1
Anno 128 - n. 17
24 aprile 1992
L. 1.200
Sped. abbonamento postale
Gruppo II A/70
In caso di mancato recapito rispedire
a: casella postale - 10066 Torre Pellice
BÌE!,T0TECA VALDEGE
10066 TORRE PEÎLIGE
delle valli valdesi
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE VALDESI E METODISTE
XXV APRILE
AMBIENTE E SVILUPPO
Dimenticare Bossi || «vertice della Terra»
La politica ha bisogno urgente di nuove reqo- _ . . , . . > . i u 4.- -a
le: saremo disposti ad occuparcene anche noi? Occorre una visione planetaria del problema, che porti a una ridi
stribuzione dei beni, secondo criteri etici e col concorso di tutti
No, il problema non è Bossi,
né la Lega. In ogni società ed
in ogni perìodo storico ci sono
stati gruppi sociali che hanno
espresso i loro risentimenti, i loro malcontenti, le loro proteste
dando la preferenza a quelle forze politiche che più incarnavano la protesta. Così — nella storia della nostra Repubblica — è stato il Movimento sociale italiano (MSI) a raccogliere il voto di protesta della destra, tanto che quando il partito ha deciso di lasciar perdere
la camicia nera, lo slogan elettorale diventò « dalla protesta alla proposta ». Ebbe scarsa fortuna e così a queste elezioni il
MSI è diventato il partito delle
« picconate ».
La protesta di sinistra si è
espressa recentemente sia nel voto a formazioni politiche quali
DP e il PCI, sia col non voto.
Anche se ovviamente non l’intero voto a questi partiti era di
« protesta ». Era il sistema politico che in qualche modo incanalava il voto di protesta verso
le due estremità politiche.
Però oggi il 9% degli italiani
che votano (ma ii 23% dei lombardi e il 16% dei, piemontesi)
sceglie la Lega Nord e globalmente le formazioni politiche
« antisistema » raggiungono al
Nord quasi il 40% dei consensi.
Questo fatto è un problema vero. Il sistema dei partiti che ha
fatto (e solo parzialmente attuato) la Costituzione regge ancora, ma denuncia crepe vistose, soprattutto se si tiene conto
deU’imponenza del non voto: i
non votanti sono stati oltre 6
milioni e i voti non validi (bianche e nuUe) 2.200.000; in totale 8 milioni e 200 mila, con una
percentuale dei 17% circa, la
percentuale del PDS!
Il numero degli italiani antisistema è in continuo aumento
e il fenomeno si è accentuato dopo la fine dei cosiddetti « regimi comunisti » dell’Est europeo.
La fine di un « nemico » non ha
però soppresso la necessità di
avere dei nemici, così ne sono
venuti fuori dei nuovi o se ne
sono riscoperti altri: «Roma ladrona », l’immigrato, ii « tarun »
e il sistema politico che li mantiene.
Analizzando questo fenomeno
alcuni parlano di indebolimento
della democrazia. Indebolimento
della democrazia che però è cominciato molto tempo prima della caduta del muro di Berlino
con l’indebolimento progressivo
della società civile. Pericle pensava che ogni individuo dovesse dedicare una parte dei suo
tempo al lavoro e alla formazione ed un’altra alla cosa pubblica. Cosa quest’ultima che sempre in meno i cittadini sono disposti a fare.
n sistema politico, negli ultimi anni, ha regolamentato molte questioni che in passato avevano visto la mobilitazione popolare. La casa ad esempio non
è più un problema di mobUitazione collettiva, un diritto per
il quale andare in piazza, ma il
modo con cui i partiti ottengono il voto. Lo stesso per il lavo
ro. I diritti nel nostro sistema
politico sono diventati favori!
La regolamentazione politica è
così pervasiva che quasi non ce
ne accorgiamo più: « E’ normale
che sia così » diciamo, un po’
rassegnati ma anche un po’ convinti.
_ In questo modo il gioco politico è stato fatto con sempre
meno giocatori, anche se il numero delle squadre è aumentato. Gli altri, i più, sono rimasti
fuori; nel migliore dei casi sono diventati tifosi delle squadre
in campo. Ma la tifoserìa, si sa,
può anche cambiare squadra,
quando si trova chi riesce ad entusiasmarla.
Adesso i tifosi fanno paura
perché chiedono che si cambino
le regole e anche il gioco.
Le regole però sono quella Costituzione per cui si sono battuti cinquanta anni fa alcuni tra
i protestanti italiani. Persone,
fratelli e sorelle, che hanno rifiutato la tifoseria per giocare il
gioco più difficile: quello di dare nuove regole alla politica.
Anche oggi abbiamo bisogno di
nuove regole su cui rifondare la
politica. Oggi come allora occorre riportare l’etica nella politica. Occorrono nuovi giocatori.
Allora ii problema non è Bossi,
siamo noi! Tifosi o protagonisti?
Giorgio Gardiol
AlFinizio del mese di giugno
si terrà a Rio de Janeiro la Conferenza mondiale delle Nazioni
Unite (ONU) sull'ambiente e lo
sviluppo. La conferenza riunirà
alcune migliaia di persone e,
nella sessione finale, sarà presente Un buon numero di capi
di stato e di governo.
A nessuno' sfugge l’importanza
delle questioni che saranno affrontate nell’incontro. Il nostro
futuro dipende largamente dal
modo con cui negli anni a venire questi problemi avranno soluzione. Le organizzazioni non
governative (ONG), forti della
loro esperienza, della loro ingegnosità e del loro impegno hanno organizzato nello stesso luogo e nello stesso momento una
conferenza parallela, per tentare
di contrapporre all’uffidalità l’esperienza del lavoro sul campo.
Per quanto riguarda l’ambiente, i problemi che ci angustiano sono numerosi: l’effetto serra
e il riscaldamento del pianeta
possono provocare l’innalzamento degli oceani e mettere in pericolo in tutto il mondo intere
regioni che hanno coste particolarmente basse; le modificazioni del clima possono pregiudicare molte produzioni agricole; i
problemi della qualità dell’aria,
dell’acqua, della gestione dei rifiuti, ecc. sono particolarmente
gravi in tutti i paesi sviluppati.
E’ evidente che tutti questi problemi sono causati dall’enorme
sviluppo della produzione e dal
considerevole miglioramento del
livello di vita che abbiamo raggiunto dopo la rivoluzione industriale. Sviluppo e livello di vita
al quale aspirano circa quattro
miliardi di uomini e donne che
popolano la parte sud del pianeta.
Come fare perché lo sviluppo
del Nord non pesi doppiamente
sul Sud del mondo con i danni
provocati direttamente dai suoi
effetti e col divieto più o meno
esplicito fatto a quei paesi di
cercare lo sviluppo, condannandoli ad essere ’’riserve” di fauna,
di flora e di etnie ’’selvagge”, di
aria e di acqua pura e, anche,
di materie prime?
Linee-guida
per la riflessione
Quattro principi devono guidare la nostra riflessione e la
nostra azione in questo campo:
1 — La necessità di avere una
visione globale e planetaria dei
problemi, interagenti gli uni con
gli altri, è al centro di una rivoluzione di pensiero appena cominciata; la consapevolezza che
facciamo parte di uno stesso
LA FEDE NELLA PAROLA
Dopo Pasqua
« Gettate le reti daU’altro lato, e troverete
quello che cercate» (Giovanni 21: 6).
Esattamente come Gesù stesso aveva predetto,
dopo la sua morte sulla croce il gruppo dei discepoli si era sciolto e « ciascuno disperso dal canto
suo » (Giov. 16: 32). Solo alcuni di loro erano rimasti uniti, ma lontani da Gerusalemme: erano
tornati nella loro regione, in Galilea.
Sulla riva del lago di Galilea vi è Pietro con
qualche suo compagno. E' sera, Simon Pietro prende una decisione: « Io vado a pescare » (v. 3). Riprende cioè il suo lavoro, ritorna alle sue reti, a
quelle reti che un giorno aveva entusiasticamente
abbandonato per diventare seguace di Gesù, in risposta alla sua chiamata.
Di fronte a questa decisione di Pietro, il nostro
pensiero si rivolge alla chiesa ed a noi stessi, che
ci riteniamo discepoli di Gesù. Anche noi, come
singoli e come comunità cristiana, abbiamo conosciuto e conosciamo quello stato di sconforto dovuto ai nostri sogni ed alle nostre speranze di un
mondo migliore .svaniti e sopraffatti dagli eventi e
dalla violenza scatenata nel nostro tempo presente.
Pure noi speravamo che, in risposta all’annuncio
dell'Evangelo, il nostro paese, il mondo intero trovassero quell'equilibrio di sentimenti che produce
pace fra tutti gli uomini. Ed invece ecco che la
violenza armata trionfa ovunque; ecco il fratello
che uccide il fratello in lotte fratricide, in lotte civili e fra le nazioni; ecco che la voce dell’Evangelo
è soffocata dalle grida degli oppressi esasperati che
reclamano giustizia e libertà e dagli oppressori che
reagiscono contro di loro con la violenza e la sopraffazione. Speranze sante, ma deluse!
Ed allora, per sfuggire a tali pensieri e per non
esserne travolti, cerchiamo nuove vie, escogitiamo
impensate strategie per far valere i nostri pro
grammi di chiesa cristiana. Ma « quella notte non
presero nulla » (v. 3). No, non è un castigo di Dio.
E’ l'ovvia conseguenza della vita vissuta confidando nella presunta forza delle nostre umane iniziative, nella precarietà delle nostre decisioni e nella
nostra presunzione di voler fare e disfare senza
attendere quello che ci dice il Signore. Noi vorremmo risolvere i mille problemi che assillano il
mondo: la pace, la giustizia, la libertà... Purtroppo
però — come in questo nostro tempo — non vediamo alcuna soluzione.
Ma l’amore di Gesù è sempre presente. Egli non
abbandona il mondo e la sua chiesa a se stessi.
« Io sono con voi tutti i giorni », ha promesso prima di salire in cielo (Matteo 28: 20). Infatti quando l’uomo è stanco e sfiduciato, quando il credente
è demoralizzato per gli insuccessi della sua testimonianza, lui, Gesù Figlio di Dio — come in quel lontano giorno — è là sulla riva ed attende coloro
che sono andati senza di lui, e che ora ritornano
stanchi dalle loro inutili fatiche.
Gesù è là non per giudicarli e per condannarli,
e nemmeno per ammonirli, bensì per prendersi
cura di loro e per aiutarli col suo amorevole consiglio: « Gettate la rete dall’altro lato e troverete
quello che cercate ».
« Dall’altro lato », cioè dal lato opposto a quello dove avete faticato invano. Non dalla parte
delle soluzioni illusorie dei vostri progetti umani,
ma da quella che il Signore vi ha indicato. Ed allora... ecco il successo: « Essi dunque la gettarono, e
non potevano più tirarla su per il gran numero dei
pesci » (v. 6). Così è di noi e di tutta la chiesa, oggi.
Confidiamo esclusivamente nella Parola di Cristo
Gesù, accettiamo con fede i suoi consigli ed i frutti
non mancheranno, poiché è e sarà lui ad operare
in noi, con noi e per noi con potenza e con amore.
Giuseppe .Anziani
insieme, che abitiamo in una
stessa casa (’’òikos”) e che non
ne usciremo individualmente si
rivelerà di più in più decisiva
per l’avvenire dell’umanità e
del pianeta.
Il riemergere dei nazionalismi,
le xenofobie, il ripiegamento su
se stessi che caratterizzano oggi
le nostre società non sono che
la contropartita negativa della
tendenza alla mondializzazione
e alla globalizzazione della vita.
Reazioni che bisogna combattere
con determinazione, certo, ma
che bisogna capire quanto esprimono in termini di angoscia e
verità nascosta: globalizzazione
non deve significare uniformizzazione!
2 — Tuttavia non è sufficiente capire. Un approccio globale
ai problemi della Terra non si
può fare senza una ridistribuzione dei suoi beni, senza im riequilibrio delle ricchezze: avanzare in questa direzione ha sicuramente dei costi ma la qualità dell’ambiente non può essere
ottenuta gratis. I paesi del Sud
sanno bene che si può negoziare questo o quell’accordo a colpi
di miliardi di dollari; i paesi del
Nord, particolarmente reticenti
ad aprire i cordoni della borsa
o a ridurre i propri consumi,
devono sapere che sviluppo e
benessere hanno i loro costi.
3 — Il termine stesso di ridistribuzione non può essere
enunciato senza precisare i termini con cui essa sarà fatta;
ridistribuire è innanzitutto una
questione morale, che pone problemi etici. Su scala planetaria,
certamente, ma anche nella gestione di ciascuna delle risorse
e deU’insieme di esse.
Il rapporto tra alcune forme
di corruzione economica con
quelle della cormzione dell’ambiente è evidente e porre rimedio alle prime è mettere fine
alle seconde. L’era dell’ecologia
è anche l’era della moralità ritrovata.
Lo sviluppo armonico e giusto
di tutti i popoli dovrà essere
favorito.
4 — In campo politico moralizzare si accompagna con democratizzare sia la prima cellula sociale sia ogni stato, come
l’insieme del pianeta. Non possiamo affrontare l’avvenire senza la partecipazione di ognuno
e di tutti.
11 vertice della Terra coinciderà con la celebrazione della Pentecoste, il 7 giugno prossimo.
Tre anni dopo l’incontro ecumenico di Basilea, due anni dopo
rincontro mondiale di Seoul sul
tema « Giustizia, pace e salvaguardia della creazione » possiamo veramente pensare che su
queste questioni che riguardano il futuro dell’umanità, l’uguaglianza e la condivisione, la giustizia « fino alle estremità della
terra » lo Spirito del Cristo risuscitato rimanga inattivo? O
piuttosto, come allora, non soffierà e rinnoverà la creazione
tutta intera?
Jean-François Collange
2
fede e cultura
24 aprile 1992
CONFERENZA A LA SPEZIA
SESTRI PONENTE
L'esistenza e la vita
Il problema dell’eutanasia ci conduce a riflettere sulla « qualità
della vita », sulla sofferenza, sull’uomo inteso nella sua globalità
Il 29 febbraio, nella Chiesa metodista di La Spezia, il collettivo culturale ha inaugurato l’attività con un’importante conferenza incentrata sul tema dell’eutanasia, a cura del primario
di medicina nel nuovo ospedale
S. Giovanni di Dio di Firenze,
prof. Marco Ricca, già noto alle
comunità evangeliche e ad im
variegato pubblico spezzino.
Ricca, che è anche docente di
clinica medica generale presso
l’Università di Firenze, ha coinvolto tutto il pubblico presente
con esposizione chiara, incisiva
e competente, partendo, nell’esaminare il delicatissimo problema, dall’analisi di ciò che si intende scientificamente per ’’morte".
Esistono — secondo l’oratore — varie tipologie di morte:
improvvisa, apparente, cerebra
le, fisiologica, cardiaca, ecc. ma
l’essenza della morte, cioè quello che si contraddistingue da
una condizione di vita certa,
resta ancora imponderabile.
Nella cultura occidentale in
generale, sia sul fronte laico che
su quello religioso, non si riscontra un’attenzione particolare verso il problema in questione:
quando si pensa alla morte, in
genere si tende ad esorcizzarla.
Il laico rimuove il problema attraverso l’impegno di una vita
attiva, il religioso attraverso la
speranza della resurrezione come
evento che può subentrare alla
morte stessa. Certo, molti pensatori si sono posti in modo più
radicale di fronte alla morte;
Cesare Pavese ad esempio diceva: « Morire fa parte del mestiere di vivere ». Per altri morire è ritornare al nulla, molti
invece sperano in una sopravvivenza dell’anima.
Facendo poi riferimento ai
grandi movimenti di pensiero
che hanno caratterizzato la nostra cultura, Ricca ha citato ad
esempio il marxismo, che non
ha dato grande importanza alla
morte ma ha ritenuto possibile superarla attraverso un impegno ed una militanza che posso
no sopravvivere al singolo individuo. Ricordando poi in campo
protestante la riflessione di
Dietrich Bonhoeffer, per il quale è possibile sconfiggere la morte interiore attraverso l’essere
per l’altro, che è amore per Cristo e per i nostri fratelli. Ricca
è passato ad esaminare il problema del « morire oggi ».
Se la vita viene intesa come
dinamica continua sul piano fisico, intellettuale, volitivo e come permanentemente in relazione con l’altro, si può dire che
il divenire continuo e la partecipazione costituiscono i caratteri
distintivi della vita, che è tutt’altra cosa dell’esistenza (che
può essere il « vegetare » nella
solitudine). Purtroppo oggi non
si può non affermare con amarezza che il morire è prevalentemente legato all’abbandono e
alla solitudine: è una eccezione
il morire nel proprio letto, circondati dalla presenza dei propri cari; ciò purtroppo coincide
con il trionfo di una società
postindustriale in cui l’indifferenza dilaga e dove si muore generalmente in modo molto simile a quello del mondo animale.
Entrando nello specifico del
termine ’’eutanasia”, usato per
la prima volta da Francesco
Bacone nel 1620, l’oratore ha ricordato come in realtà quello
della « buona morte » sia un tema antichissimo, a cui lo stesso
Platone si è più volte richiamato e come le antiche società abbiano fatto sistematicamente ricorso all’eliminazione fisica di
soggetti malformati che potevano costituire un peso per la società, fino ad arrivare ai tentativi più recenti, perpetrati in nome della razza, con cui sono state soppresse alcune decine di
migliaia di inabili.
Attualmente, superata da più
parti la distinzione abbastanza
passiva, ci sono tre diverse posizioni di fronte a questo problema. Da una parte le associazioni,
diffuse in tutto il Nord Europa
e negli USA, per il diritto a
morire dignitosamente: esse sostengono che la morte appartiene all’individuo, a cui soltanto
spetta il diritto di poterla gestire. Dall’altra, la linea della Chiesa
cattolica (Dichiarazione sull’eutanasia del 1988), per la quale la
vita è un valore supremo che
trascende l’individuo e in quanto
tale non può essere soppressa;
inoltre il valore salvifico della
sofferenza, sostenuto sempre da
parte cattolica, fa sì che anche
gli antidolorifici e gli anestetici
debbano essere usati con moderazione.
Infine esiste la posizione protestante, per la quale la tutela
della vita rimane fondamentale,
senza tuttavia confondere la vita con la semplice esistenza. Dal
momento che la sofferenza non
salva, anzi devasta il corpo,
essa va eliminata per quanto
è Dossibile.
Marco Ricca, medico e credente insieme, ritiene che il vanto
del professionista debba consistere neH’essere il medico della
persona, considerata nella sua
globalità.
In questo senso non si parlerà quindi di eutanasia, ma di
umanizzazione della morte, concetto in cui alcuni aspetti dell’eutanasia rientrano senza necessariamente troncare la vita.
Si ha sempre più la convinzione
che più che la durata della pura
e semplice esistenza dell’uomo
abbia sapore la qualità della vita.
Nella possibilità quindi di
cominciare a riflettere sul problema della morte e di umanizzarla sta la posizione del medico protestante e del credente,
continuamente coinvolto sul piano della responsabilità personale in una questione, quella del
morire, sulla quale non è possibile stabilire a priori definizioni
e criteri, ma per la quale forse
è necessario recuperare quella
solidarietà che ci rende degni di
essere partecipi del consorzio
umano.
Elisabetta Senesi
Chiesa e teologia
in America Latina
I teologi della liberazione e le varie tendenze del protestantesimo: storia e speranze
Sabato 28 marzo, la comunità metodista di Sestri Ponente
ha ospitato un collettivo teologico promosso dalla Federazione
delle chiese evangeliche in Liguria, dedicato al tema: Teologia
della liberazione e protestantesimo. Il collettivo si inseriva nel
quadro delle « controcelebrazioni » in occasione del cinquecentenario della conquista dell’America (1492-1992): un tentativo di
ascoltare la voce originale di
questo cristianesimo ricchissimo, effervescente, per diversi
aspetti anche contraddittorio, e
comunque tutto da scoprire.
Contrariamente alla tradizione
della Federazione ligure, che prevede collettivi della durata di 2
giorni, con ampio spazio per il
lavoro di gruppo, questo incontro è stato organizzato in gran
fretta e concentrato in un pomeriggio: se nonostante tutto
l’esito ha ampiamente soddisfatto gli oltre cinquanta partecipanti, ciò è dovuto all’alto livello
dei contributi dei relatori.
Il prof, don Maurilio Guasco,
docente di storia del pensiero
politico contemporaneo presso
la Facoltà di scienze politiche
dell’Università di Torino, ha presentato alcuni aspetti della teologia della liberazione, partendo
dalla figura di Leonardo Boff. La
riflessione del teologo francescano si sviluppa in stretto rapporto con quella del fratello Clodovis, ma con una maggiore accentuazione del momento sociopolitico; categorie marxiste sono
assunte come strumento di analisi della società brasiliana, ma
la proposta di prassi liberatrice
che scaturisce dall’indagine teologica non contempla la lotta armata; la teologia di Boff, come
tutte le teologie della liberazione, non può essere compresa se
non nel contesto di una quotidiana attività di base che vede
impegnati sacerdoti, religiosi e
laici in situazioni in cui la Bibbia torna ad essere, come nell’antichità cristiana, libro sedi
IN LIBRERIA
Il pericolo dei fondamentaiismi
Il fondamentalismo si presenta
oggi come uno dei movimenti
più pericolosi per la vita associata e per la stessa sopravvivenza delle società civili: questa la conclusione a cui giunge,
nel suo saggio, Gilles Kepel, professore all’Institut d’études politiques di Parigi L
La sua indagine di un fenomeno che investe quasi tutte le
forme religiose del mondo viene
limitata all’ambito delle tre religioni ’’abramkhe”: ebraica,
musulmana e cristiana. Se fino
alla metà degli anni settanta i
fondamentalisti — evangelicals
e cattolici, musulmani e ebrei —
apparivano nel mondo intero sulla difensiva e in difficoltà, dal
1975 in poi è invece in atto un
tentativo di riconquista e di recupero di ampi spazi di potere.
In Israele, proprio nel 1974
nasce il ”Gush emunim”, un
gruppo che « tende a superare
il sionismo laico, sostituendo la
nozione biblica di terra di Israele (Erez Jisrael) a quella di
stato » (p. 183). Nel mondo musulmano, la reislamizzazione,
cioè il ritorno alla sharia, ”la
legge” dei "testi rivelati”, propone uno stato teocratico come
unica possibilità di governo. I
fondamentalisti ebrei e musul
mani si distinguono dai loro
omologhi cristiani, cattolici o
evangelicals, sia per l'accettazione della violenza come metodo
politico sia per il rifiuto della
democrazia e del pluralismo.
Invece anche gli evangelicals
più combattivi, la Moral Majority, o i cattolici di Comunione
e liberazione non solo ricusano
la violenza ma accolgono, sia
pur strumentalmente, la democrazia come forma di aggregazione del consenso. L’accettano,
comunque, non tanto in base
agli "intramontabili" princìpi dell’89 — considerati troppo legati
al laicismo — quanto piuttosto
in vista dei propri fini: mirando alla conquista della maggioranza, essi intendono in realtà
toglier di mezzo le minoranze,
nemiche della volontà di Dio.
Per raggiungere questo obiettivo,
essi utilizzano senza scrupoli
ogni forma di propaganda offerta dall’odiato mondo moderno
e puntano al controllo dell’informazione, della scuola e di ogni
settore pubblico o privato. Per
i fondamentalisti, cattolici in particolare, il fine è quello « di abbattere l'organizzazione giuridica
della laicità » e di elaborare un
sistema sostitutivo in cui l’idenr
tità cattolica ottenga « uno sta
to di diritto pubblico » (p. 228)
(leggi: stato di privilegio).
Ciò che collega i vari tipi di
fondamentalismo è dunque il
rifiuto del moderno, dal laicismo
al pluralismo: se per il momento questi gruppi sono uniti in
un abbraccio ecumenico cementato dal comune nemico, lo stato laico, il fatto che perseguano
un identico disegno di predominio non potrà che « portare a
una logica di rottura, alla guerra cioè fra credenti » in quanto
ciascun gruppo, convinto di
essere unico detentore del vero,
tenderà a conseguire il diritto
esclusivo al potere (p. 235).
Mentre nelle chiese protestanti
nate dalla Riforma l’esclusivismo antipluralista di una simile
impostazione non riesce a trovare riscontro nella tradizione ^
e resta confinato al fanatismo
degli "evangelicals”, nel cattolicesimo la pretesa integrista di
possesso esclusivo del vero è
parte costitutiva della sua essenza. La Chiesa di Roma non si
limiterà quindi — prevedibilmente — alla sola richiesta di
riduzione delle « pretese dello
stato » (p. 76), ma esigerà per
sé forme sempre più pesanti di
controllo dell’istruzione, di eliminazione del dissenso, di ornologazione di ogni forma religio
sa diversa e di emarginazione
della cultura laica.
Lo studio del Kepel, condotto con assoluto rigore scientifico, è esame obiettivo della situazione di fatto: ad esso potrà attingere chiunque voglia
farsi un’idea di questi inquietanti aspetti della religiosità. A nostro avviso, è del tutto certo
che la salvezza del mondo non
potrà in ogni caso venire da
una simile insensata concorrenza fra fondamentalismi. Dovrà
piuttosto essere ricercata nel recupero di quei valori universali nati dalle rivoluzioni puritane del Seicento e del Settecento,
dal pensiero dei ’’protestanti”
Isaac Newton e John Locke, dalrilluminismo e dalle riflessioni
degli uomini di ogni tempo, svincolati dai condizionamenti e dalle pretese monopolistiche di poteri ecclesiastici sedicenti infallibili: dalla società laica e pluralista, insomma.
Paolo T. Angeleri
' G. KEPEL, La rivincita di Dio. Cristiani, ebrei e musuimani alla riconquista del mondo, Milano, Rizzoli, 1991.
pp. 257, L. 32.000,
^ A questo proposito, si veda il bel
saggio di Eric Fuchs, L’éthique protestante (purtroppo non tradotto in italiano], Ginevra, Labor et Fides, 1990.
zioso e messo al bando dai regimi polizieschi.
Eugenio Stretti, pastore valdese a Venezia, ha tracciato un
profilo del cristianesimo protestante latinoamericano prima di
presentare, come esempio di riflessione teologica evangelica nel
quadro della prassi di liberazione, la figura di Julio de Santa
Ana. Il protestantesimo latinoamericano si presenta molto differenziato al suo interno; particolare rilievo assume il pentecostalismo, in continua crescita.
Stretti ha sottolineato con forza
la necessità di evitare semplificazioni grossolane, come quella
che accomuna le chiese pentecostali allo spiritualismo reazionario e sedicente « apolitico » spacciato dagli americani: in realtà,
il mondo pentecostale è variegato, così come quello delle altre
chiese (compresa quella romana,
che non è affatto tutta sulla linea dei teologi della liberazione,
anzi); ci sono gruppi progressisti e altri complici della politica antipopolare dei governi;
squalificare l’intero fenomeno
come « settario », come usa fare la propaganda nostrana, grancassa di Wojtyla (Stretti ha citato, come esempio. Furio Colombo), è errato.
Predicatori
televisivi
Pericolosissimo, invece, e da
tempo individuato, il fenomeno
del televangelismo: predicatori
normalmente slegati dalle chiese, che diffondono via etere il
loro messaggio ideologico importato dagli USA.
Le due relazioni sono state seguite da un dibattito molto vivace: particolare interesse ha suscitato la testimonianza del prof.
Guasco relativa ai suoi viaggi in
America Latina: egli ha sottolineato che, indipendentemente
dalle sorti del marxismo nei paesi del mondo ricco, la sfida della teologia della liberazione resta di assoluta attualità; è la
sfida di donne e uomini a cui
il potere (non raramente verniciato di cristianesimo) si ostina
a negare la dignità di persone,
ma che questa dignità ricercano
e trovano nella vita e nel messaggio di Gesù Cristo. Un ringraziamento particolare alla Chiesa metodista di Sestri per la fraterna accoglienza.
Appuntamenti
M.?rtedì 28 aprile — ALESSANDRIA;
Alle ore 21, presso lo sede dell'Università, si tiene un incontro sul tema
Teologia della liberazione. Partecipa II
past. Eugenio. Bernardini.
Mercoledì 29 aprile — FIRENZE:
Presso la casa di riposo « Il Gignoro »
(via del Gignoro, 40), aile ore 21, si
tiene il quarto appuntamento del corso sull’assistenza agli anziani. Tema
in discussione è: Attività fisica in età
senile. Per informazioni e iscrizioni:
055/608002.
Venerdì 1° maggio — BETHEL: Il
Centro evangelico Bethel organizza con
ii XV circuito una conferenza che il
prof. Paolo Ricca terrà alle 10,30 sul
tema Sacerdozio universale e diaconia
in vista dell'evangelizzazione. Per informazioni tei. a Beatrice Grill (090/
52817).
Sabato 9 maggio — VASTO: Presso
l'Auditorium del Centro servizi culturali della Regione Abruzzo (via Michetti 63, g. c.) il prof. Paolo Ricca parla
sul tema: Incontro tra cristianesimo e
IsIam. Inizio ore 17.
3
24 aprile 1992
fede e cultura
UN IMPORTANTE VOLUME DELLA CLAUDIANA
Protestantesimo nei secoii
Il libro, curato da Emidio Campi nell’ambito di un progetto del Servizio istruzione e educazione della EGEI, è
un’importante novità nell’editoria italiana, abituata a « marginalizzare » fatti e personaggi del protestantesimo
«Tra i libri più importanti
[di una biblioteca] dovrebbero
esserci le cronache e i libri di
storia, in qualsiasi lingua li si
possa avere. Essi infatti sono
straordinariamente utili a conoscere e a guidare il corso del
mondo e anche a vedere i miracoli e le opere di Dio ». Così
parla Lutero nel suo appello del
1524 Ai borgomastri e ai consiglieri di tutte le città tedesche
perché istituiscano e mantengano scuole cristiane.
Egli richiama i magistrati delle città alle loro responsabilità.
Delinea funzioni e caratteristiche di biblioteche pubbliche e
scuole capaci di far crescere intellettualmente e moralmente ;
giovani cittadini. Scuole che, nella Germania di Lutero, non ci
sono ancora ma delle quali il
riformatore ha ben chiara l’immagine. Scuole nelle quali « i ragazzi potrebbero sentire la storia e i detti di tutto il mondo,
le vicende di questa città, di
questo regno, di questo principe, di quest’uomo, di questa donna, e così in breve tempo potrebbero aver presenti, come in
uno Specchio, le condizioni e la
vita, i consigli e i propositi, i
successi e i fallimenti di tutto
il mondo fin dalle origini ». Scuole, infine, che attraverso l’insegnamento delle lingue e delle
altre scienze, ma principalmente della storia, educherebbero^ i
giovani a « orientare il loro giudizio e partecipare coscientemente al corso del mondo, nel timore di Dio ».
La storia, dunque, è vista come riflesso del progetto divino
ma anche come guida pratica
a comprendere lo svolgimento
degli eventi e ad inserirsi attivamente e responsabilmente in
esso, esercitando quello che al
tempo stesso è un diritto e un
dovere di tutti gli uomini. Si
tratta della conquista del senso
della prospettiva, che consente
di situare correttamente gli
eventi nel tempo e nello spazio
dando loro autenticità e significato, e contemporaneamente consente al soggetto di situare se
stesso, di acquistare la dignità
di individuo che utilizza in modo
pienamente consapevole le sue
facoltà conoscitive.
Documenti sul
protestantesimo
L’« elogio della storia » che
emerge dalle parole di Lutero
viene alla mente quando si sfoglia la raccolta di documenti sul
protestantesimo nel Cinquecento e nel Seicento recentemente
pubblicata da Emidio Campi
Essa nasce da un progetto concepito dal Servizio istruzione ed
educazione della Federazione delle chiese evangeliche in Italia
e sarà seguita da un secondo
volume, curato da Massimo Rubboli e dedicato al Settecento e
all’Ottocento.
Questo primo volume parte
dal corso tenuto da Lutero negli anni 1513-1515 presso l’Università di Wittenberg per giungere al giuramento di Sibaud e
ad una lettera scritta da Enrico
Arnaud nel 1690 nella quale il
ritorno al « paese dei padri » è
visto, con serena fermezza, come
una scelta dalla quale non si
può deflettere.
L’itinerario che si percorre
lungo il XVI e XVII secolo è
riccamente articolato.
La nascita e lo sviluppo della
Riforma in Germania sono descritti da vari punti di vista. Si
va dalle 95 tesi del 1517 alle
lettere di Thomas Müntzer, dalla
Confessio augustana alla prefazione che Andrea Osiander premise al De revolutionis orbium
coelestium di Copernico, dalla
disputa fra Lutero ed Erasmo
sul problema grazia - libero arbitrio agli articoli di Schleitheim
che nel 1527 diedero fondamento dottrinale e pratico alla diffusione delle idee anabattiste.
Altrettanto pieni di stimoli sono i capitoli successivi. Nel capitolo « La Riforma e le città »
troviamo testi di Calvino e di
Zwingli, ma anche di Heinrich
Bullinger e di Martin Bucero.
Esempi dal Book of Common
Prayer e passi tratti dal verbale del processo a Hugh Latimer
si leggono nel capitolo dedicato alla « Riforma in Gran Bretagna ». E, via via, si passa alla
Francia, alla Scandinavia, alla
Polonia, alle prese di posizione
teologiche, giuridiche, filosofiche.
Incontriamo così, insieme a documenti rari o poco noti, la dichiarazione dell’assemblea di
Chanforan, le lettere di Oliver
Cromwell, la Lettera sulla tolleranza di John Locke, le riflessioni di Philipp Jacob Spener.
Emidio Campi, docente di storia ecclesiastica presso l’Università di Zurigo e pastore della
Chiesa evangelica di lingua ita
liana in quella città, ha voluto
fornire con quest’opera uno strumento di lavoro alla nostra scuola (e sicuramente non solo ad
essa). Uno strumento di cui si
è sempre sentito il bisogno. In
effetti nella scuola media superiore e nelTuniversità (a meno
che non ci si dedichi a ricerche
specialistiche) ben difficilmente
si va oltre una conoscenza schematica degli eventi fondamentali della Riforma.
Un panorama
sconfortante
Ben poche sono le situazioni
in cui questi eventi vengono inseriti in una realtà storica complessa e dinamica, vengono visti
come il segno di una ricerca, di
Una riflessione individuale e collettiva, di un confronto fra diverse visioni del mondo. In linea di principio, se ne parla
in relazione a guerre e rivoluzioni: la Riforma e Carlo V,
dunque, oppure la Riforma all’origine della guerra dei trent’anni o delle rivoluzioni inglesi.
Una vera e propria lacuna può
dunque essere riempita da quest’opera, che si presta all’uso didattico grazie anche alla ricca
bibliografia, al rigore nella precisazione delle fonti, alla presenza di ben cinque indici (dei nomi storici, degli autori moderni,
dei nomi di luogo, degli argomenti, delle illustrazioni), che
rendono rapida ed agevole la ricerca analitica.
Ma il pregio di questo libro
non sta solo nel metterci a disposizione Un patrimonio di testi che, almeno in parte, ben
difficilmente potrebbero essere
reperiti se non a costo di scomode ricerche. Sta anche nel mostrarci come sia possibile far
« parlare » i documenti ben più
di quanto non possa apparire
a prima vista.
Si legga l’introduzione alla prima parte del testo, là dove Campi esamina l’illustrazione parzialmente riprodotta in copertina
(un’incisione olandese del XVII
secolo che rappresenta un folto
gruppo di teorici della Riforma
i quali, disposti intorno ad un
tavolo sul quale arde una can
LA « SCONFITTA DI DIO » IN UN LIBRO DI SERGIO QUINZIO
Il discorso inevitabile
« Parlare di Dio è possibile e
forse, finora almeno, inevitabile, per il credente come per
il non credente che pensino ».
Con questa secca e breve premessa si apre il saggio di Sergio
Quinzio 1 che mette al centro
la domanda, forse essenziale per
chi vuole prendere sul serio la
Scrittura nella sua interezza.
La domanda a cui Quinzio
tenta di dare una risposta non
liquidatoria e per molti versi ori.ginale riguarda le promesse di
Dio di cui la Scrittura è intrisa.
Promesse chiare di pienezza, di
felicità e di giustizia. Dalla promessa fatta ad Abramo a quella
di Giobbe che recupera tutto ciò
che aveva perso. Dalle beatitudini del Nuovo Testamento alla
promessa di resurrezione nelle
lettere di Paolo.
Secondo l’autore l’orizzonte
non cambia. Dall’Antico al Nuovo Testamento l’orizzonte è quello delle promesse. Si tratta di
promesse fatte nella carne, « nel
qui ed ora » e non in un futuro
irraggiungibile. Se per la cultura greca il cosmo era sostenuto
ed animato da un logos eterno,
in cui non c’era spazio per la
salvezza delle creature, la sensibilità dell’Antico e del Nuovo Testamento ci porta in un’altra direzione. Il desiderio della carne non può attendere, secondo
l’autore, ed ha bisogno di vedere, nell’adesso e nell’attualità
della propria vita, la realizzazione di giustizia e di consolazione.
La storia di Dio, sin dall’inizio della Bibbia, non è proprio
una storia di sconfìtta? Sergio Quinzio propende per questa ipotesi e tra le tante citazioni curiose e interessanti, per avvalorarla, si sofferma sulla « qabbalah » ebraica e sulla sua concezione dello « tzimtzum », il
« contrarsi », il ritirarsi di Dio.
Questa concezione del ritirarsi
è appunto il contrario della potenza del Tesserci di Dio. Come
scrive Gershom Scholem, il ritirarsi di Dio permette la realtà
del mondo. Dove lui non c’è, c’è
il mondo. La metafora di questa
autolimitazione di Dio secondo
la qabbalah è rappresentata chiaramente dall’esodo del popolo
ebraico.
Nel capitolo sulla debolezza
di Dio, Quinzio tenta di spiegare al lettore la frattura, lo
iato tra una concezione ellenistica del Dio immutabile, dell’essere eterno, e invece una concezione squisitamente biblica che
ci racconta l’immagine di un Dio
che diviene nel tempo, che si
trasforma e che accetta l’avventura dello spazio e del tempo
(come afferma Hans Jonas) rinunciando non alla bontà, non
all’essere compreso dagli esseri
umani, ma alla sua potenza. Nei
capitoli successivi, densi di un
contenuto teologico provocatorio
e intelligente, l’autore offre piste di riflessione sulla storia della sconfitta con l’aiuto di una
lettura della Bibbia più diretta
e meno mediata dalle categorie
ecclesiastiche. Anche la concezione della « guerra di Dio », presente in modo massiccio negli
scritti veterotestamentari, sì arricchisce di nuove interpretazioni. « La guerra di Dio — scrive
Quinzio — non era un’operazione ”di polizia internazionale”, ma
se l’ultima istanza di Dio lo spinge a combattere, a fare la guerra, e la guerra decisiva, allora
vuol dire che nessun esito è già
prestabilito, che la signoria di
Dio sul mondo e la sua stessa
divinità non sono garantite da
nulla ».
Dio al nostro
orizzonte
Il tentativo di questo breve
ma esplosivo saggio teologico e
filosofico è quello di parlare di
Dio, di tenerlo alToriz-zonte perché non possiamo fare altro. La
questione non è tanto credere
o non credere perché, ci spiega
Quinzio, queste due posizioni
apparentemente antitetiche si
confondono. Tutte e due risolvono frettolosamente il problema.
La sfida che questo saggio lancia a teologi, pastori e credenti
critici è quella di parlare di Dio,
di lasciarsi interrogare da dubbi
e problemi, al di là di facili e
ritualistiche risposte.
Credere o non credere potrebbe essere soltanto una scorciatoia per eludere la domanda su
Dio e sul senso che ha per noi.
Quella stessa domanda che fu di
Giobbe e di Qohelet, che non
dubitarono dell’esistenza di Dio
ma in modo molto più radicale
e profondo dubitarono della sua
possibilità di salvare gli esseri
umani. Forse in questo parlare
del Dio sconfitto, senza onnipotenza, chi crede e chi non crede
possono incontrarsi in una ricerca ricca di umanità, e non soltanto di giochi di parole e formule
« sensate » in cui spesso la teologia cade.
Manfredo Pavoni
dela sostenuta da un candeliere,
osservano il tentativo di un cardinale, di un diavolo, di un papa e di un monaco di spegnere
con un soffio la fiammella).
Campi osserva in primo luogo come l’illustrazione esprima
il carattere europeo della Riforma. Partendo da questa considerazione, egli fa riferimento alla diffusione del luteranesiino
nei paesi scandinavi e mette in
evidenza la differenza fra Tatteggiamento degli svedesi e quello dei tedeschi di fronte al rapporto fra questione religiosa e
vita politica. Trae spunto dalla
presenza dei riformatori britannici per accennare alla complessità del fenomeno Riforma in
quelle isole.
L’assenza, nelTillustrazione, degli anabattisti lo stimola a valutare il rapporto fra quel niovimento di contestazione e 1 insieme della Riforma. Il fatto che
nell’illustrazione olandese compaiano due teologi italiani porta
Campi a commentare sinteticamente le vicende drammatiche
della Riforma nella nostra penisola. Il discorso si apre poi alla
simbologia del candeliere e al
significato culturale, politico, etico di quel richiamo perenne « «
rimuovere dalla vita della chiesa tutto ciò che offusca e ottenebra lo splendore della parola
di Dio ».
Sono sedici affascinanti pagine
in cui l’autore alterna con straordinaria agilità Tanalisi e la sintesi, stabilisce collegamenti, tornisce indicazioni pp approfondimenti e riflessioni.
Ecco, allora, che anche le cento e più illustrazioni del testo,
scelte con cura scrupolosa e perfettamente integrate nella struttura dell’opera, assumono una
dimensione nuova, si inseriscono
in un modello di storiografia in
cui la nozione di documento non
si limita alla pagina scritta, in
cui le stesse pagine scritte verigono lette e rilette da prospettive diverse, in risposta alle curiosità e agli interessi suscitati.
Enrico Fumerò
‘ SERGIO QUINZIO, La sconfitta di
Dio, Milano, Adelphi, 1992, pp. 104, L.
10.000.
' E. CAMPI, (a cura di), Protestantesimo nei secoli. Fonti e documenti, i.
Cinquecento e Seicento, Torino, Claudiana, 1991, pp. 474, L. 48.000.
Claudiana editrice
NOVITÀ’
Nella collana « Lutero - Opere scelte » è uscito il n. 5:
MARTIN LUTERO
Gli articoli di Smalcalda
I fondamenti della fede
(1537-38)
in appendice:
TRATTATO SUL POTERE E SUL PRIMATO DEL PAPA
di Filippo Melantone (1537)
a cura di Paolo Ricca
2(K) pp., 9 ilLni f.t., 43 n. t. e 1 cartina
Lire 24.000
Una sintesi fondamentaie della fede evangelica luterana.
I punti fondamentali del conflitto cattolico-protestante non
ancora superati, neppure oggi dopo un secolo di ecumenismo.
Una « confessione » di fede che diventerà uno dei testi fondamentali insieme al trattato di Melantone in cui sono esposte
serenamente le ragioni del « no » al papato. Il libro si rivolge
a chi è interessato al dialogo cattolico-protestante, alTecumenismo ed alla Riforma.
FONDATA NEL 1855
Via P. Tommaso, 1 - 10125 Torino - Tel. 689804
C.C.I.A. n. 274.482 - C.C.P. 20780102 - cod. fise. 006Clv00012
4
4 vita delle chiese
24 aprile 1992
ASSEMBLEA DELL’UNIONE PREDICATORI LOCALI
Quando la Parola
ci smuove
CRONACA DELLE CHIESE DELLE VALLI
Fratelli dall’estero
I lavori hanno affrontato il tema « Liturgia e
primato della ragione e ruolo dell’emotività
comunicazione » - Fra
e della soggettività
« Liturgia e comunicazione »
era il tema della relazione tenuta dal pastore Ermanno Genre,
professore di teologia pratica alla nostra Facoltà teologica, durante l’assemblea annuale dell’Unione predicatori locali svoltasi nei giorni 4 e 5 aprile nel
Villaggio della gioventù di Santa Severa. E’ un tema che non
si potrebbe in nessun modo, neppure volendolo, trattare « a freddo », ma che al contrario tocca
in profondità e coinvolge il nostro stesso essere di predicatori
e di credenti in generale.
Con la cultura illuministica
che le nostre chiese hanno abbracciato, il primato della ragione si è installato stabilmente in
tutti noi, mentre molti altri
aspetti, la presenza nel culto di
corpi sessuati, l’emotività, la gestualità, vengono normalmente
censurati o guardati con sospetto e comunque accettati solo in
alcune poche forme rigidamente
codificate. Sedotto dall’« oggettività » della Parola, chi predica
si rivolge quasi sempre solo alla mente di chi gli sta di fronte, dimenticando la sua soggettività e ignorando quella degli altri. E la soggettività, appunto,
è anche corpo, gesto, emozione.
La nostra sostanziale passività e rigidità di persone sedute
in assemblea a S. Severa — né
la bella relazione del pastore Rapisarda sul Deuteronomio è valsa a renderci più attivi — equivale alla passività e rigidità che
normalmente è propria dei fedeli durante le assemblee di culto. Niente potrà dunque smuoverci? Tanta è la nostra paura
del corpo e del gesto?
Eppure, in modo inatteso, un
fiorellino è spuntato dalTasfalto:
è stato durante il culto conclusivo, quando durante la preghiera finale qualcimo di noi ha cominciato a prendere per mano
i propri vicini, presto seguito
da tutti gli altri finché tutti ci
siamo trovati per un attimo uniti, uomini e donne, in un’unica
catena umana. In quell’attimo
abbiamo letteralmente toccato
con mano il significato del gesto, il calore rassicurante e il
senso di fiducia che prova il
bambino quando è preso per mano (e l’adulto, in questi casi, prova forse qualcosa di molto diverso?).
E’ stato allora che ho « sentito » (mentre prima, durante il
culto di apertura presieduto dalla nostra sorella Febe, Tavevo
solo « udito ») quel che vuol dire il Salmo 139, ai w. 7-10: « Dove potrei andarmene lontano dal
tuo Spirito, dove fuggirò dalla
tua presenza? Se salgo in cielo
tu vi sei; se scendo nel soggiorno dei morti, eccoti là. Se pren
Un gruppo deU'UPL riunita a Santa Severa per l’assemblea.
do le ali dell’alba e vado ad
abitare all’estremità del mare,
anche là mi guiderà la tua mano e mi afferrerà la tua destra ».
Questo è ciò che tutti, credo,
abbiamo sentito: forse non siamo così irrimediabilmente rigidi e distanti, freddi e senza corpo, forse c’è speranza di inventare (piano piano, le resistenze
sono molte) dei modi di stare
insieme anche nel culto che non
siano una liturgia-letargia, ma
una liturgia-comunicazione.
Della parte organizzativa di
questa assemblea voglio ricordare solo questo: molto ringraziata per l’impegno dedicato e per
il lavoro svolto. Laura Carrari è
uscita dal consiglio dell’UPL,
rimpiazzata da Florence Vinti.
Buon lavoro nell’opera del Signore!
Saverio Merlo
VILLAR PELLICE — Numerosi i partecipanti al culto di Pasqua, provenienti oltre che da
chiese evangeliche italiane da diverse chiese protestanti estere.
Siamo infatti stati lieti di avere con noi in quell’occasione i
componenti la corale « Croix de
Camargue » di Losanna, diretta
dal pastore A. Burnand. Vogliamo dire una parola di gratitudine a quelle sorelle ed a quei fratelli per l’apporto recato al culto con le loro apprezzate esecuzioni corali e musicali e per aver
animato e guidato il canto.
• Un benvenuto a Alessandra,
giunta a rallegrare Ezio Fenoglio
e Silvia Pascal, insieme all’augurio di ogni benedizione.
Ammissioni
TORRE PELLICE — Tempio
pieno per il culto di Pasqua, in
cui sono stati accolti alla Santa
Cena i nuovi membri di chiesa.
Nel pomeriggio la corale « Croix
de Camargue » di Losanna, diretta dal pastore Burnand, ha offerto a un pubblico numeroso
un’ora e mezzo di canti centrati
sulla gioia della risurrezione.
• Domenica 26 le collette ai
culti sono destinate alla Facoltà
di teologia. Nel corso del culto
avremo un’assemblea di chiesa
con reiezione di 5 anziani e la
presentazione della relazione annua da parte del concistoro. Nel
pomeriggio l’assemblea si riunirà per una seconda seduta alle
ore 15 alla Casa unionista per
discutere alcune proposte in merito alla gestione degli stabili.
• Da lunedì 27, alle ore 20,45
al presbiterio, discuteremo il do
SCAMBI INTERNAZIONALI
I molti nomi dell’Europa
RIESI — « Europa non è solo
una parola capace di interpretare il nostro tempo, non è solo
uno spazio, un’organizzazione
planetaria, una soluzione economica o un ideale culturale. Europa è il passaggio verso un’altra interpretazione della storia.
E’ l’emergere di una nuova concezione del tempo. Quasi un nuovo Esodo, una nuova tensione
verso la libertà ». Pascal Vernier,
pastore riformato a BourgoinJallieu in Francia, che ha accompagnato un gruppo della sua
comunità a Riesi, ha voluto
sottolineare l’importanza degli
scambi tra chiese europee.
Nello scorso ottobre un gruppo di riesini si èra recato a Lugau (ex Germania Orientale) nel
quadro di un incontro di chiese evangeliche organizzato dal
pastore Roland Knuth, presidente della Waldenser Freundeskreis: tedeschi, francesi, italiani
si erano così incontrati intorno
al tema dell’Europa e della responsabilità dei cristiani trascor
rendo alcune giornate insieme.
Dopo Lugau i contatti sono proseguiti ed in particolare i francesi hanno espresso il desiderio
di visitare Riesi. Il gruppo di
Bourgoin-Jallieu è stato ospitato
presso le famiglie della comunità; non è mancato un culto bilingue, seguito da un’agape ed
una visita approfondita al Servizio cristiano. Il momento più
significativo dell’incontro è stato caratterizzato dalla riflessione
sull’essere minoranza « che non
cresce ».
« Ma non lasciamoci prendere
dalla sindrome dei grandi numeri — ha detto Vernier, che ha
trascorso tra l’altro cinque anni in Africa —, non dobbiamo vivere male il nostro essere minoranza. Ciò che vale è il lasciarsi afferrare dall’originalità
dell’Evangelo, che a partire da
Cristo si è sempre tradotto in
realtà di minoranza. Lasciamo
ad altri la religione del potere
sulle masse. Una fede semplice,
che si vale di strutture ecclesia
cumento Verso una comprensione comune della chiesa, sul dialogo internazionale tra riformati e cattolici romani.
PERRERO-MANIGLIA — La
domenica delle Palme tutta la
comunità si è rallegrata insieme
con Valentina Ghigo, accogliendola come nuovo membro di
chiesa, ed ha invocato su di lei
le benedizioni del Signore.
• Il sabato seguente si sono
svolti, nel tempio di Maniglia, i
funerali di Giovanni Ribet, di 84
anni, residente nella borgata Saretto.
Ai familiari nel dolore la cristiana simpatia della comunità.
• Domenica 26 aprile, alle ore
10 a Ferrerò, assemblea di chiesa per l’esame della relazione
morale e reiezione dei deputati
alla Conferenza distrettuale e al
Sinodo.
Catecumeni
BOBBIO PELLICE — Vener
dì 24 aprile, ore 20,30, nella saletta: colloquio finale dei catecumeni del 1“ biennio e del 3°
anno di catechismo.
• Sabato 25, ore 20,45, nel tempio: concerto della corale « La
cricca ». Offerte a favore dell’impianto elettrico per il suono automatico della campana del nostro campanile.
• Domenica 26, ore 10,30, nel
tempio: culto presieduto dal pastore Sergio Rostagno, professore presso la Facoltà.
Alle ore 14,30 si svolgerà il
tradizionale bazar.
Assemblea di chiesa
LUSERNA SAN GIOVANNI —
Il culto di domenica prossima,
26 aprile, avrà luogo alle ore 10
nella sala Beckwith con assemblea di chiesa per reiezione di
due nuovi anziani.
stiche povere, che ritorna continuamente alla fonte originaria,
che non impone ma interpreta la
libertà è il valore che dobbiamo
difendere e sostenere ».
L’esperienza entusiasmante di
questo scambio ci ha fatto toccare con mano quante cose, al
di là della distanza, abbiamo in
comune. Ma cambiano i contesti. La provincia di Lione è ben
diversa da quella di Caltanissetta. Lo stesso cattolicesimo —
che in aprile invade le strade dei
paesi siciliani di processioni con
statue, santi e madonne — in
Francia è (almeno apparentemente) ben diverso, certamente
non così sfacciatamente pagano.
Evviva la differenza. Una differenza che si prolunga in altri
campi, non ultimo quello della
violenza. Ma è proprio questa distanza, anche culturale, che rende rincontro così arricchente. E
spezza quel provincialismo e
quella solitudine che ogni tanto
minano le nostre comunità.
Giuseppe Platone
sabato 25 - domenica 26 aprile
□ CORSO DIDATTICO
DI CANTO
VILLAR PELLICE — II corso inizia
sabato alle ore 10 presso II • Castagneto », per terminare domenica alle
16. I partecipanti devono prenotarsi entro giovedì 23, telefonando al numero
0121/930779.
25-26 aprile
□ INCONTRO DEI
CATECUMENI
AGAPE — I catecumeni di III e IV
anno si incontrano per riflettere sul tema; • I nostri modi di vivere la fede
nella chiesa ». L'arrivo è previsto per
le 16. A seguire l’introduzione e una
serata di canti e giochi. Domenica mattina è prevista la partecipazione al
culto nel tempio di Prali; poi, lavori in
gruppi. Partenza intorno alle 17.
10.000 lire per i tetti delle casette di Agape
I tetti di Agape hanno bisogno
di manutenzione.
A far acqua adesso sono i tetti delle casette. La neve, il gelo,
hanno spaccato parecchie ’’lose”
di pietra e le infiltrazioni sono
abbondanti. Finora si è ovviato
alla meglio con pezzi di lamiera
infilati sotto la Iosa fessurata,
ma i lavori sono ormai indilazionabili. L’associazione Amici di
Agape, nella sua assemblea dell’agosto scorso, ha deciso di sostenere economicamente e materialmente questi lavori. Così
ha lanciato un appello per il
reperimento di 40 milioni di lire.
Chi vuole aderire può versare
la sua offerta sul ccp 24122103
intestato ad Associazione amici
di .4.gape, 10060 Prali.
5
24 aprile 1992
Tita delle chiese 5
LA TAVOLA INFORMA
CAMPO STUDI FGEI
L’Ospedale valdese di Torre Pellice: il progetto di riorganizzazione
della diaconia sarà esaminato dalle chiese.
In vista del Sinodo
La riorganizzazione della diaconia - Potenziamento e rinnovamento
di alcune strutture - Solidarietà con le chiese nel Rio de la Piata
Anche i membri della Tavola
sono cittadini elettori e per poter garantire loro la possibilità
di votare, la Tavola ha dovuto
ridurre e modificare il programma delle sue sedute di aprile a
Roma, previste originariamente
per i giorni 4-6, iniziando invece
la sera di venerdì 3 e terminando la sera di domenica 5. Al centro del programma è rimasto comunque l’indice della relazione
annua, che è stato compilato attraverso un’approfondita discussione dei suoi punti qualificanti
ed una minuziosa rassegna di
tutto ciò di cui va reso conto
al Sinodo. I compiti per la stesura dei vari capitoli sono stati
ripartiti e le sedute di maggio
licenzieranno i due terzi circa
della relazione. Come negli ultimi anni, questa parte formerà
il nucleo centrale del 1° fascicolo del Rapporto a stampa, che
sarà distribuito in occasione delle Conferenze distrettuali. Il resto della relazione troverà posto
nel 2” fascicolo, che sarà a disposizione dei membri del Sinodo a Torre Pellice dall’inizio di
agosto.
Quest’anno la Tavola si è dovuta occupare di una nuova incombenza: il numero delle attività pre-para-postsinodali è tale
che la Tavola ha dovuto fissare
un calendario, contemperando le
varie esigenze e comprimendo
anche il programma dei lavori
del corpo pastorale. Questo calendario, ancora in bozza, viene
inviato ora ai pastori e sarà reso pubblico non appena sarà definitivo. Da giovedì 20 a sabato
29 agosto ogni spazio è ormai
occupato e il periodo sinodale è
arrivato ad una completa saturazione. Da qui in poi si dovrà
fare ogni sforzo per decongestionarlo!
Diaconia
Dopo il riuscito convegno per
le opere che si è svolto a Firenze nei giorni 7-8 marzo, il progetto di riorganizzazione della
diaconia è stato ritoccato, precisato e presentato a Tavola e
CIOV per l’approvazione finale.
La Tavola lo ha discusso tenendo conto di due linee di ricerca collaterali: quella della Commissione sinodale sul funzionamento degli esecutivi (la cui relazione sarà inviata tra breve a
chiese e opere) e quella della
Commissione di studio che, per
conto di Tavola e CIOV, sta studiando la via migliore per l’unificazione dei tre ospedali di Torre Pellice, Pomaretto e Torino.
Il progetto di riorganizzazione
della diaconia, che è stato richiesto dal Sinodo (46/SI/91) e che
si presenta ora come progetto
per una Commissione sinodale
per la diaconia, sarà inviato tra
breve alle chiese e alle opere e
sarà uno dei punti focali del
prossimo Sinodo.
Dalla teoria alla prassi. O meglio, dall’organizzazione della
diaconia alla vita delle opere. La
Tavola si è occupata di diversi
progetti di rinnovamento o potenziamento presentati o conclusi da diverse opere (Agape e i
suoi tetti; il Gignoro e il suo
seminterrato inaugurato di recente; il Servizio cristiano e il
suo complesso programma di lavori; Casa Cares e l’alloggio per
il suo direttore). Altre opere
hanno in corso una revisione del
loro statuto: Adelfla (che ha iniziato i lavori di ristrutturazione), Vittoria, Gould, Uliveto. Di
un’altra opera — Villa Olanda
— la Tavola si è occupata a lungo, vagliando e approvando
l’operato della propria delegazione che sta conducendo l’operazione di chiusura dell’attuale attività (vedi comunicato pubblicato sul n. 13 del 27.3). La Tavola ha preso atto delle dimissioni del Comitato, ha disposto
un passaggio di consegne da
questo alla propria delegata
Maddalena Giovenale e ha incaricato uno dei propri revisori dei
conti, Andrea Ribet, di curare le
operazioni amministrativo-fiscali
della chiusura.
Finanze
La chiusura definitiva del conto economico dell’esercizio 1991
è stata presentata alla Tavola
dall’amministratrice Rosella Panzironi, che ha curato l’attuazione degli orientamenti espressi
dalla Tavola nelle sedute di febbraio. La Tavola ha approvato il
bilancio con soddisfazione per
ciò che concerne il conto economico e la progressione verso il
punto di equilibrio, ma con preoccupazione per ciò che concerne il bilancio patrimoniale.
La Tavola ha infatti problemi
di liquidità a causa delle molte
anticipazioni fatte ad opere, immobilizzazioni (interventi di edilizia) e spese straordinarie
(INVIM). Più che mai è importante che le chiese versino le
contribuzioni con periodicità regolare e, là dove è possibile, con
anticipazione e depositi, per consentire alla Tavola di portare il
peso globale di cui è caricata.
La Tavola ha anche ricevuto
una relazione dal moderatore
sull’approfondito scambio di informazioni che si è attuato in
occasione della recente visita del
moderador Hugo Malan. E’ stata ribadita l’importanza della
colletta in atto per il rinnovo del
AVVISO
La Casa valdese di Vallecrosia cerca monitori e monitrici per il campo cadetti 1992,
che avrà luogo dal 6 al 21 luglio. Per avere informazioni,
potete telefonare allo 0184/
295551 o scrivere a Casa valdese, C. P. 45 - 18019 Vallecrosia (IM).
Tre giorni per
parlare di Dio
Un’occasione di confronto, al di là delle certezze - Un’esigenza oggi avvertita da molti
parco auto dei pastori del Rio
de la Piata. Più che altrove l’auto è uno strumento di lavoro
indispensabile per un pastore in
Sud America. Le chiese valdesi
e metodiste hanno già raccolto
51 milioni e sono invitate a
stringere i tempi di questa raccolta fino alle Conferenze distrettuali.
Dopo che si saranno tirate le
somme su questo impegno particolare, è probabile che si apra
una sottoscrizione individuale
per raccogliere un’offerta straordinaria per ie famiglie pastorali del Rio de la Piata.
Proseguono intanto i preparativi per dare inizio al programma di visite di laici della Chiesa valdese del Rio de la Piata
ai nostri distretti. Il I distretto
sarà il primo a ricevere una di
queste visite, in autunno o nella prossima primavera. La Tavola ha appreso con gioia che
avremo quest’anno un rappresentante rioplatense al nostro Sinodo, il pastore Ruben Artus,
che con la moglie Teresa tornerà per due mesi a Piossasco dove è stato pastore per diversi anni. Altra visita gradita sarà quella del pastore ed ex moderador
Mario Bertinat insieme alla moglie Violeta, in luglio.
Campo di lavoro
e personale
Nelle sedute di aprile la Tavola ha finalmente disegnato un
quadro completo della sistemazione del campo di lavoro per
l’autunno. Esso è ora oggetto di
colloquio tra i pastori interessati, le chiese, i circuiti. Nelle
sedute di maggio la Tavola si
ripromette di arrivare alle decisioni conclusive.
La Tavola ha infine riesaminato l’organico dei propri uffici,
anche in vista dell’incontro che
avrà con il personale a Casa Cares il 24-25 aprile. Un dato emerge tra gli altri: la necessità di
trovare un « giovane pensionato » che sia disposto ad assurnere una responsabilità direttiva
per Tuffìcio amministrativo di
Roma.
« Il fatto che abbiamo un presentimento di Dio è prova sufficiente della sua esistenza. Una
prova migliore è che siamo capaci di dubitarne ».
« Credo nello Spirito Santo, lo
Spirito femminile di Dio, che come una chioccia ci creò, ci mise
al mondo e ci copre con le sue
ali ».
Due modi diversi di intendere
e riflettere immagini su e di Dio.
Due aspetti, tra altri mille, che
possiamo prendere in considerazione per pensare e riflettere su
Dio.
Per questo e per tanti altri motivi la FGEI ha ritenuto di organizzare un campo su Dio, e in
particolare sul Dio in cui crediamo. In questi anni molti giovani
donne e uomini nelle nostre chiese hanno avvertito l’esigenza di
riflettere e ripensare alla fede,
al percorso personale e collettivo con cui arriviamo a pensare o
immaginare chi è Dio per noi.
Le donne impegnate nei movimenti giovanili intemazionali
hanno cominciato a prendere in
considerazione il tentativo della
teologia femminista, tesa a recuperare la femminilità e la tenerezza di Dio. Dall’altra parte si è
sviluppato un pensiero che colloca Dio nella relatività e nella
contraddizione. Il filone della riflessione ebraica è in questo senso fondamentale. Forse è proprio
nel nocciolo del pensiero ebraico
contemporaneo ohe emerge un
concetto di Dio laico, in divenire
e anche in contraddizione.
E’ possibile pensare a un Dio
assolutamente semplice ma nello
stesso tempo contraddittorio. Un
Dio infinitamente lontano ma nel
contempo infinitamente vicino.
Un campo FGEI suH’immagine
di Dio che abbiamo ricevuto e
sulle immagini che possiamo riscoprire e reinventare può essere un’occasione importante per
tutti coloro che hanno il desiderio di riprendere in mano i fili
del problema.
Spesso nelle nostre chiese abbiamo la possibilità o di ascoltare Dio in silenzio o di parlare a
Dio. Forse è venuto il momento
di parlare di Dio perché, come
scriveva Wittgenstein, non possiamo fare a meno di parlarne.
Tre giorni pieni, dunque, per parlare, parlarci della nostra fede,
di noi stessi, dell’identità di Dio.
Attraverso giochi di ruolo, interventi di gruppi, seminari e animazione biblica cercheremo di inventare un percorso, un itinerario di domande, di dubbi e anche
di proposte.
Se la tradizione ci propone delle certezze, la FGEI no; per questo possiamo in tranquillità confrontarci con tutte le opzioni e le
interpretazioni possibili. Nessuno
sarà scomunicato! Un campo importante che speriamo destinato
a mettere in movimento la palude teologica e ecclesiologica in
cui ci troviamo. Non è più il
tempo di pensare alle categorie
obsolete del credente e di colui
che non crede, due modi diversi
in fondo per archiviare il problema. Forse litigheremo e ci
contraddiremo. Dalle contraddizioni non possiamo fuggire per la
ragione banalissima che anche
Dio si contraddice in tante pagine della Bibbia. Un Dio che non
si contraddicesse sarebbe un essere irrigidito, perfetto per sempre come le immagini che spesso
ci siamo creati.
Come l’uomo e la donna dell'Antico Testamento è forse possibile cercare Dio contestandolo
e polemizzando con lui, senza
stancarsi di porre domande e fare brutte figure!
M. P.
Programma
Chi è il Dio
in cui
crediamo?
Villaggio della gioventù
Santa Severa
giovedì 30/4 - Arrivi per cena.
venerdì 1J5 - Colui/lei in cui credo. Da dove arrivano queste
immagini?
sabato 2/5 - Retroscena di alcune
concezioni di Dio. Alla scoperta di nuove immagini.
domenica 3/5 - Valutazioni. Culto.
Partenze nel pomeriggio.
Informazioni e iscrizioni: Daniele Bouchard - Via Ciccarone
51, Vasto (Ch). Tel. 0873/363173.
SESTRI PONENTE, 10 MAGGIO
Canto e universalità
della fede
La Festa di canto rinnova anche per quest’anno una maniera speciale di lodare il Signore
Quest’anno la « Festa di canto » si terrà a Sestri Ponente, il
10 maggio, nel teatro Verdi.
L’uso del teatro e tutti i servizi sono stati gentilmente offerti
dalla Circoscrizione di Sestri Ponente, a cui va la nostra più
viva gratitudine.
Le chiese di Genova stanno lavorando con impegno affinché
la V Festa » ( che si tiene annualmente dal lontano 1907) sia veramente un’occasione di evangelizzazione.
La giornata comincerà con un
culto che si terrà nel teatro stesso, alle ore 19,30 (parteciperan
no le chiese battiste, metodiste
e valdesi della città) e la « Festa di canto » inzierà alle ore 15.
Il teatro ha 900 posti, perciò
venite numerosi! Il tema è
« L’universalità della fede », e
vogliamo esprimere la nostra fede con canti antichi e moderni
di provenienza molto varia.
Ogni corale partecipante dovrà comunicare durante il corso
didattico di canto (Villar Pellice, 25-26 aprile, vedi avviso a
pag. 4) il titolo del canto che presenterà alla « Festa » e il numero di persone che vorranno servirsi della mensa.
6
6 obiettivo aperto
I SESSIONE: MODERNITÀ’ E RELIGIONI DEL LIBRO
Le interpretazioni
del Libro sacro
Uno dei temi conduttori del
convegno è stato quello del confronto delle religioni del Libro
con la modernità. In questa prospettiva ha acquistato un’importanza centrale il dibattito che
si è tenuto con il contributo del
filosofo Gianni Vattimo, del prof.
Enzo Pace e del rav Roberto
Colombo sulla problematica dell’interpretazione del « Libro sacro ».
Gianni Vattimo ha impostato
il suo brillante intervento sul binomio « storia della salvezza,
storia dell’interpretazione », mettendone bene in luce la stretta
correlazione nella storia del cristianesimo. Per salvarsi occorre
saper leggere e quindi capire il
messaggio contenuto nelle Sacre
Scritture. La pretesa di possedere la giusta « chiave di lettura »
per decifrare e diffondere la Parola divina è stata per secoli in
Europa causa di tensioni e conflitti enormi. Un, per certi ver
si, « provvidenziale » ridimensionamento di questa prepotenza
impositiva è stato, nella tesi di
Vattimo, determinato anche dal
contributo di fllosofi come Martin Heidegger, che mettono in
discussione per lo meno la certezza di poter indagare e realmente percepire Dio.
L’interpretazione radicale e
fondamentalista delle Scritture
è stata al centro del contributo
di Enzo Pace, che ne ha indagato brevemente le conseguenze
sotto il profilo sociale e politico in paesi come Israele, Algeria e Stati Uniti. Particolarmente interessante l’analisi che ha
avuto per oggetto la spiegazione e le implicazioni della crescente affermazione in Algeria
del Pronte di salvezza islamico
(FIS). Lo sforzo dei leader di
questo movimento politico-religioso è mirato a dimostrare che
la democrazia è un prodotto del
dominio occidentale, la shura
crazia è invece il modello autentico, così come viene delineato
dal Corano e dalla Sunna: il governo della società fondato sul
principio della consultazione
(shura) significa che il potere
deve essere esercitato dagli « illuminati » o dai « puri », garanti dell’unità santa e dell’applicazione solerte e puntuale, ad ogni
aspetto della vita privata e pubblica, dei precetti contenuti nel
Libro sacro.
Il rabbino della comunità
ebraica di Torino, Roberto Colombo, ha infine messo in rilievo l’importanza di un approccio
cauto e meditato alla Scrittura.
E’ Dio che si avvicina all’uomo
e non viceversa. Nella tradizione ebraica convivono la Torah
scritta e la Torah orale, nel convincimento che un testo scritto
resta pur sempre un restringimento della Parola.
Michele Vellano
e la comunità
Il pomeriggio del primo giorno ha avuto un andamento difficile, con discorsi talvolta criptici o, forse, caratterizzati da
una inane ricerca di originalità.
L’intervento di Pier Angelo Sequeri su « Il comandamento impossibile. Lutero, Spinoza e le
due vie del cristianesimo moderno » ha posto in luce l’alleanza tra Riforma e liberalismo nascente sul principio della Scrittura. Se pertanto la parola va
studiata, in quanto creatrice di
pensiero e non solo specchio dell’esperienza, anche quella scritta va indagata e analizzata. Il
conflitto che si delinea in effetti sarà se la religione venga prima deH’interpretazione oppure
se è l’interpretazione che produce la religione.
Jean Séguy, parlando su « Il
cristianesimo: parola, tradizione,
comunità », ha esordito affermando di non ritenere il cristianesimo una religione del Libro:
la Bibbia non è un libro ma una
biblioteca senza catalogo, anzi
con un catalogo imposto d’autorità, senza criteri concordi. Invece è una religione di comunità e, dietro la Bibbia, c’è una
comunità che ha esercitato il
potere di definizione dell’ortodossia.
Non esiste nella storia qualche forma di cristianesimo che
corrisponda al concetto di « religione del Libro ». Sì, il protestantesimo ci butta in faccia il
Libro, ma i riformatori si pongono in rapporto alla predicazione. Essi pongono il Libro prima
della comunità, ma è necessario
che la comunità esista. Così anche il fondamentalismo massimizza il Libro ma sottintende
sempre la comunità.
Per Elmar Salmann il cristianesimo è una religione del lògos
spezzato e il Libro vi ha una
esistenza precaria. Lo stesso rapporto vissuto con la vocazione
è un continuo rimettere in discussione le certezze e i valori.
Remo Bodei (« La Parola solenne: comandamento religioso e
argomentazione etica ») ha richiamato all’attenzione il problema dell’interpretazione in quanto azione compiuta da parte di
caste operanti in società analfabete. Per questo le chiese hanno posto la questione della legittimazione deH’interpretazione,
sulla quale si sono combattute
lunghe guerre di religione, che
però hanno fatto nascere il senso della tolleranza e la convin
zione che la religione non è tutto.
Per Bodei le etiche delle religioni del Libro sono state una
base esplicita, pubblica, codificata, mentre oggi siamo giunti a
una morale per cui « è buono ciò
che mi piace », essendosi esaurita la categorizzazione assoluta,
sia religiosa che laica.
Elio Canale
Il confronto con la modernità
da un punto di vista laico
Le religioni del Libro nei confronti con la modernità, da un
punto di vista laico. Su questo
tema sono intervenuti Haled
Fouad Allam, (Università di TriesteX Eugenio Corsini (Università
di Torino), Stefano Levi Della
Torre (Torino), Carlo Prandi (Università di Padova).
Partendo dalla constatazione
che « la religione greca è una religione senza rivelazione », Eugenio Corsini ha sottolineato come
la mancanza di riferimento a un
Libro spieghi il fallimento dei
tentativi di riforma operati all’interno della storia della religione greca. Ma « l'aspirazione a
un Libro contenente non tanto la
verità quanto piuttosto la norma
dell'agire morale » — che già si
fa sentire in Platone in modo ambiguo — si manifesta con Esiodo
e, parecchi secoli dopo, con i neoplatonici.
Stefano Levi Della Torre ha
messo in evidenza il problema
della sua generazione (del dopo
Shoah): « Come amministrare
l’eredità dello sterminio? ». Alla
definizione negativa dell’ebreo
come vittima (cfr. Sartre), occorre opporre una ricerca del positivo, il che pone varie difficoltà.
Mesopotamia e Egitto sono le
terre di origine degli ebrei ma,
nell’Antico Testamento, la primogenitura è sempre contestata. Vi
è sempre una questione di scel■ - di elezione, rispetto alla natu
ta
Per quattro giorni a Torino si
sono incontrati studiosi ed esperti di molti paesi, con la cornice
di un pubblico attento e partecipe.
ralità, e la vita in diaspora è
esemplificatrice della difficoltà
del rapporto con l’origine. Gli
ebrei sono stati i primi a
fare della memoria un precetto religioso («devi ricordare ») ma anche a dare un senso
alla storia. Questa ricerca di
senso è un modo di ripararsi
dagli eventi (ebraismo come potente antidoto alla Storia). « Ci
troviamo attualmente — ha concluso Della Torre — in una situazione sapienzale », di fronte
alla « montagna di roccia inesplicabile », come nel Prometeo
di Kafka. L’abisso tra noi e Dio
è invalicabile.
Il laico musulmano Fouad
Allam ha affermato che nessuna civiltà vive più in un orizzonte chiuso, ma in connessione
con le altre. La tendenza attuale
del mondo alla globalizzazione significa anche omologazione. Il
che provoca la crisi di un certo
tipo di razionalità islamica. La
modernità non è endogena, ma
ricevuta dall’esterno. Fin dagli
anni ’70 stiamo assistendo, nel
mondo musulmano, ad un passaggio dall’identità collettiva, caratteristica dei musulmani, all’identità individuale di stampo
occidentale.
Jean-Jacques Peyronel
31 MARZO-3
Religioni del libro e
religiosità contempi
Le tre « grandi religioni » abramitiche — cristianesimo, ebraismo, IsIam — hanno nel mondo
di oggi una posizione centrale e « una capacità
di impatto sulla condizione dei popoli quale non
hanno o non sembrano avere le altre grandi religioni viventi » e d’altra parte queste tre grandi
religioni rivelate, a fronte del carattere eterno e
immutabile dei Libri a cui fanno riferimento, si
confrontano con tutte le domande che derivano
dalla «modernità» e con l’insorgenza di «nuove
domande » da parte dei si
L’introduzione di Frar
internazionale sul tema «
ligiosità contemporanea:!
tà di Torino con il patro(
Consiglio dei ministri, cl
centinaia di presenze nei
coinvolgenti, ha condotti
al cuore dei problemi cl
stesse.
Il SESSIONE:
Sette, esoterismi, nuove
il « supermercato » dei gruppi emergenti, in cui si cer
smo e daM’ipnotismo alle tendenze sataniche - il trian
«E’ veramente Torino la "città del diavolo”, il "vertice del
triangolo satanico" ?». Questa è
la domanda che Massimo Introvigne, direttore del ’’Centro studi nuove religioni” di Torino, ha
rivolto ai partecipanti quando
rincontro ha affrontato il problema di Torino e delle molte
espressioni alternative della _ religiosità presenti in questa città
moderna e pluralistica.
Eileen Barker, della London
School of Economics, e John
Gordon Melton, direttore dell’Istituto per lo studio della religione americana (Santa Monica, California), avevano parlato
del pluralismo religioso ‘“Ile rispettive società. Barker aveva
descritto l’Inghilterra come un
« supermercato » delle alternative religiose capaci di rispondere
a tutti'i gusti, dai neri indigenti
alle privilegiate classi medie:
« Nonostante le sue due chiese
"stabilite per legge” ‘ la Gran
Bretagna ha alle spalle una secolare, rispettabile storia di pluralismo religioso e una un po’
meno rispettabile storia di tolleranza religiosa ». E aveva aggiunto che nella seconda metà
del XX secolo si è assistito_ a
un gonfiamento delle alternative
presenti nel supermercato religioso, grazie da un lato agli immigrati che hanno portato con
sé le proprie religioni e daU’altro all’arrivo di nuovi movimenti religiosi daH’America settentrionale e dall’Qriente.
comprenderle e di lavorare con
esse in vista di comuni fini sociali come la lotta alle droghe e
al crimine, lasciando al tempo
stesso a ogni comunità religiosa
lo spazio necessario per praticare e propagare liberamente la
propria fede.
La città
delle meraviglie
Nuova età e
"New Age”
Melton aveva descritto il pluralismo religioso degli Stati Uniti come una « nuova età ». Il termine non va confuso con il
movimento ’’New Age”: si parla
di una « nuova età » in riferimento alla sua natura irreversibile
e all’impossibilità di ritornare
alla « vecchia età ». Sia Barker
che Melton vedono la nuova situazione come una minaccia e
Una promessa. « I nuovi culti sono una minaccia », aveva detto
Melton, « per la società occidentale così come l’abbiamo finora
conosciuta... Ci sottraggono il
consenso religioso di fondo ».
Barker aveva sottolineato che
il pluralismo a livello di società
poteva produrre organizzazioni
che limitano le opzioni a livello
individuale. E aveva concluso:
« Il prezzo del pluralismo è
un’eterna vigilanza ».
Quanto alla promessa, essa
può forse trovare realizzazione
da un « ambientalismo spirituale » — il termine è di Melton —
capace di accettare le nuove religioni come una sfida ad agire
« da buoni vicini », di cercare di
Mentre Barker aveva parlato,
riferendosi all’Inghilterra, di un
supermercato delle religioni e
Melton di una nuova età in America, Introvigne ha definito Torino « la città delle meraviglie »,
usando Alice come una guida
« attraverso lo specchio » * e citando tre meraviglie del suo passato. C’è anzitutto la Torino del
XIX secolo, centro dello studio
del magnetismo e dell’ipnosi, che
« ha giocato un ruolo decisivo
nella nascita della moderna psicologia del profondo ». La seconda « meraviglia » è l’interesse
della città per l’occulto e lo
spiritismo. Melton notava, per
esempio, che era stato l’archeologo piemontese Antonio Lebolo a
scoprire in Egitto i papiri interpretati da Joseph Smith, il fondatore dei mormoni, come « scritti da Àbramo » e inclusi nelle
sacre scritture dei mormoni, la
« Perla di gran prezzo ».
La terza fonte di meraviglie
è l’interesse dimostrato nel passato, negli Stati Uniti e in Gran
Bretagna, per il mito valdese.
Dopo l’editto di Carlo Alberto
del 17 febbraio 1848 che concedeva il pieno riconoscimento dei
diritti civili Lorenzo Snow, futuro presidente della Chiesa mormone, arrivò, nel 1850, a Torre
Pellice per convertire gli austeri
protestanti delle Valli alle « rivelazioni » di Smith. Ma Brigham
Ycung (secondo presidente della
Chiesa mormone) finì col convincersi che i valdesi « non sono
il tipo di popolazione pronta a
ricevere rapidamente il [nostro]
Vangelo ».
Nel 1867 la missione fu chiusa
e un’ottantina di convertiti emigrarono nello Utah. Giunsero
anche i capi di altri gruppi, come
Ellcn G. White, che aveva fondato gli avventisti del settimo
Giorno e che giunse a Torre Pellice nel 1885, Charles Taze Russell che venne a Pinerolo nel
1881, mentre nel 1893 l’Esercito
della Salvezza creò a Torre Pellice il proprio quartier generale
italiano. Dopo alcuni assai limitati successi nelle valli valdesi,
questi movimenti concentrarono
la loro attenzione su Torino,
dove tuttora esistono.
Introvigne, tornando alla domanda: « Perché la città delle^
meraviglie diventa la "città del
diavolo”? », ha offerto quattro
7
obiettivo aperto
APRILE: CONVEGNO INTERNAZIONALE A TORINO
oranea
ngoli e dei popoli,
co Bolgiani al convegno
Religioni del Libro e re, organizzato dalla Citinio della Presidenza del
le ha visto anche diverse
momenti più « forti » e
I partecipanti e pubblico
le investono le religioni
La prima linea lungo la quale si è articolato
il dibattito è il « rapporto fra la normatività del
Libro e la crisi delle etiche»; la seconda, che
sconfina nella politica, nel diritto e si caratterizza anche, purtroppo, per la violenza, è « il problema della conflittualità reciproca delle grandi
religioni del Libro fra loro ». Non a caso, l’ultima sessione del convegno era intitolata « Gerusalemme, Gerusalemme! ».
(a.c.)
RELIGION« CIVILI E RELIGIOSITÀ’ CONTEMPORANEA
religioni
cano risposte diverse a diverse domande - Dal magnetigolo « maledetto » di cui Torino sarebbe uno dei poli
Il SESSIONE
Tra forza e debolezza
spiegazioni. Anzitutto la stampa
(specialmente un articolo del
1986 sul settimanale tedesco Der
Spiegel, e un articolo di 12 pagine comparso nel 1990 su un periodico giapponese) che esagera
e deforma la situazione. Una seconda linea interpretativa combina lo storico mito valdese con
la vicinanza geografica e storica
della Francia e particolarmente
di Lione (che con Praga e Torino forma il mitico triangolo) e
con il conflitto politico risorgimentale tra lo stato e la Chiesa
cattolica, nel quale gli esponenti del magnetismo’ e dello spiritismo, sostenitori della posizione filosahauda, si attirarono l’ira
dei papisti che li definirono
agenti dei demoni. In terzo luogo Introvigne ha citato Filippo
Barbano: « Quando vai dal mago? Quando ti va male, ma anche quando ti va bene! », nel senso che gli estremi della società,
i più favorevoli come i più nefasti, finiscono con lo spingere
verso forme di religione non tradizionali, esoteriche. La quarta
spiegazione è l’insicurezza sociale che può produrre non solo il
ricorso alla magia, ma anche la
paura della magia e del satanismo. « Le "leggende urbane” che
amplificano quanto riguarda il
satanismo... sono in parte ridicole, ma qualche volta anche
pericolose e generatrici di violenza ».
Manifestazioni
sataniche
Quest’ultima spiegazione è fortemente corroborata dalle ricerche compiute negli Stati Uniti
da David Bromley, della Virginia
Commonwealth University. Nel
suo intervento, « Il satanismo come substrato sociale della sovversione », Bromley ha riferito
di numerose e approfondite ricerche su presunte mutilazioni
sataniche di animali e di assassini rituali eseguiti perché si
pensa che i satanisti credano
che un istante prima di morire
le vittime emettano un’energia
vitale utilizzabile ai loro fini.
Particolarmente desiderabili sono ritenuti i bambini perché li si
presume non corrotti dal peccato, il che rende la loro energia
vitale particolarmente pura e
potente.
Ma lo studio condotto da
Bromley sulle investigazioni rij
guardanti inspiegate mutilazioni
di animali dimostra che esse si
rivelano, praticamente sempre,
il risultato di investimenti stradali, di episodi di caccia, avvelenamento b scherzi brutali:
«... ma non si hanno mai connessioni dimostrabili con esecutori
identificati di culti satanici », né
si è mai scoperta una vittima
sacrificale che potesse essere
collegata con un rito satanico.
In contrasto con l’opinione che
i bambini sono le vittime principali, i dati rivelano che ogni
anno, negli Stati Uniti, solo poche centinaia di bambini sono
rapiti. E dal giro dei culti non
sono emersi dati dimostrabili,
né testimonianze personali.
Quanto alle molestie nei confronti di bambini, Bromley ha
affermato 'che si hanno prove
convincenti che «... sono stati i
terapeuti, più che i pazienti, ad
introdurre il satanismo nella letteratura terapeutica prodotta in
collaborazione ». E ha citato
Melton: « La tradizione satanica
è trasmessa da cristiani essenzialmente conservatori, che nel
denunciare le pratiche [satani-;
che] le descrivono nei più truci
dettagli ».
L’ansia dei genitori
americani
Secondo Bromley la fonte delle preoccupazioni riguardanti i
culti satanici è l’ansietà di molti genitori americani per la propria capacità di allevare e proteggere i figli, ansietà incentrata specialmente sulla rapida
espansione di centri, dispendiosi
e inaffidabili, di cura a pieno
tempo dei bambini, sorti in seguito all’aumento delle donne
che lavorano. Questi centri a
pieno tempo, secondo Bromley,
sono sospetti perché aprono la
porta «... alla più terrificante
prospettiva per le famiglie: cosa accadrebbe se i loro figli fossero trattati come merci umane
da parte di imprese commerciali
invece che come sacro deposito
da parte di persone che agiscono
in luogo dei genitori? ».
I torinesi condividono con i
nordamericani e i britannici una
forte ansietà per il futuro della
società. Il pluralismo dell’emergente cultura globale è una delle fonti della crisi dei valori,
produce ansietà che conducono
facilmente le persone insicure
a proiettare le loro paure in
qualche mistificante « rete di
culti satanici », o nelle frenesie
del giornalismo ’’giallo”. Torino
non è il « vertice del triangolo
satanico », ma « la città del diavolo », è una metafora della nostra società moderna, avara di
speranze, in un’età in cui cerchiamo di riscoprire il fine della
nostra esistenza.
Kenneth Hougland
La frammentarietà e il carattere composito del cattolicesimo
(dalla presenza delle parrocchie
sul territorio all’associazionismo,
al carattere di « agenzia di servizi » a volte in supplenza allo stato), che in certi'casi fa registrare
un'adesione più culturale che di
convinzione organica e sistematica sui punti essenziali della fede, ha occupato buona parte della tavola rotonda su « Forme e
luoghi della religiosità diffusa ».
Arnaldo Mesti («Religione e
cultura: il cattolicesimo italiano,
oggi ») e Roberto Cipriani (« Religione diffusa e religione dei valori ») hanno infatti messo a fuoco una situazione di partecipazione religiosa che non sembra
essere stata intaccata dalla secolarizzazione, ma che risponde a
domande molto diverse nei vari
casi.
Ampio per esempio, nella casistica illustrata da Cipriani, è lo
spettro di posizioni che vanno da
una religiosità « diffusa », che gode della legittimazione statale,
presente nei mass media, alla re
ligione come ricerca critica, alla
religione come luogo di valori.
Franco Garelli ha intitolato il
proprio contributo « Forza della
religione, debolezza della fede »
ed ha affermato che « la Chiesa
cattolica è in Italia un fattore di
equilibrio dei fenomeni sociali »
che si inserisce in una fase di disillusioni che attraversano l’area
laica, e che va a colmare il vuoto etico. Questa forza va però
di pari passo con la debolezza
della fede: « Una fede di maggioranza non può che essere costitutivamente debole » mentre
un ideale di « perfezione e purificazione non può che essere
di minoranza ».
Questo ideale è stato individuato dal relatore in « una prospettiva ascetica », ma se il discorso può filare sul piano sociologico, sarebbe più interessante
spostarlo su quello teologico.
L’ascesi e la mistica non sono
l’unica strada da percorrere in
conseguenza di una scelta di fede. Quanto alla « debolezza », a
noi vien fatto di pensare al testo
di II Cor. (12: 10): «Quando sono debole, allora sono forte »,
non è da noi che proviene la
forza...
Ricca di spunti di riflessione la
relazione di Luciano Gallino, presentata il giorno dopo, sul tema:
« Il progetto moderno tra cultura industriale e religione ». Non
è affatto scontata, secondo il sociologo torinese, l’opposizione
fra modernità e religione. La
modernità non ha accantonato,
ma anzi scoperto e rivalutato
« territori » come il mito, l’inconscio. E l’idea stessa di dominio
sulla natura, che tanto influenza
l’industrialismo, non sarebbe esistita senza il passaggio, che fu sollecitato dalla religione, « dal particolarismo all'universalismo »; e
ancora: « L’ordine economico del
mercato non si sarebbe mai sviluppato (...) senza il fondamento che ad esso è assicurato dal
dovere di rispettare la parola data, cioè il contratto — ch’è un
altro precetto religioso ».
Alberto Corsani
‘ La Chiesa anglicana e la Chiesa
presbiteriana (per la Scozia).
^ LEWIS CARROLL, Alice nel paese
delle meraviglie e Attraverso lo specchio.
SESSIONE: GERUSALEMME, GERUSALEMME!
Per la pace e il dialogo
La sessione conclusiva del convegno, intitolata Gerusalemme,
Gerusalemme', è stata dedicata
al ruolo della « città sacra » di
fronte ai problemi della convivenza, del dialogo e della reciproca comprensione. Può Gerusalemme « valere ancora come
simbolo di questo incontro e confronto? »: questo il tema della
tavola rotonda sulle implicazioni politiche del problema, a
cui hanno preso parte Thiab
Ayyoush, dell'Università di Betlemme, Mario Sznajder, dell’Università ebraica di Gerusalemme, Antonio Balletto, direttore
della casa editrice Marietti di Genova, Igor Man, editorialista di
« La Stampa » e Jürgen Moltmann, delTUniversità di Tubinga.
Dopo aver severamente criticato la politica israeliana nei territori occupati e, in particolare,
nella «città santa», il palestinese Ayyoush ha concluso il suo
intervento con queste parole: « I
palestinesi vorrebbero vedere se
stessi e gli ebrei vivere da buoni
vicini nei loro rispettivi stati,
quello palestinese e quello israeliano, e vorrebbero cooperare alla costruzione di un futuro libero dalla paura e dall’ostilità. I
palestinesi sono la chiave per la
pace e la chiave per la guerra.
Tutto dipende dal riconoscimento dei loro diritti nazionali ».
L’israeliano Sznajder ha risposto dicendo che « la maggioranza
delle fazioni politiche in Israele,
tanto nel governo quanto nell’opposizione, vogliono mantenere Gerusalemme unita sotto la sovranità israeliana e non sono disposte
a concedere a nessun tipo di sovranità araba — palestinese, giordana o altre — parti di Gerusalemme ».
A questo difficile dialogo israelo-palestinese hanno cercato di
contribuire gli altri interventi:
Antonio Balletto ritiene che occorra ricercare la convergenza
che sta al di sotto dei momenti
ufficiali di incontro, e quindi passare dalla categoria prettamente
politica alla categoria culturalepsicologica o, in altri termini,
« dalla categoria del possesso a
quella del dono ». Igor Man, in
una brillante relazione, ha dato
una vibrante testimonianza personale: « Gerusalemme, la dolce,
la santa, la cara città della pacete cui pietre sono intrise di sangue ». « Oggi, Gerusalemme è una
Belfast mediorientale », ha affermato, una città che respira odio
da tutte le parti, un odio che «s’è
rinvigorito dopo la carneficina
del lunedì nero dell’8 ottobre ’90,
che vide la strage dei palestinesi ad opera della polizia israeliana ». Come uscire da questa terribile « cultura dell’odio » che
« è un problema più politico che
religioso »? Come ha scritto il
prof. Elie Barnavi, dell’Università di Tel Aviv: « La sorte di
Israele è legata a quella dei
palestinesi... Sono due diritti che
si affrontano su una stessa terra » Qccorre quindi ricercare un
« rimedio laico, etico », accompagnando « la speranza con la preghiera ».
Jürgen Moltmann, in un incisivo intervento basato su citazioni
bibliche dell’Antico e del Nuovo
Testamento, ha affermato senza
mezzi termini: « La Gerusalemme terrena è terrena, non santa ». I cristiani, fin dall’inizio, si
sentono « pellegrini » e « stranieri » dappertutto e guardano, con
gli occhi della fede, alla « nuova
Gerusalemme » annimciata nell’ultimo capitolo dell’Apocalisse.
E si è chiesto: visto che Abramo
è il padre comune delle tre religioni del libro, perché non trovare un luogo simbolico comune
proprio a Gerusalemme, anziché
ad Assisi? La Gerusalemme terrena come luogo di attesa comune, sapendo che ad essere « santi » sono gli uomini e le donne,
figli di Dio. e non le pietre, neanche quelle di Gerusalemme «la
santa ».
J.-J. P.
Le religioni e
l’anima della fede
Ha concluso il convegno una
tavola rotonda a cui hanno partecipato, in rappresentanza simbolica delle differenti religioni e
fedi che trovano il loro fondamento nelle Scritture, i cardinali Saldarini, vescovo di Torino, e Silvestrini, il rabbino Di
Segni, l’imam Hamid Haddarah
e il pastore Paolo Ricca.
Il vescovo di Torino, Giovanni Saldarini, si è limitato ad auspicare il dialogo e la riflessione comune mentre il cardinale
Achille Silvestrini ha ripercorso
le tappe più significative, a partire dal Concilio Vaticano II, del
rapporto della Chiesa cattolica
con l’ebraismo e l’Islam. Il dialogo con l’ebraismo è stato impostato sul riconoscimento di
una eredità comune che trova
fondamento nell’Antico Testamento e nella figura del patriarca Abramo. Per quanto riguarda l’Islam, il cardinale Silvestrini ha ricordato la « stima » con
la quale la Chiesa cattolica guarda ai musulmani e al loro monoteismo. Il rabbino Di Segni e
l’imam Hamid Haddarah, per i
cui interventi c’era non poca attesa e curiosità, hanno un po’
deluso l’aspettativa dei presenti,
« glissando » entrambi sul tema
centrale dell’incontro. Il primo
si è soffermato a lungo sulla problematica legata alla città di Gerusalemme e al suo ruolo essenziale e ineludibile nelle vicende
del popolo ebraico, il secondo ha
portato il saluto del Centro culturale islamico di Roma, limitandosi a sottolineare l’importanza
e l’opportunità di occasioni d’incontro come quella di Torino.
Il prof. Paolo Ricca ha invece voluto intraprendere una non
semplice analisi volta alla ricerca dei possibili fondamenti comuni alle tre religioni, individuandone almeno tre: due sulla
fede e uno sulla vita cfel credente. Un primo elemento comune
alle tre esperienze religiose è sicuramente la Parola. Dio si rivela nella storia parlando, comunicando: la fede consiste nella risposta di colui che si lascia interpellare. Si tratta di un
fondamento spesso negato nella storia delle religioni, perché
al dialogo è stato quasi sempre
preferito il monologo. Altro
aspetto condiviso è quello dell’apparizione di Dio in mezzo agli
idoli, e quindi dell’idea di rivelazione e della scelta monoteista, che trovano la loro sintesi
nella fede abramitica non a caso all’origine di tutte e tre le
religioni. Infine, ciò che è comune nella vita dei credenti: la preghiera e il digiuno. La prima
rappresenta « l’anima, il respiro
della fede »: è un modo di vivere ed essere che si manifesta in
modi diversi, tutti però espressione di un identico anelito dell’uomo verso Dio. Il digiuno può
rappresentare un programma
propositivo in favore del resto
dell’umanità da parte delle tre
religioni più ricche del nostro
pianeta. L’intervento di Paolo
Ricca è stato probabilmente la
più degna e fortunata sintesi dello spirito del convegno, che mirava ad esaltare nel dialogo gli
elementi di comunione, pur nella consapevolezza delle diversità,
delle tre grandi religioni del Libro.
M. V.
8
8
ecumenismo
24 aprile 1992
GLAY (FRANCIA), 23-27 MARZO
Europa: missione
e evangeiizzazione
I problemi dell’Est europeo non sono finiti - Le denunce da parte
ortodossa e la secolarizzazione in Occidente - Gli incontri futuri
dal mondo
cristiano
Nei giorni 23-27 marzo si è
svolto a Glay — in Francia, in
un centro simile alla nostra Agape — un incontro sulla missione
e sull’evangelizzazione in Europa,
organizzato dal Consiglio ecumenico delle chiese.
Un aspetto interessante e significativo di questo incontro è
che non è stato un incontro di
« vertici » delle chiese, ma piuttosto uno scambio di esperienze
concrete di attività di comunità
evangeliche ed ortodosse in tutto
il continente.
Una prima impressione molto
significativa è quella riguardante l’Est europeo: dall’Italia, leggendo i giornali, si pensa ai cristiani dell’Est come a fratelli e
sorelle che possono finalmente
respirare l’aria pura della « libertà»; ascoltando i delegati dell’ex
URSS, dell’ex Germania Est, della Bulgaria, della Cecoslovacchia, si ha piuttosto l’impressione di ascoltare il famoso personaggio del romanzo II Gattopardo, che affermava: « Stavamo
meglio quanto stavamo peggio »
(questa citazione letterale è ricorsa più volte negli interventi).
Con la libertà sono arrivate
due cose inaspettate, per quanto
riguarda le chiese : la povertà
(che a volte sembra rasentare
la miseria vera e propria) e la
« concorrenza » religiosa.
La povertà dei fratelli e delle
sorelle dell’Est colpisce in maniera impensabile: ci sono pastori e professori di teologia che
guadagnano al mese poco più di
quanto noi spendiamo in una sera per andare al cinema e a cena
fuori. Queste cose in un certo
senso non sono delle novità assolute, ma fa sempre non poca
impressione incontrare queste
persone « faccia a faccia », scambiarsi le valutazioni e i commenti sullo stipendio, e scoprire che
il tuo vicino di casa guadagna, al
mese, lOO dollari. Oppure riflettere sul fatto che quasi tutti qui,
ormai, usano il computer e tutti
hanno la televisione, ed accorgersi che « dall’altra parte » non
possono nemmeno permettersi i
libri.
Una campagna
« missionaria »
I paesi dell’Est, inoltre, stanno
subendo una campagna «missionaria — cattolica e pseudoprotestante — che organizza delle
« crociate » (crociata è un termine che i gruppi missionari
evangelici anglosassoni usano
normalmente) che non si pongono minimamente il problema del
fatto che esistano già delle chiese, magari da mille anni, e che
annunciano un « dio » che predica il successo e il disinteresse
per il mondo concreto in cui si
vive.
Particolarmente toccante è stato l’intervento della sorella Olga
Ganaba, rappresentante della
Chiesa ortodossa russa, che descriveva la preparazione di una
campagna missionaria sul fiume
Volga, organizzata da predicatori scandinavi, svizzeri e anglosassoni per la prossima estate,
che pensano di arrivate in Russia ben fomiti di pacchi dono e
vestiario per i « poveri atei », vittime dell’ex « impero del male ».
Per quanto riguarda le chiese
dell’Europa occidentale... possiamo consolarci, perché non sembra che gli evaiigelici italiani siano poi così « evangelizzatori » :
tutte le chiese fanno i conti con
la secolarizzazione e con le loro
difficoltà a parlare di Gesù Cristo in un mondo che cambia. Così anche le chiese della Gran
Bretagna organizzano concerti
nei templi, le chiese portoghesi
costruiscono case per anziani e
le chiese francesi fanno conferenze per far conoscere il protestantesimo a un paese che crede che l’unica chiesa possibile
sia quella cattolica.
I delegati dei vari paesi hanno
riferito nelle loro relazioni sulle
specifiche attività delle chiese
che rappresentavano, sottolineando le iniziative che le caratterizzano, sia al loro interno che
nei confronti della società: pospossiamo dire che, sotto un certo punto di vista, l’Europa delle
chiese è divisa in tre parti :
1. l’Europa latina, con l’Italia, la Francia e il Portogallo, in
cui la necessità per l’evangelizzazione è parlare di Gesù Cristo
distinguendosi dalla visione tradizionale del cristianesimo, incentrato sulla Chiesa cattolica,
testimoniare la propria fede in
una società dove « tutti » sono
già cristiani, anche se poi ben
pochi sanno davvero cosa questo
voglia dire e ancora meno si
preoccupano di trame delle conseguenze;
2. l’Europa continentale, dalla Gran Bretagna alla Svezia alla
Germania, nella quale il cristianesimo è sempre meno parte del
bagaglio culturale degli uomini
e delle donne, e dove — contemporaneamente — si pone seriamente il « perché » delle differenze. Sicuramente a un italiano
sembra strano che in Gran Bretagna vi siano delle comunità
cattoliche e metodiste che si fondono, o gruppi di chiese riformate, battiste e anglicane che
riescono a imporre al vescovo
cattolico la firma di « patti di
impegno » di evangelizzazione comune;
3. l’Europa ex comunista dove, come abbiamo già detto, il
problema è la sopravvivenza fisica e la difesa della fede dal
nuovo dio del capitalismo, oltre
che il dramma della «caccia» a
chi ha collaborato con il regime
precedente.
Un problema che tutte le chiese europee devono affrontare è
la secolarizzazione, il fatto che
la società moderna si confronta
con vari interlocutori e vari tipi
di modelli, di « valori », non solo
con la religione in generale o il
cristianesimo in particolare. Di
fronte a questo argomento molte chiese e molte comunità sono
tentate di farsi prendere dalla
«nostalgia», dal ricordo di un
tempo passato in cui il mondo
era tutto cristiano e faceva riferimento in maniera più o meno
compatta ad esse. Molto significativa, sotto questo pimto di vista, è stata la scoperta che « indietro non si torna », che il mondo non gira al contrario e che
quindi le chiese non possono fermarsi al passato ma devono
trovare una maniera nuova per
testimoniare Gesù Cristo al
mondo.
Il convegno ha avuto come
punto culminante la discussione
sull’organizzazione di due incontri a livello di comunità che si
svolgeranno nel prossimo autunno: uno in Danimarca — per le
chiese del Nord Europa — e uno
nel sud della Francia, nella zona
di Montpellier, per quanto riguarda le chiese dell’Europa latina, tra il 21 e il 25 ottobre.
L’incontro di Montpellier, al
quale parteciperanno anche alcuni italiani, avrà come tema Le
chiese nell’Europa che cambia e
sarà articolato, in linea di massima su tre giornate a tema:
« La mia comunità, la mia chiesa e le chiese »; « La mia comunità, il mio paese, l’Europa» e
« La mia comunità, l’Europa, il
mondo ».
Gregorio Plescan
COOPERAZIONE E SICUREZZA IN EUROPA
Le chiese
appoggiano la CSCE
Per tre organismi ecumenici occorre riidurre gli armamenti e promuovere i (diritti umani
Appoggio alla linea intrapresa
e suggerimenti operativi sono stati espressi in una lettera aperta ai
capi delegazione degli stati firmatari dell’Atto finale di Helsinki,
in occasione della Conferenza del
Comitato per la sicurezza e la
cooperazione in Europa (CSCE),
da parte di tre grandi organizzazioni ecumeniche: la Conferenza
delle chiese europee (KEK), il
Consiglio delle chiese del Canada
e il Consiglio nazionale delle chiees di Cristo degli Stati Uniti.
Secondo le tre organizzazioni,
la Conferenza (24 marzo-3 luglio
’92, in varie sedi) dovrà pronunciarsi chiaramente contro la corsa agli armamenti, la vendita e la
proliferazione delle armi nucleari
e il corPTTìercio dell^ tccnologi<?
militari. Piena accettazione viene
inoltre richiesta agli stati firmatari della risoluzione dell'ONU de!
dicembre ’91 che istituisce il « Registro degli armamenti convenzionali ».
Sviluppo economico («riunioni
periodiche dei ministri competenti»), ambiente («compartecipazione delle tecnologie per il risparrpio energetico ») e tutela dei
diritti dell'uomo («una priorità
che, insieme all'autodeterminazione, non può essere elusa ») sono tra i temi che le chiese ritengono la Conferenza debba affrontare decisamente.
La lettera, firmata da Jean
Fischer, segretario generale della
Conferenza delle chiese europee,
Bruce Mcleod, presidente del
Consiglio delle chiese del Canada
e da Syngman Rhee, presidente
del Consiglio nazionale delle
chiese di Cristo degli USA, termina esprimendo la consapevolezza dell’imnortanza del comnito
che il CSCE deve affrontare e assicura « le nostre preghiere per
un rinnovamento dello spirito di
giustizia e cooperazione per la
prosperità della terra e dei ^oi
abitanti». (i\nv)
Pena di morte
in Sud Africa
JOHANNESBURG — Il 26 mar
zo il segretario generale del Consiglio ecumenico delle chiese,
Emilio Castro, ha inviato la seguente lettera al presidente del
Sud Africa, F. W. de Klerk, riguardante la decisione del ministero della Giustizia di ripristinare la pena di morte: « E’ con
immensa tristezza che siamo venuti a conoscenza della decisione del ministero della Giustizia
del suo governo di ripristinare
la pena di morte.
La moratoria sulle esecuzioni
adottata dal suo governo nel
febbraio 1990 era stata accolta
con soddisfazione in quanto essa sospendeva l’applicazione della pena di morte e indicava che
il Sud Africa si stava incamminando verso l’instaurazione di
una società più umanitaria.
I risultati del recente referendum hanno affrettato la venuta
del giorno in cui il Sud Africa
potrà vantarsi di avere un governo pienamente rappresentativo ed eletto democraticamente.
Questo processo non dovrebbe
essere ostacolato da azioni giuridiche che non promuovono
l’ideale cristiano del carattere
sacro della vita.
La esortiamo ad esaminare attentamente questa questione, a
sospendere la decisione del ministero della Giustizia di riprendere le esecuzioni, e a mantenere la moratoria fino al momento
in cui questa pratica retrograda
potrà essere abolita, non solo in
Sud Africa ma nel mondo intero ».
(SOEPI)
Delegazione cinese
in visita al CEC
GINEVRA — Una delegazione
di otto responsabili di chiese e
del governo cinese, guidata da
Ren Wu-zhi, direttore dell’Ufficio degli affari religiosi (dipendente dal Consiglio di stato), ha
incontrato, il 16 marzo a Ginevra, diversi membri del personale del Consiglio ecumenico delle chiese.
Una prima visita aveva già
avuto luogo nel maggio 1989.
Questa visita, ha detto Ren Wuzhi, si proponeva di « rafforzare
la mutua comprensione », in particolare sulla questione delle relazioni tra chiesa e stato. Durante rincontro, Ren ha riaffermato che i cristiani e i non cristiani in Cina « godono tutti del
diritto di esprimersi e di formulare le loro lamentele », se lo ritengono necessario.
L’Ufficio degli affari religiosi
riceve spesso lettere da membri di comunità religiose che denunciano violazioni delle clausole costituzionali sulla libertà
religiosa. Il problema, ha detto
Ren, viene da una mancanza di
informazione di alcuni responsabili governativi locali riguardo
alla politica della Cina in materia di libertà religiosa, per cui
uno dei compiti importanti dell’Ufficio degli affari religiosi è di
informare i responsabili locali.
« In un paese così grande — ha
osservato Ren — non possiamo
evitare errori nell’applicare la
nostra politica, ma esaminiamo
le lamentele e rimediamo ai nostri errori appena li scopriamo ».
(SOEPI)
Referendum: cosa
dicono le chiese
JOHANNESBURG — I respon
sabili ecclesiastici sudafricani
hanno accolto con soddisfazione
i risultati del referenaum dei 17
marzo. Tuttavia, per i cristiani
che militano nel movimento ecu
menico in Sud Africa, rimane un
lungo cammino da percorrere
prima di vedere instaurata la democrazia. Infatti, T87% della popolazione sudafricana non è stato autorizzato a partecipare al
referendum.
Il segretario generale del
SACC (Consiglio delle chiese del
Sud Africa), Frank Chikane, ha
dichiarato di aver provato sollievo per i risultati della votazione. Però ha sottolineato che
il referendum ha indicato soltanto il parere della minoranza
bianca. Ha espresso la speranza
che il referendum non venga utilizzato dal Partito nazionale, al
potere, contro altri durante i negoziati, ma serva a fare progredire il processo negoziale « onde smetterla definitivamente con
l’apartheid ».
Si è detto preoccupato del problema della violenza che sta imperversando nel paese. « Finché
non ci sarà un governo provvisorio e un comando misto delle
forze di sicurezza, la violenza
non cesserà », ha precisato.
Il vescovo Wilfrid Napier, presidente della Conferenza episcopale cattolica del Sud Africa, ha
dichiarato che l’impegno di F.
W. de Klerk nei negoziati deve
portare alla democrazia per tutto il popolo sudafricano, e non
servire solo a salvaguardare gli
« interessi settari o quelli di alcuni gruppi ».
Il vescovo anglicano Desmond
Tutu ha riconosciuto che la sua
prima reazione era stata « un
sospiro di sollievo » in quanto
un eventuale voto negativo
avrebbe portato il Sud Africa
« sull’orlo del baratro ». Tuttavia
ha messo in dubbio le parole del
presidente de Klerk che aveva
affermato con fierezza che « il
libro dell’apartheid è chiuso ».
Anche per lui occorre porre fine, prima di tutto, all’« escalation della violenza », perché « anche i più scettici devono oggi
ammettere la presenza di un
elemento criminale nel disegno
delle forze di sicurezza che vogliono rovesciare il corso dei negoziati... Il presidente de Klerk
deve ripulire le forze di sicurezza da questi uomini che rappresentano il passato, con idee e
comportamenti del passato, e
che fanno pesare una grave minaccia sulla pace e sulla libertà ».
Per il vescovo Solomon Serote, della Chiesa evangelica luterana, il risultato « incoraggiante » è « una delle poche buone
notizie che abbiamo sentito ».
Ma ha aggiunto che « prova timori per l’avvenire » (vive a Pietersburg, dove il « no » è stato
maggioritario). Preoccupato dalle reazioni dei gruppi di destra,
si è chiesto se il presidente de
Klerk « sarebbe in grado di contenere questi elementi ».
Il pastore Bongani Finca, della Chiesa presbiteriana riformata, ha definito il referendum
« inutile » ed ha aggiunto che
era stato un « insulto » per la
maggioranza nera in Sud Africa.
« Una consultazione dell’opinione
bianca per sapere se occorre
proseguire il negoziato equivale
a dire che spetta ai bianchi decidere se bisogna accettare o rifiutare». Lo smantellamento dell’apartheid non dovrebbe essere
visto come « un gesto che scaturisce dalla bontà di un compatriota bianco » ma come il risultato di una lunga lotta di liberazione.
Frank Chikane ha espresso la
sua delusione di fronte alle reazioni della comunità mondiale,
che tende a fare di de Klerk
« il salvatore del paese » e a trarre vantaggio « da tutto ciò che
può giustiilcsrs su^ spp'^^‘^’0
al presidente ».
Infine, il vescovo cattolico Napier ha detto: « Penso che il tempo per celebrare deve ancora venire ».
(SOEPI)
9
'24 aprile 1992
Falli valdesi
TRA LUSERNA S. GIOVANNI E TORRE RELUCE
AMMALATI PSICHICI
Un'oasi: tutela e turismo Le famiglie e la 180
Un progetto della Lega per l’ambiente per valorizzare un patrimonio
naturale interessante dal punto di vista della fauna e della flora
Non è un progetto di megaparco quello che potrebbe sorgere nell’area a cavallo fra i
Comuni di Luserna San Giovanni e Torre Pellice, ma è tuttavia
uno dei pochi se non l’unico progetto di salvaguardia e valorizzazione di una fetta di territorio
montano della vai Pellice.
L’origine del progetto risale
al 1989 quando la Comunità
montana, al momento di definire
l’uso possibile di parte dei fondi derivanti dai tesserini dei funghi, ipotizzò di coinvolgere le associazioni ambientaliste in un
intervento di valorizzazione ambientale.
Si parlò di un’« oasi naturalistica » che comprendesse (gli
esatti confini non sono ancora
definiti e devono tener conto di
molti elementi, in primis le attività umane esistenti) parte del
territorio sui versanti est ed
ovest nella zona del Colletto, in
pratica la parte bassa dello spartiacque fra la vai Pellice e la
vai Luserna.
Ora il progetto è stato definito nelle sue linee essenziali; ne
parliamo con Renato Aimand
Hugon, responsabile della Lega
per l’ambiente della vai Pellice.
« L’area è interessante sia dal
punto di vista faunistico che della flora; si presterebbe iri modo
particolare all’individuazione di
percorsi didattici per le scuole,
ma nulla esclude che possa essere usufruita anche da famiglie
o gruppi. ■ ....
Da una proposta iniziale in
cui l’area tutelata era abbastanza limitata nell’ampiezza siamo
passati a considerare una zona
assai più ampia, fino ad interessare anche il Comune di Torre
Pellice.
Perché questo ampliamento fino a Torre Pellice?
« Dobbiamo tener conto di al
liberazione
meno due elementi; anzitutto
vorremmo offrire strade di accesso in punti diversificati per
evitare concentramento di mezzi (auto in particolare) in un
solo punto. In secondo luogo non
vogliamo dimenticare che nella
zona dell’Albertenga esiste da
anni un "percorso vita" notevolmente sottoutilizzato in quanto
privo di un minimo di infrastrutture tipiche di un’area attrezzata (tavoli, panchine, acqua potabile, pattumiere, servizi igienici -ecc.). Quest’area, dotata di
servizi, si collocherebbe molto
bene con l’oasi naturalistica fornendo anche un punto adatto
ad essere utilizzato per ristoro.
Non dimentichiamo poi che lo
stesso tracciato ferroviario offre,
non lontano dalla zona del progetto, due stazioni privilegiando
anche un utilizzo ecologico dell’area ».
Come dovrebbe caratterizzarsi
l’oasi?
« La funzione, oltreché ricreativa, dovrebbe essere specialmente
didattica; sono quindi da predisporsi tabelloni illustranti le caratteristiche del luogo, sotto il
profilo dell’habitat, della flora
e della fauna. Si possono ipotizzare alcune strutture elementari
quali panche, cestini o fontane.
Un aspetto particolare dovrebbe
essere dato dalla costruzione di
covatoi, nidi artificiali, capanne
di avvistamento per consentire
l'individuazione degli animali ».
Questo fa supporre la chiusura della zona all’attività venatoria...
« La pratica della caccia è ovviamente inconciliabile con le finalità dell’oasi ed anche per una
reale e sicura fruibilità del percorso; tale divieto dovrebbe essere sufficientemente esteso, anche se l’area andrà ancora ben
valutata. In ogni caso si dovranno avviare pratiche di tipo amministrativo che coinvolgono non
solo i Comuni ».
Quando si sente parlare di
’’oasi” c’è sempre chi si preoccupa (i proprietari) di non poter
più compiere le proprie attività liberamente; cosa suggerite
per questo progetto?
« E’ chiaro che il territorio andrà valorizzato mantenendo però le caratteristiche del bosco,
del suolo ecc; proponiamo delle norme che in realtà possono
per lo più essere considerate
come delle raccomandazioni agli
imprenditori agricoli per una collaborazione nell’interesse di tutti ».
L’estensione a Torre Pellice del
progetto oasi, la creazione di
Un vero e proprio percorso ad
anello facilmente raggiungibile
dalla ferrovia, lasciano intrawedere possibilità di iniziative di
turismo legato all’ambiente. Questo incontra il favore delle amministiazioni locali? Saranno
possibili alcuni interventi per
stmtture?
« L’amministrazione di Torre
Pellice — dice l’assessore all’Ambiente, Granerò — è interessata
alla valorizzazione dell’area dell’Albertenga, su cui un tempo
c’era una discarica poi bonificata. Il percorso verde non è molto utilizzato, per cui un miglioramento sarebbe auspicabile. Attrezzare l’area anche per il picnic
sarà possibile con l’estensione
all’Inverso dell’acquedotto e dunque con la facilità di collocare
anche delle fontanelle usufruibili da tutti. Più in generale un
turismo legato alle risorse del
territorio va considerato di indubbio interesse ».
Presente la famosa ’’volontà
politica”, in attesa delle risorse
economiche, il progetto oasi potrebbe essere un capitolo riuovo
di gestione attiva del turismo,
con proposte semplici rna concrete in sostituzione dei fiumi
di auto che domenicalmente invadono medie e basse valli.
Piervaldo Rostan
Iniziative
TORRE PELLICE — Fra le
manifestazioni per ricordare la
Liberazione sabato 25 aprile, in
località Rio Cros, dove il 3 febbraio 1944 avvenne un episodio
che vide un gruppo di partigiani fermare le truppe fasciste,
verrà inaugurato un monumento
voluto in particolare dalla Comunità montana vai Pellice.
L’inaugurazione, con orazione ufficiale di Poulucciu Pavout, avverrà alle ore 11; in precedenza
altre cerimonie si svolgeranno a
Bobbio Pellice, ore 8,45 e Villar
Pellice, ore 9,45,
TORRE PELLICE — La sezio
ne vai Pellice dell’Associazione
partigiani, in collaborazione con
quelle di Luserna San Giovanni
e di Pinerolo e con gli amici di
San Germano Chisone, organizza per sabato 23 maggio 1992
una gita in autopullman a Gragnana, in provincia di Massa
Carrara, paese natale del martire per la libertà Jacopo Lombardini.
A Carrara ci sarà un incontro
con i compagni partigiani della
locale sezione ANPI e quindi visita, nella frazione di Gragnana,
alla casa natale di Jacopo Lombardini.
Il prezzo, comprensivo di viaggio e pranzo, è stato fissato in
L. 55.000. Le prenotazioni, accompagnate da una caparra di L.
20.000, si ricevono presso i direttivi ANPI di Torre Pellice e Luserna San Giovanni e presso Vivi Jahier a Pinerolo (tei. 73398).
Per motivi organizzativi le prenotazioni si chiuderanno improrogabilmente il 30 aprile 1992.
REGIONE PIEMONTE
I conti delle USSL
A fronte di una richiesta effettuata dalle Regioni per la spesa sanitaria nel 1992 di 97.000
miliardi, il governo ne ha stanziati 80.000; per la Regione Piemonte la cifra è di 6.009 miliardi rispetto ai 6.900 richiesti.
Nel mese di luglio 1992 si aprirà una nuova trattativa tra Regioni e governo per stabilire il
reale fabbisogno per l’intero anno, tuttavia la partecipazione a
tali trattative e la prospettiva
di uiteriori assegnazioni resta
drasticamente subordinata per le
singole Regioni all’aver nel frattempo attivato tutte ie misure
possibili finalizzate al contenimento delle spese.
La riduzione dei fondi, che resta comunque un fatto obbligato, non riguarda in modo automatico tutti gli ospedali e tutte
le USSL: non verranno cancellati servizi utili per l'utenza, ovvero l’obiettivo dell’assessorato
alla sanità non è soltanto quello di spendere meno ma di spendere meglio.
« Anche la spesa farmaceutica
— dice l’assessore regionale Maccari — andrà rivista; oggi spendiamo attorno alle 250.000 lire
annue prò capite».
Per il personale la manovra
assegna alle USSL la responsabilità di individuare le assunzioni assolutamente indispensabili
da effettuarsi per il 1992 nella
misura massima del 25% di co
pertura rispetto ai posti resisi
vacanti nel 1991. Evidentemente,
viene fatta saiva la possibilità
di assumere infermieri professionali, considerata l’attuale carenza. Inoltre, rispetto alla spesa
per l’assistenza farmaceutica si
tiene conto delle assegnazioni,
anzitutto del tasso di anzianità
della popolazione, che rappresenta pur sempre un indicatore
signiflcativo.
Cinema
Si chiama DI.A.PSI.GRA., ovvero difesa ammalati psichici
gravi, ed è un’associazione nazionale nata nel 1981 a Roma, tre
anni dopo l’approvazione della
legge 180, che sanciva la chiusura dei manicomi sul territorio
nazionale.
L’associazione, fondata da Anna Rosa Andretta, si propone tra
i suoi scopi principali la sensibilizzazione dell’opinione pubblica a favore di una modifica della legge 180, promuove le condizioni necessarie affinché gli ammalati psichici gravi ricevano
un’assistenza adeguata e si sforza di tutelare ì loro diritti e far
da supporto alle famiglie.
In questo senso le varie sedi
della DI.A.PSI.GRA. svolgono varie attività legate alle diverse necessità locali; cosi per esempio
offrono aiuti e indirizzi in campo medico, fanno da tramite tra
gli ammalati e i servizi, si occupano di divulgazione scientifica. A livello nazionale l’associazione fa parte di consulte sui
problemi dell’handicap e dell’assistenza, inoltre ha svolto conferenze e incontri di formazione sulla malattia mentale. Di recente la DI.A.PSI.GRA. ha anche
pubblicato alcuni opuscoli diretti alle famiglie che si trovano
ad affrontare il problema della
malattia psichica e fungono da
informazione e da sostegno.
A Torino la sede locale della
DI.A.PSI.GRA. ha organizzato
nel corso del suo primo anno
di vita un ciclo di dieci conferenze e un corso di formazione
volontaria in ambito psichico
presso l’ospedale Mauriziano.
In Piemonte esistono attualmente cinque sedi locali dell’associazione e di recente si è creato un gruppo di lavoro anche a
Torre Pellice. Gli incontri hanno luogo il primo mercoledì di
ogni mese presso il Centro di
incontro del municipio, alle ore
20,30.
« La malattia mentale — scrive
Carla Soldi nella ’’Guida per le
famiglie” pubblicata a cura della DI.A.PSI.GRA. — non è sempre guaribile ma può migliorare ed essere contenibile. Non si
deve confondere il malato mentale con l’handicappato psichico,
il ritardato mentale o il cerebroleso. La malattia va diagnosticata il più presto possibile e vi si
deve porre rimedio in tempo utile onde evitare un progressivo
deterioramento ».
In questo senso allora l’associazione per l’aiuto agli ammalati psichici gravi si propone come un importante interlocutore
di fronte alle necessità, spesso
ignorate o sottovalutate, di familiari ed ammalati. E questi
ultimi, molto più numerosi di
quanto si creda — sono infatti
secondo le ricerche della DI.A.
PSI.GRA. circa 500.000 in Italia
e 40.000 in Piemonte — sono
spesso in condizioni disperate,
non sanno a chi chiedere aiuto
e si rischia di accorgersi di loro
solo quando diventano protagonisti di episodi di violenza e aggressività.
Dal 1990 l’Associazione fornisce una polizza assicurativa per
i suoi soci con le Assicurazioni
Generali, che può anche essere
estesa per assicurare operatori,
accompagnatori e malati ricoverati nei servizi psichiatrici.
Per chiunque fosse interessato
a contattare l’associazione ricordiamo che la sede regionale per
il Piemonte si trova a Torino,
in via Accademia delle scienze
7, tei. 011/531857. ’
C. M.
Cantavalli —
VILLAR PEROSA — Per la rassegna
musicale Cantavalli », sabato 25 aprile, ore 21 nella palestra comunale, si
esibirà il gruppo brigali pi ramasse
bourié, musica per strumenti vegetali
e di recupero.
____________Concerti_______________
LUSERNA SAN GIOVANNI — Venerdì 24 aprile, nella chiesa di S. Giacomo, si svolgerà un concerto sul tema: « L’organo, il canto e gli strumenti soiisti »: organisti Guido Oddenino
e Renato Pizzardi, soprano Cristina Cogno, basso Riccardo Bertalmio, violino
Daniela Godio, tromba Gianluigi Petrarulo. Inìzio ore 21.
Manifestazioni
BOBBIO PELLICE — A distanza di
vent’anni riprende, domenica 26 aprile,
la « festa di primavera »; si svolgerà
in località circonvallazione e prevede
momenti di gioco, sfilate e carne alla griglia. L'organizzazione è del gruppo «La gure matte », costituitosi di
recente anche per riscoprire le manifestazioni popolari tradizionali.
Teatro
TORRE PELLICE — Sabato 25 aprile,
alle ore 21, presso il salone Opera
gioventù di via al Forte, la compagnia teatrale « La trebisonda » presenterà lo spettacolo « Marna mia, mi
veuj marieme ».
POMARETTO — Venerdì 24 aprile,
ore 21, Paola Borboni sarà al cinema
Edelweiss per presentare « lo e Pirandello »; voce fuori campo di Nando
Gazzolo.
TORRE PELLICE — Il cinema Trento
ha in programma: venerdì 24 aprile,
ore 20 e 22,10, « Point break »; sabato 25, ore 20,10 e domenica 26, ore
16 e 18, « La favola del Principe Schiaccianoci »; il 25, ore 22,10 ed il 26,
ore 20 e 22,10, «Cape Fear; il promontorio della paura ».
PINEROLO — L'Hollywood ha in
programma, fino a martedì 28 aprile,
« Mediterraneo »; feriali ore 20,15 e
22,30; domenica ore 14,15, 16,15, 18,15,
20,15, 22,30.
Al Ritz, fino a lunedì 27, « Analisi
finale»; orario: feriale 20 e 22,15; domenica 15, 17,30, 20 e 22,15. Mercoledì 29 e giovedì 30, « Urga, territorio
d'amore»; orario: 19,50 e 22,15.
L’Italia ha in programma « Beethoven »; feriali ore 20,30 e 22,20; venerdì ore 20,30 e 22,30; sabato e domenica ore 14,30, 16,30, 18,30, 20,30, 22,20.
>Lainpogas
;lù+pylilo
liAGENTE NE PAREA?
EAMPOGAS ne PROUUCE !!
LAMPOGAS PIEMONTESE SRL MONCAUERI fTO)
CORSO TRIESTE
^Otl-6965571/2 I PICCOLI SERBATOI E BOMBOLE AD USO
mi-6965S73 ¡CIVILE, INDUSTRIALE ED AGRICOLO
10
10 valli valdesi
24 aprile 1992
René sapeva il perché
XXV APRILE
XXV aprile. Nei paesi delle valli si ricorda la «liberazione ». Si va — sempre più in pochi — al corteo, si ricordano episodi di vita partigiana, si guarda preoccupati all’oggi, alle proposte di 11 Repubblica, si ascoltano le autorità, si va al pranzo. Così la
società civile delle valli ricorda la Resistenza che
qui è stata particolarmente importante. Resistenza
che sarebbe sbagliato definire «valdese», ma a cui
i valdesi hanno dato un contributo decisivo. Tra i
« valdesi » che hanno contribuito alla lotta di liberazione vi era René Poèt, contadino dei Chabriois e
diventato dal settembre ’43 all’aprile ’45 comandante
del gruppo dei « ventuno » (così chiamato dal numero dei primi aderenti nel settembre del ’43). René
è morto, a 78 anni, il 12 marzo scorso a Colonia Vaidense, dove era emigrato nel dopoguerra per ragioni
di lavoro. In questo XXV aprile lo vogliamo ricordare qui come «uno che ha fatto il suo dovere» per
dare a noi tutti la libertà sancita dalla Costituzione.
La notte del 12 marzo si spegneva in Uruguay, a Colonia Vaidense, René Poèt, agricoltore
valdese e, per usare le parole di
Donatella Gay Rochat, « tipico
comandante partigiano, profondamente antimilitarista, dotato
di eccezionale ascendente, di idee
chiare, coraggio, rettitudine ed
equilibrio »*.
René Poèt nacque a Torre Pellice il 15 dicembre 1914, sestogenito di una famiglia numerosa
residente ai Chabriois. Aveva
dunque ventinove anni quando,
subito dopo T8 settembre 1943,
costituì insieme a venti compagni il Gruppo dei ventuno. Questa formazione partigiana di Giustizia e Libertà crebbe fino a
comprendere una trentina di uomini che svolsero sempre un ruolo di punta nella Resistenza contro i nazifascisti in vai Pellice,
distinguendosi per compattezza
e attività. René Poèt guidò il suo
gruppo nella prima azione militare partigiana in vai Pellice,
l’attacco condotto nella notte fra
TI e il 2 dicembre 1943 contro la
caserma di Bobbio.
L’edificio fu esipugnato definitivamente due mesi più tardi, la
notte del 3 febbraio 1944; una
data importante perché da quel
momento le autorità tedesche e
repubblichine rinunciarono a
porre un nuovo presidio a Bobbio Pellice: l’intera valle, fino a
Torre Pellice, rimase sotto il controllo delle formazioni di Giustizia e Libertà, fatto salvo il periodo dei rastrellamenti iniziati
il 21 marzo e conclusi il 16 aprile. Dopo il lancio aereo di armi e
materiale effettuato dagli angloamericani nella notte fra TU ed
il 12 giugno 1944, René Poèt diresse il centro di addestramento
del Pra. Inoltre svolse frequentemente la funzione di pubblico
ministero nei tribunali partigiani
nati nelTinvemo 1943-1944. Nel
1945 gli venne affidato il comando della 1“ Brigata vai Pellice
”Peo Regis”, una delle quattro
brigate che componevano la V
Divisione alpina ’’Sergio Toja” di
Giustizia e Libertà.
La Svizzera
e l’Uruguay
René Poèt non si diede mai
alla politica e non fu neanche
membro del Partito d’Azione. Subito dopo la Liberazione consegnò le armi, ritornò alla vita civile e decise di emigrare a Ginevra, dove prestò la sua opera in
una casa di riposo fino al 1951:
prima della guerra aveva già
avuto un’esperienza di lavoro all’Ospedale valdese di Torino. La
terra era poca e la famiglia numerosa, e nel 1952 René decise di
emigrare in Uruguay con la moglie, Margherita Bouissa, che
avrebbe insegnato al Liceo di Colonia Vaidense. René lavorò come agricoltore e, col tempo, acquistò dei terreni che coltivò a
vigna e frutteto, costruendovi
anche una casa. Nel corso dei
quarant’anni trascorsi in America compì quattro viaggi in Italia: nel 1974, nel 1980, nel 1987 e
nel 1991.
La sua figura di uomo giusto
e di combattente per la libertà,
al tempo stesso antimilitarista e
fondamentalmente pacifista, che
non coltivò mai alcun tipo di ambizione politica, è a mio vedere
di eccezionale interesse ed anche
di grande attualità. E’ infatti un
modello che esprime una concezione morale ed una visione democratica del mondo estremamente lontane dal modello parti
tocratico, vociferante ed arrivista che caratterizza il sistema
politico italiano mezzo secolo dopo gli avvenimenti a cui Poèt
prese parte. Per cercare di capire
la sua figura e collocarla meglio nel contesto di un periodo
che fu cruciale nella storia delle
Valli e del paese, è di notevole
interesse la testimonianza di Roberto Malati, comandante e commissario politico della V Divisione Giustizia e Libertà, amico e
compagno di lotta di René.
— Potresti integrare Timmagine che si può ricavare da quanto
affermato sopra formulando un
giudizio che fornisca ima visione
più completa dell’uomo René
Poèt? E, innanzitutto, quali ideali incarna secondo te la sua fi.gura?
— Parlare di René significa per
me parlare di un amico, una parola oggi fortemente inflazionata.
La nostra era una di quelle amicizie che si contano sulla punta
delle dita di una mano e che durò cinquant’anni. Dovendo esprimere un giudizio sulla sua personalità, direi che René Poét era
il rappresentante di quella abba
orgamzzazione e coordinamento
della Resistenza in vai Pellice.
-— Ricordi degli episodi specifici che illustrino la sua coscienziosità?
— Ricordo che nella circostanza piuttosto delicata di dovere
procedere ad una ridistribuzione
dei comandi in vai Pellice, René
espresse un giudizio assolutamente franco e leale sull'operato
di un collega, che era allora anche il suo migliore amico, senza
indulgere a favoritismi di alcun
genere. Nella primavera del 1944
ci fu poi un momento particolarmente difficile, quando il prefetto di Torino, Zerbino, convocò i
pastori della Valle ed i professori del Collegio valdese.
Li minacciò di inviare cinquecento ucraini (i famigerati « mongoli ») a mettere a ferro e fuoco
la vai Pellice, e perfino di bombardarla con l’iprite, se le famiglie non avessero consegnato i
giovani renitenti alla leva, che si
trovavano nascosti e venivano ad
ingrossare le file dei partigiani.
In tale occasione alcuni pastori
cercarono di indurre le famiglie
a convincere i loro figli a presen
René Poét al Barbara nel luglio del 1987 con la moglie ed un nipote.
stanza rara dote che è l’onestà
intellettuale, il che significa per
me innanzitutto il non raccontare bugie a se stessi. Tale onestà intellettuale mi sembra essere una delle caratteristiche più
positive, direi vincenti, del valdismo laico. Io vedo in René, rispetto al valdese operaio o intellettuale, quei valori che immagino abbiano caratterizzato specificamente il valdismo sin dalle
origini. La sua onestà intellettuale riposava su una saggezza antica.
— Era religioso?
— René era credente ma, come ho detto prima, un credente
laico, cioè non « clericalizzato ».
—Cosa lo spinse ad imbracciare le armi?
— Il fatto che il regime fascista costringeva i giovani italiani
a fare la guerra contro coetanei
stranieri, in particolare i francesi
del Queyras, con i quali gli abitanti della vai Pellice erano tradizionalmente in buoni rapporti.
Comunque l’8 settembre si trattava di scegliere. Nei giorni che
seguirono René scelse, come ovvia e naturale, la strada della
Resistenza.
— In quali circostanze lo conoscesti?
— Subito dopo l’8 settembre,
appena iniziato il mio lavoro di
Le qualità di
comandante
contro con i partigiani perché
era ansioso di evitare un intensificarsi dei combattimenti: desiderava infatti un periodo di riposo per le sue truppe, che provenivano dal fronte russo, e voleva dimostrare la sua buona volontà. Penso che fu questo il motivo per cui ottenni la liberazione
degli uomini e la restituzione del
materiale, e perfino le scuse a
quel « povero contadino »... che
era René Poét. Pretesi e ottenni
inoltre di controllare come i prigionieri erano stati trattati, e ricordo che in quell’occasione René
finse uno sguardo così beota
che, a pensarci oggi, mi fa ancora stupire della nostra capacità di
adeguarci alla situazione del momento.
Uno spirito
antimilitarista
— Puoi citarmi un episodio
che dimostri l’antimilitarismo di
René?
— Dopo la Liberazione dovetti
fare pressioni enormi per indurlo
ad andare a sfilare a Torino con
tutte le altre formazioni partigiane del Piemonte. Non ne voleva
assolutamente sapere, ma alla fine acconsentì, suo malgrado. Il
Gruppo dei ventuno sfogò il suo
malumore sfilando disordinatamente e René passò alla mia altezza saltellando e lanciando il
grido di guerra dei pellirosse.
Considerava ridicolo e quindi ridicolizzava quel genere di manifestazioni. Non c’è da stupirsi
che, pur avendo prestato il servizio militare nell’artiglieria alpina,
non frequentasse l’Associazione
(g-g-)
alpini di Colonia Vaidense: gli dava fastidio il fatto che in quell’associazione ci fossero anche alcuni nostalgici.
— Come visse il periodo della
dittatura militare in Uruguay?
— Simpatizzava per gli studenti e condannava i metodi violenti della polizia. Assistette persone in difficoltà ed è probabile
che, data la situazione, fosse
preoccupato anche per la sua famiglia.
— Che giudizi esprimeva sulla
situazione italiana durante i suoi
soggiorni in Italia?
— Non si trovava a suo agio:
non capiva perché gli italiani si
lamentino sempre, quando le condizioni materiali sono molto migliori in Italia che in Uruguay
dove, in confronto, c’è una semplicità di vita molto maggiore.
L’anno scorso, in occasione del
suo ultimo soggiorno in vai Pellice, pranzammo insieme con una
ventina di amici alle Sonagliene.
Durante la conversazione, che
inevitabilmente riguardò la politica italiana, alcuni di noi erano
al limite del domandarsi se valeva la pena aver fatto la Resistenza. René rispose pressapoco con
queste parole: « Quello che noi
abbiamo fatto allora l’abbiamo
fatto non per noi stessi, non per
stare meglio, ma perché era giusto e doveroso farlo... Il fascismo
era una calamità, il male...».
René sapeva il perché.
Erberto F. Lo Bue
^ Donatella Gay Rochat, La resistenza nelle Valli valdesi, Torino, Claudiana, 1969, p. 40.
GLI ANNI DELL’URUGUAY
tarsi alla chiamata. René fece un
discorso chiaro e al tempo stesso
pragmatico ai ragazzi che volevano aggregarsi al suo gruppo. Disse loro che non era il caso di scatenare una guerra tra padri e figli all’interno delle famiglie: consigliò loro dunque di presentarsi
alla chiamata, ma di prendere
poi le armi e di scappare. E così
fecero molti di loro.
Una vita semplice
Non parlò del suo passato se non in un’intervista al « Mensajero » - Una lezione per tutti
— Quali erano le sue doti di
comandante?
— Capacità di riflessione e
prontezza di riflessi, unite a un
grande autocontrollo. A tale proposito ricordo un episodio in particolare. Il 18 febbraio 1944 René
era stato catturato dai repubblichini mentre accudiva, disarmato, al trasporto di una motocicletta su una slitta trainata da
un mulo: c’era molta neve. Poco
dopo un’altra pattuglia della milizia tese un’imboscata, ferendo
mortalmente un partigiano e catturandone altri due, mentre io
ero riuscito a mettermi in salvo
fuggendo lungo il fiume Pellice.
A quel punto decisi di accettare
la richiesta rivoltaci dal generale
Hansen, comandante della brigata Alpinjàger SS, giunta pochi
giorni prima in vai Pellice.
Hansen aveva chiesto un in
E’ morto René Poèt; il suo
cuore ha detto basta. La notizia
è arrivata così, semplicemente,
come semplice è stata la vita di
René Poèt in Uruguay. Un italiano emigrato nel dopoguerra
che si era stabilito a Colonia
Vaidense.
René non ha mai parlato del
suo passato, neanche a chi glielo chiedeva. Non aveva sepolto
i suoi ricordi, ma essi facevano
parte di quello che diceva e faceva. Solo nel 1989, in un’intervista pubblicata sul ’’Mensajero
Vaidense” e realizzata da Mireille Gilles, abbiamo potuto capire
di più della sua vita, una vita
posta al servizio della giustizia
e della libertà.
Si, René quando è stato il momento ha saputo dare una testimonianza chiara di impegno che
ritroviamo in queste parole:
« Contadino valdese dei Chabriois, partigiano, comandante
del gruppo dei ’’ventuno”, poi
della Brigata Valpellice » (Donatella Gay Rochat, La resistenza
nelle Valli valdesi, Torino, Claudiana, 1969, pag. 199).
Non è necessario saperne di
più. Il ’’vicino” di Colonia Vaidense se n’è andato senza far
rumore, come era venuto, ci ha
detto tutto senza parlare molto.
Ci ha detto l’essenziale: in questa vita vale la pena di rischiare
tutto per la giustizia e la libertà. Quando arriva il momento
puoi farlo perché siamo giustificati davanti a Dio per fede e
non per le opere.
Fatto il suo dovere, senza vantarsi, René ha ricominciato la
sua vita con Margherita Bouissa, ’’vicino” dei Malan, dei Sibille, dei Costabel e di Ana Maria
Rubens, lei ’’tedesca” con una
sua ’’storia”. Margherita al Liceo di Colonia Vaidense e René
con le sue piante: una vita semplice.
Così è vissuto in mezzo a noi
con la sua grande mano aperta
e il suo sorriso. Guardandolo
non si poteva non pensare che
quest’uomo era qualcosa di più
di un semplice contadino dei
Chabriois. Non so se la signora
Clotilde Gönnet Baridon sapesse
chi fosse René quando garantì
per lui, perché potesse venire.
L’autore della lettera agli Ebrei
dice: « Non dimenticate l’ospitalità; perché praticandola alcuni,
senza saperlo, hanno albergato
degli angeli ».
Eduardo Galeano ha scritto
una volta: « In questo benedetto paese, quando muore un vecchio muore una biblioteca ». Voglio dire: non abbiamo memoria, non sappiamo valorizzare
chi ci sta accanto fin quando
non lo perdiamo. Galeano ha ragione, « non sappiamo che abbiamo albergato gli angeli».
Carlos Delmonte
11
24 aprile 1992
lettere 11
« SCUSATEMI, NON
HO PIU’ FIDUCIA »
Nel migliaio circa di schede che abbiamo aperto nella nostra sezione elettorale una merita, mi pare, un più
vasto pubblico, anche se ovviamente
abbiamo dovuto annullarla. Su tutta la
larghezza della scheda, in lindo stampatello, spiccava questo messaggio:
« Scusatemi, ma non ho più fiducia ».
Sarò un'incorreggibile ingenua, ma vorrei che questo timido, cortese rimprovero raggiungesse i nostri rappresentanti delle passate legislature (e della
pubblica amministrazione a tutti i livelli), che hanno fatto, o lasciato, morire la fiducia di questo sconosciuto
e di tanti altri con lui.
Ma dovrebbe suscitare il rimorso anche di noi elettori, che troppo spesso
ci siamo limitati a votare e poi, non
come cittadini ma come sudditi passivi abbiamo subito, accontentandoci di
brontolare, l'arroganza di chi comanda.
E oggi facciamo sentire questa voce
di accorata protesta alle persone che
abbiamo appena elette, impegnandoci
a controllare il modo in cui adempiranno il loro mandato, per smentire il
vecchio Giusti che più di un secolo
fa scriveva: « E tutto si riduce, a parer mio, / a dir: Va' via di lì, ci vo
star io ».
Ma vorrei soprattutto ringraziare
l'elettrice sconosciuta (non so perché,
ma ho l'impressione che sia una donna) per il suo messaggio.
La sua fiducia non è ancora morta,
c'è ancora una piccola speranza, se
in quella grigia e fredda giornata di
pioggia ha sentito il dovere di uscir
di casa e di venire a compilare la
sua scheda, a dire la sua delusione
di fronte a tanti elenchi di nomi e a
così pochi impegni concreti di proigrammi precisi da realizzare al più presto.
Rinunziando alle facili illusioni che
tutto cambierà, continuiamo a darci da
fare perché almeno qualche cosa cambi.
« Un fiammifero basta ad appiccare
un incendio o ad accendere una luce.
Tutto dipende dall'uso che ne facciamo ».
Una scrutatrice
LA CHIUSURA DEGLI
UFFICI POSTALI
Caro Direttore,
la notizia della progettata chiusura
degli uffici postali in molti piccoli Comuni delle Valli è tale da richiedere
una vasta campagna di stampa e una
mobilitazione delTopinione pubblica,
non meno che al tempo del progetto
di eliminare il treno Pinerolo-Torre Pollice. La posta è uno di quei servizi
(come la luce, il telefono, le strade)
che dev'esserci dove sono i cittadini,
anche nei piccoli Comuni — e forse
anche nelle principali frazioni non capoluogo.
Mi chiedo se il direttore provinciale delle Poste abbia soppesato bene
i disagi che arreca alla parte più debole (anziani, infermi, non abbienti)
obbligandoli a spostarsi di molto per
trovare un ufficio postale.
Eppure esistono soluzioni alternative da studiare: per esempio, l'apertura a tempo parziale, che consentirebbe al medesimo personale di presidiare la mattina un ufficio e il pomeriggio un altro. Alternando eventualmente anche i giorni pari e dispari
si potrebbe arrivare fino a quattro uffici con lo stesso personale.
Altra possibilità: l'affidamento dì
piccole ricevitorie postali ad esercizi
commerciali esistenti, come avviene
per esempio in Gran Bretagna. Se le
cose non sono cambiate, fino a poco
tempo fa si poteva trovare una « posta » presso una cartoleria, una profumeria, persino un barbiere.
L'importante è che il servizio pubblico sia vicino ai cittadini, piuttosto
che prevedere gli spostamenti dei cittadini per inseguire i servizi pubblici.
Bruno Corsani, Roma
ESSERE E AVERE:
VORREI CAPIRE
Spett.le redazione,
mi riferisco all'articolo « Cultura dell'essere, cultura dell'avere » a firma
Rita Gay apparso sul n. 11 del 13.3.'92
in merito al processo Maso.
Su cosa si intenda per cultura dell'avere siamo, credo, tutti d'accordo:
è sostanzialmente l'ideologia consumista, edonista, egoista, ecc. dominante.
Certo si potrebbe discuterne e sottilizzare ma non mi sembra qui il caso.
Chiedo invece ed avrei piacere che
Rita Gay rispondesse in forma sintetica: che cosa è la cultura dell'essere?
Provo intanto a farlo io: è un modo di rapportarsi agli altri ed a se
reco
delle valli valdesi
settimanale delle chiese valdesi e metodiste
Redattori: Alberto Corsani, Luciano Deodato (vicedirettore), Giorgio Gardiol (direttore). Carmelina Maurizio, Jean-Jacques Peyronel, Piervaldo Rostan.
Comitato editoriale: Paolo T. Angeleri, Mirella Argentieri Bein, Claudio
Bo, Alberto Bragaglia, Franco Carri, Rosanna Ciappa Nitti, Piera Egidi,
Adriano Longo, Emmanuele Paschetto. Roberto Peyrot, Sergio Ribet,
Mirella Scorsonelli.
Collaboratori: Daniela Actis (segreteria), Mitzi Menusan (amministrazione) Stello Armand-Hugon, Mariella Taglierò (revisione editoriale).
\/la Arnaud. 23
10066 Torre
Stampa: Coop tipografica Subalpina
Pelline - teleiono 0121/91334
ReglstrazIoiM: Tribunale di Pinerolo n. 175. Respons. Franco Giamplccoll
REDAZIONE e AMMINISTRAZIONE: via Pio V. 15 ■ 10125 Torino telefono
011/655278, FAX 011/657542 — Redazione valli valdesi: via Repubblica, 6 - 10066 Torre Pelllce - telefono 012V93^166. __________
Registro nazionale della stampa: n. 00961 voi, 10 foglio 481___________
EDITORE: A.I.P. ■ via Pio V, 15 - 10125 Torino - c.c.p. 20936100
Consìglio di amministrazione: Roberto Peyrot (presidente), Silvio ReveI
(vicepresidente), Paolo Gay, Marco Malan, Franco Rivoira (membri).
abbonamenti 1992
Italia
Ordinario annuale
Semestrale
Costo reale
Sostenitore annuale
Da versare sul c.c.p. n. 20936100 Intestato a A.I.P.
10125 Torino
L. 52.000 Ordinario annuale
L. 27.000 Ordinario (vìa aerea)
L, 75.000 Sostenitore
L. 90.000 Semestrale
Estero
L. 85.000
L. 150.000
L. 170.000
L 45.000
via Pio V. 15 ■
INSERZIONI
Pubblicità commerciale: L. 30.000 per modulo mm. 49 x 53
Economici; L. 500 ogni parola
Partecipazioni personali: L. 550 ogni parola
Mortuari: L 600 ogni mm. di altezza, larghezza 1 colonna
Ricerche lavoro: gratuite. Se ripetute, dalla seconda L. 500 ogni parola
Finanziari, legali, sentenze: L. 800 ogni parola
Prezzi non comprensivi dell'IVA
FONDO DI SOLIDARIETÀ’: c.c.p. n. 11234101 intestato a La Luce, via
Pio V, 15 - 10125 Torino
Amministrazione del fondo; Maria Luisa Barberis. Renato Coìsson, Roberto Peyrot
stessi non a partire da ciò che sì
ha ma da ciò che si è. Può andare?
Forse è un po' semplicistico ma penso che si intenda qualcosa del genere. Ebbene, siamo proprio sicuri che
questa cultura dell'essere sia migliore
e altra rispetto a quella deH'avere?
Non so che età abbia Rita Gay ma
forse ricorda un decennio, gli anni Settanta, che fu dominato dalla cultura
dell'essere: essere di destra o di sinistra appunto. In base a quella rìgida distinzione ci sì vestiva in un
certo modo, si frequentavano certi locali, si leggevano certi libri o riviste
e non certi altri, insomma si orientavano i propri consumi in modo diverso. Guanto alle relazioni umane;
quelli dì destra stavano con quelli di
destra e quelli di sinistra con quelli
di sinistra. Di più: portata alle estreme conseguenze quella cultura originò terrorismo nero e rosso. Sangue,
morti, la vita civile del paese imbarbarita, ecc.
Anche la cultura dell'essere sì rivela allora una cultura di possesso: il
geloso possesso di una identità che
non si è disposti a mettere in discussione e a confrontare con gli altri.
Non è che forse i credenti dovrebbero sforzarsi di vivere e promuovere
una cultura della relazione e della disponibilità (una cultura deH'amore) che
non parte da certezze né giunge mai
ad acquisizioni definitive ma che nella relazione con l'altro (chiunque sia)
si evolve, si arricchisce ed inevitabilmente si modifica? Cosa ne pensa Rita Gay? Vorrei capire.
Pierguido Vìterbi, Milano
VILLA OLANDA:
RIPENSIAMOCI
Ho letto anch'io sul n. 13 il comunicato della Tavola valdese, che mi è
parso strano (anche se personalmente
non ho alcun dubbio che il nostro ente si sia seriamente preoccupato).
La decisione della Tavola mi amareggia e mi sorprende. Già lo stesso
stile, farraginoso, con un sottofondo
equivoco, non certo in autentico stile
evangelico, non va.
Ma proprio si son fatti tutti i tentativi? Tutte le vie sono state esplorate? O non si vuole percorrere la vìa
più facile del vendere e prendere del
denaro purché si salvino le smunte
casse? Ogni volta che nella nostra
chiesa si sono presentate situazioni
difficili o di emergenza, ecco la soluzione: chiudere (fu così per il Ginnasio-Liceo negli anni '30, fu così per
l'Ospedale di Torino, si dubitò sul rinnovamento dell'Ospedale di Torre Pellice intorno al 1950).
In qualche caso, nel passato, c'era
fra la gente chi peccava di poca fede.
No! Non precipitiamo una chiusura,
tanto più che la Tavola ha manifestato
la propria apertura per poi... tuonare;
chiusura a giugno '92.
Le singole comunità delle Valli hanno posto all'ordine del giorno il problema? E alla Conferenza distrettuale
gli « esperti » come l'hanno affrontato?
E se è vero che abbiamo detto sì
all'otto per mille, non avremo in futuro un introito da quella fonte?
Gli isolati della terza età aumentano
a ritmo serrato: la chiesa non può disconoscere i suoi doveri verso gli anziani. Rivediamo tutti insieme le varie possibilità perché Villa Olanda non
scompaia e la diaconia evangelica sia
uno dei motivi di fondo dell'opera valdese.
Domenico Abate, Torre Pellice
Lettera scritta prima della pubblicazione dell’articolo di Sergio Ribet
e Maddalena Giovenale Costabel, ma
giunta tardi per poter essere ospitata in
questa pagine in precedenza o contestualmente all’artìcolo in questione.
DECISIONE
ANTISINODALE?
Il Sinodo '91 si è chiaramente
espresso per la prosecuzione della gestione di Villa Olanda, in attesa di
definire, durante il Sinodo '92, la destinazione definitiva da dare a tale opera.
Pertanto la decisione della Tavola è
antisinodale e non poteva essere presa.
Altro problema su cui la Tavola non
ci informa è lo stato delle trattative
con il governo per ottenere l'estensione della legge dell'8 per mille anche alla Chiesa valdese.
Con me, molti sono profondamente
addolorati per questi fatti: è vero che
siamo italiani, ma tra noi non dobbiamo fare le cose «aH'italiana ». La Tavola è un organo esecutivo e deve attenersi strettamente a quanto decìso
dal Sinodo.
La Tavola, battuta dal Sinodo '91
sulle due più importanti questioni all'ordine del giorno, avrebbe dovuto dare immediatamente le dimissioni, come del resto aveva ventilato il moderatore.
Ora la Tavola non si è attenuta
strettamente al mandato del Sinodo,
quindi deve presentare, in blocco, le
dimissioni e renderle irrevocabili, proprio per non fare le cose « all'italiana ».
Aldo Rostain, Luserna S. Giovanni
SuU’argomento Villa Olanda chiediamo a quanti intendono intervenire
di discutere partendo da informazioni
certe. L’atto del Sinodo 1991 dice testualmente :
Il Sinodo, sentito il parere della
Commissione ad referendum (51/SI/
90) favorevole al mantenimento di
Villa Olanda, e considerata la validità
delle ipotesi di utilizzo (anziani e immigrati) da essa prospettate;
impegna la Tavola valdese a non alienare la proprietà denominata Villa
Olanda;
chiede al Seggio di nominare una
commissione che elabori, nel quadro
delle ipotesi sopra richiamate, e d’intesa con le chiese del I circuito, i progetti di utilizzo più rispondenti alle
esigenze della chiesa e della popolazione, e li presenti al prossimo Sinodo accompagnandoli con precisi piani di
finanziamento.
In merito all’attuale temporanea attività di Villa Olanda il Sinodo impegna le chiese alla copertura degli eventuali deficit di gestione.
VALDESI E OBIEZIONE
DI COSCIENZA
Presso l'Università dì Torino, Facoltà di scienze politiche, mercoledì 8
aprile si è brillantemente laureata Manuela Davit, discutendo la tesi « L'obiezione di coscienza al servizio militare
e la Chiesa valdese italiana. Le opinioni e le esperienze dal secondo dopoguerra al 1991 ». Relatore prof. Giorgio Rochat.
per la stampa di
libri, giornali, riviste,
locandine e manifesti,
lavori commerciali
in genere
Coop.TIPOGRAFICA
SUBALPINA
Via Arnaud, 23 - “S 91334
10066 TORRE PELLiCE (To)
ANTICHITÀ’-RESTAURO
Salvai Carlo
compravendita mobili ed oggetti usati
via del Pino,41 -tel.0121/396568-Pinerolo
RINGRAZIAMENTO
« Poiché Dio non ci ha destinaliti a ira^ ma a ottenere salvezza
per mezzo del nostro Signore
Gesù Cristo, il quale è morto
per noi affinché, sia che vegliamo sia che dormiamo viviamo insieme con lui ».
I Tess. 5: 9-10)
La sorella del caro
Guido Paschetto
riconoscente ringrazia il pastore Klaus
Langeneck, i vicini di casa e tutti coloro che con presenza, scritti e fiori
hanno preso parte al suo dolore.
Prarostino, 13 aprile 1992.
RINGRAZIAMENTO
La mamma, i fratelli ed i familiari
tutti del compianto
Aldo Luigi Ricca
commossi e riconoscenti per la dimostrazione di stima e di affetto tributata
al loro caro, sentitamente ringraziano
tutte le gentili persone che, con fiori,
scritti, parole di conforto e presenza,
hanno preso parte al loro dolore.
Un ringraziamento particolare aHe
signore Marisa e Iole che tanto umanamente lo hanno assistito, ai vicini
di casa sigg. Piero Bricco, Renato
Avaro e Aldo Bouvier, al pastore sig.
Bellion ed aUa sua gentile signora.
Lusema S. Giovanni, 23 aprile 1992.
t( Io sono la resurrezione e
la vita y>
(Giovanni 11: 2S)
Dino e Cecilia Ciesch ricordano a
quanti l’hanno conosciuto l’amico
Richard Bundschuh
pastore emerito
deceduto a Karlsruhe, nel suo 82® anno
di età, il 5 aprile 1992,
AVVISI ECONOMICI
IMPRESA pinerolese cerca un muratore, un manovale edile, un escavatorista. Telefonare allo 0121/73876.
ANTICHITÀ’, mobili, oggetti vari,
privato acquista. Tel. (0121) 40181
VENDESI bar centrale ristrutturato in
Torre PeUiee. Tel. 0121/90698
n
USSL 42 - VALLI
CHISONE - GERMANASCA
Guardia medica :
Notturna, prefestiva, festiva; presso Ospedale Valdese di Pomaretto - Tel. 81154.
Guardia farmaceutica :
SABATO 25 APRILE 1992
Perrero: FARMACIA VALLETTI - Via
Monte Nero, 27 - Tel. 848827.
DOMENICA 26 APRILE 1992
Perosa Argentina: FARMACIA Dott.
BAGLIANI - Piazza Marconi 6 Telef. 81261.
Ambulanza :
Croce Verde Perosa: Tel. 81.000.
Croce Verde Porte; Tel. 201454,
USSL 44 - PINEROLESE
(Distretto di Pinerolo)
Guardia medica :
Notturna, prefestiva, festiva: Telefono 2331 (Ospedale Civile).
Ambulanza :
Croce Verde Pinerolo: Tel. 22664.
USSL 43 - VAL PELLICE
Guardia medica :
Notturna, prefestiva, festiva: Telo
fono 932433.
Guardia farmaceutica :
SABATO 25 APRILE 1992
DOMENICA 26 APRILE 1992
Torre Pellice: FARMACIA INTERNAZIONALE - Via Arnaud 8 - Telefono
91.374.
Ambulanza :
CRI Torre Pellice: Telefono 91.998.
Croce Verde Bricheraslo: tei. 598790
SERVIZIO ATTIVO INFERMIERISTICO: ore 8-17, presso i distretti.
SERVIZIO ELIAMBULANZA, •llcoltero: tei. 116.
12
12 villaggio globale
24 aprile 1992
Berlino: dopo il muro si affermeranno i diritti delle donne?
L’EST EUROPEO DOPO IL CROLLO DEL MURO
Donne e democrazia;
un problema di tutti
Non si potrà parlare di piena affernnazione dei diritti umani se non
si sancirà un’eguaglianza concreta e sostanziale fra uomini e donne
La caduta del muro di Berli- ; -,
no l’8 novembre 1989 annunciava dei vasti cambiamenti che
comprendevano soprattutto delle grandi aspettative in materia - .
di democrazia e di diritti del- ; . ' '
l’uomo. »S 'Ora le 50 donne (più alcuni ' ■ - - ■ —
uomini) provenienti da 17 paesi, che hanno assistito al convegno intemazionale su « Donne
e democrazia nei paesi dell’Europa centrale e nei paesi dell'Est », organizzato dall’UNESCO
a Praga nel dicembre ’91, hanno
rivelato che a distanza di due anni le conquiste delle donne restano minime. Peggio: in numerosi
casi si assiste a passi indietro
di stampo conservatore.
In una situazione economica
più che triste, contrassegnata dai
numerosi licenziamenti che accompagnano il passaggio al liberalismo e all’economia di mercato e da altre disillusioni come la riduzione delle agevolazioni sociali, le donne sono le prime a subire le conseguenze della
recessione.
La romena Mariela Vliescu, sociologa a Bucarest, ricorda che
nel suo paese 102.300 dei 183.500
disoccupati sono donne.
« Molti regimi vorrebbero risolvere il problema dell'aumento
della disoccupazione mettendo
le donne fuori dal mondo del
lavoro e rimandandole a casa— aggiunge Susi Koltai, della
rete femminista da poco creata
in Ungheria — ed essi esaltano
anche l’ideale femminile dell’angelo del focolare ».
Contraddizioni
in cifre
E tuttavia, sotto i regimi precedenti, la situazione non era rosea come essi pretendevano.
Olga Lipovskaja, direttrice del
periodico ’’Letture di donne” a
San Pietroburgo, cita un rapporto delle Nazioni Unite (1980) secondo il quale le donne costituiscono la metà della popolazione mondiale, svolgono quasi due
terzi delle ore complessive di
lavoro, ricevono un decimo del
reddito mondiale e possiedono
meno di un centesimo dei beni
mondiali.
« Nonostante la rivoluzione socialista del 1917 avesse proclamato la piena uguaglianza tra
i due sessi — osserva Olga
Lipovskaja — queste statistiche
valgono sicuramente per le donne sovietiche. All’inizio della
perestrofka, abbiamo dichiarato
che la democratizzazione della
nostra società avrebbe dovuto
avere un ruolo importante nell’insieme di questo processo. Ma
la questione della parità dei diritti delle donne non è mai stata
sollevata. La spiegazione di questo fenomeno è semplice: la società sovietica non riconosce che
TRAPANI
esiste una discriminazione nei
confronti delle donne ».
« De jure » e
« de facto »
La contraddizione tra diritti
delle donne affermati de fure
e riconosciuti de facto è stata
denunciata all’unanimità.
« In Armenia — precisa
Ludmila Arutunian, responsabile
del Dipartimento di sociologia
applicata all’Università di Jerevan — benché le donne abbiano
in molti casi un livello di studi
superiore a quello degli uomini,
esse si vedono rifiutare l’accesso
ai gradini superiori del potere,
e si vedono accordare, di contro,
un "monopolio” nel campo degli impieghi non qualificati e
mal retribuiti, ai quali si aggiunge il considerevole carico della
casa e dei figli ».
C'ò che più è desolante è la
caduta spettacolare del numero
di donne nelle istituzioni rappresentative della ntizione. Esse
costituiscono solo dal 5 all’8o/o
del Parlamento russo e delle
istanze municipali di Mosca e
San Pietroburgo, il 17o/q del
Soviet Supremo (mentre nel precedente sistema, certo non democratico, il livello era tra il
33 e il 34%). Allo stesso modo
in Ungheria meno del Jo/g dei
membri de) Parlamento, democraticamente eletto, sono donne,
rispetto al precedente 22o/q.
Fra gli ostacoli che impediscono di modificare questa situazione, i partecipanti al convegno hanno citato il discredito
che colpisce le organizzazioni
ufficiali delle donne, al punto
che queste ultime sono diventate allergiche a qualsiasi forma
di associazione e trovano quindi difficoltà a mobilitarsi. E’
stato detto anche che in molti
ambienti il termine ’’femminismo" è diventato un insulto.
.Ammonendo contro il rischio di
gettar via il bambino con l’acqua
Per i vostri acquisti
Librerie Claudiana
• TORRE PELLICE - Piazza della Libertà, 7
Tel. (0121) 91422
• TORINO - Via Principe Tommaso, 1
Tel. (Oli) 6692458
• MILANO - Via Francesco Sforza, 12fA
Tel. -f fax 7602518
Il dialogo
indispensabile
IsIam e cristianesimo: un confronto tra religioni, culture, e « interpretazioni (del mondo »
sporca, Zofija Klemenkrek, sociologa all’Istituto sloveno di cooperazione scientifica, tecnica,
educativa e culturale internazionale, ha sottolineato che « dobbiamo avere la saggezza e la
pazienza di superare la tentazione di demolire tutto ciò che è
stato fatto nel passato. Dobbiamo al contrario cercare di migliorarne gli aspetti positivi, come i servizi sociali specializzati — asili nido, giardini d’infanzia, mense scolastiche, assistenza agli anziani, congedi per maternità, ecc... — che erano stati
ideati per liberare le donne ».
Al convegno hanno partecipato
rappresentanti di organizzazioni
femminili, di gruppi per la difesa dei diritti umani, di organizzazioni non governative, di
università e istituti di ricerca, venuti da Armenia, Bulgaria, Ungheria, Polonia, Romania, Russia,
Slovenia, Cecoslovacchia e Ucraina per incontrarsi con gli omologhi occidentali di Belgio, Stati
Uniti, Finlandia, Francia, (irecia,
Italia, Regno Unito e Canada.
Gli uomini hanno
da guadagnarci
Dopo un giro d’orizzonte sulla
situazione dei singoli paesi, i partecipanti hanno discusso del
ruolo dei movimenti femminili
nei processi democratici, e hanno gettato le basi per degli studi congiunti e attività di cooperazione da farsi tramite le università o su temi "mobilitanti” come l’aborto o le condizioni di
lavoro.
Essi hanno inoltre definito la
struttura attraverso la quale
passeranno gli scambi di informazione sui metodi di analisi,
sulle strategie di sensibilizzazione c sulle diverse forme di azione; si tratta in particolare di
istituzioni europee come il Consiglio d’Europa e il suo Comitato per la parità.
« L’impresa è immensa e richiederà del tempo — conclude
Olga Lipovskaja — ma solo
quando le donne saranno considerate come pari agli uomini,
quando gli uomini e le donne saranno responsabili insieme e dell’educazione dei figli e della guida della politica, quando gli uomini e le donne determineranno
liberamente la propria vita sociale e professionale, allora potremmo dire che viviamo in una
società democratica. E gli uomini avranno da guadagnarci al pari delle donne ».
Betty Werther
(UNESCO fSources)
Opportunità di stare insieme
tra cittadini ed immigrati: così
hanno presentato venerdì 27
marzo l’iniziativa gli organizzatori, il Gruppo interconfessionale trapanese e l’Associazione siciliana per l’integrazione dei lavoratori stranieri. Un confronto
tra diversi, i convenuti a rappresentare gli immigrati (tunisini,
marocchini, egiziani) e le componenti cattolica ed evangelica,
ma anche dichiaratamente laica:
questo il taglio assunto dall’incontro su Islam e cristianesimo
in Sicilia oggi.
Ha esordito Hassen Slama
(lettore di arabo presso l’Istituto di studi orientali dell’Università di Palermo, autore di ...e la
Sicilia scoprì l’immigrazione tunisina) proponendo la definizione di « diverso » come possibilità di aprirsi agli altri tagliando
qualcosa di sé, e ripresentando
la sua esperienza di immigrato
alla luce del testo coranico: « La
mano che dà è migliore di quella che riceve », senza discriminare chi debba assumere i due
ruoli, tra compagni di viaggio
che hanno in comune un testo
sacro e tanti rapporti di compenetrazione storicamente documentati.
L’oratore non poteva tacere di
un contesto che muta in senso
aggressivo da parte dei paesi di
accoglienza, di cui ha fornito
esempi personali eclatanti (sua
moglie, siciliana, invitata dal parroco a divorziare, l’atteggiamento del vescovo di Bolzano, la presentazione da parte di un bidello
di un opuscolo in arabo che invita alla conversione al cristianesimo). Un clima su cui non
hanno effetto le chiare posizioni del Concilio Vaticano II e la
ricerca di un dialogo che non
può essere avviato senza vicendevole autocritica.
Giuseppe La Torre (membro
della Commissione europea per
il dialogo interreligioso, autore
di L’Islam: conoscere per dialogare) è partito dai dati statistici e dalle immagini stereotipe riflesse perfino nei testi scolastici
di ambedue le sponde, ma anche dall’impossibilità di identificare un cosiddetto « mondo arabo », una volta lontano, ora riavvicinato dalle guerre mediorien
tali ed additato come il « nemico », con la fine del bipolarismo.
Un assurdo ancor più grave
che pretende di fare del Mediterraneo un muro di acqua tra
persone legate da vincoli di parentela e scambi ininterrotti, in
un’Italia unificata dall’accentramento, senza tradizioni pluraliste e segnata dall’Inquisizione,
dalla questione meridionale e
ora dalle Leghe, dimentica delle
molte culture del suo substrato
e che interpreta avversità e dissenso come fattori disgreganti.
In un’Europa religiosa e laica la
sfida non è lo scontro, ma la
mediazione culturale che si può
esercitare in diversi ambiti, di
cui la ricerca laica sia il fulcro,
per un Islam centrato sul rapporto con Dio e che ora dibatte la sua identità non più all’interno delle moschee, ma all’università.
Per un’Europa
pluralista
Il dialogo sarà indispensabile
per la stabilizzazione del 30% almeno di immigrati che si trovano in un’Europa pluralista e secolarizzata, difficile da comprendere, dove attendono di essere
riconosciuti come diversi; un
dialogo che inizia quando un
musulmano e un cristiano si riconoscono in quello che ciascuno pensa dell’altro.
Gaspare Gruppuso (vicario generale della diocesi di Trapani)
ha richiamato la diversità non
come contrapposizione, ma come
analisi di ciò che unisce: il monoteismo e l’umanesimo di cui
abbisogna l’Occidente immerso
nell’economia, che ci fa ignorare Tunisi e ci propina New York,
che monopolizza la cultura e che
non riconosce il diritto universale dell’accoglienza e del lavoro.
Dal dibattito è emersa la richiesta di diffondere tali tematiche, da calare nel quotidiano.
Segno di diversità: il congedo
per allontanarsi chiesto dagli
immigrati, per terminare il digiuno del Ramadan protratto
per l’intera giornata.
LUSERNA S. GIOVANNI - Via 1°Maggio, 114 - Tel. (0121) 901617
S. SECONDO DI PINER. - Via della Repubblica, 20 • Tel. (0121) 501697
ANGROGNA (zona Pradeltorno) - rustico indipendente su 4
lati da ristrutturare. 6 vani con 2.000 mq. terreno. L. 34 m.
ANGROGNA (pressi S. Lorenzo) - villa uni o bifamiliare
nuova, posizione soleg. con 1.000 mq. di terreno. L. 200 m.
BOBBIO PELLICE (centro) - alloggio. Ingresso, cucina, 2 camere, bagno, 2 balconi, tavernetta. L. 96 m.
LUSERNA S. G. (centro) - casa indip. su 2 lati di 8 vani, 2 vani deposito -f cortile e giardinetto, da ristrutturare. L. 60 m.
SAN SECONDO - villetta (chalet). Ingresso, soggiorno, cucinotto, 3 camere, bagno, terrazzo, garage -i- 1.370 mq. di terreno. L. 200 m.
SAN SECONDO (centro) - favoloso alloggio. Ingr., salone, sala
pranzo, cucinotto, 2 camere, bagno, ripost., 3 balconi, cantina.
TORRE PELLICE - alloggio in posiz. centrai, all’ultimo piano. Ingresso, sala, 2 camere, cucina, bagno, 4 balconi, cantina.
TORRE PELLICE - porzione di casa. P. T. n. 3 vani; P. 1”
n. 3 vani, tettoie e giardino. L. 62 m.
TORRE PELLICE (centro) - casa con possibilità di 2 alloggi
in parte ristrut. con giardino privato. L. 208 m.
TORRE PELLICE - casa disposta su 2 piani con
possibilità di alloggio -|- magazzino a pianoterra.
(Adatta per artigiano o commerciante). L. 220 m.
1^ I
FIMAI I