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Asno IX — N. 4. II SEEIE 29 Febbrajo 18C0.
LÀ BUONA NOVELLA
\ GIORNALE DELLA EVANGELIZZAZIONE ITALIANA
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Seguendo la verità nella carità. — Eris. VI. 15.
PREZZO DI ASSOCIAZIONE j ASSOCIAZIONI SI RICEVONO
, . .fet, instato [fraDco a destinazione]____ £. 3 00 ! In ToRisoall’Ufflzio del Giornale, via delPrincipe
Per UC^'iszera e Francia, id........... „ 4 25 i Tommaso dietro il Tempio Valdeae.
~ ^yer r Inghilterra, id................... „ 5 50 S Nelle Provi.tois per mezzo dì franco-MU po
^ 0«[znania ìd................... „ 5 50 ^ stali, chc dovranno essere inviati franco al Di'
* , ' J ^n si ricevono associazioni per meno di un anno, \ rettore della Buona Novella.
®’ seguenti indirizzi : Parigi, dalla libreria C. Meyrueis, rue Rivoli ;
, dal signor E. Beroud libraio ; Inghilterra per mezzo di franco-bolli
inglesi spediti franco al Direttore della Bnona Novella.
SOMMARIO
Attualità: Amichevole avvertimento al nostri confratelli in giornalismo dei paesi stranieri — Bio
grafia : Vn precursore della Eiforma, II. — Varietà : Siete voi 7......(fatto storico) II. — Alla
Chiesa nascente di P.... — Ifotiiie : Valli Valdesi — Torino — Pirenie — Ginevra — Parigi —
Inghilterra — Austria — Ungheria.
ATTCAkrlTÀ
AMICHEVOLE AVVERTIMENTO AI NOSTRI CONFRATELLI IN GIORNALISMO DEI PAESI STRANIERI.
Non passa settimana senza che leggiamo, or su questo, or su
quello dei periodici religiosi, sì inglesi che francesi, intorno all’opera evangelica in Italia, notizie -improntate di tale uno spirito
di esagerazione, che il leggerle, quando non muova a sorriso, non
può che riuscire peaoso a chi, essendo sul luogo e del luogo, sa
qual gran divario passi tra lo stato reale delle cose, e questi quadri
di fantasìa con cui corrispondenti rispettabili e sinceri, l’ammettiamo,
ma illusi, si sforzano di conquistare le simpatìe dei Cristiani ad
un’opera cui meritamente si mostrano aifezionati.
Questi sensi, ora d’ilarità, ora di dolore, che tante volte fummo nel
caso di provare per l’addietro ; che provammo ancora, non è molto,
leggendo in un giornale, le Lien, se non erriamo, dei venti mila
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conveHiti che annoveransi in Toscana, e del tempio magnifico, che
si sta ultimando, in piavm Barbano, a Firenze, ad uso della Chiesa
riforìnata italiana (mentre è a dubitarsi se il numero dei convertiti
in tutta quella provincia ascenda ai 500, e che dell'ediiìzio in discorso
non esiste nemmeno la pianta), ci compresero nuovamente e con più
forza leggendo nell’ultimo numero deH’ottimo giornale, la Vie Chretiénne, che probabilmente la toglieva ad imprestito dal corrispon' dente parigino del Netus of thè Churches, la seguente notizia risguardante i progressi deirEvangelio in Italia, e più specialmente in Toscana ; “ Parlasi, dice il giornale che citiamo, d’intieri villaggi che
“ si rivolgono ai banditori deU’Evangelo, e si mostrano bramosi di
“ abbracciarlo. Scene curiose avvengono talvolta nel campo della
evangelizzazione. E così che si narra di un predicatore protestante,
“ del quale, occorrendo, potrei farvi il nome, le di cui predicazioni
“ attiravano un concorso tale di popolo, che stimarono i nemici del“ l’Evangelo di dover ricorrere ai mezzi estremi, onde opporvisi. Ciò
“ succedeva in Genova. L’arcivescovo di questa città, spaventato,
“ dichiarò alle autorità piemontesi, che se non lasciava il predicatore
“ la città, l’avrebbe lasciata egli stesso. Le autorità, per tema che
“ non succedessero disordini, chiamarono a sè il pastore e lo consi“ gliarono, nell’interesse stesso della sua causa, di allontanarsi per
“ un po’ di tempo dal suo campo d’attività. Costui si arrese al bene“ vole consiglio, e .sacrificando all’avi^enire il presente, lasciò Genova,
“ e partì alla volta di Firenze. Ma giunto ch’ei fu colà, cosa av“ venne?,Una scena aflTatto identica alla prima: medesimo concorso,
“ cioè, alle sue predicazioni, e, per parte dell’arcivescovo, medesima
“ intimazione alle autorità di far chiudere la riunione, se non vole“ vano costringerlo ad andarsene ec. ec. ”
Ora qual maraviglia se una storia così bene architettata farà il
giro di tutti i giornali religiosi, ed, ovunque sarà letta, strapperà lagrime di consolazione ai buoni cristiani, cui nulla sta tanto a cuore
(e di questo non saremo noi, per certo, che li rimproyeremo) come
la diffusione deU’Evangelo in Italia: potendo costoro, con una dose
anche minima di fantasìa, raffigurarsi gli arcivescovi della Penisola
in procinto di lasciare l’un dopo l’altro la loro sede, costrettivi dall’eloquenza irresistibile del predicatore in.discorso ?
Ma che diranno quelle anime buone, se dopo tutto, verranno a
sapere che—tolti da questa notizia: il fatto da noi pure, a suo tempo
riferito, del gran concorso di gente che, in Firenze, interveniva alle
sue predicazioni, e, forse, l’altro (sebbene noi ne dubitiamo grande-
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mente) della velleità manifestata dallarcivescovo di lasciare Firenze,
qualora il governo non lo facesse cessare—tutto il rimanente di
quel racconto, ciò appunto che gli dà il suo piqxiant, come dicono i
i Francesi, è pura finzione, e non ebbe esistenza mai che nella fantasìa del narratore?—Esse si lagneranno, e non a torto, che si abusi
a tal segno della loro buona fede; che all’opera di Dio si pensi di
venire in ajuto con mezzi alla medesima così poco confacenti; esse si
persuaderanno che tutte d’un conio, vale a dire tutte esagerate e
false sono le notizie che a loro si danno dei progressi deU’Evangelo
in Italia, per cui non vi aggiusteranno più fede alcuna ; e così, ciò
che era destinato a procacciare a quest’opera santa le simpatìe dei
Cristiani, si troverà aver sortito un risultato aflTatto opposto !
Se noi ci permettiamo queste riflessioni all’indirizzo dei nostri
confratelli in giornalismo, non è, prima di tutto, perchè nutriamo
l’ombra di un dubbio intorno alla perfetta loro buonafede, nè perchè
ci crediamo noi stessi esenti di pecche analoghe a quelle su cui stimammo utile di chiamare la loro attenzione. Chi sa quante volte, senza sospettarlo, e volendo sinceramente il contrario, saremo concorsi
anche noi alla diffusione di notizie od esa,gerate od erronee, quando
trattavasi di cose avvenute in lontani paesi, e percui dovemmo riferirci ad altri narratori ! Ma noi pensiamo che se ogni giornale facesse, per quelle notizie che risguardano il proprio paese, quello che,
in questo articolo, ci siamo creduti in obbligo di fase per il nostro,
il pubblico cristiano e la verità con esso vi farebbero un grandissimo
guadagno ; poiché se come lasciò scritto un poeta francese :
Bien n'est beau que le vrai, le \Tai seni est aimable,
si può anche soggiungere, che non v’ha, al postutto, che il vero, che
sia veramente utile e degno dei Cristiani.
bioc;rìifia
UN PRECURSORE DELLA RIFORMA
II
Ulrico di Wurtemberg ha molti punti di rassomiglianza con
Enrico VIII d’Inghilterra, suo contemporaneo. Non solamente l’uno
e l’altro stabilirono la riforma nel loro paese, o almeno sbandirono
il regime romano, ma lo fecero entrambi in seguito a circostanze che
mostrano che il lor carattere non era per niente religioso e i motivi
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evicleuteniente tutti politici. 11 sentimento che dominava in essi ei'a
l’ambizione, l’egoismo e la passione delle donne. Ora, alla corte di
Ulrico di Wnrtemberg si trova un cugino ed amico del nostro Ulrico
di Hutten, cavaliere modello, soldato valoroso, e sposo felice di una
donna virtuosa quanto bella, figlia del maresciallo di Thumb. Il
duca fu preso da criminosa passione per essa, e tentò in vano di
guadagnarsi la compiacenza del giovane gentiluomo col mezzo della
cupidigia. Giovanni di Hutten voleva ritirarsi dalla Corte alfine di
evitare le predilezioni del duca per la sua sposa, ma il tiranno
ina.sprito di vedersi rapire la preda, decise d’impadronirsene con un
delitto. Invita i suoi gentiluomini ad una caccia, chiede a Giovanni
di Hutten di recarvisi, ma in abito da cacciatore, onde la corsa, dice
egli sia più rapida; poi, mentre il di lui seguito si disperde per
inseguir il cervo od attaccare l’orso, ei si riserva un colloquio solitario
con Hutten, gli ripete le sue orribili proposizioni, e furioso per la
ripulsa, gli caccia la spada nel petto, e dopo d’aver compiuta l’uccisione dell’infelice sposo, lo lascia sanguinolento appeso ad una quercia
vicina. Il di lui destriero, fuggente solo, va, per così dire, ad annunziare agli altri gentiluomini l’orrore di questa morte.
Un grido d’indegnazione echeggiò per l’Àiemagna; il focoso
Ulrico di Hutten erasi recato ai bagni d’Ems, e fu là che il suo
parente Marquart di Hatstein andò ad annunziargli, quasi nel medesimo tempo, la morte del suo amato protettore, il generoso
IthelvFolf dì Stein, e l’assassinio dell’amico. Questi in addietro gli
aveva dato, a quanto sembra, la jjropria spada, e Ulrico che s’era
da gran tempo consacrato alla difesa degli oppressi, senti vasi doppiamente obbligato a chiedere all’imperatore, alla cavallerìa germanica, all’opinion pubblica la punizione dell’assassino.
Più egli trovavasi collocato in alto, e più credevasi Ulrico tenuto
ad inseguirlo. In vano il colpevole cercava d’oscurare la memoria della
sua vittima, e d’accusarlo di corrispondenze illecite colla di lui propria
sposa, la duchessa Sabina ; invano cercava pretendere di avere agito
come giudice iu causa propria, come i Scientes Westphalice, che
toglievano prontamente, occultamente l’esistenza dei colpevoli; il
nuovo Demostene confiitò, distrusse tutte le di lui vili scuse, e lo
denunziò colla energica eloquenza d’un Cicerone alla vendetta delle
leggi, ed accompagnando il suo protettore Alberto di Magonza alla
Dieta di Augsbourg, fece per la prima volta tremare, per la potenza
della sua parola, l’uditorio di principi che gli stava dinanzi. L’onore
della famiglia, l’indipendenza della cavallerìa richiedevano una ripa-
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radoue. Nel 1519, il duciv Uliico venne iutatti scacciato, e yjer 1.!)
iiiiiii restò in esilio.
Dopo un novello viaggio in Italia e nella città dei papi, Ulrico di
Hutten, più che mai disgustato dello studio del dirittp, si chiuse
nel suo castello feudale di ISteckelberg, e vi stabilì una stamperia,
pubblicò le sue opere, e scrisse la lettera a Leone X che servì d’introduzione all’opera di Lorenzo Valla sulla falsa donazione di Costantino. Assalse ancora il papato con tutte le forme di rispetto verso
il suo rappresentante d’allora. Questo sovrano pontefice non era infatti
un figlio della famiglia Medici? Non era egli l’uomo del Kisorgimento,
l’amico di Michelangelo, del Bembo, di tutti i letterati P Hutten lo
rappresenta, nella sua lettera, come un riformatore futuro della
Chiesa, come un papa quale fu sognato da Gioberti; egli non sapeva
ancora che vi sarebbe stato un giorno divorzio tra il Kisorgimento
e la Riforma, e ch’Erasmo farebbe contro Lutero, Francesco 1 contr(j
Calvino, Leone X contro Hutten !
Tuttavia il coraggioso cavaliere andava a cingere una corona. 11
suo amico Giovanni Stab lo presentò a Massimiliano che gli diede
di mano propria il lauro e il titolo di poeta. Un diploma con sugello
e segnatura gli fu rimes.so dall’imperatore colla leggenda; “ sapendo
“ di scienza certa, che tutti i dotti d’Italia e di Germania t’abbrac
“ ciano con affetto, in causa del tuo genio e del tuo buon gusto,......
“ che tu hai percorso gran parte di Europa, con molte fatiche e
“ perigli per l’amore delle lettere. Noi t’abbiamo decorato d’una
“ corona di lauro e di un anello d’oro, dichiarandoti oratore, poeta e
“ vate. ”
Come avanti la venuta di Cristo, l’unità romana avea fuso tutti i
popoli in un solo corpo, così prima della Riforma, il Risorgimento
avea creato in tutti i paesi d’Europa un popolo pieno di vita, di
entusiasmo, di giovinezza, che rinnovava il proprio gusto, il proprio
genio, il pensiero proprio nelle forme classiche dell’antichità ritrovata.
Dopo KXX) anni, i capi d’opera dell’antichità conservati, poi fugati
e seppelliti nei conventi, cominciavano ad uscire dalla polvere dei
secoli, giov.ani e briosi in mezzo al vecchio « tenebroso mondo che
il papismo, r inquisizioiie e i monaci aveano formato. Reuchlin,
l’amico di Hutten, scopriva per così dire di nuovo l’ebraico; i monaci
gridavano allo scandalo, al rogo, all’inferno; l’ebraico, la lingua
dei Giudei, non poteva essere che l’idioma degli stregoni, dei demoni,
I>erchè i dotti frati lo ignoravano aftatto. Il lor furore rimase soffocpto
in un immenso scoppio di riso; il mondo intero si pose a beffarsi
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dì loro alla lettura delle “ Lettere d’uomini oscuri. ” Epistolos
obscurorum visorum ” nelle quali Hutten lavorò di concerto con
Croto, Reuchlin, Nuenar, Busch ec....... La causa dell’ebraico era
guadagnata; — i monaci non si rialzarono da quello scoppio di riso
che li avea rovesciati, che molto lungo tempo dopo, mediante il
fanatismo di Lojola o la focosa eloquenza di Matteo de’ Bassi e di
Ochino. Hutten non contento della gloria delle lettere, depose la penna
per riprendere la spada e combattere l’assassino del cugin suo.
Partendo, egli scrisse ad Erasmo: “ Se io perisco nel turbine di
“questo combattimento, prenditi l’incarico d’istruire la posterità
“ dell’amore che io ebbi per te, e testimonia, nelle tue opere immor“ tali, che Hutten ha vissuto. ”
Il caldo guerriero cercava la gloria; la campagna fu troppo corta
perch’egli potesse immortalarsi; ma trovò ciò ch’egli non cercava,
un’amico, un protettore, un’anima stabile, forte, grande, alla quale
la sua potesse appoggiarsi: Francesco di Sickingen.
Fermiamoci qui. Hutten ha raggiunto gli anni della maturità; la
sua burrascosa giovinezza è passata. Giunto all’età in cui la Società
ha il diritto di chiedere ad ognuno, s’egli occupa degnamente il posto
che la sua libera scelta o il corso degli avvenimenti assegnògli
(Hulrico aveva 30 anni) chi è egli ? Dopo tante prove, ha saputo
fissare la sua carriera?—Ecco la risposta: Hutten è, come l’abbiamo
detto, il vento che sorge prima della burrasca ; non si sa nè d’onde
venga, nè dove vada; trascinato dal pericoloso desiderio di tutto
conoscere, di tutto sperimentare, di tutto vivere, se mi è lecito così
esprimermi, egli si è quasi persuaso che cercare una sfera, cercare
un campo dove possa piantare l’albero della sua gloria, è pure una
carriera. In vano si lagna egli di errare come Ulisse, ei non potrebbe
vivere diversamente. Questo è il carattere dell’uomo di talento o di
genio che vuol dominare il proprio secolo, per la sola potenza dell’intelletto, senza avere l’energìa della volontà, che traduce il pensiero
inatlio: annunzia, proclama con eloquenza un’avvenire novello; critica
con abilità e finezza di spirito il presente; ma gli manca il punto
d’appoggio che domandava Archimede per commuovere il mondo, il
grano di senape col quale si trasportano le montagne: LA FEDE.
( Continua )
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\AniK,T!k
S 1 E T E ' V 0 I ?........
( fatto storico )
IT.
(CoDtinnaz. e ftnt, vedi il numero prer.)
Alcune ore dopo essi sedevano insieme a tavola, lo studioso e pallido
dottore conversando con eleganza, e l’ospite amabilmente facendo gli onori
della tavola. Vennero le frutta e il vino; so n’andarono i ser\à, e Viviano e
Langdale rimasero soli.
Adesso ci siamo, pensava il sig. Langdale, aspettando ad ogni momento
che Viviano, col suo solito far franco, mettesse avanti l’importante soggetto.
Ma Viviano taceva. Per farla finita con quel silenzio che cominciava ad esser
nojoso per ambedue, il sig. Langdale disse: « Mi faceste motto nel viglietto
di qualche cosa che volevate comunicarmi».— «L’ho caro che me ne abbiate
dimandato », disse Viviano cordialmente e con un sospiro di soddisfazione,
« non avrei potuto coniminciar da me, tanto sono ansioso. Sì, sig. Langdale,
il vostro ultimo sermone mi occupò la mente tutta la settimana, vorrei
discuterlo più a lungo con voi se me lo permettete.» — « Con piacere, » disse
Langdalo, evidentemente soddisfatto. « V’era egli qualche punto che non vi
riuscisse chiaro, o differite voi dal mio punto di vista » ?—« Quel che voglio
sapere, disse Viviano con veemenza, « 6 questo r È egli una cosa reale, pratica? » —« Ache fate voi allusione?» — «Alla rigenerazione o nuova nascita
che dimostraste così chiaramente essere necessaria alla salvezza. Voglio
sapere se sia una mera teoria in aria, un’interpretazione specolativa, un sogno
teologico, ovvero, come vel dissi, un cangiamento reale, attuale. » — « Chi ne
dubita? » rispose il sig. Langdale alquanto sorpreso «Alcuni parlano bensì di
quella figura come di un’ardito orientalismo, un modo iperbolico di esprimere
il fatto che la riforma morale è essenziale, ma il passo rifiuta da se una tal
teoria. La parola nel greco può significar « nato da alto, » nel medesimo
tempo che « nato di nuovo. » Ciò implica che l’anima comincia allora a
vivere una vita celeste; l’uomo ridiviene figliuolo di Dio, nella sua casa. È
evidente che ima mera riforma esteriore non potè mai rivestir l’uomo di
nuove forze per discernimento spirituale, o come dice la Scrittura, per fargli
vedere il regno di Dio. La figura è ripetuta parecchie volte, ma la forza nou
ne è mai affievolita. Sempre essa esprime una transizione completa da uno
stato spirituale ad un’altro affatto diverso. Per esempio la rigenerazione è
chiamata ; una « transizione dalla morte alla vita » (Gio. v, 24), « dalle tenebre
alla luce» (Atti .xxvi, 18),«un trasportar dalla podestà delle tenebre nel regno
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di Cristo » (Col. I, 13). La figura della risurrezione è poi così spesso adotta
per indicar la grandezza del cangiamento e la sua forza per dar vita all'anima.
Non posso capire come dirimpetto a tanta evidenza scritturale si possa sostener la teorìa opposta.» — «È dunque un cangiamento reale che si opera
neU’anima delFuomo, mentre è in questo mondo?» — « Sicuro, rispose il sig.
Langdale, sconcertato di veder il modo pratico col quale il suo interlocutore
trattava quel soggetto così difficile ed arduo, nel medesimo tempo che leggeva
nel suo sguardo profondo l’ansietà di un’anima angosciata.» — «E come può
ciò avvenire, continuava Viviano con vivo interesse?»—Langdale non potè
sostenere un’interrogatorio che lo stringeva in siifatta maniera. Ei capì, e
sentì che si trattava di religione sperimentata, senza la quale la più squisita
abilità teologica rimane incapace di saziar un’anima affamata.
« Vi è qualche divergenza fra i dottori,... balbettò egli. » — «Lasci stare
i dottori, gridò Viviano impazientito ; Kbri, teorìe e speculazioni sono un
bel niente quando l’uomo è ansioso » ; poi leggendo sul viso del ministro la
perplessità del suo spirito,egli soggiunse con voce bassa e sentimento profondo;
« Scusatemi, sig. Langdale, ma l’anima mia è profondamente commossa. Si
tratta d’eternità, ed io giaccio nelle tenebre e non vedo luce. Ditemi, ve ne
supplico, chi mai provò quel cangiamento maraviglioso? E egli qualche cosa
che in realtà accada? Siete voi?.........
La tavola sulla quale Viviano era appoggiato tremava dall’agitazione sua,
e lo sue labbra tremanti non poterono finir l’incominciata domanda. Ma
non ve n’era bisogno. Gli rispondeva il pallor di morte che coprì il viso
del ministro; gli rispondeva quello sguardo angosciato che incontrò il suo,
quando si volse per coprir la faccia colle mani tremanti.
Urtato dal proprio modo di fare, e rimproverandosi la sua inconsideratezza,
Viviano si levò da tavola e andò ad appoggiarsi sulla finestra aperta. Avvolto
nei suoi pensieri, non seppe quanto tempo vi rimase, quando sentì una mano
posargUsi dolcemente sul braccio ed una voce fioca dirgli; « Fratello preghiamo. » Viviano si volse ad un tratto. H giovane suo pastore stavagli dinanzi
con un’espressione così toccante,col capo inchinato,col viso pallido, pensoso,
che, sebbene forte di costituzione, sentì le lagrime afifacciarglisi agli occhi.
Ei s’accorse di tutto in un momento. Dovean cercare insieme la grazia di
cui ambedue abbisognavano, doveano implorare l’efi'usione di quello 8. Santo,
che solo può cangiar il cuore, e che è promesso a chiunque lo domanda
in sincerità. Egli strinse la mano del sig. Langdale e disse singhiozzando ;
« Andiamo nella biblioteca, non vi saremo disturbati. »
Essi v’entrarono, « chiusero l’uscio », cd ora niuno sa quel che passi tra
loro e Dio; solo si vedrà, quando Colui che vede nei segreti li ricompenserà
pubblicamente.
Una domenica passa, un’altra le succede, e la congregazione stupita vede
sempre salir nel pulpito nuovi predicatori. Non ne è cagione una malattìa
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avvenuta al rettore, egli è sempre presenta e prende parte al servizio, e
molti, unendosi alle ferventi petizioni della lor bella liturgìa (anglicana)
sentono che vanno dh'ettamente al cuore. Una ragazzina tornandosene a
casa colla madre le diceva: « Non vi par egli, che il modo di leggere del sig.
Langdale sia realmente pregare ora? » Il cuor della madre faceva eco a tal
pensiero, e quel giorno essa sentì che tali preghiere devono trar giù benedizioni da alto.
Alfine venne il dì in cui il pastore occupò il solito suo posto, ma oh! quanto
mutato il suo modo di predicare ! 11 sermone non era men dotto, meno
studiato, no : Edoardo Langdale non avrebbe mai fatta al Signore offerta
che non gli costasse niente. Ma ora le sue parole ardevano, ed eran piene
d’unzione e di potenza. La sua mente era riccamente fornita di conoscenza;
raa la fonte sebbene piena sino all’orlo, non era capace di rinvigorire e
rinfrescare l'anima degli uditori sino a quel tempo che, una parola non udita
prima fu pronunciata, e che le acque fredde vennero mutate nel miglior
vino. Il legno era stato ammucchiato sull’altare per l’offerta, non vi mancava
che una scintilla di fuoco divino per incendiarlo.
Ma ora, con che reai sentimento della divina presenza, con qual zelo, con
qual fervore egli parla di Colui che amava l’anima sua! Con quali istanze
egli invitava i suoi uditori a venire a Colui che è la Via, la Verità, la Vita!
E come coloro che già tripudiavano all’udir la voce del Maestro, così i suoi
uditori stupivano delle parole graziose che procedevano dalla sua bocca.
Sentivano quanto fosse reale la verità che predicava; essi s’aecorsero che
egli « era stato con Gesù. »
Quanto furono le loro anime commosse allorché, prima di finire il suo
sermone, ei parlava con profonda umiltà, con adoraiione e riconoscenza del
cambiamento operatosi in lui; e allorché confessò loro che,nel tempo addietro,
egU avea dichiarato « ciò che non intendeva, cose maravigliose sopra la sua
capacità e che non poteva comprendere; » che, senza saperlo, egli avea
servito all’altare d’iddio con sacrilega mano, e che avea dichiarato i suoi
santi oracoli in ignoranza ed incredulità, con labbra impure; ma che ora, per
mezzo della misericordia che l’avea redento, per la grazia che lo santificava,
egli era stato reso capace di predicar loro cose viste e udite. Se nell’addietro
egli annunziava Uno di cui aveano udito gli orecchi suoi, ei poteva ora annunziare Uno che gli occhi suoi contemplavano, c gridar con quel santo
antico :
La lingua dei mortali non può esprimere.
Le lettere non possono scrivere la beatitudine che tu imparti,
0 amor di Gesù ! Sol chi, nel cuor, ti possiede,
Conosce ciò che tu sei.
Ed ora, ei gl’invitava ardentemente a venir seco lui a quel prezioso Sal vatore che avea trovato, a Colui che è tutto amorevolezze. — Uomini forti
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all’udir cotali accenti chinavano il capo e piangevano; cuori indurati tremavano, come se le corde ne fossero state toccate da una mano angelica.
Viviano inginocchiòssi alla tavola del Signore; per la prima volta vi ricevette i memoriali di quell’amore che spinse Gesù a morir per lui, e con cuor
riconoscente, presentòssi, anima e corpo, « ostia ragionevole, santa e viva al
servizio del suo Redentore.
Quello fu un giorno da non dimenticarsi tosto; e molti, all’uscir di chiesa,
sentirono che, in verità, Dio non è un Dio da lungi ma dawicino, la di cui
parola non è nascosta, nè distante, ma che è presso a loro, nella lor bocca,
e ne’ lor cuori, affinchè l’odano e la pratichino.
Lettore, vi pajon forse tai fatti strani Domandate voi con Nicodemo ;
« Come posson farsi quelle cose? » — Venite con lui a Gesù, quand’anche
fosse di notte, e tosto troverete che Egli è la luce del mondo, tosto canterete
con giubilo e riconoscenza;
^ Era mezzanotte nell’anima mia, fin ch’Egli,
Brillante stella mattutina, ne diradò le tenebre.
Oh! ascoltate quella voce che vi grida di uscir dalla profonda corruzione
della vostra natura caduta, dal tenebroso sepolcro del peccato; e v’invita a
cominciar quella corsa celeste, che sale sempre più risplendente, di forza in
forza, di trionfo in trionfo, finché il vincitore sfugge ai nostri sguardi, negli
splendori di un ineoronamento di gloria eterna.
Si, quella voce maravigliosa ohe per voi lottava in preghiera, tante notti,
sui monti della Galilea; quella voce che, da un cuor straziato d’angoscie per
i vostri peccati, lanciò quel grido d’agonia sulla croce; quella voce che ora
rimbomba nell’eooellente gloria del cielo, come il suono di molt’acque, e che
rimbomberà nella pienezza della sua maestà, in questo mondo attonito, quando
tutta la terra risplenderà della gloria del Re dei re; quella voce vi grida
oggi agli orecchi; « Se alcuno non è nato di nuovo, non può vedere il regno
di Dio ! »
Caro lettore, non vi sia quella voce, un suono senza effetto. Venite a Colui
che solo può darvi il battesimo dello Spirito Santo. Venite, mentre è tempo.
Venite, e non costringete quel grazioso Salvatore ad indirizzarvi quel doloroso rimprovero; « Voi non volete venire a me per aver la vita. »
(dall’inglese),
ALLA CHIESA NASCENTE DI P......(*)
Cari fratelli! — Abbiamo ricevuto la vostra lettera, e ci rallegriamo dei
sentimenti cristiani con cui è scritta.
Voi mostrate di non temere le persecuzioni; vi dichiarate forti per combattere e non cadere nei lacci dei nemici ; anzi, per cosi dire, li sfidate a
11
battaglia ; ma, peimetteteci un’osservazione amichevole, fraterna, cristiana.
Per carità ! non vi fidat« di voi stessi ; ricordatevi che per quanta fede,
per quanto amore portiate a Gesù Cristo, se vi appoggiate alle sole vostre
forze, queste, un momento o l’altro vi possono mancare. Non v’illuda quell’entusiasmo naturale, quell’impeto soltanto umano: cercate la forza chc
viene dall’alto, il fuoco del Santo Spirito, che dobbiamo chiedere del continuo a Dio colla preghiera, umiliandoci e riconoscendoci deboli ed inetti a
compiere qualsiasi impresa.
Lo spirito è pronto, ma la carne è debole, ha detto in verità Gesù Cristo
(Matt. XXVI, 41) ; e la prova ci viene oiFerta subito, pochi versetti dopo, e
niente meno che dagli Apostoli, e specialmente da Pietro, il più pronto ad
esternare la fede e l’amore nel suo divino Maestro.
Osservate in prima i vers. 33 e 35 dello stesso capo, 29 e 31 capo xiv di
8. Marco, e 33 capo xxri di s. Luca ; Pietro si vanta che non sarebbe
giammai scandalezzato, mai rinegherebbe Gesù, e sarebbe presto ad andar
con essolui ed in prigione ed alla morte. Egli, di certo, parlava così, perchè
in realtà così sentiva ; ma sentiva ancora carnalmente, fidava nella propria
forza, tanto che Gesù Cristo lo avverte che aveva pregato per lui acciocché
la sua fede non venisse meno; che un giorno sarebbe convertito, ed allora
confermasse i fratelli (Jlatt. capo sud. ver. 32).
Or, ecco già che l’impetuoso Pietro stima forse che sia giunto il momento di dare a Gesù una prova luminosa della verità di quanto aveva
espresso. Fa un atto coraggioso; trae fuori la spada; percuoto il servitore
del sommo sacerdote e gli recide l'orecchio destro (Giov. xviii, 10).
E che cosa dobbiamo dedurre da ciò che allora Gesù disse a Pietro
(Matt. XXVI, 52)? Dobbiamo dedurre ch’Egli non vuol essere difeso colla
violenza, ma colla persuasione, colla predicazione del Vangelo, colla santità della vita; laonde malissimo si comportano i preti, volendo imporre
colla forza la fede religiosa che insegnano, minacciando e scomunicando
chiunque voglia attingere le proprie credenze non a fonti impure, ma alle
vive sorgenti del Vangelo. 9e in questo noi udiamo Cristo che parla ed il
S. Spirito, che bisogno abbiamo, per credere, di parole umane ? E guai se
coteste parole trovansi in opposizione con quelle di Dio ! Sapete, o fratelli,
che cosa avete da rispondere ai preti? Ciò che i Samaritani dicevano alla
donna ch'era andata al pozzo; “Noi non crediamo più per le vostre parole,
“ perciocché noi stessi l'abbiamo udito, e sappiamo ch’Egli è veramente il
“ Cristo, il Salvator del mondo. ”
Tornando agli Apostoli ed a Pietro, guardate che cosa è scritto al ver. 56
del capo xxvi di s. Matteo ed al verso 50 capo xiv di s. Marco : “ Allora
“ tutti i discepoli, lasciatolo, se ne fuggirono. ” Due però lo seguitavano
da lungi, Simon Pietro ed un’altro, che .sarà stato Giovanni (Giov. xviii,
15, m.
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Or, quel Pietro, che in Gethseniane si era mostrato pronto a qualunque
impresa, a seguire la sorte del suo divino Maestro, che fa presentemente
nella corte del sommo sacerdote ? Egli non v’ha dubbio, ama sempre Gesù,
non può staccarsi dal luogo dove l^hanno condotto ; ma, osservatelo, com’ è
ripieno di paura; come teme di essere scoperto; come una semplice serva
lo fa tremare; come s’affretta di negare d’esser discepolo di Gesiì ! “ Noi
“ sono — Io non so ciò che tu ti dica — Donna, io non Iq conosco. ” Poi
nega di nuovo e con giuramento ; “ Io non conosco quell’uomo. ” Ah! po
vero Pietro, non osa nemmeno proferire il santo nome di Gesù ; lo chiama
quell’uomo. In fine, per la terza volta, fuor di senno, maledice se stesso,
torna a giurare ed a ripetere : “ Non conosco quell’uomo che voi dite. ”
(Matt. XXVI, Mar. xiv, Lue. xxii, Giov. xvni).
Dov’è, o Pietro, la tua forza d’animo, il tuo entusiasmo, il tuo coraggio?
Questo è caduto, perchè non veniva dall’alto. A te però è bastato, per ravvederti, uno sguardo benigno e compassionevole di Gesù ! piangesti amaramente !
0 fratelli ! non dimenticatevi della preghiera ; questa sola può darvi la
forza di lottare contro i nemici del Vangelo ; e se per disgrazia, aveste in
qualche incontro a cadere, o vi sentiste deboli, ricordatevi di Pietro, di
Gesù che lo guardò; e guardando anche voi in Gesù collo spirito vostro,
sarete all’ istante rinvigoriti.
(*) Questi consigli ed esortazioni, sebbene diretti ad una Congregazione speciale
di Cristiani, abbiamo Btimato bene di pubblicare, essendo molti fra i nuovi convertiti
coloro che potranno avvantaggiarsene. Bed.
NOTIZIE
Valli-Valdesi. — Movimento religioso, -r- Ancora dal Pomaretto ci
viene scritto, in data 10 febbrajo, quanto segue;
« Io non posso che maravigliarmi nel vedere questa popolazione, in cui
i bisogni religiosi erano, alcuni mesi sono, cosi poco sviluppati, accorrere
ora, in numerosi drappelli, alle riunioni di preghiere stabilitesi su più
punti della parrocchia.
« Le anime sembrano risvegliarsi dal loro sonno, e domandarsi con
ansietà; donde vengo ? dove vado? E la Parola di Dio e la voce dei suoi
interpreti, sono ascoltate con attenzione, direi quasi con entusiasmo, perchè
essa sola può rispondere, in modo soddisfacente, a queste domande.
« La morte, quell’ eloquente e tremendo predicatore della vanità dei
beni terreni, da qualche settimana a questa parte colpiva, più che mai
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aU improvviso, le famiglie. Radunati intorno alla bara, or d’una donna
giovine ancora ed, alcuni giorni fa, piena di vita, or d’un uomo piuttosto
attempato, ma vegeto ancora, or d’un padre di famiglia, che parca la robustezza stessa, perfino gl'indifferenti sono costretti di riconoscere quanto sieno
illusorie le speranze mondane, e di rivolgere i loro sguardi alle cose che sono
di sopra, ove Cristo è seduto alla destra di Dio.
« Lunedì sera, giungendo quivi, fui avvertito che, in occasione di una
conferenza pastorale che avea raccolto in quel giorno i pastori tutti della
valle di S. Martino, vi sarebbe la sera una pubblica riunione.
« Un vento ghiacciato soffiava con veemenza. Ciò nullaineno, l’assemblea
fu quanto mai numerosa. Quattro pastori presero l’uno dopo l'altro la parola.
L’uditorio pareva instancabile. Una cosa mi colpì, nei quattro discorsi pronunciati in questa circostanza, la loro attualità. La preoccupazione degli
interessi presenti e speciali della nostra Chiesa li dettava evidentemente
agli oratori. — Uscendo dalla riunione, dicevo fra me: Siano i predicatori
del loro tempo; scrutino le piaghe da cui, nel momento attuale, sono travagliati gli uomini, e vi applichino il rimedio infallibile deU’Evangelo: cosila
loro pi-edicazione sarà ascoltata con interesse, e adempierà ad una delle
condizioni essenziali che la faranno profìcua agli ascoltatori. Colui che,
nella sua predicazione, librasi di continuo nella sfera serena delle idee, sieno
pure evangeliche, invece di discendere, armato di queste, nel mondo del
reale, periiformarlo, predicherà sempre nel deserto.
« Faccio ora punto alle mie riflessioni omiletiche, per dirvi ancora che.
Mercoledì sera, fui invitato da alcune persone, fra le quali un cattolico
romano, a presiedere una radunanza improvvisata. Accettai con giubilo,
ed il Signore C. ed io fummo felici di potere annunziare l’Evangelo, estemporaneamente, ad un’uditorio numeroso e, secondo il debole giudicio dell'uorno, ottimamente disposto.
« Gloria a Dio ! Egli ha incominciato nel nostro paese un’opera che deve
riempiere di allegrezza i nostri cuori. Supplichiamolo ardentemente di
compierla. » G. K.
Torino. — Sedute Storiche.— L'Unione cristiana dei Giouam di questa
capitale, di cui annunziammo, un mese fa, la recente istituzione, si è posta
alacremente all'opera, e per cura della medesima, lunedì sera, 27 corrente,
veniva inaugurata, nella cappella attigua al Tempio Valdese, una serie di
Letture storiche che verranno fatte da diversi oratori, a tale fine disegnati.
La prima di queste letture, fatta dal sig. Appia, pastore a Pinerolo, trattava
deirillustre ammiraglio francese del decimosesto secolo, Gaspare di Goligny.
Questa nobile fisionomia, una fra le più imponenti e sublimi di quel secolo
così fecondo in uomini sommi, venne dall'oratore delineata in modo tale da
lasciarne viva e salutare impronta in tutti coloro che l’udirono. I giovani a
cui il suo discorso era più specialmente rivolto, mentre, daU’esempio dato
loro dal grande ammiraglio, avranno imparato quanto possa in vista della
vera grandezza un volere fermo e deciso a raggiungere la meta a qualunque
costo, saranno stati avvertiti altresì del poco caso che conviene faro di una
virtù che non ha a fondamento una vera rigenerazione della mente e del
cuore, operata dallo Spirito di Dio; gli uomini attempati avranno ammirato
in Coligny un cospicuo esempio di quanto sia capace, per il prospero
andamento della Chiesa di Dio, un uomo, anche immerso in un mare di
terrene faccende, (juando il suo cuore sia veramente conquistato alla verità;
e nella nobile e virtuosa Carlotta di Lavai, la degna consorte di un
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tant'uomo, avranno le signore, che numerose intervenivano a questa seduta,
ravvisato un modello della donna cristiana , che nulla trascurando dei
domestici doveri, anzi adempiendovi con tutta esattezza, si ricorda pure
di essere anch’essa un membro del corpo di Cristo, e nel suo cuore, debole
per natura, raa roso forte dallo Spirto di Dio, porta, al pari dell'uomo c
spesso con più coraggio cd ardire di lui, il nobile peso delle sollecitudini
che vi si riferiscono. — Quantunque il signor Appia abbia parlato per
circa un'ora e mezzo, senza che si scorgesse, nel suo numeroso uditorio, il
minimo segno di stanchezza, egli non ha tuttavia potuto narrarci che la
prima parte della vita di Coligny. L’ultima parte, di gran lunga la più
interessante, sarà argomento della seduta che, a Dio piacendo, egli ci darà lunedi venturo.
— Ancora dei preti riformatori. —Riguardo alla notizia data, settimane
fa, dal corrispondente parigino del Journal de Genève, intorno ad una Itifoì-nia cattolica che sarebbero per attuare alcuni preti di quella comunione,
leggiamo quanto seguo in un carteggio della Sentinella delle A Ipi:
« Se siamo bene informati, alcuni preti appartenenti alla diocesi di
Mondovì, i quali sono stati male trattati dal loro ordinario, avrebbero in
animo di aprire in Torino una chiesa, coll’intendimento di celebrarvi lo
funzioni del cattolicismo, predicarvi i dogmi e la morale di tale religione,
ma predicare pur anche contro gli abusi che cotanto deturpano la religione
stessa, e principalmente contro il dominio temporale del papa, .le troppe
ricchezze del clero, il despotismo di Roma sui vescovi, di costoro sul clero
inferiore. Dimostrerebbero essere il Vangelo amico di libertà; vorrebbero
separazione assoluta delle cose civili dalle religiose, i pastori eletti dai fedeli,
in una parola ripristinati gU aurei primitivi tempi del cristianesimo. )>
Dalle informazioni che ci siamo procacciate, crediamo di poter asserire
con suificiente certezza esservi poco da sperare da questo movimento, che
avrebbe a capo uomini sinceri ed onesti, lo crediamo, ma niente affatto, per
fede, cognizioni e carattere all’altezza di un opera così importante come
quella cui sarebbero per sobbarcarsi.
PlRKNZB. — La zizania in mezzo al huon grano. — So nella gentile
Toscana redenta a nuova vita politica. Iddio è all’opera, spargendo e facendo
spargere in gran copia il buon grano della Parola, il diavolo, dal canto suo,
non se ne sta colle mani in mano, anzi non vi ha sforzo che lasci intentato,
allo scopo di disperdere questa semenza o d'impedime il salutevole sviluppo.
Ad alcuni di questi sforzi noi già accennammo nei numeri antecedenti.
Oggi ci tocca d'additarne un’altro, il più perfido ed in pari tempo il più
efficace di tutti: le scissure, le divisioni ch’egli cerca di su.scitare fra quei
nuovi credenti ad un medesimo Evangelo di grazia e di perdono. Siffatte
scissure, pur troppo antiche, in Firenze, per un tempo si poterono credere cessate del tutto ; ma, disgraziatamente, non era questa che un’apparen^a ; le stesse di prima si sono ravvivate non solo , ma anche esacerbitG, da qualche tempo a questa parte. E sarebbe meno male, in un
senso , qualora avessero per oggetto queste scissure punti essenziali di
dottrina: così almeno avrebbero la loro ragione di esistere. IVIa, il doloroso
in tutto questo si è che, uniti nelle verità essenziali, quei cristiani dividonsi
gli uni dagli altri per mere quistioni di forma, le quali, se non sono senza
importanza di sorta, hanno però un'importanza affatto secondaria, a fronte
sovratutto del gran danno che le divisioni da esse generato cagionano ai
progressi deU’Evangelo. Fomite principale del male che deploriamo pare
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sia il rUvmtismo, quella trista importazione inglese, che tenta ripetere
fra 'noi, nel dominio religioso , quello stesse sgraziate prove che, per
nostra sventura, ha date di se il Mazzinianìsmo in politica ; ma, se le nostre
informazioni sono esatte, vanno facendosi ognor più numerosi quelli che
cominciano ad aprire gli occhi sulle funeste conseguenze di un tal sistema,
e si convincono, che un’ordine ci vuole in tutto, nelle cose ecclesiastiche
come nelle civily e vi si avviano. Possano i loro passi su quella via es.sere
rapidi ! Noi non raccomandiamo kro que.sta piuttosto che quell'altra forma
ecclesiastica ; una sola cosa bramiamo, con tutto il cuore : che sia sbandita
\’anarchia, e vi succeda l'ordine, senza il quale è impossibile che si possa
andare avanti, in modo sicuro e duraturo.
Ginevra. — Proposta di una quarta conferenza generale dei Cristiani
evangelici del mondo intiero.— Tre di (jueste conferenze hanno avuto luogo,
la prima a Londra nel 18t51, se non erriamo, la 2a a Parigi nel 1855, la 3a
a Berlino nel 1858; il Comitato deli Alleanza evangelica di Ginevra ne
propone ora una, in questa città, pel settembre del 1801, dichiarandosi
pronto ad accogliervi con tutta gioja tutti coloro che amano con cuor jmro
il Signore Gesù CrUto. La conferenza si protenderebbe per 8 giorni, dui'ante
i quali sarebbero passate a rassegna, por mezzo di lavori in i.scritto e di
discussioni relative ai medesimi, le condizioni religiose del mondo intiero.
Noi facciamo i voti più sinceri perchè questo invito del Comitato Ginevrino
incontri ovunque quella simpatìa che si merita, e perchè l'anno 1861 dia
al mondo una nuova manifestazione di qucU'ureiià spirituale che deve costituire il carattere dei figliuoli di Dio, qualunque sia il paese ohe abitano,
la lingua che parlano, e la denominazione ecclesiastica cui appartengono.
Parigi. — Il icev. Spurgeon a Parigi. — Ecco quanto leggiamo in una
lettera da Parigi, stataci gentilmente comunicata, su quell’eminente predicatore, il quale raccoglie, ogni domenica, a Londra, attorno al suo pulpito
circa 10.000 uditori: « L’avvenimento principale del mese è stato la visita
che ci ha fatta il sig. Spurgeon. Egli ha predicato cinque volte in due giorni
e mezzo, e ci venne fatto di sentirlo tre : sulla preghiera ; su « il Signore è
il mio Pastore, » e sui tre primi versetti del 14° capitolo dell'Apocalisse;
« Poi vidi, ed ecco 1 Agnello che stava in piè in sul monte di Sion ecc. » Si
capisce iu vero come migliaja ed anche decine di migliaja concorrano per
udirlo. I suoi sermoni sono di lunga lena, ma l’uditorio non si accorge,
sentendolo, che il tempo sfugge. La lingua in cui predica (l’inglese), la
stessa persona del predicatore, tutto viene dimenticato, a fronte delle cose
ch'ei dice, e che, nella sua bocca, acquistano un’accento tale di verità, che ci
pare di contemplarle. Impossibile di predicare in modo più semplice ; egli
non dice mai una parola superflua; le idee si affollano ncUa sua mente, e
appena ne è stata espressa una, che l’altra le tien dietro altrettanto forte,
altrettanto impressiva e convincente. Le imagini, le allegorìe, gli aneddoti
occupano un gran posto in quei sermoni; talvolta egli è sommamente poetico,
spesso o quasi sempre famigliare, volgare mai. Per fermo io non credo che
egli sia per niente preoccupato di se; di un solo desiderio egli si mostra
pieno, quello cioè di convincere i suoi uditori.
« Quantunque popolare al sommo grado, lo persone cólte lo ascoltano con
molto diletto, essendo la sua predicazione essenzialmente rivolta all’intelligenza ed al cuore. Il sig. Spurgeon fa molti gesti predicando; egli è piccolo
di statura, grassotto, di età 26 anni, e sommamente candido di espressione...
figli ha parlato della divinità di G. C. con gran forza; si vede che spirito
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settario non esisto in lui; ha detto intorno alle sètte cose quanto belle
altrettanto giuste. Vi era molta unzione e dolcezza nella sua predica sul
buon Pastore: dopo aver descritto le vicissitudini dei pasto-i dell'Oriente;
dopo aver parlato dei privilegii, poi dei doveri delle pecore di Gesù, ci citò
l’esempio di un pastore arabo che erasi lasciato uccidere piuttosto che di
abbandonare le sue pecore, quindi proseguì presso a poco in questi termini:
« Ma mi rimane a narrarvi una storia assai più sublime dijquesta : Egli era
in mezzo ad un’oscurità tremenda ecc, »......e paragonò la morte del buon
Pastore ad una lotta disperata tra un pastore ed un leone. Era un passo
commoventissimo......In somma, uno si fa capace, dopo averlo udito, della
straordinaria influenza ch’egli esercita sulle masse popolari...... »
Inshilterra. — Un prete romano convertito.— Il rev. G. Moran, antico
prete cattolico-romano, ha pronunciato teste davanti V Unione cristiana dei
giovani di Douglas, (isola di Man) un discorso nel quale egli espose, con
grande eloquenza, come sia stato addotto alla conoscenza della verità
evangelica. « Subito, egli disse, che, fui convinto della verità del protestantismo, sentii che era mio dovere di dichiararlo innanzi a tutti, rinunciando
apertamente gli errori del romanesimo; questo io considerai come un dovere
verso Dio, verso la propria coscienza, e verso il paese. »
Austria. — Parziale emancipazione degli Israeliti. — La Gazzetta di
Vienna pubblica le ordinanze, a termini delle quali gli israeliti avranno il
diritto di possedere proprietà prediarie nella bassa Austria, Boemia, Moravia,
Silesia, Ungheria, nella Voivodia, Serbia e nel ducato di Terne, in Croazia.,
Slavonia, Transilvania, nel paese del litorale ed in Dalmazia. — Come si
vede, non si tratta ancora di tutto l’impero e negli articoli delle ordinanze
si fanno numerose restrizioni. «
Unghehia. — La Chiesa evangelica ed il Governo. — Le speranze che
si erano concepite dalla promessa fatta dall’imperatore, ai baroni Pronay e
de Vay — capi della deputazione recatasi a Vienna per indurre il governo
a migliori pensamenti verso le comunità evangeliche dell’Ungheria — che
avrebbe, cioè, prese quelle disposizioni più atte a tranquillare gli animi, non
si sono per niente verificate. In fatti una circolare del ministro dei Culti, in
data del 10 gennajo e quindi anteriore aU’invio. di tale deputazione, ordinava, sotto le pene più severe, alle comunità evangeliche di sottoporsi alla
patente imperiale del 1 7bre. Una seconda circolare deUo stesso ministro,
in data del 5 febbrajo, posteriore quindi al colloquio avuto dai suddetti
personaggi coll’imperatore, ricorda e conferma la precedente. L’unica concessione fatta agli evangelici sarebbe la convocazione del Sinodo che domandano da più tempo; ma siccome dovrebbe questo Sinodo venir convocato
e costituito a tenore della patente in discorso, l’aderirvi, sarebbe per parte
degli evangelici, lo stesso che accettare quella costituzione di cui non vogliono sentire a parlare a nissun costo; in guisa che nulla in sostanza è
cambiato allo stato di cose antecedenti.
Domenico Grosso gerente.
TORTNO — Tipògi-afla CLAUDIANA, diuetu da E. Trombetta.