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Spedizione in a. p. comma 26
art. 2 legge 549/95 nr, 4.
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si prega restituire al mittente
presso rufficio PT T
L'Editore si impegn
corrispondere il diritto di res
Bibbia e attualità
UN AUTENTICO
ECUMENISMO
«Che siano tutti uno»
(Giovanni 17, 21)
A NCHE quest'anno innumerevoli
Jx.sono stati gli incontri ecumenici
durante la Settimana di preghiera per
l'unità dei cristiani, ma ormai il lavoro ecumenico non si limita a questo
appuntamento. L'ecumenismo è entrato a far parte del nostro modo di
pensarci come chiesa oggi. È penetrato
anche aU'interno degli orticelli più
protetti e riservati sia pure per essere
respinto o demonizzato. Alle volte succede che degli evangelici «antiecumenici» accusino: vi state cattolicizzando. E gli antiecurnenici cattolici: vi
state protestantizzando. Ma che sta
succedendo? Ci sono degli evangelici
che sono tali perché non sono cattolici.
Nel frattempo in questi anni il cattolicesimo è cambiato ed essi si sentono
spiazzati. Nella Chiesa cattolica si
confessa il primato della Parola. E se
ne vede la coerenza nei numerosi
gruppi di studio biblico sorti nelle
parrocchie. Dai pulpiti cattolici si predica che Gesù Cristo è l'unico Signore e
Salvatore. Bardi, Bonhneffer, Martin
Luther King sono divenlaii patrimonio comune. Ci sono anche cattolici
che hanno nostalgia per i tempi preconciliari. Quei rigidi, ma rassicuranti
dogmi, i vecchi catechismi imparati a
memoria, il poter invocare al momento giusto uno dei numerosi santi. Solo
la Bibbia è troppo poco.
^HE cosa sta succedendo? Da eretici
'k.ja fratelli separati, da fratelli separati a fratelli ritrovati e poi fratelli e
basta. Abbiamo in pratica superato le
caute e sospettose manovre di avvicinamento e ora possiamo costruire progetti comuni di testimonianza. Fra alcuni mesi andremo all’appuntamento
di Graz per rispondere insieme alla sfida della parola di Dio: «Vi supplico,
siate riconciliati con Dio». «Dio vi ha
affidato la diaconia della riconciliazione». Ma che cosa sta succedendo?
Mi .sembra che la parola di Dio stia dilagando, che la sua verità si stia imponendo. ho Spirito Santo si è fatto più
audace e sta travolgendo molti argini
affinché la Parola possa fecondare l’essenziale che ci fa chiesa del Signore
cioè la fede in Gesù Cristo, l’incontro
nel suo Evangelo. E questo è il luogo
della con versione e non lo spettacolo di
un’unica grande chiesa di cui non rimarrebbe comunque pietra sopra pietra. Abbiamo così pregato affinché non
siamo di ostacolo allo Spirito Santo,
ma strumenti al servizio della Parola.
Questo dilagare della parola di Dio ci
impone una verifica a livello spirituale, teologico, liturgico e ecclesiologico.
T PARREBBE anche la pena di fare
\ una verifica del livello di informazione fra le chiese. L'informazione fa
superare certi equivoci, certi pregiudizi, certi luoghi comuni. Dovremmo fare tutto un discorso a parte sui mass
media nazionali, sulla profonda ignoranza che evidenziano quando in
qualche rara occasione si soffermano
sulle chiese cristiane non cattoliche per
darvi un’occhiatina distratta. «Non
scordiamoci che Hillary Clinton pensa
come una metodista, parla come una
metodista e vuole riformare la società
come ogni metodista che è andato per
anni a catechismo la domenica». Così
«La Repubblica» ha riportato le parole
di un giornalista di «Newsweek». E ancora: «Bill Clinton (che è battista) si è
fatto convincere dalla first lady a frequentare una chiesa metodista». Questa Hillary deve essere tenuta quanto
meno sotto controllo in «questo corso
mistico all'orizzonte della Casa Bianca», perché potrebbe compiere qualche
stranezza, naturalmente metodista.
Valdo Benecchl
SKT riMANAi i: DKi.u: ( inKsi: kvan(;ku(.:iii: H vn isTK, mktodisti:, vaidksi
Fa discutere il progetto del ministro di Grazia e Giustizia sul processo penale
Giustizia con sconto di pena
Di nuovo emergenza: di fronte al rischio della prescrizione di molti reati, tra cui quelli di
Tangentopoli, il ministro preferisce una giustizia «scontata» piuttosto che niente giustizia
GIULIO MAISANO
Da alcune settimane è in corso
un vivace dibattito in merito al
progetto presentato dal ministro di
Grazia e Giustizia, Giovanni Maria
Flick, sul processo penale. 11 progetto nasce dall’esigenza di snellire
i procedimenti penali che in misura sempre maggiore si accumulano
negli uffici giudiziari con il grave rischio, fra l’altro, della prescrizione
dei reati per il decorso del tempo,
con la conseguente impossibilità di
punire i colpevoli. Tale situazione è
stata determinata anche dal nuovo
codice di procedura penale entrato
in vigore nel 1989 che prevede: il
potere inquisitorio conferito al
pubblico ministero ai soli fini
dell’indagine e raccolta dei mezzi
di prova; il filtro del Gip (giudice
dell’indagine preliminare), terzo
fra accusa e difesa, per valutare se i
pezzi di prova sono abbastanza
consistenti da consentire il sacrificio di un pubblico dibattimento; il
dibattimento stesso in cui, nella
dialettica tra accusa e difesa, la prima deve impegnarsi a ricostruire la
prova dell’eventuale colpevolezza
dell’imputato davanti a un giudice
che nulla conosce dell’indagine e
dei suoi risultati.
Uniche eccezioni a questo schema accusatorio sono il giudizio abbreviato (patteggiamento del rito) e
l’applicazione della pena a richiesta delle parti (patteggiamento della pena) che consentono di saltare
il dibattimento per presentare direttamente al giudice il materiale
raccolto dalla polizia giudiziaria.
Come premio per il risparmio dei
tempi (e dei costi) del dibattimento
pubblico, è concesso uno sconto di
pena. Il patteggiamento della pena
ha oggi un ambito di applicazione
limitato ai reati per i quali si possa
applicare una pena detentiva non
superiore ai due anni, tenuto conto
delle circostanze e del premio della
diminuzione di un terzo. Queste
eccezioni al rito accusatorio sono
sempre state motivate con la necessità di sfoltire il dibattimento
dai reati minori.
Ora il «pacchetto Flick» propone
l’allargamento del patteggiamento
ai reati punibili in concreto, concessi tutti gli sconti, con una pena
detentiva non superiore ai tre anni
e mezzo, abbandonando così sostanzialmente la filosofia del codice del 1989. D’altra parte il rito accusatorio delineato dal codice attualmente vigente, per la sua complessità e lentezza, si concilia solo
con dibattimenti minimi, mentre
oggi la giustizia è impegnata sempre più in grossi e complessi processi quali i cosiddetti maxiprocessi contro la criminalità organizzata
o i processi di Tangentopoli.
In sostanza il disegno di legge
prevede che all’imputato che ammette la propria responsabilità
(meritandosi le attenuanti generiche) e risarcisce il danno (meritandosi le relative attenuanti), e ciononostante va incontro a una pena
superiore ai tre anni e quindi da
scontare, è possibile riconoscere
un ulteriore diminuente (fino a un
terzo della pena) che consente di
«concordare» una pena di massimo
tre anni purché vi sia l’offerta di
idoneo «risarcimento» alla collettività. Molti sono i benefici pratici: lo
stato ottiene un beneficio economico pecuniario, si risparmiano
gradi di giudizio, la vittima ottiene
il risarcimento dei danni, si risparmia il giudizio civile di risarcimento, il colpevole ottiene una pena
accettabile nella misura in cui si dimostra meritevole dell’affidamento in prova al servizio sociale evitando in tal modo la carcerazione.
Di per sé tale applicazione, sia
pure prevista con il malcelato intento di decongestionare anche le
carceri, è certamente espressione
di una civiltà giuridica più moderna e meno ipocritamente vendica
tiva. Comunque è certo che tale sistema esclude che possa parlarsi
di amnistia o di colpo di spugna,
perché vi è una condanna penale
con tutti gli effetti suoi propri, vi è
un’erogazione di pena da scontare, vi è un rischio effettivo di espiazione in carcere se il condannato
non rispetta le condizioni a cui è
subordinata la misura alternativa
alla detenzione (per esempio commette un altro reato), vi è comunque l’espiazione della sanzione a
volte più dolorosa (quella che tocca il patrimonio) attraverso l’obbligo del risarcimento dei danni.
D’altra parte la scomparsa della
pena detentiva in una società economicamente complessa può forse essere adeguatamente sostituita
da altre sanzioni penali, quali
quelle accessorie interdittive che
possono equivalere a una morte
civile. Purtroppo in pratica anche
la morte civile rimane spesso una
lontana ipotesi se si pensa alla
prassi giudiziaria e giurisprudenziale che rende la concessione del
beneficio della sospensione condizionale più un obbligo che una vera facoltà del giudice.
Tuttavia l’unica vera obiezione
che può muoversi al progetto è
nell’ottica dello stato, se il risparmio processuale valga un’attenuazione della funzione della pena da
scontare, considerato che il rischio
carcere deve considerarsi ormai
remoto per chi intenda commettere qualsiasi delitto, compresi quelli contro la pubblica amministrazione. In tale prospettiva l’alternativa non è la pena concordata né
l’amnistia (gratuita o a pagamento) ma un rafforzamento dell’apparato giudiziario che consenta al
legislatore di prevedere sanzioni
concretamente applicabili. Quanto a Tangentopoli, il «pacchetto
Flick» consentirebbe di arrivare
più sollecitamente alla sentenza,
ma da Tangentopoli si uscirà solo
se vi sarà un vero, sentito e coralmente condiviso rinnovamento
culturale e morale, sostenuto e accompagnato da nuove regole amministrative, civili e penali.
Commissione bicamerale
Maselli: «Si riapra
il tavolo delle Intese»
In un discorso alla Camera dei deputati per
annunciare il voto favorevole dei cristiano-sociali dell’Ulivo alla legge
istitutiva della Bicamerale, Fon. Domenico Maselli ha affermato che
governo e Parlamento
devono adoperarsi per
applicare pienamente i
grandi principi della prima parte della Costituzione, e in particolare il
terzo comma dell’articolo 8 della Costituzione,
riaprendo il tavolo per le
Intese con le confessioni
religiose che ne hanno
fatto richiesta. «Grave e
intollerabile discriminazione - ha detto Maselli
- sarebbe fermare a meno di metà la stipula delle Intese. Esistono confessioni che hanno fatto
richiesta già nel 1977 e
non sono ancora state
chiamate al tavolo della
trattativa. In conclusione, chiediamo alla Commissione bicamerale e al
Parlamento nel suo insieme di poter vivere in
un paese in cui, superata
la sterile querelle tra laicisti e clericali, i valori
dello spirito trovino la
loro giusta affermazione
nel rispetto dei diversi
ruoli e nello sforzo di
creare una casa veramente comune di tutti
gli italiani». (nev)
Abbonatevi a Riforma
il senso dì un giornale
per le nostre chiese
Quando le chiese battiste, metodiste e valdesi
hanno dato vita a questo
«settimanale comune»
non intendevano soltanto ottimizzare le risorse
e testimoniare la sostanziale unità delle tre denominazioni intereressate. Volevano anche
mettere in comunicazione tra loro le circa trecento comunità sparse
sul territorio nazionale,
facendole uscire dal loro
«orticello» comunitario
o denominazionale e facilitando l’elaborazione
di un «sentire» e una linea comune nel campo
della testimonianza, dell’evangelizzazione e del
servizio. Tramite questo
giornale, dunque, per la
prima volta sono entrate
«in rete» tante comunità
e tante persone. Come
quando ci si incontra
nelle assemblee, nei Sinodi, nei convegni, nei
campi studio: finalmente non ci sentiamo più
isolati e condividiamo
con tanti fratelli e sorelle realizzazioni e fallimenti, gioie e dolori. Ecco il senso di un giornale come Riforma: un appuntamento settimanale di condivisione, una
«piazza» in cui incontrarci, crescere insieme
e testimoniare la nostra
speranza comune.
TERMINATA LA SETTIMANA DI PREGHIERA PER L'UNITÀ DEI CRISTIANI. Autenticità, franchezza, essenzialità, varietà e fantasia nelle liturgie hanno caratterizzato una settimana che, pur interessando molte
più persone e comunità rispetto al
passato, non riesce a coinvolgere veramente la base delle chiese, (pag. 7)
IL PAESE DEI SASSI. I ragazzi e gli
adulti che si «divertono» a lanciare
sassi contro automobili e treni in corsa sono come dei «bambini putrefatti», cioè sono persone che, rimaste
mentalmente e psicologicamente allo stato infantile, di esso conservano
l'illusione di onnipotenza e la totale
carenza di realismo. (pag. 10)
I «CROLLI» DI NAPOLI. Quasi non c'è
giorno che a Napoli non si abbia notizia di un crollo. Di alcuni, i più gravi,
se ne occupa la grande stampa, di altri se ne accorgono i cittadini residenti che vivono con ansia il pericoloso
sgretolamento del terreno, (pag. 10)
NOTIZIARIO FGEI. Cronache e commenti della Federazione giovanile evangelica italiana. (fascicolo interno)
2
PAG. 2 RIFORMA
FAROLA
VENERDÌ 31 GENNAIO 199]
«Giacobbe alzò
gli occhi, guardò e
vide arrivare Esaii
che aveva con sé
quattrocento
uomini... s’inchinò
fino a terra sette
volte, finché
giunse vicino a suo
fratello. Allora
Esaìi gli corse
incontro,
l’abbracciò, gli si
gettò al collo e lo
baciò; e piansero...
Esaìi disse: “Che
vuoi fare di tutta
quella schiera che
ho incontrato?”.
Giacobbe rispose:
“È per trovare
grazia agli occhi
del mio signore”.
Allora Esali disse:
“Fratello mio,
ne ho già
abbastanza, tieni
per te ciò che è
tuo”. Ma Giacobbe
disse: “No, ti
prego, se ho
trovato grazia ai
tuoi occhi, accetta
il mio dono dalla
mia mano, perché
vedere la tua
faccia è stato per
me come vedere
la faccia di Dio
e tu mi hai fatto
una buona
accoglienza.
Accetta perciò il
mio dono che ti è
stato recato perché
Dio mi ha usato
grande bontà e
perché ho tutto”.
E insistè tanto che
Esali accettò.
Poi Esali disse:
“Partiamo,
incamminiamoci,
ed io andrò
davanti a te”.
Giacobbe rispose:
“...io me ne verrò
pian piano
...finché arrivi
presso al mio
signore, a Seir”.
Esaìi disse:
“Permetti almeno
che io lasci con te
un po’ della gente
che ho con me”...
Ma Giacobbe
rispose: “E perché
questo? Basta che
io trovi grazia agli
occhi del mio
signore”.
Così Esali, in
quel giorno stesso,
rifece il cammino
verso Seir»
(Genesi 33,1-17)
UNA RICONCILIAZIONE AMBIGUA
Ventanni dopo avere estorto la benedizione paterna, Giacobbe si riconcilia
con Esaù. Ma subito dopo lo inganna di nuovo decidendo di non seguirlo
LIDIA MAGGI
Giacobbe, dopo
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l’esilio
presso Ladano sta tornando
a casa. Sono passati vent’anni
durante i quali egli, a prezzo di
un duro lavoro, ha sposato le figlie di Ladano e si è arricchito.
Ora, dopo aver fatto i conti con
Ladano, deve farli con Esaù, il
fratello ingannato e tradito. Giacobbe ha paura, tatticamente
divide la sua gente in due gruppi
e prepara dei doni per ingraziarsi Esaù. Prima dell’incontro con
il fratello però, il testo inserisce
la lotta con uno sconosciuto
presso il fiume Jabbok. Chi è costui? Un angelo, un Dio? Per gli
antichi esegeti ebrei l’antagonista di Giacobbe sarebbe il protettore celeste di Esaù cosicché
l’evento dello Jabbok risulta essere un’azione simbolica finalizzata a diffondere fiducia nel terrorizzato Giacobbe sul buon esito dell’incontro con il fratello.
Non deve temere: d’ora in poi
egli sarà Israele poiché «hai
combattuto con Dio e con gli
uomini ed hai vinto» (32,29).
Qualche ora dopo, Giacobbe
(non più Israele!) «è di nuovo
tremante di fronte ad Esaù». Gli
è tornata la paura di una volta?
oppure il suo senso di colpa? Sarebbe umano. La sua vittoria
sull’angelo non ha risolto i problemi che egli aveva con le persone. Qui inizia il nostro testo
con una trama fatta di fili più o
meno forti. Proviamo a «tirare»
alcuni di questi, quelli che più si
avvicinano al colore della riconciliazione.
Giacobbe l'eletto
quale motivo il favore divino
non è andato al primogenito
Esaù? K. Barth risponde a questa
domanda commentando il cap.
9 della lettera ai Romani. Rife
Preghiamo
Come stranieri e viaggiatori
sulla terra,
non vi accomodate
né nella sicurezza materiale
né nel conforto spirituale.
Siate invece rinnovati da quella grazia
che un tempo i nostri padri hanno ricevuto
come solo nutrimento
e come pegno
che il Signore vegliava su loro
come oggi ancora veglia su noi.
Jean-Framjois Zom
(tratto da Quando è giorno?, della Cevaa, 1994, p. 52)
rendasi alla vicenda di Esaù e di
Giacobbe, egli parla della «distretta» di Israele e della chiesa.
Essa consiste nel dover aggettivare qualcosa che sfugge, nel
rendere concepibile l’inconcepibile. E questo «per il bene degli
uomini che non possono vivere
senza Dio, ma neppure con l’Iddio vivente» (314s). Con questo
Dio ogni sicurezza è impossibile.
Dunque, se Dio è lo Sconosciuto
non inquadrabile nel suo agire,
se è lui che liberamente ama, ed
elegge, «chi è colui che è dentro
ed è sicuro di non essere fuori?»
(342). Nel parlare di Giacobbe,
nostro padre nella fede, dobbiamo dunque parlare delle strane
scelte di Dio, di un’elezione per
grazia che non trova giustificazione in nessun merito particolare. Giacobbe, l’ingannatore (a
sua volta ingannato da Labano),
continua ostinatamente a percorrere questa strada.
Il racconto della riconciliazione infatti si conclude con un altro inganno: «...ti raggiungerò a
Seir. In quello stesso giorno
Esaù ritornò nei suoi passi verso
Seir, Giacobbe invece si avviò
verso Sukkot» (w. 14, 16-17). E
nel capitolo seguente, la pagina
che descrive la violenza subita
da Dina e il massacro subito dai
Sikemiti operato per vendetta,
l’inganno è ancora il triste protagonista. Forse tra popoli in
conflitto l’uso dell’inganno non
risulta così scandaloso. Ma tra
due fratelli appena riconciliati,
dopo che «Esaù gli corse incontro, lo abbracciò, se lo strinse al
petto, lo baciò e piansero» (v. 4),
dopo che Giacobbe aveva sedotto il fratello con parole da capogiro come «vedere la tua faccia
per me è stato come vedere la
faccia di Dio...», chi non si commuoverebbe di fronte a tali gesti? Invece neppure la riconciliazione supera la paura.
Alla fine prevale la diffidenza.
Così Giacobbe, prima protagonista di una riconciliazione insperata e poi di nuovo diffidente
per ragioni di prudenza, diventa
figura di un credente più disposto a sperare nei tempi ultimi e
definitivi che a giocarsi nella
precarietà della storia. Tutto
questo sembra dirci che Giacobbe, solo per la grazia perdonante
di Dio, è diventato nostro padre
nella fede. E i credenti, come
Giacobbe, devono continuamente ricordare che non sono
migliori degli altri, che possono
parlare di riconciliazione solo a
condizione di riconoscere le
proprie colpe e di ristabilire la
giustizia da loro infranta.
Esaù l'ingannato
Esaù è il perdente, secondo
quanto decretano sia la
scrittura che il Midrash (quest’
ultimo, normalmente ha un ruolo equilibratore nei confronti della Scrittura, ma non solo
nel caso di Esaù). A lui è stata
estorta per fame la primogenitura. A lui è stata sottratta con l’inganno la benedizione paterna. È
diventato capostipite di un popolo non eletto: da esso non
uscirà il messia. Di più: i suoi discendenti saranno i nemici storici di Israele. Ma non va dimenticato che Esaù, a differenza di
Ismaele, è figlio della stessa madre di Giacobbe, anzi, è fratello
gemello del patriarca: il mio nemico ha il mio stesso sangue.
Nel gemello di Giacobbe si può
intravedere il volto fraterno di
Esaù o quello temibile di Edom.
La polarità Esaù-Edom, come
quella Giacobbe-Israele, rimane aperta, in tensione. Qui
Esaù, il perdente, appare come
trasfigurato, con un volto divino. Lui che aveva giurato di uccidere il fratello usurpatore (27,
41), ora gli corre incontro, lo
abbraccia e lo bacia. Esaù sembra diventare figura paradigmatica dell’irrompere di una grazia che vince la paura. Di una
grazia laica, se così si può dire,
vista l’assenza del divino dalla
sua storia. Forse è più giusto dire che anche Esaù ha incontrato Dio, ha lottato con lui e l’ha
sperimentato ostile. E Dio ha
compromesso l’intera vicenda
di Esaù, non solo Tanca!
Benedizione
Questo tema viene qui ri
:
preso dal cap. 27, ma con
tinte più sfumate: al v. 11 letteralmente Giacobbe dice al fratello: «Accetta la mia benedizione». Le traduzioni dicono «dono» ma il testo ebraico parla di
«beraqa», benedizione. Giacobbe vuole forse restituire al fratello la benedizione estorta? Sta
di fatto che sia il cerimoniale di
saluto fatto di inchini, sia il modo che Giacobbe usa nel rivolgersi ad Esaù chiamandolo
«Adoni», sembrano suggerirci
questo. Qui, è ad Esaù che meglio si riferiscono le parole di
Isacco benedicente: «Sii padrone dei tuoi fratelli e i figli di tua
madre si inchinino davanti a te»
(27, 29). Giacobbe del resto legge la propria condizione non
con la categoria della benedizione-beraqa, ma con quella
della grazia perdonante-chanan. Forse egli ha intuito che il
perdono richiede la conversione e la restituzione di ciò che è
stato estorto con l’inganno.
Nella pagina precedente (Gen
32, 5), Giacobbe dice ai messaggeri inviati presso suo fratello:
«Così direte al mio signore Esaù:
dice il tuo servo Giacobbe: ho
soggiornato come forestiero
presso Labano...». Rashi commenta: «Giacobbe mandò a dire
a Esaù: io non sono divenuto né
un principe né una persona importante, ma sono rimasto un
forestiero, tu perciò non hai
motivo di odiarmi a causa della
benedizione che mi diede tuo
padre, dicendo: sii il padrone
dei tuoi fratelli. Tale benedizione infatti non si è realizzata in
me» (Rashi, Commento alla Genesi, p.266). Certo, dicendo che
la benedizione non ha avuto
luogo, Giacobbe volutamente
esagera per calmare Tira del fratello. Eppure, confrontando le
vite dei due gemelli, non si può
dire che Luna è all’insegna della
benedizione e l’altra no! Proviamo a fare un Midrash sui w. 811: «Giacobbe disse: mio signore, io riconosco di averti ingannato: la benedizione spettava a
te e io te Tho rubata.
Me ne pento e ti restituisco il
maltolto. Ma Esaù rispose: non
ne ho bisogno. Senza benedizione ho goduto della rugiada
dei cieli, della fertilità della terra, dell’abbondanza di frumento e vino. Ho greggi e bestiame.
Ho servi e serve e molti beni. Ho
preso mogli tra le figlie dei Cananei e la mia discendenza è
numerosa come le stelle del cielo e come la sabbia della terra.
Io, il non benedetto, prospero e
se Dio non ha gradito farmi visita, non per questo vivo male.
Giacobbe disse: No, ti prego,
non rifiutare la benedizione. So
che la tua vita è ricca e feconda,
e il mio gesto di restituzione
non vuole essere un’inutile aggiunta; è piuttosto l’invito a riconoscere quanto sia benedetta
la tua condizione. Tu hai abitato
la terra con fedeltà e non ti sei
sorretto con le stampelle di una
religione. Ora Dio ti dice: vieni
servo fedele. Raccogli il frutto
divino del tuo lavoro».
L’incontro tra Giacobbe ed
Esaù è cifra dell’incontro tra lo
sguardo laico e quello credente.
Ma come non pensare alla parabola moderna del cristianesimo
quando leggiamo che il credente
Giacobbe non si fida di Esaù e
decide di camminare da solo per
un’altra strada?
Note
omiletiche
La riconciliazione tra;
due fratelli conserva del|(l
ambiguità che rimangonij
irrisolte; la più evidentej|
senza dubbio la decisioni
finale di Giacobbe di noii
seguire il fratello. Diverj
sono stati i tentativi j!
spiegare tale azione. Il p||
tradizionale è quello ch(I
individua una causa delli!
diffidenza nelTeccessiVi|
ricchezza: non potevanij
stare insieme perché i lort'
beni erano troppo grand}
(Rashi, commento a Ge«
33). Meglio dunque sepj
rarsi e rimandare l'incoiv
tro ai giorni del Messìi
(Genesi Rabbah 78, 14 c ‘
tando Abdia 1, 21). La L
gura di Esaù che qui assume caratteri divini non solo per le affermazioni dd'
fratello, bensì per il paral-i
lelo tra le azioni di Esaùi,
quello del padre-Dio nelli’
parabola del figlioi prodi-i
go. C'è però da dire cheli
Midrash interpreta ii bacio
che Esaù dà al fratello do-i
po averlo abbracciato co-’
me un morso, a causa dei
numerosi puntini presenti’
in questa parola nel testo,
masoretico. È chiaro che
tali gesti di accoglienza da
parte del fratello ingannato hanno creato disagio e
incomprensione.
Giacobbe ed Esaù sono
fratelli separati, sono nemici. Edom, discendente
di Esaù, sarà storicamente
sempre il nemico di Israele. Un suggerimento analogo viene da Gen. 10 dove, elencando la discendenza di Noè si delinea
una teologia deile differenti nazioni accomunate
nell'unica radice. Tutte le
nazioni hanno un padre
comune, Noè, di conseguenza anche i nemici più
feroci di Israele sono il
realtà fratelli. Questo ol,
tre ad offrire una tracci?
per riflettere sulTuniversalità di Dio ci mette i»
guardia sulla necessità di
guardare al nemico come
parte di noi e non come il
totalmente altro.
Nella Bibbia ci sono alti
personaggi che cambiar»
nome come Abram .he diventa Abraham. Qui però
assistiamo a un vero cambiamento di personalità.
Abraham non riprenderà}
più il suo vecchio nomea
differenza di Giacobbe
che, nonostante il nome
dato dall'angelo (Israele),
conserva il suo.
Infine Giacobbe ed Esai
potrebbero essere usai
come paradigmi del mort,
do laico e religioso, nolj
completamente estrane.^
tra loro perché gemelli ('
in bisogno di riconcìliazio
ne. Nel commento a Gei^
32, 23-33 Lutero dice, rife
rendosi alla lotta di Gii
cobbe con Dio: «Cosa af
cadde in quel momenti
oscuro? È probabile eli
quell'essere misterioso ai
bia detto qualcosa di sirri
le: Giacobbe tu devi mor
re! Tu non sei colui che If
ricevuto la promessa»
Questo fu il momento pi
terribile della lotta, in eri
più delle braccia faticòt
ifede. Giacobbe insistette!
ripetere: No, no! È Dio cl*
ha comandato e chiamati
e che mi ha fatto parti*
per tornare in patria! No*?
voglio crederti, non vogl®;
darti ragione! E ancheL
Dio mi uccidesse, ebbeij
mi uccida pure! Tuttavt
io vivrò! (citato da Ravi!
in Parola Spirito e Vital)
30 p. 37). Queste paro)
non si applicano megli
alla vicenda di Esaù, il n#
benedetto, che ha op(i|
i Dio
2 i
Ita
ve
lai
pa
Br
M(
a i
l’h
me
ta
vai
vie
sa
poi
teli
r
lot
bai
cin
stit
ces
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SCO
me:
ma:
nel
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■ jmb
j'Grei
/ mit
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Pari;
vern
rieri
La
rie
sto alla scelta di Dio I
«tuttavia morale» e
benéil
sperimentato una
zione «laica»?
Per
approfondii«
(prima di due meditazioni sul
tema della riconciliazione)
Per una lettura eseg<i
ca specifica basta un bui
commentario alla Gen^
come quelli di C. Wesli
mann o di F. Micaeli qj
G. von Rad, o ancora d?
Testa.
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VENERDÌ 31 GENNAIO 1997
Dal 2 al 6 g6nnaio rnons. JacquBS Gaillot è intGrv6nuto a Milano g BrGseia
Partenia, diocesi senza frontiere
Secondo l'ex vescovo di Evreux, un cambiamento della Chiesa cattolica romana
Sara possibile solo dalla base. Perché non regalare i musei vaticani alIVnescoì
PAG. 3 RIFORMA
_______MARIO ABBIE2ZI_____
OSPITE del movimento
«Noi siamo chiesa», dal
2 al 6 gennaio è venuto in
Italia, a Milano e a Brescia, il
vescovo di Partenia, mons.
Jacques Gaillot. Ha partecipato a tre incontri a Milano,
Brescia e Fontanella sotto il
Monte, rilasciando interviste
a un nugolo di giornalisti che
Thanno assediato in ogni
momento libero; l'eco destata da questo mite vescovo ha
valicato le frontiere e dalla
vicina Svizzera italiana è scesa una squadra di tecnici per
poter effettuare collegamenti
televisivi.
Padre Jacques, come Gaillot vuol essere chiamato, è
balzato alle cronache quando
circa due anni fa è stato destituito da vescovo della diocesi di Evreux in Normandia
e nominato, in seguito, vescovo di Partenia che attualmente è semplicemente una
manciata di sabbia dispersa
nel deserto algerino. Luoghi
che da giovane aveva conosciuto direttamente, durante
il servizio militare. In questi
ultimi due anni ha «tenuto»
le prime pagine dei giornali
internazionali con il suo
schierarsi contro gli esperi•• menti nucleari francesi, effettuati nell’isola di Mururoa,
imbarcandosi sulla nave di
/Green Peace, e per aver dormito con i «Sans papier«»
» nella chiesa di St. Ambroise a
Parigi, in rivolta contro il go^ verno per tentare di non per: '^ere il diritto a possedere i
Mons. Jacques Gaillot durante la sua conferenza a Milano
«papiers», i documenti, che
gii erano stati ritirati. Tra una
pausa e l’altra ne ho approfittato per porgergli alcune
domande, evitando quelle
scontate, per concentrare
l’attenzione su tematiche che
oggi sono dibattute nel mondo cristiano.
- Dopo aver ospitato, nello
scorso mese di settembre, Eugen Drewermann, che negli
incontri che ha avuto ha sostenuto che è proprio la nave
della chiesa che fa acqua da
tutte le parti e nonostante il
cambiamento del “capitano”
non si potrebbe correggerne la
rotta, vorrei sapere da lei se
esistono vie d’uscita e, se sì,
quali. È auspicabile un Concilio delle chiese?
«A mio avviso un cambiamento sarà possibile solo
dalla base, da tutti coloro che
si impegnano, nella propria
vita quotidiana, a vivere il
messaggio evangelico e a testimoniarlo. Un cambiamento nei vertici potrà agevolare,
ma da solo sarà insufficiente.
Vedo, comunque, segnali positivi in questo senso».
- Qual è la sua opinione sul
Giubileo?
«Deve essere una “Buona
Notizia” per tutta l’umanità,
non solo per i cristiani. An
che in questa occasione ci
vogliono degli atti concreti.
Per esempio bisogna dare
qualche segnale che ci si vuole spogliare delle ricchezze.
Perché non si regalano i musei vaticani all’Unesco? Bisogna dare dei segni: chiedere
perdono per tutti gli errori
fatti nei secoli con esponenti
della cultura, della scienza,
dicendo inoltre “non si farà
più così”. Ogni singola chiesa, ogni diocesi si proponga
segni concreti, significativi di
riconciliazione e di cambiamento in modo differente secondo le situazioni. Le chiese
si pongano al servizio di tutti
in un anno speciale. I soldi
non servano per andare a Roma ma per atti concreti di solidarietà e di condivisione».
- Si sente isolato in questa
situazione crìtica nei confronti del papa? Qual è il suo rapporto con la sua solitudine?
«Credo che non si debba
avere paura di dire quello che
si pensa, spesso sia i cristiani
che i vescovi pensano cose
diverse ma non hanno il coraggio di dirle. Riconosco il
papa per il ruolo che ha sul
piano della fede. Celebro la
messa e mi sento in comunione con lui. Sento anche il
diritto di esprimere la mia
opinione che può essere diversa su altri argomenti che
non riguardano direttamente
la fede. È vero che provo una
certa solitudine nei confronti
dei vescovi o di alcuni cristiani, ma d’altra parte sono in
contatto con molta altra gente e con tante realtà».
II dibattito tGologico in vista di Graz
La l'iconciliazione non si può
ridurre a proposte etiche
Durante la sessione plenaria per l’Austria destinata a
preparare la seconda Assemblea ecumenica europea a
Graz, il teologo protestante
viennese Ulrich Kortner, docente vii dogsnatica della Facoltà di teologia protestante
di Vienna ha segnalato il pericolo ch ‘ i! messaggio cristiano del .1 «riconciliazione»
venga rido; io a delle proposte etiche finalizzate a un
conforto religioso. Di fronte
ai 150 rappresentanti delle
chiese cristiane d’Austria,
Kfirtner ha posto l’accento
sul problema centrale di
questo incontro cristiano per
tutta l’Europa nel giugno
1997: cioè dire, se possibile,
qualche cosa di nuovo e di
fermo sulle questioni di etica
sociale riguardanti la prevenzione dei conflitti e l’instaurarsi della pace.
Il prof. Kortner ha criticato
al riguardo gli articoli teologici apparsi finora sul tema
della Conferenza di Graz:
«Riconciliazione, dono di
Dio e fonte di vita nuova»,
che rimangono decisamente troppo alla superficie della problematica della riconciliazione. Kortner ha rivolto agli autori di questi articoli una «critica stimolante»:
«Perché Graz non sia un vero
c proprio scacco ecumenico.
Occorre potenziare notevolOiente i preparativi sul terremo della teologia», ha detto.
Kortner ha inoltre raccomandato di non sopravvalutare il
ttolo delle chiese per l’intaurarsi della pace. E un fat0 che le chiese sono implica5 nella politica e nella storia
cl popoli d'Europa e che
'anno preso parte ai loro
conflitti e alle loro conseguenze. Per questo il messaggio biblico di riconciliazione
va predicato prima di tutto
alle chiese stesse.
La riconciliazione non mira
a evitare i conflitti o ad ammorbidirli bensì a individuarli ed a superarli, in quanto
«una prima conseguenza etica della parola biblica di riconciliazione è la ricerca della verità in un contesto conflittuale». La parola della riconciliazione si presenta come una domanda e come un
offerta e non come una proposta morale: «La chiesa non
deve predicare la morale, anche se si tratta di quella della
riconciliazione, ma deve predicare il messaggio di riconciliazione dell’Evangelo, e
più precisamente la parola
della croce!», ha detto Kortner durante la sua relazione
intitolata «Riconciliazione,
concetto fondamentale della
fede e dell’azione cristiane.
Riflessioni teologiche sul
cammino verso Graz», (bss)
Parla la nuova dirGttricG dGll'lstituto
A Bossey si impara ad essere
il movimento ecumenico
L’Istituto ecumenico di
Bossey, vicino a Ginevra, non
è solo un centro di studio del
movimento ecumenico ma
un luogo in cui si impara ad
«essere il movimento ecumenico». È quanto ha dichiarato
Heidi Hadsell, che sarà la
nuova direttrice deH’Istituto.
La sua nomina è stata annunciata dal Consiglio ecumenico delle chiese (Cec) il 9
gennaio scorso.
Nata nel 1949, originaria
della California, Heidi Hadsell ha studiato alTUnion Seminary a New York e ha conseguito un dottorato presso
l’Università della California
del Sud, a Los Angeles. Dal
1989 insegna etica sociale al
Seminario McCormick, una
istituzione presbiteriana di
Chicago; è anche decana della facoltà e vicepresidente
degli affari accademici; è
membro laico della Chiesa
presbiteriana Usa; subentrerà al pastore Jacques Nicole, della Federazione delle
chiese protestanti della Sviz
Nell’ottobre scorso l’Istituto di Bossey ha festeggiato I suoi 50 anni
zera, alla fine delTestate, e
sarà la nona persona chiamata a dirigere Tlstituto e la
prima donna ad assumere
questo incarico.
La professoressa Hadsell
ritiene che la sua esperienza
l’abbia preparata ad assumere i compiti amministrativi
delle sue nuove funzioni, e si
dichiara altresì pronta a ricercare dei fondi in un periodo in cui i bUanci delTIstituto
e del Cec sono stati ridotti. La
nuova direttrice si dichiara
sicura che esistano «alcune
persone» che hanno i mezzi e
la volontà di finanziare questi programmi ma, in ogni
caso, «bisogna che le chiese
trovino il modo di portare
avanti questa formazione
ecumenica e di preparare i
responsabili del movimento
ecumenico di domani. Non
dobbiamo perdere la nostra
eredità», ha affermato.
Come donna laica, Heidi
Hadsell intende promuovere
il ruolo dei laici nel movimento ecumenico, e così rinnovare una parte dell’eredità
dell’Istituto ecumenico che,
secondo lei, è stato meno incisivo negli ultimi anni. Hendrik Kraemer, primo direttore di Bossey, aveva posto T
accento sul ruolo dei cristiani laici aH’interno della chiesa e della società. Mentre il
Cec sta procedendo ad una
revisione delle proprie strutture e dei propri metodi di
lavoro, Heidi IJadsell ritiene
che l’Istituto ecumenico potrà partecipare alla «ridefinizione di ciò che sta avvenendo» nel movimento ecumenico. La nuova direttrice parla inglese, portoghese, francese e spagnolo. (eni)
Francia: morto il pastore Marcel Gosselin
creatore di «Présence protestante»
P^IGI Marcel Gosselin, ex produttore e realizzatore di
«Présence protestante», è morto il 31 dicembre 1996, dopo una
lunga malattia. Nato nel 1920 in Belgio, Marcel Gosselin aveva
studiato teologia a l’arigi ed era stato consacrato pastore nel
1948, nella Chiesa riformata di Francia. Dopo alcuni anni di
ministerio a Calais, nel 1955 venne chiamato a raggiungere la
Federazione protestante di Francia (Fpf) per crearvi e dirigervi
il servizio radio-televisione. André Dumas lo descriveva così:
«Uomo del Nord, preoccupato di professionismo e di evangelizzazione, Marcel Gosselin, il più delle volte in équipe con U
romanziere Jean Cabries, ha creato uno stile particolare in cui
1 immagine evoca e fa sognare mentre la parola porta avanti
un monologo interiore, in una certa autonomia, interrogativa,
ironica e perturbatrice». Nel 1975, Marcel Gosselin aveva pubblicato un libro, La télévision et les protestants (Ed Cerf). Nel
1969 aveva ottenuto il premio Farei per il suo film Le repas du
Seigneur, girato nel quadro della chiesa di Palaiseau. Marcel
Gosselin diresse il servizio radiotelevisivo della Fpf fino al
1980, quando gli subentrò Jean Domon. «Présence protestante», in onda ogni domenica mattina su France2, è una delle più
vecchie trasmissioni televisive francesi, la seconda dopo «Le
jour du Seigneur», creata nel 1949. (hip)
ri Sud Africa: Alian Boesak dovrebbe tornare
per rispondere alle accuse contro di lui
EAST LONDON (Sud Africa) — Alian Boesak, che fu uno
dei più noti oppositori aU’apartheid, deve rispondere di fronte alla giustizia sudafricana di sottrazioni di fondi per un ammontare di circa 250.000 dollari. Tali fondi erano stati versati
dall’Organizzazione di aiuti umanitari danese DanChurchAid
alla Fondazione «pace e giustizia», di cui Alian Boesak era direttore, per sostenere la lotta contro l’apartheid. DanChurchAid aveva accusato Boestik di essersi arricchito con i fondi
versati alla Fondazione, di aver percepito un salario troppo
elevato e di aver utilizzato il denaro per pagare debiti personal. Alian Boesak, ex presidente dell’Alleanza riformata mondiale (Arm), che lavora a San Francisco (Usa) da oltre un anno, avrebbe deciso di rientrare in Sud Africa per presentarsi
davanti al tribunale. Boesak ha sempre respinto le accuse e in
un intervista rilasciata lo scorso anno ha dichiarato che i fondi erano stati rubati dalla «gente che lavora per me». Dopo
I abolizione dell apartheid. Alian Boesak, che era un persoinfluente nel Congresso nazionale africano, era stato
proposto dal governo nel 1994 per diventare ambasciatore
presso le Nazioni Unite a Ginevra ma aveva dovuto rinunciare dopo lo scoppio dello scandalo. (eni)
^ Usa: ¡ cattolici romani vorrebbero
più democrazia nella vita della chiesa
NEW YORK — Secondo un sondaggio deU’istituto GaJIup,
una fortissima maggioranza di cattolici americani attende dal
prossimo papa maggiore democrazia nella vita della chiesa II
78% pensa che egli dovrebbe accettare consiglieri laici e il
69% ritiene che i preti dovrebbero avere il diritto di sposarsi
II 65% delle persone interrogate è del parere che i vescovi do
webbero essere scelti dal clero e dai laici e che l’ordinazione
delle donne dovrebbe essere possibUe. Per il 58% i vescovi locali dovrebbero avere più potere. (ar)
■ Belgio: i protestanti riaffermano la loro
missione di «ambasciatori del Cristo»
BRUXELLES — AU’inizio dello scorso dicembre si è svolto il
Smodo della Chiesa protestante unita del Belgio (Epub),
aperto dai messaggio del pastore Vanescote, presidente del
Consiglio smodale. Nonostante gli scandali, il genocidio
m^des^ le restrizioni finanziarie e la mancanza di visibilità
dell Epub, il «piccolo gregge di fedeli» non può perdere la
^eranza. «Al contrario - ha detto con forza il presidente - di
fronte alla crisi generalizzata, bisogna osare rimettersi in questione, tornare alla missione fondamentale della chiesa, ossia
essere degli ambasciatori del Cristo presso donne e uomini di
questo mondo, in particolare presso i più poveri». Questa
rmssione implica per la chiesa di rivedere le proprie priorità'
«Quale chiesa costruiremo domani?» si è chiesto il presidente. Il Smodo ha discusso del posto dell’Epub nei media e in
particolare m Internet. La seconda giornata è stata dedicata
al tema della Riconciliazione. La terza giornata ha dibattuto
un documento del Consiglio sinodale riguardante la Chiesa
protestante belga «in marcia verso il XXI secolo». (spp)
Europa: sì al riposo domenicale
SimSBURGO — Il Parlamento europeo ha riconosciuto
nel dicembre scorso il «carattere speciale deUa domenica in
quanto giorno di riposo», il che infirma una sentenza della
Corte europea di giustizia che aveva annullato la decisione di
un tribunale ritenendo che non ci fossero ragioni di salute o
di sicurezza per mantenere il riposo la domenica... Il Parlamento europeo ha votato invece una risoluzione che chiede
agli stati rnembri che essi «tengano conto delle tradizioni e
dei bisi^ni culturali, religiosi, sociali e familiari dei loro clttadmi e che venga riconosciuto il carattere speciale della domenica come giorno di riposo». (Réforme)
■ Francia: Premio internazionale
per il film «La Colline aux mille enfants»
NEW YO^ —Jean-Louis Lorenzi, regista del film «La Colune aux mille enfants», che narra la resistenza protestante di
ffionte al nazismo durante l’ultima guerra mondiale, nella cittadina ffi Le Chambon-sur-Lignon, nelle Cevenne, è stato insignito dell «International Emmy Award» 1996 per la migliore
finzione. L «International Emmy Award» è U premio americano piu prestigioso dedicato a un’opera televisiva ed è l’eauivalente dell Oscar per il cinema.
4
PAG. 4 RIFORMA
VENERDÌ 31 GENNAIO 1997
tMérf.
La cella del carcere di Coblenza in un disegno di Schneider fatto per
i figii. Il testo dice fra l’altro: «Papà seduto nella sua veranda»
La chiesa tedesca e il nazismo
Una resistenza condotta
in nome dell'Evangelo
Oggi ancora, attraverso
queste memorie, Paul Schneider continua a parlare alle
giovani generazioni affinché
non dimentichino il baratro
di autodistruzione in cui
piombò l’Europa soltanto
cinquant’anni fa. È significativo che oggi in Germania,
nell’ambito della Chiesa evangelica, molte case pastorali, centri comunitari e scuole portino il nome di Schneider. A Monaco di Baviera
opera il Centro sociale «Paul
Schneider», che oltre a conferenze su temi di attualità
svolge un lavoro di sostegno
tra i disoccupati e persone
anziane. La memoria di Schneider ci aiuta a capire quanto sia costato opporsi a un regime di morte e distruzione.
Lo stesso vale anche per altri
(pochi) teologi come Niemöller 0 Bonhoeffer. La stragrande maggioranza dei credenti
piegò la testa o addirittura
applaudì come fece il triste
movimento dei «Deutsche
Christen» (Cristiani tedeschi),
che portò alla costituzione il
20 maggio del 1933 della
«Chiesa dei Reich», che abolì
l’Antico Testamento e introdusse il «paragrafo ariano».
Contro la prostituzione
della chiesa nacque nel 1933
il «Pfarrernotbund» (lega di
emergenza dei pastori), che
raccolse tra i pastori evangelici circa 7.000 adesioni. Era
il preludio della lotta della
Chiesa confessante di cui
Schneider fu il precursore
più coerente e radicale. Dai
protagonisti della triste stagione della nazificazione della chiesa non abbiamo nulla
da imparare, ma da chi vi resistette perché la chiesa ritrovasse la via delTEvangelo
ci nutriamo ancora oggi abbondantemente. In questo
senso quella battaglia di fedeltà è utile anche per noi e
ci ricorda che è necessario
vigilare affinché la parola di
Dio non diventi un mezzo
per dominare le coscienze,
sfruttarle e al limite annientarle, ma possa invece essere
accolta come un appello alla
libertà e alla responsabilità
nel costruire una società in
cui pace e giustizia non siano
più parole vuote.
In una lettera dal lager Schneider parla di sé, definendosi così: «Sono soprattutto
scolaro della parola di Dio, e
questo voglio continuare ad
essere» (p. 162). Ogni giorno
Schneider apriva la Bibbia
per una breve meditazione:
in quelle pagine trovò la forza
spirituale per opporsi al nazismo fino alla fine con un incredibile preveggenza. Nel
1932 infatti se pochi intuirono il baratro in cui stava scivolando la Germania quasi
nessuno ebbe il coraggio, come fece Schneider, di prendere pubblicamente posizione contro Hitler.
L'esperienza del pastore Paul Schneider, oppositore del nazismo
Scolaro della verità a Buchenwald
Esce anche in Italia il libro che ripercorre gli anni di testimonianza alla verità
nella Germania di Hitler. Un percorso di vita che è anche una predicazione
GIUSEPPE HATONE
^^TVOVEVA percorrere
«u
quel cammino, cammino di fedeltà pastorale nei
confronti della propria comunità, e poi cammino di testimonianza resa a Gesù Cristo, fino alla morte, fira coloro
che erano messi a morte. E la
cosa più grande è che questo
“doveva” si mutò per lui in
un “poteva”, in im privilegio.
Le catene della cella di Schneider, i ceppi della camera
di tortura dove lo portavano
erano (...) di carta. Gli sarebbe infatti bastato firmare un
foglietto, la dichiarazione che
accettava l’espulsione dalla
propria comimità, e le autorità, che nel lager ad ogni
quotidiano appello glielo ricordavano, rinnovandogli il
tormento, lo avrebbero rilasciato. E così avrebbe potuto...» (p. 16).
Sì, avrebbe potuto uscire
con una semplice firma da
quell’inferno di fame e di
morte (e con moglie e cinque
figli che lo aspettavano, chi si
sarebbe sentito di criticarlo?)
ma per la sua coscienza sarebbe stato un tradimento
della propria vocazione. Ha
ragione Heinrich Vogel, teologo della Chiesa confessante
che si oppose, con estremo
coraggio, al nazismo nel definire questo libro «im Cantico
dei cantici di fedeltà pastorale, un grande sermone che
esorta al pentimento e alla
conversione» (p. 12). Un libro
che, grazie alla Claudiana,
esce ora in Italia dopo che in
Germania ha già avuto almeno 15 edizioni. Per non dire
di articoli e libri apparsi in al
tri paesi su Schneider, coraggiosa figura di pastore e resistente. Si sa con certezza che
Bonhoeffer, saputo all’estero
dell’esecuzione a morte di
Schneider, anticipò il rientro
in patria per sostenere la
Chiesa confessante.
La vicenda racchiusa in
questa importante pubblicazione che oggi la Claudiana
propone al pubblico italiano
è semplice e nasce proprio
nei primi anni del nazismo
(quando era più difficile capire la natura idolatrica, razzista e genocida del fenomeno
che raccolse uno straordinario consenso), nella semplice
ma ferma opposizione di un
giovane pastore all’arroganza
di un capetto nazista. Ma dietro questa intransigenza c’è
in Schneider la forza della coscienza di tradizione luterana
(il «non posso altrimenti»)
che non smussa gli angoli,
non patteggia con il demonio. Nel 1939 un’amica di
Schneider, pochi giorni dopo
la morte cruenta avvenuta
per un’iniezione letale di
strofantina fatta intenzionalmente dal medico del lager,
scrisse alla vedova del pastore
queste parole che tratteggiano fedelmente il personaggio:
«Tutti noi, tutti, non facciamo
che fare compromessi su
compromessi, e tra noi invece c’è stato qualcuno che ha
voluto essere del tutto fedele,
fedele al suo Signore, fedele
alla sua fede» (p. 224).
Il libro scorre rapidamente,
tradotto con perizia da Teresa Franzosi che lo arricchisce
di numerose note utilissime
per chi non conosce a fondo
le vicende storiche dell’oppo
sizione evangelica al nazismo. Si tratta di una storia
autentica, non è un romanzo:
è una testimonianza ricostruita dalla stessa vedova di
Schneider (oggi ancora vivente, ha 92 anni e risiede
nello stesso paese di Dickenscheid, la comunità che il
marito servì prima dell’arresto), attingendo dal suo diario e integrando con alcune
lettere ricevute dal marito nel
lager. Ma con la Chiesa confessante Schneider non ebbe
un rapporto facile. La situazione era delicatissima e la
solidarietà nei confronti del
pastore contestatore non fu
immediata. In questa tensione Schneider scrisse al direttivo della Chiesa confessante
chiedendosi amaramente:
«Devo essere io, piccolo pastorucolo dell’Hunsrùck, a
testimoniare da solo allo stato che cos’è giusto?» (p. 180).
Anche nella vita quotidiana
del lager Schneider si oppose,
in numerose circostanze, agli
ordini del Lagerkommandant
(era l’unico a non togliersi il
cappello davanti alla croce
uncinata issata di fronte a
tutti i prigionieri allineati sul
piazzale) fino al punto di gridargli in faccia: «Lei è un assassino che sta perpetrando
un genocidio! Io l’accuso dinanzi al tribunale di Dio! Io
l’accuso dell’assassinio di
questi prigionieri», e poi enumerava i nomi delle vittime
che erano state uccise nelle
ultime settimane (p. 199). La
direzione del lager tentò di
farlo passare per pazzo rinchiudendolo in isolamento
nel famigerato bunker di Buchenwald. Ma da quelle infer
riate, benché stremato da tredici mesi di bastonature e pochissimo cibo, faceva risuonare la sua voce. A Pasqua i
prigionieri sul piazzale dell’
appello sentirono quella voce
potente scaturire dalle viscere
di quell’inferno: «Così dice il
Signore: io sono la risurrezione e la vita!». Per farlo tacere
lo uccisero.
Nel 1939, quando il lager
restituì il cadavere alla famiglia, piagato dalle percosse
subite nell’isolamento durato
quattordici mesi, ufficialmente fu comunicato che il
decesso avvenne «per attacco
cardiaco» (p. 247). Al funerale
convennero duecento pastori
e migliaia di fedeli della Ghie
sa confessante. Si congedavano dal primo pastore resistente caduto; alcuni conti
nuarono a pensare che Sch
neider fosse stato troppo ra
dicale nella sua critica al regi
me; un mese e mezzo più tar
di, con l’invasione della Polo ■
nia, iniziava la seconda guei ra mondiale. La storia successiva dimostrò che l’intrai; sigenza di quel pastore ai
campagna nei confronti cel
sistema hitleriano non fu ¡ ccessiva. Il coraggio della verità è virtù rara anche tsa i
cristiani, soprattutto quanio
proclamare la verità irr.pi a
accettarne le consegueaze, i
disagi e i rischi sino in fondo.
Pagine da leggere!
(*) Margarete Dieteìtch Sciineider: Il predicatore Buchenwald, U martirio del pasios i
Paul Schneider (1897-1939).
Edizione italiana a cura di Teresa
Franzosi, con 13 illustrazioni
fuori testo. Torino, Claudiana
1996, pp 256, £ 32.000.
«Terrore e miseria del Terzo Reich» nella proposta di giovani attori milanesi
Il vecchio Brecht continua a interrogare le coscienze
PAOLO FABBRI
La famiglia del pastore nel 1936
COME si insinua la paura
negli animi, fino a impregnarli di un veleno impalpabile, che supera gli affetti
più profondi per sostituirli
con il sospetto? Come si portano i genitori a diffidare di
un figlio, una fidanzata del fidanzato, uno studioso del
proprio collega? Come si
porta un giudice a non capire più che cosa sia la giustizia, perso nella palude dei
dubbi fra l’applicazione rigorosa della legge e la difficile
comprensione di quale sia la
sentenza più conveniente al
potere? Come riesce un sistema di potere a condizionare
nel profondo la vita delle
persone, anche nelle manifestazioni più intime, fino a sostituirsi alla stessa coscienza
diventando una nuova coscienza-paura a cui solo pochissimi sanno ribellarsi
conservando un saldo riferimento ai propri valori?
Sono questi ^i interrogativi
a cui cerca di rispondere Brecht con la sua opera teatrale
Terrore e miseria del Terzo
Reich*, scritta durante l’esilio
traendo spunto dai fatti di
cronaca, dalle notizie dei protagonisti, dalle proprie esperienze. Proprio la gente, dalla
cameriera al giudice, dal fisico al parroco, dall’autista ai
genitori piccolo-borghesi, è
protagonista dei 24 quadri
che compongono il lavoro
completo: ci sono due genitori che, sulla base di futili indizi, senza avere fatto assolutamente nula contro il potere
nazista, arrivano a sospettare
che il figlio intenda denunciarli. Ci sono i due fisici ter
rorizzati al pensiero di avere
preso in considerazione le
teorie dell’ebreo Einstein. C’è
l’operaio sul letto di morte
che chiede al parroco se «di là
ci sarà libertà», mentre la moglie gli raccomanda di tacere
per non comprometterli con
domande pericolose.
Insomma la paura che cresce, si trasforma in terrore di
fronte alla tracotanza spesso
subdola dei seguaci di Hitler,
si traduce in miseria morale,
nella perdita della propria
stessa identità. C’è però anche la donna che, ricevuta la
notizia che il fratello è morto
nel corso di un’esercitazione
militare, rifiuta di ignorarne
la morte come le viene consigliato e decide di non rinnegare il sentimento fraterno
piangendo la scomparsa del
proprio caro anche in faccia
ai nazisti. È questo testo
complesso, potentemente
incisivo per l’atmosfera cupa
che costituisce il filo conduttore di tutti i quadri che gli
allievi della Scuola di arte
drammatica «Paolo Grassi»
di Milano hanno scelto come
prova d’esame sotto la guida
di Gigi Dall’Aglio, regista del
Teatro stabile di Parma, costituendosi poi in associazione per portare lo spettacolo
al pubblico, tentando così un
primo confronto. I quadri da
24 sono stati ridotti a 14, sia
per contenere il tempo complessivo, già notevole con la
riduzione, sia per togliere alcune situazioni troppo specifiche dell’epoca, presentando la prima esecuzione il
14 gennaio.
Lo stile, l’approccio alla recitazione, è molto vicino all’idea brechtiana del fare tea
tro. Dice il regista Dall’Aglio:
«Se veramente si vuole usare
un testo cercando tra le parole la pulsione teatrale preletteraria che ha mosso l’autore,
siamo obbligati a cercare in
noi quei legami di lontana
parentela con lui che ci permettono di avere un’opinione e un giudizio nostri, tali da
poter corrispondere il perfetta onestà intellettuale a ciò
che si legge nel testo (...).
Tutto il segreto sta dunque
nel mostrare quello che si sa.
Questi giovani non sono mai
stati in esilio, ma hanno cercato che cosa nel testo li riguardasse (...). E non l’hanno
cercato attraverso l’analisi logica del testo, ma attraverso
l’analisi fisica della recitazione e attraverso la verifica del
la concreta possibilità di abitarne il mondo».
Il risultato finale è coinplessivamente apprezzabile.
In alcuni momenti il pubblico viene effettivamente coinvolto nell’atmosfera cbe si
vuole rappresentare, in altri
la tensione cade e si avveri 3
che, nonostante l’entusiasmo
e il lavoro di approfondimento del testo, le situazioni rai)presentate sono molto lontane dal vissuto dei giovani attori. Resta comunque valido
lo stimolo alla riflessione che
Brecht sempre dona e di questo siamo riconoscenti ai giovani attori del «Paolo Grassi».
(*) Bertoldi Brecht: Terrore e
miseria del Terzo Reich. Regia di
Gigi Dall’Aglio, Milano, Teatro
dell’Elio, 14 gennaio-2 febbraio.
9e
gioventù evangelica
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VENERDÌ 31 GENNAIO 1997
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La Claudiana pubblica una monografia sul teologo e revisore della Diodati
Luzzi 6 la «simpatia» per la Parola
Professore di teologia sistematica alla Facoltà valdese fu anche un precursore
di molte iniziative ecumeniche che oggi sono diffuse anche nel nostro paese
EUGENIO STRETTI
//T Parola senza simpa\\±^tia (nel suo vero profondo e pratico significato)
non ha speranza di riuscita; e
una chiesa, fornita di scuole e
circondata da cucine e dispensari medici, è un raggio
dei più fedeli e nitidi di quel
ministerio di Cristo, che edificava, insegnava, sfamava
e guariva». In queste righe
scritte a un coilega, emerge la
profonda vocazione pastorale
di Giovanni Luzzi per la cultura italiana del ’900; principalmente un accurato biblista (cfr. la voce «Luzzi», Enciclopedia italiana Treccani,
appendice, 11, 236), per il nostro minuscolo evangelismo
un pastore attivo nell’evangelizzazione e nella diaconia a
Firenze dal 1887 al 1902, revisore della Diodati e traduttore in proprio delle Scritture,
interprete della teologia liberte, ecumenista sincero nel
dialogo con Roma, in perfetta
sintonia con il modernismo.
Siamo grati al teologo svizzero Hans-Peter Diir per questa interessante biografia*,
frutto di una tesi di dottorato discussa nel 1991 a Zurigo
presso la cattedra del prof.
Hans Friedrich Geisser, docente di Sistematica e Storia
della teologìa, con la fraterna
assistenza di Emidio Campi.
L’attualità del lavoro si focalizza attorno a tre aspetti del
pensiero di Luzzi: il pensiero
teologico, l’attività di biblista,
il dialogo ecumenico.
La teologia di Luzzi, dal
»1902 professore di Sistematica alla Facoltà valdese, si può
La Bibbia in dodici volumi
Un traduttore accanito
Giovanni Luzzi nel suo studio a Firenze
ricostruire secondo Dur, attraverso brevi pubblicazioni e
saggi su riviste e giornali; solo
all’età di 83 anni infatti pubblicò un testo di teologia sistematica La religione cristiana secondo la sua fonte originaria (Roma, 1939). L’idea di
un cristianesimo frutto di
una esperienza psichica del
divino e in cammino verso il
«summum bonum» rappresentato dal Regno di Dio è
presente in tutta la sua produzione teologica. Molto si è
scritto di questo ottimismo,
tipico della teologia liberale,
che non ha saputo cogliere le
due tragedie del nostro «secolo breve»; la prima guerra
mondiale e Tawento dei regimi fascisti. Tuttavia per comprendere l’intenzione teologica di Luzzi mi paiono interessanti le osservazioni che udii,
nel corso dei miei studi, da
Valdo Vinay; nella Firenze di
inizio secolo, fortemente influenzata a livello scientifico
dal progressivo affermarsi del
darwinismo, la preoccupazione del giovane sistematico fu
quella di coniugare l’escatologia cristiana con l’idea di
evoluzione; «Il porno in cui
tutti gli uomini vivessero la
vita come Dio la intende e la
vuole, il Regno di Dio sarebbe
venuto, sarebbe stabilito sulla
terra. Da tutto questo risulta
che il Regno di Dio è un ideale, il grande ideale che Gesù
ha dato agli umani, perché’
fosse loro di continua ispirazione» (p. 107).
In queste affermazioni vi è
un fraintendimento teologico
grave della venuta del Cristo:
Cristo viene, nonostante T
umana malvagità; tuttavia, al
di là dell’ottimismo antropologico, Valdo Vinay riconosceva l’intenzione di Luzzi di
cogliere, a differenza dei suoi
aridi maestri liberali, l’amore
di Dio manifestato esemplarmente nel racconto di Luca
15. Nella teologia di Luzzi
traspare sempre questo amore straordinario e unico di
Dio per noi, che nel suo ministero pastorale ha significato incontrare il volto del Padre nei poveri e sofferenti di
San Frediano, quartiere fiorentino più popolare.
Se il pensiero propriamente teologico di Giovanni Luzzi appare superato, la sua lezione di ecumenismo resta
invece attuale. Con Ugo Janni, Walter Lowrie e pochi altri, riteneva che compito degli evangelici in Italia non
fosse quello di incoraggiare
scismi all’interno della Chiesa cattolica. Gli stessi modernisti desideravano restare
cattolici, in una chiesa aperta
al contributo della moderna
ricerca scientifica e allo studio critico delle Scritture.
Questa apertura doveva avvenire in dialogo con i protestanti, nel rispetto delle reciproche tradizioni. Alfred Loisy, George Tyrrell, Ernesto
Buonaiuti, per citare solo alcuni nomi famosi, si riconobbero sempre nella Chiesa cattolica. Luzzi e i suoi amici
evangelici restarono isolati
nel loro progetto autenticamente ecumenico. Alla nostra
generazione, in un quadro
teologico differente, compete
il medesimo compito; dialogare in comunione con le sorelle e i fratelli di altre confessioni che, al pari nostro, sono
interessati alla riforma della
chiesa del Signore.
(*) Hans-Peter DOr: Giovanni
Luzzi (1856-1948) traduttore
della Bibbia e teologo ecumenico. Torino, Claudiana, 1996, pp
270, £ 39.000.
La Società biblica britannica e forestiera all’inizio del
secolo, trovando ormai superato il linguaggio della Diodati, nominò un comitato di
revisione nelle persone dei
docenti della Facoltà valdese
di teologia Giovanni Luzzi e
Enrico Bosio, docente di Esegesi e Teologia pratica. Il comitato di revisione nominato
il 4 luglio 1906 lavorò sino al
1922. Il testo fu stampato in
Inghilterra nel 1924 e diffuso
in Italia con il timbro; «Versione riveduta in testo originale dal dott. Giovanni Luzzi,
già prof alla Facoltà Teologica valdese di Roma». Su questo timbro, che creò il giusto
risentimento degli eredi del
prof. Bosio, esistono due versioni. Per il pastore Paolo Ribet, che nel 1976 si licenziò
in Teologia con una tesi su
Luzzi, il timbro venne apposto dallo stesso Luzzi; per
Hans-Peter Diir la Società biblica trattò direttamente con
le autorità fasciste, all’insaputa di Luzzi.
In ogni caso pare opportuno, a distanza di oltre settant’anni, riconoscere che il
lavoro della revisione della
diodatina fu collettivo, tanto
più che alcune varianti proposte da Luzzi non furono
incluse nella versione definitiva. A questo proposito egli
pubblicò a Poschiavo nel
maggio del 1944 Dieci esempi per dimostrare che la Bibbia va di quando in quando
tradotta a nuovo o riveduta
nelle sue versioni usuali. Alcune di queste proposte alternative alla Diodati furono
accettate, altre respinte (Dùr,
pp 165-170).
Contemporaneamente dal
1909 al 1931 Luzzi tradusse e
commentò in proprio l’intera
Bibbia, dodici volumi nei
quali profuse le energie mi
gliori. La Bibbia, e qui Luzzi
fu grande anticipatore dei
tempi, doveva essere ecumenica. Il 27 aprile 1909 nacque
la «Fides et Amor», associazione ecumenica in maggioranza cattolica e con una
rappresentanza della Chiesa
greco-ortodossa. Oltre 40 mila copie del Nuovo Testamento vennero inviate ai soldati italiani sul fronte e distribuite dai cappellani militari cattolici.
La traduzione ebbe vasta
eco in Europa. Scrissero a
Luzzi, tra gli altri, Eleonora
Duse, Antonio Fogazzaro,
Paul Sabatier, Mircea Eliade,
Adolf von Harnack. La gerar
chia cattolica, che in alcuni
suoi esponenti nutriva spiccate simpatie per il pastore
valdese, intervenne alla fine
alla luce del nuovo Codice di
Diritto canonico (1917), condannando la versione in nome del disposto del canone
1.399, n. 1, che proibiva ipso
iure le versioni non cattoliche
delle Scritture. La traduzione
di Luzzi, giunta al termine di
25 anni di duro lavoro biblico,
meritò il successo e la menzione del suo autore nell’Enciclopedia Treccani, (e.s.)
fe Intervista^al pastore metodista Sergio Aquilante, presidente del «Centro studi per il cristianesimo sociale»
Una democrazia vive se si riconosce un ruolo alle minoranze, anche a quelle religiose
. PIERA ECIDI — Pun fn.rp nijnlrìio ocoryivììr,? a— ... ........
STATO, chiese, pluralismo,
unità nazionale, laicità,
democrazia; su questi temi di
grande attualità abbiamo
chiesto l’opinione del pastore
Sergio Aquilante, presidente
del «Centro studi per il cristianesimo sociale».
- Partiamo dall'unità nazionale: che cosa hanno da
ditegli evangelici italiani?
«Propongo qualche esempio. 11 giornalista cattolico
Vittorio Messori, in un’intervista al “Corriere della Sera”
diceva che "dalle Alpi alla Sicilia noi siamo uniti da lingua, cultura, tradizioni religiose. Questa è l’unità nazionale che non può essere infranta. Lo pensava anche Pio
IX; il suo progetto era per il
rafforzamento dell’unità culturale...”. Ma è proprio questa unità in cui hanno tanto
peso, soprattutto nel Mezzogiorno, le tradizioni religiose,
che costituisce un nodo da
sciogliere; la religiosità cattolica, se è vero che è cemento
della nostra unità determinando scelte e comportanienti, produce una contraddizione, che già gli evangelici
deirsoo avevano ben colto.
Valga per tutti il pastore metodista Pietro Tagliatela, che
•n un suo discorso a Napoli
nel 1878, tenuto in memoria
di Vittorio Emanuele II, parlava di una "contraddizione
spaventevole, il nodo del
sentimento patrio in urto
t'iolento, sordo, contro un
Sentimento che chiamano religioso ed è profondamente
Pagano e idolatrico...”. È
dunque anche questa religiopà che va "riformata”».
- Può fare qualche esempio?
«La rivista “Liberal” nello
scorso agosto pubblicava una
lettera dei vescovi cattolici sul
Mezzogiorno che è del 1974,
ma non fu mai pubblicata se
non vent’anni dopo. In essa si
nota come la gran massa della popolazione abbia "una religiosità formalistica e esteriore, che si riduce a far battezzare i propri figli, a sposarsi in chiesa, a chiedere il funerale religioso, ad ascoltare
la messa a Natale e a Pasqua,
ad andare in pellegrinaggio a
qualche santuario, a celebrare con fasto le feste patronali,
a prendere parte a qualche
processione. Si tratta di una
religiosità in cui è ben difficile dire quanto ci sia di vera fede soprannaturale e quanto
di sentimento religioso puramente naturale: poiché in essa più che l’amore predomina
la paura; più che l’adorazione, la lode e il riconoscimento della grandezza di Dio predomina la ricerca dei suoi favori; più che la fede in Dio e
in Cristo predomina la ‘devozione’ a Maria e ai santi, più
che la richiesta di benefici
materiali, prima di ogni altro
la salute... E naturale che una
religiosità di questo tipo cada
spesso nella superstizione e si
unisca e si confonda con pratiche magiche”. Questa analisi sfonda da noi una porta
aperta; ci chiediamo, però,
dov’erano i vescovi cattolici
quando nasceva e cresceva
questa religiosità che ora criticano? Ma questa domanda
oggi Taccantoniamo, la situazione è diversa, c’è l’ecumenismo: ciò che ci interessa
oggi è mantenere Tanalisi».
- Pesta però il problema
della nazione...
Un comizio di De Gasperi nel 1948
«Su questa linea è interessante andarsi a rileggere lo
storico Galasso, nella sua introduzione alla “Storia dell’età barocca” di Croce, recentemente ristampato, in
cui sostiene che bisogna essere grati alla Controriforma,
perché ha mantenuto l’unità
del paese rispetto ai pericoli
di disunione e frammentazione rappresentati dalla Riforma: "Noi italiani (...) avremmo qualche motivo di storica
gratitudine verso la Chiesa
cattolica e i gesuiti, che spensero le faville delle divisioni
religiose qua e là accese anche nella nostra terra, impedirono che agli altri contrasti
e dissensi si aggiungessero tra gli altri anche quelli di
religione (...) e consegnarono l’Italia ai nuovi tempi. La
Chiesa di Roma mantenne
una forte disciplina etica nei
popoli sui quali si stese la sua
tutela, conservandoli all’antica fede (...) ancora oggi continua a adempiere molteplici
uffici morali e politici, che
non si saprebbe in qual modo, almeno per adesso e per
lungo tratto di tempo, sostituire; ancor oggi l’opera della
Controriforma matura frutti
di utilità sociale”».
- Il nodo del concetto di nazione, in Italia, è quindi da ricondursi a quello di Controriforma?
«Si dimentica l’apporto dato dal iiostri padri al Risorgimento italiano; resta comunque il fatto che, se sul piano
della "religione” le cose stanno come sopra si dice, e non
abbiamo motivo di dubitarne, è chiaro che il nostro popolo non è interessato al nostro “evangelizzare”. Anche
se la situazione, come accennavo prima, va mutando sul
versante della “religione egemone”; l’ecumenismo progredisce anche da noi, e dobbiamo registrare un cambiamento di clima, specie nei
confronti del “protestantesimo storico”, e questa è la linea della prossima assemblea ecumenica di Graz».
- Qual è perciò la contrad
dizione tra questa realtà della storia e il cammino intrapreso?
«La nostra cristianità sembra dunque che si awii a essere "corale”. Ma l’accettazione di questa "coralità” comporta la rinuncia alla pretesa
di una monolitica unità spirituale, culturale (cattolica) degli italiani; ma è proprio questa pretesa che stenta a scomparire. Insomma, per tanta
parte del nostro popolo, sia
sul lato religioso che su quello
laico, le nostre chiese continuano a essere sostanzialmente un elemento “estraneo”, “straniero”. Non si
chiede più di cacciarle dall’
Italia; esse hanno conquistato
il diritto a “esistere”, a “parlare”, ma questo diritto in definitiva ha validità solo dentro i
recinti; alle volte anche invitate a parlare in una scuola e
a partecipare a qualche tavola
rotonda, ma l’abitazione fissa
resta pur sempre la “riserva”»,
- E se provano a uscirne,
che cosa succede?
«Perlopiù (fatte tutte le eccezioni) l’indifferenza, la non
conoscenza, il silenzio, e soprattutto il non riconoscimento di un loro ruolo reale
nella nostra società. L’incapacità ad accettare che in
una democrazia che funziona
le minoranze vanno non solo
tollerate ma in primo luogo
ascoltate».
- E torniamo così di nuovo
al problema politico nel nostro paese...
«Sì, e se da un lato, riguardo al concetto di nazione,
avesse ragione lo storico Galasso, va pur detto: ma siamo
proprio sicuri che questa
unità si sia tradotta nello spi
rito di azione, nella coscienza
di nazione? O non è piuttosto
un’unità puramente superficiale, non entrata nella coscienza della gente? Negli
Stati Uniti, per esempio, le
contraddizioni scatenate dalla guerra del Vietnam non
hanno lacerato il concetto di
nazione. E, inoltre, perché da
noi l’opposizione è sempre
"altra”? Non c’è il concetto;
io sono governo, tu sei opposizione, ma siamo una comunità con uno stesso destino.
Che cos’è infatti una nazione
se non essere partecipi di
uno stesso destino storico? E
infine: la nostra carenza di
dernocrazia forse non ha radici molto lontane, appunto
nella Controriforma? Come
fa ad esserci il senso della democrazia in una cultura storica dove non c’è democrazia? Vedo che il senso della
democrazia non è penetrato
ancora profondamente nella
coscienza del nostro popolo;
c’è questa tendenza integralista costante con cui facciamo
i conti tutti i giorni e dove si
calpestano le minoranze nelle loro convinzioni più profonde. Sì, le minoranze sono
formalmente rispettate, ci
sono le Intese, T8 per mille,
ma non si riconosce alla minoranza un’autonomia di
ruolo; possiamo allora dire
che vive una democrazia?
L’arroganza delTintegralismo mi preoccupa: c’è un atteggiamento sbrigativo e rozzo; “Noi comunque abbiamo
vinto” e tolleriamo te, minoranza. Ma è possibile costruire una democrazia fondata
sui vincitori? La democrazia
vive se circolano le idee, se si
riconosce un ruolo reale a
chi vincitore non è».
6
PAG. 6 RIFORMA
VENERDÌ 31 GENNAIO 1997
Un'associazione impegnata nella tutela dei diritti dei detenuti
Fare comunità nel carcere e oltre
Il movimento creato da don Germano Greganti nel 1974 si occupa anche del
reinserimento nella società e della limitazione del danno nelle tossicodipendenze
ALBERTO CORSANI
Ridare un senso alle parole «reato» e «reinserimento». Attorno a questi concetti si svolse per molti anni
l’opera di don Germano Greganti, scomparso da poco più
di due anni, fondatore dell’associazione «Carcere e comunità», che opera a diversi
livelli per il reinserimento dei
detenuti e per una loro vita
detentiva il meno possibile
penalizzante. Negli anni che
precedevano la contestazione
giovanile e studentesca, gli
stessi in cui un certo numero
di personalità atipiche del
cattolicesimo venivano malviste o emarginate, si formava
introno a Greganti un gruppetto di professionisti e sacerdoti da tempo sensibili al
problema carcerario: la loro
scelta sarà di costituirsi in
una vera e propria associazione, che avverrà solo nel 1974
per operare a favore delle
persone soggette a misure restrittive della libertà.
Da allora in poi, anche in
coincidenza e in conseguenza
della riforma carceraria, l’attività di don Greganti (che intervistai per Radio Beckwith
quando intervenne nel tempio valdese di Torre Pellice a
un dibattito sulla dissociazione dal terrorismo nel 1986) e
dei suoi collaboratori è sempre stata tesa a far riconoscere il principio che il detenuto
è comunque un soggetto di
diritti, in favore della differenziazione delle pene e delle misure alternative alla carcera
zione. Si tratta di concetti che,
incontrando magari un certo
consenso fra gli operatori e le
autorità, trovano difficoltà a
essere «digeriti» dalTopinione pubblica, pronta a indignarsi se qualcuno si interessa alle condizioni di persone
che meriterebbero ben di
peggio (secondo il sentire popolare). In realtà questo modo di reagire non tiene in considerazione il fatto che la carcerazione molto spesso è essa
stessa fonte e alimento di un’
accresciuta tendenza a delinquere, che la violenza della
promiscuità non può sempre
e comunque portare alla «redenzione», ma spesso induce
a ulteriori comportamenti criminosi una volta scontata la
pena. 11 detenuto, insomma,
rischia di «entrare nel giro»,
piuttosto che uscirne.
Proprio nell’ottica di avvicinare chi è in una condizione di marginalità e sembra rifiutare ogni soluzione «ufficiale» che gli venga offerta dalle istituzioni, si colloca una più recente iniziativa di «Carcere e comunità»,
in favore della strategia di «limitazione del danno» in materia di tossicodipendenze.
Se l’obiettivo delle strategie
contro le droghe è quello di
portare gli individui alla totale astinenza dalle sostanze
tossiche, è evidente che lo
scopo non sempre può essere
raggiunto con l’adesione del
soggetto. Molti accettano la
terapia in comunità, molti altri no; molti si fanno «seguire» regolarmente e con continuità dai servizi socio-assistenziali operanti sul territorio, altri rifiutano anche que
sta strategia, per scarsa consapevolezza, per ribellismo o
per delusioni precedenti.
A costoro è necessario dare altre opportunità, come i
«camper» che stazionano nei
punti caldi delle nostre aree
metropolitane (per esempio
la stazione Termini a Roma):
qui il tossicodipendente che
rifiuta altri tipi di intervento può trovare un contatto
umano, informazioni utili, siringhe pulite in cambio di
quelle usate, profilattici. I critici sostengono che in questo
modo si abdica al dovere di
reprimere i comportamenti
illeciti e/o distruttivi, ma affermando ciò si mantengono
legati all’idea che esista un
«tossicodipendente tipo» e
non una varietà di soggetti
ognuno con problemi specifici. Chi non vuole disintossicarsi o non se la sente di intraprendere un cammino terapeutico definitivo non deve
in ogni caso essere lasciato
solo, ma deve essere messo
nella condizione di non nuocere in maniera rischiosa a se
stesso e agli altri.
Questo significherà aumentare il numero dei possibili interventi e non perdere
per strada chi rimane escluso
(o si esclude) da quelli più
istituzionali. E magari un
giorno questo stesso soggetto, anziché cadere nell’ombra e nel sottobosco della
piccola (solo piccola?) delinquenza, accetterà di portare
in superficie la propria condizione, affrontandola secondo un’ottica più risolutoria.
WM Altri provvedimenti del nostro paese
Aiuto ai profughi
accoglienza per i disertori
Rom e la guerra nell'ex Jugoslavia
Sussidi per i rifugiati
TAVO BURAT
La legislazione italiana prevede da diversi anni il principio del «non respingimento»
dei rifugiati. A sancirlo è Tart.
7 della legge n. 39/90, con il
quale si proibisce l’espulsione o il respingimento alla
frontiera di uno straniero
verso uno stato in cui non sia
al riparo da persecuzioni a
motivo di razza, cittadinanza,
religione, opinioni politiche.
Successivamente, con lo
scoppio e poi con l’estendersi
esponenziale del conflitto
nell’ex Jugoslavia, una normativa specifica è stata approvata dal Parlamento ed è
stata introdotta con la legge
n. 390/92. In base a questo
provvedimento gli sfollati
provenienti da quelle zone
hanno avuto, negli anni della
fuga, diritto all’ingresso, senza obbligo di visto. Inoltre,
secondo quanto recita l’art. 2,
«La Repubblica italiana è impegnata a garantire comunque l’ingresso e l’ospitalità ai
giovani cittadini delle Repubbliche ex jugoslave che siano
in età di leva o richiamati alle
armi, che risultino disertori o
obiettori di coscienza».
Un provvedimento ancora
successivo è quello della Direttiva della presidenza del
Consiglio, in data 14 aprile
1994, che specifica alcune
norme esecutive per l’assistenza agli sfollati e le modalità secondo le quali l’Alto
Commissariato delle Nazioni
Unite per i rifugiati segnala i
casi e fornisce la documentazione necessaria a sancire lo
status del rifugiato. Ovviamente, nel novero dei rifugiati, più che in quello specifico
dei disertori, rientrano anche
i cittadini di etnia Rom.
Profughi serbi in fuga
Sulla base dell’iniziativa legislativa, ma prima ancora
delle mobilitazione degli
evangelici (la Fcei e le realtà
locali italiane, ma anche le
comunità come quella di Fiume), molte chiese evangeliche si sono mobilitate negli
anni della guerra per accogliere rifugiati o contribuire
con enti locali e associazioni
varie alla solidarietà con queste persone. Il Sinodo stesso
delle chiese valdesi e metodiste si è pronunciato nella sessione 1995 con un invito alle
chiese a promuovere presso
gli enti ecumenici iniziative
di riconciliazione, richiamando proprio la solidarietà a chi,
chiamato alle armi, rifiutava
la logica del nazionalismo e
della guerra. Ora molti profughi hanno trovato lavoro e sistemazioni stabili in Italia;
molti altri invece hanno intrapreso il percorso del ritorno, trovando una realtà sconvolta ma assumendosi responsabilmente il ruolo di
contribuire alla rinascita di
regioni dilaniate dal conflitto.
Circola in Italia la «leggenda metropolitana»
del sussidio governativo agli
zingari (Rom). Una campagna promossa dalla Lega
Nord è in corso con l’invio di
cartoline al presidente della
Repubblica, in cui si afferma
che il «D.L. 319 del governo
Prodi regala 35.000 al giorno
a testa a circa 10.000 zingari
Rom in cambio del solo onore che ci fanno con la loro
presenza». Si irride chiedendo a Oscar Luigi Scalfaro;
«Scusi presidente, come si diventa Rom?».
Ma tutto ciò è falso. L’articolo 1 del di 319 (reiterato il 5
agosto 1996), non contiene
alcun riferimento né ai Rom
né alla somma indicata, né
all’eventualità che tale somma sia data direttamente agli
aventi diritto. I forse 100.000
zingari Rom e Sinti presenti
in Italia (in grande maggioranza cittadini italiani e in
parte, invece, immigrati in
condizione più o meno regolare da diversi paesi europei)
non ricevono alcun sussidio.
Esiste invece una legge (n.
390 del 1992) che,secondo
quanto prevedono il buon
senso e gli accordi internazionali, ha stabilito di effettuare
interventi umanitari a favore
degli sfollati di guerra dell’ex
Jugoslavia: le 35.000 lire al
giorno devono essere venute
fuori da un calcolo a occhio e
croce del costo di mantenimento di uno sfollato di guerra in un centro di accoglienza. In effetti, degli oltre 50.000
rifugiati della guerra civile jugoslava oggi presenti in Italia,
di tutte le etnie, solo una piccolissima parte è alloggiata in
tali centri, dove ci si muove
nei limiti di un’assistenza mi
SCHEDA
Tutelare la dignità
Il nome «Carcere e comunità» esprime la scelta di schierarsi
a fianco dei detenuti e delle loro famiglie, e la consapevolezza
che la carcerazione non deve ledere la dignità del condannato
né sviluppare conseguenze ulteriori oltre a quelle espressamente previste dalla legge.
L'associazione svolge attività burocratica e amministrativa,
non solo successivamente ma anche durante l'esperienza detentiva del singolo, al fine di contribuire a garantire ai detenuti
la completa disponibilità dei diritti sanciti daH'ordinamento penitenziario. In particolare, presso la magistratura di sorveglianza si seguono le pratiche per ottenere i benefici delle liberazioni anticipate e iibertà provvisorie; le semilibertà (possibiiità per
il detenuto, che abbia scontato metà della pena comminatagli
e ha tenuto regolare condotta, di lavorare di giorno fuori dal
carcere); i permessi e i colioqui; la presenza ai processi.
L'associazione si attiva solo su esplicita richiesta dei detenuto; in seguito a tale richiesta viene avviato un rapporto con avvocati, magistrati, educatori e organi competenti. Se a questa
fase segue un adeguato riscontro, gli operatori di «Carcere e
comunità» (volontari e obiettori di coscienza) si impegnano a
venire incontro alle necessità dell'interessato. Nelio specifico
delle attività lavorative, l'associazione ha appositamente contribuito a creare delle cooperative di lavoro attualmente operanti. L'associazione organizza inoltre corsi di formazione, occasioni di incontro, animazione e vita comunitaria, per accompagnare il detenuto verso una presa di coscienza deile proprie
risorse e verso ii reinserimento.
L'ultima discussione all'Olivetti
I lavoratori sono una
variabile dipendente?
ANGELO ARCA
nima, fornendo vitto e alloggio in locali a volte fatiscenti e
sovr affollati.
Nonostante i rifugiati di etnia Rom ammontino, secondo un calcolo del Consorzio
italiano per i rifugiati (Gir)
almeno al 15%, e costituiscano senza dubbio il gruppo
più bisognoso per la loro assoluta povertà e il rifiuto generale che li circonda, praticamente nessun Rom è stato interessato da interventi
umanitari fino al 1994, due
anni dopo le prime segnalazioni del loro arrivo dalle zone di guerra della Bosnia o
deila Serbia, dove hanno disertato in massa la chiamata
alle armi, e a tutt’oggi soltanto per poche centinaia, a Bologna, a Firenze e Roma (in
quest’ultimo caso, grazie a
un intervento del Comune e
del Gir in collaborazione con
il Consorzio italiano di solidarietà), sono appena cominciati gli interventi di «emergenza»; assistenza sociale, protezione dei minori,
aiuti al rimpatrio, ecc.
In altre zone del paese decine di migliaia di persone
versano in condizioni penose. È necessario quindi impegnare i fondi stanziati per
quelle «forme alternative di
assistenza» previste dal decreto 319, realizzando progetti atti a favorire l’inserimento dei profughi rielle
realtà locali. Il progetto di trasferire finanziamenti ai Comuni per accoglienze di piccoli nuclei, finalizzato a assicurare l’integrazione degli
sfollati, è ora bloccato perché
il Parlamento non ha convertito in legge il decreto. La situazione è sanabile se il Parlamento non si farà condizionare dalla campagna messa
in atto dalla Lega Nord.
Nel pomeriggio di lunedì
20 gennaio l’amministratore delegato della Olivetti, Roberto Colaninno, e Edward Gottesman, promotore
della holding industriale
americana Centenary, hanno
annunciato la firma di un documento d’intesa per la cessione della divisione Personal
Computer Olivetti alla lussemburghese Piedmont International, al cui vertice come presidente esecutivo è
stato chiamato Gianmario
Rossignolo, presidente della
Zanussi; a fine febbraio il
contratto di vendita.
Questo è in sintesi quanto
c’è di ufficiale sull’ultima dismissione operata dai vertici
dell’azienda di Ivrea. I giornali hanno diffusamente ripreso la notizia riportando
interviste ai protagonisti dell’operazione e tentando (e
continueranno a farlo nei
prossimi giorni) previsioni
sul futuro della ex divisione
Personal Computer.
Credo che le previsioni in
questi frangenti siano estremamente difficili, soprattutto
quando non si dispone di
quei dati «top secret» che sono alla base delle strategie
delle imprese. Cautela, quindi, nell’azzardare ipotesi sul
futuro; una cautela fortemente preoccupata come
quella che si sente parlando
con le donne e gli uomini che
lavorano allo stabilimento di
Scarmagno: «Così non si poteva andare avanti»; «La cessione era inevitabile»; «Speriamo che chi [Gottesman]
ha fatto di una fabbrica di biciclette in fallimento l’industria leader nel settore delle
mountain bike sappia risolvere i nostri problemi»;
«Quanti degli attuali 1.750 lavoratori potranno servire alla
nuova società?»; «Sappiamo
poco, bisogna aspettare e capire le intenzioni della nuova
proprietà».
Anch’io credo che al momento sia necessario essere
cauti nell’azzardare un pa
norama di quello che succederà. Su un fatto però ritengo
di non dover essere cauto,
quello dell’occupazione.
Dalle dichiarazioni dei protagonisti dell’accordo, riportate dai mezzi di informazione, si apprende dell’interesse
degli acquirenti di disporre
per almeno vent’anni del
marchio Olivetti «forte e rispettato in tutto il mondo»,
la disponibilità dello stabil
mento con un contratto di
affitto di quattro anni (e poi
che cosa succederà?). Ir; convinzione che il settor ’ tornerà a generare profitti; <n
si parla invece delle donIl^ e
degli uomini che vivono o
fabbrica, della professionr:
lità del personale, di quei
1.750 superstiti dei precedenti tagli operati dalla ge
stione De Benedetti.
Di fronte alla domanda su
che cosa sarà dell’occupazione dopo le prime generiche
rassicurazioni («Per il momento non ci saranno riduzioni di organico») si rimanda al momento in cui «il nuo
vo management, dopo aver
messo a punto il piano opi rativo e i piani industriali, deciderà che cosa fare del personale». Ancora una volta mi
sembra che fra le innumerevoli variabili che operano
nell'equazione che regola la
gestione dell’impresa l’occupazione sia considerata una
variabile dipendente, conseguente. E questo mi preoccupa. So che l’economia ha le
sue regole e che considerare
l’occupazione conseguente
ad altre variabili, profitto,
mercati, ecc., è oggi una di
queste regole. E questo mi
preoccupa ancora di più.
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Spedizione in a.p. comma 26
art, 2 iegge 549/95 - nr. 4/97 - Torino
In caso di mancato recapito si prega restituire
al mittente presso l’Ufficio PT Torino CMP Nord.
L Editore si impegna a corrispondere il diritto di resa.
Fondato nel 1848
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parole, speranze talvolta deluse circa i lavori
possibili in vai Chisone, impegno da parte di enti turistici e
amministrazioni, finalmente si passa alle gare; domenica
sera si apriranno i campionati del mondo di sci alpino al
SesTriere. Per due settimane il Colle dell’alta vai Chisone
(o busa) sara al centro dell’attenzione degli sportivi. Saranno 1 Mondiali delle gare in notturna. Saranno ancora i
Mondiali di Alberto Tomba o le soddisfazioni, per l’Italia,
arriveranno piuttosto dalle ragazze? Certamente per Sestriere questo avvenimento è il coronamento di una rinascita iniziata poco più di dieci anni fa; che cosa resterà dopo
questi campionati? Piste e strutture rimesse a nuovo, un villaggio degli atleti da 450 posti letto che serviranno anche,
dopo, agli sciatori della domenica. Le ruspe hanno lavorato
molto (troppo?); del resto i Mondiali sono arrivati al Sestriere anche a causa della rinuncia della vai Gardena...
Di passaggio a Torino ho
incontrato casualmente
una sorella in fede legata alle
Valli. Ci siamo scambiati le
notizie «du pays», come si dice, e mi ha segnalato un fatto
su cui merita riflettere. Ho saputo, mi dice, che nel movimento di appalti per i prossimi campionati mondiali di sci
un giovane imprenditore della
nostra valle ha rifiutato affari
importanti per salvaguardare
la sua indipendenza. Ci intendiamo. Sappiamo come è fatto il mondo degli affari odierni, certe abitudini sono difficili da sradicare e probabilmente il lavoro dei vari pool
non avrà mai fine. Rinuncio,
avrebbe detto il giovane imprenditore, perché almeno così certe abitudini non entre
QUESTIONE DI RESPONSABILITÀ
LA TANGENTE
E LA MORALE
GIORGIO TOURN
ranno nel mio paese. Non ho
cercato di individuare questo
valdese odierno, resta il fatto
che lui e la sua famiglia hanno segnato un punto nella
battaglia dell’Evangelo perché essere onesti nell’Italia di
oggi non è più solo una questione di morale, di virtù, di
civiltà; essere onesti è diventato questione di fede. Nella
disintegrazione della nostra
società uno che ha il coraggio
di perdere, cioè non far soldi,
può solo essere ispirato dal
Signore, cioè dalla Verità, anche se personalmente non vede questo nesso ma si ritiene
LIRE 2000
solo una persona onesta. Ed è
il caso di ricordare che Gesù
disse che chi perde la sua vita
per la Verità dell’Evangelo la
trova poi? C’è chi guadagna
in un certo modo, che ben conosciamo, e finisce poi per
perdere non solo i soldi, ma
anche la vita. E c’è chi accetta consapevolmente di perdere, nel senso che non segue
l’andazzo generale, che ci rimette che poi finisce per guadagnare la vita.
E se l’informazione non
fosse vera, se ci fosse un equivoco, se tutto quanto fosse
stato inventato? Resterebbe il
fatto fondamentale che pensando a un imprenditore onesto lo si sia visto nelle nostre
valli. Responsabilità per chi
ci lavora!
jres
meo)
Piemonte
¿ in calo la
popolazio
scolastica
In 5 anni, dal 1990 al 1995,
la popolazione scolastica pie' montese è scesa da 607.991
unità a 552.501, determinando un calo complessivo di poco inferiore al 10%. L’unica
eccezione a questa tendenza
si registra nella scuola materna, dove l'incremento è stato
superiore al 2%. Le elementari, che contano 15.900 alunni
in meno rispetto al ’90-91, a
cinque anni dall’entrata in vigore della riforma hanno
l’80% delle classi «a modulo». Le medie inferiori segnano un ridimensionamento del
17% riicnire le superiori evidenziano una flessione media
del 9,4v< . È quella scientifica
la matuntù più consistente
(6.045), seguita dalla tecnica
commerciale (5.888) e tecnico-industriale (5.207). Il fanalino di coda è rappresentato
dall’istituto tecnico per il turismo con 24 diplomati nel
giugno del 1994.
I dati emergono dalla rilevazione statistica condotta
dall’assessorato regionale alla Cultura e istruzione in collaborazione con TIres, che
verrà consegnata al ministero
e alle istituzioni per un momento di riflessione anche in
vista dell’annunciata riforma.
Due sono i dati importanti,
come ha sottolineato l’assessore alla Cultura Giampiero
Leo; l'aumento delle iscrizioni alle scuole materne e il fatto che i ragazzi privilegiano i
diplomi legati aH’industria.
Tra l’altro il futuro inserimento delle scuole materne
fra il ciclo dell’obbligo vedrà
la Regione impegnata a superare la contrapposizione tra
pubblico e privato. Il secondo
dato potrebbe invitare a una
riflessione serena, come già
avviene in Piemonte, tra enti.
Sovrintendenze scolastiche e
provveditorati per suggerire
ni giovani anche gli indirizzi
più direttamente collegati al
futuro della nostra Regione.
Successo deiriniziativa del T circuito in collaborazione con la diocesi di Pinerolo
Cresce l'interesse per l'Assemblea di Graz
BRUNO ROSTAGNO_______
Andare tutti a Graz non si
può, ma si può trasformare il tema dell’Assemblea
ecumenica, in programma dal
23 al 29 giugno 1997, in un
impegno che coinvolga davvero tutte le chiese. A Torre
Pellice, la sera del 24 gennaio, il tempio valdese è discretamente pieno; piacevole
sorpresa; un incontro ecumenico, nel quadro della Settimana per l’unità, che riunisca
più di 300 persone, non lo si
vede tutti gli anni, almeno da
queste parti. È vero che i presenti arrivano un po’ da tutta
la vai Pellice e da Pinerolo,
qualcuno anche dalla vai Chisone, ma accontentiamoci;
parliamo di successo, non di
miracolo. Il carattere ecumenico è comunque ben visibile;
sono presenti cattolici, valdesi e altri evangelici. In prima
fila sono seduti il pastore
Mazzarella, sovrintendente
del r circuito, che ha organizzato la manifestazione, e
mons. Giachetti, vescovo di
Pinerolo. Al termine daranno
entrambi un saluto.
Al tavolo degli oratori Lui
Da sinistra: i pastori Giuseppe Piatone e Gianni Genre e ii vescovo
di Ivrea, Luigi Bettazzi
gi Bettazzi, vescovo di Ivrea,
ex presidente di Pax Còristi,
una vita spesa per la pace e la
giustizia sociale, e Giuseppe
Platone, pastore a Torino, ancora fresco dell’esperienza al
Servizio cristiano di Riesi e
ora, come vicepresidente della Federazione delle chiese
evangeliche, impegnatissimo
nella preparazione a Graz.
Platone parla della missione
di Tullio "Vinay, spiega il senso della riconciliazione con
una chiara esposizione teolo
gica, mentre Bettazzi ricorda
le grandi antitesi del passato e
accenna alle aperture del
Concilio Vaticano IL Platone
insiste su aspetti ancora trascurati anche nel documento
di preparazione a Graz, come
la riconciliazione con le donne (il tema del ministero ordinato nella chiesa!), il rapporto
con il mondo carismatico e
pentecostale. La riconciliazione non appiattisce ma mette in valore le diversità; «Ci
sono diversità incompatibili e
incomponibili, che portano a
divisioni dolorose e necessarie. Ma ci sono anche diversità compatibili e componibili; dobbiamo chiedere al Signore di saper distinguere le
une dalle altre». Bettazzi cita
la «convivialità delle differenze» di cui parlava mons.
Tonino Bello.
Gianni Genre, che ha presieduto l’incontro, aveva ricordato a tutti con vigore e
passione in apertura che la riconciliazione è la grande sfida
del nostro tempo, un tempo in
cui i contrasti si acuiscono e
lo sfruttamento della terra ha
raggiunto limiti intollerabili.
Platone corregge il documento di Graz; abbiamo bisogno
non tanto di gesti di riconciliazione quanto di una prassi,
cioè di un’azione perseverante
e continua; Bettazzi ricorda
come la «Dichiarazione dei
diritti delTuomo» del 10 dicembre 1948 sia dovuta alla
iniziativa di cristiani coerenti.
Oggi, dice, «dobbiamo essere
in grado di promuovere una
“Carta dei doveri’’, perché i
diritti non rimangano teorici e
la riconciliazione, dono di
Dio, produca dei frutti».
Sindaco di Pinerolo
Diciamo no
alla chiusura
del carcere
Atre quarti d’ora al di sopra della Balmo, in un bel vallone solitario, detto
VAlp, si trovano parecchie casette di pastori. Molto tempo fa, quelle casette erano abitate, nella bella stagione, dai fratelli R... Un ragazzo di Rodoretto, loro garzone, saliva un giorno lungo il sentiero
che segue la sponda sinistra del Riou Grò
ma, arrivato al torrentello Pourachiero
che scende ripido dal colle della Valètto,
vide in un pantano una zangola. Mi domando chi mai ha potuto far rotolare la
sua zangola fino in questo abisso!...
Sembra fatto di proposito; che si tratti di
una vendetta? si domandò il contadino. E
passò oltre senza cercare di soddisfare la
sua curiosità.
Giunto alle baite à&WAlp, chiese ai
suoi padroni se, per caso, avessero lasciato rotolare in quel tal posto la loro
zangola. Questi sospettarono subito qualche avventura straordinaria, perciò nascosero del loro meglio la loro sorpresa.
«Non abbiamo lasciato rotolare niente.
IL FILO DEI GIORNI
LA ZANGOLA
MARIE BONNET
ma andiamo a vedere la tua zangola.
Toh, siediti; devi essere stanco, ecco una
scodella di buon latte che ti aspetta».
Qualche tempo dopo, i fratelli R... vendettero VAlp e se ne andarono in città «a
fare i signori». Evidentemente avevano
trovato la zangola ben piena e i vicini
parlavano con invidia della favolosa
somma d’oro che i pastori avevano
estratto a fatica dal precipizio.
I fratelli R... sono morti, si sa, e la loro
famiglia è completamente estinta. Però,
anni dopo che il loro decesso era stato
dovutamente constatato, un giovanotto
di Rodoretto ebbe una strana visione. A
vendo dovuto salire all’A/p per un affare
urgente, nel tardo autunno, quando i pascoli erano deserti e le case chiuse, quale
non fu la sua sorpresa, nel vedere un uomo seduto vicino ad una baita, su una
trave sporgente!
Si avvicina e distingue nettamente la
sagoma ossuta di un vecchio con il berretto dei pastori, che agita metodicamente le gambe penzoloni. Lo sconosciuto si
volta e il nostro uomo riconosce perfettamente la fisionomia del più anziano dei
fratelli R... triste e pallida. Con un grido
di paura il giovane montanaro fugge a
precipizio e ridiscende a valle. Da quel
giorno, non ha mai potuto recuperare abbastanza sangue freddo da risalire al luogo del suo funesto incontro, ed evita persino di parlarne.
(Narrato da Francesco Tron, Rima, e da
G. P. Genre, Champ di Clot, Rodoretto,
in M. Bonnet, Tradizioni orali delle valli
valdesi del Piemonte, Claudiana, 1994).
Il sindaco di Pinerolo, Alberto Barbero, ha inviato al
sottosegretario alla Giustizia,
on. Giuseppe Ajala, una nota
in cui esprime il suo no alla
chiusura del carcere di Pinerolo ed elenca cinque motivi
contro il suo trasferimento a
Torino. Le motivazioni; innanzitutto il carcere torinese
delle Vallette, afferma il sindaco, non può rispondere, per
dimensioni e organizzazione,
ad esigenze di detenzione particolare, come la detenzione di
collaboratori di giustizia per
cui occorrono ancora le piccole case circondariali; inoltre la
casa circondariale di Pinerolo,
per i collegamenti che ha con
il territorio, costituisce un
esempio di corretto legame tra
il carcere e il territorio.
Pinerolo poi, continua il
sindaco, è riuscita a dotarsi di
infrastrutture «di rango» corne l’università e la scuola nazionale di equitazione), uscendo dalla condizione periferica; non può e non deve
perdere i suoi connotati di
leader del territorio circostante e pertanto difende anche il
suo carcere, che è un servizio
per tutto il circondario. Il sindaco pone poi l’accento sul
bisogno, previsto tra l’altro
nel nuovo piano regolatore, di
costruire un nuovo carcere a
Riva, vicino alla stazione.
«Ciò consentirà di realizzare
una struttura pienamente rispondente alle esigenze attuali di detenzione, rieducazione
e controllo, oltre a permettere
al Comune di disporre di ampi locali dell’antica casa circondariale per i propri uffici e
per la nuova sala consiliare».
In chiusura. Barbero sottolinea il fatto che nella casa circond^iale di Pinerolo lavorano più di 30 persone, che vivono per la maggior parte in
città; l’eventuale chiusura della casa creerebbe loro grossi
disagi di spostamento e problemi occupazionali.
8
PAG. Il
1E Eco Delle %lli ’^àldesi
VENERDÌ 31 GENNAIO 1997
I lavoratori della Cascami allo sciopero di fine settembre a Torino
(foto Pietro Romeo)
Campionati di sci: un servizio di cappellania attivato a Sestriere
Presenza evangelica ai Mondiali
PIERVALDO ROSTAN
CASCAMI: INCONTRO IN REGIONE — Non è certo risolta la vicenda della Cascami di Pomaretto, l’azienda tessile che nelle scorse settimane ha proposto il licenziamento
di metà degli addetti. Nel corso della settimana è previsto
un incontro in Regione per valutare le alternative; sabato
dovrebbe esserci una manifestazione in vai Chisone.
ANGROGNA: CAMBIO IN GIUNTA — Davide Simond,
vicesindaco con deleghe alla Viabilità e infrastrutture, Ambiente e Sport, si è dimesso dall’esecutivo per «problemi di
lavoro». Questa decisione ha messo in difficoltà la maggioranza che, dopo lunghe consultazioni, non è riuscita ad individuare all’interno del Consiglio un nuovo assessore; così avvalendosi delle facoltà previste dallo statuto il sindaco,
Jean-Louis Sappé, ha nominato quale nuovo vicesindaco,
con deleghe a Bilancio e Programmazione e Sicurezza sociale Ezio Borgarello, per lunghi anni segretario comunale
e in tempi più recenti consigliere comunale ad Angrogna e
assessore in Comunità montana. Il rimpasto di giunta è stato però più ampio, con nuova delega all’Ambiente all’altro
assessore, Piero Ricciarini (a sua volta esterno) e incarichi
specifici ai consiglieri Rostan (Urbanistica) e allo stesso
Simond (Viabilità e infrastrutture).
POMARETTO: PRELIMINARI DI OPERE PUBBLICHE
— Cinque progetti preliminari per altrettanti interventi sul
territorio sono stati approvati dal Consiglio comunale di Pomaretto lo scorso 21 gennaio. Il primo intervento riguarda
l’area attrezzata nella zona impianti sportivi; è stato redatto
un progetto di oltre 100 milioni per avviare il quale occorrerà che il Comune espropri alcuni terreni privati non essendo stato possibile risolvere la questione in modo diverso.
Anche per la sistemazione del parcheggio di via Carlo Alberto (zona cinema) sarà necessario avviare una pratica di
esproprio ma una volta acquisita e sistemata 1 area ne deriverà un importante spazio pubblico per i cittadini. Viabilità
e parcheggi anche al centro di un altro progetto: l’interveiito, per un importo di circa 250 milioni, migliorerà la viabilità di accesso all’ospedale e intorno al tempio creando nel
contempo spazi per la sosta dei veicoli. Con un ulteriore iiitervento di alcune decine di milioni verrà completata l’^gL
natura del torrente Germanasca in modo da rendere più sicuro un intervento a suo tempo finanziato dalla Regione
Piemonte. L’ultimo progetto approvato (con i voti contrari
della minoranza) è stato quello per l’adeguamento delle
scuole elementari alle norme di sicurezza: gli interventi prevedono in particolare: rifacimento del tetto (l’attuale è in
eternit), la costruzione di scale di sicurezza e di un elevatore, l’ignifugazione delle pareti. Il costo totale dell’operazione sfiora i 400 milioni e perciò verranno chiesti finanziamenti ad altri enti. Infine il Consiglio comunale di Pomaretto ha approvato due ordini del giorno, uno a favore del riconoscimento da parte della Regione dell’attività di pronto
soccorso dell’ospedale valdese, l’altro a sostegno degli operai della Cascami in lotta contro i licenziamenti.
«LA GUERRA DI BASTIAN» — «Il ricordo e le storie» è il
titolo di una manifestazione, organizzata dal Comune di Torre Pellice, dalla sezione locale dell’Anpi e dalla cooperativa
«La tarta volante», che si svolgerà sabato 8 febbraio a partire
dalle 15.1 partecipanti raggiungeranno la località Pra di Gay
dove avrà luogo la commemorazione delle vittime civili della valle; successivamente, alle 16,30 nell’aula consiliare, ci
sarà la presentazione del libro di Pierfrancesco Gili «La
guerra di Bastian», edizioni Alzani 1996, con gli interventi
del sindaco di Pinerolo Alberto Barbero e dell’assessore alla
cultura del comune di Torre Pellice, Claudio Bertalot.
UN VIDEO SUL QUEYRAS — Cultura, storia, ambiente, ma
soprattutto amicizia senza confini: sono questi gli ingredienti della serata di presentazione di un video sul Queyras,
svoltasi venerdì 17 gennaio nel tempio valdese di Torre Pellice su organizzazione del Cai Uget Valpellice e del Comune di Torre Pellice. Il regista documentarista francese JeanLuc Antoni, accompagnato anche da diversi protagonisti del
filmato, hanno presentato le bellezze ambientali e culturali
di questa vallata d’oltralpe nel tempio gremito di valligiani
e di una nutrita rappresentanza di francesi. Ancora una volta
sono stati molti i fattori di unione evidenziati nella serata; le
radici comuni presenti nelle due popolazioni transfrontaliere
sono chiari, non solo nel filmato ma anche nella realtà quotidiana e, per restare alle serata, nel canto che inizialmente
proposto dai bravi cantori del coro «La draia», ha poi unito
molti dei presenti. La videocassetta, in lingua italiana o
francese, della durata di circa 88 minuti, è in distribuzione
in Italia presso la libreria Claudiana di Torre Pellice. Il parco del Queyras ha ottenuto di recente l’approvazione della
nuova Carta del parco col prolungamento della sua attività
per almeno altri dieci anni; nel prossimo giugno la Francia
festeggerà i 30 anni dell’istituzione dei parchi regionali e i
20 anni dalla nascita del parco del Queyras.
Non ci sarà solo sci nelle
prossime due settimane
al Colle del Sestriere; accanto
alle gare, per gli atleti, ma soprattutto per le migliaia di
tifosi previsti per gli appuntamenti mondiali Comunità
montane, enti di turismo, associazioni hanno organizzato
per ogni giorno di campionato iniziative culturali e ricreative, dai concerti dei cori al
treno storico in vai Pellice.
Ci sarà anche un’altra presenza discreta ma significativa, quella delle chiese cattoliche e protestanti, impegnate
in iniziative di cappellania,
momenti di predicazione biblica. Non si tratta di una novità in assoluto, basti pensare
che le olimpiadi francesi di
Albertville videro la presenza
delle chiese cristiane in ogni
sito olimpico in collaborazione fra protestanti e cattolici:
allora i riformati (pochissimi
nella regione) furono ospitati
delle ehiese cattoliche. Anche
questa volta la presenza evangelica si realizzerà grazie alla
disponibilità del mondo cattolico. «È stato il vescovo di
Susa - racconta il pastore Luciano Deodato - a invitare
valdesi e battisti; dal canto
nostro abbiamo voluto organizzare la cosa come Federazione delle chiese evangehche
in Italia, a testimonianza di un
discorso più ampio. Del resto
dobbiamo tener conto che
buona parte del mondo dello
sci proviene da paesi (basti
[ pensare al Nord Europa e al
Nord America), dove gli evangelici sono fortemente
presenti e sotto diverse denominazione, dai luterani ai metodisti o ai battisti».
- Che cosa succederà al
Colle? Come si avvertirà la
presenza evangelica?
«A Sestriere esistono diversi nuclei di protestanti anche
se non c’è una chiesa costituita; speriamo che essi possano
entrare in contatto coi protestanti che verranno qui per i
mondiali. Come punto base
utilizzeremo la chiesa cattolica che si trova al Colle, la
chiesa di Sant’Edoardo; l’edificio è in una zona molto centrale e lì, oltre alle messe cattoliche, la domenica avremo
anche dei culti evangelici,
con supporto delle corali.
Ogni sera, verso le 19, ci sarà
un momento di riflessione biblica con canti e preghiere. Ci
saranno due giovani pastori
presenti al Sestriere come
“cappellani”; in particolare la
pastora di Pinerolo Anne
Zeli, di madrelingua tedesca e
ottima conoscitrice del francese e dell’italiano, e il candidato Eric Noffke che conosce
bene l’inglese».
- Ci saranno anche le corali della vai Chisone nella
serata del 12 febbraio, ma in
questo caso l’organizzazione
è della Comunità montana.
Donne in costume valdese
parteciperanno alle premiazioni. Avremo banchi libri o
spazi di distribuzione di materiale?
«Abbiamo preferito non
collocare dei banchi di libri
protestanti; metteremo delle
locandine che annuncino la
nostra presenza, una presenza
però che non vogliamo imporre. Se qualcuno sentirà il bisogno di un colloquio, un confronto, saremo disponibili».
- In una manifestazione co
me i mondiali, fra mille venditori di gadget, sponsor e spettacoli, insomma con un gran
«rumore di fondo», quale
spazio ci può essere per Dio?
«Se posso ricorro ad un’immagine che ha usato il vescovo di Susa: noi siamo lì come
la fontana del villaggio; se
qualcuno ne ha bisogno sa
che lì c’è l’acqua. Non faremo volantinaggio, non ne
vogliamo fare: la gente sarà
bombardata da migliaia di
sollecitazioni diverse. In
mezzo a questo clamore ci
può anche essere una ricerca
di fede che non deve andare
delusa; ci sono anche atleti
che hanno una fede non superstiziosa e che potrebbero
ritrovarsi nel percorso biblico
che proporremo. Penso che la
chiesa deve saper stare accanto ai vari momenti della vita
umana e lo sport è uno di
questi momenti».
Con la consapevolezza di
raccontare di un Dio che certamente non è divinità da
evocare prima di una competizione agonistica (come fanno spesso molti atleti), con la
speranza di poter comunicare
col vasto pubblico protestante
presente ai mondiali inizia
dunque quest’avventura di testimonianza che per chi proviene da lontano potrebbe anche rappresentare un elemento di sorpresa.
Iniziative
1-16 febbraio tutti i
giorni 10-12,30, 15,30-18,30,
20,30 -22,30 — Pragelato
per le vie del paese: Mostra
dei costumi tradizionali delle genti alpine.
1-16 febbraio — Usseaux: Animazione antiche
tradizioni lavorative (visite
su prenotazione tei, 012183073).
Domenica 2 febbraio
ore 15-15,30, 16,30-17, Sestriere, paiatenda: «Lou Magnaut», concerto di musica
popolare.
Lunedì 3 febbraio ore
19-20 — Sestriere, paiatenda: coro «Bric Boucle».
Martedì 4 febbraio ore
19-20 — Sestriere, palaterida; concerto del coro «Eiminal».
4, 7-11 febbraio ore 21
- Fenestrelle, piazza d'Armi del Forte: «Prigionieri
per una notte», visita-spettacolo al Forte, incontro
con il cardinale Pacca, con
lo scrittore Edmondo De
Amicis, con i forzati e i gendarmi, Pro Loco Fenestrelle.
Venerdì 7 febbraio ore
21,15 — Pragelato, palestra
comunale: concerto Baraban, musica tradizionale.
Venerdì 7 febbraio ore
15.30- 16, 17-17,30 —- Sestriere, paiatenda: «Lou Magnaut», musica popolare.
Sabato 8 febbraio ore
19-20 — Sestriere, paiatenda: «Badia corale vai Chiso ne», concerto.
9-15 febbraio ore 15-16
— Sestriere, paiatenda: «Le
teto aut», danze tradizionali valligiane.
Lunedì 10 febbraio 19
20 — Sestriere, paiatenda:
Costruire cantando, spettacolo teatrale musicale.
Mercoledì 12 febbraio
19-20 — Sestriere, paiatenda: corali valdesi delle Valli
in concerto.
Venerdì 14 febbraio
ore 21 — Fenestrelle, chiesa
parrocchiale; «Maurizio Fornero», concerto musiche
classica per organo.
Sabato 15 febbraio ore
16.30- 17,30 — Sestriere, pa
latenda: «Badia corale vai
Chisone», concerto.
Sabato 15 febbraio ore
21 — Sala Centro attività
Perosa Argentina: «Maccari
& Pugliese», concerto duo
di chitarre.
Presentazione del libro a Perosa
Medicina nelle valli
LILIANA VIGLIELMO
Non poteva mancare, nella sede della Comunità
montana a Perosa Argentina,
la presentazione del libro
«Malattia e salute. Medicina
popolare e ufficiale nelle valli
del Pinerolese tra Ottocento e
Novecento»: i quattro autori,
Avondo, Corsani, Laurenti e
Santoro hanno spiegato che il
libro è nato nelle valli Chisone e Germanasca come un veloce sguardo su una società
che si allontana sempre più
dall’economia agricola e si
inoltra nel complesso mondo
industriale. Cambiano così le
malattie, prima legate alla vita dei campi e magari trasmesse dagli animali domestici, poi originate dall’ambiente malsano delle miniere
e delle fabbriche. Il libro documenta anche le risposte ai
problemi sanitari date sia dallo stato italiano, che crea una
serie di servizi per la popolazione, sia dalle chiese. Troviamo così, fin dai primi decenni del secolo scorso, gli
ospedali di Pomaretto e di
Torre Pellice che sono ancora
sotto gli occhi di tutti, ampliati e dotati di una strumentazione sempre aggiornata. Anche i Comuni vengono incontro alle necessità dei cittadini
assumendo medici condotti e
riunendosi in consorzio per
dividere le spese; si prende
qui in esame il consorzio sanitario tra Pinasca, Inverso Pinasca e Villar Perosa, che
durò dal 1900 al 1928.
Accanto a queste strutture,
autorizzate dalle leggi, agi-scono i guaritori, singolari
personaggi che affermano di
possedere doti particolari al
confine con la magia. Malgrado i progressi della medicina ufficiale, i guaritori continuano ad operare ancora oggi, ottenendo a volte dei successi che non si riesce facilmente a spiegare. Nel libro si
accenna alla figura del medi<
co condotto, il maggior responsabile della salute sul
territorio, e delle svariate e
non sempre agevoli prestazioni che gli venivano richieste.
Tra i presenti all’incontro, la
prof. Elena Pascal ha rievocato le figure del nonno e del
bisnonno, i medici Amedeo e
Edoardo Rostan, che prestarono la loro opera di assisteiiza in vai Germanasca condividendo i disagi e la durezza
dell’esistenza dei valligiani.
Ed è pure costante in loro la
preoccupazione di favorire
opere culturali e sociali per
migliorare non solo la salute
ma tutte le qualità della vita.
Ristrutturazione della
Ancora un
piscina di Perosa
rinvio
Non ha ancora trovato una
soluzione soddisfacente il
problema della piscina di Perosa Argentina, dopo lo scioglimento per legge del consorzio stipulato a suo tempo
tra la Provincia di Torino e la
Comunità montana valli Chisone e Germanasca. Nella seduta del Consiglio della Comunità di venerdì 24 gennaio,
è stata presentata la convenzione tra i due enti che dovrebbero regolarne i rapporti
per una ventina d’anni, ma
l’approvazione è mancata, a
causa della difficoltà a trovare
uit finanziamento per la ristrutturazione.
La Provincia, ente proprietario, è disposta a finanziare i
lavori al termine dell’esecuzione ma non a assumerli in
proprio, la Comunità montana
potrebbe trovare i 700 milioni
necessari con un mutuo ma
non ha la proprietà delle strutture; la convenzione prevede
la possibilità di affidare a
un’impresa o a una società
che esegua le opere di ristrutturazione e poi prosegua nel
funzionamento ordinario: resta solo da trovare qualcuno
disposto a rischiare una somma simile in un colpo solo,
perché l’ente proprietario tende a fare economia sugli appalti. Conclusione: ancora un
rinvio e la nomina di una
commissione che studi il modo di sbloccare la situazione.
Buone notizie, invece, per
una struttura molto più semplice e cioè per il mattatoio di
Pomaretto. L’assessore Long
si è detto sòddisfatto di questi
primi mesi di funzionamento,
nei quali si è potuto constatare come un impianto di macellazione di facile accesso risponda alle effettive necessità
della popolazione.
Giuliano Pons, per il settore
socio-assistenziale ha poi illustrato l’assestamento del bilancio di previsione ’%. Dopo qver incassato altri contributi, il bilancio raggiunge
all’incirca 1 miliardo e 700
milioni per la competenza e
più di 2 miliardi di cassa.
Questi argomenti avranno
però una trattazione più precisa in una successiva seduta,
nella quale saranno anche fissate le rette e le altre modalità
di assistenza. In ultimo è stata
approvata una convenzione
con la Lega nazionale per la
difesa del cane, per la cattura
e il ricovero nel canile di Bibiana dei cani randagi. La
Comunità montana agi.sce pe[
conto dei Comuni che così
evitano di attrezzare cani!'
propri, in attesa che si costruisca il canile di Pinerolo.
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NOTIZIARIO DELLA FEDERAZIONE GIOVANILE EVANGELICA ITALIANA
LA POLITICA ? NOI !
L’ultimo campo studi aveva per titolo “Noi e
la politica”: sono passati due anni, ma il tema
è sempre da prima pagina. Provo telegraficamente a dare delle coordinate, qualcosa in
cui riesca a riconoscermi per un agire e un
pensare politico.
a) il personale è politico - il maggioritario
aumenta il distacco e il disinteresse verso la
politica. Votare è importante ma è l’atto meno
creativo possibile; quello che davvero conta è
quello che ci sta in mezzo, è il grado di soddisfacimento dei nostri bisogni materiali, affettivi, di relazione e reciproco riconoscimento.
Contano sì le dichiarazioni di intenti e le battaglie ideali {Baraldini libera!), ma conta ancor
di più la nostra vita quotidiana, le nostre speranze, gioie e dolori, fede e dubbio, momenti
di entusiasmo o di apatia e skazzo. Voglio
sottolineare l’importanza politica delle relazioni, come luogo di incontro/scontro con l’altro
.da noi, per un arricchimento reciproco. CoI minciamo a cambiare n<ii stessi/e, prima di
pensare di cambiare una società. Scusate la
citazione vetero, ma Che Guevara diceva;
“una rivoluzione che non cambi davvero la coscienza degli uomini non è una vera rivoluzione”.
Non c't piu un quadro teorico e un orizzonte ideale in nome dei quali si sacrifica tutto, a
partire dalle nostre storie personali. La presunta oggettività della realtà è l’errore fondamentale della sinistra marxista storica: sei oggettivo e parli del mondo quando non ti fai
prendere dal sentimento, elimini il tuo soggettivo come se fosse una debolezza, e la rivoluzione non tiene con sé chi è innamorato (vedi
M.Scorza, “La danza immobile”, Feltrinelli).
b) lo stato siamo noi - lo stato non è
un’entità mangia-soldi burocratica e lontana.
La Repubblica Italiana nata dalla Resistenza è fondila sul lavoro, non sull’impresa e
sulla ricche.’,za di pochi. Lavoro per creare e
distribuire icchezza, per ridare dignità e socialità alla p . rsone, un mercato del lavoro pienamente ine.;,ito nel sistema capitalista, ma
con alcune garanzie di base, contrattazione
sindacale su scala nazionale, lotta al lavoro
nero, al capolarato e all’evasione fiscale, tutela della maternità. Pur attraverso una necessaria riforma, lo stato deve fornire welfare,
specie quei servizi alla collettività che non
rientrano nella logica del privato; lo stato dovrebbe fare investimenti su lavori socialmente
utili, sulla prevenzione idrogeologica contro il
degrado del territorio e la logica delle emergenze, lottare contro la criminalità organizzata, trattare seriamente i giovani investendo
nella loro educazione e formazione al di là
della logica polli-in-batteria per l’industria di
domani, con incentivi al volontariato, una legge quadro sul no-profit, la riforma del servizio
civile, un sostegno più convinto a tutte le iniziative culturali e di socialità diffusa che fanno
parte della galassia giovani.
c) il futuro non è nostro - noi lavoreremo
sui nostri micro progetti, vivremo le nostre vile, i nostri momenti d’egoismo e le occasioni
di testimonianza. Sarà bello, e divertente.
^^a il futuro non è nostro, non lo è più, il
guarirò generale è dato. La globalizzazione
dei mercati, il processo di integrazione europea, l’effetto serra, la distruzione deH’ambien7 e lo sfruttamento indiscriminato e folle delle
risorse, sono tutti dati di fatto, stanno li, non si
^riibiano da oggi a domani. Bisogna abbandonare un’idea della politica giocata sulla besettimanale, e avere il coraggio di osare
®ul lungo periodo, anche se non paga politi
camente. Quale Paese mai voterà in elezioni
democratiche l’abbassamento del proprio
trend di vita, come unica soluzione pacifica e
non troppo conflittuale dei problemi globali di
sovrapopolazione e sovrautilizzo delle risorse
non rinnovabili ? In chi di noi, toccato/a nei
nostri privilegi e nei nostri portafogli, non scatta la sindrome del ‘perché proprio io devo dare il buon esempio ‘?
Bisogna riuscire a cambiare ottica, a ragionare sul lungo periodo, a far entrare nella testa della gente che anche tagliando drasticamente ora il numero di auto circolanti (roba da
fantascienza) e quindi le emissioni di C02
per i prossimi 30 anni l’effetto serra incrementerà solo per effetto delle emissioni pregresse
e dei tempi chimici del carbonio, è non è un
imbroglio dei politici né colpa di nessuno., è
così e basta, e ce lo teniamo. Sino a che il
nostro orizzonte ideale è la crescita del PIL
come segno di benessere, beh, non si va
molto lontani/e.
Il futuro personale è forse nostro, non quello collettivo, meno di una volta. Stiamo bruciando risorse ad una velocità folle. Quali diversi scenari a livello globale ?
Impariamo dalla politica delle donne, dalle
ONG che si incontrano a Pechino per denunciare la globalizzazione dei mercati nell’ottica
di un economia della produzione che è antitetica ad un’economia della riproduzione. Un
piccolo ospedale, un progetto di educazione e
prevenzione sanitaria in un Paese del terzo
mondo saranno “improduttivi” ma sono il pilastro deH’econo/n/a della riproduzione, una
goccia nell’oceano comunità internazionale
dove nuotano le orche multinazionali, ma senza tutto ciò faremmo ancor più ridere noi occidentali ricchi e ben pasciuti a parlare di “pace,
giustizia e integrità del creato”. Ma quale pace
nell’abisso di ricchezza, opportunità sociali.
n® 1
gennaio 1997
accesso alle risorse che ci separa dai 3/4
dell’umanità ? Quale giustizia nell’ennesima
abboffata natalizia, di fronte all’aumento vertiginoso del turismo sessuale e dello sfruttamento degli schiavi-bambini nella produzione
mondiale di giocattoli ? Quale integrità del
creato di fronte alla foresta amazzonica, a
Mururoa o ad altri cimiteri radioattivi ?
Forse è troppo facile fare l’elenco (e sempre per difetto I!) delle sfighe e dei disastri
presenti, passati e futuri... bisogna trovare il
coraggio di avere speranza, di andare avanti
giorno dopo giorno, di non credere di avere la
verità in tasca, di non sentirci soli/e nel mondo (ve la ricordate quella canzoncina da scuola domenicale, in cui si afferma candidamente
che con Cristo non siamo soli e sole nel mondo ? E se fosse vero, dopo tutto ?).
Nicola Rochat (Milano)
( 5ÊVI«azione [stiamo lAvÔMM&Ô/
Il 16.11.96 si è aperto a Roma un nuovo cantiere, diverso dai rumorosi cantieri del Giubileo, sicuramente più silenzioso. E’ quello che sta preparando il prossimo campo studi sulla testimonianza.
3 mezze giornate sono bastate per rendere
quanto mai evidente la difficoltà di trovare subito
linee comuni e collegialmente condivisibili; sapere ascoltare prima ancora di parlare rimane sempre la via migliore per portare avanti lavori di
gruppo.
La staff , si è lasciata al termine di questo primo
incontro fissando 5 punti su cui lavorare;
a) i soggetti della testimonianza: Noi e Dio; qual
è il valore e il limite della nostra testimonianza?
Ha bisogno Dio di testimoniare di se stesso?
b) i nessi tra testimonianza ed etica;
c) il tema del racconto, della narrazione e il toro
legame con l’idea di testimonianza (il titolo eh© è
stato scélto lo rimarca);
d) cosa testimoniamo;
e) come'testimoniamo.
Nel mettere a fuoco questi punti è nata l’idea di
un laboratorio che parta dal canovaccio di una
storia; una traccia aperta che andrà arricchita,
nel corso del campo, di elementi musicali, teahali, testuali...
J.fn altro impegno cii© la staff si è dato è di contattare 2 relatori di© possano, con i loro interventi, creare una tiasa di idee su cui confrontarsi
nello svolgimento dei campo studi. E’ importante
che una relazione sébia carattere teologico mentre l’altra vorremmo inquadrasse l’idea di testimonianza al di fuori dal vìssuto delle nostre chiese.
Abbiamo pensato a dei nomi ma è bene attendere delle conferme.
La speranza è che qpuesté brevi note informative
(a cui seguiranno attesi siano di stimolo ài gruppi «
interessati ad occupali^ del tema.
<storiee
testimonianze>
Bibliografia
Un aiuto concreto può essere la bibliografia
che abbiamo fino ad ora raccolto:
Passi biblici:
Matteo 8,1-4; Marco 10,17-31; Atti 4,1-31;
Atti 5,17-42; Il Timoteo 4,2 e 5. (Va bene anche tutta la Bibbia!)
Libri ed articoli:
M. C.LAURENZI, Linguaggio, soggetto,
laicità, in “Protestantesimo”, 3 (1993) od 162180.
D.BONHOEFFER, Etica, Queriniana, Brescia
1985, saggio “Le cose ultime e penultime”, in
part.pp.125-126.
D. BONHOEFFER, Resistenza e resa, Paoline, Cinisello Balsamo 1982: lettera del
18/7/44 pp.440-442; lettera del 21/7/44
pp.^5-447; poesia p.427.
E. JUNGEL, Dio mistero del mondo, umanità
di Dio come stona da narrare, qna riflessone
ermeneutica preliminare, Morcelliana, Brescia 1978.
N. DI BRESLAV, La principessa smarrita, i
sette mendicanti, Adelphi.
Musica:
Precious Lord (black-gospel, 1899).
99 POSSE; Tu lo chiami Dio”
EUGENIO FINARDI: “Uno di noi”, tratto
dall’album “Occhi”.
NOFX: “Heavy pettino zoo”.
Film:
dona che visse nella balena,
immagini:
Passaggio del testimone in una gara sportiva.
Da ricordare anche il documento sulla testimonianza redatto al Congresso Fgei 1996.
Ci auguriamo di© quanti più abbiano voglia
di intervenire sui Notiziario per dare il proprio
contributo di idee e per rendere comune questo percorso di preparazione al campo studi
Apreste!
per la staff: Enzo Marziale
10
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Hotiziariofgeì
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Al campo invernale di S. Severa si è discusso anche di Aids nell’ambito dell’impegno nella società. Importante è stato l’incontro con due volontari impegnati nella LILA (Lega Italiana per la Lotta contro l’Aids) che ha suscitato non poche domande e una discussione
interessante.
CRONACA DI UNA SORTE
ANNUNCIATA
Be, sapevamo che ci stava lasciando, anzi sapevamo che ci aveva già lasciato, e che era stata importante per noi. Sapevamo che sarebbe stato tutto da rifare, e che avremmo dovuto cominciare almeno da tre...
Cosi ci siamo incontrati il 9 di novembre: non c’eravamo tutti/e, anzi, mancava più di qualche
gruppo ma... “da 1ì sono venuti in 9! e non sono neanche federati/ei...”
Bene, allora iniziamo: il suo ultimo messaggio è stato: “Dire la fede" è anche per questo siamo
qui. Ma,... sembra un messaggio in codice!
Qualcuno crede di riconoscere il codice: “Sono anni che bazzico da queste parti e credo,...
credo... io credo!”
“Si, OK: ma più di qualcuno non capisce, è qui per la prima volta. Cerchiamo di non essere
troppo strani/e e soprattutto non spaventiamoli/e: ne andrebbe di mezzo 1 ’“organizzazione” e poi
addio iscrizioni!”.
Cosi per quasi tre ore restiamo a discutere con calma e sangue freddo (forse avremmo dovuto
accendere i! riscaldamento), giochiamo anche ma poi,., poi basta: stavamo iniziando a parlare di
Dire la fame. Certo, il codice era diventato universale, ma l'attenzione ...
Attenzione: non abbiamo ancora finito.
L’indomani mattina ci rincontriamo. Ci siamo tutti/e ma forse non con tutti i sensi perché votiamo la giunta e ricominciamo da 4, decidiamo di far ricircolare il Bollettino e, come se non bastasse, approviamo una mozione che ci vedrà impegnati/e anche nelle nostre comunità nel promuovere musica, canto, animazione teologica,... mozione che si attiene nei contenuti e nella forma
alle direttive proposte nell’ultimo congresso deH’“organizzazione”.
Bene: i’8 dicembre la nostra mozione è stata bene accolta e calorosamente approvata dall organizzazione regionale” della quale facciamo parte, nella quale dobbiamo essere vivi/e e presenti, e con la quale dobbiamo lavorare dopo la promozione al grado di RHCZ... ma non incomincia
a fare già caldo? ,, . ,
Virginia Marianiquez
e 3 cent’anni di amicizia
(Annie Urselli, Alberto Nicoletti, Viviana Arcidiacono)
IN VISITA A TRIESTE
Domenica IO novembre si è tenuto a Trieste un incontro tra i gruppi giovanili di UdineGorizia e Trieste, dopo mesi trascorsi a creare per questi gruppi l’occasione di rivedersi e
trascorrere una giornata insieme. Così, Udine-Gorizia, Trieste elvetico-valdese e metodista, si sono incontrati in una piovosa domenica nell’occasione del culto al tempio valdese;
la giornata è quindi proseguita con la visita alla chiesa serbo-ortodossa della città e una
breve passeggiata. Dopo l’abbondante pranzo preparato e offerto dai giovani di Triestevaldese si è fatto il consueto punto della situazione dei gruppi della regione, ovvero, dopo le varie presentazioni (fatte anche se ci si
conosce da anni), i singoli gruppi hanno parlato delle proprie realtà e delle attività svolte.
Il pomeriggio é proseguito con una passeggiata verso il castello di S. Giusto e una visita
al museo ebraico; visita particolarmente inte
ressante e costruttiva, specie nel suo momento di dialogo con il custode del museo circa le
usanze ebraiche. Subito dopo questa visita ci
si è salutati con la promessa di avere in futuro
altre giornate come questa. È stata, in ultima
analisi, una giornata trascorsa in allegria e
con la voglia di confrontarsi per poter arricchire le proprie conoscenze. Credo che anche in
altre regioni si senta l’esigenza di un maggiore contatto tra i gruppi della propria regione e
anche quelli di altre regioni, cosa, che mi pare
il gruppo Aleph di Torino aveva fatto notare al
Congresso Fgei. Vorrei esortare anche altri
gruppi a organizzare giornate come questa:
ne vale davvero la pena, sono esperienze
molto positive! poiché fa sempre piacere rivedere vecchi amici o conoscerne di nuovi, il
tutto poi, all’insegna del divertimento.
PREGHIERA: TESTIMONANZA? A(
Su questo tema, il primo week end di dicembre, i giovani del Triveneto si sono incontrati a riflettere, in occasione del consueto
Convegno Fgei. In questa occasione il numero del partecipanti é stato sorprendentemente
elevato, sessanta infatti i presenti, tra cui molti provenienti da altre regioni (Toscana, Piemonte, Lombardia...)
Sotto la guida di Elisa Vicentini, abbiamo
riflettuto sulla preghiera comunitaria, e siamo
partiti nel nostro percorso constatando la problematicità di questo momento aH’interno della vita di comunità. Culti, studi biblici, agapi
fraterne sono occasioni sempre ricche di momenti di preghiera comunitaria, ma troppo
spesso povere dell’inten/ento dei giovani. Come mai! Abbiamo provato a rispondere a questo interrogativo indagando al nostro meglio
l’orizzonte della preghiera.
A fare da battistrada nella nostra indagine
é stato l’approccio del Brain Storming: parole
in libertà hanno associato la preghiera comuitaria a diversi concetti guida. Primo tra tutti la
Paura. Questa é risultata la passione predominante nei giovani al momento di esporsi in
preghiera di fronte alla comunità. Paura nei
confronti dell’esterno, il giudizio della comunità, ma anche paura deH’interno, come tormentato rapporto con la nostra fede, come
immediato confronto tra l’altrui maturità di fede e la propria immaturità di fede Certamente
per molti la preghiera collettiva é apparsa intimamente legata a realtà come l’armonia, la riflessione, il dialogo, il sentirsi a casa, ma la
paura, il blocco della voce, la mancanza delle
parole, sono sembrati i denominatori comuni
del rapporto io-comunità nella preghiera .
Emozioni come queste hanno mostrato in tutta la sua luce la complessità del problema e
hanno destato in noi molte domande. Abbiamo realmente compreso questa essenziale
dimensione del pregare? Abbiamo mai vissuto un autentico rapporto con essa? E’ corretta
la nostra disposizione nei confronti della comunità? Abbiamo accolto il richiamo dell’essere comunità” Poche le risposte: mancanza
forse di una viva coscienza che la preghiera
non si riferisca solo all’individualità ma al
prossimo, che dunque la preghiera non “è
mia”, ma che forse “noi siamo della preghiera”. Nel tentativo di indirizzare la nostra riflessione, Elisa ci ha avvicinati ad alcuni testi biblici riferentesi al problema in questione. Abbiamo dunque letto e commentato insieme i
Salmi del “Noi” nelle due opposte situazioni
dell’Esilio (Salmo137) e del Ritorno in Sion
del popolo ebraico (Salmo 126), il Salmo 22,
Salmo di una sofferente che nonostante dubbi ed angosce si scioglie in un canto di lode in
mezzo all’assemblea, fondato sulla certezza
dell’amore di Dio per gli afflitti, la Preghiera e
la Danza di Miriam (Esodo 15, 20-21) che
contagiano tutte le donne creando una comunitaria esplosione di gioia e ringraziamento
per l’uscita del popolo dal Mar Rosso. Come
non rileggere poi, insieme. Il Padre Nostro,
preghiera che Gesù insegna ai discepoli e
che è espressa in prima persona plurale ad
indicarne l’autentica dimensione collettiva. Interrogandoci dunque sul nostro più o meno
radicato rifiuto della dimensione agapica del
pregare siamo giunti ad una possibile conclusione: la sfera delle nostre preoccupazioni
spesso include in se ogni aspetto della nostra
vita, anche la preghiera, manca una vera disponibilità alla comprensione della comunità,
alle ragioni ed alle esigenze della comunità
Non verrebbero forse meno molte nostre paure se tentassimo di avvicinarci maggiormente
al fratello ed alla sorella che ci sono accanto'?
Abbiamo allora provato, sempre con la guida
di Elisa, a porci di fronte ad una preghiera tipo
con lo sguardo dell’anziano della comunità,
dell’adolescente, dell’anti ecumenico e del
credente fervente; tipologie umane queste di
cui piene sono le nostre chiese, ma di cui raramente conosciamo i movimenti interiori.
Perché allora continuiamo nel nostro silenzio
giustificato dalla paura dei giudizi degli altri,
quando di questi altri sappiamo poco o nulla?
Forse una riflessione, quella svolta in due
giorni a Venezia, che abbatte un altro ostacolo 0 forse una riflessione che ne svela di sconosciuti. Ancora una volta, dunque, questi incontri si rivelano per quello che sono; appelli
ad una sempre più profonda conoscenza della nostra fede e del nostro essere parte integrante della chiesa.
Samuele Pigoni
Mario Colaianni(Gorizia)
postaHposta®postaSipostaisipostaHpostaBpostaEipostaHpostaE^postaKlpostaBipostaHpostaiapostaE3poslaEiposta®posta
TRAINSPOTTING: OLTRE IL SOLITO ZOO...
Scegliete la vita, scegliete un lavoro, scegliete una carriera, scegliete una famiglia,
scegliete un c...o di televisore gigante, scegliete lavatrici, automobili, lettori di cd e apriscatole elettrici ... scegliete di sedervi su un
divano a spappolarvi il cervello e a distruggervi lo spirito davanti ad un telequiz.
E alla fine scegliete di morire.
Ma perché dovrei fare una cosa del genere?
“Meglio un buco d’eroina” la risposta che,
potendo darebbero i protagonisti.
Un gruppo di ragazzi votati alla tossicodipendenza in una squallida e vuota Edimburgo. Ma non c’è nessuna falsa moralità in questo film che alcuni già definiscono “cult" e fa
un po’ paura che qualcuno scelga un buco in
alternativa al suo divano col telequiz II!
Anche perché i protagonisti non si fanno
vittime della società ma militano un certo orgoglio nell'essere tossici e non a caso dicono
“prendi l’orgasmo più forte che hai mai avuto,
moltiplicato per mille e comunque sei fuori
dalla realtà”.
Una frase forte ma ben resa nel film con
un suo abuso di immagini sfuocate o modificate con inquadrature grandangolo che rendono allo/a spettatore/trice l’effetto “trip”.
Non è un inno all’eroina, sarebbe troppo
facile per Damy Boyle creare il più classico
film scandalo che ormai non fa più botteghino.
Trainspotting è un film crudo, a volte duro
e la cosa più penetrante è la narrazione che
accompagna le immagini che, secondo me,
hanno in ceri casi poco bisogno di narrazione.
Vedi la scena del ritrovamento del cadavere
del piccolo bambino e uno di loro dice con
estremo cinismo e realismo “prepara la roba”.
Anche la colonna sonora sembra “doppata”.
V.
Ne! film i colloqui, più delle immagini stesse, entrano nello spettatore/trice. Sono diretti,
taglienti ma soprattutto naturali. Non vi è l’uso
della volgarità in modo gratuito, ma c’è perchè fa parte del linguaggi giovani, dove ogni
cosa è una c...o di cosa!
Tutto reso più deprimente da certe
inquadrature dell’Edimburgo piovosa,
grigia e sporca che sembra quasi indurre alla tossicodipendenza.
Sembra perché nessuno e i protagonisti sembra indotto dall’eroina da
una vita squallida e tanto meno da una
città mediocre, a tratti mediocre. Anzi
loro in quella città si divertono anche
se i loro svaghi non vanno oltre le discoteche o il buco insieme.
Storie forse comuni ma ancora una
colpiscono quando rese vuote. E’ grande lo
stupore nel sentir definire questo film “un film
cult”, un fil che racconta la storia di chi ha
scelto la droga e lo ha fatto perché rifiuta “la
vita sul divano a spappolarsi il cervello con i
quiz”.
Sorprende come lo/a spettatore/trice si impressioni si impressioni a vedere l’immagine
di un ago che penetra le pareti di una vena
già tumefatta, mentre per strada ci si passa
HoPiziciriofgei
do Redazione Riforma
via Pio V, 15 10125 Torino
tei. 011-655278
fax 011-657542
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urgent
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“Mister campo invernale”: un concorso che a Santa Severa ha impegnato la maggior parte
dei ragazzi. Tra le prove quella della “Dichiarazione d’amore”.
volta
oltre 0 per lo più si va al classico fottuto commento “drogato del c...o”.
Ma In fondo è normale poi uscire dal cinema con il nostro finto coraggio, per poi scegliere una vita come la frase finale: “lontano
dai guai, a tirare avanti, guardando davanti sì
giorno in cui morrai”.
Fin troppo facile.
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AGAPE ‘97 - IL RITORNO!
atti
Dopo sei anni di assenza dai campi, finalmente ho deciso di tornare ad Agape per
il campo invernale.
All’inizio ho avuto paura, perché me ne
sono allontanato da cadetto e vi sono tornato quasi da adulto... ma ora che il campo è
finito e sto smaltendo la consueta tristezza,
sono felice di averlo fatto, e questo perché:
1. Agape è bellissima sotto la neve, nonostante il freddo (-20°C) e la pioggia nel salone (è
urgente rifare il tetto!);
2. Agape è un luogo di confronto e di scambio di idee, ed io, nonostante alcune fossero
già viste (come il pensiero della differenza o il linguaggio inclusivo), sono tornato a casa arricchito da nuove esperienze;
3. Ma Agape è soprattutto un luogo di incontro, ed è stato piacevole arrivare accompagnato da un folto gruppo di amici/che, ritrovarne altri/e che non vedevo da secoli ( facendo anche
qualche “gaffe” non riconoscendoli/e), e infine conoscendone di nuovi/e ... il tutto alla faccia del
misterioso virus spaziale che ha costretto
molti/e di noi a letto con la febbre!!!
Un grande ringraziamento va alla
staff, che anch’essa decimata dal virus, è
riuscita comunque a gestire (e bene) il
campo.
Floriano D’Auria (Pisa)
Napoli 22-23 novembre 1996
Milano 18-19 gennaio
39. Si nomina Cristina Cipriani membro del gruppo di lavoro Fcei sulla questione degli
Sradicati
40. Si decide di incontrare direttori e rappresentanti Fgei di Ecumene e S. Severa al
Consiglio allargato ‘97.
41. Si decide di incontrare direttori e rappresentanti Fgei di Agape il 22 marzo a Torino
in occasione della prossima riunione del Consiglio.
43. Si approva il bilancio preventivo della Fgei 1997.
44. Si stabilisce il costo del Campo Studi a S. Severa in due quote: £. 160.000 e £.
^80.000. ^
f— dai consyiio---------------------------------------------^
Il Consiglio, nella sua riunione di gennaio, ha incontrato Sara Comparetti, rappresentante Fgei nel Consiglio della Fcei, Renato Del Priore, responsabile degli Esteri,
Giorgio Quel mani e Michele Rostan, codirettori di G.E. Ogni incontro, durato circa
due ore e mezza, ha dato ia possibilità di fare un po’ di valutazione e programmazione insieme e di valorizzare le attività in comune.
li 9 marzo 1997 sarà la domenica deila gioventù per le chiese BMV, con la colletta
devoluta alla Fgei. Le schede di preparazione del culto vi arriveranno ai primi di febbraio. Ricordiamo ai gruppi che è questa un’altra occasione per stare insieme alla
propria comunità. Ricordiamo inoltre alle comunità che, in assenza di culto, la colletta
la gradiamo uguale!
I gruppi riceveranno, presso i/le loro responsabili, le schede di adesione ‘97.
Speriamo che il nuovo modo In cui ci siamo organizzati possa essere d’aiuto a tutti/e
voi. Alla fine del 1996 in sede di consuntivo, i dati che riguardano le entrate delle
adesioni di fgeini(e), 297 persone, ammonta a £. 4.994.000. Per i rimborsi viaggi e le
borse campo del XII Congresso abbiamo speso £. 5.351.000.
Silvia Rostagno (Roma).
ÌA FGEI CHE VORREI
J
Care FGEIne e cari FGEIni, torno a darvi qualche notizia sul GRUME ed i
suoi ultimi movimenti.
II lavoro del Gruppo Musicale Evangelico della FCEI, prosegue sulle linee che
avevo già indicato qualche notiziario fa ed attualmente sta lavorando soprattutto come osservatorio della realtà musicale nazionale ed internazionale. Tale lavoro di osserf vazione comporta principalmente la raccolta di materiale e la sua cernita ed elaborazione.
Questa direzione di lavoro deriva dai recenti accordi conclusi tra la FCEI e gli esecutivi BMV,
i quali prevedono che il GRUME si occupi esclusivamente di innologia, mentre l’animazione musicale e comunque il lavoro pratico nelle chiese locali, sia a cura del BMV, tramite progetti specifici. Ritengo utile specificare che tali accordi sono stati presi senza sentire il parere del GRUME,
il quale non è d’accordo sulla loro opportunità. Alcune/i di noi ritengono, infatti, che la divisione
prevista tra lavoro nelle situazioni locali ed elaborazione innologica sia del tutto arbitraria e che in
qualche modo limiti la libertà d scelta di un metodo di lavoro pienamente creativo. Purtroppo i
musicisti e le musiciste vengono sentite/i veramente poco, ma questa è una storia vecchia
noiosa...
E’ proprio nella veste appena delineata che il GRUME sta organizzando un
convegno dei musicisti evangelici
che si terrà da 24 ai 27 aprile 1997 ad Ecumene (Velletri).
li costo sarà intorno alle L.1 OO.OCKI.
Comunicherò informazioni più dettagliate in una data più vicina al convegno.
L’incontro è concepito da un lato come un seminario di formazione su tecniche di composizione di musica e testo, dall’altro come luogo di raccolta ed elaborazione di materiale da pubblicare
nel futuro innario della FCEI. Pertanto l’invito è rivolto principalmente a chi realmente lavori con
la musica nelle nostre chiese (o nel nostro caso nella Fgei) ed abbia un minimo di cultura musicale che gli/le permetta di seguire pienamente i lavori.
Coloro che fossero interessate/! a partecipare sono invitate/i a spedire al GRUME uno o al
massimo due canti “nuovi” entro la fine di gennaio, in modo da poter preparare il materiale (fotocopiarlo, classificarlo, ecc..,) prima del convegno. Il nostro indirizzo è;
GRUME, c/o Federazione delle Chiese Evangeliche
via Firenze, 38 - 00184 Roma
oppure potete spedire il materiale a me, Luana Pallagrosi, c/o Villaggio della Gioventù
Lungomare Pyrgi, 13 00050 Santa Severa
• ••
La Fgei che vorrei... Ma... diciamo pure la
Fgei che ho! Per proporre, criticare, sognare,
non posso non partire dalla Federazione che
vivo e che ho vissuto da 10 anni ad oggi. Sono convinta infatti che un serio dibattito sulla
Fgei debba e possa partire dalle esperienze
che ciascuno/a di noi ha fatto, vivendo la federazione, positive 0 negative che siano.
Ho letto con attenzione le riflessioni di
Paolo sull’ultimo numero del Notiziario senza
però riuscire a scorgere, neanche fra le righe
l’idea che ho io della federazione e soltanto
parzialmente su quella che vorrei. Questo non
significa che per me tutto vada bene e che
non abbia mai pensato a cambiare alcuni
aspetti in cui non riesco a riconoscermi. Indubbiamente molti/e di noi sono rimasti delusi
dall’ultimo congresso che aveva non tanto come obiettivo ma come necessità quello di
“cambiare pelle”: il passaggio generazionale, i
mutamenti sociali e politici, la crisi delle nostre chiese, hanno fatto sì che la federazione
volgesse l’attenzione anche al suo interno e
non soltanto a quello che le accadeva intorno.
Da qui il dibattito sul rapporto che la Federazione ha con i giovani non federati, con le
chiese e con i suoi giovanissimi.
Non sempre un Congresso riesce ad essere specchio delle attività dei gruppi, ed è molto facile che nei pochi giorni a sua disposizione non riesca a centrare con precisione i problemi, magari girandoci intorno, con mozioni il
più delle volte pretenziose se non fantascientifiche. Indubbiamente questo avviene, ma
non si può sottovalutare ciò che è stato fatto
e proposto: una Fgei meno isolata, che riscopre i suoi legami, per altro mai abbandonati,
non le chiese, il Servizio Migranti, ed associazioni importanti come LIBERA.
La Fgei che ho conosciuto e che voglio
nontinuare ad incontrare si occupa di politica,
senza paura, attivamente, partecipando alla
^ita pubblica del paese di cui fa parte, con
nno “sguardo al passato ed uno al futuro”
senza per questo rinnegare ciò che si è stati
® al tempo stesso cercando nuovi ambienti in
nui agire ed interagire.
ba Fgei che conosco è un soggetto di aggregazione: io probabilmente sopravvaluto
l'occasione che per ora soltanto la Federazio'’e mi offre di incontrare giovani
^vangelici/che siciliani, pugliesi, torinesi, rotìani, per parlare di ciò che ci accomuna e di
stingue. Insieme ad alcuni di loro ho avuto la
possibilità di conoscere altre persone di diverse nazionalità, evangeliche o meno, e perché
no, un paese che probabilmente non avrei
mai visto, l’Albania e i giovani ortodossi della
chiesa di Tirana.
Della Federazione fa parte, è vero, un numero finito di persone, 300 alTincirca, con
ruoli ben precisi, che però offre occasioni di
incontro, crescita e formazione a chiunque ne
faccia richiesta. Probabilmente un “agglomerato” di persone ma con importanti contenuti
in comune, che continua ad incontrarsi nei
centri giovanili di tutta Italia, partecipando attivamente al loro funzionamento, senza dimenticare i momenti decisionali più importanti della chiesa: Sinodo, conferenze distrettuali, circuiti, federazioni regionali.
Questo è vero, non basta, la Fgei deve essere anche e soprattutto un soggetto religioso
per quella "E” che ci contraddistingue come
LA FGEI CHE HO
giovani evangelici. Non nego che la connotazione di “Chiesa giovane” riferendosi alla Fgei
0 frasi del tipo “voi sarete la chiesa di domani”
mi abbia sempre creato qualche problema.
Questo perché la Fgei non rappresenta tutto il
mondo giovanile evangelico italiano ma soprattutto perché non viene riconosciuto il ruolo che molti giovani hanno già nella nostra
chiesa oggi.
Di spazio all’interno delle nostre comunità
ne abbiamo e tanto, basta conoscerlo, esprimendo al meglio le nostre opinioni e le nostre
capacità, insieme agli altri, giovani e meno
giovani.
Se pertanto la Fgei ha un passato come
movimento ideologico-politico le va anche riconosciuto un passato come soggetto religioso. La ricerca di fede, da sempre vivace, ha
portato nel corso degli anni a confrontarci con
le immagini di Dio, la teologia femminista, la
cristologia, la liturgia, l’identità di genere, il
rapporto tra fede a arte. Si potrebbe obiettare
che non tutti hanno partecipato a queste discussioni e momenti di formazione, così da riportarli nei propri gruppi e neile proprie comunità. Sono però convinta che, se da un lato
esiste un problema di incapacità della federa
zione a rapportarsi con i/le giovani delle nostre chiese, di contro non vada sottovalutata
la poca volontà da parte nostra di metterci in
gioco, di confrontarci con persone e realtà diverse dalle nostre. Sinceramente più che tentare di capire perché gli altri non aderiscano
alla federazione (cosa che facciamo da anni
con pochi risultati), io preferirei continuare a
lavorare al meglio delle nostre possibilità, negli spazi che ci sono dati e che nel corso degli
anni ci siamo indubbiamente ritagliati. Questo
a mio avviso permetterebbe di affrontare il
problema di come la Fgei si pone alle nuove
realtà giovanili: un gruppo di persone che lavorano seriamente insieme, facendo esperienze comuni e che si mettono in ascolto,
pronte a ricevere ciò che arriva dall’esterno.
Tutto questo senza atteggiamenti persuasivi
o contrattuali: se la federazione continua ad
interessare e a promuovere nuovi spazi di discussione allora ci si muoverà per sostenerla
anche economicamente. Se invece non risponde alle aspettative dei più, questi potranno trovare nella federazione un interlocutore
serio ed attento alle esperienze di ciascuno/a.
Proprio per questo giocherei molte delle
nostre carte sulla “Testimonianza”, tema che
volutamente taglia in modo trasversale molti
sei progetti che la federazione sta portando
avanti da anni. Il nostro modo di vivere la fede, come singoli e come comunità incontra la
necessità di spenderla nel mondo che ci circonda, in modo consapevole e possibilmente
responsabile. L’incontro con Dio quindi, e con
l’altro/a mette nuovamente in gioco la memoria e al tempo stesso il futuro, linguaggi e
strumenti sempre nuovi, perché nuovo è l’incontro. A scanso di equivoci direi pertanto
che in tutto questo la “E” che in Fgei sta per
evangelici ha un enorme ruolo e forza e proprio per questo capacità di messaggio ed incontro!
La Fgei che vorrei non è pertanto diversa
da quella che ho già, ma soltanto migliore in
alcuni suoi aspetti. La crescita ed il cambiamento avvengono anche attraverso questi
momenti di valutazione e scambio di opinioni,
sintomo di una Federazione che vuole migliorarsi con l’aiuto di coloro che vi credono e che
pertanto la sostengono.
Barbara Grill (Venezia)
(PENSIERI, PROPOSTE, SOGNI, CRITICHE, CIO’ CHE
VI PIACE, PIACEVA O PIACEREBBE)
LA FGEI CHE NON HO
Ciao a tutti,siamo due ragazze del Triveneto che non appartengono alla Fgei, ma che
hanno avuto modo di conoscere questa realtà
molto da vicino e di confrontarsi con essa .
Tutt’ora partecipiamo regolarmente a convegni in ambito regionale e quando ci é possibile, ai campi studi, congressi e seminari di formazione. Perché allora non ci iscriviamo se
poi ci interessiamo comunque a queste attività? *■
Secondo noi é importante poter continuare
il proprio cammino di fede rapportandosi con
gli altri giovani evangelici e non rimanendo
chiusi nella realtà locale della propria comunità. Il fatto, quindi,che la Fgei organizzi questi incontri,a livello regionale e nazionale, è
qualcosa di positivo, che dovrebbe aiutarci a
sentirci più uniti nella fede. Purtroppo questo
non avviene, perché alcuni fgeini ritengono
che se non sei federato, non sei un vero
“evangelico”. Ma allora si risolve tutto a una
questione di tessera? Tutto ciò sembra molto
arido e privo dello spirito cristiano di cui andiamo tanto fieri!
Anche se non ci iscriviamo, noi ci riteniamo
comunque evangeliche a tutti gli effetti (non
siamo di seconda categoria !!).
Il motivo per cui non versiamo la quota di £
25000 non è perché non ce io possiamo permettere, ma si basa su qualcosa di più
profondo; la Fgei, come retaggio del passato,
si sta portando dietro un’impronta politica nella quale oggi non tutti si riconoscono. Questo
non è il nostro caso, perché anche noi ci
identifichiamo nella linea politica della sinistra,
ma non ci sembra comunque giusto che una
federazione evangelica (che per questo motivo ci dovrebbe unire) isoli coloro che si professano di destra o apartitici. I motivi per cui
una persona, in un determinato periodo della
sua vita, decida di votare per un certo partito
possono essere vari e non spetta a noi giudicare: potremmo non essere d’accordo con le
sue idee, ma non per questo non dobbiamo
rispettarlo e non ritenerlo nostro fratello. Non
dobbiamo dimenticare che ciò che ci unisce é
la medesima fede in Dio e non il proprio credo
politico.
Vogliamo fare qualcosa per essere più uniti o vogliamo solamente fare finta di cambiare
pelle?
Lara Colalanni e Paola Taverna
(Gorizia e Udine).
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Hotiziaríofgei
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Segreteria Fgei
c/o SILVIA GARDIOL
V. CHIesa di MIradolo 3
10060 S. Secondo (To)
tel. 0121-500621
PInerolo
c/o STEFANO D'AMORE
tei. 0121-598194
Torre Pelllce
c/o MICHELLE ROVARA
tei. 0121-932261
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FGEI E NON SOLO FGEI
LOMBARDIA
Pomaretto
c/o DARIO TRON
tei. 0121-81319
Villar Porosa
c/o MATTEO NOFFKE
tei. 021-51372
San Germano
c/o ORNELLA
tei. 0121-58:
Prarostino
Coord. giovanile
Milano metodista
c/o MARINA SERRA
V. La Malfa 24
20090 Opera
Milano battista
c/o PAOLO CASTELLANO
tei. 02-3504177
TOSCANA
CENTRI
GIOVANILI
c/o ORI Al
tei. 021-51
Val PelliC'
Massimo
tei. 0121-!
Bergamo
c/o FLAVIO FASULO
035-236997
Segreteria FGEI
c/o LAURA CASORIO
V. Aurelia 632/bis
57012 Castiglioncello (Li)
tei. 0586-751241
Pisa
c/o ESTER ?^\TV
V. Putignan
AGAPE
TRIVENETO
10060 Prall (TO)
tel 0121-807514
Segreteria FGEI
c/o SAMUELE PIGONI
V. Bertagnolli 8
33033 Codroipo (Ud)
tei. 0432-907330
Rappresentanti fgei
Giovanna Ribet, Renato Del
Priore, Barbara Grill
Segrete!
Gruppo
giov.-gi^
c/o PAOLC
V. Bonfante.
10137 Torir/o (To)
tel. 011-3032264
Rivoli-Venana
c/o PIETRO ROMEC
V. Sestriere 145/b
10090 Cascine Vica (To)
tel. 011-9593660
e-Mail: riforma@Alpcom.it
ALEPH
c/o LOREDANA RECCHIA
V. S. Pio V 15/bis
10125 Torino
tei. 011-657298
e PAOLA GIÀ VARA
V. Rismondo 45
10127 Torino
tei. 011-6061287
Mondovì-Cuneo
c/o VIRGINIA GRANDO
c.so Italia 8
12024 Mondavi (Cn)
Valle di Susa
S. Antonino
c/o Chiesa ev. battista
V. Torino 256
10050 S. Antonino di Swsa-(T
Bussoleno
c/o STEFANIA CAfOf^lféA
Torino 11
10053 Bussoleno (To)
tei. 0122-49610
Gruppo giov. Avventista
c/o RUBEN MIGLIONI
tei. 011-9530015
Bollettino regionali
c/o PAOLO MONTESAh
I LIGURIA
esp. regionale
MARIA MAZZARELLO
V. Bologna 28, int. 6
16127 Genova
tei. 010-315042
Ai
Cavour :
53100 Siena (Si)
tei. 0577-327201
Firenze
c/o CHRISTIANA INCELLI
V. Canova 114/5
50142 Firenze (Fi)
tei. 055-2335044
Grosseto
DENISE CAMPANELLA
c/o Femia
V. Einaudi 2
58100 Grosseto
Venezia
c/o NOEMI LA FATA
V. Campagne 1
31047 Ponte di Piave (Tv)
tei. 0422-759569
Verona-Trento
c/o ERICA MICA
V. Merciari 5
37135 Verona (Vr)
tei. 045-8202936
ECUMENE
contrada Cigliolo
00049 Velletri (RM)
tel 06-9633310
Rappresentanti fgei
Jacopo Vaggelli,
Sandro Spanu
SANTA SEVERA
lungomare Pyrgi 13
00050 Santa Severa (RM)
tei 0766-740055
Rappresentanti fgei
Laura Casorio, Enzo Marziale
Bollettino “Millepiedi”
resp. NICOLA NG
V. Romiti 4
56125 Pisa
tei. 050-500548
e-Mail:
si 93826/@studenti.ing.unip.it
Udine-Gorizia
c/o LUISA RIVOIRA
tei. 0432-43815
Trieste
c/o MICHELA BALOS
tei. 040-942304
ADELFIA
97010 Scoglitti(RG)
tei 0932-980132
Rappresentanti fgei
Laura Testa, Virginia Mariani
EMILIA
Bollettino “Koinonia”
c/o VALENTINA DA TOS
Calle Zugna 5
30132 Sant’Elena, Venezia
tei 041-5207850
Genova-via Assarotti
c/o GIACOMO GROSSO
V. Siena 22
tei. 010-315042
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tei. 051S23IIÍ97
CAMPANIA
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ENZO MAR,
V. Cutiglian'
00146 Roma
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SICILIA
Segreteria FGEI
c/o ELISA SPADA
V. Archeologica pref.1
96013 Carlentini (SR)
tei 095-993114
SARDEGNA
Ilari
c/o MASSIMILIANO PANI
pza Galba 1
09042 Monserrato (CA)
tei 070-575246
Gruppi federati
Gruppi non federati
Gruppi misti
Lentini
c/o ELISA SPADA
Catania
c/o STEFANIA CONSOLI
V .Mad .di Fatima 54
95030 Gravina di CT (CT)
tei 095-414490
Riesi
c/o LAURA TESTA
v. Volturno 7
93016 Riesi (CL)
tei 0934-928530
Palermo
c/o DANIELA Ld
PUNTARELLO/
v. Salgari 69
90147 Palermo
tei 091-534099
Pachino
c/o ELENA CARUSO
V. dei Mille 8
96018 Pachino (SR)
tei 0931-591905
C\iesa battista di Arzano
c/oSoREDANA VERACE
tei. 081^^6563
ihiesa baffislg di Fuorigrotta
: DAVIDE CTSSJAGLIOLA
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I battista di Bagnoli
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Chiesaf^ttytadi Pozzuoli
c/o GIUSEPPÉ\OMMASINI
tei. 081-5242850
Chiesa batt. via Foria-Napoli
c/o DANIELA MASTANTUONI
^ SaUUa-204385
Chiesi batt. Napc
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^81-5881698
Chiesa metodista(
c/o DONATELU Z>
tei. 081-591563
Chiesa metodista di Ponticé
c/o SALVATORE CORTINI
tei. 081-5965527
Chiesa metodista di Salerno
c/o ANTONIO SFAMELI
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c/o MARTA D'AURIA
lei. 081-273194
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tei. 081-284393
REDAZIONE: a Torino C/o Riforma, via S.Pio V 15, 10125 Torino (Fax 011/657542); a Napoli C/o Riforma, via Foria 93, 80137 Napoli (tei 081/291185, Fax
081/291175).
REDATTORI/TRiCI: a Torino Michela Bellino, Cristina Ferrara, Bettina König (coordinatrice - tei 0121/543819), Manuela Molinari, Paolo Montesanto,Elia Piovano, Simona Piovano, Loredana Rechia, Pietro Romeo. A Napoli Deborah D'Auria, Marta D'Auria (coordinatrice - tei 081/273194), Lula Nitti.
1 HANNO COLLABORATO A QUBfeTO NUME^ Viviana Arcidiacono, ^ra Colaiaj# Mario Cotaianni, Floriano D’Auria, Virginia Mariani, Enzo Marziale, Alberto Nipoletti, Luana Pallagrosi,
Samuele Pigoni, Nicola Roch^lSilvia RosAlWb, Paola^^rna, AnnjÄlrselli
^RISPONDENTI REC
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Fascicolo interno a RIFORMA
10125 Torino:
Fotocomposizione: AEC - Mondovì. Stampa: La Ghisleriana - Mondovi.
3ra Ecidi. Hclizioni »ote/anti srl, via San Pio V n. 15 bis.
CONSIGLIO FGEI
SILVIA ROSTAGNO (Segr.)
V. TraoanI 23 pal.C/13
00055 Ladispoli (RM)
tei 06-9910185
GIORGIO BONNET (vice seg)
V. Alfieri 95
20099 Sesto S.Giovanni (MI)
tei 02-2480037
LULA NITTI (vice seg)
V. S.Baldacchini 11
80133 Napoli
tei 081-284393
EMANUELE SBAFFI (cass.)
pza D’Azeglio 14
50121 Firenze
tei 055-253116
SARA GRASSO
V. Agatocle P.C.
96016 Lentini (SR)
tei 095-371447
tei 095-944557
SANDRO SPANU
v.Cialdi 5B
00154 Roma
tei 06-5124056
DANIELE DEL PRIORE
V. Muggiò 23/A
22100 Como
tei 035-525346
tei 02-2403248
N.25290503
intestato a:
EMANUELE SBAFFI
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50121 FIRENZE
Responsabile REI
RENATO DEL PRIORE
Muggiò 23/A
22100 Como
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MCS
LUCIANO KOVACS
V. Caduti per la Libertà 1
10066 Torre Pellice (TO)
tei 0121-932264
Cerignola
CARRI
V. Morìt§*A«niata 2
71042 CerigrìWsr^)
tei 0885-429177
ato
c/o\^LA PATRUNO
v.le A^
70033 Cerato (BA)
tei 080-8725629
Bari
c/o VIVIANA ARCIDIACONO
He Unità d'ltat1?ai94riV
tei ®8O-556O190'A,''’^
Gioe del Colle
c/o MICHELA PANARELLI
iovanni XXIII
70023 Gioia Del Colle (BA)
Mottola
c/o VIRGINIA MARIANI
V, Matteotti 46
74017 Mottola (TA)
tei 099-8861321
Taranto
c/o SIMONPIETRO MARCHESE
V. Messina 71
70100 Taranto
tei 099-4774680
Grottaglie
c/o ANNIE URSELLI
V. Gorki 5
74023 Grottagie (TA)
tei 099-8635140
Matera
c/o MARGHERITA DI LECCE
V. De Amicis 12
75100 Matera
tei 0835-384826
autori
ritti,
causa
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sultani
tazion
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Peschici
c/o ROCCO MASTROPIERI
v.le G.Libertà 12
71010 Peschici (FG)
Barletta
c/o ELISABETH MC FARLANE
V. F.D'Aragona
70051 Barletta (BA)
tei 0885-347845
13
t/F.NERDÌ 31 GENNAIO 1997
*
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La Siae
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RENATO PIZZARDI*
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Da tempo ci si lamenta dei
tributi Siae nei confronti
di manifestazioni non a scopo
di lucro. Nel corso del 1996,
l’Unpli (Unione nazionale
Pro Loco d’Italia) ha inviato
ai Comuni ed enti locali una
proposta di delibera in cui
vengono evidenziati i disagi
causati dai tributi Siae e viene
richiesto alle istituzioni competenti un «sollecito intervento legislativo ufficiale affinché quanto denunciato in premessa venga al più presto
corretto e venga data quanto
prima al volontariato per le
sue iniziative sociali, culturali, ricreative, organizzate senza fini di lucro, riconoscimento e dignità, nonché possibilità di operare senza gravosi vincoli di natura amministrativo-finanziaria».
Molti Comuni hanno aderito all’iniziativa e la risposta
della Siae non ha tardato a
pervenire. Questa risposta si
può sintetizzare in poche parole: «Per evitare disparità di
trattamento, la Siae ha stipulato accordi con pressoché
tutte le istituzioni sindacali,
commerciali, ricreative, politiche, di volontariato ecc. stabilendo compensi e modalità
di riscossione. Evidentemente
questi compensi sono stati ritenuti equi e pertanto meraviglia l’iniziativa di critica soliefata». Inoltre la Siae si erge
a'^adino degli autori, difi Csòre dei deboli e oppressi musiisti, cantanti, parolieri e altriiàvoratori dello spettacolo.
Nessuno vuole privare gli
autori dei loro sacrosanti diritti, né tantomeno essere
causa di una nuova categoria
di disoccupati. Ci si chiede
soltanto quali criteri di valutazione vengano usati sia nei
confronti delle associazioni
di volontariato sia nei confronti degli artisti. Dico questo in quanto mi sento chiamato in causa nelle due vesti:
una come presidente di una
Pro Loco, l’altra come musicista autore. Proprio come
compositore posso affermare
che se la mia sopravvivenza
dipendcss'v- da: pioventi elargiti dalla Saje .-arei già morto
di fame da vu pezzo. Ahimè,
non ho la caraeità di un Lucio Dalla o di nn Ennio Morricone e questo indubbiamente determina i miei possibili
guadagni, ma mi domando se
autori come quelli citati abI biano ragione a preoccuparsi
i per il loro sostentamento nel
caso che le associazioni come le Pro Loco o simili fossero esentate dal pagamento
dei diritti Siae. Può far davvero così paura che la Pro
Loco non paghi la Siae per la
serata di liscio in piazza?
A.SSIC7URA.ZIOrsil
Gruppo di Assicurazioni
la Basi lese
Per quel che riguarda gli
accordi stipulati dalla Siae
con le varie istituzioni, vediamo quali sono questi «privilegi» così generosamente
concessi alle Pro Loco. Innanzitutto, per usufruire degli
sconti, le manifestazioni devono essere gratuite e per
gratuite si intende: organizzate appunto dalle Pro Loco, in
luogo all’aperto e a cui il
pubblico possa assistere senza corrispondere alcun importo a qualsivoglia titolo
(biglietti, oblazioni, aumento
consumazioni presso i pubblici esercizi siti nel luogo
delle esecuzioni musicali).
Alle manifestazioni all’aperto sono equiparate quelle al
chiuso, purché si tratti di manifestazioni assolutamente
gratuite a ingresso libero e
purché si svolgano in un locale di proprietà pubblica e
non adibito normalmente a
manifestazioni musicali di
spettacolo; non usufruiscano
di contribuzioni, dotazioni,
sovvenzioni o altra forma di
partecipazione da parte di
chiunque.
La Pro Loco che intenda effettuare manifestazioni gratuite è tenuta a richiedere all’agente Siae competente per
territorio il consueto permesso di esecuzione, previo pagamento dei diritti di segreteria.
Alle spese di segreteria vanno
aggiunte le «spese di approntamento o allestimento», vale
a dire che nel caso in cui la
manifestazione non costi assolutamente nulla (che quindi
gli esecutori si esibiscano gratis, che non ci siano spese di
affitto della sala o per l’occupazione del suolo pubblico,
che non si paghi affissione
pubblicitaria, che la tipografia
stampi manifesti, locandine o
programmi gratis) si corrisponderanno soltanto i diritti
di segreteria e una cauzione
che verrà restituita in seguito.
Ad esempio, per una manifestazione in cui le spese di allestimento siano fino a
500.000 lire si corrisponderanno 50.000 lire e così via
sempre nella misura del 10%.
Ma mi domando: la maggior parte delle associazioni
organizzano manifestazioni o
per autofinanziamento o per
devolvere fondi in beneficenza, se lo spettacolo è completamente gratis, che cosa si devolve? Mi chiedo che cosa
avremmo devoluto agli alluvionati, terremotati, vittime
della guerra in Bosnia ecc. se
non avessimo organizzato
manifestazioni in cui si potesse raccogliere denaro. E in
questi casi è giusto che la
Siae pretenda una buona fetta
di quei proventi?
* presidente della Pro Loco
di Torre Pellice
Intervista al dottor Moriconi, veterinario dell'Azienda Usi 10
Come garantire carne di qualità?
Società collegata con gruppo
Banca Carige 4^^
Agente
Maria Luisa POGGIO GÖNNET
Agenzia generale
via Raviolo, 10/A - Pinerolo
tei. 0121-794596-76464
I blocchi stradali da parte
degli agricoltori che non vogliono pagare le multe per il
superamento delle quote di
produzione di latte continuano a portare alla ribalta il settore agricolo; si parla nel
contempo molto di meno dei
problemi legati alla produzione di carne. Dopo le vicende
di «mucca pazza» e il conseguente calo di vendite di carne, i produttori hanno ottenuto un considerevole aiuto
grazie all’abbassamento dell’aliquota Iva col decreto governativo di fine anno. Tuttavia il rischio della Bse non
può certo sparire per decreto,
anzi: è di fine anno la notizia,
ufficiale questa volta, che
l’encefalopatia spongiforme
non è affare solo di Irlanda o
Inghilterra; focolai sono stati
isolati in Francia e in Portogallo. Ci sono dei rischi? Ne
parliamo con il dott. Enrico
Moriconi, veterinario dell’
Azienda Usi 10.
«La situazione è molto diversa a seconda delle zone;
nelle zone montane come le
nostre vallate abbiamo generalmente una zootecnia di tipo tradizionale e dunque non
a rischio per determinate malattie. Purtroppo gli allevamenti di tipo industriale stanno gradualmente “aggredendo” i piccoli allevamenti: noi
importiamo ogni anno 2 milioni e mezzo di bovini, essenzialmente dalla Francia,
che finiscono in grandi allevamenti che causano vari
problemi anche all’ambiente
stesso, basti pensare alle deiezioni. Naturalmente quando il
ministero ha dovuto fare pubblicità alla carne ha scelto co
me immagine situazioni bucoliche di bovini che pascolano sulle montagne, pur sapendo che queste situazioni sono
marginali e, per nostra fortuna, spesso limitate alle zone
montane. Tornando al discorso Bse vale quanto dichiarato
da molti medici: se noi consideriamo come valida una
possibilità su un milione di
contrarre la malattia cibandosi di animali infetti, siccome
gli individui che consumano
carne sono tantissimi e lo fanno più volte alla settimana, è
possibile affermare che entro
dieci anni ci saranno migliaia
di uomini all’anno malati di
encefalopatia spongiforme; è
inutile dire che queste sono
proiezioni catastrofiche. La
malattia c’è e ci sarà e occorre trovare i modi di dare reali
garanzie; confermo comunque che la stragrande maggioranza dei macellai della
zona acquista bovini da allevamenti tradizionali».
- Intanto, con un decreto di
fine anno, si è creata una
nuova situazione di rischio...
«Sembra quasi che improvvisamente si sia scoperta la
Bse in Francia; gli animali
che importiamo da quel paese
sono potenzialmente a rischio
in quanto provenienti da un
paese in cui la Bse esiste; eppure dopo cinque mesi di presenza in Italia, diventano ufficialmente italiani e quindi potranno essere venduti e comprati come carni italiane certificate. Per la verità, a parziale tutela, alcune parti di
questi animali (cervello, midollo allungato, timo, milza e
intestino) devono essere distrutte, con ciò ammettendo
implicitamente una certa pericolosità di questa carne. Ma
allora ci si può chiedere: il
nostro governo vuole tutelare
la salute dei cittadini o i produttori?».
- Naturalmente gli animali
allevati in modo tradizionale,
anche con mangimi ma senza
aggiunta di sostanze proibite,
di sicura provenienza piemontese, non possono offrire
sempre e in assoluto le stesse
caratteristiche; non c’è il rischio che il consumatore finisca col favorire indirettamente il consumo di carni industriali, sempre uguali e visivamente perfette ?
«È un rischio concreto: la
carne degli allevamenti tradizionali non è mai uguale: può
essere più o meno tenera, più
o meno rossa. Se il consumatore vuole la carne sempre
uguale si favorisce l’allevamento industriale dove ogni
tanto si scopre l’uso di sostanze proibite».
- Ogni tanto emergono
truffe sugli allevamenti;
quanto sono ancora diffusi i
metodi non corretti di allevamento ?
«Si può rispondere in due
modi; se rispondiamo sulla
base dei dati del ministero il
problema non esiste. Come
veterinari pubblici abbiamo
dei piani per cui si controllano sette bovini ogni mille macellati e su queste percentuali
la positività rilevata è bassissima. In realtà la situazione è
molto diversa e sostanzialmente tutti i grandi allevamenti fanno uso di sostanze
farmacologiche, solo che si è
imparato ad usarle in modo
tale da non lasciare residui».
STA
Religione
negli ospedali
Riprendendo l’osservazione
di Marco Rosta* a proposito
del «servizio religioso» programmato nella Carta dei servizi dell’ospedale San Giovanni Battista di Torino, è bene ricordare che la diocesi di
Torino, in base ad apposita
convenzione, ha a suo tempo
assicurato la presenza di cappellani con relative funzioni
religiose all’interno degli
ospedali civili, a carico del
bilancio dell’Ausl. Le funzioni religiose cattoliche sono
dunque equiparate a tutti gli
effetti ai servizi dell’ospedale
e come tali vengono segnalati
nella Carta.
Tutti gli altri utenti non cattolici «di qualsiasi fede», sia
pure «nel rispetto delle convinzioni religiose di ciascuno», non potevano che essere
definiti in forma negativa, e
dobbiamo apprezzare il fatto
che non siastata usata l’espressione «acattolici»! Certo
possiamo deplorare la scelta a
suo tempo clorata dalla Chiesa cattolica, basata peraltro su
chiari principi concordatari. Il
dibattito anticoncordatario
che a suo tempo abbiamo
condotto (come evangelici e
come cittadini) non ha conseguito alcun effetto, proprio
per l’ammissione della pluralità di rapporti con lo stato
definiti negli articoli 7 e 8
della Costituzione. Nelle nostre Intese la scelta è stata radicalmente e coerentemente
diversa come ognuno sa, per
cui anche i preti cattolici che
compiono funzione di cappellania nei nostri ospedali non
stabiliscono con la nostra amministrazione alcun rapporto
funzionale ed economico,
esattamente come i pastore
evangelici.
Tornando al testo della
Carta dei servizi, è dunque
corretto il riferimento alla caposala, a condizione che questa sia fornita dell’indirizzario completo di tutte le chiese, chiesette, sale, adunanze,
assemblee che il nostro bel
pluralismo evangelico ha saputo produrre, con in più le
sinagoghe, moschee ecc.
Alberto Taccia
Lusema San Giovanni
Conoscere
la Sindone
Egregio direttore,
anch’io, come insegnante,
ho accompagnato scolaresche
a visitare chiese cattoliche e,
a onor del vero, anche valdesi; tra quelle cattoliche e’è
anche il Duomo di Torino, in
cui si trova la Sindone. Vengo ora a sapere daH’articolo
«La Sindone a scuola: è peccato?» del 17 gennaio, a firma Luciano Deodato, che
quanto da me perpetrato rientrerebbe in una «operazione
culturale, ma con forte valenza confessionale, condotta
dalle scuole del Pinerolese»,
forse con lo scopo di rendere
contento il Cardinal Saldarini,
mentre la diocesi di Pinerolo
dovrebbe dolersi perché «la
scuola di stato si dimosfra
molto più confessionale del
necessario».
Ora, sorvolando sui fantasiosi sospetti dell’articolistadetective («dalla piccola indagine da me svolta ho capito
che non si è trattato di un caso
isolato... per cui è veramente
strano questo improvviso interesse...), vorrei precisare
che: 1) gli studenti, se minorenni, possono partecipare a
visite d’istruzione, al Duomo
di Torino come per qualsiasi
meta, solo con l’autorizzazione dei genitori; 2) per parte
mia, ma questo vale anche per
tutti i colleghi che conosco,
non ho mai richiesto, nell’ambito di iniziative scolastiche,
preghiere o atti di culto, ma
solo un comportamento civilmente rispettoso e attento; 3)
anche la Sindone merita di essere conosciuta, con la sua
problematicità e senza pregiudizi, ma proprio senza pregiudizi di alcun genere. È più
confessionale conoscere la
Sindone o censurarla?
Infine due domande sulla
trionfale conclusione («Vittoria! Due a uno») dell’articolo.
La prima: per imparare a ragionare con la propria testa è
davvero utile prendersi platealmente dello scemo dai
compagni di catechismo, con
evidente compiacimento del
signor pastore? La seconda:
non si potrebbe guadagnare la
soglia non dico dell’ecumenismo, ma almeno del rispetto?
Pare infatti che per il pastore
Luciano Deodato chi fa il segno della croce menti di essere insultato.
Franco Betteto
San Secondo
Errata
Nel numero 4 de L’eco delle valli, nell’articolo dal titolo
«Per un sindacato alternativo» di Mauro Meytre si legga
non «Rappresentanze sindacali unite» ma «Rappresentanze sindacali unitarie». Ci
scusiamo per l’errore.
INCONTRI TEOLOGICI «MIEGGE» — Domenica 2 febbraio alle 17,
nei locali della chiesa di
Pomaretto, incontro del
collettivo «G. Miegge» sul
libro «Credere di credere»
di Gianni Vattimo.
FGEI VALLI — Sabato
8 e domenica 9 febbraio
incontro dei giovani della
Fgei Valli, a Pomaretto,
sul tema politico: Italia sì...
Italia no.
ANGROGNA — Domenica 2 febbraio, alle 10,
assemblea di chiesa nella
sala: all’odg finanze e stabili e l’elezione dei deputati alla Conferenza distrettuale e al Sinodo. Riunione
quartierale martedì 4 febbraio, alle 20,30, al Serre.
BOBBIO PELLICE —
Riunione quartierale martedì 4 febbraio, alle 20, al
Podio.
LUSERNA SAN GIOVANNI — Mercoledì 5
febbraio al presbiterio, alle
ore 20,45, studio biblico
su «Apocalisse: la gioia futura» con il pastore Claudio Pasque!; l’incontro sarà
sui capp 6 e 7 sul tema
«Tutto è rivelato». Riunioni quartierali: martedì 4
febbraio ai Boer Priorato,
giovedì 6 ai Peyrot e venerdì 7 febbraio agli Airali, sempre alle 20,30.
PERRERO-MANIGLIA — Riunione quartierale mercoledì 5 febbraio, alle 15, a Baissa.
POMARETTO — Venerdì 31 gennaio meditazione al Centro anziani. Le
riunioni quartierali si terranno lunedì 3 febbraio ai
Masselli e mercoledì 5 ai
Pons, alle 20.
PRALI — Prossime riunioni quartierali: mercoledì
5 febbraio a Malzat e venerdì 7 a Orgiere, ambedue alle 19,30. Mercoledì
5 febbraio, alle 20,30 al
presbiterio, incontro di lettura dell’Apocalisse.
RORÀ — Giovedì 30
gennaio riunione alle Fucine. Giovedì 6 febbraio, alle 20,30, studio biblico alla sala Morel.
SAN SECONDO —
Riunioni quartierali giovedì 30 gennaio a Cavoretto e mercoledì 5 febbraio a
Lombarda-Crotta, entrambe alle 20,30.
TORRE PELLICE —
Studio biblico: inizia lunedì 3 febbraio una nuova
serie di incontri che avranno per tema i capitoli 24 e
25 di Matteo, per riflettere
sul discorso escatologico,
come era vissuto dai cristiani nel 70 d.C. e come
viene vissuto da uomini e
donne del nostro tempo. Il
primo appuntamento è su
«Gesù davanti al tempio».
Riunioni quartierali: venerdì 31 agli Appiotti,
martedì 4 febbraio all’Inverso, venerdì 7 alla Ravadera. Unione femminile:
domenica 2 febbraio alle
15 riunione con la sig.
Ethel Bonnet sulle donne
nella storia valdese.
VILLAR PELLICE —
Domenica 2 febbraio assemblea di chiesa alle 10.
All’ordine del giorno il
preventivo e l’impegno
verso la Cassa centrale per
il 1997 e vita della chiesa.
Riunione quartierale lunedì 3 febbraio alla Piantà,
alle ore 20,30.
VILLASECCA — Riunione quartierale martedì 4
febbraio alle 20 a Morasso.
14
PAG. IV
E Eco Delle Yallì vai.deh —
:
VENERDÌ 31 GENNAIO 1997 l£Ì^£
HOCKEY GHIACCIO:
LA VALPE VINCE AD
AOSTA — Seconda vittoria
in trasferta per l’HC Valpellice nel campionato di serie B
di hockey su ghiaccio; i biancorossi, in campo ad Aosta
privi dei due fratelli Giordan,
di Giorgio Malan e di Marauda, con Martina in campo ma
«stirato», devono fare i conti
anche con un infortunio subito da Bottecchia all’inizio del
secondo tempo quando un disco lo colpisce alla fronte e lo
toglie dalla partita. Eppure, la
Valpe riesce ad imporre la
terza sconfitta nei confronti
diretti ai valdostani; in rete
dopo pochi minuti con Rivoira (F allenatore-giocatore alla
fine farà un cambio in avanti
e uno indietro), la squadra di
Torre Pellice controlla bene
gli attacchi dei giocatori di
casa; Burraio è in gran serata
e si oppone con bravura. Il
primo tempo vede i biancorossi giocare spesso in tre
contro cinque a causa delle
espulsioni ma in queste occasioni si esalta, realizzando
anche una seconda rete con
Agli. La seconda frazione,
iniziata subito male con F
infortunio a Bottecchia trasportato all’ospedale, vede le
reti inviolate, senza grosse
occasioni, mentre nella terza
nervosa frazione realizza per
la Valpe ancora Gamba. I
valdostani si abbandonano a
scorrettezze varie e gratuite
che impongono numerosi
stop, comprese alcune penalità di partita. Finisce 3 a 0,
con una mezza rissa anche al
momento dei saluti. In serie
TENNIS TAVOLO, DI:
VALPELLICE ANCORA
IMBATTUTA — Continua
la marcia della formazione
della Valpellice nel campionato di DI di tennis tavolo; i
valligiani hanno battuto il Tt
Comunale di Rivoli per 5-3
grazie alle belle prestazioni di
Sergio e Giuliano Ghiri e di
Belloni. Sconfitta invece la
squadra di Cl; opposti alle
Poste Torino i torresi, privi di
Rosso, hanno perso per 1-5
(unico punto di Rossetti).
Sconfitta anche per la D2 opposta al Rivoli; il punteggio
di 1 -5 deve fare i conti con le
non buone prestazioni di
Mazzaglia e Girardon e sull’unico punto di Peracchione.
In Cl la Valpellice è sempre
ultima, con 11 punti.
CALCIO: PINEROLO 1
A 0 SULL’ASTI — Partita
non certo bella, quella fra Pinerolo e Asti nel campionato
Dilettanti; i locali devono fare a meno di due giocatori
squalificati (Pia e Rosa) e ciò
non agevola certo il gioco a
centrocampo. Per oltre un’ora
non si vedono grandi azioni
sui due fronti; il gol del Pinerolo arriva su calcio di punizione di Pallitto che «gela» il
portiere astigiano Biasi. Inutili gli attacchi finali delFAsti:
Tradizionale festa occitana in vai Varaita
Ritorna la «Bajo»
INES PONTET
La tradizionale Baio della
vai Varaita è iniziata il 26
gennaio e in prosegue il 2 e 6
febbraio: per gli appassionati
di musiche e tradizioni occitane è un appuntamento fisso
ogni quinquennio, che non ha
mai perso nel tempo la sua
portata e il suo fascino e che,
anzi, durante quest’ultimo decennio di forte ripresa delle
manifestazioni folkloristiche
anche fra i giovani, è atteso
anche dalle valli limitrofe.
Baio significa «abbazia». Il
termine era stato ripreso dal
mondo ecclesiastico durante
il Medioevo, anche se la festa
ha carattere assolutamente
laico. È il nome che viene dato sia alla festa che alla compagnia che mette in atto le
rappresentazioni. Si tratta infatti di sfilate e cerimonie a
rievocazione essenzialmente
della cacciata dei saraceni
dalla valle, anche se con l’andar del tempo la festa nel suo
complesso ha assunto altri significati, per esempio, come
il carnevale, la fine dell’inverno e la ripresa, sia pur lenta, delle attività agricole.
Tutto si svolge in due domeniche e nel seguente giovedì grasso. Le baìè, in arrivo da vari villaggi, si raduna
no con quella di Sampeyre,
per far ritorno alla sera, l’ultima delle quali ha in programma il processo al Tezourìe, reo di aver rubato il
tesoro della Baio. Le baie
partecipanti sono attualmente, oltre naturalmente quella
del capoluogo, Sampeyre,
quelle di Calchesio (Lou
Chuchéis), Roure (Roure) e
Villar (Lou Vilà). Ogni esercito della propria baio sfila
con costumi riccamente ornati e variopinti e ad esso si aggiungono lungo la strada svariati personaggi che festeggiano la libertà riconquistata.
Per menzionarne qualcuno
senza pretendere di descriverne in così breve spazio l’effetto di grande teatralità: i
Cavalie che rappresentano la
cavalleria dell’esercito popolare in rivolta; il Tambourn
majour che apre il corteo, le
Sarazine, i bambini che spiano le mosse dei nemici; i Sapear, l’esercito montanaro
munito di scuri; i Segnouri, i
benestanti; e naturalmente i
Suonadour, che accompagnano il corteo suonando antiche
marce e musiche da ballo.
Nel pomeriggio a Sampeyre
durante tutti e tre i giorni,
danze tradizionali in piazza,
prima del commiato tra le
baie partecipanti.
La troupe di «Valades ousitanes» (video che sarà diffuso aiia festa)
davanti aiia cappeiia di Sant’Antonio a Jouvenceaux (Alta vai Susa)
C prosegue la marcia della
seconda formazione del Valpellice; dopo il successo sul
Como è arrivato quello sull’Ambrosiana domenica sera;
i milanesi sono stati strapazzati con un netto 13-1. Prossimo impegno per la C, sabato 1° febbraio alle 18 con lo
Zanica.
la difesa biancoblù fa buona
guardia e consente alla squadra di Gallo di conservare
successo e rilancio in classifica. Anche la Fossanese, dopo
una lunga serie di sconfitte, si
sta ritrovando: grazie al netto
successo sul Moncalieri i cunees! sono saliti al quart’ultimo posto e «vedono» la classifica.In Eccellenza il Cuneo
strapazza il Rivoli e si conferma capolista mentre il Saluzzo perde in casa con la Valenzana per 0-1 e il Savigliano va
a vincere ad Alba per 4-1. In
Prima categoria vince il Luserna 2-0 a Moncalieri col
Reai, perde il San Secondo a
Cumiana per 0-2 e viene rinviata la partita Perosa-Pecetto.
PALLAVOLO — Nuova
sconfitta per il Magic Traco
Pinerolo in B1 femminile di
pallavolo: la trasferta col Ricognolo Cándelo è stata avara di soddisfazioni lasciando
le Pinerolesi a zero set. Bene
invece i ragazzi del Body Cisco in B2 che nel confronto
decisivo per la salvezza hanno superato nettamente il
Biella per 3-0; vittoria, al tie
break sulla Sanmartinese Novara, per il Gold Gallery che
si porta al quarto posto in B2
femminile.
Settimana di successo per i
giovani pinerolesi nella fase
del campionato in cui si avvicinano i play off di ammissione alla seconda fase. La
formazione júniores femminile, vincendo a Carignano
con le locali del Mondo Sole
ha concluso il girone C alle
spalle del Leo Chieri e davanti al Volverá grazie al
quoziente set: affronterà così,
nella fase successiva, il Rivarolo. In campo maschile doppio successo per 3-0 fra gli
Allievi rispettivamente nel
girone A con il Nichelino e
nel girone B contro il Club
Musine e conferma al primo
posto per entrambe le formazioni. I Ragazzi hanno emulato i giovani compagni vincendo con entrambe le squadre e rispettivamente contro
il Chivasso (3-1) e il Bruzolo
(3-2). Sabato prossimo intanto arrivano le finali, a Luserna, del torneo Baudrino;
Morgan, Vbc, Piscinese e
Bricherasio si contenderanno
il trofeo a partire dalle 15,30
alla palestra Alpi Cozie.
PALLAMANO — Brutta
sconfitta per FExes Rivalta,
compagine che schiera molti
giocatori del 3S Pinerolo e disputa le partite casalinghe al
nuovo impianto di Pinasca,
nel derby col Città Giardino.
Infortuni vari e influenze
hanno condizionato il rendimento della squadra di casa
che pure a messo in mostra
un buon Jannuzzi (8 reti) e un
valido Ughetto in porta.
CROSS REGIONALE —
Il gruppo sportivo Pomaretto
ha partecipato domenica scorsa al cross regionale Trofeo
Zurletti a Trofarello valevole
come seconda prova del campionato provinciale di società;
sul podio sono salite Elena
Breuza, 2“ e Patrizia Bounous
3“ nelle rispettive categorie.
Buoni piazzamenti anche per
Andrea Barrai e Monica Ghigo, quarti, Maura Pegoraro 6“
e Roberto Cascone 13°.
Torre Pellice: incontro con il prof. Cabella
Il nazionalismo
tedesco alle radici
FEDERICA TOURN
E Stata una lezione piacevole, anche se piuttosto
breve, quella che il prof. Alberto Cabella, già professore
alla Sorbona e vicepresidente
del centro Gobetti di Torino,
ha tenuto nella sala consiliare
della Comunità montana a
Torre Pellice il 17 gennaio. Si
è parlato di nazionalismo tedesco, con uno sguardo a ritroso sulla storia della Germania a partire dalle reazioni
(positive) alla Rivoluzione
francese per passare all’atteggiamento antifrancese provocato dall’occupazione di Berlino da parte di Napoleone e a
Fichte, che proprio a Berlino
decide di tenere, nel 1806, 14
lezioni sulla questione della
nazione. La cultura e la lingua germanica sono le sole
pure, che non si sono lasciate
intaccare dalla decadenza come è invece successo per tutta la latinità, predica Fichte; il
germanesimo è anch’esso puro per sangue e razza e quindi
la Germania, grazie al possesso del primato della cultura e
della filosofia, deve diventare
«irradiante». Per far questo,
ha bisogno di una forte coscienza nazionale (è un classico: non diversamente diranno Guizot per la Francia e
Gioberti per l’Italia).
Il prof. Cabella punta poi
sul Romanticismo tedesco, a
cui riconosce anche un «significato politico», e ne ripercorre i riferimenti culturali e
storici al Medioevo, il rincarare la dose degli intellettuali
sulla questione della lingua
pura e sulla nobiltà di sangue
che genera la personalità di
genio fino all’esaltazione
dell’io individuale che si politicizza e diventa io collettivo, la nazione appunto, che
comporta legami di razza,
cultura e lingua.
Lo spirito si incarna nella
nazione. È Hegel che parla:
«Questa è Fora del germanesimo», e la nazione diventa
un organismo spirituale che
possiede una morale superiore e deve rendere conto solo a
se stesso. Segue l’involuzione
degli stereotipi razzisti, soprattutto alla fine del secolo
scorso, per giustificare l’aggressione coloniale da parte
dei paesi europei: Jules Ferry
dirà che la conquista è un diritto, e ovunque nasceranno
«club Gobineau» con velleità
di «purificare la razza per una
nuova aristocrazia»; la Germania intanto è pangermanista, nazionalista, imperialista
e antisemita. Siamo quasi
pronti per il nazismo.
E oggi? «Il nazionalismo
non è morto - dice il prof.
Cabella - e il razzismo ha vesti nuove; bisogna fare attenzione a come si difendono le
differenze e a non fare del
proprio particolare l’assoluto,
altrimenti una giusta difesa si
può rovesciare in preclusione
e esclusione».
RADIO
BECKWITH
EVANGELICA
FM 91.200
e FM 96.500
tei. 0121-954194
30 gennaio, giovedì —
TORRE PELLICE: Alle
15,30, per FUnitrè, alla Casa
valdese, concerto di Antonio
D’Attelis, clarinetto, e Andrea Musso, pianoforte; musiche di Mozart, Schumann e
Mendelssohn.
31 gennaio, venerdì —
TORRE PELLICE: A Villa
Elisa, ore 15,15, Ywcae Ucdg
organizzano e Mirella Bein
presenta «Viaggio in Israele:
emozioni e riflessioni».
31 gennaio, venerdì —
LUSERNA SAN GIOVANNI: Alla sala mostre, alle 21,
incontro con il presidente della Commissione Esteri al Senato, Migone, sul tema «Quale politica estera deve fare
una sinistra di governo?».
31 gennaio, venerdì —
PEROSA ARGENTINA: Al
Centro aperto per anziani per
il cineforum, a cura dell’associazione culturale Alidada alle 21,15 sarà proposto il film
«Il buio nella mente» di Claude Chabrol. Lire 10.000.
r febbraio, sabato — BIBIANA: Per la prima rassegna di teatro dialettale, alle
21,15 al teatro parrocchiale,
la compagnia «’L ciabot» di
Piossasco presenta la commedia brillante in tre atti di
Samy Fayad «’L pertus dia
banda». Ingresso lire 10.000,
ridotti lire 4.000.
1° febbraio, sabato — PEROSA ARGENTINA: Alle
17, nella sala della Croce Verde, inaugurazione della mostra «Novantanni d’arte pinerolese», scultura e pittura
1906-1996. La mostra resterà
aperta fino al 9 febbraio con i
seguenti orari: feriali 17-19,
festivi 10-12,15-18 e 20-22.
1“ febbraio, sabato — RINASCA: Alle 21,15, per la
rassegna «I musicanti», presso la pista comunale coperta,
concerto di Robert Santiago
che presenterà musiche dell’area Golfo del Messico e
Mar delle Antille.
1“ febbraio, sabato — PINEROLO: In via dei Mille
1, alle ore 21, la chiesa valdese organizza un incontro musicale con il gruppo corale
«A. Gabrieli» di Bagnolo Piemonte e la corale valdese di
Pinerolo. Ingresso libero.
2 febbraio, domenica —
RINASCA: Festa di carnevale per le vie del paese.
5 febbraio, mercoledì —
PINEROLO: Al Teatro-incontro, alle 20,45, andrà in
scena la commedia «Uscirò
dalla tua vita in taxi» di Keith
Watherhouse e Willis Hall,
con Giancarlo Zanetti, regia
di Patrie Rossi Gastaldi. Ingresso lire 32.000.
5 febbraio, mercoledì —
PINEROLO: Per la rassegna
Cineforum alle 20,45, al cinema Ritz, proiezione del film
«Non tutti hanno avuto la fortuna di avere dei genitori comunisti», di J. J. Zilbermann.
Società
di studi
valdesi
Opuscolo
del XVII Febbraio
Il tradizionale opuscolo
della Società di studi valdesi
per il XVII Febbraio è dedicato quest’anno al Rifugio
Re Carlo Alberto: Emanuele
Bosio ne ripercorre le vicende dal 1898 al 1998. Sarà in
vendita a £. 6000 presso le
chiese, insieme al n. 28 de
La beidana che contiene, fra
l’altro, un articolo sulle croci
e le madonne sistemate sulle
cime delle montagne pinerolesi, uno sul patois parlato
nel Wurtemberg e uno sul
valdismo in vai di Susa.
VALLI
CHISONE - GERMANASCA
Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva;
Ospedale di Pomaretto, tei. 81154
Guardia farmaceutica:
DOMENICA 2 FEBBRAiO
Viilar Perosa; Farmacia De
Paoli - via Naz. 29, tei. 51017
Ambulanze:
Croce Verde, Perosa: tei. 81000
Croce Verde, Porte : tei. 201454
VAL PELLICE
Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva;
telefono 932433
Guardia farmaceutica:
DOMENICA 2 FEBBRAIO
Luserna San Giovanni: Farmacia Gribaudo - Via Roma
19 (Aitali), tei. 909031
Ambulanze:
CRI - Torre Pellice, tei. 953355
Croce V. - Bricherasio, tei. 598790
PINEROLO
Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva;
Ospedale civile, tei. 2331
Ambulanza:
Croce Verde, tei. 322664
SERVIZIO INFERMIERISTIC')
dalle ore 8 alle 17, presso le
sedi dei distretti.
Cinema
TORRE PELLICE — Il
cinema Trento ha in programma, giovedì 30 e venerdì
31, ore 21,15, La lupa; sabato 1° febbraio, ore 20, La
freccia azzurra (cart. animati); ore 22,10 Soluzioni estreme; domenica 2, ore 16 e 18,
La freccia azzurra; ore 20 e
22,10 e lunedì 3, ore 21,15,
Soluzioni estreme.
BARGE — Il cinema Comunale ha in programma,
giovedì 30, ore 21, Fantozzi,
il ritorno; venerdì 31, ore 21,
La mia generazione, sabato
1° febbraio, ore 21, Specchio
della memoria; da domenica
2 (15, 17, 19, 21) a giovedì 6,
Spiriti nelle tenebre; feriali
spettacoli ore 21, mercoledì
chiuso.
PINEROLO — La multisala Italia propone alle sala
«5cento», fino al 5 febbraio.
Il club delle prime mogli;
feriali 20,20 e 22,20, prefestivi 20,20 e 22,30, festivi
14.30, 16,30, 18,20, 20,20.
Alla sala «2cento», fino al 5
febbraio, è in visione II ciclone; feriali 20 e 22,20, prefestivi 20 e 22,30, festivi 14,30,
16.30, 18,30, 20,20 e 22,20.
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tei. 0121-323422; fax 323831
redazione Torre Pellice
tei. 0121-933290; fax 932409
Sped. in abb. post./50
Pubblicazione unitaria con Riforma
non può essere venduto separatamente
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Resp. ai sensi di legge Piera Egidi
Stampa: La Ghisleriana Mondovì
Una copia L. 2.000
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f II 25 gennaio si è conclusa la Settimana di preghiera per l'unità dei cristiani sul tema dell'Assemblea di Graz
Testimoni credibili della riconciliazione operata da Dio
Autenticità, franchezza, essenzialità, varietà e fantasia nelle liturgie hanno caratterizzato una settimana ecumenica che
pur interessando molte più persone e comunità rispetto al passato, non riesce a coinvolgere veramente la base delle chiese
^EMMANUELE PASCHETTO
k yf ENTRE chiudiamo queVI sto numero di «Ritorna» arrivano da diverse parti
e prime reazioni sulla «Settinana di preghiera per l’unità
lei cristiani» (Spuc) che si è
conclusa sabato 25 gennaio.
Proponiamo un commento a
làido, riservandoci di tornale sull’argomento per dare
ipazio ai contributi specifici
;he giungeranno dalle diver¡e località.
Una prima constatazione è
lie la scelta di porre al cenno dell’attenzione il tema
della riconciliazione, agganciando la Settimana di preghiera all’Assemblea ecume^ca europea che si terrà a
Graz nel prossimo giugno, si
èrivelata quanto mai felice.
Mentre si moltiplicano le occasioni di confronto e di riflessione su questo argomento cruciale per il futuro delfumanità, cresce nelle chiese
un sano timore ad autoproclamarsi ambasciatrici di riconciliazione. «Medico cura
te stesso» potrebbe essere la
caustica reazione di coloro a
cui rivolgiamo il nostro messaggio, che è credibile solo se
¡segni della riconciliazione
operata da Dio sono lampanti in eoa >=o che se ne fanno
portatori e chiese non possono pit i esitare di fronte alla
rivoluzione copernicana che
viene loro richiesta. Gli am
baÉiatori che si fanno protagoiusti, che non agiscono ir
perfetta sintonia con chi li
manda, che non sanno armonizzare la propria azione
con quella di chi ha eguali
compitie r, ronsabilità, rischiano di e: :< rimossi. Le
chiese devono fare proprie,
concretamente, :e parole del
Battista: «Bisogna che Egli
cresca e che io diminuisca».
La Settimana di preghiera
di quest’anno ci ha rivelato
essenzialmente tre cose: innanzitutto che la sete di ascoltare l’annunzio autentico
dell’Evangelo non è affatto
»penta, anzi è crescente. Là
dove il messaggio non è velato da mediazioni non richieste 0 falsato da equilibrismi
diplcmctici 'i!,' è testimoniato nella stiri ro .'■osta essenzialità, dove ' >n d tacciono le
difficoltà civ.' ! ; i iiicse hanno
asuperare le . siilità del passato e le divei .,1'iize del presente ma si percepisce ¡’esistenza di un rispetto reciproco e il desiderio sincero di
costraire qualcosa di nuovo,
la gente risponde. Lo testimoniano il calore con cui è
stato accolto un vescovo cattolico nel tempio valdese di
Roma, le mille persone che
hpno gremito la cattedrale
di Bari all’incontro di apertura, le decine di appuntamenti
affollati a Milano e Torino, il
grande interesse con cui oltre
duecento persone hanno seguito la conferenza del prof.
Paolo Ricca a Trieste.
La seconda cosa è che ci
, sono mille modi per realizza^ re il desiderio di pregare insieme per l’unità. Varietà e
fantasia sono segni di vita! l'tà, di ricchezza. Forse stiaI rrio imparando che la spinta
I g®nerata dallo Spirito all’inI tontro, alla conoscenza reciproca, allo scambio di doni
! "on può essere ingessata in
I Cerimonie formali e solenni,
¡“accanto alle liturgie ecu‘ Bieniche, dove sempre mag! g'or spazio viene dato alla
- parola di Dio, alle conferenze
I * tavole rotonde, agli studi
Piblici e ai dibattiti storici e
teologici, agli incontri con i
i povani e le coppie interconI tessionali, aumentano le oc'-ssioni di esprimere con la
Torino, tempio vaidese: il pastore valdese Giuseppe Platone, il cardinale Giovanni Saldarini e il pope ortodosso Giorgio Vasilescu durante la celebrazione ecumenica del 25 gennaio (foto A. Brunero)
musica e il canto il senso di
appartenenza alla grande e
variegata famiglia di Dio.
Una nuova iniziativa si è aggiunta quest’anno: a Napoli
la Settimana di preghiera è
stata portata nel carcere, con
la predicazione di due pastori battisti durante le messe
domenicali e soprattutto con
la corale evangelica Iphara
Cuneo
Un augurio a
Herbert Anders
Con Linizio del 1997 il pastore battista Herbert Anders, dopo un quinquennio
svolto in provincia di Cuneo,
assume la responsabilità della chiesa di Cagliari. Le chiese e le diaspore della provincia di Cuneo sono grate al
pastore Anders per il prezioso lavoro compiuto, per il
suo impegno costante nei
tanti problemi piccoli e meno piccoli, affrontati con
equilibrio, pazienza, coinvolgimento, grande capacità di
ascoltare e costante disponibilità ad intervenire.
Le chiese e le diaspore della provincia di Cuneo non dimenticheranno ciò che il pastore Anders ha fatto per loro, insegnando molte cose,
davvero importanti, senza
mai salire in cattedra, anteponendo sempre, con dignità
e calore, i doveri del suo ministero ai suoi problemi ed
esigenze personali. Tutto
quanto abbiamo appreso
cercheremo di coltivarlo dentro di noi per cercare di essere più capaci, più accoglienti,
più fedeli nel Signore.
Nell’invocare la benedizione di Dio sul pastore Anders
per i nuovi impegni che lo attendono vogliamo che egli
sappia che in provincia di
Cuneo troverà sempre sorelle
e fratelli felici di accoglierlo e
di ritrovarlo.
disi, accolta con entusiasmo
dai detenuti. Un terzo aspetto cogliamo dalle impressioni che ci giungono da diverse
parti: la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, come l’ecumenismo stesso, non può essere frutto di
improvvisazione.
Dove c’è un’esperienza
consolidata di confronto e di
Catania
Insediato
Italo Pons
È stata una giornata di festa quella di domenica 29 dicembre per la Chiesa valdese
di Catania, quando durante il
culto è stato presentato alla
comunità il nuovo pastore, il
candidato al ministero pastorale Italo Pons. Giunto a Catania al termine dell’estate.
Italo Pons è stato presentato
da Alessandra Trotta, in rappresentanza del circuito. La
nuova guida della chiesa di
Catania, dopo aver ultimato
la stesura della propria tesi,
eserciterà il suo periodo di
prova in vista della consacrazione prevista per il 1998.
Durante il culto rappresentanti della comunità locale si
sono rallegrati con Pons augurandosi di poter contare a
lungo sul suo apporto. Successivamente, presso i locali
della chiesa valdese in via
Cantarella, si è svolta un’agape comunitaria a cui ha partecipato, oltre a molte sorelle
e fratelli di Catania, anche
una folta rappresentanza della comunità eritrea che nella
Chiesa valdese ha un suo
punto di riferimento, (p.r.)
collaborazione non formali,
rincontro di cristiani di diverse tradizioni ha un senso e
produce un arricchimento
reciproco che può avere ricadute al di fuori degli ambienti
ecclesiali. Le esperienze più
positive vengono là dove la
consuetudine al dialogo si è
rafforzata in decine di incontri, talvolta personali o di pic
cola entità, sempre però animati dalla volontà di conoscere e capire. Così è per l’attività interconfessionale a
Milano, a Trieste, nelle Puglie. Così per Venezia dove
esiste e opera un Consiglio
delle chiese cristiane o per
Torino dove le due commissioni per l’ecumenismo, cattolica e evangelica, lavorano
in stretta collaborazione fra
loro concordando le attività
da promuovere a livello diocesano. Se mancano disponibilità e fiducia reciproca, le
iniziative stentano a concretizzarsi 0 non decollano.
Restano però ancora molti
nodi da sciogliere. Il primo è
lo scarso coinvolgimento dei
credenti di base. È vero che
molto dipende dalla capacità
di coinvolgimento dei vescovi e dei pastori: spesso però si
nota una resistenza sorda, un
disinteresse per una questione che. Io si voglia o no, è oggi ineludibile. È vero che
l’enorme disparità di forze
fra cattolici da una parte e
protestanti e ortodossi dall’
altra ha un gran peso come
hanno ancora un peso, per
gli evangelici, il ricordo di un
passato non lontano di discriminazioni e persecuzioni
o il timore di perdere la propria identità o di essere inglobati dalla Chiesa romana.
D’altra parte non si può di
menticare che l’80% dell’
evangelismo italiano è costituito da chiese e gruppi che
non si riconoscono nella Federazione delle chiese evangeliche e che i cui membri
sono in genere duramente
contrari ad aver rapporti ecumenici con il cattolicesimo.
Se crediamo che l’ecumenismo sia un movimento suscitato dallo Spirito facciamoci carico di queste difficoltà dimostrando che non
cerchiamo l’unione delle
chiese ma l’unità dei cristiani
e che, come protestanti, non
abbiamo intenzione di rinunciare alla nostra identità di
evangelici né tanto meno di
svendere la nostra fede. Incalziamo la Chiesa cattolica
ad un confronto serio sul piano storico, teologico ed etico.
L’unità non è frutto dei sorrisi e della diplomazia ma matura nella consapevolezza
delle proprie diversità, riconciliate in Cristo. Promuoviamo rincontro fra comunità
locali, con la parrocchia vicina, con chi desidera studiare
la Scrittura insieme a noi,
con i gruppi che si impegnano nelle attività a favore di
chi vive il disagio.
Soprattutto affidiamo anche questo aspetto della nostra vita di credenti alla grazia del Signore e alla guida
del suo Spirito.
Roma: Settimana di preghiera per l'unità dei cristiani
Quattro presidenti di chiese evangeliche
dicono no a celebrazioni senza reciprocità
Come ogni anno, a conclusione della «Settimana di
preghiera per l’unità dei cristiani» il papa celebra una
solenne liturgia eucaristica
nella basilica di San Paolo
fuori le mura, a cui vengono
invitati anche rappresentanti
di altre confessioni cristiane;
quest’anno la messa doveva
essere presieduta dal cardinale Edward I. Cassidy, presidente del Pontificio Consiglio per la promozione
dell’unità dei cristiani.
Tra gli altri avevano ricevuto una lettera di invito da
parte dell’abate di San Paolo,
Luca Collino, il presidente
della Federazione delle chiese evangeliche in Italia, Domenico Tomasetto, il moderatore della Tavola valdese,
Gianni Rostan, il presidente
dell’Opcemi, Valdo Benecchi,
e il presidente dell’Unione
battista. Renato Maiocchi.
Tutti, come ogni anno, hanno declinato l’invito a partecipare alla solenne liturgia,
poiché hanno ritenuto che
l’incontro non preveda nes
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Pubblicazione bimestrale di
meditazioni quotidiane per
il culto individuale e familiare.
Abbonamento annuo per l'Italia e per 1' Europa L. 15.000.
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suna reciprocità: come protestanti, non potrebbero comunque partecipare appieno
alla celebrazione eucaristica.
«Mi sentirei uno spettatore
estraneo - scrive Gianni Rostan - e ciò sarebbe oltrettutto accompagnato da un certo
disagio spirituale». «L’ostacolo fondamentale - dichiara
Renato Maiocchi - resta l’impossibilità da parte vostra di
ospitarci alla Mensa del Signore. Ancora una volta dovremmo dare segni di una
comunione che si interrompe proprio nel momento in
cui essa conoscerebbe la sua
espressione più pregnante».
Nelle lettere inviate all’abate Collino i rappresentanti
delle chiese evangeliche hanno comunque ribadito il loro
personale impegno tanto nella Settimana per l’unità quanto nella preparazione della
prossima Assemblea ecumenica europea che si terrà a
Graz dal 23 al 29 giugno.
Hai fatto
Tabbonamento
a
Viaggio
turistico storico
sulle tracce dei valdesi del Nord-Ovest
degli Stati Uniti d’America
dal 5 al 27 settembre 1997
La Società di studi valdesi, unitamente al Centro culturale, organizza un secondo viaggio nel Nord America.
Si tratta, come il precedente, di un viaggio che unisce
il carattere turistico allo storico per visitare un paese
che nel secolo scorso ha accolto emigranti valdesi. Ci
sarà l’opportunità, durante questo itinerario, di avere
degli incontri con dei loro discendenti e inoltre conoscere realtà diverse come quelle dei mormoni. Il viaggio toccherà i seguenti Stati: (Jtah, Wyoming, (parco
nazionale dello Yellowstone) Idaho (e Montagne Rocciose) quindi California (San Francisco, Los Angeles,
San Diego) con breve sconfinamento in Messico, e infine New York. Se siete interessati vogliate contattare
telefonicamente con urgenza, dato il numero limitato
di posti, il numero telefonico 0121-932566 oppure
0121-932179. Il responsabile sarà a vostra disposizione il mercoledì e il giovedì dalle ore 10 alle 12 e dalle
15 alle 17,30 per fornire tutte le informazioni.
16
PAG. 8 RIFORMA
Vita Delle Chiese
I
VENERDÌ 31 GENNAIO 19i.^ktcc
Ecumene: seminario internazionale metodista sull'evangelizzazione
Proclamare la Buona Notizia
Lo scopo del seminario è stato quello di incoraggiare e aiutare i metodisti dei
paesi a forte maggioranza cattolica. Evangelizzare con le parole e con le opere
I
PETER GIACCIO
Dal 7 al 15 gennaio si è
tenuto al Centro di Ecumene il V seminario sull’
evangelizzazione «Proclamare la Buona Notizia a tutta la
creazione», promosso dall’
Istituto mondiale metodista
per l’evangelizzatone del
Consiglio mondiale metodista, la cui sede è alla Candler
School of Theology, Università di Emory, Atlanta, e dall’Opera per le chiese evangeliche metodiste in Italia (Opcemi). «Lo scopo del seminario - dice il rev. dr. Winston
Worrell, direttore di Candler
- è quello di incoraggiare e
aiutare i metodisti dei paesi a
forte maggioranza cattolica.
Perciò l’Opcemi ha deciso di
ospitare i fratelli e le sorelle
provenienti da varie parti del
mondo: Polonia, Slovacchia,
Repubblica ceca, Portogallo,
Spagna, Italia, Irlanda, Gran
Bretagna, Stati Uniti, Brasile,
Costa Rica, Barbados, Ghana,
Corea, insieme ai professori e
agli studenti di teologia provenienti da Atlanta».
Il seminario era strutturato
in questo modo: ogni giorno
quattro lezioni, tenute in
massima parte dai professori
di teologia di Candler, tra i
quali si trovano alcuni dei
massimi esperti a livello
mondiale del metodismo.
Ogni gruppo proveniente da
paesi a forte maggioranza
cattolica contribuiva con una
testimonianza sul modo in
cui vive e si esprime un metodista nel proprio paese. In
seguito si formavano dei
gruppi di lavoro dove ognuno
si rendeva partecipe dei problemi e delle esperienze di
fratelli e sorelle provenienti
da un altro paese.
Dopo un’introduzione di
Ninston Worrell sul significato del proclamare l’Evangelo
a tutta la creazione e una
breve spiegazione del modo
in cui si sarebbe svolto il seminario, ci sono stati i saluti
di Heinrich Bolleter, vescovo
metodista dell’Europa centro-meridionale, che ha fatto
il punto della situazione sul
suo grosso distretto, che va
dalla Polonia aU’Algeria, dalla Francia alla Bulgaria: la
Chiesa metodista è in crescita e si moltiplicano le varie
opere diaconali, ma soprattutto «ora è possibile evangelizzare per le strade delle
grandi città dell’Est».
Il presidente del Comitato
permanente dell’Opcemi,
Valdo Benecchi, ha illustrato
la particolare situazione degli evangelici italiani. Il pastore Eddie Fox, direttore
esecutivo dell’Istituto mondiale metodista per l’evangelizzazione, ha sottolineato
come i metodisti debbano
essere un movimento, ricordando ciò che John Wesley
più temeva, cioè che «...i metodisti continuino ad esistere
come una setta morta, con la
forma di una religione, ma
senza la potenza, e ciò accadrà se non avranno la Dottrina, la Disciplina e lo Spirito
che avevano all’inizio».
Tra le testimonianze sulle
sfide e sui metodi dell’evangelizzazione nei paesi a forte
maggioranza cattolica, il pastore Pavel Prochadka ha
parlato della Slovacchia, il
pastore Andrzej Malicki della
Polonia e il pastore Eduardo
Almeida del Portogallo. Il vescovo metodista di Rio de Janeiro, Paulo Lockmann, ha
parlato della situazione brasiliana, dove il numero delle
comunità e dei membri dei
membri di chiesa è in continuo aumento. Inoltre la chiesa brasiliana è molto giova
Foto di gruppo dei partecipanti al seminario
ne, visto che la metà dei suoi
componenti ha meno di 35
anni. Ha ricordato anche la
gioia dell’aver potuto ospitare nell’agosto scorso la Conferenza mondiale metodista.
Nel rispetto della tradizione
metodista, però, bisogna cercare di dare una soluzione ai
vari problemi del paese, che
soffre di una disoccupazione
e di una povertà altissima,
delle violenze nei confronti
delle donne e dei bambini e
del fatto che gli indios vengono uccisi o cacciati dalle
loro terre.
Il pastore George Morris,
professore emerito e fondatore della Candler School of
Theology, ha spiegato alcuni
criteri teologici per modelli
evangelistici e come formare
un gruppo di lavoro; in una
seconda lezione ha illustrato
come la fede cristiana debba
essere personale nei rapporti
con Dio e relazionale nei rapporti con gli altri. In una terza
lezione ha poi spiegato che
non si evangelizza una persona 0 un paese ignorando che
evangelizzare vuol dire annunciare la Buona Notizia
con le parole e con le opere
nei vari contesti nel potere
dello Spirito Santo. Altre testimonianze sono venute dal
pastore Alfredo Abad-Heras,
che ha parlato di come vivono in Spagna i protestanti e
più in particolare i metodisti,
come in Italia integrati con i
riformati. Il pastore Paul
Kingston, ha parlato della situazione irlandese, di come la
religione è vissuta in una terra dove è presa a pretesto di
una guerra civile. Ritiene,
dunque, che ci sia bisogno di
una nuova evangelizzazione
in un’isola dove la quasi totalità degli abitanti si definisce
cristiana. II pastore Stephen
Gunter, professore alla Candler School, ha tenuto due importanti lezioni sull’identità
metodista. Nella prima, «John
Wesley come teologo pratico», ha analizzato i sermoni
di Wesley, estrapolandone la
teologia che il fondatore del
metodismo non aveva mai
pensato di esporre in maniera sistematica. Nella seconda
ha spiegato come si deve
evangelizzare secondo uno
spirito wesleyano.
Ha partecipato ai lavori del
seminario anche Paolo Ricca,
professore di Storia della
chiesa alla Facoltà valdese di
teologia, che ha reso una testimonianza sui rapporti tra
cattolici ed evangelici e sullo
stato del cammino ecumenico in Italia, sottolineando i
notevoli passi avanti compiuti in questo campo in seguito
al Concilio Vaticano IL II giorno 10, accogliendo 1’ invito
deirOpcemi, si è recato di
persona al Centro di Ecumene il presidente del Consiglio
Pontificio per la promozione
dell’Unità dei cristiani, Cardi
nal Edward Cassidy, che ha
svolto una relazione su evangelizzazione e ecumenismo.
Il cardinale ha poi deciso di
ricambiare l’invito, accogliendo i delegati nel suo ufficio in Vaticano il giorno seguente. L’incontro è stato
molto cordiale e è stato un
segno dell’evoluzione del dialogo tra metodisti e cattolici,
iniziato trent’anni fa. Domenica 12, si è tenuto un culto in
italiano e in inglese nella
chiesa metodista di via XX
Settembre, dove ha predicato
il pastore Eddie Fox, con traduzione simultanea del candidato Peter Ciavarella, e dove si è avuta la presenza della
corale della Chiesa metodista
di lingua coreana. In seguito,
si è avuta un’agape offerta
dalla comunità. I partecipanti
al seminario hanno avuto alcune occasioni per conoscersi meglio: all’interno dei
gruppi di lavoro che venivano
formati dopo le lezioni (definiti, non a caso, Wesley Groups), durante i pasti e nelle poche ore a disposizione per visitare la città di Roma.
Al successo della manifestazione ha contribuito l’organizzazione del Centro di
Ecumene, che ha accolto in
maniera eccellente i partecipanti al seminario. La direttrice Ornella Sbaffi ha illustrato
la vita e l’attività del Centro,
che si basa interamente sul
lavoro di volontari. Il VI Seminario mondiale metodista internazionale sull’evangelizzazione si terrà alla fine di giugno a Atlanta. Sono previsti
due delegati dall’Italia. «Tutto
ciò ci è stato di grande incoraggiamento», è il commento
del delegato polacco Andrzej
Malicki, che esprime perfettamente lo stato d’animo anche
degli altri delegati provenienti
da paesi a forte maggioranza
cattolica. «Credo - ha dichiarato Valdo Benecchi - che
questi incontri con metodisti
di altri paesi possano arricchirci spiritualmente e che sia
incoraggiante sentirsi parte di
una grande famiglia sparsa in
tutto il mondo».
11«
ITÌCH
PINEROLO — Dopo la discussione fatta in assemblea su «c^
cosa significa fare l’anziano di chiesa», sono stati eletti B,.
mo Long e Adriano Richiardone, insediati domenica |)
gennaio. Tanti si sono stretti ai due fratelli già impegnai
in rami diversi, nella comunità, per augurare loro un min
sterio benedetto da Dio e trovare la gioia del lavoro fati
con gli altri e per gli altri.
• Sono stati eletti controrelatori e revisori dei conti p,
quest’anno di attività Lucetta Rostan dai. Vera Long, Ai
tonella Zorzan, supplente Iole Fornerone. — ---
• Il culto della giornata del predicatore locale è stato pi| _ . Api
sieduto da Sergio N. Turtulici e quello del 29 dicembre) 1
Gianni Long, che ringraziamo.
• Ancora auguri di vita serena a Paola Malavaso e Rena p
Franco Mensa, che si sono snnsati npl tpmnin r« rHrpmti. P. Z
Franco Mensa, che si sono sposati nel tempio l’8 dicembt ¿eì
• Si sono svolti i funerali di Alfredo Pagani e Cristina Moi '^sioru
taldo Minetto. La comunità è vicina ai compagni della lo| Vinstra
Trita Q _________1_____ lU/®
trastan
MOTTOM — Il periodo natalizio si è aperto il 24 dicembi
con l’agape e la meditazione biblica a cura del pastoi
Dentico, ospite con la moglie. Il culto di Natale ha avul ®
invece la liturgia curata dalle giovani e la predicazione si
senso del festeggiamento, ancora curata dal pastore Den|
no. Domenica 29 la liturgia del culto è stata condotta dal ^
giovane lacobino e la predicazione dalla sorella Virginj non vii
Mariani, che ha parlato sulla storia di Esaù e GiacobÌ la
primo esempio biblico di riconciliazione. La cena di fiij Boenza
anno, la sera del 31, è stata preceduta dalla lettura dei brj B®mzio
ni proposti dal lezionario «Un giorno, una parola» a cuj flnl’^®
del fratello Baia, mentre il culto di inizio anno è stato coi ^
dotto da Domenico D’Elia su Isaia 58, 1-12, con l’esorti
zione ad affrontare il nuovo anno con la speranza che vie
ne da una nuova spiritualità profetica.
• Il 6 gennaio si è svolta la festa della scuola domenicé
preparata con bravura dalle giovani monitrici alla loro pi
ma esperienza. I canti corali, espressione dei vari aspeti “®^;
del Natale, hanno fatto da cornice alla rappresentazion
della storia di Ruth e a quella della nascita di Gesù, evein
reso possibile anche dalla determinazione di questa donn
moabita. Il materiale è stato rinvenuto grazie ai prezioi
manuali che sono stati prodotti dal Sie alcuni anni fa.l
conclusione della piacevole giornata si è svolto il divertenti
«balletto» delle più piccole. '
• Ringraziamo i fratelli Arcidiacono, Nicola Nuzzolese e Da. Ti*
vid McFarlane che attraverso l’Assocazione delle chiese bat
tiste di Puglia e Lucania hanno fatto visita alla comunità tÌIT
condividendo il momento del culto con la predicazione.
moso
troche
ingénu
mente !
Comi
to, il Te
re gli 0
chiese <
Codice
dall’alt
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del 197
paiono
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Tutta
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PRAMOLLO — Il fratello Valdo Ferrerò è stato nominato zione c
nuovo membro del Concistoro dall’assemblea di chiesi npio (
del 19 gennaio; successivamente il Concistoro lo ha nomi #e de(
nato cassiere in sostituzione di Claudia Travers, dimissiq Ao II
naria. La comunità esprime a Claudia un sincero ringq ^icum
ziamento per la competenza con cui ha svolto questo ii^ che, rii
pegnativo compito per 10 anni, e rivolge a Valdo Taugurit pirati
di potersi impegnare con dedizione e spirito di servizio ii battesù
questa nuova attività. corpon
BARLETTA — Domenica 19 gennaio nella chiesa battista sii
tenuto rincontro ecumenico per la settimana di preghi^ ¡ap/jjg
per l’unità dei cristiani sul tema della riconciliazione, m ¡¿pigf
don Saverio Colonna e padre Soan Toba della Chiesa ro- Rateili
mena ortodossa. La chiesa era gremita (oltre 150 persone); Jq ^
il pastore David MacFarlane ha presieduto e organizzato; gjosa c
una corale degna dell’incontro, che ha proposto dei canti^ ^ ¡.¿n
nuovi ricevendo le congratualazioni dei presenti (Con armi; ^
combatterem; Padre celeste; Osanna osanna osanna), ^ ^¡enzo
comunità ringrazia la signora Ann MacFarlane per i suà ^g
interventi: è stata una giornata da non dimenticare, che c|:
fa intravedere quella gioia che tutti sperano nella vera rifl|
conciliazione che Dio ci ha dato in Gesù Cristo.
I giovani del Campo Sardegna si confrontano con la parabola dei lavoratori delle diverse ore
L'amore di Dio si rivolge ugualmente a tutti i suoi figli
GIANLUCA PUCGIONI
U NA bellissima giornata
di sole, un bellissimo
scenario naturale, un divertente campo di lavoro, un incontro tra due generazioni.
Tutto questo è avvenuto il 1°
novembre nel Campo Sardegna, un incontro voluto da
noi giovani e gradito a quelli meno giovani della comunità di Cagliari. La mattinata
è stata dedicata ai lavori e,
dopo il pranzo, ci siamo immersi in un’animazione teologica organizzata, curata e
condotta da Silvia Zerbinati,
Cristina Viti e Carlotta Nleddu. Abbiamo letto il passo
Matteo 20,1-15 e consegnato
a tutti i presenti un fogliettino sul quale scrivere solo le
sensazioni suscitate nell’
ascoltare questo passo provocatorio.
Abbiamo poi individuato
nella parabola i protagonisti
e a ognuno di essi è stato assegnato a un gruppo; il padrone, il fattore, i lavoratori
della prima, della seconda e
della terza ora. Ogni gruppo
doveva prepararsi due domande da porre a ogni gruppo, domande rivolte all’interno di un’ipotetica osteria
(locale che si è ben presto
animato, visto che tutti si sono calati nelle loro parti!).
Inutile dire che i più «avvelenati» erano i lavoratori della prima ora, avendo lavorato di più e avendo percepito
quanto quelli dell’ultima ora.
Come se non bastasse hanno
anche assistito al pagamento
dei lavoratori della terza ora
perché così deciso dal padrone (versetto 8), suscitando la
loro indignazione. Non ci si
spiega il motivo di questa
scelta e a parer loro un buon
padrone non deve suscitare
invidia fra i suoi lavoratori.
La risposta non si è fatta attendere e il clima si scaldava
già! È stato detto che la paga
era giornaliera e tra l’altro è
stata corrisposta in maniera
promessa: né di più né di
meno. È sorto però il dubbio
di una svalutazione della
manodopera, ovvero trovando un pastore che paga in
egual misura, perché faticare
tanto? Forse perché non c’è
un futuro certo: oggi il lavoro
c’è e domani non si sa. Ma se
uno entrasse a lavorare tutti i
giorni, perché dovrebbe impegnarsi al cento per cento,
visto che il padrone paga tutti in egual misura?
Non c’è stata nessuna ingiustizia, è stato dato quanto
pattuito anche a quelli della
terza ora, che hanno lavorato
poco perché non chiamati
(versetti 6 e 7). Il padrone
con loro è stato generoso,
forse perché anche lui consapevole che forse perché
non avrebbe avuto bisogno
del loro lavoro, era un rapporto quotidiano. È anche da
considerare che le scelte del
padrone possono sembrare
ingiuste ma è altresì vero che
lui ha dato quanto promesso. È qui forse da ricercare la
sua giustizia. Anche se per
quelli della prima ora il senso di giustizia del padrone
non coincideva con il loro.
Inoltre non accettavano il
fatto che un gesto bello di
generosità come quello del
padrone potesse essere così
fastidioso.
Sono tuttavia consapevoli
che la fortuna di essere stati
chiamati per primi ha dato
loro la sicurezza di una paga
a fine giornata, non vivendo
così l’ansia dell’incertezza.
Inoltre loro stessi avrebbero
accettato uno scambio di
ruoli con i lavoratori dell’ultima ora. Anche se nessuno
li ha indotti a pensare che avrebbero preso di più perché
hanno lavorato di più. Certo
forse è normale aspettarselo.
ma gli accordi erano chiari:
una moneta, e una moneta è
stata consegnata a fine giornata.
Ovvio che paragonarsi e
confrontarsi con quelli della
terza ora porta a un’aspettativa di gratificazione ma perché non pensare a quelli che
vogliono lavorare e non hanno la possibilità, perché non
è loro concessa? O meglio,
perché non gioire del fatto
che qualcun altro in una
brutta situazione è riuscito a
trovare un lavoro in extremis
e a portare qualche soldino a
casa? L’animazione a questo
punto è stata concentrata
sulla lettura dei bigliettini
scritti precedentemente,
quelli delle sensazioni. Alcuni sono veramente belli, a
mio modesto parere e ne cito
qualcuno che ha catturato la
mia attenzione: «Pochi padroni sono generosi come
questo»; «Capisco chi brontola, l’invidia è una gran
brutta bestia»; «Quale è il tuo
senso di giustizia?»; «Ingiustizia. Ultimi e primi saranno
invertiti. La situazione è discutibile».
Sensazione comune, quindi, di ingiustizia. Ingiustizia
nel pagare con la stessa somma tutte e tre le categorie di
N!
EI
in
Ecume
lavoratori. Ma la giustizia i
Dio può non essere corti
prensibile per noi anche peri cembì
ché ci viene naturale cercarf Mediti
di comprenderla con dei pa
rametri puramente umani ( caldi d
ro?», s
terreni, per cui chi lavora ha
o avrà. Il metro terreno
chi merita, Dio no. Dio paga
anche chi lavora meno: pui
sembrarci una contraddizione ma in fondo è anche questa continua ricerca, la continua discussione che ci aiuta
a correlarci con Dio.
Dio ama così. Tutti nella*
stessa maniera. Non c’è nes-i
sun insegnamento nel pagere per primi i lavoratori dell’ultima ora? Io credo ci sii
reputo questi gesto una dimostrazione del fatto che
tutto avviene alla luce del
sole. L’amore di Dio è così
grande, pulito, luminosOi
anche se a qualcuno queste
gesto ha suscitato dubbi,
quanto si è corso il rischio d
scatenare invidia, e se cosi
fosse il padrone non sarebbe
un buon padrone. E se invece fossimo noi che non riti’
sciamo a godere delle felici^
altrui al pari della nostra!
Personalmente, un grande
dubbio mi ha assalito al termine deH’animazione: chi^
il fattore nella mia vita?
temazi
la situ
più in
da e d
temoc
sto prò
dvenz
me in'
religioi
Men
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sentin
come
simbol
donali
mrele
tesove
fenatis
17
AIO 191
RDI 31 GENNAIO 1997
PAG. 9 RIFORMA
il documento sui matrimoni interconfessionali
conti Pi
Long, Al
Per una piena libertà di scelta
«Testo comune», approvato dalla Cei e dal Sinodo, non
modifica i rispettivi ordinamenti ma crea condizioni nuove
ea su «q,
:i eletti fi
menica ],
oTnS II «Testo comune»,
ivoro fati
ALBERTO TACCIA
Stato ptj j approvazione da par:embre {(jgi Sinodo valdese del
Testo comune di studio e pro) e Renai pggig per un indirizzo pastodicembt ,gigdei matrimoni intercontina Moj fissionali ha suscitato nella
i della lo| nostra chiesa reazioni contrastanti che possono poladicembi rizzarsi in due posizioni e=1 pasto streme. Da un lato un ottimir ha smo, alquanto superficiale,
azione» ritenere risolti tutti i proore Deni sposarsi qua, sposarsi
lotta rial lài ^ tutto lo stesso, ormai
a Virsirt ® differenza. Da un
Siacobhi t>ltro lato una sospettosa difna di fin fldenza derivata dalla consi-a dei hn derazione che nulla è sostanla» a OT zialmente cambiato e il fastato co! Testo comune non è al
, l’pcnm tro che uno specchietto per le
;a che vi irrgenue allodole che facilmente si lasciano ingannare.
tmenif* ® P^“
I : to, il Testo comune non intenerì a-en?# deva, né lo poteva, modificaentazioj ordinamenti delle due
?ìi, event
sta donn ¿gjj'aih-o ¡1 Documénto del Sivaldese sul matrimonio
j- del 1971.1 due documenti apliverten# . , ^
paiono largamente incompatibili su alcune questioni di
chiese che sono, da un lato, il
Codice di Diritto canonico e
lese e 1
hiese bat
:om unità
zione.
' fonde e di questo il Testo comune non fa mistero.
Tuttavia non il superamento, ma una diversa collocalo minato zione contestuale è data, aldi chiesi meno da parte cattolica, da
ha nomi due decreti del Concilio Vati
dimissio #10 II. Il primo è i! famoso
:o ringr,: dècumento suirecumenisino
uesto ili che, riferendosi ai fratelli sel’auguri pirati dice: «Giustificati nel
ervizio ii battesimo della fede, sono incorporati a Cristo e perciò sono, a ragior t , insigniti del nottista SI e cristiurn e. dai figli delpreghiera ¡g^ihigsa cattolica, sono giulone, coti stamente riconosciuti quali
hiesa ro- ^gi signore». Il seconpersone), Jq ^ quePo s-jHa libertà relira nizzato giosa, dove è detto: «In matedei cani rchgiosfl nessuno sia forCon arra ^bìo ad agire contro la sua coinna). La scienza, né sia impedito, enler i suoi (j.g ¿ghisi limiti, ad agire in
re, che
a vera ri-lp
conformità ad essa». Da questi due principi, del riconoscimento «quali fratelli nel
Signore» e del rispetto pieno
della libertà di coscienza,
possono emergere alcune linee interpretative, peraltro
anche esplicitamente espresse nel Testo comune.
a) Se è vero che la parte
cattolica che decide di celebrare un matrimonio interconfessionale riconosciuto
dalla propria chiesa deve firmare l’impegno di «allontanare i pericoli di abbandonare la fede», appare chiaro che
questa affermazione, sulla
base delle premesse su ricordate, riguarda la caduta nell’incredulità, nell’indifferentismo o nell’abbandono della
propria comunità, pericoli
effettivi proprio nei matrimoni interconfessionali mal
gestiti.
b) La parte cattolica deve
inoltre impegnarsi per iscritto «di fare quanto è in suo potere perché tutti i figli siano
battezzati ed educati nella
Chiesa cattolica». Si tratta
chiaramente di una norma
difensiva che nasce in un
contesto ben diverso da quello attuale. In molte diocesi
{specie all’estero) è già superata da un impegno comune
a un battesimo e ad una educazione cristiana, indipendentemente dalla chiesa in
cui questo avverrà. La parte
evangelica, in ogni caso, proprio per il rispetto della libertà della sua coscienza,
conserva la propria autonomia e non è tenuta a alcun
impegno di questo genere
verso la Chiesa cattolica. Essa
è tuttavia vincolata moralmente a dare verso i propri figli testimonianza della sua
fede evangelica, nel modo
come la sua chiesa la comprende e la vive. Questo deve
essere affermato con forza
anche se la nostra chiesa non
richiede alcuna dichiarazione firmata. Da qui il riconoscimento da parte del Testo
comune della piena libertà da
parte degli sposi di scegliere
in buon accordo U modo e il
luogo della celebrazione matrimoniale, del battesimo dei
figli e del tipo di educazione religiosa, tra l’altro il decreto sulla libertà religiosa
del Concilio Vaticano II, proprio su questo tema dice: «Ad
ogni famiglia compete il diritto di ordinare liberamente la
propria vita religiosa domestica, sotto la direzione dei genitori ai quali spetta pure il
diritto di determinare l’educazione religiosa da impartire
ai propri figli secondo la propria persuasione religiosa».
Non pare che da questo principio siano escluse le coppie
interconfessionali.
c) Inoltre il Testo comune si
applica soltanto nel caso in
cui la parte cattolica che celebra un matrimonio interconfessionale desidera che questo sia riconosciuto dalla propria chiesa. Nel caso contrario, il rispetto della coscienza
impone a noi, valutate le circostanze, di accogliere matrimoni interconfessionali non
riconosciuti dalla Chiesa cattolica, che tuttavia hanno
piena validità nell’ambito
dell’ordinamento valdese e in
sede civile.
d) È chiaro che l’attribuzione della piena libertà di scelta da parte dei nubendi può
apparire scomoda perché implica chiarezza di posizioni,
conoscenza approfondita dei
termini e delle modalità di
espressione della propria fede senza preconcetti confessionali, e infine piena assunzione di responsabilità delle scelte assunte. Soltanto il
disinteresse, l’ignoranza, la
paura e l’insicurezza possono
indurre a una passiva acquiescenza a disposizioni scritte o
non scritte, utili per tranquillizzare gli animi, ma che non
servono a risolvere i problemi di fondo e a porre i matrimoni su solide basi anche dal
punto di vista della fede.
M Carbonia
Costruire
a misura
d'uomo
«Bisogna abbattere le barriere dei concetti avversi, come diverso, “disabile”, e le
nuove costruzioni dovranno
essere progettate e costruite a
misura d’uomo». Queste sono
alcune delle riflessioni emerse dalla conferenza del 18
gennaio organizzata dalla
Chiesa battista di Carbonia
assieme all’associazione di
volontariato «Gruppo comunità via Marconi». La relazione del past. Giuseppe Miglio,
come anche le altre relazioni,
ha sottolineato che sebbene
nel nostro contesto giuridico
e socio-culturale questo argomento sia stato già ampiamente trattato e discusso, esso rimane sempre nuovo.
Questa apatia per l’abbattimento delle barriere architettoniche è qualcosa di genetico, qualcosa di cui la nostra
società è permeata. Per il past. Miglio il cammino da percorrere non è quello della carità, aspetto quest’ultimo che
sembra essere prediletto da
più ambienti, specialmente
quello religioso. In realtà,
questa è la prima grande barriera che dovrebbe insieme
essere superata, cioè bisognerebbe assumere come parte
integrante della nostra vita e
della nostra cultura il concetto che ogni persona, indipendentemente dalla sua condizione fisica, ha il diritto naturale di poter interagire liberamente con l’ambiente, di far
uso delle cose comuni come i
mezzi di trasporto pubblico,
di poter accedere alle strutture pubbliche, di passeggiare
tranquillamente per i marciapiedi. Come credenti, ha infine concluso il past. Miglio,
non possiamo esimerci dall’essere parte di coloro che
sinceramente vogliono costruire un domani dove tutti
hanno la possibilità di esprimersi e operare. Alla manifestazione hanno partecipato
oltre 200 persone senza contare la presenza del sindaco e
delle varie rappresentanze
pubbliche istituzionali della
città e della stampa regionale.
ore
Un tema di attualità internazionale per il campo invernale di Ecumene
Popoli e culture sulle coste del Mediterraneo
FRf'.i
àftASSI
Nel tradì.'ionale campo
inverna!; del Centro di
Ecumene, tenutosi dal 27 dicembre al 2 gennaio su «Il
Mediterraneo: mare o muro?», si sono toccati i punti
caldi della recente politica intemazionale. Si è tratteggiata
la situazione dei Balcani e,
più in particolare, della Grecia e della Bosnia che all’interno di quell’area hanno posto problemi politici e di convivenza non facili che insieaie investono democrazia,
religioni e guerre.
Mentre nel campo dell’anào scorso fu in particolare affrontata Linfluenza e il rapporto fra le religioni, quest’
atino per dare compiutezza al
discorso iniziato, oggetto di
tiflessione sono state la condizione delle popolazioni, la
loro divisione all’interno delio stesso territorio, l’impossifrilità di giungere ad un reale
superamento delle rivalità sedimentate nel corso di secoli
di duri scontri. Argomenti
questi trattati senza sottovalutare il ruolo negativo che il
sentimento religioso sentito
come unico e importante
simbolo di appartenenza na®onale ha svolto nel compatiste le popolazioni portandole sovente a forme deliranti di
iSuatismo nazionalista.
Come hanno sottolineato i
vari oratori è la storia stessa
che ha segnato i Balcani. Anche senza partire dalla divisione dell’impero romano,
ipotesi di lavoro tutt’altro che
banale, è evidente che in
quell'area si sono nel corso
dei secoli accumulate tensioni non risolvibili dovute sia
alle pretese egemoniche delle
grandi potenze del tempo
(dallo zar all’Urss, dagli ottomani alla Repubblica di Venezia, dagli Asburgo alla Germania di oggi), sia all’ambizione dei vari esponenti nazionalisti locali che, nell’appoggiarsi agli uni o agli altri,
hanno posto le basi del loro
potere. In queste condizioni
un discorso di democrazia, di
scontro dialettico, di superamento dell’etnia, ha scarsissime possibilità di essere capito e di affermarsi. Il lungo
tentativo semiautoritario di
superamento delle differenze
etniche nella Jugoslavia di Tito è finito con la morte del
capo carismatico nonostante
che quel paese in quegli anni
abbià avuto un ruolo di guida
mondiale non trascurabile,
anche se oggi volutamente
ignorato dagli squallidi epigoni del maresciallo.
Le questioni storicamente
aperte fra Grecia e Turchia e
quella attuale e non risolta
dell’invasione turca di Cipro,
a cui fa da pendant l’ostilità
greca per la Repubblica macedone di Skopje, ha portato
all’immobilismo della Nato e
delTUeo. Queste ultime hanno vissuto la contrapposizione greco-turca come un problema al momento non solubile, e hanno assistito alla evidente contraddizione di due
nazioni entrambe della Nato
che appoggiavano Luna i
«fratelli ortodossi» serbi e l’altra i «musulmani» di Bosnia.
Torna in tutta la sua drammatica evidenza il problema
religioso come motivo evidente di divisione non superabile con motivazioni di politica internazionale che le
popolazioni coinvolte vedono essere strumentalmente
usate contro la loro storia, le
loro tradizioni e i loro sentimenti. Le tesi esposte, essenzialmente illustrate da
cartine geografiche, sono
state oggetto di commenti e
domande da parte dei campisti e dei giovani del campo
lavoro che hanno con continuità partecipato.
La proiezione di interessanti diapositive, di icone veneto-istriane da parte del past. Martelli, ha evidenziato
una continuità ideale nell’arte e nelle tradizioni delle popolazioni locali, ed ha concluso le giornate del campo.
Agenda
MILANO — «Tra testo e gesto. Tra la Sacra
Scrittura e il gesto magico» è il titolo del convegno circuitale sul ruolo del pastore nella
chiesa oggi, che si terrà presso la chiesa metodista di via Porro Lambertenghi 28; il pastore Jurg Kleeman condurrà la discussione.
Per iinformazioni telefonare allo 02-6886612.
CARBONIA — La Chiesa battista, insieme alle
le chiese awentista e cattolica, organizza fino
al 7 febbraio, presso i locali della Biblioteca
comunale, una mostra culturale della Bibbia.
La manifestazione inizierà al mattino con
un’inaugurazione alla quale parteciperanno
il dottor Mario Cignoni, il sindaco e l’assessore alla Cultura
di Carbonia, il pastore battista Giuseppe Miglio, il pastore
awentista Marco Mennu e il vescovo Arrigo Miglio.
BERGAMO — In occasione del secondo incontro sul tema «Muoversi nella prospettiva
dell’Assemblea ecumenica di Graz (giugno
1997)» il Centro culturale protestante propone alle ore 18 un incontro con don Giacomo
Facchinetti, docente di Sacra Scrittura al Seminario vescovile di Bergamo, che parlerà su «La Riconciliazione: interventi di Dio nella storia degli uomini». Per ulteriori informazioni telefonare allo 035-238410.
GENOVA — «Il senso dell’esodo nella letteratura ebraica contemporanea» è il titolo
della conferenza che Liana Millu, scrittrice,
ex deportata a Auschwitz, tiene alle ore 17,30
a Palazzo ducale. L’incontro fa parte del ciclo di incontri interreligiosi di cultura e formazione al dialogo proposto dal Sae, gruppo di Genova.
Per ulteriori informazioni telefonare allo 010-566694.
ROMA — In occasione del ciclo su «Gesù,
fondamento e meta del cammino ecumenico», alle ore 16, presso le Suore francescane
missionarie di Maria in via Giusti 12, il gruppo Sae di Roma promuove un incontro sul tema: «Unità e diversità nell’unica chiesa di
Cristo». Intervengono: Carlo Molari, Paolo Ricca, Traian
Valdman. Per ulteriori informazioni tei. 06-5374164.
SANTA MARGHERITA LIGURE — In occasione del ciclo di incontri «Protestanti perché?», organizzato dalla Federazione delle
chiese evangeliche in Liguria e Piemonte
meridionale con il patrocinio del Comune di
Santa Margherita, alle ore 17 presso la Biblioteca civica «Amalia Vago», in via Cervetti Vignolo 25,
Franco Scaramuccia, ex presidente deU’Unione battista,
tiene una conferenza su «La Riforma in Italia».
TRIESTE — Alle ore 18,30, in via Tigor 24, si tiene una lezione di Timotheos Elefthiriou sul tema «Riconciliazione
tra le chiese cristiane: ostacoli e difficoltà» nell’ambito del
ciclo di incontri verso Graz ’97 proposto dal Gruppo ecumenico. Per ulteriori informazioni tei. 040-303715.
BARI — Al Palatour si svolge un convegno
internazionale di lode e adorazione, a partire
dalle ore 9,30 di sabato fino alle 12,30 di domenica: alle ore 19, concerto di don Moen,
vicepresidente esecutivo di Integrity Music
(Usa). Per informazioni e iscrizioni Casa
Shalom, via Lecce 29, Mola di Bari, tei e fax 080-4742101.
TRIESTE — «La Riconciliazione di Dio e
dell’uomo nella tradizione islamica» è il titolo della lezione che Paolo Drizzi tiene, alle
18,30, in via Tigor 24. L’incontro fa parte di
un ciclo di riflessioni sulla riconciliazione in
vista dell’assemblea di Graz organizzato dal
Gruppo ecumenico di Trieste. Informazioni al 040-303715.
BERGAMO — Per il ciclo di incontri sul tema
«La figura dell’altro nelle religioni non cristiane» proposto dal Centro culturale protestante, alle ore 18 presso il Centro La Porta in
viale Papa Giovanni XXIII30, Giampiero Comolli parlerà su «Il buddismo».
BERGAMO — Per il ciclo di incontri sul tema
«La figura dell’altro nelle religioni non cristiane» alle ore 18 presso il Centro La Porta
in viale Papa Giovanni XXIII 30, Giuseppe La
Torre parlerà su «L’Islam».
TRIESTE — «La Riconciliazione nelle lettere
di Paolo» è il titolo della lezione che Liberante Matta tiene alle 18,30 in via Tigor 24. L’incontro fa parte di un ciclo di riflessioni in vista dell’assemblea di Graz organizzato dal
Gruppo ecumenico di Trieste.
BERGAMO — Per il ciclo di incontri sul tema
«La figura dell’altro nelle religioni non cristiane» proposto dal Centro culturale protestante, alle ore 18 presso il Centro La Porta in
viale Papa Giovanni XXIII 30, Sergio Manna
parlerà su «L’Induismo».
CULTO EVANGELICO: ogni domenica mattina alle 7,27 sul primo programma radiofonico della Rai, predicazione e notizie dal
mondo evangelico italiano ed estero, appuntamenti e commenti di attualità.
PROTESTANTESIMO: rubrica televisiva di
Raidue a cura della Federazione delle chiese
evangeliche in Italia, trasmessa a domeniche
alterne alle 23,40 circa e, in replica, il lunedi
della settimana seguente alle ore 8,15 circa.
Lunedi 3 febbraio (replica): «Ecumenismo a
Verona» e «Protestantesimo in Polinesia».
AVVERTENZA: chi desidera usufruire di questa rubrica
deve inviare i programmi, per lettera o fax, quindici giorni
prima del venerdì di uscita del settimanale.
18
PAG. 1 O
RIFORMA
Commenti
VENERDÌ 31 GENNAIO 195 VEN
Riforma
Il paese dei sassi
Rita Gay
Ha certamente ragione Raffaele La Capria quando, nel
suo libretto «La mosca nella bottiglia», dice che oggi ogni
fatto criminoso, uno stupro, un assassinio, una strage,
viene «neutralizzato» attraverso una pioggia di concettualizzazioni (sociologiche, psicologiche, antropologiche,
teologiche...) che si producono e riproducono quasi automaticamente: tanto che senza di esse abbiamo l’impressione di rimanere ciechi di fronte alla gravità dei fatti.
Questo si è verificato puntualmente per i fatti di Tortona,
e continua a verificarsi malgrado si proclami, al tempo
stesso, che non bisognerebbe parlare tanto di questi giovani criminali rischiando di farne quasi degli eroi del delitto insensato: incredibili e quasi «alieni» rispetto a
un’umanità che quando uccide lo fa osservando regole
ben conosciute: quelle dell’interesse, della passione, della
subordinazione a ordini superiori, della follia...
Io non ritengo che queste persone siano aliene o mostruose, ma credo appartengano a quella sempre più nutrita schiera di adulti che il magistrato Alfredo C. Moro
chiama «bambini putrefatti»: persone cioè che, rimaste
mentalmente e psicologicamente allo stato infantUe, di esso conservano l’illusione di onnipotenza e la totale carenza di realismo. Mi baso per questo anche su un paio di frasi che, a quanto si apprende dai giornali, qualcuno di loro
avrebbe detto. La prima: «Non avevamo affatto l’intenzione di uccidere». La seconda: «Era come un videogioco».
Secondo Moro, questo adulto «bambino putrefatto», o
adulto incompiuto non per apertura verso il futuro, ma
per ristagno nella crescita, costituisce un pericolo meno
evidente per la società organizzata di quello rappresentato dal criminale visibile, ma in realtà rappresenta il maggiore dei rischi sociali, perché sta diventando un modello
di crescita violentata per le generazioni più giovani. Non
intendo qui attardarmi sulla ricerca delle motivazioni
che stanno alla base di questo fenomeno ma dico solo
che se questo è vero, allora i giovani lanciatori di sassi
non sono esemplari anomali degni di linciaggio, ma sono
esemplari tipici e coerenti di quei bambini putrefatti che
noi stessi stiamo diventando, specchi che anticipano immagini in via di rapida diffusione.
lUusione di onnipotenza infantile e mancanza di contatto con la realtà. Alberto Oliverio sostiene che ormai
non soltanto per i bambini piccoli, ma per i più grandi e
forse per tutti la massiccia esposizione ai media, oggi integrata daUa cultura delle esperienze virtuali, tende a produrre una scissione tra l’incorporazione dei modelli di un
«soprammondo» falsificato e la necessità di formarsi degli
schemi mentali che passino attraverso la concretezza della realtà. «Siamo immersi, sempre più di frequente, in un
mondo dove il fantastico può essere reale, l’impossibile
possibile, in cui vero e falso si sovrappongono (...) viviamo insomma in una dimensione in cui la memoria del
passato non si riferisce sempre al “nostro” passato e in cui
quel senso dell’ordine che ha partorito la freccia del tempo può talvolta vaciUare». La storia, e anche la storia della
propria vita, diventa «fantastoria».
Questo non è certo l’unico aspetto della vicenda (come
di tante altre recenti) ma ci spinge a completare il ritratto
dell’adulto «bambino putrefatto» che noi stiamo diventando e che le nuove generazioni rischiano di diventare. E allora, più che chiederci come mai accadano simUi vicende,
e cercarne spiegazioni in qualche modo tranquillizzanti,
dovremmo forse cercare le vie per liberarci da quella omologazione strisciante ma potente, che espropria le persone
del loro futuro di crescita, che le rende rattrappite, violente contro se stesse e contro gli altri, incapaci fin dagli anni
giovanili di muoversi nel senso di una nascita sociale.
Gesti falsificati di bambini putrefatti. Ma la morte che
ne consegue è realtà. Non solo nel senso che uccide persone, ma nel senso che espropria la vita e la morte del loro significato ultimo, del nesso che è loro conferito dal
valore umano delle persone coinvolte. E su questo valore,
sui modi e sui prezzi che richiede, dovremmo sentirci
spinti a volgere la nostra attenzione.
Ritorma
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Riforma è il nuovo titolo della testata La Luce registrata dal Tribunale di Pinerolo con
il n. 176 del 1 ® gennaio 1951, Le modifiche sono state registrate il 5 marzo 1993,
Il numero 3 del 24 gennaio 1997 è stato consegnato per l'inoltro postale airufficio
CMP Nord, via Reiss Romoli 44/11 di Torino mercoledì 22 gennaio 1997.
Parla Mario Coppeto, presidente di circoscrizione
I «crolli» di Napoli
Il dissesto geologico e del territorio, determinato da cause
antiche e recenti, emerge oggi in tutta la sua drammaticità
ANNA MAFFEI
Quasi non c’è giorno che
a Napoli non si abbia notizia di un crollo. Di alcuni, i
più gravi, se ne occupa la
grande stampa, di altri se ne
accorgono i cittadini residenti che in primo luogo ne soffrono i disagi e poi più in generale vivono con ansia il pericoloso sgretolamento del
terreno dove camminano e
dove si appoggiano le proprie
case. Che cosa sta accadendo? Lo chiediamo a Mario
Coppeto, presidente della
circoscrizione di Napoli-Arenella, una delle zone più colpite dai crolli.
«Napoli è una città difficile
con mali antichi e nuovi, è
costruita su una grossa piastra di tufo, nel quale nei secoli scorsi si è scavato per dar
vita ad un grande acquedotto
e per estrarre materiali di costmzione».
- Si parla di 360 gallerie
scavate nel sottosuolo...
«Questa viene considerata
una delle più grandi fragilità
di Napoli. D’altra parte queste cavità costituiscono anche motivo di sicurezza, come capacità di ammortizzazione nel caso di movimenti
sismici. Gli attuali dissesti
però credo siano legati a mali
più recenti, soprattutto il
“sacco edilizio” della città degli Anni ’50 e ’60 e ad un vecchissimo sistema fognario,
soprattutto nel centro storico. Tutta la zona collinare, in
parte ancora zona agricola,
fu danneggiata. La costruzione del rione De Ruggiero e
Omodeo, del rione Alto e tutta la lottizzazione della zona
collinare che è seguita negli
anni '80, dovuta alla mancanza di un piano regolatore
aggiornato e di un riferimento politico capace di ostacolare il fenomeno, hanno gravemente danneggiato il territori. Gran parte dei croUi, lasciando da parte la grande
esplosione e il crollo dell’anno scorso a Secondigliano,
dovuti suppongo ad errori di
natura tecnica, è da attribuir
La frana di via Enea Zanfagna a Napoli
(foto M. D’Auria)
si alla fragilità del suolo. Tuttavia la zona che si sbriciola
in relazione alla grande speculazione degli anni scorsi è
quella collinare: non ci sono
state vittime, ma è li che sono
venute a mancare le protezioni naturali, le alberature o
quei provvedimenti di sostegno al territorio alternativi alla naturale vegetazione. Il tipo di edificazione: fu un’edificazione selvaggia senza alcuna cautela. L’amministrazione comunale ha fotografato tutta la città, ha indicato gli
spazi verdi dove non si potrà
più costruire e poi ha messo
mano anche alle varie varianti di zona al piano regolatore
del 1972. Una è quella per
esempio della zona di Bagnoli
dove sono cominciati i lavori
di bonifica nell’area dei dismessi insediamenti Italsider.
Depauperata per una scelta
scellerata del 1908 di edificazione di un industria pesante
in una zona bellissima, il
Golfo flegreo, recupererà nel
tempo la propria vocazione
ambientalistica».
- Che cosa pensa delle proteste dei giorni scorsi partite
dalla periferia di Secondigliano e guidate dai parroci che
hanno nei fatti accusato l’attuale amministrazione di
svolgere solo un’operazione
cosmetica per il centro storico
e di disinteressarsi delle periferie?
«La periferia di Napoli ha
un ritardo storico, uno dei
quali è stato quello di aver
concentrato in quelle zone
un’enorme fetta di popolazione di condizione socioeconomica medio-bassa.
Questo produce degli effetti a
catena negativi. Io non ritengo che l’accusa si basi su dati
veri. Le prime grosse iniziative fatte dall’amminiostrazione sono state in favore delle
periferie dove sono state
aperti dei parchi e delle strutture che erano state costruiti
con i fondi del dopo terremoto e poi abbandonati. Lo stesso impegno per l’abbattimento e la riconversione delle “vele”, [mega costruzioni
ghettizzanti ormai fatiscenti
del quartiere Secondigliano
ndr] e l’apertura della metropolitana che collega il quartiere di Scampia ai Colli Aminei sono avvenimenti sociali
e anche economici di grande
rilievo. Non capisco perché i
parroci che hanno fatto bene
a protestare oggi, perché la
periferia ha bisogno di essere
grande protagonista della
crescita della città, non si siano mai sentiti nel passato. In
un momento in cui visibilmente la città sta crescendo
non occorre mettere i cittadini gli uni contro gli altri. Nel
momento in cui la città esce
da mali antichi, da una gestione commissariata, da un
dissesto economico e finanziario, io credo che non ci sia
bisogno di chi punta l’indice,
ma di reale collaborazione».
La «guerra del latte» e gli accordi per la produzione
Riformare la politica agricola comunitaria
GIORGIO GARMOL
La questione delle quote
latte trattata nell’articolo
di Paolo Fabbri (e di Piervaldo Rostan su L’eco delle valli
valdesi) è certamente un tema su cui tutti dobbiamo riflettere, ma forse qualche elemento di informazione maggiore è necessario. Cominciamo da chi sono i promotori
dell’iniziativa. Certamente ci
sono «i furbi», che dopo aver
consapevolmente violato le
regole, non vogliono pagare
le multe e cercano di addossare altri 380 miliardi alla collettività. C’è anche la Lega
Nord che, dio scopo politico
di sostituirsi alla Coldiretti
nella rappresentanza degli
agricoltori, ha girato le campagne andando a dire che si
poteva produrre più latte
perché le indicazioni dell’Aima erano sbagliate. Poi, visto
che le multe sono arrivate, la
Lega ha fondato i «cobas» degli agricoltori. L’ex senatore
leghista Robusti e il consigliere regionale lombardo
Mario Bettinelli sono gli interlocutori ufficiali del governo per i «cobas agricoli» e in
questa veste firmano o non
firmano accordi. Per Bossi la
via della secessione passa an
che attraverso il latte lombardo In Puglia invece il Cai (comitato agricolo interregionale) è vicino ad Alleanza nazionale. Attorno alla questione delle quote latte si sta giocando dunque anche una
questione politica. E recentemente anche Forza Italia ha
raggiunto la linea dei trattori.
Che la politica agricola comunitaria sia da riformare è
un’idea condivisa da quasi
tutto lo schieramento politico. Trattandosi però di una
attività legata da una parte
aH’alimentazione e dall’altra
al governo del territorio questa non può essere fatta semplicemente obbedendo alle
regole del mercato. Se si obbedisse a queste regole il latte potrebbe essere acquistato
a 300 lire dai produttori dell’Est europeo (contro le 792
attualmente pagate ai produttori italiani). Questo però
significherebbe il fallimento
di tutti i produttori italiani.
Se invece ci si limitasse a liberalizzare la produzione nei
paesi dell’Unione europea il
prezzo di vendita del latte andrebbe sulle 550-600 lire. In
questo caso dovrebbero
chiudere tutti i produttori
della collina e della montagna, che hanno costi di pro
duzione sensibilmente maggiori. Questa è una posizione
condivisa dagli industriali del
latte e del formaggio, che
spingono gli agricoltori in
questa lotta. Forse noi consumatori pagheremo meno il
latte (ma non è così sicuro),
ma il prezzo che tutti insieme
pagheremo al mancato controllo e manutenzione del
territorio derivante da un
nuovo abbandono delle colline e delle montagne sarà
molto più elevato delle 200 lire al litro che costituirebbero
la differenza tra il prezzo libero e quello delle quote.
La questione del latte si
presta bene alla realizzazione di una riforma che avvicini la produzione locale al
consumatore, perché è un
assurdo che oggi si debba
consumare latte a lunga conservazione prodotto in Ungheria, impacchettato in Austria con pacchetti prodotti
in Emilia Romagna e venduto a Torino, utilizzando nelle
varie fasi l’autocarro come
mezzo di trasporto. I costi
«esterni al prodotto» sono
più alti del prodotto stesso.
La lotta dei «cobas agricoli»
quindi non va certamente
nella direzione di costruire
un sistema più «sostenibile».
i^venine
I Savoia e il dogma
Lo storico Ennio Di Noli
(Università di Firenze), sul
base di documenti di arclj
vio afferma, come riportai
nel numero del 21 gennai
che il Regno d’Italia e la Cq
te stessa dei Savoia cercò:
bloccare l’approvazione d
dogma deU’infallibilità pap
le da parte del Concilio Vai
cano I, per timore che il prò
vedimento esasperasse
conflitto, già elevato, ti
Chiesa e Stato. «I governali
- dice il quotidiano - grazia
un paio di compiacenti moi
signori stranieri, tentaronol
fare pressioni sull’episcopai
per far rientrare la proposi
Si mosse in prima personal
presidente del Consiglio Gii
vanni Lanza». Poi lo statisi
temette di essere accusato!
ingerenza e l’iniziativa caddi
Il 18 luglio 1870 venne appn
vaia la «Pastor aeternus > coi
cui si proclamava l’infiillffi
lità papale.
CORRIERE
di SALUZZC^
Cosiddetti e sedicenti
I nomi della Cena
L’autorevole biblista Ciias
franco Ravasi, nel supplìmento librario-culturale deii
domenica (19 gennaici) re
censisce due interessanti libi
dedicati alla Santa Cena pro^
testante e all’Eucarestia ca»
tolica (Aaw, Segno di uniti
Le più antiche eucarestie t
chiese, Qiqajon, 1996; M. Cat,
' iJ,
sese, Holy Communion.
Santa Cena anglicana, 16^
Marietti, 1996). «Se da un lalj
- scrive Ravasi- è cresciutoli
spirito ecumenico e il dialogl
interreligioso (...), è altrettaM
to vero che permangono all
cuni nodi teologici di non M
Cile scioglimento. Uno i
questi è, indubbiamente, Í
Santa Cena, come amafil
chiamarla i protestanti,!
l’Eucarestia, secondo la c(I
mune denominazione catto!
fica». Ripercorrendo il contu
nuto dei due volumi, l’artico|
lo espone l’origine della Celi
nelle interpretazioni chei
sono susseguite nei secoli^
partire dalla frase che Ignazlf
vescovo d’Antiochia rivolse«
romani (II secolo) primad
essere buttato alle belve df
circo («Sono il frumento^
Dio, macinato dai denti dei
belve per diventare pane pfj
ro di Cristo»), con riferimerij
alla tradizione ebraica e,
particolare per il secondo b)
bro, alla Chiesa d’Inghilterra)
Il settimanale cattolir o pie
montese del 10 gennaio dedi
ca un articolo del dir-!ttoj
Alberto Girello alla questioni
ecumenica e all’unità dei cri
stiani, con toni che lasciani
perplessi. «La più aggiorna
ta documentazione - scrivi
Girello - sulle chiese nati
dalla Riforma cosidd :ita prò
testante [sic!], am overa, a
1991, la bellezza di 20.1S j
confessioni sedicenti cristi/
ne, chiese che si rifanno, a
meno nominalmente e, cn
do io, in sincera e buona fé
de, a Gesù Cristo e al sui
Vangelo. Eppure Lui, il 'derbi
fatto carne, di Chiesa neia
fatta una sola e non L imi
dato ai suoi discepoli ia passione di dividere...». Il messaggio è chiaro: l’ecumeni
smo è fatto per riuni'si sotti
una sola grande chi- -a. Pii
avanti infatti si legge chiara
mente: «L’ecumeni,siv ) pii
importante è quello c!;.; sii
in ginocchio, con le mi/ni à,
zate al Cielo, perché la mise;'
ricordia di Cristo riunisca i 1
gli di Dio dispersi, in un sol|f
ovile, sotto un solo Pastore»,
r
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Iena pw.
estia cal
di unii
estie deli
j; M. Cas
nion. h
na, 16&
la un lat
esciutol
il dialog
Dibattito con i lettori e le lettrici sulla «linea» del nostro settimanale
Il confronto critico è pienamente legittimo e rispettato
Rinnovo Tabbonamento
Da tempo avevo in agenda il rinnovo
dell'abbonamento per mia moglie (battista) ma il 29 novembre '96 la lettura
dello scritto pubblicato a pagina 11 del
numero 46 con il titolo «Democratici e
antifascisti» faceva sorgere in me un
dubbio e una riserva: ci risiamo? Ero
memore della polemica suscitata dalla
pubblicazione di uno scritto di un lettore molisano intitolato «La Repubblica
di Salò» a pagina 11 del numero 40 del
1993, polemica alla quale avevo partecipato nel n. 44 (19 novembre ’93) e che
si trascinò fino a quando Riforma si degnò di pubblicare sul numero 19 (13
maggio ’94) una specie di trionfo dello
stesso autore molisano: «Abbiamo vinto!». Come se lo meritassero.
Oggi, offeso e curioso, mi ero soffermato a osservare eventuali reazioni;
nulla sui numeri 47 e 48, ricevuti puntualmente; poi, a causa del disservizio
postale, soltanto il 2 gennaio perveniva
il numero 49 (20 dicembre ’96) e il giorno dopo, 3 gennaio, il numero 50 (27
dicembre) che finalmente a pagina 7
conteneva un cenno da parte di Gustavo Malan, che definisce la pubblicazione predetta come avvenuta «credo per
il fair-play», mentre io (83enne, già
ospite del Kz di Mauthausen, dov’ero
giunto scortato anche da italioti in camicia nera, episodio considerato da
certi soloni e dall’«uovo di Colombo»
del comasco «guerra civile») la considero censurabile per un foglio religioso.
Il 14 dicembre comunque scioglievo
la riserva e rinnovavo l’abbonamento
per mia moglie.
Carlo Bertonelli - Genova
I Mi associo
ai malcontento
Mi associo anch’io alla purtroppo
larga schiera di coloro che manifestano
sul nostro giornale il loro malcontento
nella conduzione del medesimo; infatti
vi manca una linea, una vera direttiva
veramente protestante in questo paese
confuso che si chiama Italia. Nonostante questo il giornale rimane lo
specchio del malcontento diffuso che
\ serpeggia fra gli evangelici italiani.
Prendo come spunto gli articoli di
Marco Rostan sul Giubileo e sulla laicità degli ospedali torinesi (n. 1/1997,
rispettivamente «Riforma» e «L’eco delle valli»). Invece di recriminare sulla
mancanza di effettiva libertà religiosa e
sui finanziamenti pubblici alla ricorrenza del Giubileo cattolico occorrerebbe chiedersi, tutti gli evangelici se lo
dovrebbero chiedere, perché siano
praticamente ignorati non solo dalle
istituzioni ma anche dai mass media e
dalla quasi totalità dei cittadini, e perdió in occasione di gravi problemi che
la soiietà attraversa non siano mai interpeìiati.
il risend mento nei confronti del cattolicesimo denota la nostra debolezza.
Siamo deboli nell’evangelizzazione,
nella preparazione teologica e dottrinale, nella nostra identità protestante.
Forse ci assolviamo quando pensiamo
di essere ottimi promotori e gestori di
istituti ospedalieri o per anziani, a cui
devolviamo l’8 per mille. Poi magari
scriviamo articoli di solidarietà verso
gli esclusi e non riusciamo a investire
una lira per le opere culturali che i giovani, in gran parte disoccupati, cercano
di far prosperare, come il progetto per
Villa Olanda o Radio Beckwith.
Non so che cosa significhi veramente
per moltissimi membri di chiesa essere
protestante oggi, tant’è vero che troppo spesso veniamo confusi con dei piccolissimi satelliti della cosmica costellazione cattolica, per mancanza di una
nostra vera e efficace testimonianza. E
questo per trascuratezza nello studiare
seriamente la Bibbia e la dogmatica
protestante, dato che gli studi biblici di
ogni chiesa, nelle valli valdesi, sono frequentati solo da 10-15 persone, l’l%, e
perché molti pensano che la testimonianza sia questione che riguarda i soli
pastori.
Questo non è il nostro unico peccato;
rimane il peccato dell’interdetto: il libro di Giosuè (cap. 7) ci ricorda che il
popolo d’Israele non vinse i nemici a
causa dell’interdetto e non poteva
avanzare finché questo peccato non fu
confessato e abbandonato: per noi oggi
significa non aver abbandonato completamente una certa prassi di cercare
l’appoggio in determinati partiti della
sinistra, delegando a loro quelle azioni
politiche che dovevano essere nostre.
Pensiamo invece a Barth e a Bonhoeffer e alla Chiesa confessante! Non pensiamo inoltre di dare un’autentica testimonianza protestante affidandoci
alla prassi ecumenica di rappresentanti
delle nostre chiese senza un personale
e effettivo coinvolgimento nello studio
e nella prassi di ogni autentico membro di chiesa.
Mario Alberione
Luserna San Giovanni
Non rinnovo
Tabbonamento
Non intendo rinnovare il mio abbonamento a «Riforma» per il 1997, perché il periodico non risponde alle mie
aspettative. Non riesce a essere un organo che mi comunichi in tempo utile
vari incontri (conferenze, convegni, dibattiti) e ciò non è sempre colpa vostra
(il 17 gennaio ho ricevuto il numero
datato 20 dicembre).
Desideravo una visione evangelica su
fatti di attualità, ma questo avviene solo in casi eccezionali. Anche su problemi attuali come la divisione dell’Italia
ho trovato degli articoli, che però avevano la caratteristica di sostenere le loro tesi con argomenti svariati, ma non
ne ho trovato nessuno che prendesse le
mosse da un dato biblico. Riconosco
che ci sono dei bei sermoni, ma il «Cenacolo» o «Un giorno una parola» mi
danno ugualmente la possibilità di meditazioni.
L’«Eco delle valli» non mi interessa
proprio, perché io non sono uno delle
Valli. Sapere che la comunità «tal dei
tali» ha avuto un incontro, ha fatto una
buona agape, sono stati felici e contenti, mi fa piacere ma non mi interessa.
Ho la sensazione che la redazione
censuri o sfumi molte corrispondenze
e in tal modo non vengo a conoscere le
opinioni dei fratelli, ma solo quelle della redazione. Questa sensazione deriva
da esperienza personale confermata da
alcuni fratelli in fede che hanno avuto
la stessa esperienza. Augurandomi che
la linea del giornale cambi, porgo distinti saluti.
Mario Gensini - Bollate
«Linea» del giornale
e conformismo
Ha fatto bene la redazione del giornale a chiarire la sua «linea» (n. 1 del 10
gennaio) ma, nell’inventario dei punti
caratterizzanti, ne manca forse uno:
l’eventualità di un dissidio proprio tra
la redazione e il suo referente sinodale
del momento.
Mi spiego: potrebbe darsi che qualche
mozione dell’Assemblea, di cui si dà notizia, non piaccia. Che fare? Tacere per
conformismo, oppure esplicitare il proprio dissenso? In questo caso i dissenzienti non dovrebbero essere accusati di
«partigianeria», o «tifoseria» che dir si
voglia, ma piuttosto essere ritenuti utili
collaboratori in vista di un più approfondito esame delle questioni sollevate, anche secondo Pietro 3,15-16.
Basta un solo esempio: si sa che la
mozione suH’ecumenismo del Sinodo
1996 non è stata gradita da una forte
minoranza. Come si è comportata la redazione? I diritti delle minoranze sono
sacri quanto quelli delle maggioranze.
Giovanni Gönnet- Roma
Alcuni lettori esprimono «sensazioni>>
sulla linea del giornale. Le rispettiamo,
ma le critiche sarebbero più utili se fossero circostanziate. Per quanto riguarda le opinioni di chi scrive al giornale,
la redazione non «censura» nessuno,
ma quando taglia, come accade in tutti
i giornali, lo fa per esigenze di spazio,
quando modifica lo fa per correggere
l’italiano e quando non pubblica (accade raramente) lo fa per rispetto di chi ci
legge. In questo caso, però, il direttore
o il redattore o redattrice direttamente
interessato normalmente risponde in
privato. Quanto alla preoccupazione di
Giovanni Gönnet rispondo così: dire che
la linea di Riforma è la linea delle assemblee decisionali delle chiese battiste,
metodiste e valdesi e quella che si esprime anche nelle assemblea della Federazione delle Chiese, del Consiglio ecumenico e via dicendo, non significa negare
la dialettica e il confronto critico, come
dimostrano gli articoli in occasione di
assemblee e sinodi, la pagina dei commenti e dei lettori e i dibattiti che la redazione stessa sollecita. Se la critica
non è ritenuta sufficiente, è perché la
«forte minoranza» non c’è o ha cambiato idea o non scrive a Riforma, (e.b.)
S itala Beux
Con le splendide parole del
canto Amazing Grace, «L’Eterno è il mio pastore», coloro
che hanno amato e apprezzato la signora Itala Beux le
hanno reso l’ultimo saluto nel
suo amato tempio di Pomaretto, nella chiesa che ha servito e in cui ha lavorato con
spirito di dedicazione. Se conosco e apprezzo la Chiesa
valdese lo debbo a lei, che
con viaggi e racconti di storia
mi ha trasportato nel meraviglioso mondo della storia valdese. È doveroso ricordarla
da parte mia per il grande
contributo che ha dato al risveglio della chiesa, essa è
stata una delle artefici della
testimonianza cristiana, una
figlia di Dio che instancabilmente ha lavorato per la causa dell’Evangelo; la sua bella
voce ha dato un grande contributo al patrimonio della
nostra innologia: ricorderò
sempre quella casa, quella
meravigliosa atmosfera di
gioia in cui trascorrevamo insieme il tempo lodando il Signore e cantando le sue lodi.
Le centinaia di persone che
gremivano il tempio le hanno
dimostrato l’affetto e la stima
che si meritava. Come bene
ha detto chi presiedeva il culto, noi siamo in attesa della
resurrezione e della vita eterna in Cristo Gesù: se non credessimo a queste solide certezze di fede, la nostra vita
sarebbe un vero e proprio fallimento. Questa era la fede
della signora Itala Grill Beux,
che con questa fede ha vissuto la sua vita testimoniando
agli altri il dono di Cristo.
Ivo Blandino
Sant’Antonino di Susa
Alcibiade
e Nunziatina
Alcibiade e Nunziatina Piacente avrebbero compiuto 60
anni di matrimonio in questo
1997. Un matrimonio, il loro,
fra i primi che sono stati celebrati nell’allora neonata comunità evangelica metodista
di Villa San Sebastiano. Infatti, quando nel 1930 vennero i
protestanti a Villa, Emilio
Gargano (zio materno di Alcibiade), molto fervente, maturò un’amicizia profonda
con Agostino Valente soprannominato «La Legge» (padre
di Nunziatina). È dai continui
incontri delle due famiglie
che nacque l’occasione del
matrimonio tra Alcibiade e
Nunziatina, matrimonio che
ha visto fiorire la loro bella
famiglia arricchita daU’arrivo
dei cinque figli: Raimondo,
Nadia, Viria, Katia e Elio.
Alcibiade, nato nel 1914 da
Raimondo Piacente e Maria
Gargano, rimase orfano di
padre proprio l’ultimo giorno
della prima guerra mondiale;
Fondo Di Solidarietà
conto corrente postale n. 11234101
intestato a La Luce, via San Pio 15,10125 Torino
igono al
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L’appello lanciato per fornire alcune macchine per cucire e materiale di lavoro alla
associazione di promozione
femminile Vitasoa nel Sud del
Madagascar ci sembra stia
raccogliendo il consenso di
numerosi lettori di «Riforma».
Abbiamo infatti superato la
metà della somma necessaria
per finanziare il progetto totale che è di sei milioni e che
a questo punto ci pare raggiungibile, anche se supera la
cifra tradizionale nei cinque
milioni (che peraltro non è
stata ritoccata da anni).
Speriamo che questo appello raggiunga ancora numerosi altri lettori del nostro
giornale in modo da poter offrire Taiuto richiesto dalle sorelle di Tuléar impegnate non
solo a risolvere il problema
economico della loro famiglia
tt^a anche a fornire un segno
di promozione delle donne di
tutta la loro regione, (f.d.)
OFFERTE PERVENUTE
MESI DI NOVEMBRE
E DICEMBRE 1996
£ 300.000: Chiesa battista Catania; Giuseppe Molinari.
£ 200.000: D.J.F.; Bruno Ricca; Mirella Argentieri Bein.
£ 100.000: Leonardo Caviello;
Lilia Jon Scotta; Helga Bongardo; Lydia Podio; Elena
Rosanda Mate; Renata
Pampuro.
£ 50.000; Giovanni Bogo;
NNSG.
£ 30.000: Giovanni Giambarresi; Simone N.; Centro
compartimentale di Bologna senza nominativo.
£ 25.000: NN Unchio Verbania.
£ 20.000: Ines Ferrea.
Totale £2.035.000
Totale precedente
£ 1.619.331
Incassa £3.654.331
Le offerte pervenute tramite la Chiesa valdese di Catanzaro
La sottoscrizione per gli alluvionati
di Crotone del 14 ottobre scorso
BRUNO GABRIELLI
Al 20 gennaio la sottoscrizione lanciata
dalla Chiesa evangelica valdese di Catanzaro per sostenere l’impegno della
chiesa evangelica Assemblea di Dio di Crotone a favore delle famiglie e delle piccole
imprese messe in ginocchio dalla spaventosa alluvione dello scorso 14 ottobre (vedi
Riforma n. 42 del 1° novembre 1996, pag.
7), ha raggiunto la somma di 4.144.000 lire.
Grazie a quanti hanno sinora contribuito:
Mirella Argentieri, Torre Pellice, 30.000;
famiglia Biella, Milano, 100.000; Alda Bonaca, Scandicci, 50.000; Donatella Caffarel, Luserna San Giovanni, 100.000; Frida
Dina Gabriella Carreri Avu, Genova, 260
mila; Chiesa valdese di Catanzaro, 590 mila; Chiesa valdese di Cosenza, 105.000;
Chiesa valdese di Dipignano, 225.000;
Chiesa valdese di Messina, 400.000; Chiesa
valdese di Reggio Calabria, 320.000; Chiesa valdese di Taranto, 200.000; Chiesa valdese di Vincolise, 240.000; Chiese evange
liche di Milano, 461.000; Chiese valdesi 15°
circuito, 228.000; Guerino D’Auria, Pisa,
25.000; Olga Decker, Napoli, 100.000; Angelo Fasuio, Castelvetrano, 50.000; Lidia
Frache, Villar Pellice, 100.000; Tullio Gabrielli, Bergamo, 100.000; Paolo Giunco,
Trapani, 50.000; Lina Revel, Luserna San
Giovanni, 40.000; Riccobene, Velletri, 100
mila; Luigia Maria Gandrin, Trieste, 50 mila; Paolo Toba, Bergamo, 20.000; Giovanni
Vassallo, Palermo, 30.000; famiglia Vicenzini, Pordenone, 70.000; Alessandra Zois,
Bergamo, 100.000.
...e a quant’altri vorranno ancora aggiungersi alla catena della solidarietà usufruendo del conto corrente postale n. 17275884
intestato a «Chiesa evangelica valdese Catanzaro». Chi intendesse usufruire della
possibilità di detrarre l’importo del proprio
dono daH’imponibile Irpef può ottenere
regolare ricevuta inviando fotocopia del
proprio codice fiscale alla stessa Chiesa
evangelica valdese, via XX Settembre 62,
88100 Catanzaro, telefax 0961-728045.
per questo trascorse gran
parte della sua vita in compagnia degli zìi Emilio e Mariànna Gargano, che lo hanno cresciuto come un figlio.
Lo ricordiamo come un grande lavoratore, sempre attivo,
facilmente emozionabile nonostante l’aspetto forte, talvolta burbero ma gioviale.
Nunziatina viene ricordata
da sempre come una persona
molto gentile e disponibile.
Alla comunità di Villa San Sebastiano lei e la sua famiglia
hanno dato molto. Basti pensare che i primi culti si sono
tenuti nella cantina dell’atavica casa de «La Legge» dove
il pastore ha abitato il secondo piano fino a quando non è
stato costruito il tempio con
l’attigua casa pastorale. Anche lei, colpita dal morbo di
Alzheimer, ha avuto bisogno
di una costante assistenza
che tutti, dal marito alle figlie,
ai figli, alla nuora non le hanno fatto mancare. Il loro
esempio ci sia di guida.
Licia e Vittorina Valente
Villa San Sebastiano
REMERCIEMENT
César Chiavia
nous a quitté entouré de nombreuses marques de sympathie et
d’amitié; toute sa famiile remercie
bien sincèrement tous ceux qui
l’ont aimé et accompagné.
Villar Pellice, le 19 janvier 1997
RINGRAZIAMENTO
«Quand’anche camminassi
nella valle dell'ombra
della morte, io non temerei
male alcuno,
perché tu sei con me»
Salmo 23, 4
I familiari della cara
Ernestina Long Bellion
(Netty)
riconoscenti per la dimostrazione
di affetto ricevuta ringraziano tutti
coloro che hanno preso parte al
loro dolore.
Un particolare ringraziamento
al personale tutto dell’Ospedale
valdese di Torre Pellice, ai pastori
Pasquet e Berruti, e a tutti coloro
che sono stati loro vicino durante
i lunghi mesi della malattia.
Luserna San Giovanni
22 gennaio 1997
«Dio ci ha liberati dal potere
delle tenebre e ci ha trasportati
nel Regno del suo amato Figlio»
Colossesi 1,13
Si è spento, circondato dall’affetto dei suoi cari
Michele Sessa
di anni 93
La moglie Letizia Sgandurra, i
figli Maria, Santo e Adelfia, i generi, la nuora e i nipoti lo ricordano a tutti coloro che lo conobbero
e stimarono.
Siracusa, 22 gennaio 1997
RINGRAZIAMENTO
«Il mio aiuto viene dall'Eterno
che ha fatto il cielo e la terra»
Salmo 121,2
Fiduciosa nel Signore ci ha lasciati
Clara Barilà
Il funerale si è svolto venerdì
10 gennaio nella chiesa battista
di via Feria, a Napoli, tenuto dai
pastori Massimo Aprile e Anna
Mattel.
Il marito Giuseppe, i figli Luigi
e Paola, i fratelli Gennaro, Ugo,
Mario e le cognate ringraziano
tutti coloro che hanno partecipato
al loro dolore.
Napoli, 31 gennaio 1997
RINGRAZIAMENTO
Il marito Jacques Picot, la sorella e tutti i familiari della cara
Dora Revel Picot
nell’impossibilità di farlo singolarmente, ringraziano tutte le persone che in vario modo hanno
espresso la loro simpatia fraterna
in occasione del lutto che li ha
colpiti. (1224 Chêne Bougeries,
158 B, route de Malagnou).
Ginevra, 31 gennaio 1997
20
PAG. 1 2
RIFORMA
Globale
venerdì 31 GENNAIO 1997
Alcune riflessioni sul convegno tenutosi a Muelheim nel settembre 1996
Quali possibili alternative alla crisi del lavoro salariato?
SERGIO BROFFERIO
La teologia, per la sua necessità di affrontare la
contraddittorietà e l’ambiguità della condizione umana, può cercare di contribuire costruttivamente alla riflessione sulla complessità
dell’attuale situazione sociale, politica ed economica che
richiede una visione globale e
la capacità di una pronta
azione basata sulle interrelazioni umane e la visione di
un mondo sostenibile (Pace,
giustizia e salvaguardia del
creato). D’altra parte la consapevolezza acquisita dalle
attuali conoscenze scientifiche circa la complessità delle
situazioni e dei problemi deve essere uno stimolo alla riflessione teologica ed etica.
Nel corsodell’incontro tenuto dal 20 al 23 settembre
presso l’Accademia evangelica a Muelheim, nella Ruhr
dal coordinamento europeo
su lavoro ed economia delle
chiese europee sul tema «Implicazioni per il pensiero e la
pratica sociali cristiani del lavoro in Europa» ci si è interrogati in particolare sull’attualità dell’etica del lavoro
che sta alla base dell’etica
riformata. Si è discusso della
specificità del lavoro come
strumento di evoluzione e
sulla specificità delle attività
individuali e collettive come
momenti fondamentali di relazione interpersonale e di
creatività che possono essere
punti di riflessione per una
teologia della cura del prossimo. Purtroppo si è solo accennato al tema dell’etica
della responsabilità che dovrebbe essere alla base della
società sostenibile e nella
quale va tenuta presente la
Un esempio di agricoitura aiternativa vicino a Kassel (Germania)
funzione essenziale della legge quale moderatrice di forze
e pulsioni antagoniste troppo
spesso confuse con la libertà.
In particolare si sono sottolineate le distorsioni prodotte, purtroppo a volte intenzionalmente, dai media che
semplificano invece di far riflettere sulla complessità dei
problemi. È stata avanzata la
richiesta di un dibattito fra
politici, cittadini ed economisti, evidenziando in tal
modo gli interlocutori del dibattito etico laico; un dialogo
fra esperti, utenti e gestori.
Da queste riflessioni si è
passati all’esposizione di alcuni orientamenti operativi,
organizzativi o legislativi. Di
particolare interesse la relazione di Valérie Peugeot, della fondazione laica francese
Maison Grenelle, e di Marc
Lenders, segretario agli studi
della Commissione ecumenica europea per chiesa e società (Eeccs) a Bruxelles. Entrambi partono dalla premessa che in una visione economica globale l’uomo non può
essere considerato produttore e consumatore di prodotti
non essenziali e in buona
parte imposti da esigenze di
profitto, ma deve essere visto
come produttore e consumatore di beni e servizi compatibili con la sostenibilità sociale ed ambientale.
Poiché la quantità di lavoro disponibile in futuro sarà
molto minore di oggi si assisterà ad un aumento, socialmente devastante, della disoccupazione oppure si dovrà ridurre sostanzialmente
la durata del lavoro salariato.
Ciò richiede in particolare di
superare ostacoli economici,
legali e psicologici e di individuare i vantaggi economici
di una riduzione del tempo
di lavoro salariato. Sono stati
presentati alcuni esempi
concreti di modifiche organizzative che permettono di
contenere la disoccupazione
con una ridistribuzione del
lavoro, come per esempio ad
Aarhus, in Danimarca, dove
gli impiegati del Comune beneficiano di una settimana
libera al mese mediante l’assunzione di un disoccupato
ogni tre impiegati. Il risparmio realizzato dall’indenniz
zo di disoccupazione ha permesso di contenere la riduzione dello stipendio al 7%.
In questa visione si possono sperimentare nuove strutture sociali per motivare le
attività personali e collettive;
si sono portati alcuni esempi
di circuiti economici in cui lo
scambio di tempo disponibile sostituisce la remunerazione in denaro. Altre proposte riguardano organizzazioni cooperative nell’ambito
dei servizi ai cittadini (handicappati, anziani, malati,
bambini, ecc.), del risparmio
e/o la produzione di energia
e per il trattamento e riciclaggio dei rifiuti. Per stimolare queste iniziative è necessario un corretto e controllato finanziamento, le proposte al riguardo non sono
mancate; alcune decisamente utopistiche come l’istituzione di un’unica tassa sul
suolo che permetterebbe
l’eliminazione di lavori burocratici non produttivi ad altre più realistiche come l’istituzione di un salario del cittadino. L’istituzione del salario del cittadino, avanzata da
diversi interventi, ha acceso
un dibattito per le numerose
obbiezioni sulla sua effettiva
idoneità e realizzabilità da
parte dei partecipanti più attenti agli aspetti economici e
sociali contingenti.
Il convegno è quindi stato
estremamente stimolante per
la drammaticità, l’attualità e
la molteplicità dei temi affrontati e si è constatato che
anche le chiese e la teologia
possono contribuire con un
messaggio profetico ed un
esempio di speranza nelle diverse situazioni in cui si trovano ad operare.
(2-fine)
Drammatico appello dell'Unicef
Afghanistan, ogni anno
muoiono 250.000 bambini
Secondo l’Unicef la situazione delle donne e dei bambini in Afghanistan è peggiore
che in qualunque altra regione del mondo. Dal 1979, inizio della guerra civile, sarebbero morti di denutrizione e
di malattie da 3 a 4 milioni di
bambini, ha dichiarato l’Unicef a Ginevra il 3 dicembre
1996. Ogni anno morirebbero
circa 250.000 bambini al di
sotto dei cinque anni per dissenteria, morbillo e malattie
dell’apparato respiratorio. Il
20% circa dei casi mortali è
dovuto a malattie, come per
esempio la paralisi, che potrebbero essere evitate con
delle semplici iniezioni. Sempre secondo l’Unicef le morti
per parto riguardano 1.700
donne ogni 100.000; l’Afgha
nistan è al secondo posto nel
mondo come percentuale. Le
donne che sanno leggere e
scrivere sono il 3-4% del totale. Nelle zone controllate dai
Taliban le bambine non possono andare a scuola e le
donne non devono lavorare
fuori casa. Per questo nel
1995 rUnicef ha sospeso qualunque tipo di aiuto nel settore dell’istruzione scolastica.
Nel 1997 ci si dovrebbe occupare soprattutto di aiuti nel
settore dei medicinali e nel
reperimento di acqua potabile. L’Unicef rivolge un appello
alla comunità internazionale,
nel quadro delle iniziative
deU’Ònu, per raccogliere 15
milioni di marchi per alleviare la situazione di molte donne e molti bambini. (epd)
Durante una preghiera all'aperto
Uganda, uccisi sei cristiani
Sei persone sono rimaste
uccise e 40 ferite in un attentato perpetrato il 12 gennaio
scorso da terroristi non identificati, che hanno lanciato
una bomba a mano su una
folla di 500 fedeli riuniti per
la preghiera all’aperto a Bwaise, nella periferia della capitale ugandese.
Finora nessuno ha rivendicato la paternità dell’attentato ma la polizia sospetta alcuni militanti islamici. I giornali di Rampala hanno rilevato che diversi predicatori
avevano criticato il Corano,
provocando l’ira di vari
membri della comunità musulmana. Circa un terzo dei
20 milioni di abitanti è prote
stante, e un terzo cattolico
romano. Il 15% circa è musulmano. Gli altri praticano
religioni africane o sono atei.
Da qualche tempo si sta verificando una forte diffusione
dell’islamismo, che alcuni astribuiscono all’influenza di
gruppi islamici duri del vici no Sudan. In ragione della
politica liberale del paese in
materia di religione e in altri
campi, numerose sette religiose straniere si sono stabilite in Uganda. (eni)
Riforma
“La chiesa è sempre in riforma”
(Martin Lutero)
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ABBONAMENTI 1997
ITALIA ESTERO
-ordinario £ 105.000 -ordinario £ 145.000
■ ridotto* £ 85.000 - via aerea £ 190.000
- sostenitore £ 200.000 - sostenitore £ 250.000
- semestrale £ 55.000 - semestrale £ 75.000
- cumulativo Riforma -r Confronti £ 145.000 (solo Italia)
* Coloro che hanno un basso reddito familiare possono utilizzare questo abbonamento.
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