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Anno 125 - n. 34
1 settembre 1989
L. 900
Sped. abbonamento postale
Gruppo 11/70
In caso di mancato recapito rispedire
a : casella postale - 10066 Torre Pellice
delle valli valdesi
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE VALDESI E METODISTE
L’ITALIA DI FRONTE AL RAZZISMO
UN RICHIAMO AL PACIFISMO STORICO
Per una conversione Aperti
morale e politica ;
, , lavori del Sinodo
Un omicidio maturato fra violenza e indifferenza - L assenza di tutela per gli immigrati ^ valori della nonviolenza e della solidarietà nel culto inaugurale
I temi in discussione nella sessione del tricentenario del Rimpatrio
Ci voleva il morto di Villa Literno per scatenare indignazione
e pietà e grida « al razzismo » e
un’attenzione di popolo e di politici ai problemi degli immigrati
nel nostro paese. Eppure proprio
in quella stessa zona, di immigrati morti ammazzati ce ne sono
stati più d’uno in passato, e non
solo in quella zona.
Ci siamo dimenticati del somalo bruciato a Roma qualche
anno fa, o del giovane somalo ucciso dai suoi compagni di scuola
nel Veneto? Allora ci fu chi si
affrettò a dire che ad uccidere
erano stati dei balordi, molti
l’hanno detto anche questa volta.
Non ci siamo accorti che l’omicidio di Villa Literno è maturato non solo nel clima violento
di un territorio dominato dalle
leggi della camorra, ma prima di
tutto nel paese intero, che non da
ieri continua a ricevere immigrati dal Terzo Mondo e vi risponde dapprima con indifferenza
pressoché totale e poi con atteggiamenti innegabilmente xenofobi — anzi — razzisti?
Ora, dopo questo delitto, sentiamo dire che i nostri ministri
invocano una politica sulle immigrazioni e leggi a tutela degli immigrati, quando per anni l’unica
politica era quella di non avere
né una politica né leggi in materia. Dunque era ora! Ma di quale
politica parlano i nostri ministri?
Di quella dello stop alle immigrazioni? Altrove questa politica
è già stata messa in atto, ma non
ha arrestato le immigrazioni, le
ha solo rese clandestine ed ha così incrementato la disponibilità
di mano d’opera a bassissimo costo, altamente manovrabile e ricattabile, una mano d’opera che
va a beneficio della fiorente economia in ombra.
Di quale politica parlano in riferimento al quadro più generale
dei rapporti internazionali?
E’ stato ricordato che l’uomo
ucciso a Villa Li terno fuggiva da
una situazione profondamente ingiusta quale quella dell’apartheid
in Sud Africa. Ma ci ricordiamo
che proprio con questo Sud Africa il nostro paese intrattiene fiorenti commerci?
Ci ricordiamo che questo nostro paese, insieme agli altri paesi ricchi del globo, fonda il suo
benessere sull’impoverimento dei
paesi del Terzo Mondo, dai quali
miseria e guerre alimentate dal
commercio delle armi costringono milioni di persone a fuggire?
SINODO '89
Il prossimo numero sarà
dedicato interamente al Sinodo ’89. Chi desidera prenotarne copie (1 copia lire 1.000)
telefoni allo 011/655278.
Ecco il quadro penosamente
complesso nel quale si inserisce
la tragica vicenda del rifugiato
sudafricano, e quella del marocchino trovato morto giorni fa in
un fabbricato diroccato a Torino, e quella delle molte migliaia
di immigrati «non regolarizzati », la cui condizione ricorda,
spesso in peggio, quella degli
schiavi nei campi di cotone dell’America deH’800.
Su questa gente spietatamente
sfruttata si riversano le frustrazioni e le paure degli italiani.
Contro di loro si organizzano
ronde e si fondano leghe, ma
sulla loro pelle si costruiscono
anche ricchezze. Che cos’altro
è questo se non razzismo?
C’è voluta la morte di Jerry
Essan Masslo, nero membro delle chiese battiste sudafricane, per
farci capire tutto questo e per
sfidare noi tutti alla conversione
morale e politica?
C’è voluta la sua morte per ricordarci che uguaglianza, libertà
e fraternità, giustizia e diritti
umani non sono applicabili variamente a seconda del colore
della pelle, o della condizione sociale. o della provenienza?
C’è voluta la sua morte per
farci capire che oggi gli immigrati sono il vero test della democrazia e... della fede in Gesù Cristo? Se è così, la sua morte non
sarà stata inutile.
Bruno Tron
TORRE PELLICE — «Tornare al pacifismo integrale dei vaidesi primitivi, unirsi al gruppo,
piccolo ma non insignificante,
delle chiese storiche della pace,
tra cui quaccheri e mennoniti »,
è questa la proposta che il pastore valdese Aldo Comba ha
fatto nella sua predicazione al
culto di inaugurazione del Sinodo delle chiese valdesi e metodiste riunito domenica 27 agosto a Torre Pellice. Il culto ha
avuto luogo in un tempio gremito di pastori e laici deputati
al Sinodo, di membri delle comunità e di rappresentanti di
chiese estere venuti a manifestare la solidarietà che unisce
il protestantesimo mondiale alla piccola minoranza protestante italiana.
« Abbiamo aggredito militarmente ed economicamente i popoli più deboli e più poveri, distruggendo la popolazione di interi continenti », ha detto il pastore Comba, affermando che le
virtù di cui la nostra cultura si
vanta sono la forza, l’aggressività, la razionalità, la competitività. Le qualità cui si richiama
invece l’apostolo nella sua lettera ai Calati (capitolo 5), pace,
benignità, bontà, fedeltà, dolcezza, considerate « femminili », sono quelle che possono dare oggi all’umanità una via d'uscita
dai più gravi problemi attuali.
Sul fronte ecumenico Comba
ha precisato, nel corso della sua
predicazione, che oggi « ci tro
Il corteo sinodale si reca nel tempio per il culto inaugurale.
viamo tra l’assemblea di Basilea e la prossima di Seoul su
’’giustizia, pace e integrità della
creazione”, della quale il Vaticano ha rifiutato di farsi co-invitante con il Consiglio ecumenico sul piano mondiale. Il pontefice non si mette su un piano di
parità con nessuno. Ne risulta
quasi visibilmente illustrata la
diversità, l’inconciliabilità tra la
chiesa intesa come comunità e
la chiesa intesa come gerarchia... ».
Il culto del Sinodo, la cui liturgia ha visto la partecipazione
LA PAROLA CHE SPIEGA L’AZIONE DI DIO
Riconciliazione
« ...e tutto questo viene da Dio che ci ha
riconciliati con sé per mezzo d,i Cristo e ha dato
a noi il ministerio della riconciliazione... »
(II Corinzi 5: 18).
Riconciliazione, dunque, questa è la funzione
essenziale della chiesa. Riconciliazióne e non insegnamento o, per dirla con un termine un po’
più latino, magistero. Forse che la chiesa non ha
da insegnare e da dire molte cose al mondo? E
invece, no; riconciliazione, che è un termine direi
meno gratificante e meno importante. Non è infatti tnolto più hello sentirsi « sale della terra »,
« luce del mondo »? E non è forse Gesù Cristo
stesso che ha detto questo ai suoi discepoli? Perché, allora, Paolo usa questo termine riduttivo?
Riconciliazione è una parola bella, ma poco
conosciuta e praticata da noi. Spesso è sognata,
ma a senso unico: .sono gli altri a doversi ricoriciliare con me. In questo caso riconciliazione, è
chiaro, fa rima con .soggezione, capitolazione...
Nella riconciliazione infatti tutto dipende da
chi è che fa il primo passo; ed ovviamente deve
essere sempre l'altro a doverlo fare.
La riconciliazione è un'esperienza molto rara nella nostra vita. Ma quando succede realmente è
qualcosa di grandioso: l’ahbraccio o la stretta di
mano che ci si scambia è l'inizio di una vita nuova. Non che si dimentichi il passato, il torto, o i
torti subiti. Ma il passato, con tutto il suo carico
di cose negative, viene come trasfigurato, elabo
rato in modo tale che non ha più un valore negativo, ma acquista una funzione positiva, quella
cioè di mettere in evidenza il nuovo, la sua freschezza, la sua bellezza, le sue potenzialità di vita.
Dio ha fatto il primo passo. Ha come rinunciato ad essere il Dio onnipotente, giudice suprema
di tutti gli esseri umani; è sceso dal suo piedistcìllo, per venire ad incontrare l’uomo e la sua
miseria. E l'ha incontrato effettivamente per le
strade della Palestina, lehhro.so, cieco, indemoniato...; l’ha anche incontrato nella sua dimensione
di traditore, di pubblicano, di prostituta...; nei suoi
slanci di generosità, e nella sua vigliaccheria. Ma
tutti quelli che sono stati incontrati da lui sono
cambiati; o per lo meno, tutti quelli che hanno
avuto consapevolezza del significato dell’incontro,
dopo non hanno più potuto essere come prima.
.Non sono diventati dei maestri o dei dottori o
dei profeti o altro; o se lo sono diventati, non è
stata questa la loro particolarità. Sono diventati
soprattutto ed anzitutto dei peccatori perdonati.
Hanno capito che la vita era davanti, non dietro
di loro; che il passato contava, certo, ma ancor
di più contava il futuro.
Riconciliaz.ione: è la parola che spiega e decifra l'azione di Dio, dall’inizio del suo dialogare
con l'uomo fino ad oggi. Riconciliazione può es
sere per noi Oggi la chiave di volta dell'evangelizzaztone.
Luciano Deodato
attiva dei quattro consacrati al
pastorato (Massimo Aquilante,
Fulvio Ferrano, Gregorio Plescan, Ruggero Marchetti), si è
concluso con il negro spiritual
« Go down Moses » magnificamente cantato dal pastore donna
Joan Salmón Campbell, moderatore della Chiesa presbiteriana
negli Stati Uniti.
ÀI culto era presente, a titolo
personale, mons. Pietro Giachetti, vescovo di Pinerolo.
Mentre scriviamo queste note
i lavori del Sinodo sono ripresi
sotto la presidenza del pastore
Aldo Comba (vicepresidente Giovanni Anziani, segretario Mario
Cignoni) con la lettura della relazione della Commissione d'esame. Ouest’ultima, accanto alla
relazione della Tavola valdese,
costituisce il tessuto connettivo
del dibattito sinodale, che prevedibilmente toccherà temi storici
(il Glorioso Rimpatrio), di attualità (evangelizzazione, diaconia,
formazione, rapporti con lo Stato) e di prospettiva, in particolare per ciò che concerne l’attesa assemblea battista-valdesemetodista prevista a Roma per
il novembre del 1990.
Si parlerà, come spesso capita
nei nostri Sinodi, della sistemazione del « campo di lavoro », per
il quale la Commissione d’esame
rinnoverà l'invito a prestare la
massima attenzione alle chiese
del Mezzogiorno. Infine, non
mancherà la discussione sull’ora
di religione nelle scuole di stato, anche a seguito del nuovo
pronunciamento del TAR del Lazio sull’istanza di sospensiva della circolare 188/189 del ministro
della Pubblica Istruzione (che
prevede il divieto di allontanarsi daH’edificio .scolastico per coloro che non si avvalgono delriRC) in base al ricorso presentato un mese fa dalla Tavola
valdese insieme alle Assemblee
di Dio e all’Unione delle chiese
avventiste. Un ricorso pienamente sottoscritto anche dalla Federazione delle chiese evangeliche.
Giuseppe Platone
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commenti e dibattiti
1 settembre 1989
QUELLA STRANA
SIGLA
RIGRAP: una sigla piuttosto « ermetica » ma che ha provocato molteplici polemiche, più o meno manifeste,
fin dal suo sorgere.
Ebbene, il 18.8 si è conclusa questa mastodontica iniziativa: Il .« Ripercorrere il glorioso rimpatrio a piedi », iniziativa dimostratasi strumento
tecnicamente efficiente che ha permesso a molti di realizzare ciò che da
soli non avrebbero potuto.
Noi abbiamo fatto parte di quei 112
« camminatori » che con spirito diverso e variegato hanno deciso di vivere
questa impresa.
Tentare un bilancio è sempre difficile: si rischia la polemica, la facile
critica, l’autoesaltazione, la scarsa
obiettività.
Tuttavia crediamo importante e doveroso soffermarci un momento a riflettere sul senso di ciò che si è
fatto; senso che va al di là dei 250
chilometri « patiti » e delle varie vesciche e tendiniti... Forse, le molteplici
idee e motivazioni che ogni partecipante portava con sé hanno rischiato
di rimanere deluse o incompiute in
quanto molto diverse.
In questo senso, l'ultima serata
(17.8 a Sibaud) ci ha lasciati con l’amaro in bocca.
Si è spesso parlato e fin troppo disquisito suH’appropriatezza del termine glorioso » e quella sera, seduti
attorno allo storico monumento, ci è
proprio sembrato che i gloriosi fossimo noi!
Non un momento di l'ode o ringraziamento al Signore, ma una specie di
« arco di trionfo », di autoglorificazione, di autocelebrazione. E per che cosa? Per aver ripercorso II cammino dei
nostri padri, assistiti da quaranta persone, accuditi, nutriti, curati!?
Francamente ci pare un po’ ridicolo.
L’importanza attribuita ai nostri piedi, alla nostra tenacia, alla nostra
volontà, al nostro essere uomini nel
significato più assoluto; I fuochi artificiali, le canzoni da osteria; l’assenza di un momento di raccoglimento,
non come « coronamento » doveroso ma
come frutto di spontaneo sentire:
Sibaud è stato tutto questo.
Ce ne rammarichiamo.
Monica Nataii, Sandro Paschetto,
Paoia Geymonat, Angelo D’Amore
DALLA PASSIVITÀ’
AL PROTAGONISMO
Egr. direttore,
ho letto l’articolo di N. Sergio Turtulici del 5 maggio 1989 dal titolo
- Le nuove frontiere di Dio » e vorrei
esprimere il mio parere in merito.
Ho spesso l’amarezza di leggere, sulle svariate testate giornalistiche italiane. articoli (spesso denigratori)
riguardanti le cosiddette « sette ».
Ben lungi dall’essere una critica nei
confronti dell’attività giornalistica in
genere, e comprendendo la necessità
di informazione che i mezzi di comunicazione di massa devono poter garantire al cittadino, rimango costernato dal l’osservare (una volta di più)
che, malgrado il notevole dispendio di
paroie, i diritti umani continuano ad
essere calpestati. Nel mirino sembra
essere il desiderio dell’uomo di conseguire maggiore serenità e soddisfazione per se stesso e gli altri, quella
serenità e soddisfazione interiore che
solo la religione sa e può dare.
E’ fin troppo facile tacciare come
• imbroglioni » gli appartenenti ad un
nuovo movimento religioso solo perché
invisi all’establishment e quindi perseguitati con i « moderni » strumenti
giudiziari, mentre troppo spesso si dimenticano le frequenti violazioni costituzionali a cui i cittadini sono soggetti.
Recentemente è di uso comune
« bollare » una minoranza religiosa con
il nome di « setta ». ma cos’è una setta? Una breve scorsa al dizionario (lo Zingarelli per esempio)
fornisce la seguente definizione: « Gruppo di persone che professano una
particolare dottrina politica, filosofica, religiosa e sim. in contrasto o in
opposizione a quella riconosciuta e
professata dai più ». Vediamo allora
che deve esistere un contrasto o opposizione, ma quanti movimenti religiosi, in questo periodo storico, sono
realmente in contrasto o opposizione
tra di loro? Pochi, forse nessuno. Una
differenza di credo religioso non implica necessariamente un contrasto o
opposizione, la religione stessa ci insegna ad essere tolleranti nei confronti del prossimo, quindi questo
« contrasto o opposizione », se mai
esistano, non sono originati dalla religione.
Personalmente ritengo che esistano
sordidi interessi da parte di istituzioni
atee il cui scopo è quello di tenere
l’uomo « sotto controllo » e quindi
attaccano con ogni mezzo qualsiasi
movimento religioso dal momento che
la religione porta libertà e desiderio
di creare, quel desiderio ohe è rafforzato e sostenuto dalla fede stessa.
Questa è storia vecchia come la
religione stessa, un tempo si crocifiggevano, sterminavano e bruciavano gli
uomini di religione, in nazioni civilmente arretrate, come la Bolivia, viene
ancora permesso che il governo possa decidere o meno cosa è una religione, ma questo accade in modo
manifesto solo in stati arretrati e di
stampo totalitario, anche nella Germania nazista accadeva così. Invece, in
questi « tempi moderni » si usano
metodi più sottili e meno aperti ma
forse più malvagi: viene « creata »
una opinione pubblica avversa per
mezzo di diffamanti campagne stampa
debitamente « pilotate ». Si cerca così di instillare nella mente delle persone che la religione crea « plagio »
0 fa • perdere il senno alla gente », e
così facendo si occultano alla vista
1 veri autori della pazzia e del plagio: la psichiatria istituzionale.
Ho avuto spesso modo di parlare,
in qualità di ministro della Chiesa di
Scientology, con -malati psichici», piccoli criminali o ex detenuti, e tossicodipendenti abituali frequentatori dei
luoghi dove la droga metadone possono averla gratis: le nostre strutture
di assistenza pubblica. In tutti i casi
mi è risultato evidente ciò che mi è
stato riferito dagli stessi interpellati:
i « trattamenti » ricevuti sono la causa del loro peggioramento progressivo, della loro incapacità di recupero.
Negli ospedali psichiatrici danno psicofarmaci e violenza sotto forma di elettroshock, percosse e segregazione,
nelle carceri danno allo stesso modo
violenza e psicofarmaci, e ai tossicodipendenti danno ancora droghe legali in cambio di droghe illegali.
Tutto allo scopo comune di esercitare un certo controllo su questi individui e non certo per ottenere un
loro recupero, constatati gli insuccessi normalmente ottenuti. Come si può
infatti dimenticare che la psichiatria fu
attivamente usata nei campi di sterminio nazisti durante la seconda guerra mondiale? E tali affermazioni si
spingono fino a supporre che « furono
gli stessi psichiatri a spingere Hitler
su questi provvedimenti e li eseguirono • (cfr. The Shadow War, European
Resistance 1939-1945, scritto da Henry Michel, pubblicato da Harper &
Row). E come si può ancora dimenticare che i programmi di controllo
mentale utilizzati dalla CIA e dall’ln-'
terpol come pure i « ricoveri psichiatrici siberiani » dell’Unione Sovietica
(già stati oggetto di scandali giornali
stici lo scorso anno) sono programmi
e metodologie psichiatriche? E, infine,
come si può ignorare il palese fallimento dell’istituzione psichiatrica in
Italia e in Piemonte, malgrado gli ingenti finanziamenti che ottiene annualmente a spese del cittadino contribuente?
Diritti umani, libertà e integrità
personale formano le pietre angolari
nella fondazione della religione. Religione significa anche cercare di restituire all’uomo la sua immagine nella completa interezza, in contrasto
con quelle forze che non vogliono solo distruggere la sua essenza spirituale, ma anche renderlo incapace di seguire un codice morale che fa parte
dell’integrità personale dell’individuo.
La libertà religiosa dipende dal fatto
di concedere il diritto ad ogni uomo
di cercare la propria verità e di aspirare alla libertà.
Se Gesù dovesse camminare oggi
sulla terra, con messaggi di salvezza
dal male del mondo, gli psichiatri (velatamente celati dalle istituzioni) sicuramente cercherebbero di imprigionarlo, di trascinarlo in un reparto di
« cura » mentale, sottoponendolo ad
elettroshock, psicofarmaci o altre violenze. Invece di morire sulla croce,
egli potrebbe morire in un reparto di
ospedale attraverso ferite più insidiose di quelle che qualsiasi individuo di
duemila anni fa avrebbe immaginato. (...)
Pur tuttavia, nessun materialismo potrà mai opprimere abbastanza la vera
natura dell’uomo ohe è spirituale, al
di là di qualsiasi pretesa « scientifica », come scrisse L. Ron Hubbard,
il fondatore della filosofia religiosa di
Scientology: « Le idee sono la base
del progresso, non le rivoluzioni », e le
idee, come pure la fede, non si possono fermare. Rev. Ivan Veri
Chiesa di Scientology di Torino
LA VERDE CONCA
DEL PRA
Gentile direttore,
sono un giornalista del Sunday Times di Londra. Sono appena ritornato
da una delle più magnifiche gite a
piedi compiute in vita mia (e il trovare sempre nuovi percorsi per camminare ovunque nel mondo fa proprio
parte del mio mestiere). In tre giorni
sono andato da Bobbio Pellice al monte Granerò e poi fino alle pendici del
Monviso e ritorno in Val Pellice.
Il trovare un pezzo di Europa così
incredibilmente incontaminato, così
genuinamente bello, così ricco di ogni
forma di vita naturale — le aquile e
i falchi, le clematidi, i gigli selvatici
e gli asfodeli, i gamberetti nei ruscelli, le rane di notte —, tutto ciò è stato
per me fonte di delizia e rivelazione.
Ora, con orrore apprendo che c’è un
progetto per costruire una strada da
Villanova al Pra.
La strada distruggerà la bellezza
della valle attraverso cui passerà. La
mulattiera esistente è stata usata per
millenni ed è chiaramente un sentiero molto amato e molto usato per salire ai monti. L’atmosfera magica dello
stesso Pra, un luogo remoto dal mondo, una conca di bellezza simile alla quale non ho mai visto nulla, sarebbe rovinata irrimediabilmente dal traffico delle auto. L’ironia è chiara: la
strada distruggerebbe proprio ciò che
intende far vedere alla gente. La costruzione della strada infatti abolirebbe ogni motivo per la sua costruzione.
Per me è quasi inconcepibile che
qualcuno in una posizione di responsabilità possa contemplare un simile progetto. Questo per due ragioni. Le autorità locali sono incaricate di pro
In un mare di verde, in un’oasi di pace
Hôtel du Parc
RESTAURANT
Casa tranquilla aperta tutto l’anno
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Viale Dante, 58 - Tel. (0121) 91367
TORRE PELLICE
leggere le risorse comuni che la comunità ha loro affidato. Costruire la
strada per il Pra, in questa luce, è
puramente un tradimento di fiducia.
Allo stesso tempo mi riesce difficile
capire come qualsiasi politico locale
possa essere così indifferente allo
spirito dei tempi da voler costruire
questa strada.
Qggi, in Europa e nel mondo, c’è
un senso del disperato bisogno non
di spendere e sprecare le risorse naturali, bensì di preservarle e proteggerle. E’ sempre più vero che i turisti non sono degli idioti inscatolati
dentro pullman, ma persone informate
e sensibili alla conservazione dell’ambiente. Queste sono le persone
che la Val Pellice deve attirare e cercare; questi sono coloro a cui gli interessi della Val Pellice starebbero a
cuore.
L’Italia ha appena eletto i suoi
primi eurodeputati verdi. Facciamo in
modo che l’abbandono della strada
per il Pra sia in Val Pellice il primo
atto messaggero della nuova coscienza di un mondo verde duraturo!
Suo
Adam Nicolson, Cambridge
I MOSTRI E IL MITO
DELL’UOMO BUONO
Caro direttore,
sono lettore interessato alle cronache che riguardano il costume, la convivenza, i comportamenti collettivi.
Leggo Giorgio Bocca con particolare
interesse, forse il giornalista più attento alla nostra mutazione sociale,
antropologica. Come « antitaliano » (è
noto ohe egli intitola così la sua rubrica su « L’Espresso ») egli è osservatore spietato quanto accorato, sovente. Almeno da come ne scrive.
Bocca pare soffrire delle contraddizioni, dei guasti del convivere che
viene analizzando. E’ moralista di grana
speciale, guarda sempre avanti, non
ha vagheggiamenti, nostalgie del passato che è morto. Lo apprezzo anche
per questo. Pure, sull’ultimo « Espresso » la sua visione disincantata, da
etologo, dei belluini comportamenti
della « scimmia nuda » e sovente • assassina » che è l’uomo verso i suoi
simili è fortemente intrisa di cinismo.
I mostri sono tornati, scrive, osservando l’efferatezza di tanta cronaca nera. Tutte le utopie umanistiche che
concepiscono l’uomo naturalmente buono sono sotterrate, egli dice, dalla cristiana alla romantica. Non è possibile
rimuovere come altri da noi, velare di
giustificazioni sociologiche, episodi di
bestiale ferocia che sempre più affollano il nostro quotidiano: il « canoro » di Roma, gli orecchi mozzati ai
sequestrati in Aspromonte, gli ammazzamenti da stadio. « Nessuna delle
bestie cosiddette feroci ucciderebbe
per vendette oosì immotivate, con
altrettale indicibile sadismo ». 1 mostri sono tornati nelle nostre cronache nere, « mostri-mostri, senza il mito della razza pura, dell’uomo nuovo,
della città futura, senza giustificazioni
di rancori proletari o di vizi altoborghesi ». Non c’è da andare troppo lontano da noi per trovare perversione e
devianza, non possiamo non convenire
con Bocca. Ma mi chiedo, se vogliamo interrogarci su questi fatti, non
restare inerti, se possiamo prescindere
dai contesti culturali, dalle culture nazionali, regionali entro le quali questi
fatti accadono.
Mi chiedo anche perché Bocca ascriva all’idea cristiana, fra le altre,
il mito dell’uomo naturalmente buono.
Egli sa bene che le cose non stanno
così, che la concezione cristiana sta
proprio all’opposto. E’ pessimista sull’uomo, radicalmente peccatore, naturalmente attratto dal male, tendenzialmente malvagio. Proprio per questo,
il credente confida in Cristo che, avendo assunto su di sé il peccato radicale, può liberare neH’uomo che ha
fede il potenziale di bene (così come
l’etica laica trova nell’utilitarismo o
neH’imperativo del dovere la sua ragion d’essere). Bocca non è credente
ma è ricco di cultura storica, sa perfettamente che su questa visione senza speranza deiruomo naturale fonda
la teologia cristiana, per lo meno quella riformata. E allora, delle due una.
0 Bocca pensa che qui da noi (e fuori di qui) il cristianesimo evangelico
non conti nulla. 0, come quasi tutti
gli intellettuali italiani — chi tra gli
italiani non ha uno zio prete in famiglia? — è portato a ragionare, anche
se laico, di cose cristiane in termini
di mentalità cattolica.
N. Sergio Turtulici, Villafranca
delle valli valdesi
settimanale delle chiese valdesi e metodiste
Direttore: Giorgio GardioI
Vicedirettore: Giuseppe Platone
Redattori: Alberto Corsani, Luciano Deodato, Adriano Longo, Plervaldo
Rostan
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Ricerche lavoro: gratuite. Se ripetute, dalla seconda L. 400 ogni parola
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Prezzi non comprensivi del PIVA
Il n. 33/89 è stato consegnato agli Uffici postali di Torino il 24 agosto
e a quelli delle valli valdesi il 25 agosto 1989.
Hanno collaborato a questo numero: Marcella Barsotti, Archimede Bertolino, Bruno Gabrielli, Luigi Marchetti, Paola Montalbano, Teofilo Pons.
i
3
1 settembre 1989
Vita delie chiese
ESAMI DI FEDE E SERMONI DI PROVA
Chiamati ad essere
servitori della Parola
Un clima nuovo, più fraterno e disteso, ha caratterizzato la giornata precedente alle consacrazioni - Le domande e le predicazioni
La giornata che ogni anno precede l’apertura del Sinodo, con
gli esami di fede dei candidati
davanti al corpo pastorale ed i
loro sermoni di prova, ha dato
spesso a chi scrive queste note
la non edificante sensazione di
assistere ad un processo. C’è il
collegio giudicante e ci sono gli
imputati tesi, emozionati e... sudati (non solo per la canicola estiva!). Essi si sforzano di rispondere alle domande poste attingendo alla fresca e ricca cultura teologica acquisita in Facoltà. Sabato scorso con Massimo Aquilante, Fulvio Ferrario,
Ruggero Marchetti e Gregorio
Plescan questo copione non è
stato rispettato. Aleggiava in tutti gli interventi un accentuato
spirito di fraternità unito alla
volontà di rendere ragione della
speranza che è in noi.
Le domande, tre per ognuno
dei candidati, andavano dal conce^^to di paternità di Dio oggi
all’evangelizzazione alla luce dell’esp>erienza originaria del metodismo; dalla salvaguardia del
creato al dialogo ecumenico o
da] fondamentalismo al ritorno
di Cristo. La terza di esse, unica per tutti, verteva sulla vocazione del candidato.
Evangelizzare oggi è annuncia
re l’Evangelo della croce, cioè
la capacità di essere critici verso noi stessi e la realtà che ci
circonda, introducendo in essa
degli elementi di rottura e la
possibilità di un autentico rapporto con Dio.
Nella salvaguardia del creato
il cristiano non deve inventare
niente, ma ha una parola significativa da dire. Noi udiamo il
grido della vita che si fonde col
gemito della morte, ma questa
tragica ambiguità non cancella
il fatto che « Dio vide che tutto
era buono ».
Come vedo il mio ruolo nella
chiesa era la domanda uguale
per tutti. Ecco in estrema sintesi le risposte: parlare un po’ meno e ascoltare di più Dio, le sorelle ed i fratelli; non posso predicare se non amo la gente, quindi devo farmi solidale con loro;
essere animatore, suscitare e proporre stimoli; essere uno « specchio » del carattere invitante,
bello, della predicazione di Gesù; sobrietà nel vivere quotidiano perché essa diventi testimonianza per coloro che sono più
attratti dal fascino dei soldi.
T sermoni di prova, due nel
tempio di S. Germano e due in
quello del Ciabas, non sono scesi di « tono » rispetto all’incontro del mattino.
Indovinata la liturgia per la
sua connessione con le predicazioni. G. Plescan (Sai. 124: 6-8),
dopo aver esaminato l’esperienza d’Israele, dice che la sventura,
la malattia, la morte possono
colpirci, ma il testo vuol dirci
che l’ultima parola di Dio non
sono le realtà nemiche ma: « Il
nostro aiuto è nel nome dell’Etemo... ».
Le parole dì Paolo riportate
in Filipp. 2: 12-13, per F. Ferrario, vogliono dirci: tu, piccola
chiesa, che devi sempre di nuovo annunziare l'Evangelo di Cristo, sappi che « Dio è colui che
opera in te... ». La tua mediocrità, il tuo peccato, la tua esistenza di chiesa di minoranza non
sono abbandonati al cieco desti
Incontro internazionale
PISA — La chiesa ha vissuto
una domenica particolarmente
viva e lieta il 20 agosto quando,
pur in pieno tempo di ferie e
quindi di vuoti, è stato possibile
organizzare un incontro con un
gruppo di giovani tedeschi giunti a Marina di Pisa per un soggiorno estivo.
Una ventina di giovani della
Repubblica federale tedesca, appartenenti alla Chiesa riformata
calvinista, guidati dai pastori
Behmenburg ed Immer, hanno
così partecipato al culto.
Si è trattato di un vero momento di condivisione nella gioia
fraterna incentrato sul tema: Il
Regno, comunione e contestazione; predicazione e liturgia sono
state curate dal predicatore locale Leonardo Casorio, membro
della chiesa di Livorno, e dal presidente del consiglio di chiesa di
Pisa, Giorgio Barsotti.
Momenti molto intensi si sono
avuti sia durante il canto, guidato dal suono della chitarra e dell’organo, sia durante la distribuzione della S. Cena, cui ha partecipato anche il past. Behmenburg.
Non vi erano solo tedeschi fra
gli ospiti; altri fratelli e sorelle
provenienti da vari paesi stranieri hanno confermato una volta di più che la testimonianza
evangelica non conosce frontiere né differenze di lingua o cultura.
Al termine del culto una sorella di chiesa. Ricarda Cavazza, ha
voluto che questo incontro proseguisse ancora, al di là del culto, invitando tutti i presenti (una
quarantina di persone) ad una
cena in casa sua, confermando
così, Io spirito di allegrezza che
ha contraddistinto tutta la giornata e di cui dobbiamo essere
profondamente grati al Signore.
Ferdinando Costantini
BRESCIA — Venerdì 14 luglio
la comunità si è raccolta intorno alla famiglia del fratello Ferdinando Costantini, deceduto all’età di 75 anni dopo breve e improvvisa malattia. Proveniente
da Roma, Ferdinando aderì alla
chiesa valdese nel 1978, inserendosi ben presto nella vita della
nostra comunità ; nel 1980 fu eletto nel Consiglio di chiesa e dall’84 era il nostro anziano. La notevole sensibilità e pazienza gli
consentirono di assistere molti
fratelli e sorelle che per l’età
avanzata o le infermità non frequentavano gli appuntamenti della chiesa ; ma si preoccupò anche
delle necessità dei più giovani.
Di lui ricorderemo soprattutto
l’amore per la conversazione, il
dialogo anche polemico, il confronto teso e partecipato con
chiunque, e la fede matura e serena.
• L’il luglio la comunità ha
appreso con gioia la nascita del
piccolo Andrea, figlio di Davide
e Fausta Nencini.
Culto evangelico
in Eurovisione
DOMENICA 3 SETTEMBRE
ore 10 su RAIDUE
in diretta dalla chiesa valdese
di Torre Pellice.
PROTESTANTESIMO
IN TV
DOMENICA 3 SETTEMBRE
ore 23.30 — RAIDUE
Replica; lunedì 11 settembre
ore 11 — RAIDUE
Questo numero presenta alcuni momenti significativi delle manifestazioni che si terranno domenica 3 settembre
in occasione del terzo centenario del ritorno dei valdesi in Italia.
DAGLI USA ALLE NOSTRE CHIESE
Ken e Ann Hougland
no, ma al Dio che opera secondo
la sua bontà e benevolenza.
Per R. Marchetti nel Sai. 68:
19-20, si parla di un Dio che vince e sa bene dove va e ci chiama a vincere e camminare con
lui. E in lui troviamo unità e
comunione anche tra di noi; se
lui porta per noi il nostro peso,
noi abbiamo le mani libere per
portare i pesi gli uni degli altri.
Dinanzi ad un Dio così non possiamo non ripetere ogni giorno:
« Sia benedetto Dio! ».
Per la generazione di M. Aquilante, che predica su Rom. 11: 32,
la parola « disubbidienza » ha
assunto un significato di « liberazione ».
Ma questa difficoltà di comprensione è stata superata nell’ottica di Gen. 3 dove Adamo
è l’uomo che, disubbidendo a
Dio, vuole viversi come indipendente da lui. Tutti siamo rinchiusi in quella disubbidienza, stretti in quel male per cui « non faccio quel che voglio, ma faccio
quello che odio ». In Gesù Cristo, che « è stato ubbidiente fino alla morte della croce », si
aprono per noi le porte all’ubbidienza e, quindi, alla vera libertà.
Davanti alle testimonianze di
fede di questi nostri quattro fratelli, la compagine dei credenti
non poteva far altro che riconoscere l’tizione di Dio in loro che
li chiamava ad essere servitori
della Parola e dare loro « la mano di associazione ». Chi eravamo noi, secondo la parola di
Pietro, da poterci « opporre a
Dio?» (Atti 11: 17).
Enos Mannelli
CORRISPONDENZE
• La prima domenica di luglio
l’assemblea di chiesa ha avviato
una discussione sul culto domenicale e la liturgia, in vista di una
più attiva partecipazione di tutti.
• Proseguono intanto i lavori
di ammodernamento dell’appartamento pastorale, che sarà occupato entro Testate da Agostino
e Aurora Garufi.
La comunità di lingua inglese di Torino ha accolto l’inverno
scorso Ann e Ken Hougland, che a partire dall'autunno presterà
parte del suo servizio pastorale alla chiesa valdese.
Nato nel 1934 a Cleveland, Ohio, era già stato in Italia al momento del suo servizio militare svolto per alcuni mesi al Campo
Derby, vicino a Livorno.
Nel 195S è ad Agape, ed è qui che conosce la futura moglie, originaria di Biella, che a sua volta ha prestato un periodo di servizio
volontario al centro di Bossey in Svizzera.
Dopo il matrimonio e un altro periodo passato ad Agape, Ken
.si laurea presso la « Graduate School of Theology » di Oberlin (Ohio),
per essere consacrato nello stesso anno nella Chiesa metodista.
Da allora Kenneth Hougland ha attraversato buona parte degli
Stati Uniti, svolgendo il proprio ministero pastorale negli stati dell’Ohio, New York, Nebraska, California e Virginia, presso le chiese
metodiste, luterane e presso le chiese unite di Cristo.
Ken e Ann Hougland hanno cinque figli, di cui tre sono sposati,
con tre nipotini.
Per gli stranieri
Sono cresciuto nel sud-est degli Stati Uniti, in una famiglia
presente ogni domenica alla
scuola domenicale e al culto battista, che sembrava troppo lungo
a noi cinque bambini.
Come molti protestanti americani davamo importanza minore
alle distinzioni dottrinali. Oggi
una mia sorella è luterana, una
presbiteriana, e io metodista.
L’ecumenismo è diventato per
me un ideale personale; la mia
vocazione di insegnante nelle
missioni della Chiesa metodista
unita mi ha aiutato a realizzarlo.
Laureato in lingua e letteratura francese, ho passato parecchi
anni nelle missioni dell’Africa
francofona (Zaire, Algeria, Tunisia). Non mi vanto di essere stato ben preparato per i vari compiti, ma ero sempre pronto ad
imparare.
Le scuole metodiste dello Zaire
accolgono tutti i protestanti, le
minuscole comunità cristiane
dell’Africa del Nord sono dei modelli di unità.
Ad Annaba, in Algeria, ho partecipato regolarmente ad un
gruppo di preghiera composto di
giovani algerini evangelici e di
cattolici carismatici francesi e
polacchi.
AlTinizio di quest’anno ho accettato con entusiasmo di venire
in Italia ad aiutare la comunità
metodista di Milano ad organizzare attività con i residenti o con
i visitatori stranieri, soprattutto
di lingua inglese.
Mi ricordo di essermi domandato: ma perché hanno bisogno
di uno straniero, e anche di uno
straniero di origine africana per
occuparsi degli stranieri? Non è
una domanda « negativa », ma
piuttosto l’espressione involontaria della mia immagine della
chiesa come il luogo per eccellenza dei valori spirituali, dove le
« pressioni del mondo », comprese le differenze culturali, non esistono più.
Qui a Milano ho capito invece
che il mio compito è di essere
quella chiesa senza confini; i nostri contatti fra culture diverse
devono essere un’occasione di
gioia e di riconoscenza della fede che ci riunisce.
Ronald Schooler
RICORDO
Emma Sbaffi
Ogni volta che mi è capitato
di riflettere su come esprimere
nella vita quotidiana i due comportamenti che, almeno nelle nostre buone intenzioni, dovrebbero caratterizzare un membro di
una comunità evangelica (la militanza e la fedeltà), mi è sempre venuta in mente come punto di riferimento la figura della
nostra carissima sorella Emma
Sbaffi. Ora che ci ha lasciati dopo una vita che ha espresso in
modo cosi pieno ed esemplare
94 anni di fedeltà e di militanza
evangelica, è ancora più importante ricordare il suo esempio.
Emma, nata a Montevideo nel
1895, e trasferitasi a Omegna, città di origine della sua famiglia,
a 10 anni, è stata a partire dal
1919 la compagna di vita e di
lavoro di Emanuele Sbatti (un
pastore e un uomo di grande coraggio e impegno che ha guidato
i metodisti italiani con fiducia,
speranza e determinazione negli
anni dilficilissimi della seconda
guerra mondiale e nel primo dopoguerra). Emma, in tutte le
comunità affidate a Emanuele
(da Napoli, a Firenze, a Carrara, a Roma), ha dato al l uolo apparentemente non di primo piano, ma di validissimo e insostituibile sostegno e di affiancamento al lavoro del pastore, un significato davvero esemplale e
per oltre 40 anni (a partire dal
1947) è stata un punto di riferimento per la sua comunità metodista di via XX Settembre, che
è stata al centro della sua vita.
Fulvio Rocco
4
4 vita delle chiese
1 settembre 1989
E’ ACCADUTO A VILLA LITERNO
Funerale cattolico
per Jerry
Dopo la tragica morte, un atto di mancato rispetto verso la fede del
giovane sudafricano, vittima innocente del razzismo e della violenza
Può accadere di tutto in questo
paese. Anche che il funerale di
un battista sudafricano venga celebrato « ecumenicamente » con
una messa da un vescovo cattoli
E’ accaduto a Villa Literno, dove sono accorsi tutti, autorità civili e politiche, ai funerali di ferry
Essati Masslo, esule sudafricano,
sindacalista nero assassinato dal
nostro razzismo.
Jerry era battista, frequentava
la Chiesa battista di piazza in Lucina a Roma. La cosa era nota,
ferry, quando era interrogato su
questo, si dichiarava apertamente
battista. Lo aveva anche dichiarato alla TV di stato. Il suo essere
battista non gli impediva di frequentare le comunità e le chiese
cattoliche che accolgono gli immigrati di colore, per parlare, discutere, confrontarsi.
La sua tragica morte ha fatto
scattare un meccanismo, speriamo
inconsapevole, nelle autorità civili.
II sindaco di Villa Literno si è
messo in contatto con il vescovo
di Caserta, per chiedere la sua
collaborazione. La Chiesa cattolica, secondo il Concordato, non deve forse collaborare per il bene
del paese? Poi le autorità politiche
hanno deciso di fare dei funerali
un’occasione per riflettere sul problema del razzismo, e allora funerali in diretta TV, discorso del
Telegramma
Al Vescovo di Caserta
Al Cardinale Ugo Poletti, Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, Roma
Al Vescovo Alberto Abiondi, responsabile per l’ecumenismo
della CEI, Livorno
A Mons. Ridoliì, responsabile della pastorale dei migranti della CEI, Roma
Protesto vivamente contro decisione celebrazione funerale
cattolico Jerry Essan Masslo notoriamente di fede battista.
Tali atti irrispettosi della fede dei singoli annullano anni
di dialogo ecumenico e contraddicono affermazioni conciliari cattoliche.
Past. Paolo Spanu
presidente. UCEBI
vicepresidente del Consiglio, presenza di molti altri politici, sindacalisti, religiosi.
Ma Jerry era battista, ed i pastori battisti di Pozzuoli e di Napoli
si sono messi subito in contatto
con il vescovo di Caserta per spiegare come l’annuncio della risurrezione al funerale fosse un compito della chiesa battista, se si voleva rispettare la fede del fratello
ucciso.
Il vescovo non si trova, poi un
suo collaboratore si mette in contatto con il pastore di piazza in
Lucina a Roma e alla fine si concorda anche un intervento del pastore Kenneth Lawson, pastore di
quella comunità. Cosa che avviene.
Che dire? Forse nulla. Le parole non rendono conto della indignazione che ci assale.
Ma, si sa, i riflettori televisivi,
in un paese cattolico come il nostro non possono essere posti —
senza problemi — su un culto
battista.
Povero Jerry, assassinato dal nostro razzismo, diverso per colore
della pelle, non rispettato nella
sua fede, nemmeno al funerale.
Un’occasione ulteriore per riflettere sul l'ecumenismo e sull’integralismo.
Giorgio Gardiol
DOMENICA 27 AGOSTO A SIBAUD
Il compito dell’ekklesia
Più di mille persone hanno
partecipato al culto sui prati di
Sibaud, a Bobbio Pellice, domenica 27 agosto ricordando il patto d’unione dei valdesi rientrati
dall’esilio svizzero alla fine del
’600. Per l’occasione la maggioranza delle chiese valdesi della
vai Pellice non ha celebrato il
proprio culto locale ma ha volentieri aderito a questa iniziativa organizzata, con molta cura,
dalla comunità di Bobbio. Anche per la prossima domenica 10
settembre è previsto un culto,
sempre a Bobbio Pellice, conclusivo delle celebrazioni sul Rimpatrio a cui sono invitate tutte
le chiese della va] Pellice e che
vedrà anche la tradizionale « festa di canto » di tutte le nostre
Corali valdesi.
Nel culto di domenica scorsa
a Sibaud il professore Giorgio
Spini ha tenuto un’intensa predicazione ispirata al detto di Gesù: « Nessuno che abbia messo la
mano all’aratro e poi riguardi
indietro è adatto al regno di
Dio », Spini, con forti pennellale, ha ricostruito il quadro storico dell’Europa della Rivoluzione inglese, di John Locke, in cui
la libertà di pensiero e di ricerca scientifica avanzava in modo deciso. Anche la fede cristiana di Newton fu partecipe del
cammino della civiltà modema.
Per quel che riguarda questo secolo, Spini ritiene che l’era dei
fascismi sia alla fine. Un ciclo
storico si sta chiudendo, mentre
si apre la nuova stagione del disarmo atomico nella quale il protestantesimo ha molto da dire
e da fare.
Rivolgendosi infine ai numero
si partecipanti Spini ha così concluso; «Tu vai a portare la buona notizia della vita nuova che
è in Cristo agli uomini e le donne di questo tempo di crisi e
di incertezza; vai ad annunziare
il regno di Dio in questa alba
ancora tanto avvolta di foschie,
tanto indecifrabile nelle sue prospettive; vai a predicare a questa Italia, così ricca materialmente e COSI povera moralmente da non saper come venire a
capo della corruzione che la consuma fino nelle ossa; proprio
questa Italia, dove le cause più
belle finiscono strumentalizzate
e infangate, questa Italia così
rigurgitante di imbroglioni e di
G. P.
DOMENICA 10 SETTEMBRE - BOBBIO PELLICE
Conclusione celebrazioni
e festa di canto a Sibaud
Si concludono a Sibaud le celebrazioni del Glorioso Rimpatrio in una giornata che comprende anche la festa di canto
delle corali.
Il programma prevede: ore 10,30, culto evangelico presieduto dal Moderatore, saluti e conclusione celebrazioni; ore
12,30, pranzo (è possibile partecipare ad un pranzo organizzato
dagli albergatori); ore 15.30, festa di canto nella piazza Caduti;
seguono commemorazioni storiche a cura di Giorgio Tourn e
Bruna Peyrot.
Si invita a lasciare le auto lungo la via XXV aprile e la via
non asfaltata sulla destra del paese proseguendo a piedi verso
Sibaud.
CRONACA DELLE CHIESE DELLE VALLI
Con i fratelli
del Rio de ia Piata
VILLAR PELLICE — Nel cor
so delle ultime settimane abbiamo avuto l’opportunità d’incontrare vecchi e nuovi amici. Ricordiamo tra gli altri il nutrito
gruppo di trombettieri del Baden
(RFT) che da diversi anni vengono a trascorrere un periodo di
vacanza in valle e che, guidati dal
loro direttore sig. Ludwig, hanno
accompagnato gli inni di due culti domenicali.
Nel quadro delle celebrazioni
del terzo centenario del Glorioso
Rimpatrio particolarmente sentita è stata poi la visita delle sorelle e dei fratelli delle Chiese vaidesi del Rio de la Piata (Uruguay e Argentina) insieme al pastore Daly R. Perrachon, i cui
antenati erano originari di Villar
Pellice e che ci ha portato un
caloroso saluto durante il culto
di domenica 13 agosto, con i
quali abbiamo trascorso momenti di comunione fraterna che senza dubbio contribuiranno a rinsaldare i legami di solidarietà
che uniscono le nostre chiese.
• Una parola di viva gratitudine ai pastori emeriti Alfredo
Janavel, Cipriano Tourn e Gustavo Bouchard per i messaggi
incisivi ed attuali che ci hanno
rivolto durante i culti che essi
hanno presieduto.
• Il comitato della Casa Miramonti desidera ringraziare sentitamente tutti coloro che con doni, prestazione di mano d’opera,
partecipazione alla giornata « prò
Miramonti » hanno in un modo
o nell’altro contribuito alla buona riuscita dell’incontro, che ha
registrato un incasso che sarà
di tangibile aiuto.
• Un fraterno benvenuto a
Morgan, giunto a rallegrare la
famiglia di Silvano Michelin Salomon e di Milva Danna, con
l’augurio di ogni benedizione nel
Signore.
Agape fraterna
mafiosi, questa Italia così piena di ingiustizia e di prevaricazione. Vai proprio qui ad accendere la fiaccola della vera luce
deU'Evangelo, come scriveva il
vecchio Giosuè Janavel tre secoli or sono. E se hai deciso di rispondere a questa vocazione cristiana e porre mano al lavoro
dell’aratro, non riguardare più
indietro. Ma guarda innanzi, al
grande compito della riforma
delle coscienze degli italiani, che
è il campo in cui l’assemblea dei
credenti — "ekklesìa" — è chiamata a lavorare ”hic et mine”,
oggi e in questa terra ».
Bienvenidos
PRAROSTINO — Il 13 e il 16
agosto scorsi abbiamo avuto il
piacere di avere fra noi un gruppo di fratelli e sorelle del Rio
de la Piata, parenti di valdesi emigrati laggiù dalle valli.
Sono state due occasioni per
provare assieme quali legami li
uniscano sempre ai luoghi di origine e per dimostrare loro il
nostro affetto.
Ringraziamo il pastore Bruno
Tron che li ha accompagnati e
che ha tenuto il sermone del 13
agosto a San Bartolomeo.
• Un ringraziamento al pastore emerito Cipriano Tourn che,
come ogni anno, ha voluto dedicare una giornata alla nostra
comunità; dopo il culto da lui
celebrato il 20 agosto scorso a
Prarostino, si è intrattenuto con
noi nei locali del presbiterio per
un fraterno saluto.
• Il 20 agosto scorso è stato
celebrato il battesimo della piccola Denise, di Silvana e Luciano
Codino.
Alla famiglia, e a quella di IIva e Luciano Avondetto, allietata dalla nascita della piccola
Silvia, vanno gli auguri e l’affetto della comunità.
® Il 7 agosto si è svolto il funerale di Giovanna Enrichetta
Chianforano in Avondetto di 88
anni. Ai familiari esprimiamo
la solidarietà cristiana della
chiesa.
Auguri!
POMARETTO — Sabato 22 luglio si sono uniti in matrimonio
Maurizio Lomi e Daniela Bertetto. Su questo nuovo focolare è
stata invocata la protezione e la
guida dello Spirito del Signore.
Agli sposi i fervidi auguri della
comunità.
• Domenica 23 luglio è stata
presentata al battesimo la piccola
Ilenya Gaydou, di Renzo e di Luciana Giai. Il battesimo è stato
impartito nella riunione ai Paure.
Possa questa piccola crescere costantemente sotto la guida del
Signore.
• Sabato 22 luglio abbiamo accompagnato all’ultima dimora
terrena il nostro fratello Flavio
Ribet, deceduto presso l’Ospedale valdese di Pomaretto all’età di
74 anni dopo lunghe sofferenze.
Ai familiari nel dolore la simpatia cristiana della comunità tut
ca.
Domenica 3 settembre
SAN SECONDO — Domenica
13 agosto abbiamo avuto la gioia
di avere tra noi, prima al culto e
poi per un’agape fraterna, i coniugi Benech-Gardiol in visita
alle valli valdesi assieme ad altri
fratelli del Sud America.
• I culti di domenica 20 e 27
agosto sono stati presieduti rispettivamente dai pastori B.
Tron e F. Toppi. Li ringraziamo
per il messaggio della Parola che
ci hanno rivolto.
• Il Signore ha chiamato a sé
sorelle C. Mery Pons in Gardiol
e Albina Forneron ved. Gardiol.
Alle famiglie va ancora la nostra
fraterna simpatia.
n INAUGURAZIONE
ASILO
SAN GERMANO — Il programma della giornata di inaugurazione del nuovo
Asilo dei vecchi si apre con il culto
alle ore 10 con predicazione del Moderatore Giampiccoli: seguono I saluti
delle chiese italiane ed estere. Alle
ore 11.50 è previsto l'arrivo del Presidente della Repubblica sen. Cossiga.
alle ore 12 l’inaugurazione. A partire
dalle ore 13 è possibile visitare In
gruppi il nuovo Asilo e nel pomeriggio, dopo gli interventi degli amministratori locali, canti del coro Eric
Boucle e danze tradizio-nali del gruppo
La tèto aut.
Per chi arriva in auto si segnala ohe
la provinciale n. 166 viene chiusa dal
ponte nuovo di Villar Perosa al bivio
per Pramollo; sono previsti parcheggi alla borgata Savoia per chi arriva dall’alta
valle e nella piazza delle scuole (Risagliardo) per chi arriva da Pinerolo: si
invita a sfruttare al massimo i posti
disponibili sulle varie auto!
Inoltre dal 1° al 9 settembre sarà
visitabile presso l'Asilo una mostra
collettiva d’arte (con opere di scultura, pittura e grafica) coordinata dalla prof. Tere Grindatto, nativa di S.
Germano e docente di pittura al liceo
artistico di Torino.
9>10 settembre
□ FESTE DOLCINIANE
Il programma '89 delle Feste dolciniane prevede:
Szbato 9 settembre a Varallo Sesia
(sala dell’Hòtel ex AGIP): Dibattito su: L’altra religione: con Dolcino e la "lunga marcia” dei vaidesi.
Introdurranno il pastore Gianni Genre e Vittorio Bellavite, Moderatore
lavo Burat.
Domenica 10 settembre:
ore 10: alla « bocchetta di Margosio ■>
(panoramica Zegna, Trivero Biellese) culto all’aperto;
ore 11: assemblea della "Ca de
Studi Dossinian •> al cippo di fra
Dolcino sul Monte Massaro:
ore 13: agape all'alpe Margosio. Nel
pomeriggio canti, musiche e balli
della tradizione alpina ed operaia.
Í
1
5
1 settembre 1989
prospettive bibliche 5
ALL’ASCOLTO DELLA PAROLA
PERCHE’ SEI TU QUI?
I Re 19: 3-15®
Davanti a noi è messo il libro delle domande:
« Perché sei qui, Elia? » (I Re
19: 13)
« Sei tu colui che doveva venire? » (Matteo 11: 3);
il libro dell'invito:
« Lévati e mangia » (I Re 19:
5, 7)
« Esci e tieniti sulla montagna »
(I Re 19: 11)
« Va, riprendi il tuo cammino »
(I Re 19: 15)
« SuU’ordine del Signore i figli
d’Israele partivano, sull’ordine
del Signore si accampavano »
(Num. 9: 18. 20, 23);
il libro del dialogo:
« Andate a dire a Giovanni quel
che sentite e vedete » (Matteo
11: 4).
Il dialogo è talmente entrato nella vita di questa gente che abbiamo
incontrato che non possono che vivere così, in questo modo: la vita è
dialogo, quindi è insieme di domande, è insieme di ricerca. Uomini e
donne che si sono inseriti in una
comunità di ricerca, di invito (a cui
bisogna rispondere con un sì o con
un no).
Voci che si intrecciano. Il tuo avvenire, il tuo presente — come il tuo
passato — è pieno delle voci degli
altri, di tanta gente che è davanti a
te. Anche se tu volessi non puoi più,
non sai più vivere da solo. Gli altri
contano. Ci sei, cerchi di capire chi
sei, dove sei, se sei al posto giusto,
se sei con le persone con cui dovresti veramente stare. La tua esistenza è strettamente legata all’esistenza degli altri. C’è qualcuno davanti
a te. Qualche volta può anche darsi
che — senza però saper bene se hai
capito o no, se hai capito bene o se
ti sei sbagliato — tu trovi, in mezzo alla gente, il Signore della gente,
colui che ti chiama, colui che cerchi e che chiami. E in alcuni momenti delle tue giornate, domande
terribili ti vengono alla bocca, domande vitali ti incontrano (« Sei tu
colui che deve venire? ». Sei tu colui che voglio incontrare? Oppure:
« Perché sei qui, Elia? », o Guglielmo? o Enrico?).
Siamo stati pellegrini
alla ricerca di un rifugio
Nel racconto del I libro dei Re
c’ò una storia di contrasti, di battaglie, di vendette, di tenacia, di speranze, di delusioni; c’ò anche una
storia di disperazione. Soprattutto,
in mezzo alle lotte disperate, c’è la
storia di un cammino (si alzò e partì - 3; se ne andò nel deserto - 4; si
alzò... camminò 40 giorni e 40 notti - 8) fino alla fine del racconto (va’,
riprendi il tuo cammino - 15).
In questo racconto sembrano
riassunti tutti i viaggi e tutti i cammini della storia del popolo, della
storia che tante volte gli antenati
avevano raccontato e avevano scrit
Domenica 20 agosto, a Nyon, a pochi chilometri da Ginevra, è stata
vissuta un’altra importante giornata nell’ambito delle manifestazioni per
il tricentenario del Glorioso Rimpatrio. I valdesi italiani, unitamente alla
delegazione sudamericana in visita in Italia, si sono incontrati con le comunità che tre secoli fa accolsero gli esuli. In questa occasione il pastore
Eugenio Rivoir di Torino ha tenuto una predicazione, trasmessa dalla
radio della Svizzera romanda che pubblichiamo facendo seguito a quella di Daniele Garrone, comparsa sul numero scorso.
to e che i padri giorno per giorno
ricordavano e ricordano (« guardati
dal dimenticare! »). Il lungo camminare del popolo di Dio, il lungo camminare della gente. Quante strade
nella Scrittura! Fin dalle prime pagine: i lunghi sentieri della gente cacciata, le lunghe strade della gente
che cerca la sua terra, una ricerca
che sembra non finire. « Gente che
vive in tenda » dice Paolo; e questa è la tua storia, dovrai cercare
ancora, non credere di aver trovato
la residenza definitiva. Gesù, il Signore che chiama e che dialoga con
noi, è qualcuno che non aveva doA^e
posare il capo: lo capirai un po' meglio se riuscirai a cercare che cosa
vuol dire.
In questo camminare che è descritto nella storia del popolo forse si
può capire un po' meglio chi siamo,
soprattutto dove siamo, chi sono gli
altri, chi sono i diseredati e i pellegrini di ogni tempo, del nostro tempo: le lunghe schiere di rifugiati,
cacciati da un posto all’altro anche
nel nostro tempo, gli stranieri che
bussano alla nostra porta, quelli che
sono perseguitati, cacciati, picchiati,
cercati per essere uccisi, quelli che
— come Elia — si alzano e partono
per salvare la loro vita.
Non sai bene chi sono, a volte, né
perché devono scappare: ma sai che
le strade del mondo sono intasate
da gente che scappa e che cerca un
riparo, che vorrebbe fermarsi e non
può. Sappiamo che cosa significa un
rifugio, perché i nostri antenati ne
hanno trovato uno qui.
Bisognerà pensare, ogni volta che
si vorrà partire e mettersi in viaggio, a coloro che sono in viaggio
non per loro volontà, ma perché non
possono fermarsi, perché nessuno li
lascia fermare, perché nessuno li accetta nella sua casa.
Capita però, allora, che qualcuno
decida di rispondere alle tante voci
(perché non se ne può più, perché
è esasperato, perché infine non è
possibile, non si può continuare così) e si metta a cercare, non foss'altro che per vedere che cosa si può
fare per cambiare questo stato di
cose. Succede, qualche volta, che tu
ti metta in viaggio non perché gli
altri ti hanno costretto ma perché
vuoi vedere, vuoi capire, vuoi sapere, vuoi renderti conto. La vita degli altri si inserisce nella tua vita,
la stimola, la scuote, la provoca —
ed è come se qualcuno ti avesse detto: « Che lai tu qin? ». Perché non
sai bene che cosa rispondere c ti
senti così a disagio, ti muovi e te
ne vai, verso le voci che chiamano,
verso il pianto, la rabbia, la paura,
la disperazione. A far che cosa non
si sa neppur bene, ma non puoi fare
altrimenti. E certo si può dire che
sia il segno di una grande benedizione quando vedi qualcuno che si
muove perché ha sentito gridare,
perché ha visto cadere qualcuno in
mezzo alla strada. E' certamente segno di benedizione quando la pigrizia è scossa dalle grida di un sofferente che. ha incrociato la mia strada. E’ un segno che riempie di gioia
poter qualche volta constatare che
delle creature, qua e là sulla faccia
della terra, sono messe in moto perché hanno sentito gridare. Non possiamo dire molto di più, possiamo
solo essere grati: delle persone si sono incontrate, delle vite sono cambiate.
Abbiamo incontrato
il Signore, che è sorpresa
Nel racconto del primo libro dei
Re non c’è solo la descrizione di un
gran camminare: più ancora che questo c’è il tentativo di raccontare come, nella vita di un uomo, il Signore risponda. Come fare a parlarne?
Per quanto delicati siano i modi con
cui vogliamo prendere questa storia,
romperemo sicuramente qualcosa,
ne parleremo certo molto male. Come per la storia di Giacobbe che
lotta tutta la notte con qualcuno e
poi cerca di dirci che è stato incontrato dal suo Signore, come per la
storia del piccolo gruppo di discepoli di Gesù che a Gerusalemme cercano di dire che lo Spirito del Signore è sceso su di loro, così, in
questo racconto, un membro del popolo di Israele ci dice che il Signore
ha parlato. Giacobbe se ne va colpito, e non è più quello di prima; i
discepoli di Gesù escono dalla casa
dove si trovavano, e la gente si domanda che cosa hanno di diverso
da prima; Elia viene fermato, bloccato sulla sua strada mentre sta fuggendo, e rimandato a ripercorrere
chilometro dopo chilometro il cammino che aveva percorso. Sembrerebbe che non ci sia altro da dire:
lo scrittore di questa pagina invece
cerca di dirci altro, cerca di spiegare. Possiamo provare a metterci
anche noi all’ascolto di questo tentativo, possiamo provare ad ascoltare, così come sempre è stato fatto
nella comunità dei viandanti, come
persone che vogliono sentire e che
vogliono discutere per essere sicure
di aver capito bene.
Ma anche quando avremo deciso
di stare a sentire, quando avremo
cercato di capire e discusso e ci saremo consultati fra di noi e con altri, una risposta non ci sarà data.
Perché (lo dico come uno che sa di
non saper dire) il Signore è sorpre
sa e la sua parola ci coglie come non
ce lo saremmo aspettati. La sorpresa non si può programmare. La storia della fine dell’assedio della Balziglia ci aiuta a capire un po’, in un
altro tempo e in un altro contesto.
(Quando non te l’aspetti, « il soffio
di una leggera brezza »).
Se volete, questo significa anche
che l’incontro con il Signore non
può proprio essere capito dall’esperienza di un altro; possiamo dirlo
così: non potrai sentire da un’altra
persona se si può credere o no. Non
puoi dire che cos’è l’incontro del Signore. Non puoi definire. Non puoi
chiedere ad altri. Puoi solo essere
incontrato. Elia non cerca neppure
di spiegare, riprende il suo cammino e toma indietro. Una sorpresa
ci fa rabbrividire di emozione, ci
scuote, ci stupisce, non smette di
stupirci, non smette di scuoterci, in
mezzo alla consapevolezza della nostra debolezza ci dà coraggio. E forse fino alla fine della nostra vita cercheremo invano di spiegare perché
abbiamo capito che non siamo lasciati soli.
Parleremo sempre di Dio, ma
sapremo sempre che continua ad
essere il Signore delle sorprese, il
Signore che si dà.
Riprendere il cammino senza saper spiegare, come uno dopo l’altro
i profeti nella storia della chiesa.
Semplicemente, però, riprendiamo il
cammino. (Ricordate? « Sull’ordine
del Signore, riprendevano il cammino; sull’ordine del Signore, si accampavano »).
Cerchiamo di capire quelli
che cercano la loro strada
Personalmente traggo una breve
conclusione da questo racconto. Se
il Signore che mi viene incontro mi
lascia senza capacità di descrivere
e mi rimanda al mio impegno di
ogni giorno, questo vuole anche dire che egli è il Signore della verità;
rimarrò sempre soltanto come qualcuno che cerca: egli è Signore di
verità, egli è Signore della storia.
Tutti coloro che incontro sono
« partner », inseriti in un appassionante e indispensabile cammino comune: sarà importante imparare,
sempre di più, ad ascoltare, e a parlare con chi mi sta accanto. Le mie
azioni, quando ci saranno, mi guarderò bene dal dire che sono azioni
del Signore: sono le azioni di cui mi
prendo la responsabilità e che cercherò di confrontare. So però anche
che il Signore della sorpresa, se vuole, può .servirsi anche di noi, di
qualcuno di noi, che siamo qui ad
ascoltare una pagina della Scrittura. Basterà questo a renderci attenti alle voci di coloro che, oggi, dappertutto, gridano, oppure a renderci
attenti a coloro che non possono
neppure gridare?
Il Signore ci aiuti a capire il .senso del nostro impegno c del nostro
ascolto.
Eugenio Rivoir
6
6 storia religiosa
1 settembre 1989
UNA FIGURA INGIUSTAMENTE DIMENTICATA
Giovanni Gervasoni metodista antifascista
Durante gii anni bui deiia dittatura fascista aicuni giovani evangelici affrontarono i rischi di una
opposizione politica aperta, pagandola anche con il
confino e l’esilio. Ricordiamo Fausto Ritti, figlio del
pastore metodista di Napoli, confinato a Lipari, poi
(dopo una celebre fuga con E. Lussu e C. Rosselli)
dirigente di «Giustizia e libertà» e poi del PSI in
Spagna, in Francia e (dopo la guerra) in Italia; Ferdinando Geremia, di famiglia cattolica padovana,
repubblicano condannato al confino nel 1926-27, poi
entrato nella chiesa metodista e, per quanto gli permetteva la malferma salute, attivo nelle ACDG e nel
gruppo barthiano; e Giuseppe Bogoni, entrato nella
chiesa valdese con il matrimonio con Graziella Celli,
dirigente socialista a Parigi e (dopo la guerra) in
Italia. Altri militanti sono meno noti, perché ebbero
la ventura di sfuggire alla prigione (e qui non ricordiamo quelli impegnati nella resistenza armata).
Nel corso di ricerche nelle carte della polizia fascista
per un volume su « Regime fascista e chiese evangeliche » in preparazione per la Società di studi valdesi,
ci siamo imbattuti in un’altra straordinaria figura di
evangelico antifascista, ingiustamente dimenticato:
Giovanni Gervasoni, che presentiamo rapidamente,
anche nella speranza di suscitare testimonianze di integrazione e rettifica da parte di quanti lo conobbero.
Quasi tutte le nostre notizie su Giovanni Cerva
soni provengono dai fascicoli personali che la polizia
fascista gli dedicò come sovversivo, confinato politico
e internato, oggi conservati presso l’Archivio centrale dello stato in Roma. Hanno fornito testimonianze
e documentazione Guido Colonna Romano e Giovanni
Vezzosi, il pastore A. Berlendis con l’aiuto dei registri della chiesa metodista di Venezia, C. Saonara
dell’Istituto veneto per la storia della resistenza in
Padova. Nel nostro volume in preparazione indicheremo la fonte precisa delle singole notizie (per cui
ci manca ora lo spazio) e terremo conto di tutte le
integrazioni e rettifiche che ci verranno inviate presso la Società di studi valdesi di Torre Pellice.
Giovanni Gervasoni nacque nel
1909 a Venezia in una famiglia
cattolica molto povera. Aglio unico strettamente legato alla madre e alle zie, che pure non condividevano le sue scelte politiche
e religiose. Si iscrisse giovanissimo al partito repubblicano, poi
il contatto con il pastore Anseimo Ammonti lo spinse a frequentare la chiesa metodista episcopale di Venezia: il 21 dicembre
1930, dopo regolare corso di catechismo, ne divenne membro
attivo, ricoprendo anche incarichi interni Ano al momento del
suo arresto.
Ammenti lo aiutò a ottenere
l’abilitazione magistrale, che gli
permise di iniziare a lavorare
come maestro elementare nell’entroterra veneto. Nel 1930 entrò a far parte di un gruppo di
giovani antifascisti di partiti diversi, che si riunivano spesso nei
locali della chiesa metodista e
poi nella casa del pastore Ammenti, da lui oAerta per evitare
di compromettere la comunità
Nel 1932 il gruppo, che stava
cercando di organizzare la stampa di manifestirù contro il regime, fu disperso dalla polizia;
Gervasoni fu arrestato, ma poi
rilasciato e sottoposto a stretta
sorveglianza. Nel 1934-1935 lo ritroviamo come animatore di un
nuovo gruppo impegnato nella
diAusione della stampa clandestina fornita da diversi partiti di
sinistra, in cui militavano giovani evangelici come Ferdinando
Geremia, Guido Colonna Romano, Giovanni Vezzosi. Nell’aprile
1935 la polizia fascista, messa in
allarme dall’intercettazione di
lettere di Gervasoni all’emigrato
repubblicano S. Stringari, arrestò la maggior parte dei membri
del gruppo (e per 24 ore anche A
pastore metodista di Padova, D.
Seta, accusato di aver messo in
allarme alcuni dei sospettati).
Dopo qualche giorno tutti furono rilasciati, tranne GervasorA,
che come capo riconosciuto fu
condannato il 28 giugno a cinque
anni di confino.
L’assegnazione al confino, ossia l’obbligo di risiedere in una
località isolata sotto stretto controllo della polizia, era una misura tradizionale della repressione della delinquenza comune, che il regime fascista aveva
esteso agli oppositori politici,
che non avevano commesso reati sufficienti per una condanna
da parte della magistratura ordinaria, come nel caso di Gervasoni (la diAusione di stampa
clandestina avrebbe dovuto comportare soltanto una multa, a
termini di legge). Gli antifascisti considerati pericolosi (sulla
base dei rapporti dei prefetti,
convalidati dal capo della polizia A. Bocchini, con l’intervento
frequente dello stesso Mussolini)
venivano poi concentrati in isole
come Ponza, Lipari, Ventotene,
Tremiti, dove la sorveglianza della polizia era più dura.
Con un lungo viaggio sotto
scorta, Gervasoni fu tradotto a
Ventotene, dove doveva vivere
con il magro sussidio giornaliero di 6 lire, all’incirca 6.000
lire odierne (gli fu negato il
permesso di dare lezioni priva
te), con rapporti esterni ridotti
al minimo: poteva corrispondere con la madre e le zie, ma non
con il pastore Ammenti, né, malgrado le sue richieste, con altri
pastori. Soltanto nel settembre
1936 gli fu permesso di ricevere
la stampa evangelica.
Gervasoni non si piegò, non
scrisse le dichiarazioni di pentimento e le domande di grazia
a Mussolini che potevano ridargli la libertà, e invece si diede a
frequentare il gruppo degli antifascisti irriducibili. Nel marzo
1937 fu arrestato e deferito al
Tribunale speciale (creato per
punire le manifestazioni di opposizione senza troppi scrupoli
giuridici) perché aveva aiutato
un altro conAnato, il medico bolognese R. Querzola, a stendere
una serie di promemoria e appelli di condanna del regime fascista destinati a personalità italiane e straniere. Questi documenti non erano mai usciti dal
confino, ma bastarono a condannare Querzola a otto anni di
prigione e Gervasoni, che aveva
avuto un ruolo secondario, a 15
mesi di carcere.
Questi 15 mesi furono scontati
da Gervasoni nelle prigioni di
Roma e poi di Civitavecchia.
Ciò avrebbe dovute facilitare la
visita di un pastore, esplicitamente prevista dalla legge sui
culti ammessi del 1929. Ma con
inAnite lungaggini burocratiche
le autorità di polizia notiAcarono che i pastori metodisti di Roma non davano sufficienti garanzie politiche (cioè non erano abbastanza fascisti) per questa
missione e soltanto nell’aprile
1938 concessero una visita del
pastore P. Nestorini della comunità battista di Civitavecchia.
Gervasoni non si perse d’animo,
come risulta da questa sua lettera alla madre del 24 agosto
1937:
(...) Le nostre vicende non sono
per nulla tragiche perché non sono ancora finite colla morte di qualcuno di noi, sono semplicemente dolorose e se volete dolorosissime,
ma siccome sono dovute a motivi
che io, e forsanche voi, non ritengo
disonoranti, vanno prese di fronte e.
per illuderci, ci si deve anche Sforzare di ricavare il lato scherzoso
che in tutte le cose della vita c’è
sempre, oggi compreso. E noi veneziani, che abbiamo avuto papà
Goldoni, qualcosa dobbiamo sapere.
Mi considerate, dubitando un po’,
un fenomeno, perché sono sempre
stato bene... E’ un fatto che dacché sono nato, fisicamente ho avuto
ben scarsi malanni e che particolarmente in questi due anni e più,
nonostante una vita poco comoda od
agiata, la mia salute è stata di ferro. Un medico mio amico mi diceva,
giorni fa, che, dopo Ventotene, nota in me solo un colorito pallido,
ma anche una forza fisica e morale
che resisterebbe a dieci anni almeno di galera, e che lui mi invidia.
Ed invece anch’io come molti altri. non occorre farne un mistero,
ho passato moralmente non dei
giorni, ma dei momenti spaventosi e
sono stati appunto momenti di cui
solo io mi sono accorto, perché ogni individuo è umano e di ciò ho
avuto in questi tempi molte prove.
Ma li ho superati quei momenti
per un motivo solo e semplicissimo: perché io ho una linea che per
un dono di natura mi è facile seguire, ma impossibile non seguire,
io non amo la prigione nulla del
tutto e credo che nulla farò mai
per tornarci, ma credo anche che in
avvenire, seppure non è stato del
tutto nel passato, resterò tanto dritto da andar a toccare col naso II
cielo (...).
Il 10 giugno 1938 Gervasoni lasciò il carcere di Civitavecchia e
tornò al confino, non a "Ventotene (deve, secondo la polizia,
godeva di troppo ascendente tra
i compagni), ma alle isole Tremiti, dove un nuovo direttore
intendeva imporre ai confinati
politici di prestare il saluto fascista in ogni occasione, come
simbolo della loro sottomissione
al regime. Giunto nell’isola il 22
giugno, il 23 Gervasoni era già
punito perché aveva appunto riAutato il saluto fascista, come risulta da questo suo ricorso del
28 giugno al ministero:
[Il sottoscritto] si è sentito in
dovere, conscio che la prescrizione
del saluto romano non risulta né
nel codice penale, né in alcuna
legge di pubblica sicurezza, ma che
può essere solo dovuta ad una disposizione di carattere interno, di
non sottoporvisi, per ii qual motivo, fin dal giorno dopo il proprio
arrivo, si trova ■■ consegnato » e
sulla strada di subire, a quanto
gli si è fatto intendere, se persiste. ulteriori e più gravi punizioni.
il sottoscritto ha sempre dichiarato sinceramente alle autorità di
onorarsi di professare sentimenti repubblicani-mazziniani; esso sa bene
che le leggi italiane sono ben lungi
dall’imporre prescrizioni che intacchino la coscienza e il carattere
del cittadino; come si limitino, esse, nella fattispecie politica, a punire, col loro rigore, soltanto chi
svelge attività contrastanti al regime.
E la coscienza del sottoscritto,
con la prescrizione « aggiunta ■ del
saluto romano, verrebbe appunto intaccata, perché gli si impone un
atto che va contro le opinioni che
professa; gli si impone un’azione
che lo stato non ha sancito nelle
sue leggi; gli si dice (poiché si sa
bene che è al confino perché non è
fascista): sii ipocrita (...).
Era l’inizio di un duro scontro tra oltre un centinaio di
conAnati antifascisti e la direzione del ccnAno, che Gervasoni
(come gli altri) pagò duramente: 20 giorni di consegna nel camerone maleodorante cui era
assegnato Ano al 13 luglio, nuovo riAuto del saluto remano e
altri 30 giorni di consegna con
la riduzione di un terzo del magro sussidio giornaliero. Poi in
agosto due mesi di carcere (illegali persino per le leggi fasciste, perché decisi direttamente
dal capo della polizia, con Tautorizzazione di Mussolini) a San
Severo. In ottobre Gervasoni fu
ricondotto alle Tremiti, riAutò
nuovamente il saluto fascista e
riparti per altri due mesi di
carcere a Lucerà. In dicembre
nuovo ritorno alle Tremiti, nuovo riAuto e nuova partenza per
le carceri di Foggia. Ma ormai la
vicenda aveva fatto troppo chiasso anche per il regime fascista:
gli antifascisti irriducibili furono trasferiti ad altra colonia di
conAno, il direttore delle Tremiti silurato e lo stesso Mussolini
intervenne a proclamare che i
conAnati politici non avevano
« diritto » aH’onore del saluto fascista. Gervasoni aveva vinto la
sua piccola guerra col regime, al
prezzo di 40 giorni di consegna,
cinque mesi di carcere e sei penosi viaggi in manette tra l’isola
e il continente.
Il 5 novembre 1938, dal carcere di Lucera, Gervasoni scrisse
questa lettera al pastore Ammenti, che sperava di riuscire a
inviare clandestinamente e che
invece fu intercettata dalla polizia, nei cui archivi è conservata
in una copia poco corretta:
Carissimo signor pastore
come avrà saputo dalla mia famiglia, la mia salute è sempre ottima. Ho avuto il piacere, in questi
ultimi mesi, di avere una visita a
Civitavecchia del pastore Nestorini
ed a Tremiti di aggiornarmi sulle
attività della chiesa a mezzo di
giornali e riviste colà giuntemi.
Ho avuto molto dispiacere di apprendere i lutti da cui è stata colpita la nostra chiesa e quelle sorelle, specie per la morte dei pastori Gualtieri e Janni, il quale ultimo, nonostante fosse, a mio vedere, piuttosto troppo... teologo, era
tuttavia una mente nel nostro campo ed è stato anche uno degli
elementi più combattivi. Pace, dunque, ai morti, e speriamo che ie
energie che rimangono e che subentrano siano degne di loro e, se
possibile, più aggiornate e superiori (...),
Non creda più, caro signor pastore, che io tenda a pesare gli
altri e criticare; mi sono accorto,
nonostante creda di non essere uno
del peggiori, di non essere anch’io
uno dei migliori cristiani. Tutti
questi anni mi sono stati di vera
esperienza per lo studio che ho
potuto fare sugli altri e su me
stesso. Ne rimane che io sono, se
possibile, evangelico più convinto
di prima, certamente più consapevole, ma in un certo modo meno enfatico. E ciò non lo riterrà un male
neanche lei.
Come va la chiesa? Le dà specie [?] una qualche consolazione?
lo me lo auguro sempre. Creda che
non v’è giorno in cui io dimentichi
lei ed i fratelli tutti ed in cui non
affretto col pensiero l’epoca del
mio ritorno fra loro (...).
Gervasoni fu trasferito all’isola di Ponza nel gennaio 1939, poi
in luglio tornò a Ventotene. Come osservava la direzione della
colonia nel dicembre, « è elemento irriducibilmente avverso al fascismo e nei quattro anni in cui
si trova al conAno non ha dato
alcun segno di ravvedimento ». E
nel giugno 1941 la direzione segnalava che Gervasoni faceva
parte del gruppo dei maggiori esponenti al conAno del movimento di « Giustizia e libertà », con
Ernesto Rossi, Riccardo Bauer,
Nello Traquandi, Francesco Fancello e Vincenzo Calace. Gli fu
quindi negato ogni alleggerimento della pena (salvo la visita
della madre e di una zia nel
1940, la seconda dall’arresto). E
nel luglio 1941, quando terminavano i suoi cinque anni di con
Ano (più i 15 mesi avuti dal Tribunale speciale), Gervasoni non
fu liberato, ma condannato a due
ulteriori anni di conAno con
l’unica motivazione della sua opposizione intransigente.
Verso la Ane del 1941 fu trasferito a Fontecchio, in provincia dell’Aquila, dove la pressione poliziesca era minore, tanto
che gli fu consentito di farsi
raggiungere dalla madre. Gli fu
però nuovamente proibito di dare lezioni private per migliorare
la sua condizione: anche per
avere un paio nuovo di occhiali
e un paio di scarpe era costretto
a rivolgersi al ministero con
lunghe pratiche burocratiche.
Non sappiamo poi se le sue ripetute richieste per la visita di
un pastore fossero accolte: nella primavera 1943 il ministero
concesse e la questura di Roma
negò l’autcrizzazione per il pastore Ammenti (nel frattempo
trasferito a Roma, via Firenze),
perché considerato antifascista:
nel carteggio mancano le ultime
carte in materia.
A Ane giugno 1943, quando stava per terminare anche la seconda condanna, un provvedimento generale per gli antifascisti irriducibili decretò per
Gervasoni l’internamento Ano alla Ane della guerra: in sostanza,
era la continuazione del conAno
(sempre a Fontecchio) con altro
nome e uguali ristrettezze. La
caduta del regime fascista troncò Analmente la sua lunga prigionia: a Ane luglio Gervasoni
fu liberato, ai primi di agosto era
a Venezia.
Sulle sue successive vicende
abbiamo ben poche notizie, in
pratica soltanto la testimonianza di uno dei capi della resistenza veneta, A. Gavagnin, che così
lo presenta:
(...) un caro compagno giallista,
proveniente dal partito repubblicano, Giovanni Gervasoni, vecchio
antifascista, lungamente confinato,
che ansioso di svolgere azione efficace passò le linee, si pose a disposizione degli alleati e, ottenuto
un incarico da svolgere nel nord,
fu sbarcato da un sommergibile
presso il litorale chioggiotto, dove
fu fatto prigioniero dai tedeschi. Avviato ai campi di concentramento
tedeschi, non fece più ritorno.
Nei registri della chiesa metodista di Venezia c’è in merito
soltanto un’annotazione: « morto a Dachau nel gennaio 1945 ».
Il fatto è confermato dagli elenchi dei caduti a Dachau, senza
particolari. Vorremmo saperne
di più e pertanto rivolgiamo appello a quanti hanno conosciuto
questa bella Agura di evangelico
antifascista.
Giorgio Rochat
' De) gruppo facevano parte giovani
.■sociali-sti e comunisti, tra i quali Giovanni Giavi. un avvocato che aveva
già sofferto il confino e fu in seguito
uno dei maggiori dirigenti aocialLsti
veneti. Come risulta dai registri d
cliie.sa, Giavi entrò nella chiesa meto
dista insieme a Gervasoni; su'cce.ssiva
mente se ne allontanò, il che non giu
.stifica il fatto che nelle sue memorie
la .sua breve militanza metodista sia
del tutto dimenticata.
J
7
1 settembre 1989
obiettivo aperto
LA SECONDA GUERRA MONDIALE E LE CHIESE
Cinquant'anni fa: la Polonia
Il 1° settembre 1939 truppe tedesche invadevano la Polonia. Era l’inizio della II guerra
mondiale. A distanza di 50 anni il nostro mondo continua ad essere segnato da quei tragici
eventi, dei quali anche le chiese portano una
responsabilità.
Nell’ottobre del ’45 i rappresentanti delle
chiese evangeliche tedesche s’incontrarono a
Stuttgart con i rappresentanti del movimento
ecumenico, e quivi fecero una « confessione di
peccato ». Nonostante fossero pastori che, come
Martin Niemöller, avevano duramente sofferto
sotto il nazismo per aver fatto parte della « chiesa confessante », si riconobbero solidali col peccato del loro popolo.
Oggi in Germania ci si interroga se questa
confessione non sia stata prematura, venendo a
bloccare una riflessione più approfondita.
Pubblichiamo in questa pagina un messaggio congiunto del vescovo Martin Kruse (RFT)
e del vescovo Werner Leich (DDR), perché la
scadenza del cinquantenario sia momento di
presa di coscienza e di assunzione di responsabilità.
Le chiese evangeliche italiane hanno avuto,
rispetto alle chiese sorelle tedesche, responsabilità ben minori a livello politico. Tuttavia lo
storico J.-P. Viallet, in un libro dalla lettura
scomoda per chi è valdese, ha messo in evidenza silenzi, paure, conformismi... della Tavola,
dei Sinodi e delle chiese in quegli anni difficili.
Il Sinodo del ’43 avverti la necessità di una
« confessione di peccato », senza però riuscire a
tradurla in atto. Questa mancanza pesò molto
negli anni successivi, ed è rimasta come una
ferita aperta nel corpo delle nostre chiese.
Presentiamo qui una pagina di Bonhoeffer,
pronunciata a Fano nel ’34, con un commento
del prof. P. Ricca, e una breve cronaca del Sinodo del ’39. L.D.
La pace, compito della chiesa
Solo il grande concilio ecumenico della santa Chiesa di Cristo
da tutto il mondo può parlare in modo che il mondo, digrignando i
denti, debba udire la parola della pace, e i popoli si rallegreranno
perché questa Chiesa di Cristo toglie, nel nome di Cristo, le armi
dalla mano dei suoi figli e vieta loro di fare la guerra e invoca la
pace di Cristo sul mondo delirante.
Perché temiamo le urla furiose delle potenze mondiali? Perché
non togliamo loro il potere e lo restituiamo a Cristo? Oggi possiamo
ancora farlo, U concilio ecumenico è radunato e può rivolgere ai
credenti in Cristo questo appello radicale alla pace. In Oriente e in
Occidente i popoli l’aspettano... Dietrich Bonhoeffer
Proiettata sullo sfondo della
Germania militarista e militarizzata di Adolf Hitler da un lato
e dall’altro sullo sfondo di un
movimento ecumenico poco più
che neonato, che sul piano della
sua organizzazione stava ancora
muovendo i primi passi, la parola di Bonhoeffer appena citata
appare — in questo caso lo si può
dire senza cedere alla retorica —
come una parola profetica, dettata da una chiaroveggenza spirituale straordinaria e da una coscienza limpida e risoluta circa
la via — l’unica! — da imboccare.
La grande portata politica ed
ecumenica di questa parola è trasparente. Sul piano ecumeni
co Bonhoeffer sostiene che solo una cristianità unita e riunita in concilio ha rauterità
morale e spirituale di chiamare il mondo alla pace. Le chiese divise non possono farlo perché devono prima fare la pace tra
loro. Se non ne sono capaci, come potranno predicare la pace
agli altri? Sul piano politico
Bonhoeffer invita la chiesa a « togliere nel nome di Cristo le armi
dalla mano dei suoi figli ». Questa è certamente l’affermazione
principale di questo testo famoso, ma è significativo che, nelle
citazioni e nei commenti, resti
sovente in ombra, come se la si
volesse rimuovere. Essa ha però
un’importanza decisiva nell’eco
Cari fratelli e sorelle,
50 anni fa, il 1« settembre 1939,
il « Reich » tedesco invase la
confinante Polonia. Così fu scatenata la seconda guerra mondiale, che provocò milioni e milioni di lutti in tutti i popoli
della terra. L’anniversario di questa data ci induce a scrivervi
questa lettera. Vorremmo pregarvi di ricordare nei vostri culti questa data, legata a quella
spaventosa guerra.
Vogliamo ricordarla insieme
davanti a Dio: milioni di persone hanno perso la vita, e non si
possono contare i feriti, o quanti sono stati costretti ai lavori
forzati, spogliati della loro dignità, scacciati dalla loro patria.
E infine ciò che noi tedeschi ardevamo fatto subire ai nostri
dicini si è ritorto contro noi stessi Ancora rimangono aperte ferite prodotte dalla guerra e dal
sistema di terrore del nazionalsocialismo, né sono state dimenticate le .sofferenze della fine delia guerra e del dopoguerra.
Vogliamo insieme umiliarci di
fronte a Dio. Siamo sconvolti
di fronte alle colpe di cui degli
esseri umani si sono macchiati,
e il loro peso ci schiaccia ancora
oggi. Pochi di loro, direttamente responsabili, vivono ancora
oggi tra noi. Noi non giudichiamo i nostri padri né le nostre
madri: non ne abbiamo il diritto. A noi compete invece l’assunzione di una responsabilità personale nell’oggi, perché potremmo
di nuovo renderci colpevoli e
mettere in pericolo la pacifica
convivenza tra gli esseri umani.
Perciò chiediamo a Dio di donarci uno spirito vigilante; in
lui confidiamo, che rimette i
peccati; a lui chiediamo il per
dono.
Insieme vogliamo ringraziare
DÌO: dalla fine della guerra siamo vissuti in pace. Con sorpresa
abbiamo sperimentato la riconciliazione tra la gente dei paesi
dell'Est e dell’Ovest, quantunque
abbiano sofferto duramente durante la guerra. E questo ci ha
introdotti in una nuova comunione tra i popoli. E’ nostro compito ora conservarla ed approfondirla, perché è un segno di
speranza.
UN TESTO DI BONHOEFFER
nomia del testo: la chiesa non
può chiedere al mondo di fare la
pace se lei stessa non fa il primo
passo in questa direzione, disarmando i cristiani, disarmando se
stessa. La chiesa cessa così di
essere « un ramo risonante o uno
squillante cembalo » ( I Corinzi
13: 1), un pulpito dal quale risuonano fino alla noia ’’appelli alla pace” più o meno scontati e
più 0 meno innocui, e decide di
diventare essa stessa ’’corpo di
pace” in mezzo ai conflitti, interponendosi come ’’internazionale
disarmata” (se così possiamo dire) tra le nazioni armate e pronte ad aggredirsi mortalmente.
Bonhoeffer rimase inascoltato.
Le chiese erano allora troppo divise tra loro, troppo abituate a
pensare e decidere da sole, troppo nazionaliste e politicamente
conformiste per poter accogliere
l’invito di Bonhoeffer. Scoppiò la
seconda guerra mondiale, la più
terribile di tutta la storia umana, con il suo tragico epilogo apocalittico nucleare.
P. RICCA, Le chiese evangeliche e
la pace, S, Dom. di Fiesole, ECP, 1989,
pp. 84-85.
7- settembre i939: avanguardie germaniche invadono la Polonia.
Nell’atmosfera di incoscienza e baldanza, qui significata da questi
soldati, l'Europa precipitò nel baratro della seconda guerra mondiale.
IL SINODO DEL 1939
Se la chiesa tace,
la Parola parla
MESSAGGIO DELLE CHIESE EVANGELICHE TEDESCHE
Per uno spirito vigilante
Vogliamo pregare Dio per la
pace; per quella pace che supera ogni intelligenza. Preghiamo
per la pace di tutti i popoli del
mondo, per il nostro popolo e
per gli stranieri che vivono in
mezzo a noi. Chiediamo a Dio
di allontanare ogni guerra; gli
chiediamo di far crescere fiducia e comprensione là dove ora
regnano inimicizia e diffidenza.
Ma chi prega deve anche essere
facitore della parola. Vogliamo
dare il nostro contributo, con
tutte le nostre forze, per promuovere la pace tra i popoli, il
rispetto della dignità degli esseri umani, la pratica della giustizia.
Il Signore benedica il nostro
ascolto comune della Parola e
accolga la nostra preghiera.
In unità di fede, di speranza
e di amore vi salutano il vescovo Martin Kruse, presidente del
Consiglio delle chiese evangeliche della Germania Federale, e
il vescovo Werner Leich, presidente dei Consigli delle chiese
evangeliche della Repubblica democratica tedesca.
Il lunedì 4 settembre, con un
cubo presieduto dal past. Arnaldo Comba, si aprì il Sinodo 1939.
Furono consacrati al « santo ministerio » i candidati Roberto
Comba e Paolo Marauda.
Nei giorni precedenti si erano
svolte le celebrazioni del 250"
anniversario del « Glorioso Rimpatrio », ma dai verbali sinodali
non traspare alcuna eco di questo evento. Per dovere di cronaca e, come pare di percepire,
senza entusiasmo, il verbalista annota che al termine della
seduta antimeridiana del venerdì fu deposta, ai piedi della statua di Amaud, una corona di
fiori ormai secchi, colti « nel
giardino della missione di Addis
Abeba » ed inviati dal pastore
Giovanni Bertinatti. Ma i pensieri, chiaramente, erano altrove: tre giorni prima le truppe
germaniche erano entrate in Polonia. « A Pinerolo — ricorda oggi il pastore Paolo Marauda —
era un continuo viavai di truppe che andavano verso il colle
del Sestriere e il confine con la
Francia. Si viveva la tensione
dell’attesa di qualcosa di grave
che doveva succedere ».
Molti erano i posti vuoti in
Sinodo, di deputati e jiastori che
non erano potuti venire perché
richiamati. Dei rappresentanti
delle chiese sorelle nessuno era
venuto, tranne il dr. Brun, delegato della Presbiterian Church
of America, il quale però presenziò solo all’inaugurazione.
Il Sinodo si occupò delle questioni di sempre.
Riemerse la spaccatura che da
tempo travagliava le chiese vaidesi. circa il lavoro giovanile:
la FUV (Federazione delle unioni valdesi) guidata dal pastore
Paolo Bosio, e le ACDG (Associazioni cristiane dei giovani),
rappresentate in quel Sinodo da
Mario Rollier e Mario Falchi.
Oggetto del contendere fu, anche
in quella circostanza, la questione ecumenica: l’apertura in tal
senso delle ACDG, e la chiusura
della FUV.
L’unità del Sinodo si manifestò invece sulla preoccupazione
di evitare che i pastori fossero
richiamati, per non sguarnire le
chiese.
C’è un particolare che, a distanza di anni, fa riflettere. Aprendo la serie dei culti mattutini, il giovane pastore Umberto
Beri lesse la parola di Gesù:
« Beati coloro che si adoperano
per la pace, perché essi saranno chiamati figlioli di Dio » (Mat
teo 5: 9). Il commento fu, necessariamente, ovattato: « Si odono — egli disse — rumori di
guèrra; sono, queste che trascorriamo, delle giornate tragiche. Il nostro Sinodo ha un ruolo di pace. La pace è un’opera
dei figlioli di Dio. Tre condizioni sono all’uopo necessarie: la
dolcezza, l’umiltà, la carità ».
Chiusero questo primo culto
le preghiere del pastore Valdo
Vinay e del prof. Davide Bosio.
Ma nel verbale non è rimasta
traccia del loro contenuto. Per
chi pregò Vinay che allora seguiva le vicende della chiesa
confessante in Germania? Quali
problemi il Sinodo in generale
portò in preghiera davanti al
Signore? Nessuno poteva allora
immaginare le dimensioni della
tragedia che si era appena iniziata.
Ma c’è una cosa strana nei
verbali raccolti in archivio: non
è indicato il testo della predicazione inaugurale, né sono indicati i testi degli altri culti mattutini. L’unico ricordato è questo di U. Bert. Perché? Eppure,
sicuramente, ci sono state in
quel Sinodo altre parole bibliche. ed anche altri commenti. I
segretari sono stati distratti, poco pignoli? Consapevoli o no,
sta di fatto che l’unica parola
biblica, consegnata alla storia
in quel Sinodo, fu la beatitudine di Gesù. E perché Bert lesse proprio quella parola, e non
un’altra? Il commento che ne
fece è, a leggerlo oggi, deludente. Ma è quello che lui realmente voleva dire? O non era quello il modo col quale egli tentava
di far pervenire un messaggio
a chi aveva orecchie per udire?
Oggi noi ben sappiamo che quella era (e rimane) una parola
sovversiva, che decretava la fine delle potenze di allora e coronava di gloria, rivestendoli della dignità dei figli di Dio, gli umili e i mansueti, i poveri c gli
oppressi, i perseguitati, i giustiziati, i torturati...
L’eco di quel Sinodo senza storia si spense presto e non ha
quasi lasciato traccia nella memoria dei testimoni. Eppure anche in quel momento difficile,
ad una chiesa che era stata ridotta al silenzio («L’Eco» e
« La Luce » erano stati chiusi
dal regime), preoccupata di se
stessa più che degli altri, timorosa e timida, non mancò una
parola che era sfida e promessa, giudizio e grazia.
Luciano Deodato
8
8 fede e cultura
1 settembre 1989
IN ITALIANO IL « GLORIOSO RIMPATRIO » DI ARNAUD
Una storia italiana
L’attribuzione a Vincenzo Minutoli del testo-base - Le dediche politiche del condottiero che, scendendo dalla statua, torna fra la gente
L'editore Meynier ha reso un
segnalato servizio alla cultura
valdese e a tutto il mondo evangelico italiano presentando per
la prima volta nella nostra lin
gua la celebre « storia del Rimpatrio » che va sotto il nome di
Enrico Arnaud ('): questa pubblicazione ci facilita notevolmente il lavoro necessario per prendere contatto col pensiero del
nostro grande leader di trecento anni fa, e nello stesso tempo
ci permette di prendere le distanze da lui, e, diciamolo pure,
dal suo peccato.
La traduzione italiana (-) rompe infatti il diaframma psicologico che ci separava dal testo
francese, e lo collocava nel limbo d'una visione un po’ mitica
della storia: la vicenda del Rimpatrio si fa più vicina, diventa
quello che ormai è 'per noi: una
storia italiana. Devo dire che una
delle poche cose che mi hanno
disturbato durante le recenti celebrazioni (molto più belle di
quanto io, nel mio inveterato
pessimismo valdese, non mi aspettassi), è stato l’uso pervicace dell’espressione « Glorieuse
Rentrée » ("), come se i valdesi
fossero arrivati in Provenza, e
non in Piemonte: noi non diciamo mica che i Romani hanno
conquistato Carthago, o fondato
Augusta Taunnorum: diciamo
normalmente Cartagine e Torino, perché viviamo in Italia. E
in Italia i valdesi hanno concluso il loro rimpatrio, che non è
una « rentrée » come quelle dei
vecchi attori. Il Rimpatrio non
ha nulla di esotico, non riguarda una minoranza linguistica: è
un fatto di fede, di cultura (*)
e fli politica. E come tale lo ha
vissuto il suo leader più incisivo: Enrico Arnaud.
Mon sono uno storico di mestiere, ma devo dire che la lettura della traduzione, dell’introduzione e dello splendido apparato critico messo a punto dal
prof. Gönnet {=) mi ha definitivamente convinto della validità
della tesi avanzata già nel 1968
dal prof. Teofilo Pons: il testobase di questa « storia » non è
di Arnaud, ma di Vincenzo Minutoli, intellettuale italo-ginevrino (') a cui -Arnaud aveva commissionato un lavoro di questo
tipo fin dal 1690. Morto il Minutoli. mutata profondamente la
situazione politica, Arnaud ha ripreso il suo testo, lo ha modificato, lo ha genialmente inquadrato tra una introduzione e una
conclusione scritte di suo pugno,
e lo ha pubblicato nel 1710. La
guerra di Successione di Spagna muoveva verso la fine, nuovi
compromessi si profilavano all’orizzonte (e a danno dei vaidesi), Arnaud aveva bisogno di
accreditare nuovamente se stesso e il suo popolo, e lo ha fatto
da par suo, con quella singolare mistura di amltizione personale e di « etica della responsabilità » che da sempre caratterizza i politici di razz.a (se almeno sono vere le analisi fatte da
quei nostri grandi correligionari
che sono stati, malgré tout, Hegel e Max Weber): è quello che
mi sono permes.so di definire « il
peccato di Arnaud », certo senza dimenticare la parola del Signore contenuta in Matteo 7: 1:
« Non giudicate... ».
Si conclude dunque Tepoca,
durata almeno cent’anni, in cui
noi \'aklesi ci siamo basati sul
libro di Arnaud come su di un
documento scientifico: lo aveva
fatto perfino Emilio Comba nel
18S9, lasciando da parte per un
istante la .sua proverbiale attenzione critica: lo abbiamo rifatto
tforse un po’ platealmente) nel
1939, Ma ora quest’epoca è finita: la Claudinrta prepara per
Tanno prossimo un volume (a
cura di Enea Balmas) che sarà
d’importanza scientifica fondamentale: vi compariranno il testo del Minutoli, il diario di Reynaudin, il resoconto del capitano Robert, e molti altri testi originali che ci permetteranno di
vedere più chiaro, e di ridimensionare il valore del testo di Arnaud come fonte storica primaria.
Un documento
politico
Dire che il libro di Arnaud ha
poco valore come fonte storica
non significa però affatto negare la sua importanza. Bisogna
solo rendersi conto che la « storia » di Arnaud è in realtà un
documento politico; politiche (e
alquanto diplomatiche) sono le
due dediche, che corrispondono
a due diverse edizioni dell’opera ; la dedica alla regina Anna
d’Inghilterra (una brava signora che qui quasi assurge al rango d’una nuova Elisabetta) corrisponde alTedizione destinata a
quel grande Paese che aveva sostenuto fin dal 1688 la campagna europea contro Luigi XIV (e
quindi a favore dei valdesi), ma
che ora, con la « rimonta » del
partito conservatore (i « Tories »)
rischiava di piantare in asso i
suoi antichi alleati in nome della pace (e dei profitti commerciali). La dedica al duca Eberardo Luigi di Württemberg era invece appropriata per le copie
destinate a circolare in Germania: la maggioranza dei rifugiati valdesi (e lo stesso Arnaud)
avevano trovato asilo nel Württemberg, ed è perfettamente normale che Arnaud tenesse d’occhio soprattutto gli umori politici di quel governo.
Della stessa natura sono le
modifiche che Arnaud ha apportato al testo del Minutoli: ad
esempio, non c’è più traccia dell’opposizione dei teologi luterani (1687) allo stanziamento dei
valdesi (calvinisti) nel Württemberg, et pour cause: risolta quella opposizione al momento del
«secondo esilio» (1698), divenuto il Württemberg la principale
terra di rifugio per i valdesi della Val Chisone, sarebbe stato
davvero segno di cattivo gusto
e di poco senso politico ricordare una controversia vecchia di
vent’anni, e ormai del tutto superata.
.A mio avviso sono politici anche i motivi per cui Arnaud ha
cancellato quasi ogni traccia del
comandante Turel: come è noto, l’ugonotto Turel ebbe il comando militare della spedizione
durante tutta la traversata della
Savoia, nella battaglia di Salbertrand e poi alle valli durante
le prime settimane di guerriglia: poi se ne andò in Francia
a tentare l’avventura dell’insurrezione ugonotta (e a trovare la
morte). Orbene, nel 1710, quando Arnaud pubblica il suo libro,
gli ugonotti delle Cevenne avevano già attuato un’insurrezione
su larga scala, e avevano perso:
e i toni quasi anabattistici della
loro disperata lotta non erano
tali da accreditarli in quell’Europa del compromesso e dell’« equilibrio » che si stava ormai
delincando alTorizzonte; prima
che il compromesso travolga anche i valdesi, è dunque bene
prendere le distanze dagli estremisti, e sottolineare la singolarità del caso valdese (’).
■A quetga singolarità sono dedicate le oellissimc considerazioni finali che Arnaud colloca a
conclusione del libro: bellissime,
ma non facilmente condivisibili.
Proprio questa conclusione ci
obbliga infatti a prendere le nostre distanze teologiche dal ca
polavoro di Arnaud: l’editore affida questo compito a un intellettuale della diaspora, Mario
Miegge, da trent’anni uomo di
punta della cultura valdese. Il
contributo critico di Miegge (di
cui mi pare difficile negare la
fondatezza), già pubblicato su
Gioventù Evangelica (®), raggiunge così un più vasto pubblico,
e accompagnerà il libro di Arnaud nella sua futura « fortuna ».
E così, anche se il monumento rimane per ora al suo posto,
Arnaud scende dal piedistallo su
cui lo avevano collocato i posteri, e torna a camminare in mezzo alla gente: in mezzo a quel
« popolo valdese » di cui è stato uno dei maggiori leader, ma
non certo il « duce » (»).
Giorgio Bouchard
Henry Arnaud
D’après le portrait originai conservé à Middelbourg
en Hollande.
‘ HENRI ARNAUD, Il glorioso Rimpatrio dei Vaidesi. Traduzione di Gabriella Bosco. Introduzione e note di
Giovanni Gönnet, postfazione di Mario Miegge. Albert Meynier Editore,
Torino, 1989 - 1 voi. rilegato, pp. LXIX 420, lire 35.000.
^ Per una futura seconda edizione
proporrei, del tutto all’impronta, qualche modifica di traduzione: i « révoltés » di Arnaud sono quelli che noi
ancora oggi chiamiamo, poco ecumenicamente, <■ li 'rvirà », i rinnegati: non
tradurrei « ribelli » o « ribellati »; e
la « décharge » dei fucili la chiamerei
piuttosto « scarica », che non « carica ». Ma naturalmente qui la parola
è agli esperti.
^ Così ancora il 10 agosto Cesare
De Michelis in un articolo di Repubblica in cui ha peraltro vigorosamente
affermato l’attualità del valdismo di
fronte al pubblico, non facile, dei nostri « opinion makers ».
Il francese era la lingua di cultura dell’epoca, e come tale Arnaud l’ha
adoperata, pur dedicando (e indirizzando) il suo libro a autorità che parlavano abitualmente l’inglese, o il tedesco.
* L’università delle Calabrie ha appena pubblicato un’ampia silloge degli studi scientifici di G. Gönnet: « il
grano e le zizzanie» (3 volumi).
‘ Devo però ricordare ii fatto che
il dr. Theo Kiefner, massimo specialista dell’emigrazione dei valdesi in
Germania, continua a sostenere che il
cosiddetto ■< Minutoli » è in realtà un
testo di Arnaud.
’ Se poi l’emarginazione del Turel
dal racconto serve anche ad accen
tuare il ruolo personale di Arnaud, tanto
meglio: l’umiltà non è mai stata una
virtù dei politici.
* Sul numero 111 del 1988.
’ Come è noto, questa espressione
è di Emilio Comba (1889), ma la sua
ripresa sul monumento del 1926 è stata perlomeno infelice.
IL MANOSCRITTO CONSERVATO A DUBLINO
La c<Bibbia valdese»
Il Nuovo Testamento, con alcuni libri dell’Antico, precede la traduzione di Lutero e la Bibbia di Olivetano - La questione della lingua
In occasione dell’assemblea annuale della Società per lo studio
del Nuovo Testamento, tenuta
quest’anno a Dublino nella seconda metà di giugno, grazie alla
cortesia dei colleghi di N.T. del
Trinity College, proli. Freynne e
Bartlet, che mi hanno presentato al responsabile della sezione
« manoscritti rari » della meravigliosa biblioteca di quel College,
ho potuto vedere alcuni dei manoscritti valdesi conservati a Dublino, e in particolare avere fra
le mani per quasi mezz’ora la cosiddetta Bibbia valdese.
Va precisato innanzitutto che
non si tratta di una Bibbia ma di
un Nuovo Testamento, al quale
sono aggiunti, come in appendice, alcuni libri dell’Antico Testamento : Proverbi, Ecclesiaste,
Cantico dei cantici, la Sapienza
di Salomone e i primi 23 capitoli
dell’ Ecclesiastico. Questi libri
sembrano una appendice, perché dopo l’ultimo versetto dell’Apocalisse c’è la data, come se
il lavoro fosse concluso : Deo gratia, 1522, scritto in rosso. A me
veramente sembrava un 1422, ma
gli esperti locali mi assicurano
che la seconda cifra era un cinque e non un quattro. E’ pur
sempre una rispettabile antichità: prima del Nuovo Testamento di Lutero e prima della Bibbia
di Olivetano.
L’antichità si vede anche dal
fatto che quel volume non è ancora stampato, ma è scritto a
mano , su pergamena.
Il volume misura cm. 15x20 e il
testo è scritto su due colonne
( orribile abitudine rimasta anche
nelle Bibbie più moderne!). L’in
chiostro è marrone scuro, salvo
per le iniziali dei libri e dei capitoli, che sono molto grandi ed
elaborate, scritte in rosso con
fregi verdi e azzurri. La grafia è
ottima, quasi perfetta, di leggibilità immediata ; certamente
lavoro o di uno scrivano di professione, o di una persona molto
capace. Altre mani hanno aggiunto piccole note, rinvi! ad altri passi, segni per richiamare
l’attenzione su un versetto o una
parola. Questi segni sono spesso in inchiostro verde, e sono decorati con fiori o animaletti stilizzati.
La lingua : questa è la cosa più
interessante ed emozionante. In
un’epoca in cui predominavano i
testi sacri scritti in latino, questo
volume è tutto scritto in « lingua valdese », cioè una specie di
patois, che la rende perfettamente comprensibile anche ai valdesi
di oggi. Citerò alcuni versetti come esempio. Invece i titoli e le
note conclusive dei vari libri sono in latino: ho già citato la nota alla fine dell’Apocalisse. Cosi
in Luca c’è scritto: Incipit euangelium sccundum Lucam, e poi,
a mezza strada fra il latino e il
patois (sembra quasi italiano),
capitulo primo. Curiosamente
questa nota non è prima di Luca
1: 1 ma prima di Luca 1: 5 (come se Luca 1:1-4 non fosse già
parte del vangelo di Luca!). Invece all’inizio di Giovanni si legge: A quest es loan, un d’ii dlsciple del Segnor. E il primo versetto del capitolo 1 dice: Lo filh
era al comenezat. ( — ^omenezament), e lo filh era en apres dio,
e dio era lo filh.
Questa « bibbia », di cui un al
tro esemplare dovrebbe trovarsi
nella Biblioteca Regia di Parigi,
è certamente nota agli storici e
quello che ho ricordato qui non
è certo una novità per loro. Ma
a uno come me, che ha interessi
biblici ma non è uno storico del
Medio Evo o degli inizi del secolo
XVI, diverse cose hanno fatto
una grande impressione.
Anzitutto l’impresa di tradurre
la Scrittura nella lingua corrente del popolo. Tutti sappiamo
che questo era un punto fermo
del movimento valdese, ma è
emozionante vederne la testimonianza effettiva, pratica, in un
volume di quella data I
Poi, l’impegno (e la spesa) per
produrre un volume cosi ben curato e interamente scritto a mano. Da quest’impegno (e dalle noticine aggiunte quasi a ogni pagina) traspare una passione evidente per la Scrittura e per la
volontà di farla conoscere.
C’è poi la presenza di alcuni libri che noi chiamiamo « apocrifi » o « deuterocanonici ». Evidentemente a quell’epoca non c’era
ancora una distinzione rigorosa,
e anche in quei libri i valdesi devono aver trovato dei buoni insegnamenti.
Infine, mi ha colpito la resa di
Giovanni 1: 1. Il testo greco (e
quello latino della vulgata) dicono che al principio c’era la parola. La « Bibbia valdese » interpreta correttamente il pensiero
di Giovanni come un riferimento
al Cristo, e traduce « Lo filh ». I
valdesi anticipavano la tendenza
a far capire ai lettori che cosa
voleva dire lo scrittore sacro!
Bruno Corsali!
J
9
1 settembre 1989
grlorioso rimpatrio 9
20 AGOSTO: INCONTRO A NYON
Quella lontana notte sul lago...
L ospitalità ai rifugiati, motivo dominante della storia riformata - Valdesi italiani e rioplatensi accolti anche
dal segretario del Consiglio ecumenico, Emilio Castro - L’identità dei protestanti di oggi di fronte alle sfide future
Ina parte della delegazione valdese guidata dalla Società di studi
valdesi al monumento della Riforma a Ginevra.
Strette nel loro antico costume valdese le coraliste di Luserna San Giovanni e di San Germano grondano di sudore ma
non danno segni di stanchezza
nel riempire, domenica 20 agosto,
di canti e d’emozione le navate
del tempio riformato di Nyon, a
pochi chilometri da Ginevra. Sul
pulpito i pastori Aldo Comba ed
Eugenio Rivoir svolgono la liturgia e la predicazione (il cui testo
è pubblicato a pagina 5). Un’ora
esatta di culto che viene trasmesso in diretta alla radio romanda ; « audience » possibile : centomila persone.
In chiesa, già da un’ora prima
del culto non si riesce più a trovare posto, molta gente è in piedi (500 o forse 600 persone); il
caldo soffocante non scoraggia in
nessun modo l’entusiasmo di chi
è venuto a salutare i valdesi del
Piemonte. L’occasione della giornata è il ricordo della partenza
del drappello di Arnaud sulle rive del lago Lemano, avvenuta
nell’agosto di 300 anni fa.
A Nyon, ma anche nella vicina
Ginevra, storicamente l’ospitalità ai rifugiati è stata motivo dominante della Riforma protestante. L’abbiamo riscoperto, una
volta di più, nella visita che gli
italiani provenienti con 4 pull
man dalle valli ed ospitati presso le comunità di Rolle, Nyon e
la stessa Ginevra hanno compiuto ai luoghi classici della Riforma. Per esempio 1’« auditoire »
Jean Calvin, dove il grande Riformatore tenne sino alla fine le
sue lezioni di teologia davanti ad
un pubblico spesso composto da
rifugiati d’ogni parte d’Europa.
Annessa alla grande cattedrale
di Saint-Pierre c’è la coloratissima cappella dei Maccabei dove
predicò Bernardino Ochino, l’ex
generale dei cappuccini che nell’agosto del 1542 fugge dalla To.scana a Ginevra, ricordiamo Pietro Martire Vermigli, il più grande teologo agostiniano del tempo...
Immersi in questa storica
atmosfera dell’antica città-rifugio
di Calvino che oggi conta 380.000
abitanti, di cui solo il 30% è protestante, abbiamo ricevuto il saluto ufficiale del presidente del
Concistoro di Ginevra Christian
Aguet e quello di Georges Rostan deirUnion vaudoise ginevrina, sostanziato da una bella cena.
Domenica 20, ’’clou” della manifestazione commemorativa, dopo il culto a Nyon, al quale ha
partecipato anche il segretario
generale del CEC Emilio Castro,
tutta la delegazione italiana, compreso il gruppo di uruguaiani del
Rio de la Piata in visita alle valli
in questi giorni, è stata invitata a
pranzo nell’immenso salone della
municipalità nyonese. Anche qui
alcuni messaggi: da quello del
presidente della Confederazione
elvetica, a quello del sindaco di
Nyon, al presidente della Federa
zione delle chiese protestanti svizzere sino a Claude Badoux, presidente della chiesa del Cantone di
Vaud. Poi una rapida visita alla
bella esposizione sulla «Glorieuse
Rentrée» presso il locale museo
minuziosamente curata da Jacques Picot e Jean-Daniel Candaux e integrata da un ricco catalogo (in due lingue), una
delle più belle pubblicazioni realizzate per l’anniversario del
Rimpatrio valdese.
Prima di partire per la riva di
Promenthoux, l’anniversario è
ancora nel tempio di Nyon dqve
un Giorgio Tourn particolarmente ispirato rivive e ci fa sognare
la partenza notturna dei valdesi
di Arnaud per un viaggio che
diventa avventura nella fede.
Franco Giampiccoli, a nome
della Tavola, non si limita al saluto ufficiale dei valdesi e metodisti italiani ma traccia l’identità
dell’essere protestanti oggi e la
proietta nel futuro.
Il Moderador del Rio de la
Piata, Hugo Malan, interpreta il
« Rimpatrio » come eccezionale
fonte di riflessione sul tema attuale della libertà e della dignità
degli uomini e delle donne, specie
là dove ne sono ancora privati.
Poi, attraverso il traffico domenicale dei gitanti ginevrini che
vanno al lago per fare il bagno,
finalmente si arriva a Prangins.
Nel bosco di Prangins i valdesi cantano il « Giuro di Sibaud » vicino
alla spiaggia di Promenthoux dove, 300 anni fa, i valdesi iniziarono
il loro rientro.
APERTA LA RASSEGNA SULL’ATTIVITÀ’ DEI CIRCUITI
Chi siamo, cosa facciamo
Le chiese valdesi e metodiste d Italia e della Svizzera raccontano se stesse negli stand Passato e presente: un inevitabile interazione - Esperienze diverse in confronto reciproco
Torre Pcllicc. I visitatori fra gli stand della rassegna.
Un titolo azzeccato, un richiamo all’attività delle nosti'c chiese in tutta Italia e in quella fetta di Svizzera che fa parte del
IX circuito.
La rassegna sull’oggi delle
chiese valdesi c metodiste si è
inaugurata congiuntamente alla
nuova sede del Museo storico,
venerdì 25 agosto, per essere suhito c con assiduità invasa pacificamente dai visitatori.
Un « piccolo Kirchentag »? Forse. Certamente per tutti, tra il
tempio, la Casa valdese, il Mu
seo e gli stand, molte sono le
occasioni per vedere, ascoltare,
partecipare ad aspetti diversi
della vita della chiesa, tra dibattiti, spettacoli, conferenze stampa.
11 Centro culturale dovrà elaborare le linee di ricerca attorno alle questioni della storia,
deiridentità, proponendo questi
concetti alla riflessione di tutti;
e riceverà d’altra parte altri stimoli dall’attività odierna delle
nostre chiese, dal modo in cui
sapranno rispondere alle nuove
sfide che verranno loro lanciate
dall’Italia di oggi, dall’Europa,
dai migranti.
Patrimonio storico, teologia e
confronto con il presente entrano in una fase in cui non potranno rinunciare al confronto
reciproco. Un processo che è og2i all’inizio, e che è come riassunto, contenuto « in nuce » da
questa carrellata, questo sguardo d’ins’eme che possiamo vedere negli stand fino a domenica 3 settembre.
Viste le differenti situazioni di
partenza, i differenti contesti, la
diversa storia alle spalle, i sedici circuiti non potevano offrire materiale omogeneo: la presenza sul territorio, molto diversa a seconda delle situazioni, il
fatto di essere una zona di montagna, di essere un insieme di
diaspore, la maniera di vivere
l’Evangclo nelle grandi aree metropolitane ci offrono suggestioni estremamente variegate.
E variegate .sono le riflessioni
che, pure nel ristretto spazio di
pochi manifesti, i responsabili
dei circuiti hanno voluto proporre ai fratelli di tutta Italia
o ai visitatori: così si va dall’attenzione per il numero dei membri comunicanti, per la popolazione ecclesiastica (I circuito),
alla storia di comunità di diaspora che si credevano cancellate
dalla storia, e che invece hanno
saputo riproporsi come realtà
vive (Susa, Biella...).
C'è naturalmente molta attenzione per le opere, sia nell'indi
care da parte della CIOV le linee attraverso le quali si esprime la diaconia, sia stilando un
elenco di ciò che, a distanza di
cento e poi cinquant’anni, c’era
e oggi non c’è più (ancora nel
I circuito). C’è, all’estremo opposto della mostra, il videotape
sulla Casa di riposo di Vittoria,
e, sempre nello stand della Sicilia, c’è il materiale sull’importante lavoro per l’infanzia in una
realtà contraddittoria come quella di Palermo.
Ci sono i « talleri del Rimpatrio » in puro cioccolato svizzero, i vini tipici, i manifesti realizzati dall’avanguardia della
« computer-graphic » (V circuito), c’è lo spopolamento della
montagna, ma ci sono le nuove
realtà della cintura torinese, come Piossasco, I’attivaz'one di
gruppi ecumenici di studio.
E’ impossibile sintetizzare in
poche righe un’operazione che è
essa stessa, per forza di co.se,
un condensato di tutto ciò che
si vorrebbe dire. Ma ci sono, ed
è importante, soprattutto le persone, per lo più giovani, che intrecciano dialetti e calate tipiche o sconosciute ai più.
Siamo fuori dall’ufficialità dei
discorsi; non è qui che si prendono le decisioni più rilevanti e
impegnative, ma è fra questi
stand che si coglie (guardando
e più ancora ascoltando) il senso di comunità, dell’essere chiesa, che ci unisce.
Alberto Corsani
Il monumento che ricorda la
partenza dei valdesi per la loro
patria è stato costruito cento anni fa dall’allora « Société de Secours Mutuel » che, nel 1964, diventerà rUnion vaudoise. Essa
tra l’altro, organizza ogni anno
un incontro - commemorazione
dello storico momento. Accanto
alla stele nel verde di un grande
giardino privato, di fronte ad un
migliaio di persone, Giorgio Bouchard, presidente della PCEI, ricorda come il ritorno dei valdesi nelle valli dopo l’esilio forzato fu un eccezionale contributo
alla realizzazione di un’Europa
nella libertà.
Paul Vouga, animatore della
formidabile accoglienza riservataci e, da sempre, amico della nostra chiesa, ha chiuso la giornata
piangendo di gioia. « Mi auguro
— è riuscito a dire — che fra 100
anni quelli che si troveranno qui
di nuovo come noi oggi provenienti da ogni parte della Svizzera, dell’Italia, della Germania,
dell’Olanda, della Francia, del
Rio de la Piata, del Nord America... potranno ringraziare Dio per
il dono meraviglioso della fede
che ci spinge sempre verso la
libertà ».
Jean Tritscheler, moderatore
della « Compagnia dei pastori »
della chiesa nazionale protestante di Ginevra è raggiante ; « La
rievocazione non è mai scivolata.
— dice il baffuto pastore che nel
1964 lavorò per un anno a Riesi — neH’autogloriflcazione, ma
ha saputo far rivivere un passato
che appartiene non solo ai vaidesi ma all’Europa protestante ».
Mentre si alzano le note del
« Giuro » di Sibaud, intorno al
grande giardino privato in cui
siamo assiepati, alcuni bagnanti
curiosi osservano, ascoltano,
chiedono informazioni ; « Ces
vaudois du Piémont, ils sont
partis mais ils reviennent toujours ! ».
Giuseppe Platone
10
10 valli valdesi
1 settembre 1989
DOMENICA 3 SETTEMBRE
Il Presidente Cossiga
visita le chiese valdesi
prendere, si era pensato di cogliere l’occasione per invitare
il Presidente della Repubblica. Il Moderatore, aderendo
alla richiesta, ha invitato ufflcialmente il Presidente Cossiga, senza però specificare la
data.
E’ stato proprio il Presidente Cossiga a scegliere il giorno del 3 settembre per una
visita, visita che permetterà
anche al professor Cossiga di
partecipare all’apertura del
Convegno storico, essendo il
Presidente un cultore di questi studi.
Il serrato programma della
visita prevede la partecipazione (ore 10) al culto della chiesa di Torre Pellice in forma
privata, e alle ore 11 l’incontro nella sala della Biblioteca
con la Tavola valdese.
Poi una veloce corsa in auto a San Germano, dove il
Presidente assisterà all’inaugurazione dell’Asilo per vecchi
da parte di Melany Griglio, ospite dell’istituto.
Nel pomeriggio alle 16.30 il
Presidente visiterà il Museo
e alle 17 parteciperà all’inaugurazione nel tempio di Torre Pellice del Convegno storico. Dopo la prolusione del
prof. Giorgio Spini, il Presidente terrà un breve intervento.
Infine in elicottero si recherà a Caselle, da dove farà ritorno a Roma.
Da un po’ di tempo si parlava di una visita del Presidente della Repubblica, Francesco Cossiga, alle valli. Lo
stesso Cossiga nel suo discorso alle Camere, subito dopo
la sua elezione, ricordando il
suo dovere di garante della
Costituzione, si era detto attento alle realtà delle minoranze religiose.
In seguito aveva poi incontrato gli evangelici, facendo
visita alla Facoltà valdese di
teologia in occasione del
XVII febbraio del 1986.
Perciò nel Comitato per le
celebrazioni del tricentenario del « glorioso rimpatrio »,
in vista delle iniziative da
TORRE PELLICE
ARTIGIANATO DEL PINEROLESE
Realtà o
Come ogni anno, dal 1977, la
rassegna di artigianato di Pinerolo chiude in pratica una stagione fatta nel pinerolese di molte altre, più modeste, mostre di
artigianato più o meno tipico
esposte al pubblico nel periodo
estivo in molte località delle valli.
Certo, la dimensione è profondamente diversa fra questa e le
altre: nelle une prevale l’hobbismo ed in assoluto non si può dire che incidano in modo significativo sull’economia di una zona,
nell’altra invece, ancorché i cataloghi di presentazione ne siano ricchi, questo tipo di artigianato sta scomparendo, vuoi perché alcuni enti locali (v. Comunità Montana Val Pellice) hanno
deciso di non più sponsorizzare
questo tipo di partecipazione,
vuoi per il mancato ricambio
COMUNE DI ANGROGNA
AVVISO
URGENTISSIMO
Raccolta rifiuti
solidi urbani
Tutti coloro che finora non
godevano del servizio e non
pagavano tassa perché fuori
dal limite dei 200 metri della
raccolta attuale, sono tenuti
a presentare denuncia della
superficie della propria abitazione, utilizzando gli appositi
moduli predisposti dal Comune, entro il 20 settembre 1989
presso gli uffici comunali.
IL SINDACO
prof .ssa Franca Coisson
Angrogna, 28 agosto 1989
fra artigiani, quasi sempre pensionati e dunque anziani.
Per le mostre locali si parla
di stasi: « Queste esposizioni
non sono di per sé in grado di
attirare gente e la stessa pubblicizzazione ha lasciato il più
delle volte a desiderare », ci ha
detto un espositore alla mostra
di Bobbio Pellice.
Curare a fondo l’immagine, la
pubblicizzazione e le stesse modalità di esposizione non dovrebbe costituire problema insormontabile; più oneroso ma non impossibile organizzare manifestazioni durante l’estate, capaci di
invogliare turisti a scegliere una
zona piuttosto di un’altra nel
proprio itinerario vacanziero.
Nel contorno, nella pubblicizzazione oltreché sulla tradizione
ormai consolidata, sta proprio il
successo della rassegna pinerolese; l’esposizione di per sé risulta spesso ripetitiva di cliché
vecchi, talvolta neppure troppo
bene ripartita in sezioni distinte, ma il pubblico c’è.
Segnaliamo dunque gli ultimi
appuntamenti di questa edizione: venerdì 1, all’expo Fenulli,
ore 21, concerto jazz e, sul palco
di palazzo Vitlone, cabaret; sabato 2, folklore valdostano alla
Fenulli e teatro a palazzo Vittone; domenica 3 serata spettacolo conclusiva all’expo tenda e
commedia a palazzo Vittone. Da
segnalare un momento di riflessione sull’artigianato con un dibattito alle ore 18 di sabato sul
tema: « Artigianato: una realtà
fuori dal mito o un mito fuori
dalla realtà».
Ultimo cenno per la mostra
« Glorioso Rimpatrio dei valdesi: realtà ed immagine», curata
dalla Società di studi valdesi ed
esposta a palazzo Vittone, un
edificio che per la storia valdese evoca momenti ben più dolorosi. O. N.
La partenza da Prungins.
Nel nuovo museo un’ampia sezione temporanea è stata dedicata
al Rimpatrio.
Il nuovo museo valdese
Il primo passo verso la definitiva realizzazione del Centro culturale - 500 mq. di materiali, fra i percorsi storici e le ricostruzioni
Con una sobria cerimonia, nel
tardo pomeriggio di venerdì 25
agosto, è stato inaugurato il nuovo museo valdese di Torre Pellice; notevole la folla, composta
in buona parte da membri delle chiese valdesi e metodiste di
tutta Italia presenti in occasione
del Sinodo e delle molte manifestazioni di questo tricentenario, ma anche da autorità politiche locali e regionali. Poco lontano dall’edificio dell’ex convitto
che ospita il museo, nel cortile
del Collegio valdese, anche la
mostra sull’attività delle chiese
italiane, suddivise nei circuiti, intitolata « Chi siamo, cosa facciamo »; l’inaugurazione è stata
comune a testimoniare una volta di più lo stretto legame fra
storia ed impegno attuale.
Museo come primo passo verso quel Centro culturale valdese
che solo nei mesi o negli anni
prossimi assumerà la sua veste
globale, investendo in pratica
tutto lo stabile; museo costituito
quasi in tempo record, se si pensa che appena un anno e mezzo
or sono venivano iniziati i lavori: Timpegno totale delle ditte
incaricate dell’opera e di quanti
(fra cui numerosi volontari)
hanno lavorato nelTallestimento
delle sale hanno consentito il
« miracolo ».
Il moderatore della Tavola
valdese, pastore Giampiccoli,
nella sua breve riflessione, ha
citato la « parabola della négritude protestante » del teologo e
sociologo protestante francese
Jean Baubérot per precisare che
« non è sul livellamento delle
particolarità e delle differenze
che si fonda un reale dialogo ed
una comunione. Viviamo in un
tempo ecumenico, in condizioni
ben diverse da alcuni decenni fa,
in cui il nostro essere chiesa
non veniva ammesso o riconosciuto; viviamo in un tempo in
cui molto facilmente ci si dice:
"Non importa la tua particolarità confessionale: tu sei un cristiano come me"; potremmo anche esserne lieti, pensando al
passato, ma possiamo anche ragionare dicendo: noi non siamo
dei cristiani ’’malgrado” la nostra particolarità, noi non siamo
da accettare "nonostante” siamo
diversi in certe cose, ma la nostra diversità è costitutiva del
nostro essere, così come la pelle nera è costitutiva di un uomo
o di una donna nera. Ecco, io
penso che la valorizzazione di
quel pezzo di identità che è la
nostra storia abbia tutto il suo
significato in questa occasione,
non in antagonismo, ma neppu
re come atteggiamento da mettere da parte come elemento non
influente di fronte al nostro prossimo; dobbiamo dunque, nella ricerca di essere protestanti nel
tempo presente, valorizzare le
nostre particolarità sia storiche
che teologiche e di fede: questo
potrà essere il nostro contributo più pieno al dialogo culturale
ed ecumenico ».
Intervenendo a sua volta il pastore Toum, prossimo direttore
del Centro culturale, ha espresso l’augurio che a questo primo
passo possa seguire, grazie alla
solidarietà di tutti, la realizzazione di tutto questo Centro.
Non è stato possibile ancora
allestire la biblioteca, ma il museo è invece visitabile nella sua
forma pressoché definitiva; ha
detto in proposito Tourn: « I
criteri seguiti nel suo allestimento hanno tenuto conto in particolare del potenziale visitatore
del museo, uno studente dai 14
ai 20 anni o un turista di passaggio con poche nozioni della
realtà valdese: l’intento è dichiaratamente, perciò, pedagogico,
per insegnare cioè alcune cose
a chi non conosce la nostra realtà. Si tratta perciò di una esposizione e di un linguaggio assai
diversi dal museo precedente, che
andranno verificati ed aggiornati continuamente ».
Il museo, visitato subito da
una gran folla, resta aperto nel
periodo sinodale, anche nelle ore
serali.
P. V. R.
l’inaugurazi'One, ci ha dichiarato
che « il nuovo Museo sembra
pienamente rispondere agli obiettivi perseguiti dai curatori: attirare l’attenzione delle scolaresche, che sono le maggiori fruitrici della nuova esposizione della storia valdese ». Prossimamente al piano superiore delTedificio, dove si trova il Museo, si potrà accedere con ascensore dimensionato anche per i disabiii
in carrozzella che potranno entrare nell’edificio attraverso apposite rampe.
G. P.
CENTENARIO
Convegno
storico
Il Medioevo è verde
Il Medioevo è verde, la Riforma è gialla, il Seicento è beige,
il Settecento è az.zurro, l’Ottocento è rosso e i] Novecento è
arancione. Sono questi i colori
che indicano i percorsi cronologici del nuovissimo Museo valdese di Torre Pellice.
Il progetto di « reinvenzione »
del Museo, affidato alla cura dell’architetto De Bettini, ci è parso pienamente riuscito: luminoso e chiaro nei suoi contenuti, evidenz.iati da scritte ed immagini essenziali. Il percorso storico,
che si snoda su di un’area di
500 mq., è interrotto da un paio
di ricostruzioni (Chanforan e il
costume valdese) e da alcune
nicchie illuminate dall’alto in cui
sono raccolti armi o costumi
d’epoca. Sono stati inoltre ricostruiti l’ambiente dell’antica
scuola Beckwith e quello del tempio riformato cinquecentesco. La
parte dedicata al Rimpatrio costituisce un’ampia sezione temporanea che, in prospettiva, verrà ridimensionata.
Il vecchio edificio costruito alla memoria dei caduti valdesi
della prima guerra mondiale ed
utilizzato, per molli anni, come
convitto per ragazzi, oggi destinato ad accogliere il Centro culturale, è ormai parzialmente ristmtturato. Accanto al Museo,
posto all’ultimo piano, sono state realizzate un’ampia sala di lettura e consultazione e la nuova
sede della Società di studi vaidesi. Prossimamente verrà organizzata anche una vasta sezione
etnografica in cui troverà posto
la cucina contadina valdese, la
stanza da letto e il deposito degli attrezzi agricoli.
Franca Coisson, vicepresidente della Comunità Montana Val
Pellice, che ha preso parte al
Posto sotto l’Alto Patronato
del Presidente della Repubblica
che interverrà all’apertura, si
svolgerà dal 3 al 7 settembre a
Torre Pellice il XXIX Convolo
storico internazionale organizzato dalla Società di Studi Valdesi
sul tema del Glorioso Rimpatrio.
Il programma delle giornate
prevede, dopo l’apertura di domenica pomeriggio con la prolusione del prof. Giorgio Spini,
i seguenti temi: « Il contesto del
Rimpatrio », lunedì 4; « Il significato del Rimpatrio », martedì 5 ;
« L’immagine del Rimpatrio »,
mercoledì 6; visita alla Balziglia
e a Prali, giovedì. 7.
Nella serata di lunedi, alle ore
21, avrà luogo una conferenza
pubblica del prof. Amedeo Molnàr (Praga) sul tema: «I Valdesi, pellegrini attraverso l’Europa ». Mercoledì 6, alle ore 21, conferenza pubblica del prof. Giovanni Gönnet ; « Il Glorioso
Rimpatrio fra mito e storia».
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REGIONE PIEMONTE
Più infermieri per gli ammalati
Per rispondere a tutte le necessità è stato incrementato l’accesso ai
corsi di formazione professionale - Ora la palla passa alle USSL
Da anni la sanità piemontese
lamenta di non poter erogare
servizi a sufficienza per mancanza di personale e, in modo particolare, per scarsità di infermieri
professionali. Per ovviare a tale
inconveniente l’assessore alla sanità della Regione Piemonte, Eugenio Maccari, con atto deliberativo approvato dalla Giunta, ha
proposto al Consiglio regionale
rii autorizzare le USSL piemontesi ad assumere 2.500 persone così suddivise : 821 infermieri, 1125 ausiliari socio-sanitari e
547 amministrativi.
Tutto questo personale dovrà
essere destinato all’assistenza ai
malati in corsia, e non destinato
ad uffici o sistemazioni non
direttamente collegate all’assistenza sanitaria dell’ammalato.
Gli 821 posti di infermiere professionale saranno coperti per
651 unità dai nuovi diplomati che,
entro il mese di settembre, saranno in attività lavorativa direttamente vicino al letto degli
ammalati.
E’ da considerare inoltre che
con l’aumento del numero dei
corsi di scuola professionale per
infermieri, con la sensibilizzazione delle scuole statali medie e superiori, con l’aumento del presalario scolastico per tutti gli
allievi delle scuole infermieri
professionali (indipendentemente
dal livello di reddito), il numero
degli allievi iscritti quest’anno è
stato superiore ai 1.700, mentre
negli anni scorsi si aggirava sempre sul migliaio. Quindi è prevedibile che, in base a questa nuova programmazione regionale, a
partire dal 1992 si riuscirà a diplomare in Piemonte un numero
di infermieri professionali che si
aggirerà sui 1000-1200 all’anno,
cioè il doppio dell’attuale.
« Alle USL, ora, la responsabilità di usare bene questa iniezione ricostituente di personale
— ha continuato Maccari — de
stinandola là dove c’è veramente
necessità. La Regione vigilerà affinché i nuovi assunti vadano ad
assistere gli ammalati e non ad
incrementare posti di comando ».
Va infine considerato come
oggi in molte strutture ospedaliere la situazione del personale
infermieristico abbia raggiunto
livelli limite: in alcuni casi vi
sono infermieri impiegati amministrativi, in altri il loro numero è talmente basso da non consentire lo svolgimento di turni
regolari.
PARIGI
I francofoni e il 1789
Nel 1971, il Rassemblement
jurassien, l’Union valdôtaine e
la Wallonie libre organizzavano
a Ginevra la prima Conferenza
delle minoranze etniche di lingua
francese. Da allora, ogni due anni, in città diverse, la « Conférence des Communautés ethniques de langue française » si è
riunita accogliendo nuovi membri fino a giungere alla decima
del 1989, Sede predestinata: Parigi!
Argomento: dalla dichiarazione dei diritti dell’uomo al diritto dei popoli a disporre di se
stessi.
gi il 1» luglio 1789. A Bruxelles
ancora oggi la Rivoluzione condiziona la vita in ragione delle
leggi e decreti del 1789, 1792,
ecc.
Dal 30 giugno al 2 luglio, 200
delegali del Québec (5 milioni
di francofoni), dell’Acadia (281
mila), di Bruxelles (1 milione),
della Wallonia (3 milioni 200 mila), della Valle d’Aosta (115.000),
de] Giura e Romandia (1 milione 200 mila), della Francia (55
milioni 623 mila) si sono ritrovati al Foyer International d’Accueil de la Ville de Paris.
Da ricordare, come ha detto
il prof. Jobert, che « prima della
Rivoluzione vi erano dei sudditi,
dopo dei cittadini ».
Ogni delegato ha illustrato la
situazione del suo paese. Per il
Giura (cantone e stato indipendente della Confederazione elvetica grazie allo scrutinio della libera disposizione del 23 giugno
1974), i] dejegato ha difeso il carattere francese dei distretti romandi. Il Rassemblement jurassien è all’origine di un vero rinnovamento intellettuale.
Oltre a conferenze e riunioni.
Sono da segnalare gli intei'venti
dei portavoce .sul tema: « 1 paesi francofoni come hanno vissuto il 1789? ». Esempio: parallelismo ira Basilea e Bruxelles,
cittadini dal 1790; Francia e Lie
Tl delegato del Quebec ha insistito sulla realtà del Québec francese, per quanto la Charte della
lingua francese stia per diventare la Charte della lingua inglese! Il pericolo maggiore tuttavia
è l’indifferenza.
Il delegato dell’Acadia, provincia inglese del Canada, ha chiarito che nonostante sia minoritaria, la lingua francese è resistente, che la comunità dell’Acadia conserva dei centri di cultura quali le Fondazioni francoacadiane, che si vuol mostrare
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Segnalazioni
TORRE PELLICE — Si svolgeranno
¡1 2 ed il 3 settembre le giornate del
Collegio valdese organizzate dagli
Amici del Collegio. Il programma prevede un calendario ricco di appuntamenti tra cui segnaliamo il "Gran cabaret" al cinema Trento il sabato sera alle ore 21, il pranzo sociale domenica 3 settembre presso la Foresteria (ci si deve prenotare presso
la segreteria del Collegio: 91260], la
assemblea dei soci dell'Associazione.
Mostre
TORRE PELLICE — Presso i locali
della Pro Loco in via Repubblica, viene esposta al pubblico la mostra di
fiori secchi « La luna nel pozzo » di
Silvana Marchetti; orario di apertura:
9-12.30 e 16-18.30: fest. 10-12.
Rassegne
PORTE — Dal 9 all'11 settembre si
svolgerà, nei locali della palestra del
Malanaggio, la decima edizione della rassegna agricola del raccolto. Lo
scopo è quello di offrire uno spazio
ai prodotti deil’agricoltura locale di cui
si vanno lentamente perdendo le tracce: si passerà così dalla verdura alle ceste, dalla frutta agli eventuali funghi. Ampio spazio anche per i prodotti dell’artigianato.
Obiettori
SALUZZO —- Il Comune ha stipulato con il Ministero della Difesa una
convenzione che prevede l'impiego di
tre obiettori di coscienza nell'ambito
dei servizi cultura e istruzione.
Chiunque, avendo fatto domanda di
prestare servizio civile, fosse interessato ad essere impiegato presso questo ente, è pregato di comunicare il
proprio nominativo aH'Assessorato alla cultura (Ufficio servizi culturali
tei. 0175/45551 int. 45).
Spettacoli
ai giovani il valore del francese
spingendoli a far parte di incontri francofoni.
Per il delegato della Svizzera
romanda, il movimento romando deve battersi per un’identità
francofona, in quanto, pur essendo la Confederazione elvetica per tre quarti svizzero-tedesca, non esiste alcun movimento
germanofono né italofono.
Per il delegato della Valle d’Aosta, il successo dell’Union valdôtaine alle recenti elezioni europee è stato rilevante; da ciò
si deduce l’importanza dell’autonomia francofona. Tuttavia vivere il bilinguismo è diffìcile, occorrono sforzi continui.
Ricordo gli scopi dell’associazione: 1) l’essere solidali dei popoli di lingua materna francese;
2) verificare che i loro diritti e
la loro lingua siano pienamente
rispettati.
L’importanza della Conferenza
è stata segnata da un ricevimento con discorso aH’Hòtel de Ville di Parigi. L’ambiente è stato
animato dal gruppo folcloristico
di Porrentruy in costume. L’addio è stato dato dal canto dell’Hymne des peuples français
(suìl’aria del Chant du départ).
Liliana Ribet
TORRE PELLICE — Giovedì 31 agosto, alle ore 21, presso il tempio valdese, il gruppo teatro '87 presenta una
serata dal titolo « Il grande viaggio »,
musica e teatro sulle vicende del Glorioso Rimpatrio.
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I familiari della compianta
Catterina Mery Pons
in Cardiol
di anni 78
sentitamente ringraziano tutti coloro
che sono stati vicino alla loro cara nei
giorni della malattia e alla famiglia
nella triste circostanza.
Un sentito ringraziamento al ¡primario dott. Doriguzzi, a tutto lo staff
medico e infermieristico del reparto di
neurologia deH’ospedale Civile. Un grazie sentito al dott. Griffa, al pastore
Bertolino e a Lilia Gotlino.
Prarostino, 2 agosto 1989.
RINGRAZIAMENTO
« Io dico alVEterno: tu sei il
mio rifugio e la mia fortezza, il
mio Dio, in cui confido ».
(Salmo 91 : 2)
I familiari della compianta
Giovanna Enrichetta
Chianforano in Avondetto
di anni 88
commossi e riconoscenti per la dimostrazione di affetto avuta nella triste
circostanza, ringraziano tutti coloro che
con opere di bene, scritti e presenza
hanno partecipato al loro dolore.
Un ringraziamento particolare vada
alle signore Dora Liliana Raschetlo,
riorina Gay Bonnet e Alma Avondetto
Armellino, al medico curante dott.ssa
Corea, al pastore Klaus Langenech e
a tutti i vicini dicasa.
Prarostino, 7 agosto 1989.
RINGRAZIAMENTO
« Ho combattuto il buon combattimento, ho finito la corsa,
ho serbato la fede »
(II Timoteo 4 : 7)
I familiari di
Albina Forneron ved. CardioI
sentitamente ringraziano tutti coloro
che con scritti, fiori, presenza e parole di conforto hanno preso parte al
loro dolore.
Un ringraziamento particolare ai vicini di casa, agli amici, parenti tutti ed
al pastore Bertolino.
S. Secondo, 22 agosto 1989.
RINGRAZIAMENTO
« Perché è vero che siamo salvati. ma soltanto nella speranza »
(Romani 8: 24)
Commossi dalla simpatia espressa
nei loro confronti, la moglie, i figli ed
i familiari del caro
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ringraziano riconoscenti quanti si sono
uniti al loro dolore e hanno manifestato, in vari modi, stima ed affetto
verso il loro caro.
Un ringraziamento particolare al
dott. Broue, alla Croce Verde di Porte,
ai pa.stori E. Bernardini e P. Ribet, alla
corale cd alla banda musicale di San
Germano Chisone.
S, Germano Chisone, 25 agosto 1989.
I •
I TORRE PELLICE >
USSL 42 - VALLI
CHISONE - GERMANASCA
Guardia medica :
Notturna, prefestiva, festiva: presso Ospedale Valdese di Pomaretto - Tel. 81154.
Guardia farmaceutica :
DOMENICA 3 SETTEMBRE 1989
Perosa Argentina: FARMACIA FORNERIS - Via Umberto I - Tel. 81205.
Ambulanza :
Croce Verde Perosa; Tel. 81.000.
Croce Verde Porte: Tel. 201454.
USSL 44 - PINEROLESE
( Distretto di Pinerolo)
Guardia medica :
Notturna, prefestiva, festiva: Telefono 2331 (Ospedale Civile).
Ambulanza :
Croce Verde Pinerolo: Tel. 22664.
USSL 43 - VAL PELLICE
Guardia medica :
Notturna, prefestiva, festiva: Telefono 932433 (Ospedale Valdese).
Guardia farmaceutica :
DOMENICA 3 SETTEMBRE 1989
Bibiana: FARMACIA GARELLA - Via
Pinerolo. 21 - Telef. 55733.
Bobbio Pellice: FARMACIA - Via
Maestra 44 - Tel. 92744.
Ambulanza :
CRI Torre Pellice; Telefono 91.996.
Croce Verde Bricheraslo: tei. 598790
12
12
ecumenismo
1 settembre 1989
SESSIONE ESTIVA DEL SAE
LUTERANI IN ITALIA
Scoprire La Mendola Tre nuovi pastori
Non un eremo per la meditazione ma un luogo d’incontro e di confronto anche sui temi dell attualità - E’ possibile una nuova pastorale?
Che cosa sia il « Segretariato
attività ecumeniche » non è un
segreto per nessuno: in molte
città, dei gruppi locali da anni
si incaricano di promuovere incontri che mettano a confronto
posizioni diverse sui temi urgenti deH’imipegno di cristiani nella nostra situazione italiana. E,
perlomeno per quel che concerne la città di Torino, dove abito da un po’ di anni, questi incontri si erano sempre più andati segnalando per la volontà
di affrontare i problemi veri:
non quindi semplici riunioni dove ci si saluta e ci si informa,
ma confronti serrati, discussione più seria che si può. Se devo
dirlo con altre parole, cristiani
critici, attenti a quel che succede, attenti alla responsabilità di
una Parola che ci è stata data
e che si cerca di trasmettere ad
altri senza evitare le difficoltà.
Ma da 27 anni ormai, ogni estate, rappresentanti di gruppi locali (o semplicemente credenti
che vivono la loro ricerca anche
isolatamente) approfittavano delle vacanze per confrontare il loro impegno in quelle che si chiamano le sessioni di formazione
ecumenica. La curiosità di capire un po’ meglio che cosa fosse
una « sessione di formazione ecumenica » mi ha portato quest anno, insieme ad alcuni amici e fratelli torinesi, alla Mendola. Di questo cercherò di riferire
in questa pagina, con l’auspicio
non solo che si possa discutere
insieme di questo modo di cercare insieme, ma anche che il
senso della nostra testimonianza oggi possa spingere più d’uno
a « curiosare » come ho fatto io
quest’anno.
L’inizio, dico proprio l’inizio
geografico, è impressionante: una funicolare ripidissima ci porta lassù, si direbbe fuori dal
mondo, tra la quiete di un paesaggio alpino, fuori dal rumore
delle autostrade e dalla violenza
delle città. Ti viene un po’ di
preoccupazione: come se ci si
volesse togliere dai problemi di
oggi per restare con gli amici a
chiacchierare. Ma poi, rapidamente, ti accorgi che al passo
della .Mendola la quiete se ne è
andata come in ogni luogo alpino dove la gente accorre perché
vuol far vacanza, per qualsiasi
motivo, fuori dal ritmo frenetico di tutti i giorni dell’anno. E
quel che ti sembrava un isolamento terribile diventa subito
un confronto nuovo; insomma,
fai vacanza come fanno altri,
come fanno quasi tutti: non
c’è nessun isolamento, sei in un
centro di turismo estivo e cerchi di organizzare le tue giornate come facevi a casa tua. Dico questo soltanto perché l’impressione di chi non c’è mai stato pKJtrebbe portare a pensare
che ci si voglia « tirar fuori dal
mondo », e invece non è così.
Te ne accorgi subito: i problemi che ti hanno colpito durante
l’anno ci sono ancora, sono più
presenti che mai. Per esempio,
tre mozioni finali sono state approvate dai circa cinquecento
partecipanti di quest’anno: una
sulla pena di morte (proprio nei
giorni in cui in uno dei rami
del nostro parlamento, con risicatissima maggioranza, si è richiesta la totale cancellazione
della pena di morte dal nostro
ordinamento, compreso il codice penale militare di guerra),
una sulla militarizzazione del
meridione d’Italia (contro il trasferimento degli F-16 dalla Spagna ad Isola Capo Rizzuto - Crotone e l’ampliamento della base Nato di Napoli, tra l’altro),
una terza sul problema della giustizia in Italia, tenendo conto
della riforma del codice di procedura penale che andrà in vigore in ottobre.
Altro esempio: incontravi alla Mendola un buon numero dei
teologi che hanno firmato la « lettera dei 63 » sulla vita della chiesa cattolica in Italia e che, come questo giornale ha evidenziato poco tempo fa, hanno stimolato il confronto e la ricerca anche nelle nostre chiese. Terzo
esempio: una richiesta a proposito del dibattito sul convento
nell’area di Auschwitz è stata
formulata, cercando di tener conto delle preoccupazioni e delle
proteste del mondo ebraico intemazionale (preoccupazioni e
proteste giustificatissime, come
ognuno di noi sa).
Ti trovi quindi immerso fin
dall’inizio in un’atmosfera di ricerca critica: vogliamo cercare di.
capire, vogliamo cercare di capi-'
re con altri che pensano in modo diverso, vogliamo confrontarci.
suo popolo », Daniele Garrone
su « Progetti umani e progetto
di Dio », Franco Scopacasa su
« Ecco l’uomo » e Carlo Molari
sulla comunità per la missione).
Due resoconti, pieni di « provocazione », sulle proposte del Concilio Vaticano II e del Consiglio
ecumenico delle chiese, ci sono stati presentati da Giuseppe
Alberigo e da Paolo Ricca; una
panoramica («Tra rinnovamento e riflusso ») della situazione
delle chiese cristiane — fatta da
un cattolico. Luigi Sartori, un
ortodosso, Traian Valdman, e un
evangelico, Piero Bensi — ha
contribuito alla concretezza della ricerca.
Il tema di quest’anno si situava alla conclusione di un ciclo
sulla pastorale ecumenica iniziato alcuni anni fa: giunti alla
fine di un periodo di lavoro ci
si è voluti interrogare (è po.ssibfie una pastorale nuova? è
possibile una pastorale ecumenica? che cosa significa? come
si stmttura? come mette in movi.mento le chiese? che cosa ci
fa fare?). Il termine « pastorale » non è usuale nelle chiese
della Riforma e rischia di mettere un po’ in imbarazzo; ma si
può provare a ritradurlo in termini del nostro tempo. Giancarlo Zizola ha cercato, in un'ampia relazione all’inizio della sessione, di proporre un confronto
critico con quello che sta .succedendo (che ha chiamato « lettura dei segni dei tempi ») ed ha
invitato ad una discussione su
quello che le chiese hanno fatto
e stanno facendo. Una ricerca
biblica ci ha accompagnati accanto alla ricerca della nostra
situazione (tra gli altri, cito Mar.
tin Cunz con un bellissimo studio biblico su « Dio pastore del
Per chi volesse capire ancora
Un po’ di più il clima della sessione, vale la pena segnalare le
due serate pubbliche: una su
Basilea (per cercare di ascoltare
testimoni oculari) e una sul
« Glorioso Rimpatrio », coordinata da Paolo Ricca. Che tra gli
avvenimenti che hanno stimolato la nostra riflessione quest’anno si siano cercati questi due
temi mi sembra significativo;
non ci sono argomenti tabù, o
almeno facciamo di tutto perché non ci siano. Non lo siano
le storie delle nostre avventure,
non lo sia la difficile e stentata
proposta di una ricerca comune.
Quattordici gruppi di studio
hanno cercato di sminuzzare le
parole che vorremmo dire; se
poi potessimo, qualche volta, dirne qualcuna insieme, questo ci
aiuterebbe. Non è certo perché
il cammino è difficile che non
bisogna camminare: bisognerà
aiutarsi, per molto tempo ancora; bisognerà vedere gli ostacoli
così numerosi; ma bisognerà anche sorridere se delle occasioni
di comunione ci sono date. La
lunghissima funicolare ci riporta a casa, e riprendiamo a camm.inare, grati per gli stimoli ricevuti.
Eugenio Rivoir
FRA LE MOZIONI APPROVATE
Contro la pena di morte
Noi, partecipanti alla XXVII* Sessione di Formazione
Ecumenica, organizzata dal S.A.E. (Segretariato Attività Ecumeniche) dal 29 luglio al 6 agosto 1989,
impegnati a lavorare per un mondo più giusto, umano, fraterne, seguendo l’articolo 73 del Documento Finale dell’Assemblea Ecumenica di Basilea del 1989,
ci impegniamo « a lottare contro tutte le violazioni dei
diritti umani e contro le strutture che le favoriscono ».
Indirizziamo il nostro appello alle Chiese cristiane affinché
condannino formalmente ogni uccisione dell’uomo, anche se
eseguita dallo Stato come « pena ».
Facciamo appello per l’abolizione della pena di morte al
Parlamento Europeo, al Parlamento e al Governo italiano affinché, nelle rispettive competenze, assumano concrete ed
immediate iniziative volte a promuovere in sede internazionale azioni concrete per:
1) l’abolizione della pena di morte in applicazione della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo;
2) la sospensione di tutte le esecuzioni capitali previste;
3) e comunque l’applicazione immediata di tutte le restrizioni e salvaguardie, per i casi di condanna a morte, previste dagli standard intemazionali per il rispetto dei diritti dell’uomo (ad esempio, nei confronti dei disabili psichici
e dei minorenni).
Chiediamo in particolare al Parlamento Italiano la totale cancellazione della pena di morte dal nostro ordinamento (con riferimento al codice penale militare di guerra).
Da inviare alla Conferenza Episcopale Italiana; alla Federazione Chiese Evangeliche Italiane; alla Presidenza del Parlamento Europeo; alle Presidenze dei due rami del Parlamento; al Presidente del Consiglio dei Ministri; al Ministro degli
Affari Esteri; al Ministro di Grazia e Giustizia;;
e p. c.: alla KEK (Conferenza delle Chiese Europee); al
CCEE (Consiglio delle Conferenze Episcopali Europee,
(approvata dal XIII gruppo all’unanimità).
La Chiesa evangelica luterana
in Italia (Celi) annuncia con
grande gioia l’arrivo di tre pastori :iuovi.
Dopo il trasferimento da Milano a Davos dell’ex decano Joachim Mietz nell’ottobre 1988, la
più lunga attesa per un pastore
finirà per la comunità di Milano
il 1“ dicembre 1989 con l’arrivo
del pastore Holger Banse. Egli
viene da Adenau, Renania, dove
è stato pastore della comunità
luterana per sette anni, con la
moglie Christiane ed i figli Heidi (5 anni) e Valerie (2 anni). Il
culto d’insediamento è previsto
per domenica 17 dicembre, ore
10, nella chiesa evangelica in via
Marco de Marchi 9, Milano.
Per le comunità di Genova e
Sanremo le cose sono andate un
po’ meglio: grazie al prolungamento della permanenza del pastore Rudolf Thùmmler non si
verifica un periodo di attesa. Il
nuovo pastore, dr. Berend Wellmann, inizierà il suo servizio il i»
gennaio 1990. Wellmann viene da
Berlino, dove ultimamente è stato il responsabile dell’insegnamento della religione nelle scuole pubbliche. Egli è celibe. La data del suo insediamento ancora
non è stata stabilita.
Ad Abano Terme, dove la Celi
si impegna da anni nella cura delle anime dei numerosi malati di
lingua tedesca venuti per fare le
cure termali, arriverà il 1° settembre il pastore Roland Spur.
Egli viene da Tuttlingen (RFT)
con la moglie Johanna EwigSpur, sociologa, ed i figli Jakob
Friedemann (3 anni) ed Eva-Margarete (8 mesi).
Auguriamo buon lavoro e buona permanenza in Italia a tutti e
tre i pastori e preghiamo per la
benedizione di Dio sulle loro attività.
Bärbel Naeve
UN APPUNTAMENTO IMPORTANTE
Verso la “SEP 1989
3i
« Una piccola Basilea »: ecco
che cosa si propongono di realizzare quest’anno, nel contesto
del programma romano della
Settimana, gli organismi promotori della SEP (Settimana ecumenica per la pace), giunta alla
V edizione.
Come negli anni precedenti la
SEP — che per la terza volta
avrà per titolo « Credenti uniti
a pregare, informare, agire per
la giustizia, la pace e la salvaguardia del creato » — avrà carattere diffu.so. Dal 16 al 24 ottobre in centinaia di località italiane comunità, gruppi e organismi cattolici, evangelici, ebraici
ed ecumenici col labore ranno su
questi temi, potendo usufruire,
fra l’altro, dei materiali contenuti nella « Busta SEP » ottenibile presso il CIPAX, via Acciaioli 7, 00186 Roma, tei. 06/6540661
dietro versamento di lire 10.(X)0
sul ccp n. 56702004 intestato allo stesso Centro interconfessionale per la pace (fra i materiali
della busta: il documento preparatorio della Convocazione
mondiale JPIC di Seoul, numeri
monografici di riviste su « Donna e natura », « Nord/Sud, un solo sviluppo », « La nonviolenza »,
« Rapporto sui contadini in Brasile », « Il processo conciliare
JPIC », il manifesto della SEP,
preghiere ecumeniche, ecc.).
A Roma, tuttavia, i promotori
nazionali della SEP — 35 organismi, di cui 25 cattolici, 6 ecumenici, 2 evangelici (la Commissione JPIC delle Chiese BMV
e la EGEI evangelica), oltre alla
EGEI ebraica e alla Conferenza
mondiale delle religioni p>er la
pace — saranno particolarmente
impegnati nei lavori di un « Villaggio della pace » presso il Centro di servizi missionari di Largo Cavalleggeri. Accanto a un
fitto programma di incontri,
conferenze, momenti di preghiera, troveranno posto un « Laboratorio della pace » ap>erto ai
gruppi interessati a socializzare
le loro idee e le loro esperienze
uno spazio libri, e altro ancora.
B. G.
Pensieri di pace
« Un pensiero di pace al
giorno leva la guerra di torno»,
si potrebbe troppo facilmente
ironizzare sfogliando frettolosamente le 78 pagine di « Pensieri
di pace », la raccolta curata dal
pastore Liborio Naso per i tipi
della Cooperativa editrice battista « Filadelfia » di Altamura
(1988), pubblicata con una brevissima introduzione dell’autore
e un’altrettanto breve prefazione
di Paolo Ricca.
L’opera propone infatti 366
frasi, assai celebri o niente affatto, una per ogni giorno dell’anno,
pronunciate o scritte da padri
della Chiesa così, come da politici di potere del passato e del presente, da politici di opposizione
così come da pacifisti cattolici,
evangelici, di altre religioni o non
credenti, da prelati cattolici così
come da membri delle nostre
chiese, da riformatori e da classici della letteratura greca e latina, nonché da scienziati, filosofi, scrittori...
Si trovano così affiancati Agostino di Ippona e Craxi, Chamberlain e Paolo Naso, Alessandro
Zanotelli e Spinoza, C.F. von
Weizsäcker e Shakespeare, Zwingli e il papa, Dino Compagni e
Luciana Castellina, il Platone filosofo e il Platone Giuseppe,
nonché un buon numero di organismi, concili, assemblee.
Ma il senso dell’opera mi pare
un altro : la pace la possiamo
pensare tutti, anche Machiavelli,
anche Bismarck, anche Andreotti. Ma la pensiamo e soprattutto
la facciamo troppo poco, perché
in fondo non ci crediamo. Come
dice di sé Eugenio Scalfari nel
« pensiero » del 7 luglio ( peraltro
non originale), ci chiediamo «che
cosa accadrebbe se davvero, improvvisamente, scoppiasse la pace mondiale per la quale il pianeta non sembra attrezzato ».
Significativamente, il libretto
si conclude con la citazione dei
passi biblici più significativi sulla pace della giustizia di Dio, con
la quale il lettore o lettrice è invitato a confrontare i risultati
delle riflessioni proprie e di
quelle altrui.
B. G
J