso 1 - 10125 TORINO
c.c.p. 20780102
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5-«v
18 maggio 1984
fede e cultura 3
INTERVISTA AL PASTORE PIERO BENSÌ
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Un fatto, un commento
Partendo da un fatto, un episodio, un aspetto della vita di ogni giorno,
cerco di riviverlo nella prospettiva biblica e nasce così il commento
Da alcuni anni, quasi ogni domenica mattina,
una voce entra nelle nostre case, tramite la radio, con una nota di attualità: è la voce del pastore Bensi. « Un fatto, un commento » è diventata ormai una rubrica fìssa e per molti membri delle nostre chiese un appuntamento sempre
vivamente atteso. Le « note » spaziano sui più disparati argomenti : dai problemi politici nazionali ed internazionali, alle grandi problematiche
della droga, della violenza, della corruzione; dalle questioni militari e nucleari ai fatti spiccioli
della cronaca quotidiana. E’ un mosaico vivace
e spesso sorprendente. . Non che il past. Bensi
pretenda di sapere tutto: il limite di competenza
è sempre ben delineato. Ma (ed è questo che rende così, interessante e seguita la « nota ») l’autore cerca di dare l’interpretazione o la visuale
evangelica di ogni fatto che gli capita di commentare. Gli antichi profeti affermavano che non
c’è nulla nella nostra vita che possa sfuggire al
giudizio di Dio, giudizio non necessariamente inteso come « condanna », ma come modo di ve
dere le cose da parte di Dio. Così il past. Bensi
ci offre ogni settimana una brevissima e sintetica (due minuti e mezzo!) lettura in chiave biblica degli avvenimenti del giorno. Sfilano al nostro orecchio i missili di Comiso, la guerra del
Libano, la morte per droga, la ripresa impressionante del culto di Maria da parte del papa
attuale, gli incontri casuali con i personaggi più
impensati. Sempre tempestive, sempre pungenti,
sempre attuali, le note ci offrono spesso informazioni che erano sfuggite a molti e spunti per
conversazioni nelle nostre comunità e perché
no? — suggerimenti per sermoni.
Soprattutto questa fatica non indifferente del
nostro fratello Bensì ci richiama tutti, domenica
dopo domenica, alla grande verità che l’Evangelo
non è una parola « religiosa » per i « religiosi »,
ma è un messaggio di vita e di liberazione che
investe tutta la nostra esistenza, in tutti i suoi
aspetti.
Chiediamo direttamente al past. Bensi alcune
informazioni sulla sua «nota».
— Pastore Bensi, com’è sorta
l’idea della nota?
— Direi che è sorta quasi contemporaneamente in due diverse persone. Da tempo io seguivo, la domenica, poco prima del
telegiornale delle 13, la rubrica
di un noto giornalista, che commentava in dieci minuti un « fatto del giorno », e pensavo che
sarebbe stato opportuno fare
qualcosa del genere, più breve,
dal nostro punto di vista. Lo
stesso pensiero era venuto, forse anche prima che a me, al Segretario del Servizio stamparadio della PCEI. Allora io ero
presidente della FCEI e quando
ne parlammo ci trovammo all’unisono. Così, cominciò Aldo
Comba con le prime « note » e
poi l’incarico venne affidato a
me.
— Vorremmo sapere, ora, come nasce la « nota ». Potrebbe
farci un esempio concreto?
— Sapendo di dover incidere
la nota il venerdì., leggo attentamente i giornali nei primi 5 giorni della settimana in cerca di
quella notizia di carattere politico, sociale o anche di cronaca
spicciola che possa interessare
tutti i radio-ascoltatori. Quando
ho individuato « il fatto », cerco
di riviverlo nella prospettiva biblica. Nasce quindi il « commento ». Vorrei che fosse ben chiaro che non si tratta di appiccicare un versetto biblico ad un
fatto del giorno. Non è molto
importante che il versetto biblico sia citato, ma è molto importante che l’episodio- sia visto
nella prospettiva evangelica.
— Per esempio?
— La nota (che è stata riportata anche dal NEV) contro la
installazione dei missili a Oomiso, è nata — com’è ovvio — dalla notizia data dalla stampa che
i missili erano giunti in Sicilia.
Il ministro della Difesa aveva
affermato in una intervista che
un armamento nucleare ragionevole era indispensabile perché
dava un senso di sicurezza, nella logica della deterrenza. A
questo punto m’è venuto spontaneo il collegamento con l’episodio del re Achab e delle corna
di ferro del falso profeta (I Re
22) e cosi ho impostato la nota.
— Prevalenza del « giornale »,
dunque, o della «Bibbia»?
— E’ una domanda un po’ birbona. La mia preparazione teologica è barthiana ed io rimango un barthiano fortemente convinto. E’ evidente quindi che
ogni mia forma di predicazione
vede la prevalenza assoluta della Bibbia, del messaggio biblico.
Il tipo di intervento — tuttavia
— che mi viene richiesto dal servizio radio, con la nota, deve per
forza di cose partire da un fat
to, un episodio, un aspetto della
vita di ogni giorno. Ma l’essenziale, come ho detto prima, è che
questo fatto sia « visto » nella
prospettiva biblica.
— Sappiamo che la sua nota
ha un grande successo fra i membri delle nostre chiese. Ma non
riceve mal delle critiche, del
commenti ostUI?
— Certamente sì e sarei umi
liato se così non fosse. Le lettere e le telefonate che ricevo sono in massima parte di approvazione e di incoraggiamento a
continuare. Molte sono lettere di
persone semplici che hanno vissuto nella loro carne i mali che
io denunzio. Le critiche si possono distinguere in due categorie. La prima è quella delle lettere in difesa del papa. Quelle
rare volte (due o tre all’anno)
in cui mi permetto di esprimere
la mia (nostra!) disapprovazione per certe iniziative papali,
sempre ricevo lettere (talvolta
piene di insulti volgari) che mi
rimproverano di aver « toccato » il papa. Il papa non si tocca! E’ infallibile... La seconda è
quella dei politici che talvolta
contestano alcune mie affermar
zioni. In genere sono molto corrette e ben documentate, tranne
quelle che vengono dalla « destra » fascista, che ricalcano il
cliché degli insulti ecc.
— Quando e dove viene incisa
la nota?
— La nota viene incisa il venerdì, quando viene « montato »
il nastro del culto evangelico
(culto -ì notiziario + nota) che
sarà poi trasmesso la domenica.
L’incisione deve sempre avvenire nelle sedi RAI, in quanto la
RAI non trasmette materiale inciso da tecnici non suoi. In genere incido alla sede RAI di Roma (dove lavoro) o di Firenze
(dove abito). Poiché tuttavia io
dedico ogni domenica alla visita di una diversa chiesa, mi capita spesso il venerdì di essere
già molto lontano da Roma e
quindi il nostro responsabile radio (Valerio Rapini) mi fissa
l’appuntamento con la sede RAI
della città dove mi trovo. Mi è
capitato così di incidere nei luoghi più disparati: Torino, Milano, Napoli, Catania, Bari, Cagliari.
— Un impegno molto pesante,
quindi!
— Non esageratamente. Certo
è un appuntamento al quale non
si può mancare e che richiede
talvolta delle « acrobazie » logistiche di un certo rilievo.
— Qual è l’aspetto più difficile deUa nota?
— La brevità. Ho imparato a
mie spese, in questi anni, quanto sia difficile dire tutto in poche parole, ma anche quanto sia
facile usare molte parole per
non dir nulla. La prima «stesura» della nota si compone in
genere di due cartelle. Poi riduco, taglio, cambio parole in modo da restringere il tutto a due
terzi di cartella (che rappresentano appimto i 2 minuti e mezzo
che ho a disposizione) conservando i concetti essenziali. Non
è un lavoro facile. Ma è utilissimo. Ho realizzato quante parole
inutili noi predicatori diciamo.
Credo che anche la mia predicazione sia diventata più concisa
dopo questa esperienza. E’ quasi incredibile la quantità di « cose» che si possono dire in due
soli minuti, quando si impara a
soppesare bene le parole.
— Quanti sono gli ascoltatori
della nota?
— Secondo gli ultimi dati in
nostro possesso, gli ascoltatori
della trasmissione « Il culto evangelico» sono circa un milione. A questo numero bisogna
poi aggiungere tutti coloro che
accendono la radio per ascoltare il giornale radio delle ore 8,
e « incappano » nella nota pochi
minuti prima. Questo fatto deve avvenire abbastanza sovente
perché molte delle lettere che
mi pervengono dichiarano che
la nota è stata ascoltata per caso in attesa del giornale radio.
Un pubblico, quindi, notevolmente ampio che richiede molto
senso di responsabilità da parte
nostra.
a cura di Andrea Mannucci
Pochi libri editi dalla Claudiana hanno — come questo — diviso il fronte cattolico in due settori così netti, prò e contro.
Libro odiatissimo, addirittura
« inopportuno » {così « Il nostro
tempo » di Torino) per gli uni,
serio e meritevole di approfondita discussione per altri. La lettura di alcune recensioni è testimonianza delle due « anime »
oggi esistenti nel cattolicesimo
italiano.
Risparmiamo al lettore il florilegio di calunnie, insinuazioni,
demolizioni gratuite e disoneste
di cui questo libro è stato fatto
oggetto da molti organi cattolici.
E’ certo più interessante, invece,
ascoltare le voci a favore della
serietà del libro.
Aveva già iniziato in sordina
« Concilium » nel 1981 (prima dell’uscita del libro in italiano) con
un’ampia rassegna critica di
Georg Denzler: Gli scritti di Hasler sul Vaticano I, un « bilancio » che invitava sostanzialmente a non sottovalutare la serietà
degli argomenti e dei documenti
addotti da Hasler. L’articolo sottolineava alcune ammissioni tanto più significative in quanto
provenivano da avversari dichiarati delle tesi hasleriane. Per
esempio V. Conzemius ( « il più
duro oppositore di Hasler ») scrive: « il libro [di H.] fissa elementi di verità e solleva questioni importanti per la storiografia
e la teologia. Le manovre della
maggioranza durante il Concilio
sono descritte molto bene, le divergenze tra il papa e la curia
sono indagate con più cura che in
altre opere, è descritta nel complesso in modo adeguato la criticabile tattica usata da Roma
per avere ragione dei vescovi
contrari appartenenti alla minoranza e viene delineata in modo
convincente l’influenza in ordine
alla definizione dogmatica esercitata dal fanatismo mistico-religioso, che in Pio IX caratterizza
il culto papale e la concezione
del suo ministero [...] » (p. 162).
E K. Schatz, un altro deciso
avversario di Hasler, scrive:
« Dovrebbe in ogni caso [dopo
questo libro] essere considerato un dato certo che all’esplicita
volontà papale di arrivare ad
una definizione va riconosciuto
un peso maggiore di quanto non
sia stato fatto finora. [...]. Io concordo con Hasler nel ritenere
che il dogma dell’infallibilità non
sarebbe arrivato in porto senza
Pio IX. E siccome il papa si vide
di fronte una considerevole minoranza di vescovi esitanti o con
in cui si ^svolsero gli avvenimenti
del Concilio. Ma ha risposto
molto bene il giornalista cattolico Peter Hebblethwaite, nella
sua recensione apparsa sul « National Catholic Reporter » (USA)
del 6/3/81: « L'opera di Hasler
può èssere confutata solamente
su basi storiche: non si può cercare di screditare l’autore, mettere in dubbio la sua integrità
scientifica, e ancor meno si può
procedere con la solita tattica di
dimostrare che egli si sbaglia su
dettagli di secondaria importanza, ignorandone la tesi principale ».
E infine il giudizio, prudente
ma significativo di Ettore Covi
sulla Rivista del Pontificio Ate
Il papa infallibile
trari, egli dovette ricorrere a degli strumenti di pressione. La
sottolineatura con cui Hasler richiama la pressione morale, alla
quale i vescovi materialmente dipendenti dal papa non potevano
sottrarsi, coglie nel segno almeno per quanto riguarda una parte dell’episcopato [...]. L'ineguale possibilità di scelta lasciata
alla maggioranza e alla minoranza al concilio è dimostrata in
modo inoppugnabile da vari dati
di fatto » (n. 165).
Denzler, a sua volta, chiarisce
bene che l'intenzione di H. « non
era quella di scrivere una storia
completa del Vaticano I, né una
biografia di Pio IX, ma [...] di illustrare lo sviluppo, la problematicità e raffermarsi della dottrina dell’infallibilità sulla base
di una quantità di fonti più ampia di quella finora utilizzata ». E
conclude: « Praticamente nessun
esperto misconosce che Tautore
ha reso accessibili e valorizzato
le fonti in misura fino ad ora mai
raggiunta» (id., p. 161).
Getto, alcuni critici, come il gesuita p. Martina, hanno sostenuto che alcune di queste fonti
andavano sottoposte ad una critica molto più serrata e che non
sarebbero del tutto attendibili,
dato il clima acceso e polemico
neo Laurenziano: « ...E’ merito
deireditrice Claudiana se, dopo
alterne vicende, il pubblico italiano già stimolato da articoli e
interviste apparsi su giornali e
quotidiani, può avere sottomano
una traduzione italiana dell’opera tanto discussa. Il libro è avvincente come un romanzo, stimola riflessioni profonde, suscita
problematiche storiche e teologiche, riporta giudizi netti e precisi sui fatti (i7 concilio non è libero) e sulle persone (di destra,
reazionario, ecc.), generalmente
non sintonizzabili con quelli
espressi dalla storiografia, ecclesiale ufficiale [...]. Un po’ schematizzando si può dire che
Hasler e i suoi sostenitori fanno prevalenti le "fonti dei vinti",
cioè si rifanno prevalentemente
alle relazioni, ai diari, ai resoconti dei vescovi, studiosi e cronisti del tempo, antiinfallibilisti;
gli altri, gli infallibilisti, fanno
prevalenti, invece, le "fonti dei
vincitori", le fonti cui ha sempre
attinto la storiografia ufficiale [...]. Hasler, pur unilaterale e
incompleto nella scelta delle
fonti [...], ha il grande merito di
aver rispolverato un problema
storico accantonato, ignorato o
quanto meno minimizzato dalla
storiografia tradizionale: la pre
senza al Vat. I di una forte e agguerrita corrente minoritaria di
Padri antiinfallibilisti [...].
La ricerca hasleriana pone
soprattutto dei problemi teologici: quale fu il grado di libertà
decisionale dei Padri al concilio
e correlativamente quanto incise
la pressione esercitata dalla corrente maggioritaria infallibili sta,
forte deli’eaplicito appoggio papale; i limiti dell’esegesi biblica,
chiaramente forzata, per fondare biblicamente il dogma in questione; il ricorso ad una tradizione infallibilista piuttosto recente e per di più non sempre
unanime; conciliare Tinfallibilità
papale e la condanna come eretico di Onorio I da parte del
Concilio costantinopolitano III
e di altri Concili [...].
Per il credente, studioso e
uomo di cultura, possibilmente
non predeterminato da alcuna
"precomprensione” ideologica, né
ufficiale né di parte, la lettura di
quest’opera non potrà non risultare un dato ampiamente positivo, uno stimolo ad approfondire
ulteriormente la conoscenza di
un problema storico e teologico
di grande attualità e di somma
importanza per una vita di fede,
personale ed ecclesiale, sempre
più consapevolizzata e matura,
qual è richiesta dai tempi moderni» ( « Laurentianum » III/’83,
pp. 485-6).
Giudizi così onesti e pacati non
possono non rallegrare un lettore
evangelico, che tuttavia — per un
insopprimibile bisogno di coerenza — vorrebbe vederne trarre '
alcune conclusioni sul piano
ecclesiologico nel senso di ridurre alquanto le pretese di infallibilità e di sicura, garantita assistenza dello Spirito Santo per
ogni decisione conciliare. Qui
non è solo in gioco l’infallibilità
del papa ma delTintera chiesa in
concilio! Siamo proprio sicuri
che, quando la costituzione conciliare « Pastor Aeternus » afferma: « ...E’ piaciuto allo Spirito
Santo e a noi... » (secondo la
tradizione), lo Spirito Santo stesso sia proprio d’accordo, visto
come sono andate le cose al
Concilio?
C. P.
A. B. Hasler, Come il papa divenne
infallibile, Claudiana, Torino, 1982,
L. 15.000.
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4 vita delle chiese
Pentecoste '84
« RESPONSABILI
IN CRISTO
DEL NOSTRO FUTURO »
Uomo e lavoro
Cosa farai da grande? Quante volte abbiamo fatto questa
domanda ad un bambino! Questo è per il fatto che il nostro
futuro dipende da un lavoro. Raramente i nostri sogni di bambino SI avverano ed i lavori che vedevamo come avventurosi si
sono dimostrati piatti e monotoni. Si lavora per guadagnare,
maggiore è il guadagno maggiore è la rispettabilità che abbiamo agli occhi del prossimo.
Guardando la. realtà di oggi il futuro si prospetta ben misero, disoccupazione giovanile, cassa integrazione; il lavoro
non è piu una scelta, ma solo una necessità per vivere, una
lotta per un lavoro qualunque e a qualunque costo. Anche le
stesse ditte cercano di mantenere il piti possibile, senza molto
successo, i posti già esistenti, ma poco o niente viene fatto
per cr^re nuovi posti di lavoro. Di questo passo l’uomo tende
a perd.ere la sua dignità di creatura di Dio.
Dio, nel creare l’uomo, gli ha dato la responsabilità di custoaire la terra, lavoro che deve adempiere nell’obbedienza.
Questa responsabilità può essere vista soltanto come servizio:
servizio a Dio e servizio al prossimo. Dice Calvino: «non è possibile che quanti sono veramente persuasi che Dio è il loro
Padre corriune e che Cristo è il solo capo di tutti, non siano
uniti tra di loro nell arnore fraterno, per avere comunione gli
uni con gli altri e in vista del reciproco profitto ».
Dobbiamo recuperare nella nostra vita il senso vocazionale
del lavoro per uscire da questo pozzo sempre più profondo e
sempre piu tenebroso. Il lavoro oggi diventa sempre di più
.^^^^ssita per vivere dopo le ore lavorative, una piaga
obbligatoria per avere una paga, il nostro pane quotidiano e
un po’ di più.
Abbiamo dimenticato il carattere sociale del lavoro, un bene, un diritto, una benedizione, una parte integra della nostra
esistenza, la nostra vocazione per conservare questa terra che
a. e stata data in prestito da custodire. Nello stato attuale
delle cose e facile che manchi la solidarietà fra i vari gruppi di lavoratori e che l’abisso che separa datore di lavoro dal
lavoratore diventi sempre più profondo, sempre più come
l abisso del caos prima che Dio creasse un ordine nelle cose
per la vita dell’uomo. Tendiamo verso un ritorno al caos primordiale allontanandoci da Dio è dal senso della sua coazione per vivere nella confusione della Torre di Babele, come
uomo caduto e non perdonato,
, Ogni categoria, ogni impresa, viene lasciata a se stessa,
per arrangiarsi come può, per vivere^ o morire. Così anche
l agricoltore di alta montagna, necessario per la preservazione
dell’ambiente, rna non tanto per assicurare la sua sopravvivenza. In pochi è rimasta la vocazione del proprio lavoro, e
ancora in meno la vocazione di essere insieme, responsabili
gli uni per gli altri, per custodire questa terra.
Come possiamo associarci al salmista quando prega: « la
grazia del Signore Iddio sia sopra noi, e renda stabile l’opera
delle nostre mani » (Salmo 90; 17), se abbiamo dimenticato
la nostra responsabilità in Cristo gli uni verso gli altri nel
mondo del lavoro, nella società stessa della qucde facciamo
parte? Se vogliamo che « l’opera delle nostre mani » sia resa
stabile, se vogliamo che la grazia di Dio sia sopra noi, dobbiamo prendere sul serio anche la Sua volontà per noi e agire
in obbedienza a questa volontà.
Insieme per guardare verso il nostro futuro come responsabili in Cristo, questo è l’invito per questa Pentecoste a Pomaretto. Esaminiamo la nostra realtà oggi con un profondo
senso di colpevolezza, e un profondo desiderio, per la grazia e
per la misericordia di Dio, di ritrovare la nostra vocazione e
camminare insieme per una vita migliore per tutti.
_____________ Thomas Ncflke
Ricordo di
Enrico Geymet
VILLAR PEROSA — Per i
membri della nostra chiesa, il
ministero del pastore Enrico
Geymet ha avuto e conserva un
significato particolare: Geymet
è stato il primo pastore della comunità appena costituita, l’organizzatore che con grande energia ha creato un collegamento
tra i valdesi dispersi in una zona che si estende sul territorio
di quattro comuni. Una lapide
nel tempio ricorda ora, ai partecipanti e ai visitatori, il ministero di questo pastore, la cui
opera è andata al di là dei confini ecclesiastici, ha stabilito dei
ponti, da un lato verso la popolazione cattolica, dall’altro verso
quei valdesi di Germania i cui
antenati, a causa della persecuzione, avevano dovuto abbandonare proprio quei luoghi in cui
ora si stava ricostituendo ima
presenza valdese.
La lapide è stata inaugurata
nel corso del culto della Domenica delle Palme, in cui erano
anche presenti le Sorelle Eugenia Geymet e Amalia Geymet
Panerò. Ricordando la figura del
pastore Geymet, il Sindaco di
Pinasca, Riccardo Richiardone,
ha descritto vivacemente l’impressione che su di lui, giovane
sindaco aH’inizio del suo incarico, aveva fatto questo « piccolo
uomo,^ dall’aria dimessa, ma in
cui si nascondeva un’enorme
energia », che veniva a proporgli di stabilire dei rapporti ufficiali con il comune tedesco di
Pinache.
La lapide dice: «Pu l’organizzatore della comunità appena costituita — vi predicò l’evangelo
della riconciliazione — rinsaldò
i legami con i fratelli valdesi di
Germania ». Leggendo queste parole, Amalia Geymet ha commentato: « E’ anche un programma per oggi».
18 maggio 1984
CRONACA DELLE CHIESE DELLE VALLI
Denuclearizzata
l’area della chiesa
PINEROLO — L’assemblea di
chiesa del 13 maggio ha approvato con un voto contrario ed
un astenuto un documento per
la denuclearizzazione dell’area
della chiesa che riportiamo qui
di seguito:
«La Chiesa Valdese di Pinerolo...,
riafferma la propria fede in
Dio, Creatore dell’universo intero, Ch’Egli ha amato fino al punto di dare il Suo unigenito Piglio, Gesù Cristo, nostro Signore (Gv. 3; 16-17);
preoccupata per la minaccia
di distruzione che incombe su
tutta l’umanità e sul nostro pianeta, rappresentata dagli armamenti nucleari,
consapevole che la corsa agli
armamenti, nei quali le nazioni
ripongono la propria fiducia e
sicurezza, dilapida enormi risorse e ricchezze, affamando sempre più i popoli del terzo mondo, fa aumentare, anziché diminuire, la sfiducia tra i popoli,
ne impedisce ii libero sviluppo
democratico, causa tensioni tra
i blocchi,
consapevole altresì che è giunto ormai il momento in cui è necessario adoperarsi per instaurare rapporti di fiducia e collaborazione tra i popoli, prima che
sia troppo tardi,
dichiara denuclearizzata l’area in cui sorge il locale tempio
valdese,
invita ogni membro di chiesa
a denuclearizzare le proprie proprietà,
esorta le altre Chiese sorelle
a fare altrettanto, per quanto di
loro competenza,
chiede al Consiglio Comunale della Città di Pinerolo di dichiarare denuclearizzato per fini militari il proprio territorio,
seguendo in questo l’esempio di
centinaia di Comuni in Italia e
all’estero ».
Confermazioni
FRALI — Nel culto del Venerdì Santo sono stati confermati: Elena Pascal (Ghigo), Ivana Peyrot (Orgere), Roberto Richard (Villa) e Olga Rostan (Pomieri).
A loro l’augurio della comunità, affinché il Signore sia per
loro guida e sostegno in una
vita di servizio vissuta nell’amore e nella gioia.
VILLAR PEROSA
Sostegno all’Asilo
per vecchi
SAN GERMANO — Il Bazar
annuale organizzato dall’Unione
Femminile ha avuto luogo il 25
aprile u.s. col successo che sempre riscuote. Sempre molto apprezzati i lavori a mano, la pesca e i doni offerti da molti per
la lotteria; nonché il banco di
fiori e quello dei libri e il tavolo
dei dolci. Il ricavato ha permesso di fare una sostanziosa offer-.
ta alla Casa di Riposo e di destinare una somma per il Museo
ed un’altra per le spese locali
della comunità, specie quelle di
mantenimento degli stabili.
• La giornata del 25 si è chiusa con il previsto incontro organizzato dall’Associazione Amici dell’Asilo, incontro al quale
hanno partecipato un centinaio
di membri della nostra e di altre comunità ed al quale ha portato il suo contributo chiarificatore l’architetto Ugo Mesturino, autore del progetto di ristrutturazione della nostra Casa
di Riposo. Alcuni presenti, all’uscita, si sono già impegnati
a contribuire alla realizzazione
di questo progetto.
• Il culto di domenica 29, a
S. Germano, è stato presieduto
dalla studentessa Marina Conte,
Gita della corale
Schohenbe^n^OTCTàaìaeQnessa Anna Rivoir ha guiHatola
visita alla casa di Henri Arnaud)
la corale ha tenuto un altro
concerto nel tempio di Oschelbrom.
Un viaggio positivo sia per le
possibilità di fraternizzazione
con i fratelli tedeschi che sul piano musicale.
Confermazioni
VILLASECCA — Tre giovani
hanno confermato il loro battesimo la domenica delle Palme:
essi sono Ivano Bertalot, Mario
Giacomino e Dario Massei.
• Mercoledì 25 aprile la corale della Val Germanasca ha
partecipato all’incontro delle comunità evangeliche della Liguria e del Sud Piemonte a Bassignana. Una giornata piena di
gioia e fratellanza che ha visto
la partecipazione anche del pastore, prof. Domenico Maselli,
che ha presieduto il culto e tenuto una conferenza pubblica
sulla storia locale e su quella
della comunità di Bassignana.
• Emilio Clot ha improvvisamente concluso la propria esistenza. La forza della fede nella
risurrezione dei morti sia di sostegno per tutti noi. La comunità esprime ai familiari tutta la
propria solidarietà e simpatia
cristiana.
• Domenica 27 maggio, ore
14.30, avrà luogo l’annuale Bazar
ai Chiotti. Gli anziani dei quartieri sono incaricati di ritirare le
varie offerte.
Matrimonio
BOBBIO PELLICE — Sabato
28 aprile nel tempio si sono uniti in matrimonio Evi Rostagnol
e Pier Claudio Michelin-Salomon.
Agli sposi vadano gli auguri di
tutta la nostra comunità.
• Domenica 29 aprile, in occasione della domenica della Facoltà, il culto è stato presieduto dalla studentessa in teologia
Paola Benecchi che ha pure presentato il lavoro della Facoltà
all’Unione femminile riunitasi
nel pomeriggio di domenica.
Assemblea di chiesa
ANGROGNA — L’assemblea
di chiesa ha votato i suoi delegati. Al Sinodo andrà Vera Coisson; alla Conferenza del Distretto Claudia Bertramino, Adriano
Chauvie, Ernesto Maian. Si è
inoltre dibattuta la relazione del
Concistoro sulle attività di un
anno. L’assemblea ha preso atto
del prossimo traguardo finanziario per il 1985 in 11 milioni e
400 mila. Infine si è espresso riconoscenza, non priva di preoc
cupazione, ai soci della Foresteria di Pradeltorno per la volontà
espressa di donare questa proprietà alla nostra Chiesa.
• Domenica 20, culto italofrancese al Serre e al Capoluogo con il past. Paul Vouga del
cantone di Vaud.
sottolineando anche così la « domenica della Facoltà»: la ringraziamo di cuore.
• Ancora una volta il lutto ha
colpito la comunità: diciamo il
nostro affetto alle famiglie Beine
e Long per la dipartenza di Emilio Beux e Marcel Galliano.
• La colletta per il progetto
Banhòou realizzata dopo lo spettacolo di sabato 12 dal Gruppo
Teatro ha reso 350.000 lire.
Orario dei culti
LUSERNA SAN GIOVANNI
— La corale ha effettuato nei
giorni 29-30 aprile un viaggio in
Germania in visita alle comunità dì Albbruck, Nefern e Oschelbrom. Ad Albbruck si è avuto
un incontro fraterno con la
proiezione di diapositive sulle
valli valdesi. A Nefern la corale
dopo la partecipazione al culto
ha tenuto un apprezzato concerto. Dopo aver visitato il monastero cistercense di Monébfom
e l'antica comunità valdese
PRAROSTINO — I culti di domenica 27 maggio si terranno alle ore 8.30 al Roc, alle ore 10.30
a San Bartolomeo, alle ore 15 a
Roccapiatta (Rostagni).
Giovedì 17 maggio
□ INCONTRO
COLLABORATORI
ECO DELLE VALLI
La riunione dei collaboratori avrà
luogo a casa Gay via Cittadella 8 Pinerolo, con inizio alle ore 20.30.
□ INCONTRO
ECUMENICO
TORRE PELLICE — Alle ore 20.45
presso il Centro di Incontro (Via Repubblica 1) si tiene un dibattito sul tema « I miracoli ». Introduce don Franco
Barbero della Comunità di Base di Pinerolo.
Venerdì 18 maggio
n UNIONI FEMMINILI
POMARETTO — Alle ore 14.30, presso la sala valdese incontro di rappresentanti delle unioni femminili del 2”
e 3” circuito per organizzare il nostro
contributo alla festa di Pentecoste.
□ ASSEMBLEA
1° CIRCUITO
RORA' — Alle ore 20.45 pastori e
delegati delle chiese della Val PeINce
si riuniranno nella Sala delle attività
della chiesa per l'assemblea di Circuito. Entro mercoledì 16 le chiese devono consegnare la sintesi della loro relazione annua al consiglio di Circuito.
Sabato 19 maggio
□ ASSEMBLEA
Il CIRCUITO
PINEROLO — Alle ore 14.30 nei locali della chiesa valdese si tiene l'assemblea di Circuito.
Alle ore 19.30 cena al sacco per chi
desidera partecipare alla conferenza
del past. Sergio Rostagno su Barmen.
□ A 50 ANNI DALLA
DICHIARAZIONE DI
BARMEN
PINEROLO — Alle ore 20.45. presso
la sala della chiesa valdese di Via dei
Mille 1, il prof. Sergio Rostagno, della
Facoltà valdese di teologia, terrà una
pubblica conferenza su: La Chiesa Confessante ieri e oggi. A 50 anni dal Sinodo di Barmen.
Seguirà un pubblico dibattito.
L'incontro è organizzato dal Centro
ecumenico di Agape e dal Centro sociale protestante di Pinerolo.
□ TELEPINEROLO
CANALE 56-36
Alle oro 19 va in onda la trasmissione « Confrontiamoci con l'Evangelo •
(a cura di Marco Ayassot, Attilio Fornerone a Paolo Ribet).
Lunedì 21 maggio
n INCONTRO PASTORALE
TORRE PELLICE — Alle ore 9.15
presso la Foresteria Valdese si terrà
l'Incontro dei pastori e predicatori del
r Distretto.
— Riflessione biblica (C. Pasquet);
— Prof. S. Rostagno; Tendenze della
teologia sistematica oggi. Discussione.
— Questioni organizzative.
Si prega inoltre i pastori di portare
le relazioni ciclostilate (140 copie) per
la Conferenza Distrettuale.
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18 maggio 1984
vitadeUe^ese 5
ASSEMBLEA DEI PREDICATORI LOCALI
LA SCOMPARSA DI EMILIO NITTI
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Tra Pasqua e Ascensione 5 parole per Emilio
L’Assemblea annuale delLUnione dei predicatori locali ha avuto inizio sabato 28 aprile scorso
ad Ecumene, (Velletri) con una
predicazione di Armando Russo
(Taranto) che ha centrata la meditazione del culto di apertura
sul testo di 2 Tim. 2: 8: « Ricordati di Gesù Cristo, risorto dai
morti, della stirpe di Davide, secondo il mio evangelo » sottolineando l’importanza e la centralità dell’annunzio di Cristo nel
passaggio delle consegne da una
generazione all’altra.
Il Prof. Paolo Ricca, presente
aH’Assemblea, commentando favorevolmente nel suo insieme
l’impostazione e lo svolgimento
del sermone, ha citato una
espressione di Bonhoeffer tratta
da una delle sue « Lettere ad un
amico dal carcere » in cui l’autore osserva che mentre a primavera la natura sembra ritrovare
se stessa e tutto partecipa alla
ripresa della vita dopo le lunghe giornate della « morte » invernale, l’uomo pare vivere in
una completa dissociazione con
la natura che lo circonda.
Rivolgendosi quindi ai predicatori locali presenti, il Prof. Ricca li ha esortati a cercare di saper leggere ed interpretare meglio il proprio rapporto esistenziale e saper trovare delle parabole per capire piti profondamente l’incidenza tra l’Evangelo
e la nostra stessa esistenza.
Bonhoeffer asseriva di amare
in modo particolare il periodo
tra Pasqua e l’Ascensione perché
quello era il tempo delle apparizioni del risorto. Infatti in quel
periodo il Cristo risorto incontra i discepoli. Toma, Tincredulo,
Pietro il rinnegato, spezza il pane con gli altri, spiega le scritture per quanto attiene il rapporto tra di esse e lui stesso
(sulla via di Emmaus).
Ed ancora, Ricca ha invitato i
predicatori a non sciupare le occasioni che Tanno liturgico offre
Questo articolo, che attendevamo per unirlo ai due interventi
pubblicati la settimana scorsa, è giunto con un forte ritardo postale.
Ma il ritardo non gli toglie nulla.
Un gruppo di predicatori locali che hanno tenuto a Ecumene la
loro assemblea annuale il 28 aprile.
loro per una testimonianza conseguente e non dissociata da esso.
Dopo un dibattito su questo
tema il Prof. Ricca è passato ad
illustrare ai convenuti la delicata
situazione venutasi a creare in
campo ecumenico dopo la denuncia della concordia di Leuenberg firmata nel 1973 tra chiese
riformate di estrazione zwingliana - calvinista e chiesa luterana,
e successivi eventi in seguito ai
quali appare possible l’eventualità della convocazione di un
Concilio Evangelico Europeo o
Sinodo Protestante come unica
soluzione possibile per chiarire
la situazione.
L’assemblea quindi ha proseguito i suoi lavori con l’esame
dei problemi amministrativi e la
elezione del nuovo comitato. Sono risultati rieletti: segretario,
Claudio Tron, assistenti Roberto
Romussi ed Èva L’Ecrivain Rostain.
Il giorno successivo il presidente dell’ assemblea, Florence
Vinti, ha dato la parola al Prof.
Bruno Corsani che ha tenuto
una lezione di carattere biblico.
Il tema, difficile ma affascinante,
sui diversi modi con cui la Parola biblica comunica l’evento salvifico ha permesso di ripercorrere nuovi itinerari di ricerca, anche omiletica. « La Parola di Dio
— ha detto Corsani — è con l’uomo e per l’uomo »; ma fino a
che punto le nostre comunità
sono figlie di questa Parola?
Abbiamo trascorso due giornate ricche di spunti e di ricerca
nella bella cornice di Ecumene.
Parallelamente al nostro convegno si è svolto un incontro della
Chiesa del Nazareno in Italia che
ci ha permesso di conoscere nuove persone. La prossima Assemblea dei predicatori locali si terrà il 2'7-28 aprile 1985.
Osvaldo Piscini
CORRISPONDENZE
Una giornata piena di gioia
PALERMO — Giornata piena
di gioia e riconoscenza al Signore è stata per la nostra comunità la domenica di Pasqua.
Durante il culto cinque giovani
hanno chiesto di confessare la
loro fede in Gesù Cristo il Signore che è veramente risorto.
Essi sono: Adriana Giannlviligni e Daniela Salvaggio che sono state battezzate, Marco Geraci, Fabbrizio Massaro e Maurizio Tardo che hanno confermato il loro battesimo.
La comunità, riconoscente al
Signore per questo segno che le,
ha dato, continua a chiederGli
di guidare con l’aiuto del Suo
Spirito, questi giovani nelle sue
• Domenica 29 aprile abbiamo avuto la gioia di avere in
mezzo a noi (accompagnato dalla moglie) il prof. Alberto Soggin il quale ha presieduto il culto e la sera ha tenuto una conferenza — con buona partecipazione della cittadinanza — su
« Israele, il mondo arabo e l’antisemitismo ».
Ringraziamo il prof. Soggin
per il buon messaggio rivoltoci
durante il culto e per la dotta
conferenza tenuta la sera.
• Il 13 marzo il Signore ha
chiamato a Sé la sorella Oara
Rondini ved. Dotto. La sorella
Clara (nata da famiglia evangelica, era stata confermata nella
Chiesa valdese di Palermo nel
1910) restò lucida di mente sino
alla fine (presto avrebbe com
piuto 90 anni) ed era un vero
piacere conversare con lei di
tanti argomenti e venire a conoscenza di tanti particolari della vita della comunità valdese di
Palermo agli inizi del nostro secolo.
Ai figli Anna e Aldo il nostro
fraterno affetto e « Beati i morti che muoiono nel Signore ».
Soggin su Israele
GROTTE (AG) — Il past.
J. Salvaggio — nativo di Grotte — alla sua morte avvenuta
in USA, lasciò ogni suo avere
alla Chiesa Valdese di Grotte
perché questa lo usasse per l’opera d’evangelizzazione.
Il Comitato che amministra
questo lascito ha deciso di organizzare una conferenza pubblica ed ha invitato il prof. Alberto Soggin che il 28 aprile u.s.
ha parlato su « Israele, il mondo arabo e Tantisemltismo ».
La partecipazione del pubblico è stata notevole (alcuni sono
venuti anche da Agrigento) ed
erano presenti il Sindaco, operai, gente colta, giovani e anziani.
Dopo una breve e vivace presentazione fatta dal past. A. Bertolino, il prof. Soggin ha iniziato
la sua esposizione seguita da tutti i presenti con molta attenzione. Il prof. Soggin dopo aver fatto un’esposizione storica (nascita
delTantisemitismo e del Sionismo) ha parlato con buona co
noscenza di causa della situazione attuale.
Alla fine delTapplauditissima
esposizione vari seri interventi
(anche se alcuni critici) ai quali
il prof. Soggin — come è stato
osservato — ha risposto .« con
molta saggezza e da vero conoscitore del problema ».
Inaugurazione
ALBISOLA — « La pietra che
gli edificatori avevano rigettata è
divenuta la pietra angolare ». Con
onesta narola evangelica i battisti di Albisola comunicano Tinaugurazione della loro chiesa sita
in via Sisto IV 40 che avrà luogo
domenica 3 giugno e invitano i
fratelli ad essere numerosi con
loro in quel giorno.
Alle ore 10 avrà luogo il culto
di inaugurazione con la predicazione del past. Piero Bensi, presidente dell’UCEBI.
Alle ore 16 avrà luogo una testimonianza all’aperto, con canti
della Corale di Genova e messaggi dei pastori presenti.
Precisazione
In riferimento alTarticolo apparso sul
numero del 4 maggio u.s. dell’Eco delle Valli e relativo alla comunità di Forano Sabino (Rieti), il consiglio nazionale della F.F.E.V.M. ritiene necessario precisare che l’Unione Femminile
di Forano è federata da lungo tempo.
Che dire, ora, di Emilio Nitti,
morto dì cancro a 44 anni, che
non sia un’esercitazione retorica
di quelle che si usano in questi
casi? Di cose verrebbe voglia di
raccontarne tante : dalle mille
cose imparate durante l’infanzia
e l’adolescenza giocando con lo
zio più amato, fino alle speranze e al dolore dei mesi della sua
malattia. Per dire le cose veramente essenziali, tuttavia, di parole ne bastano davvero poche.
Non più di cinque.
Innanzitutto, Emilio è stato
un credente in Gesù Cristo. Nella chiesa di via Vaccaro piena fino alTinverosimile di evangelici,
cattolici, non credenti venuti per
il funerale, il pastore Tron ha
letto davanti alla bara ricoperta dalla bandiera multicolore del
movimento per la pace queste
parole della Bibbia : « Io non mi
vergogno dell’Evangelo ; perché
esso è potenza di Dio per la salvezza di ogni credente» (Rom.
1: 16). Era stato Emilio a scegliere quel versetto, e certo nessun altro potrebbe dirci di più
su di lui. Chiunque lo ha incontrato, nella vita privata come
nel lavoro o nell’attività politica, ha trovato che il suo fondamento era la fede in Gesù. Di
questo, il miglior riconoscimento è venuto forse dalla successione delle parole con cui l’edizione napoletana dell’« Unità »
ha annunciato su nove colonne
la sua scomparsa : « E’ morto Emilio Nitti, evangelico e comunista ».
Ci dicevamo spesso l’un l’altro, prendendoci in giro ; « Sei
fazioso ». Lo scherzo era nato
da certe discussioni molto accese che avevamo avuto, sulla Bibbia e sulla teologia. In fondo —
secondo una tradizione familiare —- la polemica non gli dispiaceva; e questa tendenza era, per
così dire, aggravata da altri due
elementi: uno, la sua estrema
franchezza, e due, un modo di
pensare anticonformista, fastidioso, scomodo. Non più di due
mesi fa, quando ad un suo intervento decisamente pungente
fece seguito una risposta dell’interlocutore in tono conciliante
e autocritico, mi disse, paradossalmente quasi dispiaciuto: «Vedi, non si può più neanche essere faziosi! ». I dispiaceri veri, invece, gli toccavano quando —
spesso — gli capitava di essere
frainteso. Valutando le cose col
metro degli usuali rapporti fra
le persone, a volte poteva essere diffìcile da capire: ma anche
nella polemica Emilio era capace di ascoltare le ragioni dell’altro; e la sua ingombrante franchezza rappresentava per lui parte integrante dei rapporti di frar
ternità che cercava con chiunque.
Emilio era un comunista, anzi: un dirigente comunista. Ma
si capirebbe poco di questa sua
militanza se la si separasse dalla sua fede. Responsabile per la
scuola nel PCI napoletano prima di ammalarsi, certamente
Emilio è stato una figura assai
singolare nel poco raccomandar
bile mondo dei politici di professione (bisogna precisare: Emilio si guadagnava da vivere
facendo l’insegnante; ma sulle
sue spalle c’era una mole di lavoro e di responsabilità superiore a quella di molti funzionari). Alieno dai compromessi
di basso livello, irreprensibile,
spesso solo nelle sue battaglie,
1’«onorevole Nitti» (così lo avevamo soprannominato noi della
PGEI) ha saputo essere testimone della Parola di Dio che
cambia ogni cosa anche li dove
questa Parola stona, appare provocatoria, addirittura « fuori posto ». Non credo che sia sbagliato attribuire a questa «diversità» di Emilio il grande, sincero
dolore che la sua scomparsa ha
creato nel PCI napoletano: tanto che il «politichese» goffo e
ampolloso del messaggio letto
in chiesa durante il funerale dal
segretario regionale Eugenio Donise non riusciva a nascondere
una profonda commozione.
Ancora, Emilio era un insegnante. E non lo era solo durante le ore di italiano e storia, di
cui era professore in un istituto tecnico: al contrario, il gusto
del lavoro coi giovani, della trasmissione delle esperienze del
passato, del lavoro che sviluppa
le capacità critiche per poter
trasformare il presente emergeva in lui in ogni momento. Per
esempio, nelle attività della
scuola domenicale, della quale è
stato per anni un monitore, e
fino all’ultimo quello a cui si
chiedeva consiglio quando c’era
un problema; o anche il movimento pacifista, nel quale lo
« specifico » di Emilio è sempre
stata la tematica dell’educazione alla pace. Per lui, l’insegnamento era una vera e propria
passione: al punto che, nonostante il rapido aggravarsi della
sua malattia, alla fine di gennaio andava ancora a scuola per
partecipare agli scrutini del primo- quadrimestre. E l’ultima volta che ha predicato — era metà febbraio — un gruppo dì suoi
allievi sedeva fra le panche di
via Vaccaro e lo ascoltava. Giustamente è stato detto di lui al
suo funerale : « Emilio ha fatto
scuola dentro la chiesa e ha portato la chiesa nella scuola».
Le ultime due parole, per la
verità, le ho già dette alTinizio:
la prima di esse è: cancro. Questa terribile malattia, di fronte
alla quale molti non riescono a
sfuggire a un terrore superstizioso. tanto da evitare addirittura di nominarla, ha trovato in
Emilio un avversario coraggiosissimo. Sempre informato sulle
sue reali condizioni, ha affrontato lo stress e la sofferenza di
un anno e mezzo di terapia antineoplastica, di parziali remissioni e di nuovi aggravamenti della malattia senza giungere a dire : « Adesso basta, lasciatemi
morire ». Per dirla con un poeta
a lui caro. Nazim Hikmet, non
credeva alla morte, pur temendola. E, ancora negli ultimi giorni, ha raccomandato che chi vorrà ricordarlo lo faccia inviando
un’offerta alla Lega per la lotta
contro i tumori.
L’ultima parola è — stranamente, anche per noi credenti —
un altro tabù: la morte. Emilio
non era indifferente, di fronte
all’idea di morire; tanto meno ne
era contento. Al contrario, questo pensiero, e la sensazione di
perdere progressivamente il controllo sul proprio corpo, gli creavano paura e dolore. Eppure,
non mi è mai sembrato un uomo
disnerato.
Un uomo la cui vita si è intrecciata molto strettamente con
ouelJa di Emilio, Salvatore Ricciardi, ha letto al funerale onesto versetto dell’epistola ai Romani : « Son persuaso che né
morte né vita, né angeli né principati, né cose presenti né cose
future, né potestà, né altezza né
profondità, né alcun’ultra creatura potranno separarci dall’amore dì Dio, che è in Cristo Gesù, nostro Signore» (8: 38). E
ha .spiegato, facendomi ricordare le risposte che mi dava Emilio quando avevo quindici anni
e facevo un sacco di domande
sul senso della vita e della morte : « Oggi per noi è un giorno
di tristezza, ma neanche in questo momento siamo senza speranza. Per chi crede in Gesù c’è
infatti la promessa della risurrezione a una nuova vita dove il
peccato e la morte non esisteranno più ».
Paolo Florio
6
6 obiettivo aperto
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18 maggio 1984
A 50 ANNI DAL PRIMO SINODO DELLA CHIESA CONFESSANTE NELLA GERMANIA NAZISTA
Barmen 1934
úna svolta per il nostro tempo
Un appello a confrontarci nel presente con questioni cruciali: la situazione del cristianesimo nel
l’epoca moderna, la dimensione profetica della chiesa, la credibilità del cristianesimo nel futuro
|ii Barmen è la località dove si svol.
«se dal martedì 29 al giovedì 31 magNgio 1934 una delle più importanti
Ijassemblee ecclesiastiche del nostro
ijsecolo. Anche se per il numero dei
^partecipanti (solamente 138) non
ipuò esser paragonato airassemblea
||di fondazione del Consiglio Ecume'Hico delle Chiese (Amsterdam 1948),
■p anche se fu limitato alle chiese
! tedesche, quel « Primo sinodo conlEessante della Chiesa Evangelica te^desca » ebbe un’importanza monitìiale. Nella storia del nostro secolo
•Quella data segna, per una parte
-della chiesa, una svolta significati:^a, e per tutta la chiesa, un appello
'a confrontarsi con questioni cruciaih che non possono esser evitate,
ij A Barmen si combatteva una batiit^lia che aveva come antagonista
(diretto Adolf Hitler. Ma la battaglia
;è una battaglia per la chiesa, come
(autenticamente avviene ogni volta
■iche sono in gioco cose importanti.
Si possono distinguere due campi:
'Uno esterno e uno interno. La batta|glia che si svolge a Barmen è tutta
¡interna, ma la sua portata coinvolge im orizzonte esterno, molto più
vasto. Significativo è però il fatto
-che proprio in presenza di avvenimenti di vasta portata, come l’asceisa al potere di Hitler con tutte le
■conseguenze che si profilavano anche per la chiesa, gli appartenenti
lalla Chiesa confessante non fanno
proclami ’’politici” rivolti all’esterìpo, ma riorganizza,no al proprio in■terno un fronte di resistenza. Stranamente, il primo passo è una am¡missione di colpa, è una autodeinimcia di corresponsabilità della
chiesa per quanto sta succedendo.
Vi sono grosso modo due posizioj|ni airinterno della chiesa in quel
fatidico 1933-1934. Gli uni non solo
accettano Hitler, ma lo salutano come salvatore della Germania. Il so'stegno della chiesa a Hitler ha radici anche teologiche: non può esistere cristianesimo che non sia legato
alla realtà del popolo e al momento
¡storico che la nazione sta attraversando. Il cristianesimo da solo non
può stare: ha bisogno di esser affiancato da qualche altra cosa. Cristianesimo e cultura, cristianesimo
e società, cristianesimo e... « Cristianesimo e...» è la grande sintesi del
compromesso della chiesa con l’età
moderna.
Perciò questa espressione diventa
, il bersaglio preferito di quelli che so.
.stengono l’altra posizione. L’altra
posizione, aH’interno della chiesa,
è diametralmente opposta. In prospettiva non è ancora contro Hitler, lo sarà per la ragione delle
cose. Ma Hitler essa non lo vede
nemmeno, pigmeo ai suoi occhi
.che cercano cose più sostanziali.
No, il problema non è Hitler, ma
quel tipo di collegamento tra chie¡sa e società, tra chiesa e mondo che
,ora sta dando i suoi ultimi frutti
jCon la grande acclamazione di Hi;tler e con la sintesi tra parole dell’evangelo e parole d’ordine della
storia.
La battaglia per la chiesa è una
'battaglia intorno alla teologia pre
valente, o meglio intorno all’impostazione stessa del discorso teologico e più concretamente intorno alla
predicazione della chiesa, che è la
parola che la chiesa rivolge al mondo. Il succo di tutta la cUscussione
sta in due frasi: primo punto, la dissociazione da quanto sta avvenendo implica che la chiesa riconosca
la propria parte di responsabilità.
E’ un po’ nello stile dell’epoca: ammettere una colpa significa demmciare le origini lontane della stortura presente; andare a vedere dove e quando tutto cominciò a tendere verso il risultato errato. E’ il
processo alla storia moderna della
chiesa. Ed in una certa misura anche il processo alla chiesa. Questo
è il primo punto. Questo è sempre
l’inizio.
11 secondo pimto, che logicamente sta sullo stesso piano, è il recupero della purezza della parola evangelica dalla quale la chiesa dipende e che non può confondere o
sintetizzare con le voci della storia.
La Chiesa confessante non ha sostanzialmente detto nulla di più che
questo. Fu im fatto interno alla
chiesa, e non volle mai essere altro,
ma questa chiesa era ormai presa
nell’ingranaggio della storia sanguinosa che attraverso i lager, la seconda guerra mondiale e la resistenza, offriva posto einche per i
martiri. In se stesse le dichiarazioni della Chiesa confessante, come la
stessa Dichiarazione teolc^ca sulla
situazione presente della Chiesa Evangelica Tedesca votata dal sinodo di Barmen il 31 maggio 1934, non
vollero mai essere altro che documenti di ordine spirituale. Ma non
bisogna lasciarsi ingannare da questo, come se si trattasse di documenti disincarnati e astratti. Si tratta, in qualche modo, di documenti
’’profetici”, che come tali vanno letti. Il profeta non parla sempre direttamente ed esplicitamente suj
presente perché egli, talvolta, vede
e mira più lontano. Nei docmnenti della Chiesa confessante Hitler è
già vinto nel 1934, egli non esiste
già più, benché storicamente parlando, non sia ancora arrivato nemmeno all’apice della sua potenza.
Di fronte a Dio e su un piano più
elevato, dove la storia viene vagliata, egli non pesa già più nulla. Il
suo pieno è diventato un vuoto, il
suo più un meno. Ma la chiesa non
sa” questo per una specie di rivelazione che la renderebbe più potente, ma lo apprende nel tormento
della richiesta della parola di Dio
e mentre questa la conduce, un passo dopo l’altro, attraverso il martirio del lager e della guerra. Come
sempre: chi ha orecchie da udire,
oda.
Un testimone autorevole, il filosofo antinazista Horkheimer, scriveva
nel 1935: « La pura resistenza spirituale è un ingranaggio nel meccanismo dello stato totalitario» (Teoria critica, Einaudi, Torino 1974, voi.
I, p. 366). Ma le sue parole, prese
alla lettera, sono sbagliate. Sarebbero giuste se volessero dire che
di fronte allo stato totalitario non
Per saperne di più
AA.VV., Tra la croce e la svastica. Il messaggio di una chiesa confessante per il nostro tempo (1934-1984).
Per i 50 anni della Confessione di fede dì Barmen è in corso di
stampa un volume della Claudiana sulla Resistenza della chiesa tedesca contro il nazismo e il suo significato per la testimonianza
odierna. Saggi di S. e B. Rostagno, G. Peyrot, G. Rochat, W. Vischer,
G. Deltheil, K. Blaser, P. Ribet e altri.
pp. 240 circa, L. 7.800 — collana « Piccola Collana Moderna ».
La Società di Studi Valdesi ha pubblicato un opuscolo di Giorgio Girardet: La Chiesa al bivio, Barmen 1934, pp. 36, L. 1.500, da
cui sono tratte le illustrazioni di queste pagine.
Karl Barth
vi sono fughe possibili in qualche
trascendenza. Mentre appunto il richiamo e l’appello della Chiesa confessMite costituiscono il contrario
diretto di questa fuga, come anche
Horkheimer riconosce nel contesto.
Tre punti
da approfondire
Vi sono, a mio parere, tre punti
da approfondire. Il primo riguarda
la situazione del cristianesimo nell’epoca moderna; il secondo la dimensione profetica della chiesa; il
terzo la credibilità del cristianesimo nel futuro.
4 Barmen è la chiave per com* ■ prendere il progetto ecclesia
Anche qui Barmen ci offre un segnale che rivela la tendenza profonda della chiesa nel nostro secolo.
Si tratta della ripresa di iniziativa
della chiesa nei confronti del mondo. Ripresa d’iniziativa che va di
pari passo con una ricuperata autonomia.
<5ui vorrei però sottolineare clf
la chiesa, a Barmen, non trova*
se stessa la forza della profezia.
Chiesa profetica non è chiesa che
si autopropone come depositaria
divina di contenuti sacri od eventualmente anche ’’evangelici”. Non
è chiesa che di fronte al crollo dei
valori del mondo segretamente se
ne compiace, per poter tirar fuori
i propri. Non è la chiesa che si pone come alternativa allo stato.
E’ semplicemente chiesa che si
affida alla forza del messaggio biblico. Che cosa questo voglia dùe
in concreto lo possiamo vedere dMle prediche degli anni 1933 e seguenti (per esempio la predica di Goll■witzer del 1938 in parte tradotta nel
« Quaderno PUV » intitolato « La
grande svolta », 1964).
Ma soprattutto chiesa profetica è
chiesa che viene condotta dalla Parola di Dio nel martirio, a scoprire
la forza paradossale della croce. Ri.
prendere iniziativa nei confronti del
mondo e ricuperare la propria autonomia vuol dire esser condotti ^
dove non si vorrebbe, come dice U
significativo titolo di una raccolta
di prediche di quel tempo.
Non dico questo solo a scopo documentario. Forse la teologia del
« Servo di Jahvé » costituisce ancor
oggi lo spunto per superare la doppia ambiguità di una chiesa compromessa col mondo e di una chiesa disincarnata ed astratta. Oppure
l’altra ambiguità, più attuale e presente, di una impresa ecclesiastica
che tratti il mondo come un ogge®
to di assistenza spirituale.
per punto di partenza il passato e
per orizzonte, quest’epoca ’’moderna” così ricca di ogni genere di eccessi.
2 II mio secondo punto di com
mento a Barmen riguarda la
dimensione ’’profetica" della chiesa.
O Terzo punto o spunto di discussione: la credibilità del cristianesimo, problema sempre attuale.
Non slamo quello che dovremmo
essere, ma non possiamo ripetere
all’infinito questo lamento. Come
forza spirituale il cristianesimo è-|
in realtà molto vivo ed efficace. L^’
questione consiste nel sapere a che
cosa contribuisce e verso che cosa
è indirizzato. Ricupero di una posizione autonoma rispetto al mon
stico nel nostro secolo. (Quelle 138
persone, teologi e laici, sono là per
tutti noi. Il progetto del cristianesimo nel XX secolo si svolge a partire
da una consapevolezza di crisi verso il recupero di una posizione autonoma della chiesa nei confronti
del mondo, senza perdere di vista
che questo è il suo mondo. Questo
progetto ha una cerniera, che è Barmen. Qui in primo luogo si diventa
consapevoli della crisi del proprio
rapporto con il mondo.
La chiesa protestante è una chiesa che non ha paura di autodenunciarsi. Per delle ragioni che sarebbe
lungo spiegare, essa ha accompagnato il mondo moderno e si è in
una certa misura identificata con
esso. Ha voluto essere la sua coscienza ed è naufragata proprio su
questa pretesa, perché non le è riuscito di esser nello stesso tempo l’anima di un’epoca storica e il suo
principio critico. Il crollo di questa
illusione è risentito a Barmen e la
denuncia, del resto preparata dal
lavoro teologico del decennio precedente, è spietata, senza mezzi termini. Vi è una rottura con il passato che non consente più illusioni
o sogni. Quella che si confessa a
Barmen è una chiesa al negativo.
Esiste mai punto di partenza più
autentico di questo? Possiamo noi
innocentemente proseguire come se
non fosse esistita quella rottura? O
tutto è definitivamente sepolto nelle
incertezze del ’’post-moderno”? Non
esiste o non dovrebbe esistere un
modo di far teologia o di esser chiesa che non si risolva, per cominciare, in una verifica di quello che
si è e si vuol essere. E questo ha
Dalla dichiarazione
Il primo degli atti del Sinodo confessante di Barmen fu costituito dalla "Dichiarazione teologica sulla situazione presente della Chiesa Evangelica Tedesca" della quale pubblichiamo la parte centrale,
costituita da 6 tesi contrapposte agli errori del "partito dominante
dei Cristiani Tedeschi", nella traduzione di Sergio Rostagno.
I
« lo sono la via, la verità e la vita;
nessuno viene ai Padre se non per
mezzo di me» (Giov. 14: 6).
« In verità, in verità vi dico: chi non
entra nella stalla delle pecore per la
porta, ma da qualche altra parte, quello
è un ladro e un assassino, lo sono la
porta; chi entra attraverso di me, sarà salvo» (Giov. 10: 1.9).
Gesù Cristo, così come ci viene attestato nella Sacra Scrittura, è l'unica
parola di Dio. Ad essa dobbiamo prestare ascolto; in essa dobbiamo confidare e ad essa dobbiamo obbedire in
vita ed in morte.
Respingiamo la falsa dottrina, secondo cui la chiesa, a fianco e al di
là di quest'unioa parola, 'potrebbe e
dovrebbe usare come base delia propria predicazione anche altri eventi e
forze, figure e verità, riconoscendo loro
il carattere di rivelazione di Dio.
questo mondo per un libero, riconoscente servizio alle sue creature.
Respingiamo la falsa dottrina, secondo cui ci sarebbero settori della nostra esistenza nei quali non apparterremmo a Gesù Cristo, ma ad altri Signori; settori, in cui non ci sarebbero
necessarie la sua giustificazione e la
sua santificazione.
HI
li
« Gesù Cristo ci è stato fatto da
Dìo sapienza e giustizia e santificazione e redenzione» (I Cor. 1: 30).
Come Gesù Cristo rappresenta la
grazia senza condizioni del perdono di
tutti i nostri peccati, così, con uguale
serietà egli è l’espressione della forte
pretesa che Dio fa valere nei confronti di tutta la nostra vita. Per mezzo
suo ci accade di sperimentare una felice liberazione dagli empi legami di
« Siate al servizio della verità nell'amore e in tal modo crescete sotto
ogni aspetto verso quello che è il capo, Cristo, a partire dal quale tutto il
corpo è collegato insieme » (Efes. 4:
15 e 16).
La chiesa cristiana è la comunità di
fratelli, in cui Gesù Cristo nella parola
e nel sacramento mediante lo Spirito
Santo agisce in modo presente come
il Signore. Essa ha da testimoniare
con la sua fede come con la sua obbedienza, con II suo messaggio come
con il suo ordinamento, in mezzo al
mondo del peccato come chiesa dei
peccatori perdonati, che essa è soltanto sua proprietà, vive e desidera
vivere soltanto della sua consolazione
e della sua direttiva, nell'attesa della
sua manifestazione.
Respingiamo la falsa dottrina, secondo cui la chiesa potrebbe lasciar determinare la forma del proprio messaggio e del proprio ordinamento dalle proprie preferenze o dal variare
delle convinzioni ideologiche e politiche di volta in volta dominanti.
iii.'
7
18 maggio 1984
otíettho aperto 7
do: va bene, e poi? Bonhoeffer ci
ha comunque preavvertito in una
delle sue lettere dal carcere di Berlino, nel 1943: non esiste un punto
archimedico su cui la chiesa potrebbe appoggiarsi per sollevare il
mondo.
« Posizione autonoma » e « chiesa
profetica » e « recupero di iniziati# nei confronti del mondo » che
cosa vogliono dire in concreto?
Barmen, perlomeno, parlava con
tutto il rigore desiderabile: la Parola di Dio e soltanto quella. Qual
è il progetto ecclesiastico di domani?
Forse i progetti sono più di uno.
C’è chi consacra il mondo a Maria,
che è un modo popolare e espressivo per far leva sui fervore religioso. La chiesa si propone per prender la successione del morto illuminismo, trovando consensi a volici anche tra gli intellettuali. Il protestantesimo non ha questa merce
e quindi non la può vendere, ma la
tentazione è forte di fabbricarsi
qualche cosa di analogo, pur di non
perdere spazio.
Altri progetti hanno molto presto
dichiarato Barmen per sorpassato,
limitato, circoscritto. Nel dopoguerra il problema non è più: « dove ci
attende Dio? »; bensì: « come può
la chiesa farsi capire dal mondo? ».
¥ discussione teologico-ecclesiastica è così rimbalzata su vari temi,
dalla secolarizzazione alla "morte
di Dio”, alla "kenosi", alla prassi e
mi scuso con quelli che non hanno
conosciuto tutte queste tematiche,
essendo nati dopo. Ma lo spostamento c’è stato: il problema di farsi capire è diventato il problema numero uno della teologia e della chie.
sa. Non era un falso problema, certo; in se stesso almeno. Ma non centrale. Altri progetti?
%Alla peggio, c è sempre il Consiglio Ecumenico delle Chiese. Ma
non alzate le spalle troppo presto.
. Le grandi organizzazioni intemazionali ed inter-ecclesiastichè, derise,
criticate, sono state (e forse saranno ancora) modeste protagonista di
questo nostro tempo. E poi lo stesso Consiglio Ecumenico, se non
siete dei reazionari, vi dovrebbe
^ apparire in una luce simpatica. So*%) due date importanti: la prima
assemblea, Amsterdam 1948, con
Poster Dulles, presente come laico
presbiteriano che vuol forzare la
condanna del comunismo e di fron
te a lui Karl Barth, con la Chiesa
confessante, che la vuole evitare.
La condanna non ci fu (fu però condannato il totalitarismo). Visser ’t
Hooft, anch’egli grande personalità
di questa scuola e di questo periodo, lo racconta nelle sue memorie.
E la seconda data, se non erriamo,
è quella dell’assemblea ecumenica
di Uppsala (1968), dove lo stesso
Visser ’t Hooft tira fuori l’espressione oggi molto diffusa di ’’ortoprassi’’, a dire che vi può esser un’esigenza assoluta e perentoria anche
nel campo degli atti, come quella
che in altri tempi e da sempre il cri.
stianesimo attribuiva soltanto all’ortodossia di tipo dogmatico, nella
formulazione letterale della fede. Allora non dite troppo male del Consiglio Ecumenico.
E tante altre cose. Eredità confessante idi Barmen: per me si situa
al livello del suo stesso radicalismo.
Che non è la sospensiva su ogni parola e ogni iniziativa; il grande interdetto per il quale la chiesa dovrebbe stare nel silenzio. Ma è l’in
vito e l’appello a situarsi là dove
la parola di Dio diventa di per sé
credibile, cioè dove essa s’mcama.
Questo, se mai, dovrebbe essere il
grande tema ecumenico, suscettibile
di superare le nostre divisioni. Interpreto qui forse Barmen in modo
non perfettamente conforme al pensiero di Barth. Egli ha sempre usato espressioni in cui la chiesa (non
l’organizzazione ecclesiastica, ma la
chiesa che nasce dall’ascolto della
parola e la mette in pratica) è in
anticipo rispetto al mondo. Questo
anticipo per me non ha senso. E'
sufQciente esser lì sul momento, e
cioè al momento opportimo, decisivo. Credo che questo sia dopotutto
anche aderente al pensiero di Barth.
Di qui discende l’idea di una chiesa confessante e profetica,, che si
richiama al Servo sofferente di
Jahvé. Forse i nostri più giovani
amici saranno portati a sviluppare
questo tema, che noi abbiamo eresiato da coloro che da Barmen in
poi, lo hanno, in vari modi, vissuto.
Sergio Rostagno
UN’ALTERNATIVA CULMINATA NELLA PRIMA ASSEMBLEA DEL CONSIGLIO ECUMENICO
Chiesa confessionale
o confessante?
Da un lato una chiesa rappresentata come una munita fortezza medioevale,
dall'altra il simbolo del Battista di Grünewald che punta il dito verso il Cristo
Gli anni 1930-1948 sono stati segnati dall’alternativa fra queste due
concezioni della chiesa. Al termine
dell’alternativa, vissuta in lungo travaglio, la Assemblea Ecumenica di
Amsterdam ne studiava nel 1948 le
motivazioni nel quadro del tema
proposto alle chiese. Il tema verteva « sull’ordine di Dio e il disordine
deH’uomo ». In questa dualità dove
era, chi era la chiesa? Quale era la
sua vocazione? Per chi e con chi
era chiamata a confrontarsi? Per
gli Anglicani, Ortodossi, Luterani,
Presbiteriani, Metodisti, Battisti si
susseguirono professori, pastori, filosofi. Per i Riformati parlò Karl
Barth; il suo discorso assunse un
carattere corale, che trovava un
consenso, che dai Congregazionalisti
raggiungeva molti Luterani, Battisti,
Riformati europei: ricordiamo Visser ’t Hooft, Martin Niemòller, Wilhelm Niesel, Pierre Maury, Valdo
Vinay, Vittorio Subilia. Barth parlò della chiesa « in tono minore » in
maniera estremamente piana, quasi
« storica ». La chiesa non è chiama
teologica di Barmen
» 'V
« Voi sapete che i prìncipi delle nazioni le signoreggiano e che i grandi
le sottomettono al loro dominio. Ma
non è così tra voi; anzi, chiunque vorrà esser grande fra voi, sarà il vostro
servitore » (Matteo 20: 25 e 26).
I diversi ministeri nella chiesa non
legittimano alcuna supremazia degli
uni sugli altri, bensì sono alla base
^ ,dell'esercizio del servizio affidato e
5jComandato a tutta la comonità.
Respingiamo la falsa dottrina, secondo cui la chiesa potrebbe darsi o permettere che le vengano dati dei capi
di tipo particolare muniti di autorizzazione all’esercizio di un potere che esula dal servizio stesso della chiesa.
« Temete Iddio, rendete onore al re »
(I Pietro 2: 17).
La Scrittura ci dice che lo stato, per
"divina disposizione, nel mondo non
ancora redento, nel quale anche la
chiesa si trova, ha il compito — per
quanto rientra nelle prospettive e nelle
possibilità umane e senza escludere
la minaccia e l'uso della forza — di
provvedere al diritto e alla pace. La
chiesa, con gratitudine e timore verso
Dio, riconosce il beneficio di questa
disposizione divina. Essa fa appello al
regno di Dio, al suo comandamento ed
alla sua giustizia e perciò ricorda ai
governanti ed ai governati le loro refjsponsabilità. Essa si affida ed obbedisce alla potenza della parola mediante
la quale Dio regge ogni cosa.
Respingiamo la falsa dottrina secondo cui lo stato, al di là del suo campito
particolare, dovrebbe e potrebbe diventare il solo e totale ordinamento della
vita umana tanto da assolvere anche
la funzione cui è destinata la chiesa.
Respingiamo la falsa dottrina, secon.
do cui la chiesa, al di là del suo compito particolare, dovrebbe e potrebbe
attribuirsi caratteri, compiti e dignità
propri dello stato, tanto da diventarne
essa stessa uno degli organi.
VI
« Ecco, io sono con voi tutti i giorni
fido alla fine dell'età presente » (Matteo 28: 20).
« La parola di Dio non è incatenata »
(Il Tim, 2: 9).
Il compito della chiesa, fondamento
della sua libertà, consiste nel rivolgere
a tutto il popolo, in luogo di Cristo e
dunque a servizio della sua parola «
della sua opera, per mezzo della predicazione e dei sacramenti, la notizia della libera grazia di Dio.
Respingiamo la falsa dottrina, secondo cui la chiesa, agendo con umana
arbitrarietà, potrebbe porre la parola e
l’opera del Signore al servizio di qualche desiderio, obiettivo o piano, oorrispondente alle sue scelte autonome.
Il Sinodo confessante della Chiesa
Evangelica Tedesca dichiara di ravvisare nel riconoscimento di queste verità e nel rifiuto di questi errori l'indispensabile base teologica che permette alla Chiesa Evangelica Tedesca di
essere una Lega delle chiese confessio.
naimente distinte. Esorta tutti coloro
che possono aderire alla sua Dichiarazione a tenerne presenti le prospettive
teologiche in occasione di loro decisioni concernenti la politica ecclesiastica.
Prega tutti coloro cui la cosa riguarda
di ritornare all’unità della fede, dell'amore e della speranza.
Verbum Dei manet in aeternum
.5 ! -‘r ' «
ta a sventolare segni solenni, appariscenti. Non ci fu un elenco di
« notae ». La chiesa era ed è la
congregazione in ascolto della Parola di Dio.
Comunità in ascolto « su questa
terra » fra gli uomini di questa generazione. L’assemblea avvertiva la
predicazione di Dietrich Bonhoeffer
come sottofondo impegnativo. Ma
quale tentazione serpeggiava dietro
10 splendido tema di Amsterdam?
La tentazione era il rischio di considerare l’ordine di Dio incarnato
nella chiesa, espresso, vissuto dalla
chiesa e di qualificare il « disordine
deU’uomo» nel disordine del mondo ateo, e nel suo rifiuto di ogni
forma e contenuto religiosi. E, al di
là di questa facciata, si avvertiva
l’altra contrapposizione; da un lato
l’Occidente Cristiano, dall’altro lato
l’Oriente negatore di ogni trascendenza. Il contrasto divenne evidente nel magnifico discorso di Foster
Dulles: ne emergeva la figura di una
chiesa, frutto deH’evoluzione del
Regno di Dio, che, a guisa di fermento attivo, entra nella storia dell’uomo e la trasforma man mano
in un mondo cristiano, in una storia cristiana, in una civiltà cristiana.
Era la visione gloriosa della sensibilità e vicenda anglosassoni, portatrice di una testimonianza pluralista, variegata, luminosa nel suo ottimismo. Da allora, per lunghi anni
vivemmo la nostra vicenda teoio,gica ed ideologica nel contrasto fra
11 « pessimismo germanico » per il
quale il Regno di Dio è l’evento imprevedibile, che, nell’istante, accade in una storia disordinata, segnata dal peccato e dalla morte, e
« l’ottimismo anglosassone » per il
quale il Regno è la potenza, la missione trasformatrice di un mondo,
che non potrà « non essere cristiano ». Per gli uni la chiesa annunziava il Regno, per gli altri la chiesa
era già il Regno, in cammino verso
la trasfigurazione del mondo.
Ma che cosa, che cosa doveva
Martin Niemöller
fare questa chiesa? Come vivere in
questa terra nell’attesa, nella missione, in questo mondo? Come vivere « fra i tempi »? (è un’altra espressione teologica di quel periodo).
Quello che, per gli uni e per gli altri, non è lecito è che la chiesa si mimetizzi col presente secolo, né che
essa se ne estranei in una mistica
distaccata e fuori dal tempo, in una
pietà solenne e in una liturgia celestiale. La chiesa deve essere chiesa,
in mezzo al disordine dell’uomo. Le
« potenze » non cristiane erano state troppo evidenti fra il 1930 e il
1948, perché il capitolo sull’armatura del cristiano, descritto nel sesto
capitolo della lettera agli Efesini,
diventasse superfluo.
Vivere in questo mondo, segnato
dal disordine dell’uomo (disordine
religioso, morale, sociale, economico, politico) volle tuttavia significare due modi di essere, di presentarsi alla società, allo stato, alle potenze: a) essere e presentarsi al mondo come una costruzione solida,
perfetta in tutte le sue parti, attiva
nei suoi ministeri, esempio e modello glorioso — oppure: b) essere
e sentirsi un popolo in marcia, piagato dalla propria relatività ed incoerenza, ma tenace assertore del
mistero e della speranza di Gesù
Cristo crocifisso e risorto. Questi
due modi furono espressi con due
immagini: da un lato l’immagine
della chiesa come « fortezza medioevale » con robusta cinta murale,
con la cattedrale e il municipio, avvolta dai fossi d’acqua, quale confini di separazione fra i santi e gli
empi.
L’altra immagine, prima e dopo
Amsterdam, fu tratta dalla pittura
di Mathias Griinewald dall’altare di
Isenheim; accanto al Crocifisso
marcato dalla violenza dei suoi avversari e dall’inerzia dei discepoli,
Giovanni Battista punta il dito verso il Cristo e, con citazioni profetiche, addita in lui l’Agnello di Dio.
E la chiesa si rivedeva in Giovanni
Battista. In quell’epoca questa raffigurazione del Griinewald si ritrovava in ogni casa pastorale ed in
ogni ufficio parrocchiale in Gemiania, Danimarca, Svizzera, Cecoslovacchia, Ungheria, Francia... Italia
come un segno di unità evangelica.
Queste diverse concezioni e immagini portarono man mano, a
precisare il compito della chiesa di
fronte alle potenze terrene, allo
stato; si avvertì la necessità di
mantenere il profilo di una chiesa
fedele, in ogni situazione e con tutti
i rischi, alla propria confessione di
fede (Confessione Augustana, Confessione di Westmlnster, Confessione della Rochelle ecc.): essere dei
blocchi monolitici, resistenti da secoli alle incrinature delle varie ideologie, alla violenza degli autoritoismi politici, dei miti nazionalistici,
delle mistiche razziali. La chiesa, rispettata nella sua confessione di fede storica, riscoperta dopo decenni
di dimenticanze volute o casuali,
non avrebbe, di fronte allo stato,
altro dovere che cantare l’alleluia
della vittoria e ringraziare il Sign(>
re perché non travolta da opposizioni e da contrasti o da persecuzioni. Chiesa confessionale!
La risposta di Barmen
Ma può la chiesa accontentarsi
del rispetto statale della sua identità confessionale, gloriosa nella sua
storica fedeltà ad un testo ortodosso di «sana dottrina»? No, fu la
risposta della Chiesa Confessante:
chiesa di Barmen! Il contrasto fra
chiesa confessionale e chiesa confessante si delineò sempre più chiaramente: la chiesa non è chiamata
a predicare se stessa, ma il Signore.
La predicazione del Cristo crocifìsso e risorto è la ragion d’essere
della comunità e la sj»ranza del
mondo. La chiesa è chiesa soltanto se vive il ministero profetico verso le potenze terrene, verso lo stato, i governi, i principati di questo
secolo. La sua autentica identità non
sta nella elencazione dei propri tesori spirituali, carismatici, ministeriali o sacramentali, ma nell’essere
« servente del Signore ». La sua autenticità si verifica nella sua responsabilità di testimone oppure la sua
vita si frantuma in moti, emozioni,
canti religiosi, svuotati di ogni limpido riferimento.
I tempi mutano, le teologie sì
susseguono, le interpretazioni dei
rapporti fra religione e fede variano
ed è giusto che la presente generazione mediti, in termini ecumenici,
le problematiche che vi sono connesse. Ma il movimento fra « chiesa
confessionale » e « chiesa confessante » rimane fertile terreno per
una tensione spirituale e morale,
che non può essere depauperata da
compromessi o essere evitata in ima
stagnante palude, anche se denominata « religiosa ».
Le nostre chiese sono, in questi
anni, chiamate a meditare sopra i
testi di Lima. E’ giusto non avventurarsi in frettolose e superficiali valutazioni sulla loro ricerca di vecchi e nuovi contenuti e forme. Né
vorremmo leggerli in stile e motivazioni nostalgiche.
Ma vogliamo sperare che non si
attui uno scivolamento verso climi
da « chiesa confessionale » dimenticando le tensioni e le speranze insite in una chiesa di Gesù Cristo,
che confessi nel mondo e annunzi
nel mondo il Regno di Dio, assumendo, con una teologia della croce,
le responsabilità di testimone in
mezzo ai travagli ed ai problemi
di questo tempo.
Carlo Gay
8
8 ecumenismo
18 maggio 1984
CONVEGNO INTERNAZIONALE A PRAGA
Nella città di Hus
Le garanzìe di un governo comunista non bastano e oggi molti giovani cercano nell’Evangelo una risposta al senso dell'esistenza
Una Bibbia aperta ed un calice
sovrastano il portale della Chiesa di S. Salvàtor, a Praga, dove,
domenica 29 aprile, assieme a un
gruppo di partecipanti al Convegno organizzato dall’« Evangelischer Arbeitskreis für Konfessionskunde in Europa », partecipo al culto. Anche neH’intemo,
nel legno scolpito deH’abside, si
ripetono gli stessi simboli, sintesi
della confessione di fede degli
evangelici boemi, che affonda le
radici nel lontano medioevo, nel
movimento di riforma e di lotta
degli Hussiti. Caratteristica della
Riforma hussita era infatti la celebrazione della Santa Cena con
le due specie, il pane ed il vino
(anche per i laici), e la libera
predicazione dell'Evangelo, nella
lingua del popolo.
Sotto bandiere rosse e striscioni dalle scritte pgahti, nell’atmosfera festosa di questa settimana dedicata al lavoro e ai lavoratori, fra guglie verdi e tetti dorati che luccicano al sole, Praga custodisce i segni di questa sua
storia, e li mostra, orgogliosa, al
visitatore: la «Cappella di Betlemme », costruita nel 1391 (e in
parte ricostruita nel dopoguerra). dove l’Evangelo, predicato
in boemo, ha nutrito e preparato il popolo alla Riforma; anche
Hus vi aveva predicato dal 1402
fino al suo esilio dalla città
(1412); il « Carolinum », l’Università dove Hus ha insegnato, gettando le basi teologiche e le linee
programmatiche per la lotta contro la Chiesa di Roma.
E’evidente che, fra tutti i ricordi del passato, emerge la figfura del grande maestro e martire della Riforma, Giovanni Bus,
cui Praga ha dedicato un imponente monumento nella grande
piazza della città antica, testimone del suo rogo nel 1415.
Non possiamo dimenticare che
i nmnerosi Valdesi, presenti a
Praga alla fine del 1300-inizio
alla Chiesa, perché ha allontanato dal ministero chi non aveva
vera vocazione, e la Chiesa ne
ha guadagnato in chiarezza ed
impegno.
Chi frequenta la Chiesa lo fa
per scelta: c’è incompatibilità in
Cecoslovacchia, come del resto
in tutti i paesi dell’Est, fra ideologia socialista e fede cristiana.
Così le Chiese non sono più, come in passato. Chiese di popolo.
Ma anche questo, dice il pastore,
è un vantaggio: le Chiese sono
diventate « Comunità confessanti ».
Vogliamo sapere qualcosa di
più sulle attività della Chiesa. Il
pastore ci racconta con molta
gioia che da pochi mesi è possibile tenere le lezioni di catechismo nella casa pastorale: un’innovazione di grande portata perché prima ogni attività era legata al locale della Chiesa. Ma anche oggi, per ogni attività, va richiesto — ed ottenuto — il permesso dello Stato. Il pastore di
una località vicina a Praga è sotto processo e rischia un anno di
carcere, perché ha organizzato
im incontro di catecumeni senza
il permesso governativo.
Per l’istruzione religiosa dei ragazzi è necessaria una dichiarazione di consenso da parte di
entrambi i genitori. Le lezioni si
tenevano nelle scuole, ora come
abbiamo detto, c’è la possibilità
di usare la casa del pastore. Chi
chiede l’istruzione religiosa di
solito rimane nella Chiesa. Fra
qualche settimana nella Chiesa
di S. Salvàtor verranno confermati (o battezzati)) 14 giovani: il
pastore si dichiara sicuro che di
questi almeno 12 rimarranno attivi nella comunità. Ci parla anche con entusiasmo di una cinquantina di giovani che si riunisce una volta alla settimana per
discutere i problemi della fede
ed ascoltare l’Evangelo.
Emerge così, da questo incontro, un’altra realtà, non immediatamente evidente a Praga: la
sicurezza di un lavoro garantito
a tutti, la vita sobria, così diversa dal consumismo occidentale,
le garanzie sociali di un governo
comunista, non sono sufficienti
a riempire di senso la vita. Oggi
molti giovani, studenti universi;
tari ed intellettuali, anche figli di
dirigenti del Partito, cercano nell’Evangelo una risposta più profonda al senso della propria esistenza.
Giuliana Gandolfo
(1 - continua)
La cappella di Bethlehem a Praga in cui Giovanni Hus predicò
agli inizi del XV secolo.
VENEZIA
1400, prepararono con la propria
predicazione e testimonianza in
mezzo al popolo, la rivolta degli
Hussiti contro la Chiesa romana,
e si unirono a questo movimento
di riforma, condividendo la lotta per l’Evangelo ed il calice. Così, Praga, custodisce anche qualcosa di « nostro ».
Nella Chiesa di S. Salvàtor, costruita all’inizio del 1600, al culto sono presenti circa 150 persone: è la più grande comunità
evangelica di Praga. Sono persone di tutte le età, anziani e giovani, si conoscono, si salutano e
parlano fra loro. Compatta la
comunità esprime con forza la
sua fede nel canto degli inni,
quasi tutti « salmi ugonotti »,
tradotti in cèco. Si tratta infatti
di una comunità di tradizione riformata, che dopo la prima guerra mondiale ha preferito riadottare l’antica denominazione di
« Fratelli Boemi ».
Le Chiese evangeliche in Ceco
slovacchia hanno un passato di
persecuzioni e guerre: la libertà
religiosa venne accordata solo
nel 1781, con un editto di tolleranza.
La situazione attuale della
Chiesa ci viene illustrata dal pastore e da alcuni rappresentanti
della comunità di S. Salvàtor, in
un simpatico incontro dopo il
culto. Con l’avvento del governo
socialista, nel 1949, tutti i beni
(stabili, opere ecc.) sia della Chiesa cattolica che delle Chiese protestanti sono stati incamerati
dallo Stato. I religiosi cattolici
e le suore danno la propria collaborazione nelle opere sociali dello Stato, fino alla loro estinzione,
perché non è permesso dare i
« voti » a nuovi adepti. Le Chiese
sono accettate dallo Stato, preti e pastori stipendiati dal governo socialista. All’inizio — ci
racconta il pastore — gli stipendi erano bassissimi. Ma questo è
un servizio che lo Stato ha reso
Insieme per uno studio
teologico laico
Nel febbraio/marzo scorsi a
Venezia è stato tentato un esperimento, che, se ve ne saranno i
presupposti, avrà un seguito nella prossima stagione ’84-85. Si
tratta di un ciclo di seminari
teologici indetto dal collettivo
teologico di Venezia. Il collettivo
è formato da persone provenienti da esperienze ecclesiali diverse,
come la comunità valdese-metodista, la rivista Esodo ed altre
ancora. L’obiettivo è, come si
vede, quello di effettuare una
esperienza ecumenica che tenti
di superare gli schematismi con
cui recumenismo tradizionale
viene portato avanti. Venezia è
Allarme delle chiese
per l’Africa affamata
(Soepi) — L’intero continente
africano è minacciato dalla carestia : circa un africano su quattro non ha abbastanza da mangiare. La situazione alimentare
sul continente è così catastrofica che nel prossimo futuro, più
di 150 milioni di persone non
avranno cibo sufficiente e molti
di loro, soprattutto i vecchi ed
i bambini, saranno minacciati di
morte. Nel corso di quest’anno
5 milioni di bambini soffriranno la fame ed altri 5 milioni si
porteranno dietro per tutta IST
viTàTe ouiiseguerizé di ima ciT-'
tiva nuirlziofae.
Questi dati così drammatici
hanno spinto le grandi organizzazioni protestanti e cattoliche
a fare la seguente dichiarazione
comune lanciando un appello
urgente per toccare la coscienza
di tutti i credenti e mobilitare
l’opinione pubblica.
« Dopo i grandi progressi dello
sviluppo economico degli anni
’60-70, l’attività economica si è
quasi arrestata. I motivi che sono all’origine dei problemi socio-economici sono molteplici:
1. - eccezion fatta per un breve periodo nel 1974-1975, numerosi paesi soffrono da 15 anni di
una grave siccità che ha reso il
suolo sterile e distrutto il bestiame ;
2. - l’aumento continuo e vertiginoso che da anni tocca il
prezzo del petrolio ha colpito
maggiormente i paesi in via di
sviluppo che non hanno risorse,
che i paesi industrializzati;
3. - la grave recessione e le
Echi dal mondo
cristiano
\
a cura di Renato Cofsson
crisi che scuotono l’economia
mondiale hanno ripercussioni
più disastrose nei paesi in via di
sviluppo perché non possono più
avere i capitali necessari agli investimenti più urgenti;
4. - le catastrofi causate dall’uomo quali i conflitti internazionali e le guerre civili hanno
creato migliaia di rifugiati. La
formazione insufficiente del personale e gli errori di gestione
che ne sono derivati hanno portato sia ad un fallimento in campo economico e sociale, sia alla
corruzione ;
5. - la priorità data ai grandi
progetti con forte richiesta di
capitale e di alta tecnologia, che
richiedono forti apporti di moneta straniera ed una gestione
altamente qualificata, ha portato a trascurare i piccoli progetti
di sviluppo a livello dei villaggi
ed ha portato alle crisi sociali
ed economiche attuali che si accompagnano ad un progressivo
indebitamento.
Per rimediare a questa situazione d’urgenza, la più vasta cui
l’Africa ha mai dovuto far fronte, sono di importanza decisiva
gli sforzi dei governi e delle popolazioni interessate. I paesi in
via di sviluppo non possono però farcela da soli, né nel campo
politico né in quello socio-economico. Solo i paesi industrializzati possono aiutarli aumentando e sostenendo le azioni di
auto-assistenza :
1. - bisognerebbe moltiplicare
gli sforzi politici volti alla costruzione della pace ed alla diminuzione delle tensioni, la cui
origine è spesso al di fuori dei
paesi africani;
2. - è importante dar vita ad
azioni di urgenza se in seguito
si vuole passare ad altro stadio.
Queste misure devono andare al
di là dei soccorsi attuali destinati a lottare contro la fame e
le malattie;
3. - affinché questi paesi possano vendere i loro prodotti ad
un giusto prezzo nei paesi industrializzati, bisogna che siano
abolite le barriere protezioniste.
Per aiutare le zone sinistrate,
i paesi colpiti hanno bisogno di
un flusso costante di capitali e
che il loro debito venga ridimensionato ;
4. - bisognerà prendere misure a breve e lungo termine per
introdurre l’irrigazione su larga
scala e migliorare le strutture
agricole, le infrastrutture ed il
sistema generale di rifornimento.
Per lottare contro l’assenza attuale di pace, la fame e la mise
ria in Africa, le Chiese del mondo intiero devono unire i loro
sforzi ».
Donne metodiste per
un Pacifico pulito
(BIP) — 180 donne membro
delle chiese metodiste di Figi,
Samoa, Tonga, Nuova Zelanda,
Nuova Guinea, Isole Salomone
ed Australia hanno partecipato
ad un seminario organizzato
dalla Federazione Mondiale delle donne metodiste. Nel testo
conclusivo cosi scrivono in particolare alle donne francesi ; « Insieme abbiamo studiato le dimensioni nuove della vita cristiana, della fede e della costruzione della pace.
Dal momento che crediamo
che Dio offre a tutte ed a tutti i
doni della sua pace e ci chiama
a diventare artigiani di pace,
abbiamo deciso di protestare
contro la fabbricazione e la sperimentazione delle armi nucleari e la discarica delle scorie nucleari nel Pacifico. Le isole Figi,
Samoa e Tonga sono le più colpite, come risulta dall’aumento
impressionante delle malformazioni congenite e dalla crescita
della paura fra la popolazione.
Vi chiediamo di comprenderci
e contiamo sulle vostre preghiere e sul vostro sostegno attivo
alla nostra azione volta a bandire tutte le armi nucleari, la loro prova e la discarica delle scorie radioattive.
Ci siamo impegnate in questa
protesta come segno della speranza che ci unisce in Cristo.
Che la pace di Dio sia con voi ».
città di antiche e consolidate tradizioni in questo campo, ma
troppo spesso, la prassi ecumenica è stata attuata sul piano esclusivamente istituzionale, anche
per ciò che riguarda l’aspetto
teologico. In questo senso l’intenzione è proprio quella di sperimentare una teologia non delegata ai "chierici”, una teologia
che sia di base, riconsegnata al
popolo di Dio (per questo tra
l’altro è stato utilizzato il termine "collettivo”). La condizione
per un’esperienza con queste caratteristiche è quella di una teologia che esca dalla sua presunta
specificità per confrontarsi in
modo laico con quelle discipline
e scienze che si intrecciano con
una riflessione cristiana.
Il terreno deH’etica ci è sembrato a questo proposito il più
idoneo, proprio perché nell’etica
cristiana non ci si può permettere una riflessione teologica asettica e non confrontata con i dati
della storia contemporanea.
Nel primo ciclo si è tentato
quindi di affrontare la materia
in modo introduttivo, con una tavola rotonda di presentazione
(Pace, Rostagno e Zarri) e con
analoghi incontri, uno per ogni
singolo settore (Cortella e Salatin per l’etica sociale, Cecchetto
e Bottos per l’etica biologica,
Berlendis e Gay per l’etica sessuale).
Il progetto per il prossimo anno ora è quello di dar corpo a
cicli di 4/5 incontri per ognuna
di queste sezioni, incontri natumlmente snecifici e approfonditi,
in grado di esaurire e sviscerare
i singoli temi, sotto più punti di
vista.
Il problema dunque sta prima di tutto in questo salto di
qualità, per il quale è necessario
sicuramente rafforzare e rendere omogeneo il collettivo promotore dove potranno convergere
parte delle persone che sono state presenti come pubblico utente
nella prima fase. In secondo luogo, un problema da affrontare è
quello economico, poiché la seconda fase avrà per forza di cose costi assai più alti della prima, svolta, per così dire, artigianalmente. Il proseguimento dell’iniziativa, come si vede, è condizionato da questi problemi.
Contiamo sulla partecipazione
attiva di chi è interessato a risolverli per poter andare avanti.
Carlo Rubini
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18 maggio 1984
cronaca delleValli 9
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Reato?
UNA DECISIONE INGIUSTA
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Parlar di storia
Dieci cittadini della Val Ghisa,
ne e Germanasca hanno ricevuto in questi giorni una comunicatione di reato dalla Procura
della Repubblica di Pinerolo. Vengono loro contestati i reati di
« violenza privata aggravata e di
danneggiamento aggravato » per
fatti avvenuti il pomeriggio del
2 aprile davanti ai cancelli della
Fiat di Villar Perosa,
Un rapporto dei carabinieri li
indica come responsabili di non
aver permesso l'uscita dal cancello di un autocarro della Fiat
che trasportava macchinari di lavorazione in altro stabilimento
Fiat e di aver forato la gomma
di questo autocarro. Tra gli accusati di questi fatti anche il
parroco cattolico di Villar Porosa e la segretaria della Fgei-valli,
oltre ad altri cittadini.
Dieci persone delle molte che
per tre mesi erano state davanti
ai cancelli per impedire lo smantellamento di una fabbrica. Dieci persone che avevano voluto
manifestare concretamente la loro solidarietà coi lavoratori minacciati del loro posto di lavoro,
che “erano di turno” quel giorno, dopo che altri — amministratori, deputati, consiglieri regionali, pastori e preti — lo erario stati gli altri giorni.
Un avviso di reato dunque che
non è fatto solo contro dieci persone ma contro tutta una valle.
Suona perciò strana questa denuncia solo contro dieci persone. Se proprio si doveva incolpare qualcuno dovevano essere
identificati tutti coloro che erano ai cancelli, che si sono recati
lì decisi a chiedere la revoca
Cella decisione della Fiat di
smantellare lo stabilimento. DeL isione che poi — almeno in parie — c’ò stata proprio il giorno
seguente a quello dei fatti incriminati.
Suonano poi strani anche i
reati di cui sono accusati.
Danneggiamento: sono centinaia le persone che possono dire
che la ruota del camion si era
forata dentro lo stabilimento ed
infatti l’autocarro era arrivato al
cancello con la ruota già forata.
Poiché la responsabilità penale
è personale riesce difficile capire come dieci persone abbiano,
ciascuna, forata la gomma...! Forse la gomma potrebbe essersi
forata per altri motivi senza
l'intervento di qualcuno.
La violenza: sappiamo che per
il nostro codice le azioni dirette non violente, come sono stati
i presidi ai cancelli, sono elencate tra gli atti di violenza. Sarebbe auspicabile perciò una riforma del codice per equipararle almeno a quello che per il
momento nessuno considera violenza: la strategia indiretta delle aziende che per indebolire gii
operai nel loro morale minacciano i licenziamenti e con questo
fanno vivere in situazioni di angoscia ver il loro futuro decine
di famiglie.
La Procura della Repubblica e
il Giudice istruttore dovranno
accertare i fatti e poi eventualmente decidere di rinviare queste persone al giudizio del Tribunale, il quale dovrà emettere
una sentenza « in nome del popolo italiano ».
Ma perché il popolo, almeno
quello delle valli Chisone e Germanasca, che ha vissuto con
grande trepidazione le vicende
di quella vertenza alla Fiat di
Villar, non esprime già un giudizio sulla questione partecipando
ad una pubblica sottoscrizione
per assicurare ai cittadirii in questione la difesa legale?
Le chiese, che avevano espresso chiaramente la loro posizione. possono contribuire a questo. Credo sia possibile.
Giorgio Gardiol
Dal dr. Gianni Caruso, segretario regionale di Medicina Democratica e responsabile dell'Igiene pubblica deU’USSL 43, riceviamo e volentieri pubblichiamo.
La legge finanziaria ’84 ha stabilito quanti soldi si spenderanno nella sanità: 39.000 miliardi,
e quanti soldi lo Stato è disposto a dare: 34.000 miliardi.
La differenza, 5.000 miliardi,
viene coperta offrendo meno servizi o facendo pagare più contributi o i servizi che si offrono.
Per la voce farmaci la spesa
per il 1984 dovrebbe essere di
circa 6.500 miliardi, lo Stato ne
dà solo 4.000, i rimanenti 2.500
dovrebbero essere ricavati in
particolare attraverso la ristrutturazione del Prontuario Terapeutico Nazionale (PTN).
Il PTN è l’elenco dei farmaci
che possono essere prescritti dai
medici e la sua ristrutturazione
è proprio avvenuta in questi ultimi giorni ed è entrato in vigore il 1“ maggio ’84.
Che tipo di cambiamenti sono
avvenuti?
I farmaci del PTN sono divisi
in tre fasce: nella prima (A) c’erano i farmaci per le terapie di
urgenza, per le malattie gravi,
per quelle di lunga durata; la
maggior parte di questi farmaci
(1.300 su 1.400) sono stati trasferiti nella fascia B, solo per i
100 farmaci rimasti in questa fascia non si paga alcun ticket.
I 100 farmaci rimasti sono quasi nella loro totalità farmaci di
uso ospedaliero.
Nella terza fascia (C) erano
inclusi gli antibiotici e per questi prodotti si pagava il ticket
di 1.000 lire sulla ricetta; ebbene questi prodotti sono stati trasferiti nella seconda fascia. La
fascia B raccoglie quindi i farmaci provenienti dalla A e dalla C più tutti gli altri farmaci:
in pratica questa fascia rappresenta il 99% di tutti i farmaci
del prontuario e per questi si paga il ticket del 15Vo del prezzo
del farmaco più le 1.000 lire della ricetta.
9 Hanno collaborato a questo
numero: Archimede Bertolino, Carla Bortuzzo, Clara
Bounous, Giovanni Conte, U.
Musmeci, Claudio Pasquet,
Bruno Rostagrio, Cipriano
Tourn, Dario Tron.
Che cosa vuol dire per i malati questa ristrutturazione?
Vuol dire che i malati di pressione alta, diabete, asma, gotta,
epilessia, morbo di Parkinson e
molte altre malattie che fino ad
oggi avevano l’assistenza farmaceutica gratuita (essendo i farmaci di cui necessitavano inseriti nella fascia A) dal 1° maggio devono pagare il ticket.
Le persone con i problemi di
cui sopra sono in Italia milioni
e milioni e le loro malattie necessitano di cure continue, per
tutta la vita: si capisce quindi
come questa operazione colpisca in modo preminente i malati cronici e gli anziani. E’ di fatto saltato quel concetto di solidarietà che vuole che il Servizio
sanitario venga pagato da tutti
i cittadini a favore di quella fetta di popolazione che è colpita
fisicamente da una malattia; i
malati d’ora in poi pagheranno
in moneta contante oltre che nel
fisico.
Cosa significa in termini economici questa manovra? Non bisogna essere degli economisti
per capire che questa manovra
non riduce né la spesa né il consumo farmaceutico, infatti non
è interesse del Governo andare
ad una riduzione della spesa o
del consumo poiché ciò vorrebbe dire scontrarsi con l’industria farmaceutica ; è interesse
del Governo trasferire sui cittadini le spese per continuare a
garantire gli interessi all’industria.
In pratica i 6.500 miliardi previsti si spenderanno lo stesso:
4.000 verranno messi dallo Stato, 1 rimanenti verranno pagati
dai malati, dai vecchi, dai pensionati.
Di fronte a questo tipo di ma^
novra i giornali del 3 maggio
hanno messo in grande evidenza il fatto che sono aumentati
i tetti del reddito annuale per le
esenzioni dal pagamento del ticket: per i lavoratori dipendenti
è di 9.000.000, per i pensionati
sopra i 65 anni è di 11.000.000.
Queste esenzioni comporteranno una maggior spesa per lo stato di 150 miliardi; messa a confronto questa cifra con quanto
pagheranno i cittadini non esentati, cioè più di 2.000 miliardi, si
può immaginare che rappresenta ben poca cosa.
E per essere ancora più chiari la scheda riportata qui sotto
evidenzia l’entità della spesa farmaceutica e del ticket nel 1983
nelle USSL 42-43-44. Ebbene nel
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1984 tale entità, proprio per la
manovra attuata porterà ad un
sicuro raddoppio del ticket.
USL Spesa farmaceutica Ticket
42 1.500.135.1-16 148.626.946
43 1.534.057.718 140.792.560
44 5.969.384.432 569.342.159
I tickets diventano sempre più
un elemento di grossa pressione
economica nei confronti di chi
sta peggio: è giusto porre questo problema all’àttenzione delle forze politiche.
La linea dei Governo continua
a svilupparsi nel progressivo
smantellamento della Riforma
Sanitaria e nella salvaguardia di
interessi economici e corporativi (di cui i fatti raccontati rappresentano un episodio); pertanto le Regioni non possono
«esclusivamente» pronimciare il
loro disaccordo con la linea del
Governo centrale, è opportuno
intraprendere al contrario una
linea operativa che parta dalla
tutela della salute della gente e
questo è possibile farlo nel campo dei farmaci e l’iniziativa pópolare sui tickets -per cui in questi giorni si raccolgono le firme
rappresenta un utile stimolo eprovocazione per chi vuole lavorare nell’interesse dei più deboli passando dai propositi ai
fatti.
Gianni Caruso
PINEROLO — Dopo la positiva esperienza dello scorso anno, il gruppo
« Parlar di storia » ripropone in mag- !
gio una serie di Incontri pubblici che !
mettano a contatto con storici e opere di storia, di recente pubblicazione,
rappresentativi di alcuni del settori più
qualificati della storiografia italiana del
nostri giorni. L’Iniziativa ha lo specifico
scopo di far conoscere e discutere nuove metodologie di ricerca, che potrebbero essere applicate alla storia del
Pinerolese.
Il programma prevede l’intervento, in
tre giovedì successivi, di noti docenti
della facoltà di lettere deH'Università
di Torino. Il 17 maggio Aldo A. Settia,
professore associato di Storia degli Insediamenti tardo-antichi e medioevali,
parlerà su: « -Monferrato. Strutture di
un territorio medioevale ».
Il 24 maggio -Rinaldo Comba, professore associato di Storia economica e
sociale del medioevo, illustrerà la sua
ricerca: « Metamorfosi di un paesaggio
rurale. Uomini e luoghi del Piemonte
sud-occidentale fra X e XVI secolo ».
Infine, il 31 -maggio, Nicola Tranfaglia, direttore del -Dipartimento di storia dell’Università di Torino e professore ordinario di Storia contemporanea,
affronterà il tema: « -La storia contemporanea. Problemi di metodo e direzioni di ricerca ».
Gli incontri avranno luogo presso il
Centro sociale di via -Clemente Lequ-io .
a Pinerolo, con -Inizio alle ore 21. Essi
sono aperti a tutti, ma -l’Invito è soprattutto diretto a quanti si Interessano
di preistoria e storia locale, ad insegnanti e a studenti delle-scuole supé- '
riori.
MUSEO DI SAN GERMANO
Vivere per gli altri
In occasione del Centenario dell’Unione Femminile, il Comitato del Museo di S. Germano ha preparato un
opuscolo dedicato al lavoro femminile ohe -ha -per titolo Vivere per gli altri.
Lo scritto è suddiviso in due parti: la
prima tratta i vari lavori a cui si dedicavano le donne nel passato (il lavoro dei campi e il lavoro domestico), la
seconda analizza alcuni momenti di
vita, quali per es. le feste, il parto, l’eredità, la scuola, l’emigrazione, le attività ecclesiastiche.
In quest’ultimo settore si inserisce
anche la storia dell’Unione Femminile
locale, ripercorsa attraverso le -relazioni d-i 100 anni.
L’opuscolo che è il sesto della Colla
na del -Museo e che è stato realizzato
registrando varie testimonianze di donne valdesi e consultando documenti di
archivio, si riferisce prevalentemente al
periodo compreso tra la metà del secolo scorso e il primo dopoguerra, quando a S. Germano èra molto diffusa fra
la popolazione valdese l’attività agricola.
Il tema trattato occupa un ampio settore nel Museo, la pubblicazione ha
pertanto anche io scopo di illustrare e
documentare i temi presentati neil’esposizione.
Tra gli spunti inediti segnaliamo alcuni stralci di iettere del periodo della 1“ guerra mondiale, di una madre
alle figlie emigrate, che offrono alcuni
spunti interessanti sulla vita di quel
tempo.
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18 maggio 1984
A PARTIRE DAL PROSSIMO AUTUNNO
BRUCELLOSI
i .
Un progetto per la pace
Informazione, educazione, cultura, teologia della pace proposte alla
attenzione delle chiese e della popolazione delle valli valdesi
Risanamento
delle stalle
Il movimento per la pace italiano sta imboccando la strada
del dopo Comiso, cioè del continuare ad esistere, a crescere e
ad approfondire la sua riflessione anche se i primi sedici missili sono ormai operativi nella
base siciliana.
Anche le nostre chiese del Pinerolese, in questi due anni di
movimento per la pace, sono
state coinvolte, sia nel dibattere
gli o.d.g. sinodali suU’argomento, sia prendendo iniziative di
lavoro e di discussione in proprio (in alcune situazioni almeno), sia partecipando in modo
sostanzioso alla grande manifestazione di Roma del 22 ottobre
scorso. L’impressione è che, però, dopo quella giornata di grande coinvolgimento, sia iniziata
una fase discendente dell’interesse sui problemi della pace,
del disarmo, del futuro dell’umanità; sia per impegni pressanti su altre questioni importanti, sia anche per una carenza di prospettive nel lavoro.
Partendo da queste riflessioni, la Commissione pace e disarmo del I distretto (operativa
dal gennaio di quest’anno) e la
PGEI-Valli, dopo un lungo ed
approfondito dibattito, hanno
messo in piedi im progetto di
lavoro intitolato «Cultura della
pace e protestanti nel Pinerolese », che dovrebbe coinvolgere
tutte le comunità della zona e
coordinare l’attività di quelle
persone che già sono impegnate
o che vogliono impegnarsi in
una ricerca e in xm’azione sui
problemi della pace e del disarmo.
Questo progetto, che dovrebhe avere come struttura portante da ima parte i gruppi pace
costituiti o da costituire nelle
comunità (secondo le indicazioni della scorsa Conferenza distrettuale e del Sinodo) e dall’altra alcuni gruppi di ricerca
su temi specifici, dovrebbe articolarsi lungo quattro direttrici
principali :
— Un lavoro di informazione
capillare alle comunità sui problemi degli armamenti, delle
strategie, dei movimenti per la
pace, dell’impegno delle chiese
nel mondo, attraverso i vari momenti di attività delle singole
chiese ; riunioni quartierali, gruppi giovanili, corali, unioni femminili, filodrammatiche, assemblee di chiesa, dibattiti, ecc.
— Una ricerca e una riflessione suH’educazione alla pace, partendo da quanto sin qui svolto
dà singole persone o gruppi; al
fine di coordinare il lavoro di
quanti operano nelle scuole domenicali, nel catechismo, nei
gruppi giovanili o singolarmente nella scuola pubblica.
— Una ricerca attiva, al fine
di verificare il rapporto che oggi può stabilirsi tra una cultura
della disubbidienza civile, probabilmente al centro del futuro
dei movimenti per la pace, e la
cultura protestante, cosi come
si è sedimentata nelle nostre comunità.
— Una ricerca teologica sulla
pace, su come noi protestanti
riflettiamo, alla luce dell’Evangelo, sui problemi delle guerre
presenti oggi o possibili nel futuro, e sul signiflcato teologico
del nostro impegno di credenti
in quest’era nucleare che certamente cambia l’aspetto di molte
questioni della nostra vita.
Parte consistente e non secondaria di questo progetto sono:
— da una parte, la presenza
alle valli (per un anno a partire da quest’autunno), di una
volontaria di una chiesa straniera ; questa persona dovrebbe
mettere le sue capacità e conoscenze a disposizione del nostro
lavoro sulla pace e confrontarsi
con l’impegno che una piccola
chiesa, come quella valdese, met
te in campo su questo tema;
— dall’altra la nascita di un
centro di raccolta e distribuzione di audiovisivi, come servizio
rivolto all’esterno, nella prospettiva, se il progetto decollerà,
della creazione di un più ambizioso centro di documentazione
sui «credenti, la pace, il disarmo ».
Perché questo progetto possa
iniziare e camminare, dal prossimo autunno, è necessaria una
collaborazione e un impegno da
parte delle chiese del I distretto ed il lavoro coordinato di tutti coloro che ritengono importante per i prossimi anni una
azione organizzata sui problemi
della pace e del disarmo.
Convinti che su questi temi
stiamo giocando un momento
importante del nostro futuro di
testimoni all’Evangelo di Gesù
Cristo nella nostra zona, invitiamo tutte le persone che sono
interessate o che già lavorano
in questa direzione, a partecipare ad un incontro pubblico, di
presentazione del progetto, che
si terrà il 29 mag^o, alle ore 21,
nei locali della chiesa valdese di
via dei Mille, 1, a Pinerolo.
Commissione pace e disarnìo
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Se neirUSSL 42 la tubercolosi
bovina è praticamente sotto controllo, questo risultato non è ancora stato raggiunto per la brucellosi, malattia alla quale in genere, ma purtroppo a torto, si
attribuisce scarsa importanza.
Il veterinario dott. Perrot ci ha
fornito anche a questo proposito alcune delucidazioni.
— Che cos’è, insomma, questa
brucellosi?
— La brucellosi è la malattia,
contagiosa anche per Tuomo, che
provoca quelle che vengono comunemente chiamate febbri di
Malta; si possono prendere anche da ovini e da caprini, anzi
il contagio è ancora più frequente tramite questi animali.
Per combattere la brucellosi,
che tra l’altro nelle femmine infette degli animali domestici
provoca l’aborto, è stata varata
in base ad un’altra legge nazionale una campagna in cui sono
previste analisi del sangue o del
latte, che si svolgono negli Istituti zooprofìlattici. Per il Piemonte e la Liguria, il laboratorio è a Torino. Anche in questo
caso Tobbligo è di abbattere i capi infetti.
Il problema della brucellosi è
molto più serio di quello della
tubercolosi, perché la brucellosi
non solo è molto contagiosa per
gli animali, ma lo. è anche per
l’uomo. Dal lato sanitario è necessario prendere precauzioni
contro la brucellosi, perché è
molto facile subirne il contagio
in vari momenti, ad esempio nei
parti o più facilmente ancora in
caso di aborti. Infatti è una malattia molto diffusa tra gli allevatori, i veterinari, cioè tra tutte
le persone che hanno contatti
con animali infetti.
— Ma non ci si immunizza dopo la prima infezione?
Non è detto, che un regalo di prestigio
debba sempre essere costoso.
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— Non c’è possibilità di immunizzazione, nemmeno contraendo la malattia, anzi ci si può
ammalare parecchie volte di seguito. La cosa più importante, in
campo umano, è che venga diagnosticata in tempo, quando non
ha già prodotto gravi danni alTorganismo. Se la diagnosi è
tempestiva, con una terapia di
antibiotici, nello spazio di un mese si guarisce. Tutt’al più si può
dire che se imo soffre già di altri disturbi, curarsi per un mese
con antibiotici indebolisce molto
l’organismo.
— Si possono vaccinare gli
animali?
— Per la brucellosi c’è l'obbligo di praticare la vaccinazione
alle femmine che si allevano, in
età vaccinale, cioè da tre a nove mesi e non oltre, perché se
viene fatta oltre questa età non
è che non dia immunità, anzi ne
dà ancora di più, ma lascia delle
tracce nel sangue. Quando si va
nelle stalle a fare la campagna
di controllo, si preleva il sangue
e si fanno le prove, ma se l’animale è stato vaccinato oltre un
anno c’è il pericolo che risulti
positivo senza esserlo, solo perché è stato vaccinato.
Perciò nella lotta alla brucellosi, pur esistendo il vaccino, c’è
il limite dell’età e l’impossibilità
di ripeterlo. L’immunità è totale
per i primi due o tre parti, poi
va gradatamente diminuendo.
Non c’è quindi altra soluzione
che l’eliminazione dell’animale
ammalato.
— Come si contagia il consumatore?
— Il contagio di regola si ha
bevendo il latte crudo, ma anche
il burro e il formaggio fatti in
casa sono pericolosi. Il burro
fatto sfiorando la panna e poi
consumato crudo può contenere
dei germi, le brucelle, ancora vive. Anche i famosi tomini, se
confezionati con latte non bollito, possono trasmettere il contagio.
— Si può consumare la carne
degli animali che vengono abbattuti?
— Senz’altro, perché i germi si
localizzano quasi esclusivamente
sulla mammella e sull’utero, due
organi che in campo alimentare
non sono assolutamente consumati, quindi gli animali da eliminare possono essere macellati
senza problemi.
a cura di Liliana Vigliehno
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11
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»
18 maggio 1984
cronaca deUeValli 11
CONVEGNO EGEI A PINEROLO
Il futuro dell'Intesa
Tre opinioni a confronto sul « dopo Intesa »: la legge di attuazione,
il rapporto assemblee ed esecutivo, i futuri rapporti con lo stato
Dopo la firma dell’Intesa tra
Governo della Repubblica Italiana e Tavola Valdese, in vista
di dare attuazione all’art. 8 della Costituzione, superando le
leggi fasciste «sui culti ammessi », il dibattito sui rapporti tra
Stato e Chiesa sta riprendendo
un po’ di vigore nella nostra
chiesa, dopo esser stato piuttosto fiacco negli ultimi due o tre
anni.
Per cominciare a fare il punto della situazione, a più di due
mesi dalla firma tra il Presidente del Consiglio Craxi ed il Moderatore Bouchard, la FGEI
Valli ha organizzato la settimana scorsa una tavola rotonda, a
Pinerolo.
Hanno presentato le loro riflessioni tre pastori: Bruno Bellion (membro della Tavola),
Franco Giampiccoli (della commissione consultiva della Tavola per i rapporti con lo Stato),
Sergio Ribet (chiamato a far la
parte della « coscienza comune »).
Si è rilevato innanzitutto come la vicinanza delle firme del
Concordato e della Intesa non
abbia favorito una chiara comprensione del diverso modo di
regolare i rapporti tra Stato e
Chiesa sottinteso ai due documenti; altri fattori, non direttamente legati all’Intesa, hanno
poi contribuito ad aumentare la
confusione (il fatto che il Concordato sia rimasto in sospeso
in alcune parti, gli enti ecclesiastici in particolare, nonché il sa^
pere che gli ulteriori accordi che
interverranno tra Stato e — pare — Conferenza Episcopale Italiana sono denominati « intese »).
Generale è il rammarico per
il fatto che la firma dell’Intesa
sia stata palesemente condizionata alla definizione del Concordato. Si spera oggi che la legge
di approvazione non segua lo
stesso iter; ma già anche le vicende di questa legge hanno lasciato l’amaro in bocca a molte
persone.
Si pensava, ha osservato tra
l’altro il past. Bruno Bellion, che
il Governo avrebbe presentato al
Parlamento una legge composta
da un articolo unico, nel quale
era detto semplicemente che è data esecuzione all’Intesa. Ma il Governo ha scelto una strada diversa, presentando un disegno
di legge che è la riproduzione
testuale dell’intero testo del documento siglato dall’on. Craxi
e dal past. Bouchard, con le modifiche formali necessarie. Questo perché — dice il Groverno —
l’Intesa non è un trattato internazionale, pertanto non gli si
può dare mera esecuzione: bisogna tradurlo in testo di legge.
La prima parte del discorso
è indubbiamente giusta — obietta Giampiccoli — però una legge quale quella presentata da
Craxi si presta ad essere emendata dalle Camere in punti qualificanti per noi, rischiando di
essere non più rispondente alla
Intesa firmata dal Moderatore;
l’Intesa si differenzia poi dal
Concordato non solo nella forma
ma — quel che più conta — nel
contenuto.
Ad ogni modo il Governo si è
fatto garante di im passaggio alle Camere della legge senza
emendamenti, e a noi non resta
che prestargli fiducia, e sperare in bene.
Se la legge di approvazione dà
origine ad alcuni problemi, altri ne sorgono à leggere il testo
firmato, in quanto presenta alcune modifiche — anche di sostanza — rispetto al testo approvato dal Sinodo nel 1981.
Di fronte a queste modifiche
(alcune apportate il giorno stesso della firma, con una procedura che lascia dubitare sulla sua
correttezza) si possono fare al
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cune constatazioni.
Innanzitutto, ha detto (jiampiccoli, vi è stata una riapertura di fatto delle trattative sul
testo dell’Intesa dopo che il Sinodo l’aveva approvato (ed era
pertanto da ritenersi definitivo),
trattative di cui le chiese rion
sono state informate e di cui il
Sinodo del 1982 in qualche modo è stato messo a conoscenza
dalle due persone che le trattative hanno gestito, non più in
veste di delegati della Tavola
Valdese ma come membri di una
Commissione consultiva della
Presidenza del Consiglio, con
un comportamento certamente
in buona fede ma non molto
chiaro.
Sulla questione specifica del1’« ora di religione nella scuola »,
il testo del 21 febbraio 1984 reca
modifiche di sostanza rispetto
al testo del 1981 che non giovano alla chiarezza della posizione della Chiesa valdese sul problema, chiarezza che traspariva
dal testo approvato dal Sinodo.
A Pinerolo, a due mesi dalla
firma (diciamo «col senno di
poi ») ci si è chiesti se la Tavola
Valdese, nel febbraio scorso, non
avrebbe fatto meglio, di fronte
a questi fatti, a chiedere una settimana per riflettere ed esaminare le cose con calma.
Oggi diciamo che la Tavola
ben ha fatto a firmare, ha detto
Sergio Ribet, ma è il caso di domandarci se l’unanimità manifestata negli anni passati sull’Intesa era reale e se non bisogna forse già fin da ora iniziare a lavorare in previsione'della revisione
dell’Intesa fra 10-11 anni, ripensandone i contenuti, operando
una nuova maturazione teologica e politica dei rapporti tra
Chiesa e Stato.
La Tavola, al momento di concludere con la firma, si è trovar
ta sola, ha osservato Giampiccoli. Il consenso, l’appoggio, l’entusiasmo che avevano circondato
tutto l’iter dell’elaborazione dell’Intesa, sono venuti a mancare.
I rapporti tra assemblee ed
esecutivo hanno subito un deterioramento sul quale bisognerà riflettere.
La firma dell’Intesa riapre —
diceva ancora Sergio Ribet —
molti problemi di ricomprensione di questioni fondamentali all’interno della chiesa, di ordine
teologico, che non possono però
prescindere da valenze politiche
e sociali.
Quanto il contenuto dell’Intesa in merito alla « religione nella scuola» (artt. 9 e 10) fu in
fluenzato dalle speranze nate in
seguito ai decreti delegati? quanto rimane di essi? non bisogna
ripensare in modo complessivo
la nostra presenza nella scuola?
Matrimonio : la nostra chiesa
deve ripensarne la teologia, la
liturgia, la prassi, ed uno studio
su questo tema non potrà non
avere riscontro nei rapporti con
lo Stato.
L’Intesa si caratterizza per il
principio del « senza oneri per
lo Stato », ma questo principio
non appare più nella chiarezza
di alcuni anni fa; sempre più
di frequente — purtroppo — si
sente dire ; perché alla chiesa
cattolica si, e a noi no? oppure:
vale ancora il «senza oneri» di
fronte alle convenzioni dei nostri ospedali con l’ente pubblico, che in qualche modo assicura un sostegno ad essi, i quali
sono sempre meno dipendenti
dalle sole forze della chiesa?
(senza tener conto della sempre
notevole nostra dipendenza da
quanto ci arriva dalTestero —
ma questo è un altro discorso).
Il cammino dell’Intesa è ancora lungo. Non può dirsi giunto al termine solo grazie ad una
firma o al fatto che sarà tradotta in legge.
Rimane da percorrere il cammino della sua comprensione
nella realtà, nei rapporti quotidiani, come strumento da utilizzare ai fini della causa dell’Evangelo.
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POMARETTO — La prossima riunione del Comitato Pace Valli Chisone e
Gertnanasca è fissata per venerdì 18
maggio, alle ore 20.30, come sempre
presso il Convitto Valdese.
AH'ordine del giorno della riunione:
— aggiornamento sulla campagna di
raccolta firme per le due proposte
di legge del movimento pacifista;
— preparazione manifestazioni pubbliche di lancio della campagna;
— discussione sulla carta dei principi
del movimento per la pace;
— appuntamenti, scadenze e varie.
LUSERNA SAN GIOVANNI — L AIDO
- Associazione Italiana Donatori Organi - Gruppo Val Pellice, organizza una
conferenza sul tema; Prelievi e trapianti di organi (problemi socio-sanitari e
giuridici).
Essa avrà luogo presso li Boociodromo. Corso Matteotti, sabato 26 maggio
alle ore 15.
Interverranno: il dott. Ramello; il
sig. Maschera, il dott. Bissone, il sig.
Suppo.
Su iniziativa della Comunità di base,
della Comunità di San Domenico, del
Gruppo Giovani di Torre Pellice, della
Parrocchia dì San Lazzaro .e di altre
persone è stato organizzato un Incontro
presso II Centro Sociale di S. Lazzaro
(Via Rochis 3 - Pinerolo) venerdì 18
maggio alle ore 20.45. Tema: « Fede e
impecio politico ».
— Momento di preghiera:
— iRelazione introduttiva di E. Passone;
— Lavoro a gruppi.
E' a disposizione di tutti il materiale
ciclostilato per la preparazione dell'incontro.
RINGRAZIAIUENTO
« L’anima mia s’acqueta in Dio
solo; da Lui viene la mia salvezza ». (Salmo 62: 1)
Il marito, i figli e i familiari della
compianta
Maria Lorenza Agli in Bertin
profondamente commossi e riconoscenti per la grande dimostrazione di stima
e di affetto tributata alla loro cara,
ringraziano tutte le gentili persone che
con fiori, scritti, parole di conforto e
la presenza hanno preso parte al loro
dolore.
Un ringraziamento particolare al
pastore Platone; ai Vigili del Fuoco
che sì sono prodigali in questa dolorosa circostanza,
Angt^gna, 18 mà^io 1984
La redazione e i compa'gni di lavoro
di Paolo, della nostra tipografia, e^rimono aRa famiglia e a Paolo la loro
affettuosa solidarietà per la perdita del
padre
Michelino Griglio
Torre Pellice, 14 maggio 1984. '
« Se uno è in Cristo, egli è una
nuova creatura; le cose vecchie
sono passate: ecco son diventate
nuove y> (2 Cor. 5: 17)
Le sorelle, i fratelli, i nipoti c tutti
parenti di
Anita Gay
missionaria
nel Gabon e nel Madagascar
annunziano 'la sua dipartita, avvenuta
a Pinerolo il 7 maggio 1984, ringraziano i medici e il personale dell’Ospedale Civile di Pinerolo, che l’hanno
assistita con competenza ed amore nei
lunghi mesi della sua sofferenza. Ringraziano la comunità e il pastore di
Pomaretto, che hanno annunziato
l’Evangelo della risurrezione, accompagnandola fino al Cimitero di Perosa
Argentina.
Perosa Argentina, 10 maggio 1984
USSL 42 - VALLI
CHISONE - GERMANASCA
Guardia Medica :
Notturna, prefestiva, festiva: telefono 81000 (Croce Verde).
Guardia Farmaceutica:
DOMENICA 20 MAGGIO 1984
Fenestrelle: FARMACIA GRIPPO Via Umberto I, 1 - Tel. 83904.
San Germano Chisone: FARMACIA
TRON - Telef. 58766.
Ambulanza :
Croce Verde Perosa; tei. 81.000
Croce Verde Porte; tei. 201454
USSL 44 • PINEROLESE
( Distretto di Pinerolo )
Guardia Medica ;
Notturna, prefestiva, festiva: telefono 74464 (Ospedale Civile).
Ambulanza :
Croce Verde Pinerolo: 22664.
USSL 43 - VAL PELLICE
Guardia Medica :
Notturna: tei. 932433 (Ospedale Valdese).
Prefestiva-festiva: tei. 90884 (Ospedale Mauriziano).
Guardia Farmaceutica :
DOMÉNICA 20 MAGGIO 1984
Bibiana: FARMACIA GARELLA - Via
Pinerolo, 21 - Telef. 55733
Bobbio Pellice; FARMACIA MEYNET - Via Maestra 44 - Tel. 92744
Ambulanza :
Croce Rossa Torre Pellice; telefono 91.996.
%
12
12 uomo e società
18 maggio 1984
IN VISTA DELLE ELEZIONI
NICARAGUA
___________________■■■
Una diagnosi per i'Europa L’aggressione
Il \rr\^r\ :l 4-.-^.__ _ __ ..x manovrata
Il voto del 17 giugno tra il tramonto dell’Europa delle sovranità nazionaii e la possibile alba di una Unione federale di iargo respiro
Molto si è detto recentemente
e molto è stato scritto sul fallimento o sulla crisi dell’Europa,
sulla necessità di un rilancio o
di un rinnovamento della Comunità Europea, ed a tal fine molte
terapie sono state proposte. Ciò
che è mancata è una approfondita diagnosi, la ricerca accurata e
seria delle cause prime dell’attuale crisi.
Eppure sembrerebbe persino
lampante che queste ultime vanno individuate nei mancato superamento dell’ormai obsoleto
concetto di nazione e di sovranità nazionale e conseguentemente,
sul piano delle istituzioni CEE,
nel persistere dei criteri di gestione basati sulle conferenze
diplomatiche e quindi sulle contrapposizioni dei particolarismi,
e sul principio paralizzante delTunanimità. Finché la situazione
sarà tale, è ovvio che ognuna delle parti, e non solo la Hiatcher,
sarà condotta a difendere il proprio orticello con tutti i mezzi,
anche con il veto a costo di bloccare tutta l’attività e la vita stessa della Comunità, senza riuscire
ad avere una visione globale dell’interesse e delle necessità generali.
Su questa strada l’Europa è
destinata inevitabilmente al sottosviluppo, di cui si avvertono
già i primi segni, ed alla dipendenza economica, militare e politica da U.S.A. e Giappone, stretta nella morsa della rivalità e
competizione russo-americana,
di cui già subiamo le tristi conseguenze.
Per una vera
gestione politica
L’Europa ha urgente bisogno
di unità, sia economica sia politica, fondata su istituzioni unitarie, su im Parlamento quindi con
« L'Eco delle Valli Valdesi ■
Tribunale di Pinerolo N. 175.
Reg.
Comitato di Redazione: Valdo Benecchi, Mario F. Berutti, Franco Carri,
Giorgio GardioI, Marcella Gay, Adrlano Longo, Claudio H. Martelli,
Jean-Jacques Peyronel, Roberto Peyrot, Giuseppe Platone, Marco Rostan, Mirella Scorsonelli, Liliana Viglielmo.
Direttore Responsabile:
FRANCO GIAMPICCOLl
Redazione e Amministrazione: Via
Pio V, 15 - 10125 Tonno - tei. 011/
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Redazione l'Eco delle Valli Valdesi:
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Intestato a « La Luce: fondo di solidarietà », Via Pio V. 15 - Torino.
Stampa: Cooperativa Tipografica
Subalpina - Torre Pellice (Torino)
potere legislativo e di controllo
su un esecutivo con reali facoltà
di governo nelle materie ad esso devolute, capace di gestire
un’tmica politica industriale, monetaria (è necessaria perciò una
moneta unica europea, l’ECU),
ed estera, che soddisfi le necessità comuni pur nella difesa degli
interessi locali, che non necessariamente coincidono con quelli
delle attuali nazioni, e nella loro
armonizzazione.
Malgrado molti commentatori,
soprattutto statunitensi e giapponesi stiano annunziando il declino dell’Europa (ed hanno ragione fintantoché l’Europa non decide di cambiar rotta), il Vecchio
Continente ha ancora enormi energie culturali, tecniche ed economiche che attendono solo che
venga data loro la possibilità di
sprigionarsi e dare i conseguenti
benefici.
Ma l’Europa ha ancora un ruolo da svolgere anche nella comunità internazionale. Una Europa unita e federale sarebbe
innanzitutto un modello di una
nuova impostazione dei rapporti
tra stati anche profondamente
diversi che potrebbe essere valido per l’Africa, l’America Latina
ed il Sud-Est Asiatico. Inoltre
col suo peso politico ed economico verrebbe a spezzare il tragico bipolarismo sovietico-americano attuale, favorendo la distensione e lo sviluppo di relazioni
internazionali su basi nuove. Infine, per tradizione e vocazione
(basti ricordare il precedente costituito dalla pur imperfetta Convenzione di Lomè), costituirebbe
il partner principale del Terzo
Mondo nella lotta al sottosviluppo.
Un embrione
di costituzione
Mi sembra superfluo a questo
punto ribadire l’assoluta necessità dell’unione per l’Europa. Ciò
che vorrei ricordare è che il Parlamento di Strasburgo, unico organo democratico della Comunità, investito dell’autorità che
gli deriva dal voto popolare, il
14 febbraio scorso ha approvato
il « Trattato di Unione Europea »,
embrione di costituzione europea. Il Progetto è stato lanciato
da Altiero Spinelli, redattore nel
1941 insieme ad Ernesto Rossi
del Manifesto di Ventotene, uno
dei più importanti testi federalisti contemporanei, teorico e militante federalista, attualmente
euro-deputato; ha subito un lungo processo di messa a punto ed
infine è stato approvato a larga
maggioranza in seduta plenaria.
Il Progetto di Trattato verrà presentato direttamente ai Parlamenti nazionali per la ratifica,
evitando così che sia sottoposto
alle procedure di revisione dei
Trattati di Roma e che venga
di conseguenza insabbiato o
svuotato di ogni contenuto innovatore, come è finora costantemente avvenuto.
Condizione per l’entrata in vigore è la ratifica da parte della
maggioranza dei Parlamenti nazionali, e non deU’unanimità,
evitando così una indiretta forma di veto.
Le prossime elezioni europee
di giugno dovranno prendere un
carattere referendario su questo
Progetto o non avranno senso.
Purtroppo i mass media poco o
nulla diffondono sull’argomento
così che gli elettori arriveranno
al voto senza ben sapere cosa
sono chiamati a scegliere.
Riprendendo quanto espresso
in apertura, le mie preoccupazioni sono relative al processo di
sfaldamento in cui sta scivolando
l’Europa delle nazioni; la mia
speranza nasce dal fatto che vi
sono forze giovani e vitali, anche
se forse ancora minoritarie che
vogliono trasformare, o meglio
creare la nuova Europa, unita e
federale.
Mi permetto in chiusura di lanciare un appello per la salvezza
dell’Europa e per il futuro del
mondo cui l’Europa può ancora
contribuire. Un appello a che le
prossime elezioni di giugno non
siano dei « ludi cartacei », e per
questo invito tutti ad informarsi
e, perché no, a scegliere l’Europa.
Carlo Vicari
Il problema della pace nel
mondo e del diritto e libertà di
ogni popolo a scegliere da sé il
proprio destino e il proprio sviluppo, viene in questi giorni drammaticamente riproposto
dalle inquietanti notizie che giungono da uno dei punti più « caldi » della scena internazionale;
il (dentro America, in particolare il Salvador e il Nicaragua,
In Nicaragua nell’ultimo mese l’aggressione militare ed economica manovrata dagli Stati
Uniti si è scatenata come
mai fino ad ora. Le forze militari del Governo Sandinista sono impegnate a difendere le proprie frontiere nord e sud dalla
infiltrazione di circa 8.000 mercenari controrivoluzionari, « con
un appoggio logistico dotato di
spionaggio elettronico, di navi,
aerei ed elicotteri che violano
le nostre acque e i nostri spazi
aerei » (intervista del Ministro
deU’interno nicaraguense Comandante T. Borge al giornale
Barricada, 14.4.’84).
L’economia nicaraguense sta
affrontando un pesantissimo tentativo di strangolamento, a causa soprattutto della posa delle
mine nei porti (in particolare
Porto Sandino e Corinto), attraverso i quali passa r80“/o del
flusso di esportazioni e importazioni del Paese. « Solo nei mesi di gennaio e febbraio le perdite
causate dagli attacchi al Nicaragua sono ammontate a 280 milioni di córdobas, a cui vanno aggiunti i costi della difesa, della
mobilitazione e trasporto dei militari, il costo delle nostre imbarcazioni distrutte; questo senza
contare i nostri morti, che non
hanno prezzo » (intervista al
C.te Borge).
Le elezioni
Prossimo numero
L’Eco-Luce pubblicherà sul
prossimo numero una doppia
pagina con le indicazioni relative a tutti i campi che si
svolgeranno nei Centri giovanili evangelici.
Itinerari alle Valli Valdesi
Pubblicato in ritardo, l’anno scorso a luglio, questo volumetto non fu disponibile per tanti che d’estate visitano da fuori le Valli valdesi e per quanti, abitandovi, le percorrono.
Lo ripresentiamo perciò questa primavera certi
che quanti lo ordineranno, per sé o per fame un
dono, lo apprezzeranno.
« Itinerari alle Valli valdesi », di G. Baret, V. Benech, R. Genre, riprende una fortunata serie di 24
percorsi nelle Valli Pellice, Germanasca e Chisone
che per tre anni hanno arricchito le pagpne delle Valli dell’Eco-Luce. Completano l’opera un’introduzione
storica, cenni sulla fauna e sulla flora, un completo
indice dei nomi.
« Itinerari » è disponibile nelle principali rivenditorie di giornali alle Valli e in redazione — via Pio
V 15, 10125 Torino — dove può essere richiesto inviando L. 4.900 più L. 400 per spese postali.
Il volumetto è edito dall’« Associazione Informazione Protestante » e si propone, tra l’altro, di dare
un concreto contributo al flnanziamento del settimanale delle chiese valdesi e metodiste.
coscienza, togliendo fiato all'economia del paese, impoverendolo e riducendolo alla fame; e,
nello stesso tempo, creare a livello intemazionale un’immagine « non legittima » delle elezioni in Nicaragua, tentando di
metterle in parallelo con quelle
svoltesi in Salvador, in un clima
di palese intimidazione.
Le posizioni
intemazionaii
Tutta la mobilitazione difensiva a cui il popolo nicaraguense
è costretto, toglie braccia e forze allo sviluppo agricolo, sanitario, culturale del paese, rispetto a cui in questi anni sono stati fatti sforzi enormi e ai quali
il Governo, con l’annuncio delle
elezioni per il 4 novembre prossimo, intende dare forma istituzionale e legittima. La strategia
degli americani e dei controrivoluzionari è volta a togliere ai
sandinisti l’appoggio e la fiducia
del loro popolo, che ha lottato
e lotta con enormi sacrifici e
Le ultime azioni e prese di posizione degli Stati Uniti per
« normalizzare » l’area centroamericana (in particolare il non
riconoscimento del Tribunale Internazionale dell’Aia) sono risultate inaccettabili a gran parte deH’opinione pubblica e politica mondiale, e alTinterno
stesso degli Stati Uniti; i vescovi statunitensi hanno espresso
una netta condanna per la politica di Reagan, e le posizioni del
Congresso stanno mettendo in
difficoltà il presidente, pur non
impedendo finora il probabile
stanziamento di 21 milioni di
dollari, già votati al Senato, in
favore dei controrivoluzionari.
Le Intemazionali Democristiana, Liberale e Socialista hanno
espresso l’appoggio alle elezioni
in Nicaragua e alle posizioni del
gruppo di Contadora.
La Francia e l’Inghilterra hanno espresso posizioni di condanna, a cui auspichiamo si associ
anche il Governo italiano.
I nostri mezzi di informazione contribuiscqno purtroppo a
dare un’immagine statica, di un
Nicaragua ormai allineato con il
« blocco dell’Est ». A questa logica « degli schieramenti », contro cui il Nicaragua sta lottando
a prezzi altissimi, è nostro dovere opporre una informazione
corretta, su una situazione ancora del tutto aperta e contraddittoria, dinamica, il cui esito e
sviluppo dipenderanno anche da
una solidarietà intemazionale
che il popolo del Nicaragua si
aspetta e si merita.
« Insieme al popolo nicaraguense stanno tutti i popoli del
mondo e molti governi di tutti i
continenti e di tutte le ideologie.
Stiamo certo pagando un prezzo
alto per la difesa della nostra
patria, ma i nostri nemici pagheranno il prezzo di una sconfitta
storica, il prezzo della liquidazione delle ingiustizie che ancora camminano per le povere strade dell’America Latina » (intervista del C.te Borge).
Associazione Italia-Nicaragua
Comitato di Torino
Doni
Eco - Luce
DONI Di L. 29.000
Prarostino: Long Tullio — Torino:
Ghiberti Giuseppe — Venturina: Giacomelli Elio — Villar Pellice: Lazier Alberto.
DONI DI L. 49.000
Parma: Rabaglia Tina — Velletri: Di
Toro Domenico — Verona: Bonfante
Lorenzo — Torre Pellice: Di Francesco
Ernesto.
DONI DI L. 9.000
Vigevano: Sala Franco — Pinasca: La.
mi Beniamino — Sanremo: Fam. Mansuino — Genova: Chiesa ev. Metodista,
Papini Luigi — Caldine: Ceseri Adriana
— Cremona: Orlandelli Mario — Cadoneghe: Maggiore Liviana — Quingentole: Raffaldi Grusi Regina — Torino;
Bouchard Lilia — Napoli: Carrozzo Albina.
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