1
LA BUONA NOVELLA
GIORNALE RELIGIOSO
(/i domicUio]
Torino, per un anno L. C,00 L.7,00
— per sei mesi » 4,00 « 4,50
Per le provincie e l’estero franco sino
ai confini, un anno . . L. 7,20
per sei mesi, » 5,20
AÀ>;SsjovT£; Ji ev iyafni
ScffUiDdo la verità nella carità.
Efes. IV. 15.
La Direzione della BUONA NOVELLA è
in Torino, casa Bellora, a capo del Viale
del Re, N^ia, piano 3'.
Le associazioni si ricevono dalla Direzione
del Gi-ornale, e dal Libraio G. SERRA,
contrada Nuova in Torino.
Gli Associati delle Provincie potranno provvedersi di un vaglia postale,
inviandolo franco alla Direzione.
9egula Ficlci.— ì Coafessori di G. C. in Italia ne) secolo XVI. Giovanni Mollio II.
— Al Direttore della Suona Movella. — fCorrispondenza) Ritrattaiione del sig. dì
t'ol. — Notizie religiose: Toscana — San Vincenzo del Eavale.— Svizzera — Turchia.
— Cronachetta politica.
(La lìegola della Fede)
Se in qualche parte della
Religione cristiana può
a buon diritto richiedersi un’indubitata certezza ed una sicurezza
saldissima; se un esame
accurato cd una sottile
disquiaizione può in religiosi argomenti concedersij egli è certo che
la cognizione esatta della Regola di Fede meriterà la prima e principal nostra considerazione. Regula Fidei.
Ili.
Esclusa r autorità del Papa, dell’ Episcopato e de’ Concilii dall’ o
nore di essere o poter essere la Regola infallibile della nostra Fede (vedi
La Buona Novella, anno I, p. 735),
ed esclusa altresì la pretensione che
hanno alcuni d’imporci quasi obbligo
di coscienza l’accettazione dell’autorità de’ ss. Padri come la Regola iafalliblle della nostra Fede (vedi Buona
Novella, anno I, pag. 746), abbiamo
veduto non restarci per unica regola
e guida veramente divina ed infallibile
clic la parola di Dio qual è a noi co-
2
municata dalla Sacra Scrittura. Così
la pensavano gli stesisi ss. Padri dei
primi Ire secoli, che come più prossimi ai lempi apostolici, noi crediamo
chc abbiano lutto il peso di una autorità veneranda, benché sempre umana, da non confondersi giammai coll’autorità divina della Sacra Scrittura.
I teologi però della Chiesa di Roma,
come quelli del Concilio di Trento e
delle scuele di Giansenio in Francia e
di Pusey in Inghilterra pare die troppo
non sappiano confidarsi nella sola
parola di Dio , e senza l’aiuto della
parola degli uomini, che debbono essere tolti dal numero dei ss. Padri,
temono che veramente non possano
die nascere scandali e risse di opinioni
e d’errori dal solo e libero uso della
parola di Dio. Lasciamo da parte che
un tal raziocinio, come abbiamo diverse volte accennato, è assolutamente
ingiurioso a Dio, quasi egli non avesse saputo, o voluto chiaramente
esprimere la sua santa divina volontà,
c ci avesse parlato in un lingu;»ggio
sol conosciuto ai teologi ed a chi frequenta le loro scuole; ed il gran numero quindi dei fedeli non fosse che
uu volgo profano indegno di avvicinarsi al Santuario dovo Iddio non
parla che ai preti, e non è che ai preti
concesso di parlare agli uomini. Coleste idee poteano scusarsi nell’animo
dei popoli pagani, che bruciando in
censo a molte divinità, aveano i confidenti di ciascuna di esse che si chiamavano 0 sacerdoti o flamini, ed erano tulli quanti impostori. Divisi
così per caste si dividevano anche i
dritti della sognata divinità a cui servivano ; essi inventavano i rispettivi
oracoli , e li vendevano ognuno al
prezzo che era dalla popolare ignoranza consentito e stupidamente pagato. Ma nella religione del vero Iddio non v’ebbe mai che un sacerdozio
solo ed eterno inerente alla persona
augusta e divina del Verbo che risiede
in Dio cd è Dio, e dovea nella pienezza de’ lempi apparire in umana
carne per compiere uua volta per
sempre l’unico sacrifizio d'espiazione,
come l’ebbe compiuto Cristo Gesù
sulla croce. Di quest’unico sacerdozio
eterno fu simbolo e figura il sacerdozio del popol santo istituito da Dio in
Aronne e continuato nella tribù di
Levi, e cessato alla venuta di Cristo.
Ogni altro sacerdozio che presupie
intromettersi quasi mediatore tra Dioe
l’uomo, non è più dunque cbe un sacerdozio pagano, e un sacerdozio spurio che si arroga le attribuzioni del
Verbo, e stoltamente si chiama l’interprete della Divinità ; e non riconoscendo noi Cristiani alcun mediatore fra l’uomo e Dio fuori di Cristo,
crediamo insultare la Divinità ricercando altri mediatori Ira noi e Cristo,
3
quasi che d0|ì0 di avere ascoltala la
parola di Cristo, dovessiirio andarne
mendicando la spiegazione dalla parola degli uomini. Ora i teologi papali, Giansenisti e PuseisU obbligandoci a sottoporre e restringere la intelligenza delle Sacre Scritture alle
dottrine, sieno pure profonde, dotte
cd angeliche, dei ss. Padri, pongono
Dio sotto il giudizio deiruonio, e l’insegnamento rivelalo di Cristo spiegano coll’insegnamento studiato dell’uomo, e vogliono dar luce ai raggi
del sole,|avvicinando loro il miserabile lume delle lucerne. Se non -c
questo un insulto alla Divinità, qual
mai sarà ?
Ma lasciando questa ragione , per
sè evidentissima, cerchiamo di toccare la parte più imperlante e quasi
direi personale deirargoineiUo. La regola della Fede è per me la regola di
mia eterna salute, perciocché dal
Vangelo io so che mi salvo per la
Fede, e senza Fede non è possibile
eh’ io abbia salute. Ma se a regolare
questa Fede la parola che mi è stata
parlata da Dio non basta e debbo ne
cessariamenle andarmela a fare spiegare alla scuola dei ss. Padri, sarò
dunque obbligato per salvarmi a divorare biblioteche di libri a che non
basta la vita dell’uomo, e quando
bene arrivassi a farlo io , mille altri
noi ponno, distraili essendo in mille
altr^occijpazioni indispcnsaliili di famiglia e di stato; e quando io l’abbia
ben fallo, a che finalmenle posso mai
riuscire ? Da quanti hanno scorse le
opere de' ss. Pad ri si raccoglie che
gli uni non vanno d’accordo perfettamente cogli altri , e chi pretende,
a cagione d’esempio , coi santi r>asilio e Grisostoni'o chc il mondo sia
stato da Dio creato in sei giorni come
dice la (Jeuesi, e chi in un solo e medesimo istante , come vuole santo
Agostino; chi afferma con Gregorio e
Girolamo che Mosè e s. Paolo abbiano veduto Iddio a faccia a faccia , e
chi con santo Agostino assolutamente
lo nega ; chi ammette il paradiso delTEden con Tertulliano e il Aazianzeno , e chi con Origene lo impugna ;
s. Agostino volea creati ab eterno gli
angeli, e li volea corporei, e altri
molli li dissero creati nel tempo , e
[)ure inlelllgenzé senza corpo. Come
dovrò io fare a decidermi più presto
per l'una che per l’altra di queste opinioni? Quale sarà la necessaria a credersi per salvarmi, quale l’errònea da
fuggire per non dannarmi ? Ad ogni
anche grossolano intelletto è chiaro
che non potrà mai essermi dato per
regola di fede l'insegnamento de’ Padri , perchè, come insegnamento umano , va pur esso soggetto a Uitte le
possibili varietà d’opinioni, ed io per
salvarmi non ho bisogno di opinioni,
4
ma (li principii certi , ìndiibiTali e
-sicuri.
Stretti i teologi da così evidente ragione ricorrono al solito a distinzioni
di scuola, e vi dicono doversi distinguere tra ciò che insegnano alcuni e
ciò che insegnano lulli. Quando avete
nella mente il parere d’alcuni, concedono anch’essi che voi dobbiate valutarlo come una semplice opinione
più 0 meno ragionevole secondo che
la vedete più o meno saldamente appoggiata. Ma quando voi avete il consenso generale di lutti v’ intimano di
accettare il loro insegnamento sotto
pena di essere eretici, e come tali ,
spogliali della fede di Cristo e condannali airinferno. Noi non vogliamo
affatto combattere l’autorità che senza
dubbio si merita un consesso cosi rispettabile di personaggi quale è quello
dei ss. Padri allorché sono unanimi
nel decidere un. qualche punto di religiosa controversia , ma non vogliamo nemmeno che tutta questa grande
aulorilà venga mai pareggiala all’autorità della parola di Dio,perchè sempre sarà vero che ivi parlano gli uomini e qui parla Iddio, e dall’una all’altra passa un intervallo infinito, ed io
potrò essere bensì condannato se nego
di prestar fede a Dio, non sarò mai
se la nego agli uomini , tuttoché degnissimi di venerazione e rispetto.
Posto cotal p.iincipio , veggiamo se
veramente si pos?a avere questo universale consentimento de’ Padri.'
E da premettere che nella nostra
Fede vi ha principii e dogmi fondamentali espressi nelle Sante Scritlure,
e nell'un modo o neH’allro compendiati ne’ simboli e ne’ catechismi di
tutti i tempi e di tutte le comunioni
cristiane, come a cagion d’esempio il
peccalo originale , l’incarnazione del
Verbo , la salvazione pei meriti della
passione e morte- di Gesù Cristo , la
necessità della fede per salvarsi, ecc.
Ora tulle queste verità è certo chc si
denno trovare nelle opere dei santi
Padri, posto che essi fossero , come
erano veramente, cristiani. Ma queste
verità noi non le apprendiamo affatto
da loro , come da loro non le appresero i secoli passali, ma le appren
diamo da Cristo medesimo nella sua
divina parola affidata alla Sacra Scrittura. Là pure le appresero essi medesimi , e là le apprendono tutte le anime cristiane, perchè ivi stanno per
ordine sovrano di Cristo tulle quante registrate dagli ispirali scrittori.
Che se i ss. Padri più o meno largamente le esposero nelle diverse opere composte da loro , ciò rende teslimonianza della fede loro, come noi
renderla possiamo della nostra , ma
non concorre por nulla ad ingenerare
la fede in noi. Essi non sono in queslo caso chc trombe le quali ripetono
5
a noi i suoni usciti di bocca degli A[wstoli, ed eternati nelle Sacre Carte.
Sono nè più nè meno dei pastori, dei
ministri e dei missionari evangelici
che adempiono nelle funzioni del culto
il ministero ecclesiastico, e come sproposito grande sarebbe sul labbro di
un Cristiano qualunque il dire che la
sua regola di Fede è il proprio pastore 0 parroco, cosi sproposito uguale
si lasciano uscire di bocca coloro che
credendo ai teologi giansenisti, papali 0 puseisti, affermano che Regola
di Fede pei credenti a conoscere le verità di salute sia il consenso unanime
di tutti i ss. Padri j e siccome nessuno al mondo oserebbe dire chc la
predica d’un oblato , d’un gesuita o
d’un curato ha lo stesso valore che i
libri ispirati di Mosè e d’Isala, o di
s. Giovanni e s. Luca, così ogni Cristiano che sa distinguere lucciole da
lanterne non asserirà giammai che
pari all'autorità de’ libri scritturali
dettati da Dio sieno quelli de’ ss. Padri che non sono Iddii.
Non dimenticando mai questa essenziale distinzione tra la parola di
Dio e la parola dell’uomo , noi ammettiamo doversi tutto il massimo rispetto alla testimonianza unanime de’
Padri nelle controversie religiose
quando si possa avere. Ma questo che
significa ? Si potrà forse dire perciò
chc il consenso unanime de’ Padri
debba mai essere la regola di nostra
Fede? No, no, e mille volte no. Questo vuol dire che nascendo questione
fra uomini eruditi sopra il dubbio meramente storico ed umano , se cioè il
tale 0 tal altro articolo di nostra
Fede era ammesso esplicitamente nei
primi secoli della Chiesa , si potrà
facilmente decidere, quando si abbia il
consenso unanime de’ Padri. Ma questa sarà una questione di dottrina, una
questione d’erudizione, una questione
di storia ; non sarà mai una questione
di coscienza, nè una questione di salute ; onde, rimanesse pur anche indecisa, non ne verrebbe alcun danno al
pio fedele.Perciocché munito egli della
parola di Dio, non ha altro pensiero
che quello d’imparare la scienza della
salute, e quando egli abbia conosciuto
Cristo, e viva della Fede di Cristo, non
sa che farsi di tutta la scienza de’ reverendi teologi , nè di tulte le dottrine a larga vena diffuse nelle opere de’ Padri. Gli basta Cristo che
gli parla dal suo santo Evangelo , e
colla sua parola lo istruisce , lo ammonisce!, lo avvalora , lo conforta , c
lo mena sicuramente a salute.
Bisogna non dimenticare giammai
quel gran principio, che la regola o
guida della nostra Fede deve esser
tale che sicuramente ci meni a salute.
Ora non si perviene a salute che per
mezzo di una Fede non astratta , né
6
sjieculaliva, nè erudita, nè toologica,
nè dotta, ma unicamente vi si. arriva
per una Fede sentita, personale, intin»a a aoi, e ardente, e operosa, e pratica. Ciascuno di noi al tribunale di
Dio non verrà esaminato se abbia studiato molto ne’ Padri e nei teologi,
non se abbia eseguilo gli ordini de’
preti, do'vescovi, de’ concilii e de’ papi , ma unicamente se abbia avuto
Fede in Cristo. Ecco ciò di cui deve
rispondere ogni fedele al tribunale di
Dio , e perciò Iddio ha dato ad ogni
fedtjle la sua Divina Parola ; chi cammina con questa, cammina con lui, e
cammina nella luce della vila; chi lascia questa guida per seguirne un’altra o sieno i Santi Padri, o sieno i
solitari dell’ eremo, o sieno i dottori
de’concilii, o i ponteflci di Roma, o
) patriarchi di Costantinopoli, va tentennando fra l’ombra,e corre al buio,
e finirà nel precipixio.
Chi amu pertanto di alTidarsi ad
uua guida sicura che non inganna e
non può ingannarsi, e dirittamente lo
mena a salute, s’affidi alla parola di
Dio unica regola di nostra fede a cui
bisognerebbe tenersi quand’anche tutto
il inondo se ne dilungasse. Così c’insegna uno de’|)iù antichi padri di cui
vada gloriosa la religione cristiiina ,
san Giuslino martire che vivea poco
più d’ un secolo dopo i tempi aposlolici. « llavmovi alcuni, die' egli, clic
'■ io ammisi nella nostra comunanza,
I i quali confessano che Gesù è il
*1 Cristo, ma affermano che è uomo
« nato da uomini. Con loro io non
« convengo, nè converrei pure se la
« grande maggiorità di quelli che so« no della mia propria religione dicesse cosi; poiché Cristo medesimo
" ci comanda di farci regolare non
« dalle dottrine degli uomini, ma da
« quelle predicate dai profeti ed insegnale da lui ». (Dial. cum Triph).
Coloro che appellano ogni quistioiie di fede al tribunale de’ Padri, fanno opera del tutto oziosa riguardo alla
eterna salute, ed è solamenle utilissima riguardo alla scienza, cbe non
deve mai trascurare i documenti e i
monumenti deirantichità, sia per misurare i passi della civiltà progressiva,
sia i>er dar animo e sprone all’umano
ingegno, sia per umiliare ed abbattere
l’alterigia dell’ignoranza e dell’errore
che fa guerra al sapere.
Giova osservare infine che a proposito della nostra questione sui Padri,
è quasi impossibile di rinvenire, come
trionfantemente è provato nell’ aureo
libro più volte citato della lìegula
Fidei^ il consenso unanime di cui
menano tanto rumore i teologi. A restarne persuasi convien leggere ivi la
sezione IV del cap. 1“ dove la testimonianza de’ l\'idri è. dimostrata discorde
fin anrlu’ nei punti più essenziali di
7
— ios
fede, come la Divinilà di Cristo, la
Triniti delle Persone, la Divinità
dello Spirito Santo, la Generazione
del Verbo ecc. Laonde a ragione conchiude contro tulli i teologi. " È slol« tissimo invero quel vostro vantarvi
« del consenso di tutti i Padri, come
i> parte necessaria della Regola di Fe« de in punti vitali, mentre nel fatto,
« se il vostro lettore va a veriOcare le
« vostre asserzioni, lungi dal trovare
« una concorde trasmissione di tali
« punii, ei trova molti di questi Padri
« che parlano a dir poco in maniera
<1 incautissima, e scorretta quanto mai
« si può dire, ed altri ne trova inne« gabilmente eterodossi ».
Anche dunque nelle quistioni di
controversia sacra, la quale non ha
che una lontanissima relazione colla
Fede chc salva, perchè questa dà la
salute, e quella non produce chc scienza, è da usare l’autorità de’Padri con
assai grande cautela, e non imitare
nè Romanisti, nò Giansenisti, nè Puseisti, che sotto la scorta de’ Padri
stoltamente si vantano di salvare le
genti. S. Girolamo, come avvertì saviamente il sullodato autore alla sezione VI del medesimo capo, accenna
che « All’angelo di Efeso è imputata
« la perdita dell’ amore ; all' angelo
« della Chiesa di Pergamo il mangiar
« delle cose oftèrte agli idoli ecc., mo« strando che ei riteneva esservi an
« che in quel tempo, in quella eh«
« eliiamavasi Chiesa cattolica, molle
« persone involte in serio errore.... »
Questi due angeli erano due vescovi
e due dottori, e contemporan«i degli stessi Apostoli, eppure la loro autorità secondo S. Girolamo, non può
servirci per norma di religione e di
Fede dacché sbagliavano, come sempre possono sbagliare gli uomini. Bisogna dunque imitare S. Agostino che
nella controversia pelagiana, citando
alcune testimonianze di Padri, premette queste parole riferite nella succitata sezione della Regula Fidei « Cre« do che ci convenga produrre contro
« di loro non solamente la testimo« oianza della sacre Scritture canoni
che.....ma ancora trar fuori qual
« che testimonianza dagli scritti de'
« Santi, i quali innanzi i nostri lempi
« hanno.....esposto quelle Scritture ;
« non che I’ autorità di alcun dispu« tante sia messa da noi del pari coi
« libri canonici, ovvero, cosa impos*
« sibile, che l'opinione di un cattolico
« non sia buona e vera, come quella
« d’un altro cattolico-, ma perchè co« loro i quali pensano che tali perso
li ne parlino con qualche fondamento
« sieno avvertiti come, innanzi che
« i Pelagiani introducessero le lero
'I nuove frasi, i prelati catlolici segui'< vano in questi punti le dichiarazioni
« divine ■>.
8
Del reslo pensino le scuole a slabilire le norme delle controversie; noi
ci restringiamo ad avvisare i Fedeli
che l’unica norma di Fede loro data
da Dio, è la sua-stessa Divina Parola
scritta neH’Antico e nei Nuovo Testamento, e bisogna assolutamente tenersi alla medesima, percbè ivi sta
l’autentica e genuina volontà di Dio.
A lei si ricorra per la nostra spirituale ediQcazione, dacché le verità
spirituali (e questo, come conchiude la
Regula Fidei, è punto capitale a cui
conviene rivolgere tutta l’attenzione)
non sono a noi insegnate dall’ umana
ragione , nè dai sapienti dottori di
scuola , Dè dalla definizione de’ Concini e de’ Vescovi, ma da quella interiore disposizione morale dell’ animo, per cui sentiamo dentro noi slessi
la voce di Dio e 1’ assistenza graziosa
dello Spirito Santo. Chiunque si applica alla lettura della Parola di Dio
può renderci testimonianza se diciamo
il vero.
I CONFESSORI DI G. CRISTO
IN ITALIA
NEL SECOLO XVI
Giovanni Mollio.
IL
Quattro carnefici ricoperti di un nero
sacco aprono la funesta processione ;
un capuccio che copre il loro viso
per non essere conosciuti, e chc da
due buchi praticali nella tela lascia
una piccola apertura per gli occhi,
rende quelle figure si tetre, ehe li diresti
demoni usciti dall’inferno ; seguono le
vittime due a due circondate dai frati
e da altri carnefici imbacuccati come
i primi. Sedici erano le vittime che
comparivano avanti il s. tribunale per
non aver voluto credere che alla Parola di Dio. Ciascun accusalo aveva
una candela di cera gialla alla mano:
pallidi, macilenti, storpiali dalla tortura, a malapena potevano reggersi
sulle loro gambe, e pure erano costretti
restarsi al loro posto in piedi lutto il
tempo che du/ava il giudizio. Dopo
le vittime venivano i notai e gli allri
impiegali della sanla inquisizione : seguivano due a due i reverendissimi
qualificatori ; poscia i consultori, i
quali eran seguiti dal reverendissimo
Commissario, e da monsignor Assessore; inlìnc i dodici cardinali grandi
inquisitori chiudevano il corteggio.
Allorché ciascuno fu al suo posto,
il cardinale decano del sacro collegio
levatosi in piedi, recitò una preghiera
iu latino, e si diè principio al giudizio.
Non credano però i nostri lettori
che il sant’ufficio volesse giudicare le
sue viUime cosi pubblicamente: quel
giudizio era uua commediola cbe si
recitava per far credere al povero po-
9
— iOÌ)
polo che anehe il sant’ufficio usava le
forme giuridiche, e cbe sape\a usare
pietà. Tulto era combinalo; Giovanni
Mollio era un celebre professore di
teologia della prima università; se
fosse riuscito a far vedere al pubblico
una forma alquanto giuridica e solenne, una ritrattazione, una assoluzione, il sant’uiTicio avrebbe guadagnato neH’opinione del popolo, che
giudica dalle apparenze. Per rendere
la commedia più grandiosa si cercarono fra i prigionieri quelli che o accusati falsamente, o stanchi dalla tortura fossero disposti a fare ritrattazione; se ne trovarono 15, ed allorché
Mollio fe' credere scaltramente che si
sarebbe ritrattalo, quegli eminentissimi azzardarono un pubblico giudizio, che fu l'unico che sia stalo fatto
in Roma.
Tutte le cose disposte in tal guisa,
ed apertasi la seduta , uno dei notai
chiamò ad alta voce una delle vittime
che a passo lento, accompagnata da
due carnefici imbacuccati, andò ad assidersi sullo sgabello degli accusiiti.
Allora il notaio leggeva ad alta voce
i capi di accusa, e diceva che tutto era
evidentemente provato in processo,
siccome era noto alle Eminenze reverendissime. Il p. Commissario diceva all’accusato : « il santo tribunale
vi permette di parlare in vostra difesa». L’accusato allora diceva di non
aver nulla da^dire, che confessava il
suo peccalo, che ritrattava i suoi errori, e che ricorreva alla misericordia
del santo tribunale. A tal confessione
il cardinal decano, affettando conlcnlo
per la conversione di un peccatore,
ordinava che si logliessero al reo le
catene, e smorzato il cereo era poslo
da un lato.
Cosi andò la farsa in quel giorno
per 14 accusati: il decimo quinto era
Giovanni Mollio , il quale desiderava
di rendere una pubblica testimonianza
all’Evangelo in Roma stessa, ed in
presenza di tutto il tribunale inquisitoriale; egli si assise sul banco degli accusati: il notaio lesse ad alla
voce che Mollio era convinto d'essere
luterano; cd allorché ebbe il permesso
di difendersi; «Iosono luterano, disse,
siccome lo era s. Paolo, imperciocché
non credo e non insegno che quella
dottrina chc credeva cd insegnava il
grande apostolo». Quindi si diè con
passi della Bibbia a dimostrare la dottrina della giustificazione per grazia,
dei sacramenti, dcH'unico sacrificio di
Cristo, con tal forza di raziocinio, con
tale eloquenza, che i cardinali sia per
stupore, sia per sorpresa, sia per timore del pubblico, sia per speciale
disposizione di Dio, non ebbero il coraggio d’imporgli il silenzio. Fini la
sua difesa con queste parole; « In
quanto 'a voi, o cardinali, vescovi e
10
preli, se io fossi persuaso che avete
realmente ricevuto da Dio quel potere
che v’atlribuite, o se foste ove siete a
cagione deJle vostre virtù, e non piultoslo a cagione de’ vostri vizi, io non
avrei a dir nulla contro di voi; ma
poiché so che voi avete dichiarala
aperta guerra alla religione ed alla
virtù, cosi non posso risparmiarvi,
ma sono obbligato a dirvi che il vostro
potere anziché venir da Dio vien dal
diavolo. Se fosse apostolico il vostro
potere, siccome voi pretendete, la vostra dottrina e la vostra condotta sarebbe dottrina e condotta apostolica.....voi siete assetati del sangue
dei santi. Voi non siete i successori
degli apostoli ; imperciocché dispregiale il Cristo e la sua opera.....Voi
perseguitate i servi di Dio e tirannizzate le coscienze. Appello dunque
dalla vostra sentenza al tribunale del
Signor nostro G. Cristo; è là che vi
attendo^ là, ove le vostre mitre, i vostri pastorali, le vostre porpore non
impongono più a veruno. E per segno
della sfida, prendete: u cosi dicendo,
lanciò in mezzo della sala il suo cereo
giallo.
Il popolo romano per suo naturale
istinto ama sommamente gli atli di
coraggio: quel popolo dimenticò di
essere avanti a) tremendo tribunale
ed accolse le ultime parole di Mollio
con un bravo così spontHiico, cosi so
noro, così universale, che un istante
dopo avrebbe voluto ringoiare volentieri se avesse potuto. Il santo tribunale crepava dalla rabbia, e digrignava
i denti contro di lui.
Restava ad essere giudicato un tal
Tisserando da Perugia, il quale avendo udita la confessione di Mollio,
protestò che la religione che questi
aveva annunziata era la sua, e ch’era
felice se avesse potuto suggellare col
sangue la sua fede. Il Cardinal decano
levossi : i rei che avevano atiurato si
prostrarono, il cardinale proferì su di
loro l’assoluzione, e li rimandò in
carcere siccome ad una penitenza salutare: consegnò agl’imbacuccati Mollio e Tisserando, e dichiarò la seduta
iinita.
Il giorno dopo un gran rogo s’elevava nella piazza di Campo di Fiore:
Mollio e Tisserando lo salivano in silenzio: il popolo romano era accorso
in gran folla sperando sentire delle
belle parole da Mollio; ma Mollio
non fa che levare gli occhi al cielo.
Prima di uscire dalle carceri per andare al supplizio, il santo tribunale
prevedendo che i condannati avrebbero parlato, aveva ordinato che tratta
fuori dalla bocca con le tanaglie la
lingua, questa fosse trapassata tre volte
con ferro triangolare rovente, afrinchò
l’eccessivo dolore ed il gonfiore avessero resa impossibile di pronunciare
11
una sola parola ai pazienti. Ad un
cenno del p. Commissario il fuoco fu
acceso, c Mollio rese la sua anima in
braccio al suo Redentore.
CORRISPO\DE.NZ.i
Al Direttore della tiuona Novella.
Torino, )C dicembre 1852.
Carissimo fratello nel Signore-.
.\vpndoiiii uu nostro comune amico
]io6lo sott’occhio il Numero del 13
andante della Campana in cui, a cagion (Iella lettera dell’ e.\-prote Ferrerò
teste piiM.'licata dalla Buona Novella, si
lepiiono (|«este parole: « Vedete, es-pren te Ferrerò ! Quel sig. lì... a cui voi vi
Il rivolgeste nel mese di settembre e che
■I non ritrovaste in casa ; (piel sig. D...
« clic voi dite ministro Valdese; quel
« sig. n... tiittocliè aiTaccendatissimo nel
Il proselitismo protestante, non crede
« un acca della fede che a voi è stato
" raccomandato di proclamare tanto cliia
Il rameute e .solennemente! Quel sig. 1!...
« è qui in Torino: ci smentisca se gli
« basta l’animo 0, permettete ch’io mi
valga del vostro stimatissimo giornale
per dichiarare davanti a lutti (ove sia
di me cbe la Campana abbia inteso
parlare) die , non solo io simpatizzo
pienamente coi sentimenti espressi dall’ex-prete Ferrerò nella suaccennata lettera, ma che non v’ ha unn sola delle
opinioni religiose in essa contenute, chc
io non accetti con tutto il cuore, pronto
a snt'gellarle con ogni sorta di sacrilìzi,
perchè intieramente conformi a qiianto
trovo scritto nella Pftrolu di Dio.
■Se dopo questa mia dichiarazione
liiaciTii ancora alla Campana ili occu
parsi di me, faccia pure, cbe io non mi
occuperò più di essa , stimando quasi
soverchio il gii fatto.
Gradite, caro fratello ed amico, i sensi
del mio sincero alTetto in G. C. unico
Nostro Salvatore.
.\medeo Hebt pastore.
La seguente prolesta venne mandala ai principali giornali della capitale con pregliiera di pubblicarla.
Torino, addì 16 dicembre 18M.
Preg. Sig. Direttore !
Avendo un giornale della capitale, non
una volla sola, ma piìi volte, sparsa la
voce cbe la Chiesa Valdese si adoperava
a far proseliti in Torino, con mezzi vergognosi, e segnatamente collo spargere
danaro, il soltoscriHo, nella sua qualità
di pastore di delta Chiesa, crede dover
suo di dichiarare assolutamente calunniosa una lai voce, ftìdando i redallori
del suaccennato giornale di addurre un
SOI. fatto io appoggio di quanto asseriscono.
Oltre che abborrisce la Chiesa Valdese
dal lurpe IrafTico delle anime, e che altro
non vuole venga reso a Dio se non un
cullo vero di cuori illuminati, sinceri e
convinlì ; se alcuno si vien unire ad essa
col legami della medesima credenza, l’unico tesoro che possa e voglia olTerirgli,
si è il tesoro di una fede libera e tult’cvangellca, le consolazioni di una religione
pura, e l’amore verso Iddio e verso gii
uomini che si procura quanto più si possa
di promuovere in lui.
Il sottoscritto prega la S. V. chiarissima
di dar posto nel suo stimato giornale a
((uc.sta dichiarazioni', e Intanto si pregia
12
di dirsi, con alto rispetto, Signor Direttore,
Suo Vmiliss. Serv.
Il pastore della parrocchia Valdese
di Torino
Amedeo Bert.
Ritkattazione del signor di Col. —
L’Armonia fa festa per uno scartafaccio
di ritraltazione venutole alle mani da quel
sig. D. Cassiano di Col, che seppe ingannare alcuni pii e virtuosi Ecclesiastici
del clero anglicano per indurli a scrivere
quella tale Enciclica a! clero di Lombardia , pubblicata con enfasi dalia Civiltà
cattolica di Roma, e poi dal Cattolico di
Genova.
Noi fin da principio conoscemmo l’inganno , perchè queslo sig. di Col, prete
e professore di Udine, è assai noto a molti
Emigrati rispettabili, che si stupirono
assai di vederlo mesi indietro capitare a
Torino; noi lo dicemmo velatamente nella
Buona Novella, daq,do eccezione a quel
tale concilio di preti Lombardi annunzialo
«on tanta asseveranza dai summentovati
fogli clericali. Lo ripetemmo poi piii svelatameole dopo che la Bilancia di Milano
ebbe pubblicato il nome del sig. di Col
(t). B. N. del 5 corr., p. 78). Ora poi ridendoci della finta Ritraltazione mandata
fuori in aria trionfale dall’armonia di
martedì scorso, preveniamo i nostri lettori che si stanno ammanendo in Londra
per ,la pubblicazione tulli i dorumenli
che riguardano ciò che ha detto e fatto e
scritto il sig. di Col, ed hanno relazione
a quel Concilio, inventato da lui in Lombardia, non sappiamo per ora a qual intento. Non vogliamo anticipare giudizi,
ma attendiamo pazienti da Londra la genuina ed autentica relazione d’ ogni cosa.
IVOTIKIE REIilClOSE
Toscana. Crediamo di far cosa
grata ai nostri lettori, mettendo loro
sott’occhio una terza e comniovente
letlera della signora Madiai, scritta
ad un suo fratello nella fede, esigliato
per causa dell’Evangelo.
Caro fratellolin G C.
Finalmente rispondo alla vostra graziosa lettera rivevuta da me quando era
ancora al Bargello.
Non occorre che vi narri tutte le nostre vicende, e ciò die abbiamo dovuto
soffrire tanto io quanto il mio marito;
ma ringraziato sia sempre quel Dio, e
ringraziamolo insieme che ci ha fatti
vincitori per il Nostro Signore Gesù Cristo. — Ci hanno picchiati e picchiano ;
ma Cristo risponde : » niuno mi torrà di
man mia quelli che il Padre mi ha dati n bocca santa ! . . . mi pare di sentire la sua voce.
Le parole delia santa Scrittura sono
state adempite : « non siate solleciti come o che parlerete »; ed io posso assicurarvi, mio caro, che se non avessi nel
giornale ciò che ho detto non me ne
rammenterei punto ; ciò mostra ; « non
a noi, Signore , non a noi, ma al tuo
nome dà gloria ».
Quando fummo accusati di aver detto
degli Apostoli uomini di disprezzo, io
risposi, che era menzogna, e con le parole del vangelo di S. Luca, cap. XXII,
dal 28, al , avrei fatto conoscere se
gli Evangelici potevano essere rei di lai
cosa ; mi fu subito imposto silenzio da
Annate Caifa dicendo: non si parla di
13
Religione'. — Io risposi, clic di Religione
sono accusata e su quella devo rispondere e difendermi; ma il sommo sacerdote, con occhi adirati mi impose silenzio per la seconda volta. — Fummo accusati che noi abbiamo soli'otto comandamenti e riteniamo la fornicazione ; io
dissi che in tale accusa era giusto che
esponessi e recitassi i comandamenti acciò potessero giudicare se otto o dieci...
Silenzio! fu risposto. — Allora io riscaldata, soggiunsi; questa non esser giustizia, imporre silenzio sulla propria difesa.
— Per vergogna di tanto uditorio si
mostrò un po’ dorile, riiietcndonii se si
osservava i dicci comandamenti? — Sicuro, risposi, come Dio li dettò aMosè sul
monte Sinai... Allora si che il silenzio e
basta fu ripetuto. Infine, mio caro, se una
tale ingiustizia è per la gloria di Dio, sia
la ben venuta; ma voi altri preg te per
noi caldamente acciò ci sia concesso di
veramente servirlo ed onorarlo in questa
pesante prigione. — 11 mio marito è
molto malato, e ciò mi rende la maggimafflizione ; io sono molto magra, ma di
salute sto meglio per grazia del buon
Gesù. — Spero che voi mio caro e la vostra
eccellente moglie stiate bene; non mi dimenticherò mai di qiianto ha patito per
per me; ai vostri figli dato tanti baci per
me, prima alla mamma poi a loro; ditegli
che mio marito ed io li esortiamo nell’esilio a non temere i grandi di questo mondo corrotto,poiché in poco tempo saranno
in cenere; la causa di Cristo solo gli sia
una^acra gelosia ne’ loro cuori e nelle
azioni, a cui col Padre e lo Spirito S. sia
onore e gloria. — La Chiesa preghi por
noi ; speriamo chc con la benedizione di
Dio, che dà forza ni deboli come noi, che
se qualcuno fosse chiamato a soffrire \>er
la sua causa si rammenterà quanto Gesù
ha solTerto per noi.
Altro non dico, perchè non ho più carta: un saluto da galeotti di Gesù a tutti,
dalla sua sorella.in Cristo.
Rosa Madiai.
— Altri particolari sullo stato generale delle cose in Toscana, e sui
Madiai, specialmente togliamo dalla
nostra Corrispondenza :
« Voi conoscctc i due nuovi editti, il
primo che ristabilisce la pena di morte
per i delitti di pubblica violenza contro il
Governo e contro la Religione, ed il secondo chc dà alla Polizia facoltà di perquisire, d’incarcerare, di mandare all’ergastolo, senza giudizio nè sentenza dei
tribunali ordinarli. Or bene, questi editti
erano pubblicati il 17 novembre, ed il
•18 alle' cinque antimeridiane, Angiolo
Guardiicci veniva arrestalo, essendo ancora in letto, il suo modesto alloggio
messo sotto sopra, cd egli portalo alle
Murate, ove trovasi da dS giorni !
Abbiamo passato momenti deliziosi
durante la presenza nella nostra cillù di
tanti cari fratelli di vari paesi ; ma il
cielo, fatto per nn momento sereno, non
lardò ad oscurarsi : liOrd Roden visitava
Rusa Madiai il dì 51 ottobre, e Francesco
il dì 3 novembre. Il loro fedele e sempre
divoto amico signor G.... vide Francesco
il dì 0 ; ma qualche giorno dopo avendo
sentilo che teneva ancora il letto e volendo visitarlo, gli fu negata quesla consolazione: ordini recenti e severi non ammettevano più che una visita al mese.
Le premure di sir II. Bulwer per ottenere
un mitigamento a quest’ordine, riuscirono
14
- ilo
inutili. Sappiamo che dopo la partenza
del signor C.... l'ahhattinienlo fisico di
Madiai è stalo grande ; per qualche giorno
ei ricusava la sua medicina e perfino il
suo caffè e latte. Sabbato questo caro signore è tornato a Volterra per vedere il
prigione, essendo scorso il mese fissato
dopo l’ultima sua visita. Eccovi un biglietto che il povero carcerato scriveva
aH’oltimo suo amico in datA dii 20 novembre; « Pregiatissimo sig. C.... Vorrei
« scrivere di più, ma non posso, essendo
it in letto molto malato. Ma però la mia
« malattia non la credo alla morte: sia
« fatta in tutto la santa volontà di Dio !
« Quello che gli posso dire da fralello in
« Cristo Gesù e Salvatore nostro, si è che
" più si aumenta 11 male e più si au« menta lo Spirito di Dio in me. 1 miei
" più distinti rispetti a tutti i conoscenti.
« Non posso più scrivere ; suo fedele
M servo e fratello in Cristo Gesù :
Fa\NCESC0 Madiai.
« P. S. Non dica a mia moglie che sono
« tanto maialo.»
«11 28 il signor C... fece la visita la più
commovente a Rosa. Essa non sente ehe
perii suo marito, e non pensa che a lui.
La pace e la rassegnazione non l’abbandonano ; e sebbene magra e pallida,
dice di star bene. Tutti i nostri amici
sono in un consolante stato d’anima, serii
€ penetrati dalla gravità delle circostanze,
ma fermi ed inconcussi. ■>
S. Vincenzo del Favaie. La prigionia
dei nostri fratelli di questa località dura
tuttora, sebbene alquanto mitigata da
quello che era sul principio ove, per eccesso di zelo di questo avvocato fiscale,
oemmeno i loro più prossimi li potenn
vederé L'indole dell’inchiesta che ci si
scrive essere stata fatta ultimamente sui
luoghi, dal tribunale di Chiavari, dimoslra
soverchiamente la cagione tutta religiosa
di queslo arresto. A quei terrazzani, in
numero di più di 40, chiamati a testimoniare, venne domandalo : se era vero che
i Cereghini parlassero contro al purgatorio, la messa, la confessione auriculare ;
se gli avean sentito leggere l’Evangelo, o
parlar di cose di religione per le strad»,
per le case; se gli avean veduti bruciare
le immagini ecc. Questa inchiesta, che
durò Ire giorni, credesi sarà seguita da
una seconda, dopo la quale s’intavolerà
il processo; il quale, vogliamo sperarlo
dalln giustizia dei giudici, e dal liberalismo illuminalo de’nostri governanti, terminerà coir assoluzione degli acc.usali.
Questi intanto sono più fermi che mai
nelle loro credenze, ed il medesimo si
può dire di tutti i membri delle loro famiglie, non uno eccettualo.
Svi/.zEiiA. — 11 governo del Cantone
Vailese ha ordinato che pel 28 correnle
vengano a Martigny posti in vendita all’asta pubblica i beni immobili che ancor
rimangono di quelli che furono confiscali
nel 1848 agli ospizi del Gran S. Bernardo
e del Sempione, che colle loro ricchezze
alimentavano la guerra civile del Smiderbund.
Tl'rciiia. — Un firmano del Gran Signore proibisce, sotto pena d’incorrere la
sua sovrana indignazione a tutti i membri della Chiesa Ortodossa greca di perseguitare 0 in qualsiasi modo niol^tare
e disturbare la coscienza di coloro cbe
abbracciano il culto protestante. Promette
ancora di far uso de! suo assoluto potere
per agevolare a questi l’esercizio libero
15
del proprio culto sia colla costruzione dei
templi, sia colla fondazione de' cimiteri.
— Dn’ordinanza imperiale ha destituito
il patriarca Anlimos, invitando il sinodo
ad eleggere altro ecclesiastico, e l'elezione
canonica è caduta sopra un certo Germanos.
CROXACIIETTA POLITICA
Tohino. — Ieri l’altro il sig. Ilis de
Buteaval ehhe l’onore di presentare a
S. M. il iie le sue nuove credenziali in
(|ualilà d’ambasciatore di Napoleone III
Imperatore dei Francesi.
— Il Minisiro dcH'Inlerno è stato dai
suoi doveri coslretlo a ordinare l’arresto
dei sacerdoti Berrola e Bona parrochi nel
Canavese, c del sig. Don Vesco prevosto
di Ronco perchè abusavano del pulpito
per sommuovere il popolo contro le islituzioni costituzionali del paese.
Gamuua dei DEruTATi. — Nella sedute
del 9, 10, 11 e 13 si lessero v.arie petizioni. Ne furono rimesse sei al potere esecutivo perchè provveda, e sono ; la I* del
Comitato di Genova per sussidii all’emigrazione ivi residente; la 2-’ di alcuni veterani per una pensione vitalizia; la 3» dei
cittadini di Sarzana ricorrenti contro il
Sindaco, che ricusa nelle pubbliche funzioni d’indossare la ciarpa Iricolore; la
4« di alcuni Comuni della Sardegna che
domandano il tracciamento d’una strada
nell’isola; la S' di 580 abitanti diCarignano perchè vengano rimosse dall’araniinislrazione delle carceri e dello spedale
le monache dì S. Vincenzo; la C'del maggiore Bartolomei chc chiede alla Camera
22 mila franchi promessi dal Re. Carlo
Alberto per la slatislica dello Stalo. Quella
suir/ncameramen/o dei heni ecclesiastici,
questa .«pada di Damocle pendente sulla
cervice della fazion clericale, è stata rimandata alla disoussiotie del giorno 18.
Altre furono passate all’ordine dèi giorno.
La Camera sta discutendo in comitato segrelo, secondo i regolamenti, il bilancio
delle sue spese interne. La commissione
legislativa incaricata della revisione del
progetto di legge sul matrimonio ha offerto in dono alla Camera 105 esemplari
dei verbali delle loro sedute. VArmonia
alTerma che il progetto senalorio è quello
stesso della Commissione, con poche ed
insignificanti variazioni.
Senato dei. Regno.—Ieri l’altro al tocco
gran quantitii di curiosi alTollavasi all’
ingresso del Palazzo Madama, e appena
arrivati i Senatori ed aperta la grand'aula,
le gallerie e lo tribune rigurgitano di
spettatori e spettatrici. Molti deputati occupano i posti loro riservali. Seggono al
banco dei Ministri i signori Civour, San
Martino, Boncompagni e Cibrario.
Sorse (irimo a piirlare della legge il
senatore Stara, e in nome della minoranza della Commissione la combattè con
un discorso che durò ire ore. Dopo lui
lesse un altro lungo discorso nel medesimo senso il sig. Roberto d’Azeglio. A
lui tenne dietro il senator Colli, e a questi il senator Castagneto, entrambi avversi
alla legge. Quest'ultimo, a qiial proposito
non si sa, rivolse alcune parole contro il
Protestantismo, dicendo che già alza in
Piemonle la sua bandiera; ma la Camera
tutta quanta diede segni di disapprovazione con rumori e bisbigli.
Il Ministro deirinterno levossi a ribattere in breve le allegazioni degli onore-
16
voli 0p))0Den(i citaodo loro rarticolo dello
Statuto che dice —Ogni giuslizia emana
dal Re ;—onde senza ledere la Religione
il Governo può e deve far leggi per regolare gli etTetti civiK del matrimonio. E^li
si dichiara cattolico apostolico romano,
ma non crede perciò essere ufficio di alcun
Governo onoralo e libero il costringere
colle baionetle i ciiladini all’osservanza
dei precetti e dei riti della Chiesa. Egli
vuol rispeltare la Religione, ma vuole del
pari inviolata l’iDdipendenza del potere
civile.
Le parole del Ministro sono assai favorevolmente accolle ed applaudite da
buon numero di senatori.
Fiukcia. — Il 12 dicembre il .signor
Marchese di Vilianiariiia, iu abito e treno
di gala si è recalo alle Tuilleries a presentare aS. M. l’imperatore Napoleone IH
le lettere di S. il. il Re di Sardegna, che
lo accrediiauo iu qualilà di suo Invialo
straordinario e Ministro pleuipotenziario
presso la corte iiuperiale,
— Nello slesso giorno presentò pure le
sue nuove credenziali il minisiro di Spagna.
— Il Senato h;’. dccrelata la lista civile
dell’Imperatore iu 25 miiioni annui. Ha
pur approvalo lo stipeodio proposto dal
Ministero di 50 mila franchi per ogni senatore, e di 6 niila per ciascun membro
del corpo legi.olalivo.
— Si fa il conio che più di 10C0 compromessi politici sono stati a quesl’ora
ridonati alle loro famiglie. — Dopo un
lungo soggiorno a Londra, anche il signor
Thiers è tornato a Parigi. — Si fa un gran
parlare sui tré nuovi marescialli di Francia stati nonrinati ai 2 dicembre, cioè ;
Saint-Amaud, Msgnan e Castellane. —
Tndi bramano chc duri la pace, percbè
tutti presentemente guadagnano essendo
stati intrapresi giganteschi lavori in ogni
parte, e da gran tempo la Francia non
ricorda un corso cosi attivo di numerario.
Gl'interessi materiali assorbono quasi wleramente la vita, e niuno parla più di
politica, nè di libertà nazionali. Solamente
la Borsa va oscillando, e lascia spesso
trasparire qualche timore che la pace non
duri.
— È stata pre«a d'assalto la città di
Laghonate in Algeria.
IsGHiLTERR.v. — SÌ proseguoHO con
grande ardore le fortificazioni delle coste,
e gli armamenli di terra e di mare. Secondo il Morning-Herald nel corrente del
1853 l'Inabilterra avrà in pronto una
flolla di 22 baslimenli ad elice, undici
dei quali possono chiamarsi vascelli di
linea.
— 11 bilancio proposto dal signor d’israeli incontra vivissime opposizioni nella
Camera dei Comuni, e nelle popolazioni
che a Marylebon, a Sunderland e a Balh
hanno tenuto grandi riunioni per supplicare le Camere arespingere le nuove tasse
sulle pigioni e sulle bevande. Pare che
in allri luoghi ancora si stiano preparando
cooslmili dimostrazioni.
— 11 Morning Adverliser pretende che
la quistione del Bilancio sarà la morte del
ministero Derby. La capitale è in moto,
e le provincie s’agitano.
Spagna. — Un decreto reale proibisce
le riunioni elettorali non autorizzate. Una
circolare ministeriale assicura che non
verranno »ITatto moleslati i possessori dei
beni nazionali. È proibito a la slampa di
discutere il nuovo progello di costituzione, perchè la Regina non vuole che
sieno suscitate le passioni dei parlili. Bel
pretesto per mascherare la reazione, che
ivi procede a grandi passi.
Direttore G. P. MEILLE.
Rinaldo Bacchetta gerente.
TIP. soc. Di A. POJiS E COMP.